1 Introduzione 2 Fisica dei semiconduttori - Antonio Pierro

Formazione del segnale nei rivelatori a silicio[1]
c
2008
by Antonio Pierro
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Introduzione
In questa relazione illustrerò le caratteristiche e il funzionamento dei rivelatori a
silicio, con particolare riferimento ai rivelatori a microstrip di silicio del tracciatore
di CMS.
I rivelatori a microstrip di silicio sono rivelatori di particelle a stato solido,
il cui principio di funzionamento è simile a quello di una camera a ionizzazione: il
passaggio di particelle ionizzanti (particelle cariche o raggi γ) produce al loro interno
un certo numero di coppie elettrone-lacuna proporzionale all’energia rilasciata.
Le coppie elettrone-lacuna vengono raccolte tramite un campo elettrico, e generano un segnale elettrico, relativo all’evento ionizzante.
La caratteristica principale dei rivelatori a stato solido è la piccola energia necessaria per creare una coppia elettrone-lacuna, che nel silicio è 3.6 eV, contro i circa
30 eV necessari per ionizzare un atomo di Ar in una camera a ionizzazione a gas.
Inoltre trattandosi di rivelatori a stato solido, quindi caratterizzati da una alta
densità, essi sono dotati di un alto potere di arresto (Stopping Power), maggiore
di quello dei rivelatori a gas. Pertanto, possono essere prodotti con spessori molto
sottili, tipicamente di circa 300µm.
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Fisica dei semiconduttori
Il silicio è un solido semiconduttore, in cui la struttura a bande degli elettroni nel
reticolo cristallino è illustrata nella figura 1.
La banda proibita al di sopra della banda di valenza risulta essere alta solo pochi
elettronvolts, Eg = 1.1 eV.
Una particella incidente su uno strato di silicio può, rilasciando energia al suo
passaggio, fornire ad un elettrone energia sufficiente per superare la banda proibita,
facendolo entrare nella banda di conduzione.
L’elettrone in banda di conduzione è libero di muoversi, per esempio sotto
l’azione di un campo elettrico, e inoltre lascia una buca o ”lacuna” in banda di
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Figure 1: Da sinistra a destra, schema delle bande energetiche in un isolante, semiconduttore e conduttore.
valenza, che si comporta a tutti gli effetti come una carica positiva, anch’essa relativamente libera di muoversi.
L’energia che deve essere rilasciata nel silicio per estrarre una coppia elettronelacuna (e-l) è di ∆E = 3,6 eV, circa 2,5 eV sono dispersi in vibrazione del cristallo.
Questo valore, come detto, è molto più basso di quello necessario per ionizzare un
atomo di un rivelatore a gas.
Essendo la densità del silicio di 2.3 g*cm−3 , si ottiene che la perdita di energia
media per una particella al minimo di ionizzazione 1 che attraversi uno spessore di
silicio, è di circa 390 eV/µm.
Questo corrisponde al rilascio di circa 108 coppie elettrone lacuna per ogni µm
di spessore attraversato.
Spessori tipici di silicio usati per un rivelatore sono dell’ordine dei 300 µm, dando
origine quindi a circa 32000 coppie elettrone-lacuna complessivamente. Un segnale
di questo tipo è abbastanza grande da poter essere raccolto da una elettronica di
readout a basso rumore.
1
Il minimo di ionizzazione è il minimo raggiunto dalla distribuzione della perdita di energia per
unità di lunghezza, per effetto della ionizzazione in un mezzo
2
Tuttavia a temperatura ambiente, l’energia termica è già sufficiente a liberare un
gran numero di coppie (e-l) dentro un cristallo di silicio, tali da originare un ”rumore”
capace di mascherare completamente il segnale prodotto dall’eventuale passaggio di
una particella nel materiale. In condizioni normali ( T circa 300 K) il funzionamento
di uno strato di silicio come rivelatore di particelle è di fatto impossibile . Si possono
adottare allora due strategie per incrementare il rapporto segnale/rumore:
• raffreddare il blocco di silicio usato come rivelatore.
• utilizzare giunzioni p/n polarizzate inversamente in condizioni di totale svuotamento.
Per realizzare una giunzione p/n polarizzate inversamente si mettono a contatto
due cristalli di silicio drogati, rispettivamente di tipo p e di tipo n (per dettagli
vedere nota2 ).
Vicino alla frontiera tra la zona p e la zona n le cariche libere, sia elettroni che
lacune, diffondono (verso la zona p ed n rispettivamente), dando origine ad una
regione priva di cariche, detta zona di svuotamento visibile in figura 2
Tra gli estremi della zona di svuotamento si stabilisce una differenza di potenziale
di contatto Vo, che per il silicio vale 0.6 V.
Se si considera la giunzione come un rivelatore, si osserva che le cariche create
nella regione svuotata da una particella incidente possono essere raccolte, mentre
quelle create nella zona non svuotata si ricombinano con le cariche libere e sono
perse.
Si vede allora come sia possibile costruire un rivelatore di particelle efficiente
ampliando il più possibile la regione svuotata.
Ciò si ottiene polarizzando inversamente la giunzione, ovvero applicando una
differenza di potenziale Vbias , dello stesso segno del potenziale di contatto Vo.
Infatti, con questa polarizzazione si intende svuotare interamente il rivelatore
dalle cariche libere, in modo da assicurare la completa raccolta dei portatori generati
al passaggio di una particella carica. Mentre, in caso di svuotamento parziale, una
parte del segnale verrebbe persa per ricombinazione.
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Il silicio è detto essere drogato di tipo p se ad esso sono state introdotte delle impurità trivalenti
( atomi accettori, del III gruppo, boro per esempio ), mentre è detto drogato di tipo n se ad esso
sono state aggiunte delle impurità pentavalenti ( atomi donatori, del V gruppo, come ad esempio
il fosforo ).
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Figure 2: Svuotamento di una giunzione p-n. Lo svuotamento non si estende a tutto
il cristallo, perchè gli ioni fissi creano un doppio strato elettrostatico e quindi un
campo elettrico che si oppone all’ulteriore diffusione delle cariche libere.
La tensione a cui si ha lo svuotamento completo è detta Vdepl e si può dedurre
dalle caratteristiche geometriche e dal drogaggio e risulta essere:
Vdepl = ND
ed2
2Si
(1)
dove si è indicato con d lo spessore della zona svuotata, con Si la costante
dielettrica del silicio e con ND il drogaggio.
Si noti che lo spessore della zona di svuotamento è inversamente proporzionale
al drogaggio. Nell’equazione precedente si può utilmente introdurre la resistività ρ,
dando allora:
Vdepl =
d2
2Si 0 µρ
(2)
dove µ è la mobilità.
La struttura che si ottiene una volta svuotata completamente la giunzione p/n
si comporta di fatto come un condensatore a facce piane parallele con spessore pari
a quello della regione svuotata. La capacità della giunzione è molto importante per
4
la scelta della catena elettronica da accoppiare al rivelatore. Si ottiene:
C∝p
1
Vdepl
(3)
Normalmente nella costruzione dei rivelatori si usano delle giunzioni di tipo
p+ /n, in cui cioè si ha una forte asimmetria del drogaggio e negli spessori utilizzati,
con la parte p molto più drogata e molto più sottile che la parte n.
La parte n viene detta substrato e viene utilizzata come volume attivo per la
rivelazione delle particelle e tipicamente ha uno spessore di 300µm.
L’impianto p+ è necessario per svuotare il substrato grazie all’applicazione di una
tensione di polarizzazione inversa. Il drogaggio molto elevato consente di utilizzare
per questa parte spessori dell’ordine di qulache µm.
Una volta polarizzata la giunzione p+ /n le cariche libere presenti migrano generando
una corrente, detta corrente di buio o di polarizzazione inversa.
I valori tipici che si ottengono per la corrente di buio sono comunque molto
piccoli ( con densità di corrente dell’ordine di 0,5 µA/cm3 ), e consentono quindi di
rivelare un eventuale segnale prodotto nel substrato svuotato da particelle ionizzanti.
3
Rivelatore a microstrip di silicio
Lo schema generale di un rivelatore a microstrip di silicio è mostrato nella seguente
figura3.
La distanza tra due strip adiacenti è detto passo (p) ed è fisso per tutto il
rivelatore. Lo spessore di un rivelatore a microstrip è normalmente di circa 300µm,
la larghezza delle strip di qualche µm; il passo tipicamente varia da 25µm a 240µm.
Se lo strato di alluminio viene depositato direttamente sulle strip p+ esse sono
dette in accoppiamento DC (Direct Current); invece se prima dell’alluminio viene
impiantato uno strato di biossido di silicio, che funge da capacità di accoppiamento e
impedisce il passaggio della componente continua della corrente (la corrente di buio,
dovuta alla polarizzazione) all’ingresso dell’elettronica, l’accoppiamento è detto AC
(Alternating Current).
Nella figura 4 invece è disegnata una vista prospettica di una parte di un tipico
rivelatore a microstrip di silicio. Oltre agli elementi già descritti si vedono l’anello
di guardia e l’anello di bias.
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Figure 3: Schema di un rivelatore a microstrip
L’anello di bias circonda tutto il perimetro del rivelatore, e collega tramite delle
resistenze costituite da una serpentina di polisilicio (bias resistors), ognuna delle
strip fornendo loro la tensione che permette lo svuotamento della giunzione. Intorno
all’anello di bias vengono realizzati uno o più anelli di guardia ( guard ring ) che
permettono di modellare il campo elettrico ai bordi del rivelatore e interrompere
le correnti superficiali. Alle estremità delle linee di alluminio sono realizzati dei
”pads”, ovvero dei contatti metallici particolarmente larghi, che permettono la microsaldatura tra le strips e i canali dell’elettronica di front-end.
Come detto, una particella ionizzante, attraversando la zona svuotata del rivelatore, perde energia e produce coppie elettrone-lacuna. Quest’ultime si spostano dentro il silicio a causa del campo elettrico lı̀ presente, e vengono raccolte dall’elettronica
saldata al rivelatore.
Poichè i segnali provenienti dai rivelatori sono in genere molto deboli, la prima
funzione dell’elettronica di lettura (readout) è quella di amplificarli per poterli
trasmettere in modo efficace al resto dell’apparato.
Dal segnale raccolto sulle strip è possibile capire se una particella ha attraversato il rivelatore. Non solo, ma la posizione geometrica delle strip colpite, è possibile
sapere con grande precisione dove la particella è passata. Un amplificatore è col6
Figure 4: Schema di un rivelatore a microstrip.
legato ad ogni elettrodo (strip): la risoluzione attesa, assumendo una distribuzione
uniforme per la probabilità di ottenere una misura
√ in un intervallo di ampiezza pari
al pitch e centrato sulla strip letta, è di σ = p/ 12, dove p è il passo tra le due strip.
In realtà se c’è ripartizione di carica tra strip adiacenti si ottiene una risoluzione
migliore calcolando il baricentro della carica rilasciata.
Ad esempio se il passo
è di 60µm, con la divisione di carica si ottiene anche
√
σ ∼ 10µm mentre 60/ 12 = 17.34µm.
Il fatto poi che il rivelatore a microstrip sia di dimensioni trasversali molto
ridotte, consente da un lato una velocissima raccolta delle cariche prodotte per
ionizzazione dalla particella incidente ( si parla di tempi dell’ordine della decina di
ns ) e dall’altro di disturbare il meno possibile la particella stessa nel suo cammino,
minimizzando i fenomeni di scattering multiplo.
Per un rivelatore a microstrip altri parametri importanti sono la tensione di
svuotamento, la capacità di backplane e la capacità interstrip (vedi figura 4)
La tensione di svuotamento Vdriv è la tensione a cui lavora il rivelatore ed è quella
applicata alla giunzione p+ /n del rivelatore per svuotare completamente il substrato
n da cariche libere in esso presenti.
riv
La capacità di backplane Cback
è la capacità che si forma nella giunzione p+ /n
7
in seguito allo svuotamento del substrato n, che tende a comportarsi come un condensatore a facce piane parallele.
riv
definita come
Un ulteriore parametro da ricordare è la capacità interstrip, Cint
la capacità che viene a formarsi tra le strip. Esso, una volta che il rivelatore è posto
in tensione ed è quindi svuotato dalle cariche libere, si comporta infatti rispetto a
due strip affiancate come un dielettrico e quindi genera una capacità. Il contributo
principale a tale capacità è dato dalla capacità tra la strip in esame e le prime due
riv
adiacenti. Si ottiene sia per la capacità interstrip Cinter
che per la capacità totale
Ctot = Cinter +Cback un andamento proporzionale con il rapporto dato dalla larghezza
della strip w sul passo p:
pF
Ctot = (0.8 + 1.6 wp ) cm
I valori tipici di capacità interstrip Cint normalizzata rispetto alla lunghezza
della strip sono di 1.5 pF/cm. Per la capacità di backplane si hanno valori di circa
0.3 pF/cm.
Supponendo di essere nel caso di un accoppiamento AC, l’elettronica di lettura
del segnale e il comportamento circuitale del rivelatore a microstrip possono essere
schematizzati come in figura5.
Figure 5: Schema circuitale di un rivelatore a microstrip
La capacità Cac è detta capacità di accoppiamento ed è dovuta allo strato di
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biossido di silicio interposto tra il silicio e la parte metallica della strip. Il blocco
A rappresenta la parte di amplificazione dell’elettronica di lettura e la capacità Cf
(capacità di feed-back) è associata a tale elettronica.
Si può dimostrare che, affinchè il rivelatore operi in modo efficente, deve essere
soddisfatta la condizione: Cac >> Cint >> Cback
Infatti il passaggio di una particella ionizzante comporta l’iniezione di una carica
Qtot nel punto di contatto delle 4 capacità (punto Q della figura5). La quantità di
carica raccolta dal circuito elettronico Qracc è una frazione di Qtot pari a:
Cac
Qracc
=
Qtot
Cac + 2Cint + Cback
(4)
da cui si vede che una grande capacità interstrip e una grande capacità di backplane riducono l’efficienza di raccolta della carica.
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Formazione del segnale nei rivelatori a a microstrip al Silicio
In un rivelatore di radiazione ionizzante, lo strumento di rivelamento del segnale
di corrente, connesso all’elettrodo, è un amplificatore sensibile alla corrente o alla
carica.
Una radiazione ionizzante che attraversa il volume attivo genera coppie elettronelacuna (in media, 8000 coppie ogni 100 micron).
L’impulso elettrico sugli elettrodi deriva dalla carica indotta causata dal movimento delle cariche e non dalla raccolta della carica stessa sugli elettrodi. (vedi
figura 6)
Quindi, appena una carica si muove attraverso lo spazio tra le due placche, la
carica indotta sulle due placche cambia con continuità e questo corrisponde a far
fluire una corrente nel circuito esterno, già da quando la carica inizia a muoversi.
In un rivelatore a microstrip al Silicio in cui ci sono N elettrodi, dal punto
di vista matematico, il fenomeno può essere analizzato applicando il Teorema di
Ramo7, secondo cui la corrente indotta dal moto della carica q, di velocità ~v (~r),
sull’elettrodo k può essere calcolata come
Ik (t) = −
~ W (~r)
q~v (~r) ∗ E
Vk
9
(5)
Figure 6: Consideriamo una carica q in un condensatore piano a facce parallele.
Quando la carica si trova a metà strada tra le due placche, la carica indotta su
ognuna delle due placche è determinata dalla legge di Gauss: lo stesso numero di
linee di campo interseca le placche S1 e S2 cosı̀ chè sulle placche è indotta la stessa
quantità di carica q/2. Quando la carica è vicina alla placche S2, la maggior parte
delle linee di campo termina sulla placca più vicina inducendo una carica indotta
più grande rispetto alla placca S1 più lontana.
~ W definito come ”weighting field” e Vk il potenziale scalare relativo.
con E
La difficoltà nel calcolare la corrente indotta in un sistema multielettrodo come
quello del rivelatore a microstrip al Silicio usando il teorema di Ramo, consiste nel
calcolo del ”weightin field” E~W (~r) e della velocità della carica.
Per calcolare il ”weightin field” possiamo risolvere l’equazione di Poisson ∆2 V =
ρ/υ, con ρ la densità di carica spaziale nel mezzo applicando le condizioni al contorno.
Il campo E~W non è un campo elettrico ma assume il significato di una funzione
peso associata all’elettrodo su cui si vuole calcolare la corrente indotta ik (t).
E~W (~r) si misura in cm−1 ed è chiamato weighting field.
Il weighting field, non essendo un campo elettrico, non dipende ovviamente dalla
distribuzione delle cariche, in particolare non dipende dalla eventuale carica spaziale
presente nello spazio interelettrodico, come nel caso di un rivelatore al Silicio. Esso
dipende solo dalla geometria degli elettrodi e dalle impedenze con cui questi sono
connessi a massa.
Nella seguente figura8, in cui sono mostrate le linee di campo del vettore E~W (~r),
si vuole mostrare come il segnale di carica indotta sugli elettrodi dovuto al moto di
una carica (elettrone o lacuna), dipende dal punto in cui la carica ionizzante genera
le coppie elettroni-lacuna.
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Figure 7: Il seguente teorema permette di calcolare la corrente indotta su un generico elettrodo di un sistema multielettrodo purchè il potenziale degli elettorodi non
cambi apprezzabilmente per effetto dell’induzione (in altri termini, purchè essi siano
connessi a massa con impedenza trascurabile). Per fare questo, si introduce il
”weightin field” E~W ottenuto ponenendo Vi6=k = 0 Vk 6= 0. Il teorema di Ramo
k
afferma che la corrente indotta dalla carica q sull’elettrodo k è: Ik = − qv∗E
Vk
Nella successiva figura 9 si vuole mettere in evidenza come la formazione del
segnale dipenda anche dal tipo di carica (elettrone/lacuna) in moto.
A causa del campo elettrico esterno E, i portatori di carica acquistano una
velocità di deriva comune non nulla, contrariamente a quanto accade in condizioni
normali in cui, per agitazione termica, le cariche si muovono di moto caotico con
velocità media uguale a zero.
A causa dei frequenti urti con gli atomi del reticolo, la velocità di deriva non
aumenta indefinitamente ma raggiunge un valore medio costante pari a:
ve(h) = µe(h) E
(6)
dove µe(h) è detta mobilità degli elettroni (della lacune).
È importante notare che la mobilità dei due portatori di carica non è la stessa;
per il silicio ad esempio abbiamo µe =1350 cm2 /V sec mentre µh =480 cm2 /V sec.
Questo fa si che il tempo di raccolta della carica indotta dovuto al moto degli
elettroni e delle lacune, generati dal passaggio di una particella in un particolare
punto del rivelatore con una particolare angolo di entrata, sia molto diverso su
entrambi gli elettrodi. (vedi figure 9).
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Figure 8: Nella seguente figura sono mostrate le linee di campo pesato che si
generano all’interno di un rivelatore a silicio. Sulla base della definizione, il weighting
field, utile per calcolare ik (t), si può ottenere ponendo l’elettrodo k al potenziale
Vk =1V e tutti gli altri elettrodi a massa. A questo punto, possiamo calcolare per
via grafica il segnale di corrente generato per due percorsi diversi (1) e (2). Nel
percorso (1) l’angolo θ tra E~W (~r) e ~v (~r) è sempre < di π2 e il cos(θ)>0. Nel percorso
(2), l’angolo θ è > π2 vicino alla strip, e poi decresce lungo la traccia; pertanto cos(θ)
è prima negativo , poi si annulla, infine è maggiore di zero.
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Per semplicità di calcolo considero il segnale generato da una carica in moto in
un campo elettrico lineare sulla giunzione n (posto a potenziale V) con la giunzione
p posta a massa.
Consideriamo il segnale indotto dai soli elettroni; con un ovvio cambiamento
di simboli si ottiene quello indotto dalle lacune. Riferiamoci ad un singolo cluster
puntiforme, q. La volocità degli elettroni/lacune, sapendo che la velocità della
carica è limitata dalle collisioni che coinvolgono un grande numero di molecole, sarà
direttamente proporzionale al campo elettrico applicato:
ve (x) = dx/dt = −µe E(x) = −µe qND x/ = −x/τ [vh = x/τ 0 ]
(7)
Dove µ è la mobilità dei portatori, indipendente dal campo elettrico.
Integrando si ha l’equazione oraria (x=xo per t=0)
t
t
x(t) = x0 e− τ [x(t) = x0 e τ 0 ]
(8)
Sostituendo nella precedente si ha ve (t)
ve (t) = −
x0 − t
x0 t
e τ [vh (t) = 0 e τ 0 ]
τ
τ
(9)
Infine, la corrente indotta sull’elettrodo connesso a V0 è
ie (t) =
qx0 t
qx0 − t
e τ [ih (t) = 0 e τ 0 ]
τd
τd
(10)
e, integrando, si ha la carica indotta
Qe (t) =
t
qx0
qx0 t0
(1 − e− τ )[Qh (t) =
(e τ − 1)]
d
d
(11)
Fra parentesi, sono indicate le espressioni che si hanno per le lacune. Le forme
d’onda della carica e corrente al passaggio di una radiazione ionizzante, determinata
con questo calcolo matematico, sono mostrate in figura 9.
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Figure 9: Il contributo differente della carica indotta dato dagli elettroni/lacune
sui due elettrodi p ed n si spiega in questo modo: la ”strip n” ha un potenziale
maggiore rispetto alla ”strip p”, quindi gli elettroni si muoveranno verso la ”strip
n” (a potenziale maggiore) e le lacune verso la ”strip p” (a potenziale minore). Per
questo motivo la carica indotta sulla ”strip n” da parte degli elettroni sarà maggiore della carica indotta da parte degli stessi elettroni ”sulla strip p”, in quanto,
come spiegato nella figura6 la maggior parte delle linee di campo generate da una
carica terminano sulla placca più vicina, (nel caso dell’elettrone statisticamente la
”strip n”). Nel caso delle lacune facendo lo stesso discorso si arriva a dimostrare
come la carica indotta sia maggiore sull’elettrodo p (elettrodo verso cui le lacune
si avvicinano) rispetto a n (elettrodo da cui le lacune si allontanano). Per quanto
riguarda, il tempo di raccolta della carica indotta sugli elettrodi, si nota come la carica totale raccolta non dipende dal particolare elettrodo p o n su cui viene raccolta
mentre il tempo di raccolta dipende dal tipo di carica a causa della diversa mobilità
degli elettroni e delle lacune. Gli elettroni avendo una mobilità maggiore hanno un
tempo di raccoltà minore (pendenza maggiore dell’esponenziale). Le lacune, invece,
avendo una mobilità minore rispetto agli elettroni, impiegano più tempo a raggiungere l’elettrodo generando un segnale con una pendenza minore e più prolungata
rispetto agli elettroni. Chiaramente, la somma della carica raccolta dovuta al moto
degli elettroni sulle due strip sarà uguale alla somma della carica raccolta dovuta al
moto delle lacune sulle due strip.
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References
[1] Questa tesina (sorgenti latex e file PDF) è raggiungibile al seguente indirizzo
http://didatticait.altervista.org/Didattica/fisica/PhD/
[2] R. Leo, Techniques for Nuclear and Particle Physics Experiments
[3] Semiconductor Detector Systems, Helmuth Spieler
[4] M. Nicola Mazziotta, appunti sul corso di dottorato Formazione del Segnale nei
Rivelatori.
[5] B. Marangelli, Appunti di Fisica dei Dispositivi Elettronici
[6] E. Gatti e P.F.Manfredi, Processing the signals from solid-state detectors in
elementary-particle physics
[7] The CMS Collaboration, CMS Physics, Technical Design Report, Vol.1,
CERN/LHCC 2006-001.
[8] The CMS Collaboration The Tracker Project, Technical Design Report,
CERN/LHCC 1998-006; Addendum to the CMS Tracker TDR, CERN/LHCC
2000-016.
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