Domande Impianti elettrici AA 20-21 Ogni risposta deve essere adeguatamente giustificata Risposte di Kevin Ropa basate su appunti presi dal libro “Impianti Elettrici” di R. Benato e L. Fellin, a lezione del Prof. Nucci e materiale on-line 1. Differenza tra Impianto e Sistema elettrico (e tra Sistema elettrico delle Norme e Sistema elettrico nazionale) Impianto elettrico: Insieme di componenti elettricamente associati al fine di soddisfare scopi specifici e aventi caratteristiche coordinate. Fanno parte dell’impianto elettrico tutti i componenti elettrici non alimentati tramite prese a spina, inclusi gli apparecchi utilizzatori fissi alimentati tramite prese a spina destinate unicamente alla loro alimentazione. Sistema elettrico: Parte di u impianto elettrico costituito dal complesso dei componenti elettrici aventi una determinata tensione nominale. ATTENZIONE: Tutti i componenti devono avere la stessa tensione per fare parte del medesimo sistema. Ciononostante, il sistema elettrico nazionale si chiama così pur avendo moltissime tensioni diverse. 2. Disegnare lo schema di un SEE (Sistema Elettrico per l’Energia) evidenziandone i principali sottosistemi e i valori delle grandezze corrispondenti Impianti di produzione: Dove l’energia da una fonte primaria viene trasformata in elettrica. La loro tensione di generazione varia dalla bassa alla media tensione. Linee di trasporto o trasmissione ad altissima tensione 380kV: trasferiscono l’energia elettrica prodotta verso le grandi zone di utilizzazione . Linee di distribuzione: Quella parte del sistema che alimenta gli utilizzatori. Si divide in: • Linee di distribuzione primaria (o subtrasmissione) ad alta tensione 220kV, 150kV: raggiungono sia le grandi utenze importanti sia i centri di distribuzione a media tensione. • Linee di distribuzione secondaria a media tensione 20kV: Dai centri di distribuzione raggiungono tutte le utenze non grandi ed anche modeste. • Linee di distribuzione in bassa tensione 400V: raggiungono tutte le utenze finali 3. Tracciare l’andamento della potenza elettrica lorda installata in Italia negli ultimi 50 anni dividendo per fonte 4. Differenza tra la moderna rete di distribuzione e quella di una quindicina di anni fa Rispetto ad una quindicina di anni fa il sistema elettrico si è sviluppato con una crescita della percentuale di produzione da fonti rinnovabili e soprattutto con un maggiore apporto di generazione distribuita: Flussi di potenza bidirezionali tra reti di trasmissione e distribuzione. 5. Quali sono i principali vantaggi dell’impiego della corrente alternata e quali sono i valori limite inferiore e superiore per la frequenza A) La necessità di concentrare i sistemi di produzione lontano dai centri di consumo ha reso necessario il trasporto dell’energia elettrica a grandi distanze. A parità di potenza trasmessa, maggiore è la tensione e minore sarà la corrente necessaria. Minore corrente lungo le linee significa minori perdite per effetto Joule sulle resistenze e minori cadute di tensione lungo le linee. D’altra parte, conviene utilizzare basse tensioni per le parti di impianto vicine agli umani. Occorre perciò alzare ed abbassare la tensione agevolmente. Prima dell’avvento dei convertitori statici (elettronica di potenza) l’unico modo di fare ciò era utilizzare i trasformatori, che necessitano corrente AC. B) La frequenza minima è 42Hz così da non provocare variazioni di intensità luminosa delle lampade apprezzabile dall’occhio umano. Si osserva inoltre che al crescere della frequenza aumentano sia le cadute di tensione sia le perdite d’energia nel ferro per isteresi e correnti parassite. Inoltre, diminuiscono le dimensioni e il costo del macchinario. In Europa 50 Hz, USA 60 Hz. 6. Come possiamo rappresentare un tronco elementare di linea? Con quali parametri? Supponendo un sistema simmetrico equilibrato le tre linee sono identiche, se non per uno sfasamento di 120°. Possiamo perciò considerare una singola fase, le altre due saranno analoghe. Si introduce il tronco infinitesimo usato per la rappresentazione a parametri distribuiti (ovvero per unità di lunghezza). • • • • 7. Resistenza r: tiene conto di tutti gli effetti dissipativi causati dallo scorrimento della corrente (effetto pelle, effetto prossimità, effetto Joule) Conduttanza g: è l’inverso della grandezza precedente, e tiene conto delle perdite causate dalla tensione applicata (effetto Corona e correnti di fuga sugli isolatori). Induttanza l: tiene conto del fatto che i conduttori di linea creano un campo magnetico che si concatena con il terreno e con altri conduttori. Capacità c: tiene conto degli effetti mutui tra un conduttore e altri, anche con il terreno. Quali sono i parametri primari e secondari delle linee e qual è la loro espressione matematica? Applicando la LKT (Legge di Kirchhoff delle tensioni) e la LKC (Legge di Kirchhoff delle correnti) si ottengono: Derivando tali espressioni rispetto a x, si ottengono Sostituendo poi la A e B nelle equazioni appena ottenute si ricavano le seguenti equazioni differenziali dette DEI TELEGRAFISTI: Si definiscono inoltre • Costante di propagazione • Impedenza caratteristica La costante di propagazione rappresenta il modo in cui l’onda elettromagnetica di un segnale sinusoidale si attenua e sfasa lungo di essa L’impedenza caratteristica è l’impedenza che offre la linea supponendo che sia infinitamente lunga. È perciò definita come il rapporto tra tensione e corrente che c’è in ogni punto della linea per una linea considerata infinitamente lunga. 8. Espressione della costante di attenuazione e della costante di fase o distorsione e loro significato fisico Si definiscono: • Costante di attenuazione • Costante di fase o di distorsione Queste grandezze rappresentano quanto l’onda si attenua (in ampiezza) e quanto l’onda vada distorcendosi (in fase) nella propagazione per unità di distanza dalla sorgente. Per una linea priva di perdite (ponendo quindi r e g = 0) alfa = 0 e 9. Scrivere (o alternativamente ricavare) le equazioni delle linee con il riferimento delle x crescenti dal carico al generatore Considerando costanti i parametri primari, l’integrale generale delle equazioni dei telegrafisti 10. Mostrare graficamente (o matematicamente) che si tratta di una propagazione di onde nel caso di tensioni e correnti su una linea di trasmissione Ricordando che siamo partiti dalle equazioni dei telegrafisti della forma Ricordando la forma dell’ Equazione di D’Alembert (Equazioni delle onde) Dato che (vedi dimostrazione domanda successiva) e ricordando che moltiplicare per jw significa derivare rispetto al tempo notiamo che l’equazione di partenza è UN ONDA. 11. Scrivere l’espressione delle velocità di propagazione e della lunghezza d’onda. Chiarire perché per una linea priva di perdite l’onda non si attenua né si distorce e viaggia a velocità della luce La lunghezza d’onda lambda della propagazione sarà quella per cui dopo lambda*beta radianti i vettori rappresentativi della tensione hanno ruotato di 360 gradi (distanza tra due massimi successivi) Velocità di propagazione: La velocità di propagazione delle onde elettriche in linea aerea senza perdite non dipende dai fattori geometrici della linea. 12. Cosa accade quando una linea trasporta la potenza caratteristica (è chiusa sulla impedenza caratteristica)? È consigliabile tale funzionamento per linee in cavo? Usando una linea chiusa sull’impedenza caratteristica i termini relativi all’onda riflessa scompaiono. Importante per le linee di telecomunicazione. Il rapporto fra tensione e corrente in qualsiasi punto è costante. La linea si comporta come se fosse infinitamente lunga. La potenza caratteristica è un obiettivo che si raggiunge solo nelle linee aeree. Quelle in cavo hanno una capacità troppo grande. Hanno perciò una reattanza capacitiva molto minore e quindi anche un’impedenza minore. A parità di tensione se voglio fare funzionare la linea in cavo alla potenza caratteristica, avendo una impedenza minore, ho bisogno di una corrente molto più grande (brucio il cavo). 13. Mostrare che una che linea trasporta la potenza caratteristica è reattivamente compensata Per semplicità supponiamo una linea priva di perdite (la conclusione vale anche per una linea con perdite, ma la dimostrazione è più difficile), si avrà allora che l’impedenza caratteristica ha solo parte reale La trasmissione della potenza caratteristica avviene quindi comportando per la linea una perfetta compensazione tra l’energia elettromagnetica e l’energia elettrostatica della linea stessa. Essa è cioè reattivamente compensata e non è necessario rifusare la linea. In tali condizioni la linea non presenta cadute di tensione. 14. Definizione delle Costanti ausiliarie delle linee Si vuole rappresentare una fase della linea come un bipolo passivo: Prendiamo ora le soluzioni delle equazioni dei telegrafisti ottenute dal sistema di riferimento con l’origine nell’arrivo in forma iperbolica. Confrontandole con il sistema scritto poc’anzi: Una linea è un doppio bipolo simmetrico (A=D) e reciproco (AD-BC = 1). • La simmetria significa che se applico una certa tensione ai morsetti di ingresso e misuro la corrente in uscita, questo valore è uguale al valore di corrente che otterrei in ingresso applicando la stessa tensione all’uscita. • La reciprocità significa che posso applicare una tensione ad un morsetto e me la ritrovo in un altro punto del sistema come corrente. A = D: è il rapporto tra tensione in ingresso e tensione in uscita a vuoto (I_a = 0) B: è il rapporto tra la tensione in ingresso e la corrente in uscita con uscita in cortocircuito. C: è il rapporto tra la corrente in ingresso e la tensione in uscita con uscita a vuoto. 15. Scrivere le equazioni della linea intesa come doppio bipolo. 16. Come si possono esprimere le impedenze e le ammettenze della linea intesa come doppio bipolo in funzione della costante di propagazione? Incrociamo ora i valori dei parametri longitudinali e trasversali Za, Zb e Zm che ci fornisce l’elettrotecnica, con i valori di A, B, C, e D ricavati in precedenza. Per linee di media lunghezza ovvero 80 km < L < 200 k le funzioni sinh e tanh sono approssimabili coi loro argomenti, perciò: 17. Mostrare mediante diagrammi vettoriali alcuni tipici modi di funzionamento di una linea (a vuoto, chiusa sulla propria impedenza caratteristica, ecc.) Una linea in alta tensione è una linea in cui si può trascurare il parametro conduttanza. Alle alte tensioni cresce di importanza il parametro capacitivo, mentre andando verso le basse tensioni diminuisce il rapporto induttanza/resistenza (la resistenza è più importante alle basse tensioni). 18. Disegnare e commentare il diagramma di Baum – Perryne Il diagramma di Perryne e Baum consente di ricavare la tensione all’inizio di una linea, fissate in arrivo tensione e potenza complessa. Il diagramma completo corrisponde all’interpretazione grafica delle equazioni che descrivono il doppio bipolo passivo. In specifico vogliamo disegnare la prima equazione della linea vista come doppio bipolo. Idealmente vorremmo avere nulla la caduta di tensione sulla linea (Ep = Ea) occorre che l’estremo di Ep sia in R”. Per passare da R a R’ bisogna fornire la potenza reattiva necessaria al carico. Fatto questo, essendo il carico non proprio uguale all’impedenza caratteristica anche la linea ha bisogno di essere rimasta a per poter avere Ep = Ea. Passiamo così da R’ a R”. 19. Scrivere l’espressione delle potenze attive e reattive per una linea corta e commentarle Per ottenere tali espressioni si ricava I_a dalla equazione del doppio bipolo passivo e si inserisce il suo coniugato nell’espressione della potenza complessa. Per una linea priva di perdite (senza resistenza) e di capacità trasversali (A=1) con B = X e beta_B = 90°: Queste espressioni permettono di capire: • Il transito di P è legato all’angolo teta, e cioè alla differenza di fase tra la tensione in arrivo e quella in partenza, ma anche da Ep, Ea, e dal valore della reattanza di linea. • Il transito di Q ed il relativo segno è legato essenzialmente alla differenza tra i valori efficaci delle tensioni in estremità, poiché cos(teta) è circa uguale a 1, siccome teta è compreso fra 10° e 20° 20. Di cosa tiene conto il coefficiente K nella espressione della resistenza per unità di lunghezza di una linea? L’espressione della resistenza per unità di lunghezza è Il termine k, detto termine correttivo, tiene conto: • Della maggiore lunghezza della linea rispetto alla lunghezza topografica • Della tolleranza sul diametro dei fili elementari costituenti la corda e sulla resistività del metallo impiegato • Dell’effetto pelle, dell’effetto prossimità • Delle eventuali perdite per isteresi e per correnti parassite che si hanno quando il campo magnetico prodotto dalla corrente del conduttore investe parti ferromagnetiche. 21. Di quali fenomeni tiene conto la conduttanza trasversale per unità di lunghezza di una linea? La conduttanza tiene conto dei fenomeni dovuti alla tensione (effetto corona), mentre la resistenza tiene conto del passaggio della corrente. 22. Scrivere l’espressione della resistenza e della conduttanza per unità di lunghezza di una linea Vedi risposte precedenti 23. Ricavare l’espressione della induttanza di servizio per linea trifase simmetrica e commentare Sostituendo i valori di Mss e Mrs calcolati all’inizio Si può quindi definire un’induttanza di servizio per unità di lunghezza (tiene conto degli effetti sia auto che mutuo induttivi) come fem indotta per unità di lunghezza in un conduttore dal sistema trifase di correnti. 24. Perché con il metodo in p.u. ‘scompaiono’ i trasformatori? Questo è il circuito monofase equivalente alla sequenza diretta di un trasformatore trifase a due avvolgimenti con collegamenti a primario e a secondario identici (circuito stella-stella equivalente). L’apice indica “riportato a primario”. Si dimostra 25. Come riesco a determinare dai dati di targa di una macchina i valori in p.u. delle impedenze/ammettenze di essa? 26. Quali sono le conseguenze dannose per gli impianti elettrici derivanti dall’insorgere dei corti circuiti? Il corto circuito è un contatto accidentale, diretto o attraverso una impedenza di basso valore, tra conduttori di fase di una rete elettrica, oppure tra conduttori di fase e la terra. • Monofase-terra • Trifase secco • Fase-fase • Fasi-terra Conseguenza di un corto circuito è la drastica e repentina diminuzione dell’impedenza tra le fasi, oppure tra le fasi e la terra, e quindi la circolazione di correnti molto elevate. ▪ Si ha quindi una forte sopraelevazione della temperatura, secondo la relazione Se la temperatura aumenta, aumenta la resistività del materiale, e di conseguenza aumenta la potenza assorbita —> il fenomeno si esalta. ▪ ▪ ▪ ▪ Aumentano gli sforzi elettrodinamici, che sono proporzionali al quadrato del valore di picco della corrente Questi portano alla deformazione o anche rottura dei conduttori e isolanti. ▪ Danni nel punto di guasto a causa dell’arco elettrico ▪ Forte caduta di tensione nel nodo (le impedenze della linea solitamente generano cadute di tensione trascurabili, ma il forte aumento di corrente fa sì che siano cadute molto importanti (Voltage dips). Tensioni di passo e di contatto pericolose Induzione di fem nei circuiti di telecomunicazione (nei casi di corto circuiti con componente omopolare) Richiusura di correnti omopolari 27. Quali sono i provvedimenti da adottare per proteggersi contro i corti circuiti? ▪ Installare interruttori e fusibili con adeguato potere di interruzione ▪ Corretto dimensionamento dei componenti per sopportare sollecitazioni termiche ed elettrodinamiche. ▪ Corretto dimensionamento degli impianti di terra, per diminuire tensione di passo e di contatto ▪ Corretta taratura dei relè di protezione che comandano l’apertura dei circuiti. 28. Dimostrazione del teorema di Fortesque Viene utilizzato per studiare sistemi trifase non bilanciati. È possibile sostituire ad un sistema trifase non bilanciato, 3 terne di fasori di più semplice studio. 29. Impostazione della risoluzione del problema del calcolo dei corti circuiti dissimmetrici (per chi ha un voto basso allo scritto o ha riposto in modo insufficiente alla domanda sugli esercizi) Prendiamo un guasto generico: questo schema può essere sostituito da uno schema con 3 generatori di tensione (o di corrente) Ea, Eb, Ec collegati a stella. Possiamo poi applicare il teorema di Fortescue e sostituire questa terna eventualmente dissimmetrica con tre terne simmetriche. Nella prima delle tre reti agiscono solo terne di sequenza diretta (incluse le tensioni impresse dai generatori di rete). Nella seconda rete solo la terna inversa, e nella terza solo la terna omopolare. Queste tre reti sono simmetriche, e quindi le posso studiare come reti monofasi. Le tre impedenze equivalenti alla rete (Zd, Zi e Zo) vengono calcolate con i procedimenti visti nelle esercitazioni. Rimangono ora da ricavare Ed, Ei, Eo, Id, Ii, Io, note che siano Za, Zb, Zc, Zn. Il procedimento varia a seconda della natura del guasto. 30. Ricavare la espressione della corrente di corto circuito monofase a terra (per chi ha un voto basso allo scritto, o ha riposto in modo insufficiente alla domanda sugli esercizi) 31. Dato un parametro in p.u. su una certa coppia di potenza e tensione di base, come si ottiene lo stesso parametro per una coppia diversa di potenza e tensione di base? 32. Perché la X alla sequenza diretta di un generatore senza RAT è diversa dalla X alla sequenza inversa? Si introduce il concetto di reazione di indotto. È detta reazione di indotto il fenomeno per cui, nei generatori sincroni, le correnti che percorrono lo statore creano un flusso (flusso di reazione) che si sovrappone a quello creato dall’avvolgimento induttore (rotore) rafforzandolo, indebolendolo (caso più frequente, con le correnti induttive) o alterandone la simmetria spaziale. Nel caso siano presenti circuiti smorzatori, nel momento in cui la corrente di statore subisce una variazione (corto circuito), alla variazione del flusso al traferro si oppongono sia il circuito di eccitazione (circuito rotorico) sia quello degli smorzatori, diventando tutti sede di FEM indotte che danno luogo alla circolazione di correnti di rotore che producono un flusso tale da opporsi a quello provocato dalla variazione delle correnti a statore. Il flusso al traferro rimane perciò inizialmente costante (fino a quando non si esauriscono queste correnti indotte nel rotore e nel circuito smorzatore). Nei primi istanti, perciò, NON si manifesta la reazione di indotto (questo vuol dire che le reattanze rimangono ridotte alla sola componente di dispersione → correnti maggiori. Si distinguono però due regimi: - Il primo è il regime subtransitorio (di durata minore perché relativo ai circuiti smorzatori) che perdura fintanto che circolano le correnti indotte negli avvolgimenti smorzatori. - Successivamente si ha il regime transitorio (dura un po’ di più perché è relativo ai circuiti rotorici) che perdura fintanto che si hanno le correnti indotte a rotore. A questi due regimi corrispondono due valori di reattanza diversi. • Reattanza subtransitoria (minore) è presente sia sull’asse in quadratura sia sull’asse diretto, perché gli avvolgimenti smorzatori sono disseminati sul rotore. • Reattanza transitoria (un po’ maggiore, ma ancora più piccola di quella di regime) è presente solo sull’asse diretto, perché non ho avvolgimenti di eccitazione sull’asse in quadratura (interpolare), ma solo sull’asse diretto (polare). Il RAT produce un flusso aggiuntivo che va a opporsi al flusso della reazione di indotto che tenderebbe a diseccitare la macchina, riuscendo ad ottenere una minore caduta di tensione da vuoto a carico, e quindi una minore reattanza. Collegando la macchina ad un carico induttivo senza RAT avrei una grande diseccitazione, avrei una V estremamente più piccola della E. Senza il RAT si ha quindi una grandissima caduta di tensione da vuoto a carico. Nelle macchine di una volta (senza RAT) si ovviava a questo problema utilizzando un traferro molto grande (riluttanza molto grande, ricordando che φ*R = F), cosicché la variazione di flusso fosse meno rilevante. Si avevano quindi macchine grandi e costose. Il RAT non ha invece alcuna influenza alla sequenza inversa e omopolare. Le correnti della sequenza inversa producono un campo che ruota in senso opposto al campo rotante della macchina (nella rete sono presenti fem solamente di sequenza diretta). Perciò mediamente tale campo inverso non produce alcun effetto sul campo rotante della macchina. Lo stesso dicasi per la componente omopolare. In tali sequenze la reattanza sarà sempre e solo uguale a quella di dispersione (che di per sé è molto simile alla reattanza subtransitoria) perché il sistema di correnti alla sequenza inversa non ha interazione con quello prodotto dal generatore. 33. Circuito equivalente del trafo a due avvolgimenti alle sequenze d, i e o per vari tipi di collegamenti Le sequenze dirette e inverse possono circolare su tutti i trasformatori. L’impedenza che vedono è la Zcc. Per la sequenza omopolare invece la situazione varia in base al collegamento del trasformatore, ricordando che: • Le stelle non connesse a terra non permettono la circolazione della omopolare • Le stelle connesse a terra permettono la circolazione della omopolare • I triangoli permettono la circolazione della omopolare ma solo al loro interno. Si ricorda inoltre che per circolare, la omopolare deve poter passare sia su primario sia su secondario. 34. Scrivere (o ricavare) la espressione della corrente di instaurazione di un corto circuito Consideriamo il transitorio della corrente conseguente all’instaurazione di un corto circuito trifase considerando costanti i parametri del circuito equivalente (ipotesi di lontananza da generatori e motori, dato che la reattanza di un alternatore, con l’instaurarsi del corto circuito, cambia). Il sistema è simmetrico ed equilibrato pertanto consideriamo lo schema elettrico monofase equivalente con la rappresentazione Thevenin. Una volta fissati i parametri R e L del circuito, fi_cc è fisso. 35. La componente aperiodica della corrente di corto circuito può essere nulla? Quando è positiva? Quando è negativa? Si nota dalla equazione della corrente che la componente aperiodica si annulla per Ha valore positivo per Ha valore negativo per 36. Qual è la differenza tra la corrente di corto circuito vicino o lontano dai morsetti di un generatore? Nel caso di cortocircuito lontano dal generatore il valore di picco iniziale è uguale al valore di picco finale, una volta esaurita la componente aperiodica. In tale ipotesi, la variazione della reattanza sincrona durante il transitorio è, infatti, trascurabile poiché l’alternatore è in serie alla reattanza della rete, che è maggiore. Nel caso di vicinanza all’alternatore invece la variazione della reattanza non è trascurabile. In specifico, la reattanza subtransitoria è minore della transitoria che a sua volta è minore di quella a regime. Perciò la corrente sarà maggiore nel subtransitorio, per poi calare nel transitorio, e calare ancora di più nel tratto a regime. 37. Cosa è il valore di cresta della corrente di corto circuito e perché è importante calcolarlo? Il valore di cresta è il più elevato valore di corrente assunto durante il corto circuito. È importante calcolarlo per conoscere sia le sollecitazioni elettrodinamiche massime sia le sollecitazioni termiche. In tale fase, infatti, la componente aperiodica della corrente di corto circuito non si è ancora smorzata, contribuisce perciò in modo sostanziale, assieme alla componente periodica a determinare il valore dell’energia specifica passante, da cui dipende il riscaldamento del conduttore. 38. Per quale condizione si ha il valore massimo della ip(t)? Dimostrazione matematica o grafica Si nota che il maggior valore della corrente di picco si ha se la curva -i_a(t) è tangente alla curva i_p(t) all’istante iniziale. Questa condizione significa che il valore massimo della corrente di picco si ha se il corto circuito avviene quando la tensione passa per lo zero, indipendentemente dal valore di fi_cc. Una dimostrazione alternativa può essere fatta notando che per un dato fi_cc la i_cc(t) è una funzione del tempo e dell’angolo gamma. Si pongono le due derivate parziali a zero e si eguagliano tali espressioni, pervenendo allo stesso risultato. 39. Cosa è il fattore di cresta? Fissato fi_cc, supponendo sempre gamma=0 per ragioni cautelative (ci poniamo così nel peggior caso possibile, ovvero massima corrente di picco), rimane fissato anche il valore della corrente di picco e l’istante t^ in cui questo avviene. Esiste un diagramma che mette in relazione il valore del cos(fi_cc) con il valore di t^ e del fattore di cresta univocamente determinati. Tramite il fattore di cresta è possibile poi ottenere il valore della corrente di picco tramite: 40. La Norma consente un calcolo approssimativo del fattore di cresta? La Normativa fornisce una espressione che esprime una corrente efficace che risulta equivalente, in termini di energia termica dissipata, ossia di integrale di Joule, alla i_cc(t) per una certa durata t Dove il parametro m dipende dalla componente aperiodica e quindi dal fattore di cresta e dalla durata del cortocircuito. Alternativamente, la norma consente di calcolare il fattore χ tramite la seguente formula approssimata: 41. 3𝑅 𝜒 = 1,02 + 0.98ⅇ − 𝑋 . Descrivere le caratteristiche salienti del fenomeno dell’arco elettrico Il fenomeno dell’arco elettrico è una scarica continuamente alimentata: tra i due conduttori tra i quali si verifica è quindi presente un generatore. L’arco presenta proprietà notevolmente diverse da quelle di un corpo metallico: mentre per quest’utlimo vi è proporzionalità tra tensione e corrente (relazione di Ohm), la caratteristica v-i dell’arco mostra un andamento completamente diverso: Il grafico mostra i due comportamenti diversi di un conduttore Ohmico e di un arco elettrico. Il tratto a è relativo al funzionamento con corrente crescente, mentre il tratto b è a corrente decrescente. Se si applica una tensione DC ai due elettrodi inizialmente a temperatura ambiente e posti in un gas (aria a pressione atmosferica) la corrente non si innesca fino a quando non si raggiunge la tensione d’innesco Vi. Una volta innescatosi, l’arco presenta una caduta di tensione che decresce al crescere della corrente fino a raggiungere un valore pressoché costante. Questo è dovuto al fatto che la sezione trasversale dell’arco aumenta all’aumentare della corrente, e aumenta quindi anche la conducibilità del mezzo sempre più ionizzato. Diversamente da un normale conduttore l’arco funziona ad una densità di corrente sempre costante ( 1 A/mm^2). Se, una volta instaurato l’arco, si riduce la corrente sino ad annullarla, la tensione d’arco, caratterizzata dalla curva b, ha valori inferiori a quelli avuti in precedenza. Poiché al momento dell’estinzione il dielettrico è ancora ionizzato, la tensione di estinzione Ve è notevolmente inferiore alla Vi. C’è quindi un evidente fenomeno di isteresi. La caratteristica v-i dipende, in generale, dalla frequenza. Quella vista per il caso statico vale anche per le basse frequenze (per basse frequenze, inclusi i 50-60 Hz, la conduttanza dell’arco riesce a seguire la variazione di corrente). All’aumentare della frequenza la caratteristica si avvicina sempre di più a quella ohmica. Nell’arco elettrico la conduzione ha natura ionica. Sperimentalmente, si nota che la maggior parte della caduta di tensione dell’arco si localizza in spazi microscopici soprattutto sull’anodo e catodo (quindi fortissimi campi elettrici). La legge di Airton esprime la caratteristica v-i per archi corti in corrente continua con corrente inferiore a 1000 A: Va = a + b/I 42. Condizione di stabilità di un arco in corrente continua che brucia in un circuito resistivo Il grafico a è la rappresentazione dei vari punti di funzionamento del circuito. Vi è la tensione di innesco dell’arco e Va è la minima tensione necessaria all’arco per bruciare. ▪ R=0 Il punto di funzionamento 1 è un punto instabile. Sarebbe sufficiente una piccola perturbazione per estinguere l’arco, o per avere una corrente d’arco che tende a infinito. Una perturbazione che portasse il punto di funzionamento a destra del punto 1 porterebbe ad una tensione necessaria all’arco per bruciare minore della tensione fornita dal generatore —> l’arco continua a bruciare e la corrente cresce sempre di più. Una perturbazione che portasse il punto di funzionamento nella zona B porterebbe ad una tensione necessaria all’arco per bruciare maggiore della tensione fornita dal generatore —> l’arco si estingue. ▪ R diverso da 0 Abbiamo ora due punti di funzionamento. Partendo dal punto 2 si ha lo stesso funzionamento del punto 1 nel caso precedente. Partendo dal punto 3 notiamo che una perturbazione che portasse il funzionamento a destra di 3 comporterebbe una tensione del circuito minore della tensione necessaria all’arco per bruciare. La tensione V è minore della tensione di arco, e così tendo a riportare la tensione V verso il valore del punto 3 —> stabilizzo l’arco Una perturbazione che spostasse il funzionamento a sinistra del punto 3 comporterebbe una tensione maggiore della tensione d’arco, la corrente cresce portando di nuovo il punto di funzionamento nel punto 3. SENZA CARICO RESISTIVO NON HO STABILITà DELL’ARCO. TALE STABILITà SI HA SOLO IN UNO DEI DUE PUNTI DI EQUILIBRIO. 43. Descrivere graficamente l’interruzione dell’arco in corrente continua Nella fase di apertura dei contatti di un interruttore la superficie di contatto tra essi progressivamente si riduce —> aumenta la resistenza elettrica. Ne deriva un notevole riscaldamento. Le zone di contatto ormai ridotte si portano ad una temperatura molto elevata —> generazione di vapori metallici e ionizzazione del mezzo isolante —> si vengono a creare le condizioni favorevoli per l’innesco dell’arco, che impiega un breve tempo per innescarsi (microsecondi). Durante questo tempo la corrente del circuito carica la capacità interelettrodica dei contatti determinando una tensione tale da provocare l’arco. A questo punto quindi si stabilisce l’arco con una tensione pari alla caduta catodica e anodica (punto 2). Successivamente, a causa del progressivo allontanamento dei contatti il funzi onamento è rappresentato dai punti 3 e 4, infine dal 5, raggiunto il quale il funzionamento non è più stabile e l’arco si spegne. 44. Svolgere la trattazione matematica che descrive l’interruzione dell’arco elettrico in corrente alternata per interruttori ad arco lungo Ipotesi: • Linee e generatori a monte dell’interruttore sono schematizzati con i soli parametri longitudinali • Fra i punti A e B sarà presente la tensione d’arco v_a fino all’istante di completa interruzione. • Successivamente vi sarà la tensione u(t) La caduta di tensione v_a dipende, a parità di corrente, solo dalla distanza degli interruttori e dalla temperatura alla quale l’arco brucia. In bassa tensione è possibile fare in modo che il valore istantaneo v_a(t) sia paragonabile a e(t) Considerando che in condizioni di corto circuito i parametri resistivi sono relativamente bassi La corrente comincia a calare, e subisce quindi una deformazione che ne anticipa il passaggio per lo zero. Sappiamo che la corrente è in ritardo di 90°, quindi quando la tensione d’arco raggiunge e supera la tensione d’alimentazione, invece di continuare il suo andamento normale e raggiungere il picco più avanti, la corrente tende a calare fino a raggiungere lo zero. Annullandosi la corrente, l’arco si spegne e se nel frattempo i poli dell’interruttore si sono sufficientemente allontanati e i gas ionizzati si sono raffreddati, l’arco non si riadesca e l’interruzione è completata. Verifichiamo che la tensione u(t) dopo lo spegnimento dell’arco rimanga sufficientemente bassa da evitare un riadescamento dell’arco. In cui si considera come istante iniziale l’istante di interruzione dell’arco. Quindi vediamo che u(t) segue abbastanza fedelmente e(t) senza grandi oscillazioni, non c’è pericolo che si reinstauri l’arco. Tutto quanto detto sinora vale nel caso in cui si riesca ad avere v_a > e. Tale condizione è ottenibile in interruttori in aria per bassa tensione frazionando l’arco su una serie di piastre metalliche opportunamente distanziate e sagomate che svolgono la doppia funzione di raffreddare l’arco e di moltiplicare il numero di anodi e catodi in serie all’arco stesso. Tale soluzione produce un innalzamento della tensione d’arco va, fino a farle superare il valore di e. 45. Svolgere la trattazione matematica che descrive l’interruzione dell’arco elettrico in corrente alternata per interruttori ad arco corto Nel caso di interruttori installati in sistemi di media tensione (ed ancora di più in alta tensione), mentre la tensione d’arco è dello stesso ordine di grandezza di quella in BT, la tensione impressa e(t) è enormemente più grande. Quindi v_a << e(t). Essendo la corrente di corto circuito principalmente induttiva (si può trascurare la componente resistiva del circuito) quando la I_cc passa per lo zero e si spegne l’arco, la tensione impressa e(t) assume il suo valore massimo E_M. Assumendo come istante t=0 il momento in cui la corrente di corto circuito passa per lo zero notiamo che la tensione ha un andamento cosinusoidale, dato che ha il suo valore massimo in t=0 e poi cala. Dopo un tempo t0 = pi/mu0 dallo spegnimento dall’arco (qualche ms) ai capi dell’interruttore si localizza una tensione considerevole con un valore massimo prossimo a 2E_M detta Tensione Transitoria di Ritorno. Tale tensione transitoria è talmente elevata da poter eventualmente innescare nuovamente un arco elettrico. È perciò evidente che nel tempo t0, fra i poli dell’interruttore, dovranno essere eliminate le cariche libere prodotte dall’arco in fase di apertura in modo che l’isolamento tra i poli stessi venga ripristinato con una velocità superiore a quella di crescita della TTR. Le resistenze presenti nel circuito (che si sono trascurate) produrranno uno smorzamento del termine transitorio della u(t). Gli interruttori in MT e AT sono chiamati ad arco corto perché non si basano sull’innalzamento della tensione d’arco, ma sul ripristino in tempi brevissimi delle proprietà isolanti del mezzo tra i poli. 46. Per quale(i) ragione il primario del trafo MT/BT è connesso a triangolo Nelle cabine secondarie, l’importante è dare sfogo alle correnti omopolari. Come abbiamo visto a lezione, il caso di trasformatore MT-BT con connessione Yyn non può funzionare perché le correnti omopolari non possono circolare, perciò nel caso avessimo un carico squilibrato, le correnti sarebbero comunque uguali, risultando in un fortissimo squilibrio delle tensioni a secondario. La soluzione a questo problema sarebbe quella di permettere lo sfogo della componente omopolare anche a primario, con un Dyn o un YNyn. Si preferisce però usare un triangolo a primario in quanto questo blocca le componenti omopolari e le tutte le terze armoniche che danno somma non nulla al suo interno. Inoltre, questa tipologia di connessione permette di avere correnti di corto circuito molto ridotte (meno di 100 A), il che permette spesso un continuo funzionamento anche in presenza di guasti. Altra conseguenza delle basse correnti di corto circuito sono le ridotte interferenze alle linee di telecomunicazione limitrofe in caso di guasto a terra. 47. Giustificare lo stato del neutro per i sistemi AT, MT e BT La bassa tensione in Europa è quasi esclusivamente esercita con 4 conduttori. Questo ha due scopi principali: • Svincolare parzialmente la simmetria delle tensioni dall’equilibrio del carico sulle tre fasi (a patto che a primario ci sia una connessione che permette lo sfogo della componente omopolare) Questo significa che se in bassa tensione abbiamo un carico squilibrato (il che avviene praticamente sempre) otteniamo di conseguenza una corrente omopolare sul neutro, che può richiamare una corrente omopolare al primario (scorre però solo dentro al triangolo) e le tensioni di entrambi i lati sono equilibrate. Ho così equilibrio delle tensioni nonostante ho carichi completamente squilibrati. • Disporre di due tensioni diverse nel rapporto sqrt(3) e quindi di disporre di una tensione concatenata relativamente elevata. La media tensione è invece esercita in assenza di neutro a soli 3 conduttori (a entrambi i capi della rete Mt sono infatti presenti connessioni a triangolo). Questo comporta i seguenti vantaggi: • Correnti di corto circuito molto basse (decine di ampere) • Disturbo ridotto alle linee di telecomunicazione (per la minore corrente di guasto) • Minore tensione di contatto e di passo (per la minore corrente di guasto) Si presentano però alcuni svantaggi: 1. Risulta più difficile rilevare i guasti, proprio per la loro minore intensità 2. Esercire la media tensione con neutro isolato comporta un maggiore dimensionamento dell’isolamento per far fronte all’aumento della tensione nelle fasi, dato che in presenza di un corto circuito monofase franco di una delle tre fasi, le altre due rimangono rispetto ad essa alla tensione concatenata. Il risultato finale è che le fasi sane sono alla tensione concatenata (non più stellata) rispetto a terra! L’isolamento va quindi dimensionato per 35kV invece che 20kV. Per quanto si è appena detto sull’isolamento, nei sistemi AT, dove il costo dell’isolamento è parte notevole del costo totale, si usa mettere il neutro a terra, nonostante questo causa maggiori correnti di corto circuito. 48. Quali effetti produce la corrente elettrica nel passaggio attraverso il corpo umano? Il corpo umano può considerarsi un conduttore di tipo ionico (all’interno delle cellule si ha soluzione acquosa salina di K+ e nel liquido extracellulare si ha Na+) interessato naturalmente da correnti e differenze di potenziale. Il passaggio di una corrente elettrica alternata (50 Hz -100 Hz) è avvertito sui polpastrelli già quando essa raggiunge il valore di 0,5 mA, e diventa dolore raggiungendo i 10 mA. La corrente alternata, a parità di intensità, è più dannosa della continua. Questo è perché le cellule riescono ad adattarsi ad uno stimolo continuo che dura un certo tempo, non riescono invece ad adattarsi se lo stimolo varia 50-60 volte al secondo. I principali effetti prodotti dal passaggio della corrente elettrica nel corpo umano sono, all’aumentare della corrente: • Tetanizzazione: i muscoli sono soggetti ad uno stimolo elettrico e si contraggono, per poi tornare alla posizione di riposo con un certo ritardo rispetto alla scomparsa dello stimolo. Se ulteriori stimoli pervengono prima del raggiungimento dello stato di riposo, questi producono una contrazione spasmodica del muscolo, che per analogia con gli effetti del tetano, viene chiamata tetanizzazione. Il più elevato valore di corrente che permette ai muscoli della mano di staccarsi da un oggetto in tensione viene detta corrente di rilascio o “Let-go current” e vale in media 10 mA per le donne e 15 mA per gli uomini. In corrente continua i valori sono molto più elevati, circa 100-300 mA. • • • 49. Arresto della respirazione: è la tetanizzazione dei muscoli respiratori. Fibrillazione ventricolare: La sovrapposizione di una corrente esterna produce stimoli scoordinati che inibiscono la capacità di generare impulsi regolatori del nodo seno atriale. Ustioni: Il passaggio di corrente elettrica nel corpo è accompagnato dallo sviluppo di calore per effetto Joule. Il riscaldamento risulterà più accentuato dove si ha maggiore resistenza elettrica. Per tale motivo le ustioni più gravi si verificano, in genere, sulla pelle, che presenta una resistenza elettrica più elevata rispetto a quello dei tessuti interni. Disegnare la caratteristica di sicurezza corrente-tempo della corrente elettrica e giustificare perché viene scelto il percorso mani (o mano sinistra) -piedi La pericolosità della corrente varia in funzione del percorso. Il fattore di percorso è il rapporto tra l’intensità del campo elettrico nel cuore per un dato percorso della corrente e l’intensità di tale campo per una corrente di uguale intensità che fluisce dalla mano sinistra ai piedi. Viene scelto tale percorso come riferimento perché fra i percorsi più pericolosi è anche il più comune. 50. Classificazione dei sistemi elettrici in base alla tensione nominale secondo Norme CEI e D.Lgs. 81/08 In relazione alla loro tensione nominale i sistemi elettrici si dividono nelle seguenti categorie: 0. (Zero), chiamati anche a bassissima tensione, quelli a tensione nominale <= 50V se a corrente alternata o a 120V se in DC (non ondulata). 1. (Prima), chiamati anche a bassa tensione, quelli a tensione nominale AC 50V < V < 1000V , oppure DC 120V < V < 1500V. 2. (Seconda), chiamati anche di media tensione, quelli a tensione nominale AC 1000V < V < 35 000V , oppure DC 1500V < V < 35 000 3. (Terza), chiamati anche ad alta tensione, quelli a tensione nominale > 35 000 V. A queste tensioni non c’è la differenza DC-AC, perché << è una sberla tale, che non importa se è AC o DC>> cit. Prof. Nucci 51. Come si ricava la curva di sicurezza tensione-tempo? Nella scelta delle misure di protezione dai contatti elettrici, risulta più utile disporre di “curve di sicurezza” tensione-tempo. La curva tensione-tempo si costruisce per punti a partire dalla curva corrente-tempo. Si parte da un valore di tensione, e si divide tale valore per la somma della resistenza verso terra della persona R_tc (1000 Ohm in condizioni ordinarie) e della resistenza del corpo umano alla data tensione. Si ottiene così un valore di corrente che, sul diagramma corrente tempo, viene incrociato con la soglia di sicurezza per ottenere il corrispondente tempo limite. Si ha così il tempo corrispondente alla tensione iniziale. Dalla curva tensione-tempo vediamo che la massima tensione che si accetta possa permanere per un tempo indefinito sulle masse è U_L = 50V in condizioni ordinarie, e 25V in condizioni particolari. 52. Perché la curva di sicurezza tensione tempo in MT è diversa a meno severa della analoga in BT? Le norme ammettono in media e alta tensione una curva di sicurezza meno cautelativa in virtù della minore probabilità di guasto di isolamento e per il fatto che le persone a contatto con tali infrastrutture sono quasi esclusivamente operatori addestrati, a differenza delle reti in BT, che possono essere a contatto con chiunque. 53. Definizione di Resistenza di terra, Tensione di contatto e di passo Si definisce resistenza di terra R_t il rapporto tra la differenza di potenziale a cui si porta l’elettrodo di terra rispetto ad un punto del terreno lontano e l’intensità della corrente che esso disperde. Questa grandezza rimane costante, ovvero, se aumenta la corrente di guasto aumenta anche la tensione. Tensione di contatto U_c è la tensione alla quale è soggetto un corpo umano in seguito a contatto con parti metalliche degli impianti o degli apparecchi utilizzatori che, per difetto d’isolamento od altre cause accidentali, vengano a trovarsi sotto tensione. Il corpo umano è infatti soggetto alla tensione di contatto se con le mani tocca una parte dell’impianto di messa a terra perché con le mani si trova alla tensione totale di terra, mentre con i piedi si trova alla tensione della terra in quel punto. La tensione di passo è la tensione che, durante il funzionamento di un impianto di terra, può risultare applicata tra i due piedi di una persona. 54. Definizione di Tensione di contatto, tensione di contatto a vuoto e resistenza verso terra della persona Tensione di contatto: vedi domanda precedente. Tensione di contatto a vuoto: è la tensione tra la carcassa ed il punto del terreno occupato dalla persona preesistente al contatto della persona. La tensione di contatto è sempre minore della tensione di contatto a vuoto, perché quest’ultima, al contatto, si suddivide fra la resistenza del corpo umano R_c e la resistenza verso terra della persona R_tc. La circolazione della corrente attraverso la persona innalza il potenziale del terreno in corrispondenza dei piedi, ai quali, analogamente ai dispersori, si può associare una resistenza di terra detta resistenza verso terra della persona R_tc. Per diminuire la tensione di contatto conviene avere una resistenza R_tc elevata, mentre una resistenza del corpo R_c e di terra R_t basse. 55. Disegnare un circuito equivalente che mostri come la Tensione di contatto e tensione di contatto a vuoto variano a seconda della distanza dal dispersore di terra 56. Quali sono le espressioni approssimate della resistenza di terra di un picchetto e di un anello Resistenza di terra di un dispersore a picchetto cilindrico: Resistenza di terra di un dispersore ad anello: s è la profondità dell’anello. NOTA: Ricorda che un aumento di profondità h del dispersore comporta: • Maggiori tensioni di contatto, infatti all’aumentare di h U_c0 —> U_t • Minori tensioni di passo, infatti all’aumentare di h U_s —> 0 • Minori resistenze di terra 57. Definizione di Tensione di passo e di Tensione di passo a vuoto Tensione di passo U_s: vedi risposta 53 Tensione di passo a vuoto U_ss: in analogia con la tensione di contatto a vuoto, la tensione di passo a vuoto è la tensione preesistente al contatto della persona. La differenza tra U_ss e U_s è maggiore della differenza fra U_c0 e U_c, in quanto entrambe le resistenze dei piedi sono in questo caso in serie, mentre nel caso delle tensioni di contatto sono in parallelo. 58. Cosa sono i dispersori di fatto esterni? I dispersori di fatto sono strutture metalliche la cui principale funzione ha scopi diversi dalla messa a terra degli impianti elettrici, ma che contribuiscono notevolmente alla dispersione delle correnti di guasto 59. Descrivere i vari tipi di isolamento Parte attiva: è un conduttore o una parte conduttrice in tensione nel servizio ordinario Isolamento funzionale: è ciò che rende possibile il funzionamento isolando tra loro le parti a diversa tensione. Isolamento principale: è l’isolamento delle parti attive utilizzato per la protezione base contro i contatti diretti e indiretti. Isolamento supplementare: è l’isolamento indipendente previsto in aggiunta all’isolamento principale per assicurare la protezione contro i contatti elettrici in caso di guasto all’isolamento principale. Doppio isolamento: è l’insieme di isolamento principale e supplementare. Isolamento rinforzato: è un isolamento unico in grado di assicurare una protezione equivalente al doppio isolamento. Classe di isolamento 0: Un apparecchio con il solo isolamento principale e senza morsetto di terra (ammesso solo nei locali isolanti). Classe di isolamento 1: Un apparecchio con il solo isolamento principale e morsetto per conduttore di protezione. Classe di isolamento 2: Componente con isolamento doppio o rinforzato. Classe di isolamento 3: Apparecchio destinato ad essere alimentato dai circuiti SELV o PELV. 60. Cosa è una massa? Una massa è la parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che non è in tensione in condizioni ordinarie, ma che può andare in tensione in condizioni di cedimento dell’isolamento principale. NON SONO MASSE: o Una parte conduttrice che può andare in tensione solo perché è a contatto con una massa o Una parte conduttrice separata da parti attive da isolamento doppio o Una parte conduttrice che può andare in tensione in caso di cedimento dell’isolamento principale ma è posta dietro un involucro o una barriera saldamente fissati rimovibili solo con attrezzo o Una parte conduttrice occasionalmente in contatto con componenti elettrici. 61. Differenza tra contatti diretti ed indiretti Contatto diretto: contatto di una parte del corpo con una parte dell’impianto normalmente in tensione. Sono poco probabili durante il funzionamento normale, avvengono con maggiore frequenza durante le operazioni di manutenzione. Contatto indiretto: è il contatto di una parte del corpo con una massa o una parte conduttrice connessa alla massa che, in condizioni normali non è in tensione, ma assume un potenziale per effetto di un guasto dell’isolamento. 62. Cosa sono le masse estranee? Perché sono necessari i collegamenti equipotenziali principali e supplementari? È una parte conduttrice, NON facente parte dell’impianto elettrico, e in grado di “introdurre” un potenziale pericoloso, normalmente il potenziale di terra. Possono rappresentare un pericolo perché possono introdurre un potenziale nullo, così che quando un utente è contemporaneamente a contatto con l’impianto di terra (a potenziale Ut) e la massa (a potenziale 0) si ritrova sottoposto ad una tensione superiore rispetto al caso in cui non ci fosse la massa. L’utente è sottoposto ad una differenza di potenziale U_t nel caso tocca la massa, perché questa è al potenziale zero, mentre l’impianto di terra si trova a U_t. Se non ci fosse la massa sarebbe “solamente” sottoposto alla tensione rossa, perché con la mano è sottoposto alla U_t, mentre con i piedi è sottoposto alla tensione del terreno in quel punto, che è maggiore di 0. Collegamenti equipotenziali principali: sono i collegamenti fra le masse estranee è il dispersore di terra Collegamenti equipotenziali supplementari: sono i collegamenti fra masse estranee e conduttori di protezione, masse tra loro, masse a masse estranee, masse estranee tra loro. 63. Sistemi TT La sigla TT indica che il neutro è direttamente collegato a terra e pure le masse sono collegate a terra. È il sistema di distribuzione in bassa tensione più diffuso nei paesi, come l’Italia, in cui il Distributore non “garantisce” il neutro. Sul neutro si possono generare tensioni per i seguenti motivi: • Per squilibrio delle correnti sulle fasi, si ha una corrente sul neutro, che dà una caduta di tensione dovuta alla impedenza longitudinale del neutro. • Per corto circuito fase-neutro • Per rottura o intervento di un fusibile sul neutro Assumiamo a misura cautelativa che il contatto avvenga lontano dal dispersore e che la tensione di contatto a vuoto sia uguale alla tensione totale di terra. Si trascurano le impedenze dei conduttori di fase e del trasformatore perché molto inferiori alla resistenza di terra. La sicurezza è garantita se l’impianto di terra garantisce la condizione appena scritta. Questa è però una condizione difficile da ottenere specialmente dato che: 1. l’utente spesso non conosce il valore della resistenza R_t in cabina del distributore 2. Quasi mai la resistenza di terra del distributore in cabina è maggiore di quella del cliente, perciò il rapporto Rn/Rt ha un valore basso, mentre io lo vorrei il più alto possibile, per raggiungere facilmente la condizione Uc0 < 50V. Le norme permettono perciò di soddisfare condizioni alternative, per esempio sfruttando protezioni contro le sovracorrenti dei relè magneto-termici: Anche questa però è una condizione di non facile realizzazione, in quanto la corrente di sicuro intervento dell’interruttore magnetico è solitamente Im = 10*In (corrente nominale). Si è pertanto in condizioni di sicurezza se per correnti di guasto pari a Ig = 10 * In la tensione totale di terra è La norma stabilisce perciò l’obbligatorietà dell’utilizzo anche di dispositivi di protezione a corrente differenziale In condizioni normali le correnti di fase e di neutro sono uguali, e alimentano il carico, perciò il campo magnetico all’interno del toro è nullo. In presenza di un guasto, l’avvolgimento rivelatore sente un campo magnetico NON nullo. Questo avviene con una differenza di corrente di soli 30 mA. 64. Sistemi TN I sistemi TN sono spesso usati come sistemi di distribuzione in bassa tensione interna di clienti allacciati alla rete del distributore in media tensione. Il neutro è collegato a terra e le masse sono collegate allo stesso impianto di terra del neutro, per mezzo del conduttore di protezione. Era un impianto vantaggioso quando mancava l’impianto di interruttore differenziale. In tal caso l’impianto siffatto realizza un anello di chiusura della corrente a bassa impedenza —> la corrente di guasto è così molto elevata e risulta più semplice interrompere la corrente. Si trascura l’impedenza interna del trasformatore, ma questa volta consideriamo le impedenze di fase e del conduttore di protezione, indicandole con Zf e Zp. La corrente di guasto è perciò molto elevata, in quanto la corrente di guasto NON dipende da una resistenza grande come Rt, è limitata solo dal valore di parametri tutti attribuibili al circuito. L’elevata corrente di guasto è in grado di far intervenire l’interruttore di massima corrente a protezione del circuito. L’esperienza ha dimostrato che una stima accurata della tensione di contatto comporta difficoltà talvolta insormontabili. Perciò sono stati definiti dei metodi convenzionali che permettono di determinare i tempi di intervento dei dispositivi di protezione non in funzione della tensione di contatto, bensì in funzione della tensione di fase per i sistemi TN. U0 (V) Tempo di interruzione (s) Condizioni ordinarie Condizioni particolari 120 0.8 0.4 230 0.4 0.2 400 0.2 0.06 >400 0.1 0.02 Da dove vengono questi valori? Secondo la Norma in presenza di corto circuito e quando non sia nota l’impedenza a monte del guasto, si può ammettere una riduzione di tensione del 20% rispetto al valore nominale. In tale ipotesi, con tensione nominale di fase pari a 230V e nell’ipotesi di conduttori di protezione aventi sezione uguale ai conduttori di fase si ottiene che la tensione di contatto a vuoto è 92V. Bisogna ora verificare che la protezione intervenga nel tempo previsto dalle Norme, quindi che la corrente di guasto sia superiore al valore che fa intervenire la protezione in 0.4 s. Siano • I_a la corrente che provoca l’apertura automatica della protezione nel tempo definito • Z_s impedenza dell’anello di guasto (impedenza del trasformatore + rete a monte + linee di fase + conduttore di protezione) • Ig = U0/Z_s è la corrente di guasto Deve essere verificata Se questa condizione non è verificata si può diminuire Z_s (non sempre possibile, va modificata la rete), oppure diminuire I_a, per esempio utilizzando un interruttore differenziale. I sistemi TN si differenziano in TN-S (PE separato dal neutro) e TN-C (PE in comune col neutro: PEN). Quest’ultima opzione viene utilizzata soprattutto nei circuiti di distribuzione di grossa sezione, dove risparmiare un conduttore costituisce un’economia non trascurabile. In caso di carico squilibrato il PEN è percorso da corrente —> cadute di tensione sul PEN che provocano differenze di potenziale tra le masse, e tra le masse e le masse estranee. Per diminuire tali cadute di tensione il PEN viene collegato ripetutamente a terra lungo il suo percorso. 65. Sistemi IT I sistemi IT sono quasi esclusivamente utilizzati come sottosistemi di sistemi TT o TN e sono da queste alimentate da trasformatori di isolamento. Hanno solitamente una estensione molto limitata. Questi sistemi favoriscono una continuità di servizio, piuttosto che la sicurezza. Il neutro è isolato e solitamente non distribuito, e le masse sono messe a terra. Nel caso di singolo guasto a terra la corrente di guasto Id è molto debole, in quanto le fasi sono collegate a terra solo tramite capacità parassite. Non è perciò necessario interrompere il circuito. L’impianto di terra deve soddisfare I vantaggi del sistema IT si perderebbero se un secondo guasto apparisse prima dell’eliminazione del guasto precedente. In caso di guasto franco a terra di una fase, la fase interessata assume potenziale di terra, e le fasi sane assumono verso terra la tensione concatenata. Le prescrizioni normative sono quelle dei sistemi TT se le masse sono messe a terra individualmente. Le prescrizioni sono quelle dei sistemi TN se le masse interconnesse collettivamente da un PE. In tale caso si deve utilizzare l’impedenza dell’anello di guasto. Questo non è però noto a priori, perché nel doppio guasto potrebbero essere coinvolti due tratti di impianto qualsiasi del circuito. Si fa riferimento allora per ogni utilizzatore (per ogni massa guasta) all’impedenza Zs’ di un anello di guasto convenzionale (conduttore di fase e conduttore di protezione). Si noti che nel caso Z_s’ fosse pari alla metà dell’impedenza permessa all’ anello di guasto complessivo (per il doppio guasto, i due circuiti) allora si avrebbe l’apertura di entrambi i circuiti, perché entrambe le Z_s’ soddisfano la relazione di essere minori o uguali alla metà di quella di anello complessivo. Se invece le due Z_s’ non fossero uguali (una maggiore della metà e una minore), solo la minore soddisferebbe la relazione precedentemente descritta, e perciò aprirebbe solo il circuito con minore impedenza Z_s’. Tale condizione basta comunque per riportare il sistema IT in condizioni ottimali (un solo guasto). Deve valere Dove I_a è la corrente che provoca l’apertura automatica della protezione nel tempo definito, mentre U0 è la tensione concatenata (se il neutro non è distribuito), o la tensione di fase (se il neutro è distribuito). I sistemi IT con collettore di terra unico in condizioni ordinarie hanno le stesse prescrizioni dei sistemi TN. In condizioni particolari si distingue fra neutro distribuito e non distribuito. I sistemi IT, a parità di tensione nominale, hanno una tensione di contatto a vuoto pari alla metà dei sistemi TN, perché nel calcolo di essa si considerano 4 impedenze uguali invece che due (Zp e Zf per ogni utilizzatore). Se, però, il neutro non è distribuito, la tensione da considerare è quella concatenata (circa il doppio di quella di fase), e così si torna alle condizioni TN. Se il neutro è invece distribuito la tensione di contatto a vuoto è effettivamente la metà rispetto ai sistemi TN, così i tempi sono doppi. 66. Quali sono le funzioni statiche e dinamiche per ciascuno degli apparecchi di manovra e protezione degli impianti elettrici (e quali sono i simboli)? Sezionatore: Può solo condurre corrente (nominale, di sovraccarico, di cortocircuito). Non può stabilire una corrente (chiudere un circuito) e nemmeno interrompere la corrente (aprire un circuito). Per fare queste due operazioni è necessario prima agire su un interruttore. Il sezionatore agisce SOLO A VUOTO. Non potevamo fare a meno del sezionatore allora? No, perché è solo col sezionatore che noi garantiamo la visibilità del fatto che il circuito è aperto. Inoltre, il sezionatore offre una apertura di dimensione maggiore rispetto ad un semplice interruttore. Utile per le medie o alte tensioni. L’interruttore automatico: svolge tutte le funzioni, ma non garantisce il gap di isolamento e la visibilità così bene come il sezionatore. Sezionatore sotto carico o interruttore di manovra: è un sezionatore ma in più svolge anche la funzione di stabilire la corrente e interrompere la corrente nominale e di sovraccarico. Non riesce a interrompere la corrente di corto circuito, deve perciò essere abbinato ad un fusibile. Fusibile: interrompe la corrente di sovraccarico e del cortocircuito fondendosi, deve però poi essere sostituito. Contattore: è un componente nato per effettuare una serie di contatti nel tempo molto fitti, quindi conduce la corrente nominale e di sovraccarico, ma non riesce a condurre quella di corto circuito. 67. Cosa è un montante di linea? Negli impianti viene spesso considerato l’insieme dei conduttori, delle apparecchiature di manovra e di protezione. Quando tale insieme costituisce un tutto unico nella terminologia usuale ad esso si dà il nome di montante. La sbarra è quella parte di impianto alla quale sono connessi i montanti. 68. Tipi e tecnologie di interruttori automatici per media tensione 1. Interruttori a volume d’olio ridotto (fuori produzione): Intervento delle molle —> dispositivi preposti alla apertura dell’interruttore provocano il rapido allontanamento dei contatti separando in successione i contatti principali e i contatti d’arco con una velocità di 4 m/s. Fra i contatti si forma così un arco elettrico che produce una temperatura molto elevata, tale da gassificare l’olio. L’energia dissipata dall’arco ed il movimento dei contatti mobili provocano la circolazione forzata dell’olio entro la camera d’interruzione. L’arco viene così raffreddato ed allungato, diviene instabile ed al passaggio per lo zero della corrente si spegne. La sovrapressione ed il rapido movimento dell’olio favorito dalla forma della camera di interruzione portano ad un altrettanto rapido ripristino dell’isolamento. Hanno complessivamente tempi di intervento lunghi e prezzi non competitivi. 2. Interruttori in esafluoruro di zolfo SF6 ha le seguenti caratteristiche: • Grande rigidità dielettrica dell’SF6 • Grande capacità di trasporto dell’energia termica • Grande capacità di catturare gli elettroni liberi dando luogo a ioni negativi. Sfruttando queste proprietà il gas favorisce il raffreddamento dell’arco e sfruttando la sua elettronegatività, quando la corrente passa per lo zero e l’arco si spegne, gli elettroni liberi vengono catturati dalle molecole di SF6, dando luogo a ioni negativi, poco mobili e che quindi non partecipano ai fenomeni di scarica. In tale modo il ripristino della rigidità dielettrica fra i poli dell’interruttore è repentino e quindi tale da poter far fronte alla TTR. Funzionamento: Lo spostamento dei contatti rompiarco provoca allo stesso tempo la compressione di un piccolo volume di gas dietro il pistone mobile. Il gas compresso comincia ad attraversare i contatti rompiarco. L’iniezione di una piccola quantità di gas attraverso i contatti è sufficiente per soffocare l’arco tramite la cattura degli elettroni. 3. Interruttori sottovuoto (i più diffusi): L’estrema carenza di atomi, e quindi di cariche elettriche, nelle camere di interruzione degli interruttori sotto vuoto rende molto difficile la formazione dell’arco elettrico, che si forma in modo ridotto, con Va bassa. L’energia sviluppata dall’arco all’apertura dei contatti è quindi modesta, così come l’usura dei contatti (non sono necessari contatti d’arco). Riescono a interrompere l’arco così bene che presentano il fenomeno 4. dello strappamento d’arco, ovvero l’interruzione della corrente prima del suo naturale passaggio per lo zero, con conseguenti kick induttivi. 5. Interruttori a deionizzazione magnetica: La corrente d’arco passa attraverso una bobina che genera un campo magnetico che spinge l’arco in una camera d’interruzione che fraziona l’arco e ne favorisce lo spegnimento. 69. Tipi e tecnologie di interruttori automatici per bassa tensione • Gli interruttori di manovra (solo comando manuale, non hanno il potere di interruzione necessario per interrompere un corto circuito) • Interruttori automatici (in bassa tensione sono tutti classificabili come ad arco lungo. Un interruttore automatico è costituito da un interruttore in grado di interrompere anche la corrente di corto circuito al quale sono associati dei relè di protezione che ne comandano l’apertura. Questi hanno protezione contro i sovraccarichi [termica] e una contro i corto circuiti [magnetica]). Interruttori ad arco lungo (alta resistenza d’arco): l’estinzione dell’arco in questi interruttori avviene in maniera naturale. Si fa in modo che i contatti si allontanino a grande velocità e che l’arco si allunghi rapidamente allo scopo di raggiungere lo stato fisico tale – alta resistenza d’arco- per cui al primo passaggio per lo zero della corrente la sua riaccensione non sia possibile. Fanno parte degli interruttori in aria (l’aria è il mezzo nel quale l’arco brucia e si estingue). Se le correnti e le tensioni sono abbastanza modeste o i contatti sono muniti di corna, non sono necessari ulteriori accorgimenti. Altrimenti si utilizzano delle camere di interruzione che frazionano l’arco su più piastre metalliche per favorirne il raffreddamento e l’interruzione. Tipologie costruttive: ➢ Interruttori aperti o in aria: a tali interruttori corrispondono le più elevate correnti nominali e le dimensioni maggiori ➢ Interruttori scatolati: sono posti entro un involucro isolante che ha anche la funzione di supporto delle diverse parti elettriche e meccaniche. ➢ Interruttori modulari: sono interruttori per correnti nominali modeste aventi piccole dimensioni. Queste ultime sono standardizzate per un modulo base per cui l’interruttore avrà dimensioni multiple. Sono progettati per essere posti in opera su supporti normalizzati senza richiedere viti o bulloni. Modalità di connessione: ➢ Interruttori per posa fissa: L’interruttore è collegato rigidamente ai circuiti (sbarre) del quadro. ➢ Interruttore rimovibile: L’interruttore è costituito da una parte fissa collegata rigidamente ai circuiti del quadro e di una parte mobile (camera d’interruzione) che, con semplici manovre, può essere rimossa dalla parte fissa. ➢ Interruttori estraibili: Sono interruttori costituiti da una parte fissa e mobile, ma possono anche avere lo stato “estratto” (sezionato). ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ 70. Dati di targa: Tensione nominale Frequenza nominale o indicazione di funzionamento in DC Corrente nominale Potere di interruzione estremo: è il valore efficace della massima corrente che l’interruttore è in grado di interrompere (dopo l’interruzione l’interruttore non è più in grado di portare con continuità la sua corrente nominale). Potere di interruzione di servizio: è la massima corrente che l’interruttore è in grado di portare rimanendo poi idoneo a portare la corrente nominale. Potere di chiusura nominale in corto circuito, o di stabilimento: è il valore di picco della massima corrente di corto circuito che l’interruttore può stabilire nel circuito. Caratteristica del relé magneto-termico 71. Principio di funzionamento e caratteristiche degli interruttori differenziali In condizioni normali le correnti di fase e di neutro sono uguali, e alimentano il carico, perciò il campo magnetico all’interno del toro è nullo. In presenza di un guasto, l’avvolgimento rivelatore sente un campo magnetico NON nullo. Questo avviene con una differenza di corrente di soli 30 mA. Questo interruttore funziona solo se il corto circuito è fra fase e terra (massa). Se invece il corto è fra fase e neutro prima del carico la corrente sui due rami è identica, perciò il differenziale NON apre. È necessario aggiungere un relè magnetotermico. La caratteristica disegnata è quella relativa alla protezione differenziale ritardata, che per realizzare la selettività degli interventi può essere a tempo fisso o a tempo regolabile (fino ad 1 s). Notiamo che ci sono due zone in cui l’interruttore non protegge dalla corrente. 72. Caratteristica di intervento e di limitazione di un fusibile I fusibili costituiscono il più semplice dispositivo di protezione contro le correnti (sovraccarichi e corto circuiti). Non sono organi di manovra ma solo di protezione. La caratteristica importante dei fusibili è quella di garantire un elevato potere di interruzione. Per quanto riguarda la caratteristica d’intervento i-t i fusibili sono dei dispositivi a tempo inverso. Per intervenire devono infatti immagazzinare una certa energia termica. Il fusibile è capace di interrompere la corrente di corto circuito prima che questa raggiunga il valore massimo. All’atto della fusione infatti, l’elemento conduttore si divide in due tronchi, e fra di essa scatta un arco. La sabbia contenuta nella capsula del fusibile si fonde e aumenta la sua resistenza elettrica, di conseguenza la corrente d’arco diminuisce fino ad annullarsi prima di raggiungere il suo picco. La caratteristica di limitazione di un fusibile indica il valore di picco della corrente limitata dal fusibile in funzione del valore efficace della corrente presunta di corto circuito nel punto di installazione. 73. Sezionatori di linea e sezionatori (lame) di terra Sezionatore di linea: Negli impianti di MT e AT, oltre a garantire l’isolamento di quelle parti di impianto sulle quali il personale dovrà effettuare lavori di ispezione, essi consentono di realizzare gli schemi elettrici delle centrali e delle stazioni. Sezionatore di terra: Servono per collegare a terra, e in corto circuito tra loro, i conduttori dell’impianto dopo che il circuito è stato interrotto e sezionato. I sezionatori possono essere in aria o in SF6. Per alte tensioni possono esser rotativi, a pantografo o a ginocchio. 74. Quadri: definizione Sono i nodi del sistema di distribuzione. Sono gli elementi entro i quali vengono raggruppate tutte le apparecchiature di comando e di protezione ed ai quali fanno capo le linee dell’impianto. 75. Quadri: modalità di accesso ed interblocchi • Accessibile tramite interblocco: Gli interblocchi garantiscono che tutte le parti attive del compartimento siano fuori tensione e messe a terra prima dell’apertura. • Accessibile tramite procedura con interblocchi e chiavi • Accessibile mediante attrezzo • Non accessibile: L’apertura del compartimento comporta il suo danneggiamento (SF6) Interblocchi • Di accesso: servono per interdire l’accesso alle parti in tensione • Di coordinamento: impedire manovre errate 76. Cabine elettriche: tipi e classificazione Per cabina elettrica si intende una parte di un sistema elettrico connessa ai sistemi MT e BT destinata ad una delle seguenti funzioni: ➢ Trasformazione ➢ Smistamento ➢ Conversione (AC-DC) ➢ Regolazione Nel corso abbiamo trattato principalmente le cabine di distribuzione, che sono costituite da: ▪ Arrivo ed eventuale partenza delle linee di MT ▪ Dispositivi di manovra e protezione (quadro) per il sezionamento e la interruzione in MT ▪ Uno o più trasformatori (se eventualmente destinati alla trasformazione) ▪ Dispositivi di manovra e protezione (uno o più quadri) per il sezionamento e interruzione in BT con partenza linee BT (smistamento) ▪ Sistemi di misura e controllo in MT e BT (smistamento) Lo schema realizzativo delle cabine MT/BT dipende dalla tipologia della rete di alimentazione (Radiale, ad anello, magliata), dalla potenza elettrica da alimentare, dalle esigenze specifiche di qualità e continuità del servizio di alimentazione. Si possono avere tipicamente tre tipologie di schemi elettrici per cabine di distribuzione: 1. Cabine con un sol trafo e una sola alimentazione 2. Cabine con trafo e possibile alimentazione alternativa da due linee MT 3. Cabine con 2 trafi e possibile alimentazione alternativa da due linee MT 77. Condutture elettriche: tipi di posa di cavi I cavi vengono posti in opera secondo modalità indicate dalle Norme. Tali modalità devono garantire il sostegno dei cavi e la protezione meccanica degli stessi. Le modalità più comuni sono cavo entro tubo, cavo entro canalina, cavo su passerella o su mensola (la passerella è una massa). L’insieme del cavo e del sostegno viene chiamato conduttura. Limiti: • Corrente da trasportare molto elevata: tale caso richiede la messa in opera di più cavi in parallelo per ogni fase. Questo può dare luogo a criticità dovute a disuniformità nella ripartizione delle correnti in parallelo e quindi eventuali campi magnetici non nulli*. • Caso in cui la linea sia chiamata ad effettuare una distribuzione a tanti carichi posizionati lungo il percorso della linea stessa e si voglia mantenere una certa flessibilità nel posizionamento dei carichi. *Supponiamo di dover suddividere 6 conduttori (due per ogni fase) in due gruppo 78. Blindosbarre Sono elettrocondotti prefabbricati, utili per superare i due limiti visti sopra imposti dalle condutture in cavo. Le blindosbarre hanno conduttori costituite da sbarre rigide isolate fra loro. Trattandosi di elementi rigidi la posa risulta piuttosto difficoltosa e l’adattamento al percorso deve essere studiato a livello progettuale. 79. Struttura di cavo per MT Cavo unipolare per media tensione. 1. Conduttore cordato in rame stagnato. 2. Guaine semiconduttrici fra conduttore e isolante e fra isolante e schermo. 3. Isolante 4. Guaine semiconduttrici fra isolante e schermo. 5. Schermo metallico in rame. 6. Guaina esterna protettiva in PVC 80. Disegnare lo schema di un gruppo di continuità e commentarlo I gruppi di continuità o Uninterruptible Power Source UPS servono ad alimentare utenze con particolari esigenze di continuità (sale operatorie, sala controllo aeroporti per quel tempo necessario affinchè i gruppi elettrogeni entri in funzione. Questi hanno un tempo di avviamento di qualche minuto: bisogna portarli a regime e fare il sincronismo del gruppo con la rete. Nel funzionamento normale la corrente alternata fornita dalla rete viene raddrizzata dal raddrizzatore che mantiene cariche le batterie in tampone (dà l’energia necessaria per fare in modo che la batteria non sia interessata da fenomeni di auto scarica). Qualora venga a mancare l’alimentazione dalla rete, il carico continua ad essere alimentato dall’inverter che preleva energia dalla batteria Al ripristinarsi delle corrette condizioni di alimentazione del raddrizzatore questo dovrà ricaricare la batteria e fornire energia all’incertezza per l’alimentazione del carico. Quando si verifica un guasto nel gruppo di continuità o la tensione di uscita risulta fuori tolleranza (guasto nella linea di uscita) e contemporaneamente le caratteristiche dell’alimentazione a monte dell’ UPS sono entro limiti di tolleranza, il commutatore statico commuta sulla rete senza alcuna interruzione. In caso di guasto dell’intero UPS è utile avere un bypass manuale. 81. Quali sono le misure di protezione dai contatti indiretti che limitano la tensione di contatto a valori non pericolosi per durata indefinita del contatto ▪ Uso di componenti di classe II o con isolamento equivalente (doppio isolamento). ▪ Separazione elettrica ▪ Luoghi non conduttori ▪ Luoghi equipotenziali non connessi a terra 82. Protezione per separazione elettrica: rischi e mezzi per evitarli La protezione si basa sull’isolamento da terra del circuito separato. La sorgente del circuito separato è un trasformatore di isolamento o un gruppo elettrogeno. Non può essere un autotrasformatore perché in questo dispositivo il primario e il secondario non sono galvanicamente isolati. Come per la protezione mediante doppio isolamento è raccomandato NON collegare a terra le masse, perché è più probabile essere sottoposti ad una pericolosa tensione di contatto piuttosto che un danno all’isolamento. Il rischio con questa protezione è il guasto di isolamento in due utilizzatori su fasi diverse perché la corrente di guasto non si manifesta sino al contatto di una persona con le due masse, inoltre un eventuale differenziale a valle del trasformatore non interviene perché fase e neutro hanno stessa corrente. Per evitare tale pericolo la norma prescrive il collegamento equipotenziali delle masse del circuito separato in modo da convertire il doppio guasto verso massa in un corto circuito eliminabile prontamente dalle protezioni (si usano le stesse prescrizioni del sistema TN) Si raccomanda inoltre o Vn <= 500V o L <= 500m o Vn * L <= 100 000 V*m In caso di notevole estensione si raccomanda di collegare le masse a terra (come IT). In caso di alimentazione da GE le masse degli utilizzatori devono essere collegate alla massa del gruppo elettrogeno. Circuito di notevole estensione —> masse a terra TN Circuito di limitata estensione —> masse isolate 83. Protezione mediante luoghi non conduttori Si applica in casi particolari sotto il controllo di personale addestrato. Si persegue una protezione equivalente a quella che si ottiene con apparecchi di classe II mediante isolamento di tutto il locale. ▪ Resistenza verso terra di pareti e pavimenti >= 50 kOhm per Vn <= 500 V e >=100 kOhm per Vn >500V ▪ Masse non collegate a conduttori di protezione ▪ Impedito il contatto simultaneo con due masse o con una massa ed una massa estranea ▪ Masse estranee uscenti dal locale interrotte con elementi isolanti, ad evitare che potenziali pericolosi fuoriescano dal locale. 84. Protezione mediante luoghi equipotenziali non connessi a terra Si persegue la protezione mediante equipotenzializzazione di tutto il locale. Il collegamento equipotenziale non deve essere, ovviamente, collegato a terra per evitare pericolose differenze di potenziale alla persona nel caso di cedimento dell’isolamento di un apparecchio con massa collegata alla zona equipotenziale. 85. Differenza tra sistemi SELV, PELV e FELV Sistemi a bassissima tensione sono sistemi elettrici con tensione nominale verso terra <= 50 V AC o <= 120 V DC non ondulata. Una tensione è non ondulata quando 1. Il valore efficace della componente sinusoidale, rispetto al valore efficace della componente continua, non è superiore al 10%. 2. L’ondulazione NON sinusoidale presenta un valore di picco non superiore a 140 V per un sistema DC con tensione nominale di 120 V. Circuiti SELV: sono alimentati da una sorgente di sicurezza e devono essere separati tra loro e rispetto agli altri circuiti. Protezione contro i contatti diretti se tensione <= 25 V AC o 60 V DC. Circuiti PELV: come i SELV ma in più devono avere almeno un punto a terra per motivi funzionali o di sicurezza. Sono meno sicuri dei sistemi SELV, infatti in questi la persona può essere sottoposta per contatto diretto alla sola bassissima tensione di sicurezza, mentre nel PELV la messa a terra potrebbe introdurre il potenziale di terra, ottenendo così una tensione U2+Ut, dove U2 è la tensione del secondario del trasformatore di sicurezza ( trasformatore di isolamento , quindi con doppio isolamento fra primario e secondario, con tensione nominale al secondario <= 50V). Sia SELV sia PELV garantiscono la protezione contro i contatti indiretti per il solo fatto che presentano una tensione bassissima. Pertanto, il collegamento a terra delle masse è controproducente per la sicurezza. Circuiti FELV: non hanno alcuno dei punti precedenti, solo la tensione <= 50 V AC. Nei FELV, mancando il doppio isolamento, un guasto di isolamento nel trasformatore porta la tensione del primario sul circuito FELV. Dato che i circuiti FELV sono isolati per una tensione di 50V, venendo sottoposti alla tensione del primario è molto probabile un secondo guasto di isolamento di un componente FELV. Nei circuiti FELV occorre pertanto adottare ordinarie misure di protezione dai contatti diretti ed indiretti. La protezione dai contatti indiretti può essere fatta collegando le masse del circuito FELV al PE del primario. 86. Cosa sono i luoghi conduttori ristretti e quali sono i mezzi che si usano per proteggersi Un luogo è detto conduttore ristretto se è in buon collegamento con il terreno (bassa resistenza verso terra) e se il volume è ridotto (più probabile un contatto più pericoloso del mani-piedi). Esempi: cunicoli umidi o bagnati, serbatoi metallici connessi a terra. Se la potenza degli apparecchi portatili o mobili non è elevata, è preferibile usare l’alimentazione con circuiti SELV. Diversamente si può ricorrere alla protezione per separazione, con trasformatore di isolamento con un solo utilizzatore alimentato (con due si potrebbe avere un guasto toccando entrambi gli apparecchi). Alternativamente, un unico trasformatore di isolamento può alimentare due apparecchi purché dotato di avvolgimenti secondari distinti, allo scopo di evitare il pericolo legato al doppio gusto su fasi diverse. La norma ammette, inoltre, che la protezione di apparecchi fissi avvenga anche: -mediante doppio isolamento purché con protezione differenziale Idn <= 30 mA -mediante interruzione automatica dell’alimentazione purché con collegamenti equipotenziali supplementari tra le masse degli apparecchi fissi e le masse estranee, compreso l’eventuale pavimento non isolante. Domanda addizionale sulle sovratensioni per guasti monofase a terra Ricordando la trattazione del guasto monofase a terra e supponendo di trovarci stavolta nel caso di guasto franco (Z = 0) L’impedenza alla sequenza inversa è molto simile alla sequenza diretta. Quindi , m_i =1 Trascuriamo inoltre le componenti resistive così m0 = Z0 / jXd Nelle reti a neutro isolato l’unico legame fra il sistema elettrico e la terra è costituito dalle capacità fra ciascuna fase e la terra. Tali capacità introducono il segno negativo nella reattanza Essendo le reti AT più estese delle MT hanno una reattanza capacitiva negativa ma di modulo minore rispetto a quelle MT. Definiamo il rapporto k chiamandolo coefficiente di messa a terra il rapporto fra la maggiore delle tensioni eb e ec e la tensione concatenata in assenza di guasto. Se tale rapporto non supera il valore 0.8 si dice che il neutro è efficacemente a terra. L’area tratteggiata del grafico indica la regione in cui si ha certamente una messa a terra del neutro efficace, ovvero nella regione in cui si ha Tali condizioni implicano mantenere bassa l’impedenza omopolare. Per fare ciò si dovranno collegare a terra i centri stella dei trasformatori nelle stazioni. Per i sistemi a neutro isolato i diagrammi mostrano una pericolosa condizione di risonanza in corrispondenza di X0/Xd = -2. Per quanto detto prima questo è il caso delle reti a neutro isolato in AT, dato che le MT hanno questo rapporto che vale circa -20. Le reti MT hanno perciò sovratensione nelle fasi sane pari alla tensione concatenata (e = sqrt(3)). 87. Principio di funzionamento della protezione direzionale di terra Le protezioni direzionali di terra, dette anche protezioni varmetriche, risultano essere in grado di identificare la linea, tra le tante in uscita dal secondario di un trasformatore AT/MT, sulla quale è avvenuto il guasto a terra. Tali protezioni controllano infatti la direzione della corrente di guasto monofase che percorre i montanti delle linee utilizzando come riferimento la tensione omopolare generata dal guasto stesso. Supponiamo il seguente guasto monofase a terra sulla fase 1 della linea A. Le correnti I_A2 e I_A3 sono però entranti nei conduttori di linea, non uscenti, e perciò le correnti saranno in ritardo e non in anticipo, rispetto alle rispettive tensioni stellate dopo il guasto. Lo stesso discorso vale per le correnti I_B2 e I_B3 e I_C2 e I_C3. Solo la potenza reattiva associata alla linea guasta avrà segno positivo, mentre le potenze misurate in corrispondenza delle linee sane saranno caratterizzate da un segno negativo. In una moderna rete di distribuzione, dove i flussi possono essere invertiti (generazione distribuita) queste protezioni che si basano sul flusso della potenza reattiva possono entrare in crisi. 88. Cosa è il Comitato Elettrotecnico Italiano È un’associazione senza fine di lucro che ha tra l’altro lo scopo di stabilire i requisiti che devono avere i materiali, le macchine, le apparecchiature e gli impianti elettrici perché essi rispondano alle regole della buona elettrotecnica. Fondato nel 1907 dall’Associazione Elettrotecnica Italiana (oggi AEIT). 89. Cosa è l’ARERA L’Autorità di Regolazione per Energia, Reti ed Ambiente, istituita nel 2018 a partire dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico. È un organismo indipendente, con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l’efficienza e la diffusione dei servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l’attività di regolazione e controllo. L’autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico rappresentò l’inizio della liberalizzazione del mercato dell’energia. 90. Differenza tra il contrassegno CEI ed il marchio IMQ Esistono due segni grafici corrispondenti a due diversi accertamenti della conformità del prodotto alle norme CEI: • Il contrassegno CEI viene applicato dal costruttore ai prodotti che, secondo il suo parere, corrispondono alle norme CEI. Si tratta quindi di una autocertificazione. Il CEI si riserva la facoltà di effettuare in qualsiasi momento la verifica della rispondenza alle norme del prodotto. • Marchio IMQ: su alcuni prodotti d grande serie, soprattutto ad uso domestico o similare, il costruttore può richiedere la concessione d’uso del marchio IMQ (Istituto Italiano del Marchio di Qualità). Queste viene concesso e mantenuto se sono soddisfatte le seguenti condizioni: ➢ Approvazione del costruttore, delle strutture produttive e di controllo. ➢ Approvazione del prototipo ➢ Controllo della produzione 91. Cosa è la marcatura CE Per evitare intralci agli scambi tra i membri della Comunità Europea, questa ha introdotto nel 1993 la marcatura CE. Un prodotto conforme alle prescrizioni di una direttiva europea deve portare il simbolo CE, qualora la direttiva lo preveda. È il costruttore ad apporre il simbolo CE dopo aver sottoscritto una dichiarazione che quell’apparecchio è conforme. 92. Cosa è il Servizio di maggiore tutela È il regime tariffario stabilito dall’ARERA. Ne fanno parte tutti coloro che non hanno mai cambiato fornitore. Per l’elettricità, il fornitore coincide con il distributore locale. 93. Di quali voci si compone la bolletta dell’energia elettrica (servizio di maggior tutela)? • Spesa per la materia energia: Composta da una quota fissa e una a consumo. Rientrano in questa voce anche i costi per le perdite di rete (10% del costo). • Costi di rete o spesa per il trasporto dell’energia elettrica e la gestione del contatore: sono i costi pagati per la trasmissione, distribuzione e misura dell’energia elettrica. Le tariffe per questo tipo di spese sono regolamentate dall’ARERA sia in caso di maggior tutela che di mercato libero. Quindi indipendentemente dal fornitore scelto questa voce sarà sempre la stessa. È composta a sua volta da 1. Quota fissa: indica i costi di trasporto e gestione del contatore indipendentemente dall’utilizzo dell’energia. 2. Quota potenza: si applica tenendo in considerazione la potenza utilizzata. 3. Quota energia: si considera la sola energia consumata. • Spesa per oneri di sistema: sono i costi per sostenere attività di interesse generale per il sistema elettrico. Prezzi definiti dall’ARERA. Composta da quota fissa (per non residenti) e quota energia. Una parte dei soldi della bolletta vengono raccolti e finiscono in un fondo utilizzato per le ricerche del settore, un'altra parte serve anche a finanziare lo smantellamento dell’infrastruttura nucleare. • Imposte: definite dalla normativa statale. 94. Differenza tra rifasamento distribuito e rifasamento concentrato La natura della stragrande maggioranza dei carichi è di tipo induttivo, ciò vuol dire che assorbono potenza induttiva (ovvero erogano potenza capacitiva). Per rendere palese l’importanza del fattore di potenza, si supponga di avere due utenze trifase in AC, con la medesima potenza attiva e allo stesso livello di tensione U_n ma con due fattori di potenza diversi. Il calcolo delle correnti efficaci assorbite è: Il raddoppio della corrente provoca sulla rete le seguenti conseguenze: • Maggiori perdite elettriche in linea secondo: • Maggiori cadute di tensione in linea: • Sovradimensionamento degli impianti di generazione, trasmissione e trasformazione che sono sempre dimensionati con riferimento alla potenza apparente. Distribuito: Ogni carico viene rifasato singolarmente e localmente. Ha come caratteristica il fatto che il condensatore di rifasamento viene utilizzato solo se il carico a cui è associato sta venendo effettivamente usato. Quando quel carico non viene usato, tale condensatore sta venendo “sprecato”. È perciò un rifasamento più costoso, ma migliore. Nel caso in cui si abbiano carichi caratterizzati da un fattore di potenza fisso e ben definito (per esempio corpi illuminanti con tubi fluorescenti) è opportuno rifasare i singoli carichi in modo da ridurre la corrente sulle linee che alimentano i singoli corpi illuminanti. Centralizzato: I carichi sono rifasati tramite un sistema centralizzato in rado di seguire le variazioni di potenza reattiva e che, tipicamente, controlla il fattore di potenza regolandolo entro i limiti 0.9 e 1. 95. Qual è la l’energizzazione che comporta il transitorio più gravoso per l’inserzione di condensatori di rifasamento, e perché? Supponiamo di alimentare una batteria di condensatori mediante un trasformatore MT-BT a sua volta connesso ad una rete caratterizzata da una certa potenza di corto circuito. Trascuriamo i parametri resistivi associati sia all’impedenza di corto circuito della rete sia alle perdite nel trasformatore. Tramite tali semplificazioni otteniamo il seguente circuito in cui L rappresenta l’induttanza equivalente di corto circuito in corrispondenza della sbarra a cui è connessa la batteria di condensatori (dato dalla somma dell’induttanza di corto circuito della rete riportata in bassa tensione e dall’induttanza di corto circuito del trasformatore riportata sempre in BT), C la capacità monofase equivalente della batteria di condensatori e u(t) la tensione ai capi della capacità C. La tensione di alimentazione è esprimibile senza ritardi perché supponiamo come istante iniziale del transitorio quello in cui la tensione impressa e(t) passa per lo zero. Trascurare i parametri resistivi è lecito perché ci interessano i valori di u(t) e i(t) solo nei primi istanti ovvero prima che lo smorzamento dovuto alla dissipazione di energia abbia effetto (ricordando che la soluzione a regime deriva dalla particolare e quella transitoria dalla soluzione omogenea): Supponiamo sempre k=1 come avevamo fatto per l’apertura del circuito nonostante in questo caso abbiamo dei veri e propri condensatori, non solo delle capacità parassite. La corrente all’istante iniziale è nulla per continuità con il regime precedente. Notiamo quindi che la tensione nel transitorio iniziale sui condensatori vale circa la tensione di alimentazione, si ha quindi un transitorio non troppo gravoso. Consideriamo invece ora il caso in cui l’inserimento dei condensatori viene fatto quando la tensione di alimentazione risulta massima. In tale caso il termine forzante è sfasato di 90 gradi perciò: Notiamo in questo caso un transitorio iniziale di notevole ampiezza, che comporta una energizzazione molto più gravosa. 96. Rifasamento dei trasformatori La potenza reattiva induttiva assorbita dai trasformatori è costituita da : I. Potenza reattiva di magnetizzazione del nucleo trasformatore Notiamo che tale potenza reattiva è sempre costante, indipendentemente dal valore della corrente assorbita dal carico, quindi anche a vuoto. II. Potenza reattiva assorbita dalle reattanze di dispersione degli avvolgimenti del trasformatore (reattanza di corto circuito). Tale potenza dipende dal valore della corrente assorbita dai carichi come segue: Il rifasamento di Q1 deve seguire l’andamento del carico poiché se si rifasamento con una potenza reattiva costante pari a Q1max si avrebbe un fattore di potenza in anticipo ogni volta che il carico fosse inferiore a quello nominale. 97. Cosa è un auto-produttore? La persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio, al quale si riconosce il diritto ad un aumento della tariffa incentivante del 5%. 98. Quali sono i valori indicativi di potenza che è possibile connettere sui diversi livelli di tensione della rete di distribuzione? Si definisce potenza in immissione richiesta come il valore della potenza in immissione complessivamente disponibile dopo gli interventi da effettuare senza che l’utente sia disconnesso, che corrisponde in genere alla potenza nominale dell’impianto, salvo i casi in cui l’utente sicuramente non immette in rete tutta la potenza prodotta. POTENZA (MW) Livello di tensione della rete <= 0.1 BT 0.1 – 0.2 0.2 – 3 (6 per impianti di produzione) 3-10 (Limite inferiore elevato a 6 per impianti di produzione) 10 – 100 impianti di utilizzazione 10 -200 impianti di produzione 99. BT MT MT MT AT AT Quali sono gli schemi di inserimento delle cabine di trasformazione nelle reti di media tensione? Lo schema classico di inserimento è quello in entra-esce, che consente la maggiore continuità di servizio in quanto la possibilità di controalimentazione riduce la durata della disalimentazione. 100. Disegnare lo schema elettrico di collegamento fra la cabina di consegna e l’impianto di utente Locale di consegna: dove sono installate le apparecchiature di manovra dell’ente distributore. Tale locale è in uso esclusivo al distributore e deve avere dimensioni tali da poter permettere una eventuale adozione successiva dello schema entra-esci. Locale di misura: locale in cui sono collocati i gruppi di misura. Entrambi questi locali devono avere l’accesso da strada aperta al pubblico, permettendo così l’intervento al personale autorizzato indipendentemente dalla presenza dell’utente. Locale d’utente: destinato a contenere il trasformatore e le apparecchiature di manovra e protezione MT e BT di pertinenza dell’utente. Qui è presente il DG (Dispositivo Generale) 101. Principali definizioni della materia Illuminotecnica Flusso luminoso: Quantità di luce (potenza) emessa da una sorgente luminosa o apparecchio di illuminazione trasdotta dall’occhio. Si misura in lumen [lm]. Efficienza luminosa: rapporto tra potenza luminosa irraggiata dalla sorgente di luce e la potenza elettrica assorbita [lm/W]. È legata all’economicità. Intensità luminosa, I: quantità di luce emessa in una certa direzione, definita dal rapporto tra il flusso luminoso infinitesimale emesso entro un angolo solido e lo stesso angolo solido. Si misura in candela [cd]. Illuminamento: è la quantità di flusso luminoso infinitesimo che incide su una superficie infinitesima normale ad esso. La sua diminuzione è pari al quadrato della distanza. Si misura in lux [lx]. Luminanza: è il rapporto tra l’intensità emessa da una sorgente luminosa in una data direzione e l’area apparente di quella superficie. La sorgente può essere primaria (emette luce) o secondaria (riflette luce). Si misura in nit [nit] = 1 cd/m^2 Fattori di assorbimento, riflessione e trasmissione: Quando un fascio di luce colpisce un corpo ad esempio una parete, una quota del flusso luminoso incidente viene assorbita in relazione alla natura del materiale costituente. Il fattore di assorbimento è definito come il rapporto fra questi due flussi. Fattore di riflessione: Se una parte del flusso incidente viene riflessa si definisce il fattore di riflessione Sorgente puntiforme: Quando le dimensioni della sorgente luminosa sono trascurabili rispetto a quelle della superficie da illuminare e/o alla distanza da questa. Solido fotometrico: è la rappresentazione tridimensionale del luogo delle intensità luminose emesse da una sorgente puntiforme in tutte le direzioni. Corpo illuminante: è l’insieme della sorgente luminosa e l’apparecchio che sfrutta in modo opportuno i fenomeni di diffusione, riflessione, rifrazione per alterare la distribuzione spaziale delle intensità luminose del solido fotometrico (la bajour delle lampade).