L’argomento CAPIRE IL MONDO DEI VIVENTI GUARDANDO UNA FOGLIA Silvia Caravita* Michela Devo confessare che nel mio lavoro con gli insegnanti della scuola elementare per approfondire aspetti della conoscenza biologica e per progettare attività da proporre ai bambini, ho privilegiato il rapporto con animali e animalini. Questo è senz’altro legato a mie preferenze e conoscenze personali, ma anche alla convinzione che la relazione emotiva con il mondo animale, che facilmente i bambini stabiliscono, sia un buon veicolo di comprensione dei modi e delle forme di vita degli altri esseri. Inoltre la sfida a toccare, a tenere in classe e prendersi cura di piccoli animali che si trovano nei prati mi sembrava un buon modo per far uscire l’insegnamento dalle routines che prevedono la germinazione delle lenticchie nell’armadio o il riconoscimento delle foglie degli alberi per dare loro un nome. Sono stata però partecipe di esperienze didattiche molto produttive e coinvolgenti che hanno riguardato il mondo delle piante e desidero quindi riproporre all’attenzione alcune attività e riflettere sul significato che possono avere per bambini agli inizi del loro percorso scolastico. È una foglia vera o finta? L’insegnante di una prima elementare ha portato in classe un sacchetto contenente molte foglie fresche di piante molto diverse, alcune anche * Istituto di Psicologia, CNR, Roma profumate, come quelle del Pelargonio. Chiede ad ogni bambino di chiudere gli occhi e di mettere una mano nel sacchetto, di frugare e toccare per capire cosa c’è nel sacchetto, senza però dirlo, di scegliere una cosa ed esplorarla con le mani. Ognuno poi disegna l’oggetto che pensa di avere sentito nel sacchetto. I diversi disegni che rappresentano foglie, più o meno stereotipate, sono confrontati, in parte raggruppati per somiglianza, e i bambini vengono invitati a dire come hanno fatto a capire che erano foglie: “Stiamo lavorando come gli investigatori, per indizi”. Sono poi intervenuta io, da biologa collaboratrice “esperta” della classe, con una prima provocazione “Non è vero che nel sacchetto c’erano foglie vere, erano tutte finte! Sto dicendo la verità o vi sto imbrogliando? Come si fa a dire se erano vere o finte?”. Una minoranza dei bambini sostiene che le foglie che ha sentito con le mani erano vere perché: - “somigliano a quelle che ho a casa”; - “mi ricordano foglie che conosco”; - “sono come la mimosa che abbiamo toccato”; - “e allora perché odoravano (se sono finte)?”. La maggioranza sostiene che sono finte e dice: - “sono liscissime”; - “sono molto leggere, quelle vere poi si staccano e quelle finte invece no”; - “il rametto era troppo liscio”; - “mi ha convinto la professoressa”; - “l’ho capito ma non lo so spiegare”; - “ci sono tante foglie sotto casa, certe volte con i miei amichetti le 2 aprile 2001 andiamo a prendere, sono lisce”; - “non mi sono basata sull’odore perché la professoressa ha detto che gli odori si possono mettere anche finti”. Intervengo con una seconda provocazione tirando fuori dal sacchetto due foglie, una è una foglia di albero di limone e un’altra è una foglia molto simile ma artificiale. Chiedo: “Allora, sono finte o sono vere?”. I bambini si passano le foglie e man mano che rispondono alla domanda giustificano il loro giudizio: - “quella è come se è cucita”; - “questa è stata strappata da una pianta che è finta perché l’ho vista, questa è ruvida”; - “perché questa (quella finta) qui ha un po’ di filetti, mi fanno pensare che questa foglia è stata cucita”; - “mi ricorda la seta, l’altra la plastica”; - “questa (quella di limone) non è stata cucita, però...”; - “è di stoffa, è sfilacciata”; - “è finta perché se la pieghi (quella di limone) non si rompe e dopo torna come prima”. La scelta della foglia di limone, regolare, liscia, un po’ “plastificata”, era stata fatta proprio per rendere più intrigante la valutazione. L’insegnante distribuisce tutte le foglie del sacchetto che vengono guardate, palpate e le scoperte sono condivise: “C’è l’acqua! Esce l’acqua! Perché l’acqua va dentro per crescere”. Si riguardano poi di nuovo le due foglie, quella artificiale e quella vera di limone, e le valutazioni si arricchiscono di altre ragioni: L’argomento - “non ha le righette per far entrare l’acqua”; - “è vera perché quasi quasi si è spezzata”; - “è finta perché è il verso che è strano... è come velluto”; - “non si piega, torna indietro”; - “non si rompe”; - “quelle che si spezzano però potrebbero essere finte. Questa è vera però non si spezza... è vera o è finta? non lo so...”; - “tutte le razze di foglie... ognuna si spezza in un modo”; - “vedo dei peli piccoli attaccati ai rametti da tutte le parti”; - “si vede dentro la foglia”. Infine un bambino tira e sfilaccia la foglia artificiale che mostra i fili della trama ed esplode una esclamazione di sollievo: “È finta!!!!”. Rimane però ancora qualche ragionevole dubbio: anche quella di limone potrebbe essere finta!! In questi casi l’esplorazione degli investigatori deve allargare il campo d’azione: cercare sia piante artificiali sia piante vere e osservare meglio le caratteristiche delle foglie. I bambini hanno poi disegnato ognuno una foglia scrivendo dietro il foglio le loro osservazioni, come ad esempio: - “la foglia ha una cosa rossa e mi sembra il sangue. La foglia ha i fili”; - “perché il sopra della foglia è ruvido e anche perché il bastoncino è pieno di spine. Il bastoncino della foglia è attacato alle righe. A una foglia ho odorato”; - “ho spezzato la foglia e ho visto della roba verde e questo verde sta nelle foglie vere. Poi ho cambiato idea e ho detto i fili non sono bagnati e penso che è falsa”; - “ha un contorno che molte foglie hanno. Ti imbroglia la foglia al sopra non punge ma al sotto sì”; - “davanti è verde chiaro e dietro è verde scuro”; - “il sotto odora un po’ e invece il sopra non odora”; - “la foglia è verde e dietro è con delle macchioline rosse e odora molto e ha dei strappi e a dei fili però non è finta anche se sembra finta”; - “dentro c’hano i fili e non sappiamo di quale materiale è fatto”; - “mi sembrava questa foglia del bruco dell’asilo”; - “alle foglie ci stanno dei tubi che gli passa l’acqua e c’hano le spine e profuma”; - “la foglia c’ha qualcosa di strano c’ha troppe righe. I disegni mostrano con quanta attenzione per i particolari e cura nel riprodurli sono stati fatti e quanto si discostano dai comuni disegni di foglie fatti a memoria e non con il preciso scopo di capire, di interrogarsi sulle caratteristiche di forma e struttura. Questo stimolo iniziale, proposto anche sulla base di una certa improvvisazione, si è rivelato particolarmente indovinato al di là delle attese. È stato molto produttivo nel provocare una sorta di straniamento rispetto a ciò che è esperienza quotidiana non riflettuta e ha messo al centro un problema non da poco: su cosa basiamo il riconoscimento di ciò che appartiene al mondo vivente? Quali caratteristiche sono più de- Elisa 3 aprile 2001 cisive e insieme a quali altre? In che modo certe caratteristiche si mantengono pur nella grande diversità delle forme che colpiscono il nostro sguardo? E poi anche: di quali caratteristiche tiene conto la riproduzione della realtà per essere convincente, ma quali e quante altre ne trascura? Indubbiamente il successo di questa attività è stato legato anche alla partecipazione di un adulto esterno alla classe e con una particolare “autorevolezza” riconosciuta dai bambini, oltre che dal carattere giocoso della proposta. A questo proposito vorrei aggiungere due osservazioni. Una riguarda l’efficacia nel processo di trasmissione culturale di interazioni con persone portatrici di competenze specifiche, che divengono familiari ai bambini per una consuetudine di visite ripetute nel tempo e che intervengono in modo mirato e concordato con l’insegnante. L’altra osservazione riguarda l’uso del gioco come strategia didattica. Sono convinta che affinché questa scelta sia efficace non deve essere una specie di stratagemma per “imbrogliare” e per non far accorgere che si sta facendo un lavoro, ma deve esserci una forte coerenza tra l’obiettivo del gioco e quello educativo e deve avere una delle caratteristiche autentiche del gioco, cioé mettere alla prova le capacità dei giocatori che devono sentirsi sfidati. Quella mattinata di attività ha avuto un seguito e molte altre cose sono state fatte e dette per costruire giudizi “informati” sulle piante come viventi. Si è capito che quelle vere si riconoscono anche perché hanno i buchi lasciati dagli insetti che le mangiano e hanno un tipo di struttura interna particolare che si rivela quando si tenta di strappare, di rompere: i fili che compaiono sono bagnati, non sono come quelli della stoffa. Inoltre una pianta rivela punti di elasticità, punti di fragilità, punti pieghevoli, e punti di appoggio o di attacco per altre parti. Ci si è accorti che non soltanto nella foglia, ma nell’intera pianta c’è una L’argomento Laura trama interna di canalini e che questa somiglia all’ombra proiettata a terra in inverno dagli alberi spogli ma anche alla rete che si vede in trasparenza nel rosa quando si mette una mano davanti ad una luce forte. E il gioco del “uguali e non uguali” può essere ripetuto in molte situazioni con vari oggetti naturali, ma, come dice Ma., “ce ne volevano almeno due altrimenti non si potevano dire le parole uguale, non uguale”. Ripensando al lavoro dell’anno passato insegnante e bambini ricordano: Ma.: “ci hai detto che fino a un certo punto c’era qualcosa di uguale e poi...”. An.: “abbiamo visto che anche le mani hanno i canalini e ci siamo messi a lavorare sui canalini delle piante”. Lu.: “sono d’accordo, perché si possono vedere delle cose anche da una mano alle piante”. An.: “abbiamo capito anche delle diversità perché nelle vene ci passa il sangue e nei canalini ci passa l’acqua”. Si.: “quando guardi la mano i canalini non sono solo...”. Insegnante: “e allora cosa abbiamo dovuto fare?”. Tante voci: “IMMAGINARE!!”. Ma.: “secondo me sono sicura che... ma in tutte le cose possiamo trovare un uguale e un non uguale... anche in cose molto diverse”. Em.: “come quando avevamo portato le piante e noi scrivevamo che non era successo niente e invece succedeva qualcosa anche se non vedevamo”. Ma.: “come gli insetti stecco, che certi fanno la muta e certi no”. Insegnante: “che vuoi dire? è sempre nell’argomento?”. Ma.: “bé, non tanto. Alcune volte pensavo a due cose... per esempio un vocabolario e una lavagna e pensavo che tutte le cose avevano una sola cosa che le metteva insieme...”. Insegnante: “per esempio?”. Ma.: “sono nel mondo”. Em.: “come noi che siamo nati nella pancia della madre anche se non dalla stessa madre”. Insegnante: “è più importante cercare l’uguale o il non uguale? e perché?”. Va.: “tutte e due”. Lu.: “per me sembra più importante quello di cercare una cosa diversa perché se tu prendi due cose uguali... supponiamo un fiore allora per non fare tanta fatica ne prendi un altro, mentre se prendi...”. Fr.: “se tu pigli due fiori però non possono essere tanto uguali...; della stessa famiglia però magari di altezza...”. An.: “per me sono importanti tutte e due... se fai un ragionamento sull’uguale e quelle cose ti possono interessare, ma trovi delle cose non uguali e sono importanti”. Vega Ecco, dunque, lo sviluppo di ragionamenti importanti perché costruiscono pensiero non di tipo classificatorio sulle cose del mondo, ma capace di accogliere la gradualità, l’assenza di confini non nettamente tracciabili, la flessibilità di appartenenza secondo i criteri che si adottano, secondo la prospettiva. La ricerca di somiglianze e differenze non può riguardare solo le grandi categorie, ma deve cimentarsi e raffinarsi nel riconoscimento delle tante variazioni che sono legate alla individualità di ogni vivente e al suo modellarsi in risposta alle specificità del 4 aprile 2001 suo ambiente e della sua personale storia. Quante grandi differenze finiscono per avvicinarsi in particolari circostanze e quante somiglianze divergono e si allontanano sotto pressioni ambientali! Ci si rende conto da questi ragionamenti come non sia affatto ovvia la distinzione tra vivente e non vivente se si esclude il criterio del movimento che è quello più appariscente ed espresso dai bambini quando si fanno loro domande un po’ banali, e come sia limitante liquidare con qualche classificazione di oggetti o con qualche scheda la costruzione di questo concetto. Consapevolezze costruite attraverso tacite esperienze sono presenti forse nella mente dei bambini fin dai primi anni, ma bisogna che possano tradursi in parole e in argomenti perché costituiscano fondamenta solide su cui altre conoscenze evolvono. Particolarmente utile per capire il vivente è un pensiero che sa fare uso dell’immaginazione per andare oltre l’evidenza immediata, visto che i viventi non si possono smontare come un giocattolo per capire come funzionano e che comunque conservano in strutture invisibili i loro meccanismi. Le piante si prestano meglio degli animali come oggetti sui quali agire anche in modo distruttivo, ma se insieme alla conoscenza si vuole far crescere il rispetto per gli altri organismi viventi sarà bene riflettere su cosa, quando e come togliere parti o estirpare dal terreno. C’è tanto da capire uscendo e guardando le piante nel loro ambiente! Ringrazio vivamente l’insegnante Costanza Raso e i bambini della sua classe per il contributo alle mie riflessioni sulla didattica della Biologia.