La diminuzione della
produzione agricola
La crisi del Trecento
e il tramonto di impero e papato
Centri commerciali
Pellicce
Legno
Miele
Foreste
Stoccolma
Cereali
Olio d’oliva
Dundalk
Vino
Cavalli
Limerick
Novgorod
Salmoni
Edimburgo
Pb
Pb Newcastle
Hull
Pb
Boston
Riga
S
Aringhe
Lubecca
Danzica
Brema
Stettino
Amburgo
Utrecht
Torun
Lavorazione di tessuti
Cu
Douai
Ag
Commercio di tessuti
Colonia Au
Pb Au
Fe Fe
Fe
Ag
Pesca
Metz
Praga
Metallurgia
Fe
Nantes
Ag
Fe
Salisburgo
La Rochelle
Ag
Basilea
Cartiere
Bourges
Bordeaux
Fe Fe
Milano Fe
Lione
Piacenza
Carbone
Tolosa
Fe Fe
Porto
Venezia
Burgos Fe
Belgrado
Lucca
Stagno
Genova
Zara
Firenze
Pisa
Fe
Marsiglia
Fe
Legname
Siena
Oro
Toledo
Barcellona
Ragusa
Armi
Roma
Valencia
Bari
Napoli
Argento
Siviglia
Tessalonica
Pb
Palma
Amalfi
Cagliari
Rame
Ceuta
Palermo
Messina
Bugia
Ferro
S
Oro
Tunisi
Pb
Piombo
Allevamento di pecore
Sn
Au
Ag
Cu
Fe
Bristol
Sn Pb
Southampton
Londra
Bruges
Zolfo
Kiev
Trebisonda
Costantinopoli
Candia
Canna da zucchero
Tripoli
Oro
Tessuti leggeri
Nicosia
Bagdad
Famagosta
Canna da zucchero
Legname
Tripoli Seta
Damasco
Armi
Acri
Tessuti
Legname
Alessandria
Spezie
Le attività produttive e commerciali in Europa nel XIII secolo, all’apice del ciclo economico positivo iniziato
dopo il Mille
5.1 La crisi
Una contadina con rastrello e
forcone, miniatura del XV sec.
dell’agricoltura
e le carestie
L’arresto del progresso
economico e sociale
A partire dall’anno Mille e fino a tutto il
Duecento l’Europa conobbe una fase di
forte crescita economica e sociale. Le città
si ingrandirono e divennero protagoniste
di fiorenti commerci e attività artigianali.
Nuovi villaggi furono fondati nelle campagne, dove la messa in produzione di terreni
sino ad allora incolti permise di incrementare la produzione agricola fino a ottenere
delle eccedenze rispetto al fabbisogno della
popolazione. Tutto ciò si tradusse in un co-
• Con la fine del Duecento giunse al termine l’espansione delle terre coltivabili,
ormai ogni spazio disponibile era stato messo a coltura e la spinta a liberare
nuovi terreni da foreste e a bonificare le
paludi si era in gran parte esaurita. D1
La popolazione delle campagne, infatti,
aveva raggiunto un punto di equilibrio e
molti giovani, figli di agricoltori, preferivano trasferirsi nelle città anziché proseguire la dura attività dei genitori.
• I campi messi a coltura per ultimi erano
scarsamente adatti alla coltivazione del
grano e garantivano rese modeste.
Caffa
Foglia
Il primo e forse più importante elemento
di crisi fu il calo della produzione dei beni
agricoli di prima necessità. Questa diminuzione fu determinata da più cause congiuntamente.
stante incremento della popolazione del
continente, che passò dai 42 milioni dell’anno Mille ai 50 milioni del 1150, a 73 milioni
del 1300: uno balzo straordinario del 75% in
circa tre secoli.
Tuttavia, negli ultimi anni del Duecento
e nei primi anni del Trecento vi fu una interruzione del ciclo espansivo e l’economia
entrò in una fase di grandi difficoltà; le conseguenze per gli abitanti dell’Europa furono
estremamente gravi e prolungate, tanto che,
efficacemente, gli storici utilizzano spesso
l’espressione «crisi del Trecento» a indicare
la lunghezza e la durezza della regressione
economica e sociale nel continente.
Vedremo ora come prese avvio tale crisi e
come le sue cause e conseguenze si intrecciarono tra loro, rinforzandosi reciprocamente.
• La tecnologia e i sistemi agricoli dell’epoca non permettevano di aumentare ulteriormente le rese delle terre più fertili,
peraltro sfruttate intensivamente già da
lungo tempo. In buona parte dell’Europa
il metodo della rotazione triennale era ormai una consuetudine e il picco della produzione di grano, legumi e avena per gli
animali era stato raggiunto. In altre parole, non era possibile ottenere di più. D1
Un grave danno all’economia rurale fu
arrecato anche da una situazione climatica
particolarmente sfavorevole (durante tutto
il secolo si susseguirono numerosi periodi
con estati siccitose e inverni estremamente
freddi e piovosi) e dalle numerose guerre: le
scorrerie degli eserciti – che si sostentavano
con il saccheggio dei territori occupati e la
razzia dei raccolti – stremarono le popolazioni civili.
L’insieme di tutte queste condizioni negative portò tra Duecento e Trecento all’arresto della crescita della produzione agricola e successivamente alla sua progressiva
diminuzione.
Mendicanti, Andrea Orcagna, XIV sec., Firenze, Museo di Santa Croce.
qualità dei raccolti. In breve il fabbisogno
della popolazione non poté più essere soddisfatto dalle risorse disponibili e il pane divenne un bene raro e quindi molto costoso.
Al principio del Trecento lo spettro della
fame cominciò dunque ad aggirarsi nuovamente in Europa. Le cronache del tempo
segnalano numerose carestie , che si susseguirono sempre più gravi e ravvicinate
nel tempo. Nessun paese ne fu indenne: le
maggiori si verificarono nel 1302 in Spagna,
fra il 1315 e il 1317 nelle regioni atlantiche
di Francia, Inghilterra, Olanda e Germania,
fra il 1328 e il 1330 in Italia.
Conseguenza di tutto ciò fu il rapido abbassamento del tenore di vita degli europei.
La salute di uomini e donne divenne precaria, le malattie si diffusero e la popolazione
cominciò a diminuire. Nella prima metà del
Trecento l’aspettativa di vita di un individuo raggiungeva a stento i trent’anni.
Prodotti agricoli più diffusi
nell’Italia medievale
Orzo e avena
Frumento
1200
aspettativa di vita:
numero medio di anni
in cui l’uomo può
sperare di vivere date
le condizioni sociali,
economiche e ambientali
della società in cui vive.
L’aspettativa di vita
in Italia oggi è di oltre
80 anni.
Le carestie
La crisi della produzione spezzò l’equilibrio
alimentare europeo. Per le cause che abbiamo evidenziato non si accumulavano riserve alimentari sufficienti e nessuna innovazione permetteva di aumentare quantità e
Segale
© Loescher Editore – Torino
112
Miglio
carestia: termine che
deriva dalla parola latina
caritas, che significa
«mancanza» (in italiano
l’aggettivo «carente»
significa appunto
«mancante»). Perciò
una carestia alimentare è
la mancanza generalizzata
di cibo, causa della
morte di un gran numero
di persone per fame
o per malattie legate alla
denutrizione.
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1364 Dondi costruisce l’astrario
Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco
1430 Appare la caravella
XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa
1550
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2
5
Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
La malattia e le «cure»
del tempo
Il mese di giugno, miniatura, XIV sec., Forlì, Biblioteca Comunale.
5.2 La peste
L’origine dell’epidemia
Per l’intero Trecento, probabilmente a causa anche del diffuso peggioramento delle
condizioni di vita, numerose epidemie si
verificarono nel continente europeo. Una
di queste epidemie, la più grave, colpì la popolazione tanto duramente da diventare il
simbolo della crisi del secolo: la peste ,
malattia nota nel nostro continente già
 Tweet Storia p. 358
fin
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e1
à
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e
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1350
La diffusione della peste in Europa tra 1346 e 1350
Lubecca
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Danzica
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13
Parigi
Augusta
Cracovia
Milano
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Cordoba
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Firenze
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Roma
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Ragusa
Tessalonica
Messina
Tunisi
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13
1348
metà
Palermo
Atene
Costantinopoli
nell’antichità, negli anni 1347-1350 raggiunse il massimo della diffusione e della
pericolosità e poi tornò a manifestarsi ciclicamente nei decenni successivi a ondate
ricorrenti.
In che modo giunse in Europa questa terribile malattia? A inizio secolo il suo focolaio si trovava probabilmente in Asia centrale
ed essa colpì dapprima Cina e India. Giunse
alle soglie dell’Europa nel 1346, quando i
Tartari durante l’assedio della colonia genovese di Caffa, in Crimea, lanciarono cadaveri appestati dentro le mura della città,
contaminando gli abitanti. Poco più di un
anno dopo, nel dicembre del 1347, la peste era a Messina, in Sicilia, e nel gennaio
successivo a Genova, a bordo di una galea
proveniente proprio da Caffa. Altri casi di
contagio furono presto registrati anche a
Marsiglia e Valencia e da quel momento la
malattia si rivelò praticamente inarrestabile, diffondendosi rapidamente anche grazie
all’intensità degli scambi commerciali tra le
varie aree europee.
Nell’inverno 1348 la peste colpiva Pisa,
Firenze, Venezia, le coste adriatiche e l’Italia centrale. Nell’estate di quell’anno raggiungeva Parigi e nel 1349 dilagava in Inghilterra, Germania e paesi balcanici. Nel
1350, infine, la malattia arrivava alla sua
massima diffusione colpendo Scozia, Scandinavia e Russia.
La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
L’andamento demografico
della popolazione europea
La malattia era al quel tempo incurabile ed
esaurì la sua corsa naturalmente, davanti alle grandi terre disabitate dell’Europa
settentrionale e orientale. La natura e le dinamiche della sua diffusione erano ignote.
Oggi conosciamo bene le modalità di propagazione del contagio: la peste è una malattia
dei topi e i suoi bacilli vengono trasmessi
principalmente dalle pulci che ne infestano
il manto. Le pessime condizioni igieniche
delle abitazioni medievali, in particolare
quelle delle persone più povere, favorivano
la presenza dei topi all’interno degli ambienti abitati; era così estremamente probabile che pulci infette entrassero in contatto
con gli uomini trasmettendo la malattia.
Comparivano allora, nella zona inguinale e
sotto le ascelle del malato, grosse pustole e
rigonfiamenti chiamati «bubboni»: si parla
in questo caso di «peste bubbonica». Dopo
pochi giorni di sofferenza, il colpito moriva;
se invece i bubboni scoppiavano, il male regrediva e l’individuo guariva. D15
Il bacillo della peste poteva trasmettersi
anche attraverso l’aria, da individuo a individuo, ad esempio con un semplice starnuto. In
questo caso colpiva i polmoni e il contagiato
non aveva alcuna possibilità di sopravvivere.
I medici medievali avevano capito che
la malattia si propagava per contagio, cioè
per contatto tra malati e uomini ancora
sani, ma appunto non ne conoscevano le
modalità di trasmissione. Gli «scienziati»
del tempo ipotizzarono allora la presenza di
un «morbo dell’aria», diffuso ovunque, o di
«influssi astrali» legati ai movimenti di Marte e di altri corpi celesti. In realtà, a favorire
la diffusione del contagio furono principalmente gli scarsissimi standard igienici della popolazione europea (la sporcizia delle
abitazioni e la carente igiene personale).
Inoltre, l’alimentazione insufficiente determinava un indebolimento delle difese naturali dell’organismo, rendendolo totalmente
indifeso di fronte alla malattia.
I «rimedi» utilizzati furono il ricovero
coatto dei malati in grandi «ospedali» (i
«lazzaretti») per isolarli dal resto della popolazione, il sostegno al fisico colpito con
un’alimentazione più abbondante e l’inalazione di aromi che avrebbero dovuto purificare l’aria e il respiro del malato. A
80
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L’impatto sulla popolazione
del continente
Gli storici sono concordi nell’affermare che
la «Morte Nera» fu responsabile della decimazione della popolazione europea: secondo alcuni venne meno addirittura un terzo
della popolazione europea (tra i 20 e i 25
milioni di uomini, donne e bambini). I decessi erano così numerosi che si era costretti a ricorrere a fosse comuni dove i cadaveri
venivano accatastati senza alcun segno di
riconoscimento.
Sappiamo che nella sola Firenze ci furono 50.000 decessi su una popolazione di
100.000 persone, che in alcuni feudi inglesi
scomparvero i due terzi degli abitanti, che
a Parigi nella fase più acuta dell’epidemia
si seppellivano circa ottocento persone al
giorno. È documentato anche che la malattia colpì in città più che nelle campagne
e i poveri più dei ricchi (papi e sovrani sopravvissero senza danni): nelle città, prive
di fogne e con i rifiuti accumulati per strada,
i topi si moltiplicavano, e le famiglie più povere, diversamente da nobili e mercanti, si
affollavano in ambienti ristretti e malsani.
Come abbiamo visto, la malattia colpì
l’Europa a ondate, anche oltre il XIV secolo. Ad esempio nel periodo compreso tra
il 1351 e il 1485, in Inghilterra circa trenta
anni furono funestati da epidemie; in Piemonte addirittura sessantadue. In altre parole, il flagello divenne un male endemico,
un compagno abituale della vita quotidiana
degli europei, e impedì alla popolazione dei
vari paesi di riprendersi: ancora a Quattro-
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114
69
69
bacillo: i bacilli
e i batteri sono organismi
viventi unicellulari,
composti cioè da una sola
cellula, responsabili di
molte malattie del mondo
animale.
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Dossier 15 p. 356
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1364 Dondi costruisce l’astrario
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XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
capro espiatorio: in
senso figurato, un capro
espiatorio è qualcuno a
cui ingiustamente è stata
attribuita la responsabilità
di un errore, una
situazione negativa,
un crimine. L’espressione
deriva da un antico
rito religioso ebraico
descritto nella Bibbia,
durante il quale, nel
giorno dell’Espiazione, un
capro veniva allontanato
nel deserto portando
simbolicamente con sé
tutti i peccati del popolo.
Bolla: il termine
«bolla» deriva dal latino
bulla e indica il sigillo
apposto su una lettera o
un documento ufficiale
dell’impero o del papato.
antisemitismo:
con questo termine
si indicano l’ostilità,
i pregiudizi e gli
atteggiamenti persecutori
nei confronti degli
ebrei, popolo di stirpe
«semitica», secondo la
Bibbia, discendente cioè
da Sem, figlio di Noè.
Dossier 15 p. 356
 Tweet Storia p. 358
cento inoltrato gli abitanti del continente
erano meno che all’inizio del Trecento e
solo alla metà del Cinquecento il numero
complessivo degli europei superò il livello
raggiunto due secoli prima.
Il risveglio del fanatismo
religioso
In un’epoca di grande fede religiosa, si diffuse la convinzione che la peste fosse una
punizione divina per peccati commessi
dall’uomo. Dunque preghiera, pentimento
e allontanamento dai piaceri mondani furono la risposta più diffusa a un destino che
colpiva rapidamente e inesorabilmente.
In questo clima di angoscia si svilupparono i flagellanti, gruppi di fanatici religiosi
che sfilavano per le strade di città e villaggi
compiendo atti di automortificazione (autoflagellandosi, appunto, colpendosi fino a
farsi sanguinare), credendo in questo modo
di placare la collera divina. I flagellanti erano sorti in Italia (a Perugia) alla metà del
Duecento e al tempo della peste si diffusero
velocemente in tutta Europa: con questi atti
pubblici di pentimento intendevano testimoniare pubblicamente la riparazione dei
loro peccati e di quelli di tutta la comunità.
In realtà, il contagio poteva essere evitato
in un solo modo: allontanandosi dalle persone infette. I ricchi infatti fuggivano nelle
campagne, isolandosi nelle loro residenze
fino a che il pericolo non fosse svanito. D15
Come fecero gli uomini e le donne protagonisti del Decamerone, il libro di novelle scrit-
to dal fiorentino Giovanni Boccaccio, che,
ritiratisi in una villa della campagna fiorentina, ingannarono il tempo raccontandosi
storie e scherzando sulla terribile malattia.
La ricerca del capro espiatorio
La cieca devozione dei credenti si trasformava spesso in fanatismo. Partiva allora
la ricerca di un capro espiatorio , cioè di
qualcuno a cui addossare la colpa per la difficile situazione socio-economica causata
dalle continue epidemie di peste. Furono
accusati i musulmani – nemici giurati della
cristianità –, le streghe – ossia donne accusate di intrattenere rapporti con il diavolo –,
i lebbrosi – cioè malati esclusi dai normali
rapporti sociali.
Molte violenze colpirono gli ebrei – non
cristiani e quindi «diversi», ma soprattutto
odiati perché ritenuti gli assassini di Cristo.
Gli ebrei ovviamente subivano il contagio
esattamente come i cristiani; nonostante
ciò venivano creduti i protagonisti di un
complotto che aveva per fine la distruzione dell’umanità. Furono raggiunti da false
accuse (ad esempio di avvelenare l’acqua
e trasmettere in questo modo la peste) e fu
loro estorta con la tortura la confessione
di crimini di ogni tipo. Fu avviata una serie di persecuzioni su vasta scala, che non
risparmiò alcun paese del continente. Alcuni esempi dai territori di lingua tedesca:
a Dresda, a Spira, a Ulm gli ebrei vennero
massacrati; a Basilea furono imprigionati in
edifici di legno e bruciati vivi; a Strasburgo
ne vennero assassinati 2000, a Magonza addirittura 12000.
Nel 1348 papa Clemente VI emanò la
bolla  Quamvis perfidiam che difendeva
gli ebrei dall’accusa di essere i colpevoli del
contagio. Tuttavia le persecuzioni non ebbero termine e la furia popolare scrisse altri
e dolorosi capitoli nella storia dell’antisemitismo in Europa.
Una testimonianza della diffusione dell’intolleranza
religiosa e dell’antisemitismo in Spagna: un rogo di
ebrei al tempo di Isabella e Ferdinando, incisione tratta
dal Liber chronicorum di Hartmann Schedel, 1499.
5.3 La crisi economica
La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
classe sociale non più del tutto dipendente
dai signori, con proprie rivendicazioni fiscali e una maggiore influenza sui meccanismi
del mercato.
e le rivolte sociali
La crisi nelle campagne
Calo della produzione agricola, carestie,
epidemie e l’inevitabile decremento della popolazione determinarono il tracollo
dell’economia europea. In ogni settore si
manifestò un grave regresso, ma furono le
campagne a subire in misura più accentuata gli effetti della crisi: foreste e pascoli ripresero il sopravvento sulle terre coltivate e
molti villaggi furono abbandonati: il 25% in
Inghilterra, il 40% in regioni tedesche come
la Slesia o la Sassonia, il 10% in Toscana.
Il crollo demografico aveva ridotto il fabbisogno alimentare complessivo, facendo
scendere il prezzo del pane e di conseguenza
la redditività delle attività rurali: i proprietari fondiari vedevano quindi ridursi i loro
guadagni. La situazione era resa ancora più
difficile dalla ridotta disponibilità di manodopera agricola e dall’ovvia e conseguente
richiesta di aumento dei salari.
Nell’Europa occidentale (diverso il caso
dell’Europa dell’Est), molti nobili, tradizionali proprietari terrieri, furono costretti
a vendere i propri fondi ai ricchi mercanti
di città o a contadini arricchiti. Era la fine
dell’era feudale: la campagna non garantiva
più una rendita sicura ai signori e si formava così progressivamente una nuova classe
di proprietari dotata di maggiori capacità
imprenditoriali. Questi ultimi incrementarono l’allevamento perché il latte, la carne e
la lana erano venduti ancora a buon prezzo;
ridussero, inoltre, la coltivazione di cereali
a vantaggio di materie prime destinate alla
produzione manifatturiera: canapa e lino
per i tessuti o luppolo per la birra.
Si diffuse ulteriormente in tutta l’Europa
continentale il contratto di mezzadria. Il
padrone affidava la terra al contadino, che
vi si trasferiva con la sua famiglia e la lavorava, garantendo poi al proprietario metà del
raccolto. I signori stessi, che possedevano
diversi terreni concessi a mezzadria, essendo meno legati al fondo poterono trasferirsi in città e partecipare alle lotte politiche e
all’amministrazione dei nuovi Stati nazionali o regionali.
I contadini divennero in altre parole protagonisti della loro fortuna o sfortuna, una
La crisi nelle città
Il diffuso calo demografico determinò anche il crollo della domanda di tessuti, indumenti e di ogni altro prodotto artigianale:
colpì quindi anche il sistema di produzione
di beni di consumo. Diminuirono drasticamente i prezzi dei manufatti e di conseguenza i guadagni degli artigiani; i laboratori,
concentrati nelle città, dovettero chiudere o
ridurre i salari dei dipendenti.
I settori tessile e alimentare furono quelli
maggiormente interessati. Si trattava di produzioni ormai abbastanza sviluppate nelle
città italiane del Centro e del Settentrione,
nelle città francesi meridionali e centro-settentrionali, nelle Fiandre e in Inghilterra.
Un altro settore in grave flessione fu
quello edilizio. Si interruppe infatti l’ampliamento delle città e delle infrastrutture
(porti, strade, magazzini), mentre la manodopera chiedeva salari più elevati.
Il rallentamento generale dell’economia
ridusse inoltre il volume degli scambi commerciali. Ciò fu particolarmente evidente
all’interno della città, lungo le principali
vie di comunicazione, e nelle grandi fiere
dell’Europa settentrionale e centrale.
La minore circolazione di capitali limitò anche le attività finanziarie. In questo
settore furono particolarmente colpite le
grandi famiglie di banchieri italiani, specie
quelle di Firenze. D14 Esse si erano molto esposte prestando denaro alle nascenti
monarchie europee, Francia e Inghilterra in
particolare, impegnate nelle guerre tra loro e
nella costosa organizzazione delle loro amministrazioni centrali e periferiche. Quando la produzione di beni crollò e il gettito
fiscale si ridusse, i sovrani indebitati non
furono in grado di restituire ai banchieri i
prestiti accordati. Grandi protagonisti della
finanza medievale sparirono dalla scena: i
Peruzzi di Firenze, che da quasi due secoli
finanziavano commerci dall’Italia meridionale alla Champagne e all’Inghilterra, fallirono tra il 1343 e il 1345; i Bardi, sempre di
Firenze, che avevano filiali a Costantinopoli,
Marsiglia, Parigi e Londra, fallirono nel 1345
perché re Edoardo III d’Inghilterra si rifiutò
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
di restituire i prestiti ottenuti per finanziare
la Guerra dei Cent’Anni; gli Acciaiuoli, banchieri del regno di Napoli e dei pontefici, furono costretti a svendere la loro compagnia
nel 1345.
Le rivolte sociali
Nei decenni centrali del Trecento, quelli
successivi all’epidemia di peste, le crescenti
difficoltà economiche provocarono anche
forti tensioni sociali.
jacquerie: termine
Il tentativo dei nuovi signori fondiari di
francese utilizzato
per indicare una
mantenere bassi i compensi dei contadini
insurrezione contadina
salariati o di ottenere condizioni ancora più
spontanea priva di una
favorevoli dai mezzadri, e l’aggravamento
organizzazione politica.
da parte delle monarchie di tasse e decime
Esso deriva dall’appellativo
sulle
terre e sui raccolti portarono a sanguicanzonatorio Jacques
nosi
scontri
un po’ ovunque, a cominciare
Bonhomme (Giacomo
«Buonuomo»), nel senso
dalle campagne.
di incapace, «poverino»,
In Francia, la cosiddetta jacquerie , una
con il quale i nobili e
violentissima insurrezione contadina coni proprietari terrieri si
dotta da Guillaume Callet devastò nel 1358
rivolgevano ai contadini
i castelli dei nobili nell’Île de France (la re(da jacque, la giubba che
gione attorno a Parigi) e nella Champagne.
portavano gli abitanti delle
campagne).
Questi moti in qualche modo si saldarono a
Parigi con la rivolta cittadina
guidata dal ricco borghese
Étienne Marcel, scatenata
in seguito all’ennesimo inasprimento della pressione
fiscale allo scopo di finanziare l’esercito. La rivolta fu
repressa con la forza dalla
nobiltà nel giro di poche
settimane e i capi vennero
assassinati, ma altre scoppiarono negli anni successivi perché le cause del malcontento non erano state in
alcun modo risolte.
I moti raggiunsero dunque il massimo della pericolosità quando le violenze
nelle campagne si univano
ai disordini nelle città. Così,
i tessitori di Gand e di Bruges reclamarono salari più
alti e più potere nelle istituzioni cittadine.
Fino a Quattrocento inoltrato si alternarono rivolte
contadine e insurrezioni
urbane. Le une e le altre
Michele di Lando, Firenze, Loggia del Mercato Nuovo.
erano estremamente sanp. 206
La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
guinose e mettevano a rischio la pace sociale in un’epoca di passaggio, proprio mentre
si affermava in alcuni grandi Stati europei il
modello della monarchia nazionale. Anche
per questo motivo furono contrastate con
particolare durezza dai sovrani.
La rivolta dei Ciompi
a Firenze
A Firenze, nel corso del Duecento, al culmine
della crescita economica successiva all’anno Mille, pochi mercanti imprenditori – che
costituivano e dirigevano la corporazione, o
«Arte», della Lana – controllavano la produzione e il commercio dei panni, l’attività
più importante e redditizia della città. Circa un terzo della popolazione era costituito
da semplici salariati, detti Ciompi, uno dei
gradi più bassi della scala sociale dell’epoca: impiegati in 300 botteghe diverse, erano
addetti a cardare la lana. Il loro mestiere era
considerato il più umile e quindi indegno di
essere rappresentato nelle Arti. Essi erano
dunque privi di tutela e sottoposti all’Arte
della Lana.
Come abbiamo già accennato, anche il
mercato dei panni era entrato in crisi a causa del crollo della domanda e i prestigiosi
prodotti fiorentini non costituirono una
eccezione. Molte botteghe furono costrette
alla chiusura e i lavoratori licenziati. Anche
il sistema delle corporazioni aveva smesso
di funzionare. L’Arte della Lana aveva fino
a metà secolo regolato in modo efficace i
prezzi di vendita dei prodotti (uguali per
tutti) e i salari (anche questi stabiliti con
rigidi accordi). La diminuzione della domanda aumentava ora la concorrenza tra i
diversi produttori, che perciò cercavano di
svincolarsi dagli accordi corporativi per ridurre i salari e collocare a prezzi inferiori i
prodotti sul mercato. Gli stessi proprietari,
inoltre, cominciarono a favorire il lavoro
a domicilio nelle campagne, pagandolo
meno rispetto a quello prestato nelle botteghe di città, e sfuggendo ai controlli delle
corporazioni.
La rivolta scoppiò nell’estate del 1378
quando i Ciompi, guidati da Michele di Lando, riuscirono a impadronirsi con la forza
del governo della città, ottenendo anche la
formazione di una loro corporazione. Tuttavia, l’incapacità dei lavoratori di coinvolgere
nella lotta strati sociali diversi, e soprattutto
Carovana in marcia lungo la Via della seta, miniatura, XIII sec.
l’ostilità dei grandi mercanti, portarono al
fallimento della protesta. Nel giro di pochi
mesi la nuova corporazione fu soppressa e
il governo di Firenze tornò nelle mani delle
famiglie più ricche.
Le ribellioni politiche
e religiose in Inghilterra
Le rivolte non originarono soltanto da rivendicazioni economiche. Ad esempio, la
rivolta contadina scoppiata in Inghilterra
nel 1381, guidata da un predicatore di nome
John Ball, ebbe anche una forte connotazione politica e sociale.
In contadini si ribellarono quando, per la
terza volta nel giro di pochi anni, fu imposto
il pagamento di una tassa chiamata testatico . Si trattava di una tassa sulla persona
che colpiva tutti gli individui di età superiore ai quindici anni e aveva lo scopo di finanziare gli eserciti del sovrano. Chiedendo
maggiore eguaglianza e contestando il fisco
opprimente, i rivoltosi si scagliarono contro
il clero e la nobiltà. Nel giugno del 1381, per
pochi giorni sembrò che l’intera società inglese fosse sotto attacco: proprietà e palazzi
vennero dati alle fiamme e l’arcivescovo di
Londra e molti signori furono decapitati. La
situazione cambiò quando il re Riccardo II
ordinò di sedare la ribellione con la forza.
Ciò che puntualmente avvenne: John Ball fu
impiccato il 15 luglio 1381.
A influenzare la rivolta fu anche il pensiero del teologo John Wycliffe (1324-1384),
che aveva ripetutamente criticato il clero e
si era espresso a favore di una Chiesa popolare fondata sul principio di uguaglianza tra
tutti i fedeli. Il vasto seguito che le sue idee
ottennero fu determinato anche dall’alto
livello di corruzione del clero inglese – in
particolare vescovi e abati – che deteneva
ingenti ricchezze (era proprietario di un
terzo delle terre inglesi e si arricchiva con
l’esazione delle decime) e trascurava i doveri pastorali.
Da un punto di vista più strettamente teologico, Wycliffe svalutava l’importanza dei
sacramenti per la salvezza (in particolare
dell’eucaristia) e proponeva inoltre di rifondare la Chiesa sul modello ideale della comunità cristiana delle origini. Inoltre, considerava la Bibbia l’unica fonte di verità e di
regola morale; per questo la tradusse in inglese. Queste idee valsero a Wycliffe numerose
condanne per eresia da parte della Chiesa.
Nel clima di protesta contro le autorità e
contro il lusso del clero, a Wycliffe si ispirò
apertamente, oltre ai rivoltosi del 1381, anche il movimento dei «Lollardi». Composto
da predicatori laici e gente del popolo, essi
condannavano la ricchezza e la struttura gerarchica della Chiesa istituzionale e le contrapponevano la «Chiesa dei salvati», composta dalla totalità dei fedeli.
I primi segnali di ripresa
economica
Come esemplifica chiaramente la vicenda
dei Ciompi a Firenze, il crollo della popolazione stroncò in tutto il continente i com-
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1200
testatico: in età
medievale era un’imposta
personale così chiamata
perché gravava su ogni
«testa»: ogni individuo
che avesse compiuto
quindici anni era tenuto
al pagamento. Il numero
delle «teste» e il calcolo
complessivo della tassa
venivano fatti durante
le funzioni religiose, alle
quali l’intera comunità
doveva obbligatoriamente
partecipare.
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1364 Dondi costruisce l’astrario
Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco
1430 Appare la caravella
XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
gli Acciaiuoli erano fallite a causa della mancata restituzione delle ingenti somme di denaro prestate a re e città di tutta Europa. Organizzati su basi più solide, tornarono presto
a svolgere un ruolo di rilievo nella circolazione del denaro, favorendo, anche per questa
via, la ripresa economica del continente.
«Crisi» e «trasformazione»
dell’economia
La bottega del sarto, affresco, castello di Challant, Issogne, XVI sec.
La coniatura delle monete, miniatura, XV sec.
merci e le attività manifatturiere, cioè quelle attività che avevano favorito lo sviluppo
delle città. Ad esempio la produzione tessile
europea poco dopo la metà del Trecento si
era ridotta di circa due terzi rispetto al periodo di massima espansione economica
nel XIII secolo.
Fu proprio il settore manifatturiero, e in
particolare il tessile, a lanciare tra Trecento e
Quattrocento i primi forti segnali di ripresa.
anseatici
Le città del Mar Baltico e Empori
del Mare
del Nord aderenti alla Lega delle
città anseatiche
Agenzie commerciali
Empori anseatici
Città anseatiche importanti
Città anseatiche importanti
Prodotti principali
Cera
Prodotti principali
NORVEGIA
Bergen
Pellicce
Rame
Oslo
S
V
Cera
Miele
Pellicce
l t
i c
o
Ferro
Pellicce
Metalli
Visby
Boston
INGHILTERRA
Tessuti
Londra
Bruges
Tessuti
DANIMARCA
M
Legname
TERRA DI
NOVGOROD
ON
a
Novgorod
Riga
r
Königsberg
Frumento
Rostock Stralsunda Danzica
Cera
Lubecca
Ambra N E
Amburgo
Kolberg
DI
Brema Birra Wismar
R
Pellicce
O
Stettino
Utrecht
Sale Lüneburg
Thorn
Greifswald
LITUANIA
Dordrecht Brunsvik
Magdeburgo
Anversa Dortmund
FRANCIA
Colonia
Erfurt
Breslavia
SACRO ROMANO IMPERO
TE
Lana
Copenaghen
Reval
UT
Mare del Nord
York
B
a
Newcastle
A
I
Z
E
O
Cera
IC
Agenzie commerciali
POLON IA
Cracovia
Un ruolo di spicco ebbero in questa fase le
manifatture di Inghilterra ed Olanda, che
affiancarono quelle fiamminghe, mentre in
Italia, accanto alla lavorazione dei panni di
Fiandra, nacque e si diffuse l’industria della produzione della seta. Nelle campagne
crebbero le attività cartarie, tessili e metallurgiche, che sfruttavano, con i mulini, la
forza motrice dei corsi d’acqua e la manodopera dei contadini rimasti senza terre da
coltivare.
Accanto al commercio delle spezie e della
seta, beni di lusso trattati in piccole quantità, si riprese il commercio di prodotti pesanti e redditizi solo in grandi quantità: grano,
vino, zucchero, sale e stoffe non pregiate. Il
Mediterraneo rimase il mare più trafficato
d’Europa, ma aumentò l’importanza delle
città della Lega delle città anseatiche (le città
tedesche di Lubecca, Amburgo, Brema e Rostock e la città ora polacca di Danzica erano
le principali) e delle rotte che percorrevano
il Mare del Nord e il Mar Baltico portando
verso sud pellicce e legnami, ferro e pesce.
Inoltre, nonostante la caduta dell’Impero
mongolo, rimaneva aperta la via della seta,
che collegava le città europee con i mercati
di Persia, India e Cina.
Fu infine superata la grave crisi dei banchieri fiorentini. Come abbiamo visto, verso
la metà del Trecento, importanti famiglie di
mercanti e banchieri come i Bardi, i Peruzzi e
Le basi della ripresa economica del Quattrocento furono, in realtà, già poste nel corso
del Trecento, che quindi non fu solo caratterizzato da una grave crisi (guerre, carestie,
epidemie, rallentamento della produzione
agricola ecc.), ma anche un secolo di sostanziali trasformazioni dell’economia. Gli
storici sottolineano quest’ultimo aspetto e
mettono in evidenza alcuni importanti fattori di evoluzione che si sono verificati nel
XIV secolo:
• La produzione agricola ridotta rese per
alcuni anni difficile il sostentamento delle popolazioni, ma in breve la domanda
calò e con essa i prezzi dei cereali. I nuovi
proprietari terrieri furono indotti a diversificare le colture, sviluppando quelle
«industriali», destinate alla produzione
manifatturiera.
• L’industria tessile allentò i propri vincoli corporativi e fu costretta ad accettare
la concorrenza in un mercato difficile.
Ne fecero le spese i produttori fiamminghi e fiorentini, ma si affermarono quelli
delle Fiandre, dell’Italia settentrionale e
La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
dell’Inghilterra, in grado di produrre tessuti a prezzi inferiori.
• In generale, nella produzione artigianale
e manifatturiera si ebbe una maggiore diversificazione dei prodotti. Emblematico
è il caso dello sviluppo della produzione
della seta, alla quale potevano partecipare le famiglie di agricoltori dell’Italia
centrale e settentrionale e che alimentava una nuova industria tessile. Inoltre, la
necessità di affrontare, anche in questo
campo, una concorrenza agguerrita e di
altre aree geografiche determinò un abbassamento dei prezzi che consentì a un
numero crescente di persone di acquistare beni che prima venivano autoprodotti
(indumenti, calzature, attrezzi e suppellettili domestiche).
• Un ulteriore motivo di sviluppo per tutta l’Europa occidentale fu la progressiva
entrata in crisi del monopolio delle città
italiane nei commerci con l’Asia. Anche
in questo caso la maggiore concorrenza
dei mercanti spagnoli e nordeuropei aumentò il dinamismo economico del continente.
• Con la ripresa e la maggiore diffusione dei
centri produttivi e delle basi commerciali, aumentò nuovamente il volume delle
attività finanziarie, sempre molto attive
a Firenze, Genova e Milano, ma ora anche
presenti a Barcellona, nelle Fiandre, in
Inghilterra e in Europa centrale. [ I NODI
DELLA STORIA p. 128]
Scuola di Jean Fouquet, scene di attività finanziaria, 1470-80, Parigi, Biblioteca Nazionale.
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
5.4 Apogeo e crisi
Il regno normanno di Sicilia
dell’impero
Il progetto di Federico II
di Svevia
p. 80
Il disegno universalistico dell’impero – uno
dei cardini dell’universo medievale – conobbe il suo culmine e al contempo l’inizio
del declino nel Duecento, sotto il regno di
Federico II di Svevia (1220-1254), mentre
nel resto dell’Europa occidentale si andavano affermando le monarchie nazionali.
Federico  , una delle personalità più
complesse e affascinanti dell’intero Medioevo, nacque nel 1194. Nipote di Federico
Barbarossa era figlio dell’imperatore Enrico
VI (1191-1197) e della normanna Costanza
d’Altavilla, erede al trono di Sicilia. Federico
quindi fu a capo dell’Italia meridionale, con
il titolo di «re di Sicilia», e della Germania
e Italia centro-settentrionale, come imperatore del Sacro romano impero: un dominio vastissimo che tentò di imporre ancora
come centro politico della cristianità. Egli
stesso era convinto che la sovranità del
monarca fosse assoluta e che nobili, clero e
città dovessero essere sottomessi senza eccezioni alla sua autorità.
L’applicazione di tale progetto doveva
però incontrare difficoltà insormontabili.
Busto di Federico II, XIII sec.,
Barletta, Museo Civico.
 Tweet Storia p. 358
Progresso e civiltà nel Regno
di Sicilia
Federico rimase orfano a quattro anni e
passò sotto la tutela del papa Innocenzo III
(1198-1216), che lo aiutò e guidò in gioventù
in cambio della promessa di non unificare
mai i possedimenti di Germania e di Sicilia
in un unico Stato (evitando così allo Stato
della Chiesa di trovarsi accerchiato).
Mare
Adriatico
Roma
Benevento
Bari
Castel
Napoli
del Monte
Salerno
Taranto
Otranto
Mar Tirreno
Crotone
Palermo
Messina
Reggio
Mar Ionio
Siracusa
Mar
Mediterraneo
Divenuto re di Sicilia già da adolescente, Federico sottomise in Italia meridionale
i feudatari e i nobili che si erano ribellati
all’autorità normanna e riservò a sé ogni
potere decisionale, costituendo una monarchia fortemente accentrata.
Nel campo dell’amministrazione, egli
creò un corpo di funzionari a lui fedeli e incaricati di governare le province del regno.
Nel campo della giustizia, promulgò nel
1231 le Costituzioni di Melfi, una raccolta di
Il territorio dell’impero alla fine del XII
secolo
REGNO DI DANIMARCA
Mare del Nord
Contea di
Holstein
Ducato di
Frisia
Pomerania
Marche
Contea di
Ducato
Olanda
di Meissen,
REGNO DI
Magdeburgo
POLONIA
di Sassonia Lndsberg e
Colonia
Brandeburgo Ducato di
Slesia
Ducato
Treviri Ducato di
di
Magonza
REGNO DI BOEMIA
Franconia
Marca di
REGNO Lorena
Moravia
DI
Ducato
Ducato
Duc. d’Austria
di Svevia di Baviera Ducato
Salisburgo
LE S
I AR
REGNO
Contea di
Provenza D’ITALIA
Pisa
Mar Mediterraneo
Ravenna
BB
REGN
REGNO
Patriarcato
Milano Marca di di Aquileia
Venezia
Verona
Lombardia
D’UNGHERIA
PU
Arles
Contea di
Borgogna
RE
OD
Lione
di Stiria
Duc. di
Carinzia
STATO
DELLA
CHIESA
Toscana
Roma
LI
CA
DI
VE
NE
ZI
A
REGNO DI
SICILIA
Limiti dell’Impero
Romano Germanico
Se nel Regno di Sicilia, grazie alla scarsa
presenza di forti poteri territoriali autonomi (passività della nobiltà feudale e assenza
dei Comuni) Federico riuscì ad attuare con
pieno successo il proprio programma, nelle
altre aree sottoposte al suo dominio egli non
ebbe la stessa fortuna. Incoronato imperatore dal papa Onorio III nel 1220, egli incontrò subito notevoli difficoltà sia in Germania sia in Italia centro-settentrionale.
In Germania, dove Federico si recava
raramente, le fiorenti città commerciali e
i nobili, laici ed ecclesiastici, accrebbero il
loro potere: si consideravano ormai autonomi dall’imperatore e gli offrivano un omaggio puramente formale.
In Italia centro-settentrionale molti Comuni osteggiarono l’autorità di Federico e
furono spalleggiati dallo Stato della Chiesa.
Il papato temeva infatti di trovarsi assediato
a nord e a sud da un impero troppo forte. La
vicinanza tra impero e papato risalente ai
tempi della tutela di Innocenzo III su Federico era ormai cancellata e i partiti guelfo e
ghibellino si fronteggiavano come all’epoca
del Barbarossa. Nel 1226 la Lega Lombarda,
sostenuta dal papa, formò un nuovo esercito
che Federico non riuscì a sconfiggere. L’alleanza guelfa non si piegò e costrinse il sovrano ad abbandonare le sue mire egemoniche
sulla parte più ricca della penisola italiana.
Il declino dell’impero
Federico II morì nel 1250 e le fortune imperiali conobbero da allora un lento ma inesorabile declino, sia in Italia che in Germania.
Il papa strinse un’alleanza con la corona
francese, che inviò in Italia Carlo I d’Angiò,
fratello del re, per occupare la Sicilia. Nel
1266, Carlo sconfisse Manfredi, il figlio di
Federico, a Benevento, estromettendo gli
Svevi dall’Italia meridionale e sancendo
la definitiva vittoria dei guelfi sui ghibellini. Gli Angiò entravano quindi in possesso
dell’Italia meridionale, ma la situazione non
era affatto pacificata. La durezza del nuovo
La spartizione dell’Italia meridionale tra Angioini e Aragonesi
Perugia
STATO
DE LL A
CH I E SA
Corsica
(nel 1284 a Genova)
Ajaccio
Roma
Bonifacio
Torres
(a Genova)
(a Pisa)
Bosa
1200
L’Aquila
Sardegna
(dal 1326 agli Aragonesi)
Iglesias
Pescara
Mare Adriatico
Abruzzo
Montecassino Marca di Capitanata
Barletta
Molise
Bari
Benevento
Monopoli
Gaeta Principato
di Capua
Terra di Bari
Brindisi
Terra d
Napoli Salerno
iO
Basilicata Taranto trant
Amalfi
Oristano
M a r
R E G NO DI S IC I LI A
Rossano
Ducato
Cosenza
di
Crotone
Calabria
Catanzaro
Cagliari
Trapani
Mazara
Gallipoli
(dal 1266 agli Angioini)
T i r r e n o
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122
monopolio di Stato:
il termine «monopolio»
deriva da due parole
greche che significano
«solo» e «vendere». Si
determina un monopolio
quando un certo prodotto
viene venduto sul mercato
da un solo venditore, che
raccoglie così tutti
i guadagni. Se il venditore
unico è lo Stato si ha
un monopolio di Stato.
o
Contea
del Tirolo
Il fallimento di Federico II
Le truppe di Federico II sconfitte a Parma, miniatura, XIV sec.
o
at
ip
inc
Pr
FRANCIA
Besançon
Castel del Monte, XIII sec., Andria.
Brindisi
leggi scritte che dovevano chiarire in modo
definitivo l’interpretazione e l’applicazione
del diritto, e nominò magistrati che avrebbero dovuto rendere conto direttamente a
lui. Nel campo dell’economia, favorì i commerci e le imprese, e impose il monopolio
di Stato su sale, ferro, rame, seta e grano.
Diede infine straordinario impulso alla vita
culturale del regno, facendo della sua corte
uno dei centri letterari e artistici più raffinati del tempo: Palermo fu una splendida capitale, mentre Napoli diventò nel 1224 sede
di una prestigiosa università.
In generale, nonostante le origini tedesche, Federico si sentiva italiano e desiderava fortemente favorire lo sviluppo e il
progresso dei domini nel meridione della
penisola, dove era nato e cresciuto. Uomo
coltissimo, poeta e scienziato, si meritò dai
contemporanei l’appellativo di stupor mundi, «meraviglia del mondo».
La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
Palermo
Messina
Reggio
Sicilia
Mar Ionio
(dal 1282 agli Aragonesi)
Agrigento
Siracusa
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La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
Carlo d’Angiò
in una scultura
di Arnolfo
di Cambio.
anno santo: è così
detto un anno in cui è
indetto un giubileo che
consente, a chi svolge
determinate pratiche
di culto, di vedersi
condonati i propri debiti
verso Dio.
L’incoronazione di Celestino V in un dipinto del XVI sec.
Castel dell’Ovo, Napoli.
Vespri siciliani:
così viene chiamata la
rivolta dei siciliani contro
i dominatori angioini.
La rivolta è passata alla
storia con questo nome
perché ebbe inizio il
30 marzo 1282, lunedì
di Pasqua, all’ora della
preghiera del vespro
(il tramonto del sole),
davanti alla chiesa
dello Spirito Santo a
Palermo. Ne seguì un
lungo periodo di conflitti
denominato «Guerra dei
Vespri» (1282-1302).
governo e le pesanti tasse imposte dagli Angiò provocarono infatti nel 1282 la rivolta
antifrancese dei Vespri siciliani .
In aiuto degli insorti intervenne il re Pietro
III d’Aragona dando inizio a una nuova lunga guerra. Nel 1302, con la pace di Caltabellotta e al termine di un conflitto durato ben
venti anni, gli aragonesi si impadronivano
di Palermo e della Sicilia, mentre Napoli e il
Meridione rimanevano agli angioini.
L’Italia conosceva così una crescente
frammentazione, proprio mentre in altri
paesi d’Europa (Francia, Inghilterra, Spagna
e Portogallo) le monarchie avviavano il processo di unificazione nazionale.
L’ultimo tentativo degli imperiali nella
penisola fallì nel 1313, quando Enrico VII di
Lussemburgo morì nei pressi di Siena mentre cercava di difendere i diritti dell’impero
in Italia.
I sostenitori dell’antico progetto politico
dei Carolingi e degli Ottoni furono poi battuti anche in Germania. Nel 1356, infatti, i
più potenti feudatari tedeschi costrinsero
l’imperatore Carlo IV a emettere la Bolla
d’Oro, un documento con cui stabilivano
che i nuovi imperatori sarebbero stati scelti da sette grandi elettori (il re di Boemia, il
marchese di Brandeburgo, il duca di Sassonia, il conte del Palatinato e gli arcivescovi
di Magonza, Treviri e Colonia). Anche in
Germania, come in Italia, il processo di formazione di uno Stato nazionale subiva perciò un arresto. Il titolo imperiale diveniva il
frutto di un gioco di potere e perdeva gran
parte dell’importanza politica e simbolica rivestita fino a quel momento. Dal 1437
esso passò agli Asburgo d’Austria, che lo
mantennero fino al 1806, quando il Sacro
romano impero scomparve ufficialmente
per volontà di Napoleone Bonaparte.
Una veduta di Napoli, XV sec.
5.5 Il declino del papato
Il conflitto Bonifacio VIII
e Filippo IV di Francia
L’autorità della Chiesa
nel Duecento
Proprio durante il pontificato di Bonifacio
VIII, le aspirazioni dei papi conobbero una
drammatica battuta d’arresto.
Il re francese Filippo IV il Bello impose al
clero del suo paese – senza chiedere autorizzazione a Roma – il pagamento delle tasse,
necessarie per finanziare l’esercito. Bonifacio VIII condannò questa aperta violazione
dell’autonomia della Chiesa e il sovrano, in
risposta a questa condanna, bloccò l’arrivo
in Italia delle ricchissime rendite che il papato riceveva dai possedimenti ecclesiastici
francesi. Il pontefice dovette presto arrendersi, riconoscendo al re il diritto di imporre
Nel corso del Duecento, i papi difesero strenuamente il diritto di Roma a intervenire
nelle vicende politiche dei regni cristiani.
Essi sostenevano che il potere temporale dei
sovrani trovasse legittimazione nel potere
spirituale dei pontefici.
Alcuni esempi. Gregorio IX (1227-1241),
dopo aver ordinato a Federico II di partecipare alla sesta crociata, lo scomunicò per
essere tornato anticipatamente in Italia (anche se il sovrano tornò a causa di problemi
di salute). Innocenzo IV (1243-1254) non
esitò a risolvere in modo perentorio il conflitto che lo opponeva allo stesso Federico:
lo depose nel 1245, causando gravi difficoltà agli ultimi anni del suo regno. Bonifacio
VIII (1294-1303), dal canto suo, intervenne
direttamente nelle lotte politiche tra guelfi e
ghibellini a Firenze e appoggiò gli Angioini
contro gli Aragonesi nella disputa per l’Italia
meridionale, che si concluse, come abbiamo visto, con la spartizione del regno. [Testimonianze  documento 3, p. 209]
Quando, nel 1300, si celebrò a Roma il
primo anno santo , un fiume di pellegrini
invase la Città Eterna per ottenere indulgenza plenaria, ossia la cancellazione di tutte le
pene da scontare prima e dopo la morte. Insomma il prestigio del papato era altissimo e
il pontefice appariva ancora in grado di imporre il suo volere a tutti i re della cristianità.
1200
Bonifacio VIII
in una scultura
di Arnolfo
di Cambio.
Un particolare degli affreschi di Matteo
Giovannetti, Avignone, Palazzo dei papi.
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La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
Palazzo dei papi, Avignone.
Curia: la Curia papale
è l’insieme degli uffici che
a Roma aiutano il
pontefice a condurre
gli affari della Chiesa
cattolica. I suoi compiti
possono essere
paragonati a quelli del
governo e dei ministri
di uno Stato moderno.
tasse anche al clero e ai monasteri. Il dissidio si approfondì ulteriormente quando Filippo fece arrestare un vescovo con l’accusa
di tradimento. Il papa rispose ingiungendo
al sovrano di obbedire agli ordini di Roma
e minacciandolo di scomunica. Filippo al
quel punto compì un gesto che nessun sovrano medievale fino ad allora aveva osato
compiere: dichiarò Bonifacio VIII colpevole
di eresia e lo fece imprigionare ad Anagni,
presso Frosinone, con l’intenzione di portarlo in Francia e sottoporlo a processo.
La rivolta del popolo della cittadina laziale
condusse alla liberazione del pontefice, ma
Bonifacio VIII non sopravvisse alla gravissima offesa subita (questo oltraggio morale
passò alla storia come lo «schiaffo di Anagni») e morì nel giro di poche settimane. Era
l’ottobre del 1303.
La «cattività avignonese»
Con Bonifacio VIII scomparve l’ultimo strenuo difensore dei diritti politici del papato.
Nello scontro con il potere temporale francese la Chiesa aveva subito una sconfitta
senza precedenti. E gli effetti si videro nel
giro di pochi anni.
Dietro pressione di Filippo IV il Bello
venne eletto successore di Bonifacio VIII il
francese Clemente V, che nel 1309 decise di
trasferire la sede del papato ad Avignone,
nella Francia meridionale. Cominciò così il
periodo della «cattività avignonese» (cattività significa «prigionia»), che si concluse
solo nel 1377, quando Gregorio XI impose il
ritorno a Roma della sede pontificia.
Per quasi tutto il Trecento, dunque, i pontefici vissero sotto la protezione interessata
dei monarchi francesi, che controllarono la
nomina dei cardinali e l’elezione dei papi.
Questi, nonostante fossero obbligati a una
stretta collaborazione con la corte parigina,
cercarono in ogni modo di costruire una
rete di alleanze guelfe in tutta Europa. E a
questo scopo ingrandirono e modernizzarono la Curia , rendendola uno strumento efficiente di controllo e riscossione delle
tasse da tutte le proprietà della Chiesa. Nel
complesso, tuttavia, il periodo avignonese
fu vissuto dai fedeli come un’epoca di vergogna e decadenza: la Chiesa, pur rimanendo ricca e potente, era succube dei giochi di
potere tra sovrani europei.
Il sepolcro di papa Bonifacio VIII.
Martino V sfila in processione con una statua di san Rocco, protettore contro la peste, affresco di Rutilio Manetti, XVII sec.
Il «Grande scisma d’Occidente»
Tra il Trecento e il Quattrocento, il declino
dell’autorità della Chiesa fu poi aggravato
da nuove vicende.
Alla morte di Gregorio XI, i cardinali, profondamente divisi al loro interno in base
alla nazionalità (francesi e italiani), non riuscirono accordarsi sull’elezione del nuovo
papa. La nomina di Urbano VI, voluta in
particolare dagli italiani, non fu accettata
dai francesi, che a loro volta elessero Clemente VII. Due papi, quindi – uno, Urbano
VI, deciso a restare Roma, l’altro Clemente
VII insediato ad Avignone, ognuno con i
propri sostenitori tra i sovrani europei: Inghilterra, Sacro romano impero e Comuni
italiani a favore del primo; Francia, Castiglia
e Aragona schierati con il secondo.
Si apriva così il «Grande scisma d’Occidente», che divise profondamente la Chiesa cattolica a partire dal 1378 e che doveva
risolversi solo nel 1417 con il Concilio di
Costanza, nel corso del quale finalmente fu
nominato un pontefice unico che prese il
nome di Martino V.
In questa fase fu affermata da molti la teoria «conciliarista», che affermava la superiorità del concilio, cioè dell’assemblea dei
vescovi, sul papa. Era un attacco al primato
del vescovo di Roma su tutta la cristianità
occidentale destinato a non avere seguito,
ma che contribuì a indebolire l’autorità del
papa di fronte all’affermarsi delle diverse
Chiese nazionali.
Negli anni dello scisma, i problemi della
Chiesa vennero acuiti dalla nascita di numerose sette. Tra esse ricordiamo in Italia
quella dei flagellanti, che proprio il Concilio
di Costanza condannò come eretici.
Le aree europee fedeli al papa di Roma e al papa di Avignone
Aree fedeli al
papa di Avignone
Aree fedeli al
papa di Roma
Aree di fedeltà
variabile
Scozia
Aree neutrali
Galles
Brabante
Cleves
Mark
Bretagna
Hainaut
Stiria
Guyenne
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L’autorità del papa era minata anche
dalla predicazione di nuovi riformatori. I
più importanti furono John Wycliffe (13241384), che sosteneva la superiorità dell’insegnamento biblico sulla parola del papa, e
Jan Hus (1369-1415). Questi era un boemo
che condannava con fervore la corruzione
del clero, invitando la Chiesa a scegliere la
povertà e a tornare al messaggio originale
di Cristo. Convocato dal Concilio di Costan-
za, Hus rifiutò di rinnegare le proprie idee e
venne bruciato vivo come eretico. Le teorie
di Wycliffe e Hus erano destinate a diffondersi impetuosamente in Europa e a venire riprese da nuovi predicatori. Il prestigio
spirituale della Chiesa appariva in pericolo
e con l’affermazione degli Stati moderni in
conflitto tra loro, la Chiesa faticava a trovare un ruolo stabile diventando vittima degli
opposti interessi dei reali europei.
1220-1250
Federico II imperatore
1224
Federico II istituisce l’università
di Napoli
1231
Federico II promulga
le Costituzioni di Melfi
1302-1330
Grandi carestie in Europa
1309-1377
Il papato trasferito ad Avignone
La Rocca di Spoleto.
I NODI DELLA STORIA
1347-1350
Epidemie di peste
Chi è il borghese del Trecento?
Se, come abbiamo visto, il Trecento fu un secolo difficile, percorso da una grave crisi economica amplificata dalla drammatica pandemia della peste, è tuttavia in questo secolo che
si assiste a un grande cambio della mentalità sociale ed economica europea. Alcuni storici, entusiasti del dinamismo della
civiltà mercantile a cavallo tra XIII e XIV secolo, hanno persino
azzardato l’ipotesi che in quest’epoca sia nata una prima di
forma di pre-capitalismo o che, almeno, siano comparsi i primi
segni di quella mentalità borghese che si sarebbe sviluppata
pienamente solo molto più tardi.
Un buon modo per intuire questa evoluzione prima ideologica
che socioeconomica, è fare riferimento a una notissima novella
del Decameron di Boccaccio: quella di Federigo degli Alberighi.
Vi si narra la storia di un cavalleresco e tipico signore medievale, il quale, per amore di una donna già maritata, Monna Giovanna, si riduce in povertà, dopo avere dilapidato il suo ingente
patrimonio in inutili feste, ricevimenti e tornei in onore della sua
amata. Ritiratosi in un modesto podere, con l’unica compagnia
di un bell’esemplare di falcone da caccia, Federigo familiarizza
con il figlio di Monna Giovanna, nel frattempo rimasta vedova.
Essendosi il fanciullo ammalato e avendo confessato alla madre
il suo desiderio di avere il falcone, la donna, vincendo il naturale imbarazzo, si reca dal vecchio spasimante per sottoporgli la
richiesta. Ma Federigo, alla vista della donna e alla sua succes-
128
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siva richiesta di pranzare con lui, non esita a servire il povero
animale come pietanza per l’improvvisato pasto. Dopo la morte
del figlio, essendo ancora giovane e ricca, cede alle pressioni
dei fratelli di risposarsi alla solo condizione di unire il suo capitale in denaro a quell’altro inestimabile capitale rappresentato
dalla nobiltà d’animo di Federigo. Ma Boccaccio aggiunge, a
chiosa del lieto fine, l’informazione che, da quel momento in poi,
Federigo sarebbe diventato un buon massaio, ossia un oculato
amministratore del capitale della moglie. In questa avvertenza
finale c’è tutto lo spirito di un’epoca in trasformazione. È come
se Boccaccio, dopo averci regalato uno straordinario spaccato
della civiltà cavalleresca, ne prendesse le distanze. La nuova
vita di Federigo non potrà più essere all’insegna della generosità scapestrata e dello spreco. Federigo dovrà smettere di
essere cavaliere e diventare un buon borghese, attento ai conti
e d’animo parsimonioso. Perché le storie dei cavalieri antichi
vanno bene per la letteratura ma non per la società della partita
doppia e del prestito a interesse.
Molti anni più tardi Marx avrebbe osservato che «la borghesia
[…] ha affogato nell’acqua gelida del calcolo egoistico i sacri
brividi dell’esaltazione devota e dell’entusiasmo cavalleresco».
Esattamente quello che avevano dovuto fare Federigo e gli uomini della sua epoca per entrare nella modernità economica e
sociale.
1356
La carica imperiale diventa
elettiva
1358-1381
Rivolte contadine e insurrezioni
urbane degli operai
1378-1417
Grande scisma d’Occidente
1415
Il riformatore boemo Jan Hus
messo al rogo come eretico
La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
1 Nel corso del Trecento la diminuzione della produzione agricola frena lo
sviluppo economico. L’agricoltura europea fu colpita nel corso del Trecento
secolo da una serie di annate con clima poco favorevole, da frequenti saccheggi degli eserciti in guerra e dal forte rallentamento nella messa a coltura di nuovi terreni.
Seguì una fortissima riduzione dei raccolti: si diffuse la fame (con ricorrenti carestie)
e la popolazione, sottoalimentata, si indebolì.
2 La peste riduce drasticamente la popolazione europea. A cominciare dal
1347-1350, l’Europa fu colpita da una serie di gravi epidemie di peste, che
falcidiarono circa un terzo della popolazione. La medicina dell’epoca era incapace di
contrastare il contagio e si diffuse la convinzione che l’epidemia fosse una punizione
divina. Si sviluppò così il fanatismo religioso e in molte città fu avviata la caccia al
capro espiatorio; particolarmente sospettati furono gli ebrei, che subirono terribili
persecuzioni.
3 Una grave crisi investe tutti i settori dell’economia europea e provoca
rivolte sociali. Lo spopolamento delle campagne ridusse la manodopera disponibile e determinò a una richiesta di salari più elevati da parte dei contadini. Il calo
della domanda di grano determinata dal decremento demografico ridusse inoltre le
rendite dei proprietari terrieri: molti di essi vendettero le terre a nuovi proprietari, che
puntarono sull’allevamento e sulla produzione di colture destinate alla produzione
manifatturiera.
Nelle città crollò la domanda di prodotti tessili e artigianali. I commerci rallentarono
e le attività finanziarie entrarono in crisi. Per rimanere sul mercato i padroni delle
botteghe si svincolarono dai limiti imposti dalle corporazioni: cercarono di imporre
salari più bassi e trovarono lavoratori nelle campagne.
Le pesantissime tasse imposte dai sovrani per finanziare le guerre, il conflitto tra
contadini e proprietari terrieri e il malcontento degli operai salariati nelle città portarono a sanguinose rivolte: ad esempio, nel 1358 a Parigi e nelle campagne circostanti (jacquerie), nel 1378 a Firenze (rivolta dei Ciompi), nel 1379 nelle Fiandre, nel
1381 in Inghilterra.
4 Tra Duecento e Trecento si registra l’apogeo e la definitiva crisi dell’impero romano germanico. Sotto Federico II di Svevia l’impero conobbe l’apogeo e
l’inizio del declino. Egli favorì il progresso politico, economico e culturale del Meridione d’Italia, ma venne combattuto e osteggiato in Germania, dove i nobili acquisirono
grande autonomia, e in Italia centro-settentrionale, dove l’alleanza tra Comuni e papato si rivelò per lui insuperabile. Dopo la morte di Federico, avvenuta nel 1250, l’impero conobbe una decadenza irreversibile. Alla metà del Trecento, infine, la carica
imperiale divenne elettiva (Bolla d’Oro, 1356), perdendo gran parte del suo potere.
5 Il parallelo declino del papato segna il tramonto dei due poteri universali
del Medioevo. La politica del re di Francia Filippo IV il Bello rese evidente l’indebolimento della Chiesa. Avversario di papa Bonifacio VIII (strenuo difensore della supremazia anche politica del papato), egli fece arrestare il pontefice e nel 1309 obbligò il suo successore a spostare ad Avignone la sede della Chiesa. Dopo settant’anni
i papi tornarono a Roma, ma la loro autorità e prestigio furono seriamente minacciati
dal «Grande scisma d’Occidente» – che spaccò in due fazioni i fedeli d’Europa –,
dalla nascita di nuove sette e dalla predicazione di riformatori che chiedevano la moralizzazione del clero e dei costumi ecclesiastici. Nel 1417, si ricomponeva lo scisma,
ma il declino della Chiesa romana appariva irrimediabile.
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2
5
Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
Curare e assistere i malati tra Medioevo
ed Età moderna
La drammatica diffusione della peste nera a metà Trecento non solo decimò la popolazione europea provocando milioni di morti ma dimostrò quanto inadeguati fossero gli strumenti e le conoscenze mediche del
tempo. Ancora più grave si dimostrò la mancanza di luoghi idonei a ospitare un gran numero di malati per
prestare loro delle cure, seppur limitate, e soprattutto per contenere i rischi di infezione.
Nel XIV secolo l’Europa era al terzo secolo di crescita demografica ininterrotta e vi era ormai un alto numero
di città densamente abitate. Si rese dunque necessario adeguare i luoghi di ricovero e assistenza a una
situazione del tutto nuova e per di più caratterizzata, tra la metà del Trecento e la metà del Quattrocento, dal
continuo susseguirsi di carestie, pestilenze, guerre e rivolte sociali.
Se le persone più ricche avevano la possibilità e l’abitudine di curarsi a casa propria, i numerosi poveri che
si accalcavano in città sempre più affollate avevano bisogno di spazi nei quali essere assistiti, quando si
ammalavano o si ferivano, e nei quali essere confinati quando si affacciava un nuovo grave contagio.
La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
Gli ospedali generali
Tra XI e XIV secolo la popolazione cittadina era rimasta ancora
poco numerosa e la principale preoccupazione sanitaria era stata
quella di ospitare i pellegrini malati. Per questo motivo le città
europee disponevano solo di piccoli luoghi di ricovero destinati
ai pellegrini di passaggio oppure a particolari fasce della popolazione in difficoltà, come gli orfani. La situazione si modificò con
il XV secolo quando si avviò, in tutte le principali città italiane ed
europee, la costruzione di nuovi luoghi di assistenza e cura di dimensioni più ampie e dotati di risorse finanziarie più cospicue.
Solo in questa fase nacquero i primi veri ospedali cittadini aperti a
tutti i malati che non erano in grado di curarsi con i propri mezzi.
Questi ospedali generali erano gestiti da fondazioni private e sopravvivevano grazie alle donazioni caritatevoli fatte dai cittadini più
ricchi, mentre l’autorità pubblica si limitava alla sorveglianza.
L’antico edificio dell’ospedale Ca’ Granda di Milano, XV sec.
Gli ospedali per incurabili
Il panorama delle città europee, tra Età medievale e moderna, registrò gravi episodi di epidemie non solo di peste, ma anche di
altre malattie pericolosamente infettive che, tuttavia, non portavano alla morte altrettanto velocemente. Si trattava di patologie croniche che avanzavano molto lentamente ma non erano curabili né
arrestabili con le conoscenze mediche e farmaceutiche del tempo.
Per fronteggiare questo tipo di patologie e limitarne il contagio
nacquero gli ospedali per incurabili dedicati, ad esempio, ai malati
di lebbra o a quelli di sifilide.
L’isola del lazzaretto vecchio a Venezia.
I lazzaretti
Per limitare e contenere le epidemie di peste o di altre patologie infettive, già durante il XIV secolo le autorità fecero ricorso
al sostanziale blocco della circolazione delle persone, isolando le città da ogni contatto e costringendo alla quarantena,
ossia a un periodo di osservazione, chiunque si avvicinasse o
fosse sospettato di essere malato. Solo dal secolo successivo
furono istituiti luoghi stabili d’isolamento degli appestati in
grado di spezzare la pericolosa catena dei contagi. Queste
speciali istituzioni presero il nome di lazzaretti e sorsero in
quasi tutte le città europee.
Il Lazzaretto di Milano (illustrazione cinquecentesca).
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L’edificio dell’antico ospedale degli incurabili di Venezia.
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2
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
1
4
ATTIVITÀ
2
Osserva la cartina a p. 112 e, confrontandola con la cartina di p. 35, rifletti sul rapporto tra flussi e centri
commerciali: quali sono le tre aree in cui si concentra il maggior numero di scambi di merci?
Collega ogni concetto al significato che assume nel periodo della crisi del Trecento.
1 Equilibrio alimentare 2 Tenore di vita 3 Focolaio 4 Coatto 5 Produzione manifatturiera 6 Gettito fiscale 7 Regola morale 8 Scisma
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi collega ciascun fatto al secolo in cui avviene.
Infine distingui con tre colori diversi gli eventi riconducibili alla crisi del Trecento, quelli che riguardano la crisi
dell’impero e quelli che si riferiscono al declino del papato.
a
b
1 XIII secolo 2 XIV secolo 3 XV secolo
c
d
a
b
c
d
e
f
g
h
i
l
m
n
Tra il
e il
la peste si diffonde in tutta Europa
Nel
papa Clemente V emana la bolla Quamvis perfidiam in difesa degli ebrei, accusati di essere
i responsabili del contagio della peste
Nel
in Francia esplode una violentissima insurrezione contadina, la jacquerie, che devasta i castelli
dei nobili nell’Île de France
Nel
a Firenze scoppia il tumulto dei Ciompi, in crisi per il calo della domanda di panni
Nel
Federico II di Svevia, re di Sicilia e imperatore del Sacro romano impero, promulga le Costituzioni
di Melfi, che dovevano chiarire l’interpretazione e l’applicazione del diritto
Nel
muore Federico II e da questo momento le fortune imperiali conoscono un inesorabile declino
Nel
Carlo I d’Angiò (fratello del re di Francia) sconfigge a Benevento Manfredi (figlio di Federico)
estromettendo gli Svevi dall’Italia meridionale
Nel
la durezza del governo degli Angiò in Italia meridionale causa la rivolta antifrancese dei Vespri siciliani
Nel
i più potenti feudatari tedeschi emettono la Bolla d’Oro, che stabilisce la modalità dell’elezione
imperiale affidando il potere a sette grandi elettori
Dal
il titolo imperiale passa agli Asburgo d’Austria, che lo mantengono fino alla scomparsa del Sacro
Romano Impero nel 1806
Nel
muore Bonifacio VIII, pochi giorni dopo la sua liberazione da Anagni
Nel
ha inizio il «Grande scisma d’Occidente»
e
f
g
h
5
Condizione in cui le risorse di cibo disponibili sono in grado di soddisfare il fabbisogno della popolazione
Insieme delle operazioni che trasformano le materie prime in prodotti di consumo (la canapa e il lino in tessuti;
il luppolo in birra)
Rendita, provento, introito; a causa della sua diminuzione, i sovrani non sono in grado di restituire i prestiti ai banchieri
Formula che prescrive come agire e comportarsi, in rapporto all’idea del bene e del male; Wycliffe considerava la Bibbia
come unica fonte di ispirazione per il comportamento umano
Separazione da una chiesa o da una confessione religiosa dovuta non a divergenze di carattere dottrinale, bensì a contrasti
di natura disciplinare, liturgica o giuridica
Punto di diffusione di processi morbosi come la peste
Imposto con la forza o per legge; i malati di peste erano costretti al ricovero nei «lazzaretti»
Modo di vivere, con particolare riferimento al livello economico e alle spese che si possono sostenere
Prova a riflettere sul significato di «fanatismo» e scrivi un esempio di fanatismo nel Trecento e di fanatismo ai giorni nostri.
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa all’economia europea tra XIV e XV secolo. Poi rispondi alle domande.
Come si trasforma l’economia del Trecento
1 Quali sono
le trasformazioni
in agricoltura?
2 Quali sono le
trasformazioni nel
settore artigianale
e manifatturiero?
3 Che cosa succede alle
attività finanziarie?
Esplora il macrotema
3
Completa il testo. Attenzione: alcuni concetti non vanno usati.
universali • esaurimento • aumento • sfavorevole • carestie • minore • maggiore
commerci • Germania • Spagna • Occidente • Oriente • debolezza • superiorità
In Europa il XIV secolo è caratterizzato da una grave crisi economica e sociale, che gli storici hanno
soprannominato «crisi del Trecento», nonché dall’inizio dell’inesorabile decadenza dei poteri
(1)
: l’impero e il papato.
All’origine della crisi vi è un brusco calo della produzione agricola (dovuto all’(2)
delle terre coltivabili e alla minore resa dei terreni fertili, ma anche da una situazione climatica
(3)
e dalle numerose guerre e scorrerie) a seguito della quale l’economia entra in una
fase di grandi difficoltà. Al calo della produzione agricola seguono (4)
ed epidemie
che causano una forte diminuzione della popolazione; la (5)
domanda di beni, poi,
determina la crisi dei settori alimentare e artigianale nonché la diminuzione dei (6)
e
una forte limitazione delle attività finanziarie. Seguiranno tensioni e rivolte sociali in tutta Europa.
Negli stessi anni, in seguito al fallimento del progetto universalistico di Federico II di Svevia, l’impero
conosce un lento ma ineluttabile declino, sia in Italia che in (7)
. Anche il papato, che
nel Duecento era ancora in grado di imporre la superiorità del potere spirituale sul potere temporale
dei re, subisce una battuta di arresto: la «cattività avignonese» e lo «scisma d’(8)
»
mostrano la (9)
della Chiesa che diventa sempre più vittima degli opposti interessi dei
reali europei.
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La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato
Mostra quello che sai
7
Osserva l’immagine a p. 113 e rispondi alle domande: quale ti sembra la condizione sociale dei soggetti
rappresentati? Da che cosa lo deduci?
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