pag 32 - Una serata fra le stelle

Voci dal Sud
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AnnoVII° nr. 8 Agosto 2011
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Una serata ... fra le stelle
Le “stelle cadenti”
Vincenzo Megna
Le stelle cadenti, o più propriamente meteore,
sono frammenti di roccia cosmica molto piccoli
(dell’ordine di un granello di sabbia) che, penetrando nell’atmosfera terrestre, bruciano disintegrandosi. In media la loro velocità è di 70 km/
secondo e la loro altezza è di 100 chilometri. In
ogni notte è possibile notare qualche meteora, ma
in alcuni precisi periodi dell’anno il loro numero
aumenta considerevolmente. Si parla allora di sciami
meteorici, i
più famosi dei
quali sono le
Perseidi o
Lacrime di
San Lorenzo
(27 luglio – 17
agosto; massimo 12 agosto) e le Geminidi (9 – 13 dicembre).
Alla fine dell’Ottocento, l’astronomo italiano
Schiaparelli scoprì la relazione tra sciami meteorici
e comete. Queste ultime infatti disperdono lungo
la propria orbita frammenti e polveri: la Terra,
muovendosi attorno al sole, incrocia l’orbita delle
comete sempre nella stessa data e di conseguenza va incontro alla “nube” di polveri sempre nello
stesso periodo dell’anno.
Osservando nel corso di una intera notte uno
sciame di meteore, si può notare che esse sembrano provenire tutte da un punto preciso del cielo. In realtà le loro traiettorie sono parallele; si
tratta di un effetto prospettico simile a quello della pioggia che cade sul vetro di un’auto in rapido
movimento. Il nome dello sciame deriva proprio
da quello della costellazione da cui appaiono provenire prospetticamente: Perseo per le Perseidi, i
Gemelli per le Geminidi.
Per quanto riguarda le Perseidi, nostro oggetto
di indagine stasera, va detto che nel momento di
massimo (previsto per le ore 01.30 del 13 ago-
sto) possono arrivare al numero di un centinaio di
meteore per ora, ma solo a patto che non vi sia la
luna né alcuna fonte di luce naturale o artificiale e
che il cielo sia eccezionalmente limpido e terso.
In ogni caso l’osservazione delle meteore può
avvenire molti giorni prima e dopo del massimo,
sia pure a frequenze più basse.
Considerato che l’osservazione ideale dovrebbe protrarsi per ore, è sconsigliabile effettuare le
osservazioni con il naso all’insù ed in piedi o
accovacciati sul terreno; molto meglio è sistemarsi
su una sedia con schienale reclinabile e braccioli
(la classica sedia a sdraio serve ottimamente allo
scopo).
L’importanza del buio
Partiamo dalla considerazione che per gustare
veramente le meraviglie del cielo è necessario,
oltre ad un cielo limpido e buio, anche un tempo
di almeno venti minuti per consentire all’occhio di
adattarsi all’oscurità. La nostra retina, infatti, in
condizioni di
bassa luminosità produce
un pigmento
detto porpora
retinica che è
in grado di potenziare moltissimo la capacità di vedere oggetti debolmente luminosi (caratteristica preziosissima in
astronomia), ma tale porpora agisce in maniera
graduale e, fatto ancor più importante, viene distrutta dall’esposizione alla luce intensa: infatti una
persona che passa da una stanza ben illuminata
ad un giardino privo di luci è, per alcuni secondi,
praticamente cieca. È importante dunque che durante le osservazioni non siano presenti fonti di
luce, anche perché la sensibilità dell’occhio continua a crescere man mano che il tempo passa. È
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sorprendente scoprire quante stelle e corpi celesti l’occhio
può scorgere dopo
essere stati per lungo tempo nell’oscurità: una realtà ben
nota a tutti i nostri
antenati, ma che
l’uomo moderno,
ossessionato dall’illuminazione elettrica
sempre e ovunque, ha perduto per sempre.
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della costellazione dell’Aquila. Fra l’Aquila e il
Cigno, due piccole costellazioni, il Delfino e la
Freccia. La zona di cielo del Cigno è solcata dalla
Via Lattea e scorrazzare con un semplice binocolo in una sera buia è un’esperienza affascinante: si aprirà ai nostri occhi un panorama sterminato di stelline deboli e nubi cosmiche.
Fra la Corona Boreale e la stella Vega è possibile scorgere un piccolo trapezio di stelle: è la
parte centrale della costellazione di Ercole. Sotto di lui, più confusa, è la costellazione dell’Ofiuco
che tiene il Serpente. A loro volta, sotto Ofiuco
e vicine ormai all’orizzonte, sono due belle costellazioni: il Sagittario, dalla forma a teiera, e lo
Una guida al cielo estivo
Le costellazioni sono raggruppamenti apparenti di stelle, che indicano figure mitologiche, animali, oggetti vari, ma che non hanno nessuna rispondenza con la realtà ed hanno unicamente natura prospettica: se noi potessimo spostarci lontano dalla Terra, su qualche altra stella, noteremmo che i raggruppamenti di stelle cambiano notevolmente. In ogni caso l’uso delle costellazioni è
utilissimo per orientarsi in cielo e, del resto, gli
stessi astronomi continuano ad usarle per individuare gli oggetti celesti.
Cominciamo guardando verso nord: non troppo alto sull’orizzonte si noterà il classico “tegame” del Gran Carro, che non è altro che la parte
più luminosa della costellazione dell’Orsa Maggiore. Il “manico” del Carro, se prolungato in
modo immaginario, va a finire su una stella luminosa, di color giallo arancio: è Arturo, la stella
principale della costellazione del Bifolco o
Bootes. Si tratta di una costellazione facile da individuare, perché sembra un grosso aquilone con
Arturo posto nel suo punto più basso. All’interno
dell’arco del Gran Carro, è presente invece la piccola costellazione dei Cani da Caccia: sul fianco
sinistro del Bifolco è presente invece, come un
piccolo arco di stelle, la costellazione della Corona Boreale.
Le due stelle interne del Carro puntano invece,
in prossimità dello zenit (cioè sopra la nostre teste), verso una stella molto luminosa: Deneb, del
Cigno. Essa è una dei tre vertici del grande triangolo estivo, formato anche dalla luminosissima
Vega (praticamente allo zenit), stella principale
della piccola costellazione della Lira e da Altair,
Scorpione, forse una delle poche costellazioni
che nella forma assomiglia davvero al soggetto
da cui trae il nome. Se il corpo centrale di Ercole
è importante perché ospita un luminoso ammasso globulare, interessante da guardare già con un
piccolo telescopio, il Sagittario è da segnalare perché nella sua area giace il centro della Via Lattea
e dunque è una zona ricca di stelle, nebulose ed
ammassi. Lo Scorpione è dominato dalla luminosa e quasi rossastra Antares, così chiamata perché rivaleggia in colore con Marte (Ares in greco).