La diminuzione della produzione agricola La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato Centri commerciali Pellicce Legno Miele Foreste Stoccolma Cereali Olio d’oliva Dundalk Vino Cavalli Limerick Novgorod Salmoni Edimburgo Pb Pb Newcastle Hull Pb Boston Riga S Aringhe Lubecca Danzica Brema Stettino Amburgo Utrecht Torun Lavorazione di tessuti Cu Douai Ag Commercio di tessuti Colonia Au Pb Au Fe Fe Fe Ag Pesca Metz Praga Metallurgia Fe Nantes Ag Fe Salisburgo La Rochelle Ag Basilea Cartiere Bourges Bordeaux Fe Fe Milano Fe Lione Piacenza Carbone Tolosa Fe Fe Porto Venezia Burgos Fe Belgrado Lucca Stagno Genova Zara Firenze Pisa Fe Marsiglia Fe Legname Siena Oro Toledo Barcellona Ragusa Armi Roma Valencia Bari Napoli Argento Siviglia Tessalonica Pb Palma Amalfi Cagliari Rame Ceuta Palermo Messina Bugia Ferro S Oro Tunisi Pb Piombo Allevamento di pecore Sn Au Ag Cu Fe Bristol Sn Pb Southampton Londra Bruges Zolfo Kiev Trebisonda Costantinopoli Candia Canna da zucchero Tripoli Oro Tessuti leggeri Nicosia Bagdad Famagosta Canna da zucchero Legname Tripoli Seta Damasco Armi Acri Tessuti Legname Alessandria Spezie Le attività produttive e commerciali in Europa nel XIII secolo, all’apice del ciclo economico positivo iniziato dopo il Mille 5.1 La crisi Una contadina con rastrello e forcone, miniatura del XV sec. dell’agricoltura e le carestie L’arresto del progresso economico e sociale A partire dall’anno Mille e fino a tutto il Duecento l’Europa conobbe una fase di forte crescita economica e sociale. Le città si ingrandirono e divennero protagoniste di fiorenti commerci e attività artigianali. Nuovi villaggi furono fondati nelle campagne, dove la messa in produzione di terreni sino ad allora incolti permise di incrementare la produzione agricola fino a ottenere delle eccedenze rispetto al fabbisogno della popolazione. Tutto ciò si tradusse in un co- • Con la fine del Duecento giunse al termine l’espansione delle terre coltivabili, ormai ogni spazio disponibile era stato messo a coltura e la spinta a liberare nuovi terreni da foreste e a bonificare le paludi si era in gran parte esaurita. D1 La popolazione delle campagne, infatti, aveva raggiunto un punto di equilibrio e molti giovani, figli di agricoltori, preferivano trasferirsi nelle città anziché proseguire la dura attività dei genitori. • I campi messi a coltura per ultimi erano scarsamente adatti alla coltivazione del grano e garantivano rese modeste. Caffa Foglia Il primo e forse più importante elemento di crisi fu il calo della produzione dei beni agricoli di prima necessità. Questa diminuzione fu determinata da più cause congiuntamente. stante incremento della popolazione del continente, che passò dai 42 milioni dell’anno Mille ai 50 milioni del 1150, a 73 milioni del 1300: uno balzo straordinario del 75% in circa tre secoli. Tuttavia, negli ultimi anni del Duecento e nei primi anni del Trecento vi fu una interruzione del ciclo espansivo e l’economia entrò in una fase di grandi difficoltà; le conseguenze per gli abitanti dell’Europa furono estremamente gravi e prolungate, tanto che, efficacemente, gli storici utilizzano spesso l’espressione «crisi del Trecento» a indicare la lunghezza e la durezza della regressione economica e sociale nel continente. Vedremo ora come prese avvio tale crisi e come le sue cause e conseguenze si intrecciarono tra loro, rinforzandosi reciprocamente. • La tecnologia e i sistemi agricoli dell’epoca non permettevano di aumentare ulteriormente le rese delle terre più fertili, peraltro sfruttate intensivamente già da lungo tempo. In buona parte dell’Europa il metodo della rotazione triennale era ormai una consuetudine e il picco della produzione di grano, legumi e avena per gli animali era stato raggiunto. In altre parole, non era possibile ottenere di più. D1 Un grave danno all’economia rurale fu arrecato anche da una situazione climatica particolarmente sfavorevole (durante tutto il secolo si susseguirono numerosi periodi con estati siccitose e inverni estremamente freddi e piovosi) e dalle numerose guerre: le scorrerie degli eserciti – che si sostentavano con il saccheggio dei territori occupati e la razzia dei raccolti – stremarono le popolazioni civili. L’insieme di tutte queste condizioni negative portò tra Duecento e Trecento all’arresto della crescita della produzione agricola e successivamente alla sua progressiva diminuzione. Mendicanti, Andrea Orcagna, XIV sec., Firenze, Museo di Santa Croce. qualità dei raccolti. In breve il fabbisogno della popolazione non poté più essere soddisfatto dalle risorse disponibili e il pane divenne un bene raro e quindi molto costoso. Al principio del Trecento lo spettro della fame cominciò dunque ad aggirarsi nuovamente in Europa. Le cronache del tempo segnalano numerose carestie , che si susseguirono sempre più gravi e ravvicinate nel tempo. Nessun paese ne fu indenne: le maggiori si verificarono nel 1302 in Spagna, fra il 1315 e il 1317 nelle regioni atlantiche di Francia, Inghilterra, Olanda e Germania, fra il 1328 e il 1330 in Italia. Conseguenza di tutto ciò fu il rapido abbassamento del tenore di vita degli europei. La salute di uomini e donne divenne precaria, le malattie si diffusero e la popolazione cominciò a diminuire. Nella prima metà del Trecento l’aspettativa di vita di un individuo raggiungeva a stento i trent’anni. Prodotti agricoli più diffusi nell’Italia medievale Orzo e avena Frumento 1200 aspettativa di vita: numero medio di anni in cui l’uomo può sperare di vivere date le condizioni sociali, economiche e ambientali della società in cui vive. L’aspettativa di vita in Italia oggi è di oltre 80 anni. Le carestie La crisi della produzione spezzò l’equilibrio alimentare europeo. Per le cause che abbiamo evidenziato non si accumulavano riserve alimentari sufficienti e nessuna innovazione permetteva di aumentare quantità e Segale © Loescher Editore – Torino 112 Miglio carestia: termine che deriva dalla parola latina caritas, che significa «mancanza» (in italiano l’aggettivo «carente» significa appunto «mancante»). Perciò una carestia alimentare è la mancanza generalizzata di cibo, causa della morte di un gran numero di persone per fame o per malattie legate alla denutrizione. Dossier 1 p. 328 © Loescher Editore – Torino 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa 1550 113 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento La malattia e le «cure» del tempo Il mese di giugno, miniatura, XIV sec., Forlì, Biblioteca Comunale. 5.2 La peste L’origine dell’epidemia Per l’intero Trecento, probabilmente a causa anche del diffuso peggioramento delle condizioni di vita, numerose epidemie si verificarono nel continente europeo. Una di queste epidemie, la più grave, colpì la popolazione tanto duramente da diventare il simbolo della crisi del secolo: la peste , malattia nota nel nostro continente già Tweet Storia p. 358 fin 349 e1 à m et e fin 49 13 1350 La diffusione della peste in Europa tra 1346 e 1350 Lubecca 1350 9 4 e 13 n i f tà 1349 me 1348 fineà 1348 t me Danzica Londra Colonia 48 13 Parigi Augusta Cracovia Milano Marsiglia Cordoba 1346 Firenze Barcellona Roma 1347 Ragusa Tessalonica Messina Tunisi 47 13 1348 metà Palermo Atene Costantinopoli nell’antichità, negli anni 1347-1350 raggiunse il massimo della diffusione e della pericolosità e poi tornò a manifestarsi ciclicamente nei decenni successivi a ondate ricorrenti. In che modo giunse in Europa questa terribile malattia? A inizio secolo il suo focolaio si trovava probabilmente in Asia centrale ed essa colpì dapprima Cina e India. Giunse alle soglie dell’Europa nel 1346, quando i Tartari durante l’assedio della colonia genovese di Caffa, in Crimea, lanciarono cadaveri appestati dentro le mura della città, contaminando gli abitanti. Poco più di un anno dopo, nel dicembre del 1347, la peste era a Messina, in Sicilia, e nel gennaio successivo a Genova, a bordo di una galea proveniente proprio da Caffa. Altri casi di contagio furono presto registrati anche a Marsiglia e Valencia e da quel momento la malattia si rivelò praticamente inarrestabile, diffondendosi rapidamente anche grazie all’intensità degli scambi commerciali tra le varie aree europee. Nell’inverno 1348 la peste colpiva Pisa, Firenze, Venezia, le coste adriatiche e l’Italia centrale. Nell’estate di quell’anno raggiungeva Parigi e nel 1349 dilagava in Inghilterra, Germania e paesi balcanici. Nel 1350, infine, la malattia arrivava alla sua massima diffusione colpendo Scozia, Scandinavia e Russia. La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato L’andamento demografico della popolazione europea La malattia era al quel tempo incurabile ed esaurì la sua corsa naturalmente, davanti alle grandi terre disabitate dell’Europa settentrionale e orientale. La natura e le dinamiche della sua diffusione erano ignote. Oggi conosciamo bene le modalità di propagazione del contagio: la peste è una malattia dei topi e i suoi bacilli vengono trasmessi principalmente dalle pulci che ne infestano il manto. Le pessime condizioni igieniche delle abitazioni medievali, in particolare quelle delle persone più povere, favorivano la presenza dei topi all’interno degli ambienti abitati; era così estremamente probabile che pulci infette entrassero in contatto con gli uomini trasmettendo la malattia. Comparivano allora, nella zona inguinale e sotto le ascelle del malato, grosse pustole e rigonfiamenti chiamati «bubboni»: si parla in questo caso di «peste bubbonica». Dopo pochi giorni di sofferenza, il colpito moriva; se invece i bubboni scoppiavano, il male regrediva e l’individuo guariva. D15 Il bacillo della peste poteva trasmettersi anche attraverso l’aria, da individuo a individuo, ad esempio con un semplice starnuto. In questo caso colpiva i polmoni e il contagiato non aveva alcuna possibilità di sopravvivere. I medici medievali avevano capito che la malattia si propagava per contagio, cioè per contatto tra malati e uomini ancora sani, ma appunto non ne conoscevano le modalità di trasmissione. Gli «scienziati» del tempo ipotizzarono allora la presenza di un «morbo dell’aria», diffuso ovunque, o di «influssi astrali» legati ai movimenti di Marte e di altri corpi celesti. In realtà, a favorire la diffusione del contagio furono principalmente gli scarsissimi standard igienici della popolazione europea (la sporcizia delle abitazioni e la carente igiene personale). Inoltre, l’alimentazione insufficiente determinava un indebolimento delle difese naturali dell’organismo, rendendolo totalmente indifeso di fronte alla malattia. I «rimedi» utilizzati furono il ricovero coatto dei malati in grandi «ospedali» (i «lazzaretti») per isolarli dal resto della popolazione, il sostegno al fisico colpito con un’alimentazione più abbondante e l’inalazione di aromi che avrebbero dovuto purificare l’aria e il respiro del malato. A 80 78 75 73 70 65 61 60 1200 60 55 50 45 46 48 50 42 51 45 40 1000 1050 1100 1150 1200 1250 1300 1350 1400 1450 1500 1550 L’impatto sulla popolazione del continente Gli storici sono concordi nell’affermare che la «Morte Nera» fu responsabile della decimazione della popolazione europea: secondo alcuni venne meno addirittura un terzo della popolazione europea (tra i 20 e i 25 milioni di uomini, donne e bambini). I decessi erano così numerosi che si era costretti a ricorrere a fosse comuni dove i cadaveri venivano accatastati senza alcun segno di riconoscimento. Sappiamo che nella sola Firenze ci furono 50.000 decessi su una popolazione di 100.000 persone, che in alcuni feudi inglesi scomparvero i due terzi degli abitanti, che a Parigi nella fase più acuta dell’epidemia si seppellivano circa ottocento persone al giorno. È documentato anche che la malattia colpì in città più che nelle campagne e i poveri più dei ricchi (papi e sovrani sopravvissero senza danni): nelle città, prive di fogne e con i rifiuti accumulati per strada, i topi si moltiplicavano, e le famiglie più povere, diversamente da nobili e mercanti, si affollavano in ambienti ristretti e malsani. Come abbiamo visto, la malattia colpì l’Europa a ondate, anche oltre il XIV secolo. Ad esempio nel periodo compreso tra il 1351 e il 1485, in Inghilterra circa trenta anni furono funestati da epidemie; in Piemonte addirittura sessantadue. In altre parole, il flagello divenne un male endemico, un compagno abituale della vita quotidiana degli europei, e impedì alla popolazione dei vari paesi di riprendersi: ancora a Quattro- © Loescher Editore – Torino 114 69 69 bacillo: i bacilli e i batteri sono organismi viventi unicellulari, composti cioè da una sola cellula, responsabili di molte malattie del mondo animale. Album p. 130 Dossier 15 p. 356 © Loescher Editore – Torino 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa 1550 115 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento capro espiatorio: in senso figurato, un capro espiatorio è qualcuno a cui ingiustamente è stata attribuita la responsabilità di un errore, una situazione negativa, un crimine. L’espressione deriva da un antico rito religioso ebraico descritto nella Bibbia, durante il quale, nel giorno dell’Espiazione, un capro veniva allontanato nel deserto portando simbolicamente con sé tutti i peccati del popolo. Bolla: il termine «bolla» deriva dal latino bulla e indica il sigillo apposto su una lettera o un documento ufficiale dell’impero o del papato. antisemitismo: con questo termine si indicano l’ostilità, i pregiudizi e gli atteggiamenti persecutori nei confronti degli ebrei, popolo di stirpe «semitica», secondo la Bibbia, discendente cioè da Sem, figlio di Noè. Dossier 15 p. 356 Tweet Storia p. 358 cento inoltrato gli abitanti del continente erano meno che all’inizio del Trecento e solo alla metà del Cinquecento il numero complessivo degli europei superò il livello raggiunto due secoli prima. Il risveglio del fanatismo religioso In un’epoca di grande fede religiosa, si diffuse la convinzione che la peste fosse una punizione divina per peccati commessi dall’uomo. Dunque preghiera, pentimento e allontanamento dai piaceri mondani furono la risposta più diffusa a un destino che colpiva rapidamente e inesorabilmente. In questo clima di angoscia si svilupparono i flagellanti, gruppi di fanatici religiosi che sfilavano per le strade di città e villaggi compiendo atti di automortificazione (autoflagellandosi, appunto, colpendosi fino a farsi sanguinare), credendo in questo modo di placare la collera divina. I flagellanti erano sorti in Italia (a Perugia) alla metà del Duecento e al tempo della peste si diffusero velocemente in tutta Europa: con questi atti pubblici di pentimento intendevano testimoniare pubblicamente la riparazione dei loro peccati e di quelli di tutta la comunità. In realtà, il contagio poteva essere evitato in un solo modo: allontanandosi dalle persone infette. I ricchi infatti fuggivano nelle campagne, isolandosi nelle loro residenze fino a che il pericolo non fosse svanito. D15 Come fecero gli uomini e le donne protagonisti del Decamerone, il libro di novelle scrit- to dal fiorentino Giovanni Boccaccio, che, ritiratisi in una villa della campagna fiorentina, ingannarono il tempo raccontandosi storie e scherzando sulla terribile malattia. La ricerca del capro espiatorio La cieca devozione dei credenti si trasformava spesso in fanatismo. Partiva allora la ricerca di un capro espiatorio , cioè di qualcuno a cui addossare la colpa per la difficile situazione socio-economica causata dalle continue epidemie di peste. Furono accusati i musulmani – nemici giurati della cristianità –, le streghe – ossia donne accusate di intrattenere rapporti con il diavolo –, i lebbrosi – cioè malati esclusi dai normali rapporti sociali. Molte violenze colpirono gli ebrei – non cristiani e quindi «diversi», ma soprattutto odiati perché ritenuti gli assassini di Cristo. Gli ebrei ovviamente subivano il contagio esattamente come i cristiani; nonostante ciò venivano creduti i protagonisti di un complotto che aveva per fine la distruzione dell’umanità. Furono raggiunti da false accuse (ad esempio di avvelenare l’acqua e trasmettere in questo modo la peste) e fu loro estorta con la tortura la confessione di crimini di ogni tipo. Fu avviata una serie di persecuzioni su vasta scala, che non risparmiò alcun paese del continente. Alcuni esempi dai territori di lingua tedesca: a Dresda, a Spira, a Ulm gli ebrei vennero massacrati; a Basilea furono imprigionati in edifici di legno e bruciati vivi; a Strasburgo ne vennero assassinati 2000, a Magonza addirittura 12000. Nel 1348 papa Clemente VI emanò la bolla Quamvis perfidiam che difendeva gli ebrei dall’accusa di essere i colpevoli del contagio. Tuttavia le persecuzioni non ebbero termine e la furia popolare scrisse altri e dolorosi capitoli nella storia dell’antisemitismo in Europa. Una testimonianza della diffusione dell’intolleranza religiosa e dell’antisemitismo in Spagna: un rogo di ebrei al tempo di Isabella e Ferdinando, incisione tratta dal Liber chronicorum di Hartmann Schedel, 1499. 5.3 La crisi economica La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato classe sociale non più del tutto dipendente dai signori, con proprie rivendicazioni fiscali e una maggiore influenza sui meccanismi del mercato. e le rivolte sociali La crisi nelle campagne Calo della produzione agricola, carestie, epidemie e l’inevitabile decremento della popolazione determinarono il tracollo dell’economia europea. In ogni settore si manifestò un grave regresso, ma furono le campagne a subire in misura più accentuata gli effetti della crisi: foreste e pascoli ripresero il sopravvento sulle terre coltivate e molti villaggi furono abbandonati: il 25% in Inghilterra, il 40% in regioni tedesche come la Slesia o la Sassonia, il 10% in Toscana. Il crollo demografico aveva ridotto il fabbisogno alimentare complessivo, facendo scendere il prezzo del pane e di conseguenza la redditività delle attività rurali: i proprietari fondiari vedevano quindi ridursi i loro guadagni. La situazione era resa ancora più difficile dalla ridotta disponibilità di manodopera agricola e dall’ovvia e conseguente richiesta di aumento dei salari. Nell’Europa occidentale (diverso il caso dell’Europa dell’Est), molti nobili, tradizionali proprietari terrieri, furono costretti a vendere i propri fondi ai ricchi mercanti di città o a contadini arricchiti. Era la fine dell’era feudale: la campagna non garantiva più una rendita sicura ai signori e si formava così progressivamente una nuova classe di proprietari dotata di maggiori capacità imprenditoriali. Questi ultimi incrementarono l’allevamento perché il latte, la carne e la lana erano venduti ancora a buon prezzo; ridussero, inoltre, la coltivazione di cereali a vantaggio di materie prime destinate alla produzione manifatturiera: canapa e lino per i tessuti o luppolo per la birra. Si diffuse ulteriormente in tutta l’Europa continentale il contratto di mezzadria. Il padrone affidava la terra al contadino, che vi si trasferiva con la sua famiglia e la lavorava, garantendo poi al proprietario metà del raccolto. I signori stessi, che possedevano diversi terreni concessi a mezzadria, essendo meno legati al fondo poterono trasferirsi in città e partecipare alle lotte politiche e all’amministrazione dei nuovi Stati nazionali o regionali. I contadini divennero in altre parole protagonisti della loro fortuna o sfortuna, una La crisi nelle città Il diffuso calo demografico determinò anche il crollo della domanda di tessuti, indumenti e di ogni altro prodotto artigianale: colpì quindi anche il sistema di produzione di beni di consumo. Diminuirono drasticamente i prezzi dei manufatti e di conseguenza i guadagni degli artigiani; i laboratori, concentrati nelle città, dovettero chiudere o ridurre i salari dei dipendenti. I settori tessile e alimentare furono quelli maggiormente interessati. Si trattava di produzioni ormai abbastanza sviluppate nelle città italiane del Centro e del Settentrione, nelle città francesi meridionali e centro-settentrionali, nelle Fiandre e in Inghilterra. Un altro settore in grave flessione fu quello edilizio. Si interruppe infatti l’ampliamento delle città e delle infrastrutture (porti, strade, magazzini), mentre la manodopera chiedeva salari più elevati. Il rallentamento generale dell’economia ridusse inoltre il volume degli scambi commerciali. Ciò fu particolarmente evidente all’interno della città, lungo le principali vie di comunicazione, e nelle grandi fiere dell’Europa settentrionale e centrale. La minore circolazione di capitali limitò anche le attività finanziarie. In questo settore furono particolarmente colpite le grandi famiglie di banchieri italiani, specie quelle di Firenze. D14 Esse si erano molto esposte prestando denaro alle nascenti monarchie europee, Francia e Inghilterra in particolare, impegnate nelle guerre tra loro e nella costosa organizzazione delle loro amministrazioni centrali e periferiche. Quando la produzione di beni crollò e il gettito fiscale si ridusse, i sovrani indebitati non furono in grado di restituire ai banchieri i prestiti accordati. Grandi protagonisti della finanza medievale sparirono dalla scena: i Peruzzi di Firenze, che da quasi due secoli finanziavano commerci dall’Italia meridionale alla Champagne e all’Inghilterra, fallirono tra il 1343 e il 1345; i Bardi, sempre di Firenze, che avevano filiali a Costantinopoli, Marsiglia, Parigi e Londra, fallirono nel 1345 perché re Edoardo III d’Inghilterra si rifiutò © Loescher Editore – Torino 116 1200 Dossier 14 p. 354 © Loescher Editore – Torino 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa 1550 117 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento di restituire i prestiti ottenuti per finanziare la Guerra dei Cent’Anni; gli Acciaiuoli, banchieri del regno di Napoli e dei pontefici, furono costretti a svendere la loro compagnia nel 1345. Le rivolte sociali Nei decenni centrali del Trecento, quelli successivi all’epidemia di peste, le crescenti difficoltà economiche provocarono anche forti tensioni sociali. jacquerie: termine Il tentativo dei nuovi signori fondiari di francese utilizzato per indicare una mantenere bassi i compensi dei contadini insurrezione contadina salariati o di ottenere condizioni ancora più spontanea priva di una favorevoli dai mezzadri, e l’aggravamento organizzazione politica. da parte delle monarchie di tasse e decime Esso deriva dall’appellativo sulle terre e sui raccolti portarono a sanguicanzonatorio Jacques nosi scontri un po’ ovunque, a cominciare Bonhomme (Giacomo «Buonuomo»), nel senso dalle campagne. di incapace, «poverino», In Francia, la cosiddetta jacquerie , una con il quale i nobili e violentissima insurrezione contadina coni proprietari terrieri si dotta da Guillaume Callet devastò nel 1358 rivolgevano ai contadini i castelli dei nobili nell’Île de France (la re(da jacque, la giubba che gione attorno a Parigi) e nella Champagne. portavano gli abitanti delle campagne). Questi moti in qualche modo si saldarono a Parigi con la rivolta cittadina guidata dal ricco borghese Étienne Marcel, scatenata in seguito all’ennesimo inasprimento della pressione fiscale allo scopo di finanziare l’esercito. La rivolta fu repressa con la forza dalla nobiltà nel giro di poche settimane e i capi vennero assassinati, ma altre scoppiarono negli anni successivi perché le cause del malcontento non erano state in alcun modo risolte. I moti raggiunsero dunque il massimo della pericolosità quando le violenze nelle campagne si univano ai disordini nelle città. Così, i tessitori di Gand e di Bruges reclamarono salari più alti e più potere nelle istituzioni cittadine. Fino a Quattrocento inoltrato si alternarono rivolte contadine e insurrezioni urbane. Le une e le altre Michele di Lando, Firenze, Loggia del Mercato Nuovo. erano estremamente sanp. 206 La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato guinose e mettevano a rischio la pace sociale in un’epoca di passaggio, proprio mentre si affermava in alcuni grandi Stati europei il modello della monarchia nazionale. Anche per questo motivo furono contrastate con particolare durezza dai sovrani. La rivolta dei Ciompi a Firenze A Firenze, nel corso del Duecento, al culmine della crescita economica successiva all’anno Mille, pochi mercanti imprenditori – che costituivano e dirigevano la corporazione, o «Arte», della Lana – controllavano la produzione e il commercio dei panni, l’attività più importante e redditizia della città. Circa un terzo della popolazione era costituito da semplici salariati, detti Ciompi, uno dei gradi più bassi della scala sociale dell’epoca: impiegati in 300 botteghe diverse, erano addetti a cardare la lana. Il loro mestiere era considerato il più umile e quindi indegno di essere rappresentato nelle Arti. Essi erano dunque privi di tutela e sottoposti all’Arte della Lana. Come abbiamo già accennato, anche il mercato dei panni era entrato in crisi a causa del crollo della domanda e i prestigiosi prodotti fiorentini non costituirono una eccezione. Molte botteghe furono costrette alla chiusura e i lavoratori licenziati. Anche il sistema delle corporazioni aveva smesso di funzionare. L’Arte della Lana aveva fino a metà secolo regolato in modo efficace i prezzi di vendita dei prodotti (uguali per tutti) e i salari (anche questi stabiliti con rigidi accordi). La diminuzione della domanda aumentava ora la concorrenza tra i diversi produttori, che perciò cercavano di svincolarsi dagli accordi corporativi per ridurre i salari e collocare a prezzi inferiori i prodotti sul mercato. Gli stessi proprietari, inoltre, cominciarono a favorire il lavoro a domicilio nelle campagne, pagandolo meno rispetto a quello prestato nelle botteghe di città, e sfuggendo ai controlli delle corporazioni. La rivolta scoppiò nell’estate del 1378 quando i Ciompi, guidati da Michele di Lando, riuscirono a impadronirsi con la forza del governo della città, ottenendo anche la formazione di una loro corporazione. Tuttavia, l’incapacità dei lavoratori di coinvolgere nella lotta strati sociali diversi, e soprattutto Carovana in marcia lungo la Via della seta, miniatura, XIII sec. l’ostilità dei grandi mercanti, portarono al fallimento della protesta. Nel giro di pochi mesi la nuova corporazione fu soppressa e il governo di Firenze tornò nelle mani delle famiglie più ricche. Le ribellioni politiche e religiose in Inghilterra Le rivolte non originarono soltanto da rivendicazioni economiche. Ad esempio, la rivolta contadina scoppiata in Inghilterra nel 1381, guidata da un predicatore di nome John Ball, ebbe anche una forte connotazione politica e sociale. In contadini si ribellarono quando, per la terza volta nel giro di pochi anni, fu imposto il pagamento di una tassa chiamata testatico . Si trattava di una tassa sulla persona che colpiva tutti gli individui di età superiore ai quindici anni e aveva lo scopo di finanziare gli eserciti del sovrano. Chiedendo maggiore eguaglianza e contestando il fisco opprimente, i rivoltosi si scagliarono contro il clero e la nobiltà. Nel giugno del 1381, per pochi giorni sembrò che l’intera società inglese fosse sotto attacco: proprietà e palazzi vennero dati alle fiamme e l’arcivescovo di Londra e molti signori furono decapitati. La situazione cambiò quando il re Riccardo II ordinò di sedare la ribellione con la forza. Ciò che puntualmente avvenne: John Ball fu impiccato il 15 luglio 1381. A influenzare la rivolta fu anche il pensiero del teologo John Wycliffe (1324-1384), che aveva ripetutamente criticato il clero e si era espresso a favore di una Chiesa popolare fondata sul principio di uguaglianza tra tutti i fedeli. Il vasto seguito che le sue idee ottennero fu determinato anche dall’alto livello di corruzione del clero inglese – in particolare vescovi e abati – che deteneva ingenti ricchezze (era proprietario di un terzo delle terre inglesi e si arricchiva con l’esazione delle decime) e trascurava i doveri pastorali. Da un punto di vista più strettamente teologico, Wycliffe svalutava l’importanza dei sacramenti per la salvezza (in particolare dell’eucaristia) e proponeva inoltre di rifondare la Chiesa sul modello ideale della comunità cristiana delle origini. Inoltre, considerava la Bibbia l’unica fonte di verità e di regola morale; per questo la tradusse in inglese. Queste idee valsero a Wycliffe numerose condanne per eresia da parte della Chiesa. Nel clima di protesta contro le autorità e contro il lusso del clero, a Wycliffe si ispirò apertamente, oltre ai rivoltosi del 1381, anche il movimento dei «Lollardi». Composto da predicatori laici e gente del popolo, essi condannavano la ricchezza e la struttura gerarchica della Chiesa istituzionale e le contrapponevano la «Chiesa dei salvati», composta dalla totalità dei fedeli. I primi segnali di ripresa economica Come esemplifica chiaramente la vicenda dei Ciompi a Firenze, il crollo della popolazione stroncò in tutto il continente i com- © Loescher Editore – Torino 118 1200 testatico: in età medievale era un’imposta personale così chiamata perché gravava su ogni «testa»: ogni individuo che avesse compiuto quindici anni era tenuto al pagamento. Il numero delle «teste» e il calcolo complessivo della tassa venivano fatti durante le funzioni religiose, alle quali l’intera comunità doveva obbligatoriamente partecipare. © Loescher Editore – Torino 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa 1550 119 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento gli Acciaiuoli erano fallite a causa della mancata restituzione delle ingenti somme di denaro prestate a re e città di tutta Europa. Organizzati su basi più solide, tornarono presto a svolgere un ruolo di rilievo nella circolazione del denaro, favorendo, anche per questa via, la ripresa economica del continente. «Crisi» e «trasformazione» dell’economia La bottega del sarto, affresco, castello di Challant, Issogne, XVI sec. La coniatura delle monete, miniatura, XV sec. merci e le attività manifatturiere, cioè quelle attività che avevano favorito lo sviluppo delle città. Ad esempio la produzione tessile europea poco dopo la metà del Trecento si era ridotta di circa due terzi rispetto al periodo di massima espansione economica nel XIII secolo. Fu proprio il settore manifatturiero, e in particolare il tessile, a lanciare tra Trecento e Quattrocento i primi forti segnali di ripresa. anseatici Le città del Mar Baltico e Empori del Mare del Nord aderenti alla Lega delle città anseatiche Agenzie commerciali Empori anseatici Città anseatiche importanti Città anseatiche importanti Prodotti principali Cera Prodotti principali NORVEGIA Bergen Pellicce Rame Oslo S V Cera Miele Pellicce l t i c o Ferro Pellicce Metalli Visby Boston INGHILTERRA Tessuti Londra Bruges Tessuti DANIMARCA M Legname TERRA DI NOVGOROD ON a Novgorod Riga r Königsberg Frumento Rostock Stralsunda Danzica Cera Lubecca Ambra N E Amburgo Kolberg DI Brema Birra Wismar R Pellicce O Stettino Utrecht Sale Lüneburg Thorn Greifswald LITUANIA Dordrecht Brunsvik Magdeburgo Anversa Dortmund FRANCIA Colonia Erfurt Breslavia SACRO ROMANO IMPERO TE Lana Copenaghen Reval UT Mare del Nord York B a Newcastle A I Z E O Cera IC Agenzie commerciali POLON IA Cracovia Un ruolo di spicco ebbero in questa fase le manifatture di Inghilterra ed Olanda, che affiancarono quelle fiamminghe, mentre in Italia, accanto alla lavorazione dei panni di Fiandra, nacque e si diffuse l’industria della produzione della seta. Nelle campagne crebbero le attività cartarie, tessili e metallurgiche, che sfruttavano, con i mulini, la forza motrice dei corsi d’acqua e la manodopera dei contadini rimasti senza terre da coltivare. Accanto al commercio delle spezie e della seta, beni di lusso trattati in piccole quantità, si riprese il commercio di prodotti pesanti e redditizi solo in grandi quantità: grano, vino, zucchero, sale e stoffe non pregiate. Il Mediterraneo rimase il mare più trafficato d’Europa, ma aumentò l’importanza delle città della Lega delle città anseatiche (le città tedesche di Lubecca, Amburgo, Brema e Rostock e la città ora polacca di Danzica erano le principali) e delle rotte che percorrevano il Mare del Nord e il Mar Baltico portando verso sud pellicce e legnami, ferro e pesce. Inoltre, nonostante la caduta dell’Impero mongolo, rimaneva aperta la via della seta, che collegava le città europee con i mercati di Persia, India e Cina. Fu infine superata la grave crisi dei banchieri fiorentini. Come abbiamo visto, verso la metà del Trecento, importanti famiglie di mercanti e banchieri come i Bardi, i Peruzzi e Le basi della ripresa economica del Quattrocento furono, in realtà, già poste nel corso del Trecento, che quindi non fu solo caratterizzato da una grave crisi (guerre, carestie, epidemie, rallentamento della produzione agricola ecc.), ma anche un secolo di sostanziali trasformazioni dell’economia. Gli storici sottolineano quest’ultimo aspetto e mettono in evidenza alcuni importanti fattori di evoluzione che si sono verificati nel XIV secolo: • La produzione agricola ridotta rese per alcuni anni difficile il sostentamento delle popolazioni, ma in breve la domanda calò e con essa i prezzi dei cereali. I nuovi proprietari terrieri furono indotti a diversificare le colture, sviluppando quelle «industriali», destinate alla produzione manifatturiera. • L’industria tessile allentò i propri vincoli corporativi e fu costretta ad accettare la concorrenza in un mercato difficile. Ne fecero le spese i produttori fiamminghi e fiorentini, ma si affermarono quelli delle Fiandre, dell’Italia settentrionale e La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato dell’Inghilterra, in grado di produrre tessuti a prezzi inferiori. • In generale, nella produzione artigianale e manifatturiera si ebbe una maggiore diversificazione dei prodotti. Emblematico è il caso dello sviluppo della produzione della seta, alla quale potevano partecipare le famiglie di agricoltori dell’Italia centrale e settentrionale e che alimentava una nuova industria tessile. Inoltre, la necessità di affrontare, anche in questo campo, una concorrenza agguerrita e di altre aree geografiche determinò un abbassamento dei prezzi che consentì a un numero crescente di persone di acquistare beni che prima venivano autoprodotti (indumenti, calzature, attrezzi e suppellettili domestiche). • Un ulteriore motivo di sviluppo per tutta l’Europa occidentale fu la progressiva entrata in crisi del monopolio delle città italiane nei commerci con l’Asia. Anche in questo caso la maggiore concorrenza dei mercanti spagnoli e nordeuropei aumentò il dinamismo economico del continente. • Con la ripresa e la maggiore diffusione dei centri produttivi e delle basi commerciali, aumentò nuovamente il volume delle attività finanziarie, sempre molto attive a Firenze, Genova e Milano, ma ora anche presenti a Barcellona, nelle Fiandre, in Inghilterra e in Europa centrale. [ I NODI DELLA STORIA p. 128] Scuola di Jean Fouquet, scene di attività finanziaria, 1470-80, Parigi, Biblioteca Nazionale. © Loescher Editore – Torino 120 1200 © Loescher Editore – Torino 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa 1550 121 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento 5.4 Apogeo e crisi Il regno normanno di Sicilia dell’impero Il progetto di Federico II di Svevia p. 80 Il disegno universalistico dell’impero – uno dei cardini dell’universo medievale – conobbe il suo culmine e al contempo l’inizio del declino nel Duecento, sotto il regno di Federico II di Svevia (1220-1254), mentre nel resto dell’Europa occidentale si andavano affermando le monarchie nazionali. Federico , una delle personalità più complesse e affascinanti dell’intero Medioevo, nacque nel 1194. Nipote di Federico Barbarossa era figlio dell’imperatore Enrico VI (1191-1197) e della normanna Costanza d’Altavilla, erede al trono di Sicilia. Federico quindi fu a capo dell’Italia meridionale, con il titolo di «re di Sicilia», e della Germania e Italia centro-settentrionale, come imperatore del Sacro romano impero: un dominio vastissimo che tentò di imporre ancora come centro politico della cristianità. Egli stesso era convinto che la sovranità del monarca fosse assoluta e che nobili, clero e città dovessero essere sottomessi senza eccezioni alla sua autorità. L’applicazione di tale progetto doveva però incontrare difficoltà insormontabili. Busto di Federico II, XIII sec., Barletta, Museo Civico. Tweet Storia p. 358 Progresso e civiltà nel Regno di Sicilia Federico rimase orfano a quattro anni e passò sotto la tutela del papa Innocenzo III (1198-1216), che lo aiutò e guidò in gioventù in cambio della promessa di non unificare mai i possedimenti di Germania e di Sicilia in un unico Stato (evitando così allo Stato della Chiesa di trovarsi accerchiato). Mare Adriatico Roma Benevento Bari Castel Napoli del Monte Salerno Taranto Otranto Mar Tirreno Crotone Palermo Messina Reggio Mar Ionio Siracusa Mar Mediterraneo Divenuto re di Sicilia già da adolescente, Federico sottomise in Italia meridionale i feudatari e i nobili che si erano ribellati all’autorità normanna e riservò a sé ogni potere decisionale, costituendo una monarchia fortemente accentrata. Nel campo dell’amministrazione, egli creò un corpo di funzionari a lui fedeli e incaricati di governare le province del regno. Nel campo della giustizia, promulgò nel 1231 le Costituzioni di Melfi, una raccolta di Il territorio dell’impero alla fine del XII secolo REGNO DI DANIMARCA Mare del Nord Contea di Holstein Ducato di Frisia Pomerania Marche Contea di Ducato Olanda di Meissen, REGNO DI Magdeburgo POLONIA di Sassonia Lndsberg e Colonia Brandeburgo Ducato di Slesia Ducato Treviri Ducato di di Magonza REGNO DI BOEMIA Franconia Marca di REGNO Lorena Moravia DI Ducato Ducato Duc. d’Austria di Svevia di Baviera Ducato Salisburgo LE S I AR REGNO Contea di Provenza D’ITALIA Pisa Mar Mediterraneo Ravenna BB REGN REGNO Patriarcato Milano Marca di di Aquileia Venezia Verona Lombardia D’UNGHERIA PU Arles Contea di Borgogna RE OD Lione di Stiria Duc. di Carinzia STATO DELLA CHIESA Toscana Roma LI CA DI VE NE ZI A REGNO DI SICILIA Limiti dell’Impero Romano Germanico Se nel Regno di Sicilia, grazie alla scarsa presenza di forti poteri territoriali autonomi (passività della nobiltà feudale e assenza dei Comuni) Federico riuscì ad attuare con pieno successo il proprio programma, nelle altre aree sottoposte al suo dominio egli non ebbe la stessa fortuna. Incoronato imperatore dal papa Onorio III nel 1220, egli incontrò subito notevoli difficoltà sia in Germania sia in Italia centro-settentrionale. In Germania, dove Federico si recava raramente, le fiorenti città commerciali e i nobili, laici ed ecclesiastici, accrebbero il loro potere: si consideravano ormai autonomi dall’imperatore e gli offrivano un omaggio puramente formale. In Italia centro-settentrionale molti Comuni osteggiarono l’autorità di Federico e furono spalleggiati dallo Stato della Chiesa. Il papato temeva infatti di trovarsi assediato a nord e a sud da un impero troppo forte. La vicinanza tra impero e papato risalente ai tempi della tutela di Innocenzo III su Federico era ormai cancellata e i partiti guelfo e ghibellino si fronteggiavano come all’epoca del Barbarossa. Nel 1226 la Lega Lombarda, sostenuta dal papa, formò un nuovo esercito che Federico non riuscì a sconfiggere. L’alleanza guelfa non si piegò e costrinse il sovrano ad abbandonare le sue mire egemoniche sulla parte più ricca della penisola italiana. Il declino dell’impero Federico II morì nel 1250 e le fortune imperiali conobbero da allora un lento ma inesorabile declino, sia in Italia che in Germania. Il papa strinse un’alleanza con la corona francese, che inviò in Italia Carlo I d’Angiò, fratello del re, per occupare la Sicilia. Nel 1266, Carlo sconfisse Manfredi, il figlio di Federico, a Benevento, estromettendo gli Svevi dall’Italia meridionale e sancendo la definitiva vittoria dei guelfi sui ghibellini. Gli Angiò entravano quindi in possesso dell’Italia meridionale, ma la situazione non era affatto pacificata. La durezza del nuovo La spartizione dell’Italia meridionale tra Angioini e Aragonesi Perugia STATO DE LL A CH I E SA Corsica (nel 1284 a Genova) Ajaccio Roma Bonifacio Torres (a Genova) (a Pisa) Bosa 1200 L’Aquila Sardegna (dal 1326 agli Aragonesi) Iglesias Pescara Mare Adriatico Abruzzo Montecassino Marca di Capitanata Barletta Molise Bari Benevento Monopoli Gaeta Principato di Capua Terra di Bari Brindisi Terra d Napoli Salerno iO Basilicata Taranto trant Amalfi Oristano M a r R E G NO DI S IC I LI A Rossano Ducato Cosenza di Crotone Calabria Catanzaro Cagliari Trapani Mazara Gallipoli (dal 1266 agli Angioini) T i r r e n o © Loescher Editore – Torino 122 monopolio di Stato: il termine «monopolio» deriva da due parole greche che significano «solo» e «vendere». Si determina un monopolio quando un certo prodotto viene venduto sul mercato da un solo venditore, che raccoglie così tutti i guadagni. Se il venditore unico è lo Stato si ha un monopolio di Stato. o Contea del Tirolo Il fallimento di Federico II Le truppe di Federico II sconfitte a Parma, miniatura, XIV sec. o at ip inc Pr FRANCIA Besançon Castel del Monte, XIII sec., Andria. Brindisi leggi scritte che dovevano chiarire in modo definitivo l’interpretazione e l’applicazione del diritto, e nominò magistrati che avrebbero dovuto rendere conto direttamente a lui. Nel campo dell’economia, favorì i commerci e le imprese, e impose il monopolio di Stato su sale, ferro, rame, seta e grano. Diede infine straordinario impulso alla vita culturale del regno, facendo della sua corte uno dei centri letterari e artistici più raffinati del tempo: Palermo fu una splendida capitale, mentre Napoli diventò nel 1224 sede di una prestigiosa università. In generale, nonostante le origini tedesche, Federico si sentiva italiano e desiderava fortemente favorire lo sviluppo e il progresso dei domini nel meridione della penisola, dove era nato e cresciuto. Uomo coltissimo, poeta e scienziato, si meritò dai contemporanei l’appellativo di stupor mundi, «meraviglia del mondo». La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato Palermo Messina Reggio Sicilia Mar Ionio (dal 1282 agli Aragonesi) Agrigento Siracusa © Loescher Editore – Torino 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa 1550 123 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato Carlo d’Angiò in una scultura di Arnolfo di Cambio. anno santo: è così detto un anno in cui è indetto un giubileo che consente, a chi svolge determinate pratiche di culto, di vedersi condonati i propri debiti verso Dio. L’incoronazione di Celestino V in un dipinto del XVI sec. Castel dell’Ovo, Napoli. Vespri siciliani: così viene chiamata la rivolta dei siciliani contro i dominatori angioini. La rivolta è passata alla storia con questo nome perché ebbe inizio il 30 marzo 1282, lunedì di Pasqua, all’ora della preghiera del vespro (il tramonto del sole), davanti alla chiesa dello Spirito Santo a Palermo. Ne seguì un lungo periodo di conflitti denominato «Guerra dei Vespri» (1282-1302). governo e le pesanti tasse imposte dagli Angiò provocarono infatti nel 1282 la rivolta antifrancese dei Vespri siciliani . In aiuto degli insorti intervenne il re Pietro III d’Aragona dando inizio a una nuova lunga guerra. Nel 1302, con la pace di Caltabellotta e al termine di un conflitto durato ben venti anni, gli aragonesi si impadronivano di Palermo e della Sicilia, mentre Napoli e il Meridione rimanevano agli angioini. L’Italia conosceva così una crescente frammentazione, proprio mentre in altri paesi d’Europa (Francia, Inghilterra, Spagna e Portogallo) le monarchie avviavano il processo di unificazione nazionale. L’ultimo tentativo degli imperiali nella penisola fallì nel 1313, quando Enrico VII di Lussemburgo morì nei pressi di Siena mentre cercava di difendere i diritti dell’impero in Italia. I sostenitori dell’antico progetto politico dei Carolingi e degli Ottoni furono poi battuti anche in Germania. Nel 1356, infatti, i più potenti feudatari tedeschi costrinsero l’imperatore Carlo IV a emettere la Bolla d’Oro, un documento con cui stabilivano che i nuovi imperatori sarebbero stati scelti da sette grandi elettori (il re di Boemia, il marchese di Brandeburgo, il duca di Sassonia, il conte del Palatinato e gli arcivescovi di Magonza, Treviri e Colonia). Anche in Germania, come in Italia, il processo di formazione di uno Stato nazionale subiva perciò un arresto. Il titolo imperiale diveniva il frutto di un gioco di potere e perdeva gran parte dell’importanza politica e simbolica rivestita fino a quel momento. Dal 1437 esso passò agli Asburgo d’Austria, che lo mantennero fino al 1806, quando il Sacro romano impero scomparve ufficialmente per volontà di Napoleone Bonaparte. Una veduta di Napoli, XV sec. 5.5 Il declino del papato Il conflitto Bonifacio VIII e Filippo IV di Francia L’autorità della Chiesa nel Duecento Proprio durante il pontificato di Bonifacio VIII, le aspirazioni dei papi conobbero una drammatica battuta d’arresto. Il re francese Filippo IV il Bello impose al clero del suo paese – senza chiedere autorizzazione a Roma – il pagamento delle tasse, necessarie per finanziare l’esercito. Bonifacio VIII condannò questa aperta violazione dell’autonomia della Chiesa e il sovrano, in risposta a questa condanna, bloccò l’arrivo in Italia delle ricchissime rendite che il papato riceveva dai possedimenti ecclesiastici francesi. Il pontefice dovette presto arrendersi, riconoscendo al re il diritto di imporre Nel corso del Duecento, i papi difesero strenuamente il diritto di Roma a intervenire nelle vicende politiche dei regni cristiani. Essi sostenevano che il potere temporale dei sovrani trovasse legittimazione nel potere spirituale dei pontefici. Alcuni esempi. Gregorio IX (1227-1241), dopo aver ordinato a Federico II di partecipare alla sesta crociata, lo scomunicò per essere tornato anticipatamente in Italia (anche se il sovrano tornò a causa di problemi di salute). Innocenzo IV (1243-1254) non esitò a risolvere in modo perentorio il conflitto che lo opponeva allo stesso Federico: lo depose nel 1245, causando gravi difficoltà agli ultimi anni del suo regno. Bonifacio VIII (1294-1303), dal canto suo, intervenne direttamente nelle lotte politiche tra guelfi e ghibellini a Firenze e appoggiò gli Angioini contro gli Aragonesi nella disputa per l’Italia meridionale, che si concluse, come abbiamo visto, con la spartizione del regno. [Testimonianze documento 3, p. 209] Quando, nel 1300, si celebrò a Roma il primo anno santo , un fiume di pellegrini invase la Città Eterna per ottenere indulgenza plenaria, ossia la cancellazione di tutte le pene da scontare prima e dopo la morte. Insomma il prestigio del papato era altissimo e il pontefice appariva ancora in grado di imporre il suo volere a tutti i re della cristianità. 1200 Bonifacio VIII in una scultura di Arnolfo di Cambio. Un particolare degli affreschi di Matteo Giovannetti, Avignone, Palazzo dei papi. © Loescher Editore – Torino 124 p. 80 © Loescher Editore – Torino 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa 1550 125 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato Palazzo dei papi, Avignone. Curia: la Curia papale è l’insieme degli uffici che a Roma aiutano il pontefice a condurre gli affari della Chiesa cattolica. I suoi compiti possono essere paragonati a quelli del governo e dei ministri di uno Stato moderno. tasse anche al clero e ai monasteri. Il dissidio si approfondì ulteriormente quando Filippo fece arrestare un vescovo con l’accusa di tradimento. Il papa rispose ingiungendo al sovrano di obbedire agli ordini di Roma e minacciandolo di scomunica. Filippo al quel punto compì un gesto che nessun sovrano medievale fino ad allora aveva osato compiere: dichiarò Bonifacio VIII colpevole di eresia e lo fece imprigionare ad Anagni, presso Frosinone, con l’intenzione di portarlo in Francia e sottoporlo a processo. La rivolta del popolo della cittadina laziale condusse alla liberazione del pontefice, ma Bonifacio VIII non sopravvisse alla gravissima offesa subita (questo oltraggio morale passò alla storia come lo «schiaffo di Anagni») e morì nel giro di poche settimane. Era l’ottobre del 1303. La «cattività avignonese» Con Bonifacio VIII scomparve l’ultimo strenuo difensore dei diritti politici del papato. Nello scontro con il potere temporale francese la Chiesa aveva subito una sconfitta senza precedenti. E gli effetti si videro nel giro di pochi anni. Dietro pressione di Filippo IV il Bello venne eletto successore di Bonifacio VIII il francese Clemente V, che nel 1309 decise di trasferire la sede del papato ad Avignone, nella Francia meridionale. Cominciò così il periodo della «cattività avignonese» (cattività significa «prigionia»), che si concluse solo nel 1377, quando Gregorio XI impose il ritorno a Roma della sede pontificia. Per quasi tutto il Trecento, dunque, i pontefici vissero sotto la protezione interessata dei monarchi francesi, che controllarono la nomina dei cardinali e l’elezione dei papi. Questi, nonostante fossero obbligati a una stretta collaborazione con la corte parigina, cercarono in ogni modo di costruire una rete di alleanze guelfe in tutta Europa. E a questo scopo ingrandirono e modernizzarono la Curia , rendendola uno strumento efficiente di controllo e riscossione delle tasse da tutte le proprietà della Chiesa. Nel complesso, tuttavia, il periodo avignonese fu vissuto dai fedeli come un’epoca di vergogna e decadenza: la Chiesa, pur rimanendo ricca e potente, era succube dei giochi di potere tra sovrani europei. Il sepolcro di papa Bonifacio VIII. Martino V sfila in processione con una statua di san Rocco, protettore contro la peste, affresco di Rutilio Manetti, XVII sec. Il «Grande scisma d’Occidente» Tra il Trecento e il Quattrocento, il declino dell’autorità della Chiesa fu poi aggravato da nuove vicende. Alla morte di Gregorio XI, i cardinali, profondamente divisi al loro interno in base alla nazionalità (francesi e italiani), non riuscirono accordarsi sull’elezione del nuovo papa. La nomina di Urbano VI, voluta in particolare dagli italiani, non fu accettata dai francesi, che a loro volta elessero Clemente VII. Due papi, quindi – uno, Urbano VI, deciso a restare Roma, l’altro Clemente VII insediato ad Avignone, ognuno con i propri sostenitori tra i sovrani europei: Inghilterra, Sacro romano impero e Comuni italiani a favore del primo; Francia, Castiglia e Aragona schierati con il secondo. Si apriva così il «Grande scisma d’Occidente», che divise profondamente la Chiesa cattolica a partire dal 1378 e che doveva risolversi solo nel 1417 con il Concilio di Costanza, nel corso del quale finalmente fu nominato un pontefice unico che prese il nome di Martino V. In questa fase fu affermata da molti la teoria «conciliarista», che affermava la superiorità del concilio, cioè dell’assemblea dei vescovi, sul papa. Era un attacco al primato del vescovo di Roma su tutta la cristianità occidentale destinato a non avere seguito, ma che contribuì a indebolire l’autorità del papa di fronte all’affermarsi delle diverse Chiese nazionali. Negli anni dello scisma, i problemi della Chiesa vennero acuiti dalla nascita di numerose sette. Tra esse ricordiamo in Italia quella dei flagellanti, che proprio il Concilio di Costanza condannò come eretici. Le aree europee fedeli al papa di Roma e al papa di Avignone Aree fedeli al papa di Avignone Aree fedeli al papa di Roma Aree di fedeltà variabile Scozia Aree neutrali Galles Brabante Cleves Mark Bretagna Hainaut Stiria Guyenne Avignone © Loescher Editore – Torino 126 1200 Namur Tirolo Carinzia Roma © Loescher Editore – Torino 1364 Dondi costruisce l’astrario Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco 1430 Appare la caravella XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa 1550 127 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento L’autorità del papa era minata anche dalla predicazione di nuovi riformatori. I più importanti furono John Wycliffe (13241384), che sosteneva la superiorità dell’insegnamento biblico sulla parola del papa, e Jan Hus (1369-1415). Questi era un boemo che condannava con fervore la corruzione del clero, invitando la Chiesa a scegliere la povertà e a tornare al messaggio originale di Cristo. Convocato dal Concilio di Costan- za, Hus rifiutò di rinnegare le proprie idee e venne bruciato vivo come eretico. Le teorie di Wycliffe e Hus erano destinate a diffondersi impetuosamente in Europa e a venire riprese da nuovi predicatori. Il prestigio spirituale della Chiesa appariva in pericolo e con l’affermazione degli Stati moderni in conflitto tra loro, la Chiesa faticava a trovare un ruolo stabile diventando vittima degli opposti interessi dei reali europei. 1220-1250 Federico II imperatore 1224 Federico II istituisce l’università di Napoli 1231 Federico II promulga le Costituzioni di Melfi 1302-1330 Grandi carestie in Europa 1309-1377 Il papato trasferito ad Avignone La Rocca di Spoleto. I NODI DELLA STORIA 1347-1350 Epidemie di peste Chi è il borghese del Trecento? Se, come abbiamo visto, il Trecento fu un secolo difficile, percorso da una grave crisi economica amplificata dalla drammatica pandemia della peste, è tuttavia in questo secolo che si assiste a un grande cambio della mentalità sociale ed economica europea. Alcuni storici, entusiasti del dinamismo della civiltà mercantile a cavallo tra XIII e XIV secolo, hanno persino azzardato l’ipotesi che in quest’epoca sia nata una prima di forma di pre-capitalismo o che, almeno, siano comparsi i primi segni di quella mentalità borghese che si sarebbe sviluppata pienamente solo molto più tardi. Un buon modo per intuire questa evoluzione prima ideologica che socioeconomica, è fare riferimento a una notissima novella del Decameron di Boccaccio: quella di Federigo degli Alberighi. Vi si narra la storia di un cavalleresco e tipico signore medievale, il quale, per amore di una donna già maritata, Monna Giovanna, si riduce in povertà, dopo avere dilapidato il suo ingente patrimonio in inutili feste, ricevimenti e tornei in onore della sua amata. Ritiratosi in un modesto podere, con l’unica compagnia di un bell’esemplare di falcone da caccia, Federigo familiarizza con il figlio di Monna Giovanna, nel frattempo rimasta vedova. Essendosi il fanciullo ammalato e avendo confessato alla madre il suo desiderio di avere il falcone, la donna, vincendo il naturale imbarazzo, si reca dal vecchio spasimante per sottoporgli la richiesta. Ma Federigo, alla vista della donna e alla sua succes- 128 © Loescher Editore – Torino siva richiesta di pranzare con lui, non esita a servire il povero animale come pietanza per l’improvvisato pasto. Dopo la morte del figlio, essendo ancora giovane e ricca, cede alle pressioni dei fratelli di risposarsi alla solo condizione di unire il suo capitale in denaro a quell’altro inestimabile capitale rappresentato dalla nobiltà d’animo di Federigo. Ma Boccaccio aggiunge, a chiosa del lieto fine, l’informazione che, da quel momento in poi, Federigo sarebbe diventato un buon massaio, ossia un oculato amministratore del capitale della moglie. In questa avvertenza finale c’è tutto lo spirito di un’epoca in trasformazione. È come se Boccaccio, dopo averci regalato uno straordinario spaccato della civiltà cavalleresca, ne prendesse le distanze. La nuova vita di Federigo non potrà più essere all’insegna della generosità scapestrata e dello spreco. Federigo dovrà smettere di essere cavaliere e diventare un buon borghese, attento ai conti e d’animo parsimonioso. Perché le storie dei cavalieri antichi vanno bene per la letteratura ma non per la società della partita doppia e del prestito a interesse. Molti anni più tardi Marx avrebbe osservato che «la borghesia […] ha affogato nell’acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell’esaltazione devota e dell’entusiasmo cavalleresco». Esattamente quello che avevano dovuto fare Federigo e gli uomini della sua epoca per entrare nella modernità economica e sociale. 1356 La carica imperiale diventa elettiva 1358-1381 Rivolte contadine e insurrezioni urbane degli operai 1378-1417 Grande scisma d’Occidente 1415 Il riformatore boemo Jan Hus messo al rogo come eretico La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato 1 Nel corso del Trecento la diminuzione della produzione agricola frena lo sviluppo economico. L’agricoltura europea fu colpita nel corso del Trecento secolo da una serie di annate con clima poco favorevole, da frequenti saccheggi degli eserciti in guerra e dal forte rallentamento nella messa a coltura di nuovi terreni. Seguì una fortissima riduzione dei raccolti: si diffuse la fame (con ricorrenti carestie) e la popolazione, sottoalimentata, si indebolì. 2 La peste riduce drasticamente la popolazione europea. A cominciare dal 1347-1350, l’Europa fu colpita da una serie di gravi epidemie di peste, che falcidiarono circa un terzo della popolazione. La medicina dell’epoca era incapace di contrastare il contagio e si diffuse la convinzione che l’epidemia fosse una punizione divina. Si sviluppò così il fanatismo religioso e in molte città fu avviata la caccia al capro espiatorio; particolarmente sospettati furono gli ebrei, che subirono terribili persecuzioni. 3 Una grave crisi investe tutti i settori dell’economia europea e provoca rivolte sociali. Lo spopolamento delle campagne ridusse la manodopera disponibile e determinò a una richiesta di salari più elevati da parte dei contadini. Il calo della domanda di grano determinata dal decremento demografico ridusse inoltre le rendite dei proprietari terrieri: molti di essi vendettero le terre a nuovi proprietari, che puntarono sull’allevamento e sulla produzione di colture destinate alla produzione manifatturiera. Nelle città crollò la domanda di prodotti tessili e artigianali. I commerci rallentarono e le attività finanziarie entrarono in crisi. Per rimanere sul mercato i padroni delle botteghe si svincolarono dai limiti imposti dalle corporazioni: cercarono di imporre salari più bassi e trovarono lavoratori nelle campagne. Le pesantissime tasse imposte dai sovrani per finanziare le guerre, il conflitto tra contadini e proprietari terrieri e il malcontento degli operai salariati nelle città portarono a sanguinose rivolte: ad esempio, nel 1358 a Parigi e nelle campagne circostanti (jacquerie), nel 1378 a Firenze (rivolta dei Ciompi), nel 1379 nelle Fiandre, nel 1381 in Inghilterra. 4 Tra Duecento e Trecento si registra l’apogeo e la definitiva crisi dell’impero romano germanico. Sotto Federico II di Svevia l’impero conobbe l’apogeo e l’inizio del declino. Egli favorì il progresso politico, economico e culturale del Meridione d’Italia, ma venne combattuto e osteggiato in Germania, dove i nobili acquisirono grande autonomia, e in Italia centro-settentrionale, dove l’alleanza tra Comuni e papato si rivelò per lui insuperabile. Dopo la morte di Federico, avvenuta nel 1250, l’impero conobbe una decadenza irreversibile. Alla metà del Trecento, infine, la carica imperiale divenne elettiva (Bolla d’Oro, 1356), perdendo gran parte del suo potere. 5 Il parallelo declino del papato segna il tramonto dei due poteri universali del Medioevo. La politica del re di Francia Filippo IV il Bello rese evidente l’indebolimento della Chiesa. Avversario di papa Bonifacio VIII (strenuo difensore della supremazia anche politica del papato), egli fece arrestare il pontefice e nel 1309 obbligò il suo successore a spostare ad Avignone la sede della Chiesa. Dopo settant’anni i papi tornarono a Roma, ma la loro autorità e prestigio furono seriamente minacciati dal «Grande scisma d’Occidente» – che spaccò in due fazioni i fedeli d’Europa –, dalla nascita di nuove sette e dalla predicazione di riformatori che chiedevano la moralizzazione del clero e dei costumi ecclesiastici. Nel 1417, si ricomponeva lo scisma, ma il declino della Chiesa romana appariva irrimediabile. © Loescher Editore – Torino 129 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento Curare e assistere i malati tra Medioevo ed Età moderna La drammatica diffusione della peste nera a metà Trecento non solo decimò la popolazione europea provocando milioni di morti ma dimostrò quanto inadeguati fossero gli strumenti e le conoscenze mediche del tempo. Ancora più grave si dimostrò la mancanza di luoghi idonei a ospitare un gran numero di malati per prestare loro delle cure, seppur limitate, e soprattutto per contenere i rischi di infezione. Nel XIV secolo l’Europa era al terzo secolo di crescita demografica ininterrotta e vi era ormai un alto numero di città densamente abitate. Si rese dunque necessario adeguare i luoghi di ricovero e assistenza a una situazione del tutto nuova e per di più caratterizzata, tra la metà del Trecento e la metà del Quattrocento, dal continuo susseguirsi di carestie, pestilenze, guerre e rivolte sociali. Se le persone più ricche avevano la possibilità e l’abitudine di curarsi a casa propria, i numerosi poveri che si accalcavano in città sempre più affollate avevano bisogno di spazi nei quali essere assistiti, quando si ammalavano o si ferivano, e nei quali essere confinati quando si affacciava un nuovo grave contagio. La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato Gli ospedali generali Tra XI e XIV secolo la popolazione cittadina era rimasta ancora poco numerosa e la principale preoccupazione sanitaria era stata quella di ospitare i pellegrini malati. Per questo motivo le città europee disponevano solo di piccoli luoghi di ricovero destinati ai pellegrini di passaggio oppure a particolari fasce della popolazione in difficoltà, come gli orfani. La situazione si modificò con il XV secolo quando si avviò, in tutte le principali città italiane ed europee, la costruzione di nuovi luoghi di assistenza e cura di dimensioni più ampie e dotati di risorse finanziarie più cospicue. Solo in questa fase nacquero i primi veri ospedali cittadini aperti a tutti i malati che non erano in grado di curarsi con i propri mezzi. Questi ospedali generali erano gestiti da fondazioni private e sopravvivevano grazie alle donazioni caritatevoli fatte dai cittadini più ricchi, mentre l’autorità pubblica si limitava alla sorveglianza. L’antico edificio dell’ospedale Ca’ Granda di Milano, XV sec. Gli ospedali per incurabili Il panorama delle città europee, tra Età medievale e moderna, registrò gravi episodi di epidemie non solo di peste, ma anche di altre malattie pericolosamente infettive che, tuttavia, non portavano alla morte altrettanto velocemente. Si trattava di patologie croniche che avanzavano molto lentamente ma non erano curabili né arrestabili con le conoscenze mediche e farmaceutiche del tempo. Per fronteggiare questo tipo di patologie e limitarne il contagio nacquero gli ospedali per incurabili dedicati, ad esempio, ai malati di lebbra o a quelli di sifilide. L’isola del lazzaretto vecchio a Venezia. I lazzaretti Per limitare e contenere le epidemie di peste o di altre patologie infettive, già durante il XIV secolo le autorità fecero ricorso al sostanziale blocco della circolazione delle persone, isolando le città da ogni contatto e costringendo alla quarantena, ossia a un periodo di osservazione, chiunque si avvicinasse o fosse sospettato di essere malato. Solo dal secolo successivo furono istituiti luoghi stabili d’isolamento degli appestati in grado di spezzare la pericolosa catena dei contagi. Queste speciali istituzioni presero il nome di lazzaretti e sorsero in quasi tutte le città europee. Il Lazzaretto di Milano (illustrazione cinquecentesca). 130 © Loescher Editore – Torino L’edificio dell’antico ospedale degli incurabili di Venezia. © Loescher Editore – Torino 131 2 5 Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 ATTIVITÀ 2 Osserva la cartina a p. 112 e, confrontandola con la cartina di p. 35, rifletti sul rapporto tra flussi e centri commerciali: quali sono le tre aree in cui si concentra il maggior numero di scambi di merci? Collega ogni concetto al significato che assume nel periodo della crisi del Trecento. 1 Equilibrio alimentare 2 Tenore di vita 3 Focolaio 4 Coatto 5 Produzione manifatturiera 6 Gettito fiscale 7 Regola morale 8 Scisma Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi collega ciascun fatto al secolo in cui avviene. Infine distingui con tre colori diversi gli eventi riconducibili alla crisi del Trecento, quelli che riguardano la crisi dell’impero e quelli che si riferiscono al declino del papato. a b 1 XIII secolo 2 XIV secolo 3 XV secolo c d a b c d e f g h i l m n Tra il e il la peste si diffonde in tutta Europa Nel papa Clemente V emana la bolla Quamvis perfidiam in difesa degli ebrei, accusati di essere i responsabili del contagio della peste Nel in Francia esplode una violentissima insurrezione contadina, la jacquerie, che devasta i castelli dei nobili nell’Île de France Nel a Firenze scoppia il tumulto dei Ciompi, in crisi per il calo della domanda di panni Nel Federico II di Svevia, re di Sicilia e imperatore del Sacro romano impero, promulga le Costituzioni di Melfi, che dovevano chiarire l’interpretazione e l’applicazione del diritto Nel muore Federico II e da questo momento le fortune imperiali conoscono un inesorabile declino Nel Carlo I d’Angiò (fratello del re di Francia) sconfigge a Benevento Manfredi (figlio di Federico) estromettendo gli Svevi dall’Italia meridionale Nel la durezza del governo degli Angiò in Italia meridionale causa la rivolta antifrancese dei Vespri siciliani Nel i più potenti feudatari tedeschi emettono la Bolla d’Oro, che stabilisce la modalità dell’elezione imperiale affidando il potere a sette grandi elettori Dal il titolo imperiale passa agli Asburgo d’Austria, che lo mantengono fino alla scomparsa del Sacro Romano Impero nel 1806 Nel muore Bonifacio VIII, pochi giorni dopo la sua liberazione da Anagni Nel ha inizio il «Grande scisma d’Occidente» e f g h 5 Condizione in cui le risorse di cibo disponibili sono in grado di soddisfare il fabbisogno della popolazione Insieme delle operazioni che trasformano le materie prime in prodotti di consumo (la canapa e il lino in tessuti; il luppolo in birra) Rendita, provento, introito; a causa della sua diminuzione, i sovrani non sono in grado di restituire i prestiti ai banchieri Formula che prescrive come agire e comportarsi, in rapporto all’idea del bene e del male; Wycliffe considerava la Bibbia come unica fonte di ispirazione per il comportamento umano Separazione da una chiesa o da una confessione religiosa dovuta non a divergenze di carattere dottrinale, bensì a contrasti di natura disciplinare, liturgica o giuridica Punto di diffusione di processi morbosi come la peste Imposto con la forza o per legge; i malati di peste erano costretti al ricovero nei «lazzaretti» Modo di vivere, con particolare riferimento al livello economico e alle spese che si possono sostenere Prova a riflettere sul significato di «fanatismo» e scrivi un esempio di fanatismo nel Trecento e di fanatismo ai giorni nostri. Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa all’economia europea tra XIV e XV secolo. Poi rispondi alle domande. Come si trasforma l’economia del Trecento 1 Quali sono le trasformazioni in agricoltura? 2 Quali sono le trasformazioni nel settore artigianale e manifatturiero? 3 Che cosa succede alle attività finanziarie? Esplora il macrotema 3 Completa il testo. Attenzione: alcuni concetti non vanno usati. universali • esaurimento • aumento • sfavorevole • carestie • minore • maggiore commerci • Germania • Spagna • Occidente • Oriente • debolezza • superiorità In Europa il XIV secolo è caratterizzato da una grave crisi economica e sociale, che gli storici hanno soprannominato «crisi del Trecento», nonché dall’inizio dell’inesorabile decadenza dei poteri (1) : l’impero e il papato. All’origine della crisi vi è un brusco calo della produzione agricola (dovuto all’(2) delle terre coltivabili e alla minore resa dei terreni fertili, ma anche da una situazione climatica (3) e dalle numerose guerre e scorrerie) a seguito della quale l’economia entra in una fase di grandi difficoltà. Al calo della produzione agricola seguono (4) ed epidemie che causano una forte diminuzione della popolazione; la (5) domanda di beni, poi, determina la crisi dei settori alimentare e artigianale nonché la diminuzione dei (6) e una forte limitazione delle attività finanziarie. Seguiranno tensioni e rivolte sociali in tutta Europa. Negli stessi anni, in seguito al fallimento del progetto universalistico di Federico II di Svevia, l’impero conosce un lento ma ineluttabile declino, sia in Italia che in (7) . Anche il papato, che nel Duecento era ancora in grado di imporre la superiorità del potere spirituale sul potere temporale dei re, subisce una battuta di arresto: la «cattività avignonese» e lo «scisma d’(8) » mostrano la (9) della Chiesa che diventa sempre più vittima degli opposti interessi dei reali europei. 132 © Loescher Editore – Torino La crisi del Trecento e il tramonto di impero e papato Mostra quello che sai 7 Osserva l’immagine a p. 113 e rispondi alle domande: quale ti sembra la condizione sociale dei soggetti rappresentati? Da che cosa lo deduci? © Loescher Editore – Torino 133