Cultura - Nicla Vassallo

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Corriere del Ticino
MARTEDÌ 2 FEBBRAIO 2010
27
Cultura
& SPETTACOLI
IN CONCERTO ANCHE IL 12 SETTEMBRE
CINEMA
Gli irlandesi U2 terranno un secondo concerto al Letzigrund di
Zurigo, il 12 settembre. I biglietti per il primo degli show elvetici
del gruppo di Bono e The Edge, che avrà luogo l’11 settembre,
sono andati esauriti in poche ore la scorsa settimana. I biglietti
per il concerto del 12 settembre saranno messi in vendita tramite Ticket Corner venerdì, 5 febbraio, dalle ore 8.
È Kathryn Bigelow con il film The Hurt Locker la trionfatrice dei
Directors Guild Awards, assegnati domenica sera a Los Angeles.
È la prima volta, dal 1938 quando il premio è stato istituito, che
una donna vince il riconoscimento assegnato dal sindacato dei
registi statunitensi. Solo 6 volte in 61 anni il vincitore di questo
premio non ha vinto anche l’Oscar per la migliore regia.
Gli U2 raddoppiano a Zurigo
I registi premiano Kathryn Bigelow
Il rigore logico di Bertrand Russell
L’attualità del poliedrico filosofo gallese a quarant’anni dalla morte
«Logico matematico e filosofo analitico di alto profilo, Bertrand Russell
è filosoficamente noto per il suo logicismo (la matematica deve riuscire ad essere riconducibile alla logica), per il suo atomismo logico (sposato per un certo periodo da Ludwig Wittgenstein), per la sua teoria
delle descrizioni definitive trapassata alla storia attraverso l’idea stando a cui è falsa la proposizione “Il re di Francia è calvo”».
Con poche battute Nicla Vassallo, che ha studiato Filosofia all’Università di Genova (dove oggi insegna Filosofia teoretica) e al King’s College London dell’Università di Londra, sintetizza un personaggio profondo e interessante come il filosofo gallese Bertrand Russell (Trellech,
18 maggio 1872 – Penrhyndeudraeth, 2 febbraio 1970) di cui nel 2010
ricorrono sia i quarant’anni dalla morte che i sessant’anni dall’assegnazione del Premio Nobel.
L’INTERVISTA
A NICLA VASSALLO
’’
) Professoressa, nato da famiglia
aristocratica, fu aristocratica anche la filosofia che Bertrand Russell coltivò e divulgò, o la sua passione per le cause civili hanno fatto di lui e della sua opera una sorta di difesa progettuale delle idee
per obiettivi popolari?
«Oggi, è sufficiente poco per essere considerarti aristocratici sotto il profilo culturale. Ai tempi di
Bertrand Russell le cose stavano
diversamente, anche perché l’aristocrazia non poteva fare a meno di accompagnarsi all’originalità insieme a una qualche forma
di stravaganza, almeno dal punto di vista del cosiddetto popolo.
Coltivò idee seriamente filosofiche e quindi ribelli. Non so però
quanto ribelli per il «popolo».
Certo, nella sua lunga carriera e
vita, non solo è stato affiancato a
Kurt Gödel per gli eccelsi contributi alla logica, ma ha anche scritto volumi divulgativi. Quanta della cosiddetta odierna «pop philosophy» vi sia in essi è difficile
da stabilirsi: Russell aveva un
obiettivo educativo che manca
alla nostra «filosofia propinata a
chili» al grande pubblico, solo per
vendere, senza che a firmarla sia
nessun gran filosofo. Oltre a non
limitarsi a logica e a filosofia, un
filosofo imminente coltiva diversi altri studi – dalla pedagogia alla storia, dalla politica alla religione, dalle scienze pure alle
scienze umane, e via dicendo – e
riesce magari a vincere un premio Nobel in letteratura».
Ma lui fu un vero ribelle?
Russell ribelle? Sarebbe preferibile appartenesse al conformismo esprimersi contro il militarismo, l’interventismo, il nucleare, come lui ha fatto. Se vogliamo
trovare una bandiera per il suo
impegno civile, le parole dello
stesso Russell sono eloquenti in
proposito: «Il nostro io non è un
frammento molto importante del
mondo».
In che cosa consiste la filosofia analitica della quale viene riconosciuto
fondatore?
«Non so se sia a ragione considerabile il fondatore della filosofia
analitica, ma certo è tra i suoi fondatori. In filosofia analitica si argomenta, dialoga, ragiona in modo comprensibile, senza dogmatismi e filologismi, dai primordi
della filosofia fino a quando una
certa filosofia tedesca si è talmente trasformata da rendersi irriconoscibile e finisce con l’avallare,
consapevolmente o inconsapevolmente, il regime nazista. La filosofia analitica nasce con la filosofia e termina laddove si istaura una dittatura. Fortunatamente,
sopravvive però alla dittatura: ancor oggi i grandi filosofi analitici
vivono e insegnano in Paesi lontani dal nazionalfascismo».
Secondo vari critici, la filosofia di Russell può essere definita come filoso-
fia del linguaggio, filosofia della logica matematica e filosofia della riflessione epistemologica. Una suddivisione precisa?
«Le materie filosofiche s’intrecciano. Quando mi sono specializzata al King’s College of London, mi è stato richiesto di approfondire tre distinte discipline. Ne traggo ricchezza ancor
oggi. Ho studiato epistemologia, Cartesio, logica filosofica; la
filosofia del linguaggio era lontana. Però, ognuna di esse condivide un preciso obiettivo: analizzare i concetti di base. È filosofia specialistica. E tra i tanti è
stato proprio Bertrand Russell a
ricordarci che la filosofia generica non ha senso, così come la
scienza generica: se la filosofia
non avesse diritto a specializzazioni, perché non confondere
tra loro anche fisica, chimica,
biologia?»
Di queste tre diramazioni del suo pensiero, quale la più stabile e duratura?
Nessuna e tutte nel senso che
l’analisi dei concetti rimane un
punto di riferimento. Cosicché
la filosofia del linguaggio, la filosofia della logica e l’epistemologia di Russell continuano a do-
narci riflessioni imprescindibili. Se poi c’è chi tende ad appropriarsene indebitamente, per un
verso o per l’altro, mi spiace e
Russell stesso se ne dispiacerebbe. Direi però che nel caso in cui
Russell dovesse oggi scegliere
una disciplina su cui impegnarsi maggiormente questa sarebbe l’epistemologia per la sua capacità di investigare la tecnica,
perché, con le parole di Russell
stesso, “uno dei mali della nostra epoca consiste nel fatto che
l’evoluzione del pensiero non
riesce a stare al passo con la tecnica, con la conseguenza che le
capacità aumentano, ma la saggezza svanisce”. Dall’epistemologia ci giungerebbe saggezza».
Influenzò i contemporanei con le sue
opere?
«Certo, Russell ha influenzato
molti, e tra questi non tutti lo hanno riconosciuto e/o lo riconoscono. Ma, al di là dell’influenza esercitabile o esercitata, il filosofo reale, che è ribelle per natura, non
intende influenzare bensì fare discutere. Oggi, purtroppo, non si
discute più, bensì ci si urla addosso e ci si insulta».
Quali fra i circa settanta libri scritti
possono essere considerati dei capolavori che dureranno nel tempo?
«Preferisco gli articoli scientifici ai
libri, perché è negli articoli che il
filosofo riesce a dare il meglio di
sé e a lasciare tracce innovative
su cui i posteri continueranno a
riflettere. Cito solo gli articoli, oltre che per aristocrazia anglo-filosofica, perché in essi è contenuto
qualcosa di eccellente che nei libri risulta spesso annacquato. Nel
fare seriamente filosofia sono gli
articoli di Russell a donarci gioie
e dolori».
Come mai Perché non sono cristiano,
un libro del 1927, in cui Russell, si
dichiarava agnostico e ateo suscitò
allora tanto scandalo?
«Occorre ricordare che Why I am
not a Christian non nasce in forma di libro, bensì di discorso. Era
il marzo del 1927 quando Bertrand Russell affronta il tema nella sala municipale di Battersea,
con il patrocinio della South
London Branch della National
Secular Society. Il discorso viene pubblicato nello stesso anno
e vede la forma di volume solo
anni dopo in congiunzione con
altri saggi. Le dichiarazioni di
Russell risultano per lo più soggettive. Si pensi, per esempio, a
“non sono cristiano: in primo
luogo, perché non credo in Dio
e nell’immortalità; e in secondo
luogo, perché Cristo, per me, non
è stato altro che un uomo eccezionale”. O si pensi alla grande
differenza tra l’essere ateo e l’essere agnostico».
Qual è oggi il «peso» di Russell sulla
filosofia contemporanea?
«In diversi campi ci ritroviamo
ancora a discutere le idee di
Russell o quantomeno gli sviluppi di cui esse hanno goduto
negli ultimi anni. Se questo è
evidente, è altrettanto evidente
che dobbiamo credere con Russell che le nostre condizioni di
vita influiscono parecchio sulla
nostra filosofia, così come che
la nostra filosofia influisce parecchio sulle nostre condizioni.
Dobbiamo credere ciò con maggior forza, conferendogli un
maggior peso perché le nostre
condizioni di vita e le nostre filosofie non stanno attraversando periodi di fulgore. Quale è la
soluzione? Fare sì che le nostre
ARISTOCRATICO Bertrand Russell (1872-1970) fu anche insignito
nel 1950 del Premio Nobel per la letteratura.
vite, al pari di quella di Russell,
vengano governate da tre passioni «semplici ma irresistibili»
a suo dire: «la sete d’amore, la
ricerca della conoscenza e una
struggente compassione per le
sofferenze dell’umanità».
Francesco Mannoni
PROPUGNATORE DEL DIRITTO ALLA FELICITÀ
Il pacifista ribelle che seppe combattere l’orrore nazista
) Pacifista convinto, durante la prima guerra mondiale per la sua opposizione all’entrata in guerra della Gran
Bretagna perse la cattedra all’Università di Cambridge. Era contrario anche alla seconda guerra mondiale,
poi si convinse sulla necessità di combattere Hitler? Contraddizioni o buon
senso?
«Buon senso e orrore di fronte all’assurda costruzione di una “superiore razza ariana” che voleva a
ogni costo la guerra in ogni angolo d’Europa. Per di più, la situazione del regime nazista non
presentava nulla che potesse appoggiare la cultura e meno che
mai la filosofia. Non si dava alcuna libertà d’espressione e di buona argomentazione; a prevalere
anzi erano le cattive argomentazioni, mentre si deve all’avvento
di Hitler la chiusura del Circolo
di Vienna, ove filosofi e scienziati si riunivano settimanalmente
dando vita al positivismo logico:
quando Moritz Schlick viene assassinato all’università da un nazista si riescono ormai a nutrire
ben poche speranze. Del resto,
Hitler pronunciava una menzogna dopo l’altra, fomentando un
clima di delirio collettivo in cui
apici di violenza e disumanità
presagivano l’Olocausto. Anche
le semplici parole ne hanno fatto le spese, come ben scrive Harald Weinrich in La lingua bugiarda: “Mai gli slogan hanno dominato la scena con più spavalderia che sotto il regime di Hitler.
Per questo la lingua tedesca è diventata una lingua bugiarda? Le
sue parole si sono disumanizzate? O sono state semplicemente
collaborazioniste? O sono rimaste
ANTICONFORMISTA Russell, qui a Londra durante un sit-in di protesta negli anni Sessanta, fu anche un autorevole esponente del movimento pacifista.
incontaminate?”. A non essere incontaminato è stato Russell, non
lo poteva essere né come filosofo
del linguaggio, né come epistemologo con tutta quell’evidenza
che si stava accumulando in Europa a favore di uno spaventoso
genocidio che avrebbe lasciato
poche tracce d’umanità».
Decisione saggia quindi osteggiare
Hitler?
«Si doveva osteggiare Hitler per
salvare la libertà, anche quella di
discutere. Nel Manifesto del positivismo logico si legge: “La concezione scientifica del mondo è
caratterizzata non soltanto da tesi peculiari quanto, piuttosto, dall’orientamento di fondo, dalla
prospettiva, dall’indirizzo di ricerca. Essa si prefigge come scopo l’unificazione della scienza.
Suo intento è di collegare e coordinare le acquisizioni dei singoli
ricercatori nei vari ambiti scientifici. Da questo programma, derivano l’enfasi sul lavoro collettivo, sull’intersoggettività, nonché
la ricerca di un sistema globale di
concetti. Precisione e chiarezza
vengono perseguite, le oscure
lontananze e le profondità impenetrabili respinte. Nella scienza
non si dà ‘profondità’ alcuna;
ovunque è la superficie: tutta
l’esperienza costituisce un’intricata rete, talvolta imperscrutabile e spesso intelligibile solo in parte. Tutto è accessibile all’uomo e
l’uomo è la misura di tutte le cose. In ciò si riscontra un’affinità
con i sofisti, non con i platonici;
con gli epicurei, non con i pitagorici; con tutti i fautori del mon-
dano o del terreno. La concezione scientifica del mondo non conosce enigmi insolubili. Il chiarimento delle questioni filosofiche tradizionali conduce, in parte, a smascherarle quali pseudoproblemi; in parte, a convertirle
in questioni empiriche, soggette,
quindi, al giudizio della scienza
sperimentale. Proprio tale chiarimento di questioni e asserti costituisce il compito dell’attività filosofica, che, comunque, non
tende a stabilire specifici asserti
‘filosofici’. Il metodo di questa
chiarificazione è quello dell’analisi logica”. (H. Hahn, L. Carnap,
O. Neurath, La concezione scientifica del mondo, 1929)».
Quella di Russell è sempre stata una
morale libera, così come il suo anticonformismo era quasi una bandiera. Un uomo libero completamente, o
anche lui aveva qualche legame politico o morale che fosse?
«Buon erede di Jeremy Bentham
e di John Stuart Mill, Russell crede che ogni essere umano abbia
il diritto di aspirare e perseguire la
felicità. Egli si dimostra, di conseguenza, critico nei confronti di
tutte quelle morali tradotte in leggi per causare miserie e afflizioni agli individui. La morale cristiana piaceva poco a Russell che
la osteggiò a causa delle rigide
norme che non consentono all’essere umano un pieno e libero
vissuto sessuale e un modo non
reggimentato di esperire il matrimonio. Sono i diritti civili e umani di tutti a premere a Russell,
perché questi diritti ci rendono
liberi. L’anticonformismo russelliano era certo un segno di grande libertà, una libertà che ha sem-
pre concesso al filosofo di guardare con occhi acuti i suoi legami con i potenti, nella consapevolezza però che tra i primi potenti ci sono intellettuali e scienziati. È il dubbio a muovere gli intelletti e stando a Russell: “La causa principale dei problemi è che
al mondo d’oggi gli stupidi sono
strasicuri, mentre gli intelligenti
sono pieni di dubbi”».
Contrario al nucleare, tanto che fu arrestato, processato e condannato a
una settimana di prigione. Russell fu
un vero idealista?
«Sul nucleare Russell ha qualche
esitazione: nel 1948 si dichiara a
favore di un attacco nucleare contro l’Unione sovietica, mentre nel
1955 viene presentato il “Manifesto Russell-Einstein” dove il filosofo e lo scienziato scrivono:
“Nella tragica situazione che affronta l’umanità, noi riteniamo
che gli scienziati dovrebbero riunirsi in un congresso per valutare i pericoli che sono sorti come
conseguenza dello sviluppo delle armi di distruzione di massa e
per discutere una risoluzione nello spirito della seguente bozza di
documento. Non stiamo parlando, in questa occasione, come
membri di questa o quella nazione o continente o fede religiosa,
ma come esseri umani, membri
della specie umana, la cui sopravvivenza è ora messa a rischio”. A
causa di una manifestazione londinese a favore del disarmo nucleare, sei anni dopo Russell è stato processato e condannato a una
settimana di prigione. Un vero
idealista? No, si è trattato di semplice coerenza tra le sue idee e le
sue azioni».
F. M.
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