2 Domanda individuale e domanda di mercato Che cosa vedremo in questo capitolo? • La determinazione dell’insieme delle alternative all’interno del quale sceglie il consumatore. • La descrizione e la rappresentazione delle sue preferenze. • Come si determina la scelta ottima del consumatore e come varia questa scelta al variare dei prezzi e del reddito. • Il passaggio dalla domanda individuale alla domanda di mercato. Dopo avere introdotto la domanda e l’offerta e averne studiato l’interazione, in questo capitolo approfondiremo l’analisi dell’economia dal lato della domanda. Studieremo la disponibilità dei soggetti economici, siano essi considerati individualmente o in aggregato, a domandare e acquistare un bene o servizio dati alcuni parametri rilevanti tra cui il prezzo. In altri termini, richiamandoci a quanto affermato nel capitolo precedente, ci concentriamo sugli elementi che ci consentono di rispondere al quesito «in che quantità verrà acquistato un bene?» e dunque «quali beni e servizi devono essere prodotti e in quali quantità?». Per il momento lasciamo invece da parte i quesiti relativi alle modalità di produzione di beni e servizi e alla loro distribuzione una volta prodotti. Per non appesantire troppo l’esposizione, useremo il termine «beni» per riferirci all ‘insieme di beni e servizi, distinguendoli solo nel caso in cui ciò si renda necessario. Ci concentreremo sullo studio della domanda di beni destinati al consumo individuale, vale a dire utilizzati direttamente da chi li domanda per soddisfare le proprie esigenze e realizzare i propri desideri. L’analisi può tuttavia essere estesa, sotto certe condizioni, allo studio della domanda di beni non destinati direttamente al consumo, ma, ad esempio, utilizzati come input intermedi nel processo di produzione di beni di consumo. L’analisi sarà di tipo microeconomico: partiremo dallo studio del singolo individuo e della sua domanda. Quest’ultima, una volta effettuata un’opportuna aggregazione, darà origine alla domanda di mercato di un determinato bene e servizio o addirittura alla domanda dell’intera economia. Chiameremo l’individuo oggetto della nostra trattazione «consumatore», ma la quasi totalità dell’analisi proposta rimarrebbe inalterata se considerassimo quale soggetto individuale di scelta la famiglia (ipotizzando che esistano modalità di sintesi di eventuali divergenze di opinione al suo interno) e non il suo singolo componente. Scopo di questo capitolo è capire quale sia il processo decisionale dell’individuo nello scegliere quali beni domandare e in quali quantità, cioè quali siano le determinanti della domanda individuale. Vedremo poi come, sommando le domande individuali di tutti i soggetti economici che domandano un certo bene, si ricavi la domanda di mercato ditale bene. 28 1. ECONOMIA E SCELTA RAZIONALE Come è descritto in microeconomia il problema di scelta del consumatore? Come abbiamo visto, adottare un approccio microeconomico significa studiare il comportamento degli agenti individuali. In particolare l’agente, nel caso dello studio della domanda individuale di beni destinati al consumo, è il consumatore, cioè colui che prende decisioni circa quali e quanti beni consumare e, dunque, domandare. Per studiare il comportamento degli individui, l’analisi microeconomica non si sofferma sulle loro azioni, ma sulle conseguenze ditali azioni, descrivendo queste ultime come variazioni nell’insieme delle risorse disponibili di un individuo. In questo modo, ad esempio, l’azione di acquistare un’automobile a un prezzo di 10 mila euro può essere descritta come una variazione nelle disponibilità dell’acquirente caratterizzata dall’aumento di un’unità nella sua disponibilità di automobili e dalla diminuzione di 10 mila euro nella sua disponibilità di denaro1. Il comportamento degli individui viene descritto in un’ottica che si dice consequenzialista. Secondo tale ottica si considera la scelta tra diverse azioni soltanto come una che da esse deriva no il comportamento del consumatore è dunque descritto come scelta tra stati alternativi della sua disponibilità di beni. Nell’esempio precedente uno dei beni a disposizione del consumatore era il denaro, che però è ovviamente un bene molto particolare. Esso infatti è mezzo di scambio e unità di conto, ma non ha caratteristiche che lo rendano idoneo al consumo finale, se non per eccezioni del tutto trascurabili2. Generalmente, per rappresentare l’insieme delle allocazioni tra le quali il consumatore sceglie, non si considera esplicitamente la moneta, riconoscendo implicitamente ad essa solo valore di unità di conto, e si esprime il valore di mercato dei diversi beni in termini relativi, come se ci si trovasse in un’economia di puro baratto. Ad esempio, l’insieme delle alternative a disposizione di un agente dotato di una ricchezza pari a 20 mila euro sarà costituito da tutte le possibili combinazioni dei beni disponibili nel mercato che è possibile acquistare spendendo al massimo quella cifra; se i beni disponibili sono solo automobili che hanno un prezzo unitario pari a 10 mila euro e crociere che hanno un prezzo unitario per persona pari a 2.500 euro, le alternative a disposizione saranno: 2 automobili e nessuna crociera, 1 automobile e un numero di crociere non superiore a 4, nessuna automobile e un numero di crociere non superiore a 8. Se indichiamo con C le crociere e con A le automobili, l’insieme delle alternative disponibili sarà: (2A, OC), (lA, 4C), (lA, 3C), (lA, 2C), (lA, 1C), (lA, OC), (OA, 8C), (OA, 7C), (OA, 6C), (0A, 5C), (OA, 4C), (OA, 3C), (OA, 2C), (OA, 1C), (OA, OC). Il comportamento del consumatore è descritto dalla scelta tra queste alternative, cioè tra le dotazioni di cui è in grado di disporre a seconda dei piani di acquisto che realizza. In genere si ipotizza che un agente economico sia razionale e, quindi, che tenga un comportamento, o effettui una scelta, solo se esso è idoneo a raggiungere i suoi obiettivi individuali, comunque essi siano specificati. Dunque un consumatore che abbia un comportamento razionale sceglierà quell’alternativa di acquisto che rende massima la sua soddisfazione. L’analisi microeconomica e, in particolare, il problema del consumatore possono dunque essere descritti come un’applicazione ai problemi economici della teoria della scelta razionale in un’ottica consequenzialista. Questo approccio può essere interpretato in due modi: a) positivo o descrittivo; b) normativo o prescrittivo. 1.1. Interpretazione positiva o descrittiva Consideriamo la teoria come una descrizione di ciò che farebbe un consumatore perfettamente razionale preoccupato solo delle conseguenze delle proprie azioni. Secondo questa interpretazione 1 Una descrizione più particolareggiata della medesima azione, sempre nella stessa ottica, terrebbe conto anche del consumo di energia necessario a raggiungere il concessionario, del tempo impiegato, ecc. 2 Se si esclude il piacere perverso di chi trovi opportuno accendere il sigaro con le banconote. 29 la nostra teoria vale solo se l’agente economico considerato è perfettamente razionale (nel modo definito in precedenza) e non consente dunque di rappresentare e analizzare comportamenti irrazionali o dettati da una razionalità non consequenzialista. 1.2. Interpretazione normativa o prescrittiva In alternativa possiamo dare alla teoria un’interpretazione prescrittiva e affermare, ad esempio, che le conclusioni alle quali arriva la teoria del consumatore ci dicono come si dovrebbe comportare, cioè come dovrebbe scegliere, un consumatore che abbia come unico obiettivo la massimizzazione della soddisfazione derivante dalle conseguenze delle sue azioni, quali che siano le sue preferenze individuali. Anche l’analisi del comportamento del consumatore è dunque soggetta a queste due interpretazioni alternative. In seguito, nel tentativo di delineare una prima approssimazione della realtà e sapendo di poter fornire in questo modo un costrutto organico e coerente che descriva il funzionamento del sistema di domanda di un’economia, ipotizzeremo che i consumatori siano razionali (nel senso sopra esposto) e ci riferiremo dunque a un’interpretazione descrittiva della teoria della scelta razionale. 30 2. L’INSIEME DELLE ALTERNATIVE E IL VINCOLO DI BILANCIO Come è descritto l’insieme delle alternative tra le quali sceglie il consumatore? Se la teoria microeconomica, e in particolare quella del consumatore, costituisce un’applicazione della teoria della scelta razionale dobbiamo innanzitutto definire l’insieme delle alternative al quale si applica la razionalità del consumatore. Come abbiamo ricordato nell’introduzione al capitolo l’analisi della domanda tenta di dare una risposta al quesito: «quali beni devono essere prodotti e in quali quantità?». Questa domanda, riferita all’approccio individualista e consequenzialista e alla scelta razionale, diventa: «di quali beni e servizi il consumatore vuole la disponibilità? In che quantità?». Dalla risposta a questo quesito si ottengono la domanda individuale per un dato bene e, per aggregazione, la domanda di mercato e quella dell’intera economia. Se invece che il consumo considerassimo la produzione, il quesito analogo riguarderebbe i mezzi di produzione e le quantità di questi ultimi che il produttore desidera avere a disposizione. Otterremo la domanda, individuale e di mercato, dei mezzi di produzione. L’insieme delle alternative tra le quali il consumatore sceglie è costituito dall’insieme di beni e servizi almeno potenzialmente a sua disposizione. Tale insieme è necessariamente finito sia nel numero delle componenti, che è un dato dipendente dalla natura e dallo stato delle conoscenze tecnologiche, sia nella loro quantità, che dipende direttamente o indirettamente, attraverso la produzione, dalla dotazione di risorse naturali. L’insieme delle alternative a disposizione del consumatore è finito: a) sia caso in Cui egli si trovi in condizioni di Completa autarchia e isolamento, cioè non possa avere alcuna relazione economica con altri agenti, come Robinson Crusoe sopravvissuto al naufragio e sbarcato su un’isola deserta; 1’) sia nel caso in cui egli possa invece scambiare con altri agenti o, più impersonalmente, vendere e acquistare beni sul mercato. Nel primo caso il numero e la quantità di beni a disposizione del consumatore dipenderanno dalla dotazione di risorse (naturali e personali) di cui egli sia in grado di appropriarsi e dai suoi piani di produzione o trasformazione di parte ditali risorse. Nel caso invece in cui il consumatore possa acquistare o vendere sul mercato, le alternative a sua disposizione dipenderanno dalla dotazione iniziale di risorse possedute o, alternativamente, dal suo reddito (che non è altro che la valutazione in termini monetari della sua dotazione di risorse), oltre che dalle caratteristiche del mercato in cui si trova a scambiare e in particolare dai prezzi in esso prevalenti. In quel che segue considereremo questo secondo caso e ipotizzeremo che la domanda espressa dal consumatore sia trascurabile relativamente alle dimensioni del mercato così che egli non ha alcun potere sulla determinazione dei prezzi dei beni scambiati, che per lui costituiscono un dato. Partiamo dal caso più semplice e consideriamo un insieme di alternative al quale appartengano quantità diverse di due soli beni. (Si noti che ci concentreremo sul caso di due soli beni per semplicità espositiva; la quasi totalità dell’analisi si estende a situazioni con un numero maggiore, ancorché finito, di beni.) Ciascuna alternativa a disposizione del consumatore è costituita da una particolare combinazione dei due beni, che è normalmente chiamata paniere. Ad esempio se i due beni a disposizione del consumatore sono latte e libri, i panieri a disposizione del consumatore potrebbero essere quelli costituiti da I litro di latte e i libro (paniere A), da 2 litri di latte e 3 libri (paniere B), da 3 litri di latte e nessun libro (paniere 0. Illustriamo questi tre panieri in un grafico che rappresenta il quadrante positivo di un sistema di assi cartesiani (fig. 2.1). Se i tre panieri considerati esauriscono le alternative a disposizione del consumatore, questi si troverà a scegliere tra i punti A, B, e C nel grafico. 31 Il problema della scelta di consumo di latte e libri potrebbe naturalmente essere molto più articolato e prevedere più di tre alternative a disposizione del consumatore. Potremmo avere panieri che combinano diversamente le quantità già considerate di ciascuno dei beni; ad esempio un paniere con I litro di latte e nessun libro, un altro con 3 litri di latte e 3 libri, ecc. Inoltre, potremmo avere panieri caratterizzati da quantità diverse da quelle già considerate. Notiamo però un’importante differenza tra i due beni in esame: mentre quantità di libri diverse da quelle considerate corrispondono a numeri interi (oltre a nessun libro, I libro e 3 libri, possiamo avere 2 libri, 04, o 13, ecc.), le alternative a disposizione per il latte sono molto più numerose, dal momento che includono anche infinite frazioni di litro (possiamo avere 4 litri e mezzo di latte, 3,2 litri, 10,03452 litri, ecc.)3. Distinguiamo dunque tra beni indivisibili, come i libri, ma anche le automobili, le crociere, e beni divisibili, come tutti quelli che sono in genere misurati non in unità ma con misure di peso o capacità4. Nella figura 2.2 rappresentiamo l’insieme di tutti i panieri caratterizzati da un numero non superiore a 4 libri e da non più di 4 litri di latte. Come si vede l’insieme dei panieri è composto da cinque segmenti rettilinei, uno per ciascun numero di libri potenzialmente a disposizione del 3 il lettore più attento alle questioni matematiche sulle prime potrebbe essere preoccupato per la correttezza di questa affermazione; si rammenti tuttavia che stiamo considerando un insieme finito di alternative. 4 Naturalmente si potrebbe obiettare che il latte è in genere venduto solo in confezioni con una capacità data e predefinita, ad esempio un litro oppure mezzo litro, ecc. In linea di principio comunque è possibile concepire transazioni per quantità di latte diverse da quelle normalmente utilizzate e ci sono ancora luoghi nei quali è possibile acquistare il latte direttamente dal produttore in qualunque quantità si desideri. 32 consumatore, incluso il caso in cui il consumatore non abbia alcun libro. In corrispondenza di ciascun numero di libri, la quantità di latte può invece variare in maniera continua, data la perfetta divisibilità ditale bene. Per semplicità e comodità espositiva considereremo beni perfettamente divisibili. Ciò non costituisce in sé un limite fondamentale per la nostra analisi, poiché i principi che guidano le scelte del consumatore nel caso di beni divisibili valgono anche nel caso di beni indivisibili. Tuttavia considerare beni indivisibili impedisce l’utilizzo del calcolo differenziale, il che può costituire un limite quando si voglia dare prova rigorosa dei risultati ottenuti. Consideriamo ora la rappresentazione grafica dei vincoli fisici ed economici cui è soggetto l’insieme dei panieri a disposizione del consumatore. I vincoli fisici sono determinati direttamente dalla dotazione delle risorse, mentre quelli economici dipendono non solo dall’entità di tale dotazione ma anche dal mercato, vale a dire dalle possibilità del consumatore di scambiare con altri agenti economici. 2.1. Vincoli fisici Si pensi alla scelta del menù quotidiano di un navigatore solitario, vincolato dalla provvista che ha caricato all’inizio del viaggio, o al caso di Robinson Crusoe al quale si è fatto cenno in precedenza. In realtà, tuttavia, i vincoli fisici alle possibilità di consumo sono molto comuni e per proporre esempi non è affatto necessario ricorrere a situazioni così estreme. Un esempio di vincolo fisico all’insieme dei panieri a disposizione del consumatore con il quale ciascuno di noi si confronta quotidianamente è quello dato dal tempo a disposizione. Se si considera un insieme di beni composto da ore di tempo libero e litri di latte consumabili in un giorno, è ovvio che la quantità di ore di tempo libero non potrà eccedere le 24, come mostra la figura 2.3. 2.2. Vincoli economici Accanto a quelli fisici ci sono poi i vincoli economici al consumo individuale. Il consumatore potrà consumare solo quanto già possiede o è in grado di acquistare dato quanto già possiede, cioè dato il suo reddito. Consideriamo ad esempio il caso in cui un consumatore abbia un reddito di 10 euro e abbia una dotazione costituita esclusivamente da latte e pasta. I prezzi di mercato di latte e pasta, sui quali il consumatore non può influire giacché la sua dimensione è trascurabile rispetto al mercato, sono rispettivamente di 1 euro al litro (PL = 1) e 0,5 euro al chilo (pp = 1/2). Se il consumatore decide di consumare solo latte, ne ottiene 10 litri; se sceglie di domandare solo pasta, ottiene 20 chili di pasta; se sceglie di dividere equamente le sue disponibilità di reddito tra i due beni, avrà 5 litri di latte e 10 chili di pasta, e così via. I tre punti descritti sono rappresentati nella figura 2.4 come punti A, B e C. 33 Se uniamo tutti i punti che identificano nel grafico le alternative disponibili che risultano da un impiego completo del reddito a disposizione del consumatore otteniamo il segmento rettilineo AB nella figura 2.5, che divide il quadrante positivo del sistema di assi cartesiani in due sottoinsiemi. Se utilizza tutto il suo reddito, il consumatore potrà scegliere un punto di tale segmento rettilineo. Tutti i punti che stanno al di sotto del segmento corrispondono a panieri di cui il consumatore può disporre senza utilizzare completamente il suo reddito, e quindi caratterizzati da quantità di almeno uno dei beni disponibili inferiore a quella ottenibile con un pieno impiego del reddito; tutti i punti che si trovano al di sopra del segmento AB corrispondono invece a panieri di cui il consumatore non può disporre, dato il suo reddito e dati i prezzi. Se indichiamo con m il reddito monetario e S la spesa del consumatore, x1 la quantità di latte e x2 quella di pasta, possiamo scrivere il vincolo di bilancio: [1] S = x1p1 + x2p2 ≤ m 34 Questa espressione ci dice, dati i prezzi di pasta (p2) e latte (p1), quali coppie di quantità dei due beni possono essere acquistate dal consumatore dato il vincolo che la spesa non può eccedere il reddito monetario. Il segmento AB nella figura 2.5 rappresenta la cosiddetta retta di bilancio che esprime il vincolo di bilancio del consumatore come uguaglianza: [1 .a] S = x1p1 + x2p2 = m Questa equazione ci dice quali coppie di quantità dei due beni il consumatore può acquistare utilizzando completamente il suo reddito m. Una semplice trasformazione algebrica dell’equazione [1.a] ci consente di evidenziare la relazione tra le quantità dei due beni, espressa implicitamente dal vincolo di bilancio: [2] x1 = m p2 − ⋅ x2 p1 p1 L’equazione [2] evidenzia alcune caratteristiche del vincolo di bilancio espresso come uguaglianza. Come abbiamo notato sopra, esso ha forma rettilinea ed è espresso algebricamente dall’equazione di una retta. L’intercetta della retta con ciascuno degli assi esprime il reddito del consumatore in termini reali, e in particolare in termini del bene la cui quantità è misurata su tale asse. Si noti infatti che per x1 = 0 il vincolo di bilancio interseca l’asse che misura la quantità di pasta (x2) ad un valore pari a m/p2, mentre per x2 = 0 l’intercetta è pari a m/p1. In altri termini, le intercette della retta di bilancio esprimono la quantità massima dei due beni che è possibile acquistare, dati i prezzi e il reddito monetario. Dato che le intercette esprimono il reddito del consumatore in termini reali, un aumento del reddito monetario, a prezzi costanti, sposta il vincolo di bilancio verso l’alto, come mostrato in figura 2.6, nella quale è rappresentata una variazione di reddito da m¯ a m_ per m¯ < m_ . La retta di bilancio, espressa dall’equazione [2], ha pendenza pari al rapporto tra i prezzi dei due beni preso con segno negativo: il rapporto tra i prezzi, ovvero il prezzo relativo del bene 2 rispetto al bene 1 (p2/p1), ci dice, per ciascuna variazione unitaria nel consumo di pasta, di quanto deve variare il consumo di latte per mantenere costante la spesa (che nell’equazione [2] è pari all’intero reddito). Se vogliamo che il nostro consumatore utilizzi completamente il suo reddito, a ogni variazione unitaria di x1 deve corrispondere una variazione di segno opposto di x2 pari a p1/p2. In altri termini il prezzo relativo esprime quante unità del bene i posso acquistare rinunciando a (o «spendendo») un’unità del bene 2. 35 Se il prezzo del bene 2 aumenta, dato il prezzo del bene 1, aumenta anche l’inclinazione del vincolo di bilancio, mentre, se diminuisce, si riduce anche l’inclinazione. L’opposto naturalmente vale per variazioni del prezzo del bene 1 dato il prezzo del bene 2. Nella figura 2.7a mostriamo l’effetto sul vincolo di bilancio di un aumento del prezzo del bene 2 da p2_ a p2¯ con p2¯ > p2_ ; nella figura 2.7b mostriamo invece l’effetto di una variazione del prezzo del bene 1 da p1_ a p1¯, con p1¯ > p1_. Notiamo che la variazione del prezzo di un bene determina una modifica dell’intercetta della retta di bilancio con l’asse sul quale è misurata la quantità di quel bene. In altri termini in seguito a una variazione del prezzo di uno dei due beni la retta di bilancio ruota su se stessa avendo come fulcro l’intercetta con l’asse che misura la quantità del bene il cui prezzo non è cambiato. L’interpretazione di questo spostamento è abbastanza ovvia. Al crescere del prezzo di un bene la quantità massima ditale bene che può essere acquistata dal consumatore, a reddito invariato, diminuisce. Notiamo che fa apparentemente eccezione il caso in cui il bene il cui prezzo varia è prodotto dal consumatore. Tuttavia non si tratta di una reale eccezione: a un aumento del prezzo corrisponde infatti anche un aumento del reddito del consumatore, dal momento che i suoi prodotti sono valutati sul mercato per un importo maggiore. L’esempio è illustrato nella figura 2.8, nella quale si mostra l’effetto di un incremento del prezzo del latte sulla retta di bilancio di un produttore di latte a parità di quantità prodotta. Alla variazione del prezzo da pL_ a pL¯ corrisponde una rotazione del vincolo di bilancio verso l’esterno attorno all’intercetta con l’asse sul quale è misurata la quantità di latte. Se il consumatore decide di tenere per sé tutto il latte che produce la sua situazione non cambia qualunque sia il prezzo del latte; se invece decide di vendere parte del latte prodotto, la sua capacità di acquisto di pasta aumenta all’aumentare del prezzo del latte, dal momento che può ricavare di più dalla vendita del latte. Dunque, a eccezione del caso in cui consumi solo latte, il nostro produttore di latte può consumare una quantità maggiore di pasta. Questo spiega la rotazione del vincolo di bilancio. 36 3. PREFERENZE E LORO RAPPRESENTAZIONE: LE CURVE DI INDIFFERENZA Come si rappresentano le preferenze del consumatore? Quali condizioni devono essere soddisfatte da tale rappresentazione? Una volta descritto l’insieme delle alternative a disposizione del consumato- re, delimitato dal suo vincolo di bilancio, dobbiamo ora studiare come egli scelga tra le alternative disponibili. La teoria propone almeno due diversi approcci a questo problema. Il primo si basa direttamente sul comportamento, cioè sull’osservazione delle scelte del consumatore, imponendo il rispetto di vincoli di coerenza come presupposto della sua razionalità: il consumatore è razionale e quindi non farà scelte incoerenti, cioè in contraddizione tra di loro. Secondo questo approccio le motivazioni delle scelte compiute non hanno rilevanza; ci si limita a considerare ciò che è osservabile, cioè le scelte degli individui, in un’ottica comportamentalista che, secondo alcuni, in realtà non richiede nemmeno che l’individuo abbia obiettivi propri e li persegua deliberatamente e nella quale, alla fine, sembra addirittura dissolversi il concetto stesso di scelta individuale. Il secondo approccio si basa invece sull’analisi delle prefrenze del consumatore. Si ipotizza che il consumatore abbia obiettivi propri che si riassumono in una relazione di preferenza, la quale costituisce I oggetto primitivo dell’ analisi. Si impongono poi alcune restrizioni alle caratteristiche ditale relazione di preferenza, che riflettono l’ipotesi fondamentale di razionalità degli agenti. Questo secondo approccio ha il limite di avere come oggetto di indagine qualcosa di non osservabile, cioè gli obiettivi, le preferenze individuali (mentre l’approccio precedente aveva il pregio di avere come oggetto di osservazione il comportamento del consumatore); tuttavia, esso sembra descrivere in modo più efficace la sovranità e l’autodeterminazione del soggetto che sceglie. Nella presentazione che segue si privilegia, non solo per ragioni di comodità espositiva, questo secondo approccio, più tradizionale. Partiamo dunque considerando una relazione di preferenza che consenta al consumatore di ordinare i panieri di beni a sua disposizione, cioè di dire, per ciascuna coppia di panieri, se ne preferisce uno all’altro o se è indifferente tra i due. Ad esempio, prendiamo in esame le preferenze di un consumatore che abbia a disposizione i panieri A e B. Se il consumatore preferisce strettamente A a B, scriviamo A > B; se invece il consumatore è indifferente tra i due panieri scriviamo A ~ B; se infine il consumatore preferisce debolmente A a B, cioè se per lui A è almeno tanto buono quanto B, scriviamo A≥ B. Queste tre relazioni di preferenza sono tra loro correlate, giacché se è contemporaneamente vero che A≤ B e B ≥ A, ciò implica che A~B; d’altra parte se A≥B ma sappiamo che non è vero che A~B, allora sarà vero che A>B. Per rappresentare in modo adeguato i criteri di scelta di un consumatore razionale, queste relazioni di preferenza devono soddisfare i due seguenti assiomi. 3.1. Completezza Innanzitutto si richiede che il consumatore sia in grado di ordinare tutte le alternative a sua disposizione, cioè che per ogni coppia di panieri disponibili A e B, o A è debolmente preferito a B, o B è debolmente preferito ad A o entrambe, vale a dire che il consumatore è indifferente tra A e B. Formalmente, o A≤B o B≥A o entrambe e dunque A~B. Questo assioma, apparentemente abbastanza ragionevole, è in realtà molto forte se preso alla lettera, giacché richiede una capacità di ordinamento sulla generalità delle alternative disponibili. Nei fatti esistono numerose situazioni in cui è difficile poter ordinare le alternative a disposizione; più in generale, la scoperta delle proprie preferenze individuali sembra essere un esercizio esistenziale di ampio respiro che per certi oggetti richiede molto tempo. L’assioma diventa più facilmente accettabile se se ne restringe il campo di applicazione a insiemi di alternative semplici come molte di quelle considerate negli esempi proposti. In ogni caso l’assioma di completezza ha un fondamentale ruolo di semplificazione dell’analisi e viene quindi in genere imposto anche per ragioni di comodità. 37 3.2. Transitività Si richiede poi che se il consumatore considera un’alternativa almeno tanto buona quanto un’altra e quest’ultima almeno tanto buona quanto una terza, allora considererà anche la prima almeno tanto buona quanto la terza. Formalmente, considerando tre alternative a disposizione A, B e C, se A≥ B e B ≥ C allora anche A ≥C. Abbiamo formulato l’assioma di transitività in termini di preferenza debole; tuttavia, completezza e transitività insieme implicano che anche le relazioni di preferenza forte e di indifferenza siano transitive. Questo assioma sostanzialmente impone coerenza alle preferenze del consumatore: una sua violazione implicherebbe infatti preferenze cicliche, per cui A è preferito a B che è preferito a C, che è preferito ad A, e così via. Come per il precedente, anche questo assioma sembra dare una rappresentazione realistica delle preferenze individuali in molte circostanze, ma la sua validità generale sembra opinabile, soprattutto se si considerano alternative molto distanti dall’esperienza quotidiana del decisore. Tuttavia in mancanza di questo assioma, ancor più che del precedente, gran parte della costruzione analitica che ci consente di studiare il problema del consumatore verrebbe meno e dunque accettarne la validità generale è comunque necessario per semplificare l’analisi. Come abbiamo notato i due assiomi precedenti rappresentano le fondamenta per la costruzione analitica della teoria del consumatore. Oltre ad essi, per comodità espositiva, è utile ipotizzare che le preferenze individuali soddisfino almeno un’altra proprietà, che, pur essendo del tutto ragionevole nel contenuto, non è però altrettanto necessaria dal punto di vista analitico. Si tratta dell’ipotesi di monotonicità. 3.3. Monotonicità L’ipotesi di monotonicità richiede che tra due panieri A e B, che contengano la stessa quantità di alcuni beni e una quantità diversa di altri beni, in modo tale che A contiene una quantità maggiore di ciascuno di questi ultimi, il consumatore preferisca sempre A a B. Questa ipotesi implica che il consumatore preferisce avere a disposizione una maggiore quantità di beni. Ad esempio, tra due panieri che contengano ciascuno 20 fragole, ma dei quali il primo contenga 10 grammi e il secondo 50 grammi di panna, se vale l’ipotesi di monotonicità, il consumatore preferirà il secondo al primo. In altri termini è come dire che ciascun bene è un «bene», cioè è desiderabile; quindi, maggiore è la quantità di esso disponibile meglio è. Questa ipotesi non vale nel caso in cui i panieri contengano anche elementi che abbiano una natura che li rende sgradevoli al consumatore, cioè che siano in realtà «mali» e non beni. Tuttavia, riformulando il problema in modo equivalente e ridefinendo tali componenti del paniere come assenza del male considerato, l’ipotesi di monotonicità torna a valere. 38 Se valgono completezza, transitività e monotonicità è abbastanza semplice (almeno nel caso di due beni, fin qui considerato) costruire una rappresentazione grafica delle preferenze del consumatore, che, insieme al vincolo di bilancio, che rappresenta l’insieme delle alternative disponibili per il consumatore, consente di individuarne la scelta ottima e dunque di illustrarne il comportamento razionale. Consideriamo il paniere A nella figura 2.9, che contiene una quantità lA, ad esempio 4 litri, di latte e una quantità rA, ad esempio 3 chili, di riso. Data l’ipotesi di monotonicità tutti i panieri che si trovano a nord-est di A sono preferiti ad A, giacché contengono una quantità maggiore di entrambi i beni. Per la stessa ipotesi sono preferiti ad A anche tutti i panieri che contengono la stessa quantità di uno dei beni e una quantità maggiore dell’altro bene. L’insieme di questi panieri è rappresentato dall’area ombreggiata nel grafico, comprese le due semirette che ne costituiscono i margini. Dunque ad esempio i panieri B, con 7 chili di riso e 5 litri di latte, e C, con la stessa quantità di riso di A e 10 litri di latte, sono preferiti ad A. Sempre come conseguenza della monotonicità, A è preferito a tutti i panieri che sono a sud-ovest di A e a tutti quelli che contengono la stessa quantità di uno dei due beni e una quantità minore dell’altro (area tratteggiata nel grafico). Ad esempio il consumatore preferisce A sia a D sia a E. Tutti gli altri panieri che si trovano nel quadrante positivo non sono immediatamente ordinabili rispetto ad A, dal momento che contengono una quantità maggiore di uno dei due beni, ma una quantità minore dell’altro. Consideriamo ad esempio F: contiene poco più riso rispetto ad A, ma molto meno latte. E probabile che l’aumento nella disponibilità di riso non riesca a compensare la riduzione nella disponibilità di latte. Consideriamo poi G. Sembra probabile che tale paniere risulti preferito ad A, giacché a una modesta riduzione della quantità di latte corrisponde, rispetto ad A, un notevole aumento nella disponibilità di riso. Muovendo da F verso G, cioè per incrementi via via maggiori di riso e decrementi via via minori di latte, incontriamo prima o poi un paniere che risulta indifferente rispetto ad A. Un paniere indifferente rispetto ad A potrebbe verosimilmente essere il paniere H, che contiene circa 2 litri di latte e circa 6 chili di riso. E possibile individuare moltissimi altri panieri con composizione diversa da A rispetto ai quali il consumatore è indifferente, per esempio L o M. Se congiungiamo tutti i punti che corrispondono ai panieri che per il consumatore sono indifferenti rispetto ad A, otteniamo una curva che viene chiamata curva di indifferenza (fig. 2.10). Tale curva sarà decrescente, poiché sia il riso che il latte sono desiderati dal consumatore, cioè sono «beni». In presenza di una riduzione nella dotazione di riso del consumatore, è necessario che aumenti in qualche misura la dotazione di latte, e viceversa, affinché egli rimanga indifferente tra i due panieri. Tutti i panieri che corrispondono ai punti in alto e a destra della curva sono preferiti dal consumatore rispetto a quelli che si trovano sulla curva di indifferenza, mentre tutti i panieri corrispondenti ai punti sotto e a sinistra della curva di indifferenza sono considerati peggiori. 39 L’esercizio che abbiamo appena concluso può essere ripetuto per ogni paniere a disposizione del consumatore: ciascun paniere, dunque, appartiene a una curva di indifferenza e le preferenze del consumatore possono essere rappresentate da un’intera famiglia di curve di indifferenza come nella figura 2.11. Dato un paniere, in linea di principio siamo in grado di individuare la curva di indifferenza alla quale appartiene. Per l’ipotesi di monotonicità, dunque, dal momento che sia il latte che il riso sono «beni», a curve di indifferenza più a nord-est corrispondono allocazioni preferite dal consumatore. La curva di indifferenza che abbiamo denominato 14 di conseguenza, corrisponderà ad allocazioni preferite a quelle che corrispondono a 13; lo stesso vale per 13 rispetto a 12, e così via. Una proprietà fondamentale delle curve di indifferenza è che esse non si intersecano mai. Infatti, se consideriamo una situazione nella quale due curve di indifferenza si intersecano (fig. 2.12), otteniamo un risultato contraddittorio. Per l’ipotesi di monotonicità A dovrebbe risultare strettamente preferito a B, dal momento che contiene una quantità maggiore di entrambi i beni. Tuttavia, se vale la rappresentazione proposta delle curve di indifferenza, sia A che B risultano indifferenti rispetto a C, poiché ciascuno ditali panieri appartiene ad una curva di indifferenza alla quale appartiene anche C, e dunque, per l’assioma di transitività, A e B dovrebbero essere indifferenti tra loro (infatti se A ~ C e B ~ C allora deve essere vero che A~B). Tuttavia, A ~ B contraddice la preferenza forte di A su B ottenuta prima. Dunque se valgono transitività e monotonicità le curve di indifferenza non possono intersecarsi. 40 3.4. Saggio marginale di sostituzione La curva di indifferenza ci dice in che misura uno dei beni deve essere rimpiazzato dall’altro affinché il consumatore sia indifferente tra i due panieri. Essa ci dice quale quantità di uno dei beni compensa esattamente il consumatore per la rinuncia a una data quantità dell’altro, cioè l’entità della sostituzione necessaria a compensarlo nel caso rinunci, ad esempio, a un’unità di un bene, mantenendo allo stesso tempo invariato il suo benessere o, simmetricamente, a quante unità di un bene è disposto a rinunciare per ottenere un’unità dell’altro. Cerchiamo di comprenderne meglio il significato sulla base della rappresentazione grafica delle preferenze, considerando innanzitutto l’esempio più semplice, anche se nella maggior parte dei casi irrealistico, di curve di indifferenza lineari, cioè Costituite da rette, Nella figura 2.13 è rappresentata una curva di indifferenza lineare per due generici beni x1 e x2. Consideriamo il paniere A, appartenente a tale curva di indifferenza, che contiene 8 unità del bene 1 e 2 unità del bene 2. Misuriamo di quanto deve aumentare la dotazione del consumatore del bene 2 a fronte di una riduzione unitaria del bene 1, affinché egli resti indifferente rispetto alla situazione di partenza: identifichiamo cioè il paniere appartenente alla curva di indifferenza rappresentata contenente 7 unità di x1. Chiamiamo tale paniere B. Le variazioni nelle quantità dei due beni ∆x1 e ∆x2 sono rappresentate in figura dai cateti del triangolo rettangolo che ha come estremi dell’ipotenusa A e B. Notiamo che il rapporto tra le due variazioni ∆x1/ ∆x2, cioè il saggio al quale il consumatore è disposto a sostituire x2 a x1 per una variazione unitaria di x1 avendo come dotazione iniziale il paniere A, dal punto di vista geometrico corrisponde alla pendenza della retta di indifferenza. Tale rapporto è negativo giacché le variazioni nella disponibilità dei due beni debbono essere di segno opposto affinché si possano compensare tra loro. Dato che la pendenza di una retta è costante in ogni suo punto, il rapporto ∆x1/ ∆x2 sarà costante qualunque sia l’ampiezza della variazione considerata e qualunque sia il suo punto di partenza. Dunque, per compensare il consumatore di una qualsiasi riduzione data nella sua dotazione di uno dei due beni dovremo mettere a sua disposizione sempre la stessa quantità dell’altro bene, qualunque sia la sua dotazione iniziale, mentre la proporzione tra le due variazioni rimarrà invariata qualunque sia la loro dimensione. Due beni per i quali valga questo tipo di relazione sono detti perfetti sostituti. Tali beni sono in grado di soddisfare il medesimo bisogno, tanto che il consumatore è disposto a privarsi completamente di uno di essi a condizione di avere una sufficiente disponibilità di quell’altro. Si noti che, affinché due beni siano perfetti sostituti, non è necessario che il consumatore sia disposto a sostituirli «uno a uno», cioè che ∆x1/ ∆x2 = -1; è sufficiente che tale rapporto sia costante. Ad esempio, ipotizzando che un consumatore sia assolutamente indifferente tra pasta e riso egli sarà disposto a rinunciare al consumo di uno dei due per l’altro a un saggio costante; tuttavia la diversità nella resa dei due determinerà un rapporto ∆x1/ ∆x2 diverso dall’unità. Come detto, tuttavia, il caso 41 di curve di indifferenza lineari è molto particolare. Per la maggior parte dei beni, infatti, sembra improbabile che la rinuncia a una data quantità possa essere compensata sempre da variazioni di ugual misura nella dotazione di un altro bene. Per fare solo un esempio, se possiedo 2 chili di ciliegie, rinunciare a una ciliegia è indubbiamente molto meno oneroso rispetto al caso in cui ne possieda una soltanto: dunque le variazioni compensative per lasciarmi indifferente dovranno essere di entità ben diversa nei due casi. L’intuizione che ci viene suggerita da questo esempio (compatibile con il buon senso) è che l’ipotesi più naturale sia che le necessità di compensazione aumentino al diminuire della dotazione iniziale. Quanto più ridotta è la dotazione di un certo bene, tanto più questo diventa prezioso agli occhi del consumatore, il quale richiederà dunque quantità crescenti di un altro bene se gli si chiede di rinunciare al primo. Ciò si traduce in termini grafici in curve di indifferenza effettivamente curvilinee con la convessità rivolta verso l’origine come nella figura 2.14. Si noti che con curve di indifferenza di questo tipo il rapporto ∆x1/∆x2 è molto sensibile al punto di ∆x11 ∆x12 partenza e dunque ; infatti ∆x12 = ∆x22 ma ∆x11 > ∆x12 5, cioè l’aumento nella dotazione > 1 2 ∆x2 ∆x2 di x1 che il consumatore richiede per essere compensato del tutto per una riduzione unitaria di x2 è molto maggiore quando la disponibilità iniziale di x2 è più bassa. Inoltre, a differenza del caso lineare, il valore del rapporto ∆x1/ ∆x2 varia in questo caso anche al variare dell’ampiezza di ∆x2 rispetto a un medesimo punto di partenza, come mostra la figura 2.15. Si noti come i due triangoli corrispondenti a due diverse variazioni in x2 e dunque in x1, a partire dallo stesso paniere A abbiano forma diversa e dunque il rapporto tra i loro cateti sia differente. Dunque, con curve di indifferenza non rettilinee, da un lato il rapporto ∆x1/ ∆x2 varia al variare del punto corrispondente al paniere di partenza, dall’altro anche con uno stesso punto di partenza le differenze possono essere notevoli a seconda dell’ampiezza delle variazioni considerate. La soluzione a entrambi questi problemi è data dall’uso di una misura puntuale: rilevare cioè il valore di ∆x1/ ∆x2 in ogni punto appartenente alla curva di indifferenza, calcolandone il valore per variazioni infinitesime, cioè piccolissime, di x2. Tale valore è noto come saggio marginale di sostituzione (SMS), che è dunque il valore di ∆x1/ ∆x2 per ∆x2 tendente a 0. 5 Per il lettore che non abbia familiarità con la notazione matematica, ricordiamo che una grandezza riportata tra due barre verticali viene considerata in valore assoluto, ignorandone cioè il segno (positivo o negativo). 42 Lo stesso concetto può essere espresso con una notazione matematica: ∆x1 dx1 = ∆x 2 → 0 ∆x dx2 2 SMS = lim Dal punto di vista geometrico il valore del SMS è la pendenza della curva di indifferenza nel punto in cui viene calcolato. Dunque, muovendoci lungo curve di indifferenza non rettilinee, così come varia la pendenza varia anche il SMS. L’analisi del saggio marginale di sostituzione è giustificata nel caso in cui i beni considerati abbiano tra loro almeno un certo grado di sostituibilità e le curve di indifferenza corrispondenti abbiano dunque un andamento regolare, senza punti angolosi. Ipotizzare tale regolarità sembra una buona approssimazione della realtà in moltissimi casi. Un’importante eccezione è tuttavia quella di beni la cui natura impone che siano consumati insieme come ad esempio sci e attacchi o computer e mouse. Questi beni sono detti perfetti complementi. Il consumatore può trarre beneficio dal loro consumo solo se ne ha disponibilità contemporanea in una proporzione data: avere più di un paio di attacchi è inutile se si possiede solo un paio di sci, così come avere molti mouse e un solo computer. Le curve di indifferenza per beni di questo , tipo sono rappresentate nella figura 2.16. Esse sono caratterizzate dalla presenza di un punto angoloso che corrisponde all’unica proporzione tra le disponibilità dei due beni che ne consente un consumo proficuo. Muovendo da uno dei punti angolosi verso destra o verso l’alto si modifica la quantità di uno dei beni senza che cambi quella dell’altro. Tali variazioni lasciano indifferente il consumatore e infatti si resta sulla stessa curva di indifferenza. Beni perfetti complementi violano dunque l’ipotesi di monotonicità stretta. Affinché un incremento nel consumo di uno dei due beni consenta al consumatore di raggiungere un paniere da lui preferito a quello originario, è necessario che tale incremento sia accompagnato da un aumento in proporzione data della disponibilità dell’altro bene: preferisco avere due paia di attacchi anziché uno solo se la mia disponibilità di sci aumenta da un paio a due paia; in presenza di un incremento unitario nella mia disponibilità di paia di sci sono invece indifferente tra tutte le variazioni positive nella mia disponibilità di attacchi, incluso l’incremento unitario. Una variazione in proporzione data della disponibilità di entrambi i beni corrisponde nel grafico a uno spostamento su una curva di indifferenza più elevata. 43 44 4. L’OTTIMO DEL CONSUMATORE Come si determina e che caratteristiche ha la scelta ottima del consumatore? In questo paragrafo raccoglieremo i frutti dall’apparato analitico costruito nei due paragrafi precedenti, in cui abbiamo definito l’insieme delle alternative e le preferenze del consumatore. Studieremo quale sia la scelta ottima del consumatore e come questa si caratterizzi. L’insieme delle alternative ci dice tra quali panieri il consumatore debba scegliere, le preferenze e la loro rappresentazione attraverso le curve di indifferenza forniscono il criterio di scelta. Consideriamo un insieme di scelta delimitato da un vincolo di bilancio del tipo di quello rappresentato nella figura 2.5 e sovrapponiamo ad esso la più comune mappa di curve di indifferenza simile a quella rappresentata nella figura 2.11. Otteniamo così la figura 2.17. Innanzitutto notiamo che la scelta ottima del consumatore si collocherà sulla retta di bilancio e non al di sotto di essa. Infatti, a qualunque paniere appartenente all’area delimitata dal vincolo di bilancio corrisponde almeno un paniere rappresentato da un punto sulla retta di bilancio che contiene quantità maggiori di entrambi i beni e quindi, per l’ipotesi di monotonicità, sarà preferito dal consumatore. In altri termini, il consumatore allo scopo di massimizzare il proprio benessere, avendo a disposizione un determinato reddito rappresentato dal vincolo di bilancio, lo utilizzerà tutto. Tra tutti i panieri che si trovano sul suo vincolo di bilancio quale verrà scelto? Abbiamo visto che nella formulazione standard del problema del consumatore il benessere aumenta se ci spostiamo su curve di indifferenza via via più a nord-est, cioè più lontane dall’origine. Il consumatore cercherà dunque di scegliere il paniere a sua disposizione che gli consenta di raggiungere la curva di indifferenza più lontana possibile dall’origine. Questo elimina dalla rosa dei candidati all’ottimo punti come B o C nella figura 2.17. Trattandosi di punti appartenenti alla retta di bilancio, a nord-est di B e C non ci sono panieri raggiungibili dal consumatore; tuttavia B e C sono indifferenti a moltissimi panieri, tutti quelli appartenenti alla curva di indifferenza di cui essi fanno parte, che hanno invece a nord-est panieri raggiungibili e dunque preferiti dal consumatore. Questi ultimi, per l’assioma di transitività, saranno preferiti anche a B e C che non risultano dunque ottimi. L’ottimo corrisponderà al punto A nella figura 2.17, cioè al punto della retta di bilancio che appartiene contemporaneamente anche alla curva di indifferenza più a nord-est. Nessun paniere ottenibile dal consumatore, infatti, si trova a nord-est di A né di alcun paniere appartenente alla curva di indifferenza alla quale appartiene A. A è l’unico paniere ottenibile dal consumatore tra quelli appartenenti alla sua curva di indifferenza. La curva di indifferenza che passa per il punto di ottimo, A, è tangente alla retta di bilancio, cioè ha in comune con essa solo un punto, che è appunto quello di ottimo. L’analisi matematica ci insegna che due funzioni tangenti hanno la stessa pendenza nel punto di tangenza, dunque la curva di 45 indifferenza passante per A ha la stessa pendenza in quel punto della retta di bilancio. L’inclinazione della retta di bilancio è data dal rapporto costante tra i prezzi dei due beni preso con segno negativo (par. 2.2), l’inclinazione delle curve di indifferenza è data dal saggio marginale di sostituzione, che per le curve di indifferenza più comuni, cioè quelle convesse verso l’origine, varia se ci muoviamo lungo la curva (par. 3.4). Dunque possiamo esprimere la condizione di tangenza per l’ottimo, in precedenza descritta graficamente, nella seguente equazione [3] SMS = dx1 p =− 2 dx2 p1 In corrispondenza dell’ottimo del consumatore il saggio marginale di sostituzione è uguale al rapporto tra i prezzi. Questa condizione ha una semplice interpretazione che ne evidenzia il significato economico, al di là del contenuto analitico appena illustrato. In corrispondenza della scelta ottima del consumatore, saggio marginale di sostituzione e prezzo relativo dei beni non possono essere diversi tra loro, cioè la valutazione soggettiva del consumatore circa la desiderabilità dei beni, che corrisponde al SMS, non può discostarsi da quella «oggettiva» del mercato, rappresentata dal prezzo relativo. Infatti, se il SMS eccedesse in valore assoluto il rapporto tra i prezzi, ciò significherebbe che il consumatore sarebbe disposto a cedere una certa quantità del bene i per averne una maggiore del bene 2 a un saggio maggiore di quanto richiesto dal prezzo di mercato. In altri termini, per avere una maggiore quantità del bene 2 il consumatore sarebbe disposto a spendere, in termini del bene 1, più del prezzo del bene 2 prevalente sul mercato. Non c’è dunque ragione per cui il consumatore non si approvvigioni sul mercato di una maggiore quantità del bene 2 cedendo il bene 1; dato che il SMS tende a ridursi in valore assoluto man mano che la dotazione del bene 2 aumenta, a un certo punto di questo approvvigionamento SMS e rapporto tra i prezzi si uguagliano e la condizione viene ad essere soddisfatta. Un ragionamento del tutto simile si applica al caso in cui il SMS sia inferiore in valore assoluto al rapporto tra i prezzi, anche se, in quel caso, nello scambio che il consumatore realizzerebbe con il mercato i ruoli di x2 e x1 sarebbero invertiti. L’altra condizione per l’ottimo del consumatore è, come abbiamo visto, che il paniere scelto si trovi al margine superiore dell’insieme delle alternative disponibili, cioè sulla retta di bilancio. Dal punto di vista algebrico il problema del consumatore è dunque caratterizzabile come un sistema di due equazioni, la condizione [3] e la retta di bilancio, in due incognite, le quantità scelte dei due beni. L’individuazione del punto di ottimo, A nella figura 2.17, corrisponde alla determinazione delle quantità di ciascun bene che il consumatore domanda, cioè x1* e x2* . La soluzione dipende anche da variabili che sono determinate esogenamente rispetto al problema del consumatore, quali i prezzi di mercato dei due beni e il reddito del consumatore. Nei paragrafi 5 e 6 studieremo cosa accade alla scelta del consumatore al variare ditali variabili. 4.1. Saggio marginale di sostituzione e utilità marginale Consideriamo un semplice esempio di formalizzazione analitica delle preferenze del consumatore utilizzando una specifica forma funzionale per le curve di indifferenza: quella lineare, illustrata in precedenza nella figura 2.13. Una sua possibile specificazione è la seguente: [4] ax1+bx2 = ū In essa ū è il livello di benessere o di utilità del consumatore per tutti i panieri che appartengono alla specifica curva di indifferenza considerata. Spostandoci da una curva di indifferenza ad un’altra il valore di ū cambierà, per cui possiamo scrivere [5] ax1+bx2= u 46 che ci dice, dati i valori dei parametri a e b e per determinati livelli di consumo di ciascun bene x1 e x2, su quale curva di indifferenza ci troviamo, cioè qual è il livello di benessere o utilità del consumatore. Si noti che i parametri a e b esprimono le cosiddette utilità marginali rispettivamente dei beni 1 e 2, cioè ci dicono di quanto varia l’utilità del consumatore per ogni variazione unitaria della quantità consumata del bene corrispondente. Infatti, se dalla [5] ricaviamo un’espressione per la variazione totale dell’utilità al variare delle quantità consumate dei due beni [6] a∆x1 = b∆x2 = ∆u considerando poi solo la variazione nel consumo di uno dei beni, ad esempio il bene 1, e uguagliando a 0 quella dell’altro, otteniamo [7] a∆x1 = ∆u Un semplice passaggio algebrico ci consente poi di scrivere: [8] UMG1 = ∆u =a ∆x1 Il rapporto tra le variazioni dell’utilità e del consumo del bene 1, cioè l’utilità marginale di quest’ultimo (UMG1), è pari ad a. Lo stesso naturalmente vale per x2 e b, per cui: [9] UMG2 = ∆u =b ∆x2 Fatte queste osservazioni, ci è ora possibile individuare la relazione tra utilità marginali e saggio marginale di sostituzione, fornendo così un’interpretazione alternativa del SMS. Consideriamo, infatti, due variazioni simultanee di x1 e x2 che mantengano inalterata l’utilità del consumatore, cioè che ci facciano muovere da un punto a un altro appartenente alla stessa curva di indifferenza. Tali variazioni devono soddisfare la seguenti equazione [10] a∆x1 + b∆x2 = ∆u = 0 Dalla [10] si ricava l’espressione seguente, che individua la relazione che cercavamo tra SMS e utilità marginali: [11] SMS = b UMG2 ∆x1 =− =− ∆x2 a UMG1 Il SMS tra due beni è dunque uguale al rapporto tra le loro utilità marginali considerato con segno negativo. Tale segno è spiegato dalle stesse ragioni che spiegano l’inclinazione negativa delle curve di indifferenza: affinché l’utilità rimanga costante, a una variazione positiva nel consumo di un bene deve corrispondere una variazione negativa in quello dell’altro. È possibile dimostrare che la relazione tra SMS e utilità marginali espressa dalla [11] è generale e, dunque, non vale solo in questo caso specifico. Utilizzando la [11] possiamo riscrivere la condizione di equilibrio [3] come segue: 47 [12] UMG2 p2 = UMG1 p1 Mettendo a sistema questa espressione con l’equazione [l.a] della retta di bilancio, [l.a] x1p1+x2p2=m che costituisce l’altra condizione per l’ottimo del consumatore, abbiamo due equazioni in due incognite, x1 e x2. Risolvendo il sistema possiamo determinare il livello ottimo di consumo dei due beni in funzione dei loro prezzi, p1 e * * p2, e del reddito m, che indichiamo genericamente come x1 (p1, p2, m) e x2 (p1, p2, m). In generale l’ottimo del consumatore appartiene alla retta di bilancio e soddisfa la condizione di uguaglianza tra e rapporto dei prezzi. Tuttavia, mentre la prima ditali condizioni è sempre soddisfatta, poiché discende direttamente dalle ipotesi sulla razionalità individuale del consumatore, e in particolare da quella di monotonicità, la seconda non lo è sempre, dal momento che dipende dalla struttura delle preferenze e dal suo rapporto con i prezzi dei beni. Ricordiamo in particolare tre principali eccezioni all’applicazione ditale condizione che comportano tutte soluzioni cosiddette d’angolo per il problema del consumatore. Il primo esempio è quello di curve di indifferenza che, pur avendo la classica forma con la convessità verso l’origine, sono caratterizzate da un SMS sempre maggiore o sempre minore del rapporto dei prezzi. Questa situazione è descritta nella figura 2.18 per il secondo di tali possibili casi. L’ottimo del consumatore è rappresentato dal paniere corrispondente al punto A che contiene esclusivamente il bene x1. Il consumatore le cui preferenze sono qui rappresentate ha una predilezione talmente forte per il bene 1, che il suo SMS è sempre inferiore al rapporto tra i prezzi dei due beni. In altri termini, egli non trova sul mercato nessuno disposto a pagare il prezzo che pretende per cedere x1, anche quando il bene 1 è l’unico bene da lui posseduto. Il secondo esempio di ottimo del consumatore che non soddisfa la condizione di uguaglianza tra SMS e rapporto dei prezzi è quello di beni perfetti sostituti rappresentato nella figura 2.19. Anche in questo caso l’ottimo è rappresentato dal punto A. Il paniere corrispondente contiene una quantità positiva solo del bene 2. Ciò dipende dalla natura stessa di perfetti sostituti dei beni considerati, per cui il consumatore, non avendo nessun vantaggio a consumare quantità positive di entrambi 48 contemporaneamente, si concentrerà su quello dei due che ha un miglior rapporto tra prezzo e rendimento. Dal momento che la mappa delle preferenze in questo caso è formata da rette, il SMS sarà, come abbiamo visto prima, costante e potrà uguagliate il rapporto tra i prezzi solo in un caso fortuito6. Nell’esempio considerato il SMS è più grande in valore assoluto del rapporto tra i prezzi e il consumatore per avere x2 è disposto a cedere quantità del bene 1 maggiori di quanto richiesto dal mercato. Si noti che nel caso in cui la retta di bilancio fosse più inclinata delle rette di indifferenza il consumatore domanderebbe solo x1. L’ultimo esempio di ottimo nel quale non vale la condizione [3] è quello di beni perfetti complementi. Per le curve di indifferenza ditali beni, rappresentate nella figura 2.16 non è possibile definire e calcolare il SMS. Dal momento che tali beni devono essere consumati in una proporzione data, il consumatore potrà essere in una di due condizioni possibili: o è già in possesso dei beni nella proporzione desiderata, e allora non vorrà scambiare, o non ha un paniere che rispecchi tale proporzione e allora è disposto a cedere tutta la quantità in eccesso del bene che possiede in abbondanza per ottenere un incremento anche solo infinitesimo nella sua disponibilità dell’altro. L’ottimo di questo caso è descritto nella figura 2.20. 6 In tale caso fortuito la curva di indifferenza più alta che abbia un punto in comune con la retta di bilancio coincide con essa e dunque qualunque punto che appartenga alla tetta di bilancio è un punto di ottimo. 49 5. EFFETTI SULLA QUANTITÀ DOMANDATA DI VARIAZIONI DEL REDDITO Come cambiano le scelte del consumatore al variare del suo reddito? Nel paragrafo precedente abbiamo studiato la determinazione dell’ottimo del consumatore; abbiamo visto che esso dipende dal reddito del consumatore e dai prezzi dei beni e abbiamo sottolineato queste relazioni scrivendo le quantità domandate dei beni 1 e2 come x1* (p1, p2, m) e x2* (p1, p2, m). in questo paragrafo studiamo come la quantità domandata di un certo bene muti al variare del reddito a disposizione del consumatore. Questa analisi sarà condotta isolando l’effetto di variazioni del reddito da altri effetti, e, in particolare, dalle variazioni dei prezzi, che a questo scopo considereremo costanti. Nel paragrafo 2.2 abbiamo visto che una variazione del reddito del consumatore si rappresenta con uno spostamento della sua retta di bilancio. In particolare, aumenti di reddito comportano spostamenti verso nord-est della retta, aumentando le dimensioni dell’insieme delle alternative disponibili, mentre riduzioni di reddito comportano uno spostamento opposto, verso l’origine, e una riduzione dell’insieme delle alternative disponibili. Se a fronte di variazioni nel reddito i prezzi rimangono costanti, tali spostamenti del vincolo di bilancio saranno paralleli, cioè la sua inclinazione, che corrisponde al prezzo relativo, rimarrà invariata. Nella figura 2.21 rappresentiamo un esempio dell’effetto di un aumento di reddito sul consumo dei beni 1 e 2. A seguito dell’aumento del reddito, l’ottimo del consumatore si sposta dal punto A al punto B. A un aumento del reddito consegue un aumento nella quantità domandata di entrambi i beni: il consumatore, diventato più ricco, ha modo di soddisfare i suoi bisogni con quantità maggiori dei due beni. Il consumo del bene 2 aumenta da x2A a x2B , mentre quello del bene 1 aumenta da x1A a x1B . Che incrementi di reddito causino aumenti nel consumo dei beni non ci sorprende, sembra del tutto naturale. I beni per i quali questo vale sono detti beni normali e costituiscono la maggior parte dei beni tra i quali siamo soliti scegliere. A questa regola abbastanza generale fa eccezione una tipologia di beni noti come beni inferiori. I beni inferiori sono beni per i quali a un aumento di reddito del consumatore consegue una riduzione nel consumo. Un esempio di bene inferiore è il cibo di bassa qualità: se un consumatore ha a disposizione un reddito basso, si adatta a mangiare cibi che gli garantiscano il necessario apporto nutritivo anche se sono di qualità scadente. Nei paesi poveri o con distribuzione molto disuguale del reddito scelte di consumo di questo tipo sono molto comuni. Al crescere del reddito molti degli alimenti di bassa qualità vengono sostituiti da cibi migliori sia per il gusto che per le loro qualità fisico-chimiche. Il caso di un bene inferiore è illustrato nella figura 2.22. Il bene 2 è inferiore poiché a fronte di un aumento di reddito il suo consumo si riduce da x2A a x2B . Notiamo che nel caso in cui si considerino solo due beni, essi non possono essere entrambi inferiori: se uno è inferiore, l’altro sarà per forza normale. Se consideriamo gli effetti di variazioni del reddito sulle scelte di consumo considerando una sequenza di possibili livelli di reddito del consumatore e quindi congiungiamo tutti i punti di, ottimo ottenuti, possiamo costruire una curva che ci dice come variano le quantità domandate dal consumatore al variare del suo reddito. Tale curva è rappresentata nella figura 2.23 ed è nota come sentiero di espansione del reddito (SER). Per i beni normali il SER è sempre inclinato positivamente. Possiamo infine separare le informazioni contenute nel SER per ciascuno dei due beni e rappresentare l’evoluzione della quantità domandata per ciascun bene al variare del reddito. Tale rappresentazione, proposta nella figura 2.24, è nota come curva di Engel. La curva di Engel rappresenta una funzione di domanda del bene x al variare del reddito del consumatore, a fronte di prezzi costanti del bene x e di tutti gli altri beni. Nel caso di beni normali tale funzione sarà crescente, giacché al crescere del reddito cresce anche la domanda ditali beni. Per ragioni simmetriche, nel caso di beni inferiori, essa sarà decrescente. 50 51 6. EFFETTI SULLA QUANTITÀ DOMANDATA DI VARIAZIONI DEI PREZZI Come cambia la quantità domandata di un bene al variare del suo prezzo? In questo paragrafo, analogamente a quanto fatto in quello precedente, analizziamo gli effetti di variazioni dei prezzi dei beni sulla scelta ottima del consumatore. Tuttavia, a differenza di quanto avviene per le variazioni di reddito, in genere quelle di prezzo non possono essere isolate da effetti derivanti da variazioni di altre variabili che condizionano la scelta del consumatore, segnatamente, da variazioni nel reddito disponibile. Infatti, variazioni dei prezzi dei beni modificano l’insieme delle alternative disponibili, facendo variare il vincolo di bilancio, e dunque agli effetti di prezzo si accompagnano inevitabilmente effetti di reddito. Consideriamo ad esempio la variazione di prezzo presentata nella figura 2.25 quando la retta di bilancio del consumatore si sposta da AB ad AC in conseguenza della riduzione del prezzo del bene 2. L’effetto della variazione del prezzo di un dato bene (ad esempio il bene 2) sulla quantità domandata dello stesso bene può essere scomposto in due parti note come effetto di sostituzione ed effetto di reddito. Tale scomposizione è puramente virtuale, ma ci consente di distinguere la variazione del comportamento del consumatore attribuibile alla variazione del prezzo in sé (effetto di sostituzione), da quella causata dalla variazione indotta del reddito disponibile, misurato come potere di acquisto, anche noto come reddito reale. Si noti che all’aumentare del prezzo di un bene, il reddito reale del consumato- re si riduce, giacché diminuisce la sua capacità di acquisto del bene considerato. Viceversa, naturalmente, se il prezzo di un bene si riduce, il reddito reale aumenta. La variazione del prezzo di un bene, a parità di prezzo dell’altro bene, comporta una rotazione del vincolo di bilancio, poiché, come abbiamo visto, l’inclinazione di tale retta è data dal rapporto tra i prezzi. Si avrà una rotazione verso l’esterno in corrispondenza di diminuzioni del prezzo, verso l’origine viceversa. In entrambi i casi il reddito reale del consumatore cambia, giacché varia la quantità massima del bene il cui prezzo è variato che il consumatore è in grado di procurarsi. Se vogliamo isolare il puro effetto della variazione di prezzo abbiamo due possibilità: considerare cosa avverrebbe alla scelta ottima del consumatore con un rapporto tra i prezzi pari a quello che si realizza dopo la variazione di prezzo, mantenendo però costante il suo livello di soddisfazione (utilità costante); considerare cosa farebbe il consumatore una volta mutato il rapporto tra i prezzi se avesse a disposizione un reddito reale pari a quello che aveva prima della variazione di prezzo (reddito costante). Graficamente, nella prima alternativa, rappresentata nella figura 2.25 e nota come compensazione hicksiana, consideriamo il punto di tangenza (E) tra una retta di bilancio con l’inclinazione data dal nuovo rapporto tra i prezzi e la curva di indifferenza alla quale apparteneva l’ottimo prima della variazione (E1’). In altri termini dopo aver fatto variare il prezzo modifichiamo il reddito del consumatore in modo che quest’ultima variazione compensi perfettamente la prima e quindi, restando sulla stessa curva di indifferenza, valutiamo il puro effetto della variazione di prezzo, cioè l’effetto di sostituzione a benessere o utilità costante. Nel secondo caso, noto come compensazione di Slutsky e rappresentato in figura 2.26, facciamo invece ruotare il vincolo di bilancio attorno al punto di ottimo originario e determiniamo poi il nuovo ottimo nella maniera consueta, applicando la condizione di tangenza. In questo modo la pura variazione di prezzo, cioè l’effetto di sostituzione, viene valutata a potere d’acquisto costante. In entrambi i grafici abbiamo chiamato E1 l’ottimo prima della variazione di prezzo ed E2 quello dopo la variazione di prezzo, mentre abbiamo identificato come E1’ la posizione intermedia mai raggiunta realmente e funzionale solo alla scomposizione dei due effetti. L’effetto di sostituzione è rappresentato graficamente dallo spostamento dal punto E1 al punto E1’; l’effetto di reddito dallo spostamento da E1’ a E2. Qualunque sia la sua rappresentazione, l’effetto di sostituzione ha sempre segno negativo: nel caso in esame, caratterizzato da una diminuzione del prezzo del bene 2, nella rappresentazione a utilità costante il nuovo punto di tangenza sarà in corrispondenza di un SMS più basso in valore assoluto, e, dato che con curve di indifferenza convesse il SMS è decrescente, il nuovo ottimo sarà a sud- est 52 del precedente e dunque ad esso corrisponderà una quantità più elevata del bene 2; nel caso a reddito costante la rotazione del vincolo di bilancio attorno al punto di ottimo fa sì che il vincolo diventi secante della curva di indifferenza alla quale apparteneva l’ottimo iniziale e dunque la variazione indotta dalla diminuzione del prezzo di x1 non può che comportare un aumento nella quantità domandata del bene 2. Al ridursi del prezzo di un bene, il consumatore, notando che questo bene è diventato relativamente più economico rispetto ad altri sostituti, decide di sostituire almeno in parte questi ultimi con il bene divenuto più economico. Di qui l’aumento della domanda. Lo stesso ragionamento si applica con segno invertito per un aumento di prezzo. A differenza dell’effetto di sostituzione, il segno dell’effetto di reddito non può essere determinato in generale. Esso dipenderà dalla natura del bene il cui prezzo varia. Se si tratta di un bene normale, l’effetto di reddito sarà positivo e quindi una riduzione del prezzo del bene 2, aumentando il reddito reale del consumatore, porta a un aumento della domanda del consumatore per il bene 2. Dunque l’effetto di reddito andrà a sommarsi all’effetto di sostituzione. Nel caso invece di beni inferiori, l’effetto di reddito sarà negativo e dunque avrà segno opposto all’effetto di sostituzione, che tenderà a controbilanciare. Anche nell’ipotesi di effetto di reddito negativo, e cioè di un aumento della domanda di un bene a fronte della riduzione del reddito reale, il caso più frequente è comunque quello di un effetto complessivo di segno opposto rispetto alla variazione del prezzo per via della prevalenza dell’effetto di sostituzione sull’effetto di reddito. Fanno eccezione a questa regola — conosciuta come legge della domanda — i beni cosiddetti di Giffen la cui domanda diminuisce al diminuire del prezzo. Un esempio di bene di Giffen è il bene 2 nella figura 2.27: al ridursi del suo prezzo la quantità domandata diminuisce da x2E1 a x2E 2 . Osserviamo che l’effetto di sostituzione (E1 — E1’) ha il consueto segno negativo: la diminuzione del prezzo del bene x2 comporta un aumento della quantità domandata di tale bene; l’effetto di reddito (E1’ — E2) ha anch’esso segno negativo e, dal momento che la variazione del reddito ha segno opposto a quella del prezzo, riduce la quantità domandata x2. Si noti dunque che un bene per essere un bene di Giffen deve anche essere un bene inferiore. Infatti, se a reddito reale costante diminuisce il prezzo di un bene, la domanda ditale bene aumenterà; quindi, per avere un effetto complessivo di diminuzione della domanda causato da una riduzione del prezzo è necessario che ci sia un effetto di reddito negativo e che questo prevalga, cioè è necessario che il bene sia inferiore, anzi, che lo sia in misura talmente accentuata da più che compensare l’effetto di sostituzione. 53 I beni di Giffen sono però più un curiosum teorico che una diffusa tipologia di beni, giacché si fatica ad immaginarne uno. Di quale bene infatti pensiamo di diminuire il consumo se il suo prezzo diminuisce?7 Come per le variazioni del reddito anche per le variazioni dei prezzi dei beni si possono costruire relazioni che ci dicono quale sia la scelta ottima del consumatore in corrispondenza di qualunque valore ammissibile della variabile da cui questa scelta dipende, cioè in questo caso del prezzo del bene considerato. La prima di queste che consideriamo è il sentiero di espansione del prezzo (SEP), rappresentato in figura 2.28. Il SEP è costituito dall’insieme di punti di ottimo del consumatore al variate del prezzo di uno dei beni, rappresentato nello spazio che misura i due beni tra i quali il consumatore sceglie. La figura mostra alcune rette di bilancio caratterizzate da inclinazioni via via inferiori, che corrispondono a prezzi via via inferiori del bene 2. Al ridursi del prezzo del bene 2, il consumatore aumenta progressivamente la quantità domandata ditale bene (dunque il bene 2 non è un bene di Giffen). Le informazioni circa le variazioni della quantità domandata di un bene al variare del suo prezzo contenute nel grafico della figura 2.28 possono essere isolate da tale rappresentazione e presentate separatamente in un grafico, riportato nella figura 2.29. Esso illustra una relazione tra x1 e p1 nota come funzione di domanda. Tale relazione indica appunto qual è la quantità del bene x1 domandata dal consumatore al variare del suo prezzo, per valori dati del prezzo di x2 e del reddito del consumatore m. Tale rappresentazione della funzione di domanda può essere indicata algebricamente sia come x1(p1), che come x1(p1¯, m¯ ): mentre la prima alternativa è quella più frequentemente utilizzata per la sua sinteticità, la seconda ha il pregio di sottolineare come la quantità domandata di un bene dipenda, oltre che dal suo prezzo, anche da altre variabili, come il prezzo di altri beni e il reddito monetario. Al fine di rendere più chiara l’analisi delle relazioni tra quantità domandata e prezzo del bene, queste variabili sono prese come un dato. Tuttavia è bene ricordare che la quantità domandata di un bene dipende anche da altre variabili oltre al prezzo ditale bene e che quando si prescinde dal considerare questi altri effetti ci si concentra solo su una, pur se importante, delle determinanti della quantità domandata. Come si vede la funzione di domanda ha un andamento decrescente, cioè al decrescere del prezzo la quantità domandata del bene aumenta. Questo vale per quasi tutti i beni; unica eccezione sono i beni di Giffen per i quali la funzione di domanda è invece crescente. 7 Un possibile esempio è quello dei beni di status, la cui capacità di soddisfare il bisogno dell’acquirente di segnalare la propria condizione di benestante, diminuisce al diminuire del prezzo. 54 Nell’analisi di questo paragrafo ci siamo concentrati sugli effetti diretti di variazioni di prezzo di un bene sulla domanda dello stesso bene. Tuttavia, dall’analisi delle figure 2.25-2.28 risulta chiaro che esiste anche un effetto incrociato delle variazioni di prezzo, cioè che a variazioni del prezzo di un bene corrispondono variazioni anche nella quantità domandata dell’altro bene considerato. Ad esempio, nel caso della figura 2.25 la diminuzione del prezzo del bene 2 provoca un aumento della domanda non solo del bene medesimo ma anche del bene x1. In questo caso dunque l’effetto incrociato è dello stesso segno di quello diretto, ma si danno anche casi in cui l’effetto incrociato è di segno opposto, come nell’esempio estremo di beni perfetti sostituti rappresentato in figura 2.19. Anche per gli effetti di prezzo incrociati c’è una compresenza di effetti di sostituzione e di reddito. L’incertezza circa il segno dell’effetto di reddito vale anche qui come per gli effetti diretti; l’effetto di sostituzione, al contrario, non ha segno univoco per gli effetti incrociati di prezzo. 11 segno della variazione della quantità domandata di un bene al variare del prezzo di un altro potrà essere sia positivo che negativo a seconda della relazione di complementarità o sostituibilità che caratterizza i due beni. Su tali relazioni si tornerà nel capitolo seguente; tuttavia possiamo anticipare qui che per beni sostituti l’effetto incrociato di prezzo ha segno positivo, cioè, come è ovvio, all’aumentare del prezzo di un bene aumenta la domanda di un bene suo sostituto, mentre avrà segno negativo nel caso di beni complementari, cioè all’aumentare del prezzo di un bene diminuisce la domanda di un altro bene ad esso complementare (cap. 3, par. 4.2). Nel prossimo paragrafo vedremo come dall’aggregazione delle funzioni di domanda individuale di ciascun consumatore si ottenga la funzione di domanda dell’intero mercato di un determinato bene. 55 7. DOMANDA DI MERCATO, DOMANDA INVERSA E SURPLUS DEI CONSUMATORI Come si passa dalla domanda individuale a quella di mercato? 7.1. Domanda di mercato Nel paragrafo precedente abbiamo visto come dall’analisi delle scelte del singolo consumatore si ricavi la curva di domanda individuale, cioè la relazione che ci dice come varia la quantità che il consumatore domanda di un certo bene al variare del prezzo del bene medesimo e anche di altri beni a questo complementari odi questo sostituti. Nella figura 2.29 abbiamo poi visto come si rappresenta la principale relazione contenuta nella funzione di domanda, cioè quella che lega la quantità domandata di un bene al suo prezzo. L’insieme delle domande individuali di un certo bene di ciascun consumatore appartenente ad un determinato territorio individua la domanda di mercato di quel bene8. Quest’ultima può essere ricavata attraverso un semplice processo di aggregazione come somma delle domande individuali di tutti i consumatori. La domanda individuale ci dice per ciascun prezzo di un determinato bene qual è la quantità domandata da parte di ciascun consumatore, la domanda di mercato sintetizza le informazioni contenute in più domande individuali indicando quale sia la somma delle quantità domandate da tutti i consumatori per ciascun livello del prezzo del bene considerato. Ad esempio si consideri un mercato del bene i in cui siano presenti solo due consumatori A e B. Nella seconda e nella terza colonna della tabella 2.1 sono riportate le quantità domandate da ciascun consumatore (rispettivamente x1A e x1B ) in corrispondenza di tre possibili livelli del prezzo p1 indicati nella prima colonna; nella quarta colonna sono indicati i rispettivi livelli della domanda di mercato (X1= x1A + x1B ). Dal punto di vista grafico la domanda di mercato sarà la somma verticale delle domande individuali dei consumatori. Nella figura 2.30 abbiamo tracciato le curve di domanda individuali e quella di mercato (in grassetto) alle quali appartengono i valori riportati nella tabella9. Tab. 2.1. Esempio di aggregazione delle domande individuali P1 x1A x1B X1 1 2 4 8 6 2 4 3 1 12 9 3 Se consideriamo un contesto più generale e indichiamo con ti il numero di consumatori presenti in un determinato mercato, possiamo dunque scrivere che la domanda di mercato del bene 1 è n X1(p1)= ∑ x1i ( px1 ) , cioè appunto la somma delle domande individuali di tutti i consumatori. Ancora i =1 più in generale, evidenziando la dipendenza della domanda di un bene anche dal reddito monetario n e dal prezzo di altri beni, potremmo altresì scrivere X1 (p1, p2, m) = ∑ x ( p , p , m) . i =1 i 1 1 2 8 Non esiste un criterio unico e generale per stabilire quale sia il territorio di riferimento per la definizione di un mercato di un determinato bene. Certamente un molo molto importante è svolto dai costi di trasporto che impediscono di considerare appartenenti allo stesso mercato due consumatori che siano sufficientemente distanti tra loro da rendere per ciascuno di essi conveniente rivolgersi a un rivenditore/produttore diverso da quello utilizzato dall’altro. 9 Bisogna comunque tenere in conto il vincolo di non-negatività sulle domande individuali e, quindi, per ottenere la domanda di mercato ha senso sommare domande individuali solo se e quando assumono valori non-negativi. 56 7.2. Funzione di domanda inversa L’interpretazione che abbiamo fin qui considerato della relazione tra la quantità domandata di un bene e il suo prezzo ha evidenziato la prima come variabile dipendente e il secondo come variabile indipendente, cioè abbiamo considerato come varia la quantità domandata al variare del prezzo. La medesima relazione si può però leggere in senso inverso, dando luogo alla rappresentazione della funzione di domanda nota appunto come funzione di domanda inversa. Prendendo ancora una volta ad esempio il bene 1, indichiamo tale funzione come p1(x1), o, più in generale, come p1(x1, p2¯, m¯). La rappresentazione grafica della funzione di domanda inversa è di fatto la medesima di quella della funzione di domanda ad assi cartesiani invertiti (fig. 2.3 1). L’interpretazione della funzione di domanda inversa aggiunge una prospettiva interessante, e complementare alla precedente, al nostro studio dei fenomeni relativi alla domanda di beni. Essa ci dice per ogni quantità del bene considerato quale dovrebbe essere il prezzo affinché i consumatori scelgano di domandare tale quantità; ci dà dunque una misura della disponibilità a pagare del consumatore o del mercato per una certa quantità del bene considerato. Parallelamente, la funzione di domanda inversa di mercato ci dice qual è il prezzo che deve prevalere sul mercato affinché sia venduta una certa quantità di bene, cioè affinché la somma delle domande individuali di tutti i consumatori sia pari a tale quantità. Per meglio comprendere la relazione tra domanda e domanda inversa consideriamo un semplice esempio con una funzione lineare. La funzione di domanda di mercato del bene 1 sia 57 [13] X1 = l.000-20p1 Dalla [13] i ricava facilmente la funzione di domanda inversa: [14] p1 = 50 − 1 X1 20 La [13] ci dice che se il prezzo del bene 1 è, ad esempio, 2, la quantità domandata di tale bene sarà 960 (infatti: X1 = 1.000-20 x 2 = 960); per converso la [14] esplicita che, affinché siano vendute 1 960 unità del bene 1, il suo prezzo deve essere pari a 2 (infatti: p1 = 50 − × 960 = 20 ). 20 7.3. Surplus dei consumatori La nozione di funzione di domanda inversa ci consente di introdurre più chiaramente un’importante misura di benessere dei consumatori, spesso utilizzata per i confronti tra equilibri o assetti alternativi di un certo mercato, nota come surplus dei consumatori. Iniziamo considerando un caso particolare nel quale il surplus dei consumatori ha un’interpretazione immediata: la domanda di mercato di un bene che si consuma solo in quantità discrete, cioè corrispondenti a numeri interi, e che chiameremo x1. Beni di questo tipo sono ad esempio le automobili: ad eccezione di casi particolari ha senso domandare 1 automobile o 2 o 3, ma non 1,36 o 2,54, ecc. Imponiamo poi l’ulteriore restrizione semplificatrice che ciascun consumatore possa domandare al massimo un’unità del bene in questione. Quindi ciascun consumatore i dovrà scegliere tra non domandare tale bene o domandarne un’unità e sarà indifferente tra le due alternative per un certo livello del prezzo p1 = r1i noto come prezzo di riserva. Ipotizziamo che i consumatori siano eterogenei rispetto al prezzo di riserva e ordiniamoli da quello con il prezzo di riserva più alto a quello con il prezzo di riserva più basso. Otteniamo così la rappresentazione nella quale l’altezza di ciascun rettangolo rappresenta il prezzo di riserva di un determinato consumatore, mentre la base, che è unitaria, rappresenta la quantità domandata (fig. 2.32). Consideriamo un generico livello del prezzo di mercato p1¯; se le caratteristiche che rendono eterogenei i consumatori non possono essere osservate da altri oltre che da chi le possiede, o comunque non è possibile discriminare tra consumatori, tale prezzo varrà per tutti coloro che partecipano a tale mercato. Esso potrà coincidere con il prezzo di riserva di qualche consumatore, che risulterà indifferente tra l’alternativa di acquistare un’unità del bene e quella di non acquistarne alcuno. In genere ci saranno poi alcuni consumatori il cui prezzo di riserva è maggiore di p1¯, che acquisteranno dunque il bene per tale prezzo, altri il cui prezzo di riserva è minore di p1, che, quindi, non acquisteranno nulla. Ciascun consumatore che acquista il bene a un prezzo inferiore a quello di riserva otterrà un surplus dallo scambio, pari alla differenza tra il proprio prezzo di riserva e il prezzo di mercato, cioè pari a r1i − p1− . Tale surplus corrisponde all’area ombreggiata per ciascun rettangolo nel grafico. La somma dei surplus individuali di tutti i consumatori e detta surplus dei consumatori; esso è una misura del vantaggio collettivo che i consumatori ottengono dal partecipare al mercato acquistando in esso il bene da loro desiderato. Se nell’esempio sopra descritto facciamo aumentare indefinitamente il numero dei consumatori e quindi abbiamo un numero sempre maggiore di rettangoli, ci accorgiamo che il margine superiore del surplus dei consumatori può essere approssimato con una curva continua, che non è altro che una porzione della funzione di domanda inversa di tale mercato. Infatti, così come la funzione di domanda inversa, l’altezza dei rettangoli in figura 2.32 ci dice quale prezzo è necessario prevalga affinché ci sia una certa domanda del bene considerato. 58 In generale il surplus dei consumatori sarà dunque calcolato come l’area che sta sotto la curva di domanda inversa ed è delimitata dalla curva di domanda stessa e dal prezzo di mercato, cioè l’area ombreggiata nella figura 2.33, nella quale sono rappresentati una funzione di domanda inversa e un dato prezzo di mercato. Il surplus dei consumatori è un importante strumento di analisi per l’economista poiché consente di valutare quale sia il benessere che i consumatori derivano dalla partecipazione al mercato per un dato prezzo: attraverso di esso si potranno dunque valutare dal punto di vista dei consumatori gli effetti, ad esempio, di misure di politica economica che comportino variazioni nell’assetto del mercato e in particolare modifichino il prezzo del bene in esso scambiato. 59