Il Comitato Etico - Fondazione Don Gnocchi

Il Comitato Etico
della Fondazione Don Gnocchi
PARERI ESPRESSI, TEMI DISCUSSI, PROSPETTIVE (2001 - 2012)
Il Comitato Etico
Indice
«L’uomo moderno è continuamente posto di fronte
a situazioni nelle quali è molto difficile dire
fin dove arriva il lecito e dove comincia l’illecito,
a proposte nelle quali non si vede chiaramente
quale sia la parte del dovere e quella dell’interesse egoistico,
a forme e sistemi di vita sconcertanti per la loro novità
dei quali non è facile definire la natura morale.
La vita ad alta velocità, la confluenza
degli elementi più discordi, l’assoluta novità
delle situazioni richiedono nell’uomo moderno
una prontezza di riflessi morali, una precisione e sottigliezza
di giudizio, una duttilità nelle forme, contro una rigidità assoluta
nei principi, quali poche epoche della storia hanno domandato
alla coscienza umana. La vita moderna,
nei suoi aspetti morali, è un volo tempestoso
ad alta quota, quando la vita passata poteva essere
una buona passeggiata per pensionati»
Don Carlo Gnocchi
(Restaurazione della persona umana, 1946)
Antropologia, etica e deontologia della cura............................................ pag.
4
Premessa
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..............................................................................................................
Introduzione
• Principi ispiratori ...................................................................................
• Normativa e funzioni ..........................................................................
• Cenni storici .............................................................................................
• Regolamento ...........................................................................................
• Composizione .........................................................................................
pag.
pag. 8
pag. 9
pag. 10
pag. 14
pag. 17
Attività
• Pareri espressi ........................................................................................ pag. 22
• Temi etico-antropologici discussi ............................................ pag. 27
Nodi problematici
..........................................................................................
pag. 42
Prospettive
• Comitato Etico e Direzione Scientifica ................................. pag. 44
• Comitato Etico e Formazione....................................................... pag. 47
Allegati
• Regolamento del Comitato Etico della Fondazione ....................
• Richieste esaminate per tipo di studio ..............................................
• Richieste esaminate per soggetto proponente .............................
• Sperimentazioni cliniche di medicinale a fini industriali esaminate .....
• Sperimentazioni cliniche di medicinale no profit esaminate ................
• Indagini cliniche con dispositivo medico esaminate ..............................
La Fondazione Don Gnocchi
2
....................................................................
pag. 70
pag. 80
pag. 82
pag. 84
pag. 96
pag. 100
pag. 104
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Il Comitato Etico
Antropologia, etica
e deontologia della cura
«Questa crisi secolare, è diventata ormai una crisi di passaggio ad un mondo
migliore, una crisi di “promozione” a una civiltà cristiana. In questo tormentoso
periodo della nostra storia, caratterizzata da guerre e sommovimenti sociali di
proporzioni ciclopiche e di violenza tellurica, qualche cosa di grande muore e
inesorabilmente tramonta; ma pure qualche cosa nasce di profondamente
nuovo e gaudioso. È quello che si può chiaramente intuire assai più dai fremiti
della veniente aurora che dalle sue anticipazioni concrete; più dalle inespresse
tendenze del nostro tempo che dalle sue conquiste. Il mondo è nei dolori del
parto e sta generando un ordine nuovo: le sue strutture economiche, politiche,
sociali, culturali e religiose sono tutte travagliate da questa faticosa generazione… Compito della nuova civiltà è anzitutto quello di recuperare quanto di verità è andato frammisto agli errori del tempo... La mente umana è fatta per la
verità, come l’occhio è fatto per la luce e non per le tenebre».
Le parole di don Carlo Gnocchi, consegnate alla conclusione di
“Restaurazione della persona umana” (1946), sembrano evocare le
caratteristiche e i paradossi dello scenario socioculturale dei nostri giorni, dentro una crisi epocale - non solo economico-finanziaria - che tuttavia custodisce i germi di un futuro, che può annunciarsi come sorpresa e come promessa: sono i paradigmi di una “speranza affidabile”.
In quest’ottica si iscrive la storia del Comitato Etico della Fondazione
Don Gnocchi, i cui tratti salienti (almeno da un decennio ed oltre) sono
qui rappresentati nella dimensione quantitativa e in parte qualitativa.
Esso rappresenta un tempo e uno spazio che ha accompagnato e
accompagna la vicenda dell’Opera, che ha voluto, nella memoria grata
del fondatore, oggi Beato, farsi prossima ai confini dell’esistenza
umana: dall’accoglienza e cura dei bambini e ragazzi con gravi disabilità, ai pazienti in stato vegetativo prolungato, ai malati oncologici terminali (e al recente avvio delle attività di oncogeriatria), alle persone
affette da sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, malattie di
Alzheimer e Parkinson.
Un percorso all’insegna dell’“Accanto alla vita, sempre”, il motto che
accompagna il quotidiano prodigarsi degli operatori “Don Gnocchi”,
fatto proprio anche da Benedetto XVI nel messaggio in occasione
della beatificazione di don Carlo.
Per la Fondazione Don Gnocchi l’istituzione del Comitato Etico non è
stata soltanto l’adempimento di una norma afferente, in particolare, gli
Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico-IRCCS; essa ha tradotto e traduce la dimensione fondamentale dell’etica della vita, il
rispetto e la promozione della sua sacralità, della sua dignità e dunque
anche della sua qualità.
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Per questo, come si evince dall’articolazione del presente contributo,
accanto alla rubricazione delle ricerche, degli studi osservazionali,
delle sperimentazioni cliniche e farmacologiche, trova spazio la correlazione dinamica tra Comitato Etico e Comitato Tecnico scientifico, tra
Comitato Etico e Formazione, soprattutto nella sua dimensione eticoantropologica.
In prospettiva per il futuro, oltre alla consegna di mantenere correlata
la funzione di valutazione delle sperimentazioni alla formazione eticoantropologica dei nostri operatori, mi pare decisivo fare riferimento al
carisma di don Gnocchi, che ci affida alcune brevi riflessioni.
Si tratta dell’antropologia, dell’etica e della deontologia della cura.
L’antropologia della cura genera e rigenera percorsi ed itinerari atti ad
anticipare il senso promettente e sorprendente della vita. Evoca la
domanda di senso, propizia e promuove la differenza tra curare (cure)
e prendersi cura (care).
L’etica della cura genera e rigenera il prendersi cura come affidamento/fede/ fiducia/fedeltà: l’orizzonte del fidarsi e dell’affidarsi e come
promessa/ attesa/speranza.
La deontologia della cura genera e rigenera il prendersi cura come
rispetto, come responsabilità, come riconoscenza, come risposta.
Invito ciascun operatore “Don Gnocchi” a custodire, promuovere,
approfondire ed attuare questi spunti di riflessione nell’impegno di ogni
giorno accanto alle persone più fragili che si affidano ai servizi della
Fondazione.
Ringrazio di cuore il presidente, il vicepresidente e gli attuali membri
del Comitato Etico della Fondazione Don Gnocchi, il segretario
Simone Andolfo, insieme a tutti coloro che ne hanno fatto parte in questi anni, per il prezioso lavoro svolto, per il contributo e gli stimoli offerti in questo percorso di crescita insieme.
Mons. Angelo Bazzari
Presidente Fondazione Don Gnocchi
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Il Comitato Etico
Premessa
La premessa al rapporto istruttorio del Comitato Etico della Fondazione Don Gnocchi vuole esplicitare le ragioni di una rassegna documentaria sulla storia di un percorso, nel momento in cui trova compimento la revisione istituzionale e amministrativa dei Comitati Etici.
Ci si riferisce al comma 10 dell’art. 12 della legge189/2012 , che prevede la riorganizzazione - entro il 30 giugno 2013 - da parte di ciascuna delle Regioni e delle Provincie autonome di Trento e Bolzano dei
Comitati Etici istituiti nel proprio territorio. La competenza territoriale
(una o più province) deve rispettare il parametro di un Comitato per
ogni milione di abitanti, fatta salva la possibilità di prevedere un ulteriore Comitato Etico, con competenza estesa a uno o più Istituti di
Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS).
La scelta dei Comitati da confermare tiene conto del numero dei pareri unici per sperimentazione clinica di medicinali emessi nel corso dell’ultimo triennio. La competenza di ciascun Comitato può riguardare,
oltre alle sperimentazioni cliniche dei medicinali, ogni altra questione
sull’uso dei medicinali e dei dispositivi medici, sull’impiego di procedure chirurgiche e cliniche, o relativa allo studio di prodotti alimentari sull’uomo, generalmente rimessa, per prassi internazionale, alle valutazioni dei Comitati. Sono comunque assicurate l’indipendenza di ciascun comitato e l’assenza di rapporti gerarchici tra diversi comitati.
Il Decreto Ministeriale 8 febbraio 2013 , ha fissato i nuovi criteri per
la composizione e il funzionamento dei Comitati Etici e ha stabilito che
l’istituzione di un ulteriore Comitato Etico con competenza estesa a
più IRCCS, avviene attraverso la creazione di sezioni del suddetto
Comitato per ciascun IRCCS. Gli effetti sul Comitato Etico della
Fondazione derivanti dalla revisione del sistema, trovano ultima e definitiva espressione nella riorganizzazione disposta dalla regione
Lombardia (autorità competente per territorio) con il Decreto n. 5493
del 25 giugno 2013 . Nel nuovo quadro lombardo gli organismi esistenti vengono organizzati in dieci Comitati Etici più un undicesimo
Comitato per gli IRCCS distinto in dodici sezioni; il Comitato Etico
della Fondazione Don Gnocchi figura come Sezione del
“Comitato Etico Centrale IRCCS Lombardia”.
Al di là di questa contingenza, seppur significativa e potenzialmente
decisiva, appare utile raccogliere in maniera sintetica e, in qualche
modo narrativa, la vicenda del Comitato Etico della Fondazione Don
Gnocchi. Si tratta di rubricarne i paradigmi fondamentali, attraversando itinerari e percorsi, correlati alla mission della Fondazione e ai principali cardini della ricerca.
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Ma il Comitato Etico della Fondazione Don Gnocchi, pur rispettando e
attuando i contenuti della normativa europea, italiana e regionale, si è
affacciato sulle ragioni e sulle regioni dell’umano nella cura, sia pure in
maniera che potremmo definire “aurorale”: ciò è rilevabile dall’attenzione ad alcuni studi osservazionali, alla valutazione di problematiche etiche emerse nei Centri e affidate a una riflessione del Comitato, come
l’approfondimento (con i relativi contributi) a significativi percorsi di formazione, di cui si dà conto nel presente contributo: il riferimento è alla
formazione (intercentrica) sul campo per gli operatori che stanno
accanto ai pazienti che vivono nell’ombra della morte o ai percorsi di
ricerca (intercentrica) delle ragioni e delle regioni dell’umano nella cura,
nella riabilitazione e nell’assistenza. L’attenzione propositiva anche a
testi normativi (le dichiarazioni anticipate di trattamento e le cure palliative) hanno avuto molteplici occasioni per l’approfondimento, problematico e propositivo, in differenziate sedute del Comitato.
Si richiamano qui alcuni dei profili fondamentali dell’antropologia, sottesa alle problematiche etiche delle sperimentazioni, per sottolineare la
costante attenzione al pensiero del Beato don Carlo Gnocchi.
Sarebbe interessante approfondire il rapporto tra antropologia (in
“Restaurazione della persona umana”, per esempio) ed etica in don
Gnocchi; la problematizzazione, sempre nella riflessione di don Carlo,
del rapporto tra individuo e persona; il profilo culturale, tecnico ed
etico della riabilitazione...
Per questo, al termine della rubricazione di un percorso conoscitivo
della vicenda del Comitato Etico della Fondazione, si raccoglieranno
alcune provocazioni ed alcune proposte di riflessione etico-antropologica, che ci pare possano emergere dall’esperienza qui raccontata,
talvolta esplicita, talvolta allusa.
Sono affidate a tutte le persone che oggi abitano la “baracca” di don
Gnocchi: operatori, ospiti, familiari, amici...
Le consegniamo all’ultimo capitolo sotto il profilo delle “prospettive”.
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Decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 settembre 2012, n. 214) coordinato con la legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189, recante: «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello
di tutela della salute.». S.O. alla G.U. n° 263 del 10 novembre 2012.
2
Decreto Ministero della Salute 8 febbraio 2013 “Criteri per la composizione e il funzionamento dei Comitati Etici” (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 del 24 aprile 2013)
3
Decreto Direzione Generale Salute n. 5493 del 25 giugno 2013 “Riorganizzazione dei
Comitati Etici della Regione Lombardia - Approvazione delle linee guida per l’istituzione e
il funzionamento” (pubblicato sul BURL n. 28 del 28 giugno 2013).
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Il Comitato Etico
Introduzione
Principi ispiratori
Normativa e funzioni
Il Comitato Etico si ispira, secondo le tradizioni statutarie della Fondazione, al principio cristiano della carità e della promozione integrale
della persona e si richiama al patrimonio di valori dell’Ente, che si propone esclusivamente il perseguimento di finalità di solidarietà sociale
nei settori dell’assistenza sanitaria, dell’assistenza sociale e socio-sanitaria e della ricerca scientifica di particolare interesse sociale, nonché
dell’istruzione e della formazione.
Il Comitato Etico ha natura di organo indipendente, è istituito e opera ai
sensi della vigente normativa (Decreto Ministeriale del 12 maggio 2006
e successive modificazioni) e i suoi componenti sono nominati, in conformità ai requisiti di legge previsti, dal Consiglio di Amministrazione della
Fondazione su proposta del presidente.
Il paradigma di riferimento è costituito dagli obiettivi definiti dallo statuto della Fondazione, che sono:
• provvedere all’assistenza, alla tutela della salute, alla cura e al recupero funzionale, sociale e morale di soggetti svantaggiati, di
qualunque età, sesso e condizione, affetti da minorazioni fisiche,
psichiche o sensoriali, intervenendo anche con soluzioni innovative o sperimentali;
• curare l’organizzazione e l’erogazione delle prestazioni dirette alla
cura e alla riabilitazione di soggetti con patologie invalidanti, temporanee o stabilizzate;
• attuare il sostegno nel reinserimento familiare, lavorativo e sociale
dei soggetti dimessi dal trattamento riabilitativo;
• promuovere, attuare e divulgare la ricerca scientifica su temi di particolare interesse sociale in campo tecnologico, medico e sociale,
relativi alla prevenzione, all’assistenza, alla cura e alla riabilitazione
delle minorazioni e delle disabilità, anche in collegamento con organizzazioni nazionali e internazionali aventi analoghe finalità;
• realizzare e diffondere protesi, risorse, ausili e tecnologie per la riduzione degli stati di minorazione e per la facilitazione delle persone svantaggiate;
• svolgere attività di promozione culturale, di addestramento, di
istruzione, formazione e aggiornamento a favore dei soggetti svantaggiati e di coloro che, a titolo professionale, o di studio, o volontario operano a favore dei soggetti svantaggiati stessi, nei settori
dell’assistenza sanitaria, socio-sanitaria, sociale, dell’istruzione e
del lavoro.
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L’organismo svolge in particolare le seguenti funzioni:
• funzione consultiva in relazione a questioni etiche connesse con
le attività di sperimentazione clinica, medico-riabilitativa, educativoassistenziale, didattica e amministrativa, allo scopo di proteggere e
promuovere i valori della persona umana;
• funzione di garanzia per assicurare la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti inclusi negli studi clinici fornendo, nei casi e nei modi previsti dalla legge, pubblica garanzia di tale
tutela;
• funzione formativa attraverso iniziative di formazione e di sensibilizzazione sui temi di rilievo in materia di bioetica.
In particolare, le attribuzioni si articolano come segue:
funzione consultiva: si esplica nella discussione e definizione degli
aspetti etici delle sperimentazioni cliniche e farmacologiche, delle ricerche biologiche, degli interventi terapeutico-riabilitativi, del rapporto medico paziente, del rapporto tra operatori sanitari, educativi
e di assistenza fra loro e con la Fondazione, delle scelte didattiche,
delle decisioni economico-amministrative, nei momenti in cui
siano in gioco importanti e delicate questioni morali;
funzione di garanzia: avviene con l’esame e la valutazione etica,
scientifica e metodologica degli studi clinici proposti e con la verifica dell’idoneità del personale e delle strutture coinvolte, della correttezza delle informazioni da comunicare ai pazienti e della procedura seguita per acquisire il consenso, dell’adeguatezza degli accordi economici con gli enti promotori, della presenza di idonea copertura assicurativa;
funzione formativa: avviene attraverso la promozione di momenti
di riflessione, di informazione, di sensibilizzazione e di aggiornamento sul campo etico e antropologico rivolti al personale medico,
sanitario e amministrativo, alla cittadinanza e agli stessi componenti del Comitato.
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Il Comitato Etico
Cenni storici
L’istituzione del Comitato Etico presso la Fondazione Don Gnocchi ha
fatto seguito all’attribuzione al Centro “S. Maria Nascente” di Milano, il
6 marzo 1991, del riconoscimento di Istituto di Ricovero e Cura a
Carattere Scientifico (IRCCS). Il Comitato Etico si è configurato, inizialmente, come un organismo incardinato nella struttura organizzativa
dell’IRCCS, che esercita la sua funzione con riferimento esclusivo
all’attività di ricerca condotta dal suddetto Istituto.
Nella prima fase di attività, la composizione del Comitato è stata più
volte adeguata, in relazione ai mutamenti avvenuti nell’assetto organizzativo dell’IRCCS. Il 14 marzo 1998 è stata prevista, sulla base delle
indicazioni ministeriali, la non appartenenza alla Fondazione e la terzietà dei membri esperti, stabilendo che i dipendenti e i titolari di incarichi nell’ambito dell’Ente hanno solo diritto di parola, ma non di voto.
Con l’emanazione delle “Linee guida di riferimento per l’istituzione e il
funzionamento dei Comitati Etici” (D.M. 18.3.98) è stato delineato il
quadro legislativo in materia. Questo ha determinato un intervento di
modifica sostanziale della disciplina che regola l’organizzazione e il
funzionamento dell’organismo (delibera del Consiglio di Amministrazione del 14.07.98), che ha inciso sulla composizione, sulla procedura per la convocazione e sui riferimenti normativi a cui attenersi per l’effettuazione degli studi farmacologici.
Nel periodo successivo, si sono verificati ulteriori cambiamenti nella
normativa nazionale e regionale, unitamente alle variazioni intervenute
nell’ordinamento interno della Fondazione, che hanno condotto - con
provvedimento del Consiglio di Amministrazione del 25 maggio 2001
- all’aggiornamento del regolamento del Comitato.
In particolare sono state previste:
• la modifica della denominazione del Comitato Etico in “Comitato
Etico della Fondazione”, tenuto conto delle funzioni attribuite all’organismo nei confronti dell’attività di ricerca svolta anche da altri
Centri della Fondazione, nonché delle altre aree di attività sviluppate dall’Ente (assistenziale, formazione…);
• alcuni aggiustamenti, suggeriti dall’attività del Comitato Etico - e
conformi alle disposizioni della Regione Lombardia - ritenuti necessari per delineare in modo organico ed esplicito le funzioni attribui10
•
•
•
te al Comitato, soprattutto in materia di sperimentazione farmacologica, e le modalità per il loro svolgimento;
l’introduzione nel Comitato, quali membri ex officio, dei Direttori
Sanitario e Scientifico del Centro “S. Maria agli Ulivi” di Firenze della Fondazione, riconosciuto IRCCS con decreto interministeriale
del 2 agosto 2000;
l’introduzione di due rappresentanti, uno del Centro “S. Maria ai
Servi” di Parma e uno del Centro “S. Maria della Pace” di Roma,
in quanto strutture della Fondazione particolarmente impegnate nella ricerca biomedica;
il rafforzamento del principio dell’indipendenza del Comitato Etico
rispetto agli organi di gestione diretta, escludendo tra i componenti ex officio la figura del presidente della Fondazione; l’indipendenza e l’autonomia del Comitato viene accresciuta prevedendo - con
delibera del 14 settembre 2001 - l’affidamento della presidenza
dell’organismo a un altro membro, sino a quel momento assunta
dal presidente della Fondazione.
Con l’ulteriore delibera del Consiglio di Amministrazione del 21 giugno
2004 si è introdotta la possibilità di rinnovo anche consecutivo del mandato dei componenti, rilevata l’assenza nelle linee-guida ministeriali di
una prescrizione dal carattere vincolante tesa a limitare tale facoltà.
Negli anni recenti, dopo l’introduzione nell’ordinamento italiano, con il
D. Lgs. 211/2003, della direttiva dell’Unione Europea 2001/20/CE in
materia di buona pratica clinica nell’esecuzione delle sperimentazioni
cliniche dei medicinali per uso clinico (“Linee Guida dell’Unione
Europea di buona pratica clinica per l’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali per uso clinico”), il legislatore ha proseguito
l’opera di consolidamento del quadro normativo intervenendo su vari
ambiti specifici che investono l’attività dei Comitati Etici.
In particolare ci si riferisce a:
• Linee-guida per la classificazione degli studi osservazionali sui farmaci.
• Modalità di inoltro della richiesta di parere al Comitato Etico.
• Principi e linee guida dettagliate per la buona pratica clinica relativa ai medicinali in fase di sperimentazione a uso umano, nonché
requisiti per l’autorizzazione alla fabbricazione o importazione di tali
medicinali.
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Il Comitato Etico
•
•
•
•
Prescrizioni e condizioni di carattere generale, relative all’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali no profit.
Uso compassionevole del farmaco.
Requisiti minimi per le polizze assicurative a tutela dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni cliniche dei medicinali.
Attuazione della direttiva 2007/47/CE in materia di dispositivi medici impiantabili attivi e dispositivi medici.
Il provvedimento che ha contraddistinto l’evoluzione normativa avvenuta negli ultimi anni e che ha maggiormente inciso sul ruolo e sul funzionamento dei Comitati Etici e quindi, anche del Comitato Etico della
Fondazione Don Gnocchi, è stato il:
Decreto del Ministero della Salute - 12 maggio 2006
“Requisiti minimi per l’istituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei
Comitati Etici per le sperimentazioni cliniche dei medicinali”.
Pubblicato su: Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2006
Entrato in vigore il 6 settembre 2006.
Per l’attuazione delle prescrizioni stabilite dal decreto, la Fondazione
Don Gnocchi ha provveduto ai seguenti adempimenti:
ricostituzione del Comitato Etico avvenuta con ordinanza del
presidente del 2 marzo 2007, ratificata dal Consiglio di Amministrazione il 26 marzo 2007;
adeguamento della composizione al fine di garantire il regolare
funzionamento del Comitato Etico nel rispetto dei requisiti di legge
riferiti alle professionalità che debbono essere obbligatoriamente
presenti e alla quota percentuale di membri non dipendenti dall’istituzione che si avvale del Comitato;
validazione del Comitato Etico da parte della Regione Lombardia e iscrizione dello stesso nel Registro nazionale dei
Comitati Etici presso l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco);
validazione e iscrizione avvenute in data 6 marzo 2007;
adozione di un nuovo regolamento del Comitato Etico approvato dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione ed entrato in vigore il 10 novembre 2008; il documento è l’esito di un’approfondita e organica opera di revisione attraverso la quale si è giunti a un nuovo impianto regolamentare che nei contenuti risulta pienamente aderente ai nuovi indirizzi normativi;
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istituzione di una tariffa (diritto fisso di segreteria) a carico dei
promotori (soggetti giuridici privati aventi scopo di lucro) delle richieste di parere sottoposte al Comitato Etico: lo strumento è finalizzato - in accordo con l’intento del legislatore - a garantire, almeno
parzialmente, anche sul piano economico, la natura di organo indipendente del Comitato Etico;
pubblicità dei lavori del Comitato, con l’apertura nel sito internet
della Fondazione di uno spazio specifico che raccoglie le informazioni sulla composizione, sull’organizzazione e sul funzionamento
dell’organismo, sulla modulistica correlata alla presentazione delle
richieste e il testo della principale normativa di riferimento; la sezione del sito si configura come uno strumento di supporto per dare
visibilità e trasparenza al funzionamento del Comitato Etico e per
svolgere la funzione di informazione, e più in generale, di servizio
rivolta agli interlocutori di riferimento.
In attuazione di quanto stabilito dall’art. 12 comma 10 del D.L.
58/2012 coordinato con la Legge di conversione 189/2012, il
Ministero della Salute - con Decreto dell’8.02.2013 (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 96 del 24.04.2013) - ha stabilito i criteri per la
composizione e il funzionamento dei Comitati Etici. I nuovi criteri confermano la disciplina fissata dal precedente decreto del 2006
(che resta in vigore) e la integrano con alcune novità.
Le più significative riguardano:
la possibilità per le Regioni, nel caso istituiscano un Comitato
Etico con competenza estesa agli IRCCS, di istituire sezioni del
Comitato per ciascun IRCCS;
l’aumento delle figure obbligatorie nella composizione dei
Comitati per comprendere una gamma più ampia di aree disciplinari;
l’estensione dei parametri di cui il Comitato deve tenere conto
nelle proprie valutazioni, alle indagini cliniche con dispositivi medici e
agli studi sui prodotti alimentari.
La Regione Lombardia (competente in rapporto all’attività del Comitato
della Fondazione) ha disposto con il Decreto n. 5493 del 25 giugno
2013 (pubblicato sul BURL n. 28 del 28 giugno 2013) la riorganizzazione dei Comitati Etici esistenti nel proprio territorio prevedendo dieci
Comitati Etici più un undicesimo Comitato per gli IRCCS distinto in
dodici sezioni; il Comitato Etico della Fondazione Don Gnocchi
figura come Sezione del “Comitato Etico Centrale IRCCS
Lombardia”.
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Il Comitato Etico
Regolamento
“Il Comitato Etico deve adottare un regolamento che dettagli
compiti, modalità di funzionamento, regole di comportamento conformemente alle normative vigenti [...] che preveda tutti gli aspetti del
funzionamento proprio e dell’Ufficio di segreteria tecnico-scientifica,
secondo quanto previsto dalle norme di buona pratica clinica di cui
al decreto ministeriale 15 luglio 1997 e successivi aggiornamenti”.
(cfr art. 4 DM 12/5/06).
di Buona Pratica Clinica e alle indicazioni del Comitato Nazionale
di Bioetica, quali riferimenti per la valutazione del consenso informato, documento che riveste particolare rilevanza secondo la legislazione (D.M. 21.12.2007) che regola le modalità di presentazione e di esame della richiesta.
•
A seguito del mutamento avvenuto nella disciplina normativa, la Fondazione ha provveduto a un’approfondita e organica opera di revisione,
al fine di giungere a un testo regolamentare che nell’impianto e nei
contenuti risulti pienamente conforme ai nuovi indirizzi normativi.
Il nuovo regolamento del Comitato Etico della Fondazione Don
Gnocchi è entrato in vigore il 10 novembre 2008 con l’approvazione
da parte del Consiglio di Amministrazione.
La formulazione messa a punto contiene numerose e sostanziali modifiche rispetto alla versione precedente.
•
Di seguito, i punti su cui sono intervenute le innovazioni principali.
•
•
•
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Natura del Comitato Etico (art. 1): si introduce la definizione prevista al riguardo dal D.M. 12.05.06 e dal D.Lgs. n. 211 del
24/06/2003, che configura il Comitato Etico come organo indipendente che risponde a finalità di tipo pubblicistico di tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei pazienti coinvolti negli studi
clinici e farmacologici e che è chiamato a fornire pubblica garanzia
di tale tutela.
Collegamento con il Comitato Tecnico-Scientifico della
Fondazione (art. 3, comma 3): viene introdotto in ordine alla funzione formativa esercitata dal Comitato Etico al fine di potenziare il raccordo tra i due organismi per garantire maggiore omogeneità tra gli aspetti organizzativi, metodologici ed etici della ricerca
scientifica.
Linee-guida per il funzionamento (art. 4, comma 4): si riprende quanto già previsto, con l’aggiunta di un richiamo alle norme
•
•
Indipendenza: viene rafforzato il principio di indipendenza dell’organismo rispetto all’istituzione di riferimento prevedendo:
- la presenza obbligatoria, tra i componenti, di almeno un terzo di
membri esterni (art. 5, comma 1);
- il rinnovo consecutivo del mandato per una sola volta, fatta eccezione per membri ex officio, che peraltro non possono ricoprire la
carica di presidente per più di due mandati consecutivi (art. 5,
comma 3);
- l’indicazione, che tuttavia non riveste la forma di una prescrizione vincolante, di nominare alla carica di presidente uno tra i
membri esterni (art. 6, comma 1);
- una serie di vincoli tesi a evitare che i componenti del Comitato,
nell’esercizio delle loro funzioni, possano essere influenzati dall’insorgenza di conflitti di interesse con operatori economici del
settore farmaceutico (art. 10).
Doveri dei componenti e decadenza dalla carica: vengono
espressamente previste le situazioni al verificarsi delle quali i componenti decadono dalla carica (art. 5, comma 4) e vengono elencati i principali compiti connaturati all’esercizio della loro funzione
(art. 4, comma 5), compiti sanciti dal D.M. 12.05.06.
Vicepresidente: viene istituita la carica del vicepresidente introducendo una figura che non si limiti a sostituire il presidente in
caso di necessità, ma che possa costituire un supporto di riferimento per coadiuvarlo nello svolgimento delle sue funzioni (art. 6,
comma 3); la previsione dell’elezione a maggioranza assoluta dei
componenti tende a conferire maggiore rappresentatività alle due
cariche (art. 6, comma 1).
Ufficio di Segreteria Tecnico-Scientifica (art. 7): è un ufficio
previsto dalla nuova disciplina normativa: “Il Comitato Etico
deve adottare un regolamento che dettagli compiti, modalità di
funzionamento, regole di comportamento conformemente alle normative vigenti indicate in premessa, che preveda tutti gli aspetti
del funzionamento proprio e dell’Ufficio di segreteria tecnicoscientifica” (cfr art. 4 c.1 D.M. 12/5/06); inoltre, “il Comitato Etico
deve dotarsi di un ufficio di Segreteria tecnico-scientifica qualifica-
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Il Comitato Etico
ta: detta Segreteria deve essere in possesso delle necessarie infrastrutture per assicurare il collegamento all’osservatorio, per l’inserimento di tutte le informazioni nelle banche dati nazionale ed
europea...” (cfr art. 4, comma 2 D.M. 12/5/06); al secondo comma
dell’articolo si prevedono i compiti principali spettanti all’ufficio a cui
le norme vigenti attribuiscono una funzione di rilievo nel procedimento
istruttorio che conduce all’esame delle richieste di parere; tale indirizzo viene recepito all’art. 9 commi 1, 2, 3, 4).
•
•
•
•
16
Convocazione e funzionamento (art. 8): il testo riprende le disposizioni già previste al riguardo dal precedente regolamento, con
alcune precisazioni; si segnala, al riguardo, l’ipotesi dell’esame da
parte del Comitato di iniziative e progetti rientranti nelle aree di attività della Fondazione, con l’intervento in seduta dei relativi referenti: tutto ciò al fine di estendere il raggio di azione dell’organismo
anche a tematiche diverse e più ampie per suscitare l’interesse e
l’attenzione di figure professionali non strettamente legate alla ricerca.
Deliberazione: vengono tipizzate le possibili decisioni che il Comitato può adottare contemplando la possibilità di esprimere un
parere sospensivo con richiesta di approfondimenti, chiarimenti,
modifiche (art. 9, comma 5).
dei compiti demandati al comitato stesso... Le tariffe vengono determinate in misura tale da garantire la completa copertura delle spese
connesse ai compensi eventualmente stabiliti per i membri dei Comitati Etici e al funzionamento degli stessi, nonché gli oneri relativi agli
uffici di segreteria”.
•
Disposizioni finali (art. 12): si è inteso prevedere l’eventualità
che il Comitato Etico si doti di procedure operative per disciplinare in dettaglio aspetti connessi al suo funzionamento o alle tipologie di documenti da esaminare, quali ad esempio: schemi tipo di
consenso informato, trattamento dei dati personali, lista della
documentazione da allegare alla richiesta di parere... Si è, infine,
prevista la possibilità di modificare le disposizioni regolamentari
a seguito dell’iniziativa di una maggioranza qualificata dei membri
del Comitato.
Per un esame più approfondito si allega il documento [vedi
allegato 1 a pag. 70] con il testo completo del Regolamento.
Composizione
Obblighi informativi a carico dello sperimentatore: oltre alle
informazioni riguardanti la sicurezza del trattamento dei pazienti
partecipanti agli studi, viene prevista una reportistica con cadenza
annuale che il Comitato ha facoltà di chiedere, in relazione al singolo caso, anche a tipologie di studi diverse dalle sperimentazioni
farmacologiche (art. 9, comma 10).
La composizione del Comitato Etico rispetta, al fine di garantire il regolare funzionamento, i requisiti previsti dalla legge e dal Regolamento
interno che fanno riferimento a:
•
professionalità che debbono essere obbligatoriamente presenti
per assicurare le qualifiche e l’esperienza idonee a valutare gli
aspetti etici, scientifici e metodologici degli studi proposti;
Aspetti economici: viene prevista l’applicazione di una tariffa (art.
11, comma 1) per ogni richiesta di parere proveniente da aziende
operanti nel settore farmaceutico o equivalenti; le somme ricavate
sono destinate a concorrere alla copertura delle spese per il funzionamento del Comitato Etico; nel contempo viene introdotta la
possibilità di stabilire un gettone di presenza a favore dei membri
del Comitato esterni alla Fondazione (art. 11, comma 2); le due disposizioni attuano le norme di cui all’art 6 del D.M. 12.05.06 “con
delibera dell’organo amministrativo della struttura ove opera il Comitato etico può essere stabilito il gettone di presenza per i membri
e viene stabilita la tariffa a carico del promotore per l’assolvimento
•
quota percentuale di membri non dipendenti dall’ente presso cui è
istituito il Comitato.
Si riporta nella tabella che segue la composizione aggiornata del
Comitato Etico.
Successivamente sono indicati i nominativi di coloro che nel periodo
considerato (2001-2012) hanno collaborato nella veste di componenti e che per vari motivi sono decaduti dall’incarico.
17
Il Comitato Etico
Comitato Etico
Membri attualmente in carica
FLAMINIO CATTABENI (presidente)
Farmacologo
Già professore ordinario di Farmacologia, Dipartimento di Scienze
Farmacologiche della facoltà di Farmacia, Università degli Studi di
Milano.
CARLO MARIO MOZZANICA (vice presidente)
Esperto in Scienze Umane e in Formazione
Docente alla facoltà di Scienze della Formazione, Università Cattolica
del Sacro Cuore (sede di Milano).
DON FERDINANDO CITTERIO
Esperto in materia di Bioetica
Professore di Etica sociale, facoltà di Economia, Università Cattolica
del Sacro Cuore (sede di Milano).
FRANCESCO CONVERTI
Direttore Sanitario
IRCCS “Don Carlo Gnocchi”, Firenze.
LUCIANO EUSEBI
Esperto in materia giuridica e assicurativa
Professore ordinario di Diritto Penale, facoltà di Giurisprudenza,
Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Milano).
LODOVICO FRATTOLA
Clinico
Professore emerito di Neurologia, Università degli Studi di MilanoBicocca.
ENRICO GHISLANDI
Rappresentante del volontariato per l’assistenza
Primario emerito di Oncologia Medica, Ospedale Niguarda Cà Granda,
Milano.
FABRIZIO GIUNCO
Esperto in Medicina generale territoriale
Responsabile sanitario, Centro Geriatrico Polifunzionale “S. Pietro”,
Monza.
18
PAOLO MOCARELLI
Direttore Scientifico Fondazione Don Gnocchi
Già professore ordinario di Biochimica Clinica, Università degli Studi di
Milano-Bicocca.
Direttore del Laboratorio di Patologia Clinica, Ospedale di Desio.
MICHELE ROSSI
Clinico
Specialista in Fisiatria, Neurologia, Psichiatria.
Responsabile Medico Riabilitazione Neuromotoria, Centro “S. Maria ai
Servi”, Fondazione Don Gnocchi, Parma.
GAETANO SICURANZA
Clinico
Specializzato in Pediatria, Igiene tecnica e Direzione ospedaliera.
Direttore Struttura Operativa “Formazione e Aggiornamento-Educazione
Sanitaria”, Agenzia Sanitaria della Regione Campania.
MARCO TRIULZI
Direttore Sanitario
IRCCS “S. Maria Nascente”, Fondazione Don Gnocchi, Milano.
CLAUDIO VALENTE
Rappresentante settore infermieristico
Coordinatore del corso di laurea in Infermieristica presso la
Fondazione Don Gnocchi.
DIEGO ZAPPA
Biostatistico
Docente di Statistica, Dipartimento di Scienze Statistiche, facoltà di
Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative, Università Cattolica del
Sacro Cuore (sede di Milano).
CRISTINA ZOCCHI
Farmacista
Responsabile Servizio Farmaceutico, Fondazione Don Gnocchi.
19
Il Comitato Etico
Altri membri
nel periodo 2001-2012
CRISTINA BOSISIO
Già direttore sanitario, IRCCS “S. Maria Nascente”, Fondazione Don
Gnocchi, Milano.
SIMONETTA BIANCHI
Già direttore sanitario, IRCCS “S. Maria Nascente”, Fondazione Don
Gnocchi, Milano.
PASQUALE FERRANTE
Già direttore sanitario, IRCCS “S. Maria Nascente”, Fondazione Don
Gnocchi, Milano.
VINCENZO MAGISTRELLI
Responsabile Area Infermieristica, IRCCS “S. Maria Nascente”,
Fondazione Don Gnocchi, Milano.
NICOLETTA NORBERTI
Farmacista, responsabile Servizio Farmacia, IRCCS “S. Maria
Nascente”, Fondazione Don Gnocchi, Milano.
DILETTA STENDARDI
Esperta in materia giuridica e assicurativa.
PIETRO ATTILIO TONALI
CARLO LORENZO CAZZULLO
Clinico, docente alla facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Cattolica
del Sacro Cuore (sede di Roma).
DON ROBERTO COLOMBO
Esperto in materia di bioetica, professore alla facoltà di Medicina e
Chirurgia, Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Roma).
Membro del Comitato Nazionale di Bioetica.
GIAN FRANCO GENSINI
Direttore scientifico IRCCS “S. Maria agli Ulivi”, Fondazione Don
Gnocchi, Pozzolatico-Firenze.
UMBERTO MAGAGNOLI
Biostatistico, professore di Statistica al Dipartimento di Scienze
Statistiche, facoltà di Economia, Università Cattolica del Sacro Cuore
(sede di Milano).
GIANBATTISTA MARTINELLI
Esperto in Formazione, responsabile Area Formazione e Sviluppo, già
direttore generale, Fondazione Don Gnocchi.
Già direttore scientifico, Fondazione Don Gnocchi.
DANTE COSTANZO
Rappresentante del Centro “S. Maria della Pace”, Fondazione Don
Gnocchi, Roma.
Primario emerito Ospedale “S. Giovanni”, Roma.
MAURO SALVATORE
Esperto in formazione.
ANTONIO PEDOTTI
Esperto in Scienze biomediche.
Docente di Bioingegneria del Politecnico di Milano.
ANTONIO BONETTI
Esperto in materia giuridica e assicurativa.
MONS. PIERANGELO SEQUERI
Esperto in materia di bioetica.
DON ANTONIO LATTUADA
Esperto in materia di bioetica.
20
21
Il Comitato Etico
Attività
Pareri espressi
Nel periodo 2001-2012, il Comitato Etico della Fondazione Don Gnocchi
ha esaminato e discusso complessivamente 300 richieste di parere
riguardanti lo svolgimento di studi clinici e farmacologici.
Il grafico seguente riporta il flusso complessivo per anno delle richieste
poste in valutazione. L’andamento della linea evidenzia come dal 2007 si
è registrato un incremento significativo del volume di studi esaminati; la
tendenza si è confermata anche nel 2008 e in particolare nel 2011.
natura del soggetto richiedente il parere:
- Strutture interne della Fondazione
- Enti Privati (ditte farmaceutiche o di medical device)
- Università, Aziende ospedaliere, ASL,
Enti pubblici di ricerca e assistenza
- Enti privati di ricerca e di assistenza no profit
- Altro (Associazioni di medici, Società scientifiche...)
152
115
18
11
4
In relazione alla tipologia di attività (studio) oggetto della richiesta il dato
complessivo risulta ripartito come segue:
Richieste di parere esaminate negli anni 2001-2012
N°
% sul
totale
Sperimentazioni cliniche con farmaco.
Sono considerate le sperimentazioni a fini
industriali e quelle cosiddette “no profit” ai sensi
del Decreto Ministeriale 17 dicembre 2004.
95
31,6%
Studi osservazionali.
Sono inclusi anche gli studi osservazionali con
farmaco come definiti dalle linee guida dell’AIFA
28.3.2008.
195
65%
Indagini cliniche con dispositivo medico.
Sono considerate le indagini con dispositivi di tutte
le categorie (medici in genere, medici impiantabili
attivi, diagnostici in vitro) recanti o meno la
marcatura CE.
10
3,4%
Tipo di studio oggetto della richiesta
Le 300 richieste di parere giunte al vaglio del Comitato Etico si possono
così suddividere:
tipologia di attività (studio) oggetto della richiesta:
95
- Sperimentazioni cliniche con farmaco:
195
- Studi osservazionali:
10
- Indagini cliniche con dispositivo medico:
22
Quanto riportato nella tabella viene tradotto nel grafico alla pagina successiva, che esprime la consistenza delle tipologie considerate.
23
Il Comitato Etico
Numero richieste esaminate per tipo di studio (2001-2012)
Il secondo grafico rappresenta, nel volume annuo di richieste, la consistenza di ogni tipologia.
n° richieste 10
n° richieste 95
n° richieste 195
I dati presi in esame sono analizzati nei due grafici successivi: il primo
mostra l’andamento per anno del volume di richieste riguardanti le
categorie di studi considerate; si evidenzia come, negli ultimi anni, gli
studi osservazionali siano in costante incremento a differenza degli
studi farmacologici, il cui dato appare in flessione.
I dati esposti sono analizzati con maggiore livello di dettaglio nella tabella
allegata [allegato 2: “Richieste per tipo studio”, vedi pag. 80], dove il
numero riferito agli studi farmacologici e osservazionali, finora riportato in
modo aggregato, viene scomposto. Per le sperimentazioni, in particolare, viene precisato il numero di richieste riguardanti gli emendamenti di
tipo sostanziale a protocolli di studi in precedenza approvati.
In relazione alla natura del soggetto richiedente il parere, il dato complessivo è così ripartito:
Strutture interne della Fondazione
152
% sul
totale
50,7%
Enti Privati
Sono considerate le ditte farmaceutiche e le ditte di produzione
e di commercializzazione di medical device
115
38,3%
Università, Aziende ospedaliere, ASL,
Enti pubblici di ricerca e assistenza
18
6%
Enti privati di ricerca e di assistenza senza fini di lucro
11
3,7%
Altro (Associazioni di medici, Società scientifiche...)
4
1,3%
Natura del soggetto richiedente
24
N°
25
Il Comitato Etico
I dati esposti nella tabella sono riportati nel grafico sottostante, da cui
si rileva che la metà delle richieste poste al vaglio del Comitato Etico
nel decennio considerato riguardano iniziative di studio promosse e
condotte dalle strutture interne della Fondazione.
Numero richieste esaminate per tipo di soggetto
proponente (2001-2012)
n. richieste 115
n. richieste 4
La riflessione si è sviluppata nel quadro dell’esame del Disegno di
legge in discussione in Parlamento, avente a oggetto: “Disposizioni in
materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento”. Nel corso dell’approfondimento si è cercato di delineare il quadro di fondo in cui dovrebbe porsi l’intervento
legislativo facendo cenno ad alcuni criteri interpretativi.
n. richieste 152
I dati complessivi sopraesposti sono illustrati con maggiore dettaglio
nella tabella allegata [allegato 3: “Richieste per tipo di soggetto proponente”, pag. 82] in rapporto ad ogni anno del periodo in esame.
Per quanto attiene alle caratteristiche degli studi di maggiore rilevanza
esaminati dal Comitato Etico si allega un prospetto [allegato 4: “Elenco
studi interventistici”, pag. 84] che riporta per ogni studio vari dati tra i
quali: titolo, soggetto promotore, struttura della Fondazione coinvolta,
data di valutazione da parte del Comitato.
Gli studi sono distinti fra sperimentazioni farmacologiche (profit e noprofit) e indagini cliniche con dispositivo medico.
26
Il Comitato Etico come luogo di riflessione, in una dimensione pluridisciplinare e multipolare, ha dedicato momenti di approfondimento e dibattito su questioni inerenti i risvolti deontologico, scientifico e giuridico che
sono connaturati agli aspetti etici delle attività cliniche e assistenziali della
Fondazione. Si illustrano i principali temi di riflessione.
Criteriologie dell’intervento medico e stati vegetativi
n. richieste 11
n. richieste 18
Temi etico-antropologici discussi
La medicina non si configura solo come tecnica neutra, soggetta a
una dinamica contrattuale applicabile in rapporto all’incontro delle
volontà del paziente e del medico, ma è in grado di incidere su beni di
rilievo costituzionale, per i quali l’ordinamento definisce precetti non
disponibili a tutela, in particolare, dei soggetti più deboli. Tali precetti
rappresentano criteri che dal punto di vista etico e giuridico sono riconosciuti come fondamento dell’attività medica.
Il principale criterio indica nella tutela della vita, della salute fisica
e psichica dell’uomo e nel sollievo dalla sofferenza, la finalità
per cui l’attività medica può essere praticata, con la precisazione
che il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né
favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte.
Situazioni problematiche possono sorgere nel momento in cui si teorizza l’esistenza del diritto di morire come espressione del principio di
autodeterminazione del soggetto e si chiede al medico di interrompere, o di farsi parte attiva nella disapplicazione di una terapia proporzionata in atto. Il conflitto sorge perché la relazione medica è rivolta alla
tutela della salute (per contrastare non solo l’evolversi della patologia,
ma anche la sofferenza) e non può avere lo scopo di far sì che intervenga la morte. Non sono configurabili, infatti, relazioni intersoggettive
conformi al diritto che siano pianificate per la morte: tutto questo
senza avallare alcuna ipotesi di accanimento terapeutico.
27
Il Comitato Etico
In tema di proporzione delle prestazioni terapeutiche, emerge un
secondo criterio: non sono dovute al malato terapie di carattere
sproporzionato.
Il giudizio sul carattere proporzionato di un trattamento non va ricondotto al superamento di soglie standard, oppure allo stabilire se una
condizione è degna o meno di essere vissuta, bensì va riferito al singolo paziente, con riguardo alle sue condizioni nel momento della
decisione sul ricorso alla terapia, valutando se la stessa possa produrre ancora qualche beneficio o implichi, invece, un inutile aggravio per
le sue condizioni ormai estreme.
Il giudizio di proporzionalità non esclude in assoluto la considerazione anche di fattori inerenti alla personalità e alla vicenda esistenziale
del malato, tenendo conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue
forze fisiche e morali. Ciò che caratterizza il giudizio è la sua riconducibilità, anche quando prenda in esame dati che riguardino il vissuto
del paziente, ad argomenti suscettibili di essere condivisi, vale a dire
la circostanza di non essere il risultato di punti di vista meramente
soggettivi.
Un ulteriore criterio è quello secondo cui il medico non può attivare
un atto terapeutico in modo coercitivo: con questo si introduce il
tema del ruolo da attribuire al consenso nell’attività medica. Il rilievo del
consenso va ricondotto alla circostanza per cui l’intervento sull’intimo
della sfera corporea di un individuo umano cosciente e non psichicamente condizionato, esprimendosi la sua soggettività mediante il
corpo, richiede un rapporto con l’individuo stesso, in quanto interlocutore e soggetto morale.
Ciò tuttavia, non implica che possa invece richiedersi al medico di attivarsi per interrompere una terapia del tutto proporzionata già in atto,
né che si possa vincolare un medico per il futuro, attraverso dichiarazioni anticipate, a stabilire una relazione medica che escluda a priori
l’utilizzo di mezzi terapeutici a loro volta proporzionati, cioè a stabilire
una relazione finalizzata alla morte.
L’incoercibilità dell’attivazione di una terapia nei confronti del soggetto
non significa negare il permanere nel medico della funzione di garante
anche con riguardo alla tutela della salute del malato che non acconsenta a terapie che nella sua condizione risultino appropriate.
28
Quando l’atto terapeutico risulti senza dubbio conforme all’indicazione medica, nonché proporzionato, e tanto più quando si configuri
come un intervento salvavita, il medico resta tenuto a utilizzare tutti i
possibili strumenti non coercitivi di informazione, sostegno e persuasione volti a favorire l’acquisizione del consenso da parte del paziente
e, quindi, la salvaguardia della sua salute.
Quanto considerato induce a una riflessione sul possibile effetto derivante da una visione contrattualistica del rapporto sanitario. Vi
è il rischio che la responsabilità medica si trasferisca dal terreno
riguardante la non adeguata tutela della salute del malato a quello
riguardante la mancata copertura di qualche passaggio terapeutico
ad opera del consenso, producendo atteggiamenti di natura difensiva. Al paradigma classico espresso dal principio “in dubio pro vita”,
nella prassi si profila l’affermarsi dell’opposto criterio per cui, “nel
dubbio, è meglio astenersi” con il rischio di prevedibili conseguenze
rispetto all’istanza di estendere i livelli di tutela sostanziale dei soggetti più deboli.
Il ricorso alla medicina difensiva si accompagna all’idea che difficilmente si è chiamati a rendere conto di un’astensione da terapie dovute nei
confronti di un paziente a rischio, più concreta e avvertita appare
l’eventualità che si riscontri il nesso eziologico tra eventuali esiti negativi per il paziente e gli atti terapeutici posti in essere.
Un contesto segnato dall’assenza di una criteriologia uniforme e da
un’elaborazione giurisprudenziale orientata nel senso della medicina
contrattualistica e formalizzata, rischia di compromettere il rapporto
medico-paziente trascinandolo in una visione riduzionistica neopositivistica.
Questo giustifica la ricerca di un più ampio orizzonte interpretativo e la
promozione di strumenti che favoriscano l’aumento del livello di percezione e di analisi dei problemi etici connessi allo sviluppo della scienza e della tecnologia e la promozione di una comunicazione tra la
società e i gruppi di specialisti impegnati nella produzione e gestione
dei nuovi saperi-poteri biomedici.
29
Il Comitato Etico
Progetti etico-culturali nel quadro dei Piani generali di
formazione delle risorse umane della Fondazione
Don Gnocchi, anni 2010, 2011.
Il progetto: “Il valore della vita”
L’iniziativa è nata nel quadro dell’attività del Gruppo di Coordinamento
per l’assistenza agli anziani, in modo particolare, dalla riflessione svolta in
merito ad alcuni interrogativi di natura comportamentale-filosofica, con
riferimento ai temi della cronicità e del fine vita. Successivamente, si è sviluppato nell’area socio-assistenziale e si è inserito nel filone delle tematiche etico-antropologiche del Piano generale di formazione delle risorse
umane della Fondazione Don Gnocchi.
Un gruppo di operatori si è fatto carico, con il contributo del Comitato
Etico, dello studio di un percorso culturale e formativo sul rapporto
tra antropologia e cura, con l’avvio di una riflessione su vari temi: direttive anticipate di trattamento, eutanasia, accanimento terapeutico, cure
palliative, accompagnamento alla morte, idratazione e alimentazione artificiale, sacralità della vita, qualità e dignità della vita, unicità e irripetibilità
della persona.
estensione del programma delle cure palliative;
occasioni di raccoglimento e di testimonianza e presenza;
strumenti psicologici e comunicativi per gestire la relazione con
parenti e colleghi, affrontare la separazione;
prosecuzione del percorso formativo;
opportunità di approfondimento di tematiche etico-antropologiche.
Tra le molte prospettive emerse al corso di formazione sul campo, in sede
di Comitato Etico è stata condotta una riflessione su alcune di esse, di
cui si citano i profili più significativi:
• il metodo: l’ascolto delle esperienze aiuta la comprensione di un
evento in-dicibile ed in-audito come la morte; il dialogo (etimologicamente) significa dunque lasciarsi attraversare dalla parola dell’altro;
• le parole del tempo ultimo (ascoltare, accorgersi, accompagnare, attendere) costituiscono la grammatica e la sintassi anche del tempo
penultimo o terzultimo della vita;
• la correlazione tra scienza (che aggiunge anni alla vita) e coscienza (che dovrebbe aggiungere vita agli anni);
• l’ascolto delle provocazioni sui significati della morte dell’altro (i famiNella fase propedeutica per l’avvio del percorso formativo, sono stati individuati i tutor che hanno costituito le figure di riferimento per l’animazione
dei seminari e per la guida dei gruppi di discussione previsti nella formazione sul campo. Per i tutor si è predisposto un momento formativo,
curato anche da membri del Comitato Etico. I tutor sono stati 40, ognuno dei quali ha preso in carico un gruppo composto da 8-10 persone per
un totale di 400 partecipanti - individuati fra le professioni sanitarie, gli
amministrativi, i coordinatori, il personale assistenziale, i religiosi, i volontari - per circa 4 mila ore di formazione.
Il modello adottato - di formazione sul campo - imperniato sulla partecipazione attiva previa fornitura di strumenti metodologici, ha fatto leva
sulle esperienze personali e professionali di ciascuno allo scopo di fare
emergere uno stile di comportamento uniforme su questioni afferenti al
tema antropologico. Attraverso le osservazioni sui comportamenti personali, professionali e organizzativi è emersa la necessità di sviluppare iniziative dirette a promuovere:
spazi dedicati per dare qualità, intimità, dignità al tempo ultimo di vita;
tempo per la relazione (con il malato, con i parenti);
30
liari) e della morte propria, con le differenti ermeneutiche dell’evento;
• la riscoperta del fidarsi e dell’affidarsi nella fase terminale della vita ricorda ed evoca il passo evangelico “Chi trattiene la propria vita la
perde, che ne fa dono, la ritrova”; è, in qualche modo, il morire da
genitori, i quali, dopo la stagione dell’in-segnare, si abilitano al tempo
del con-segnare;
• la contestualità e la correlazione di due principi:
- la libertà che elimina la vita è libertà?
- la vita che elimina la libertà è vita ?
• la medicina di serie B, del curare senza poter guarire (quella, come in
Hospice, per cui il paziente muore) può e deve insegnare qualcosa alla medicina (quella vissuta come onnipotente) di serie A, del guarire sempre;
• le stesse direttive anticipate di trattamento vanno riconosciute e contestualizzate in un paradigma di “libertà relazionale”, sempre nell’ambito dell’alleanza terapeutica.
31
Il Comitato Etico
Utilizzo della Risonanza Magnetica per fini di
sperimentazione e ricerca e problematiche connesse
L’esigenza di un approfondimento è emersa in relazione all’esame e
alla discussione di protocolli clinici e di ricerca che prevedono l’esecuzione della Risonanza Magnetica, con il coinvolgimento di soggetti
sani appartenenti al gruppo placebo.
La Risonanza Magnetica (RM) è una tecnica di generazione di immagini, usata prevalentemente a scopi diagnostici in campo medico e
basata sul principio fisico della risonanza magnetica nucleare; il principio fondamentale si basa sul sottoporre il paziente ad un campo
magnetico statico.
Gli esami che vengono effettuati prevedono in genere per i pazienti
una durata di esposizione che oscilla da un minimo di 20 a un massimo di 60 minuti; i protocolli in uso escludono l’esecuzione dell’esame per alcune categorie specifiche di popolazione quali, ad esempio,
le donne in gravidanza entro il terzo mese, i soggetti portatori di dispositivi elettromagnetici, di vecchie protesi ferromagnetiche o di protesi
operatorie prodotte prima degli anni Ottanta, quando si utilizzavano
metalli ferromagnetici.
Nei casi di esame effettuato con mezzo di contrasto, la sostanza
utilizzata ordinariamente è il gadolinio, in quanto non ha mostrato la
sequela di problemi che possono emergere con il ricorso a mezzi di
contrasto iodati; per il gadolinio vi sono, tuttavia, delle controindicazioni nel caso di insufficienza renale, ipersensibilità, allergie, e di conseguenza i protocolli clinici e di ricerca attuati prevedono sempre tali casi
come criteri di esclusione.
Per quanto attiene ai possibili danni alla salute dei pazienti (siano
malati o soggetti sani) derivanti dall’effettuazione di questo tipo di
esami, viene riferito che a partire dagli anni Ottanta sono state condotte numerose indagini al riguardo. Ad oggi le risultanze ottenute hanno
dimostrato che solo in occasione di esposizioni molto prolungate (pari
ad almeno sei ore consecutive), o in presenza di intensità magnetiche
ad alto campo, possono insorgere danni di carattere clinico o biologico, che consistono in alterazioni mitocondriali provocate dall’intensità
del campo magnetico. Tale tipologia di danno non ha carattere irreversibile.
32
Pertanto, alla luce delle attuali evidenze scientifiche, l’uso corretto della
risonanza non determina rischi per la popolazione coinvolta.
Tra le diverse tecniche avanzate di applicazioni dell’imaging a risonanza magnetica, quella funzionale è una modalità idonea a mettere in
evidenza le differenze di ossigenzazione a livello del sangue che nelle
aree cerebrali cambiano in relazione all’attivazione funzionale delle
aree stesse; l’uso di tale tecnica non si traduce in un’immagine immediatamente visibile, ma richiede una successiva elaborazione per analizzare il fenomeno dei cambiamenti di ossigenazione del sangue.
La Risonanza Magnetica strutturale, con riferimento alle tecniche
pesate per il calcolo dei volumi cerebrali e alle tecniche con trasferimento di magnetizzazione e in diffusione, consente di analizzare l’integrità cerebrale microstrutturale e la sua eventuale compromissione;
inoltre, offre elementi con cui è possibile riscostruire i tratti assonali nel
sistema nervoso centrale.
La Risonanza Magnetica non è considerata dannosa per il paziente, in quanto non viene sottoposto alle radiazioni ionizzanti come nel
caso delle tecniche facenti uso di raggi X o di isotopi radioattivi che,
pur offrendo immagini con un maggiore livello di risoluzione, espongono il paziente a significative quantità di radiazioni.
Nel caso della tomografia assiale computerizzata, per esempio, le cellule dell’organismo ricevono la stessa quantità di irraggiamento, indipendentemente dalla loro profondità, ed è quindi possibile fare in
pochi secondi un’acquisizione molto approfondita, ma essendo una
tecnica che può provocare un danno al nucleo delle cellule vi è un
aumentato rischio per il paziente di sviluppare neoplasie.
Anche per questo motivo nella pratica clinica e di ricerca, è ampiamente consolidata la tendenza a ricorrere alla Risonanza Magnetica
come tecnica di indagine.
33
Il Comitato Etico
Convegno: “Etica e Riabilitazione” - 2 aprile 2011
Polo Specialistico Riabilitativo Ospedale “G. Criscuoli”
Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino)
Tra i maggiori spunti di riflessione emersi durante l’iniziativa, vi è stato
l’intervento di mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio
Consiglio per gli Operatori sanitari, che ha affrontato il tema: “Etica e
riabilitazione umana”.
Mons. Zimowski ha illustrato i compiti del Pontificio Consiglio per gli
operatori sanitari e in particolare ha ricordato la missione principale di
rispondere alle nuove sfide nel campo della sanità da parte del
Magistero, nella formazione degli operatori sanitari e nella collaborazione con gli altri dicasteri della Curia romana nel campo della vita e
sanità.
È stato altresì sottolineato come le tre dimensioni (tecnica, giuridica e
morale) della normatività etica mirano all’obiettivo del bene personale e/o comune e innervano l’intero percorso riabilitativo stabilendo
un rapporto stretto fra etica e riabilitazione.
Vi è stato poi un richiamo ai principi a cui si ispira l’etica deontologica
per introdurre una breve riflessione sul pensiero e sugli insegnamenti
di don Carlo Gnocchi e di Papa Giovanni Paolo II i quali, con la loro
esperienza del dolore, hanno insegnato che riabilitare la persona con
disabilità significa restituirle la propria dignità di immagine di Dio; la
dignità di persona che, sebbene colpita da uno stato di minorazione,
cammina con la schiena dritta perché si sente amata, ascoltata, considerata alla stessa stregua di qualsiasi altra persona.
Mons. Zimowski ha sottolineato in particolare, come Giovanni Paolo II
abbia dato testimonianza della sua profonda vicinanza a coloro che
sono segnati dalla sofferenza anche nel modo in cui ha sempre vissuto il suo rapporto con la sua malattia, senza il timore di renderla pubblica, senza il bisogno di nascondere il proprio dolore celandolo dietro
un’apparato di protezione.
Egli, anche negli ultimi giorni del suo pontificato non ha avuto remore
nel mostrarsi pienamente “umano”, offrendo un messaggio che ha
assunto i connotati della sua confessione pubblica della partecipazione alla Passione di Cristo.
Sulla scia dell’intervento di Zimowski, il presidente della Fondazione
Don Gnocchi, mons. Angelo Bazzari ha posto in evidenza l’intuizione
e la capacità del Beato don Gnocchi di reinterpretare in modo innovativo il tema della centralità dell’uomo e dell’approccio olistico nelle
attività di assistenza, cura e “restaurazione” della persona malata e
sofferente.
Egli sosteneva che «se la società è un organismo dove “tutto si tiene”,
questa armoniosa e dinamica coralità vige anche tra le parti di ogni
singolo individuo. La fisioterapia pertanto - egli diceva - può conseguire risultati, magari imponenti, soltanto a patto che sia terapia di tutto
l’uomo e non soltanto del suo settore fisico per la semplice ragione
che non esiste, nell’uomo, una minorazione che limiti il proprio danno
al campo fisico e non lo estenda, più o meno, anche al campo morale, psicologico, professionale e sociale. Quindi, come la minorazione è
sempre un attentato all’integrità della persona umana, così la rieducazione ed il recupero di una minorazione deve interessare integralmente tutta la personalità dell’uomo”».
Mons. Zimowski ha ricordato la figura di Giovanni Paolo II, mettendone in luce, sia l’inesauribile impegno a sensibilizzare l’opinione pubblica sul valore umano e cristiano della sofferenza e sui temi della tutela
della salute e dei bisogni malati, sia il costante invito a non relegare ai
margini della società gli anziani e i malati, perché incarnano una verità
importante. Essi, infatti, ci insegnano che la debolezza è una parte
creativa della vita umana e che la sofferenza può essere accettata
senza perdita di dignità: “La saggezza e la potenza di Cristo sono visibili nella debolezza di coloro che partecipano alle Sue sofferenze...”.
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Il Comitato Etico
Sviluppo della rete di cure palliative
e della rete di terapia del dolore
Documento del Ministero della Salute – Presentazione
È stato esaminato il documento che attua la legge quadro 38/2010
“Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia
del dolore”, in particolare, per la parte in cui prescrive di definire i requisiti minimi e le modalità organizzative necessari per l’accreditamento
di strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure
palliative e della terapia del dolore.
Il provvedimento legislativo citato si propone di estendere su tutto il
territorio nazionale gli interventi di cure palliative, di terapia del dolore
e di cure palliative in età pediatrica. Sul tema è stato nominato un
comitato di esperti guidato dal dott. Zaninetta.
Il testo del documento del Ministero è piuttosto corposo ed è articolato in tre punti fondamentali:
• le dimensioni strutturali e di processo che caratterizzano la
Rete locale di Cure Palliative (standard strutturali qualitativi e
quantitativi con cui vengono previsti una rete locale di cure palliative, un’assistenza residenziale in hospice, in RSA e in RSD, un’assistenza domiciliare con unità di cure palliative domiciliari);
• le dimensioni strutturali e di processo che caratterizzano la
Rete di Terapia del Dolore ai fini dell’accreditamento delle
strutture; tra gli interventi previsti, la creazione di ambulatori e
centri ospedalieri di terapia del dolore e laddove i medici di base
lavorino in aggregazioni funzionali territoriali è stabilita la presenza
di almeno un medico preparato a tale cura;
• le dimensioni strutturali e di processo che caratterizzano la
Rete di Terapia del Dolore e di Cure Palliative Pediatriche ai
fini dell’accreditamento delle strutture; in tale quadro si prevede un Centro regionale di cure palliative pediatriche, un hospice pediatrico, strutture ospedaliere, residenziali e un servizio di
emergenza e urgenza.
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Ruolo del Comitato Etico nella prospettiva di un
maggiore raccordo con l’attività del Comitato TecnicoScientifico nel quadro del nuovo modello organizzativo
delle aree di attività della Fondazione Don Gnocchi.
Dall’approfondimento compiuto sul tema, è emersa l’importanza e il
ruolo di centralità che il Comitato Etico riveste nel quadro di un’organizzazione sanitaria, anche alla luce dell’impegno profuso nella crescita e nel miglioramento dell’attività svolta dall’organismo.
I contenuti espressi sono riconducibili a tre profili del tema, per ciascuno dei quali si elencano gli aspetti più significativi posti in evidenza:
Rapporti Comitato Etico-Comitato Tecnico Scientifico:
• accrescere il collegamento tra i due organi è il presupposto
per assicurare la massima omogeneità tra gli aspetti organizzativi, metodologici ed etici della ricerca scientifica che in futuro, come anche indicato dalle linee dettate dal Ministero della
Salute, dovranno essere maggiormente integrati;
• le funzioni dei due organismi appaiono complementari anche
in rapporto a come vengono configurati i Comitati Etici dalla
nuova normativa di riferimento;
• l’istituzione dei Comitati Etici trae origine anche dall’intento di
decentrare il sistema di governo della ricerca facendo divenire
questi organismi punti di riferimento per l’attività dei ricercatori;
• colmare un crescente scollamento tra la ricerca scientifica e
farmacologica e le domande che emergono dalla sfera clinica
e dell’assistenza;
• instaurare momenti di comunicazione di carattere plenario,
prevedendo la partecipazione del presidente del Comitato
Etico alle riunioni del Comitato Tecnico-Scientifico.
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Il Comitato Etico
Valutazione e verifica dell’attività svolta dal Comitato Etico:
• in una fase di assenza di riferimenti antropologici condivisi, la
• avviare un processo di auto-valutazione, ossia di analisi quali-
dimensione del discorso etico assume nuovi contorni, le intuizioni del pensiero di don Gnocchi possono divenire “carta
costitutiva” nell’individuazione dei paradigmi interpretativi del
concetto di etica della persona dinanzi ai problemi del nostro
tempo;
tativa e quantitativa di “come sta lavorando” il Comitato, in rapporto a indicatori quali la tempistica e il grado di approfondimento delle valutazioni dei progetti di ricerca presentati;
• interrogarsi sul modo in cui il personale di ricerca percepisce il
ruolo e l’attività del Comitato Etico, e se tale organismo è vissuto come un intralcio comprenderne le ragioni;
• affrontare e approfondire tematiche propriamente etiche;
• presentare l’attività del Comitato Etico attraverso un’apposita
sezione o un capitolo del volume annuale sull’attività clinicoscientifica della Fondazione, al fine di evidenziare l’attività svolta, le decisioni prese, le indicazioni sui risultati e sulle eventuali
ricadute; tale opera di divulgazione può configurasi anche
come strumento di analisi del lavoro svolto.
Ruolo propositivo del Comitato Etico:
• il Comitato Etico ha notevoli responsabilità nell’incentivazione
indiretta della qualità della ricerca e potrebbe acquisire una
valenza più propositiva ai fini della promozione diretta della
ricerca scientifica, come organo consulente/interlocutore
esperto in fase di programmazione/progettazione (e non solo
di valutazione) dei progetti;
• l’operatore sanitario è chiamato a fornire risposte non solo alla
scienza e alla propria coscienza, ma anche alla società che gli
mette a disposizione mezzi e risorse; se la scienza si muove
sull’orizzonte del possibile, chi ha il compito, come il Comitato
Etico, di presidiare valori e tutelare i diritti deve porsi il problema dell’aggiornamento permanente delle figure professionali e
l’organizzazione è chiamata a sostenere questo processo.
La questione che emerge in ordine all’attività del Comitato Etico della
Fondazione è la fatica del legame con la sfera della ricerca e l’interesse manifestato dalla periferia (i Centri) deve essere sostenuto e promosso.
Occorre, quindi, individuare strumenti informativi e opportunità di
incontro per far lievitare la domanda dalla base e favorirne l’incontro
con il Comitato Etico.
• assumere iniziative utili a indirizzare e a sostenere l’attività dei
ricercatori come, ad esempio, la predisposizione di una o più
tipologie del documento “Consenso informato” da utilizzare
come base per ogni sperimentazione e come strumento per
migliorare i rapporti tra ricercatori e pazienti;
• estendere il raggio di azione del Comitato Etico anche a tematiche diverse e più ampie, al fine di suscitare l’interesse e l’attenzione anche di figure professionali della Fondazione non
strettamente coinvolte nell’attività di ricerca; occorre creare il
presupposto per dare visibilità alla funzione di formazione del
l’organo;
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Il Comitato Etico
Casi clinici verificatisi presso il Presidio AusiliatriceFondazione Don Gnocchi di Torino.
Segnalazione di problematiche eticamente sensibili
relative all’impianto PEG in pazienti con gravi
cerebrolesioni, maggiorenni, non in grado di esprimere
consenso valido e senza tutore legalmente valido
Il Comitato Etico è stato investito della questione in quanto esplica
“una funzione consultiva di carattere generale discutendo e definendo
questioni etiche connesse anche all’attività medico-riabilitativa e valuta gli aspetti etici degli interventi terapeutico-riabilitativi, del rapporto
medico-paziente...”.
sensi della legge 6/2004, si disponga la nomina di un amministratore
di sostegno e si descriva il contenuto degli atti da compiere al fine di
garantire l’interesse del paziente.
A tal fine e sotto il profilo giuridico, è irrilevante il parere dei familiari sia
in caso di assenso che di dissenso.
Per un possibile approfondimento i membri del Comitato Etico suggeriscono la lettura di due testi approvati dal Comitato Nazionale di
Bioetica:
• “L’alimentazione e l’idratazione di pazienti in stato vegetativo persistente” (30.09.2005)
• “Dichiarazioni anticipate di trattamento” (18.12.2003).
Le questioni sollevate riguardano il caso di pazienti - provenienti dai
reparti di rianimazione e di neurochirurgia - con esiti di cerebrolesioni
e gravi alterazioni della sfera cognitiva e con un quadro clinico aggravato da problemi di disfagia.
Tra i possibili interventi per garantire l’alimentazione di questo tipo di
pazienti, vi è l’applicazione dell’impianto PEG, che pur non trattandosi di una soluzione imprescindibile per salvaguardare la vita del soggetto, contribuisce a migliorare sensibilmente - rispetto agli altri trattamenti - la qualità dell’assistenza con maggiore beneficio per il paziente stesso.
La questione assume particolare rilevanza etica quando l’adozione del
trattamento PEG riguarda i pazienti che versano in uno stato di incapacità a esprimere validamente il loro consenso e che sono privi di
tutela legalmente riconosciuta; in questa circostanza l’assenso verbale o scritto dei parenti - in mancanza di un’interdizione formale - non
viene ritenuto sufficiente per procedere al trattamento.
Il Comitato Etico ha ritenuto che nella fattispecie sopra descritta il
ricorso al trattamento con l’impianto PEG si configura in via prevalente come un intervento di tipo clinico nei casi di specie segnalati e in
quelli analoghi.
La Direzione sanitaria del Centro interessato è chiamata ad assumere
le opportune iniziative affinché il giudice tutelare del tribunale competente adotti un provvedimento (anche in via di urgenza) con cui, ai
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Il Comitato Etico
Nodi problematici
Il ruolo e l’attività svolta dal Comitato Etico della Fondazione, come
avviene anche per gli organismi degli altri enti, sono esposti agli effetti derivanti da una serie di criticità generali che connotano il contesto
italiano quali ad esempio:
• la gestione del divario tra il ritmo di evoluzione del progresso bio-
• l’obiettiva ambiguità di alcune previsioni normative che generano
I Comitati Etici dovrebbero trovarsi in prima linea nel rispondere a tali
esigenze.
una prassi applicativa distorta, o comunque non sempre conforme
alle direttive comunitarie di riferimento;
• l’assenza di prescrizioni per alcuni specifici ambiti di ricerca (in particolare la ricerca non farmacologica) che determinano disomogeneità nelle procedure di valutazione;
• la prevalente concentrazione dell’impegno nell’ambito della sperimentazione clinica oscura il significato di organismo rivolto alla
valutazione attiva delle molteplici questioni etiche emergenti nei
settori di attività connessi con la vita e la salute dell’uomo; ne deriva il rischio di limitare il Comitato a un ruolo amministrativo-burocratico.
medico e la capacità della sua assimilazione normativa da parte
della società.
In tale contesto, la Fondazione Don Gnocchi è impegnata a delineare
i tratti di un possibile percorso su cui indirizzare l’attività del Comitato
Etico, affinché esso possa declinare la propria funzione come realizzazione piena e concreta del mandato assegnato dal legislatore e dell’orientamento più volte espresso dal Comitato Nazionale di Bioetica,
ossia quello di rispondere alle esigenze pratiche operative con il
fine ultimo dell’umanizzazione della medicina e dell’assistenza
nei termini precisi della tutela della dignità della persona.
L’importanza assegnata all’aspetto autorizzativo nel campo della sperimentazione e della ricerca, finisce per comprimere quei settori di attività dei Comitati che meriterebbero più ampia e organica espansione,
nell’ambito delle funzioni di consulenza, relativamente ai fini della tutela dei diritti del malato, nella prassi medica e in quella della sensibilizzazione e formazione del personale sanitario e di ricerca sui profili etici
e deontologici connessi con le attività del servizio sanitario.
Questo giustifica la ricerca di un più ampio orizzonte interpretativo e
insieme la promozione di strumenti operativi che favoriscano:
• l’aumento del livello di percezione e di analisi dei problemi etici
connessi con le attuali pratiche sanitarie per l’esercizio di un’analisi critica delle questioni etiche e antropologiche connesse allo sviluppo della scienza e della tecnologia, che possono emergere nella
corrente pratica clinica e assistenziale;
• l’integrazione delle voci nelle diverse professionalità incluse nel
sistema delle cure;
• la promozione di una comunicazione tra la società in generale e i
gruppi di specialisti impegnati nella produzione e gestioni di nuovi
saperi-poteri biomedici;
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Il Comitato Etico
Prospettive
Comitato Etico e Direzione Scientifica
Il rapporto fra una Direzione Scientifica e un Comitato Etico è un rapporto cordiale, ma istituzionalmente indipendente.
Non sempre è stato così.
In passato i Comitati Etici non esistevano, il comportamento dei medici era ispirato all’antico giuramento di Ippocrate: “Farò servire il regime
dietetico a vantaggio dei malati secondo le mie capacità e il mio giudizio e non per il loro pericolo e il loro male, e non darò pozione omicida né prenderò simili iniziative chiunque sia che me lo chieda, così
non darò a nessuna donna un pessario abortivo”.
Nel 1948, circa 2400 anni dopo, principi simili si ritrovano nella
“Dichiarazione di Ginevra” della Associazione Mondiale dei Medici: “Mi
impegno a consacrare la mia vita al servizio dell’umanità, praticherò la
mia professione con coscienza e dignità, la salute del paziente sarà la
mia prima preoccupazione, manterrò il massimo rispetto per la vita
umana fin dal primo momento del concepimento”.
L’uomo negli ultimi secoli ha acquisito via via, grazie all’accresciuta
conoscenza, un enorme aumento di potere. Tutta la scienza e la tecnologia premoderna era macroscopica, era rivolta a conoscere la
natura; oggi l’uomo può manipolare la natura a livello molecolare così
da mutare organismi, liberare energie.
Se principi così chiari si ritrovano a distanza di millenni, perché dunque
si pongono domande come:
• quale etica per l’uomo?
• quale etica per l’applicazione delle scoperte scientifiche?
• è possibile un’etica nella sfida attuale della complessità scientifica,
culturale, sociale, nella società cosiddetta “liquida”, nella società dove la scienza e l’insieme delle scoperte scientifiche e tecnologiche
sembrano avere un ruolo egemone, un potere dominante?
Questa condizione di potere enorme, mai esistita prima, richiama prepotentemente la nostra “libertà” (cioè la facoltà di scegliere), a considerare non solo i suoi poteri, ma anche i suoi doveri.
Il primo dovere della “libertà”, la condizione stessa di sussistenza di
ogni libertà, è che essa si ponga dei limiti, condizione base per l’esistenza di una società umana, e quindi che sia “responsabile”.
È proprio nell’origine di queste domande che sta il problema.
I limiti di questa libertà, quindi dei comportamenti, sono però difficili da
stabilire (proprio per la pressione delle nuove disponibilità scientifiche)
sia sul piano individuale che sociale e le norme conseguenti possono
prestarsi sia ad abusi che a restrizioni totali.
Negli ultimi due secoli un cambiamento culturale vasto e profondo,
derivante da trasformazioni economiche, politiche, sociali, scientifiche,
ha investito i “valori” umani, in molti casi addirittura rifiutando la legittimità stessa della morale. Il valore-norma morale, che nasceva tradizionalmente dalla ragione, viene oggi sempre più sostituito dalla “cultura”
intesa come norma. Se la maggioranza delle persone o la loro totalità
in un gruppo assume uno specifico atteggiamento di vita, questo
“diventa” una norma morale, è una “cultura”.
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È difficile riassumere le motivazioni, le origini di questo comportamento. Dallo sviluppo scientifico e tecnico deriva oggi un’offerta, e conseguentemente una richiesta, di applicazioni nell’interesse “individuale”
(vero o presunto) che non si pone limiti, con una richiesta di “libertà”
che tende al rifiuto di norme oggettive o che tende, con delle leggi o
delle norme, al far identificare ciò che è “legale” come una norma valida anche sotto il profilo “etico”.
Ne deriva quindi, che l’attuale, tumultuoso progresso delle conoscenze scientifiche, con la manipolazione dell’infinitamente piccolo anche
in campo biologico, pone prepotentemente la domanda di “come”
gestire l’effetto cumulativo di tutte le nostre conoscenze, la tecnologia
utilizzata giorno per giorno, specie la più sofisticata.
Il “come” è un problema di saggezza permanente, che esige un nuovo
ed approfondito ruolo della ragione.
Occorre Sapienza. Sapienza che nè la scienza, nè la tecnologia
hanno e che quindi, non possono di per sè fornire.
La categoria della scienza (non dello scienziato) è, infatti, quella del
“possibile”: se è possibile, si sperimenta. Invece l’applicazione del
“possibile” nella vita di ognuno ha bisogno di “criteri” e questi sono
esterni al mondo della scienza.
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Il Comitato Etico
Sapienza, e quindi anche ragione, che devono dare un contenuto il
più alto e obiettivo possibile ai “limiti” della libertà umana, ai “criteri”.
Si pone così il problema di “chi è l’uomo?”.
L’uomo anche in condizioni di debolezza, di invalidità e, fatto nuovo
nella storia, di possibile permanente disabilità. L’uomo che non solo
“esiste”, ma l’uomo come “essere storico e libero”, che si costruisce
ogni giorno con la sua responsabilità.
La libertà che pone la domanda di senso su che cosa dobbiamo o
possiamo fare e/o come dobbiamo vivere è la condizione che rende
possibile l’interrogativo etico, che cioè, interroga i “valori” all’esterno
della scienza e tocca il significato alto dell’uomo.
È sui valori che si costruiscono i criteri con i quali utilizzare i prodotti
della scienza.
Nel lavoro di un Comitato Etico il ruolo della “scienza”, e quindi più
umilmente delle Direzioni Scientifiche, è quindi anche quello di rendere più chiare possibili le domande a cui il Comitato Etico deve dare
risposte nel rispetto del valore assoluto della persona umana.
I comportamenti conseguentemente saranno anche di aiuto a un
cammino di miglioramento della comunità sia istituzionale (ospedali,
RSA) che sociale, facilitando riflessioni, approfondimenti e dialoghi
rispettosi fra le persone. [Paolo Mocarelli]
Comitato Etico e Formazione
Tutte le indicazioni emerse dal presente contributo segnalano la
necessità di un raccordo più stretto e strutturale tra Comitato Etico e
attività della Fondazione: non solo tra Comitato Etico e Comitato
Tecnico-Scientifico, ma anche con tutta l’attività formativa, della valutazione e delle linee strategiche.
Se è vero che l’etica è la scienza della vita buona e il Comitato di
bioetica è uno strumento di valutazione e di verifica di taluni atti della
Fondazione (secondo la normativa vigente), appare necessario cercare la relazione, l’interazione e l’interrelazione tra il Comitato (o futura
commissione, gruppo di lavoro...) e i nodi problematici, correlati sia
all’attività della Fondazione, sia ai profili emergenti del percorso formativo, quando ci si attesta a “stare accanto alla vita, sempre”.
Per questo si vorrebbe qui evocare il tracciato di possibili profili riflessivi, emersi dall’attività formativa, peraltro disaminati ed approfonditi in
differenziate sedute del Comitato Etico della Fondazione, che hanno
toccato i paradigmi etico-antropologici della variegata e pluriforme attività della Fondazione Don Gnocchi.
Si rinvia, soprattutto ma non solo, alle tematiche emerse nei due corsi,
valutati e verificati nello stesso Comitato Etico (Il valore della vita e
Ragioni e regioni dell’umano nella cura, nella riabilitazione e nell’assistenza) e nel confronto emerso, in maniera specifica dall’analisi di molteplici studi osservazionali.
Solo in via molto sintetica si evocano qui alcuni dei molteplici profili e
paradigmi, oggetto di una valutazione da parte del Comitato Etico,
anche in termini di una possibile articolazione propositiva di formazione per i diversi Centri, soprattutto a partire dalle scelte assunte negli
ultimi anni dalla Fondazione (cura degli stati vegetativi, dei pazienti
affetti da Alzheimer e da SLA, oncologia geriatrica, Hospice, cura e riabilitazione delle gravi cerebrolesioni acquisite...).
Al di là della vicenda giuridica della novellata normazione dei Comitati
Etici, ci pare importante evocare una serie di possibili percorsi, che
abitano i confini dell’antropologia e dell’etica, avendo nel cuore e nel
pensiero le pagine memorabili degli ultimi scritti di don Gnocchi.
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Il Comitato Etico
Per questo possiamo affermare che, nella stagione ultima (ma non
solo) della vita, la cura abita l’antropologia e l’etica riscopre il valore
della vita, laddove si pongono una serie di domande, anche se spesso la risposta appare problematica.
Le consegniamo alla riflessione comune della Fondazione.
Assumiamo come logo ermeneutico della riflessione stessa la parola
“cura”, nella sinergica articolazione del cure, del care e del caring.
Salute e malattia nella scena postmoderna e-vocano l’orizzonte del
desiderio di salvezza (e non solo del bisogno di salute).
Salute e malattia, nella prospettiva del nursing in-vocano i percorsi del
curare, senza (poter) guarire.
Salute e malattia con-vocano, nei volti differenziati della sofferenza e
del dolore, gli itinerari del curare (cure), del prendersi cura (care) e del
farsi carico (caring).
L’antropologia della cura genera e rigenera percorsi ed itinerari
atti ad anticipare il senso promettente e sorprendente della vita,
generando ricordi.
L’antropologia e-voca la domanda di senso (cura, da cur: perché?)
e la coscienza del senso (cura da cautum - cavere - ad corrigere cerno - cor: avvicinarsi con lo sguardo del cuore): propizia e promuove la differenza tra il facere e l’agere (nella malattia).
L’antropologia pro-voca l’orizzonte del senso (cura da carus, charis;
grato, caro): propizia e promuove la differenza tra curare (cure) e
prendersi cura (care).
L’etica della cura (quasi alla ricerca delle virtù teologali nel tempo
della malattia) genera e rigenera il care
come affidamento/fede/ fiducia/fedeltà: l’orizzonte del fidarsi e
dell’affidarsi (fede);
come promessa/attesa/speranza: l’orizzonte delle cose che verranno; ad-ventura: (speranza);
come sorpresa/dono/gratuità/inedito: l’orizzonte della malattia,
nella sua capacità generazionale (carità).
La deontologia della cura (quasi alla ricerca delle virtù cardinali,
nel tempo della malattia) genera e rigenera il care
come rispetto (da re-spicio: ti guardo e ti riguardo così come sei;
come responsabilità (da re-spondeo: continuo a mantenere, reiterandola, la promessa);
come riconoscenza (da re-cognosco: continuo a conoscerti, ogni
momento e dunque provo gratitudine);
come risposta (da re-spondeo: traduco in atto la promessa sorprendente).
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Il Comitato Etico
Solo in maniera descrittiva si accennano itinerari, che possono essere
ripresi come riflessione, come formazione, come proposta. Si tratta
dunque di riscoprire l’intenzionalità antropologica di ogni atto curativo, riabilitativo, educativo ed assistenziale.
La cura accompagna la persona colpita da un esito lesivo invalidante congenito o più spesso acquisito, negli itinerari possibili di una
restituzione integrale delle funzioni colpite, o dell’abilitazione di funzioni inerti o silenti fino a quel tempo, o di un’azione che eviti il progressivo deteriorarsi del quadro funzionale e personologico complessivo o che evochi, attivandole, funzioni alternative e correlative alle
dimensioni che appaiono ormai inerti.
La cura aiuta la persona ad abitare il proprio nome, segnato
dalla malattia; essa fa del limite una pro-vocazione e un’in-vocazione e non una maledizione, non chiama la malattia con il solo nome
della perdizione; non considera la disabilità soltanto come ostacolo,
ma la accoglie come (pro-) (in-) vocazione e l’assume come una
domanda, un appello per tutti; considera la malattia inguaribile un
evento esistenziale, non da esorcizzare o da maledire, ma che interpella la libertà alla ricerca, nelle pieghe silenziose e misteriose del
dolore, di una qualche compatibilità esistenziale e, a partire dalle provocazioni di un maestro certamente non sospetto, circa il nostro
assunto, (anche se annoverato tra i maestri del sospetto), osa
affermare che: “Il grande dolore soltanto, quel lungo, lento dolore che
vuole tempo... costringe... a discendere nelle nostre ultime profondità...
Dubito che un tale dolore "renda migliori"; eppure so che esso ci scava in profondo... Non vorrei alla fine che passasse sotto silenzio la cosa più importante: da tali abissi, da tale grave malanno... si torna indietro rinati, con la pelle
cambiata... con sensi più giocondi, con una seconda più pericolosa innocenza
nella gioia, più fanciulli e al tempo stesso cento volte più raffinati di quanto per
l’innanzi ci fosse accaduto” (F. Nietzsche, La gaia scienza).
La cura è capace di liberare significati inediti, censurati e
rimossi nell’ordinario contesto del vivere; è atta ad abilitare e riabilitare il tempo della malattia, anzitutto: malattia, in quanto non solo
evento dal quale liberarsi, bensì evento da liberare, soprattutto quando l’emancipazione verso la guarigione appare “strutturalmente”
lungo, e, dunque, accompagnato molto spesso da itinerari più o meno
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complessi, spesso imprevedibili, insicuri e, frequentemente, da reiterare, come appare anche nelle situazioni della malattia interminabile.
O quando la malattia annuncia un tempo sempre uguale a se stesso: il tempo cronico, della malattia irreversibile, degenerativa, terminale. Una cura che - se si volesse dare ad essa una significativa connotazione - può riassumersi con la cifra sintetica di: ricomprensione,
riconciliazione, accoglienza del proprio sé, nello scenario nuovo,
segnato e contrassegnato dalla malattia e dalle sue tracce; in una stagione nuova, che accoglie il rischio di un esito sempre possibile, perché ripetibile, ancorché assediato dall’incertezza e dalla indeterminatezza del tempo, di un esito che ha tracce visibili e sperimentate nell’insulto più o meno presente nel quadro di funzioni attinenti l’autosufficienza e l’autonomia; un approccio e un paradigma curativo riferibili
alla dimensione comprensiva di un corretto quadro antropologico;
dunque non settoriale, dunque non riduzionistico, dunque non
mono-specialistico; bensì globale, pluridimensionale, multi e pluridisciplinare, olistico, consegnato all’orizzonte dell’intero, perché a
questo pertiene l’orizzonte dell’antropologia e dell’etica: quello che
don Gnocchi aveva chiamato, con anticipazione sapienziale: “restaurazione della persona umana”.
La cura sa allontanare i rischi di un troppo frequente dualismo
oggettualizzante del malato, dentro i circoli perversi di una sanitarizzazione della vita e di una medicalizzazione dei problemi esistenziali, di una strumentalizzazione consumistica della cura, di una
prevaricazione tecnicistica che non mette conto di accogliere e
riconoscere i vissuti esistenziali, dell’espropriazione della corporeità,
della rimozione degli orizzonti di senso e di significato: con l’esito perverso di una accresciuta iatrogenesi culturale, frequentemente
accompagnata da gravi sindromi depressive, peggio da chiusure
autistiche e da un’ingiustificata afasia e oblio del “perché”, ritenendo
il “come” ed anche il “dove” esaustivi di ogni risposta a domande esistenziali.
La cura propizia l’orizzonte di umanizzazione di ogni itinerario,
percorso, atto terapeutico e riabilitativo, capace di attraversare
i circoli virtuosi dell’assistenza, assumendo quale paradigma ermeneutico l’unicità e l’irripetibilità della persona umana, considerando
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Il Comitato Etico
l’iter terapeutico un “evento”, che implica una continua ridefinizione,
orientata alla riconciliazione e alla ricomprensione del sé e si fa dunque
“avvento” ; capace di lasciarsi interpellare dai bisogni più profondi del
paziente, che si interroga su quale futuro lo aspetti, su quale compatibilità esistenziale abbia il possibile esito (mancato) della terapia, capace di
propiziare una ricomprensione e una ricomposizione del proprio sé esistenziale. La cura, dunque, oltre gli approcci tipici dei protocolli tecnici,
assume quali elementi costitutivi del proprio definirsi e attuarsi come
percorso esistenziale le dimensioni relazionali proprie della comunicazione umana, psicologica, certamente etico-antropologica.
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La cura abita le regioni della vita, attraversando gli itinerari che
portano:
l dalla normalizzazione o “restitutio ad integrum” delle funzioni ad un
esito dove è possibile vivere una vita di qualità, anche in asenza di una
possibile qualità della vita;
l da forme minimali di autosufficienza ad una facilitazione esistenziale,
compatibile con le esigenze soggettive;
l dalla possibile depressione esistenziale di un ritiro autistico alla riconciliazione con il proprio sé corporeo, alla pacificazione con i propri sentimenti, nel rischio di una deriva nell’arcipelago dei risentimenti, all’accoglienza e all’adozione di una nuova identità esistenziale;
l da una relazione capace di valorizzare il soggetto, graduando l’intervento secondo i bisogni, dentro i paradigmi dell’attitudine psicoterapica, relazione capace di ascoltare senza rispondere, di attendere senza
pretendere un esito, di assistere senza intervenire;
l dalla logica, pur decisiva, della competente risposta ai bisogni alla
metalogica di un’attenta riscoperta di tutte le forme, spesso incapaci
di farsi parola, che invocano il desiderio (esistenziale): più la vita sembra sfuggire, più cresce il desiderio di trattenerla;
l dal bisogno di salute al desiderio di salvezza;
l da uno sguardo riconoscente anche di fronte all’orizzonte muto di
gravissime disabilità all’interrogazione sul significato indicibile e inaudito della sofferenza, fino ai confini problematici degli interrogativi esistenziali più profondi (dalla distanasia e dall’eutanasia all’ortotanasia);
l dalla morte come termine (la fine) alla morte come compimento (il
fine), che sa annunciare la profezia di una vita donata e non trattenuta.
1
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Nel significato anche di avventura; ad ventura: le cose che verranno. Un evento dunque
che si fa annuncio promettente e sorprendente della vita.
In termini di riproposizione antropologica, per eventuali percorsi riflessivi, formativi e propositivi si indicano alcuni (possibili) itinerari, per dare
corpo, secondo l’ispirazione del Beato don Gnocchi (soprattutto in
“Pedagogia del dolore innocente”) a una cura, una riabilitazione e
un’assistenza autentiche.
I profili evocati sono solo alcuni itinerari e percorsi, offerti alla riflessione di tutti, per una ricomprensione antropologica (organizzativa, strutturale, professionale, relazionale ecc.) dell’attività in Fondazione: una
sorta di attualizzazione del carisma di don Gnocchi.
Il primo paradigma è riferibile e riferito al metodo.
Se si dovesse affidare ad un logo, il significato delle attività di coloro
che operano accanto alla terminalità (non solo in termini temporali), alla
cronicità della vita, si potrebbe dire “fare pace con la morte”.
Il metodo è quello di dare volto, voce, parola, espressione alle persone che assistono (in qualche caso agli ospiti, ai familiari e ai volontari).
Vita e morte dicono sempre dimensioni in-dicibili, in-enarrabili, in-edite,
in-audite di tutta l’esistenza.
Ci si arricchisce con il racconto di ciascuno. Ciascuno ha messo e
mette in luce qualcosa che è sconosciuto all’altro.
Si tratta di dare verità alla parola del “dialogo”: dialogo (dal greco dialògos) significa “lasciarsi attraversare dalla parola, dallo sguardo, dal
vissuto dell’altro”. Dialogo non è mascherato monologo o dichiarata
contrapposizione o pregiudiziale scontro ideologico. In effetti le parole
del tempo ultimo pro-vocano, e-vocano, in-vocano, con-vocano.
Hanno iscritta dentro una chiamata (vocazione).
Si tratta di una chiamata alla vita vissuta, proprio nel tempo della sua
ultima consegna nella morte.
L’ascolto reciproco, che la formazione sul campo ha propiziato, dice
uno stile già in gran parte condiviso nella Fondazione don Gnocchi.
Semmai esso chiede coerenza, condivisone, implementazione antropologica ancor più persuasa da parte di tutti.
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Nel significato originario della parola greca alètheia: uscire dal nascondimento, da a-lanthàno
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Il Comitato Etico
L’attenzione alla fase terminale della vita segnala una sorprendente scoperta; essa si ritrova nel fatto che le parole del “tempo
ultimo” costituiscono la grammatica e la sintassi del tempo penultimo: quello delle malattie croniche, degenerative, irreversibili. E forse
sono la lingua capace di dire ed interpretare anche gli altri tempi dell’esistenza. Il tempo (soprattutto quello ultimo) dice: ritaglio , distensione , temperatura , casa .
E il tempo ultimo, anche se cronico (e dunque apparentemente sempre uguale a se stesso) diventa tempo escatologico (come fine: la fine
di tutto o il fine delle cose ultime?) e dunque “tempo di grazia” . Le
parole del tempo ultimo sono significate nell’ascoltare, accogliere,
attendere, accorgersi, accompagnare.
In un Centro della Fondazione don Carlo Gnocchi due sorelle hanno
raccontato come hanno potuto assistere la propria madre negli ultimi
momenti della vita: “Le abbiamo tenuto, ciascuna, la mano. Abbiamo
sintonizzato il nostro respiro sul suo respiro, fino all’ultimo…”.
È questa l’espressione più alta dell’amore. È il tempo restituito alla sua
originaria dignità. Questo (ultimo) è il tempo autentico, per noi che
diciamo sempre: “non ho tempo”, consegnandolo spesso all’inautentico!
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Nel tempo ultimo non basta la scienza (medica, infermieristica,
assistenziale…).
Essa propizia la solitudine, quando curando solo la malattia, corre il
rischio di abbandonare il malato, assumendo la morte solo in chiave
clinica, dimenticandone il valore di evento esistenziale. Alla fine la
scienza cerca una compagnia (il “cum”): essa si chiama “co-scienza”: assistere e curare in scienza e coscienza, appunto!
Lo stare con e accanto è fondamentale, nel tempo ultimo; è decisivo
in qualunque tempo della malattia. Il con dice prossimità esigente, perché allarga i valori della cura. Il “con” cambia radicalmente il significato delle parole e della vita . Così è per la dialettica della scienza e della
coscienza. La scienza: cura, vede e fa, opera al fine di liberarsi dalla
malattia, lotta tra accanimento e abbandono terapeutico, è somma di
prestazioni, stabilisce confini, definisce le premesse per la vita buona;
aggiunge anni alla vita.
La coscienza: si prende cura e si fa carico, pensa e agisce, opera al
fine di liberare la malattia, agisce tra alleanza e prossimità terapeutica,
è moltiplicazione di relazioni, apre orizzonti, annuncia le promesse per
la vita buona; aggiunge vita agli anni.
In particolare la vita appare degna di essere custodita nella
situazione dei Pazienti in Stato Vegetativo (PVS).
Icona possibile per “Il Valore della vita” è (stato) il nome che il Palazzolo
ha dato al reparto, appunto, dei PVS. Il reparto ha preso il nome di
“Aquilone”. Perché? L’Aquilone è sospinto dal vento. Spesso lo dirigi e lo accompagni tu; ma talvolta, quando il vento infuria, sei costretto tu a lasciarti guidare ed accompagnare dalla direzione del vento…
Il vento, cioè il respiro, il soffio, l’anima .
Quando si sta bene - è un tema ricorrente nelle riflessioni in Fondazione
- è il corpo (la sua forza, la sua prestanza, il suo vigore) a guidare l’anima. Ma quando sei inerme, come nella condizione di PVS, è l’anima (il
soffio dell’Aquilone) a guidare, a regolare, a ritmare il corpo. Nasce dunque la domanda: è la vita che guida la morte o è la morte a guidare la
vita? È tornato spesso l’aforisma che afferma: “Si impara a vivere,
quando si è imparato a morire…”, nel senso che è la morte misura del
vivere; è il compimento a farsi significato di ogni inizio.
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Tempo: dal greco témno, ritagliare
Tempo: dal greco téino, tendere, distendere
Tempo: dal latino tempero, temperare
Tempo: dal latino templum, tempio, duomo, casa
In greco è il kairòs: il tempo del tempio, il tempo abitato da Dio
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Si pensi alla dialettica del: prendere e del com-prendere, del vincere e del con-vincere,
del dividere e del con-dividere (che significa moltiplicare!)
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In greco ànemos, anima è il soffio, il, vento.
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Il Comitato Etico
Come prevedibile, sono moltissime le riflessioni, le risonanze, le
provocazioni e le evocazioni dell’evento “morte” intrecciate,
intessute e attraversate dalle esperienze personali e professionali: una sorta di “eco” che si rincorre, tra associazioni, affettive e intenzionali, tra ricordi e rimpianti, tra parola e silenzi, tra sguardi e lacrime. La
“morte dell’altro”, nel vissuto dell’altro sconosciuto, dell’altro conosciuto, dell’altro “amato”, perché familiare.
L’altro nell’evocazione dell’addio di un anziano o del dolore nell’addio ad
un disabile a lungo cresciuto e curato, che genera sofferenza e lutto
negli operatori.
La morte dell’altro con le differenziate elaborazioni, che essa comporta, con lo stare accanto ai familiari degli ospiti. Vi è un’elaborazione normale, quella evocata da Pirandello che, avendo saputo della morte della
madre, quando era in Germania, diverse ore dopo l’evento, si chiede:
“Ma in quel tempo mia madre, per me, non era morta. Io ero morto a
mia madre!”. La morte è un evento interiore, è un evento che avviene
dentro. È una separazione, che in qualche modo ci definisce e non è
definita dall’evento oggettivo.
Ma vi è anche un’elaborazione depressiva, come quella della madre
indiana, che si accomuna al figlio morto e che sale quindi sul carro sul
quale è cremato il cadavere. È il volere chiudere la vita, quando una persona cara (soprattutto se si tratta di un figlio, come evocato nel corso di
un Centro della Fondazione) ci lascia. Oppure vi è un’elaborazione paranoica del lutto: la morte viene da un altro, che per questo è cattivo, è
malvagio. Io posso diventare immortale solo se lo uccido. La morte
come evocazione di una possibile vendetta. È questa la logica della violenza e della guerra Vi è inoltre un’elaborazione maniacale, quella che
esporta il lutto, magari con ritorsioni proprio sulle persone che si sono
prese cura della persona scomparsa.
La morte propria, della quale non è vi elaborazione alcuna (Freud) o vi
è, al contrario, pensiero ricorrente (Jung). Un primo significato è il “morire da genitori”; quale ridefinizione del significato della propria vita, ridisegno dei bisogni e dei desideri più profondi. La morte come consegna e
compimento; là dove nulla si trattiene per sé, ma se ne fa dono (ai figli e
agli altri). Tornano alla mente le commoventi pagine di “Cristo con gli
Alpini” di don Carlo Gnocchi.
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Un secondo profilo di simbolizzazione della propria morte è relativo al
vedere come è triste che coloro che presidiano la scena della morte sono
rassegnati e quindi già riformulano il progetto della loro vita senza di te. È
il morire nella mente dell’altro, è “il morire nella mente altrui”. Il terzo profilo emegente è l’appartenenza primaria, il ricordo degli avi, la memoria
della propria esistenza.
Una sorta di nascita rovesciata; un “morire come ritorno a casa”. Così
come dice Freud: “Si va dalla madre alla madre (terra)”.
La morte problematica è quella segnata dal dolore innocente.
Molte riflessioni si possono accompagnare al testo di don Carlo Gnocchi
(“Pedagogia del dolore innocente”). La morte difficile dei piccoli, anche e
soprattutto se disabili, con gli atteggiamenti frequenti in coloro che
hanno dovuto presidiare la pesantissima transizione:
l il titanismo: l’uomo non può essere che un lottatore. L’uomo deve
diventare un eroe. Qui non si tratta di capire il dolore, non c’è il problema di nominare e interpretare il dolore. La stessa parola del dolore ultimo, che è l’agonia, evoca questo senso della lotta. Ma non possiamo
dimenticare che anche Cristo ebbe paura;
l la rassegnazione: il dolore è un subire. Si cerca di ridurre il dolore a
un’illusione. Si cerca di sopprimere la coscienza del patire. In fondo è un
tirarsi indietro. È un fuggire;
l la rivolta: alcuni affermano che non può essere così, perché non
deve essere così. C’è una ribellione muta e chiusa. Come quella di
Giobbe, che diventa poi, in maniera molto pesante, una ribellione
aperta, dichiarata e gridata;
l la disperazione: il bisogno di speranza è radicalmente frustrato, è un
abisso nel quale si precipita. Il dolore può essere arrecato o addirittura
coltivato. Nasce qui la compassione difensiva (egoistica: “Non è successo a me!”) o la compassione depressiva (del “cupio dissolvi”). Il dolore ultimo non tocca la parola (infatti è in-esprimibile); è sotto e sopra il
linguaggio, quasi tra mutismo e grido.
Quando si accompagna il dolore (con la carezza, il silenzio, lo sguardo, il
tatto) allora nasce il “pudore del silenzio”. Si gioca qui, dentro questi
impervi percorsi e difficili itinerari, soprattutto, lo stile don Gnocchi. Molti
lo hanno ricordato, tutti lo hanno invocato, come dimensione condivisa
e da condividere nella mission della Fondazione, quale attualizzazione
del carisma di don Carlo.
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Il Comitato Etico
Molti profili ermeneutici, a latere, sull’accompagnamento alla morte,
possono delineare gli itinerari della riflessione degli operatori, con le
molte domande, che tale prossimità genera.
Sono molte le paure che toccano la vita della persona (anche
se spesso non si fanno parola) e dei familiari.
Tra le domande più frequenti sono tornate e tornano:
la paura dell’ignoto (Quali esperienze di vita non potrò avere più?
Qual è il mio destino d’ora in avanti? Cosa succederà al mio corpo
dopo la morte? Cosa succederà a quelli che restano e mi sopravvivranno? Come reagiranno alla mia morte la mia famiglia e gli
amici? Che sarà di tutti miei progetti? Quali saranno, nel momento
ultimo, le mie reazioni emotive?);
l
l la paura della solitudine, dell’angoscia (che è una sorta di dolore
e di sofferenza senza oggetto), della perdita del corpo, del controllo di se stessi, del dolore e della sofferenza, della perdita dell’identità, della regressione, della confusione mentale.
La morte chiede dunque l’ultimo esigente compito: quello di
fidarsi e di affidarsi, senza alibi alcuno.
Si tratta dell’affidamento ultimo, forse più che dell’ultimo affidamento; in questo senso non può non essere che un affidamento totale e
definitivo. La morte cancella ogni possibile alibi. Altrimenti la separazione prende il nome della disperazione.
Fidarsi è all’inizio della vita; all’inizio non c’è il sapere o il conoscere,
c’è la fede. Le tappe fondamentali dell’esistenza evocano la fede.
All’inizio il bambino si fida e si affida alla mamma (radicandosi così
nella fiducia di base, come ci ricorda Erickson); nella esigente prossimità di un uomo e di una donna che si amano, si costruisce il
“fidanzamento” (per quella promessa affidabile che è il matrimonio) .
Ma nella fase ultima della vita, il fidarsi e l’affidarsi non conosce e non
consente alibi: o è definitivo o non è.
Per questo la morte diventa, anche per questo, percorso di fede, di
fedeltà e di confidenza. “Lasciatemi andare”: così, alla fine, pregò
Giovanni Paolo II e così ebbe modo di riflettere il card. Martini .
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Occorre imparare dall’esperienza quotidiana (e non tanto dai libri) la
capacità di stare accanto, senza prevaricazione o dipendenza dalla
vita segnata dalle molteplici paure evocate. Occorre imparare ad elaborare, anche sul piano personale la capacità di resistenza e resa
(come indica Bonhoeffer). “Resa” non al dolore, ma al mistero della
vita.
È un fidarsi, un affidarsi, un confidare nella vita, o per il credente, in
Dio. C’è una “resistenza”: io sono più grande del dolore che vivo. Il
dolore purifica come il fuoco , segna la vita, fa trovare forme inedite
di solidarietà. Quando il dolore è questa resistenza che nasce dalla
resa, allora vuol dire che l’uomo l’ha guardato in faccia e che gli ha
dato un nome.
L’umano è saper dare nome alle vicende che raggiungono, anche
inspiegabilmente, l’umano stesso.
È l’inedito dell’umano che ha generato la creatività di don Gnocchi
(risvegliare la vita che non c’è, ma che può esserci).
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Infatti l’etimologia greca di purificare è il fuoco; da pur
Il padre della fede che è Abramo ci insegna che Dio quando lo chiama – più volte nella sua vita – a fidarsi,
gli dà come pegno della fiducia una promessa: la terra (della) promessa. Il fidarsi e l’affidarsi si compie solo
nella promessa (affidabile, appunto, come ogni speranza vera).
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Mi piace ricordare questa preghiera, scritta da Martini al termine della Lettera pastorale “Sto alla porta
(1994)”: “Ma se io, Signore, tendo l’orecchio e imparo a discernere i segni dei tempi distintamente odo i
segnali della tua rassicurante presenza alla mia porta. E quando ti apro e ti accolgo come ospite gradito nella
mia casa il tempo che passiamo insieme mi rinfranca. Alla tua mensa divido con te il pane della tenerezza e
della forza, il vino della letizia e del sacrificio, la parola della sapienza e della promessa, la preghiera del ringraziamento e dell’abbandono nelle mani del Padre. E ritorno alla fatica del vivere con indistruttibile pace. Il tempo
che è passato con te sia che mangiamo sia che beviamo è sottratto alla morte. Adesso, anche se è lei a bussare, io so che sarai tu a entrare; il tempo della morte è finito. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo per esplorare danzando le iridescenti tracce della Sapienza dei mondi. E infiniti sguardi d’intesa per assaporarne la
Bellezza”.
E, ancora, riflettendo, qualche tempo prima della sua morte (29.08.2008), sul Testamento di Paolo VI, afferma: “Mi impressiona la qualità della sua fede, tranquilla e abbandonata a Dio. Mi sento in questo senso assai
carente. Io, per esempio, mi sono più volte lamentato col Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire. Sarebbe stato così bello poter dire: Gesù ha affrontato la morte anche al nostro posto e morto
potremmo andare in Paradiso per un sentiero fiorito. Invece Dio ha voluto che passassimo per questo duro calle
che è la morte ed entrassimo nella oscurità, che fa sempre un po’ paura. Mi sono rappacificato col pensiero di
dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in
Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle’uscite di sicurezza’. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio. Questa fiducia traspare da tutto il testo di Montini. Ciò che ci attende dopo la
morte è un mistero, che richiede da parte nostra un affidamento totale. Desideriamo essere con Gesù e questo nostro desiderio lo esprimiamo a occhi chiusi, alla cieca, mettendoci in tutto nelle sue mani. La grande fede
di Montini gli permetteva di perdersi in Dio con l’animo di un fanciullo. Ispirati dal suo esempio desideriamo
anche noi godere di quella pace interiore che vince ogni ansietà e si affida a Dio con tutto il cuore”.
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La morte chiede di fare dono di quello che si è ricevuto e di
quello che si è dato (senza nostalgie e rimpianti).
È il morire “da genitori”. Il pegno della promessa si fa impegno nel e
del dono, fino al perdono. Non trattenere nulla per sé consente di spiccare il volo, di salutare la vita e di dirle addio (appunto perché accanto a Dio «ad-dio» si compie la promessa). Torna alla mente la parola
evangelica: “Chi trattiene per sé la sua vita la perde, chi la dona la ritrova”.
Sono le parole programmatiche dell’accompagnamento alla morte,
quando non si voglia esorcizzare o demonizzare quel tempo; quando
si consente alla morte di farsi narrazione (spesso così diversa, come
ha testimoniato il racconto di molti operatori della Fondazione). La
morte ci richiede di essere capaci di oblatività al punto di saper consegnare tutto, senza trattenere nulla per noi. La vita continua perché
chi muore consegna tutto: la sua esperienza, la sua ricchezza, la sua
capacità di amare.
Senza accogliere la “tradizione” come memoria, avviene che, con il
solo presentismo, essa diventa appunto il “tradimento”. Altrimenti
l’umanità dovrebbe sempre cominciare da capo. La morte così diviene il criterio supremo della vita.
Noi siamo quello che diventiamo con le nostre scelte. Questa è la
pedagogia del dolore. È per questo che forse il vangelo nella parabola del “ricco epulone” ci dice che quest’uomo, anche nell’aldilà, utilizzerà e confermerà ciò che è stato nella vita. Chiede a Lazzaro non il
perdono, ma che gli porti qualche goccia di acqua. In questa parabola, dove mai nessuno - come in tutte le parabole - è chiamato per
nome, solo il povero ha un nome.
Forse chi ha molte cose ed è ricco, è senza nome; chi è povero ed è
senza cose, ha invece un nome (Lazzaro). Ha un nome, scritto nei cieli,
chi si fa povero, perché della sua vita fa perenne dono. È la lezione,
che torna nelle parole degli operatori della Fondazione, eco di quella
grande parola che fu il testamento spirituale di don Gnocchi.
Accanto alla morte, come in controluce, appare lo splendore
della vita, anche se segnata e contrassegnata (o defigurata o
sfigurata) dalla malattia irreversibile e/o degenerativa.
Si conferma la tutela della dignità e della degnità della vita, sempre:
di tutta la vita e della vita di tutti. Solo queste sono garanzia della qualità della vita ed insieme - soprattutto - della vita di qualità.
Si richiedono qui sempre gli atteggiamenti che propiziano l’interiorità,
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(cioè l’intimo raccoglimento di Heidegger), che si esplicita soprattutto
e in modo particolare, nel dolore.
Nella sua indisponibilità, sta la sacralità della vita. L’interiorità è la
capacità di mantenere presenti, dentro di noi i doni che gli altri ci fanno
continuamente. Attraverso di essi acquisiamo la nostra identità, la
nostra maturità. “Far vivere gli altri dentro di noi”.
Diversamente, se c’è poca interiorità, si occupano le cose e si possiedono le persone. In qualche modo potremmo dire, si “colonizza” la
vita. Ed infine emergono gli atteggiamenti che propiziano l’oblatività,
che è la capacità di offrire vita agli altri, senza attendere ricambio o
gratitudine. Vogliamo non il bene di un altro, ma il bene “per” l’altro.
L’oblatività come “far vivere il noi dentro gli altri”.
L’incondizionata cura della vita è tema ricorrente nei percorsi di formazione in Fondazione. Si stemperano nelle buone prassi della cura
anche le pur presenti e differenziate sfumature sull’accanimento terapeutico e sull’eutanasia (almeno passiva).
I due volti decisivi – della vita e della morte – hanno chiesto e
chiedono tempo di riflessione (anche formativa).
Unanime appare l’esigenza di questo “tempo altro”, propiziato, evocato e definito dall’esperienza di formazione sul campo: quasi alla ricerca di una “metariflessione” necessaria ad affrontare i misteri della
vita e della morte: della morte, soprattutto, nella sua cifra indicibile ed
ineludibile di totale separazione. Si iscrive qui l’urgenza di affrontare,
per gli operatori della Fondazione, la sfida educativa, anche per coloro che non assistono malati terminali e si dedicano a far rifiorire la vita
(che ancora non c’è, ma che ci potrebbe essere - come diceva don
Gnocchi).
Si tratta dunque (Accanto alla vita, sempre) di propiziare, di custodire,
di sostenere la capacità di anticipare il senso promettente e sorprendente della vita; perché questa è (l’)educazione, correlata alla possibilità di generare ricordi; la memoria di essere stati amati offre le coordinate di una possibile rinnovata fiducia nella vita; l’essere stati amati e
l’avere amato al punto di essere capaci di partire, senza che nessuno
ci debba condurre per mano.
Il bambino, quando è stato amato sufficientemente, è in grado di uscire di casa senza tenere la mano della madre. È già sufficientemente
sicuro di una presenza che si porta dentro. È partendo che si arriva. È
il paradosso del simbolo che tiene insieme parole o significati apparentemente contraddittori, come la morte e la vita.
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Il Comitato Etico
In questo senso vita e morte, nascita e compimento si rincorrono e si richiamano reciprocamente.
Siamo soliti dire che la nascita è separazione per l’individuazione. Così
sarà di tutti gli snodi della vita (adolescenza, età adulta, vecchiaia…).
La morte è individuazione per la separazione (ultima e definitiva):
individuazione nel senso che la parola ultima riassume e dice tutta la
vita. Per questo gli antichi pregavano “Liberaci, o Signore dalla morte
improvvisa” e l’Imitazione di Cristo si raccomanda all’amico, che è
vero, quando ti istruisce che il tempo della fine si avvicina ed è prossimo!
La ragione è per potere dire e dare la parola (ultima), certamente quella del perdono (che è il dono supremo consentito all’umano). Allora la
morte è davvero individuazione (forse molto di più della nascita); infatti la morte dei suoi santi è chiamata dalla Chiesa il “dies natalis”.
In questo senso l’evento malattia e l’evento morte interpellano
compiutamente l’umano e consentono una sorta di ricomprensione antropologica dell’esistenza.
E-vento è ciò che ti raggiunge dall’esterno, da fuori, senza che tu lo voglia
o lo scelga. Ma l’umano della libertà che diventa libertà dell’umano consente una prossimità esigente e non accomodante all’e-vento. Allora
l’evento si fa av-vento: parola cara alla tradizione cristiana, perché riferita a Gesù che nasce e che ritornerà. In qualche modo si può davvero
propiziare la transizione virtuosa, quanto meno riflessiva, dall’e-vento
malattia (come non senso, per la libertà) all’av-vento malattia (come
senso, per la libertà).
La riflessione ha consentito, consente e consentirà la prossimità, l’avvicinamento e l’accompagnamento (da e-vento ad av-vento) . L’avvento
evoca, etimologicamente, anche l’avventura, che richiama le cose che
verranno, l’avvenimento (del) futuro .
La narrazione di questo tempo non è dunque recriminazione, nostalgia
del passato, m annuncio di ciò che verrà; è fedeltà alla promessa; è la vita
che si mantiene e non si perde (il senso cristiano della vita eterna).
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Nel dibattito sulla nascita e sulla morte, che non sono più eventi solo naturali, in quanto oggetto manipolatorio della scienza
medica, sono tornate e tornano nella loro contestualità irriducibile le due affermazioni (evocate dal film “Il mare dentro”) “La vita
che elimina la libertà è vita?” “La libertà che elimina la vita è
libertà?
Si iscrivono qui il dibattito e il confronto anche sulle Dichiarazioni
Anticipate di Trattamento (DAT), l’intangibilità e la sacralità della vita. Si
sono sprecate in questo tempo le contrapposizioni ideologiche, talvolta con punte estreme di fondamentalismo.
L’intangibilità della vita, anche solo biologica, sempre e comunque; la
libertà dell’autodeterminazione sulla propria vita, sempre e comunque,
anche nel caso di DAT relative all’idratazione e alla nutrizione artificiale nella situazione di Stato Vegetativo?
Risulta con altrettanta chiarezza la relativizzazione delle stesse DAT
nelle prassi della cura e dell’assistenza.
Certamente occorre rispettare la volontà e la libertà del paziente. Una
libertà che è e resta sempre libertà relazionale (con il proprio sé, la propria storia, la propria famiglia, gli altri).
La vita è sempre intangibile; ma la vita non è solo biologia ed un accanimento, che prolunga anche per poco, la vita biologica, non appare
eticamente corretto, quando le cure sono sproporzionale o addirittura
inutili e dannose. La relazione e l’alleanza terapeutica sono fondamentali nel processo di cura e di assistenza.
L’esperienza quotidiana di chi opera in Fondazione, che chiede di
farsi parola e narrazione, allude al vivere come in trincea, laddove il margine diventa frontiera, il confine si fa orizzonte.
Il “mare dentro” schiude orizzonti al “cielo fuori”.
L’accompagnamento alla morte non è andare incontro al futuro ignoto,
ma è lasciare che il futuro (non ancora noto) ci venga incontro, ci raggiunga, con la sua carica di promessa e di sorpresa (come un tempo facevano i vecchi, che alla fine volevano accanto a sé tutti i proprio figli), perché
allora la promessa si fa consegna a chi resta. Avevano continuato ad
in–segnare (lasciando una traccia di sé dentro ai figli) per tutta la vita il
senso della vita; ora è il tempo di con-segnare tutta la vita, come un dono
inenarrabile e riconoscente. Così questo tempo si compie.
Così anche per l’organizzazione sanitaria, il tempo consegnato alla medicina di serie B (la medicina che perde sempre) può agevolmente istruire
la medicina di serie A (la medicina che crede di vincere sempre).
All’Hospice si dice: 10 anni di esperienza qui andrebbero trasferiti
nell’Ospedale! Il tempo ultimo è misura del tempo primo (non viceversa!).
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Evento dal latino ex venire (venire da); avvento, dal latino ad venire (venire verso, avvicinarsi)
Avventura dal latino ad ventura (le cose che verranno)
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Gli operatori si sono in continuazione chiesti: “Che cosa fare
quando non c’è più nulla fa fare?”.
Qui la medicina ammutolisce, fugge e rifugge la cura. Talvolta gli operatori lamentano l’assenza o la latitanza dei medici, nel tempo ultimo
della vita. Ma il carisma di don Gnocchi suggerisce di esserci, di esserci più intensamente: laddove la cura finisce la sua corsa, la vita incomincia il suo corso.
Quando non c’è più nulla da fare inizia il tempo in cui il tutto (della vita)
è da fare, magari da rifare. In quella prospettiva la vita prende colore e
i colori da primari si fanno composti, perché la vita riappare nella sua
intensità e nella sua totalità: come ricomposta nella sequenza inedita
dell’arcobaleno. La grammatica e la sintassi dei verbi quotidiani si
fanno nuova lingua. Torna alla mente quanto per troppo tempo si è
dimenticato, censurato o rimosso.
Qui si avverte la più grande deideologizzazione dell’accompagnamento alla morte; emergono, come per incanto, per chi è sul campo, comportamenti fortemente ed unanimemente condivisi. Forse non lo sapevamo. La formazione e la riflessione conseguente ci ha consentito di
farne parola, di condividere un’esperienza, proprio nella stagione della
beatificazione di don Gnocchi.
Lo consideriamo un grande dono: a noi e alla Fondazione tutta. È il ringraziamento che accompagna e sigla tutti i réport dei Centri dedicati
alla formazione.
Quanto più maturava la riflessione, tanto più si allontanava,
svuotandosi di importanza, la dimensione ideologica e fondamentalistica anche nelle discussioni sulle DAT; qualcuno annotava che già tutto questo è “stile don Gnocchi”.
Si fa riferimento al valore e alla dimensione fondante dell’essere insieme: quasi una riscoperta dei legami, anche dopo anni di lavoro insieme (che ci aveva lasciati un poco estranei gli uni agli latri). La prossimità si fa vera, nel contatto con le parole fondamentali della vita, non
nell’effimero del quotidiano.
Quando si riesce a parlare di sé, al di fuori dei luoghi comuni, quando
ci si riconosce, nasce un rapporto nuovo: in un attimo, anche dopo
una lunga consuetudine professionale. Nasce la ri-conoscenza (reciproca e di Fondazione), che va ben oltre la conoscenza. Il valore di un
legame riscoperto dice appartenenza; gioia e fierezza di un’appartenenza alla Fondazione.
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Tra i molti problemi evocati nelle buone prassi della cura nel tempo ultimo sono stati richiamati in particolare: il rapporto tra “sedazione
del dolore” e “stato di coscienza” della persona; la virtuosa
contaminazione tra il vissuto personale e l’esperienza professionale; l’esistenza di luoghi ove sia possibile “riconoscersi” e
non solo “conoscersi”.
Il farsi conoscere propizia anche la logica dei sentimenti buoni, contro
la deriva dei risentimenti devastanti; la relazione come condizione
necessaria, anche se non sufficiente della cura e dell’assistenza nella
fase terminale della vita. Una relazione che esorcizza la pseudorelazione professionale nelle derive del possesso e della dipendenza: perché
l’avvicinarsi della morte suggerisce silenzio, rispetto, prossimità non
accomodante.
Come si può morire se non è data la possibilità di raccontare la vita?
La narrazione e la biografia diventano vere alla fine: è il tempo per dire
le parole ultime perché vere e vere perché ultime, cioè definitive.
Quali dunque le parole che la riflessione etico-antropologica ci
consegna, soprattutto nell’accompagnamento al tratto ultimo
della vita?
Sono i verbi della vita, che la vita quando non pensa alla morte, facilmente dimentica, come spesso avviene nel delirio di onnipotenza dell’attuale scenario socioculturale postmoderno. Si tratta dunque (sono
le parole che i réport ci regalano più frequentemente) di riscoprire i
verbi ausiliari , che fanno crescere il significato del curare e dell’assistere.
Si tratta di:
l ascoltare (che significa lasciar parlare; far parlare; abitare il proprio
silenzio; lasciarsi abitare dal silenzio dell’altro; scoprire il tempo della e
nella parola; saper ascoltare il e in silenzio; vivere l’ascolto come
tempo donato e non perduto; interrompere la propria frase per…;
voler capire; farsi conoscere più che voler conoscere; parlare di sé, al
di fuori dei luoghi comuni; non avere paura delle pause di silenzio;
centrare la comunicazione sul “tu”; saper rispondere alla (e riformulare la) parola dell’altro; essere attenti alle emozioni; scegliere un proprio dialogo; saper offrire parole che tengono compagnia nella vita);
17
17
Ausiliario, dal latino augeo, crescere, far crescere
65
Il Comitato Etico
accogliere (che significa saper essere “con”; saper essere “per”;
saper essere “in”; ospitare la corporeità; percepire l’affettività; riconoscere l’intenzionalità; accettare e accettarsi come identità; vivere la
realtà come esperienza; riconoscere l’altro come volto; assumere l’altro; at-tendere l’altro; com-prendere l’altro; sor-prendere l’altro; riprendere l’altro; intra-prendere la strada con l’altro);
l accorgersi (che significa stare accanto, avvicinandosi, al cuore
dell’altro; scoprire empatia e simpatia; rivisitare gli eventi, partendo
dalle ragioni del cuore; capire, anche senza bisogno di usare parole, il
vissuto dell’altro; prevenire il dolore e la sofferenza, stando accanto;
prendere coscienza dei bisogni inediti, indicibili, dell’altro; dare volto,
voce e parola a tutto ciò che è inesprimibile, nell’altro e dell’altro; intuire, con anticipo, gli eventi e il loro significato; saper discernere, partendo dalle attese dell’altro; capacità di correggere e correggersi,
facendosi prossimo all’altro);
l accompagnare (che significa tenersi per mano; guardarsi nel
volto; avvicinarsi, ma non troppo; saper stare davanti, senza nascondere la meta; scoprire l’arte del seguire (sequela); fare la strada
insieme; spezzare e condividere il pane (compagnia da “cum
pane”); riconoscere, e non solo conoscere, l’altro; far risuonare, dentro, il canto dell’altro; saper danzare la vita; imparare a darsi la mano;
scoprire il passo, il ritmo, il tempo dell’altro; promuovere, valorizzare e propiziare il cammino; indicare e suggerire la strada; imparare a
non sostituirsi all’altro);
l attendere (che significa vivere il senso del tempo; saper scoprire le
proprie radici; vivere il passato e accogliere il futuro; scoprire la dimensione della sorpresa; vivere in e la libertà (dai condizionamenti); credere nella profezia del dono; propiziare la promessa di una vita degna,
comunque; essere presenza per l’altro; riconoscere (non solo conoscere) l’altro (e non le cose); rispondere all’altro (come rinnovo di un
pegno e di un impegno); vivere la propria interiorità; credere alla intimità (dell’altro); saper valorizzare il desiderio (e non solo il bisogno); scoprire l’ “avvento” della e nella propria vita; credere che ogni persona
“ritorna”; dunque saper attendere con nostalgia (che é la sofferenza
del e per il ritorno); sentirsi attesi; attendere anche la morte come un
sentirsi attesi da Qualcuno).
Non sono queste le parole che tengono compagnia anche nel
tempo penultimo, terzultimo della vita?
l
66
Un’ultima annotazione può riassumersi nella domanda: ma cosa fa la
differenza dell’essere in Fondazione? Perché una persona
dovrebbe scegliere di farsi assistere o curare in Fondazione?
La risposta sta in una parola fondamentale di don Gnocchi: “Altri potrà
servirli meglio ch’io non abbia saputo e potuto fare, nessun altro,
forse, amarli più ch’io non abbia fatto” .
Dunque: la persona che entra in Fondazione sa che là può essere
egregiamente, scientificamente curata, riabilitata e assistita. Ma in
Fondazione potrà sentirsi, soprattutto, amata.
Sono le testimonianze che il quotidiano di e in Fondazione ci ha consegnato: l’esperienza di un adulto, finito in coma e accolto in un nostro
Centro, dove ci ha raccontato la dimensione esistenziale, provvidenziale della riabilitazione: “Mi sono sentito riconosciuto e valorizzato; mi
avete aiutato a rivivere!”.
O ancora la testimonianza di una signora che ha il marito, paziente in
SV, ospite in un Centro della Fondazione. Con lui ella comunica quotidianamente: “Come fa ad esser sicura, attesa la condizione di PVS di
suo marito?” gli abbiamo chiesto: “Solo quando si ama, ci si può capire…”; così ci ha persuasivamente risposto. E ha ottenuto - perché lui
glielo aveva, a suo modo, chiesto - di poter portare il marito ad
accompagnare la figlia all’altare, in chiesa, il giorno delle nozze!
18
18
Giorgio Rumi-Edoardo Bressan, Don Carlo Gnocchi, Mondadori Milano 2002, p. 286.
67
Il Comitato Etico
In quest’ultima suggestione si indica una sorta di indice di altrettanti possibili contributi, affidati alla riflessione, alla formazione e alla proposta.
Lo faremo proprio come nudo indice di 50 voci, raccolte per aree tematiche specifiche, eventualmente da approfondire e da sviluppare. [Carlo Mario Mozzanica]
1)
2)
3)
4)
Il dialogo sulla vita e sulla morte: custodire la memoria attraverso il racconto di una parola
indicibile.
Il dialogo sulla vita e sulla morte: la vita consegnata agli interstizi, la morte stretta nella
congiura del silenzio.
Il dialogo sulla vita e sulla morte: un silenzio buono e la parola che ci consegna gli uni agli
altri.
24)
25)
26)
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: consenso (informato) come dialogo e
alleanza (non solo) terapeutica.
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: dall’individuo alla persona, cifra dell’unicità e dell’irripetibilità (anche nella malattia).
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: la famiglia; dal contratto al patto e
all’alleanza (di una promessa affidabile).
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: dalle società alla comun(e uman)ità,
come luogo del munus (il dono) e come spazio delle moenia (le mura).
27)
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: prendersi cura (care) di tutta la vita.
28)
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: farsi carico (caring) della vita di tutti.
29)
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: la malattia, dal fatto clinico all’evento
esistenziale.
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: confini ed orizzonti della bioetica, nella’antropologia del bene(ssere).
5)
Il dialogo sulla vita e sulla morte: l’avventura nell’esperienza della malattia e del congedo.
6)
Il dialogo sulla vita e sulla morte: laddove siamo consegnati, affidati e affidabili nella malattia ultima.
31)
Antropologia del patire: la fatica di stare al mondo e di venire al mondo.
7)
Il dialogo sulla vita e sulla morte: ricomporre le scansioni croniche del tempo di grazia.
32)
Antropologia del patire: la vita come paura, nell’imprevedibile della malattia.
Il dialogo sulla vita e sulla morte: nella distretta della vita che finisce imparare ad apprendere un nuovo inizio.
Il dialogo sulla vita e sulla morte: tornare a nascere, morendo; sapersi legare per essere
autonomi.
Il dialogo sulla vita e sulla morte: il diritto alla tenerezza nel corpo agito, negato, riconosciuto e simbolizzato.
33)
Antropologia del patire: la dialettica tra sofferenza e dolore.
34)
Antropologia del patire: il dolore organico e il dolore psicologico.
35)
Antropologia del patire: la sofferenza, cifra dell’esistenza.
36)
Antropologia del patire: il senso del soffrire come prova della libertà.
37)
Antropologia del patire: prossimità e sollecitudine nella sofferenza dell’altro.
11)
Eclissi della ragione etica: il carattere avalutativo del sapere postmoderno.
38)
Antropologia del patire: prossimità, nell’ottica del trapianto e del dono.
12)
Eclissi della ragione etica: la morale dell’arbitrio.
39)
Antropologia del patire: tra sofferenza psichica e disagio esistenziale.
13)
Eclissi della ragione etica: il paradosso del dualismo (M. Weber).
40)
Antropologia del patire: le emozioni ferite nella deriva autistica.
14)
Eclissi della ragione etica: le scuole del sospetto.
41)
Antropologia del morire: la precomprensione antropologica.
15)
Eclissi della ragione etica: la morte di Dio.
42)
Antropologia del morire: negazione, privatizzazione, medicalizzazione e solitudine.
16)
Eclissi della ragione etica: la morte del prossimo.
43)
Antropologia del morire: l’eutanasia (problemi terminologici).
17)
Eclissi della ragione etica: morale della situazione.
44)
Antropologia del morire: la distanasia: trattamenti futili e interventi terapeutici straordinari.
18)
Eclissi della ragione etica: morale della disperazione.
45)
Antropologia del morire: l’ortotanasia: astensione terapeutica e proporzionalità delle cure.
19)
Eclissi della ragione etica: morale del disincanto.
46)
Antropologia del morire: le cure palliative.
20)
Eclissi della ragione etica: morale del viandante.
47)
Antropologia del morire: la morte come abbraccio misericordioso col Padre.
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: responsabilità e solidarietà, cifra di
ogni convivenza umana.
Dal cambiamento dell’etica all’etica del cambiamento: intenzionalità e libertà relazionale,
oltre l’onnipotenza del sapere tecnico-scientifico.
48)
Antropologia del morire: la morte come dono, per (ri)nascere.
49)
Antropologia del morire: la vita e la via della speranza, tenendosi per mano.
50)
Antropologia del morire: il primato della Parola, della coscienza e della prossimità.
8)
9)
10)
21)
22)
68
Il dialogo sulla vita e sulla morte: le parole che cercano i vissuti.
23)
30)
69
Il Comitato Etico
Allegato n° 1
REGOLAMENTO DEL COMITATO ETICO
DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI – ONLUS
1. DEFINIZIONE
1. Il Comitato Etico della Fondazione (CE) è un organismo indipendente - costituito con atto deliberativo del Consiglio di Amministrazione
della Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus - che ha la responsabilità
di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti che partecipano a sperimentazioni cliniche condotte nell’ambito
dell’attività di ricerca della Fondazione e di fornire pubblica garanzia di
tale tutela. La sede del Comitato Etico si trova presso la sede legale
della Fondazione.
2. ISPIRAZIONE
1. Il Comitato Etico della Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus si ispira, secondo le tradizioni statutarie della Fondazione, al principio cristiano della carità e della promozione integrale della persona. Assume
come paradigma di riferimento gli scopi e gli obiettivi, statutariamente
definiti, della Fondazione di:
a) provvedere all’assistenza, cura e recupero funzionale, sociale e
morale di soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche e/o sensoriali dipendenti da qualunque causa, intervenendo anche con
soluzioni innovative o sperimentali;
b) attuare il sostegno nel reinserimento familiare, lavorativo e sociale dei soggetti dimessi dal trattamento riabilitativo;
c) promuovere, attuare e divulgare la ricerca scientifica in campo
tecnologico, medico e sociale relativa alla prevenzione, all’assistenza, alla cura ed alla riabilitazione delle minorazioni e delle disabilità,
anche in collegamento con organizzazioni nazionali ed internazionali aventi analoghe finalità;
d) curare la realizzazione e la diffusione di ausilii - protesi ed ortesi
- e di ogni risorsa utile per la riduzione degli stati di minorazione e
per la facilitazione delle persone svantaggiate;
e) svolgere attività di promozione culturale, di addestramento, formazione e aggiornamento dei soggetti che, a titolo professionale o
volontario, operano nel campo dell’assistenza ai disabili.
70
3. FUNZIONI
1. Nell’ambito sopradescritto, il Comitato Etico svolge due funzioni:
consultiva e formativa.
2. Funzione consultiva:
a) di carattere generale:
il Comitato Etico, quale organo consultivo generale, ha lo scopo di
difendere e promuovere i valori della persona umana, discutendo e
definendo questioni etiche connesse all’attività di sperimentazione
clinica, medico-riabilitativa, educativo-assistenziale, didattica ed
amministrativa della Fondazione. Il Comitato Etico valuterà, quindi,
gli aspetti etici di tutte le ricerche biologiche in generale e di tutte le
sperimentazioni cliniche e farmacologiche, degli interventi terapeutico-riabilitativi, del rapporto medico-paziente, del rapporto tra operatori sanitari, educativi e di assistenza fra loro e con la Fondazione,
delle scelte didattiche, delle decisioni economico-amministrative,
nei momenti in cui siano in gioco importanti e delicate questioni
morali.
b) di carattere specifico in materia di sperimentazione clinica dei
medicinali:
il Comitato Etico esprime la propria valutazione etica, scientifica e
metodologica sulle ricerche proposte alle strutture della Fondazione
abilitate a tale attività.
3. Funzione formativa nel cui ambito il Comitato Etico ispira e promuove - anche in collegamento con il Comitato Tecnico-Scientifico della
Fondazione - momenti di riflessione, di informazione, di sensibilizzazione e di aggiornamento sul campo etico all’interno della Fondazione.
4. LINEE GUIDA PER IL FUNZIONAMENTO
1. La valutazione etica, scientifica e metodologica degli studi da parte
del Comitato Etico ha come principale riferimento quanto previsto
dalla Dichiarazione adottata dal 18° Congresso medico di Helsinki nel
1964 e successive revisioni, dalla Convenzione del Consiglio d’Europa
per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano
riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina, stipulata a
Oviedo nel 1997, nonché, ove applicabili, dalle raccomandazioni del
Comitato nazionale di Bioetica.
71
Il Comitato Etico
2. Si conforma altresì alle Linee Guida dell’Unione Europea di buona
pratica clinica per l’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali, alla normativa nazionale e comunitaria di attuazione delle suddette Linee Guida, nonché alle norme relativeall’esecuzione delle sperimentazioni cliniche e farmacologiche, degli studi osservazionali, delle
indagini cliniche con dispositivi medici e all’organizzazione e al funzionamento dei Comitati Etici.
3. In via generale, il Comitato Etico agisce nel rispetto delle vigenti normative e si avvale della bibliografia esistente sull’argomento sia su testi
che su riviste.
4. Il Comitato Etico valuta con particolare attenzione le informazioni
fornite ai partecipanti agli studi clinici e farmacologici e le modalità di
ottenimento del consenso informato per il quale valgono le indicazioni
delle norme di Buona Pratica Clinica e il rispetto delle condizioni fondamentali indicate dal Comitato Nazionale di Bioetica: qualità della
comunicazione dell’informazione, comprensione dell’informazione,
libertà e capacità decisionale del paziente.
5. COMPOSIZIONE
1. Il Comitato Etico è composto da membri esterni (in numero non
inferiore a un terzo) e interni rappresentativi di competenze multidisciplinari di area medica e non medica al fine di garantire le qualifiche e
l’esperienza necessarie a valutare gli aspetti etici, scientifici e metodologici degli studi proposti.
2. Il Comitato Etico è così composto:
a) componenti ex officio:
- i direttori scientifici dei Centri riconosciuti IRCCS;
- i direttori sanitari dei Centri riconosciuti IRCCS;
- un farmacista del servizio farmaceutico della Fondazione;
b) componenti scelti fra esperti, con la qualifica stabilita dalla vigente normativa, in possesso di documentata conoscenza e/o esperienza nelle sperimentazioni cliniche dei medicinali e nelle altre
materie di competenza del Comitato Etico:
- due clinici;
- un medico di medicina generale e/o un pediatra di libera scelta;
- un biostatistico;
- un farmacologo;
72
- un esperto in materia di bioetica;
- un esperto in materia giuridica e assicurativa o un medico legale;
- un rappresentante del settore infermieristico;
- un rappresentante del volontariato per l’assistenza e/o associazionismo di tutela dei pazienti.
c) altri componenti ritenuti necessari, eventualmente anche estranei
alla professione medica e alle professionalità tecniche correlate.
3. Tutti i componenti del Comitato Etico sono nominati dal Consiglio di
Amministrazione della Fondazione su proposta del Presidente, restano in carica per tre anni e il loro mandato può essere rinnovato consecutivamente per una sola volta, fatta eccezione per i componenti ex
officio che non possono ricoprire la carica di Presidente per più di due
mandati consecutivi.
4. I componenti del Comitato sono dichiarati decaduti dalla carica
qualora si verifichi una delle seguenti condizioni:
a) insorgenza di incompatibilità per conflitto di interessi o per perdita di altro requisito di indipendenza previsto all’art.10;
b) scadenza del mandato dopo una riconferma consecutiva, fatta
eccezione per i membri ex officio;
c) sopravvenuta incapacità naturale o giuridica;
d) assenza non giustificata alle sedute per tre volte consecutive.
Le dimissioni di un componente devono essere presentate per iscritto
al Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione e al
Presidente del Comitato Etico.
5. I componenti del Comitato Etico:
a) sono responsabili in prima persona del lavoro svolto nel
Comitato;
b) possono essere designati in qualità di relatori dal Presidente del
Comitato in ordine alle specifiche richieste di parere, in tal caso - se
impossibilitati a partecipare alla riunione - devono fare pervenire
prima della seduta una valutazione scritta;
c) sono tenuti alla segretezza sugli atti connessi alla loro attività;
d) devono firmare annualmente una dichiarazione che li obbliga a
non pronunciarsi per quelle sperimentazioni per le quali possa sussistere un conflitto di interessi di tipo diretto o indiretto.
73
Il Comitato Etico
6. PRESIDENTE
1. Il Comitato Etico elegge al proprio interno, a maggioranza assoluta
dei componenti, un Presidente (preferibilmente un membro non dipendente della Fondazione) e un Vicepresidente.
2. Il Presidente ha le seguenti funzioni:
a) promuovere e coordinare l’attività del Comitato Etico;
b) convocare, presiedere e moderare le sedute del Comitato, di cui
stabilisce e firma l’ordine del giorno, garantendo durante lo svolgimento la possibilità di espressione a tutte le componenti rappresentate nel Comitato;
c) designare, se necessario, i relatori incaricati di illustrare le singole richieste sottoposte all’esame del Comitato Etico;
d) fornire le opportune informazioni sulle iniziative assunte, è firmatario e garante delle decisioni adottate dal Comitato;
e) garantire l’applicazione del Regolamento e delle procedure operative eventualmente adottate in attuazione del Regolamento stesso;
f) predisporre, sentiti i componenti, un calendario annuale delle riunioni.
3. Il Presidente, in caso di assenza o di impedimento temporanei, è
sostituito dal Vice-Presidente che ha il compito di coadiuvarlo nello
svolgimento delle sue funzioni.
7. UFFICIO DI SEGRETERIA TECNICO SCIENTIFICA
1. Il Comitato Etico, per lo svolgimento delle proprie funzioni, si avvale di un Ufficio di Segreteria Tecnico Scientifica (USTS).
2. L’USTS, su mandato del Presidente del Comitato Etico, riceve la
documentazione e ne controlla in via preliminare la completezza e la
regolarità dal punto di vista formale e normativo; invia ai componenti la
convocazione per le sedute e la documentazione necessaria per l’esame degli argomenti all’ordine del giorno; cura la redazione del verbale
delle sedute nonché il testo dei pareri espressi e delle deliberazioni
adottate; notifica ai richiedenti e ai soggetti interessati detti pareri e
deliberazioni; raccoglie, archivia ed aggiorna la documentazione; coadiuva il Presidente in ogni altra necessaria attività.
74
3. Il personale dell’USTS è tenuto alla riservatezza in ordine al contenuto e allo svolgimento dei lavori del Comitato.
8. CONVOCAZIONE E FUNZIONAMENTO
1. Il Comitato Etico si riunisce, di regola, almeno quattro volte l’anno
secondo il calendario predisposto annualmente.
2. La convocazione è fatta per iscritto dal Presidente mediante comuni-cazione contenente l’ordine del giorno, da inviare ai componenti del
CE almeno quindici giorni prima della data fissata della riunione, e
dovrà essere accompagnata dal materiale (in formato cartaceo o elettronico) attinente ai temi dell’ordine del giorno.
3.Le sedute del Comitato non sono pubbliche e sono valide se viene
raggiunta la presenza di almeno la metà più uno dei componenti.
4. Per motivate ragioni accertate dal Presidente o dal Vicepresidente,
sono ammesse convocazioni d’urgenza anche mediante idonei mezzi
necessari allo scopo (fax, telefono, posta elettronica con conferma di
ricezione, etc…) entro sette giorni dalla data fissata.
5. Il Comitato Etico può avvalersi, secondo le necessità, della consulenza di esperti per l’esame di specifiche questioni inerenti aree tematiche non coperte dai membri del Comitato. Gli esperti partecipano alle
sedute senza diritto di voto e con gli stessi obblighi dei componenti in
materia di riservatezza e di conflitto di interessi.
6. Il responsabile dello studio oggetto della richiesta di parere, o altro
personale partecipante, può intervenire alle sedute del Comitato Etico,
su richiesta del Presidente, per fornire informazioni su ogni aspetto
dello studio senza però partecipare alle decisioni e alla formulazione
del parere.
7. Ai fini della valutazione, sul piano etico, possono essere oggetto di
esame da parte del Comitato iniziative e progetti rientranti nelle aree di attività della Fondazione, al riguardo possono intervenire alle sedute, su richiesta del Presidente e senza diritto di voto, i rispettivi referenti o i Direttori dei
Centri della Fondazione coinvolti. Potranno, altresì, rivolgersi direttamente al
Comitato persone singole (operatori, pazienti, familiari, etc..).
8. Il Presidente della Fondazione può intervenire alle sedute del
Comitato Etico, senza diritto di voto.
75
Il Comitato Etico
9. RICHIESTE DI PARERE E DELIBERAZIONE
1. La richiesta di parere al Comitato Etico deve essere presentata da
parte del promotore dello studio all’Ufficio di Segreteria TecnicoScientifica (USTS).
2. La richiesta deve essere corredata dalla documentazione prevista
dalla normativa vigente e presentata con le modalità indicate
dall’USTS che ne controlla in via preliminare la completezza e la correttezza dal punto di vista formale e normativo stabilendone la validità
formale.
3. Qualora la richiesta non dovesse risultare valida, l’USTS chiede al
promotore dello studio le integrazioni o le modifiche necessarie da
apportare alla documentazione presentata.
4. Solo le richieste la cui documentazione risulti completa, entro 21
giorni dalla data della seduta,saranno ritenute ammissibili e quindi,
poste all’ordine del giorno.
5. Il Comitato Etico, valutata la documentazione prodotta, può esprimere uno dei seguenti pareri:
- parere favorevole/approvazione;
- parere contrario/rifiuto;
- parere sospensivo con richiesta di chiarimenti, approfondimenti,
modifiche.
Il Comitato può, inoltre, annullare o sospendere pareri dallo stesso
precedentemente espressi, sulla base di fondate ragioni corredate da
idonea documentazione.
6. Il parere adottato deve essere adeguatamente motivato e documentato per iscritto, inoltre, deve riportare la composizione del
Comitato, i componenti presenti alla seduta, i dati identificativi del protocollo, la documentazione esaminata e le relative date.
7. Le decisioni del Comitato Etico sono approvate a maggioranza
semplice mediante votazione palese, a parità di voto prevale il voto del
Presidente o, in sua assenza, del Vicepresidente.
8. Il parere del CE non solleva il Responsabile della ricerca
[Sperimentatore] dalle proprie e dirette responsabilità penali, civili,
amministrative e disciplinari.
76
9. Tutte le comunicazioni relative alla sicurezza del trattamento dei
pazienti previste dallamnormativa, vanno tempestivamente inviate
dallo Sperimentatore all’USTS che provvede ad aggiornare il
Presidente del CE. Lo sperimentatore e il promotore degli studi sono
responsabili della notifica di tutti gli eventi e reazioni avverse serie
secondo le modalità previste dalla vigente normativa.
10. Per ogni sperimentazione clinica approvata, lo Sperimentatore presenta al CE, tramite l’USTS, un rapporto a cadenza annuale sullo stato
di avanzamento e al termine dello studio, una sintetica relazione conclusiva. Il Comitato Etico - anche per quanto attiene alle restanti tipologie di studi approvati - può chiedere analoga documentazione al
relativo Responsabile.
10. INDIPENDENZA
1. L’indipendenza del Comitato Etico, rispetto all’istituzione di riferimento, è garantita da quanto segue:
a) mancanza di subordinazione gerarchica del Comitato nei confronti della struttura ove esso opera;
b) presenza di personale non dipendente dalla Fondazione;
c) estraneità e mancanza di conflitti di interesse dei membri votanti rispetto alla singola sperimentazione proposta, a tale scopo i
componenti del Comitato devono firmare annualmente una dichiarazione che li obbliga a non pronunciarsi sulle sperimentazioni per
le quali possa sussistere un conflitto di interessi di tipo diretto o indiretto;
d) mancanza di cointeressenze di tipo economico/finanziario tra i
membri del Comitato e le aziende del settore farmaceutico e biosanitario.
11. ASPETTI ECONOMICI
1. Per ogni richiesta di valutazione e di emissione di parere, in conformità alle disposizioni legislative vigenti, è prevista l’istituzione di un
diritto fisso di segreteria a carico dei promotori degli studi, se trattasi
di aziende farmaceutiche o che operano in settori equivalenti.
77
Il Comitato Etico
Gli Enti Pubblici, gli Istituti di Ricerca, le Autorità sanitarie, i Comitati o
le Associazioni Scientifiche senza fini di lucro sono esenti dal pagamento.
2. Le tariffe sono definite e aggiornate a cura dell’Amministrazione
della Fondazione. Le somme provenienti sono accreditate sul bilancio
della Fondazione e concorrono alla copertura delle spese per il funzionamento del Comitato Etico.
3. I componenti esterni del Comitato Etico possono ricevere, per la
partecipazione alle singole riunioni, un gettone di presenza il cui importo è determinato dall’Amministrazione della Fondazione.
4. Gli oneri per il funzionamento del Comitato Etico sono registrati e
pubblicamente disponibili.
12. DISPOSIZIONI FINALI
1. Il presente regolamento può essere modificato su richiesta scritta di
2/3 dei componenti del Comitato. L’accettazione formale del regolamento costituisce parte integrante della nomina dei nuovi componenti.
2. Per quanto non espressamente previsto nel presente atto regolamentare si fa riferimento alla normativa vigente in materia e alle procedure operative eventualmente adottate dal Comitato Etico per regolare più in dettaglio - conformemente alle norme vigenti - il proprio funzionamento.
3. Il presente regolamento, le procedure operative di cui sopra, nonché i verbali delle sedute sono pubblicamente disponibili secondo le
disposizioni di legge.
Approvato con deliberazione del Consiglio di Amministrazione in data 10 novembre 2008.
78
79
Il Comitato Etico
Allegato n° 2
Richieste esaminate per tipo di studio dal 2001 al 2012
Sperimentazioni cliniche con farmaco a fini industriali
Sperimentazioni cliniche con farmaco a fini industriali EMENDAMENTI
Sperimentazioni cliniche a fini industriali - TOTALE
Sperimentazioni cliniche con farmaco No-Profit
Sperimentazioni cliniche con farmaco No-Profit - EMENDAMENTI
Sperimentazioni cliniche con farmaco No-Profit - TOTALE
Studi osservazionali
Studi osservazionali con farmaco
Studi osservazionali - TOTALE
Indagini cliniche con dispositivo medico - TOTALE
2012
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
Totale
N.
0
4
4
3
5
2
5
2
4
2
1
0
32
% su tot.
-
9%
13%
9%
13%
7%
28%
11%
33%
11%
7%
-
11%
N.
4
4
7
11
12
6
3
1
1
4
0
0
53
% su tot.
12%
9%
22%
34%
32%
22%
17%
6%
8%
22%
-
-
18%
N.
4
8
11
14
17
8
8
3
5
6
1
0
85
% su tot.
12%
19%
34%
44%
45%
30%
44%
17%
42%
33%
7%
-
28,3%
N.
1
1
1
1
2
0
1
1
0
0
1
0
9
% su tot.
3%
2%
3%
3%
5%
-
6%
6%
-
-
7%
-
3%
N.
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
% su tot.
-
2%
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
0%
N.
1
2
1
1
2
0
1
1
0
0
1
0
10
% su tot.
3%
5%
3%
3%
5%
-
6%
6%
-
-
7%
-
3,3%
N.
24
28
17
11
19
13
9
14
7
7
7
11
167
% su tot.
73%
65%
53%
34%
50%
48%
50%
78%
58%
39%
47%
79%
56%
N.
4
5
0
2
0
5
0
0
0
4
6
2
28
% su tot.
12%
12%
-
6%
-
19%
-
-
-
22%
40%
14%
9%
N.
28
33
17
13
19
18
9
14
7
11
13
13
195
% su tot.
85%
77%
53%
41%
50%
67%
50%
78%
58%
61%
87%
93%
65%
N.
0
0
3
4
0
1
0
0
0
1
0
1
10
% su tot.
-
-
9%
13%
-
4%
-
-
-
6%
-
7%
3,3%
N.
33
43
32
32
38
27
18
18
12
18
15
14
300
TOTALE
%
80
100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100%
100%
81
Il Comitato Etico
Allegato n° 3
Richieste esaminate per soggetto proponente dal 2001 al 2012
2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001
10
14
Totale
N.
20
21
13
13
14
14
9
12
6
6
152
% su tot.
61%
49%
41%
41%
37%
52%
50%
67%
50%
33%
N.
8
12
13
17
19
13
8
5
6
11
3
0
115
% su tot.
24%
28%
41%
53%
50%
48%
44%
28%
50%
61%
20%
-
38,3%
N.
4
5
2
2
3
0
0
0
0
0
2
0
18
% su tot.
12%
12%
6%
6%
8%
-
-
-
-
-
13%
-
6%
N.
1
5
3
0
0
0
1
1
0
0
0
0
11
% su tot.
3%
12%
9%
-
-
-
6%
6%
-
-
-
-
3,7%
N.
0
0
1
0
2
0
0
0
0
1
0
0
4
% su tot.
-
-
3%
-
5%
-
-
-
-
6%
-
-
1,3%
N.
33
43
32
32
38
27
18
18
12
18
15
14
300
- Strutture Fondazione Don Gnocchi
- Ditte farmaceutiche
- Ditte Medical Device
- Università - Aziende Ospedaliere
- ASL
- Enti pubblici ri ricerca e assistenza
67% 100% 50,7%
- Enti privati di ricerca e assistenza senza fini di lucro
- Altro (Associazioni di medici, società scientifiche)
TOTALE
%
82
100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100%
83
Il Comitato Etico
Allegato n° 4
SPERIMENTAZIONI CLINICHE DI MEDICINALE
A FINI INDUSTRIALI ESAMINATE DAL COMITATO ETICO
DELLA FONDAZIONE (2001-2012)
TITOLO: Studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, evento
dipendente, di Canakinumab somministrato sottocute con frequenza trimestrale
nella prevenzione di eventi cardiovascolari ricorrenti in pazienti con pregresso
infarto miocardico clinicamente stabili e con elevati livelli di proteina C-reattiva ad
alta sensibilità (hsCRP).
CODICE PROTOCOLLO: CACZ885M2301Canakinumab
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: CANAKINUMAB (soluzione iniettabile)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Novartis Farma
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Maugeri (Pavia)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Cardiologia Riabilitativa
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Maurizio Ferratini
DATA VALUTAZIONE CE: 27/09/2011
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: In corso
TITOLO: Studio in aperto, multicentrico, di accesso allargato a Fingolimod in
pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente, per i quali non esiste una
adeguata alternativa terapeutica.
CODICE PROTOCOLLO: CFTY72DIT03 Fingolimod
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: FINGOLIMOD (Capsula)
STUDIO DI FASE: IV
PROMOTORE: Novartis Farma
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Azienda Ospedaliero Universitaria S. Martino
(Genova)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Marco Rovaris
DATA VALUTAZIONE CE: 13/04/2011
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
84
TITOLO: Studio clinico multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato
con placebo per valutare l’efficacia e la sicurezza di Doxium 500 in pazienti affetti da insufficienza venosa cronica (CVI) di classe C3 o C4 della classificazione clinica CEAP.
CODICE PROTOCOLLO: EDX09/01
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: DOXIUM (Capsula)
STUDIO DI FASE: IV
PROMOTORE: OM-PHARMA
CENTRO CLINICO COORDINATORE: A.O. SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo
(Alessandria)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: Servizio di Angiologia
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Pietro Maria Bavera
DATA VALUTAZIONE CE: 15/12/2010
ESITO VALUTAZIONE CE: Respinto
STATO DELLO STUDIO: Respinto
TITOLO: Studio multinazionale, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con
gruppi paralleli, controllato verso placebo, per valutare l’efficacia, la sicurezza e
la tollerabilità di Glatiramer Acetato (GA) 40 mg, formulazione per iniezione,
somministrato tre volte a settimana, in soggetti affetti da Sclerosi Multipla con
fasi d’esacerbazione e remissione (SM-RR).
CODICE PROTOCOLLO: GALA MS-GA-301
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: GLATIRAMER ACETATO (soluzione
iniettabile)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Teva Italia
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Don Carlo Gnocchi, Centro S.
Maria Nascente (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Marco Rovaris
DATA VALUTAZIONE CE: 13/04/2010
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: In corso
85
Il Comitato Etico
TITOLO: Studio clinico multicentrico, di fase III, randomizzato, in doppio cieco,
controllato verso placebo, con Cladribina orale, in soggetti con un primo evento
clinico a elevato rischio di conversione a Sclerosi Multipla.
CODICE PROTOCOLLO: ORACLE MS 28821
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: CLADRIBRINA (Capsula)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Merck Serono International
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 17/02/2009
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Interrotto
TITOLO: Studio clinico di 48 settimane, multicentrico, multinazionale, randomizzato, in doppio cieco, a 2 gruppi paralleli, per confrontare l’efficacia di FOSTER®
utilizzato come terapia di mantenimento e terapia al bisogno vs una dose fissa di
FOSTER® utilizzato come terapia di mantenimento + salbutamolo utilizzato
come terapia al bisogno in pazienti asmatici di età maggiore o uguale a 12 anni.
CODICE PROTOCOLLO: FOSTER CCD-0804-PR-0034
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: FOSTER *INAL 120D 100/6MCG (soluzione pressurizzata per inalazione)
STUDIO DI FASE: III b
PROMOTORE: Chiesi Farmaceutici
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana
(Pisa)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria agli Ulivi (Firenze)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Pneumologia
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Prof. Giorgio Scano
DATA VALUTAZIONE CE: 17/02/2009
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
86
TITOLO: Studio multicentrico, in aperto, prospettico, di 76 settimane, per valutare l’efficacia a lungo termine di Exelon in capsule e in cerotto transdermico, sul
peggioramento dei sintomi motori sottostanti alla malattia di Parkinson in pazienti con demenza lieve o moderata associata alla malattia di Parkinson.
CODICE PROTOCOLLO: CENA 713B2315
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: EXELON path transdermal (Cerotto
transdermico)
STUDIO DI FASE: III b
PROMOTORE: Novartis Farma
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed
(Pozzilli -AN)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Neurologia Riabilitativa
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Prof. Raffaello Nemni
DATA VALUTAZIONE CE: 08/04/2008
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo per valutare la sicurezza e l’efficacia di SCH 530348 in aggiunta a terapia
standard in soggetti con anamnesi di patologia aterosclerotica: Antagonista del
Recettore per la Trombina nella Prevenzione secondaria degli eventi ischemici
aterotrombotici (Thrombin Receptor Antagonist - TRA 2°P – TIMI 50).
CODICE PROTOCOLLO: P04737
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: SCH 530348 (Biosolfato compressa)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Schering Plough Research Institute ora: MDS Italia s.r.l.
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Cà
Granda (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Cardiologia Riabilitativa
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Maurizio Ferratini
DATA VALUTAZIONE CE: 08/04/2008
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
87
Il Comitato Etico
TITOLO: Studio multinazionale, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, a gruppi paralleli per valutare l’effetto del trattamento precoce con Glatiramer Acetato nel rallentare la conversione della malattia a
Sclerosi Multipla Clinicamente Definita (CDMS) in soggettti affetti da Sindrome
Neurologica Isolata (Clinically Isolated Syndrome-CIS)
CODICE PROTOCOLLO: GA/9010 (PreCISe)
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: GLATIRAMER ACETATO (Soluzione
iniettabile)
STUDIO DI FASE: III b
PROMOTORE: Teva Italia
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 17/02/2004
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Studio multinazionale, multicentrico, randomizzato, a gruppi paralleli, in
doppio cieco per valutare l’efficacia, la tollerabilita’ e la sicurezza di Glatiramer
acetato 40 mg/ml, formulazione per iniezione, in confronto a Glatiramer acetato 20 mg/ml, formulazione per iniezione, somministrato una volta al giorno per
via sottocutanea in pazienti affetti da Sclerosi Multipla (SM) con fasi d’esacerbazione e remissione (RR).
CODICE PROTOCOLLO: GA/9016 (Forte)
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: GLATIRAMER ACETATO (Soluzione iniettabile)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Teva Italia
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 11/07/2006
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
88
TITOLO: Estensione dello studio LAQ/5062. Studio multinazionale, multicentrico,
randomizzato, in doppio cieco, con gruppi paralleli di valutazione dell’efficacia,
della tollerabilita’ e della sicurezza di due dosaggi (0.3 mg e 0.6 mg) di
Laquinimod somministrato per via orale in pazienti affetti da Sclerosi Multipla
(SM) con fasi d’esacerbazione e remissione (R-R).
CODICE PROTOCOLLO: LAQ/5063
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: LAQUINIMOD (Capsula)
STUDIO DI FASE: II b
PROMOTORE: Teva Italia
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 29/11/2005
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: In corso
TITOLO: Studio multinazionale, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, con gruppi paralleli di valutazione dell`efficacia, della tollerabilita` e della sicurezza di due dosaggi di Laquinimod somministrato per via
orale in pazienti affetti da sclerosi multipla (SM) con fasi di esacerbazione e
remissione (R-R).
CODICE PROTOCOLLO: LAQ/5062
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: LAQUINIMOD (Capsula)
STUDIO DI FASE: II
PROMOTORE: Teva Italia
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Cà
Granda (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 08/03/2005
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
89
Il Comitato Etico
TITOLO: Studio multinazionale, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con
gruppi paralleli, controllato verso placebo, per valutare la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia di Laquinimod 0.6 mg, somministrato una volta al giorno, per via
orale, a pazienti affetti da Sclerosi Multipla con fasi di esacerbazione e remissione (RRSM)”.
CODICE PROTOCOLLO: MS-LAQ-301 (ALLEGRO)
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: LAQUINIMOD (Capsula)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Teva Italia
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 16/10/2007
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Studio multinazionale, multicentrico, in aperto, di estensione dello studio
MS-LAQ-301 (ALLEGRO), per valutare la sicurezza a lungo termine, la tollerabilità e gli effetti sul decorso della malattia della somministrazione orale di
Laquinimod, alla dose di 0.6 mg/die, in soggetti affetti da Sclerosi Multipla con
esacerbazioni.
CODICE PROTOCOLLO: MS-LAQ-301 E (Estensione Allegro)
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: LAQUINIMOD (Capsula)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Teva Italia
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 15/12/2009
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: In corso
90
TITOLO: Studio clinico di 48 settimane, doppio cieco, double dummy, multinazionale, multicentrico, randomizzato, a 3 gruppi paralleli su “combinazione fissa”
beclometasone dipropionato piu’ formoterolo fumarato somministrato via
pmdi con propellente hfa-134a (chf 1535) verso “combinazione fissa” budesonide piu’ formoterolo dpi (symbicort turbohaler, astrazeneca) verso formoterolo dpi
(oxis turbohaler, astrazeneca) in pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva stabile severa (bpco).
CODICE PROTOCOLLO: DM/PR/033011/005/05
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: Beclometasone dipropionato + formoterolo fumarato. (Soluzione pressurizzata per inaliazione)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Chiesi Farmaceutici
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Maugeri (Pavia)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria agli Ulivi (Firenze)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Pneumologia
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Prof. Giorgio Scano
DATA VALUTAZIONE CE: 21/11/2006
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Studio multicentrico, in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllato verso
placebo, per valutare l`effetto sulle funzioni cognitive e la sicurezza/tollerabilita` di
SSR180711C alle dosi di 2, 8 e 20 mg/die per 4 settimane, usando donepezil
come calibratore in pazienti con malattia di Alzheimer di grado lieve.
A Multicenter, double-blind, parallel-group, placebo-controlled study effect on
cognitive performance and safety/tollerabilità of SSR180711C, at doses of 2, 8 a
20 mg/d for 4 weeks, using donepezil as calibrator, in patients with Alzheimer’s
disease.
CODICE PROTOCOLLO: PDY 10400
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: SSR189711C (capsula)
STUDIO DI FASE: II
PROMOTORE: Sanofi Aventis
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Neurologia Riabilitativa
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Prof. Raffaello Nemni
DATA VALUTAZIONE CE: 04/12/2007
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Interrotto
91
Il Comitato Etico
TITOLO: Studio Clinico di Fase 3, con valutatore e dose in cieco, di confronto tra
due diversi dosaggi di Alemtuzumab somministrato per via endovenosa annualmente e tre iniezioni sottocutanee settimanali di Interferone beta-1° (Rebif R) in
pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente che abbiano presentato una
recidiva durante il trattamento con immunomodulanti.
CODICE PROTOCOLLO: CAMMS 32400507
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: ALEMTUZUMAB [Mabcampath]
(Soluzione per infusione endovenosa)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Genzyme Europe B.V.
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 07/10/2008
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Interrotto
TITOLO: ARIANNA - Efficacy, safety and tolerability of Atorvastatin 40 mg in
patients with Relapsing-remitting multIple sclerosis in treAtment INterferoN-betA
CODICE PROTOCOLLO: ARIANNA
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: ATORVASTATINA [Torvast] (Capsula)
STUDIO DI FASE: II
PROMOTORE: Dimensione ricerca
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Università degli Studi di Napoli "Federico II"
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 09/05/2006
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Interrotto
92
TITOLO: Efficacia di Daflon 500 mg due compresse al giorno - 1000 mg di frazione flavonoide purificata, micronizzata nel trattamento di pazienti affetti da
edema vesperale corredato a insufficienza venosa cronica, Studio internazionale,
multicentrico, in doppio cieco, randomizzato, controllato versus placebo.
CODICE PROTOCOLLO: CL3-05682-097-ITA
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: DAFLON 500 (Compressa)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Istituto di Ricerca SERVIER (IRIS)
CENTRO CLINICO COORDINATORE: IRIS Institut de Recherchers Internationales
Servier (Francia)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: Servizio di Angiologia
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Pietro Maria Bavera
DATA VALUTAZIONE CE: 28/01/2003
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Evoluzione della disabilità e monitoraggio concomitante della componente infiammatoria (assetto citochinico) in pazienti con Sclerosi Multipla secondariamente e progressiva, trattati con azatriopina o placebo e con interferone.
Studio in doppio cieco, multicentrico, pilota.
CODICE PROTOCOLLO: ASPIRE DR 01-03-5
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: AZATRIOPINA (Compressa)
STUDIO DI FASE: II
PROMOTORE: Dimensione Ricerca srl
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Arcispedale Santa Maria Nuova (Reggio Emilia)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 28/01/2003
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
93
Il Comitato Etico
TITOLO: Studio clinico randomizzato in doppio cieco, verso placebo, a gruppi
paralleli, volto a valutare l`effetto di Tiotropio capsule inalatorie sulla tolleranza
all`esercizio fisico in pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttica
(BPCO), che partipano ad un programma di riabilitazione polmonare della durata
di otto settimane.
CODICE PROTOCOLLO: BI 205.247
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: TIOTROPIO
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: BOEHRINGER ING.
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Salvatore Maugeri (Pavia)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria agli Ulivi (Firenze)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Pneumologia
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Francesco Gigliotti
DATA VALUTAZIONE CE: 17/02/2004
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Double blind, double dummy,multicentre,randomised, placebo-controlled, crossover design clinical trial of 12 i`g (single dose and repeated doses) formoterol fumarate administered via pmdi with hfa-134a propellant or dpi (aerolizertm inhaler) in patients with partially reversible COPD.
CODICE PROTOCOLLO: DM/PR/3301/002/03
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: FORMOTEROLO (Soluzione pressurizzata
per inalazione)
STUDIO DI FASE: II
PROMOTORE: Chiesi Farmaceutici
CENTRO CLINICO COORDINATORE: A. O. Universitaria S. Martino (Genova)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria agli Ulivi (Firenze)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Pneumologia
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Prof. Giorgio Scano
DATA VALUTAZIONE CE: 27/04/2004
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
94
TITOLO: Studio multinazionale multicentrico randomizzato doppio cieco controllato verso placebo per valutare l`efficacia la tollerabilità e la sicurezza di 2 dosi (5
mg e 50 mg) di Glatiramer Acetato somministrato per via orale a pazienti affetti
da Sclerosi Multipla.
CODICE PROTOCOLLO: GA/7023
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: L03AX13 GLATIRAMER ACETATO
(Compressa gastroresistente)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: TEVA PHARMA ITALIA SRL
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 01/02/2000
ESITO VALUTAZIONE CE: Respinto
STATO DELLO STUDIO: Respinto
TITOLO: Studio pilota, multicentrico, in aperto, di valutazione, entro soggetti,
dell`efficacia, tollerabilita` e sicurezza di Glatiramer Acetato (GA) 300 mg, per via
orale, in unica somministrazione giornaliera, in pazienti affetti da Sclerosi Multipla
(SM) con fasi di esacerbazione e remissione (R-R).
CODICE PROTOCOLLO: GA/7025
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: L03AX13 GLATIRAMER ACETATO
(Compressa gastroresistente)
STUDIO DI FASE: II
PROMOTORE: TEVA PHARMA ITALIA SRL
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 28/10/2004
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
95
Il Comitato Etico
SPERIMENTAZIONI CLINICHE DI MEDICINALE NO PROFIT
Esaminate dal Comitato Etico
della Fondazione (2001-2012)
TITOLO: Studio clinico randomizzato e controllato, in aperto, per comparare l’efficacia analgesica di percorsi terapeutici effettuati con ossicodone, fentanyl e
buprenorfina verso morfina, in pazienti con dolore associato a cancro di intensità
moderata-severa, a partire dal momento in cui iniziano il trattamento con 3° scalino della scala analgesica del WHO.
CODICE PROTOCOLLO: Studio C E R P
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: Ossicodone Cloridrato. Morfina
(Compressa). Fentanyl. Buprenorfina (Cerotto transdermico)
STUDIO DI FASE: IV
PROMOTORE: Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (Milano)
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Marie delle Grazie (Monza)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: Centro S. Maria delle Grazie (Monza)
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Carlo Cacioppo
DATA VALUTAZIONE CE: 15/12/2010
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Interrotto
TITOLO: Effetti della terapia con glatiramer acetato sul danno tissutale, sulle funzioni corticali e sulla fatica nella Sclerosi Multipla: studio morfofunzionale con
risonanza magnetica.
CODICE PROTOCOLLO: ET.ST 02_10 MP
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: Glatiramer Acetato [Copaxone]
(Soluzione iniettabile)
STUDIO DI FASE: IV
PROMOTORE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Marco Rovaris
DATA VALUTAZIONE CE: 13/04/2011
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: In corso
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TITOLO: Ossigeno terapia a lungo termine (LTOT) in pazienti con
BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) e moderata ipossiemia cronica e
Scompenso Cardiaco Cronico (SCC).
CODICE PROTOCOLLO: FARM6YHYW4
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: Ossigeno liquido (Contenitore ricaricabile)
STUDIO DI FASE: IV
PROMOTORE: Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi (Firenze)
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi (Firenze)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria agli Ulivi (Firenze)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Pneumologia
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Francesco Gigliotti
DATA VALUTAZIONE CE: 07/10/2008
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Interrotto
TITOLO: Valutazione della perdita assonale tramite Tomografia a Coerenza ottica
in pazienti, native da terapia, affetti da sclerosi multipla (SM) recidivante-remittente in trattamento con due differenti dosaggi di Interferone beta 1a” Acronimo:
DEFENCE.
CODICE PROTOCOLLO: DEFENCE
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: Interferone beta 1A (Soluzione iniettabile)
STUDIO DI FASE: IV
PROMOTORE: Ospedale di Fidenza - AUSL Parma
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Ospedale di Fidenza (Parma)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 15/12/2009
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: In corso
TITOLO: Valutazione dell’influenza dell’Interferone Beta sulle cellule T regolatorie
in pazienti con Sclerosi Multipla. Ricerca di un nuovo marcatore prognostico di
efficacia della terapia.
CODICE PROTOCOLLO: Interferone Beta
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: Interferone Beta [Avonex] (Soluzione
iniettabile)
STUDIO DI FASE: IV
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Il Comitato Etico
PROMOTORE: Azienda Ospedaliera “Spedali Civili” (Brescia)
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Azienda Ospedaliera “Spedali Civili” (Brescia)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 17/06/2008
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Dipartimento di Medicina Interna e Scienze
Biomediche, Università di Parma
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria ai Servi (Parma)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. di Prevenzione e Riabilitazione
Cardiovascolare
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Prof. Paolo Coruzzi
DATA VALUTAZIONE CE: 06/03/2013
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: In corso
TITOLO: Studio nazionale, multicentrico, in singolo cieco, a gruppi paralleli, controllato, allo scopo di valutare l’efficacia e la tollerabilità della combinazione
sequenziale di Motoxantrone ed Interferone beta-la (Rebif 44 mcg x 3 la settimana) in pazienti affetti da SM, in fase iniziale di malattia.
CODICE PROTOCOLLO: MTX10R44
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: MITOXANTRONE CLORIDRATO
(Soluzione iniettabile)
STUDIO DI FASE: III
PROMOTORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte Tabor (Milano)
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente
(Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Riab.ne Neuromotoria - Centro
Sclerosi Multipla
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Dott. Domenico Caputo
DATA VALUTAZIONE CE: 29/11/2005
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Mai avviato
TITOLO: Studio pilota, prospettico, multicentrico indirizzato a valutare la tollerabilità e gli effetti sintomatici del Naltrexone in pazienti affetti da Sclerosi Multipla
primariamente progressiva
CODICE PROTOCOLLO: NALTREXONE NALTREX005
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: Antaxone (Capsula)
STUDIO DI FASE: II
PROMOTORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte Tabor (Milano)
CENTRO CLINICO COORDINATORE: Fondazione Centro S. Raffaele del Monte
Tabor (Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: U.O. Neurologia Riabilitativa
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Prof. Raffaello Nemni
DATA VALUTAZIONE CE: 11/07/2006
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Gli effetti della somministrazione di Testosterone su outcome clinici e
riabilitativi in pazienti anziani sottoposti ad intervento di bypass aortocoronarico
con circolazione extracorporea.
CODICE PROTOCOLLO: Testosterone e CABG
PRODOTTO E FORMA FARMACEUTICA: Testosterone enantato (Soluzione
iniettabile)
STUDIO DI FASE: IV
PROMOTORE: Università degli Studi di Parma
98
99
Il Comitato Etico
INDAGINI CLINICHE CON DISPOSITIVO MEDICO
Esaminate dal Comitato Etico
della Fondazione (2001-2011)
TITOLO: Studio sull’applicazione della Stimolazione Elettrica Funzionale (FES) controllata attraverso segnali mioelettrici di superficie per migliorare la presa di tenodesi in
pazienti affetti da tetraplegia tramite il dispositivo MeCFES. [Studio MeCFES]
CODICE PROTOCOLLO: MeCFES
FABBRICANTE/PROMOTORE: Fondazione Don Gnocchi, Centro S. Maria Nascente
(Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: Polo Tecnologico - U.O. Recupero e
Rieducazione Funzionale
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Ing. Maurizio Ferrarin - Dott. Daniele
Pellegatta
ALTRI CENTRI PARTECIPANTI: A.O. Niguarda - A.O. Sondalo (Sondrio)
DATA VALUTAZIONE CE: 16/10/2007
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Valutazione della tollerabilità, dell’ efficacia e della facilità d’ uso della neuro
protesi Bioness L300 per piede cadente. [Studio Bioness]
CODICE PROTOCOLLO: Bioness
FABBRICANTE/PROMOTORE: Vega spa
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: Polo Tecnologico - U.O. Recupero e
Rieducazione Funzionale
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Ing. Maurizio Ferrarin - Dott. Angelo
Montesano
DATA VALUTAZIONE CE: 15/10/2009
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Sviluppo e applicazione di tecnologie innovative per la riabilitazione neuromotoria: studio clinico di efficacia della Stimolazione Elettrica Funzionale controllata da
segnale Elettromiografico nel trattamento dell’arto superiore in pazienti con esiti di ictus
cerebrovascolare. [Studio RISES]
CODICE PROTOCOLLO: Rises
100
FABBRICANTE/PROMOTORE: Fondazione Don Gnocchi, Centro S. Maria Nascente
(Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: Polo Tecnologico
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Ing. Maurizio Ferrarin
ALTRI CENTRI PARTECIPANTI: A.O. S. Gerardo (Monza) - A.O. Niguarda - Istituto
M. Negri
DATA VALUTAZIONE CE: 13/04/2010
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: In corso
TITOLO: Valutazione e terapia mediante robot nel trattamento del deficit dell’arto
superiore nella Sclerosi Multipla: uno studio multi-centro, randomizzato e controllato. [Robot Therapy]
CODICE PROTOCOLLO: Robot Therapy
FABBRICANTE/PROMOTORE: Dipartimento di Neurologia, ASL 3 Genovese
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: Polo Tecnologico
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Ing. Maurizio Ferrarin
ALTRI CENTRI PARTECIPANTI: Dipartimento di Neurologia, ASL 3 Genovese Dipartimento Informatica e Sistemistica (DIST), Università di Genova.
DATA VALUTAZIONE CE: 15/10/2009
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
TITOLO: Riorganizzazione cerebrale nella riabilitazione del cammino in pazienti
con emiparesi stabilizzata post stroke: studio integrato fMRI e gait analysis.
CODICE PROTOCOLLO: fMRI e gait analysis
FABBRICANTE/PROMOTORE: Fondazione Don Gnocchi, Centro S. Maria Nascente
(Milano)
CENTRO DELLA FONDAZIONE PARTECIPANTE: Centro S. Maria Nascente (Milano)
UNITA’ OPERATIVA DELLA FONDAZIONE: Polo Tecnologico - U.O. Rec. Ried.ne
Funzionale - Unità Neuroimaging
SPERIMENTATORE DELLA FONDAZIONE: Ing. Maurizio Ferrarin - Dott. Angelo
Montesano - Dott. Marco Rovaris
ALTRI CENTRI PARTECIPANTI: Dipartimento Ingegneria Informazione, Università
di Padova
DATA VALUTAZIONE CE: 17/06/2009
ESITO VALUTAZIONE CE: Approvato
STATO DELLO STUDIO: Concluso
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Annotazioni
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103
La Fondazione Don Gnocchi
IL FONDATORE
L’OPERA
Nato a San Colombano al Lambro (Milano) il 25 ottobre 1902, Carlo
Gnocchi viene ordinato sacerdote nel 1925.
Assistente d’oratorio per alcuni anni, è poi nominato direttore spirituale dell’Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane.
Allo scoppiare della guerra si arruola come cappellano volontario e
parte, prima per il fronte greco-albanese, e poi – con gli alpini della
Tridentina – per la campagna di Russia.
Istituita per assicurare cura, riabilitazione e integrazione sociale ai
mutilatini, la Fondazione ha progressivamente ampliato nel tempo il
proprio raggio d’azione.
Oggi nei Centri della Fondazione sono accolti, curati, assistiti:
Nel gennaio del’43, durante l’immane tragedia della ritirata del contingente italiano, si salva miracolosamente. Ed è in quei giorni che,
assistendo gli alpini feriti e morenti e raccogliendone le ultime volontà, matura in lui l’idea di realizzare una grande opera di carità, che
troverà compimento, a guerra finita, nella Fondazione Pro Juventute.
Muore il 28 febbraio 1956. L’ultimo suo gesto profetico è la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti quando ancora in Italia il
trapianto d’organi non era regolato da apposite leggi.
• pazienti di ogni età che necessitano di interventi riabilitativi
di carattere ortopedico, neurologico, cardiologico, respiratorio,
oncologico;
Il 25 ottobre 2009, in piazza Duomo a Milano, è stato solennemente proclamato Beato.
• pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite, con esiti di coma
o in stato vegetativo prolungato.
• pazienti con ogni forma di disabilità, per cause congenite
o per cause acquisite, dall’età evolutiva all’età adulta;
• anziani non autosufficienti, in parte affetti da Alzheimer
e Parkinson o da altre demenze senili;
• malati oncologici in fase terminale;
Intense, oltre a quella sanitario-riabilitativa, socio-assistenziale e socioeducativa, sono l’attività di ricerca scientifica, di formazione ai più
diversi livelli e di solidarietà internazionale nei Paesi in via di sviluppo.
Riconosciuta Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico,
segnatamente per i Centri di Milano e Firenze, oggi la Fondazione
Don Gnocchi conta oltre 5700 operatori tra personale dipendente e
collaboratori professionali, per i quali sono approntati costanti programmi di formazione e aggiornamento.
Le prestazioni sono erogate in regime di accreditamento con il
Servizio Sanitario Nazionale in una trentina di Centri, raggruppati in
8 Poli territoriali in 9 Regioni, con 3602 posti letto di degenza
piena e day hospital.
Ogni giorno accedono alle strutture della Fondazione Don Gnocchi
quasi diecimila persone.
104
105
LE STRUTTURE DELLA FONDAZIONE DON GNOCCHI
POLI TERRITORIALI E CENTRI
• 2 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS)
• 22 Unità di riabilitazione polifunzionale
• 9 Unità di riabilitazione ospedaliera
• 4 Unità per le gravi cerebrolesioni acquisite
• 8 Residenze per anziani non autosufficienti (RSA)
• 2 Nuclei specializzati nella cura del morbo di Alzheimer
• 3 Hospice per malati oncologici terminali
• 2 Case di Cura
• 32 ambulatori territoriali di riabilitazione
• 2 Centri di Formazione, Orientamento e Sviluppo (CeFOs)
• 3 Centri Diurni Integrati per anziani (CDI)
• 6 Centri Diurni per Disabili (CDD)
• 3 Residenze Sanitarie per Disabili (RSD)
• 3 progetti di Custode Sociale e Socio-Sanitario
• 1 Casa sollievo per disabili e anziani
• 3.602 posti letto accreditati e operativi di degenza piena e day hospital
• 10.000 persone circa curate o assistite in media ogni giorno
In qualità di Organizzazione Non Governativa (ONG) riconosciuta dal ministero degli Affari Esteri, la Fondazione promuove e realizza
progetti a favore dei Paesi in via di sviluppo.
La “Don Gnocchi” è oggi presente in Bosnia Erzegovina, Georgia,
Ecuador, Ski Lanka, Tunisia, Rwanda e Sierra Leone.
Ulteriori interventi sono in fase di valutazione in altre nazioni di diversi continenti.
COME SOSTENERE LA FONDAZIONE DON GNOCCHI
n LASCITI TESTAMENTARI
Per informazioni contattare il Servizio Fundraising: tel. 02-40308.907 (info al sito internet: http://ilmiolascito.it
n DONAZIONI
C/c postale n° 737205 Intestato a Fondazione Don Gnocchi, p.le Morandi 6 - 20121 Milano
C/c bancario n° 100000006843 Banca prossima, filiale 05000 - Milano - IBAN: IT60E0335901600100000006843
On line con carta di credito Istruzioni sul sito internet: http://donazioni.dongnocchi.it
Inviando un assegno non trasferibile intestato a: Fondazione Don Gnocchi, p.le R. Morandi, 6 - 20121 Milano
n CINQUE PER MILLE
Nel riquadro dedicato al sostegno delle Onlus o in quello per la ricerca sanitaria, indicare il codice fiscale: 04793650583
Info al sito internet: http://5x1000.dongnocchi.it
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107
Sede legale - Presidenza: 20121 Milano
Piazzale R. Morandi, 6 (tel. 02 40308.900)
Direzione Generale: 20162 Milano
Via C. Girola, 30 (tel. 02 40308.703)
Direzione Scientifica: 20148 Milano
Via A. Capecelatro, 66 (tel. 02 40308.564)
Servizio Comunicazione e Relazioni Esterne: 20121 Milano
Piazzale R. Morandi, 6 (tel. 02 40308.938)
© Fondazione Don Gnocchi, 2013