Scuola e Cultura - Cosenza, 03/02/2014 Grande successo per l'opera teatrale "La Confessione". Dopo le due serali al Rendano, ora le rappresentazioni per le scuole. Per gli studenti, il "Premio Gioacchino da Fiore" per favorire la conoscenza del pensiero dell'Abate Calabrese. Un grande successo per “La Confessione ” di Adriana Toman, opera teatrale che narra l’incontro tra Gioacchino da Fiore e l’Imperatrice Costanza d’Altavilla, andata in scena un gremito Teatro Rendano di Cosenza Sabato 1 febbraio, in replica Domenica 2 febbraio e questa mattina per la prima delle quattro rappresentazioni ( ancora domani 4, dopodomani 5 febbraio e giovedì 6 febbraio ) dedicate agli studenti degli istituti superiori: 2500 dalle 20 scuole che hanno aderito. Straordinaria la risposta, attenta, partecipe, anche da parte di questo pubblico più giovane, cui la Provincia - che ha sostenuto la realizzazione teatrale nel quadro delle iniziative di valorizzazione dell’Abate Calabrese - ha voluto rivolgere il “Premio Gioacchino da Fiore”; gli studenti si esprimeranno sulla sua opera, sul suo pensiero attraverso elaborati che potranno spaziare nelle cinque sezioni previste dal bando: letteraria; musicale; figurativa; audiovisiva; gastronomica per gli Alberghieri. La premiazione è già stata fissata per il prossimo 31 marzo. Un coinvolgimento diretto per gli studenti- come spiegato dall’assessore alla Cultura Maria Francesca Corigliano-, voluto per favorire la conoscenza di questa grande figura della storia del pensiero spirituale, capace di influenze profonde, oggetto di studi internazionali ma ancora non di divulgazione diffusa. In questa direzione va anche la messa in scena del lavoro scritto da Adriana Toman, che firma una regia cui va il merito di coinvolgere emotivamente. “ La Confessione” mette in scena in maniera intensa il ritrovarsi di due persone che hanno percorsi di vita eccezionali; porta nella storia, quella di grandi e complessi avvenimenti di un lungo periodo tormentato. Da un lato, dunque, l’Imperatrice Costanza, che nel divenire dell’opera si spoglia dell’altero distacco che il suo ruolo impone per mostrarsi donna sofferente, il cui stesso corpo via via è piegato dal dolore: il dolore di tutte le donne che nel corso della storia hanno subito violenze, che hanno pagato il prezzo altissimo dell’impossibilità delle scelte riguardo la propria vita. Strappata ad una esistenza di fede e preghiera in convento, prescelta quale strumento di alleanze tra Stati, per procreare, in età matura e divenire madre di Federico II, Costanza che chiede di potersi confessare, per condividere il suo gravoso carico e quindi di comprenderne il senso. Dall’altro, Gioacchino da Fiore, mistico, esegeta, profeta, teologo, uomo in ricerca costante di orizzonti nuovi e fecondi che nel parlare all’Imperatrice parla, di fatto, a tutti gli uomini. A quelli di un tempo lontano, ma anche a quelli del presente, accomunati, questi, da contraddizioni, ma comunque aperti alla speranza. Nei ruoli, Alessandra Chiarello, che riesce con padronanza e contemporanea delicatezza a restituire una notevole figura femminile e un magistrale Marco Silani, per cui è stato scritto il personaggio, che comunica tutta la forza, l’incredibile ricchezza di Gioacchino da Fiore e il suo messaggio. Un pensiero che travalica i confini religiosi e si impone a tracciare il sentiero per gli uomini e le donne di buona volontà, ovunque essi siano. Sul palco ancora un bravissimo Giovanni Turco che è Nadir, uomo di fiducia dell’Imperatrice, sorta di coreuta che introduce alla narrazione, conduce nella ricostruzione del piano storico, ne sottolinea passaggi . Alle coreografie di Daniele Nocera e Melania Piro è affidata l’interpretazione dei sentimenti più profondi di Costanza; nella danza, l’introspezione del personaggio è resa con sottile efficacia. Tecnologia, infine, per le luci, e nell’ambientazione scenica che crea spazi virtuali che avvolgono tutto il teatro, proiettando lo stesso pubblico a volte tra lo stormire delle fronde dei boschi silani, a volte nel cosmo, tra nebulose e costellazioni.