PRESENTAZIONE Quando, alla fine del 1918 anche l’ultima mitragliatrice in azione sui diversi fronti di guerra cessò di crepitare fu chiaro che in Europa niente sarebbe stato più come prima. C’è sicuramente del vero nella ricostruzione, per certi versi affascinante, fatta da Paolo Macry sui meccanismi interni che innescarono la fine silenziosa, quasi banale dei grandi imperi multinazionali d’Europa tra il 1917 e il 1918.1 Al termine dei quattro lunghi anni di quella che può essere considerata una delle contese belliche più cruente e traumatiche mai combattute in Europa fino ad allora, trasformatasi ben presto in una sfida all’ultimo sangue tesa al puro e semplice annientamento dell’avversario, nessuno poteva pensare che la pace si sarebbe svolta sul solco delle norme e degli antichi cerimoniali propri della diplomazia delle Grandi potenze. Insomma, solo un illuso avrebbe potuto aspettarsi una riproposizione del Congresso di Vienna (ottobre 1814 – giugno 1815) durante il quale i vincitori di Napoleone, nella cornice della raffinata eleganza offerta dalle residenze imperiali degli Asburgo, tra cene di gala, balli di corte e lunghe battute di caccia decisero, di comune accordo con la Francia, quasi nella veste di invitata d’onore (abilmente rappresentata da Talleyrand), di cancellare dalla carta d’Europa quasi venti anni di trasformazioni geopolitiche apportate dall’ansia imperialista della Francia napoleonica. A poco più di un secolo da quel momento cruciale della storia diplomatica europea troppi elementi lasciavano presagire una ben diversa organizzazione dell’Europa postbellica, plasmata dalla forza delle armi, dalle pretese dei nazionalismi, dall’ansia di offrire soddisfazione alle popolazioni civili che direttamente o indirettamente avevano sostenuto per lunghi anni il peso della guerra e ora, aizzate anche dalla propaganda bellica, si aspettavano un congruo compenso per tanti sacrifici. Del resto il metodo del diktat che sarà utilizzato tra il 1919 e il 1920 dall’Intesa era stato in qualche modo anticipato dalle dure condizioni imposte dagli Imperi centrali con la pace di Brest Litovsk (3 marzo 1918) e il Trattato di Bucarest (7 maggio 1918) 7 Ungheria.indb 7 07/12/10 18:28 rispettivamente alla Russia di Lenin e alla Romania, uscite sconfitte da quelle vicende. Finita la guerra, l’implosione2 degli imperi multinazionali presenti in entrambi gli schieramenti in lotta sembrò facilitare alquanto il compito dei vincitori. Scomparsi dal panorama politico europeo uno dopo l’altro la Russia zarista, la Germania guglielmina, l’Impero ottomano e, infine, l’Impero asburgico, parve più consono agli interessi delle potenze europee dell’Intesa offrire una sistemazione geopolitica e geostrategica alla nuova Europa che dalle ceneri di quegli antichi imperi sembrava prendere sempre più velocemente forma; veniva così sancita in maniera definitiva, sebbene nient’affatto equa, la secolare lotta delle nazioni contro quelli che una parte dell’opinione pubblica europea considerava ormai solo gli ultimi residui feudali della storia del continente. Fu in questo contesto che esattamente novanta anni fa si consumò il dramma del Trianon, il trattato che nel 1920 a Versailles smembrò l’Ungheria (successivamente chiamata “Grande Ungheria” o, più correttamente, “Ungheria storica”), cioè il Regno plurietnico d’Ungheria che, compreso entro i confini della Corona di Santo Stefano, costituiva dal Medioevo, sia pure con variazioni territoriali e vicissitudini varie nel lungo percorso della sua esistenza millenaria, un’entità geopolitica ben definita coincidente con l’intero bacino danubiano-carpatico. L’Ungheria, che aveva riconquistato, dopo averla perduta nel xvi secolo, la propria indipendenza politica nell’ambito dell’Impero asburgico, trasformato in Impero austro-ungarico con il Compromesso dualistico del 1867, pagava, cinquant’anni dopo, le conseguenze di quella scelta invano contrastata dal grande leader rivoluzionario Lajos Kossuth, che vi vedeva legati in maniera perniciosa i destini della nazione magiara a quelli della dinastia asburgica. Le conseguenze, alla fine della Prima guerra mondiale, non tardarono a manifestarsi. La cessione di ampi territori fino a quel momento governati da Budapest e abitati da una consistente popolazione magiara, sparsa spesso a macchia di leopardo, talvolta con intere regioni o città a stragrande maggioranza ungherese, a favore di realtà statali nuove (Cecoslovacchia, Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni altrimenti detto Regno Shs, dall’acronimo) o già esistenti (Romania) dell’Europa centrale e balcanica, provocò nella nazione ungherese un trauma dal quale fu difficile riprendersi e che ancor oggi non cessa di pesare sulla coscienza nazionale del popolo ungherese e sulle sue relazioni con i popoli vicini. I famosi princìpi di Wilson sull’autodeterminazione di ciascun popolo, spesso malamente applicati dalle potenze vincitrici della Prima guerra mondiale, lo furono ancor più nei confronti dell’Ungheria, punita 8 . LA FINE DELLA GRANDE UNGHERIA Ungheria.indb 8 07/12/10 18:28 più del dovuto, in barba a quegli stessi parametri, con la perdita di oltre tre milioni e mezzo di cittadini di etnia magiara distribuiti più o meno compattamente nei due terzi del territorio nazionale parimenti perduti. L’importanza decisiva del Trianon nella storia ungherese contemporanea e tout court nella storia dell’Europa centrale e balcanica ha spinto il Direttivo e il Consiglio scientifico del Centro Interuniversitario di Studi Ungheresi e sull’Europa Centro-Orientale (Cisueco) a organizzare, nell’aprile del 2009, in collaborazione con l’Accademia di Ungheria in Roma, un convegno di studi internazionali con l’obiettivo di ripercorrere gli aspetti politici e culturali più importanti di quella tappa così decisiva nello sviluppo della moderna nazione ungherese. A poco più di un anno da quelle giornate siamo in grado di offrire al pubblico degli esperti, ma anche agli appassionati di storia e di cultura europea gli atti di quelle giornate di discussione e riflessione. Con l’intenzione di analizzare meglio la reale portata del Trianon non solo nella politica ma anche nella società ungherese, il convegno e i relativi atti hanno accolto il contributo di storici nonché di critici e storici della letteratura, venendo incontro in questa maniera anche alla missione scientifica del Cisueco, che nell’ambito delle discipline umanistiche vuole essere uno strumento multidisciplinare e interdisciplinare di studio e confronto sulla storia, le culture, le lingue della civiltà ungherese e, più in generale, dell’Europa centrale. Gli interventi prendono le mosse dall’analisi di Mária Ormos, incentrata sulle caotiche settimane a cavallo tra il 1918 e il 1919 che preannunciarono il prossimo disfacimento dell’Ungheria storica e la nascita del regime bolscevico di Béla Kun, vero e proprio spauracchio per le cancellerie europee. Con il suo saggio sull’Ungheria e i vaticini di Endre Ady, Amedeo Di Francesco analizza i versi profetici del grande poeta ungherese del primo Novecento, che preannunciano la fine di quello che egli ironicamente definiva il “magyar imperium”. Attraverso l’analisi della lirica del poeta József Kiss, Carla Corradi mette in luce un aspetto particolare dell’Ungheria pre-Trianon, facendo rivivere l’aspirazione degli intellettuali ebrei assimilati del regno a essere considerati come veri e propri ungheresi di origine ebraica in quell’Ungheria che celebrava il millesimo anniversario dell’arrivo del popolo magiaro nel bacino danubiano-carpatico (1896) avviandosi poi verso la catastrofe della prima guerra mondiale. I “Fuochi”, che danno una breve luce intensa per poi spegnersi nella disillusione, rievocati dal titolo di una nota poesia di Kiss, rappresentano le illusioni e le disillusioni degli ebrei ungheresi di quel periodo storico. P R E S E N TA Z I O N E Ungheria.indb 9 . 9 07/12/10 18:28 Sulla difficile e tormentata esistenza della Repubblica dei Consigli ungherese (Magyar tanácsköztársaság, dove il termine tanács traduce il russo soviet) durata trentatré giorni, dal 21 marzo al 1° agosto 1919, si sofferma invece l’ampio ed esauriente saggio di Pasquale Fornaro. Nella Repubblica democratica di Mihály Károlyi (ottobre 1918-marzo 1919) e poi in quella “rossa” dei Consigli operò Lajos Kassák, il fondatore dell’avanguardia culturale ungherese: nel suo intervento Roberto Ruspanti ricostruisce attraverso l’opera autobiografica di questo rivoluzionario controcorrente e scomodo per gli stessi comunisti i mesi turbolenti, entusiasmanti e tragici a un tempo, durante i quali si svolsero in Ungheria i tentativi, entrambi falliti, di realizzare una repubblica di democrazia compiuta e un’altra di tipo sovietico o bolscevico, guidata da Béla Kun, il “Lenin magiaro”. La Repubblica dei Consigli ebbe tra i suoi privilegiati osservatori due italiani che la esaminarono da punti di vista diametralmente opposti: il militare Guido Romanelli,3 che ebbe un ruolo importante durante il tentativo controrivoluzionario dei giovani cadetti dell’Accademia militare Ludovica, salvandone molti dall’impiccagione decretata dal Governo bolscevico di Béla Kun, e l’esponente socialista Oddino Morgari, che recò la solidarietà dei socialisti italiani ai bolscevichi magiari: all’esperienza è dedicato il saggio di Giuseppe Monsagrati. Bruno Ventavoli descrive invece la breve, anzi brevissima stagione rivoluzionaria di un inedito e giovanissimo Sándor Márai, lo scrittore assurto in tempi recenti a una grandissima notorietà internazionale, durante i pochi mesi della Repubblica dei Consigli. Il giovane ribelle, appena diciottenne, che dalla sua città natale Kassa (oggi Košice) era stato mandato dai genitori in un collegio di Budapest, dà sfogo nella caotica capitale magiara in preda ai fermenti rivoluzionari postbellici alla sua irrefrenabile voglia di scrivere e nella primavera del 1919 pubblica sui quotidiani del regime bolscevico di Béla Kun articoli arringapopolo pieni di passione e di entusiasmo utopico in favore dell’ideologia comunista, che rinnegherà di lì a poco. Questa stagione rivoluzionaria del grande scrittore ungherese viene documentata da Ventavoli citando alcuni articoli di Márai pubblicati su quotidiani come il «Vörös Lobogó» (“Bandiera Rossa”), o riviste come «Magyarország» (“Ungheria”), «Nyugat» (“Occidente”) e «Rivalda». Andrea Csillaghy affronta il tema della formazione culturale dell’analista secondo la lezione del grande psicoanalista ungherese Sándor Ferenczi, fondatore della scuola di Budapest, riproponendo nel suo contributo la domanda: “la psicoanalisi si può insegnare?”, alla quale il grande Sigmund 10 . LA FINE DELLA GRANDE UNGHERIA Ungheria.indb 10 07/12/10 18:28 Freud rispose positivamente. Csillaghy, esaminando la questione, pone in rilievo il problema linguistico-interlinguistico e semantico, che fu però tralasciato da Freud perché non appartenente al suo tempo. Due saggi, di taglio decisamente storico, riprendono il tema della disgregazione territoriale del paese dei magiari della quale, fra gli altri Stati successori dell’Impero austro-ungarico o con esso confinanti, beneficiò maggiormente la Romania, lo Stato che si apprestava a diventare il più esteso e popoloso dei Balcani. A un giovane diplomatico romeno destinato a una brillante carriera, Nicolae Petrescu Comnen, osservatore privilegiato della caduta del regime bolscevico di Béla Kun e dell’occupazione romena, Francesco Guida ha dedicato il suo saggio. Gianluca Volpi, invece, ci offre nel suo scritto una visione inedita della fine dell’Ungheria storica vista attraverso il dramma della popolazione magiaro-seclera della Transilvania che fino all’ultimo tentò una disperata resistenza armata contro l’ormai ineluttabile annessione della regione, culla da tempi immemorabili della loro civiltà, alla Romania. Le decisioni prese dagli Alleati al Trianon ebbero ripercussioni forti anche sulla struttura sociale ed economica del paese magiaro. Da questo punto di vista il contributo di Alessandro Gallo ci mostra un interessante e poco analizzato (se non dagli esperti) risvolto di quella situazione: lo stravolgimento della rete ferroviaria centro-europea che, paradossalmente, ancor prima che per l’Ungheria rappresentò un problema serio per i suoi vicini. Infine, Alberto Basciani analizza nel suo contributo la nascita della Piccola Intesa, quel sistema di alleanza “sponsorizzato” dalla Francia e imperniato in una serie di trattati tra Regno Shs, Cecoslovacchia e Romania che avrebbe dovuto costituire una sorta di muraglia contro ogni possibile velleità revisionista ungherese (ma anche bulgara) nei confronti del cosiddetto sistema di Versailles. I curatori, al momento di mandare in stampa il volume, sentono di voler esprimere la loro riconoscenza al professor Francesco Guida che nella veste di direttore scientifico del Cisueco ha favorito l’organizzazione della conferenza proposta dal professor Roberto Ruspanti per ricordare i novant'anni del trattato del Trianon che pose fine all’Ungheria storica, proposta accolta con entusiasmo dai componenti del Cisueco. Un particolare ringraziamento va inoltre all’Università di Roma Tre che annualmente concede un contributo economico al Cisueco; le giornate di studio dello scorso aprile 2009 e questo volume rappresentano infatti una parte tangibile dei frutti scientifici delle istituzioni universitarie P R E S E N TA Z I O N E Ungheria.indb 11 . 11 07/12/10 18:28 e degli studiosi afferenti a esso. Infine, un ringraziamento a parte va al direttore scientifico dell’Accademia d’Ungheria in Roma, la professoressa Éva Vigh, che ha generosamente messo a disposizione il Salone d’onore della prestigiosa istituzione per una seduta del convegno organizzato dal Cisueco. Roma, dicembre 2010 Alberto Basciani 12 . Roberto Ruspanti LA FINE DELLA GRANDE UNGHERIA Ungheria.indb 12 07/12/10 18:28 Note 1 Cfr. Macry, Paolo, Gli ultimi giorni. Stati che crollano nell’Europa del Novecento, Bologna, Il Mulino, 2009, passim. 2 Per quanto riguarda l’Impero asburgico, che costituiva comunque da quattro secoli un’entità geopolitica compatta dal punto di vista economico, militare e religioso (il più grande Stato cattolico d’Europa) lungo l’asse del Danubio, il grande storico franco-magiaro François Fejtő, recentemente scomparso, sostiene che la distruzione del grande Stato multietnico dell’Europa centrale non era tra gli obiettivi bellici iniziali dell’Intesa, anzi, spingendosi oltre, egli ritiene che la Monarchia danubiana non sarebbe mai implosa da sola, ma sarebbe stata fatta implodere a tavolino (Fejtő parla di suicidio procurato) per svariate ragioni, la cui illustrazione richiederebbe un convegno a parte, dalle Potenze europee occidentali. Queste ultime, in particolare la Francia, dal 1916 in poi finirono per accogliere le richieste (e spesso le pretese) dei rappresentanti degli Stati viciniori e delle varie nazionalità dell’Impero, le quali ultime, soprattutto nel caso dell’Ungheria, convivevano mescolate le une alle altre perfino in ambiti regionali e provinciali (emblematica in tal senso la collocazione della popolazione magiaro-seclera nella parte più orientale della Transilvania, regione a maggioranza rumena). Cfr. Fejtő François, Requiem per un impero defunto, Milano, Mondadori, 1999. 3 La missione politico-militare e le vicende del tenente colonnello Guido Romanelli a Budapest durante l’esperienza bolscevica della Repubblica dei Consigli ungherese di Béla Kun nel 1919 sono riproposte in un film-documentario patrocinato dal Centro Interuniversitario di Studi Ungheresi e sull’Europa CentroOrientale (Cisueco), Guido Romanelli. Missione a Budapest (52’, 2010), regia di Gilberto Martinelli, consulenza storico-letteraria di Roberto Ruspanti, al quale hanno partecipato, come esperti, alcuni membri del Cisueco stesso (Francesco Guida, Roberto Ruspanti, Gianluca Volpi) . P R E S E N TA Z I O N E Ungheria.indb 13 . 13 07/12/10 18:28 Fig. 1 L’Austria-Ungheria dopo il Compromesso del 1867 TURINGIA PRUSSIA SASSONIA RUSSIA SLESIA • Praga • Cracovia BAVIERA GALIZIA BOEMIA ubio SLOVACCHIA Dan • Monaco • Vienna UNGHERIA Buda •• Pest Danubio AUSTRIA SLOVENIA Venezia • BUCOVINA Trieste • • Zagabria • Fiume • Kolozsvár / Cluj TRANSILVANIA • Temesvár / Timisoara ¸ CROAZIA BANATO • Belgrado BOSNIA Sarajevo • ITALIA Spalato • ERZEGOVINA SERBIA MONTENEGRO Danu bio • Mostar • Ragusa ROMANIA BULGARIA SANGIACCATO DI NOVI PAZAR Territori austriaci Territori ungheresi Confini dell’Impero Confine tra Austria e Ungheria Ungheria.indb 14 07/12/10 18:28