lOMoARcPSD|1230207 Totalitarismo - riassunto 13 capitolo - Le questioni dell'età contemporanea Sociologia della cultura (Università degli Studi di Catania) Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Matteo Palazzoni ([email protected]) lOMoARcPSD|1230207 13° CAPITOLO: IL TOTALITARISMO Il totalitarismo è un idealtipo che descrive in forma astratta e generale i caratteri di una formazione politica la cui natura è tratta dall’osservazione di alcuni concreti regimi politici formatisi in Europa nel corso del 20° secolo: il comunismo e il nazismo. Uno degli aspetti fondamentali del regime totalitario è il suo differenziarsi tanto dalle democrazie pluralistiche ma anche dai regimi autoritari. si differenzia da entrambe queste tipologie, poiché in un regime totalitario gli attori politici dominanti si impongono come gli unici soggetti dotati di una sovranità legittima. In un sistema totalitario il leader e il partito dominante vogliono plasmare la società secondo i propri ideali imponendo il loro dominio sulla vita pubblica e privata: il regime esprime la “vera” volontà delle masse, esibendo solo apparentemente ambizioni “democratiche”. In questo contesto in cittadini vengono più considerati come “sudditi”. Ogni regime totalitario vuole essere considerato anche come un fenomeno di rottura, o addirittura un fenomeno socialmente e politicamente “rivoluzionario”. E per realizzare questa trasformazione profonda della società, i leader del sistema totalitario sono pronti ad usare anche la violenza e il terrore sui cittadini/ sudditi. DEMOCRAZIE PLURALISTE Pluralismo dei partiti, delle opinioni e delle organizzazioni sociali cittadini. REGIMI AUTORITARI Potere di un solo partito o leader che però in forma minima tollera altri partiti o istituzioni autonome (Chiesa). cittadini. REGIMI TOTALITARI Non esistono altri partiti oltre quello dominante. Nessuna tolleranza verso qualsiasi forma di avversione al regime Sudditi. La prima formulazione del concetto di totalitarismo risale ad alcuni scritti antifascisti tra il 1923 e il 1926. Il primo fronte di critica è l’impianto antipluralistico del fascismo, secondo GIOVANNI AMENDOLA: Lo spirito “totalitario” non consente di vivere liberamente né la vita pubblica né quella privata, poiché entrambe sono condizionate da atteggiamenti e azioni quotidiane imposte dal regime. Mussolini fa proprio questo termine, nato per denigrare un progetto politico, e lo utilizza per indicare che il fascismo è totalitario perché è sintesi e unità di ogni valore, e sviluppa e potenzia tutta la vita di un popolo perché tutto è nello Stato. Il termine viene usato anche in Germania, con l’avvento del nazismo, e in Unione Sovietica, per il comunismo. Il paragone tra questi tre regimi inizialmente viene preso con riluttanza, per poi essere accettato sempre di più con il patto Molotov-Ribbentrop (1939). Tuttavia, il concetto di totalitarismo viene limitato nel caso sovietico in quanto l’Urss finisce per partecipare alla guerra antinazista. Il concetto entra definitivamente nei discorsi pubblici dell’ambiente sovietico con la caduta dei regimi fascista e nazista e l’inizio della guerra fredda. HANNAH ARENDT Durante il regime nazista in Germania sono molti gli intellettuali costretti a fuggire per la loro confessione ebraica, tra questi Hannah Arendt che, nella sua opera, descrive gli aspetti comuni di formazioni storiche nuove, complesse e diverse l’una dall’altra: il nazismo e il comunismo (il fascismo è escluso perché lo considera una forma di dittatura e non un regime totalitario). Nazismo e comunismo hanno un’essenza di matrice comune, e differiscono solo per aspetti marginali. Scaricato da Matteo Palazzoni ([email protected]) lOMoARcPSD|1230207 Secondo la Arendt il totalitarismo è una morfologia socio-politica dotata di una sua profondità storica che parte dalla crisi compresa tra la 1° guerra mondiale e il crollo economico dei primi anni 30, ma che si proietta già nella storia dell’800 tedesco ed europeo. L’analisi compiuta dalla Arendt si muove su un doppio piano, storico e tipologico: da un lato rintraccia le origini del totalitarismo nella nascita del moderno antisemitismo biologico e nell’imperialismo; dall’altro analizza le origini e la struttura dei movimenti e dei regimi totalitari. Questa nuova forma di antisemitismo ha più di un punto in comune con le culture e le pratiche dell’imperialismo: questa ideologia distingue i gruppi umani di razze superiori ed inferiori, esattamente come durante l’imperialismo si distingueva tra gli europei che andavano a colonizzare e le popolazioni extraeuropee dominate. Per mantenere questo senso di superiorità si ricorre all’oppressione, alla repressione e alla violenza verso quelle popolazioni che vanno “civilizzate” secondo i canoni occidentali. ESEMPIO: Lo stesso campo di concentramento nasce prima dell’esperienza nazista e staliniana, e risale al tempo delle guerre inglesi contro i boeri in Sud Africa (1880-1902). Sia per il nazismo che per il comunismo è fondamentale la capacità di mobilitare masse di individui duramente sfinite dalle situazioni economiche, sociali e politiche tremendamente difficili. L’ideologia comunista si fonda sull’idea di lotta di classe promossa dal movimento socialista europeo; l’ideologia nazista si fonda sull’idea della competizione tra razze nata dal nuovo razzismo biologico formatosi nel tardo XIX secolo. Ognuna di questa ideologia portano con sé 3 fondamentali componenti: 1- offrono spiegazioni integrali del passato, del presente e del futuro delle rispettive società, se non addirittura dell’intera umanità. 2- tendono a diventare indipendenti dalla realtà dei fatti e dall’esperienza concreta, cercando di piegarla ai propri principi. 3- Sono guidate da una forte logica deduttiva, che dipende dalla realtà che viene negata se non rispecchia la visione ideologica dominante o inglobata se invece la rispecchia: se la realtà va in contrasto con la visione ideologia, i regimi totalitari usano la tattica del “complotto” da smascherare e punire. Anche la struttura istituzionale di questi regimi è molto simile: in primo luogo abbiamo l’assoluta centralità del capo che ha poteri assoluti e in secondo luogo vi è il ricorso sistematico ad una violenza di tipo nuovo: è una violenza contro la stessa società che il movimento/regime totalitario vuole dominare, una violenza permanente volta a suscitare un terrore che induca tutti a piegarsi alla volontà del partito dominante e del suo capo. La realizzazione del terrore permanente ha bisogno dell’individuazione di un “nemico oggettivo” che possiede una qualche caratteristica, definita dal potere totalitario stesso, che va combattuta: una volta distrutto il nemico oggettivo ne vengono creati di nuovi affinché il regime totalitario abbia motivo d’esistere anche dopo la scomparsa di quello primordiale che lo ha fatto nascere ed instaurare Il regime totalitario diventa quindi un movimento la cui avanzata incontra sempre nuovi ostacoli che devono essere eliminati (ESEMPIO = Hitler dopo lo sterminio degli ebrei aveva già programmato lo sterminio del popolo polacco e di quelle categorie di tedeschi, malati mentali e handicappati, considerati inutili al progresso della società). - Coloro che vengono risparmiati da questo sistema sono spinti da una pulsione irrefrenabile a conformarsi alle condotte volute dal potere totalitario per non essere in futuro considerati come nemici interni. - Viene annullata totalmente la volontà dell’individuo che è portato a spezzare anche legami sociali pur di salvarsi ed evitare la “colpa per associazione” perché un loro amico viene accusato di qualcosa dal regime. Scaricato da Matteo Palazzoni ([email protected]) lOMoARcPSD|1230207 L’apoteosi del sistema viene realizzata nella costruzione del sistema dei campi di concentramento, in cui il sistema totalitario ha piena libertà d’azione e può astenersi da qualsiasi giurisdizione Ed è proprio lì che gli uomini perdono totalmente la loro identità e umanità, dove vengono cancellati dalla memoria e dal mondo. ……………………………………………………………. Nel corso del 20° secolo sono molti gli studi che affrontano la questione dei regimi totalitari. Nei lavori che praticano il metodo genealogico, l’attenzione si concentra soprattutto sul ruolo delle elaborazioni concettuali Sono due le interpretazioni principali che si confrontano: 1- una attribuisce la nascita del pensiero totalitario a modelli di filosofia politica 800esca. 2- l’altra colloca invece in aspetti diversi del pensiero illuminista le origini dei paradigmi concettuali che alimentano le esperienze totalitarie contemporanee. POPPER Nel 1945, il filosofo Karl Popper si concentra sulla teoria politica elaborata da Platone, e sul pensiero di Hegel e Marx. Nel loro pensiero Popper trova due elementi concettualmente “tossici”: L’UTOPISMO, ovvero l’identificazione di una società ideale alla quale la realtà dovrebbe uniformarsi. LO STORICISMO, ovvero l’idea di uno svolgimento necessario della storia della società determinato da principi immanenti. Ad esse Popper contrappone la società aperta, ovvero la moderna democrazia liberale fondata sul pluralismo e sul confronto delle idee, sulla centralità della rappresentanza, sulla prevalenza degli organi legislativi su quelli esecutivi. ADORNO ED HORKHEIMER Diversa è l’interpretazione di Horkheimer e Adorno, il cui oggetto di riflessione non è solo il totalitarismo o il nazismo, ma anche la decadenza della contemporanea società occidentale nel suo complesso. Paradossalmente, in questa epoca di progresso tecnico ed economico vissuta dall’Occidente vi è anche una terribile involuzione politico-culturale, connotata da una limitazione progressiva dell’autonomia critica e della libertà politica dei singoli individui: le loro strutture cognitive sono indebolite perché vittime dell’incantesimo del benessere e del consumo. Alla base del pensiero illuminista moderno sta l’idea di poter dominare pienamente le forze della natura, liberandosi così dagli incantesimi della fede e del mito in modo da aprire la strada verso un inarrestabile progresso. Il raggiungimento di questo obiettivo ha delle conseguenze: quella principale è il dominio dell’uomo sull’uomo. Questa dinamica trova molteplici espressioni: - può essere tradotta nelle modalità di produzione industriale, nello sfruttamento dei produttori, nella mercificazione dell’arte e della cultura, che favorisce un impoverimento intellettuale delle masse. - sollecita l’identificazione di capri espiatori collettivi (gli ebrei), la cui oppressione deve dare alle masse l’illusione di essere dalla parte giusta del processo (fra gli sfruttatori e i dominatori). TALMON Anche lo storico israeliano Talmon ritiene che le radici del male totalitario debbano essere investigate a Scaricato da Matteo Palazzoni ([email protected]) lOMoARcPSD|1230207 partire dalla filosofia illuminista. Tuttavia, a differenza di Horkheimer e Adorno, Talmon si concentra di più sull’esito comunista del pensiero illuminista. Inoltre, il suo riferimento all’illuminismo non è generico come quello dei suoi predecessori, ma si concentra su Jean-Jacques Rousseau e alla sua idea di un sistema politico monista legittimato solo da un’unica collettiva “volontà generale”. Ma questa “volontà generale” da cui nascono tutti gli organismi istituzionali di una nuova società politica, non ammette alcuna divergenza o contrasto nei confronti della maggioranza che esprime questa unica volontà generale. Percorsi concettuali come questi fondano l’idea di una possibile società politica appoggiata ad un monismo della maggioranza che non tollera alcuna dialettica politica. Lo studio di Talmon è un tentativo di dimostrare che accanto alla democrazia di tipo liberale nel 18° secolo sorse dalle stesse premesse una tendenza al totalitarismo. La differenza essenziale tra le due correnti di pensiero democratico (liberale e messianico-totalitaria) consiste nella loro diversa posizione rispetto alla politica: - Il pensiero liberale sostiene che la politica procede per tentativi ed errori, e considera i sistemi politici espedienti pragmatici ideati della mente e dalla libertà dell’uomo. - Inoltre, vi è una varietà di livelli nelle capacità individuali e collettive al di fuori della sfera politica. Il pensiero totalitario si basa sull’affermazione di una sola e assoluta verità politica: è definito messianismo politico poiché postula un insieme di cose preordinato, armonio e perfetto, verso il quale gli uomini sono spinti e al quale devono necessariamente giungere per riconoscere un solo piano di esistenza, la politica. BRZEZINSKI E ZBIGNIEW Zbigniew K. Brzeziński non usano un approccio genealogico nello studio dei totalitarismi. Essi prediligono una prospettiva sistematica, influenzata dal funzionalismo: vogliono costruire una definizione “modulare” dei sistemi politici totalitari, di cui individuano singole componenti costitutive, considerate inseparabili le une dalle altre. Gli elementi fondamentali della tipologia di questi due studiosi sono: 1)un sistema ideologico articolato in un corpus di dottrine che affrontano tutti gli aspetti fondamentali dell’esistenza Il presupposto necessario per questa ideologia totalitaria è la prefigurazione di una società nuova e perfettamente coerente con i principi ideali che animano il regime (società senza classi, purezza della razza): questa dimensione utopica è l’obiettivo che il regime si prefigge di raggiungere; 2) un partito unico, guidato da un solo capo, articolato in una ristretta area di militanti fedeli e convinti che organizza tutto il resto della popolazione in organizzazioni o associazioni dipendenti dal partito. La struttura interna del partito è gerarchica e le sue articolazioni direttive si intrecciano o sovrappongono alla burocrazia e alle istituzioni dello Stato; 3) il sistematico ricorso al terrore attraverso le polizie segrete autorizzare alla coercizione fisica e psicologica Il terrore colpisce sia gli avversari del regime sia gruppi che appartengono alla comunità politica sulla base di caratteristiche specifiche; 4) il completo controllo di tutti i mezzi di comunicazione di massa. 5) il completo controllo di tutte le attività produttive. Scaricato da Matteo Palazzoni ([email protected]) lOMoARcPSD|1230207 La tipologia di Friedrich e Brzeziński ha il vantaggio di essere facilmente applicabile, ma ha una grave debolezza: l’idea di immodificabilità di un regime totalitario che, secondo i due studiosi, può cadere solo ad opera di un intervento esterno. Questo modello si adatta bene al nazismo tedesco, ma non allo stalinismo. La trasformazione interna al regime sovietico, che dopo la morte di Stalin attenua il ricorso al terrore come strumento di governo, lo porta ad assumere i caratteri di un tradizionale autoritarismo. Questa evoluzione storica dell’Urss comporta una crisi della teoria del totalitarismo di Friedrich-Brzeziński tanto che dagli anni 60 del 20° secolo viene considerata definitivamente superata e soprattutto non applicabile ai fenomeni politici più importanti degli ultimi 40 anni del 900. Tra gli storici il concetto resta al centro di sperimentazioni e di lavori di ricerca. BERLIN E STERNHELL Gli storici Berlin e Sternhell, prendendo spunto dalla declinazione genealogica di questa teoria, hanno ricondotto le origini dei fascismi europei alla reazione anti-illuministica che ha avuto origine nella cultura politica europea del romanticismo primo-ottocentesco. Nelle rivisitazioni del metodo genealogico, la ricostruzione storica di lungo periodo sembra prestarsi ad analisi che danno conto solo di una delle manifestazioni del totalitarismo contemporaneo, ma non del fenomeno nel suo complesso. Anche nella sua declinazione modellistica, la teoria del totalitarismo ha continuato a offrire stimoli per l’analisi empirica di nazismo e comunismo, indagando sulle convergenze e divergenze nelle dinamiche politiche e nei rapporti di dominazione praticati dai due regimi. Per quanto riguarda il regime nazista, sin dagli studi di Mosse, gli storici hanno posto l’accento anche sugli elementi comunicativi, rituali e simbolici che contribuiscono alla costruzione del consenso sul regime di Hitler, al cui interno la violenza è una delle componenti predominanti. L’idea dell’imprevedibilità della violenza totalitaria (Arendt) può essere applicata per lo più al regime sovietico, poiché per il caso nazista ogni soggetto tedesco-ariano è al sicuro essendo tale, a meno che non si metta a contrastare il regime o appartenga a quelle categorie di persone considerate inutili al sistema (malati mentali, omosessuali, handicappati). Il meccanismo di aggressione attivato dal nazismo è molto prevedibile e discriminatorio: per questo suscita un sentimento di sicurezza in chi appartiene al gruppo dominante e le aggressioni verso i “diversi” non suscita orrore ma un’ulteriore rassicurazione e consenso verso il regime. ACQUARONE Il fascismo italiano ha rappresentato un modello per il nazismo, ed entrambi hanno ispirato altri paesi, (come Spagna e Portogallo) a creare dei regimi di estrema destra o governi collaborazionisti come la Francia di Vichy, i regimi ungheresi e romeni. Nel 1965, lo storico Alberto Acquarone ha ricostruito le trasformazioni istituzionali attraversate dallo Stato italiano dal successo del fascismo alla piena instaurazione del regime. Secondo Acquarone, il tentativo del fascismo-regime di costruire un regime totalitario è del tutto fallimentare poiché sono presenti delle lacune: l’autonomia dell’istituzione monarchica e della Chiesa cattolica, ma soprattutto la mancanza di organizzazioni efficienti che sostengano la struttura partitica del regime e la fascistizzazione della società italiana. COLLOTTI Anche Enzo Collotti, anni dopo, non riesce a collocare il fascismo in mezzo ai regimi totalitari, ma propone una nuova interpretazione basata sull’individuazione di una serie di caratteristiche comuni ai diversi Scaricato da Matteo Palazzoni ([email protected]) lOMoARcPSD|1230207 autoritarismi di destra (nazismo compreso) che si formano in Europa nella prima metà del XX secolo: rifiuto del meccanismo democratico parlamentare, l’opposizione forte al movimento operaio, la gerarchizzazione della società e dello Stato che si concentra sul leader carismatico, l’inclinazione imperialista e la massificazione militare della società civile. Collotti, infatti, per definire questi regimi non usa il termine “totalitarismi” ma li considera “fascismi”, termine che racchiude tutti i fenomeni che vanno dal fascismo italiano e dal nazismo tedesco all’austrofascismo, al franchismo e ai regimi collaborazionisti. DE FELICE Diversa è la posizione di Renzo De Felice, secondo cui alla metà degli anni 30 viene attuato un processo di “progressiva totalitarizzazione” del regime fascista che, sebbene non sia stato portato a termine, ne caratterizza l’esperienza per due aspetti: 1) la centralità della figura del capo (molto più accentuata nel fascismo che in altri regimi). 2) il dominio della politica economica (soprattutto dopo il 1929, che avvicina il fascismo agli altri due regimi totalitari). Ma non si devono però trascurare le differenze strutturali tra il fascismo e gli altri totalitarismi, tra le quali il diverso uso politico della violenza: il regime fascista non faceva ricorso sistematico al terrore di massa come gli altri due, e probabilmente per questo non riuscì mai a realizzare nessuno degli aspetti caratterizzanti un regime totalitario vero e proprio. GENTILE Emilio Gentile, invece, non ha nessun dubbio nell’inserire il fascismo tra i regimi totalitari. Gentile sostiene che il fascismo fu un esperimento politico nuovo generato dai conflitti della moderna società di massa. Due caratteristiche fondamentali gli appartengono: 1- il fascismo è stato il primo movimento a creare una religione politica, un pensiero mitico al potere. 2- il fascismo è stato il primo partito milizia a conquistare il potere in una democrazia liberale europea con l’obiettivo dichiarato di distruggerla per affermare il primato della politica su ogni altro aspetto della vita pubblica e privata. Propaganda del mito, azione violenta delle milizie, ruolo centrale del duce, intolleranza ad opinione diverse da quelle fasciste, sono tutti elementi che portano a considerare il fascismo come una variante del totalitarismo contemporaneo. Bisogna considerare però che il fascismo ha anche come peculiarità il contrasto interno tra fascismo autoritario e fascismo totalitario: il primo considerava il sistema realizzato fra il 1925 e il 1929 come uno Stato definitivo e compiuto; il secondo invece lo considerava come un primo stadio verso la costruzione di uno Stato integralmente fascista. Gentile ritiene che la spinta totalitaria sia quella dominate, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni 30. Il fascismo, secondo lo storico, è stato storicamente l’unico dei regimi a partito unico del 20° secolo che si è autodefinito come Stato totalitario, riferendosi con ciò alla sua concezione della politica e al suo regime di tipo nuovo. Ai suoi predecessori che consideravano un impedimento al compimento del totalitarismo la presenza della monarchia e l’autonomia della Chiesa cattolica, Gentile risponde che certamente queste, come la tensione interna, sono cause che hanno contrastato il processo totalitario ma che questo non ha impedito al fascismo di realizzarlo, anche solo in parte. Scaricato da Matteo Palazzoni ([email protected]) lOMoARcPSD|1230207 Ne è l’esempio la presenza di una religione fascista nonostante il Concordato con la Chiesa, e il fatto che nonostante, la presenza del re, era Mussolini ad avere il pieno controllo e i pieni poteri dello Stato in quanto Duce. Tanto che Gentile “attacca” l’esclusione del fascismo dai totalitarismi della Arendt, affermando che probabilmente la storica non ne aveva abbastanza di conoscenza sull’argomento. Inoltre escludere il fascismo solo per un uso più limitato della violenza non è una cosa considerabile, in quanto il regime fascista ha preferito usare altre misure di controllo dello Stato anziché il terrore degli altri regimi. Scaricato da Matteo Palazzoni ([email protected])