12 la teoria neoclassica della crescita e la convergenza economica

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12 LA TEORIA NEOCLASSICA DELLA
CRESCITA E LA CONVERGENZA
ECONOMICA REGIONALE
12.1 Introduzione
Perché alcune regioni sono più ricche ed altre più povere? Quali fattori possono aiutare
a comprendere l’esistenza e la persistenza di ampi differenziali di sviluppo regionale anche
all’interno di un paese come l’Italia e di un’area integrata come l’Unione Europea? Nel
lungo periodo, il reddito delle regioni povere tende a convergere verso quelle delle regioni
ricche?
Questi temi, ed altri ad essi connessi, vengono affrontati all’interno di un ampio filone
della letteratura, attraverso l’utilizzo di complessi modelli di equilibrio economico generale,
noti come modelli di crescita economica. In questo capitolo presentiamo diverse versioni
del modello neoclassico di crescita economica di lungo periodo, ponendo l’accento sugli
aspetti specifici regionali. Questo modello è basato sull’ipotesi di concorrenza perfetta nei
mercati dei beni e dei fattori, rendimenti di scala constanti e decrescenti nei singoli fattori.
Nel capitolo successivo presenteremo, invece, i modelli di crescita endogena, che tendono
a superare le ipotesi neoclassiche di concorrenza perfetta e rendimenti constanti di scala.
Discutiamo, in primo luogo, alcuni fatti stilizzati sui differenziali di sviluppo delle
regioni europee (paragrafo 12.2). Dopo una breve sintesi dei modelli di crescita (paragrafo
12.3), presentiamo il modello neoclassico sviluppato da Robert Solow (1956) nell’ipotesi di
un’economia chiusa agli scambi con le altre regioni, nelle sue due versioni con e senza
progresso tecnico (paragrafi 12.4 e 12.5). Nel paragrafo 12.6 presentiamo il modello
neoclassico di crescita sviluppato da Cass (1965) e Koopmans (1965) nell’ipotesi di
risparmio endogeno, risultante da un processo di ottimizzazione intertemporale. Nel
paragrafo 12.7 mostriamo un’estensione del modello di Solow, proposta da Mankiw,
Romer e Weill (1992), che incorpora il capitale umano come fattore di produzione insieme
al capitale fisico. Questo modello ha assunto un’importanza notevole nella letteratura
empirica sulla crescita e la convergenza economica, perché fornisce una specificazione
molto semplice della funzione di crescita.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
221
L’ipotesi di assenza di scambi interregionali di fattori di produzione (lavoro e capitale) e
di conoscenza, alquanto irrealistica, viene successivamente rilassata nel paragrafo 12.8,
attraverso le versioni bi-regionali del modello neoclassico di crescita sviluppate da Borts
(1960), Borts e Stein (1964) e Borts e Stein (1968) e attraverso il modello di Rappaport
(1999). Infine, il ruolo degli spillover spaziali di conoscenza come motore della crescita
viene affrontato nel paragrafo 12.9 con la trattazione del modello di Ertur e Kock (2005).
12.2 Alcuni fatti stilizzati sui differenziali di sviluppo
regionale
Le regioni italiane ed europee sono caratterizzate da differenti livelli e tassi di crescita
del PIL pro capite e della produttività del lavoro. Secondo l’ISTAT, nel 2002 una tra le
regioni più ricche (la Lombardia) aveva un reddito pro capite pari a 23.223 euro (valutati a
prezzi del 1995), quella più povera (la Calabria) aveva un reddito pro capite pari a 11.532
euro (ovvero il 50% del reddito pro capite della Lombardia). Nel 1980 i differenziali di PIL
pro capite tra le due regioni erano già molto ampi (il reddito pro capite della Calabria, pari
a 7.257 euro, corrispondeva al 48% di quello della Lombardia, pari a 15.110 euro). Come si
può notare, in questo lungo periodo di tempo, non vi è stata alcuna convergenza nei livelli
di PIL pro capite tra le due regioni, anzi il divario di sviluppo è leggermente aumentato.
Considerando l’insieme delle regioni dell’Unione Europea a 15 paesi1, possiamo osservare
(figura 12.1) relativamente al periodo 1980-2002 un divario di sviluppo molto ampio e
persistente tra la regione più ricca (Bruxelles in Belgio) e quella più povera (Centro in
Portogallo). Il rapporto tra il PIL pro capite di Bruxelles e quello della regione portoghese
era pari ad appena il 17% nel 1980 ed al 18% nel 2002.
Anche i livelli di produttività del lavoro mostrano significative differenze regionali. In
Italia, nel 2002 il Trentino Alto Adige aveva un livello pari al 120% rispetto alla media delle
regioni europee, mentre la Puglia presentava il livello più basso pari all’88%, con un divario
che rimane sostanzialmente persistente nel tempo (la produttività del lavoro nella Puglia
era circa il 17% di quella del Trentino Alto Adige sia nel 1980 che nel 2002). Nel contesto
1
L’Unione Europea a 15 comprende la Germania, la Francia, il Regno Unito, l’Italia, l’Olanda, l’Irlanda, il
Belgio, il Lussemburgo, la Danimarca, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l’Austria, la Svezia e la Finlandia.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
222
europeo, le regioni con una più alto livello di produttività del lavoro nel 2002 sono quelle
dell’Europa centrale e quelle della penisola scandinava.
Figura 12.1 – Distribuzione quartilica dei livelli di PIL pro capite nel 2002
(46 regioni per quartile)
Figura 12.2 – Distribuzione quartilica dei tassi di crescita del PIL pro capite
tra il 1980 e il 2002 (46 regioni per quartile)
Prendendo in considerazione il valore della produttività del lavoro rispetto alla media
europea, si può notare che, nel 2002, il numero delle regioni sopra il livello medio di
produttività (83) è inferiore al numero di regioni sotto la media (106) a fronte di un gruppo
di economie che, grazie alla loro maggiore produttività, pesano di più nella distribuzione
complessiva. Questo ulteriore indicatore di divario sembra mantenere un certo grado di
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
223
persistenza e risulta leggermente aumentato se si considera la distribuzione del 1980 ( 87 e
102 regioni rispettivamente sopra e sotto la media europea).
In particolare, la regione belga del Lussemburgo presentava i valore più alto (163%),
mentre la regione Norte del Portogallo quello più basso (55%). Se consideriamo i livelli nel
1980 notiamo che il divario tra queste due regioni si è tuttavia ridotto. Infatti, nel 1980 la
produttività del lavoro nella regione portoghese rappresentava circa il 28% di quella belga,
mentre nel 2001 questa proporzione è aumentata al 33 per cento.
Figura 12.3 – Distribuzione quartilica dei livelli di produttività del lavoro nel 2002
(37 regioni per quartile)
Figura 12.4 – Distribuzione quartilica dei tassi di crescita della
produttività del lavoro tra il 1980 e il 2002
(46 regioni per quartile)
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
224
I livelli regionali di PIL pro capite e produttività del lavoro sono caratterizzati da
un’elevata auto-correlazione spaziale (Figura 12.5). La mappa degli indicatori di
autocorrelazione spaziale locale (LISA map) indicano che regioni con livelli elevati (bassi)
di PIL pro capite tendono ad essere circondati da altre regioni con livelli alti (bassi) di PIL
pro capite. Simili considerazioni valgono per la produttività del lavoro.
Figura 12.5 – LISA cluster map
PIL pro capite nel 2002
Produttività nel 2002
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
225
12.3 I modelli di crescita esogena ed endogena: una sintesi
E’ prassi comune classificare i modelli di crescita in due categorie:
-
modelli di crescita esogena e
-
modelli di crescita endogena.
Alla prima categoria appartengono tutti quei modelli in cui la fonte della crescita di
lungo periodo è esterna al sistema economico ed non è quindi spiegata; alla seconda
categoria appartengono, invece, quei modelli in cui il motore della crescita è endogeno al
sistema economico.
E’ tuttavia importante distinguere anche tra
-
modelli in economia chiusa e
-
modelli in economia aperta.
Nei primi si assume un sistema economico chiuso agli scambi di beni, di fattori e di
conoscenza. Quest’ipotesi, alquanto forte anche quando si affronta il problema della
crescita delle nazioni, appare totalmente irrealistica nel caso delle economie regionali, che
per loro natura sono estremamente aperte agli scambi con le altre regioni, soprattutto con
quelle più prossime ad esse. Nel trattare il problema della crescita regionale assumono
quindi un’importanza fondamentale i modelli della seconda categoria, in cui si rilassa
l’ipotesi d’autarchia e si analizzano gli effetti sulla crescita e sulla convergenza dei
movimenti dei fattori e della conoscenza.
Il modello neoclassico sviluppato da Solow (1956), Cass (1965) e Koopmans (1965)
rappresenta il primo esempio di teoria della crescita esogena nell’ipotesi di un’economia
chiusa agli scambi con le altre regioni. In questo modello le determinanti della crescita
economica persistente sono rappresentate dalla dinamica demografica e dal progresso
tecnico. Ambedue le fonti di crescita sono considerate esogene, cioè il modello non spiega
né la crescita della popolazione, né lo sviluppo della tecnologia. Non vi è quindi spazio per
l’intervento dell’operatore pubblico al fine di sostenere il processo di crescita di
un’economia. Anzi, un intervento pubblico realizzato attraverso l’introduzione o l’aumento
della spesa pubblica provoca una riduzione del benessere sociale. Il modello neoclassico,
inoltre, predice la convergenza nei livelli di reddito pro capite. Le regioni in ritardo di
sviluppo sono povere a causa della loro limitata disponibilità di capitale fisico in rapporto
alla dotazione di lavoro. Per convergere, esse devono risparmiare ed investire in modo da
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
226
innalzare il rapporto capitale/lavoro verso i livelli delle regioni più ricche, ma questo
processo può richiedere anche molto tempo.
Il modello neoclassico è basato sull’ipotesi di concorrenza perfetta nei mercati dei beni
e dei fattori, rendimenti di scala constanti e decrescenti nei singoli fattori. I modelli di
crescita endogena tendono a superare le ipotesi neoclassiche di concorrenza perfetta e
rendimenti constanti di scala. Questi mettono in evidenza un meccanismo grazie al quale si
generano economie di scala nella produzione e si evita l’insorgere di rendimenti decrescenti
nei singoli fattori, consentendo tassi di crescita costanti di lungo periodo determinati
endogeneamente. In particolare, grazie all’esistenza di esternalità nel processo produttivo,
si garantisce uno sviluppo economico sostenuto. Le esternalità possono avere diverse
origini:
1)
l’investimento cumulato in capitale fisico ed il conseguente aumento di capacità
tecnologiche cumulate nel tempo (Romer, 1986);
2)
i beni ed i servizi pubblici produttivi (ad esempio, le infrastrutture) che entrano come
input nella funzione di produzione delle imprese private (Barro, 1990);
3)
le infrastrutture dedicate allo sviluppo del sistema finanziario e volte al
miglioramento dell’efficienza allocativa dei fattori di produzione ed allo stimolo del
risparmio attraverso una maggiore accumulazione del capitale (King e Levine, 1993 e
Levine 2004).
4)
l’investimento in capitale umano, che migliora la produttività fisica del lavoro. E’
importante a tale proposito riconoscere che l’accumulazione di capitale umano può
avvenire sia attraverso l’istruzione scolastica (Lucas, 1988), sia tramite l’esperienza sul
lavoro (Mauro e Carmeci, 2004). E’ quindi evidente, come mostra il caso delle
regioni europee in generale ed italiane in particolare, che tanto più elevato è il tasso di
disoccupazione (quindi minore è l’esperienza lavorativa) tanto più basso il tasso di
crescita;
5)
l’investimento in ricerca e sviluppo (R&S) volto a favorire l’innovazione tecnologica
ed a migliorare la produttività fisica di tutti i fattori (Romer, 1990; Helpman e
Grossman, 1991).
La presenza di forti esternalità rende a sua volta il tasso di crescita competitivo inferiore
a quello socialmente ottimo. Al contrario del modello di Solow, nei modelli di crescita
endogena esiste quindi ampio spazio per un intervento delle autorità pubbliche finalizzato
al sostegno della crescita economica attraverso stimoli al settore privato (nella forma, ad
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
227
esempio, di sussidi che riducano il costo unitario del capitale o di sussidi all’investimento in
formazione o alla R&S) affinché questo sia spinto ad investire in misura maggiore di
quanto non sarebbe intenzionato a fare in condizioni di concorrenza perfetta.
E’ importante inoltre riconoscere che le esternalità legate al processo di accumulazione
fattoriale non agiscono uniformemente nel tempo e nello spazio. I loro effetti possono,
infatti, essere caratterizzati dalla presenza di soglie, per cui le esternalità giocano un ruolo
importante per la crescita nei limiti di certi valori critici, mentre non hanno nessuna
rilevanza al di fuori di tali limiti (Azariadis e Drezen, 1990). Si generano quindi non
linearità nel comportamento di crescita, che possono dar luogo ad equilibri multipli.
Per l’analisi della crescita regionale è comunque necessario, come già accennato,
superare l’ipotesi di economia chiusa ed identificare i meccanismi attraverso cui i
movimenti dei fattori e la diffusione della conoscenza, insieme all’accumulazione interna
dei fattori (realizzata attraverso l’investimento privato, la spesa pubblica produttiva,
l’istruzione e la lotta alla disoccupazione) e della conoscenza (attraverso l’attività di R&S e
la tutela dei diritti di proprietà), possono guidare le regioni più povere a crescere più
rapidamente ed a convergere verso i livelli di reddito pro capite delle regioni più ricche.
L’ipotesi di assenza di scambi interregionali di fattori di produzione (lavoro e capitale),
alquanto irrealistica, viene rilassata in primis attraverso le versioni bi-regionali del modello
neoclassico di crescita sviluppate da Borts (1960) e Borts e Stein (1964). Questi modelli
suggeriscono che i movimenti dei fattori accelerano il processo di convergenza regionale.
Se i fattori sono perfettamente mobili, la convergenza può, infatti, essere raggiunta molto
più velocemente, anzi istantaneamente. Così, ad esempio, se il lavoro emigra dalle regioni
povere (a bassa dotazione di capitale) verso quelle ricche (ad alta dotazione di capitale) fino
all’equalizzazione dei salari reali, le economie regionali raggiungeranno velocemente il loro
livello di equilibrio di stato stazionario con livelli uguali di reddito e uguali rapporti
capitale/lavoro.
Modelli più recenti considerano l’esistenza di frizioni ed ostacoli al movimento dei
fattori (sotto forma di costi di installazione degli impianti per le imprese e di costi di
emigrazione per i lavoratori) tali da rendere il processo di convergenza non istantaneo
(Rappaport, 1999). Ad ogni modo, accurate evidenze empiriche e modelli di simulazione
hanno dimostrato che la velocità di convergenza dipende principalmente dalla mobilità del
capitale, mentre è relativamente poco sensibile al grado di mobilità del lavoro.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
228
A tale proposito, è importante osservare che il tentativo di sussidiare gli investimenti
delle imprese private come suggerito dai modelli di crescita endogena in economia chiusa,
attraverso programmi di intervento concertati con le autorità locali, può essere vanificato
in tutti quei casi in cui manca un substrato imprenditoriale (un distretto industriale o
comunque un cluster di imprese attive) disposto ad investire. L’assenza di un numero
sufficiente di investitori locali tali da innalzare le sorti di crescita di una piccola economia
regionale fa emergere l’opportunità di indirizzare i sussidi a favore non tanto di imprese
autoctone, ma di imprese esterne, preferibilmente di imprese straniere, disposte (in
presenza di una riduzione del costo unitario del capitale) ad investire all’interno dell’area.
I modelli di crescita e innovazione in economia aperta hanno dimostrato che anche la
diffusione del progresso tecnico può rappresentare un mezzo attraverso cui le regioni
meno innovative e meno sviluppate (follower) possono convergere verso i livelli di sviluppo
delle regioni più innovative (leader) (Grossman e Helpman, 1991). In particolare, se la
velocità di diffusione dell’innovazione e della conoscenza tecnologica è sufficientemente
elevata, allora il minor costo sostenuto dalle regioni follower per implementare i processi o i
prodotti innovativi generati dalle regioni leader consente loro di recuperare il gap in termini
di crescita favorendo un processo generale di convergenza. Tuttavia, se la diffusione della
conoscenza è limitata da fattori strutturali e geografici, allora la propensione innovativa
delle aree leader tende a far aumentare le disparità regionali, generando un complessivo
fenomeno di divergenza tra regioni.
Un’osservazione importante in merito alla relazione tra innovazione tecnologica e
crescita economica emerge allorché si studia il problema specifico dello sviluppo regionale.
Mentre la lotta alla disoccupazione, gli investimenti in istruzione e l’offerta di beni e servizi
pubblici produttivi dovrebbero essere spazialmente distribuiti in misura adeguata alle
esigenze di tutte le economie regionali sia del Centro che della Periferia, non è d’altro canto
pensabile che ciascuna piccola economia regionale individui il proprio motore della crescita
nella creazione locale di innovazioni orizzontali e/o verticali. Questa tesi può essere
corroborata dalle indicazioni fornite dalla recente letteratura teorica su crescita e
agglomerazione, secondo cui la concentrazione spaziale dei settori più innovativi favorisce
la crescita economica dell’intero sistema economico (Fujita e Thisse, 2002).
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
229
12.4 Il modello di Solow senza progresso tecnico
Solow (1956) considera un’economia chiusa (cioè un’economia che non effettua scambi
di beni, fattori di produzione e conoscenza) che, attraverso l’utilizzo di capitale e lavoro,
produce una quantità Yt di un solo bene omogeneo (il pedice t indica il tempo). Questa
quantità prodotta rappresenta il PIL (e quindi il reddito) complessivo dell’economia e può
essere consumata o investita al fine di creare nuove unità di capitale ( Yt = Ct + I t , dove Ct
indica il consumo e I t l’investimento). Il modello di Solow è costruito attorno a due
equazioni: una funzione di produzione ed un’equazione di accumulazione del capitale.
LA TECNOLOGIA DI PRODUZIONE
La funzione di produzione descrive la combinazione di capitale ( K t ) e lavoro ( Lt )
necessaria a produrre Yt :
Yt = F ( K t , Lt )
(12.1)
Questa funzione è caratterizzata da rendimenti costanti di scala: se viene raddoppiata la
quantità di K t ed Lt , raddoppia anche Yt :
λYt = F ( λ K t , λ Lt )
per qualsiasi valore di λ>0.
La produttività marginale del capitale e del lavoro è positiva e decrescente
∂F
∂2F
∂F
∂2 F
>0;
≤
0
;
>
0
;
≤0
∂K
∂K 2
∂L
∂L2
Si ipotizza inoltre che
-
il prodotto marginale di Kt (Lt) tende ad infinito quando Kt (Lt) tende a zero
limFK = limFL = ∞
K →0
-
L →0
il prodotto marginale di Kt (Lt) tende a zero quando Kt (Lt) tende a infinito
lim FK = limFL = 0
K →∞
L →∞
Questa condizioni (dette condizioni di Inada) implicano che ciascun fattore è essenziale
alla produzione del bene Yt , ovvero che F(0,L)=F(K,0)=0.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
230
Siamo interessati a spiegare i differenziali di reddito pro capite. Data l’ipotesi di
rendimenti costanti di scala, possiamo scrivere la funzione di produzione in forma
intensiva:
Yt
F ( K t , Lt ) Lt F ( K t / Lt ,1)
= yt =
=
= f ( kt )
Lt
Lt
Lt
dove f(kt) è la funzione di produzione espressa in termini di capitale per unità di lavoro
(kt = Kt/Lt). Questa funzione è concava, cioè f’(kt)>0 e f’’(kt)<0 (Figura 12.6).
f(k)
k
Figura 12.6 – La funzione di produzione
Con più capitale per unità di lavoro, le imprese producono più unità di prodotto per
unità di lavoro, ma ci sono rendimenti di scala decrescenti. Le condizioni di Inada possono
allora essere scritte nel modo seguente:
lim f (kt ) = ∞
kt →0
lim f (kt ) = 0
kt →∞
12.4.1
La funzione di accumulazione del capitale: l’equazione dinamica
fondamentale del modello di crescita neoclassico
La seconda equazione chiave del modello di Solow è la funzione di accumulazione del
capitale:
K t = I t − δK t = sF ( ⋅) − δK t
(12.2)
L’accumulazione del fattore capitale è determinata endogenamente e dipende dalle decisioni di consumo e risparmio delle
famiglie. In tale ottica, lo stock di capitale K comprende il capitale fisico, quello umano e la parte del progresso tecnologico
accumulabile. In assenza di rapporti con l’estero e considerato il fatto che nel modello non esiste un mercato finanziario dove
si possano accumulare attività, tutto ciò che viene risparmiato sarà poi investito in capitale.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
231
Questa equazione ci dice che in ciascun periodo, la crescita netta dello stock di capitale
dK
fisico, K t =
, uguaglia l’investimento lordo consentito dall’ammontare totale dei
dt
risparmi, sF (⋅) , al netto del deprezzamento che avviene durante il processo produttivo,
δK t 2. Il termine s ∈ [ 0,1] indica il tasso di risparmio, ovvero la frazione di reddito
risparmiata, fissata esogeneamente ed ipotizzata costante nel tempo. Anche il tasso di
deprezzamento del capitale δ ∈ [ 0,1] è constante e positivo: in ciascun periodo una
frazione costante dello stock di capitale si perde e non può più essere utilizzata nel
processo di produzione.
Per studiare l’evoluzione del reddito pro capite (yt = Yt/Lt) di questa economia,
riscriviamo l’equazione di accumulazione del capitale in termini pro capite (kt = Kt/Lt).
Calcolando i logaritmi, si ha: log kt = log Kt – log Lt. Considerando che la popolazione cresce
in ciascun periodo ad un tasso esogeno e costante pari ad n
L t
=n
Lt
Lt = L0ent
(12.3)
e derivando rispetto al tempo, avremo
kt K t Lt K t
=
− =
−n,
kt K t Lt K t
ovvero
K
K
I − δKt
kt = t kt − kt n = t − kt n = t
− kt n ,
Kt
Lt
Lt
da cui si perviene all’equazione fondamentale del modello di Solow:
kt = sf (kt ) − (n + δ)kt ,
(12.4)
dove sf (kt ) è l’investimento per unità di lavoro consentito dall’ammontare
complessivo dei risparmi; δkt è l’investimento necessario a mantenere k t al suo livello
esistente dato il deprezzamento e nkt è l’investimento necessario a mantenere k t al suo
2
Osserviamo che l’ equilibrio tra domanda e offerta è definito da Y t =I t +C t =I t +cY t (c = frazione di
reddito consumata) e quindi che l’equilibrio tra risparmi e investimenti è dato da I t =sY t =sF(K t ,L t ) (s = 1 c).
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
232
3
livello esistente data la crescita della popolazione al tasso n . Il termine (n + δ ) viene
denominato tasso effettivo di deprezzamente del rapporto K t /L t . Se il tasso di risparmio
(e quindi il flusso di investimenti) fosse uguale a zero, il rapporto K t /L t si ridurrebbe in
parte per il deprezzamento ed in parte per la crescita della popolazione. La differenza tra il
risparmio e l’investimento necessario a mantenere k t costante è quindi tutta rivolta ad
incrementare il capitale pro capite. Se sf (kt ) > ( n + δ ) kt , si verifica un’accumulazione di
capitale; se, viceversa, sf (kt ) < ( n + δ ) kt , si verifica un decumulo di capitale (Figura 12.7).
(n+δ )k
f(k)
sf(k)
k*
k
Figura 12.7 L’equilibro economico
12.4.2
La crescita bilanciata e l’equilibrio di stato stazionario
Per studiare la dinamica dell’economia dobbiamo definire il concetto di “crescita
bilanciata”. La crescita bilanciata rappresenta una collezione di sentieri temporali delle
variabili misurate in termini pro capite ( yt e kt ), tali che, data la condizione iniziale sul
rapporto capitale lavoro
( k0 > 0 )
e sul rapporto output-lavoro
3
( y0 > 0 ) ,
kt
=0 e
kt
In ciascun periodo, ci sono nL nuovi lavoratori. Se non ci fossero nuovi investimenti, il capitale per unità di
lavoro ovviamente si ridurrebbe.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
233
yt
= 0 . Pertanto un’economia è in equilibrio di crescita bilanciata (o in equilibrio di stato
yt
stazionario) quando reddito, capitale e lavoro crescono ad un tasso costante. Ciò implica
*
*
quindi che in equilibrio di stato stazionario: sf (kt ) = kt ( n + δ ) , dove k * indica il livello
di k t corrispondente all’intersezione tra la curva sf (kt ) e la retta kt ( n + δ ) .
Nello stato stazionario il rapporto K t /L t rimane costante nel tempo. Questo implica
che tutte le variabili espresse in termini pro capite rimangono costanti e che tutte le
variabili espresse in livello (K t , Y t e C t ) crescono al tasso di crescita della popolazione (in
assenza di progresso tecnico, la fonte della crescita nel modello di Solow è il tasso di
crescita della popolazione, n, determinato esogeneamente). Quando kt = kt* , si ha
Lt
= n,
Lt
K t
Y
k
y
= n, t = n , t = 0 e t = 0.
Kt
Yt
kt
yt
Questo risultato non è tuttavia compatibile con l’evidenza empirica di una crescita di Y t
e K t più veloce di L t , ovvero di una crescita nel tempo del rapporto Y t /L t . Su questo
punto torneremo in seguito.
L’equazione 12.4 ci permette di compiere alcuni esercizi di statica comparata in quanto
ci consente di affermare che lo stock di capitale pro capite (e tutte le variabili che da questo
dipendono: y t , c t ) di stato stazionario è tanto maggiore quanto maggiore è la propensione
marginale al risparmio e l’efficienza con cui la combinazione dei fattori è trasformata in
produzione, mentre è influenzato negativamente dal tasso di deprezzamento effettivo, cioè
dalla somma del tasso di deprezzamento del capitale e del tasso di crescita della
popolazione. Queste situazioni vengono descritte dalle figure 12.8a e 12.8b.
Si ipotizzi che l’economia si trovi in una situazione di stato stazionario con una
propensione marginale al risparmio s. Se la propensione al risparmio del sistema aumenta4
da s a s’ il risparmio pro capite eccede il tasso di deprezzamento effettivo del capitale. Il
rapporto capitale/lavoro aumenta e l’economia si sposta verso un livello di stock di stato
4
Ciò potrebbe accadere, sia per un cambiamento del comportamento delle famiglie, sia per un intervento
delle autorità di politica economica teso a far aumentare il risparmio tramite, per esempio, degli incentivi
fiscali per incentivare il risparmio del settore privato, ovvero aumentando il risparmio del settore pubblico
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
234
stazionario più elevato. Graficamente abbiamo nella fig. 12.8a uno spostamento dal punto
di equilibrio A al nuovo equilibrio B con un aumento dello stock di capitale da k0∗ a k1∗ .
Nel corso del processo di transizione il tasso di crescita delle variabili diventa positivo,
ma ritorna ad essere uguale a zero nel nuovo punto di equilibrio. Come effetto
complessivo, quindi, l’aumento della propensione marginale al risparmio porta ad un
aumento dello stock di capitale pro capite di stato stazionario, ma non influisce sul tasso di
crescita dell’economia nel lungo periodo che, infatti, continua ad essere uguale a zero.
(n’+ δ)
k (n+ δ)k
(n+ δ)k
B s’f(k)
C
A
D
sf(k)
k 0∗
k1∗
k1∗
Fig. 12.8a Aumento della propensione al risparmio
Fig. 12.8b Aumento del tassi di crescita della
popolazione
Un aumento del tasso di crescita della popolazione n conduce, invece, a risultati diversi.
In primo luogo, tale aumento porta ad un aumento del tasso di crescita di lungo periodo di
tutte le variabili in termini assoluti (e non pro capite) in quanto queste grandezze crescono
seguendo il tasso esogeno n. In secondo luogo, tale aumento conduce anche ad un
incremento del tasso di deprezzamento effettivo del capitale (n+δ), che a parità di altre
condizioni riduce lo stock di capitale fisico. Tale situazione è illustrata chiaramente dalla
fig. 12.8b, dove l’aumento della popolazione fa crescere la pendenza della curva di
deprezzamento effettivo. Se aumenta il deprezzamento, ma non aumenta il risparmio degli
operatori l’unico modo per mantenere l’equilibrio è ridurre lo stock di capitale. L’economia
si sposta da C al nuovo equilibrio, corrispondente a livelli più bassi di capitale pro capite,
D. Tuttavia anche in questo caso il tasso di crescita delle variabili espresso i termini pro
capite è costante e uguale a zero.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
235
k 0∗
12.4.3
La dinamica di transizione: come fa un’economia a convergere verso
l’equilibrio di stato stazionario?
Analizziamo adesso la dinamica di transizione. Dividiamo il lato destro e sinistro della
12.4 per kt e otteniamo
γk =
kt sf ( kt )
=
− (n + δ)
kt
kt
(12.5)
Mentre (n + δ ) è indipendente da kt , la funzione sf (kt ) / kt è decresce all’aumentare
di k t , data l’ipotesi di rendimenti decrescenti in k t nella funzione f(k t ). Quando sf (kt ) / kt
è maggiore di (n + δ ) , il tasso di crescita di k t è positivo. Quando sf (kt ) / kt è minore di
(n + δ ) , il tasso di crescita di k t è negativo. Nel punto kt* si ha
sf (kt* )
= (n + δ) ,
kt*
ovvero il fabbisogno di investimento è esattamente pari al risparmio e, dunque, si
raggiunge lo stato stazionario in cui il tasso di crescita del capitale pro capite è pari a 0.
tasso di crescita>0
tasso di crescita<0
sf(k)/k
k (0) P
k (0) R
k
Figura. 12.9 La dinamica di transizione
Supponiamo che kt sia minore di kt* , ad esempio kt 0 nella Figura 12.9 (con riferimento
alla regione povera). A tale livello di kt il risparmio eccede l’investimento e l’economia
accumula una quantità di capitale pari a kt = sf (kt 0 ) − (n + δ)kt 0 ; ma il tasso di crescita del
capitale (e del prodotto) diminuisce man mano che il capitale si avvicina al livello di stato
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
236
stazionario ( kt* ). L’economia tende asintoticamente e automaticamente verso tale
equilibrio. Questo risultato dipende dall’ipotesi di rendimenti decrescenti del capitale.
L’equazione (12.5) e la figura 12.9 implicano anche che, a parità di altre condizioni
(tasso di risparmio e tasso di crescita della popolazione), le regioni con un valore iniziale
del rapporto K t Lt più basso (le regioni povere) hanno tassi di crescita del reddito pro
capite più elevati rispetto alle regioni con un rapporto K t Lt iniziale più elevato (le regioni
ricche). Si determina quindi un processo di convergenza regionale verso un unico livello di
reddito pro capite di stato stazionario.
12.4.4
Stabilità dell’equilibrio
Si può dimostrare che kt* rappresenta un equilibrio stabile. Se kt < kt* , l’investimento
( I t Lt = syt ) è maggiore di quello richiesto, ovvero il capitale cresce più velocemente di
n+δ, facendo crescere kt . Quando kt = kt* , lo stock di capitale K t è grande abbastanza da
prendere tutto l’investimento generato dal risparmio syt , per mantenerlo crescente ad un
tasso pari a n+δ. Se kt > kt* , l’investimento generato da sYt non è sufficiente a mantenere
la crescita di K t pari a quella di Lt , cosicché kt si riduce verso kt* .
12.4.5
Il sentiero di crescita del reddito pro capite: convergenza assoluta e
condizionata
Analizziamo il comportamento del reddito pro capite y=Y/L lungo il sentiero di
transizione verso l’equilibrio di stato stazionario. Il tasso di crescita del reddito pro capite è
 f ' ( kt ) 
y t
kt
'
γy =
= f ( kt )
= kt
 γk
yt
f ( kt )  f ( kt ) 
(12.6)
L’espressione in parentesi quadre nella parte destra dell’equazione (12.6) è la quota di
capitale, Sh(k), cioè la quota di reddito pro capite destinata a remunerare il capitale.
L’equazione (12.6) mostra che la relazione tra γ y e γ k dipende dalla quota di capitale
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
237
( 1 < Sh ( k ) < 0 ). Secondo il modello di Solow, quindi, regioni con valori più piccoli di k
hanno tassi di crescita, γ y , più elevati. Consideriamo, ad esempio, un gruppo di regioni
chiuse agli scambi di beni e servizi e con caratteristiche strutturali simili, cioè con valori dei
parametri s, n e δ e con la stessa funzione di produzione. Queste regioni hanno pertanto lo
stesso livello di kt* e yt* . Immaginiamo che la sola differenza tra queste regioni riguardi il
livello iniziale di capitale pro capite, k(o). In base alle predizioni del modello di Solow, le
regioni meno ricche (con bassi livelli di k(0) e y(o)) avranno tassi di crescita di kt e yt
maggiori (Figura 12.9). L’ipotesi che le regioni povere tendano a crescere più velocemente
in termini pro capite delle regioni ricche, senza condizionamento ai valori dei parametri, è
chiamata ipotesi di convergenza assoluta. Se, invece, si tiene conto dell’eterogeneità
regionale nei valori dei parametri del modello (s, n e δ) e quindi dell’esistenza di differenti
valori di equilibrio di stato stazionario, il concetto di convergenza da considerare è quello
della convergenza condizionata. In realtà, il modello neoclassico non predice convergenza
assoluta, ma convergenza condizionata, ovvero predice che ciascuna economia converge
verso il suo proprio livello di stato stazionario e che la velocità di questa convergenza è
correlata inversamente alla distanza dallo stato stazionario: un valore più basso di reddito
pro capite tende a generare un tasso di crescita più elevato, una volta controllate le
determinanti dei livelli di stato stazionario (s, n e δ).
12.4.6
Il sentiero di regola d’oro
Consideriamo infine il consumo pro capite lungo il sentiero di crescita equilibrata. Data
l’equazione C t = Yt − I t = Yt − K t − δK t , possiamo ricavare l’espressione per il consumo
pro capite:
c t = yt − kt − ( n + δ ) kt
(12.7)
In equilibrio di stato stazionario, cioè quando kt = 0 , avremo
c t = f ( kt ) − ( n + δ ) kt
Il luogo dei punti (k,c) che soddisfa la (12.8) è illustrato nella figura 12.10.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
238
(12.8)
ct
ct = f (kt ) − (n + δ)kt
ct
kg
kt
Figura 12.10 – Il sentiero di regola d’oro
Si può notare che la funzione raffigurata è strettamente concava. Esiste quindi un unico
valore di k=kg che massimizza c globalmente. Questo valore determina il cosiddetto sentiero
di regola d’oro. Lungo tale sentiero la produttività marginale del capitale f ' ( k g ) è uguale al
tasso di crescita della popolazione più il tasso di deprezzamento del capitale n+δ. Si noti
che la regola d’oro vale solo in corrispondenza dell’equilibrio di stato stazionario, mentre
non c’è alcuna garanzia circa la soddisfazione della regola d’oro in corrispondenza della
condizione iniziale k0.
12.4.7
Il caso della funzione di produzione Cobb-Douglas
La funzione di produzione sin qui utilizzata ha una forma generica, Yt = F ( K t , Lt ) . I
modelli di crescita generalmente specificano questa funzione attraverso la seguente
formulazione, detta Cobb-Douglas:
Yt = K tα L1t−α
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
0<α<1
239
(12.9)
In termini relativi (ovvero dividendo per L) possiamo scrivere
yt =
dove yt =
Yt
= ktα
Lt
Yt
K
e kt = t . Pertanto, la crescita del reddito pro capite è proporzionale
Lt
Lt
alla crescita dello stock di capitale pro capite:
yt
k
=α t
yt
kt
f ' (k ) = αk α −1 > 0
f ''( k ) = α( α − 1)k α− 2 < 0
L’espressione per la crescita della popolazione è quella standard
Lt = L0ent
La condizione di eguaglianza tra risparmio e investimento è espressa come
Yt = It + Ct = sYt + Ct.
L’accumulazione di capitale è descritta da
kt = sktα − kt ( n + δ )
(12.10)
In stato stazionario kt = 0 , pertanto
skt*α = kt* ( n + δ ) ,
ovvero
1
 s 1−α
kt* = 
 .
 n+δ
Sostituendo questo risultato nella funzione di produzione
α
*
 Yt 
 s 1−α
*α
  = kt = 
 .
n+δ
 Lt 
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
240
Yt
= ktα , avremo
Lt
In termini logaritmici
*
Y 
α
α
log  t  =
log( s ) −
log( n + δ)
L
1
1
−
α
−
α
 t
(12.11)
Possiamo notare che la variabile endogena yt* è adesso scritta in termini dei parametri
del modello. Abbiamo quindi la soluzione di stato stazionario del modello. Questa
equazione rivela la risposta di Solow alla domanda “perché alcune regioni sono così ricche
e altre così povere?”
1. Le regioni con maggiore propensione al risparmio (investimento) avranno in
equilibrio livelli di reddito pro capite permanentemente maggiori rispetto a regioni
con propensioni al risparmio minori.
2. Le regioni che hanno elevati tassi di crescita della popolazione, invece, avranno in
equilibrio livelli di reddito pro capite permanentemente minori. Una frazione più
elevata di risparmi in queste economie deve essere destinata a mantenere invariato
il rapporto capitale/prodotto al crescere della popolazione.
12.4.8
L’equilibrio competitivo
L’economia è composta da famiglie consumatrici-risparmiatrici e imprese. Le prime
offrono inelasticamente sia lavoro che capitale e ricevono rispettivamente una
remunerazione pari a w (il saggio di salario) per i servizi del lavoro e pari a r (il tasso di
interesse) per i servizi del capitale. Le imprese organizzano la produzione assumendo
lavoratori e prendendo a prestito dalle famiglie il capitale.
Dati i rendimenti di scala costanti della funzione di produzione, la dimensione dei
produttori non influenza le condizioni di massimo per il profitto, così che si può assumere
l’esistenza di un’unica impresa che massimizza il profitto scegliendo la migliore
combinazione di capitale e lavoro kt . L’impresa quindi massimizzerà il profitto, ossia
max π = L  f ( k ) − w − rK 
k
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
241
Dalle condizioni di primo ordine otteniamo la curva di domanda di capitale
dell’impresa, ossia
∂π
=0
∂kt
=> f ' ( kt ) = r
La libera entrata nel mercato fa sì che in ogni periodo i profitti dell’impresa siano nulli,
da cui si determina il livello del salario:
w = f ( kt ) − kt f ' ( kt )
Le imprese in questa economia quindi pagano a ciascuna unità di lavoro un salario
reale pari a w e remunerano ciascuna unità di capitale al tasso di interesse reale pari a r.
12.5 Il modello di Solow con progresso tecnico
Il modello di Solow discusso sin qui prevede che in stato stazionario il capitale ed il
reddito pro capite siano costanti. Questa versione del modello non prevede quindi
l’esistenza di un tasso di crescita positivo nel lungo periodo. Al fine di generare crescita
sostenuta del reddito pro capite, occorre modificare alcune ipotesi del modello base. In
particolare, bisogna introdurre l’ipotesi dell’esistenza di un progresso tecnologico esogeno
che ‘sostenga’ l’economia. Ciò significa aggiungere una variabile ‘tecnologia’, At , nella
funzione di produzione:
1−α
Yt = F ( K t , At Lt ) = K tα ( AL )t
0<α<1
(12.12)
Posizionata in questo modo all’interno della funzione di produzione, la variabile At è
chiamata tecnologia labour augmenting o Harrod Neutral, in quanto essa condiziona solo
l’efficienza del fattore lavoro. Il modello di crescita di Solow così modificato è chiamato
modello di crescita esogena, perché l’unico meccanismo endogeno al modello
(l’accumulazione del capitale) tende ad accompagnare piuttosto che a determinare il
processo di crescita economica, mentre il motore della crescita è rappresentato dal
progresso tecnologico, esogeno al modello. Il progresso tecnico rappresenta cioè una
manna dal cielo e non ci si chiede da cosa sia condizionato. L’unica ipotesi che si fa circa il
progresso tecnico è che esso si realizzi in misura costante nel tempo, al tasso dato
t
A
=g,
At
ovvero At = A0e gt . Ovviamente questa ipotesi è irrealistica e ciò spiega in parte l’emergere
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
242
di quel filone di letteratura noto come “Teoria della crescita edndogena” (cfr. capitolo 13), che
tenta di rendere il progresso tecnologico endogeno al processo di crescita economica.
Le altre ipotesi del modello di Solow con progresso tecnico sono identiche a quelle del
modello senza progresso tecnico. In particolare, la popolazione cresce al tasso esogeno n
(ovvero Lt = L0e gt ), il risparmio e l’investimento sono sempre in equilibrio ( Yt = Ct + I t ),
l’investimento è funzione del reddito ( I t = sYt ) e l’accumulazione di capitale dipende da
 K

Y
investimenti ed ammortamenti  t = s t − δ  .
Kt
 Kt

Possiamo analizzare il modello di Solow con progresso tecnico misurando le variabili
fondamentali in unità di lavoro espresse in termini di unità di efficienza:
kt ≡ K t / At L t
Si noti che
yt ≡ Yt / At Lt
Yt
= yt = kt α . In termini logaritmici
At Lt
log kt = log K t − (log At + log L t )
Derivando rispetto al tempo
∂ log kt kt K t  At Lt 
= =
− + 
∂t
kt K t  At Lt 
Combinando questa equazione con quella dell’accumulazione del capitale, avremo
 A L  I − δKt K
kt = t kt − kt  t + t  = t
− kt ( g + n ) ,
Kt
A
L
A
L
t 
t t
 t
ovvero
sYt
sK t α ( AL )t1−α kt =
− kt ( g + n + δ ) = syt − kt ( g + n + δ) =
− kt ( g + n + δ ) ,
At Lt
( AL )t
Quindi
kt = skt α − kt ( g + n + δ ) ,
(12.13).
In stato stazionario tutte le variabili aggregate crescono allo stesso tasso il quale è dato
dalla somma del tasso di crescita della popolazione e del tasso di progresso tecnico:
K t C t Yt
=
= = n + g . Le variabili espresse in termini di unità di lavoro cresceranno quindi
K t C t Yt
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
243
al tasso g:
kt ct
y
= = t = g . Infine, le variabili espresse in termini di unità di lavoro di
kt c t
yt
efficienza cresceranno al tasso pari a zero:
kt ct
y
= = t = 0 . La condizione di equilibrio
kt ct
y t
del modello sarà quindi espressa dalla seguente espressione:
skt *α = kt * ( g + n + δ ) 5,
ovvero
1

1−α
s
kt * = 
 .
 g +n+δ
Sostituendo questa equazione nella funzione di produzione avremo
α
yt * = kt α*

1−α
s
=
 .
 g +n+δ
Per comprendere cosa accade al prodotto pro capite possiamo scrivere


s
y t * = At kt α* = At 

 g +n +δ
α
1−α
At s
=
α
1−α
(n + g + δ)
α
1−α
.
Infine, l’espressione in termini logaritmici del livello di stato stazionario del reddito pro
capite sarà:
*
Y 
α
α
log  t  = log A(0) + gt +
log( s) −
log(n + g + δ)
1− α
1− α
 Lt 
12.5.1
(12.14)
Una misura della velocità di convergenza
E’ possibile calcolare una misura quantitativa della velocità di convergenza nel caso in
cui la funzione di produzione sia specificata come una Cobb-Douglas. Dalla (12.13)
ricaviamo che il tasso di crescita del capitale per unità effettiva di lavoro è pari a
5
Si noti che la condizione di regola d’oro in questo caso diviene:
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
244
f ' ( kt ) = n + δ + g .
kt
γ kt = = skt − (1−α ) − ( g + n + δ )
k
(12.15)
t
L’approssimazione log-lineare dell’equazione (12.15) nell’intorno dell’equilibrio di stato
stazionario è esprimibile come:
  k  
γ kt = d  log kt  / dt ≅ − β  log  t*  


( )

(12.16)
 kt  
*
Il coefficiente β = (1-α)(g+n+δ) misura la velocità di convergenza di kt verso k t .
Possiamo inoltre ricavare l’equazione della crescita del reddito pro capite nel modo
seguente:
γ yt = αγ kt
(
log ( yt / yt * ) = α log kt / kt *
)
Sostituendo queste formule nell’equazione (12.16), otteniamo
γ yt ≅ − (1 − α )( g + n + δ ) log ( yt / yt * ) 
(12.17)
~
E’ evidente che il coefficiente β per yt è equivalente a quello ricavato per k . Tale
coefficiente indica quanto velocemente il reddito per unità effettiva di lavoro di
un’economia converge verso il suo livello di stato stazionario. L’equazione (12.17) è
un’equazione differenziale che ammette soluzione nel punto
log [ yt ] = (1 − e −βt ) log ( yt * ) + e−βt log ( y 0 )
(12.18)
In ogni periodo t, il termine log [ yt ] nell’equazione (12.18) appare come una media
ponderata del valore iniziale del reddito per unità di lavoro effettivo ( log [ y0 ] ) e del valore
(
)
*
− βt
di stato stazionario ( log  yt  ) con pesi rappresentati da e − βt e da 1 − e
. Se
consideriamo l’intero arco temporale compreso tra il periodo iniziale 0 ed il periodo finale
T, otteniamo che il tasso di crescita di lungo periodo del reddito per unità di lavoro
effettivo è pari a:
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
245
(
)
(
)
− βT
1 − e− β T
 y (T )  1 − e
1
*
log 
log y −
log ( y ( 0 ) )
=
T
T
T
 y ( 0 ) 
( )
(12.19)
Possiamo riparametrizzare questo modello, scrivendo
 y (T ) 
1
log 
 = a − b log( y (0 ))
T
 y (0 ) 
(1 − e ) log
a=
− βT
dove,
T
(1 − e ) .
b=
(12.20)
−βT
( )
y *
e
T
Quindi
β = − log
(1 − bT )
T
.
L’equazione (12.19) rappresenta il modello di riferimento per testare empiricamente
l’ipotesi di convergenza regionale.
Il processo di convergenza può essere valutato oltre che con il parametro β, anche
attraverso il cosiddetto half life time, ovvero il tempo necessario perché il livello di reddito
per unità di lavoro effettivo espresso in termini logaritmici, log [ yt ] , raggiunga il livello
*
intermedio tra il valore iniziale, log [ y0 ] , ed il valore di stato stazionario, log  y t  . In altri
termini, esso corrisponde al tempo che occorre per eliminare metà del gap nel livello di
− βt
reddito pro capite. Questo valore soddisfa la condizione che e = 0,5 . Quindi il
parametro di hal life time può essere scritto come
t half −life =
12.5.2
log(0,5)
β
= 0,69β −1
Riepilogo del modello di Solow
• La teoria neoclassica spiega la crescita del prodotto (o del reddito) come funzione
della crescita dei fattori produttivi e della tecnologia. L’importanza relativa di
ciascun fattore è costituita dalla propria quota nella produzione.
• Il capitale è il fattore produttivo più importante perché può essere accumulato.
• La crescita di lungo periodo del PIL pro capite è causata da miglioramenti nella
tecnologia.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
246
• In assenza di sviluppo tecnologico, la produzione pro capite alla fine converge al
proprio valore di stato stazionario. Il valore di stato stazionario dipende in maniera
positiva dal tasso di risparmio ed in maniera negativa dal tasso di crescita della
popolazione.
12.5.3
Le implicazioni in termini di convergenza
• Regioni caratterizzate dalla stessa tecnologia, dallo stesso tasso di risparmio, dallo
stesso tasso di crescita della popolazione e dallo stesso tasso di deprezzamento del
capitale tendono a convergere al medesimo livello di reddito pro capite. In
particolare, le regioni con un reddito pro capite iniziale minore tendono a crescere
più velocemente di quelle con un livello di reddito pro capite iniziale maggiore
(ipotesi di convergenza assoluta).
• Regioni caratterizzate da parametri diversi tendono a convergere verso differenti
livelli di reddito pro capite di stato stazionario, ma il tasso di crescita è tanto
maggiore quanto più si è distanti da esso (ipotesi di convergenza condizionata).
12.6 Il modello di Cass e Koopmans
Il modello neoclassico di crescita è stato sviluppato da Cass (1965) e Koopmans (1965)
considerando il risparmio come variabile endogena risultante da un processo di
ottimizzazione intertemporale. La popolazione di consumatori (pari alla forze lavoro Lt), in
ogni istante di tempo, deve decidere quanta parte del reddito ( Yt = wL t + rK t ) destinare al
consumo e quanta al risparmio, contribuendo in tal modo al processo di accumulazione del
capitale.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
247
12.6.1
L’equilibrio competitivo
Si consideri un’economia popolata da un numero finito di consumatori omogenei che
offrono lavoro e capitale alle imprese ricevendo in cambio un salario, wt , o un rendimento
del capitale, rkt . Essi possono utilizzare il reddito o per consumo, C , o per risparmio
contribuendo, in tal modo, all’accumulazione del capitale. Ipotizzando che le imprese
accantonino già la quota di prodotto da destinare all’ammortamento del capitale, δ , e che
il numero di consumatori sia pari alla forza lavoro totale, il vincolo di bilancio del
consumatore rappresentativo è
K t
K C
= wt + r t − t
Lt
Lt Lt
Possiamo quindi scrivere:
kt = wt + rkt − nkt − ct
(12.21)
In ogni istante di tempo il consumatore con orizzonte di vita infinito massimizza la
funzione di utilità intertemporale derivante dal consumo
∞
U ( c t ) = ∫ e −ρt u ( c t ) dt
(12.22)
0
con ρ il tasso di sconto intertemporale e u(ct) l’utilità istantanea del consumo, sotto il
vincolo di bilancio (12.21), dati la condizione iniziale k0 > 0 , L 0 = 1 ed i vincoli di non
negatività c t ≥ 0 , kt ≥ 0 , ∀t . La condizione necessaria per l’ottimo è
c c =
rt − ρ − n
−c t u ′′ ( c t ) u ′ ( c t )
(12.23)
dove −c t u ′′ ( c t ) u ′ ( c t ) rappresenta l’elasticità dell’utilità marginale al consumo.
Le condizioni del primo ordine per la massimizzazione del profitto delle imprese sono
date, come già detto, da
f ′ ( kt ) − δ = rt ,
(12.24)
f ( kt ) − kt f ′ ( kt ) = w t
(12.25)
Sostituendo la (12.24) nella (12.23), otteniamo
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
248
c c =
f ′ ( kt ) − ρ − n − δ
−c t u ′′ ( c t ) u ′ ( c t )
(12.26)
Sostituendo la (12.24) e la (12.25) nella (12.21), otteniamo
kt = f ( kt ) − ( n + δ ) kt − c t
(12.27)
La (12.26) e la (12.27) formano un sistema di equazioni differenziali autonome che
descrivono le traiettorie ottimali del capitale e del consumo pro capite.
Prima di studiare le caratteristiche della crescita equilibrata e la dinamica di transizione
di questo modello, è importante osservare che, nell’ipotesi di un sistema di mercati
perfettamente competitivi, la funzione di utilità del consumatore (12.22) corrisponde anche
alla funzione del benessere sociale che un pianificatore sociale si proporrebbe di
massimizzare e che la (12.27) coinciderebbe con il vincolo di bilancio di questo ipotetico
pianificatore. Di conseguenza, la soluzione socialmente utile coinciderebbe con quella di
un’economia competitiva.
12.6.2
La crescita equilibrata
In stato stazionario, il consumo ed il capitale in termini pro capite sono costanti, ovvero
kt / kt = 0 e ct / c t = 0 . Dalla (12.26) e dalla (12.27) si ricava quindi
f ′ ( kt ) = ρ + n + δ
(12.28)
c t = f ( kt ) − ( n + δ ) kt
(12.29)
(
)
*
*
Si può verificare facilmente che esiste un’unica coppia di costanti kt , c t che risolve il
sistema di equazioni (12.28) e (12.29).
Il livello kg che rende massimo il consumo pro capite di lungo periodo, ovvero la
cosiddetta ‘regola d’oro’ è ottenuto massimizzando la (12.29) rispetto a k t :
( )
f ′ k gt = n + δ
(12.30)
Si noti che anche in tal caso il rapporto capitale-lavoro di equilibrio non è
necessariamente uguale a quello della regola d’oro. Ma, dato che f ′ è strettamente
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
249
*
decrescente per ipotesi, allora si può anche osservare che kt < k gt e che il sentiero di
crescita equilibrate è dinamicamente efficiente.
12.6.3
La dinamica di transizione
Studiamo adesso la dinamica di transizione del sistema economico verso l’equilibrio di
stato stazionario per capire se è esso converge come nel modello di Solow. La figura 12.11
rappresenta i luoghi dei punti di k e di c che soddisfano le condizioni di equilibrio di stato
stazionario definite dalle equazioni (12.28) e (12.29).
Le due curve si intersecano in un solo punto che è anche l’equilibrio di lungo periodo
(k
*
t
, c t * ) . Tale punto di equilibrio rappresenta un punto di sella. Infatti, in corrispondenza
delle regioni II e IV, il sistema tende a divergere, cioè ad allontanarsi dall’equilibrio di
lungo periodo. In corrispondenza delle regioni I e III, il sistema tende invece a convergere
verso l’equilibrio.
Lo stato stazionario non è quindi un equilibrio stabile, raggiungibile cioè da qualsiasi
punto di partenza iniziale. La convergenza si realizza solo in corrispondenza di determinate
condizioni iniziali.
Figura 12.11 – La dinamica di transizione
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
250
12.6.4
Il ruolo dell’intervento pubblico
Abbiamo già detto che nel modello neoclassico di crescita economica sviluppato da
Cass e da Koopmans la soluzione socialmente utile adottata da un ipotetico pianificatore
sociale tenderebbe a coincidere con quella di un’economia competitiva. Ci chiediamo
adesso se esiste spazio nel modello neoclassico per un intervento pubblico dello Stato
rivolto ad innalzare le sorti di crescita di un’economia regionale attraverso una spesa
pubblica (Gt) finanziata tramite le imposte (Tt) prelevate dal reddito dei consumatori.
Nell’ipotesi in cui lo Stato intervenisse mantenendo il bilancio pubblico in pareggio (Gt =
Tt), il vincolo di bilancio del consumatore rappresentativo diventerebbe
kt = w t + rkt − ( n + δ ) kt − c t − τt
(12.31)
dove τt ≡ Tt / L t . Nell’ipotesi di pareggio di bilancio, avremo anche
kt = w t + rkt − ( n + δ ) kt − c t − g t
(12.32)
dove g t ≡ Gt / L t . In stato stazionario, k = 0 , quindi
c t = f ( kt ) − ( n + δ ) kt − g
(12.33)
Confrontando la (12.33) con la (12.29) si può osservare che per ogni livello del capitale
pro capite lungo il sentiero di crescita equilibrata, il corrispondente livello del consumo pro
capite è più basso in presenza di spesa pubblica. L’intervento di politica economica non
sortisce invece nessun effetto sul livello di capitale pro capite. Se ne deduce che dal punto di
vista neoclassico, l’introduzione o l’aumento della spesa pubblica provoca una riduzione del benessere
sociale.
12.7 Il ruolo del capitale umano nel modello di Solow
In questo paragrafo presentiamo un’estensione del modello di Solow proposta da
Mankiw, Romer e Weill (1992) che incorpora il capitale umano. Ipotizziamo una funzione
di produzione del tipo Cobb-Douglas con tecnologia ( At ) labour-augmenting, in cui l’output
( Yt ) è funzione della combinazione di capitale fisico ( K t ), lavoro ( Lt ) e capitale umano
( H t ):
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
251
1−α − β
Yt = K tα H tβ ( AL )t
α>0, β>0, α+β<1
(12.34)
La crescita della popolazione si realizza al tasso n, esogeno:
Lt = L0ent,
mentre il progresso tecnico si realizza al tasso g, anch’esso esogeno:
At = A0egt.
Mankiw, Romer e Weill (1992) immaginano un’economia in cui l’accumulazione di
capitale umano avvenga in maniera identica all’accumulazione di capitale fisico, ovvero
attraverso la rinuncia al consumo di una parte del reddito Y. Possiamo quindi scrivere:
K t = I kt − δ K t = sk Yt − δ K t
H t = I ht − δ H t = shYt − δ H t ,
dove sk è la frazione di reddito investita in capitale fisico e sh è la frazione di reddito
investita in capitale umano.
Definiamo adesso il capitale e il prodotto per unità di lavoro effettivo
kt ≡ K t / ( AL )t
ht ≡ H t / ( AL )t
yt ≡ Yt / ( AL )t .
In termini logaritmici, possiamo scrivere
log kt = log K t − ( log At + log Lt ) .
Derivando rispetto al tempo, otteniamo
∂ log kt kt K t  At Lt
= =
− +
∂t
kt K t  At Lt
L’accumulazione di capitale fisico per unità di lavoro è:
 A L
K
kt = t kt − kt  t + t
Kt
 At Lt
ovvero

.


K t
I − δ Kt =
− kt ( g + n ) = kt
− kt ( g + n ) ,

( AL )t
 ( AL )t
skYt
sk K tα H tβ ( AL)1t −α − β kt =
− k ( g + n + δ ) = sk yt − kt ( g + n + δ ) =
− kt ( g + n + δ )
AL
( AL )t t
,
Possiamo seguire lo stesso procedimento per ricavare la funzione di accumulazione di
capitale umano per unità di lavoro. Il sistema economico sarà quindi governato dalle
seguenti due equazioni dinamiche:
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
252
kt = sk ktα htβ − kt ( g + n + δ )
(12.35)
(12.36)
ht = s h ktα htβ − ht ( g + n + δ )
In stato stazionario kt = ht = 0 . Possiamo quindi scrivere
sk kt*α ht*β = kt* ( g + n + δ )
sh kt*α ht*β = ht* ( g + n + δ )
Questo sistema può essere risolto attraverso semplici passaggi algebrici:
sk kt *α ht *β sh kt *α ht *β
=
kt *
ht *
s
kt * = k ht *
sh
=>
α
 s 
sh  k ht *  ht β = ht * ( g + n + δ )
 s 
 h 
sk α sh1−α
*(1−α−β )
=
ht
( g + n + δ)
~ ~
Il livelli di equilibrio di stato stazionario per h e k saranno quindi:
1
1
 sk α sh1−α 1−α−β
*
ht = 
 g + n + δ 


 sk1−β sh β 1−α−β
*
kt = 
 g + n + δ 


Sostituendo queste due espressioni nella funzione di produzione, otteniamo
(
Yt
Kt α
H tβ
α
β ALt
=
AL )t
( AL )t
β (
( AL )t ( AL )tα
( AL )t
( AL )t
1−α−β )
Yt
= ktα htβ
( AL )t
 s s 
Yt
= At ktα htβ = At  k h 
 g +n+δ
Lt


1−β
Yt
= A(0)e gt s k
Lt
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
(1−β )α+αβ
1−α−β
β
α
1−α−β
(1−α )β+αβ
s h
1−α−β
253
 sk sh 


 g +n+δ
α
1−α
β
1−α−β
1
α+β
( g + n + δ )1−α−β
In termini logaritmici e fissando logA t = a + ε, si ha
Y 
α
β
α +β
log  t  = a +
log( sk ) +
log( sh ) −
log(n + g + δ) + εt
1− α − β
1− α − β
1− α − β
 Lt 
(12.37)
Quest’ultima equazione riassume la spiegazione del perché alcune regioni sono ricche e
altre sono povere. Le regioni ricche hanno un maggiore tasso di investimento in capitale
fisico (s k~ ) , un maggiore tasso di investimento in capitale umano (s h~ ), un minore tasso di
crescita della popolazione, n, e un più alto livello di tecnologia, a.
La funzione della crescita è data da
d log ( yt )
= λ  log ( yt* ) − log ( yt ) 
dt
dove λ = (n + g + δ )(1 − α − β ) è il tasso di convergenza
log ( yt ) = (1 − e −λt ) log ( yt* ) + e −λt log ( y0 )
sottraendo log( y 0 ) (le ‘condizioni iniziali’) da ambo i membri, otteniamo
log ( yt ) − log ( y0 ) = (1 − e −λt ) log ( yt* ) − (1 − e −λt ) log ( y0 )
log ( yt ) − log ( y0 ) = (1 − e − λt )
α
log( sk )
1−α − β
β
log( sh )
1−α − β
α +β
− (1 − e− λt )
log(n + g + δ )
1−α − β
+ (1 − e − λt )
− (1 − e− λt ) log ( y0 ) + ε
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
254
(12.38)
12.8 Mobilità dei fattori e convergenza/divergenza nel
modello neoclassico
I modelli neoclassici esposti nei paragrafi precedenti sono stati sviluppati nell’ipotesi di
un’economia chiusa agli scambi di beni e fattori produttivi con le altre economie. L’ipotesi
di economia chiusa è ovviamente irrealistica, soprattutto con riferimento alle regioni, date
le minori frizioni spaziali e sociali che caratterizzano la mobilità delle risorse produttive e
dei beni tra le regioni piuttosto che tra paesi. Se, infatti, tra i paesi esistono tuttora - e sono
sicuramente esistite in passato - barriere di tipo tariffario e non tariffario, che impediscono
o limitano gli scambi di beni e fattori di produzione, la mobilità fattoriale ed il commercio
di beni interregionale è totalmente privo di qualsiasi ostacolo di tipo istituzionale, cioè di
barriere imposte dalle autorità locali. Così, ad esempio, all’interno del territorio italiano, i
lavoratori sono liberi di spostarsi (emigrare) da una regione all’altra al fine di cercare un
lavoro più remunerativo; anche le imprese sono libere di spostare il capitale da una regione
all’altra al fine di massimizzare la loro funzione del profitto; il commercio interregionale di
beni è, inoltre, completamente privo di restrizioni istituzionali. Una notevole libertà di
movimento per beni e fattori di produzione oggi esiste tra i paesi appartenenti all’Unione
Europea, ma rappresenta una conquista relativamente recente per apprezzarne gli effetti
sulla crescita di lungo periodo.
Anche gli scambi interregionali, sebbene privi di barriere istituzionali, non sono privi di
costi economici e psicologici che possono limitare l’entità stessa degli scambi.
Considerando, ad esempio, la mobilità del lavoro, possiamo osservare che nessuna legge
impedisce ai lavoratori all’interno del territorio italiano di spostarsi da una regione all’altra
per raggiungere l’occupazione più remunerativa. Tuttavia, come già ampiamente discusso
nel Box 2.1 del capitolo 2, la mobilità del lavoro è fortemente limitata dalla presenza di
elevati costi di transazione.
In questo paragrafo e nel successivo presentiamo alcuni modelli di crescita neoclassica
che rilassano le ipotesi di economia chiusa, considerando la possibilità di mobilità dei
fattori di produzione.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
255
12.8.1
Un modello ad un settore con mobilità dei fattori
Gli effetti della mobilità fattoriale (del lavoro e del capitale) sulla crescita economica
regionale sono stati introdotti da Borts (1960) e Borts e Stein (1964) attraverso
un’estensione del modello neoclassico. Come nel modello di Solow, valgono le ipotesi di
perfetta concorrenza nei mercati dei beni e dei fattori produttivi. In ogni istante di tempo,
le imprese scelgono la quantità di K e di L che massimizzano il profitto e remunerano i
fattori produttivi al livello della loro produttività marginale:
max Π t = y t − L t w − rK t
w=
∂Yt
∂L t
r=
∂Yt
∂K t
L’ipotesi di perfetta flessibilità nelle remunerazioni dei fattori garantisce, inoltre,
l’equilibrio di piena occupazione nel mercato del lavoro.
A differenza di Solow, Borts (1960) e Borts e Stein (1964) ipotizzano l’esistenza di due
regioni, con uguale funzione di produzione, ma differente dotazione di capitale e lavoro ed
assumono che vi sia perfetta mobilità interregionale dei fattori produttivi, ma totale
immobilità dei beni prodotti.
La funzione di produzione, uguale per le due regioni, è del tipo standard Cobb-Douglas
con rendimenti di scala costanti:
1−α
Yt = K tα ( AL )t
0<α<1
(12.39)
La produttività marginale dei fattori K t e L t (e quindi la loro remunerazione) è
decrescente. Quindi le aree con una dotazione relativa (K t /L t ) maggiore avranno una
1−α
 ∂Y / ∂K
αK tα−1 ( AL )t
αktα−1
t
t
produttività relativa del capitale 
= α
=
 ∂Yt / ∂L t K t (1 − α )( AL )−α (1 − α ) ktα
t


 e un


livello relativo di remunerazione del capitale ( r / w ) più bassi.
Il modello consente di mettere in evidenza come, sotto le ipotesi sopra richiamate, la
crescita dipenda dall’allocazione delle risorse tra le due regioni. Una migliore allocazione
interregionale delle risorse in un’economia aperta con perfetta mobilità dei fattori richiede
che il capitale e il lavoro si spostino verso le regioni con la produttività più elevata, attratti
da maggiori remunerazioni (si ricorda che i fattori sono remunerati al livello della loro
produttività marginale). In ciascuna regione il tasso di crescita del capitale, nell’ipotesi di
assenza di deprezzamento, dipende dall’investimento (risparmio) e dal differenziale di
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
256
remunerazione del capitale nella regione i (ri) rispetto alla remunerazione dello stesso
fattore nel resto del mondo (rm), ovvero:
K t
Y
= s t + µ ( ri − rm )
Kt
Kt
(12.40)
Allo stesso modo, il lavoro cresce al crescere della popolazione (n) e del differenziale di
remunerazione tra la regione i e il resto del mondo:
Lt
= n + λ ( wi − wm )
Lt
(12.41)
µ e λ rappresentano parametri che misurano la sensibilità con la quale il capitale ed il
lavoro, rispettivamente, si muovono in base ai differenziali di remunerazione.
Nell’ipotesi di un Sud (o una Periferia) povero, con un rapporto K/L basso, ed un Nord
(o un Centro) ricco, con un rapporto K/L alto, si assisterebbe ad una migrazione di
capitale dalla regione ricca verso quella povera e, viceversa, di lavoro dal Sud verso il Nord,
come conseguenza delle più elevate remunerazioni nelle aree dove minore è la presenza del
fattore, derivante da livelli di produttività fattoriale differenti.
L’emigrazione di lavoratori permette alla regione povera di aumentare la remunerazione
del lavoro; lo stesso effetto positivo accompagna il deflusso di capitale dal Nord. Il
processo di riallocazione delle risorse si arresta solo quando le due regioni raggiungono la
stessa dotazione fattoriale e, quindi, lo stesso livello di reddito in piena occupazione. In
questo modello semplificato, dunque, i divari interregionali delle crescita tenderanno a
sparire.
Il modello raggiunge un equilibrio stazionario quando K t , L t ed A t crescono
esattamente nella stessa proporzione, cioè quando kt = 0 :

kt K t  L t A
Y
=
−  + t  = s t + µ ( ri − rm ) − ( n + g ) − λ ( w r − w m )
kt K t  L t At 
Kt
=s
K t α ( AL )t
= skt
Kt
α−1
1−α
+ µ αK t α−1 ( AL )t

1−α
− rm  − ( n + g ) − λ (1 − α ) K t α ( AL )t


−α
− wm 

(12.42)
+ µ ( αkt α−1 − rm ) − ( n + g ) − λ (1 − α ) kt α − w m  = 0
E’ possibile dimostrare l’esistenza, l’unicità e la stabilità della soluzione di equilibrio di
questa equazione dinamica.
Trasformando in termini logaritmici e raggruppando i termini, otteniamo il livello di
equilibro del capitale per unità di lavoro di efficienza:
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
257
ln α − ln (1 − α )
1
1
ln kt * =
+
( ln s + ln w m ) −
( ln g + ln rm + ln n )
α−2
α−2
α−2
Sfruttando la relazione tecnica di produzione ln y t = α ln kt , si ottiene infine il livello di
equilibrio del reddito pro capite:
*
a  ln α − ln (1 − α ) 
Y 
α
α
ln  t  = ln At + 
+
( ln s + ln w m ) −
( ln g + ln rm + ln n
α−2
α−2
α−2
 Lt 
.
12.8.2
Un modello bisettoriale con mobilità dei fattori
Il modello di Borts (1960) e Borts e Stein (1964) con un solo settore di produzione
sopra descritto ha un’importante implicazione: il deflusso di capitale si dovrebbe dirigere
verso le regioni a bassi livelli salariali. Le regioni caratterizzate da bassi salari dovrebbero
quindi mostrare tassi di crescita più elevati del rapporto K/L e di conseguenza del reddito
pro capite.
Queste predizioni del modello neoclassico con un solo settore di produzione e mobilità
fattoriale sembrano essere tuttavia smentite dall’evidenza empirica. I test statistici effettuati
dagli stessi Borts e Stein per il caso degli Stati Uniti hanno mostrato l’esistenza di una realtà
ben lontana da quella descritta dalle conclusioni del modello: nella realtà il capitale (così
come il lavoro) tende a spostarsi verso le aree con una dotazione relativa maggiore di
capitale, che sono anche quelle con una remunerazione del fattore lavoro più elevata.
A fronte di questa evidenza empirica contrastante con le predizioni del modello
originario, Borts e Stein (1968) formulano una teoria alternativa in grado di interpretare
meglio il reale movimento dei fattori e di predire la tendenza del capitale a spostarsi verso
le aree caratterizzate da salari più alti. Essi sviluppano, in particolare, un modello a due
settori che mette in evidenza il ruolo di un’inefficiente allocazione delle risorse all’interno
della stessa regione, come determinante dei movimenti di fattori produttivi intra e
interregionali.
Le ipotesi del modello di Borts e Stein (1968) sono le stesse del modello precedente
(Borts e Stein, 1964), ad eccezione del fatto che si assume l’esistenza in ciascuna regione di
due settori che producono due beni, uno per l’esportazione ed uno per uso domestico. Il
settore esportatore è ad elevata produttività del lavoro, il secondo è a bassa produttività. I
due settori sono spesso identificati rispettivamente con il settore manifatturiero ed il
settore agricolo. Per ipotesi, solo il primo fa uso del capitale come input di produzione.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
258
Consideriamo un equilibrio iniziale in cui il tasso di crescita è stabile ed uniforme tra le
regioni ed in cui K t e L t crescono ovunque ad un tasso costante pari a quello del reddito:
γ K = γ L = γ Y . Introduciamo uno shock esogeno all’interno di una delle due regioni.
Supponiamo, ad esempio, che la domanda del bene esportato da una delle due regioni
aumenti. Come conseguenza diretta di ciò, il prezzo del bene prodotto nella regione
aumenta e questo effetto incide a sua volta in termini positivi sul valore del prodotto
marginale dei fattori nella regione (per evidenziare questo effetto, non consideriamo in
questo caso l’ipotesi semplificatrice di un prezzo del prodotto normalizzato all’unità):
∆ pt ⇒
∂F (.)
∆ pt
∂Lt +
∆ pt ⇒
∂F (.)
∆ pt
∂K t +
+
+
In seguito a tali variazioni, si avrà una riallocazione intra- ed interregionale delle risorse
produttive:
-
lo stock di capitale nel settore che produce per l’esportazione aumenta, come
risultato dell’afflusso di capitali esterni, attratti da remunerazioni più elevate;
-
la domanda di lavoro da parte delle imprese locali aumenta per effetto
dell’aumento del valore del prodotto marginale del lavoro;
-
l’aumento della domanda di lavoro attrae lavoratori sia dal settore agricolo locale,
sia dall’altra regione, grazie a remunerazioni più elevate;
-
infine, l’espansione della produzione e dell’occupazione nel settore manifatturiero
si ripercuote sul settore agricolo che registra un aumento della domanda del bene e,
quindi, della produzione e dell’occupazione.
La crescita della produzione in questo modello appare dunque il risultato di
un’allocazione delle risorse più efficiente verso il settore manifatturiero a maggiore
produttività. Partendo da uno shock iniziale generato dall’aumento della domanda del bene
esportato, nel settore manifatturiero aumenta la dotazione fattoriale, a seguito di
investimenti provenienti dall’esterno e di migrazioni di lavoratori da altre regioni e dal
settore agricolo.
Due sono le principali conclusioni che possiamo trarre da questo modello, differenti se
non opposte a quelle del modello ad un solo settore precedentemente analizzato. La prima
risiede nel fatto che la mobilità di entrambi i fattori produttivi avviene ora verso la stessa
regione caratterizzata da elevati salari; in tal senso il modello sembra coerente con i risultati
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
259
empirici evidenziati dai suoi stessi ideatori nel caso delle regioni americane. La seconda
conclusione è sotto certi aspetti ancora più interessante: il modello prevede una tendenza
alla divergenza nei tassi di crescita del reddito tra regioni. Infatti, nella regione produttrice
del bene esportato, il reddito prodotto si discosta da quello disponibile per un ammontare
pari alla remunerazione del capitale preso a prestito dall’esterno; il risparmio interno,
calcolato come quota del reddito disponibile, sarà pertanto costantemente e
permanentemente insufficiente a coprire le esigenze della produzione locale. La scarsità di
capitale terrà elevato il tasso di remunerazione e stimolerà un continuo afflusso di capitale
dall’esterno, con il risultato che il tasso di crescita della regione rimarrà più elevato di
quello delle altre regioni. Agendo sul rapporto K/L, il flusso di lavoro verso la regione
esportatrice attenua in parte la divergenza nei tassi di crescita.
A differenza di quanto spesso si è portati a credere, quindi, il modello neoclassico
contempla all’interno del suo schema concettuale anche la divergenza e non solo la
convergenza nei tassi di crescita e nei livelli di benessere economico. Questo risultato è
raggiunto, però, solo ipotizzando uno stato stazionario iniziale e, pertanto, abbandonando
l’ipotesi, assunta nel modello ad un settore, di uno squilibrio iniziale tra le due regioni.
12.8.3
Il modello di Rappaport
Rappaport (1999) propone un’estensione della teoria neoclassica nel contesto di
ottimizzazione intertemporale, attraverso cui mette in evidenza l’importanza delle
caratteristiche strutturali delle regioni in relazione alle scelte di investimento delle imprese e
alle scelte di migrazione della forza lavoro. In particolare, la scelta dei lavoratori di
emigrare dipende in maniera cruciale, oltre che dal salario, anche dagli attributi specifici di
ogni singola località, come ad esempio il costo della terra o dei servizi connessi con le
abitazioni o più in generale con la qualità della vita offerta dal territorio. Le imprese,
invece, sostengono dei costi a fronte della localizzazione di impianti nelle diverse località
che rappresentano sostanzialmente delle rigidità per il libero movimento dello stock di
capitale. Rappaport, introducendo queste frizioni al movimento dei fattori di produzione,
disattende parzialmente i risultati della teoria neoclassica, dimostrando che la dinamica di
transizione verso gli equilibri di stato stazionario ed i processi di convergenza rispondono
in maniera ambigua a shock esogeni di produttività o di qualità della vita, in relazione della
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
260
determinante importanza della dimensione ‘locale’ sui processi di crescita e sviluppo del
sistema economico.
Il modello prende in considerazione un sistema di piccole economie aperte
caratterizzato da un’elevata mobilità dei fattori. Esistono due classi di agenti: gli individui e
le imprese. I primi scelgono la località dove vivere e lavorare in base al principio di
massimizzazione dell’utilità; i secondi scelgono la località nella quale la loro attività di
impresa ottiene profitti massimi. L’incontro tra offerta e domanda di lavoro conduce
all’identificazione di un equilibrio spaziale nel quale si realizzano livelli di utilità e profitto
uguali per le diverse località.
Più specificatamente, il valore dell’utilità che eguaglia i livelli in ogni singola località può
essere espresso come:


U ( p , w; q) = max u( c , n; q ) s .t . c + pn ≤ w = U
c ,n


uc > 0; ucc < 0
(12.43)
u n > 0; u nn < 0
u q > 0; ucq = u nq
Dove U, utilità indiretta, è funzione del prezzo dei servizi della casa, p, del livello del
salario, w, e della qualità della vita, q. L’utilità diretta sottostante, u(.), è funzione crescente
sia del consumo di beni commerciabili, c, che del consumo dei servizi non commerciabili,
n6. Il vincolo di bilancio esprime la condizione per la quale, tenendo la quantità di beni
commerciabili come numerario, il consumo di questi beni più le spese per l’alloggio non
possono superare il livello di salario. La funzione di utilità diretta, u, soddisfa le proprietà
classiche ed è quindi strettamente crescente e concava rispetto ai due beni ed inoltre
l’ultima condizione implica che una migliore qualità della vita aumenta l’utilità individuale,
ma non altera il rapporto tra beni commerciabili e quelli non commerciabili.
La condizione di uguaglianza dei profitti per le imprese nelle diverse località è descritta
dalla relazione:


Π ( w, r ; p) = max F ( K , L , p ) - wL - (1 + r )K  = Π

FK , FL , Fp > 0

K ,L
6
(12.44)
Questa classe rappresenta sostanzialmente la classe di servizi connessi con il vivere in una determinata
località (private housing services).
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
261
La 12.44 rappresenta la funzione di profitto dell’impresa, dato il salario a livello locale e
il tasso d’interesse (considerato esogeno). Le ipotesi sulle caratteristiche della funzione di
produzione stabiliscono che il prodotto marginale del capitale e del lavoro è sempre
positivo e che una più alta produttività fa crescere il prodotto. Normalizzando la quantità
di terra ad uno ed assumendo il flusso di una unità di servizi per ciascuna unità di terra, il
vincolo di risorse per la località i-esima è:
(12.45)
nL = 1
Così, per una generica località i-esima, L misura sia l’ammontare della popolazione che
la sua densità. Date le ipotesi del modello, i principali risultati teorici sono:
dw
dp
dL
> 0;
> 0;
>0
d productivity
d productivity
d productivity
(12.46)
dw
dp
dL
= 0;
> 0;
>0
dq
dq
dq
(12.47)
I primi due set di derivate della 12.46 e 12.47 indicano sostanzialmente la variazione del
salario e del prezzo della terra rispetto a variazioni rispettivamente della produttività e della
qualità della vita. Nella figura 12.12 vengono illustrati le principali implicazioni di questi
risultati. La 12.12a mostra come un aumento del salario e del prezzo della terra sia
accompagnato da un incremento della produttività. Un shock esogeno di produttività
consente , infatti, alle imprese di far pagare un salario più alto. Tuttavia l’aumento relativo
nel prezzo della terra produce una sorta di effetto spiazzamento che conduce ad un nuovo
punto di equilibrio dove l’utilità nel quale il livello di utilità degli individui rimane costante.
La 12.12b mostra come un aumento della qualità della vita, pur facendo aumentare i prezzi
della terra, permette di mantenere il salario reale costante.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
262
U (w, p; QL0 ) = U ∗
U (w, p; QL0 ) = U ∗
w1
w0
1
Π (w, r ; prod 1 ) = Π ∗
U (w, p; QL 2 ) = U ∗
w0 = w2
0
Π (w, r ; prod 1 ) = Π
p0
0
2
Π (w, r ; prod 1 ) = Π ∗
∗
p0
p1
Figura 12.12a
p1
Figura 12.12b
Nella sua rappresentazione dinamica il modello di Rappaport mantiene queste
fondamentali intuizioni, formalizzando però un meccanismo endogeno di formazione del
prezzo della terra. In particolare, utilizzando un’estensione del modello intertemporale di
Cass-Koopmans, viene introdotta una sorta di frizione al movimento del capitale tra
diverse località rappresentato dal costo di installazione degli impianti. Le imprese che
operano nella località i, sono caratterizzate da una funzione di produzione con ritorni di
scala costanti:
Yi ( t ) = Ai ( t ) K i ( t )
α
gt 1−α
( L (t ) e )
i
Il parametro Ai (t ) rappresenta il totale della produttività dei fattori potenzialmente
applicabile nella località i-esima, Li (t ) è il totale della forza lavoro impiegata ed, infine, g
identifica il tasso esogeno di crescita del progresso tecnico. Viene assunta l’esistenza di un
costo di aggiustamento connesso all’istallazione di nuovo capitale fisico, che
sostanzialmente rappresenta nel modello la principale frizione alla mobilità del fattore. Il
 I (t ) 
 I (t ) 
costo totale per installare nuovo capitale è 1 + Φ i  , dove  i  è il tasso di
 K i (t ) 
 K i (t ) 
investimento e Φ(•) è funzione crescente nel suo argomento. In particolare, si assume una
 I (t )  b I (t )
funzione di aggiustamento lineare: Φ i  = K ,i i , dove il parametro bK ,i cattura
2 K i (t )
 K i (t ) 
l’intensità del costo di installazione (il parametro tende a zero in un sistema dove il costo
per l’installazione o la disinstallazione di impianti è sostanzialmente nullo). Il problema di
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
263
ottimizzazione dinamica per l’impresa localizzata nell’i-esima unità può essere scritta
attraverso la forma in valore attuale dell’equazione ‘Jacobiana’ associata:
α
J i ( t ) = Ai ( t ) K i ( t )
(1 +
xt 1−α
( L (t ) e )
i
− wi ( t ) Li ( t ) −
bK ,i I i ( t )
) I i ( t ) + λK , i ( t ) ⋅ ( I i ( t ) − δ K i ( t ) )
2 Ki ( t )
I principali risultati del modello sono che (a) la velocità di convergenza del prodotto,
seguendo gli shock di capitale, è sostanzialmente insensibile al grado di mobilità del lavoro,
in quanto i flussi della popolazione, seguendo questi shock, creano un disincentivo
all’accumulazione di nuovo capitale fisico; (b) cambiamenti esogeni nella produttività e
nella qualità della vita locali conducono a flussi persistenti di forza lavoro, mentre i salari e
il prezzo delle case rimane relativamente vicino ai loro livello di stato stazionario; (c) infine,
come verrà approfondito nel paragrafo successivo, la velocità di convergenza varia
considerevolmente in relazione alle condizioni economiche delle località vicine.
12.9 Esternalità
spaziali
ed
interdipendenza
tecnologica nel modello neoclassico
Alcuni modelli enfatizzano l’importanza degli spillover internazionali e interregionali
come principale motore di progresso tecnologico e quindi di crescita. Gli spillover
risultano dal commercio internazionale e interregionale e dagli investimenti diretti esteri
(Coe e Helpman 1995, Eaton e Kortum 1996), oppure dal trasferimento tecnologico
(Barro e Sala-i-Martin 1997, Howitt 2000). Questi autori dimostrano che la conoscenza
accumulate in un paese dipende dalla conoscenza accumulata in altri paesi. Esiste quindi
un‘interdipendenza tecnologica tra i paesi e tra le regioni.
Erthur e Kock (2005) osservano tuttavia che la diffusione internazionale e
interregionale della conoscenza tecnologica è geograficamente localizzata (Keller, 2002),
nel senso che i suoi effetti declinano all’aumentare della distanza geografica tra le regioni e i
paesi. Essi considerano una versione del modello neoclassico di Solow che include le
esternalità spaziali tra le economie al fine di catturare gli effetti del contagio spaziale sulla
crescita e sul processo di convergenza. Più precisamente, considerano un modello di
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
264
crescita che include sia le esternalità di conoscenza incorporate nel capitale fisico, come
suggerito da Romer (1986), che gli spillover spaziali.
Si consideri una funzione di produzione aggregata Cobb-Douglas con ritorni costanti di
scala nei fattori di produzione capitale e lavoro:
Yi (t ) = Ai (t ) K iα (t ) L1i−α (t )
(12.48)
dove l’indice i indica le N regioni incluse nel modello. Il parametro Ai (t ) rappresenta il
livello aggregato di tecnologia della regione i-esima:
N
γw
Ai (t ) = Ω(t )kiφ (t )∏ A j ij (t ) .
(12.49)
j ≠i
Il livello di tecnologia dipende da (a) un parametro esogeno identico in tutte le regioni,
Ω(t ) = Ω(0)e µt (con µ tasso constante di crescita della tecnologia), come nel modello
neoclassico di Solow, (b) dalla quantità di capitale per lavoratore disponibile in ciascuna
regione k φ i in analogia con il modello di Romer (con φ che misura gli effetti di esternalità
derivanti dall’accumulazione di capitale); e (c) dagli spillover geografici espressi come media
ponderata dello stock di tecnologia presente nelle regioni vicine. In particolare, il
parametro γ esprime l’elasticità dello stock di tecnologia della regione i-esima rispetto allo
stock di tecnologia dei suoi vicini e si assume per ipotesi identico per tutte le regioni. Così
l’effetto netto delle prossimità geografica di altre regioni dipende solamente dal grado di
connettività tra la regione i-esima ed il resto del sistema. Questo grado di connettività è
catturato dal parametro wij , che si ipotizza non negativo e finito. Il parametro assume
valori compresi tra zero ed uno (è uguale a zero nel caso in cui i = j). Inoltre, si assume che
N
∑w
ij
= 1 . Quindi ad alti valori di connettività tra regioni sono associati alti valori del
j ≠i
parametro wij e di conseguenza maggiore sarà l’influenza dei vicini sullo stock di tecnologia
della regione considerata. Si può riscrivere in forma matriciale la funzione che descrive
l’accumulazione di tecnologia come:
A = Ω + φk + γWA
(12.50)
dove A e k sono due vettori (N x 1) rispettivamente del logaritmo dello stock di
tecnologia e dello stock di capitale per lavoratore, mentre W è una matrice (N x N) con
elementi uguali ad wij . Riformulando la precedete otteniamo:
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
265
A=
N
1
Ω + φk + φ ∑ γ rW ( r ) k
1− γ
r =1
dove W (r ) è la matrice di pesi geografici elevata alla potenza r-esima. Nella regione iesima, quindi, il livello di tecnologia dipende dal proprio stock di capitale fisico per
lavoratore, ma anche dallo stock dei suoi vicini:
N
Ai (t ) = Ω1/1−γ (t )kiφ (t )∏ k j ∑r =1
∞
φ
γ r wij( r )
(t ) ,
(12.51)
j ≠i
sostituendo questa ultima espressione nella funzione di produzione aggregata (12.48),
otteniamo:
N
u
yi (t ) = Ω1/1−γ (t )kiuii (t )∏ k j ij (t ) ,
(12.52)
j ≠i
dove uii = α + φ (1 + ∑r =1 γ r wii( r ) ) ed uij = φ ∑r =1 γ r wij( r ) , con i termini wij(r ) uguali agli
∞
∞
elementi della matrice di interdipendenza, W. Il modello scritto in questa forma è
sostanzialmente analogo al modello neoclassico di Solow modificato per tenere in
considerazione gli effetti di eterogeneità spaziale. Infatti, con φ = 0 , uii = α e uij = 0 si
ritorna alla funzione di produzione descritta in precedenza.
La funzione che descrive l’accumulazione del capitale è simile a quella descritta per il
modello neoclassico:
ki (t ) = si yi (t ) − (ni + δ )ki (t )
(12.53)
dove si ed ni sono rispettivamente la frazione di prodotto risparmiata ed il tasso di
crescita dei lavoratori per la regione i-esima. Il parametro δ esprime il tasso di
deprezzamento del capitale fisico ed è assunto costante per tutte le regioni.
Dato che la funzione di produzione è per ipotesi caratterizzata da ritorni decrescenti nei
fattori di produzione, il rapporto tra il capitale fisico e l’output converge verso un tasso di
crescita definito come: ki (t ) / ki (t ) = g , o [ki / yi ]∗ = si /(n + g + δ ) e cioè:
∗
i
k =Ω
1
(1−γ )(1− uii )

si
(t )
 ni + g + δ
1
uij
1−uii N ∗1−uii
 ∏ k j (t )
j ≠i

(12.54)
Il livello di stato stazionario dello stock di capitale fisico per lavoratore è influenzato dai
parametri classici e dalle esternalità provenienti dalla dimensione spaziale del modello. In
particolare gli spillover aumentano sia grazie alle esternalità legate all’accumulazione di
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
266
capitale fisico attraverso il parametro φ , sia attraverso il parametro γ che quantifica la
dimensione dell’interdipendenza spaziale della regione in considerazione.
Per identificare il livello di output di stato stazionario, si consideri la funzione di
produzione in termini matriciali, sostituendo l’espressione ricavata per lo stock di
tecnologia:
y = Ω + (α + φ )k − αγWk + γWy
e riscrivendo la precedente per l’i-esima regione, prendendo i valori logaritmici:
N
N
j ≠i
j ≠i
ln yi∗ (t ) = ln Ω(t ) + (α + φ ) ln ki∗ (t ) − αγ ∑ wij ln ki∗ (t ) + γ ∑ wij ln y ∗j (t )
Infine, sostituendo il rapporto capitale-prodotto di stato stazionario, si ricava il livello di
prodotto di stato stazionario:
α +φ
α +φ
ln si −
ln(ni + g + δ )
1−α −φ
1−α −φ
1−α −φ
N
N
αγ
αγ
−
w
ln
s
+
wij ln(n j + g + δ )
∑ ij j 1 − α − φ ∑
1 − α − φ j ≠i
j ≠i
ln yi∗ (t ) =
+
1
ln Ω(t ) +
(12.55)
γ (1 − α ) N
wij ln y ∗j (t )
∑
1 − α − φ j ≠i
I principali risultati del modello sono:
•
Il livello di prodotto di stato stazionario della regione i-esima dipende
positivamente dal saggio di risparmio domestico, si , e negativamente dal tasso di
crescita dei lavoratori, ni , in analogia con quanto previsto dal modello di crescita
neoclassico di Solow;
•
Il livello di prodotto di stato stazionario della regione i-esima dipende
positivamente dal saggio di risparmio dei vicini, s j , e negativamente dal tasso di
crescita dei lavoratori nelle regioni vicine, n j , sebbene nella precedente espressione
queste due ultime variabili entrino con segno opposto. Infatti, nonostante il segno
invertito, queste due variabili influenzano rispettivamente positivamente e
negativamente il livello di prodotto di stato stazionario delle regioni vicine y ∗j , che
a sua volta ha un impatto positivo sul prodotto della regione i-esima.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
267
Per ricavare, quindi, l’effetto netto è utile calcolare l’elasticità del prodotto della regione
i rispetto al saggio di risparmio interno ξ si e rispetto al saggio di risparmio delle regioni
vicine ξ sj , e l’elasticità del prodotto della regione i rispetto al tasso interno di crescita dei
lavoratori ξ ni e rispetto al tasso di crescita dei lavoratori nelle regioni vicine ξ nj .. Ertur e
Koch dimostrano che queste elasticità sono uguali a:
∞
 γ (1 − α ) 
α +φ
φ

ξ =
+
wii( r ) 
∑
1 − α − φ (1 − α )(1 − α − φ ) r =1
 1− α − φ) 
r
i
s
 γ (1 − α ) 

w 
ξ =
∑
(1 − α )(1 − α − φ ) r =1
1−α −φ) 
j
s
∞
φ
(12.56)
r
(r )
ij
e
∞
 γ (1 − α ) 
α +φ
φ

ξ =
−
wii( r ) 
∑
1 − α − φ (1 − α )(1 − α − φ ) r =1
1−α −φ) 
r
i
n
 γ (1 − α ) 

wij( r ) 
ξ nj = −
∑
(1 − α )(1 − α − φ ) r =1
1−α −φ) 
φ
∞
r
(12.57)
Un aumento del saggio di risparmio nella regione i-esima ha, come detto, un effetto
positivo sul livello di prodotto per lavoratore di stato stazionario, ma questo effetto è
maggiore di quello teorizzato dal modello di Solow in quanto ora esiste un fattore
aggiuntivo che quantifica gli effetti moltiplicativi della dinamica di diffusione della
tecnologia e della conoscenza. Questi effetti vengono evidenziati nell’espressione che
misura l’elasticità del prodotto rispetto ad un aumento del risparmio nelle regioni vicine
che, come anticipato precedentemente, è positiva.
12.9.1
Convergenza condizionata nei modelli con spillover spaziali
In analogia con il modello neoclassico di Solow, anche quello di Ertur e Koch predice
che il prodotto per lavoratore di ogni singola regione converge verso il suo livello di stato
stazionario. Questa proprietà del modello deriva direttamente dalle ipotesi fatte sulle
caratteristiche della funzione di produzione aggregata ed in particolare nei rendimenti di
scala decrescenti. Quando una regione aumenta il suo livello di capitale fisico per
lavoratore, il tasso di crescita diminuisce e converge al suo valore di equilibrio. Riscrivendo
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
268
l’equazione dinamica di accumulazione del capitale aumentata per tenere in considerazioni
gli effetti di interdipendenza spaziale, si ottiene:
1
N
u
ki (t ) / ki (t ) = si Ω (1−γ ) (t )ki−(1−uii ) (t )∏ k j ij (t ) − (ni + δ ) .
j ≠i
Si può facilmente verificare che
∂ (ki (t ) / ki (t ))
< 0 , dato che uii < 1 per ipotesi.
∂ki (t )
Tuttavia la presenza dell’interdipendenza tecnologica tende a frenare la riduzione della
produttività marginale del capitale. In particolare, dato che l’effetto marginale dell’aumento
dello stock di capitale per lavoratore nelle regioni vicine rispetto all’evoluzione dello stock
∂ (ki (t ) / ki (t ))
> 0 con uij > 0 per ipotesi, il processo
∂k j (t )
di capitale nella regione i è positivo,
di convergenza risulta inferiore a quello previsto dal modello di Solow, sebbene ancora
garantito dalla condizione α + φ /(1 − γ ) < 1 .
Si può dimostrare che la velocità di convergenza nel modello è:
µ
d ln yi (t )
=
− λi [ln yi (t ) − yi∗ ]
dt
1− γ
con:
d ln yi (t )
µ
=
− λi =
dt
1− γ
∑
N
1
j =1 ij Φ j
N
u
∑
(ni + g + δ )
1
j =1 ij Φ j
u
− ∑ j =1 uij
N
1
Θj
(ni + g + δ )
dove i parametri Φ j e Θ j sono calcolati come: ln ki (t ) − ln ki∗ = Φ j [ln k j (t ) − ln k ∗j ] e
ln yi (t ) − ln yi∗ = Θ j [ln y j (t ) − ln y ∗j ] . Queste ipotesi aggiuntive sostanzialmente mettono
in relazione il gap tra livello corrente ed il livello di stato stazionario tra regioni,
amplificando le caratteristiche di eterogeneità geografica del modello. Infatti, se Θ j = 1 , la
regione i e la regione j sono alla stessa distanza rispetto al loro valore di stato stazionario,
mentre se Θ j > 1 , allora la regione i è più lontana dal suo livello di equilibrio rispetto alla
regione j. La velocità di convergenza è quindi più alta se la regione i è lontana dal suo stato
stazionario, come nel modello di Solow, ma anche se la regione j è vicina al suo livello
relativo. infatti,
∂λi / ∂Θi = uij (ni + g + δ ) / Θ 2 > 0 .
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
269
La soluzione per il valore corrente del prodotto per lavoratore rispetto ad un suo valore
iniziale è:
ln yi (t ) − ln yi (0) = (1 − e −λi t )
µ 1
− (1 − e −λ t ) ln yi (0) + (1 − e −λ t ) ln yi∗
1 − γ λi
i
i
Esplicitando il valore del livello di prodotto per lavoratore di stato stazionario, Ertur e
Koch arrivano all’equazione fondamentale, implementabile da un punto di vista
econometrico, del modello:
ln yi (t ) − ln yi (0) = ∆ i − (1 − e − λit ) ln yi (0)
α +φ
α +φ
ln si − (1 − e − λ t )
ln(ni + g + δ )
1−α −φ
1−α −φ
γ (1 − α ) N
+ (1 − e − λ t )
∑ wij ln y j (0)
1 − α − φ j ≠i
γα
N
wij ln s j
− (1 − e −λ t )
∑
1 − α − φ j ≠i
γα
N
− (1 − e −λ t )
wij ln(n j + g + δ )
∑
1 − α − φ j ≠i
1
α +φ
N
wij [ln y j (t ) − ln y j (o)]
+ (1 − e − λ t )
∑
j ≠i
1−α −φ
(1 − e − λ t )
+ (1 − e − λi t )
i
i
i
i
i
i
con ∆ i = (1 − e − λit )( 1−µγ
1
λi
+ 1−α1−φ Ω .
Il tasso di crescita dell’economia dipende:
•
negativamente dal livello iniziale del prodotto per lavoratore;
•
positivamente dal saggio di risparmio domestico e negativamente dal tasso di
crescita (interno) della popolazione;
•
positivamente dal saggio di risparmio nelle regioni vicine e negativamente dal loro
tasso di crescita della popolazione, a causa dell’interdipendenza spaziale della
tecnologia;
•
positivamente dal livello iniziale di produttività e dal tasso di crescita delle regioni
vicine;
•
positivamente dalla velocità di convergenza delle regioni vicine ponderate per i
fattori di frizione geografica.
R. Basile – Economia e Statistica Regionale
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