Tra due fuochi, quarta parte

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Di Fabio Calabrese
In politica, soprattutto quando si tratta di eventi funesti, la riprova di averci visto giusto non dà la
soddisfazione di “averci azzeccato”, ma piuttosto la rabbia per la cecità di coloro che ci stanno
intorno, e soprattutto di coloro che dovrebbero provvedere a tutelare la sicurezza dei propri
cittadini, e non si dimostrano più consapevoli di un qualsiasi uomo della strada, dimostrando una
volta di più di essere dei parassiti intenti a godersi tutti i privilegi della politica senza dare, in
cambio di essi, letteralmente nulla.
La catena di attentati islamisti avvenuta a livello internazionale venerdì 26 giugno sembra
confermare esattamente questo e, bizzarra coincidenza, essa, avvenuta proprio all’indomani della
pubblicazione su “Ereticamente” delle prime tre parti di questo saggio, sembra fatta apposta per
dare loro una tragica conferma.
D’altra parte, non è meno sorprendente l’atteggiamento pudibondo con cui si parla di “terrorismo
internazionale”, quasi si trattasse di una riedizione su scala planetaria delle Brigate Rosse, si evita
cioè di evidenziare il fatto che questa catena di violenze è prettamente di matrice islamica, come se
il fatto che l’islam sia – o proclami di essere – una religione, lo rendesse per questo automaticamente
rispettabile.
A questo riguardo vorrei essere estremamente chiaro, e se poi la mia opinione dovesse provocare il
risentimento di qualcuno, beh, sappiate che ci sono abituato: una religione che predica la violenza,
l’intolleranza, la persecuzione e lo sterminio degli “infedeli”, che odia la conoscenza, che impone la
segregazione della metà femminile dell’umanità, una religione che per di più è la bandiera di
un’invasione allogena che vuole sottomettere l’Europa cancellandone e sostituendone le radici
storiche ed etniche, di rispetto non ne merita alcuno.
Colpisce in particolare l’attentato contro la moschea sciita. Quella fra sunniti e sciiti è probabilmente
la più radicale frattura del mondo islamico, un po’ l’equivalente di quella fra cattolici e protestanti
all’interno del mondo cristiano, tuttavia l’odio manifestato dall’ISIS e dai suoi fiancheggiatori verso
gli sciiti equiparati “tout court” agli “infedeli” non mussulmani, è relativamente una novità.
La violenza dell’ISIS e dei gruppi terroristici che si richiamano al “califfato” islamico colpisce allo
stesso modo cristiani, sciiti, yesidi e curdi; alla base di essa c’è una visione livellatrice
profondamente tirannica: entro il suo dominio ci deve essere posto solo per arabi mussulmani sunniti
immuni da influenze occidentali e da qualunque cosa che non sia la più rigida ortodossia nella
religione del “Profeta”.
Occorrerebbe dire due parole sugli yesidi, una realtà religiosa assai poco conosciuta fuori dal Medio
Oriente. Gli yesidi, prevalentemente di etnia curda, sono talvolta conosciuti nel mondo “occidentale”
come “adoratori del diavolo”, il che genera l’impressione che possa trattarsi di una sorta di satanisti,
ma in realtà non si tratta che di un equivoco grossolano. Gli yesidi sono convinti che alla fine dei
tempi si realizzerà la completa vittoria del bene sul male, al punto che il diavolo stesso sarà redento.
Se c’è una religione che predica e pratica la tolleranza e la benevolenza verso tutti, in realtà è
proprio quella degli yesidi, e questo rende ancora più repellente la persecuzione di cui essi sono oggi
oggetto da parte dei fanatici sunniti dell’ISIS.
Non si può non nutrire il sospetto che in tutto ciò giochi un ruolo determinante piuttosto l’etnia che
non la religione, che quest’ultima sia in definitiva semplicemente una copertura: l’odio del sunnita
verso yesidi e sciiti, cioè dell’arabo verso curdi e iranici, non è che l’ultima versione aggiornata
dell’eterno risentimento del semita verso gli indoeuropei.
Fabio Calabrese
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Strano, vero? Il fanatismo sunnita dell’ISIS lo porta in rotta di collisione con la più grande nazione
sciita che – guarda caso – è anche la maggiore oppositrice del sionismo in Medio Oriente, ossia
l’Iran.
Altra stranezza, nel comunicato con cui l’ISIS ha rivendicato l’attentato alla moschea sciita, gli sciiti
sono stati definiti “negazionisti”, e sappiamo bene che questo termine è usato nella polemica
olocaustica. C’è di che intravvedere dietro “il califfato” lo zampino di Israele.
Il diavolo, dice un vecchio proverbio, fa le pentole ma non i coperchi, la verità occultata finisce per
tornare a galla quando meno lo si aspetta. Nelle parti precedenti di questo scritto abbiamo visto
quale sia oggi la situazione triste e pericolosa dei Balcani oggi vittime di un’islamizzazione che è una
conseguenza diretta del VERGOGNOSO E INFAME, non ci sono altre parole per definirlo, attacco
NATO contro la Serbia, del fatto che “l’Occidente”, ossia una serie di stati vassalli e pupazzi nelle
mani degli USA, si sia schierato dalla parte dei mussulmani.
Tralasciamo il fatto che recentemente, in occasione della cerimonia per il ventennale del massacro di
Srebrenica, che fu l’episodio che fornì il pretesto per l’intervento NATO, cerimonia che ha visto la
partecipazione delle autorità attuali degli stati della ex Jugoslavia, il presidente serbo, venuto a
portare il rammarico del suo popolo per quel triste episodio, è stato vittima di una vergognosa
gazzarra-aggressione da parte di attivisti mussulmani, a dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, di
come l’odio seminato allora ha messo profonde radici.
Questo episodio, il cannoneggiamento della città che provocò ingenti vittime tra i civili diede alla
NATO (cioè agli USA, non fingiamo che i membri europei di questa cosiddetta alleanza abbiano un
qualche potere decisionale) il pretesto per un intervento “umanitario” contro la Serbia, e già questo
sarebbe dovuto essere sufficiente per generare parecchi sospetti; infatti, da quando in qua la vita
umana, le vite dei civili, soprattutto se non yankee, per la politica americana hanno mai contato
qualcosa? Ci siamo dimenticati dei milioni di morti CIVILI, vecchi, donne e bambini causati dai
bombardamenti terroristici sulle città durante la seconda guerra mondiale, di cui sono stati vittime
l’Europa e il Giappone che alla fine ha dovuto subire un doppio olocausto nucleare? Che dire delle
centinaia di migliaia di bambini cambogiani deceduti per malnutrizione o malattie curabili a causa
dell’embargo imposto dagli USA per un ventennio, essendo la Cambogia colpevole di essersi liberata
grazie all’intervento vietnamita, della spaventosa dittatura dei Khmer filocinesi e “amici per
procura” di Washington, e dei bambini iracheni che per un quindicennio hanno subito la stessa
sorte? Tutte le volte che si parla di “motivi umanitari” alla base della politica di Washington,
possiamo essere sicuri che se gli esiti non fossero, come perlopiù sono, tragedie spaventose,
potremmo considerarli macabre barzellette.
Ma ecco finalmente la verità sulla strage di Srebrenica: a metà luglio ha cominciato a circolare in
internet la versione italiana di un articolo già comparso su “Russia News” il 24 febbraio di
quest’anno, e il suo contenuto è a dir poco sbalorditivo, si tratta di una sorprendente confessione del
politico bosniaco mussulmano e veterano della guerra civile nella ex Jugoslavia Ibran Mustafic. In
poche parole, il cannoneggiamento di Srebrenica non fu opera dei Serbi, ma degli stessi mussulmani
bosniaci, e fu la conseguenza di un accordo fra il presidente bosniaco Alija Izetbegovic e l’allora
presidente degli Stati Uniti Bill Clinton al preciso scopo di creare “il caso umanitario” che fornisse
un pretesto all’intervento NATO.
Si trattò di un esempio classico di quelle che nel gergo strategico-politico del Pentagono sono
chiamate operazioni di “False Flag”, cioè letteralmente, condotte sotto una bandiera falsa, il che
nella piratesca politica yankee, è una prassi piuttosto ricorrente, e probabilmente l’operazione di
False Flag più clamorosa condotta dagli USA, è stato proprio l’attentato dell’11 settembre 2001,
auto-attentato come l’ha definito Maurizio Blondet in un noto scritto.
Fabio Calabrese
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In questo caso, meglio ancora, perché “il lavoro sporco” si è potuto affidare ad altri. Noi potremmo,
naturalmente, dubitare che Izetbegovic fosse disponibile a far massacrare così facilmente i propri
concittadini e correligionari pur di provocare l’intervento NATO, ma nutrire un simile dubbio
significa non comprendere la reale personalità di quest’uomo che, nonostante le atrocità di cui si è
reso responsabile, si è potuto spegnere serenamente nel suo letto il 19 ottobre 2003. Presentato
falsamente come un uomo di pace, ed oggetto per questo di svariati riconoscimenti internazionali,
era invece un fanatico mussulmano che non avrebbe esitato a ricorrere ai mezzi più subdoli o atroci
pur di far avanzare l’islam nei Balcani o altrove, ma – mettiamocelo bene in testa – l’islam moderato
non esiste, tranne che nei cervelli dei buonisti benintenzionati e desiderosi di farsi ingannare e, ci
ritorniamo in dettaglio più avanti, nessun mussulmano potrebbe essere moderato senza contraddire
la parola del Profeta.
“Russia News” riporta alcune dichiarazioni di Izetbegovic sulle quali, appunto per costruire
un’immagine falsa di quest’uomo e della dirigenza bosniaca, ci si è finora ben guardati dall’attirare
l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale:
“Non ci sarà mai pace né coesistenza tra la fede islamica e le istituzioni politiche e sociali non
islamiche … Il movimento islamico può e deve impadronirsi del potere politico perché è moralmente
e numericamente così forte che può non solo distruggere il potere non islamico esistente, ma anche
crearne uno nuovo, islamico”.
Penso che siano affermazioni che si commentano da sole, a cui non occorrerebbe aggiungere altro,
tranne un punto: non c’è alcun motivo di pensare che questo modo di pensare, la volontà precisa e
dichiarata di sradicare tutto quanto non sia islam, se li lasceremo fare, resti confinata alla Bosnia,
alla ex Jugoslavia o alla Penisola balcanica.
A questo riguardo, un discorso sul quale bisogna tornare e che sarà bene approfondire, è quello
delle molte illusioni che circolano da noi riguardo all’islam. Premesso che, come abbiamo visto,
l’islam moderato non esiste, che gli islamici si mostrano moderati soltanto quando e là dove non
hanno i mezzi per imporre con la forza la propria supremazia, che un mussulmano che credesse
davvero alla coesistenza pacifica e al dialogo con le altre religioni, non sarebbe un mussulmano,
perché secondo le parole di Maometto il mondo non islamico è il “Dar Al Harb”, la “Casa della
guerra”, cioè ciò che deve essere conquistato e sottomesso all’islam; come ho spiegato più volte, non
esiste atteggiamento più assurdo e contraddittorio dell’islamofilia.
L’islam, infatti, è una religione totalizzante che non ammette adesioni parziali. O sei un mussulmano
in tutto e per tutto, sottomesso alla parola del “Profeta” (“islam”, infatti, significa “sottomissione”), o
sei comunque un “kafir”, un infedele, un nemico. Gli islamofili sono per i mussulmani l’esatto
equivalente di quelli che i comunisti non avevano alcuna remora a sfruttare per convenienza, ma che
erano i primi a chiamare “utili idioti”.
Tuttavia, su questo punto fondamentale, anche nei nostri ambienti sono diffusi sostanziali equivoci.
A quelli fra noi che si esaltano ricordando la celebre immagine di Mussolini che brandisce la spada
dell’islam, o perché nelle Waffen SS vi erano divisioni mussulmane, forse sfugge il piccolo
particolare che ottant’anni fa i rapporti di forza fra Europa e islam erano esattamente al contrario di
adesso: allora aveva senso per l’Asse fare leva sui sentimenti islamici dei popoli coloniali contro il
dominio britannico, ma oggi islamofilia significa solo essere conniventi con l’invasione allogena del
nostro continente. Altrettanto illusorio è assumere questi atteggiamenti in contrapposizione
all’imperialismo americano-sionista, poiché la crisi della ex Jugoslavia che ha visto la NATO
aggredire la Serbia PER CONTO degli islamici e le cosiddette “primavere arabe” sponsorizzate dagli
USA che hanno permesso al fondamentalismo di fare balzi da gigante in tutto il Medio Oriente,
dimostrano che islam e USraele possono agire in perfetta sintonia contro l’Europa e sono pronti a
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farlo tutte le volte che fa loro comodo, che noi ci troviamo, come appunto sostengo da un pezzo,
presi tra due fuochi.
Un concetto ricorrente nei nostri ambienti, è quello di Eurasia, in polemica con quello
“occidentalista” che, a un quarto di secolo dalla fine della Guerra Fredda, vorrebbe continuare a
legarci agli USA, ignorando il lavoro di svuotamento non solo delle istituzioni, ma della cultura
europea che i dominatori d’oltre Atlantico portano avanti da quattordici lustri ai nostri danni.
Ora, anche riguardo a questa idea di Eurasia ho espresso più volte il mio punto di vista: se con essa
intendiamo un’Europa che includa la Russia compresa la sua parte asiatica fino a Vladivostok, mi
sembra assolutamente ineccepibile, ma se vi vogliamo includere la Cina, la più grande potenza
comunista rimasta e, a maggior ragione, il mondo islamico, allora devo esprimere il mio totale
dissenso verso una concezione che avrebbe l’effetto di disarmarci psicologicamente nei confronti
dell’invasione allogena che stiamo oggi subendo. Né “Occidente” né Eurasia così intesa: Europa e
soltanto Europa.
Questo non esclude tuttavia la nostra solidarietà nei confronti dei popoli in prima linea contro il
sionismo, ANCHE SE islamici: l’Iran e i Palestinesi, anche perché sull’islamicità dell’uno e degli altri
vi sarebbe da ridire, poiché l’Iran è sciita e fra i Palestinesi vi è un’importante componente cristiana,
come ai tempi del “tiranno” Saddam Hussein c’era in Irak, e ricordiamo che Tareq Aziz, numero due
del regime iracheno recentemente scomparso, era appunto un cristiano. Oggi i cristiani iracheni non
esistono più, sono stati trucidati o costretti alla fuga, ma quel che è avvenuto in Irak con la caduta di
Saddam somiglia stranamente a quel che accadde da noi nel 1945: l’arrivo delle truppe “liberatrici”
e della “democrazia” è stato subito seguito dagli eccidi di massa e dalla fuga delle popolazioni
perseguitate.
Recentemente, Maurizio Blondet ha pubblicato sul suo sito EffeDiEffe un articolo che
incidentalmente tratta proprio tematiche che hanno punti di contatto con Tra due fuochi, ed è
proprio da qui che ho tratto l’illustrazione che ho usato come intestazione del mio pezzo: già essa è
estremamente esplicita: una scimitarra con i colori americani che separa l’Europa dalla Russia.
Aderendo servilmente al boicottaggio contro la Russia voluto dagli USA, gli stati europei A
SOVRANITA’ LIMITATA non meno di quanto lo fossero quelli forzatamente aderenti al Patto di
Varsavia, non solo danneggiano la loro economia, ma fanno gli interessi di Americani e islamici, che
hanno tutto da guadagnarci dalla creazione di un clima di ostilità fra Europa e Russia.
A ciò si può aggiungere che nella crisi ucraina si nota un’evidente ipocrisia da parte “occidentale”:
crediamo al diritto di autodeterminazione dei popoli oppure no? Se vi crediamo, e riconosciamo agli
Ucraini il diritto di separare il loro destino da quello della Russia, allora dobbiamo riconoscere un
analogo diritto alla Crimea e alle regioni orientali russofone dell’Ucraina, un diritto altrettanto
sacrosanto a staccarsi da Kiev e riunirsi con i propri fratelli russi. E’ il problema di quando quello
che era un confine amministrativo si trasforma in una frontiera politica, lo stesso che si è verificato
nella crisi della ex Jugoslavia. Non è possibile riconoscere il diritto all’indipendenza di Sloveni,
Croati, mussulmani bosniaci senza nel contempo riconoscere il diritto ai Serbi che vivono a nord
della Drina, di ricongiungersi con quelli che vivono a sud dello stesso fiume. Oppure
l’autodeterminazione dei popoli va rispettata quando coincide con gli interessi degli Stati Uniti e
calpestata senza riguardo in caso contrario? Di fatto, è questo il concetto di “legalità internazionale”
di un “Occidente” di burattini proni agli interessi americani.
Noi però, dato che in questo sporco gioco entra fatalmente anche l’islam, possiamo dire qualcosa di
più. Da un punto di vista storico, la cristianità ortodossa, la cristianità orientale (ma ricordando
sempre che la religione il più delle volte copre differenze e contrapposizioni la cui vera natura è
etnica), l’Europa dell’est, tutte le volte che ha fatto affidamento sui fratelli occidentali per difendersi
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dall’aggressione islamica, invece dell’aiuto, ha ricevuto la coltellata alla schiena. Un esempio storico
particolarmente tragico e vergognoso fu la sanguinosa buffonata della cosiddetta quarta crociata del
1204, che fu diretta contro Bisanzio invece che contro i mussulmani, con il saccheggio della città e
l’eclissi almeno temporanea dell’impero bizantino, a tutto vantaggio, in ultima analisi, dell’invasione
ottomana.
Altro esempio: nel 1438 l’imperatore bizantino giocò l’unica carta che aveva per ottenere l’aiuto
occidentale contro la marcia trionfante degli Ottomani: con il concilio di Firenze si ebbe la
riunificazione della Chiesa ortodossa con la Chiesa cattolica. Fu un evento di importanza capitale per
la cultura europea: i dotti italiani grazie a quelli bizantini, riscoprirono il pensiero di Platone, e
questo diede l’avvio all’umanesimo e al rinascimento, ma a livello politico nessuno mosse un dito, e
Bisanzio ricevette il colpo finale da parte degli Ottomani nel 1454.
L’aggressione della NATO (burattino in mano agli USA) contro la Serbia a tutto vantaggio dei
mussulmani nella crisi della ex Jugoslavia, si pone sulla stessa linea di vergogna e tradimento, con
una ulteriore aggravante, poiché l’Europa occidentale non è libera, non agisce in proprio, ma è retta
da governanti che sono solo proconsoli dell’impero americano, e il clima anti-russo che si cerca di
fomentare mediante la crisi ucraina va nella stessa direzione.
Il mancato aiuto degli occidentali a Bisanzio contro l’islam ottomano, fu un errore gravissimo: il
crollo dell’Impero d’Oriente non solo ci espose per secoli, dal XV al XVIII al ritorno della pirateria
islamica nel Mediterraneo, ma gli Ottomani si aprirono la strada fin dentro il cuore dell’Europa,
giungendo fino alle porte di Vienna.
L’est europeo e la Russia sono Europa; gli USA sono una realtà nemica ed estranea, l’islam è il
nostro nemico atavico con cui non dovremmo nemmeno lontanamente pensare di scendere a
compromessi.
Hegel diceva: “Ciò che la storia ci insegna, è che i popoli non imparano mai nulla dalla storia”. Avrà
ragione anche stavolta?
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