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GIACOMO LEOPARDI (1)

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GIACOMO LEOPARDI
VITA
Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798 a Recanati da una famiglia appartenente alla nobiltà
terriera. Lo scrittore viene inizialmente istruito da precettori ecclesiastici ma ben presto intorno ai
10 anni comincia a studiare da solo utilizzando la vasta biblioteca moderna del padre e imparando
in breve tempo il latino e greci e l'ebraico tra il 1809-1815 Leopardi realizza precocemente alcuni
lavori filologici, compone vaste opere di compilazione erudita, traduce classici latini e greci e scrive
una massa ingente di componimenti poetici e di tragedie. Questa vasta produzione intellettuale
riflette ancora la cultura ristretta e superata e che caratterizzava l'ambiente familiare e la tardato
mondo provinciale del suo paese natale. a partire dal 1815 si attua quella che Leopardi stesso
chiama la sua conversione dalle erudizioni al bello. Il poeta abbandona gli studi filologici e si
entusiasma per la lettura di autori classici come Omero, Virgilio e Dante. Comincia a leggere i
moderni come Rousseau, Alfieri, Goethe e Foscolo ed esprime opinioni negative nei confronti della
cultura romantica. La sua guida intellettuale è Pietro Giordani scrittore di orientamento classico ma
di idee democratiche e laiche. Nell'estate del 1819 Leopardi tenta la fuga dalla casa paterna ma
venne scoperto e fu costretto ad abbandonare il suo progetto. Segue un periodo di malinconia di
solitudine aggravato da un problema agli occhi, volte allo studio e la lettura. nel 1819 abbiamo il
passaggio dal bello al vero, dalla poesia di immaginazione alla filosofia. Comincia una fase di intese
sperimentazioni letterarie durante la quale Leonardi compone le sue poesie più belle: le Canzoni, gli
Idilli e lo Zibaldone. Nel 1822 ha la possibilità di uscire dalle Recanati e di far visita allo zio paterno
a Roma ma l'esperienza per lo scrittore diventa molto deludente poche gli ambienti letterari della
città li appaiono vuoti e meschini. ritornato alle Recanati nel 1823 gradualmente abbandona la
poesia per la composizione delle Operette morali (brevi prosi di argomento filosofico in cui Leopardi
descrive il suo tono ironico e satirico). Nel 1825 ottiene lavoro per l'editore Milanese Stella e può
lasciare la famiglia grazie a un assegno fisso per una serie di collaborazione. per alcuni anni soggiorna
tra Milano e Bologna per poi andare a Firenze stato dove trova un l'ambiente progressista e liberale.
Si trasferisce infine a Pisa dove ritrova l'ispirazione poetica e si dedica alla stesura hai cosiddetti
canti Pisano Recanatesi. Nel 1828 per problemi di salute è costretto a lasciare il suo lavoro Leopardi
torna a Recanati dove vive in totale isolamento. Con il sostegno di amici si trasferisce a Firenze. in
un anno l'autore stringe rapporti sociali e si innamora anche se non corrisposto della nobildonna
Fanny Targioni Tozzetti. questa delusione porta alla composizione di nuovi canti il "ciclo il Aspasia".
scrittore stringe rapporti con Paolo Ranieri con il quale si stabilisce nel 1833 a Napoli dove trova un
ambiente l'ambiente culturale ostile alle sue posizioni materialistiche. Leopardi muore il 14 giugno
1837 a Napoli.
LO ZIBALDONE
Giacomo Leopardi, lo Zibaldone. Nello Zibaldone Leopardi espone le teorie letterarie e filosofiche
sulle quali si fonda tutta la sua produzione in versi e in prosa, l'opera è una sorta di diario
intellettuale che Leopardi compone tra il 1817 e il 1832 ma che viene pubblicato soltanto nel 1898
sessant'anni dopo la sua morte. Il titolo deriva da una parola di etimologia incerta che significa
"mescolanza confusa di cose diverse" con riferimento alla sconfinata varietà degli argomenti
trattati, che sono proposti dall'autore, senza un criterio organizzativo a mano a mano che si
affacciano la sua mente in seguito alle meditazioni o alle letture. Nonostante il carattere
frammentario e asistematico lo Zibaldone costituisce un documento indispensabile per la corretta
comprensione del pensiero leopardiano. Nell'opera si possono infatti individuare legami e
corrispondenze strettissime con tutta la produzione dello scrittore. Proprio dalle riflessioni dello
Zibaldone si comprende che la visione della realtà che traspare dalle poesie e dalle prose
leopardiane prende le mosse dal al sensismo e dal materialismo settecenteschi da lì l'autore trae la
convinzione che la conoscenza derivi dall'esperienza dei sensi e che si possa conoscere soltanto ciò
che è materiale. Leopardi esclude che esistano idee innate, e rifiuta lo spiritualismo la concezione
secondo cui l’essenza dell'uomo risiede in un principio spirituale. Attraverso l'immaginazione però
è possibile levarsi al di sopra della molteplicità delle percezioni e dell'esistente. Le riflessioni di
Leopardi sulla natura e sulla felicità umana possono essere suddivise in due fasi successive: Nella
prima fase il poeta sostiene che la natura concepita come madre benigna offre le sue creature la
capacità di immaginare di illudersi ma il progresso della ragione ha precluso agli uomini moderni
questo rimedio che permetteva invece agli antichi di essere felici. La seconda fase del pensiero
leopardiano si sviluppa a partire dal 1824 ed elabora una diversa concezione della natura che vista
ora come un meccanismo indifferente alla sorte delle sue creature l'infelicità è considerata una
condizione assoluta e universale, che coinvolge tutti gli esseri in ogni tempo ma la ragione è
percepita ora come uno strumento per generare solidarietà tra gli uomini. Attraverso le pagine dello
Zibaldone inoltre è possibile ricostruire i principi essenziali della poetica leopardiana che prende
l'avvio dalla cosiddetta teoria del piacere, secondo questa teoria l'immaginazione è l'unica fonte di
piacere poiché offrono illusoria a pagamento al bisogno di infinito a livello poetico l'immaginazione
stimolata da immagini e suoni vaghi indefiniti capaci di evocare sensazioni che ci hanno affascinati
da fanciulli. La poesia È dunque il recupero della visione ingegnosa della fanciullezza attraverso la
rimembranza, maestri in questo tipo di poesie sono gli antichi mentre I Moderni disincantati e
infelici è possibile solo una poesia sentimentale che nasce dalla contemplazione della miseria umana
e dal rimpianto per un’armonia perduta. Nella polemica tra classicisti e romantici Leopardi si schiera
a favore dei primi, rimproverando i romantici italiani il predominio della ragione e l'aderenza al vero.
Egli tuttavia assume una posizione l'azione che si può definire di classicismo romantico, poiché
prende le distanze dal classicismo accademico e pedantesco mostrando un'ammirazione per i poeti
antichi che poggia sul vagheggiamento nostalgico tipicamente romantico di una dimensione ingenua
cioè non contaminata dalla razionalità.
CANTI
La produzione poetica di Leopardi è raccolta nei canti. L'opera è pubblicata per la prima volta a
Firenze nel 1831, poi a Napoli nel 1835 e infine nuovamente a Firenze nel 1845 otto anni dopo la
morte del poeta. Il titolo è indicativo carattere lirico e soggettivo di queste poesie caratterizzate da
un’estrema varietà dal punto di vista formale. Nel periodo compreso tra il 1818 e il 1823, Leopardi
scrive le canzoni. componimenti di impianto classicistico che riproducono lo schema metrico
tradizionale e adottano un linguaggio aulico e ricercato le prime canzoni sono composte tra il 1818
e il 1821. Esse affrontano termini di tipo civile e sono caratterizzate dal cosiddetto pessimismo
storico, che si traduce in una violenta critica contro l'età presente inerte e corrotta e nell'esaltazione
nell'età antiche generose e magnanime.
Nel Bruto minore e nell'ultimo canto di Saffo due canzoni risalenti agli anni 1821-1822 si delinea
l'idea dell'infelicità umana come condizioni assoluta imposto dal fatto maligno. In esse sono
protagonisti due celebri personaggi rispettivamente il romano Bruto, uccisore di Cesare e la
poetessa greca Saffo. Entrambi affermano la propria libertà commettendo suicidio considerato dal
poeta un gesto di titanismo eroico. Le ultime canzoni composte da Leopardi nel 1822-1823 si
concentrano sulla rievocazione nostalgica della civiltà antica e la celebrazione dell'immaginazione
umana. allo stesso periodo delle canzoni risalgono gli idilli tra cui è compreso anche l'infinito. In essi
compaiono tematiche autobiografiche, il linguaggio è semplice e musicale coerente con la poetica
del vago e indefinito secondo cui lo stimolo all'immaginazione proviene da ciò che è ignoto o
irraggiungibile ai sensi umani. Nella tradizione classica gli idilli erano brevi componimenti ambientati
in un mondo pastorale idealizza anche i testi Leopardi sono caratterizzati dalla brevità e la
descrizione di scene naturali ma la loro ispirazione è più intima e soggettiva. In ciascuno di essi
rappresenta un momento interiore e una riflessione sul tempo, sulla storia e sul destino degli
uomini. tra il 1828 e il 1830 dopo un silenzio poetico di quasi cinque anni Leopardi si dedica alla
stesura dei cosiddetti grandi idilli questi componimenti affrontano gli stessi temi dei primi dilli ma
con un diverso atteggiamento che si è soliti definire del pessimismo cosmico l'infelicità è considerato
una condizione comune a tutti gli esseri viventi in quanto effetto di una legge naturale universale e
immutabile tra i componimenti che appartengono a questa fase della produzione leopardiana vi
sono a Silvia La quiete dopo la tempesta il sabato del villaggio e canto notturno di un pastore errante
dell'Asia in essi la riflessione sull'esistenza umana è condotta con un contegno di distacco e di lucido
dominio razionale che consente al poeta di stabilire un equilibrio tra due spinte contrastanti da una
parte il caro immaginar il ricordo cioè delle illusioni giovanili e dall'altra il vero la consapevolezza
cioè dell'infelice condizione umana il linguaggio più pacato e la metrica libera dagli schemi strofici
tradizionali Leonardi costruisce infatti strofe in cui gli endecasillabi settenari si alternano
liberamente senza alcuno schema fisso è quella che viene chiamata canzone Libera leopardiana.
Dopo l'allontanamento definitivo delle Recanati nel 1830 Leopardi partecipa attivamente al
dibattito culturale del suo tempo e compone alcune opere di vasto impegno concettuale come la
palinodia al Marchese Gino Capponi in cui contrappone le proprie posizioni pessimistiche e
materialistiche alle correnti ideologiche dominanti con la loro esaltazione ottimistica del progresso
e le tendenze di tipo spiritualistico tra il 1833 e il 1835 Leopardi vive la deludente passione d'amore
per Fanny Targioni Tozzetti che ispira a Leopardi cinque componimenti del cosiddetto "ciclo di
Aspasia" tra cui a se stesso questi componimenti segnano il superamento della poetica del vago e
indefinito e vanno nella direzione di una poesia severa povera di immagini sensibili fatta di pensieri
espressi con un linguaggio astro, anti musicale e con una sintassi complessa e spezzata. Il
testamento poetico di Leopardi può essere considerata La Ginestra, un vasto un vasto poemetto
risalente al 1836. In esso il poeta si scaglia contro l'ottimismo cattolica e liberale come già aveva
fatto nella pallinodia ma senza più negare la possibilità di un progresso civile. Se gli uomini saranno
consapevoli del comune destino di sofferenza imposta tutti gli esseri viventi potranno unire i loro
sforzi non vincolo di solidarietà contro la natura nemiche e fondare una società più giusta e civile.
LE OPERETTE MORALI
Le operette morali sono prose di argomento filosofico, Leopardi le compone tra il 1824 e il 1832 e
le e le pubblica per la prima volta a Milano nel 1827 in un volume contenente 20 testi e poi a Firenze
nel 1834, con l'aggiunta di due dialoghi. l'edizione integrale dell'Opera che è composta da 24
operette, fu avviata dall'autore a Napoli nel 1835 ma venne interrotta dalla censura ecclesiastica,
Antonio Ranieri riuscirà a far pubblicare le opere in versione completa soltanto dieci anni più tardi
nel 1845 a Firenze. La scelta del titolo fornisce alcune informazioni fondamentali sull’opera, il
diminutivo operette infatti indica il taglio breve di questi testi ma anche la scelta di un tono più lieve
che faccia leva sul ridicolo sul comico e sull'ironia, l'aggettivo morali invece sottolinea che alla base
della scrittura vi è un forte impegno etico e civile. Si tratta di scritti di profonda sostanza intellettuale
in cui Leopardi utilizza le armi del ridicolo a fini seri, per spezzare i costumi, le idee correnti, gli
stereotipimentali della sua epoca e per combattere i pregiudizi ormai consolidati. In un passo dello
Zibaldone Leopardi indica come il suo principale modello il dialoghi di Luciano di samosata un autore
Greco vissuto circa tra 120 e 180 dopo Cristo, l'autore si richiama in questo modo un genere già
presente sin dall'antichità quello definito serio comico in effetti molte delle operette morali sono
dialoghi i cui interlocutori sono creature immaginose personificazioni, personaggi mitici o favolosi
come nel dialogo della natura di un islandese oppure personaggi storici come nel dialogo di plotino
e di Porfirio nell'opera si trovano però anche altri generi letterari ,alcuni testi assumono la forma
narrativa della fiaba o del racconto filosofico settecentesco ma sono presenti anche prose liriche
raccolte di aforismi paradossali e discorsi di impostazione classica. Tutte le operette si concentrano
intorno ai temi fondamentali del sistema filosofico leopardiano, la teoria del piacere desiderato e
mai raggiungibile, l'indifferenza della natura di fronte agli esseri viventi, il potere dell'immaginazione
delle illusioni, la polemica contro il mito del progresso e l'importanza di affrontare con coraggio il
destino dell'infelicità. L'atteggiamento dell'autore non è inquadrabile in una posizione stabile e
coerente, il pensiero che emerge dalle operette oscilla tra la sfiducia nella possibilità di un futuro
migliore e la valorizzazione di una vita intensa e piena. Su ogni considerazione espressa si posa uno
sguardo ironico anche sulle riflessioni più drammatiche. Il linguaggio è sempre vivace scorrevole e
funzionale. Leopardi rifiuta di informarsi a un rigido modello purista e accoglie le migliori soluzioni
derivanti da tutti i registri dell'italiano antico e moderno, ne deriva un'estrema mescolanza di stili
che caratterizza l'opera.
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