la saga dei serbelloni - Sistema Bibliotecario Milano Est

LA SAGA DEI SERBELLONI
Convegno
Auditorium di via Montenero - Gorgonzola
17 novembre 2012 – ore 9 -13
L’associazione culturale Concordiola , istituita nel 2011 allo scopo di valorizzare Gorgonzola e la Martesana attraverso la
cultura del territorio, invita a questa giornata di studio su una delle più importanti casate italiane, che a partire dal 1521
ha segnato profondamente la storia e lo sviluppo urbanistico di Gorgonzola.
Sei relatori, noti per competenza e doti comunicative, trattano alcuni temi tra i più interessanti della storia moderna tra
XVI e XIX secolo, offrendo al pubblico notizie nuove, interessanti spunti di riflessione e stimoli per approfondire l’affascinante conoscenza della storia.
La manifestazione, che ha luogo nelle pertinenze rustiche del
palazzo di campagna dei Serbelloni, dà agli ospiti provenienti
da fuori città l’opportunità di vedere gli altri importanti edifici
ottocenteschi voluti dalla famiglia, come la chiesa parrocchiale
progettata da Simone Cantoni, l’Ospedale, il parco romantico
annesso al palazzo.
Nel corso del convegno si aprono le iscrizioni per la visita guidata
a Palazzo Serbelloni di Milano, progettato da Simone Cantoni,
simbolo dello sfarzo e dell’importanza raggiunta dalla famiglia
a fine XVIII secolo, recentemente aperto al pubblico dopo il restauro delle sale napoleoniche.
PROGRAMMA
Ore 9,00: Registrazione dei partecipanti
Ore 9,30: Gabrio Serbelloni ingegnere militare tra Mediterraneo e Fiandre (Marino Viganò, Laboratorio
di Storia delle Alpi, USI, Lugano)
Ore 10,00:L’emergenza peste a Inzago e Gabrio Serbelloni
(Fabrizio Alemani, Associazione studi storici di
Inzago e della Martesana)
Ore 10,30: I Serbelloni e “il mondo nuovo”: dall’apogeo
alla dissoluzione (Fiorella Cerini, Scuola media
G.Ungaretti, San Giorgio su Legnano)
ore 11,00: Pausa caffè
ore 11,15: Maria Vittoria Ottoboni Serbelloni tra passioni
letterarie, reti amicali e interessi culturali (Cinzia Cremonini, Università Cattolica di Milano)
ore 12,00: Il ruolo di Gian Galeazzo nella Repubblica Cisalpina e il suo mecenatismo (Elena Riva, Università Cattolica di Milano)
ore 12,30: Il mausoleo della famiglia a Gorgonzola (Marco
Cavenago, storico dell’Arte).
ARGOMENTI
Gabrio Serbelloni ingegnere militare tra Mediterraneo e Fiandre
Nato a Milano nel 1509 da Giovanni
Pietro e da Elisabetta Rainoldi, morto
a Milano nel 1580, il condottiere e
ingegnere militare Gabrio Serbelloni compendia nella lunga – per gli
standard del tempo – sua biografia i
caratteri tipici del soldato al servizio
di varie potenze in un’età di conflitti. Sia fra «civiltà» contrapposte, cristiana e musulmana, sia all’interno
della «cristianità». Dagli esordi della
«guerra di Musso» al servizio del cugino Gian Giacomo de’ Medici il «Medeghino» (1528-’32) alle campagne
del Piemonte per Carlo III di Savoia
(1536), dalla spedizione in Ungheria
per Ferdinando I d’Absburgo (1541’42) a quelle di Germania per Carlo
V (1544-’47), dalla guerra di Parma
a quelle di Francia e di Siena (1551’55), il suo apprendistato militare lo
porta a contatto con le personalità e
i teatri bellici di livello europeo. Seguono anni di attività nell’ingegneria, a munire le fortezze del ducato
di Toscana (1556-’59), dello Stato
pontificio (1560-’65), dello stato di
Milano, di Sicilia e dei Cavalieri gerosolimitani (1565-’66). Presente nelle
fasi iniziali della repressione delle
rivolte di Fiandra (1567-’68), si trova
alla giornata di Lepanto (7 ottobre
1571), all’assedio di Tunisi (1573).
Prigioniero dei turchi (1574-’75), riscattato, partecipa ancora in età avanzata all’assedio di Maastricht (1578).
Attraverso la sua vita e opera, più
che i casi personali di un’epica quasi
cervantina si fanno evidenti dunque
i tratti di una «professione» di respiro
internazionale e i caratteri geopolitici
di mezzo secolo di tensioni e scontri
sul campo.
Marino Viganò (Varese 1961): laureato in Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano, ha conseguito nel 1997 il dottorato di ricerca in
storia militare presso l’Università
di Padova e il postdottorato all’Accademia di Architettura presso l’Università della Svizzera Italiana di
Mendrisio. Svolge ricerche sulla storia delle relazioni internazionali, la
storia contemporanea e l’architettura militare, ha curato diversi volumi e saggi sulla storia del fascismo
e della seconda guerra mondiale,
specie sul periodo 1943-45.
E’ ricercatore associato presso il Laboratorio di storia delle Alpi, USI,
Lugano.
Scultore lombardo
Gabrio Serbelloni
Paolo Veronese
La battaglia di Lepanto
L’emergenza peste a Inzago e Gabrio Serbelloni
Le pandemie di peste in Europa colpirono le popolazioni a
partire dal 1348 e afflissero per tre secoli i diversi Stati con
effetti rovinosi su ogni piano: demografico, economico,
sociale, politico, artistico e religioso. Nel tempo, il sistema
di Sanità pubblica estese progressivamente il proprio controllo su aspetti diversi della società al fine di prevenire e
contenere l’incubo della contagiosità del morbo. La documentazione civile e religiosa ci descrive la virulenza della
peste, detta di san Carlo (1576-1577), in Martesana e in
particolare a Inzago dove, secondo stime, l’incidenza della mortalità fu particolarmente elevata arrivando a colpire
oltre il 50% della popolazione.
Di fronte a situazioni eccezionali, si ricorreva a figure carismatiche in grado di riuscire a imporre le pesanti misure
di profilassi e di limitazione ai commerci e agli spostamen-
ti finalizzate ad arginare il contagio. Il 18 settembre 1576
il Presidente e i Conservatori della Sanità di Milano delegarono i loro poteri a Gabrio Serbelloni “nela Terra di
Gorgonzola”.
Un uomo d’armi, abituato a comandare eserciti, ormai anziano e colto in una pausa di relativa pace al rientro dalla
prigionia di Istanbul, fu incaricato di affrontare un nemico
subdolo e invisibile su di un territorio a lui caro.
Fabrizio Alemani: laureato in Scienze politiche presso l’Università Cattolica di Milano, socio fondatore
dell’Associazione di studi storici di Inzago e della Martesana, redattore della rivista on line “Storia in Martesana”, ha pubblicato varie ricerche su Inzago, suo
luogo di residenza.
Maria Vittoria Ottoboni Serbelloni tra passioni
letterarie, reti amicali e interessi culturali.
Maria Vittoria nasce a Roma nel 1721
da Marco Ottoboni, appartenente a
una famiglia della nobiltà veneta, i duchi di Fiano, trasferitasi a Roma al seguito di Alessandro VIII (1689-1691),
uno dei papi più nepotisti della storia
pontificia. Vittoria sposa a vent’anni il
duca Gabrio Serbelloni, nato nel 1693,
dal quale, dopo i primi anni di matrimonio, vivrà separata. Donna di forte
personalità e grandi ambizioni, contribuì al dissolvimento del patrimonio familiare per la sua liberalità a favore del
proprio circolo culturale. Coltissima e
di idee molto avanzate, visse separata di
fatto dall’anziano marito, rischiando la
pubblica esecrazione per la sua relazione con Pietro Verri.
Giuseppe Rovani, nel capitolo VII del
suo romanzo Cent’anni,così immagina l’atmosfera del salotto milanese di
Maria Vittoria: “V’erano l’abate Parini,
Pietro Verri, Paolo Frisi, Cesare Becca-
ria, il segretario Cesare Larghi, la sorella
di Gaetana Agnesi, la non meno rinomata Maria Agnesi, la sola compositrice di musica drammatica ricca di fantasia e di dottrina; il pittore Londonio, il
tormento dei preti, dei frati, dei vecchi.
Parini e Verri si stimavano vicendevolmente, ma si temevano forse più di
quello che si amassero. Mentre Parini
tuonava, il conte Verri era impegnato
in un discorso con la marchesa Ottoboni, alla quale proponeva, essendo essa
letteratissima, di tradurre il teatro francese applaudito, ovvero le ottime commedie di Molière, per tentare di purgare anche il teatro comico a Milano dalla
scipita laidezza ond’era contaminato.
In altra parte Cesare Beccaria, seduto
solo, anzi sdraiato su d’un canapé, già
annoiato dal peso della sua precoce
corpulenza e dalla gloria che non aveva cercato, dissimulava, sotto l’aspetto Maria Vittoria Ottoboni Sebelloni –
collezione privata
d’una indolenza invincibile.”
Il ruolo di Gian Galeazzo nella Repubblica
Cisalpina e il suo mecenatismo
Il primogenito di Maria Vittoria,
Gian Galeazzo, non ereditò dalla
madre la vivida intelligenza ma l’
ambizione di protagonismo che
lo portò a spendere a piene mani
pur di essere sempre al centro
della scena. Ossequioso verso i
potenti di turno, fu cattolico zelante e giacobino, tradizionalista
e illuminista, pur di essere sempre
sulla scena. Si disinteressò dell’integrità del patrimonio e del proseguimento biologico del casato:
ebbe un figlio illegittimo che non
riconobbe e portò la famiglia ad
essere citata in tribunale. Durante il periodo napoleonico, investì in spese di rappresentanza per
ospitare Napoleone, fare parte
della Municipalità e essere infine
nominato ambasciatore a Parigi
Cinzia Cremonini: laureata presso l’Università Statale di Milano, ha svolto presso
il medesimo ateneo il Dottorato in Storia della Società europea presentando
nel 1998 una tesi dal titolo “Tra Austria
e Borbone. Il governo di Milano nell’ultimo ventennio spagnolo (1686-1706)”.
Dal 2005 è professore associato di Storia
Moderna dalla Facoltà di Scienze della
Formazione presso l’Università
Cattolica di Milano.
della Repubblica Cisalpina. Nel
1775 Gian Galeazzo diede inizio
alla costruzione del grandioso palazzo cittadino di Porta orientale,
affidando l’incarico all’architetto Simone Cantoni: lì nel 1796
ospitò per tre mesi Napoleone e
la moglie Giuseppina durante la
sua prima permanenza a Milano.
Fu anche il grande mecenate di
Gorgonzola, dotandola per lascito
testamentario della monumentale chiesa parrocchiale accanto
al mausoleo della famiglia, della
piazza del mercato e del grandioso
ospedale.
Elena Riva: laureata nel 1991 presso
l’Università degli Studi di Milano,
ha conseguito il titolo di dottore di
ricerca con la tesi: “La riforma im-
perfetta. Milano e Vienna alla fine
del Settecento. Aspetti politici e amministrativi 1789-1796”. E’ professore associato presso il dipartimento
di Storia moderna e contemporanea
presso la facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università Cattolica di Milano, sede di Brescia.
Gio. Galeazzo Serbelloni – incisione di R. Albertolli (1797)
I Serbelloni e il “Mondo Nuovo”: dall’apogeo alla dissoluzione
La morte del Duca Gabrio II Serbelloni nel 1774 segnò per il potente casato milanese la fine di un’epoca gloriosa e florida e aprì una fase di lotte
intestine e di irreversibile decadenza
economica e sociale fino alla estinzione della stessa famiglia nel 1918.
L’apertura della procedura di successione innescò, infatti, una vera e
propria guerra familiare: modernità e tradizione si incarnarono nella
vedova Vittoria e nei figli Gian Galeazzo e Marco, che costituirono
l’ala liberale, illuminista, aperta alle
nuove idee, e in Alessandro e Fabrizio, eredi del fervore militare, della
fedeltà all’Impero e alla tradizione
dell’oligarchia patrizia. Lunghi anni
di cause civili, insulti reciproci, disprezzo, coinvolsero i discendenti e
i professionisti incaricati di perizie e
valutazioni nel bel mezzo di eventi
storici travolgenti e rivolgimenti politici e socioeconomici.
Il patrimonio conteso era immenso e
valutabile intorno agli otto milioni di
lire imperiali, essendo costituito da
tenute agricole nel territorio milanese, in Piemonte e nel Veneto (4400
ettari), a cui si dovevano aggiungere
osterie, palazzi e ville lacustri, filande, mulini, immobili a Roma e depositi di capitali all’estero, due palchi
teatrali, gioielli, libri, porcellane,
quadri, statue e monete... Le spese
giudiziarie, i cattivi amministratori,
gli interessi sulle ipoteche, le pretese
di lusso e grandezza del ramo principale della famiglia, quello disceso
da Alessandro, iniziarono inesorabilmente a minare questa enorme fortuna.
Ridimensionati progressivamente in
campo politico, guardati con sufficienza e commiserazione dai contemporanei, i Serbelloni si avviarono con
la generazione successiva a perdere
anche il desiderio di protagonismo
e il senso di attaccamento alla casata
e al patrimonio, limitando la mani-
festazione dell’antica grandezza alle
iniziative caritatevoli ed assistenziali,
come già del resto fecero gli eredi di
Gian Galeazzo, nella continuità di un
“esser Serbelloni” che si identificava
ancora con il saper spendere magnificamente. Solo nel 1906 Marianna
Serbelloni, discendente di Marco, riuscirà ad estinguere l’ultima ipoteca,
ma il prezzo pagato era immenso: la
dissoluzione del grande patrimonio,
a cui farà seguito, nel 1918, la morte
dell’ultimo “vero” Serbelloni: era ciò
che Alessandro nel testamento del
1826 aveva augurato ai suoi “nemici”:
l’estinzione del nome.
Fiorella Cerini: laureata nel 1993
presso l’Università degli Studi di
Milano con la tesi: “Una famiglia e
un patrimonio tra XVIII e XIX sec.:
i Serbelloni”. Attualmente è docente
presso la Scuola media G. Ungaretti
di San Giorgio su Legnano.
Il mausoleo Serbelloni a Gorgonzola: raffinata espressione del
sentimento illuminista
Nel 1775, a poco più di un anno dalla morte del padre
Gabrio, Gian Galeazzo Serbelloni commissionò a Simone
Cantoni la costruzione di un mausoleo di famiglia a Gorgonzola. L’edificio fu terminato entro il 1776 ed era solo
il primo degli interventi che il nuovo duca aveva in programma di realizzare a Gorgonzola: un mercato coperto,
una nuova chiesa parrocchiale, la ristrutturazione e l’ampliamento della sua residenza.
L’edificio del mausoleo esprime la partecipazione della
committenza e dell’architetto al dibattito illuminista sul
tema della sepoltura, nonché la precoce adesione alle
nuove disposizioni emanate in materia dal governo austriaco. L’intero complesso rivela una profonda riflessione
sul tema del sepolcro come luogo dove si esprimono gli
affetti e le speranze legate alla morte e alla resurrezione.
Vi si conservano, inoltre, dei rari dipinti murali di soggetto
sacro del ticinese Domenico Pozzi, solitamente attestato
come autore di decorazioni mitologiche in molte ville e
palazzi realizzati dal conterraneo Cantoni.
Marco Cavenago: storico dell’Arte. La sua tesi sulla chiesa
parrocchiale di Gorgonzola è stata pubblicata nel 2011.
Il mausoleo Serbelloni a Gorgonzola (1775), arch. Simone Cantoni
Stemma dei Serbelloni-Castello Melegnano
Nel 1497 Cecilia Serbelloni sposa Bernardino Medici,
avendo 10 figli, tra i quali Gian Giacomo, detto il
Medeghino, e Giovan Angelo, papa Pio IV.
Con il patrocinio di:
Assessorato Cultura ed Eventi
Si ringrazia:
EROS Gioielli
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