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Storia della grafica

STORIA DELLA GRAFICA
I.I.S.S.
“Luigi Bazoli – Marco Polo”
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Corso: Grafica e comunicazione
Docente: E. Gostoli
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LA DIFFUSIONE DELLA COMUNICAZIONE
Nella seconda metà del XIX secolo le città
europee e americane ebbero un forte sviluppo dovuto alla crescente industrializzazione e al concentramento delle fabbriche intorno ai principali centri urbani.
Conseguentemente crebbe il settore dei
trasporti, dei servizi e delle comunicazioni, modificando radicalmente la fisionomia
della società occidentale. Automaticamente
la crescita dei consumi, rinnovò la moda,
gli ambienti domestici, la forma degli
oggetti e delle immagini. Le vetrine dei
negozi si infittirono ovunque e, nelle grandi
città, aprirono i primi grandi magazzini.
Lo spettacolo della merce impose al grande
emporio come al piccolo negozio l’esigenza
di darsi un’immagine definita, che andava
dall’allestimento della vetrina alla fantasia
dell’insegna; e la necessità di richiamare
l’attenzione dei consumatori sulle caratteristiche e i prezzi dei prodotti in vendita
diede il via a un sempre più ampio sistema di comunicazione visiva di massa,
nel quale la pubblicità trovò uno spazio
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crescente e il manifesto giocò un ruolo
primario.
Nacquero nuove case editrici, che offrirono a un pubblico di lettori in continuo aumento libri dalle copertine magistralmente
disegnate e spesso arricchiti da illustrazioni
finemente incise; i periodici e i quotidiani
si moltiplicarono dovunque, rinnovando
la loro veste grafica.
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LA RIFORMA DEL DISEGNO
IN INGHILTERRA
A partire dalla metà del XIX secolo si moltiplicarono gli studi e le riflessioni intorno
allo stile dell’ornamento sia in architettura che nelle arti applicate all’industria.
In Gran Bretagna, Owen Jones nella sua
Grammar of Ornament, del 1856, studiò in
particolare le configurazioni presenti nella
natura vegetale. Essi si presentano con
innumerevoli variazioni di schemi fitomorfici e geometrizzati. Alla base di questa
concezione dell’ornamento, stava una tecnica grafica teorizzata da Walter Crane, nei
volumi The Bases of Design del 1898 e Line
and Form del 1900, in cui egli approfondì
tra l’altro il rapporto tra testo e illustrazione nella grafica editoriale. Crane vedeva
nella linea il fondamento primario del
disegno: «Linea determinante, linea enfatizzante, linea delicata, linea espressiva, linea
che controlla e che unisce»; e sviluppò la
costruzione di patterns fondati su forme
elementari come il quadrato e il cerchio.
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Questi studi sul disegno si intrecciarono
anch’essi con il crescente interesse per la
grafica giapponese che animava il dibattito
artistico, e confermarono la profonda attenzione per la struttura delle forme naturali,
assunte come modello. Nel 1905 Eugène
Grasset affrontò il problema in modo sistematico nei due volumi della Méthode de
composition ornementale, puntando alla
costruzione di un sistema grafico astratto,
composto di elementi geometrici organizzati
in figurazioni basate sui punti, sulle linee e
sulle loro diverse combinazioni, con diretto
riferimento ai modelli del mondo vegetale.
Walter Crane: La Bella e la Bestia bevono il tè (1874)
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Wallpaper illustration from The Grammar of Ornament (1856)
by Owen Jones.
Eugène Grasset
Tentation’ et ‘Coquetterie, 1897Litografia
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IL MOVIMENTO ART AND CRAFTS
Secondo questi artisti dunque la meccanizzazione dei processi produttivi avrebbe provocato uno scadimento della bellezza dei prodotti, garantita a loro avviso
soltanto dai procedimenti artigianali.
In questo richiamo all’organicismo delle
forme, la tendenza dominante verso un disegno delle architetture e degli oggetti ispirato
alla dinamicità e al profondo vitalismo della
natura furono alla base del lavoro di William Morris, che operò direttamente nel
settore del design e della grafica.
Morris aveva avuto contatti con il movimento
artistico dei Preraffaelliti. Per lui tutte le arti
dovrebbero ispirarsi a un periodo idealizzato, tra tardo Gotico e Quattrocento italiano,
in reazione alle pessime produzioni industriali del suo tempo. Era un ammiratore
e cultore della scrittura degli amanuensi
e soprattutto dei libri del XV secolo, che
precedettero l’invenzione della stampa.
Ghirlande di foglie e rami che si intrecciano
costituiscono il primo motivo tipico di questi
suoi disegni.
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Kelmscott
Press.W. Morris
Poems by
the Way.
W. Morris ha contagiato numerosi artisti in
Inghilterra, molti dei quali aderirono alla
Arts and Crafts Exhibition Society, movimento sviluppato in Gran Bretagna che si
diffuse in una serie di iniziative individuali
la cui matrice comune era da ricercare nel
rifiuto della produzione meccanica degli
oggetti d’uso e nella rivalutazione del lavoro
artigianale, condotto secondo criteri di assoluto rigore tecnico e formale.
Nel 1861 Apre un’azienda assieme ai suoi
amici preraffaelliti: Morris and Marshall and
Faulkner. Costituendo la società, i fondatori
hanno voluto occuparsi della creazione e
vendita di manufatti artigianali per abitazioni e chiese ispirati all’epoca medievale.
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L’azienda si sarebbe occupata di tappeti,
intagli, tessuti stampati, vetrate, tappezzerie
di carta e lavori in metallo. Specializzandosi
in carte da parati con criteri decorativi e ornamentali innovativi.
Artichoke
wallpaper
(1897)
Nel 1890 diventa un vero cultore della tipografia e fonda la Kelmscott Press Tipografia
nella sua villa a Kelmscott (Oxfordshire.
Realizza libri e stampe rare e ridisegna alcuni caratteri.
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La Confraternita preraffaellita nasce nel settembre del
1848 per necessità di un gruppo di giovani artisti, uniti
dalla volontà di opporsi all’arte accademica e di recuperare lo stile e il senso etico dei pittori antichi senza
per questo tradire la propria appartenenza all’età contemporanea. I fondatori sono John Everett Millais, e
Dante Gabriel Rossetti, personaggio poliedrico ed artista eclettico. Sensibili ai problemi sociali, attratti dalle
recenti scoperte scientifiche, spaventati dall’incalzare
di una produzione industriale che rischia di sostituirsi
alla mano dell’uomo uccidendo l’immaginazione.
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All’interno della Kelmscott Press Lavorano
molti giovani artisti, tra i quali, in campo
grafico, si distinguono Charles Ricketts e
Aubrey Beardsley, Entrambi stretti collaboratori di Oscar Wilde. Charles Ricketts
(1866/1931), è attivo come pittore, illustratore, incisore, designer, scenografo. Fu tra i
fondatori di una rivista “The Dial”. I disegni
di Ricketts appaiono rigorosi, ogni elemento
è rappresentato da linee di contorno continue e concluse con forme spesso fortemente
allungate. Predilige la xilografia e ha una
passione per l’arte tipografica. Nel 1896
fonda la Vale Press, officina dove realizza
l’edizione da lui curate. Anch’ egli come W.
Morris concepisce il disegno, l’illustrazione,
parte integrante del progetto grafico del
libro. Il suo mondo iconografico è fatto di
boschi popolati da ninfe e fanciulle.
Frontespizio ed dorso per i
poemi di Oscar Wilde, 1892
Charles Ricketts
Copertina per Oscar Wilde,
The sphinix, 1894
Charles Ricketts
Frontespizio per l’opera
Nimphidia and the Muses Elizium, 1896
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Nel lavoro artistico di Aubrey Beardsley è
invece fortemente caratterizzante la linea,
la figura netta e decisa, i contorni derivanti dalla pittura vascolare greca. Anche
l’influenza del giapponismo è notevole e
la troviamo nella mancanza di bidimensionalità, nella mancanza di prospettive, di
ombre e luci, nella costruzione di linee nette
e costanti nello spessore. Un processo di
semplificazione che considera Bradsley uno
degli antisegnani del disegno grafico
moderno.
Aubrey Beardsley,
Frontespizio
capitolo da
“la morte di Artù”
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Aubrey Beardsley
The Black Cape (a sinistra) e The
Climax,
illustrazioni per Salome di Oscar
Wilde, 1893.
Aubrey Beardsley
The Yellow Book Volume I , 1894.
Volume rilegato
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Nella Chicago degli anni 90 del XIX secolo,in
un clima artistico che si spira alle Arts and
Crafts inglesi si forma la personalità di Will
Bradley. Disegnatore autodidatta fa buona
pratica in tipografia lavorando attivamente
in campo editoriale.Progetta copertine e
manifesti per una rivista famosa “The Chap
Book”. Nell’attività editoriale egli evidenzia
una particolare cura per la tipografia e per il
disegno del carattere tanto che nel 1894 l’American type Sounders acquista i diritti per
la riproduzione per il logo della rivista con
il carattere che verrà denominato poi con il
suo nome. Ha un segno fortemente marcato
e realizza tutto con la tecnica xilografica, usa
tinte a campiture uniformi (giapponismo).
Questa sua personale tendenza anticipa
il gusto déco.
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L’Art Déco (nome derivato per estrema sintesi dalla dicitura Exposition Internationale des Arts Décoratifs
et Industriels Modernes, Esposizione internazionale di
arti decorative e industriali moderne, tenutasi a Parigi nel
1925 e perciò detto anche stile 1925) , Chiamato anche
“Style Moderne” è rimasto lo stile dell’arte decorativa negli
anni ‘20 e ‘30. A parte i diversi periodi in cui hanno avuto
origine, la principale differenza con l’Art Nouveau risiede
nel campo estetico e nel riflesso degli sviluppi sociali ed
economici prevalenti in quel momento. Le forme organiche e fluide che caratterizzano l’Art Nouveau erano una
chiara risposta al desiderio dell’artista di liberarsi dalle
rigide strutture classiche e gerarchiche, mentre i design
più audaci e snelli dell’Art Déco riflettono la glorificazione
della rivoluzione industriale.
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DIFFUSIONE DI UNO STILE
La riforma del disegno in Inghilterra che
riflette intorno allo stile dell’ornamento
sia in architettura che nelle arti applicate
all’industria, il movimento Art and Crafts, Il
giapponismo; diffusero stili che assunsero
nomi differenti come Jugendstil a Monaco
e Berlino (18969), Liberty in Italia, andranno a definire uno stile unico e riconoscibile
che interpretò la nuova società occidentale
, la nuova cultura industriale a partire dalla
metà del XIX secolo: Art Nouveau
Nella grafica di questo stile le principali
caratteristiche sono linearismo, interpretazione astratta dei motivi naturalistici,
capacità di tradurre in componenti strutturali i propri elementi formali. La linea
stabilisce contorni dell’immagine e delimita il campo dei rapporti cromatici e,
definisce attraverso gli spessori la dialettica tra figura e sfondo. Le campiture
sono piatte e c’è l’impiego sapiente del
bianco e nero. La struttura grafica varia da
una figurazione di carattere naturalistico
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a una composizione costruita su moduli
geometrici astratti ovvero “patterns”.
Queste soluzioni formali furono rese possibile anche dal progresso delle tecniche grafiche che i disegnatori sperimentarono con
grande interesse. Fu rivalutata la xilografia
e, la litografia come riproduzione fotomeccanica, rese d’uso corrente la stampa
a colori. I manifesti quindi assieme a riviste
e libri diventarono il mezzo di comunicazione di massa più diffuso.
L’EVOLUZIONE DELLA STAMPA
La pubblicazione periodica illustrata, la
rivista, il magazine, raggiunsero un facile
successo e una forte accelerazione. L’alfabetizzazione, e lo sviluppo tecnologico a
cominciare dalle macchine da stampa furono
la motivazione trainante. Nasce la necessità
di una riflessione sulla percezione visiva
del testo e delle immagini. William Morris nel 1985 in una conferenza indicò nella
“doppia pagina” il modulo unitario per la
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progettazione grafica del libro, facendone
un campo visivo già strutturato, nel quale
la composizione del testo, ovvero la sua
disposizione architettonica comprendeva
oltre alle lettere, il bianco dei margini,i delle
interlinee, dei capoversi, dell’ illustrazione
e la sagoma stessa dello spazio testuale. Un
sistema grafico coerente nel quale tutti gli
elementi dovevano obbedire a norme progettuali d’insieme.
Successivamente quando la fotografia
entrerà nel settore dell’editoria potrà far
compere a quest’ultima un salto di qualità. La rigorosa impostazione dei libri dei
quotidiani ricerca una nuova sintesi tra testo
e immagine. La rivista moderna nasce si
sviluppa sulla capacità di espressione della
fotografia e su quell’attimo che fissa la realtà
storicizzandola. Il prodotto editoriale si
trasforma dunque in un evento comunicativo.
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L’ARTE DEL MANIFESTO
In questo periodo il manifesto fu un prodotto tipico della nuova società di massa
e diretta espressione della cultura urbana. Si impose subito come diffuso mezzo
di comunicazione in grado di trasmettere
messaggi immediati e sintetici, lungo le
strade delle città. L’evoluzione della tecnica
come La cromolitografia apri la strada a una
serie di perfezionamenti estetici Grazie ai
quali il manifesto entra come protagonista
nella cultura visiva moderna. Il foglio del
manifesto assunse dimensioni che lo fecero
spiccare sui muri delle città come un quadro
sulla parete. Edouard Manet (1832 –1883),
in Francia, fu uno dei primi grandi artisti che
si dedicò all’arte del manifesto, nel 1868
disegnò l’affiche pubblicitaria per la raccolta
Les chats, di Champfleury, nella cui composizione l’immagine centrale è incorniciata
e occupa ancora una posizione tradizionale
di semplice illustrazione. Più incisiva e più
significativa fu l’attività di due altri grandi
artisti, Pierre Bonnard (1867-1947) e Henri
Toulouse-Lautrec (1864-1901). Quest’ultiI.I.S.S.
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mo contribuì a formare quello che fu chiamato “il movimento del manifesto”, iniziando a trattare lo spazio del foglio come uno
spazio pittorico dove testo, figura e parola
creavano una struttura compositiva unica
che imponeva una lettura intera, avvolgente
del messaggio visivo. Altri tre personaggi
francesi importanti furono Jules Chéret,
Eugène Grasset, Alphonse Mucha.
Edouard Manet - manifesto 1868
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Pierre Bonnard - manifesto 1891
Henri Toulouse-Lautrec - manifesto 1891
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Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901)
Eseguì in tutta la sua carriera circa 30 manifesti, i più famosi sono quelli pubblicitari di
locali parigini (Divan Japonais, Moulin Rouge: Bal Tous les soirs, Aristide Bruant all’Ambassadeurs). Autentico post impressionista fu dall’arte giapponese che apprese la
possibilità di unificare la composizione
con un effetto decorativo attraverso il
gioco sottile di linee curve facendo uso
di contorni espressivi. Anche l’uso di campiture furono spunto per l’utilizzo di forme
come silhouette, ed elementi puramente
decorativi, senza distruggere l’effetto realistico. Infine Lautrec scoprì il modo di suggerire
la profondità ponendo il punto di vista ad un
livello più alto della metà della tela; servendosi di piani piatti, decentrando la composizione e valendosi di diagonali di profondità
fortemente scorciate e spesso prospetticamente inesatte. Piani paradossali con figure
dal taglio esasperato che dominano ingigantite e che si contrappongono alle figure dello
sfondo, rimpicciolite o in silhouettes.
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L’ interpretazione dei personaggi che immortala, la rappresentazione di personaggi veri,
il racconto sintetizzato in un’impressione o
in una metafora rappresentati come un’istantanea sono le caratteristiche della sua
arte.
In questo manifesto Lautrec compone la
figura bidimensionale, serpeggiante, quasi
come un’ombra in movimento che esalta la
figura della Goulue, la ballerina del locale,
“che fa esplodere la sua gonna come la corolla di un fiore” (Barilli).
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Henri Toulouse-Lautrec - manifesto 1891
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Jane Avril al Jardin de Paris è un manifesto che Henri de Toulouse-Lautrec realizzò
in occasione dell’inaugurazione del famoso cabaret di Parigi.
Possiamo notare come realizza un’invenzione compositiva straordinaria. L’inquadratura scelta da Toulouse-Lautrec per questa
affiche è di tipo fotografico.
Alcune parti della composizione, infatti, sono
tagliate dal bordo dell’immagine.
Il primo piano è costituito dalla mano di
un musicista che impugna uno strumento
a corde; Il taglio diagonale e suggestivo il
proseguimento del disegno riquadro è il
manifesto. Nello spazio interno si sviluppa la
figura della cantante.
Jane Avril al Jardin de Paris (1893), Museo Toulouse Lautrec, Albi
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Aristide Bruant (1851-1925) era un cantante e compositore di successo, oltre che
gestore del cabaret Mirliton nel quartiere
parigino di Montmartre. Il sodalizio con
Toulouse-Lautrec risaliva ai primi spettacoli
nei cafè-concerto sugli Champs- Elysées, per
cui Aristide aveva commissionato all’artista
la grafica di alcuni manifesti che avrebbero
dovuto avere forte impatto sul pubblico.
Ne nacque un’icona fortemente rappresentativa del cantante, rappresentato con
cappello a tesa larga, mantello e sciarpa
rossa. In questa affiche Lautrec raffigura
l’attore di cabaret rappresentato come un
elegante modello, emblema della moda
dell’abbigliamento del tempo; ma questo è
anche un raffinato ritratto di introspezione
psicologica del personaggio.
Ambassadeurs, Aristide
Bruant, 1892, litografia, manifesto, collezione privata
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Jules Chéret (1836-1932)
L’inventore del manifesto di qualità artistica.
Dopo un’esperienza londinese, nel corso
della quale apprende le tecniche più aggiornate sulla litografia, nel 1866 rientra Parigi,
dando avvio all’attività di progettista di manifesti. Nel 1833 viene inventato il torchio
litografico a stella che permette stampe
di grandi dimensioni su lastre di zinco, la
cromolitografia, diventò il sistema assieme
all’utilizzo della matita grassa di una tecnica
che gli permise di avere degli effetti pittorici
dove i contorni si fanno più fluidi.
La pubblicità mostra così la sua derivazione dal gusto cromatico degli impressionisti, acquisendo però una propria
autonomia espressiva: si trasforma in un
linguaggio fondato sulla sintesi della comunicazione visiva. Il successo dei suoi manifesti è strettamente legato a quello del Cafés
Chantants e dei cabaret parigini.
Jules Chéret bagnères de luchon, fêtes des fleurs 1890
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manifesto per lo spettacolo della vedette Loïe Fuller al locale
Folies Bergère (1893)
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Eugène Grasset (1845-1917)
In tipografia, produsse nuovi ornamenti
e creò un nuovo carattere, che porta il suo
nome. I suoi manifesti, influenzati dal
simbolismo, dai preraffaelliti e dal giapponismo, propongono costantemente il
sodalizio donna-natura-arte. Il prototipo
femminile da lui adottato è quello ispirato a
Rinascimento italiano, mediato dei Preraffaelliti inglesi (William Morris), con un segno
di contorno piuttosto pesante come solitamente avviene nelle vetrate.
Lavorò per la casa editrice Larousse, i grandi magazzini La Belle Jardinière e Au Bon
Marché (cataloghi, calendari), riviste francesi. (L’Estampe et l’affiche, Art et Décoration) e
americane (Harper’s).
Nelle sue illustrazioni sono presenti influenze neoceltiche, l’impronta di Viollet-le-Duc
(architetto francese che fu una figura centrale tanto nell’architettura neogotica).
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Eugène Grasset - -pubblicità per l’Encre Marquet
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Eugène Grasset - Motivo sulla copertina dell’edizione natalizia di
Harper’s Magazine, impiegato anche per un manifesto. Cromolitografia, 1892 (Collezione privata).
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Alphonse Mucha (1860-1939)
L’artista che più di altri riassume in sé i
canoni dello stile Art Nouveau nella grafica.Cecoslovacco di origine, ma integrato
nel clima artistico parigino nei due decenni
a cavallo di secolo al pari di Grasset, anche
Mucha definisce le figure con contorni
netti, crea intrecci virtuosi fra i motivi decorativi e gli elementi naturali, come nel
caso della fluente capigliatura delle modelle
o i sinuosi steli di fiori.
I suoi manifesti sono fortemente costruiti dal
punto di vista dell’architettura della pagina,
generalmente con un formato molto verticale, con l’utilizzo di un lettering appropriato allo stile decorativo adottato.
C’è in lui una forte carica simbolista, una
vena di esotismo orientale che deriva
dalle sue origini nell’est europeo.
Alhonse Mucha poster per il Salon des Cents exhibition- Giugno 1897
Moet & Chandon, White Star, rosa
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Simbolismo Corrente artistica e letteraria sorta in Francia e diffusasi in Europa
sullo scorcio del 19° sec. caratterizzata, in opposizione al realismo e al naturalismo,
dalla tendenza a non rappresentare fedelmente il mondo esteriore ma a creare
piuttosto il mondo della suggestione fantastica dei sogni per mezzo di allusioni
simboliche.
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LA GRAFICA IN ITALIA
Il Liberty europeo trovò in Italia, nel primo
decennio del XX secolo, il suo prolungamento, segnato dall’esposizione di Torino del
1902 e da quella di Milano del 1906.
La grafica italiana accolse tutte le produzioni
dell’Art Nouveau in Europa: inglese, francese, austriaca e tedesca e le rielaborò fino a
creare successivamente una propria strategia progettuale in cui la grafica italiana
individuò una sua autonoma fisionomia.
I due grandi settori in cui opera la grafica
italiana sono il «cartellonismo» e la grafica
editoriale, soprattutto per le riviste letterarie e artistiche, o le illustrazioni dei libri per
ragazzi. I protagonisti più importanti sono
Aleardo Terzi, Duilio Cambellotti, Giorgio
Kienerk, e i «cartellonisti» Adolfo Hohenstein, Leopoldo Metlicoviz, Marcello Dudovich, Enrico Sacchetti, Achille Mauzan,
Leonetto Cappiello.
Lo sviluppo e la buona diffusione del manifesto in Italia sono dovuti anche alla preI.I.S.S.
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senza di valide officine cromolitografiche,
come la casa Ricordi, fondata a Milano nel
1808 con lo scopo di produrre edizioni
musicali e che, intorno al 1885 inizia
stampare manifesti artistici e pubblicitari.
L’attività della Ricordi è gestita da un gruppo
di grafici diretti da Adolfo Hohenstein.
In questa officina, nel 1899 viene stampato
uno dei più celebri manifesti di Hohenstein,
quello in grandi dimensioni per l’opera
di Puccini Tosca, costruito sul contrasto di
ombre e luci drammatiche, che dà l’avvio
a un filone, tutto italiano, del manifesto
di opera lirica e del melodramma.
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Parallelo al successo del manifesto per l’opera lirica è quello dei manifesti commerciali
o commissionati dall’industria.
A questo proposito va menzionato il sodalizio tra Ricordi e i magazzini Mele di
Napoli, iniziato nel 1896 e proseguito fino
all’inizio della prima guerra mondiale, con
la realizzazione di centinaia di manifesti. La
funzione comunicativa di questi manifesti
diventa estetica, facendo del visual lo sfondo non ornamentale ma fascinoso, narrativo, favoleggiante. Anche Metlicovitz lavora
per le officine Ricordi. Ha ideato manifesti famosi per Campari, la Rinascente,
Borsalino, Fiat.
Metlicoviz
Terzi
Dudovich
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Di Aleardo Terzi oltre alle numerose illustrazioni realizzate per la rivista « Novissima», vanno ricordati almeno due manifesti
importanti per lo stile grafico italiano: Dentol del 1914 e del 1921 per il colorificio
italiano Max Mayer. Dello stesso anno da
ricordare anche il manifesto di Enrico Sacchetti per Bitter Campari.
Un’altra prospettiva si apriva però per la nuova grafica italiana: quella dei manifesti cinematografici. Modernissima arte industriale, il
cinema godeva ormai in tutto il mondo di un
favore popolare che ne aveva fatto un fenomeno di massa. L’industria cinematografica
italiana, si impose sul piano internazionale
per la sua qualità tecnica e artistica. I migliori grafici si impegnano in questo campo.
Furono raggiunti risultati ancora più interessanti di quelli ottenuti nel settore delle
locandine teatrali, più legate alla tradizione
dell’Art Nouveau. Meltlicoviz firmerà un
manifesto per Iris del compositore Pietro
Mascagni e quello per Cabiria della Italo
film, scritto da Gabriele D’Annunzio e uscito
nel 1914.
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Leonetto Cappiello è il più innovativo fra
i cartellonisti italiani (1975 1942), livornese, si trasferisce a Parigi all’età di 22 anni
quando la scena artistica parigina è fortemente dominata dai maestri francesi.
Collabora come caricaturista per alcuni
giornali nei quali crea figure femminili del
tipo “Folies Berger”. Con il manifesto per
la stagione balneare di Livorno del 1904,
e quello per cioccolato Klaus, Cappiello
sintetizza l’uso di colori timbrici, senza
mezzi toni, su fondo nero. Con questo
manifesto cappello sconvolge tutte le regole fino ad allora applicate a tale genere
pubblicitario: la sua amazzone che cavalca
un cavallo rosso antirealista si allinea agli
espressionisti e ai Fauves, ovvero alle avanguardie. Dagli sfondi chiari dei primi manifesti, egli passa al nero e colori accesi, che
gli permettono di rendere più incisivo il
disegno della figura protagonista.
Proprio da questa estrema sintesi cromatica Cappiello darà avvio al manifesto
moderno. Crea così una propria individualità con cui otterrà un successo internazionale.
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La sua non è un’interpretazione aderente
alla realtà, ma una vera e propria invenzione di personaggi, folletti, mascherine,
Pierrot. Ogni immagine di prodotto viene costruita in modo simbolico, con un
protagonista emblematico che si staglia
nel contrasto di uno sfondo astratto e
impalpabile. La composizione è simmetrica, la prospettiva centrale, con il punto di
vista leggermente dal basso, che le imprime
una dinamica particolare, come se la figura
volasse.
Egli crea figure che si memorizzano come
icone. Inoltre, anche la grafica dei caratteri è
sempre ben equilibrata, e di forte impatto.
Lo stesso Cappiello, afferma che la figura
inventata dall’artista diventa inscindibile del
prodotto stesso.
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