9 Appunti per una storia archeologica dell’Alto Casentino Parte Ia ‒ Il territorio della diocesi di Fiesole dalla preistoria all’età romana di Andrea Biondi Premessa * L’obiettivo di questo contributo suddiviso in due parti è quello di tracciare una sintetica storia archeologica dell’Alto Casentino facente parte dell’attuale territorio della diocesi di Fiesole, dalle origini preistoriche fino al XV secolo. Sono stati realizzati, quindi, due articoli che, ponendo la fine dell’Impero Romano come spartiacque, si sono concentrati su alcuni siti ritenuti particolarmente indicativi allo scopo prefissato e che, allo stesso tempo, fossero caratterizzati da lunghe frequentazioni umane che illustrassero in modo esteso significativi momenti di Storia del territorio diocesano. Si sono utilizzati dati, conclusioni e ipotesi frutto di circa trenta anni di ricerca archeologica condotta nel territorio da parte della Cattedra di Archeologia Medievale degli Studi di Firenze, della Soprintendenza Archeologica per la Toscana, del Gruppo Archeologico Casentinese (di seguito GAC) e da altri enti e cooperative nella certezza che l’archeologia, partendo da dati materiali, porti ad una maggiore conoscenza di tutte quelle vicende umane e storiche che, non aiutate da una registrazione scritta e conosciute, spesso, solo attraverso aneddoti leggendari, sarebbero destinate all’oblio o ad una scorretta trasmissione. Questa prima parte si concentrerà in modo sintetico dalle origini preistoriche, agli Etruschi fino ad arrivare alla presenza romana nel Casentino fiesolano con una focalizzazione su alcuni siti principali: Poggio Bombari (Comune di Castel San Niccolò), Masseto (Comune di Pratovecchio Stia), il Lago degli Idoli sul Monte Falterona (Comune di Pratovecchio Stia), Serelli (Comune di Pratovecchio Stia), la Pieve di Romena (Comune di Pratovecchio Stia) e gli insediamenti delle colline di Porciano (Comune di Pratovecchio Stia). Nel prossimo contributo, invece, verranno approfonditi ed illustrati l’alto e il basso Medioevo fino alle soglie dell’Età Moderna. Le origini e la Preistoria Il bacino del Casentino, formatosi tra la fine del Pliocene e l’inizio del Quaternario (circa 5 milioni di anni fa), vide la scomparsa definitiva del lago che in esso si era formato tra il Pleistocene Superiore e l’Olocene (tra 120.000 e 10.000 anni fa). A testimonianza di queste più antiche fasi di esistenza della vallata sussistono alcuni fossili ritrovati a Bibbiena di elefanti (Elephas meridionalis), ippopotami (Hippopotamus antiquus) e bovidi (Bos primigenius)1. Le prime tracce della presenza umana in Casentino, inseribili tra il Paleolitico Medio ed Inferiore (tra i 700.000 e i 10.000 anni fa), conosciute grazie alla trentennale attività del GAC nell’ambito di numerosi siti di superficie ma, purtroppo, non ancora da scavi archeologici di profondità, si fanno risalire al periodo Acheuleano (facies culturale di Homo erectus, nella sua variante europea di Homo heidelbergensis) collocabile tra i 700.000 e i 130.000 anni * Si desidera ringraziare Massimo Ducci, Presidente del Gruppo Archeologico Casentinese, e Francesco Trenti, Direttore del Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni”, per la disponibilità e la cura nella revisione del testo e per la concessione della pubblicazione delle immagini. Localizzazione dei principali siti citati fa. Il Paleolitico Medio con l’Uomo di Neanderthal (Homo neanderthaliensis) e la sua facies culturale specifica, il Musteriano, sono un primo momento di consistente presenza umana rinvenuta archeologicamente in diocesi di Fiesole, testimoniata da numerosi rinvenimenti di industrie litiche (soprattutto punte e raschiatoi). Una minore presenza, al contrario, va segnalata per il territorio diocesano fiesolano per la nostra specie (Homo sapiens) che risulta scarsamente rilevabile prima del Mesolitico (salvo, ad esempio, le sporadiche selci del Monte Falterona presso il Lago degli Idoli, che ne attestano una frequentazione a partire da circa 10.000 anni a.C.2). Per quanto riguarda il Mesolitico si riporta il sito dei Bagni di Cetica sul Pratomagno caratterizzato dal ritrovamento di una ventina di strumenti in pietra. Prima della tarda Età del Ferro (XII-VIII secolo a.C.), infine, le vicende umane archeologicamente rilevabili nella diocesi di Fiesole sono veramente scarsissime ma, tale circostanza, sarebbe imputabile non ad un assenza effettiva di insediamenti, ma ad una minore ricerca dovuta, in gran parte, al fatto che gli abitati attuali andrebbero a sovrapporsi ai contesti di più antica antropizzazione3. Età Arcaica ed Etruschi Le origini del popolamento storico del Casentino sono state date di volta in volta a Liguri, Umbri e Etruschi da parte di una quantità innumerevole di autori i quali, basandosi su dati essen- 10 disposizione per l’Alto Casentino fiesolano andando dal VIII al III/ II secolo a.C. attraverso le fasi etrusche più arcaiche ed arrivando fino a quelle tardo repubblicane di epoca romana. Durante gli scavi sono state rinvenute le fondazioni di diverse strutture di cui, una, designata con la lettera “A”, era composta da un unico ambiente rettangolare di 4,4x6,3x5,5x7,3 m, presentava una base in pietre di arenaria e un elevato in palificazioni lignee e mattoni di argilla. La copertura del tetto, infine, doveva essere realizzata in tegole di laterizio8. Il Lago degli Idoli Planimetria e foto della struttura “A” del sito archeologico di Masseto presso Pratovecchio. zialmente glottologici, toponomastici e letterari (tra cui si citano le tradizioni scritte di Polibio e Plinio il Vecchio), hanno elaborato diverse teorie in proposito4. Sulla ipotetica presenza valligiana dei Liguri, che avrebbero preceduto storicamente Umbri ed Etruschi in Casentino, attualmente vi è un’effettiva assenza di dati archeologici e toponomastici. Per quanto riguarda gli Umbri, popolazione pre-romana collocabile lungo la dorsale appenninica marchigiana ed umbra e sulla riva destra del Tevere lungo la Valtiberina a partire dall’Età del Ferro, una loro compresenza con gli Etruschi sarebbe confermata archeologicamente per il Casentino a partire dal VI secolo a.C. in base a dati provenienti dai siti di Poggio Bombari e Poggio Santi Pagani, entrambi nel Comune di Castel San Niccolò, e da quelli di Ommomorto e Poggio Alto nel Comune di Pratovecchio Stia5. A proposito del sito di Poggio Bombari, scavato a più riprese da M. Parenti (1995) e dal GAC (1997) sotto la direzione di L. Fedeli della Soprintendenza Archeologica, ha restituito reperti che testimonierebbero contatti tra il mondo etrusco e quello umbro in Età Arcaica (VI-V secolo a.C.) tra cui, fondamentali, il bucchero etrusco ed alcuni frammenti ceramici molto simili a produzioni picene ma con confronti anche in contesti romagnoli ed umbri di ambito appenninico, all’interno, tra le diverse strutture, di una capanna di forma ellittica di circa 20 m di diametro, impostata su muretti a secco e con un elevato in mattoni di argilla. La copertura era infine assicurata da materiali deperibili come frasche o paglia. Stando a questi dati, confortati anche dalle più recenti ricerche in altri siti, le attuali teorie del GAC confermerebbero che “nessuna delle ipotesi fino ad oggi pronunciate si possa escludere completamente, e che nei primi secoli del millennio antecedente la nascita di Cristo la nostra fu sicuramente una zona d’incontro tra queste antiche popolazioni, lungo una linea di demarcazione tra mondo umbro ed etrusco niente affatto definita, ma variabile nel tempo”6. A partire dai risultati degli scavi del GAC in ormai un trentennio di attività, si può stabilire una presenza certa e provata degli Etruschi nel Casentino fiesolano a partire dall’Età Classica (V-IV secolo a.C.) che si sarebbe impostata su un substrato culturale umbro in un momento avanzato del processo di etruschizzazione della Toscana nord-orientale e nell’ottica di una penetrazione anche nella Pianura Padana attraverso i valichi appenninici7. Tale fenomeno avrebbe portato ad una conseguente fioritura di numerose vallate appenniniche (come il Casentino e la Valdichiana), di centri minori (come Poppi) e di città (sedi di lucumonie, e cioè di principi etruschi, come Fiesole e Arezzo). Contemporanea alla prima frequentazione del già citato sito di Poggio Bombari e degli altri in elenco, sarebbe quella di Masseto, nel Comune di Pratovecchio Stia, il quale, aperto nel 1985 dal GAC e successivamente scavato dalla Soprintendenza Archeologica fino al 2001, ha fornito una delle più lunghe cronologie a nostra Uno dei siti principali che caratterizzano il paesaggio archeologico dell’Alto Casentino fiesolano è quello del Lago degli Idoli (a 1380 m s.l.m e noto, precedentemente al XIX secolo, come Lago della Ciliegeta). Questo, dopo il primo casuale rinvenimento nel maggio 1838 e la successiva esplorazione del biennio 1838-399, è attualmente la più grande stipe votiva del mondo etrusco mai rinvenuta10. Nel 1972 fu fatto un nuovo scavo da parte della Soprintendenza Archeologica diretto da F. Nicosia anche nella speranza di rinvenire tracce di un ipotetico tempio presso le rive del lago. L’indagine definitiva del sito, caratterizzato oggi da un piccolo bacino lacustre a sud di Capo d’Arno e della vetta del Monte Falterona e frutto di un progetto di recupero archeologico – ambientale, si colloca tra il 2003 e il 2007 sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica Regionale per la Toscana ma che vide il fondamentale finanziamento con fondi regionali dell’Unione dei Comuni Montani del Casentino (l’allora Comunità Montana) e l’impiego degli archeologici della Società Cooperativa Archeologica Co. Idra e dei volontari del GAC. Quest’ultima fase, aldilà della cospicua quantità di materiale archeologico rinvenuto, ha permesso di contestualizzare in modo definitivo la frequentazione del sito tra la fine del VI secolo a.C. e un periodo compreso tra la Tarda Repubblica e il primo Impero (I secolo a.C.), ma ne ha altresì specificato il ruolo religioso e cultuale tra il VI e il IV secolo a.C.. Tale differenziazione deriva, soprattutto, dal fatto che il santuario si andasse a collocare presso un passo viario naturale e, in aggiunta, il lago fosse percepito come sacro. Le indagini hanno previsto lo scavo sistematico dell’invaso del lago con il recupero del materiale tralasciato dai lavori ottocenteschi e, inoltre, anche analisi polliniche, stratigrafiche e geomorfologiche per il ripristino, oltre che del bacino lacustre, della flora delle sponde dello specchio d’acqua durante il periodo etrusco. Se si considera la totalità dei reperti rinvenuti tra il 1838 e il 2007 si arriva a numeri considerevoli: centinaia di bronzetti, più o meno integri, diverse centinaia di pezzi di parti anatomiche e oggetti in bronzo (tra busti, occhi, braccia, mammelle, gambe, piedi, figure di animali e fibule), ceramica, migliaia di frammenti di armi in ferro (tra frecce, spade, asce e lance), circa 4500 tra monete e frammenti di queste, suddivise in pezzi di aes rude (pezzi di bronzo irregolare usati come rudimentale moneta), aes signatum (pezzi di bronzo fuso di forma generalmente ovoidale con rozzi segni indicanti il valore) e aes grave (la prima vera moneta, di epoca, probabilmente romana). In epoca etrusca, quindi, e soprattutto a partire del VI secolo a.C., il Casentino sarebbe stata una zona tutt’altro che isolata fungendo, anzi, da vera e propria cerniera di comunicazione tra l’Etruria propria e l’Etruria Padana. Da questo punto di vista l’area si sarebbe alla viabilità etrusca di valico attraverso il Monte Falterona e i suoi contrafforti. Questa, sviluppandosi in relazione all’idrografia dell’Arno e dei suoi affluenti maggiori e localizzandosi soprattutto sulla riva destra dell’Arno, una volta aggirata l’ampia ansa non percorribile tra Stia e Capo d’Arno e attraversato il torrente Staggia, sarebbe continuata in direzione nord/ nord-est, proseguendo direttamente per Papiano, Montalto, Lago, Vitareta, Bocca Pecorina, Montelleri, Lago degli Idoli, Capo d’Ar- 11 no, il Passo delle Crocicchie e la Fonte del Borbotto ricongiungendosi ai tracciati della bassa Val di Sieve, del Mugello e della Romagna11. A testimonianza dell’importanza del sito e del monte Falterona come antichissimo punto di passaggio per superare l’Appennino c’è, come già accennato, anche il ritrovamento anche di strumenti litici di epoca preistorica12. Il ritrovamento, inoltre, di raffigurazioni in bronzo di animali, secondo alcuni autori alluderebbe alla transumanza passante dai valichi poco distanti dallo specchio d’acqua sacro13. Un altro aspetto che caratterizza il sito è quello del rapporto intercorrente tra l’acqua e i significati rituali e simbolici ad essa riferiti. La collocazione anche di altre stipi etrusche nella vallata casentinese, non a caso, si concentrerebbe lungo le principali arterie viarie ma risulterebbe essere costantemente in collegamento a sorgenti, torrenti e piccoli laghi per cui si presumerebbe che, nella maggior parte dei casi, queste fossero dedicate al culto delle acque. Il ritrovamento degli oggetti votivi sul fondo del bacino lacustre ha visto fin da subito diversi tentativi di interpretazione del tipo di culto che vi si praticasse, legati all’origine dei manufatti ivi rinvenuti e alla spiegazione simbolica e culturale di questi ultimi. Il connubio tra l’asse viario attraversante il Falterona e l’acqua del Lago degli Idoli verrebbe ulteriormente ribadito da una parte dall’importanza delle proprietà benefiche di quest’ultima (testimoniata, in associazione alla pratica della sanatio e al ruolo magico, terapeutico e religioso conferito alle acque dagli antichi, dalla numerosa oggettistica rituale anatomica secondo modelli molto diffusi nell’Etruria Settentrionale)14 e dall’altra dal ritrovamento di bronzetti di influenze culturali molteplici, dalla Etruria propria, all’Etruria Padana fino a modelli umbri e greci15. Esistono, infine, diverse tesi relative alla dedica della stipe del Lago degli Idoli: Hercules Salutaris16, Menerva (Minerva), Apollo, Esculapio, Fons (Fonte, il figlio del dio Giano), le Ninfe, Silvano, Giuturna (Juturna, Diuturna) e Nethuns (Nettuno)17. Ma sono soprattutto alcune particolari attribuzioni ad entità femminili a suscitare particolare interesse. Tra queste vi sono: la Potnia Theron (Signora degli Animali), la Luna (Diana, Tiiur) e le kourotrophos (raffigurazioni fittili femminili dedicate dalle donne in maternità a divinità muliebri)18. Tra il V e il IV/III secolo a.C., infine, il popolamento etrusco dell’Alto Casentino fiesolano sarebbe stato caratterizzato da piccoli abitati sparsi di pianura (lungo i principali corsi d’acqua) e di mezzacosta nella forma di villaggi e insediamenti agricoli (come Poggio Bombari, Masseto, Poggio Santi Pagani, Ommomorto e Poggio Alto) probabil- Marte o guerriero rinvenuto presso il sito del Lago degli Idoli (h 7,1 cm) di probabile produzione umbro-meridionale. Bronzo, primi decenni del V sec. a.C., conservato al Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni”. mente controllati da gruppi aristocratici locali su cui si impiantarono, successivamente al III/II secolo a.C., i siti romani, e da santuari, come quello del Lago degli Idoli, posizionati lungo le principali arterie di comunicazione tra la valle dell’Arno (Casentino e Valdarno Superiore), i suoi affluenti laterali (come il Solano), i crinali appenninici (come il Lago degli Idoli e il sito di Masseto verso la Romagna), Fiesole e la Valdisieve. Stando, però, a recenti scavi e alla conseguente pubblicazione dei dati relativi, oltre alle tipologie insediative già descritte, il centro di Poppi, riferendosi all’area antistante il Castello dei Conti Guidi (scavo del Pratello), avrebbe avuto, per tutta la valle casentinese, un ruolo di rilievo soprattutto per l’Età Ellenistica (IV-II secolo a.C.) all’interno di una frequentazione che si attesterebbe tra l’Età del Bronzo e la romanizzazione19. Dal V/IV secolo a.C., inoltre, città come Fiesole ed Arezzo conobbero fortissimi fenomeni di urbanizzazione che, con ogni probabilità, attirarono le principali famiglie aristocratiche della vallata come centri catalizzatori di residenza e degli interessi economici e politici. Tale conformazione insediativa sarebbe rimasta inalterata fino alla conquista romana quando il centro di Poppi avrebbe conosciuto una decisiva crisi e, parallelamente, si sarebbe verificato un più ampio popolamento della pianura20. Allo stesso tempo il Casentino mantenne la propria importanza come luogo di scambio, contatto e commercio tra l’Etruria Padana e quella interna, testimoniato dai bronzetti e da altri reperti del Lago degli Idoli e dalla ceramica a vernice nera proveniente da contesti volterrani, orvietani, chiusini, aretini, dalla Valdichiana e dalle aree campane dominate dagli Etruschi21. L’Età Romana Con la conquista romana, da collocarsi tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. la valle sarebbe stata divisa nei due municipi probabilmente ricalcanti le precedenti lucumonie etrusche di Fiesole e Arezzo e fu inserita, in epoca augustea (fine I secolo a.C. – inizio I secolo d.C.), all’interno della VII Regio22. In questa fase il territorio dell’attuale Diocesi di Fiesole fu interessato, così come tutto il Casentino, da un fortissimo aumento della popolazione e degli insediamenti che, ovviamente e in molti casi, andarono a sovrapporsi a quelli precedenti alla romanizzazione. Nell’ambito, inoltre, dell’espansione romana nel Nord Italia tra la fine del III secolo a.C. e il primo ventennio del successivo, venne rafforzata e riorganizzata la viabilità che da Arezzo, passando per il Casentino, permetteva di raggiungere la Pianura Padana e la costa adriatica. Nel 208 a.C. venne realizzata dal console Marco Livio Salinatore la via Ariminiensis che collegava Arezzo con Rimini e, stando alla tradizione storiografica romana, nel 187 a.C. venne ultimata dal console Gaio Flaminio Nepote la strada che metteva in comunicazione Arezzo con Bologna passando dal massiccio del Falterona e nei pressi del Lago degli Idoli (il quale testimonia con i suoi reperti, come abbiamo visto, una frequentazione fino al II/I secolo a.C.) che avrebbe assunto il nome di Via Flaminia Minor e si sarebbe sviluppata, come in epoca etrusca, costantemente sulla riva destra dell’Arno. Tracce della riorganizzazione territoriale romana, infine, potrebbero essere identificate solo molto parzialmente nella limitata centuriazione romana nella zona di confine tra gli attuali territori diocesani di Fiesole e Arezzo, e cioè nell’area pianeggiante compresa tra Pratovecchio e Poppi23. In seguito a oltre trent’anni di ricerca archeologica di superficie (ma anche con l’ausilio di scavi di profondità condotti in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per la Toscana), il GAC ha individuato oltre duecento siti romani in tutto il Casentino di cui, un terzo, localizzabile nel territorio diocesano di Fiesole. Sono stati identificati resti di ville rustiche, semplici villaggi (vici) finalizzati all’autoconsumo e impianti produttivi (come le fornaci 12 di cui un esempio è quella di Monte di Gianni, presso il Monte Falterona, scavata nel 1986 e datata al I secolo a.C.24) che testimonierebbero, sostanzialmente, un paesaggio agricolo e produttivo, legato al centro maggiore di Fiesole (e di Arezzo) e dominato da gruppi padronali. Tutte le tipologie dei siti, infine, sarebbero databili soprattutto dal I secolo a.C. al II secolo d.C. e, in alcuni casi, avrebbero conosciuto una frequentazione molto prolungata nel tempo arrivando, praticamente, fino al III/IV secolo d.C., in piena Età Tardo Antica e alla fine dell’Impero Romano d’Occidente. Tra i siti romani in diocesi di Fiesole, quello identificato presso la Pieve di Romena fu definito da un piccolo impianto termale individuabile, soprattutto, dai mattoncini delle colonne che ne sostenevano le pavimentazioni sopraelevate riscaldate25. In questo caso l’intervento archeologico, diretto dalla Soprintendenza Archeologica fiorentina con la collaborazione del GAC, si sviluppò tra il 1992 e il 1993 e fu avviato per dei lavori di ristrutturazione presso la canonica della Pieve di Romena. Il passaggio di una viabilità in epoca romana presso il sito ha fatto pensare ad un impianto termale collegabile ad una mansio (una stazione di posta) abbandonata probabilmente in Età Flavia (seconda metà del I secolo d.C.) e non a una villa rustica o domus26. A partire dal II/III secolo d.C., in contemporanea ad una più generale crisi dello Stato Romano, solo pochi insediamenti sorti nei primi secoli dell’Impero conobbero un’effettiva continuità di vita come sembrerebbe testimoniare lo scarso ritrovamento di sigillata aretina tarda nei siti indagati fino ad oggi. La zona a nord-ovest di Stia, lungo la riva sinistra dell’Arno, infine, ha restituito diversi siti databili tra l’Età Ellenistica (IV/III secolo a.C.) e il Regno degli Ostrogoti (VI secolo d.C.). I siti (vici) di Pian delle Gorghe, Santa Maria delle Grazie e Poggio Castagnoli (databili tra il II secolo a.C. e il VI secolo d.C.) sono stati scavati dal GAC tra gli anni ’70, il 1984 e il 2004 sulle colline di Porciano (Comune di Pratovecchio Stia) lungo percorsi che, come abbiamo visto per il Lago degli Idoli, interessavano il massiccio del Monte Falterona27. Riguardo a questi aspetti, i contesti suddetti sarebbero ricollegabili in particolare ad una viabilità militare tardo-antica e bizantina, come farebbero supporre i toponimi di origine greca identificabili ad essi molto prossimi come Baserca, Fosso di Baselica e la Chiesa di San Salvatore a Baselica. L’origine di questi nomi potrebbe essere ricondotta a Basilikè odòs, ossia “La Via Regia” di realizzazione bizantina per il collegamento verso la Romagna. In questi siti sono state rinvenute abitazioni ad un unico ambiente con pavimentazioni in pietra, muretti di fondazione a secco ed elevati in frasche ed argilla (non conservatisi). Tra i materiali recuperati si ricordano frammenti di ceramica a vernice nera, di sigillata aretina ma anche chiodi, chiavi, attrezzi di carpenteria ed utensili agricoli a testimonianza, sostanzialmente, di un’economia agro-pastorale. L’ultimo caso di una certa rilevanza identificabile lungo la riva sinistra dell’Arno e a nord-ovest di Stia è Serelli, località nei pressi di Pian di Gaino, in cui diversi interventi compresi tra il 2005 e il 2008 hanno riportato alla luce alcune strutture abitative e livelli di vita collocabili tra il IV/III secolo a.C. ed il IV secolo d.C.28. Per le produzioni ceramiche dei secoli più antichi, in particolar modo, si segnalano ceramica a vernice nera e Kylix ricostruita rinvenuta presso il sito di Serelli (Pian di Gaino) a nord-ovest di Stia (h 5,5 cm – spess. 0,6 cm) di probabile produzione volterrana. Ceramica a vernice nera, III-II secolo a.C., conservata al Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni”. altre tipologie legate in qualche caso ad ambiti gravitanti attorno alla città di Fiesole mentre le successive e abbondanti tipologie ceramiche romane, infine, si accompagnano anche a monete tardo antiche di III/IV secolo d.C.. Per i secoli V e VI d.C., infine, tra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e il successivo Regno degli Ostrogoti, le testimonianze per il territorio della diocesi di Fiesole si fanno molto limitate (tenendo ben presente però il ritrovamento presso il già citato sito di Poggio Castagnoli di alcune monete gotiche del VI secolo d.C.)29 NOTE Gruppo Archeologico Casentinese (a cura di), 1999, Profilo di una valle attraverso l’archeologia. Il Casentino dalla Preistoria al Medioevo, Stia e, con dati aggiornati, F. TRENTI, (a cura di), 2014, Museo Archeologico del Casentino Piero Albertoni, Bibbiena. 2 R. SETTESOLDI, La stipe votiva del Lago degli Idoli, in F. TRENTI, cit., pp. 98126. 3 Si citano anche i ritrovamenti neolitici e eneolitici presso Ponticelli, lungo l’attuale S.R. 70 della Consuma, e Poggio a Scheggi, presso il Monte Falterona. Per una revisione aggiornata della Preistoria e Protostoria casentinese si veda F. TRENTI, Il Casentino nella Preistoria, in F.TRENTI, cit. pp. 15-19. 4 Per le ricerche genetiche riguardanti le origini degli etruschi si veda S. GHIROTTO et alii, 2013, Origins and Evolution of the Etruscans’ mtDNA, disponibile on line al link http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0055519. 5 L. FEDELI, Insediamenti arcaici di crinale, in F. TRENTI, cit., pp. 35-36. 6 Gruppo Archeologico Casentinese, 1999, cit., pag. 26 e F. TRENTI, cit. 7 L. FEDELI, Il Casentino in età etrusca, in F. TRENTI, cit., pp. 33-34. 8 S. GIUNTOLI, L’area archeologica di Masseto, in F. TRENTI, cit., pp. 58-61. 9 R. SETTESOLDI, in F. TRENTI, cit., pp. 98-126. Il primo nucleo della collezione, prima dei moderni scavi del 1972 e degli anni 2000, fu acquistata in toto da un compratore anonimo e fu esposta a Roma all’Istituto Germanico di Corrispondenza Archeologica nel 1842. Successivamente fu venduta a pezzi o in gruppi e dispersa tra privati e musei tra cui il British Museum a Londra e il Louvre a Parigi. 10 Ibidem; R. BARGIACCHI, Il Lago degli Idoli e la viabilità etrusca del Casentino, in S. BORCHI (a cura di), 2007, Gli scavi e le indagini ambientali nel sito archeologico del Lago degli Idoli, pp. 159-174; M. DUCCI, La stipe votiva del Lago degli Idoli, in M. DUCCI (a cura di), 2004, Santuari etruschi in Casentino, pp. 24-26. 11 R. BARGIACCHI, cit., pp. 159-174. Testimonianza della distribuzione “destrorsa” della viabilità casentinese sono i numerosi toponimi di fondovalle sia etruschi che etruscoidi che tendono a rarefarsi con il risalire verso le alture. 12 Ibidem e R. CHELLINI, cit. 13 L. FEDELI, La stipe votiva del Lago degli Idoli: risultati dello scavo archeologico 2003-2006, pp. 40-55 e R. SETTESOLDI, Alcune considerazioni sui materiali bronzei del Lago degli Idoli, pp. 56-70 in S. BORCHI, cit. 14 R. CHELLINI R., cit.; L. FEDELI, pp. 40-55 e R. SETTESOLDI, pp. 56-70, in S. BORCHI, cit. 15 R. BARGIACCHI, in S. BORCHI S., cit., pp. 159-174. Difficilmente, infatti, si sarebbe accumulata una stipe consistente come quella del Lago degli Idoli se il santuario non si fosse collocato presso un passo viario naturale. 16 R. CHELLINI, cit. e R. SETTESOLDI, in S. BORCHI, cit., pp. 56-70. 17 R. CHELLINI, cit. 18 Ibidem. 19 A. MAGNO, L’insediamento del Pratello di Poppi, in F. TRENTI, cit., pp. 40-57. Gli scavi dell’insediamento del Pratello a Poppi furono effettuati per opere pubbliche tra il 2002 e il 2008. 20 F. TRENTI, cit. 21 Ibidem. 22 Per una panoramica attuale dell’epoca romana in Casentino si veda L. FEDELI, L’antica età romana in Casentino, in F. TRENTI, cit., pp. 127-138. 23 A. FATUCCHI, Colonia Arretium Augustea censita, Atti e Memorie dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze, XLIII, anni 1979-1980, Arezzo, pp. 233-267 . 24 L. FEDELI, Stia – Monte di Gianni, presso Vallucciole, in Studi e Materiali. Scienze dell’Antichità in Toscana, VI, 1991, Firenze pp.324-325. 25 Gruppo Archeologico Casentinese, Pratovecchio, Romena, in AA.VV., 1996, Un quinquennio di attività della Soprintendenza Archeologica per la Toscana nel territorio aretino, Città di Castello, pp. 147-157. 26 A. FATUCCHI, Le strade romane del Casentino, Atti e Memorie dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze, XL, anni 1970-1972, Arezzo, pp. 222-295. 27 Gruppo Archeologico Casentinese (a cura di), 1985, Ricognizioni archeologiche sul territorio comunale di Stia, Stia. Per una trattazione più aggiornata si rimanda a L. FEDELI, Gli insediamenti alle falde del Falterona (Stia), in F. TRENTI, cit., pp. 141-145. 28 G. INCAMMISA, L’insediamento di Serelli (voc. Pian di Gaino – Stia), in F. TRENTI, cit., pp. 70-86. 29 Gruppo Archeologico Casentinese (a cura di), 1985, cit. 1