VITA Giacomo Leopardi: • Nasce a Recanati (Marche) nel 1798 da una famiglia nobile • Riceve un’educazione molto rigida • È insofferente verso i luoghi dove è cresciuto, forse a causa dello studio matto e disperatissimo in cui si immerge il poeta negli anni giovanili (come lo stesso Leopardi racconta) • Nel 1825 viaggia per l’Italia, poi ritorna a casa per ragioni di salute • Nel 1830 va a vivere a Firenze dove muore nel 1837 PENSIERO POLITICO E RELIGIOSO Nel componimento A Silvia si trova uno dei concetti più importanti del pensiero leopardiano: il pessimismo cosmico, l'idea che l’infelicità fa parte della vita dell’uomo, il quale è quindi destinato a soffrire per il resto della sua esistenza. COMPONIMENTI A Silvia è un canto composto a Pisa nel 1828, dedicato a una ragazza che il poeta conobbe realmente, Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta di tisi nel 1818. Nella fantasia del giovane Leopardi, Silvia è soprattutto il simbolo della speranza, della giovinezza, fatta di attese, illusioni e delusioni. A Silvia non rappresenta quindi una commemorazione funebre, e non è una canzone per Silvia, quella ragazza che ormai non c’è più. Si tratta in realtà di una confessione del poeta, ed è quindi costruita come un dialogo con Silvia. Il canto si divide in due parti: la prima parte ha carattere rievocativo, incentrato sulla poetica della memoria (i ricordi), la seconda parte ha carattere riflessivo (il poeta riflette, pensa). ANALISI 1. Nella prima strofa, il poeta rievoca la giovane donna chiamandola per nome “Silvia” all’inizio (al verso 1) e ripretendendone il nome con il verbo “salivi”, alla fine (al verso 6). Leopardi, infatti, gioca sulla ripetizione della “s”, della “l”, della “v”, il poeta chiama e ricorda il nome di Silvia. 2. La seconda strofa rappresenta la vita di Silvia, ricordata nella stagione primaverile, che rimanda alla serenità e alla leggerezza della giovinezza. Ella lavora al telaio, canta e immagina speranzosa il futuro. 3. Con la terza strofa inizia il confronto tra la giovane e il poeta: Leopardi descrive la propria giornata adolescenziale, affiancandola a quella di Silvia, impegnata nelle attività menzionate nella seconda strofa (la tessitura, il canto). Al verso 16 si rintraccia una metonimia nelle <<sudate carte>> (la metonimia in questo caso è la: materia/oggetto, “carte” sta per i libri o per le pagine dei libri composti di carta ma anche l'aggettivo “sudate” scambia la causa, la fatica dello studio, con l'effetto, il sudore), gli studi del poeta sono così faticosi da far sudare. La strofa si conclude con una sensazione che Leopardi non può esprimere a parole: le parole umane infatti - dice il poeta - non sono capaci di restituire i sentimenti e le speranze che egli aveva provato in quel periodo. A Silvia Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieta e pensosa, il limitare di gioventù salivi? Silvia ricordi ancora quel tempo della tua vita mortale, quando la bellezza risplendeva nei tuoi occhi sorridenti e fuggitivi e tu, felice e pensierosa, eri sul punto di superare la soglia della giovinezza? Sonavan le quiete stanze, e le vie d'intorno, al tuo perpetuo canto, allor che all'opre femminili intenta sedevi, assai contenta di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi così menare il giorno. Risuonavano le tranquille stanze e le strade circostanti al tuo ininterrotto canto quando tu eri intenta nei lavori tipicamente femminili sedevi assai felice di quel futuro indeterminato e desiderato che sognavi. Era il mese di maggio ricco di profumi: e tu eri solita trascorrere così le tue giornate. Io gli studi leggiadri talor lasciando e le sudate carte, ove il tempo mio primo e di me si spendea la miglior parte, d’in su i veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce, ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. … Io abbandonando a volte gli studi piacevoli e i libri faticosi da studiare, dove si consumava il tempo della mia giovinezza e la parte migliore di me, dai balconi della casa di mio padre porgevo gli orecchi al suono della tua voce, e a quello della tua mano veloce che con fatica tesseva la tela.