note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali

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ARTI GRAFICHE APOLLONIO
Università degli Studi
di Brescia
Dipartimento di
Economia Aziendale
Marco BERGAMASCHI
NOTE SUL PRINCIPIO
DI INDETERMINAZIONE
NELLE SCIENZE SOCIALI
Paper numero 58
Università degli Studi di Brescia
Dipartimento di Economia Aziendale
Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia
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Dicembre 2006
NOTE SUL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE
NELLE SCIENZE SOCIALI
di
Marco BERGAMASCHI
Dottorando in Economia Aziendale
Università degli Studi di Brescia
A Lucilla Peroni
(in memoria)
“Coloro che trattarono le scienze furono o empirici o
dogmatici. Gli empirici, come le formiche, accumulano e consumano. I razionalisti, come i ragni, ricavano da se medesimi la loro tela. La via di mezzo è
quella delle api, che ricavano la materia prima dai
fiori dei giardini e dei campi; e la trasformano e la
digeriscono in virtù di una loro propria capacità.
Non dissimile è il lavoro della vera filosofia”.
Francesco Bacone (Novum Organum, 1620, I, XCV)
Indice
1. Il metodo nell’economia pura. In particolare: Vilfredo Pareto ............. 1
2. Le differenze fra scienze della natura e scienze sociali......................... 5
2.1 Introduzione ................................................................................... 5
2.2 Mach, Wittgenstein e il neopositivismo.......................................... 5
2.3 La scuola storica ............................................................................ 9
2.4 La fenomenologia di Husserl ....................................................... 11
3. Critiche al metodo (neo)positivista ..................................................... 13
3.1 Introduzione ................................................................................. 13
3.2 La fisica quantistica. .................................................................... 13
3.3. Segue: il principio di indeterminazione di Heisenberg .............. 14
3.4 Fenomeni d’incompletezza nelle cosiddette <scienze esatte> .... 17
4. Conclusioni.......................................................................................... 20
Bibliografia.............................................................................................. 25
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
1. Il metodo nell’economia pura. In particolare: Vilfredo Pareto
La scuola neoclassica o marginalista – i cui principali esponenti sono
Walras, Jevons, Menger, Pareto, Edgeworth – impone la propria riflessione
in quanto una fra le declinazioni in campo economico del positivismo imperante nell’ultimo trentennio del Secolo XIX, in particolare per quanto riguarda la prevalenza assegnata al metodo delle scienze naturali.
Al fine di rendere sistematica e formale l’analisi dei fenomeni economici,
tali Autori propugnano l’utilizzo di strumenti logico-matematici,
l’applicazione del metodo deduttivo, il ricorso a leggi rigorose e universali
desunte dal linguaggio meccanicistico della fisica e della chimica:
l’economia può conseguentemente configurarsi quale <scienza esatta>.
Scopo dunque dell’economia teoretica è l’acquisizione di una conoscenza
certa e generale che oltrepassi l’immediata esperienza, al fine di (poter) prevedere e dominare la fenomenologia economica nella sua totalità.
Oggetto di studio dell’economia pura divengono quindi i <fatti economici> dal punto di vista generale, cioè teoretico: fatti perciò detti <tipici> 1 .
Viceversa, la conoscenza scientifica del singolo fenomeno nel suo concreto divenire è esclusivo campo d’indagine delle scienze storiche e pratiche.
L’economia teoretica, in quanto conoscenza scientifica generale, consente poi di stabilire tra i fenomeni relazioni tanto rigorose da non ammettere
eccezioni. Tale impostazione conduce alla determinazione e alla formulazione di leggi <esatte> (come le leggi di natura).
Al contrario, l’approccio storico permette di dimostrare regolarità di fatto
passibili di eccezioni (leggi empiriche), giacché desunte dall’osservazione
della successione e della coesistenza di fatti reali.
L’economia pura soggiace infine al metodo deduttivo, ossia al ragionamento astratto, basato su apriori assiomatici, condotto secondo la logica ordinaria o - in taluni casi e ove si renda necessario per la rilevazione meramente quantitativa dei fenomeni - secondo la logica matematica.
Anche sotto questo ulteriore aspetto, l’indirizzo <esatto> della scienza
economica differisce dalle altre sue branche: l’indagine lato sensu storica
riposa infatti sull’esperienza mediante il metodo induttivo-realistico.
Nel quadro ora brevemente tratteggiato in tema di oggetto e metodo
dell’economia teorica, sorge fra gli altri il problema dell’incommensurabili-
1
C. MENGER, Il metodo nella scienza economica, traduzione di G. Bruguier, in Nuova
Collana di Economisti, vol. IV, Economia Pura, a cura di Gustavo Del Vecchio, Torino,
UTET, 1937.
1
Marco Bergamaschi
tà delle conoscenze in relazione all’empiria dei fatti. Sul punto è assai chiaro
Carl Menger:
“[…] Le conoscenze esatte misurate al metro dell’empirismo, appaiono, tanto
nel campo dell’economia come in qualsiasi altro campo fenomenico, insufficienti e lontane dalla realtà (unenpirisch). E questo è naturale, poiché i risultati della indagine esatta, qualunque sia l’ordine dei fenomeni cui si riferiscono, sono veri soltanto sotto determinate condizioni, quali non sempre si riscontrano nella realtà. Saggiare quindi queste conoscenze esatte alla stregua
del pieno empiricismo, è una piena incongruenza metodologica, un disconoscimento dei fondamenti e delle premesse della indagine esatta ed insieme
dei fini speciali cui servono le scienze esatte.” 2 .
E ancora in tema di legge del prezzo:
“La legge [del prezzo], è una legge che, se confrontata con la realtà in tutta la
sua complessità, risulta non vera, non confortata cioè dall’esperienza. Ma tutto ciò che altro ci dimostra, se non che i risultati della indagine esatta non sono da mettere al cimento dell’esperienza? […] È noto infatti che un aumento
della domanda ha di regola, seppure non sempre, come conseguenza un aumento del prezzo. Questa legge “empirica”, non ostante la sua somiglianza
estrinseca, presenta però una differenza fondamentale dall’altra legge, e questa differenza è tanto più istruttiva di quel che possa sembrare a prima vista,
data la somiglianza estrinseca delle due leggi. La legge esatta afferma che,
sotto determinate condizioni, a un determinato aumento del bisogno deve seguire un aumento parimente determinato del prezzo. Invece la legge empirica
dice che a un aumento del bisogno segue di regola un aumento del prezzo, e
invero un aumento che sta in un certo rapporto, non esattamente determinabile, con l’altro. La prima legge vale per tutti i tempi e per tutti i popoli che
hanno un’economia di scambio: l’altra, anche nel caso di un determinato popolo, presenta delle eccezioni, e l’azione della domanda sul prezzo è diversa
per ogni mercato e accertabile soltanto attraverso la osservazione.”3 .
Occorre ora – sinteticamente – delineare l’opera di Vilfredo Pareto, il
maggior esponente italiano (e poi francofono) della scuola neoclassica 4 .
Pareto ritiene innanzitutto che scienze economiche e sociologiche – cioè
lato sensu sociali – abbiano il compito di accertare i fenomeni in quanto tali
– estranei al “sentimento” del ricercatore - e di trarre conseguenze e genera-
2
C. MENGER, op. cit., pp. 50-51.
C. MENGER, op. cit., pp. 52-53.
4
Nato a Parigi nel 1848, dopo la Laurea in Ingegneria all’Università di Torino, intraprende - sotto la guida di Maffeo Pantaleoni - un periodo di studî in economia pura; nel
1893 succede a Leone Walras nella cattedra di Economia Politica presso l’Università di Losanna. Muore a Céligny (Ginevra) nel 1923.
3
2
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
lizzazioni dimostrabili. In tal senso, un passo de I sistemi socialisti pare rilevante:
“La scienza non si occupa che di constatare i rapporti delle cose, dei fenomeni, e di scoprire le uniformità che questi rapporti presentano. Lo studio di
quelle che si chiamano cause, se con ciò si intendono dei fatti in certi rapporti
con altri, appartiene alla scienza e rientra nella suddetta categoria delle uniformità. […] L’intrusione del sentimento nel campo delle scienze fisiche ne
ha sempre ritardato il progresso e, talvolta, lo ha completamente arrestato.
Solo da pochi anni queste scienze hanno potuto sottrarsi quasi interamente a
questa influenza perniciosa, e da allora comincia lo sviluppo veramente straordinario che esse hanno avuto durante la nostra epoca. Le scienze sociali, al
contrario, sono rimaste troppo sottomesse al sentimento, la cui influenza altrettanto nefasta che per le scienze fisiche, è perfino aumentata, nella seconda
metà del Secolo XIX, grazie a una recrudescenza dei sentimenti “etici” e al
progresso della fede socialista.” 5 .
Coerentemente con tali presupposti naturalistico-meccanicistici, la scienza economica tende a venire assimilata alla termodinamica e alla meccanica
razionale: in tal senso, appare di indubbia derivazione fisica il concetto di
equilibrio in relazione i) sia al confronto tra la domanda e l’offerta (forze di
mercato), ii) sia alle spinte e controspinte delle varie componenti sociali
(forze di classe) che tendono in tal modo a bilanciarsi.
Pareto ritiene poi applicabile al campo d’indagine dell’economia il metodo matematico, al fine di descrivere l’agire economico dell’individuo mediante l’equazione:
f(x, y) = 0,
con la quale si intende individuare il <cammino> o il <sentiero> che il soggetto deve percorrere al fine di ottimizzare le quantità x e y.
Tale impostazione metodologica impone un duplice problema al Nostro:
•
individuare le leggi matematiche in base alle quali agiscono, in media, gli individui e determinare le conseguenze delle stesse;
•
adattare i presupposti e le conseguenze teoriche ai casi concreti della
pratica.
Pareto chiarisce così la questione metodologica ora esposta:
5
V. PARETO, I sistemi socialisti, in Opere politiche, a cura di G. Busino, Torino,
UTET, 1974, pp. 126-129.
3
Marco Bergamaschi
“[…] La teoria viene creata per risolvere casi pratici, e molto spesso poi, si
enunciano in forma di teorema pratico le conclusioni di essa. Tale modo di
ragionare è difettoso, o per lo meno eccessivo, ed ha condotto in economia
politica a molte discussioni oziose. […] Si è ragionato come ragionerebbero
delle persone che, avendo constatato il sussistere di una certa differenza tra la
superficie di un rettangolo concreto più o meno imperfetto, ed il prodotto della base del rettangolo per l’altezza, trassero da ciò la conclusione che il teorema di geometria che dà l’espressione dell’area del rettangolo è falso. 6 ”.
In conclusione, sembrano dunque inconfutabili i seguenti due aspetti, in
merito all’essenza dell’economia pura, in particolare paretiana:
•
applicazione di linguaggi proprî della logica matematica e della fisica classica, al fine di rendere certa, prevedibile, esatta la scienza economica;
•
rifiuto della distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito (vedi ultra, § 2): conseguono pertanto dignità scientifica le sole
scienze <esatte>, ossia le discipline rette dal metodo proprio delle
“Naturwissenschaften”.
Giunti a tale esito, e ad ormai cento e più anni dalle proposte neoclassiche, ci si può allora interrogare su alcuni temi di fondo che - anche alla
luce dell’evoluzione intercorsa nelle scienze fisiche - criticizzano in modo
significativo le impostazioni ora ricordate: i) critiche all’impostazione positivista di fine Secolo XIX ed evoluzione della medesima nell’empirismo logico, ii) sviluppi della fisica contemporanea, iii) esempî di <inesattezza> in
scienze un tempo ritenute <esatte>.
6
V. PARETO, L’economia matematica, in Nuova Collana di Economisti, vol. IV, Economia Pura, a cura di Gustavo Del Vecchio, Torino, UTET, 1937, pp. 333-334.
4
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
2. Le differenze fra scienze della natura e scienze sociali
2.1 Introduzione
Tralasciando le numerose impostazioni di pensiero - Bacone, Cartesio,
Kant, fra gli altri – che nei secoli scorsi hanno prescelto a proprio oggetto i
problemi più generali posti dalla conoscenza, la questione se, ed eventualmente come, sia possibile tracciare una distinzione tra scienze logicoformali e scienze empiriche, a propria volta distinte in scienze naturali e in
scienze umane, è il fulcro dell’indagine filosofica dell’empirismo logico da
un lato, della fenomenologia e dello storicismo dall’altro.
Nonostante la prima distinzione scaturisca da una tradizione filosofica risalente al mito della caverna di Platone – il logo astratto si colloca nel grado
di conoscenza della διανοια (dianoia, intelletto), mentre l’indagine sulla
natura appartiene al mondo della δοξα (doxa, opinione) - ai fini dei successivi paragrafi si presterà maggiore attenzione alla seconda distinzione, relativa alle scienze naturali e alle scienze umane.
2.2 Mach, Wittgenstein e il neopositivismo 7
L’empirismo logico, o neopositivismo, trova fonte di ispirazione fra
l’altro nel movimento empiriocriticista di Mach, nel Tractatus logicophilosophicus di Wittgenstein (1922) 8 , nelle rivoluzionarie scoperte introdotte dalla fisica dell’epoca.
Con riferimento a Mach, occorre innanzitutto sottolineare come egli intenda escludere dall’ambito della propria conoscenza quanto non possa essere verificato tramite la diretta esperienza empirica. Mach ritiene poi i corpi
reali riducibili a una serie di <sensazioni> semplici, privi cioè di una qualsiasi consistenza di tipo sostanziale:
7
Data la vastità di contenuti e la molteplicità di Autori proprî dell’empirismo logico, si
tratterà il tema soltanto sommariamente, rimandando fra gli altri a: F. BARONE, Il neopositivismo logico, Bari, Laterza, 1977, A. GIANQUINTO, La filosofia analitica, Milano,
Feltrinelli, 1961, R. EGIDI BIANCO, Il linguaggio nelle teorie scientifiche, Napoli, Guida,
1979, P. PARRINI, Una filosofia senza dogmi, Bologna, Il Mulino, 1980, nonché il recente C. BONNET, P. WAGNER, L’âge d’or de l’empirisme logique, Vienne – Berlin – Prague, 1929 – 1936, Cher, Éditions Gallimard, 2006.
8 Sul punto cfr. fra gli altri:G. E. M. ANSCOMBE, Introduzione al “Tractatus” di W.,
Roma, Ubaldini, 1966, J. HARTNACK, W. e la filosofia moderna, Milano, Il Saggiatore,
1967, A. G. GARGANI, Introduzione a W., Bari, Laterza, 1973, D. L. PHILLIPS, W. e la
conoscenza scientifica, Bologna, Il Mulino, 1981, A. J. P. KENNY, W., Torino, Boringhieri, 1984, AA. VV., Capire W., Genova, Marietti, 1988, G. RADNITZKY, Teoria della Scienza, in Enciclopedia del Novecento, Roma, Treccani, pp. 370-386.
5
Marco Bergamaschi
“Solo a causa della limitatezza dei nostri sensi e del nostro strumento intellettuale esistono fatti isolati. I pensieri sviluppano in modo istintivo o intenzionale un’osservazione in quanto integrano i fatti riferendosi alle loro parti,
conseguenze o condizioni. Il cacciatore trova una piuma e la fantasia gli arreca subito l’immagine dell’uccello intero, dello schiaccione di cui aveva perso
le tracce.” 9 .
Tale impostazione non è tuttavia da intendersi quale ritorno all’antico
sensismo fenomenico di Berkeley, bensì quale riflessione - libera da qualsiasi riferimento all’Io, al soggetto - sulle relazioni funzionali che intercorrono tra gli elementi costituenti la realtà.
Rilevante pare poi la critica che il Nostro muove nei confronti dei positivisti, rei – a suo giudizio – i) di avere alimentato una fede a-razionale e magica nella scienza, ii) di accettare acriticamente pretese verità universali e
assolute, così come esse vengono descritte dalle leggi scientifiche.
Wittgenstein ritiene viceversa che il <mondo> sia costituito da un insieme di fenomeni, a loro volta composti da una molteplicità di fatti elementari
(rectius, di <oggetti semplici>). L’esperienza cognitiva deriva essenzialmente <dall’immagine logica dei fatti> e si declina in un linguaggio organizzato secondo determinate forme, ove cioè <le proposizioni siano munite
di senso>.
Le raffigurazioni dei fatti vengono espresse in proposizioni atomiche dette <significative>, ossia verificabili mediante un raffronto con la realtà. La
loro verità o falsità dipende necessariamente dall’effettiva esistenza dello
<stato di cose>, raffigurato nella proposizione stessa. Oltre a tali enunciati,
ne esistono poi altri – gli enunciati della logica – che non hanno il compito
di descrivere fatti, bensì di analizzare le funzioni e le proprietà formali dei
termini e dei concetti. Questi asserti sono sempre veri.
Tale impostazione conduce pertanto alla totale vanificazione della metafisica, ritenuta <insensata> dal filosofo austriaco, giacché del tutto incapace
di esprimersi in proposizioni soggette a verificazione o a falsificazione empirica. Chiarisce tale aspetto l’Autore:
6.53 “Il metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente questo: nulla dire se non ciò che può dirsi; dunque la filosofia nulla ha da fare -, e poi, ogni
volta che altri voglia dire qualcosa di metafisico, mostrargli che, a certi segni
nelle sue proposizioni, egli non ha dato significato alcuno. Questo metodo sa-
9
E. MACH, Conoscenza ed errore. Abbozzi per una psicologia della ricerca, traduzione di S. Barbera, Torino, Einaudi, 1982, p. 228.
6
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
rebbe insoddisfacente per l’altro – egli non avrebbe il senso che gli insegniamo filosofia -, eppure esso sarebbe l’unico rigorosamente corretto.” 10 .
In conclusione, mediante l’applicazione delle tecniche logico-formali di
analisi del linguaggio – e, in particolare, dell’Ideal Language, costruito in
modo tale che le proposizioni atomiche abbiano una base epistemologicamente indubitabile – Wittgenstein si pone l’obiettivo di ricostruire tutta la
conoscenza scientifica su basi esclusivamente empiriche, al fine di renderla
certa.
Sottostà a tale concezione l’idea che la scienza sia il paradigma della conoscenza certa 11 , e che quest’ultima sia tale se ed in quanto relativa solo ed
esclusivamente alla realtà empirica.
Con riferimento poi alle scoperte della fisica degli anni Trenta, il modello
scientifico al quale il Circolo di Vienna – Neurath 12 , Carnap, Schlick, Hahn,
Feigl, Reichenbach – si ispira, è non quello meccanicistico del positivismo
ottocentesco - già ampiamente criticato da Mach - bensì l’impianto della fisica relativistica e quantistica, ossia - lato sensu – contemporanea (si vedano
ultra i § 3.2 e § 3.3,).
Muovendo da questi presupposti, i neopositivisti intendono costruire un
discorso scientifico (Ideal Unified Science) nel quale vengano eliminate
ambiguità e deformazioni che potrebbero dare luogo a problemi metafisici.
La fondamentale distinzione operata dall’analisi logica avviene così tra gli
enunciati <osservativi> e gli enunciati di altro tipo. Solo i primi infatti,
giacché possiedono correlati fattuali ed empirici precisi e verificabili, possono costituire una solida base per il sapere scientifico. In altre parole, le
proposizioni scientifiche – in quanto tali - devono venire sottoposte al c.d.
<principio di verificabilità>, cioè risultare sperimentalmente provate.
Nondimeno, il programma verificazionista - incosciente degli ammaestramenti di Hume sulla impossibilità logica di derivare un enunciato generale da un insieme coerente di enunciati osservativi - conduce cautamente i
neopositivisti a sostituirlo con un induttivismo di tipo probabilistico:
10 L. WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus, traduzione di A. G. Conte, Torino, Einaudi, 1968, pp. 80-81.
11 Nel manifesto teorico del Circolo di Vienna, intitolato La concezione scientifica del
mondo e steso nel 1929 da Hahn, Carnap e Neurath, i tre Autori scrivono: “Ovunque è superficie […]. Tutto è accessibile all’uomo, e l’uomo è misura di tutte le cose”.
12 Neurath fu membro attivissimo del Circolo di Vienna (Wiener Kreis). Un aneddoto,
in particolare, pare significativo. Durante le letture e le discussioni sul Tractatus di Wittgenstein, Neurath interrompeva frequentemente, esclamando: “Metafisica!”, facendo irritare Moritz Shlick. Gli fu pertanto suggerito da Hans Hahn di dire soltanto “M”. A seguito di
numerosi mugolii, Neurath giunse alla soluzione di dire “Non-M” ogni qualvolta il gruppo
non avesse parlato di metafisica.
7
Marco Bergamaschi
l’enunciato generale deve essere accettato qualora la sua <probabilità logica> sia sufficientemente elevata.
Resta dunque chiaro come tutto il sapere debba essere esclusivamente
retto dal metodo analitico-formale proprio della logica e della matematica,
organicamente costituito da enunciati-base empirici, ovvero manifestanti un
confronto diretto tra il proprio contenuto e la realtà.
Da tale impostazione si possono cogliere due costanti fondamentali del
neopositivismo:
•
in primo luogo, l’esigenza di una scienza oggettiva, tale giacché verificata dalla comunità scientifica,
•
in secondo luogo, la priorità accordata al dato fattuale, sperimentalmente osservato.
Sviluppando questo secondo aspetto, Neurath tende dunque a privilegiare
il sistema logico-linguistico della fisica contemporanea, da lui ritenuto esatto, rigoroso, ancorato a esperienze elementari indubitabili, sperimentalmente
verificato.
Il fisicalismo riconduce dunque nell’alveo dell’unico linguaggio che a
Neurath appaia oggettivamente universale - quello fisico - tutto il sapere, ivi
comprese le discipline umane e sociali, ritenute dai neopositivisti assai lontane dal rigore scientifico cui invece dovrebbero tendere.
In tale prospettiva, il neopositivismo impone il proprio programma di unificazione della scienza: talora pare farlo in senso sostanziale, altre volte –
più cautamente – in senso metodologico.
Viene cioè respinto in modo netto il dualismo Naturwissenschaften e
Geisteswissenschaften, proposto da Dilthey nell’opera Introduzione alle
scienze dello spirito (1883) al fine di individuare una fondazione gnoseologica propria delle scienze umane e sociali. Quel processo di unificazione
delle scienze deriva infatti dalla ferrea convinzione che si renda necessario
applicare alle discipline umane e sociali categorie e procedimenti proprî delle discipline fisiche e formali, al fine di ottenere risultati di pari rilievo.
Riduzionismo e unità del sapere si manifestano poi anche mediante
l’utilizzo del <sistema protocollare>, secondo cui tutto il sapere scientifico
dev’essere strutturato nella veste di <proposizioni protocollari>, enunciati
elementari la cui validità deriva dal fatto che essi contengono solo dati immediati e autoevidenti, sottoposti a rigoroso controllo da parte della comunità scientifica.
A muovere dal 1936-37, l’esigenza del primo neopositivismo di una diretta <verificabilità> degli enunciati scientifici viene pertanto sostituita
dall’induttivismo probabilistico detto poc’anzi, il quale conduce al più atte-
8
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
nuato principio di <confermabilità>: ogni predicato descrittivo può e deve
essere ridotto a un predicato <osservabile>.
Tale impostazione - propria di un neopositivismo ormai definitivamente
chiuso nelle sue astrazioni logico-concettuali e linguistiche - necessita inoltre di una <meta-regola> per essere legittimata, ossia del c.d. <principio di
induzione>, secondo il quale l’uniformità della natura si declina in invarianze sempiterne e immutabili.
È quest’ultimo un principio sintetico – in quanto relativo alla realtà – e a
priori (Kant)– la cui validità non può cioè essere stabilita tramite metodi
empirici. In una parola, esso è metafisico, cioè impassibile di qualsiasi
tentativo di giustificazione e pertanto incompatibile con il programma
neopositivista.
2.3 La scuola storica
Contrariamente alle istanze neopositiviste, lo storicismo – in particolare
nelle figure di Wilhelm Dilthey (1838 – 1911) e di Max Weber (1864 –
1920) – rifiuta l’interpretazione unificata della realtà, in quanto quest’ultima
va quantomeno distinta in realtà naturale e in realtà umana, ossia storicoculturale: se la prima è riconducibile a fenomeni fattuali, la seconda si compone di <processi significanti> prodotti cioè da atti umani secondo presupposti e finalità lato sensu sociali 13 .
La conseguenza principale di tale distinzione riguarda il sapere, non già
unitario e modellato sulla base delle scienze fisiche – cioè nomologico in
quel senso, ossia descritto da leggi sempiterne e universali – bensì distinto e
duplice, al fine di consentire alle scienze della realtà umana di cogliere intenzioni, motivazioni, fini, valori sottesi all’operare degli uomini 14 .
Dilthey, in particolare, introduce maggiore flessibilità nelle categorie
kantiane, le quali – ancorate all’esperienza delle scienze fisico-matematiche
– mal si adattano a <comprendere> (verstehen) la realtà nella dimensione
psico-esistenziale dell’uomo. Egli, ad esempio, ricerca nuovi tipi di causalità, giacché nel <mondo storico> non sussiste alcuna causazione meccanica
di tipo naturalistico, ove al contrario una causa provoca determinati effetti
secondo leggi necessarie.
Le nuove categorie, - fra le altre, valore, scopo, significato, sviluppo, ideale - introdotte ai fini di una migliore comprensione delle Geisteswissenschaften (scienze dello spirito), conducono al collasso dell’intero assetto ca-
13
S. MORAVIA, Filosofia, dal romanticismo al pensiero contemporaneo, vol. III, Firenze, Le Monnier, 1990, pp. 271-287.
14 Windelband distingue le <scienze idiografiche> (descrittive), rivolte ai singoli accadimenti, al particolare, dalle <scienze nomotetiche> (prescrittive), rivolte al generale.
9
Marco Bergamaschi
tegoriale kantiano, giacché esse non sono applicabili a priori alla <vita>,
bensì risiedono “nell’essenza della vita stessa”.
Il pensatore tedesco intende in tal modo offrire rigore metodologico e
condurre a scientificità le scienze dello spirito, a suo giudizio inopportunamente analizzate mediante le medesime categorie delle discipline naturali.
Dilthey illustra così il punto:
“Sotto il titolo di “scienze dello spirito” in quest’opera si comprende il tutto
delle scienze che hanno per oggetto la realtà storico-sociale. Il concetto di tali
scienze grazie al quale esse formano un tutto, la delimitazione di questo tutto
rispetto alla scienza della natura, si possono chiarire e giustificare in modo
conclusivo soltanto con l’opera stessa […]. I fatti della vita spirituale non sono staccati dall’unità vivente psicofisica della natura umana, e una teoria che
vuol descrivere e analizzare i fatti socio-storici, non può certo prescindere da
questa totalità della natura umana per limitarsi allo spirituale. […] Così dal
regno della natura egli scinde un regno della storia in cui, nel bel mezzo della
concatenazione d’una necessità oggettiva che è natura, in innumerevoli punti
di questo tutto balena la libertà; e qui gli atti del volere, in netto contrasto col
decorso meccanico dei mutamenti naturali, che nel suo primo avvio contiene
già tutto quanto vi si avrà in seguito, con un loro dispendio di energia, coi loro sacrifici, di cui l’individuo ha presente il significato giust’appunto nella
propria esperienza, creano veramente qualcosa, introducono uno svolgimento
nella singola persona e nell’umanità.” 15 .
Dunque, discipline quali la storiografia, l’antropologia, la sociologia, la
psicologia rivelano per Dilthey la centralità del soggetto individuale nel
quadro dell’esperienza socio-culturale e storica dell’umanità.
D’altro canto, il rifiuto di un’idea metafisica, dell’universale in favore del
particolare, del teoreticismo di matrice hegeliana, conducono lo storicismo
di Dilthey a risolversi in una forma di relativismo in fine solipsista.
All’iniziale sforzo del pensatore tedesco di attribuire un valore autonomo al
divenire storico, fa successivamente luogo il coraggio di accettare la
relatività e il rifiuto di affidare all’uomo – <creatura del tempo> – possibili
significati assoluti ed eterni.
A ciò si aggiunga – però in posizione sovraordinata– l’insegnamento di
Weber, il quale pone in evidenza il ruolo giocato dai Valori nelle scienze
storico-sociali: storico e sociologo decidono di selezionare alcuni fenomeni,
tra i molteplici che si presentano loro innanzi, sulla base del proprio sistema
assiologico di riferimento, al fine di renderli oggetto della loro indagine 16 .
15
W. DILTHEY, Introduzione alle scienze dello spirito, traduzione di G. A. De Toni,
Firenze, La Nuova Italia, 1974, pp. 16-19.
16 In tema di relatività del metodo storico in Economia Aziendale, si veda su tutti: E.
GIANNESSI, Considerazioni introduttive sul metodo storico, Milano, Giuffrè, 1992 e R.
10
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
Tale impostazione metodologica non comporta che le scienze storicosociali contengano giudizî di valore: esse tendono infatti a comprendere ciò
che è, non ciò che deve (o dovrebbe) essere. Scrive, infatti, il Nostro:
“Certo, senza le idee di valore del ricercatore non vi sarebbe alcun principio
per la scelta della materia e alcuna conoscenza fornita di senso del reale nella
sua individualità […] così la direzione della sua fede personale, cioè la rifrazione dei valori nello specchio della sua anima, indicherà la direzione anche
al suo lavoro.” 17 .
Weber intende così analizzare i processi e le relazioni delle scienze sociali tramite il <tipo ideale> (Ideal-typ), ovvero un modello teorico con il quale
lo studioso elabora e interpreta un determinato complesso di fenomeni sociali. Il <tipo ideale> comporta dunque una riduzione della complessità empirica, al fine di rendere intelligibile il fenomeno storico oggetto
dell’indagine.
Si ammette pertanto una particolare procedura di imputazione causale assai differente dalla causazione meccanica e deterministica propria della fisica classica. La causalità viene definita i) <adeguata> qualora l’esclusione
ipotetica di alcuni elementi comporti un effetto differente da quello osservato nel processo reale, ii) <accidentale> qualora, al contrario, l’esclusione dei
suddetti elementi sia irrilevante ai fini del processo osservato.
La costruzione del <tipo ideale> e la comprensione dei nessi causali dei
fenomeni storico-sociali conducono al ricorso a <leggi sociali>, con lo scopo di interpretare le uniformità di comportamento che si presentano nel divenire storico di determinate classi di fenomeni.
Occorre infine aggiungere come Weber sia consapevole della problematicità della validità empirica di tali leggi, prive dunque di qualsiasi pretesa
naturalisticamente nomologica.
2.4 La fenomenologia di Husserl
Si accenni infine alla riflessione fenomenologica di Edmund Husserl
(1859 – 1938), da un lato quale ripresa delle istanze anti-intellettualistiche e
anti-positivistiche proprie dello storicismo, dall’altro quale superamento di
esso in quanto privilegia la coscienza nelle sue funzioni puramente interne e
formali di tipo eidetico (ideale), speculativo, totalizzante.
FERRARIS FRANCESCHI, Il percorso scientifico dell’economia aziendale, Torino, Giappichelli, 1994.
17 M. WEBER, Il metodo delle scienze storico-sociali, traduzione di P. Rossi, Torino,
Einaudi, 1967, pp. 95-98.
11
Marco Bergamaschi
Husserl assume una posizione critica nei confronti di un sapere esclusivamente fattualistico, oggettivistico, naturalistico, tendente a <cosalizzare>
la coscienza. Chiarisce tale aspetto il Nostro:
“L’esclusività con cui, nella seconda metà del XIX Secolo, la visione del
mondo complessiva dell’uomo moderno accettò di venir determinata dalle
scienze positive e con cui si lasciò abbagliare dalla “prosperity” che ne derivava, significò un allontanamento da quei problemi che sono decisivi per
un’umanità autentica. […] Essa [la scienza positiva] esclude di principio
proprio quei problemi che sono i più scottanti dell’uomo, il quale, nei nostri
tempi tormentati, si sente in balia del destino: i problemi del senso o del nonsenso dell’esistenza umana nel suo complesso. […] Ovviamente, la mera
scienza di fatti non ha nulla da dirci a questo proposito: essa astrae appunto
da qualsiasi soggetto.” 18 .
In particolare, la fenomenologia antepone ai metodi proprî delle scienze
fisico-naturali altri più funzionali all’oggetto specifico – la coscienza –, sul
quale si intende indagare, nel tentativo di tematizzare le relazioni che intercorrono tra la matrice soggettiva dell’uomo e le condizioni generali di pensabilità dei fenomeni dell’esperienza.
Nel tentativo di cogliere i principî trascendentali – ovvero, sintetici e a
priori – che consentono al soggetto di conoscere l’intera realtà fenomenica,
Husserl introduce il concetto di <εποχη> (epochè, sospensione,
interruzione, arresto), mediante il quale ogni giudizio viene sospeso, al fine
di contemplare le essenze dei fenomeni e i loro rapporti logici. Tale metodo
permette a Husserl di <neutralizzare> tutte le scienze positive e rendere pienamente autonoma la coscienza del soggetto.
Si tratta insomma di comprendere come i fenomeni rientrino nell’ambito
della conoscenza in quanto sussista una coscienza che li organizzi in categorie, attribuisca cioè loro forme e significati. Da tale impostazione si può pertanto dedurre che si ha una forma di conoscenza valida solo se e in quanto
venga istituita la corretta relazione fra il soggetto e l’oggetto, fra la
γνωσις (gnosis) e il το ον (to on). Sulla necessità e irriducibilità dei due
suddetti termini Husserl aveva del resto così concluso già trent’anni prima:
“Il campo di una scienza è un’unità obiettivamente chiusa; la localizzazione
dei campi di verità e la modalità di questa delimitazione non dipende dal nostro arbitrio. Il regno delle verità si ripartisce obbiettivamente in campi; le indagini debbono orientarsi su queste unità oggettive e coordinarsi in scienze.
[…] Vi è una scienza dei numeri, una scienza delle forme spaziali, degli esse-
18
E. HUSSERL, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, traduzione di E. Filippini, Milano, Il Saggiatore, 1968, pp. 33-36.
12
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
ri animati e così via, ma non scienze autonome dei numeri primi, dei trapezî,
dei leoni o addirittura di tutte queste cose prese insieme.” 19 .
3. Critiche al metodo (neo)positivista
3.1 Introduzione
Come si è già avuto modo di notare, la teoria metodologica di Pareto – e
lato sensu dell’economia pura – muove dall’applicazione delle scienze matematiche e fisiche di fine Secolo XIX. Tuttavia tale impostazione, propria
del positivismo, è stata successivamente criticata proprio dall’evoluzione di
quest’ultimo, ossia dal neopositivismo, in quanto obsoleta rispetto agli sviluppi della fisica relativistica e quantistica.
Occorre pertanto porsi il seguente quesito: se si applicasse oggi alle Sozialwissenschaften il metodo (neo)positivista, si potrebbe allora giungere al
lodevole risultato di ottenere scienze sociali appunto prive di imperfezioni,
errori, inesattezze? A tale interrogativo sono dedicate le pagine che seguono.
3.2 La fisica quantistica.
Il 14 dicembre 1900, Max Planck comunica all’Accademia delle Scienze
di Berlino la scoperta del <quanto elementare d’azione>: la radiazione termica non viene emessa con continuità, come prescriverebbe la fisica classica, bensì per “quantità discrete” - definite quanta - di cui egli calcola il valore nella forma di <costante universale>.
Il risultato spaventa lo stesso scopritore:
“Tentai di collocare il quanto elementare di azione in qualche modo entro lo
schema della teoria classica. Ma […] questa costante si dimostrò irriducibile
[…]. Il fallimento di ogni tentativo di superare questo ostacolo rese subito evidente che il quanto elementare di azione aveva una parte fondamentale nella fisica atomica e che la sua introduzione apriva una nuova era nella scienza.
Essa annunziava l’avvento di qualcosa senza precedenti ed era destinata a rimodellare sostanzialmente le concezioni fisiche e il pensiero dell’uomo che,
da quando Leibniz e Newton posero le basi del calcolo infinitesimale, erano
fondati sull’ipotesi che tutte le interazioni causali erano continue.” 20 .
E. HUSSERL, Logische Untersuchungen, Halle, Max Niemeyer, 2a edizione, 1928,
vol. I, pp. 5-6 (traduzione di A. Canziani).
20 M. PLANCK, La conoscenza del mondo fisico, Torino, Boringhieri, 1964, p. 28.
19
13
Marco Bergamaschi
L’ipotesi che il mondo, in ogni sua manifestazione, sia esprimibile come
un continuo infinitamente suddivisibile, è uno dei cardini della concezione
classica della meccanica ottocentesca: la scoperta di Planck è all’epoca assai
difficile da accettare, giacché, come scrive il Nostro:
“Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono e nasce
una nuova generazione a cui i nuovi concetti divengono familiari.” 21 .
La scoperta di Planck evolve nella meccanica quantistica, ufficialmente
presentata alla comunità scientifica il 16 settembre 1927 a Como, nel corso
del Convegno per il centenario della morte di Alessandro Volta, ove peraltro
Bohr presenta una relazione intitolata Il postulato quantistico e i recenti sviluppi della teoria atomica. Ivi, il fisico danese formula, per la prima volta,
la celebre <interpretazione di Copenaghen> della meccanica quantistica:
“Il nostro obiettivo non è penetrare nell’essenza delle cose, il cui significato
ultimo non sapremo mai, ma sviluppare concetti che ci consentano di trattare
in modo produttivo i fenomeni della natura […]. Fotoni e neutroni non sono
“reali” come un tavolo o una sedia. Sono piuttosto ombre: derivano da una
combinazione fra luce e posizione dell’osservatore. […] Per quanto questi
fenomeni possano a prima vista apparire contraddittorî, occorre comprendere
che sono complementari, nel senso che, messi insieme, esauriscono ogni informazione sugli oggetti atomici che possa essere espressa senza ambiguità
nel linguaggio ordinario. 22 ”.
3.3. Segue: il principio di indeterminazione di Heisenberg
Il principio di indeterminazione di Heisenberg – di poco successivo - afferma che non è possibile determinare contemporaneamente la quantità di
moto e la posizione di un’entità subatomica, al di sotto di un certo limite fissato dalla costante h di Planck. In altre parole, quanto più precisamente si
determina la posizione della particella, tanto più imprecisa è la determinazione della velocità in quell’istante, e viceversa.
Tale postulato comporta almeno due ordini di conseguenze: il primo di
carattere ontologico (a), il secondo di carattere epistemologico (b).
Con riferimento ad (a), mentre la meccanica quantistica introduce in via
di principio il concetto di <probabilità> o <caso> nella definizione teoretica
21
22
M. PLANCK, op. cit., p. 22.
F. PRATTICO, Caos e complessità in “Sfera”, settembre-ottobre 1993, 36, pp. 25-32.
14
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
dello stato di un sistema fisico, e in questo senso nell’oggetto della ricerca,
la meccanica newtoniana ed einsteiniana ritengono l’oggetto completo e totalmente conoscibile.
Einstein, con l’affermazione che “Dio non gioca ai dadi”, sottolinea come il concetto di <caso> abbia il suo significato scientifico solo nelle limitazioni epistemologiche della mente umana, nonché nelle incertezze operazionali proprie di ogni comportamento umano. Ma tale impostazione, ove
teorica, risulta falsa e fuorviante in quanto in disaccordo con gli esperimenti
sulla radiazione da corpi neri 23 .
L’introduzione del concetto di probabilità – o, come taluno ritiene 24 , di
aristotelica <potenzialità> – richiede la profonda revisione delle nozioni di
causalità e di determinismo. Per meglio comprenderne l’essenza, occorre
poi sottolineare che il primo dei due termini in questione opera nel significato più ristretto, mentre viene lasciata al secondo l’accezione più vasta: con
ciò, un sistema deterministico è certamente un sistema causale, ma non ogni
sistema causale è deterministico.
Newton ed Einstein ritengono che la relazione necessaria tra gli stati di
un sistema fisico isolato in tempi diversi sia tale che, data la conoscenza dello stato iniziale del sistema, il suo stato futuro possa essere dedotto.
In altre parole, è sufficiente risolvere l’equazione temporale relativa ai
valori numerici del sistema t1, al fine di poter dedurre i futuri valori numerici del sistema t2. Tale impostazione - chiaramente deterministica –
dev’essere rigettata, in quanto il postulato di Heisenberg evidenzia come
l’esatta conoscenza dello stato presente del sistema isolato sia impossibile.
Scrive, infatti, il Nostro:
“I limiti, nella precisione delle nostre misure, determinati dalla natura, hanno
l’importante conseguenza che in un certo senso la legge della causalità diviene non valida […]. Nella formulazione della legge di causalità (ossia, se co23
Durante il quinto (1927) e il sesto (1930) Congresso Solvay, si svolse un vivace dibattito, di portata storica, tra Einstein e Bohr: il primo tentò invano di demolire l’edificio della
meccanica dei quanti proponendo una serie di ingegnosi esperimenti concettuali. Il più diabolico consisteva in una scatola piena di radiazione e dotata di otturatore comandato da un
orologio interno alla scatola. La scatola veniva pesata, quindi si apriva l’otturatore lasciando uscire un fotone, e poi si pesava nuovamente. Einstein riteneva possibile in tal modo misurare il tempo di passaggio e l’energia del fotone al fine di violare il principio di indeterminazione di Heisenberg. La mattina seguente, Bohr giunse alla risposta esatta: Einstein
aveva trascurato l’effetto del campo gravitazionale sullo scorrere del tempo (effetto che –
fra l’altro – aveva scoperto lo stesso Einstein nella teoria della relatività generale). Sul punto, si veda T. REGGE, Infinito, viaggio ai limiti dell’Universo, Milano, Mondadori, 1983,
pp. 139-141.
24 F. S. C. NORTHROP, Autore dell’introduzione dell’opera di W. HEISENBERG, Fisica e Filosofia, Milano, Il Saggiatore, 2000, pp. 7-35.
15
Marco Bergamaschi
nosciamo il presente, possiamo conoscere il futuro) non è quindi la conclusione a essere errata, è la premessa.” 25 .
D’altro canto, giacché in fisica non può non riconoscersi un certo grado
di regolarità e di determinismo causale – altrimenti essa diverrebbe scienza
dell’impossibile – Heisenberg accetta il significato più ristretto di causalità,
tale cioè in quanto meccanica: ne consegue che, data l’ineliminabilità della
potenzialità ontologica, si rende necessario servirsi delle leggi della statistica al fine di descrivere più compiutamente il duplice carattere - di particella
e di onda - della materia subatomica 26 .
Allorché poi il sistema si riferisse a oggetti proprî dell’esperienza comune, la meccanica quantistica – e con questa il principio di causalità inteso in
senso stretto – darebbe origine alla meccanica newtoniana ed einsteiniana e
al loro determinismo. Per gli uomini – intesi in tal senso – potrebbe perciò
restare valida la fisica classica e la causazione intesa in senso lato.
Con riferimento poi al carattere epistemologico (b), un passo di Fisica e
filosofia appare esemplificativo:
“[…] Quella parte di materia o di radiazione che prende parte al fenomeno è
“l’oggetto” naturale della investigazione teorica e dovrebbe perciò essere separato dagli strumenti usati per studiare il fenomeno. Ciò offre nuovamente
rilievo all’elemento soggettivo nella descrizione degli eventi atomici, poiché
il dispositivo di misura è stato costruito dall’osservatore, e noi dobbiamo ricordare che ciò che noi osserviamo non è la natura in sé stessa, ma la natura
esposta ai nostri metodi d’indagine. […] La teoria dei quanta ci ricorda, come
ha detto Bohr, la vecchia saggezza per cui, nella ricerca nell’armonia nella vita, non dobbiamo dimenticarci che nel dramma dell’esistenza siamo insieme
attori e spettatori.” 27 .
La riflessione epistemologica di Heisenberg rileva la ineluttabilità
dell’interazione tra l’oggetto osservato e lo strumento dell’osservazione: ciò
comporta che l’osservatore – l’apparato di ricerca, ma anche la coscienza
del ricercatore – modifichi l’oggetto dell’indagine a tal punto che non è pos-
25 W. HEISENBERG, Ueber die Grundprinzipien der Quantenmechanik, in “Zeitschrift
für Physik“, 1927, traduzione di F. Prattico.
26 Una critica mossa ai fisici della Scuola di Copenaghen muove dal paradosso che la
meccanica presuppone la fisica classica, nella consapevolezza che essa non si accordi perfettamente con la natura. In risposta, Heisenberg cita un aforisma di Carl Friedrich von
Weizsäcker: “la natura è prima dell’uomo, ma l’uomo è prima della scienza naturale”. Sulle
problematiche relative al dualismo fisica classica – fisica quantistica, si veda: W.
HEISENBERG, Fisica e filosofia (1958), Milano, Il Saggiatore, 2000, pp. 71-73.
27 W. HEISENBERG, op. cit., pp. 73-74.
16
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
sibile coglierne con esattezza l’essenza ontologica, bensì solo quali siano gli
effetti dell’avvenuta osservazione.
In altre parole, nella relazione soggetto-oggetto, l’elemento fondante e attivo è il primo dei due termini, il quale, in quanto i) sistema assiologico di
riferimento del ricercatore e ii) condizione generale di pensabilità dei fenomeni, modifica necessariamente il secondo.
3.4 Fenomeni d’incompletezza nelle cosiddette <scienze esatte>
Riprendendo breviter quanto già illustrato in tema di economia pura,
quest’ultima nel descrivere un fenomeno economico – quale oggetto di indagine – considera la legge della causalità meccanica, intesa in senso lato,
come condizione necessaria a priori.
Su tale aspetto, risulta assai chiaro Federigo Enriques:
“Il determinismo non è una dato d’esperienza, ma esprime un’esigenza a
priori che sta alla base di ogni esperienza possibile. Il determinismo traduce
semplicemente il postulato che esiste una scienza, capace di procurarci una
rappresentazione razionale della realtà.” 28 .
Il determinismo classico è stato tuttavia confutato dal principio di indeterminazione di Heisenberg: in quanto riferita all’oggetto, la descrizione deve avvenire mediante più realistiche – e caute – asserzioni stocastiche.
In tema di determinismo esprime il suo dissenso anche Ettore Majorana:
“Non va accolto semplicemente come una curiosità scientifica l’annunzio che
negli ultimissimi anni la fisica è stata costretta ad abbandonare il suo indirizzo tradizionale rigettando, in maniera verosimilmente definitiva, il determinismo assoluto della meccanica classica.” 29 .
Inoltre, al contrario di quanto asserito da Leibniz, secondo il quale natura
non facit saltum 30 , la teoria dei quanta sostiene che la realtà fisica sia il risultato di movimenti non continui, bensì improvvisi, per salti quantici, non
determinabili a priori.
Si potrebbe comunque rispondere con le argomentazioni di cui al § 3.3,
cioè che la meccanica quantistica dia origine – come caso speciale – alla
28
F. ENRIQUES, La teoria della conoscenza scientifica da Kant ai giorni nostri
(1938), Bologna, Zanichelli, 1983, p. 71.
29 E. MAJORANA, Il valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali, in
“SCIENTIA”, 1942, 36, p. 64.
30 Tale nozione fu largamente accolta dall’economia neoclassica, in particolare da Marshall che la pose come motto ai suoi Principles of economics.
17
Marco Bergamaschi
meccanica newtoniana ed einsteiniana: il determinismo resterebbe perciò
valido per gli esseri umani – in quanto oggetti dell’esperienza comune –
nonché per il concetto paretiano di equilibrio, inteso in senso meccanicistico.
Tale obiezione – corretta, in quanto il grado di incertezza delle masse risulta significante solo nell’ambito dei fenomeni sub-atomici - deriva tuttavia
dalla presunzione di poter attuare una “costruzione logica del mondo 31 ”,
mediante stilizzazioni matematiche e visioni meccanicistiche, senza però
avvedersi che sussistono esempî di incompletezza, contraddittorietà, complessità in scienze appunto quali, (a) l’aritmetica e la logica, (b) la geometria, (c) l’astronomia, (d) la meteorologia.
A) Il logico e matematico viennese Kurt Gödel pubblica nel 1931 il saggio Sulle proposizioni formalmente indecidibili dei “Principia Mathematica” e dei sistemi affini, ove dimostra che, dato un qualsiasi sistema assiomatico (quale, ad esempio, l’aritmetica e la geometria euclidea) è sempre possibile trovare una proposizione del sistema la cui verità non è dimostrabile
sulla base degli assiomi su cui si regge il sistema stesso.
Dalla citata antinomia gödeliana consegue l’impossibilità di conoscere in
modo completo ed esaustivo l’universo fisico, descritto in termini di leggi
matematiche, data la indimostrabilità a priori di un asserto del sistema logico-matematico considerato 32 .
B) Mandelbrot, matematico francofono ma di origine polacca, scopre i
frattali (dal latino “fractus”, ossia interrotto, irregolare), enti geometrici pur
chiusi, e tuttavia caratterizzati da una dimensione infinita, che misura il loro
grado di irregolarità e di eventuale interruzione. Mentre nella geometria euclidea le dimensioni sono idealmente rappresentate da numeri interi (0 per il
punto, 1 per la retta, 2 per la superficie, 3 per lo spazio), le dimensioni frattali sono date da un numero frazionario o irrazionale, per una migliore comprensione della complessità insita in un oggetto reale.
Su tale aspetto, Mandelbrot aggiunge:
“La geometria uscita direttamente dai Greci ha trionfalmente spiegato il movimento dei pianeti, pur continuando a trovare delle difficoltà nei confronti
della distribuzione delle stelle. Analogamente è riuscita a rendere conto del
movimento delle maree e delle onde, ma non della turbolenza atmosferica e
oceanica. […] La geometria frattale è caratterizzata da due scelte: la scelta di
problemi in seno al caos della natura, dato che descrivere tutto il caos sarebbe
31
32
Tale è il titolo di un’opera di Rudolf Carnap.
Cfr., J.D. BARROW, Teorie del tutto, Milano, Adelphi, 1992.
18
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
un’ambizione senza speranza e senza interesse; e la scelta di strumenti matematici, perché cercare delle applicazioni alla matematica, per il semplice fatto
che è bella, non ha mai prodotto altro che delusioni.” 33 .
C) Henri Poincaré pubblica, nel 1890, l’articolo Sur le problème des trois
corps et les équations de la dynamique, ove dimostra l’impossibilità teorica
di rendere esplicite, nel caso di tre o più corpi celesti che si attraggano reciprocamente secondo la legge di Newton, le relazioni delle posizioni col
tempo, tenendo conto delle condizioni iniziali (posizione e velocità) 34 . La
configurazione geometrica di questa scoperta evidenzia una forma di complessità – e di anomalia – in netto contrasto con il carattere <semplice> delle
leggi naturali della fisica classica.
Poincaré, pur dichiarando di non voler neppure tentare di disegnare
l’astrusa figura che gli si profilava innanzi, riprende un celebre aforisma di
Pascal, secondo il quale “se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, tutta la
faccia della terra sarebbe mutata” 35 , e introduce il concetto della “dipendenza sensibile alle condizioni iniziali” 36 . Mediante tale nozione si designa una
situazione ove variazioni pur minime delle condizioni iniziali, assolutamente impossibili da determinarsi ex ante, modificano in modo imprevedibile
l’evolversi dei sistemi.
Poincaré così illustra il punto:
“Una causa molto piccola, che ci sfugge, determina un effetto considerevole
che non possiamo non vedere, e allora diciamo che questo effetto è dovuto al
caso. Se noi conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione
dell’Universo all’istante iniziale, potremmo predire esattamente la situazione
di questo stesso Universo in un istante successivo. Ma, anche nel momento in
cui le leggi naturali non avessero più segreti per noi, non potremmo conoscere la situazione iniziale che in modo approssimativo. […] Può succedere che
piccole differenze nelle condizioni iniziali ne generino di molto grandi nei
fenomeni finali; un piccolo errore nelle prime produrrebbe un errore enorme
negli ultimi. La predizione diviene impossibile e abbiamo un fenomeno casuale. […] Perché i meteorologi incontrano tante difficoltà nel predire il tempo con qualche certezza? […] Noi vediamo che le grandi perturbazioni si
33
B.B MANDELBROT, Gli oggetti frattali (1972), Torino, Einaudi, 1987, pp. 12-16.
Più compiutamente, il problema degli n corpi, proprio della meccanica celeste, consiste nel determinare il moto di n corpi soggetti alla forza di attrazione gravitazionale. In base
alla legge di Newton, l’attrazione fra due corpi è proporzionale, secondo una costante universale g, al prodotto delle loro masse m1, m2 e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza r. Il problema consiste dunque nel risolvere il sistema di equazioni differenziali del moto, derivante da una forza f, agente sul corpo i-esimo, data dalla somma di tutte
le azioni gravitazionali.
35 B. PASCAL, Pensieri (1670), a cura di A. Bausola, Milano, Rusconi, 1993, p. 113.
36 H. POINCARÉ, Science et méthode, Parigi, Flammarion, 1908.
34
19
Marco Bergamaschi
producono generalmente nelle regioni dove l’atmosfera è in equilibrio instabile. I meteorologi si rendono perfettamente conto che quest’equilibrio è instabile, che un ciclone nascerà da qualche parte; ma dove? Sono ben lontani
dal poterlo dire; un decimo di grado in più o in meno in un punto qualsiasi e
il ciclone esplode qui e non là, e devasta con la sua furia contrade che altrimenti avrebbe risparmiato.” 37 .
D) Il meteorologo americano Lorenz 38 , sulla base delle equazioni della
fluidodinamica 39 , giunge alla conclusione che i fenomeni atmosferici sono –
in linea di principio – impossibili da prevedere; donde la conclusione che
l’atmosfera è un fenomeno <turbolento>, analizzabile solo mediante modelli
matematici <caotici> (cioè, stocastici e approssimativi).
4. Conclusioni
Il principio di indeterminazione di Heisenberg e i quattro esempî citati di
incompletezza delle scienze <esatte> mostrano come la realtà si presenti in
modo vario, multiforme, talora sfuggente, donde la necessità di descrivere i
fenomeni mediante una logica probabilistica, ossia mediante le leggi della
statistica.
Occorre poi dire che, mentre nella fisica quantistica la descrizione approssimativa e stocastica è necessariamente ontologica (incertezza), in quanto concerne il modo di essere della realtà, viceversa nella descrizione dei
macro-fenomeni, a causa della loro elevata complessità, la logica probabilistica introduce un grado di approssimazione a priori (inesattezza, cioè, errore nella misurazione) che riguarda necessariamente la sfera epistemologica.
Conclude, su tale aspetto, David Ruelle:
“[…] Quei sistemi sono imprevedibili nella loro evoluzione, perché lo stato
iniziale di un sistema complesso non può mai essere conosciuto con estrema
precisione: è necessario sempre ammettere una piccola quantità di caso.” 40 .
37
H. POINCARÉ, op. cit., p. 142.
E. LORENZ, Deterministic non-periodic flow, in “Journal of the Atmospheric Science”, 20, 1963. L’Autore parla di <effetto farfalla>: un battito d’ala di farfalla sul golfo
del Bengala potrebbe innescare un ciclone a migliaia di distanza.
39 La fluidodinamica è la parte della meccanica che si occupa delle leggi riguardanti il
moto dei fluidi (liquidi e aeriformi) in relazione sia alle cause che hanno provocato tale moto, sia agli effetti. I fluidi vengono considerati quali “sistemi continui”, le cui particelle
compiono un movimento viscoso o non viscoso a seconda delle traiettorie intraprese, queste
ultime rappresentate mediante equazioni differenziali non lineari.
40 D. RUELLE, Caso e Caos, traduzione di L. Bosio, Torino, Boringhieri, 1992, p. 94.
38
20
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
Pertanto, a fronte di eventi complessi 41 – eventi cioè dominati da imprevedibilità, soggettività, finalismo, libera scelta, quali, fra gli altri, quelli sociali ed economici – la loro contemplazione mediante astrazioni matematiche e concetti desunti dalla fisica classica appare impropria rispetto
all’indeterminazione logica – tanto a priori, quanto a posteriori – definita
da Demaria nei seguenti termini:
“L’indeterminazione logica deriva dalla impossibilità razionale di stabilire,
misurare e osservare o semplicemente definire esattamente, tanto a priori,
quanto a posteriori, tutti i nessi di ordine esistenti tra i fatti osservabili o osservati in natura. L’indeterminazione logica può quindi esistere nell’universo
di eventi di tipo deterministico e in quello di tipo indeterministico. Essa, cioè,
è il prodotto o dell’insufficienza dell’intelligenza umana, che non è in grado
di osservare compiutamente i fatti rilevati (e in particolare commette sempre
degli errori nella misura delle osservazioni), oppure dal fatto che l’uniformità
trovata è stata stabilita soltanto con il processo induttivo. Nel primo caso,
come già sappiamo, indeterminazione significa soprattutto inesattezza. Nel
secondo, incertezza.” 42 .
In altre parole, ciò dipende dal determinismo a priori: rifiutato da chi studia i fenomeni sub-atomici della fisica, accettato da chi, al contrario, analizza i molteplici fenomeni complessi, presenti nelle più disparate discipline
scientifiche.
Va infine aggiunto che il principio di indeterminazione di Heisenberg,
nelle sue conseguenze a) ontologica, quale approssimazione stocastica
dell’oggetto, b) epistemologica, quale ineliminabilità dell’osservatore 43 e la
succitata teoria dei fenomeni complessi, sembrano confermare le riflessioni
dell’anti-intellettualismo moderno, nonché dei filosofi detti <del tempo>
(Bergson, Alexander, Carr, Whitehead, Croce).
Infatti, l’attività ermeneutica e sintetica della realtà fenomenica, tutta indeterminata a priori, è una concezione di tipo <vitalista>, ove elementi fondanti sono i cd. fatti entelechiani. Chiarisce tale aspetto Demaria:
41 La definizione di fenomeno complesso, propugnata dai ricercatori del Santa Fe Institute – teorici della <scienza della complessità>, è la seguente: un fenomeno è definibile
complesso quando molti agenti indipendenti interagiscono tra loro in infiniti modi possibili.
In tal senso dicasi anche <caotico>.
42 G. DEMARIA, Trattato di logica economica, vol. I, Padova, CEDAM, 1974, pp. 4748.
43 Nella concezione vitalista, il soggetto pensante viene definito quale “centro di vita e
di movimento”, cogliendo in pieno l’interpretazione husserliana della coscienza di cui si è
accennato a p. 11 del presente saggio.
21
Marco Bergamaschi
“In sostanza, vi sono sempre, in natura, dei fatti nuovi che accadono, la cui
determinazione a priori è del tutto impossibile. Tali, nel mondo economico,
le guerre, le carestie, le epidemie, i terremoti, le invenzioni, i mutamenti della
moda, i trattati internazionali con cui resta modificato il grado di inserimento
di un’economia nel mondo, e gli stessi sistemi storici del mercantilismo,
dell’imperialismo, del corporativismo, del socialismo, del comunismo, frutti
in gran parte di libere volontà di pochi o di molti e non solo portato dei tempi. Chiamiamo questi fatti nuovi, fatti entelechiani.” 44 .
Dunque, non ammettendosi nella concezione vitalista il determinismo a
priori – giacché, ad esempio, molteplici fatti entelechiani o le posizioni che
questi possono assumere, non lo consentono – se ne esprime qui pure
l’accadimento in termini di probabilità, intesa quale “logica polivalente stocastica in senso stretto applicata ai problemi di indeterminazione dinamica” 45 .
Sul punto è esemplificativo il paragone che Majorana compie tra l’atomo
e l’uomo:
“[…] La disintegrazione di un atomo è un fatto semplice, imprevedibile, che
avviene improvvisamente e isolatamente dopo un’attesa talvolta di migliaia e
perfino di miliardi di anni […]. Non vi è nulla dal punto di vista strettamente
scientifico che impedisca di considerare come plausibile che all’origine di
avvenimenti umani possa trovarsi un fatto vitale egualmente semplice, invisibile e imprevedibile. Se è così, come noi riteniamo, le leggi statistiche delle
scienze sociali vedono accresciuto il loro ufficio che non è soltanto quello di
stabilire empiricamente la risultante di un gran numero di cause sconosciute,
ma soprattutto di dare della realtà una testimonianza immediata e concreta.” 46 .
A questo punto è necessario distinguere due tipi di indeterminazione, a
seconda che esso a) riguardi la fisica contemporanea e l’analisi dei fenomeni
complessi, o b) concerna gli schemi vitalisti.
Il tipo a) si declina – del resto lo si è già notato - in un’indeterminazione
di tipo logico tanto a priori, quanto a posteriori, mentre il tipo b) si declina
in un’indeterminazione di tipo dinamico, in quanto i fatti entelechiani non
possono essere conosciuti con precisione in base ai dati del passato e del
presente.
44
G. DEMARIA, op. cit., pp. 39-40.
G. DEMARIA, op. cit., p. 46.
46 E. MAJORANA, Il valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali, in
“SCIENTIA”, 1942, 36, p. 66.
45
22
Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
Con quanto brevemente esposto ora, si è tentato di rispondere al quesito
relativo alle conseguenze dell’applicabilità del metodo (neo)positivista alle
Sozialwissenschaften (§ 3.1).
Si è cioè cercato di dimostrare come tale metodo – nonostante muova da
ipotesi di certezza, esattezza, rigore – conduca tuttavia alla formulazione di
leggi inadeguate a descrivere la complessità e l’imprevedibilità dei fenomeni economici.
In tal senso, applicando cioè i principî della meccanica quantistica - condicio sine qua non affinché si possa parlare poi di meccanica classica - alle
relazioni fenomeniche in economia, si deve necessariamente concludere in
favore di leggi rette da una logica probabilistica, accettando dunque i)
l’ineliminabilità degli effetti dell’osservazione del soggetto sull’oggetto, ii) i
limiti ontologici dell’oggetto stesso.
Quand’anche si accettasse perciò l’impostazione metodologica di Pareto
– l’economia pura come la meccanica razionale classica, fondata su assiomi
non-empirici e su regole procedurali logico-matematiche 47 - si dovrebbe poi
concludere che essa è quantomeno anti-realistica, giacché disconosce il
principio di indeterminazione logica i) a priori (incertezza), ii) a posteriori
(inesattezza), nonché iii) il principio di indeterminazione dinamica – ossia
gli entelechiani – proprio della concezione vitalista.
E dunque per concludere – sia sul punto sia tematicamente – si riportino
le due seguenti osservazioni, rispettivamente di Hans Mayer e di J.A.
Schumpeter.
In tema ad esempio di costruzione delle linee di indifferenza, è assai
chiara la critica di Mayer:
“Come può essere stabilita l’indifferenza di determinate combinazioni, nel
numero infinitamente grande delle combinazioni possibili? […] Innanzitutto
dunque – come fa il Pareto – si chiede al soggetto economico quali combinazioni, quantitativamente variabili di due beni (ad esempio pane e vino), sarebbero per lui “indifferenti”, ossia avrebbero lo stesso valore; e si ottiene in
risposta – secondo il Pareto – tutta una lunga serie di combinazioni di questo
genere; la serie anzi potrebbe essere indefinitamente prolungata. […] Prescindendo dal fatto che per condurre a termine un simile “esperimento” per il
quale occorrerebbe alla lettera un numero infinito di rilevazioni, non sarebbero sufficienti il tempo e le forze di un intera generazione umana […]. Ciò che
invece non si può fare a meno di considerare è l’impossibilità reale di eseguire l’esperimento: impossibilità connaturata con l’oggetto di esso e, nel nostro
caso, psicologica. Si pretende dagli individui interrogati una serie infinita di
osservazioni riguardanti l’indifferenza di un numero infinito di combinazioni
di beni, dei quali in verità solo alcuni pochi di essi sono ad essi familiari; si
47
A. CANZIANI, La natura economica dell’impresa, Brescia, Paper numero 32 del Dipartimento di Economia Aziendale, 2004, pp. 15-16.
23
Marco Bergamaschi
esige ancora che essi riproducano nelle loro risposte rettamente, con esattezza
matematica, questo numero infinito di osservazioni (non esistenti). L’una e
l’altra cosa sono evidentemente pure finzioni: si finge che l’individuo, interrogato, dia le risposte di cui l’economista teorico ha bisogno. Non si tratta di
un esperimento vero e proprio, ma della finzione di un esperimento, compiuta
allo scopo di fornire al teorico i risultati che egli postula a priori.” 48 .
Mayer intende evidenziare come, mediante l’<esperimento> descritto, si
possa dedurre tutto ciò che si vuole, rectius si possano formulare leggi che
riposano non sulle effettive risposte dell’individuo interrogato riguardo
all’indifferenza di determinate combinazioni, bensì sui risultati
dell’esperienza personale dello scienziato riguardo all’importanza relativa
del benessere prodotto dalle molteplici combinazioni 49 .
In tema di finzione nel campo delle scienze economiche interviene infine
Schumpeter:
“Quando noi definiamo come “esatto” il nostro modo di procedere, noi non
pronunciamo alcun giudizio sfavorevole su altri ragionamenti; ed infine noi
non facciamo alcun accostamento indebito con la fisica […] Neanche in natura succede alcunché di “esatto” e se anche, nonostante questo, si sostiene che
ciò avviene, questo non è altro che una opportuna finzione.” 50 .
In conclusione, con il presente lavoro non si è inteso annotare criticamente l’opera di Pareto, e tanto meno disconoscerne la rilevanza dell’apporto
nel campo dell’economia teoretica – diceva Ugo Spirito, pur largamente critico, “da Pareto occorre passare” -: si è desiderato indagare l’odierno valore
euristico del sistema paretiano ai fini della comprensione dell’economia nella sua realtà, alla luce i) delle critiche all’impostazione (neo)positivista, ii)
degli sviluppi della fisica contemporanea, iii) di alcuni rilevanti esempî di
<inesattezza> in scienze pur un tempo ritenute <esatte>.
48
H. MAYER, Il concetto di equilibrio nella economica, in Nuova Collana di Economisti, vol. IV, Economia Pura, a cura di Gustavo Del Vecchio, Torino, UTET, 1937, pp. 760762.
49 Trattasi della nota teoria paretiana della ofelimità.
50 J. A. SCHUMPETER, L’essenza e i principî dell’economia teorica, traduzione di G.
Calzoni, Bari, Laterza, 1982, pp. 73-74.
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Note sul principio di indeterminazione nelle scienze sociali
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ARTI GRAFICHE APOLLONIO
Università degli Studi
di Brescia
Dipartimento di
Economia Aziendale
Marco BERGAMASCHI
NOTE SUL PRINCIPIO
DI INDETERMINAZIONE
NELLE SCIENZE SOCIALI
Paper numero 58
Università degli Studi di Brescia
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Dicembre 2006
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