Guida alla lettura per gli insegnanti della scuola

Guida alla lettura per gli insegnanti della scuola secondaria di primo grado
Guida alla lettura di Pensare in matematica
per gli insegnanti della scuola secondaria di primo grado
di Giorgio Israel a Ana Millán Gasca
È stato osservato acutamente che chi insegna matematica nelle scuole secondarie si
affida al modello dei propri insegnanti delle scuole medie e delle scuole superiori, sia
tentando di avvicinarsi al modo di fare di insegnanti bravi (che non di rado hanno avuto
un ruolo centrale nello scegliere le materie scientifiche all’università), sia tentando di
evitare ciò che si ricorda come prassi didattiche sbagliate. I docenti universitari non
lascerebbero quindi molta traccia nel futuro insegnante. Ma non solo: neanche i
contenuti, ossia ciò che viene insegnato, sarebbe influenzato da quanto si è appreso
dopo le scuole superiori, perché i corsi universitari specialistici trattano di oggetti
matematici molto distanti dalla matematica elementare e la metodologia di esposizione
(assiomi, teoremi) non offre esempi che possano essere poi adoperati nelle scuole
superiori né tanto meno nelle scuole medie. In altre parole, i vari argomenti di
matematica sono spiegati agli alunni a partire dai ricordi dei propri studi matematici
scolastici, usando spesso il proprio vecchio manuale e affidandosi poi al manuale di
matematica che si è deciso di adottare. È una situazione paradossale, se si pensa al gran
parlare che si fa da ormai cinquant’anni del fatto che la didattica della matematica
richiede applicazione e una riflessione continua legata all’evoluzione dei ragazzi e dei
giovani, all’innovazione degli strumenti tecnologici e ai cambiamenti del ruolo della
matematica nell’educazione.
Dal nostro punto di vista, un buon insegnamento della matematica, che permetta
agli studenti di comprendere e di maneggiare agevolmente i suoi concetti e metodi, non
può essere una miscela di vecchie conoscenze scolastiche e di ricette didattiche. Le
ricette sono soggette oltretutto al pendolo delle mode, come si è visto negli ultimi
decenni: ce ne occupiamo nel capitolo 13. Ma, soprattutto, le ricette distruggono il
principale ingrediente di un buon insegnamento e di un apprendimento solido e
coinvolgente, vale a dire l’azione autonoma dell’insegnante, la sua intelligenza capace di
trascinare all’amore per la cultura cogliendo le difficoltà e la curiosità giorno per giorno,
la flessibilità derivata dalla conoscenza del singolo alunno e dei tanti “stili cognitivi”.
Questo libro vuole offrire l’unico sostegno che riteniamo utile e necessario
all’insegnante, ripercorrendo la matematica elementare per permettere di raggiungere una
conoscenza consapevole (da docente, non da discente) e integrando le conoscenze
disciplinari e quelle storiche ed epistemologiche in una visione culturale della
matematica. Un tale sforzo può giovarsi oggi dalle approfondite ricerche sui fondamenti
della matematica sviluppate attorno al 1900: gli assiomi di Peano dei numeri naturali e gli
assiomi di Hilbert della geometria euclidea sono un frutto di quella stagione e
mantengono tutta la loro vitalità e potenza per la comprensione dei concetti basilari
dell’aritmetica e della geometria. Ma, attenzione, questo non vuole dire che la logica
matematica sia un ingrediente basilare nella formazione matematica di un insegnante,
anzi. Le ricerche fondazionali interessano l’insegnante per l’eredità duratura che hanno
lasciato (gli assiomi di Peano sono oggi usati nei testi di matematica per iniziare a parlare
di numeri reali, mentre alla teoria degli insiemi non si fa altro che un breve cenno
1 Guida alla lettura per gli insegnanti della scuola secondaria di primo grado
menzionando un po’ di terminologia e ricordando che vi sono anche per quella degli
assiomi). Le ricerche del periodo di studi dei fondamenti interessano l’insegnante per le
riflessioni sul pensiero matematico che hanno sollecitato (di Poincaré e di Husserl, ad
esempio: ce ne occupiamo nei capitoli 3 e 7); e per il modo in cui hanno illuminato la
questione dell’insegnamento della matematica (negli scritti di Enriques o di Thom, che
citiamo più volte nei vari paragrafi del libro dedicati a temi di insegnamento, che il
lettore può seguire anche usando la voce all’interno dell’indice analitico). Un tale sforzo,
inoltre, può giovarsi oggi della messe di ricerche di storia della matematica del
Novecento, con particolare riguardo per quello che riguardo l’origine dei concetti
matematici nel mondo antico e l’evoluzione in età moderna del rapporto fra matematica
e conoscenza della realtà.
La cattedra di Matematica e scienze della scuola secondaria di primo grado ha un
ruolo strategico nella matematica elementare. Ai professori di formazione matematica
proponiamo quindi una riflessione sulla matematica elementare – secondo le linee
appena tracciate – che molto probabilmente non ha trovato spazio nella loro formazione
universitaria oppure lo ha trovato soltanto in modo frammentario, a volte attraverso
letture personali; e nel capitolo 10 si troverà anche una discussione sul processo di
crescente astrazione della matematica superiore che può essere utile per comprendere in
un quadro complessivo il rapporto fra l’insegnamento elementare e superiore della
matematica. Al contempo, nei capitoli sull’analisi matematica (Capitolo 9), sulla
probabilità e la statistica (Capitolo 11) e sulla matematica applicata (Capitolo 12),
proponiamo una riflessione – con molti elementi storici – che può servire anche a
stabilire un collegamento fra gli argomenti matematici e gli argomenti di scienze naturali
dei programmi di studio della scuola media: le idee scientifiche moderne di misura
(derivata dal concetto geometrico di rapporto e basata sui numeri reali) e di legge
matematica dei fenomeni sono centrali nel metodo scientifico, eppure spesso sono
lasciate nell’ombra, proponendo agli studenti una visione empirista di tale metodo
incentrata sull’idea di osservazione e di esperimento (visione attribuita a Galileo, che è
invece l’artefice principale del programma di matematizzazione dei fenomeni della
scienza moderna).
Ai professori di formazione nelle scienze naturali proponiamo un itinerario che
porta ad allontanarsi da un modo di vedere la matematica che la riduce a un ruolo
puramente utilitaristico nella vita pratica – molto comune oggi per motivi che
esaminiamo nel capitolo 13 – oppure come puro strumento di trattamento dei dati nelle
scienze (quest’ultimo rafforzato spesso dalla breve esperienza universitaria di un corso o
due di matematica di base). Spesso le ore di matematica sono un incubo da sopportare
per poter poi trattare con gli studenti i temi delle scienze naturali che interessano il
singolo professore. La poca confidenza con la matematica porta a volte a dedicare un
tempo enorme a calcoli su calcoli di espressioni aritmetiche o algebriche o
decomposizioni in fattori primi, noiosi per gli studenti come per i professori, ma
soprattutto frustranti per gli alunni per la continua minaccia dell’errore (un errore senza
interesse concettuale di alcun tipo). L’esperienza d’insegnamento degli autori nei corsi
delle vecchie scuole di specializzazione mostra che ritornare alla matematica con un
punto di vista superiore, integrando anche la storia della matematica e riflettendo sulla
relazione fra il pensiero matematico e la conoscenza scientifica dei fenomeni è una strada
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efficace che rende possibile un nuovo incontro con la disciplina, con ricadute
immediatamente positive sugli studenti.
Vogliamo concludere discutendo come i temi proposti in questo libro si colleghino
al nostro punto di vista sulla matematica nell’ultima fase della scuola dell’obbligo.
Nella scuola secondaria di primo grado arrivano molti ragazzi e ragazze il cui punto
di vista sulla matematica è già ben consolidato: per molti di loro, si tratta di una materia
noiosa, difficile e priva di ogni rapporto con la realtà, un’imposizione degli adulti che è
forse la ragione principale dell’antipatia per la scuola e per lo studio. In molti casi la
matematica è identificata con conti su conti eseguiti sul quadernone, le quattro
operazioni con numeri interi e decimali, e con gli errori nei conti. Il carattere astratto
degli oggetti matematici diventa un ostacolo insormontabile nella scuola primaria se gli
alunni non trovano alcun suggerimento sul significato di tali oggetti. Nell’adolescenza
poi la mancanza di senso crea soltanto rigetto. La mancanza di rapporto con la realtà è
esacerbata dalla prassi didattica che riduce la matematica a una tecnica misera fatta di
procedure meccaniche e definizioni di cui si può ben fare a meno. Con l’arrivo
dell’algebra questo tecnicismo rischia quindi di aggravarsi.
La questione cruciale del significato è quella del rapporto fra la matematica e il
mondo reale che circonda gli allievi (la vita quotidiana, la scienza, la tecnologia, la
cultura). Quante volte abbiamo sentito i futuri maestri o insegnanti di matematica dire:
se mi avessero spiegato che i Babilonesi iniziarono a scrivere i numeri per
l’amministrazione; se avessi saputo che i Greci ammiravano la matematica per il loro
interesse per l’argomentazione politica e giudiziaria… La storia non sarebbe servita ad
allietare le noiose ore dedicate ai conti, ma sarebbe servita a dare senso ai conti e quindi
ad applicarsi ad essi con interesse. È vero che la questione del rapporto fra matematica e
realtà va molto di moda negli ultimi anni, ma vi sono molte confusioni al riguardo e
bisogna sfuggire dalle scappatoie superficiali. È una questione difficile, tanto più con
ragazzi oggi più esigenti che mai, perché soggetti a molte sollecitazioni proprio dalla
realtà! Ai ragazzi lasciano freddi le affermazioni entusiaste del tipo: “la matematica è
bella!” Ma anche quelle, fin troppo abusate, del tipo: “La matematica è dappertutto
attorno a noi!” Inoltre, la strada per avvicinarli alla matematica non è quella di proiettare
filmati – che lasciano poca traccia – per non dire dell’idea di proporre esempi pratici
riguardanti statistiche reali o pagamenti di tasse1. Tutto questo si può fare, a patto che si
prenda di petto la questione vera, quella del significato degli oggetti matematici, quella cioè di
trovare spazio ai concetti matematici nel mondo mentale di un ragazzo o ragazza. Questo è un
compito impegnativo ma del quale deve farsi carico l’insegnante.
René Thom ha contrapposto la “questione del significato” alla “questione del
rigore”: è la prima la chiave di un buon insegnamento, e non la seconda, come spesso si
pensa. L’insegnamento eccessivamente rigido della geometria euclidea nella scuola
secondaria tradizionale si centrava sul problema del rigore (la perfezione dei
ragionamenti deduttivi sulle figure), al quale si attribuiva generalmente il valore
formativo della matematica. Così facendo, si negava però ai ragazzi ogni punto di
1 È più facile interessare a questi argomenti i bambini, nei quali è grande il desiderio di entrare nel
mondo, nei meccanismi e segreti che ha anche la vita quotidiana ancora per loro, e nei quali scatta un
potente meccanismo di immedesimazione.
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appoggio nella storia, nell’osservazione della realtà e della tecnica, dalle quali la geometria
ha preso origine. Nel tentativo di “modernizzare” i programmi, a partire dagli anni 196070 in molti paesi la geometria è stata eliminata, sostituendola con l’algebra; così come
sono stati eliminati i problemi tradizionali di proporzionalità. L’algebra elementare è un
insieme di tecniche ripetitive molto rigide, e il suo insegnamento è rimasto incentrato sul
problema del rigore (la capacità di trattare le espressioni algebriche sempre più
complicate applicando le regole senza incorrere in errori2), continuando quindi a
rimuovere il problema del significato di oggetti come incognite, variabili, equazioni o
polinomi, i quali, oltretutto, sono molto meno intuitivi degli oggetti della geometria
euclidea. Con il risultato che, alla fine delle scuole superiori, molti studenti non hanno
affatto una idea in mente di cosa sia “la x ”: è irrisolta l’esigenza di “conferirle esistenza
del mondo mentale”, per usare le parole di René Thom. La matematica della scuola media
non deve essere imperniata sull’algebra, anche se il momento per introdurre i ragazzi all’algebra è
proprio nella scuola media. Sembra un paradosso, ma non è così. Siamo ancora nell’inizio
della matematica, e il simbolismo algebrico e i concetti dell’algebra acquistano senso se
sono ancorati all’intuizione aritmetica e geometrica.
Nel libro non vi è un capitolo dedicato all’algebra, ma invece si presenta una
riflessione sul rapporto tra algebra e geometria elementare, il quale, per essere capito,
necessita di un fondamento storico: dell’alleanza fra algebra e geometria che è alla base
di un potente strumento della matematica moderna, la geometria analitica e l’algebra
lineare (di cui si parla nel capitolo 8, ed in particolare nelle pagine 250 ss.) e della teoria
di Galois e delle origini dell’algebra moderna delle strutture (di cui si parla nel capitolo
10, nel paragrafo 10.2). L’algebra della scuola secondaria, è, in fondo, ripetitiva e
relativamente semplice, e ciò che rende possibile insegnarla in modo efficace è la
consapevolezza culturale di questi temi.
Le “formule” si presentano sia nelle ore di matematica sia in quelle dedicate alle
scienze naturali. Non vi è dubbio che fin dalla prima media i ragazzi sono generalmente
pronti per compiere un passo avanti nell’astrazione matematica, usando le lettere per
designare numeri, ed equazioni per esprimere rapporti fra numeri costanti e variabili.
Dovrebbe essere un incontro sereno, quindi, un “crescere” con la matematica, vedendo
con altri occhi gli stessi problemi aritmetici e geometrici. Tuttavia, è un passaggio
dell’insegnamento molto rischioso, se l’algebra elementare si presenta agli alunni come
un insieme di “tecniche” di manipolazione di simboli fine a sé stesse. Un problema
aritmetico espresso attraverso un’equazione di primo grado diventa risolvibile in modo
meccanico mettendo in evidenza l’incognita, ma lo studente non dotato di una spiccata
tendenza astratta perde il contatto con l’intuizione del contare e del misurare, quella
“relazione di intimità con in numeri” che permette ai bambini di risolvere tali problemi
per tentativi: è quindi necessario legare la formulazione e la risoluzione di equazioni algebriche alla
risoluzione di problemi con un enunciato geometrico, scientifico o della vita quotidiana. Allo stesso
modo, un sistema di due equazioni di primo grado ci permette di calcolare in modo
automatico e preciso il punto di intersezione di due rette, ma senza un disegno che svegli
l’intuizione geometrica il sistema algebrico presenta tutti gli inconvenienti che hanno
generato l’immagine repulsiva della matematica: anche se le rette hanno un significato
2 Quindi un rigore molto meno formativo di quello della geometria euclidea! 4 Guida alla lettura per gli insegnanti della scuola secondaria di primo grado
“reale” legato a un problema fisico o economico, è l’intuizione geometrica a dare un
significato alle formule. Per questo motivo, come abbiamo scritto nell’introduzione al
libro, le porte della matematica sono l’aritmetica e la geometria elementare, perché,
anche se esse trattano concetti astratti, sono profondamente ancorate all’esperienza e
all’operare umano. Il concetto matematico di equazione, che si tratti dell’equazione di
una retta oppure dell’equazione che esprime la condizione che verificano uno o più
numeri in un problema, rischia di non trovare alcuna motivazione e di non essere
compreso dai ragazzi della scuola media se prima – da bambini, nella scuola primaria, e
in prima media – non si è pensata la retta geometricamente in modo sintetico e se prima
non sono stati risolti singoli problemi con numeri concreti in modo intuitivo. Allo stesso
modo, il concetto di rapporto e di proporzione fra grandezze geometriche – che è
storicamente alla base dell’idea moderna di funzione come legge che mette in rapporto
due o più variabili e delle idee fondamentali del calcolo infinitesimale (si pensi alla
definizione di derivata) – rimane una efficace via di accesso al pensiero matematico, ai
suoi concetti e alle sue tecniche matematiche3. In Italia, la geometria ha un ruolo ancora
nella scuola media che è importante conservare4, proponendo quella geometria intuitiva
che è stata delineata da autori italiani come Ugo Amaldi e Emma Castelnuovo.5
3 Nelle indicazioni nazionali statunitensi del 2010 il tema di rapporto e proporzione è stato suggerito
proprio come l’argomento centrale del Grade 6, equivalente alla prima media.
4
Ricordiamo intanto che la geometria, in particolare grazie all’uso del computer, ha recuperato oggi un
ruolo fondamentale sia nella progettazione tecnica (dove per la verità non lo ha mai perduto), sia nella
modellizzazione matematica dei problemi scientifici.
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Probabilmente i bambini che arrivano in prima media nella scuola primaria non hanno fatto altro di
geometria che un po’ di classificazioni di figure e le formule del perimetro e dell’area di alcune figure.
Non hanno usato materiali fisici, non hanno mai tracciato una circonferenza con il compasso, non
hanno mai risolto un problema semplice di geometria decomponendo e ricomponendo figure, unendo
punti, non hanno mai calcolate lunghezze e aree con i conteggi. Quindi probabilmente avranno già
dimenticato le formule imparate a memoria e basterà presentare un triangolo rettangolo o un quadrato
ruotati per che siano appoggiati su un vertice perché non riescano a identificarli. È essenziale quindi
recuperare all’inizio della scuola media questi aspetti.
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