IL TEMPO DI AVVENTO E NATALE EDITORIALE di Micaela Soranzo Vi darà un segno lo stesso Signore: / “Ecco la Vergine concepirà / senza conoscere uomo alcuno”: / nulla, o Dio, ti è impossibile. Avrà il figlio da Spirito Santo, / “Iddio-con-noi” sarà il suo nome; / si nutrirà di purissimi cibi / per separare il bene dal male. Grazie, o Dio, nostro unico Dio, / perché anche tu ti sei scelto una madre / grazie perché ti si fatto uomo / il solo vero ed unico uomo. David M.Turoldo E’ con questa splendida poesia di padre David M. Turoldo che desidero introdurre il tema di questo nuovo numero de “I santi segni” dedicato al Tempo di Avvento e Natale. Come ho già detto nella presentazione del primo numero, “I santi segni” non vuol essere una rivista vera e propria, ma piuttosto una sorta di quaderno di appunti, nella speranza di poter venire incontro alle diverse esigenze di quanti operano nel campo della liturgia e della catechesi. In questo pagine vengono presentati i temi iconografici dell’Annunciazione e dell’Adorazione dei Magi con le relative schede pratiche per la catechesi. Vi sono anche delle indicazioni, per chi desidera cimentarsi a fare ‘catechesi con l’arte’, sui criteri e le modalità d’uso delle immagini. Per tutti gli interessati allo spazio-chiesa c’è, invece, una riflessione sull’importanza della luce e la funzione delle vetrate. L’arredo floreale propone un addobbo per la III domenica di Avvento, la domenica Gaudete, per meglio mettere in risalto la differenza dei tempi della Liturgia anche all’interno di uno stesso periodo. L’altra proposta, invece, è legata al tempo di Natale vero e proprio. Come già nel numero precedente, per chi ama viaggiare e andare ad ammirare di persona le opere d’arte, sono suggeriti due itinerari: uno in Italia per visitare la Chiesa della Santissima Annunziata di Firenze, e l’altro in Europa, quasi un pellegrinaggio alla tomba dei Magi nella cattedrale di Colonia. In questo numero, infine, c’è uno ‘speciale Natale’ per riscoprire il significato di alcuni elementi della nostra tradizione, quali la corona d’Avvento, l’albero e il presepe. Buona lettura e buon Natale a tutti in copertina Adorazione dei Magi , Trittico del Maestro di Colonia Colonia , Wallraf-Richartz Museum (1300-1330) SOMMARIO ARREDO FLOREALE E LITURGIA Dove mettere i fiori all’interno dello spazio ecclesiale Composizioni per la III domenica d’Avvento (Gaudete) ICONOGRAFIA Composizione per il Tempo di Natale L’ Annunciazione L’ Adorazione dei Magi … IN VIAGGIO CATECHESI E ARTE Criteri per la scelta e l’utilizzo delle immagini In Italia : la chiesa dell’Annunziata a Firenze In Europa : la tomba dei Magi nella cattedrale di Colonia Schede per la catechesi sull’iconografia dell’Annunciazione Schede per la catechesi sull’iconografia dell’Adorazione dei Magi ARCHITETTURA E LITURGIA La luce e le vetrate SPECIALE: NATALE…IN FAMIGLIA La Corona d’Avvento L’Albero di Natale Il Presepe ICONOGRAFIA Raffaello: ‘Annunciazione’, Musei Vaticani 1503 ANNUNCIAZIONE “Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”.A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo.” Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei.” (Lc. 1,26-32;38) La ricchezza dell’iconografia dell’Annunciazione è dovuta non solo alla sua importanza dottrinale nell’economia della salvezza, ma anche al culto che la Chiesa le ha sempre reso. Fissata al 25 marzo, nove mesi esatti prima della Nascita, la festa si è diffusa in Occidente grazie agli Ordini religiosi, soprattutto i Serviti, che dedicarono numerose chiese all’Annunziata. Maria, ritiratasi nella casa di Giuseppe continuava la sua vita di preghiera, ma poi l’angelo le apparve per annunciarle che avrebbe dato alla luce il Figlio di Dio. In epoca paleocristiana Maria era vista come la donna che avrebbe concluso il tempo della maledizione divina cominciata col peccato originale e pertanto l’Annunciazione era raffigurata accanto all’episodio in cui Dio maledice il serpente: “Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe” (Gen.3,15). Esistono due diverse interpretazioni dell’Annuncio dell’angelo, una di origine orientale e l’altra occidentale, diffusasi in epoca medioevale in seguito alla divulgazione della Legenda Aurea, e gli artisti arricchirono l’episodio di numerosi particolari iconografici tratti dai racconti Apocrifi. La tradizione orientale, che si rifà al ‘Vangelo armeno dell’infanzia’, mostra l’angelo che appare a Maria due volte: la prima volta senza parlare la incontra al pozzo dove la giovane attingeva l’acqua, la seconda volta in casa, dove Maria era intenta a filare un velo di porpora per il Tempio. Tema specificamente bizantino: è presso un pozzo che Giacobbe incontra Rachele, Mosè trova Sefora e Gesù la samaritana. A volte il pozzo è sostituito da una fonte zampillante, analoga a quella che Mosè fece scaturire dalla roccia. La prima Annunciazione è raffigurata nel mosaico di S.Marco (XII sec.). Maria è presso il pozzo, simbolo di vita e fecondità, come già altre donne dell’Antico Testamento prima di lei e la brocca con cui prende l’acqua è simbolo della Vergine che in quel momento si prepara ad essere a sua volta ‘recipiente di Cristo’. L’iconografia della Vergine che fila, probabile allusione a Maria-nuova Eva, dato che la progenitrice dopo il peccato era stata condannata a filare, è tipicamente orientale, ma si trova anche in occidente nei mosaici di S.Maria Maggiore a Roma (V sec.). In Occidente, invece, Maria al momento dell’annuncio non è occupata in lavori materiali, ma legge un libro aperto, secondo l’interpretazione di S.Bernardo, sulle pagine con la profezia di Isaia: ‘Ecco la Vergine concepirà un figlio’. Nelle rappresentazione ci si attiene strettamente all’iconografia tradizionale, simboleggiando il momento del concepimento con l’immagine di una colomba, simbolo dello Spirito Santo, sopra il capo di Maria o posata vicino a lei. Il tema dell’Annunciazione domina nell’iconografia occidentale con innumerevoli rappresentazioni e le varianti riguardano soprattutto l’ambientazione: all’interno della casa o della camera, ma anche in un palazzo o in una chiesa, o all’esterno, all’aperto in un giardino, sotto un portico o con lo sfondo della città di Nazaret. Generalmente la scena è bipartita con l’angelo a sinistra e la Vergine a destra e la rappresentazione di interni architettonici fu spesso scelta per sottolineare la suddivisione dello spazio in due aree, una riservata alla sfera celeste dell’angelo, l’altra alla condizione terrestre di Maria; talvolta le due zone sono separate da una colonna, sia in scultura che in pittura, oppure sono raffigurate singolarmente. A seconda del sentimento che gli artisti hanno voluto far interpretare a Maria e all’angelo, i due personaggi hanno un atteggiamento che li vede prevalere alternativamente l’uno sull’altro. In una prima fase la Vergine sembra passiva nel ricevere l’annuncio e l’angelo ha un aspetto quasi trionfale, successivamente il ruolo dell’angelo, che appare anche genuflesso, sembra diminuire. Sotto l’influenza delle ‘Meditazioni sulla vita di Cristo’ dello Pseudo Bonaventura l’angelo Gabriele si inginocchia davanti alla Vergine, che è ritratta a volte in piedi, alla stessa altezza dell’angelo, a volte seduta o in ginocchio, è in preghiera nella sua camera col ‘libro delle Ore’ sulle ginocchia o su un leggio, mentre la colomba dello Spirito Santo la copre con le sue ali. Una variante iconografica del XIII sec. inserisce la figura femminile di una serva, che solleva incuriosita una tenda per vedere l’angelo e ascoltare il messaggio divino: è un ricordo dell’ episodio veterotestamentario di Sara che sulla soglia alza la tenda, per ascoltare le parola dei tre angeli ai quali Abramo offre ospitalità. L’angelo, generalmente in candide vesti, nelle prime immagini ha in mano un ramo di palma o di ulivo, simbolo della riconciliazione tra Dio e l’uomo avvenuta mediante l’Incarnazione, come nella tavola di Simone Martini, oppure regge uno scettro o un bastone, ma con Pietro Cavallini appare il ramo di giglio, che da questo momento in poi diventerà l’emblema dell’Annunciazione e della purezza di Maria. Anzi, se il giglio termina con tre fiori simboleggia la triplice verginità di Maria (ante partum, in partu, post partum) ed è posto al centro della composizione come fulcro spaziale e simbolico. Il messaggio dell’angelo talvolta è inciso su fondo oro o appare su un cartiglio posto sulle sue mani. Atteggiamenti di Maria Nell’interpretare le reazioni di Maria all’annuncio dell’angelo, gli artisti hanno posto in evidenza i diversi momenti con una diversa gestualità. Conturbatio (“a queste parole ella fu molto turbata”): Botticelli, nella tela degli Uffizi, e Lorenzo Lotto, ad esempio, pongono l’accento sul turbamento o addirittura lo spavento provocato dall’arrivo dell’angelo. Lotto oltre a collocare l’angelo di spalle, pone anche un gatto nero, simbolo dello spirito del male, che fugge spaventato. Cogitatio (“e si domandava che senso avesse un saluto come questo”): altri artisti presentano questo momento, come Simone Martini o Carpaccio. La scena è arricchita di particolari legati alla figura di Maria: vi è l’hortus conclusus, simbolo della sua verginità, un mazzo di garofani, emblema di amore divino e attributo di Maria, e un ampio bestiario simbolico, dal pavone al cardellino, simbolo della Passione, alle rondini che annunciano la nuova stagione, cioè l’era cristiana, con riferimento sia alla resurrezione che all’incarnazione. Numerosi artisti hanno associato l’immagine di Maria ad animali e piante simbolici, come il cipresso, il tulipano e Leonardo pone anche la conchiglia. Interrogatio (“allora Maria disse all’angelo:‘Come avverrà questo, poichè non conosco uomo?”): è l’atteggiamento dell’Annunciazione di Piero della Francesca o di Raffaello, che ambienta la scena sotto un porticato come previsto dall’iconografia rinascimentale. L’angelo ha la veste mossa dal vento, poichè è appena arrivato in volo, mentre la Vergine ha la veste rossa e il manto blu, per indicare la sua umanità che si è rivestita della divinità del Figlio. Il mistero dell’incarnazione è qui espresso attraverso l’immagine della Trinità: infatti c’è Dio Padre, raffigurato come un vecchio con la barba bianca che sta fra le nuvole e regge il mondo nella mano sinistra, che invia lo Spirito Santo in forma di colomba. Il paesaggio è caratterizzato dalla luce dell’alba, del sole che sta per sorgere e quel sole è Cristo: è il tempo dell’Incarnazione. Humiliatio (“allora Maria disse: ‘Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”): il Beato Angelico raffigura la Vergine con le braccia incrociate sul petto, mentre l’angelo, con delle stupende ali iridescenti, che riprendono l’iconografia angelica dell’Antico Testamento, con un atteggiamento di preghiera e devozione si inchina di fronte a lei. L’Angelico ha affrontato diverse volte questo tema, talvolta inserendovi, a sinistra della scena, le figure dei progenitori cacciati dal Paradiso terrestre, con l’intento di sottolineare il messaggio di salvezza rivolto a Maria: Maria sarà la Nuova-Eva e il figlio il Nuovo-Adamo. Il giardino edenico è caratterizzato anche dalle numerose specie di fiori, frutti e piante, tutti simbolici, tra i quali si vedono la palma e un albero di arance, simboli del paradiso.mentre l’angelo, con un atteggiamento di preghiera e devozione, si inchina di fronte a lei. Meditatio (“e l’angelo si allontanò da lei”), cioè la rappresentazione della sola Vergine detta ‘Annunziata’. Vittore Carpaccio: ‘Annunciazione’ Venezia, Galleria Giorgio Fianchetti alla Ca’ d’Oro 1304 ‘Adorazione dei Magi’ Ravenna, S.Apollinare Nuovo VI sec. ADORAZIONE DEI MAGI “Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: ‘Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo’. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.” (Mt.2,1-2;9-12) Come molti altri elementi della tradizione cristiana, il racconto dei Magi nasce in Oriente, ma si diffonde in Occidente soprattutto dopo il 1164, anno del trasferimento delle reliquie dei Magi da Milano a Colonia. L’episodio, pur occupando solo 12 versetti del Vangelo di Matteo (Mt,2,1-12), ha tuttavia creato un mito, che ha assunto grandi dimensioni nel pensiero, nell'arte, nella letteratura e nelle tradizioni popolari di tutto l'occidente cristiano. L'evangelista, scrivendo agli ebrei, tende a dimostrare che Cristo è veramente il Salvatore annunciato dalle profezie e per questo al centro del racconto pone la profezia di Michea (Mi.5,1). In questo modo vuol far comprendere loro che la Buona Novella è rivolta a tutti gli uomini, ebrei e non ebrei: é questa l'universalità del messaggio cristiano. Il testo di Matteo è stato poi arricchito da alcuni testi apocrifi sull'infanzia di Gesù e l'insieme di questi racconti, scritti tra il II e il VI sec., ha prodotto numerosi Commentari dei Padri della Chiesa, che ne hanno evidenziato l'aspetto simbolico, influenzando gli artisti e favorendo l'evolversi del modo di rappresentare la scena dell’‘Adorazione dei Magi’ lungo i secoli. Le prime raffigurazioni sono quelle nelle catacombe romane, e la più antica è quella della Cappella greca di Priscilla (II-III sec.); le immagini sono molto semplici e presentano soltanto i Magi e la Madonna con il Bambino Gesù, che è visto di circa due anni, in piedi, con una corta tunica, in atto di benedire o stendere le mani verso i presenti; talvolta c'è anche Giuseppe come nell'Ara di Ratchis di Cividale del Friuli. Solo più tardi il Bambino è steso sulla mangiatoia sotto un tetto, tra il bue e l'asino, o è avvolto in fasce in braccio alla Madre. Nei primi secoli i magi sono imberbi e hanno tutti e tre la stessa andatura veloce; sono diretti verso il gruppo della Madonna col Bambino, vestiti con una corta tunica, un mantello ondeggiante, i pantaloni aderenti e il berretto frigio, come a Ravenna. Recano le offerte su un semplice piatto e le mani sono coperte da un lembo del mantello, segno di purezza e di rispetto secondo il cerimoniale imperiale romano. E' l'arte bizantina a cambiare il costume dei magi, che lasciano gli 'abiti persiani' e sono raffigurati come grandi nobili della corte di Bisanzio. Al XV sec. si fa risalire la tendenza a fissare il colore degli abiti, avendo ogni colore un significato simbolico. Melchiorre veste di azzurro, simbolo del cielo; Baldassarre di rosso, simbolo della terra e dell'uomo e Gaspare di arancione, poichè rappresenta l'equilibrio tra l'oro del cielo e il fuoco della terra. Talvolta ha la veste bianca, quando il giovane re rappresenta il continente africano. Dal Rinascimento il Bambino è steso sulla mangiatoia sotto un tetto tra il bue e l'asino o avvolto in fasce in braccio alla Madre; i pittori, inoltre, attualizzano la rappresentazione concentrando il loro interesse sul decoro delle vesti, sui doni, sul corteo e sono influenzati anche da avvenimenti politici e da tradizioni locali, ma a partire dal XVII sec. non vi sono più innovazioni della scena. Molti sono gli elementi simbolici nel racconto dei magi, ma il segno della stella è sicuramente il soggetto simbolico principale: è il regno della luce portata da Cristo nel mondo e appare nelle immagini fin dal III sec.. La stella può avere la forma di un fiore o un rosone o solo un cerchio luminoso, ma può essere sostituita dalla testa di un cherubino al centro della stella o da un angelo in volo accanto alla stella. A volte è il Bambino stesso a guidare i Magi o una mano divina. Spesso è rappresentata una stella a 8 punte, con riferimento al numero otto, simbolo di resurrezione. Anticamente si riteneva che tutti i grandi avvenimenti venissero annunciati da un segno nel cielo, come la nascita di Romolo, di Pitagora, Alessandro Magno, Giulio Cesare,ecc.. Anche i testi biblici portavano a questa interpretazione, come nel caso della profezia di Balaam "una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele" (Nm.24,17). E' Cristo stesso l'astro di Giacobbe: così l'hanno inteso le prime comunità cristiane. Il Vangelo di Matteo non precisa quanti siano i magi ma nelle rappresentazioni delle catacombe sono due o quattro per ragioni di simmetria. Il numero tre è fissato da Leone Magno nel V sec.: è il numero divino per eccellenza ed è scelto in funzione dei doni.E' evidente che nei doni vi è un significato simbolico e pertanto diverse sono state le interpretazioni lungo i secoli. Già alla fine del II secolo S.Ireneo afferma che l'oro è l'offerta al Re; l'incenso è l'offerta al Dio e la mirra è l'offerta all'Uomo e allude alla Passione, poichè serve alla sepoltura. L'oro è spesso rappresentato dalla corona posta ai piedi del Bambino. Verso l'XI sec. nella raffigurazione dei magi cominciano ad apparire i nomi, la cui origine è piuttosto complessa e misteriosa. La stessa parola 'magio', di origine persiana, ha una etimologia molto controversa; può significare sacerdoti e scienziati o interpreti dei sogni. I nomi dei magi compaiono per la prima volta nel 'Vangelo armeno dell'Infanzia' (V sec). Sebbene le tradizioni non siano concordanti si desume che Melchiorre è il vecchio calvo con la barba canuta, Baldassarre è l'uomo maturo e barbuto e Gaspare è il giovane imberbe. Fra gli elementi simbolici secondari, una delle innovazioni più importanti è la comparsa del Re nero. Una tradizione risalente al Padri della Chiesa vedeva nei tre Re i discendenti dei tre figli di Noè: Sem, Cam e Jafet. Nel XV sec. i tre re sono immagine dei tre continenti allora conosciuti: Melchiorre rappresenta l'Europa, Baldassarre l'Asia e Gaspare l'Africa. Dapprima compaiono i servitori neri nel corteo dei magi, ma il re nero entra a far parte della tradizione e appare in tutte le composizioni pittoriche solo grazie ad Hans Memling, che nel 1479 raffigura così il re più giovane nell'Adorazione dei Magi. Mantenga, comunque, aveva già dipinto il re nero nel 1464. Intanto dall'XI sec. i Magi appaiono nell'iconografia come Re per la lettura di alcuni testi biblici menzionati dai Padri e diffusi in quel periodo. Tertulliano è il primo a chiamarli 'Re' accostando al testo di Matteo il Sl.72,10-11: "I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte; i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi. A lui tutti i re si prostreranno,lo serviranno tutte le nazioni". Fin dal IV secolo è rappresentato un magio inginocchiato, ma è solo alla fine del XIII secolo che si diffonde tale raffigurazione e diventa classica l'immagine del primo magio inginocchiato, a capo scoperto in atto di deporre simbolicamente la corona ai piedi del Bambino, e del secondo che indica la stella al terzo. A partire da questo momento si parla di 'Adorazione dei Magi'. Dal XII secolo, invece, si precisa lo scenario dietro i personaggi. "Entrati nella casa...", dice il testo evangelico, ma all'inizio c'è la roccia o la grotta, simbolo del legame tra cielo e terra; la costruzione diviene poi sempre più complessa e talvolta un pavone, simbolo di immortalità, è appollaiato sul tetto. Le rovine o le ali di muro sbrecciate compaiono nei quadri alla fine del XV sec. e varie sono le interpretazioni: secondo i Padri della Chiesa le rovine sono il simbolo del vecchio mondo che crolla all'avvento di quello nuovo, segnato dalla nascita di Cristo. Molte sono le leggende e le tradizioni popolari fiorite attorno al racconto dei Magi: una in particolare racconta che la stella, dopo aver guidato i Magi e aver visto il Bambino, non vuol ritornare in cielo e morire con le altre stelle. Allora L'Arcangelo Michele la fa diventare un 'fiore tra i fiori' e così la stella, piantata per terra per star vicino agli uomini, è diventata la 'stella di Betlemme' un fiore a sei petali, che ha proprio la forma di stella. Da tutte queste riflessioni è nata la liturgia cristiana relativa alla festa dell'Epifania, mentre si andava formando il calendario liturgico. Il termine Epifania significa 'apparizione, rivelazione di una divinità' e nell'Antico Testamento rivela la presenza di Dio fra gli uomini, ma è attraverso Gesù che questa presenza si manifesta a tutti. Nei primi secoli del cristianesimo si festeggiava solo la Pasqua, fondamento della religione cristiana, cui si aggiungono il Battesimo di Gesù, l'Adorazione dei Magi e le Nozze di Cana, che vengono celebrati contemporaneamente il 6 gennaio: Battesimo e Nozze di Cana richiamano i sacramenti dell'iniziazione cristiana. Giotto , Padova Cappella degli Scrovegni (1304) CATECHESI E ARTE CRITERI PER LA SCELTA E L’UTILIZZO DELLE IMMAGINI "Se un pagano viene e ti dice: mostrami la tua fede; tu portalo in chiesa e fagli vedere la decorazione di cui è ornato l'edificio e spiegagli la serie dei quadri" (S.Giovanni Damasceno sec.VII) Partendo da quest’invito di S. Giovanni Damasceno impariamo a valorizzare l’arte nella catechesi, per insegnare ai ragazzi a osservare, contemplare e capire la propria fede attraverso il lavoro di artisti che in tutte le epoche e in tutte le culture hanno messo la loro arte al servizio della Chiesa e si sono confrontati con il mistero di Dio. Così facendo si potranno scoprire e valorizzare luoghi e opere del nostro territorio, del nostro paese e di tutto il mondo e si porteranno i ragazzi a fare esperienza di Dio a partire dal dato estetico che nella cultura di oggi è elemento comune e imprescindibile. Nello scegliere di operare con l’immagine poniamoci alcune domande relative ai criteri di scelta delle opere d’arte e alle modalità di utilizzo: Rispetta fedelmente il testo biblico Non rispetta fedelmente il testo, ma può offrire spunti utili per la discussione E’ facilmente comprensibile Non è facilmente comprensibile, ma comunque è interessante Può essere utilizzata per la preghiera Per un corretto uso delle immagini negli incontri di catechesi è bene ricordare che: Se si sceglie di utilizzare una sola immagine e non si ha la possibilità di proiettarla o si sceglie di non farlo, è bene prepararla in modo che sia resistente, magari incollandola su cartoncino o su legno, o rivestendola con carta plastificata, o fare tante copie quanti sono i ragazzi così che ciascuno possa lavorare sulla sua immagine e la possa inserire nel quaderno,Va preparato l’ambiente in cui si svolge l’incontro in modo che tutti i ragazzi possano osservare correttamente l’immagine e si possa creare un clima d’attenzione e confronto. 1- Avendo già scelto e predisposto le immagini o l’immagine da vedere s’inizia con i ragazzi la lettura dell’immagine ricordando che questa è costituita da diversi piani: individuazione degli elementi raffigurati (principali e secondari, oggetti, colori, animali, piante, persone, utensili, forme, ecc.. ), composizione (divisione in piani, gesti, espressioni, ambiente …), simboli, colori; riconoscimento del soggetto dell’opera evocato dagli elementi analizzati; individuazione del significato intrinseco degli elementi analizzati anche in relazione alle diverse situazioni storico-culturali (periodi storici, aree geografiche, ecc..) 2- Si affianchi all’osservazione dell’immagine la lettura del passo o dei passi biblici di riferimento o che a essa possono essere collegati, per far comprendere ai ragazzi lo stretto rapporto fra parola e segno. Si faccia scoprire ai ragazzi che tutti gli elementi presenti nell’opera corrispondono a un preciso intento comunicativo che va interpretato alla luce delle fonti. 3- Si portino i ragazzi ha comprendere il significato che la tematica scelta e le immagini ad essa riferite hanno nella loro vita, cercando di far emergere le loro esperienze personali, perché la Parola come l’immagine parla ad ogni uomo, in ogni epoca, in ogni momento della propria vita (lettura antropologica delle opere d’arte). 4- Si propongano attività che permettono una rielaborazione del lavoro svolto e la verifica della comprensione dell’opera d’arte e del suo messaggio. Suor Agar Loche direzione artistica DOMUS DEI p.d.d.m. Via dei Tulipani 46/a ALBANO LAZIALE Tel. 06.93.43.369 e-mail: [email protected] www.domusdei.it SCHEDE PER LA CATECHESI di Veronica Rossi ANNUNCIAZIONE Incontro con l’immagine ● Chiediamo ai ragazzi di osservare con attenzione l’immagine e domandiamo loro se riconoscono qualche personaggio, la scena rappresentata. ● Leggiamo insieme a loro l’immagine. Gli elementi da sottolineare sono: -primo livello: Maria, l’angelo, la colomba -secondo livello: Dio Padre, il giglio (ramo d’olivo, bastone, ecc.), la luce -terzo livello: la casa, gli animali, il paesaggio (giardino cintato, prato con fiori ed erbe, ecc.) -quarto livello: scene specifiche come Adamo ed Eva, angelo dell’Eden, altre figure, ecc… Vanno aiutati i ragazzi a osservare i gesti, le espressioni, gli abiti, l’ambiente, gli oggetti . Conversazione dopo la lettura ● Leggere il brano evangelico di riferimento dell’immagine e cercare di comprendere il significato che esso ha nella vita di un cristiano, nella vita di ognuno di noi. ● Nella conversazione con i ragazzi, cerchiamo di far venir fuori le loro esperienze e portarli a riflettere sul tema dell’ascolto e dell’accoglienza a partire dalla loro esperienza: ascolto dei genitori, degli insegnanti, degli amici, per arrivare all’ascolto della parola di Dio, della sua ‘chiamata’ a compiere nella propria vita un disegno di amore e felicità . ● Con i ragazzi più grandi si può affrontare il tema del rapporto Maria-Eva e Gesù-Adamo. Nella conversazione con loro cerchiamo di raccogliere le loro testimonianze ed emozioni riguardo l’esperienza di rottura di un’amicizia e della successiva riconciliazione; così pure possiamo parlare del rapporto obbedienza/disobbedienza. Laboratorio sull’immagine ● Proponiamo ai bambini di disegnare il tema dell’Annunciazione mettendo loro a disposizione colori e materiali vari (pennarelli, pastelli, porporine, stoffe, ecc..), cercando di inserire tutti gli elementi principali. ● Ai ragazzi possiamo proporre il medesimo tema, ma scegliendo quale momento dell’incontro fra Maria e l’angelo si vuole evidenziare (conturbatio, cogitatio, interrogatio, humiliatio). Si può, poi, ricostruire con le diverse immagini tutto il racconto dell’Annunciazione. ● In alternativa si può rappresentare l’episodio anche attraverso la tecnica del fumetto oppure con una drammatizzazione. ● Ai ragazzi possiamo anche chiedere di realizzare un doppio-disegno che presenti Maria come la ‘nuova Eva. Prendere un cartoncino e piegarlo in due: a sinistra si disegna Eva (assieme ad Adamo) nel giardino dell’Eden al momento della disobbedienza; a destra si disegna Maria al momento dell’Annunciazione, quando accoglie la notizia dell’angelo ed è pronta a fare la volontà di Dio. Beato Angelico , Madrid Museo del Prado (1425-1426) Davanti all’immagine nella preghiera ● Posizioniamo l’immagine in un luogo appropriato per vivere un momento di preghiera (leggio verticale, leggio da tavolo…un mazzolino di fiori, un piccolo cero acceso..) ● Proponiamo la recita dell’Angelus a cori alterni: * L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria. + Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo. Ave Maria * Ecco, io sono la serva del Signore. + Si compia in me la tua parola. Ave Maria * Il Verbo si è fatto uomo. + E venne ad abitare in mezzo a noi. Ave Maria * Prega per noi, santa Madre di Dio. + Perché diventiamo degni delle promesse di Cristo. Catechista: Preghiamo Infondi nel nostro spirito la tua grazia, Signore; tu che all’annuncio dell’Angelo ci hai rivelato l’Incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della resurrezione. Per Cristo nostro Signore. Amen Concludiamo la preghiera con un canto alla Madonna. ADORAZIONE DEI MAGI Incontro con l’immagine ●Chiediamo ai ragazzi di osservare con attenzione l’immagine e domandiamo loro se riconoscono qualche personaggio e la scena rappresentata. ●Leggiamo insieme a loro l’immagine. Gli elementi da sottolineare sono: -primo livello: i magi (il numero, le età, le razze), Gesù, Maria, Giuseppe -secondo livello: la stella, i doni, l’asino e il bue -terzo livello: la casa, altri animali (cavalli, cammelli,…), servitori -quarto livello: presenza di uno sfondo (paesaggio, prato con fiori ed erbe, altre piccole scene) Vanno aiutati i ragazzi a osservare i gesti, le espressioni, gli abiti, l’ambiente, gli oggetti . Conversazione dopo la lettura Bartolo di Fredi: ‘Adorazione dei Magi’ Siena, Pinacoteca Nazionale 1367 ● Dopo la comprensione dell’immagine è opportuno leggere il riferimento evangelico per confrontare uguaglianze e differenze tra ciò che è scritto e ciò che è dipinto e per cercare di comprendere il significato che esso ha nella vita di un cristiano, nella vita di ognuno di noi. ● Nella conversazione con i ragazzi, cerchiamo di far venir fuori le loro esperienze e portarli a riflettere sull’importanza di questa prima Teofania di Gesù, il suo manifestarsi a tutti, il suo nascere per tutti, di ogni razza, di ogni età. Per far meglio comprendere questo messaggio si può leggere loro un racconto ripreso dagli scritti di Marco Polo (è un brano che si rifà a leggende orientali). Il testo recita: “….In Persia si trova la città di Saveh da cui partirono i re magi quando vennero ad adorare Gesù Cristo […]. Il suddetto messaggero Marco Polo interrogò molte persone di quella città sui tre magi ma non trovò nessuno che sapesse dirgli qualcosa. [Gli raccontarono soltanto che] una volta i tre re andarono ad adorare un profeta che era appena nato e portarono tre offerte: oro, incenso e mirra per sapere se il profeta era Dio, re o medico; perché dissero che se prendeva l’oro sarebbe stato re, se prendeva l’incenso sarebbe stato Dio e se prendeva la mirra sarebbe stato medico.Avvenne allora che quando arrivarono là dove era nato il bambino, il più giovane dei tre entrò per primo e trovò un ragazzo della sua stessa età, uscì ed espresse il proprio stupore; poi entrò il secondo, un uomo di mezz’età e anche a lui sembrò che quegli avesse i suoi stessi anni e uscì manifestando il suo stupore; infine entrò l’ultimo, il più vecchio, e gli capitò esattamente come agli altri due; allora uscì tutto pensieroso. Quando furono tutti e tre riuniti e ognuno disse quello che aveva visto e trovato, espressero il loro stupore e furono d’accordo di entrare tutti e tre contemporaneamente. Entrarono e trovarono un bambino dell’età che doveva avere; l’adorarono e gli offrirono l’oro, l’incenso e la mirra.” ● I doni dei magi, che sono i doni che ognuno ha ricevuto con il Battesimo, l’essere re, sacerdote e profeta e quindi l’avere un ruolo dentro la Chiesa. Noi, come Gesù, abbiamo ricevuto questi doni ma li conosciamo? A cosa servono? Li mettiamo a frutto? ● Noi siamo i magi di oggi? Ci mettiamo in cammino seguendo la stella? Ci prostriamo ad adorarlo come il magio più anziano, senza crederci superiori a tutto e tutti? Il nostro cammino verso la cresima è un po’ come il cammino dei magi? Che doni portiamo al Signore oggi, cosa gli offriamo? Laboratorio sull’immagine ● Predisponiamo una striscia di cartone rigido (tipo scatolone) per ciascun ragazzo. Su di essa si attaccherà il cartoncino con la scritta: 20 * C + M + B * 10 che significa Chistus Mansionem Benedicat (Cristo benedica la casa), ma le tre iniziali sono anche quelle dei magi. La striscia verrà riportata a casa ed attaccata sullo stipite della porta d’ingresso (dovrebbe restare appesa tutto l’anno e ogni anno basta cambiare solo le ultime cifre della data). La scritta può essere realizzata con colori e tecniche a piacimento dei ragazzi. E’ stato papa Benedetto XVI ha sottolineare l’importanza e la bellezza di questa tradizione tedesca e ad invitare tutti a segnare le proprie porte. ● Proponiamo ai ragazzi più grandi (dopo-cresima) un gioco-test “Che magio sei?”. La scelta delle domande che guidano il test sarà mirata a far cogliere a ciascun ragazzo quale sia il suo ruolo e il suo servizio nella Chiesa alla luce dei tre doni: sacerdote → Liturgia, re → Carità, profeta → Catechesi ● Proponiamo ai ragazzi la costruzione di un cartellone che metta a confronto il brano evangelico con l’immagine presa in esame per sottolineare e avere sempre presente le differenze tra il testo e tutto ciò che deriva dalla Tradizione (il numero dei magi, i nomi, le razze, le età). Davanti all’immagine nella preghiera ● Posizioniamo l’immagine in un luogo appropriato per vivere un momento di preghiera. ● Come i magi hanno seguito la stella così anche noi, cercando di creare il maggior buio possibile, guidiamo una piccola processione portando un cero in mano, che depositeremo accanto all’immagine. Dopo la preghiera consegniamo ai ragazzi un piccolo lumino ed ognuno di loro andrà ad accenderlo dal cero portato in processione, segno dell’impegno a portare luce nelle nostre case e nelle nostre attività quotidiane. Al termine della preghiera, tenendo sempre il lumino acceso, si può intonare un canto a tema tra quelli conosciuti. MOMENTO DI PREGHIERA CON I GENITORI Si può organizzare un momento di preghiera anche con la partecipazione dei genitori, in cuitutti i personaggi del Tempo di Avvento e Natale intervengono con una loro preghiera. Es. Io sono Gabriele, l’angelo che ha portato l’annuncio a Maria Perché noi siamo sempre annunciatori della gioia che nasce da Gesù, che si è fatto uomo per la nostra salvezza, preghiamo… Io sono Elisabetta, che per prima ha riconosciuto Maria come Madre del figlio di Dio Perché anche noi siamo sempre testimoni della presenza di Gesù nella nostra vita, preghiamo…Via via si aggiungono tutti gli altri personaggi: Maria, Giuseppe, la stella, l’asino e il bue, l’angelo che dà l’annuncio ai pastori, i pastori, i magi, ecc… ARCHITETTURA E LITURGIA LA LUCE E LE VETRATE “Le vetrate eran mai così cangianti come nei giorni che il sole si mostrava appena, di modo che, se fuori c’era un tempo grigio, si poteva star certi che sarebbe stato bello in chiesa” (M.Proust) E' una luminosità veramente speciale quella propria dello spazio liturgico. Vi è un'improvvisa oscurità che avvolge appena entrati, ma si ha la consapevolezza che poi si 'riacquisterà la vista' progressivamente; non si tratta, infatti, di un luogo buio, ma dell’anticipazione di un luogo che è 'luce' per eccellenza. Non si può non celebrare con la luce, perchè fin dalle origini la luce ha avuto una forte valenza simbolica; la luce è legame tra spazio e tempo e all'interno dello spazio-chiesa è la chiave per capire la liturgia: può essere ampia e diffusa sull’assemblea o essere concentrata sull'azione liturgica. Già i Padri della Chiesa, nelle catechesi mistagogiche, chiedevano ai neofiti non che cosa avevano ascoltato, ma che cosa avevano visto, riferendosi non solo alla bellezza dei riti, ma anche dei luoghi. E la luce è il pregio della vetrata, una pittura dipinta dal sole e le vetrate antiche si possono definire veri e propri ‘mosaici luminosi’; con esse si voleva attenuare la luce delle chiesa, dando un senso mistico all’ambiente poiché, come afferma Tommaso Moro,“troppa luce disperde i pensieri, mentre a una luce più moderata e come incerta gli animi si raccolgono e il sentimento religioso s’intensifica”. I primi esempi di vetrata sono stati scoperti nei monasteri copti di Saqqara (VI - VII sec.), mentre nel mondo bizantino si hanno le finestre multicolori di Santa Sofia a Costantinopoli, descritte da Paolo Silenziario. Durante la rinascita carolingia, poi, grazie all’invenzione delle rilegature in piombo dei pezzi di vetro colorato, allo splendore dei mosaici fa riscontro lo splendore delle vetrate istoriate, che raggiunsero l’apogeo in età gotica, quando la metafisica della luce vide la vetrata come il ‘diaframma’ tra la Chiesa, di cui era simbolo l’edificio religioso, e il mondo esterno. Le vetrate erano paragonate alle Scritture e agli Apostoli nel proteggere e illuminare i fedeli e pertanto occupano un posto eccezionale, che deriva dalle riflessioni spirituali e teologiche sulla luce presenti fin dai primi pensatori cristiani. Infatti la Bibbia, e soprattutto i salmi, descrivono Dio come “rivestito di un abito di luce” e i Vangeli dicono del Figlio “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12). Anche i primi Padri della Chiesa, riprendendo questa idea, hanno assimilato Dio alla luce, come s.Ambrogio per il quale “ il Padre è Luce, e il Figlio è Luce e lo Spirito Santo è luce”. Tra le realizzazioni più antiche vi sono le vetrate del coro di Saint-Denis volute dall’abate Suger che, nel 1144, pone un’iscrizione nel presbiterio con la quale enfatizza la luminosità acquisita dal corpo centrale dell’edificio grazie al nuovo coro traforato da finestre invetriate. Egli afferma che la teologia cristiana apprezza la luce quale migliore simbolo di Dio e che lo splendore dell’edificio è capace di illuminare le anime dei fedeli e di indurli alla contemplazione mistica mediante i meravigliosi colori delle gemme e la magia che suscita la visione di una Michele Canzoneri: Duomo di Cefalù , Vetrata dell’Apocalisse vetrata scintillante, che evoca le pietre preziose con cui è costruita la Gerusalemme celeste (Ap. 21, 19-21). Nel trattato sulle tecniche artistiche di Teofilo (fine XI sec.) per definire i colori del vetro si usano, infatti, i nomi di pietre preziose, come lo smeraldo, l’onice, lo zaffiro. Di vero zaffiro appaiono i vetri blu della più antica vetrata di Chartres, denominata ‘Notre-Dame de la Belle-Verrière’, raffigurante la Vergine in trono con il Bambino circondata dagli angeli, che diventerà modello per numerose altre chiese, come Bourges e Sens. Il ricco programma iconografico di Chartres è esempio emblematico della totalità del sapere: le sue 176 vetrate ripercorrono tutta la storia biblica: in facciata il Giudizio finale nel rosone, e l’Albero di Jesse, l’Infanzia di Cristo e la Passione, ma quest’arte raggiunse il suo culmine nella Sainte-Chapelle di Parigi, le cui pareti furono interamente sostituite dalle vetrate. L’arte gotica espresse in quest’arte la più alta capacità creativa, come a Friburgo e a Colonia, e le vetrate non solo concorsero con le sculture e le pitture al programma iconografico degli edifici medievali, ma contribuirono notevolmente anche allo sviluppo dell’iconografia cristiana. All’ingresso nell’edificio sacro erano raffigurati i temi più importanti, scene della vita di Cristo e della Vergine, ma particolare fortuna ebbero le rappresentazioni tipologiche, in cui si stabiliva la concordanza tra le Scritture accoppiando a ogni scena del Nuovo Testamento una dell’Antico come prefigurazione allegorica, spesso corredate da iscrizioni, che ne spiegavano il significato simbolico. Un soggetto prediletto, infatti, è l’Albero di Jesse, immagine tratta da Isaia (Is,11,1-10), che nelle sue ramificazioni sviluppa la genealogia di Cristo. Mai il legame tra Antico e Nuovo Testamento è stato rappresentato in maniera così ingegnosa, poiché non c’è nulla di arbitrario nella disposizione delle vetrate. Tipiche d’oltralpe, le vetrate tipologiche, eseguite da maestranze tedesche, rischiarano anche l’abside della basilica superiore di Assisi (1260). Ai personaggi biblici si accostano, nel XIII e XIV sec., anche i santi venerati localmente, le cui vicende erano narrate in testi agiografici, spesso infarciti di miracoli ed eventi fantasiosi, che i vetri traducono in immagini su indicazione dei teologi per colpire l’immaginazione dei fedeli, incapaci di leggere di testi scritti. Tra il XII e il XIII sec. la distribuzione dei soggetti delle vetrate viene codificata: le storie bibliche, agiografiche e comunque narrative, che necessitano di una lettura più in dettaglio, sono solitamente disposte nei livelli più bassi, mentre le raffigurazioni iconiche trovavano posto in quelli più alti. Le vetrate vogliono illustrare il cammino che l’uomo deve percorrere per giungere alla città paradisiaca. La luce, abbondante e ininterrotta, è lo strumento per elevare l’anima a Dio: attraverso lo splendore materiale l’uomo può ascendere spiritualmente verso il trascendente, e in questo senso la chiesa deve essere inondata di luce, in particolare nella zona absidale dove c’è l’Eucarestia. Le vetrate dall’esterno risultano incomprensibili e prive di bellezza in quanto sembrano semplici pannelli neri: è solo dall’interno che, trapassate dalla luce, si svelano nello splendore dei colori e ne significato delle immagini, come uno scrigno che racchiude il proprio tesoro all’interno. Durante l’arco della giornata inoltre, la luce fa vivere solo alcune vetrate, lasciando nella penombra le altre; per esempio al mattino l’abside è inondata di luce, mentre è al tramonto che le vetrate della facciata principale prendono colore; questo impone tempi bel precisi per la lettura dell’immenso programma iconografico, che non si svela a un unico sguardo rapido, ma richiede una frequentazione ripetuta e una meditazione su ogni singolo elemento. Dopo il Vaticano II e la rilettura dei luoghi liturgici, si assiste a una nuova distribuzione dei temi delle vetrate in funzione della loro posizione nell’edificio. Nella Cattedrale Notre-Dame di Reims, si è subito inevitabilmente attratti dalla vetrata della cappella assiale, da quell'azzurro intenso così diverso dal blu medioevale, un azzurro mistico, un po' nuvoloso: è l’azzurro dell'inconfondibile pittura di Marc Chagall che ha realizzato queste vetrate nel 1974. Nella finestra a sinistra c'è l'albero di Jesse, mentre nella prima vetrata della finestra centrale c’è il sacrificio di Isacco, collegato alla figura del Cristo crocifisso nella seconda vetrata."Se ogni vita corre inevitabilmente verso la fine – afferma l’artista -dobbiamo, durante la nostra, colorarla di amore e di speranza”. Luminose luci azzurre risplendono anche all’interno della chiesa di S.Stefano di Magonza. Anche in Italia diversi artisti hanno utilizzato questa tecnica sia nelle nuove chiese postconciliari che in quelle antiche. Michele Canzoneri, ad esempio, ha studiato le vetrate per il Duomo di Cefalù, ottenendo effetti che suscitano emozioni e il tema è tratto dal libro dell’Apocalisse. “Le vetrate vogliono essere un messaggio di luce e di gioia per chi entra nella casa del Signore. Esse sono state create però anche con l'intento di suscitare in chi le contempla importanti riflessioni spirituali. Hanno quindi un messaggio da trasmetterci, perché possiamo lodare e ringraziare Dio più sentitamente nella preghiera.” Con queste parole p. Costantino Ruggeri, grande protagonista dell’arte sacra moderna, poeta, artista e artigiano, parla delle sue chiese che partono dal cuore della vita liturgica, dal luogo dove l’assemblea si stringe intorno al Cristo, dove le vetrate hanno una funzione spaziale in quanto devono creare un ambiente mistico. “Voglio che il sole le attraversi fin dal mattino, rifranga i suoi raggi sul pavimento e sulle pareti, modulando la luce della giornata con una visibilità maggiore di quella che un tempo si assegnava ai rosoni. La vetrata è un tramite per dimostrare che Dio è in mezzo a noi”. Tutto ciò si ritrova nelle sue numerosissime opere, tra cui il Santuario del Divino Amore a Roma, che egli definisce una grande ‘grotta azzurra’. Marc Chagall: Magonza , Chiesa di S. Stefano (vetrata) 1976-1985 ARREDO FLOREALE E LITURGIA DOVE COLLOCARE I FIORI ALL’INTERNO DELLO SPAZIO ECCLESIALE Per realizzare un corretto addobbo floreale dell’aula liturgica è, innanzitutto, indispensabile sapere dove vanno collocate le composizioni floreali, per evitare di spargere i fiori indistintamente per tutta la chiesa, laddove c'è uno spazio libero per appoggiare un vaso, o di concentrare tutto sul presbiterio trasformandolo in una serra. Attualmente fiori recisi e in vaso si mescolano a piante verdi; le collocazioni sono a volte bizzarre e il presbiterio si trasforma in un percorso a ostacoli; ogni spazio libero, ogni sporgenza va bene per appoggiare un vaso di fiori o una piantina, per non parlare della varietà di contenitori utilizzati. Una bella decorazione floreale, invece, ha il compito di valorizzare e dare significato ai luoghi della celebrazione, cioè l'altare, l'ambone, e il fonte battesimale, senza nasconderli. I fiori possono essere collocati anche sul portale, accanto alla custodia eucaristica e all’immagine della Madonna. L'addobbo floreale deve essere rispettoso dell'arte della chiesa e, qualora siano presenti fioriere o altri luoghi già predisposti per piante o fiori, va privilegiata l'utilizzazione di questi contenitori per non moltiplicare gli spazi di decorazione floreale. Per quanto riguarda la sistemazione dei fiori nelle chiese le Note Pastorali della C.E.I. “La progettazione di nuove chiese” e “L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica” ne parlano in modo esplicito, invitando a realizzare apposite fioriere da collocare opportunamente all'interno dello spazio celebrativo. L’ACRL 24 afferma, addirittura, che è opportuno tener conto dell’arredo floreale “nella redazione di progetti di adeguamento liturgico, data la rilevanza che tale arredo può assumere nella decorazione dell’altare e degli altri luoghi della chiesa”. Composizione floreale per la domenica ‘Gaudete’ (III domenica di Avvento) “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino” Con l’antifona d’ingresso della III domenica d’Avvento la liturgia ci invita ad entrare con decisione nella gioia della festa ormai vicina, una gioia profonda, senza incertezze. E questa gioia si deve poter percepire anche visivamente nella celebrazione eucaristica mediante i segni propri della liturgia, come la casula del celebrante, che per una domenica abbandona il colore viola per quello rosaceo, e l’addobbo floreale, che non si limita alle fronde verdi, ma si arricchisce di un fiore rosa o bianco. La realizzazione di questa composizione vuol essere un esempio di come, anche con una minima spesa, si possa preparare un addobbo adatto alla liturgia che si sta celebrando. I fiori possono essere posizionati sia alla base dell’ambone che sotto l’altare e in questo caso, se necessario, si può ingrandire la base di foglie verdi. E’ importante, però, mantenere l’unicità del fiore. 1 GIGLIO ROSA: per i popoli antichi il giglio, specialmente se bianco, era simbolo di purezza e di luce divina Il giglio, comunque, designa l’innocenza e la verginità di Maria, ma allude anche alla verginità di Cristo. 1 rametto di GIPSOFILA: nel mondo della Bibbia il colore bianco evoca l’innocenza, la gioia, la luminosità degli esseri che sono nella gloria di Dio. Il bianco è il colore della luce ininterrotta, attributo del Padre simboleggia la purezza perfetta e gloria imperitura, 3 foglie di ASPIDISTRA: alcuni rametti di ABETE e di BOSSO: sono piante sempreverdi e quindi simbolo di eternità. L’abete, poi, come tutte le conifere, richiama l’albero della vita e quello della croce. 2 CIOTTOLI BIANCHI: i sassi di fiume, oltre a dare stabilità a tutta la composizione, in particolare per questa domenica dell’anno C, sono un richiamo al fiume Giordano, dove battezzava Giovanni Battista, come è narrato dall’evangelista Luca. IL TEMPO DI AVVENTO “Nel tempo di Avvento l’altare sia ornato di fiori con quella misura che conviene alla natura di questo tempo, evitando di anticipare la gioia piena della Natività del Signore. […] L’ornamento dei fiori sia sempre misurato e, piuttosto che sopra la mensa dell’altare, si disponga attorno ad esso.” (OGMR 305) I Praenotanda all’Ordinamento Generale del Messale Romano del 2004 parlano in maniera molto esplicita sia del posto in cui collocare i fiori in relazione all’altare, sia del modo con cui va ornato, facendo riferimento specificatamente al Tempo di Avvento. E’ l’inizio dell’Anno Liturgico, un tempo di attesa, di preparazione per accogliere il Signore che viene e, pur non avendo lo stesso carattere penitenziale della quaresima, tuttavia è un tempo liturgico che richiede sobrietà e moderazione nell’addobbo della chiesa. Composizione realizzata da VERONICA ROSSI - Perugia TEMPO DI NATALE “Non temete: ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia.” (Lc.2) I Praenotanda al Messale Romano, invitando alla moderazione e alla sobrietà dell’addobbo floreale per l’Avvento, chiedono, però, di mettere in evidenza “la gioia piena della Natività del Signore.” E’, necessario, dunque, creare un ambiente che sia veramente immagine di questa grande gioia, con tutti i segni e simboli propri di questa festa. Sono molti, infatti, i fiori e le piante che hanno un riferimento simbolico con la nascita del Salvatore, mentre è da escludere la stella di Natale, una pianta importata in Italia in tempi relativamente recenti e che non ha alcun significato simbolico, ma è molto diffusa e usata nelle chiese anche per il costo contenuto in rapporto al grande ‘effetto’ che si ottiene. Se proprio si vuole utilizzare questa pianta, allora va scelta di colore bianco o bianco-giallino, non rossa, perché il colore liturgico del Natale è il bianco o l’oro, cioè i colori della gloria, e non il rosso. Inoltre, la stella di Natale si può usare in vaso solo se posta vicino all’ambone o al fonte battesimale, mentre per una composizione da porre accanto all’altare i medesimi fiori devono essere recisi, perché tutto ciò che è in relazione all’altare deve potersi ‘consumare’. … IN VIAGGIO CHIESA DELLA SANTISSIMA ANNUNZIATA A FIRENZE Composizione floreale per il Tempo di Natale Tra i fiori sono da privilegiare i gigli, i tulipani, la rosa selvatica, mentre tra le piante si possono usare l’agrifoglio e il pungitopo, l’abete e tutte le piante sempreverdi. Tra i frutti, oltre agli agrumi che richiamano il Paradiso, anche il melograno e la noce. Per questa composizione da porre, in questo caso, sotto l’altare, sono stati scelti pochi elementi, ma tutti molto simbolici: AGRIFOGLIO: era considerato, in età cristiana non solo un simbolo di eternità, ma anche della Passione di Cristo, pensando che con esso fosse stata intrecciata la corona di spine, mentre le bacche rosso vivo richiamano il sangue versato. Lo stesso simbolismo è evocato dal pungitopo, ABETE: come tutte le conifere, richiama l’albero della vita e quello della croce. RANUNCOLO BIANCO: appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee, come l’elleboro o rosa di Natale, i cui fiori bianchi richiamano l’Incarnazione e la verginità di Maria e del Figlio. MELOGRANO: simbolo di immortalità e resurrezione; aperto con la pienezza dei suoi chicchi è anche attributo dell'amore misericordioso di Cristo che si dona. CORTECCIA D’ALBERO: con la scelta di una corteccia scavata come base per la composizione floreale si vuole richiamare sia la mangiatoia della nascita, che il legno della croce, alludendo così alla missione di Cristo: egli è nato per redimere l’umanità mediante la sua morte. Composizione realizzata dalla signora Giuseppina Manetti - Perugia ANNUNCIAZIONE Anonimo 1252ca Le prime notizie sicure intorno alla chiesa dei Servi di Maria – molto più tardi sarà chiamata SS.Annunziata – le troviamo in un atto notarile del 1250, atto con cui si concede ai frati Servi di Maria di costruire una chiesa fuori delle mura di Firenze. Alcuni documenti assicurano che la chiesa era terminata nelle sue strutture principali nell’ottobre 1251. Da questa data in poi la SS.Annunziata sarà strettamente legata alla storia dell’Ordine dei Serviti e alla sincera e profonda devozione dei fiorentini alla Vergine Annunziata. Verso la metà del XIV secolo i lavori ripresero per rendere più ampio lo spazio interno e la chiesa fu riconsacrata nel 1516. Nel frattempo iniziarono anche i lavori di decorazione della chiesa, che andarono avanti fino al XVIII secolo, quando fu rifatta tutta la pavimentazione. Dopo i lavori di restauro del 1857 poco è stato aggiunto o modificato, così che oggi il Santuario conserva la tradizione di fede e arte dei fiorentini di sette secoli. Il Chiostro dei Voti Sotto l’ampio porticato in pietra serena si aprono tre porte: quella centrale conduce al Portico dei Voti, così chiamato perché servì per diverso tempo a raccogliere gli ex voto e le immagini che i fedeli offrivano alla Madonna per le grazie ricevute. Ma questo chiostro è diventato famoso perché, grazie al mecenatismo dei Servi di Maria, raduna opere di un gruppo di giovani pittori fiorentini dei primi anni del XVI secolo, come Andrea del Sarto, Pontormo, Rosso Fiorentino e Franciabigio. Sulla porta centrale si può ammirare un mosaico con l’Annunciazione di David Ghirlandaio del 1512. Sedici lunette si susseguono sotto il porticato, dodici delle quali sono state affrescate tutte nello stesso periodo. Le pitture, iniziando da destra per chi entra, narrano episodi della vita della Vergine: Assunzione (1513) di G.Battista Rosso Fiorentino e Visitazione (1515) di Pontormo, la cui iconografia rispetta il culto mariano proprio del Rinascimento e modifica il tipo dell’aspasmos, un vero e proprio scambio di saluti con abbraccio e bacio. Infatti, qui l’atteggiamento di Elisabetta cambia e le due donne non sono più rappresentate su un piano di uguaglianza, perciò quella che ha in grembo il piccolo precursore si mette in ginocchio davanti a colei che porta nel suo seno il Messia. Il momento della pericope evangelica che viene rappresentato è comunque quella dell’incontro e del saluto: le due donne sono una di fronte all’altra, Maria a sinistra ed Elisabetta a destra. Nella contrapposizione tra la vecchiaia di Elisabetta e la giovinezza di Maria si è letto l’episodio anche come simbolo dell’incontro tra la Chiesa e la Sinagoga. Il racconto prevede solo due personaggi, le due donne, ma gli artisti arricchiscono la scena di numerose altre figure, così come la rappresentano generalmente all’aperto, contrariamente al testo evangelico che dice: “Entrata nella casa di Zaccaria salutò Elisabetta”. Questa iconografia, infatti, è ricalcata sugli Apocrifi; il Protovangelo di Giacomo al cap.12 dice: “Maria si rallegrò e andò da Elisabetta sua parente; picchio all’uscio; udito che ebbe, Elisabetta gettò via lo scarlatto, corse alla porta ed aprì”. Lo stesso lo dice ‘L’infanzia del Salvatore’ al cap.36:”…andò da sua cugina Elisabetta e picchiò alla porta. Quando Elisabetta udì la sua voce gettò via ciò che aveva in mano, le corse incontro e la benedisse”. Vi è poi lo Sposalizio di Maria (1514) di Franciabigio, dove l’artista vuol mettere in risalto il momento in cui Giuseppe mette l’anello al dito di Maria, che con la mano destra, invece, accarezza il suo ventre, che porta il Salvatore. L’anello è una pietra d’onice e, secondo la tradizione, è conservato nella cattedrale di Perugia; forse è per questo che lo ‘Sposalizio della Vergine’ è un tema diffuso dalla scuola umbra. Alla scena, come è tradizione in questa iconografia, sono presenti anche i pretendenti sconfitti tra cui, in primo piano, Agabo, uno dei più infiammati, che spezza il suo bastone. Nelle due lunette che seguono vi erano un tempo gli sportelli dell’Armadio degli Argenti dipinti dal Beato Angelico per la Cappella della Madonna e ora al museo di San Marco. Al loro posto c’è la Madonna della Neve, altorilievo in marmo attributo a Luca della Robbia. Di Andrea del Sarto sono la Natività della Vergine e il Corteo dei Magi. L’affresco della Natività è la vivace descrizione della camera di una puerpera; si vede S.Anna coricata sul letto, servita da alcune donne che versano l’acqua sulle sue mani con un catino, mentre delle altre donne preparano il bagnetto della neonata dentro una bacinella. Il lato sinistro del portico è occupato, invece, dalla vita di S.Filippo Benizi, uno dei sette Santi fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria e tranne il primo, che è di Cosimo Rosselli, gli altri cinque affreschi sono di Andrea del Sarto. Interno Entrati in chiesa, la ricca decorazione barocca sembra contrastare con la purezza e la grazia rinascimentale del Chiostro dei Voti, ma il meraviglioso soffitto, ricco di stucchi e dorature, e la sfarzosità della navata comunque contribuiscono a creare un senso di raccoglimento. Edicola della Madonna Annunziata Appena entrati si è accolti, nell’edicola subito a sinistra, dal bellissimo affresco dell’Annunciazione che ha dato il titolo e la fama al santuario. L’angelo è rappresentato con il manto svolazzante, come appena entrato; non solo le ali, ma anche l’aureola e i raggi dorati attorno a lui indicano la sua qualifica di creatura celeste. La Vergine siede su uno scanno intarsiato e ha appena interrotto la lettura di Isaia, il cui libro è aperto e vi si legge “Ecce virgo concipiet”. Un raggio di luce diagonale con al centro la colomba dello Spirito Santo scende sul seno di Maria, le cui braccia sono abbandonate e le mani sono disposte in atteggiamento di accettazione consapevole, così come le sue parole di risposta scritte sopra il raggio luminoso: ECCE ANCILLA DOMINI. Diverse Cappelle si aprono a destra e a sinistra della navata, sorte per iniziativa di ricche famiglie fiorentine che ambivano ad avere là la loro sepoltura. Numerosi sono gli artisti che hanno lavorato all’interno della chiesa, di cui molti di gran fama, come Angelo Bronzino, che ha dipinto la Resurrezione di Cristo per la pala d’altare dell’omonima Cappella o Bernardo Daddi con la sua splendida Madonna del Soccorso per la Cappella realizzata dal Giambologna, che lì è anche sepolto, o Andrea del Castagno con il bellissimo affresco della Trinità e s.Girolamo per la medesima Cappella. Fra i grandi artisti dell’epoca c’è anche Perugino che, per la Cappella di S. Andrea apostolo dipinse la pala d’altare con la Madonna e Santi, mentre per la Cappella dell’Assunta realizzò una magnifica Assunzione. In questa tela si vede Maria sollevata in cielo tra angeli musicanti dentro la mandorla, simbolo della gloria eterna, mentre al di sotto gli apostoli, di cui è riconoscibile il giovane Giovanni al centro, la ammirano estasiati. Un ultimo sguardo va alla Cupola, dipinta dal Volterrano per esaltare l’Assunzione della Vergine: il suo trionfo è confermato dall’enorme stuolo di personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento che accompagnano la sua ascesa e inneggiano alla sua gloria. Moltissime figure sono anche facilmente riconoscibili: vi sono i progenitori Adamo ed Eva, Abramo e Isacco, il re David con la sua arpa, Giuditta con la spada in una mano e la testa di Oloferne nell’altra, e poi Giovanni il precursore, Giuseppe con la verga fiorita, fino a s.Stefano protomartire con la dalmatica rossa e fra le mani la palma del martirio e i sassi. Anche se personaggi extrabiblici, non potevano certo mancare a questo momento di gloria Anna e Gioacchino, i genitori di Maria che, posti accanto a Giuseppe, contemplano la gloria della figlia. LA TOMBA DEI MAGI A COLONIA RELIQUIARIO DEI MAGI Nicolas Verdun inizi XIII sec. Nel medioevo Colonia era una delle città più ricche e più grandi d’Europa. La tradizione risale al V secolo. Si crede che S.Elena, madre di Costantino, abbia trovato i corpi, separati fino quel momento, dei tre re e li abbia fatti portare nella Basilica di S.Sofia a Costantinopoli. Successivamente un funzionario greco, Eustorgio, andò a Milano come inviato dell’imperatore; eletto vescovo della città, dove poi morì nel 331, fece ritorno a Costantinopoli per ottenere il consenso dell’imperatore, che glielo accordò e gli donò l’arca con i corpi dei magi. Durante il viaggio un lupo si avventò su una delle mucche che trasportavano l’arca e la divorò, ma Eustorgio costrinse il lupo a sostituirla. Giunto a Milano, ad un tratto il carro si fermò e non si riuscì più a smuoverlo. Fu quello il segno in cui Eustorgio lesse la volontà dei santi re di essere ospitati in quel luogo: lì costruì la Basilica, che in seguito prese il suo nome, e vi depose l’arca. Questo primo santuario che risale al IV secolo, fu poi sostituito da una chiesa distrutta nel 1158 e nel cimitero paleocristiano annesso alla chiesa, furono ritrovati in una tomba tre corpi, che vennero attribuiti ai tre magi. In un sarcofago romano del Basso Impero, infatti, chiamato ‘Tomba dei tre magi’ si trova incisa un’iscrizione latina: SEPULCRUM TRIUM MAGORUM. E’ lo stesso sarcofago rappresentato in uno dei capitelli della Basilica e posto sul carro portato da Costantinopoli da S.Eustorgio. Racconta la Cronaca di Robert de Thorigny: “ Nell’anno 1158 in una cappella vicino a Milano furono rinvenuti i corpi dei tre magi che adorarono il nostro Salvatore bambino a Betlemme; furono tolti di lì per timore di Federico, imperatore tedesco, che veniva ad assediare la città e posti dentro le mura della cittadella”. Nell’anno 1162 avvenne, dunque, il trasferimento delle reliquie da Milano a Colonia e si trova anche una descrizione dello stato dei corpi: “...poiché erano stati conservati in un balsamo i loro corpi all’esterno parevano intatti anche per quanto riguardava la pelle e i capelli. Per quanto si poteva dedurre da un aspetto complessivo e dai capelli, sembravano avere 15 anni il più giovane, 30 anni il secondo e 60 anni il terzo”. Le reliquie partirono da Milano il 10 giugno 1164, attraversarono Torino e poi arrivarono a Vienne (sulle rive del Rodano) il 23 giugno; attraversate Salins, Besançon e Breisach, si imbarcarono poi sul Reno e arrivaromo a Colonia il 23 luglio 1164. Anche Strasburgo fu uno dei luoghi di passaggio del corteo delle reliquie e per questo numerose leggende sui magi sono diffuse in Alsazia. La Cattedrale di S.Pietro a Colonia fu iniziata nel XIV secolo e terminata nel XIX secolo. La traslazione delle reliquie dei magi da Milano a Colonia ebbe una importanza enorme per la fama e lo sviluppo della città renana: una testimonianza importante di ciò si ritrova conclusione della “Storia dei tre re” di Giovanni da Hildesheim che è un vero e proprio inno alla città di cui si dice che “ per amore loro tu sei amata, per causa loro sei esaltata, per amore loro ti vengono a vedere da ogni angolo del mondo..e per queste ragioni sei tanto più tenuta ad amare, onorare, servire e lodare Dio”. La cattedrale della città fu pensata come il punto di arrivo del pellegrinaggio alle reliquie dei magi, pertanto, trascurando tutte le altre opere d’arte presenti nell’edificio, qui si vuole illustrare l’itinerario del pellegrinaggio ai magi. Il primo segno lo si vede all’esterno: la guglia che si alza sopra l’incrocio del transetto, la più alta dell’edificio, ha sulla cima una stella, quasi a indicare che la metà del cammino è ormai vicina: ma la guglia è sulla perpendicolare dell’altare maggiore, lì dove si rinnova il sacrificio della croce e Cristo, vera meta, si fa presente. L’ itinerario comincia dal portale sinistro della facciata principale, detto Porta dei Magi, dove i tre re sono scortati da una parte dai sovrani dell’Antico Testamento e dall’ altra da re e imperatori che sono i custodi terreni del santuario; sopra il timpano poi si vedono rappresentati i magi davanti ad Erode e sopra il loro atto di adorare Gesù . All’interno della chiesa, al centro del coro è posta l’arca-reliquiario dei re, uno dei maggiori capolavori dell’oreficeria medievale, realizzata tra il 1190 e il 1220 da Nicolas di Verdun, il più grande e famoso orafo dell’epoca: si tratta di una cassa di legno, completamente ricoperta da lastre di rame e di argento dorato, mentre la parte frontale è in lamina d’oro. Le cornici sono decorate da numerose piastrelle smaltate d’oro; sugli spigoli laterali e in alto c’è una cresta ornamentale decorata a viticci. Il reliquiario è decorato da innumerevoli pietre preziose, perle e antichi cammei. Per il tesoro più prezioso della cattedrale, le reliquie, bisognava usare i materiali più preziosi e carichi di significato. Nel medioevo sopra la cassa era posto un enorme lampadario circolare che portava novantasei candele, numero che corrisponde alla somma dei dodici profeti, dei dodici apostoli e dei sessantadue discepoli inviati da Gesù per predicare la parola di Dio ( Luca, 10,1): non è difficile immaginare l’effetto che queste luci dovevano avere sui pellegrini riflettendosi sull’oro e sulle pietre preziose: un involucro di luce, quasi un irraggiamento della santità. Il moderno pellegrino, dopo i restauri del 2004, può rivivere questo effetto grazie a una illuminazione attentamente studiata e posta al disopra della cassa, che rende il reliquiario il centro dell’ attenzione. La forma del reliquiario è quella di due chiese sovrapposte: quella inferiore a tre navate e quella superiore a navata unica, con un preciso programma iconografico, ancora oggi chiaramente leggibile, nonostante la perdita delle raffigurazioni che stavano sugli spioventi delle coperture. Nella parte bassa, nelle nicchie laterali stanno re e profeti dell’ Antico Testamento, mentre al disopra stanno gli apostoli, ognuno dei quali tiene in mano delle città in miniatura che simboleggiano i loro seggi episcopali. Sulla testata in basso al centro c’è la Vergine in maestà e i tre magi con in testa la corona regale che presentano i doni a Gesù con le mani velate in segno di rispetto. A fianco c’è la scena del battesimo di Cristo. Sul registro inferiore del lato opposto si trovano illustrate la flagellazione e la crocifissione. Sulle cuspidi nel registro superiore, dal lato posteriore, si trova Cristo benedicente con la personificazione delle tre virtù teologali, Fede, Speranza e Carità, mentre sul lato anteriore c’è Cristo giudice con ai lati un serafino e un cherubino. Tre grandi pietre preziose indicano la posizione delle tre teste dei re. L’arca diventa quindi una sintesi della storia della salvezza: in basso l’Antico Testamento e le profezie, poi la redenzione con la venuta di Cristo che si manifesta ai popoli (l’epifania dei magi e l’epifania del battesimo) e muore per la salvezza degli uomini, e infine in alto il giudizio e la fine dei tempi. La forma stessa del reliquiario poi richiama la Gerusalemme celeste così come è descritta nel capitolo XX dell’Apocalisse, con le mura di diaspro, d’oro e di pietre preziose, creando così un parallelo fra il sarcofago terrestre e la Gerusalemme celeste, che sarà l’ultima dimora dei magi insieme a tutti i santi. Il reliquiario, quindi, rimanda alla storia della salvezza e non ha nessun riferimento al ciclo dei magi, che i pellegrini trovano invece negli affreschi del coro sopra gli stalli dei canonici, dove sul lato destro è rappresentato tutto il ciclo: l’apparizione della stella, l’adorazione, la consacrazione a vescovi dei magi ad opera dell’apostolo Tommaso, la loro sepoltura e la traslazione delle loro spoglie a Costantinopoli, poi a Milano e infine a Colonia. Nella cappella del deambulatorio dedicata a Maria c’è la pala dei patroni della città di Adam Lochner, risalente al 1445 dove il pannello centrale rappresenta l’adorazione dei magi, mentre nei due pannelli laterali si trovano gli altri patroni della città, s.Orsola e le sue vergini a destra e san Gereone e i martiri della legione tebana a sinistra. L’ultimo richiamo ai Magi il pellegrino lo trova nella vetrata della cappella centrale del coro, che è in asse con il reliquiario, al cui centro, in una ricca cornice, due magi, uno inginocchiato e uno in piedi offrono i doni, mentre il terzo sul lato opposto indica con il dito la stella luminosa che sta sopra il capo del Bambino e che richiama nella sua forma la stella della guglia, quasi a chiudere il cerchio dell’itinerario dentro la cattedrale. NATALE IN...FAMIGLIA La Corona d’Avvento La Corona dell'Avvento è una tradizione natalizia sorta in Germania alla fine del XIX sec. ad opera del protestante Johann Hinrich Wichern (1808-1881). Ideata come una struttura circolare formata da rami di piante sempreverdi, principalmente conifere, in origine prevedeva la presenza di 24 candele: le luci per le domeniche erano grandi e quelle per i giorni feriali piccole. La corona d'Avvento, dopo la seconda guerra mondiale, si diffuse anche nel mondo cattolico d’oltralpe divenendo una presenza importante nella preparazione al Natale in famiglia. Le candele si ridussero a quattro per le quattro domeniche di Avvento, ma tutti gli elementi della corona hanno un significato carattere simbolico. Innanzitutto la forma circolare della corona, che rappresenta l’eternità, perché non ha né principio né fine; è anche simbolo del sole, della luce di Dio, e ricorda il ciclo delle stagioni. La corona è anche segno di regalità e di vittoria. La corona viene intrecciata con rami di pino o abete o, comunque, di sempreverdi, come simbolo di vita eterna e segno di speranza. I rami ricordano anche l'entrata a Gerusalemme di Gesù, che venne accolto con foglie verdi e salutato come Re e Messia. La corona viene poi ornata con un nastro viola, che è il colore dell’Avvento e mette in evidenza che questo è un tempo di attesa e preparazione alla venuta del Salvatore. Così pure le quattro candele, che rappresentano la luce di Cristo, sono viola, tranne una, quella della III domenica di Avvento, la domenica ‘Gaudete’, che è rosa. In alternativa si possono usare solo candele bianche, che già richiamano il Tempo di Natale. Ciascuna delle quattro candele ha una denominazione ed un significato. 1. La prima candela è detta "del Profeta", poiché ricorda le profezie sulla venuta del Messia. 2. La seconda candela è detta "di Betlemme", per ricordare la città in cui è nato il Messia. 3. La terza candela è detta "dei pastori", i primi che videro ed adorarono il Messia. 4. La quarta candela è detta "degli Angeli", i primi ad annunciare al mondo la nascita del Messia. Preghiera sulla Corona d’Avvento Collocata al centro della tavola, la corona è segno di vittoria: a Natale Cristo, luce del mondo, trionfa sulle tenebre del peccato e illumina la notte dell’uomo. La corona viene intrecciata con rami di abete, il sempreverde che richiama la speranza portata dal Signore vivente per sempre in mezzo agli uomini. Questa speranza, per trovare compimento, esige una conversione all’amore, cominciando dalla propria famiglia per aprirsi alle famiglie vicine e al mondo. I quattro ceri, da accendere uno per settimana, sono il simbolo della luce di Cristo che si fa sempre più vicina e intensa: la piccola comunità della famiglia l’accoglie con gioia nella preghiera e nella vigilanza. Adorazione dei Magi , part. facciata anteriore Reliquiraio Preghiamo: Il presepe Accendiamo oggi la prima (seconda, terza, quarta) candela della corona di Avvento. Impegniamoci a vivere giorno per giorno L’attesa di Gesù. Con la nostra vita prepariamo la strada Al Signore che viene Nella gioia e nella carità verso i fratelli. Amen “Il Natale è la festa più umana della fede, perché ci fa percepire nella maniera più profonda l’umanità di Dio. In nessun’altra parte diventa percepibile come nel presepio che cosa significa il fatto che Dio ha voluto essere “Emmanuele”, un “Dio con noi”, un Dio con cui abbiamo confidenza, perché ci viene incontro come un bambino. Pertanto il Natale è anche in modo particolare una festa che ci invita a meditare e a riflettere interiormente sulla Parola” Joseph Ratzinger (da: ‘La preghiera in famiglia’ Conferenza Episcopale Italiana ULN) Le origini del presepio sono molto antiche e affondano le radici nella cultura romana e, quindi pagana, che però non è stata assorbita nel processo di cristianizzazione, così come è avvenuto per altre festività. Nasce, infatti, dalla devozione per i Larii, gli antenati defunti protettori della famiglia raffigurati con statuette di vari materiali, poste nella casa, chiamate sigillum; in occasione della festa Sigillaria (20 dicembre) i parenti si scambiavano in dono i sigilla dei defunti dell’anno, mentre i bambini disponevano le statuine in un piccolo recinto che rappresentava un ambiente bucolico. Nella vigilia la famiglia si ritrovava per pregare e lasciare cibo e vino; al mattino seguente al posto delle vivande i bambini trovavano giocattoli e dolci, “portati“ dagli antenati defunti. Praesaepe significa, dunque, greppia, mangiatoia, ovvero luogo che ha davanti un recinto, poiché il termine è composto da prae = innanzi e saepes = recinto. Anche se la raffigurazione della Natività appare già nel IV secolo su alcuni sarcofaghi, è il Concilio di Efeso del 431 che, proclamando la divina maternità di Maria, dà inizio alla vera e propria rappresentazione di questo tema e nel 435, per volere di papa Sisto III, nella chiesa di S.Maria Maggiore a Roma si costruisce una cappella contenente, secondo la tradizione, le assicelle della mangiatoia di Gesù e per questo fu detta ‘Sancta Maria ad Praesepe’. In seguito la rappresentazione di Greccio del 1223, per ispirazione di S.Francesco, ne portò ovunque la diffusione. Il Presepio deve essere come un’opera d’arte, comunicare emozioni, guidare nel mistero della Natività: deve spingere dentro la grotta, oltre i fondali, tra i personaggi che lo animano. Nella realizzazione del presepio, oltre ai testi evangelici di Matteo e Luca, bisogna attingere alla tradizione legata ai Vangeli Apocrifi. Infatti, nei testi canonici non si fa alcun riferimento specifico, ad esempio, al luogo della nascita di Gesù e pertanto la grotta entro sui si ambienta la scena acquista un valore più simbolico che reale, quale immagine del legame tra cielo e terra. Così pure la presenza del bue e dell’asino non è attestata da Luca, ma neppure dal Protovangelo di Giacomo: è collegabile, invece, alla profezia di Isaia, che dice: “il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende” (Is.1,3). L’albero di Natale Anche se comunemente ritenuto il simbolo pagano del Natale, l’albero è in realtà un simbolo cristiano molto più antico, per quanto riguarda la tradizione domestica, del presepe. Infatti l’albero sempreverde fa la sua comparsa attorno all’anno 1000, quando erano in uso le ‘Sacre rappresentazioni’ e in Avvento veniva messo in scena il racconto della Creazione, perché è proprio dal peccato di Adamo ed Eva che nasce la promessa della venuta del Salvatore, come ricorda anche s.Paolo nella Lettera ai Romani (Rm.5,12-20). In queste rappresentazioni il ‘giardino dell’Eden’ era simboleggiato da un albero carico di frutti piantato al centro della scena: l’albero era un sempreverde ed era immagine dell’albero della vita, dell’albero posto anche al centro della Gerusalemme celeste, ma anche dell’albero della croce, mediante il quale siamo stati salvati. La prima documentazione storica sull’uso domestico dell’albero risale al 1512 in Alsazia, ma la consuetudine di arricchirlo di luci compare nel XVII secolo: anche in questo caso le luci sono un simbolo cristologico. Ruperto di Deutz scrisse che “albero della vita è il Cristo”. L’immagine dell’albero come simbolo del rinnovarsi della vita è, comunque, un tradizionale tema pagano, presente sia nel mondo antico che medioevale e in seguito assimilato dal Cristianesimo. L’abete, essendo conifera sempreverde, facilmente richiama il perpetuarsi della vita anche in inverno. Presso molti popoli, in particolare gli Indoeuropei, l’abete viene considerato un Albero Cosmico, che si erge al centro dell’universo: rappresenta la manifestazione divina del cosmo. Per molto tempo, la tradizione dell’albero di Natale rimase tipica delle regioni a nord del Reno, perché i cattolici la consideravano un uso protestante, ma agli inizi del XIX sec. l’albero di Natale fece la sua comparsa a Vienna e qualche anno più tardi, nel 1840, anche in Francia. Nei primi anni del Novecento gli alberi di Natale hanno conosciuto un momento di grande diffusione, venendo a rappresentare il simbolo del Natale più comune a livello mondiale. Nel dopoguerra, poi, il fenomeno ha acquisito una dimensione commerciale e consumistica senza precedenti, che ha visto la nascita di una vera e propria industria dell’addobbo natalizio. A recuperare il significato originario religioso di questa tradizione è stato Giovanni Paolo II, che ha introdotto l’uso, durante il suo pontificato, di allestire un grande albero di Natale nel luogo cuore del cattolicesimo mondiale, cioè piazza San Pietro a Roma. Preghiera davanti al presepio I PRESEPI di MARCO SORANZO Gesù Salvatore, nuovo sole che sorgi nella notte di Betlemme, rischiara la nostra mente, riscalda il nostro cuore, perché comprendiamo il vero e il bene come splende ai tuoi occhi e camminiamo nel tuo amore. Venga il tuo regno, Signore. Amen L’arch. Marco Soranzo da alcuni anni si interessa di arte presepiale realizzando, oltre a presepi di tipo ‘tradizionale’ anche dei presepi a tema, con tecniche personalizzate e con una chiave di lettura teologico-catechetica, poiché unisce alla propria competenza professionale anche gli studi teologici presso l’Istituto di Scienze religiose di Udine. Una tematica a cui ispirare la tradizionale rappresentazione della nascita di Gesù, è da ritenersi irrinunciabile nel realizzare un presepio, per non cadere in virtuosismi tecnologici o per non farsi prendere la mano dalla rappresentazione in sè, senza avere nulla da comunicare, senza essere spunto di riflessione, ma solo un mero lavoro di artigianato artistico, anche pregevole, ma con il rischio di essere fine a se stesso. Una rilettura dei testi evangelici è l’occasione per delle riflessioni che vadano al di là del testo letterario stesso, della “storia del Natale“ raccontata in mille modi, contornata ed arricchita da particolari apocrifi o di tradizionale immaginazione, entrati così in profondità nella memoria collettiva, tanto che a volte viene confuso ‘il rivelato’ con ‘il raccontato’, ‘il testo’ con ‘la leggenda’. (da: ‘La preghiera in famiglia’ Conferenza Episcopale Italiana ULN) Tra i presepi ‘a tema’ realizzati, vi è quello per la Parrocchia di S.Marco di Udine, ambientato dentro la riproduzione in scala della chiesa stessa; il presepio basato sui Vangeli dell’Infanzia, e quello sul Vangelo di Giovanni; quello per l’anno paolino, legato ai testi di S.Paolo e quello ideato quest’anno in relazione all’Anno della Fede. Il Presepio di Cromazio Nel 2008, XVI centenario della morte di s.Cromazio, ha realizzato, però, il presepio più particolare e innovativo, sulla base delle riflessioni teologiche contenute negli scritti del vescovo aquileiese, che è stato esposto nel Tempo di Natale all’interno del battistero del duomo di Udine. Per realizzare questo presepio l’arch. Soranzo è partito da una approfondita lettura dei testi cromaziani riferiti al Natale, come il Sermone 32, commento al Vangelo di Luca, e il Tractatus, commento al Vangelo di Matteo. Da queste premesse si è sviluppata l’idea del progetto, basata su alcuni formulazioni emerse dai testi: l’inscindibile rapporto tra Antico e Nuovo Testamento, i personaggi che prefigurano la venuta del Salvatore; l’annuncio del Credo dei Concili di Nicea e Costantinopoli, con l’affermazione della natura umana e divina di Cristo, il rapporto con il mondo giudaico e pagano e la centralità del Battesimo. La scena della Natività è ambientata tra la Palestina e la basilica di Aquileia. Si parte dalla genealogia di Gesù, cui Cromazio dedica molto spazio, scandita i tre periodi di 14 generazioni ciascuna, che sono qui rappresentate, come suggerisce il vescovo, dalle 10 tavole della Legge mosaica e dai 4 Vangeli, numero che esprime alla perfezione – scrive sempre Cromazio - la concordanza e l’unità della Legge col Vangelo.. All’interno del battistero di Aquileia sono stati, invece, collocati i personaggi veterotestamentari che sono prefigurazione di Cristo: Abele, Giuseppe, figlio di Giacobbe, il profeta Elia, Sansone e Giona; a questi Cromazio aggiunge Augusto, poiché nato al tempo dell’imperatore, egli stesso è vero ed eterno Augusto. Moltissimi sono gli elementi simbolici presenti in questa raffigurazione della Natività: fra questi, in riferimento a Matteo, non mancano i Magi, posti nella Cappella dei Pagani, adiacente al portico della basilica di Aquileia. Sullo sfondo si vede l’Egitto e la porta di Gerusalemme che essi passano per incontrare Erode, più dietro c’è la Sinagoga; per Cromazio l’alloggio dal quale la Sacra Famiglia viene respinta rappresenta la Sinagoga che, già occupata dall’errore dell’incredulità, non merita di accogliere in sé il Salvatore. Dietro la Natività vi sono 6 agnelli, che rappresentano la strage degli innocenti: gli infanti che muoiono per Cristo sono, per Cromazio, i primi martiri. Sullo sfondo, infine, si intravede il sepolcro aperto della Resurrezione, compimento – secondo il vescovo aquileiese - del mistero del Natale. L’arch. Marco Soranzo, grazie alla propria esperienza e professionalità, è in grado di realizzare presepi su misura di qualsiasi dimensione, sia di tipo ‘tradizionale’, che legati a specifiche tematiche bibliche, catechetiche o liturgico-pastorali, venendo incontro anche alle richieste più esigenti arch.Marco Soranzo tel. 0432470810 cell. 3357157581 via O.Tartagna 25 33100 Udine email: [email protected] NEL PROSSIMO NUMERO QUARESIMA E TEMPO DI PASQUA 1. ICONOGRAFIA: Iconografia dellaTrasfigurazione Iconografia della Pentecoste 2. CATECHESI E ARTE Bibbia e Arte Schede per la catechesi 3. ARCHITETTURA E LITURGIA L’area battesimale 4. ARREDO FLOREALE E LITURGIA Valorizzazione dei luoghi del Matrimonio Nel Sommario Costantino Ruggeri ‘Annunciazione’ Lezionario CEI Adorazione dei Magi , Maestro dell’Altare detto di Groote. Monaco (XVI Sec.) Le Corbusier: Ronchamp, Cappella di Notre-Dame du Haute Ornithogalum umbellatum o ‘stella di Betlemme’ Cattedrale di Colonia 5. …IN VIAGGIO In Italia: la basilica di S.Apollinare in Classe a Ravenna In Europa: la basilica di Vézelay in Francia ZO AN OR AS EL IC A W. M W W .IT