Opuscolo Popillia japonica

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SERVIZIO FITOSANITARIO REGIONALE
Coleottero scarabeide del Giappone
(Popillia japonica)
Adulto di Popilia japonica (foto Wikipedia.org)
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DISTRIBUZIONE E DIFFUSIONE
Popillia japonica (Newman, 1841) è un coleottero appartenente alla famiglia degli Scarabeidi, originario del
Giappone. Si tratta di una specie che infesta e distrugge tappeti erbosi, piante selvatiche, da frutto e
ornamentali e la cui diffusione si sta ampliando. In Giappone. P. japonica vive nelle regioni di Hokkaidō,
Honshu, Shikoku e Kyushu, è inoltra diffusa in Cina, Russia (isole Curili), Portogallo (isole Azzorre), Canada e
USA.
Nel luglio del 2014 è stata accertata la presenza di un vasto focolaio di Popillia japonica all’interno del parco
del Ticino, nei comuni di Pombia, Marano Ticino, Oleggio, Bellinzago, Cameri e Galliate per quanto concerne la
provincia di Novara e Turbigo, Nosate, Vizzola Ticino, Lonate Pozzolo e Ferno per quella di Milano.
DESCRIZIONE
Gli adulti di P. japonica hanno forma tendenzialmente ovale, con lunghezza variabile tra 8 e 12 mm e
larghezza tra 5 e 7 mm. Il capo e il pronoto sono di color verde metallico come i primi segmenti delle zampe
(coxa e femore). Le elitre sono invece di color bronzo o rame e non arrivano a coprire completamente
l’addome che presenta cinque ciuffi di peli bianchi per lato e due all’estremità. Questo carattere permette di
distinguere facilmente gli adulti di P. japonica da quelli di altre specie spesso presenti negli stessi ambienti,
quali ad esempio Anomala vitis e Cetonia aurata. Le femmine sono a volte più grandi dei maschi, ma ciò che
distingue i due sessi è la forma delle zampe anteriori. Nei maschi la tibia termina con due protuberanze
appuntite, inoltre il primo tarsomero ha dimensioni simili a quelli che seguono. Nelle femmine invece la
zampa appare più esile, le protuberanze della tibia sono arrotondate e il primo tarsomero risulta di lunghezza
doppia o tripla rispetto ai successivi. Le uova, di colore bianco translucido, hanno forma tendenzialmente
tondeggiante o allungata con un diametro di circa 1,5 mm. La superficie esterna è segnata da aree di forma
esagonale.
Larva di Popillia japonica (foto forestryimages.com)
Le larve sono di colore bianco crema a volte traslucide, con capo bruno-rossiccio e mandibole un po’ più
scure. Il torace è composto da tre segmenti, ciascuno provvisto di un paio di zampe. I segmenti dell’addome
sono invece dieci, gli ultimi dei quali solitamente scuri a causa dell’accumulo di materiale fecale interno.
L’intero corpo è coperto di setole e spine di color bruno-giallastro. La parte ventrale dell’ultimo segmento
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addominale presenta due file di 6-7 spine disposte a V (raster) che distinguono la larve di questo insetto da
quelle di altri scarabeidi. Le pupe sono lunghe circa 14 mm e larghe 7 mm e hanno un colore che varia tra il
giallo crema e il verde metallico a seconda del progredire dell’età.
CICLO BIOLOGICO
P. japonica alle nostre latitudini compie il suo ciclo vitale nell’arco di un anno. Gli adulti compaiono nei mesi di
giugno, luglio e agosto con raggiungimento del picco di presenza intorno a metà-fine luglio. Vivono in media
4-6 settimane. Dopo essere emersi dal terreno si spostano sulle piante ospiti dove iniziano immediatamente a
nutrirsi e ad accoppiarsi, preferendo le esposizioni soleggiate. Le femmine ricercano in genere i prati umidi di
graminacee, scavano gallerie nel terreno profonde 5-10 cm e depongono in media 3-4 uova per volta.
Possono ovideporre, in minor misura, anche nel suolo di colture come ad esempio mais e soia. Nell’arco della
propria vita una femmina produce 40-60 uova. Il periodo di ovideposizione coincide di fatto con il periodo di
volo dell’insetto e va da giugno a fine settembre. È necessario un buon livello di umidità del terreno per
consentire lo sviluppo delle uova che durante lo sviluppo embrionale raddoppiano le loro dimensioni, quindi
schiudono dando origine alle larve di I età. Queste si spostano nel terreno alla ricerca di radici di cui nutrirsi,
crescendo rapidamente e raggiungendo una lunghezza di 10-11 mm prima della muta. Le larve possono
spostarsi sia orizzontalmente sia verticalmente; di norma con il calare delle temperature o nella stagione più
secca tendono a stazionare più in profondità dove l’umidità è maggiore.
Nel corso dell’estate una parte delle larve di II età, lunghe circa 18,5 mm prima della seconda muta, raggiunge
il terzo stadio larvale. Nei mesi invernali la popolazione, composta in prevalenza da larve di III età, staziona nel
terreno ad una profondità variabile tra i 10 e i 25 cm. Con il progressivo innalzamento primaverile delle
temperature le larve si spostano nuovamente negli strati più superficiali del terreno dove riprendono l’attività
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trofica a carico delle radici delle piante. Completato il loro sviluppo e raggiunti circa 32 mm di lunghezza, le
larve di III età in tarda primavera si impupano all’interno di celle terrose. Dopo una o due settimane, a
seconda della temperatura, sfarfallano gli adulti che dopo un periodo variabile dai 2 ai 14 giorni emergono dal
terreno.
PIANTE OSPITI E DANNI
P. japonica è una specie estremamente polifaga: negli Stati Uniti è segnalata su circa 300 specie vegetali ed è
considerata dannosa su oltre 100 piante, sia spontanee che coltivate, comprendenti alberi da frutto
(pomacee, drupacee), vite, nocciolo, piccoli frutti, essenze forestali (tiglio, noce nero, acero, faggio, betulla,
ontano), colture di pieno campo (mais, soia, erba medica), ortive (es. pomodoro, fagiolo, asparago, zucchino)
e ornamentali (es. rosa, dalia). Nel 2014 nell’area del Parco del Ticino è stata osservata su olmo, pioppo, vite,
nocciolo, gelso, quercia, soia, pomodoro, iperico, rovo, ortica, enotera, Prunus serotina, luppolo, salcerella,
rosa canina e malva. Con la crescita delle popolazioni dell’insetto e l’estendersi dell’area infestata P. japonica
andrà inevitabilmente a interessare molte altre specie vegetali.
Adulti di P. japonica aggregati (foto gardeningtoolsplus_com)
Tipici danni da erosione (foto report-insects.com)
Il danno causato dagli adulti è costituito da erosioni più o meno intense a carico delle foglie (sono risparmiate
in genere le nervature), dei fiori e anche dei frutti. Per via di uno spiccato comportamento gregario è possibile
trovare decine o centinaia di insetti su una singola pianta o su un gruppo di piante vicine intenti a nutrirsi,
causando gravi danni in brevissimo tempo, mentre altre piante della stessa specie a poca distanza risultano
indenni. Le larve invece, nutrendosi a spese delle radici, preferibilmente di graminacee, in presenza di
infestazioni elevate risultano particolarmente nocive ai tappeti erbosi (es. campi da golf, giardini) e ai prati e
pascoli, sia per la comparsa di estese aree di vegetazione che ingialliscono per poi seccare, sia per i danni
provocati dalle escavazioni di talpe e uccelli che si nutrono a spese delle larve nel terreno.
METODI DI LOTTA
Le strategie per contrastare l’azione dei coleotteri adulti che si nutrono sulle parti aeree di numerose piante e
quella delle larve che invece attaccano principalmente l’apparato radicale delle piante erbacee che formano i
tappeti erbosi, devono necessariamente essere diverse.
L’eradicazione di una popolazione di P.japonica è pensabile soltanto se il focolaio di infestazione è rilevato
con immediatezza, riconducibile a uno sporadico e circoscritto caso di dispersione accidentale prontamente
individuato.
Di fronte all’impossibilità di adottare misure di eradicazione è gioco forza tentare di gestire le popolazioni
infestanti così da mantenerle a livelli tali da non causare danni economici. L’approccio più efficace per
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esercitare un controllo su una popolazione di P. japonica è quello che prevede l’uso integrato di metodi
diversi e mirati a limitare il numero sia degli adulti che delle larve. Per riuscire a pianificare e migliorare le
appropriate strategie di controllo del coleottero giapponese occorre innanzi tutto monitorare l’area di
interesse per quanto riguarda la presenza sia delle larve che degli individui adulti. Una stima delle dimensioni
della popolazione di adulti presenti in una determinata area può essere ottenuta impiegando trappole
composte da un serbatoio inferiore cilindrico e da un imbuto superiore alla base del quale si trova
un’apertura. Il funzionamento di queste trappole si basa principalmente sull’uso di due esche chimiche. Una
combinazione di feromoni ed essenze vegetali può attrarre sia i maschi che le femmine. Grazie alla
conformazione della trappola e alle limitate capacità di volo di questo coleottero, gli individui attirati al suo
interno non riescono più a uscire. Se la trappola si riempie nel corso di un solo giorno, l’infestazione è da
ritenersi particolarmente grave, mentre se il serbatoio della trappola impiega almeno una settimana per
riempirsi, non c’è motivo di preoccuparsi. Siccome i coleotteri posso volare per lunghe distanze (fino a 10 km),
quelli catturati nelle trappole possono provenire da aree diverse da quella di interesse quindi occorre tenere
presente questa possibile sovrastima nella valutazione di impatto della specie. Delle larve occorre stimare la
densità nel terreno ovvero il numero di individui per metro quadrato per poi valutare la gravità
dell’infestazione e decidere quale metodo di lotta è più opportuno. I periodi migliori per effettuare queste
misurazioni variano a seconda della posizione geografica, ma in generale sono la tarda estate (da agosto a
ottobre) e la tarda primavera (da aprile a giugno). Se l’area di prato interessata presenta delle zone marroni o
dove la vegetazione appare morta, quelli sono i posti migliori dove cominciare a campionare. Altrimenti
occorre scegliere i punti di campionamento in maniera casuale. La densità delle larve spesso varia
grandemente anche all’interno di un’area ristretta. Effettuando un numero sufficiente di campionamenti è
possibile individuare e valutare il danno e poi intervenire selettivamente trattando zone specifiche piuttosto
che l’intera area. La tecnica di campionamento consiste nello scavare con una paletta nel terreno buche
quadrate di 20 cm di lato, porre la zolla estratta al di sopra di un foglio di carta e cercare le larve all’interno
della terra e nelle radici delle piante. Quindi bisogna rimettere la zolla al suo posto e usare dell’acqua per
aiutare l’erba a superare lo stress subito. Si considera che un prato abbia bisogno di trattamenti quando la
densità delle larve supera il valore di 90 / mq.
Trappola per monitoraggio e cattura massale di P.
japonica (foto: parcoticinolagomaggiore.it)
Consistenza delle cattura effettuate da una trappola in un giorno (foto:
butterflygardening.com)
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Manipolazione dell’habitat
Una parte di controllo della specie invasiva può essere effettuato rendendo l’habitat meno adatto alle sue
esigenze. Un metodo che può essere impiegato nel caso di invasioni rilevanti del coleottero giapponese
comprende la rimozione delle piante infestate dagli individui adulti di questa specie e la successiva
piantumazione di specie vegetali non appetite o resistenti al loro attacco. Di seguito è riportata una lista delle
piante adatte a questo scopo.
Abies
Acer negundo
Acer rubrum
Acer saccharinum
Buxus sempervirens
Carya ovata
Cercis
Chamaecyparis
Clematis
Cornus florida
Diospyros virginiana
Euonymus alatus
Forsythia
Fraxinus americana
Fraxinus pennsylvanica
Ilex
Juglans cinerea
Juniperus
Liquidambar styraciflua
Lirodendron tulipifera
Magnolia
Morus rubra
Picea
Pinus
Pyrus communis
Populus alba
Quercus alba
Quercus coccinea
Quercus rubrum
Quercus velutina
Rhododendron
Sambucus canadensis
Syringa vulgaris
Taxus
Thuja
Tsuga
Si consideri inoltre che le piante malate o malnutrite sono particolarmente suscettibili all’attacco di P.
japonica. Quindi mantenerle in buone condizioni di salute significa quanto meno ridurre i livelli di
infestazione. Inoltre i frutti malati o maturati prematuramente e marcescenti hanno un odore che attira
molto i coleotteri. Per questo motivo sarebbe buona regola rimuoverli sia dalle piante che dal terreno,
quando cadono.
Rimozione fisica e protezione
Per interventi in aree ristrette gli adulti possono essere rimossi fisicamente dalle piante con la raccolta a
mano, operazione che è meglio effettuare nelle mattine fredde quando i coleotteri sono meno attivi. Inoltre,
scuotendo i rami su cui si trovano, molti possono essere raccolti all’interno di in un secchio di acqua
insaponata posto al di sotto delle piante ospiti. Un efficace protezione alle piante di grande valore può essere
garantita applicando delle reti durante i periodi di picco di attività dei coleotteri adulti.
Richiami e trappole
In commercio sono disponibili delle trappole per catturare in modo massale i coleotteri giapponesi adulti al
fine di ridurre le dimensioni di popolazioni piccole, instauratesi recentemente o isolate. Milioni di coleotteri
vengono catturati ogni anno con questo metodo. L’impiego di trappole costituisce una maniera facile ed
economica di intervenire, tuttavia è importante che le stesse vengano collocate nella modo corretto. Infatti
esche e trappole posizionate vicino alle piante ospiti attraggono su di esse ancora più coleotteri e possono
provocare così un’infestazione maggiore. Queste trappole costituiscono uno strumento estremamente utile
per monitorare le popolazioni e scoprire nuove infestazioni, il loro uso per catture di massa, se adottato come
metodo esclusivo, si è dimostrato essere inefficace a eradicare intere popolazioni. In condizioni favorevoli si è
constatato che suddette trappole sono in grado di catturare circa il 75% dei coleotteri che vi si avvicinano,
mentre la percentuale residua può danneggiare le piante circostanti e dare luogo alla perpetuazione della
specie.
Controllo chimico
Quando si opta per un controllo chimico, occorre innanzi tutto essere consapevoli del fatto che questo non
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può ottenere risultati soddisfacenti da solo, ma deve essere opportunamente combinato con altre strategie di
limitazione della popolazione infestante. La scelta del tipo di prodotto e dei tempi nonché delle modalità di
applicazione dello stesso è determinante per il successo della disinfestazione. Nella scelta inoltre bisogna
tenere in considerazione sia i benefici che i rischi legati all’uso dei pesticidi, sostanze contraddistinte da un
elevato grado di tossicità. A causa dell’effetto residuo relativamente breve di questi prodotti, possono essere
necessarie applicazioni ripetute. Inoltre bisogna tener conto del fatto che l’efficacia degli insetticidi può
essere ridotta dalla diluizione conseguente a eventi di pioggia. Sostanze chimiche di varia natura (composti
clororganici, organofosfati, carbammati, etc) sono stati usate in passato negli USA per il controllo delle
popolazioni del coleottero giapponese, ma a causa del loro effetto nocivo all’ambiente e della loro non
selettività (effetti dannosi anche su altri organismi) sono stati sostituiti recentemente, così come avvenuto in
Europa, da preparati chimici relativamente meno tossici. Pertanto i composti che possono essere impiegati
contro le forme adulte di P. japonica devono essere quelli autorizzati dalla normativa vigente.
Lotta biologica
Quando usati in modo improprio gli insetticidi possono comportare seri rischi per le persone, per gli animali,
per le piante selvatiche e per l’ambiente in generale. Inoltre esiste una preoccupazione crescente riguardo al
destino degli insetticidi nell’ambiente e alla possibilità che disperdendosi causino contaminazione delle acque.
A causa di questi problemi gli scienziati credono che l’impiego di agenti biologici di controllo sia da preferirsi
all’uso di pesticidi nel controllo degli insetti che infestano i mantelli erbosi. I primi impiegano un po’ più di
tempo a produrre gli stessi risultati ottenuti dagli insetticidi, ma la loro azione nell’ambiente si protrae più a
lungo nel tempo. Ancora più importante, gli agenti biologici non hanno effetti dannosi su altri organismi
diversi da quello infestante o addirittura su organismi potenzialmente utili. Le formiche e alcuni coleotteri
carabidi si nutrono delle uova e delle larve giovani. Anche le talpe, le moffette e i procioni predano le larve
sebbene la loro attività di ricerca del cibo possa spesso anch’essa avere effetti distruttivi sul manto erboso.
Molte specie di uccelli si nutrono dei coleotteri giapponesi adulti. È stato dimostrato che il rilascio di nemici
naturali o parassiti di insetti introdotti è un metodo efficace per ridurre le popolazioni infestanti. È però
essenziale per la tutela dell’habitat che i parassiti introdotti siano ospite-specifici, cioè che parassitizzino
esclusivamente la specie bersaglio.
Tre sono le specie di insetti parassiti che si sono dimostrate idonee come agenti biologici di controllo della
diffusione del coleottero giapponese e provengono anch’esse dall’Asia: Tiphia vernalis, Tiphia popilliavora,
che sono imenotteri appartenenti alla famiglia Tiphiidae, e Istocheta aldrichi, un dittero Tachinidae. La
presenza nella zona di introduzione delle specie vegetali che attraggono questi insetti e di cui essi si nutrono,
oltre ad essere necessaria per la sopravvivenza degli individui adulti, produce anche un aumento nel tasso di
parassitizzazione dei coleotteri.
- Tiphia vernalis è una piccola vespa simile a una grande e nera formica alata. In primavera, dopo un breve
periodo speso ad alimentarsi e ad accoppiarsi, la femmina scava nel terreno alla ricerca di larve di coleottero
giapponese; usando il suo aculeo deposita un uovo all’interno del corpo della larva. Quando l’uovo schiude la
larva della vespa si sviluppa consumando il suo ospite. Gli individui adulti di questa specie si nutrono quasi
esclusivamente della melata prodotta da afidi che vivono sulle foglie dell’acero, del ciliegio, dell’olmo e della
peonia. Un’altra fonte di cibo è rappresentata dal nettare del liriodendro o albero dei tulipani.
- Tiphia popilliavora è un’altra piccola vespa che deponendo le sue uova all’interno delle giovani larve di P.
japonica ne provoca la morte in tarda estate.
- Istocheta aldrichi è una mosca solitaria che agisce da parassita interno. La femmina è capace di depositare
fino a 100 uova durante un periodo di circa 2 settimane. Le uova generalmente vengono deposte sul torace
delle femmine di coleottero e dopo la schiusa, le larve si aprono un varco direttamente nella cavità corporea
dell’ospite, uccidendolo. Siccome il processo che porta alla morte del coleottero non dura molto I. aldrichi
usata tempestivamente riesce a reprimere le popolazioni di P. japonica prima che questa riesca a riprodursi.
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Le mosche adulte si cibano della melata secreta dagli afidi che vivono sul Polygonum cuspidatum, una tenace
pianta erbacea perenne originaria del Giappone.
Alcune specie di nematodi vanno attivamente alla ricerca delle larve di coleottero nel terreno. Questi animali
hanno una relazione simbiotica mutualistica con specifiche specie di batteri. Dopo essere penetrato nel corpo
di una larva, il nematode vi inocula i batteri, i quali si riproducono rapidamente nutrendosi dei tessuti
dell’ospite. I nematodi poi, a loro volta, si nutrono di questi batteri e così si riproducono e portano avanti il
proprio ciclo vitale, causando alla fine la morte della larva. La specie Steinernema kushidai è in grado di
causare tassi di mortalità paragonabili a quelli dell’insetticida diazinone. Agisce specificamente sulle larve
degli Scarabaeidae e l’effetto di rilasci massicci è arrivato a durare fino a 2 anni. Il suo uso combinato con
quello di prodotti chimici produce effetti sinergici. Altre 2 specie di nematodi che hanno dimostrato efficacia
contro le larve di P. japonica sono Steinernema glaseri e Heterorhabditis bacteriophora. Quando si usano i
nematodi occorre ricordarsi che questi organismi sono vivi e necessitano per sopravvivere di quantità
abbastanza alte di ossigeno. Al momento dell’acquisto, sono generalmente tenuti in un contenitore nel quale
possono essere conservati per un mese o 2 in condizioni di temperatura fresca. Una volta mischiati all’acqua
vengono sparsi sul terreno con un normale diffusore per insetticidi.
Soluzioni contenenti batteri possono essere applicate al suolo come fossero insetticidi, con la stessa efficacia.
Le polveri contenenti spore del batterio Bacillus popillae, agente della malattia chiamata milky disease, sono
state impiegate in passato con risultati soddisfacenti contro il coleottero giapponese. Nel 1948 questo
microbo è stato registrato per la prima volta negli Stati Uniti per l’uso nei mantelli erbosi come agente di
controllo biologico delle larve. Dopo l’ingestione le spore germinano nello stomaco della larva infettandone le
cellule e quindi entrando nell’emolinfa, dove cominciano a moltiplicarsi. L’aumento del numero delle spore
nel sistema circolatorio induce la comparsa di un caratteristico aspetto color latte e infine la morte della larva
e il conseguente rilascio nel suolo delle spore che conteneva (1-2 miliardi). In questo modo la malattia si
diffonde lentamente nei mantelli erbosi in cui il batterio è stato diffuso interrompendo lo sviluppo delle
popolazioni di P. japonica per un periodo di 2 – 4 anni. Il trattamento è più efficace quando è inserito in un
ampio programma di applicazione. Bacillus thuringiensis è un batterio che si trova naturalmente nel terreno e
che viene tipicamente usato come insetticida microbico. Il ceppo selezionato per contrastare il coleottero
giapponese si è dimostrato più efficace del Bacillus popillae e anch’esso, una volta ingerito, agisce a livello
dello stomaco delle larve producendo cristalli di una tossina altamente velenosa.
Prevenzione
La prevenzione resta comunque la migliore forma di controllo atta a scongiurare infestazioni indesiderate e
particolarmente dannose come quella di P. japonica nel parco del Ticino.
L’elemento primario per confinare l’infestazione e gestirne le sue evoluzioni, una volta delimitata e
circoscritta l’area focolaio, è quella di adottare preventivamente tutte le misure volte ad impedirne la
diffusione. Soprattutto quella legata a fattori accidentali che possono favorire il trasporto e il veicolamento
degli insetti anche a grandi distanze. Ad esempio i movimenti di terra dalle zone infestate o il traffico
veicolare generico. Un discreto rischio di diffusione è rappresentato dallo spostamento di piante ospiti che
possano contenere forme adulte nella vegetazione o, se allevate in vaso contenente terra, possono contenere
forme larvali, ecc. Condizioni queste che devono essere regolamentate e supportate da un’idonea vigilanza
sul territorio.
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