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vincenzo garofalo

Vincenzo Garofalo
Vincenzo Garofalo ( 10 aprile 1960, Scicli - Scilla (RC), 18 gennaio 1994) è stato un appuntato dell'Arma dei
Carabinieri in servizio al Nucleo Radiomobile della Compagnia di Palmi. Venne ucciso assieme al collega
Antonino Fava con colpi di kalashnikov sparati da un commando di 'ndranghetisti su commissione di Cosa
Nostra.
Il patto segreto tra Ndrangheta, Cosa Nostra e massoneria per la strage dei carabinieri
C'era anche la 'Ndrangheta con Cosa nostra quando, a partire dell'ottobre del 1993 e fino all'inizio del 1994,
fu messa in atto una strategia stragista contro l'Arma dei carabinieri. Diventati bersagli per vendicarsi del
colonnello Mori e del capitano De Donno
Da notizie.tiscali.it
Il patto segreto tra Ndrangheta, Cosa Nostra e massoneria per la strage dei
carabinieri
di Guido Ruotolo
Giuseppe Graviano, il capomafia del mandamento di Brancaccio, Palermo, in quei giorni di gennaio del 1994
era radioso. Al bar Doney di via Veneto, a Roma, incontrandosi con Gaspare Spatuzza, diventato poi
pentito, disse che avevano il Paese in mano. E disse anche che «bisognava dare un colpo di grazia allo Stato,
e che i calabresi si erano già mossi». A cosa si riferiva Graviano? Alla Ndrangheta che aveva condiviso la
strategia stragista contro i carabinieri, alle riunioni congiunte di Cosa nostra con la Ndrangheta tenute nella
piana di Gioia Tauro, nelle campagne di Melicucco, e nel vibonese, a Nicotera Marina. La 'Ndrangheta,
confida Graviano nei primi giorni del 1994 a Gaspare Spatuzza, si mosse per prima. Nella notte tra l'1 e il 2
dicembre 1993, in località Sarcinello di Reggio Calabria, una mitraglietta M12 aprì il fuoco contro una
pattuglia dei carabinieri, ferendo due militari. Il 18 gennaio del 1994, all'altezza di Scilla sull'autostrada
Salerno-Reggio Calabria, la stessa mitraglietta uccise due carabinieri, Antonino Fava e Giuseppe Garofalo. Il
primo febbraio, altri colpi della stessa arma da fuoco ferirono altri due carabinieri, sempre a Reggio
Calabria. Il 27 gennaio del 1994, intanto, i due fratelli Graviano furono arrestati. In queste ore vengono
eseguite due ordinanze di custodia cautelare una in carcere, nei confronti di Giuseppe Graviano, boss di
Brancaccio (Palermo) ed esponente di vertice di Cosa nostra (già detenuto), e l'altra è eseguita nei confronti
di Rocco Santo Filippone, capo della Ndrangheta che fa riferimento alla potente famiglia Piromalli di Gioia
Tauro. I due rappresentanti di Cosa nostra e della Ndrangheta sono accusati di essere i mandanti del
duplice omicidio e dei due tentati omicidi nei confronti dei carabinieri. Attentati avvenuti nella provincia di
Reggio Calabria. Dunque, c'era anche la 'Ndrangheta con Cosa nostra quando, a partire dell'ottobre del
1993 e fino all'inizio del 1994, fu messa in atto una strategia stragista contro l'Arma dei carabinieri.
Diventati bersagli per vendicarsi del colonnello Mori e del capitano De Donno, ritenuti inaffidabili e nemici
avendo intavolato - secondo i capi di Cosa nostra - una trattativa il cui unico risultato fu la cattura il 15
gennaio del 1993 del Capo dei capi, Totò Rina. Quell'offensiva contro i carabinieri doveva culminare con la
strage allo stadio Olimpico di Roma, che doveva uccidere il maggior numero di carabinieri, il 22 gennaio del
1994. Ma il congegno di accensione dell'autobomba non si azionò. L'inchiesta reggina mette a fuoco solo
uno spezzone di un film che si apre con la decisione della Cassazione di condannare al carcere a vita i capi
mafia del maxiprocesso. Anzi con l'omicidio del sostituto procuratore della Cassazione, Antonino Scopelliti,
9 agosto 1991, a Villa san Giovanni. Scopelliti doveva svolgere la requisitoria contro i capimafia in
Cassazione. E che si concluderà con l'attentato al pentito Totuccio Contorno, il 14 aprile del 1994.
L'inchiesta di oggi si limita al coinvolgimento della Ndrangheta nella offensiva stragista di Cosa nostra
contro i carabinieri. Ma ci sono indagini anche sull'omicidio Scopelliti, che potrebbe essere stato ucciso per
un favore chiesto dai palermitani alla Ndrangheta. Ma forse qualcosa in più e più coinvolgente. Secondo la
Procura di Reggio Calabria, protagonisti della stagione stragista non furono soltanto Cosa nostra e
Ndrangheta: «Sullo sfondo appare chiara la presenza di suggeritori occulti da individuarsi in schegge di
istituzioni deviate, a loro volta collegate a settori della P2 ancora in cerca di rivincite». La posta in gioco
dell'offensiva contro i carabinieri, ricostruiscono gli inquirenti reggini grazie anche al contributo di un
centinaio di collaboratori di giustizia, «era la necessità, per le mafie, di partecipare a quella complessiva
opera di vera e propria ristrutturazione degli equilibri di potere in atto in quegli anni. E tale strategia
appariva condivisa da schegge di istituzioni deviate da individuarsi in soggetti collegati a Servizi di
informazione che ancora all'epoca mantenevano contatti con il piduismo. La stessa idea di rivendicare con
la sigla Falange Armata le stragi mafiose e vari delitti compiuti dalle mafie fra cui gli attentati alle pattuglie
dei carabinieri nella provincia reggina, è da farsi risalire a suggeritori appartenenti ai servizi d'informazione
dell,epoca, nei cui confronti le indagini proseguiranno». Le indagini della Procura Antimafia di Reggio
Calabria, coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, della squadra mobile reggina e
dell'Antiterrorismo hanno riscritto la storia martoriata dell'Italia di quegli anni. Per un quarto di secolo,
quella fase storica era stata circoscritta solo alla decisione dei Corleonesi di cambiare cavallo, nei rapporti
con la politica (l'omicidio il 12 marzo del 1992 dell'eurodeputato andreottiano Salvo Lima è stato il segnale)
e con la giustizia (Falcone e aborsellino prima e poi le stragi di Roma, Firenze e Milano come ritorsione
contro il carcere duro, il 41 bis). L'inchiesta di Reggio Calabria sembra dirci che c'è anche dell'altro. Che le
mafie volevano una classe politica loro diretta emanazione. Quando entra in campo anche la Ndrangheta
qualcosa cambia. Secondo la Procura di Reggio, la mafia calabrese «risultava particolarmente inserita in
quei rapporti con la destra eversiva e la massoneria occulta, proprio in quel periodo stravista in cui
entrambe le organizzazione sostennero il disegno federalista attraverso le leghe meridionali».
26 luglio 2017