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Risposte
CAPITOLO 1
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
2.
3.
Le membrane sono essenziali per tutti gli esseri viventi poiché delimitano quel
confine che permette alle cellule di stabilire un disequilibrio chimico e pertanto di
immagazzinare energia. Senza questa energia la vita non sarebbe possibile.
Se una forma di vita aliena possedesse le stesse unità biologiche fondamentali, è
alquanto probabile che avrebbe le seguenti proprietà.
• I lipidi alieni si aggregherebbero spontaneamente nel solvente principale in
cui questo organismo vive e formerebbero una barriera semipermeabile che
circonda il contenuto alieno in maniera simile a quanto avviene in una cellula.
Non avrebbero necessità di essere anfipatici, semplicemente costituirebbero una
qualche forma di barriera selettiva.
• Gli zuccheri alieni sarebbero legati gli uni agli altri per generare polimeri
strutturalmente complessi che potrebbero fornire supporto strutturale
all’organismo vivente e generare diversità strutturale nelle altre molecole a cui
sono legati.
• Gli amminoacidi alieni si unirebbero in polimeri lineari chimicamente molto stabili
e strutturalmente flessibili, e il polimero sarebbe capace di legare altre molecole
biologicamente importanti con grande specificità.
• I nucleotidi alieni servirebbero per immagazzinare l’informazione in una sequenza
lineare. I nucleotidi non avrebbero bisogno di essere strutturalmente complessi
come i nucleotidi terrestri; dovrebbero semplicemente formare polimeri stabili che
possono immagazzinare l’informazione.
Possiamo rispondere a questa domanda definendo brevemente i due termini.
• Le cellule sono le unità di vita più piccole e sono definite da almeno una
membrana biologica che le separa dall’ambiente esterno. Nella gerarchia della
complessità biologica, il livello cellulare fa riferimento a una singola cellula
soltanto, pertanto significa che una cellula deve essere in grado di svolgere tutte le
funzioni necessarie per rimanere in vita.
• I tessuti sono agglomerati di cellule interconnesse che cooperano per svolgere una
funzione che le cellule individuali non riescono a compiere. Si presuppone che le
cellule che compongono un tessuto siano in grado di rimanere vive.
Pertanto, una differenza importante tra le cellule e i tessuti è rappresentata dalla
funzione che svolgono. Se una funzione può essere svolta da una singola cellula
(per esempio la crescita, la generazione di ATP, la formazione di proteine), secondo
la nostra definizione non è una proprietà del tessuto. Analogamente, funzioni
svolte solo da gruppi di cellule (per esempio la trasmissione di un segnale elettrico
da una zona del corpo all’altra, la contrazione per ridurre il diametro di un vaso, la
formazione di una barriera di protezione contro i traumi fisici che ucciderebbero
altrimenti ogni singola cellula) fanno parte delle proprietà dei tessuti.
Una seconda differenza importante è che si ritiene che le cellule, al contrario dei
tessuti, siano autosufficienti. Quando un aggregato di cellule forma un gruppo
specializzato, ha bisogno dell’aiuto di altre cellule per rimanere in vita. Questo spiega
perché organismi formati da singoli gruppi di cellule (per esempio un gruppo di
batteri in una goccia d’acqua) non siano considerati un tessuto. I tessuti sono molto
più di un raggruppamento di cellule simili.
George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore
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RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
3.
4.
5.
Altre attività che le cellule devono svolgere comprendono: (1) determinare dove si
trovano in relazione alle altre cellule, (2) muoversi da un punto all’altro, (3) modificare
il loro ambiente esterno. Gli organismi unicellulari e/o procarioti possono aver
bisogno di (1) ingerire e digerire il cibo, (2) sfuggire ai predatori o (3) respingere gli
attacchi dei virus. Le cellule dei tessuti devono essere in grado di (1) comunicare con
le altre cellule dello stesso tessuto e con il resto del corpo, (2) crescere e differenziarsi
secondo le necessità e (3) morire al momento giusto per mantenere il tessuto vitale.
Di norma, le cellule muscolari e nervose dell’adulto non muoiono intenzionalmente,
mentre le cellule della pelle lo fanno.
Questi organismi sono tra le cellule più antiche sulla Terra e perciò sono andati
incontro all’evoluzione per selezione naturale per lungo tempo. Poiché il loro ciclo
vitale è di norma più breve della maggior parte degli eucarioti, essi sono capaci di
generare numerosi discendenti con una varietà fenotipica maggiore degli eucarioti,
e quindi sono in grado di adattarsi ai cambiamenti ambientali più rapidamente
delle cellule comuni.
Le somiglianze funzionali comprenderebbero i compiti essenziali, mentre le
somiglianze strutturali comprenderebbero la presenza di organelli. Poiché il tessuto
epiteliale e il tessuto muscolare svolgono funzioni distinte nel corpo, le differenze tra
queste due tipologie cellulari riflettono questi ruoli. Le cellule epiteliali dell’epidermide
separano il corpo dall’ambiente esterno e si legano strettamente le une alle altre
per formare una forte barriera protettiva contro gli agenti nocivi dell’ambiente
(sostanze chimiche, virus, batteri ecc). Le cellule del muscolo cardiaco cooperano per
pompare il sangue attraverso il corpo e pertanto hanno un’organizzazione strutturale
molto diversa: il loro citoscheletro è organizzato in modo da aumentare al massimo
la contrazione di ciascuna cellula in maniera coordinata per pompare il sangue
attraverso il cuore e nel sistema circolatorio. Pertanto, queste cellule formano anche
delle connessioni forti le une con le altre, ma non sono organizzate in modo da
formare una barriera, anzi trasmettono la forza concentrata.
Un modo semplice per descrivere la relazione tra struttura e funzione è tenere a
mente che uno strumento viene costruito per portare a termine una funzione,
pertanto comprendendo la struttura dello strumento si può intuire la funzione che
svolge. In pratica, questo ragionamento è applicabile a quasi tutti gli strumenti della
vita quotidiana. Per esempio, gli utensili della cucina hanno forme diverse perché
svolgono funzioni diverse; non usiamo un cucchiaio per tagliare il cibo o un coltello
per mangiare una minestra. Questo concetto è valido nella nostra vita quotidiana
così come in biologia cellulare. Una buona abitudine quando si studia la biologia
è chiedersi: “Che cosa mi suggerisce la struttura di questo elemento (proteina,
organello, cellula) riguardo la funzione che deve svolgere?”.
Una delle funzioni più importanti del nucleo è quella di immagazzinare in maniera
sicura il DNA. Questo si riflette nel fatto che è circondato da membrana (come tutti
gli organelli) e che la membrana ne regola strettamente il trasporto molecolare
all’interno e all’esterno attraverso i complessi dei pori nucleari. Il nucleo è anche il
punto di partenza del trasferimento del materiale genetico negli eucarioti; pertanto
è il sito in cui il DNA viene trascritto in RNA. Condivide la sua membrana con il
reticolo endoplasmatico, dove molti mRNA sono tradotti in proteine. Pertanto, la
progressione dell’informazione genetica DNA n RNA n proteina è fisicamente
collegata.
Una caratteristica strutturale importante del nucleo è che è avvolto da una doppia
membrana. Invece che essere semplicemente equivalenti, le due membrane svolgono
funzioni abbastanza diverse. La membrana nucleare interna contiene proteine
collegate ai cromosomi e serve a controllare la loro organizzazione spaziale all’interno
del nucleoplasma. La membrana nucleare esterna si estende oltre la membrana
interna, nel citosol, compreso il reticolo endoplasmatico, dove molti dei prodotti
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della trascrizione genica dell’mRNA vengono tradotti. Ciò collega la trascrizione alla
traduzione.
6. Secondo la regola dell’ottetto della chimica organica, il carbonio deve aggiungere
quattro elettroni per riempire il suo guscio di valenza. Questo spinge i carboni a
formare quattro legami covalenti, un numero di legami maggiore rispetto a quello di
altri atomi di cui sono ricche le cellule (idrogeno, azoto, ossigeno). Questo permette
al carbonio di costruire varie molecole complesse. Inoltre, il carbonio ha una bassa
elettronegatività che gli permette di formare grosse catene tenute assieme da
legami covalenti non polari; l’azoto e l’ossigeno hanno livelli relativamente alti di
elettronegatività e pertanto formano legami covalenti polari che non polimerizzano
facilmente.
7. Lo zucchero è molto solubile in acqua, mentre i lipidi non lo sono. Una spiegazione
è che negli zuccheri la maggior parte degli atomi di carbonio è legata all’ossigeno in
maniera covalente, creando un legame polare che attira l’acqua. La maggior parte
degli atomi nei lipidi è legata covalentemente all’idrogeno, creando legami non polari
idrofobici.
8. Molti mammiferi non hanno gli enzimi necessari a rompere i legami glicosidici b1,4
della cellulosa, quindi non possono scindere la cellulosa in monomeri di glucosio
che le cellule possono usare per creare energia metabolica. I bovini superano questo
ostacolo perché hanno nel loro stomaco dei batteri in grado di digerire questi legami;
i batteri che vivono nell’uomo non hanno questa capacità.
9. Ogni organello possiede il suo set distinto di proteine. Le proteine facilitano la
maggior parte delle reazioni chimiche che avvengono negli organelli e questo aiuta
ciascun organello a svolgere una serie distinta di funzioni nella cellula.
10. Altri gruppi comprendono le proteine che replicano e riparano il DNA nel nucleo,
le proteine che catturano la luce del sole e convertono la sua energia in composti
organici nei cloroplasti e le proteine che ossidano questi composti organici nei
mitocondri.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
2.
3.
4.
B. Il metano è un idrocarburo e i suoi legami sono non polari. Senza un parziale
squilibrio di carica, gli atomi del metano non possono formare legami a idrogeno con
l’acqua. Le altre risposte sono vere.
A. L’esistenza di batteri asessuati è la prova che la risposta C non è corretta, e la vita
non è definita neanche dalla durata del riposo nel corso della riproduzione. Pertanto,
la risposta E è ugualmente sbagliata. Lo stato di equilibrio con il microambiente
esterno ucciderebbe una cellula. Di conseguenza, la risposta D deve essere anch’essa
sbagliata. Il processo di esclusione, così come la logica, mostra che la risposta A
è quella corretta. Sappiamo che ogni tipo di organismo si deve replicare almeno
a livello cellulare (crescita/sviluppo) per sopravvivere e deve essere capace di
autoripararsi per evitare i danni e/o la morte. Questo è spiegato nel primo paragrafo
della Sezione 1.2 del Capitolo 1.
D. I monosaccaridi, non i polisaccaridi, fanno parte dello scheletro degli acidi
nucleici, il che rende la risposta A falsa. I legami peptidici, per definizione, avvengono
solamente tra le proteine invece che fra i carboidrati, quindi B non è vera. Lo
scheletro dei fosfolipidi è il glicerolo, che non è un polisaccaride, per cui C è falsa.
Mentre i polisaccaridi possono essere presenti sulla membrana interna del nucleo di
una cellula eucariotica, non è necessario che vi si trovino sempre, pertanto anche E
non è vera. Poiché i legami glicosidici sono legami covalenti tra uno zucchero e un
altro gruppo (che può essere un altro zucchero, il che genera dei polisaccaridi), D è la
risposta corretta.
E. L’informazione genetica non viene immagazzinata in nessun tipo di carboidrati,
quindi le risposte A e C non sono corrette. Il DNA è costituito da monosaccaridi e da
basi e non ha bisogno di essere convertito in queste ultime, ciò rende la risposta B
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5.
non corretta. La risposta D non risponde alla domanda; spiega il modo in cui le cellule
rispondono agli stimoli ambientali anziché come immagazzinano l’informazione. La
risposta E è quella corretta; l’informazione genetica è immagazzinata sotto forma di
DNA, il quale è formato da lunghi filamenti di nucleotidi.
C. Soltanto il nucleo immagazzina il DNA e ha una doppia membrana. I lisosomi
hanno membrane singole e per funzionare devono avere un ambiente chimico
interno estremamente acido in modo che gli enzimi idrolitici al loro interno
digeriscano i rifiuti cellulari, secondo la loro funzione. Il nucleo non ha questa
necessità, quindi non è acido. Se il nucleo e i lisosomi avessero lo stesso ambiente
chimico interno (per esempio, il pH), gli enzimi idrolitici potrebbero entrare e attivare
il nucleo, il che sarebbe estremamente dannoso per la cellula. Infine, né il nucleo,
né il lisosoma sono direttamente coinvolti nella conversione dell’energia luminosa in
energia chimica (fotosintesi). Mentre il nucleo potrebbe trascrivere i geni coinvolti in
tale processo, i lisosomi non hanno nessun legame con questo, quindi la risposta E è
falsa. La risposta C è l’unica vera.
CAPITOLO 2
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
2.
Tutti e tre i codici danno la possibilità di generare un numero inimmaginabile di
prodotti diversi, molti di più di quelli che potrebbero venire usati. Ma il codice
genetico ha qualcosa che gli altri non hanno: la correzione degli errori, detta
anche ridondanza funzionale. Nelle cellule 64 diversi codoni codificano solo 20
amminoacidi; ciò significa che, in media, ogni amminoacido è codificato da 3 diversi
codoni. Questo riduce incredibilmente l’efficienza del codice, ma data la vasta
quantità disponibile di possibilità, non ha nessun impatto reale sulle funzioni della
cellula. La ridondanza serve per contrastare gli effetti delle mutazioni: se uno dei
tre nucleotidi di un codone cambia, c’è una buona possibilità che l’amminoacido
che codifica rimanga lo stesso se le mutazioni non hanno impatto sulle proteine
codificate. ASCII non possiede questa ridondanza ed è totalmente vulnerabile al
minimo cambiamento: cambiare un singolo bit da 0 a 1 in un file di un programma
di Word può rendere una parola irriconoscibile. Le note musicali generano ancor più
possibilità per unità rispetto agli altri codici, poiché (1) amplificano il numero delle
scelte per ciascuna posizione da 10 a 20 volte circa, (2) aumentano la lunghezza
dell’unità funzionale a 4 (per esempio, il tempo a quattro quarti è una misura
comune) e (3) non hanno ridondanza funzionale. Per raggiungere questo livello di
complessità le cellule dovrebbero (1) generare 10 tipi diversi di deossiribonucleotidi,
cosa che sarebbe molto difficile ed energeticamente dispendiosa e (2) aumentare
la lunghezza dei loro codoni a 4 invece di 3. Questo comporterebbe un aumento
della massa del DNA del 25% e un ancor maggiore consumo di energia. Pertanto,
la logica del codice genetico è una sorta di compromesso tra l’efficienza di ASCII e la
complessità delle note musicali, con il vantaggio però di avere un sistema interno di
protezione dagli errori. Una parola scritta in maniera sbagliata o una nota musicale
errata possono non essere piacevoli, o addirittura costare care a chi compie questo
errore, ma un polipeptide alterato può essere fatale per una cellula.
Il termine sovraccarico di informazione si riferisce di solito a due problemi. Il primo
è la molteplicità della forme di informazione in cui ci imbattiamo: televisione, video,
film, giornali, radio, musica, libri, telefoni, riviste, messaggi del cellulare, cartelloni
pubblicitari e così via cui si aggiungono le informazioni di internet. Tenete a mente
che usare una lingua comune (per esempio inglese, spagnolo, mandarino) in tutte
queste forme non diminuisce significativamente il sovraccarico. Il secondo problema
che incontriamo riguarda il volume gigantesco d’informazione. In questo capitolo,
abbiamo descritto solo tre forme d’informazione cellulare (DNA, RNA e proteine) con
grande attenzione al DNA come depositario principale dell’informazione necessaria
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3.
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per creare le altre due forme. Ma dal punto di vista presentato in questo capitolo, le
cellule potrebbero in teoria subire le conseguenze di entrambi i problemi. In primo
luogo l’informazione del DNA dipende dalla forma; il cambiamento di forma della
molecola di DNA altera la tipologia delle proteine che vi si legano, pertanto ogni
diversa forma di DNA rappresenta una forma diversa d’informazione, sebbene siano
tutte codificate nella lingua del DNA. Le forme A, B e Z della tripla elica costituiscono
validi esempi dei grandi cambiamenti nelle forme di DNA, mentre le differenze
nelle sequenze di DNA che avvengono a causa delle mutazioni rappresentano
cambiamenti più lievi. Pertanto i solchi minori e i solchi maggiori della doppia elica
del DNA sono modi diversi di rappresentare la sequenza di deossiribonucleotidi
nella doppia elica del DNA. La conversione di una sequenza di DNA in una sequenza
di RNA attraverso la trascrizione è un altro esempio di una diversa modalità
di informazione. L’ulteriore conversione di un mRNA in un polipeptide è un
cambiamento drastico nella forma dell’informazione.
Molte cellule hanno anche un problema di volume d’informazione. Per esempio,
nel DNA umano sono rimasti dei geni che erano utili ai nostri antenati nel corso
dell’evoluzione (per esempio per generare branchie, pinne e code). Quando una
cellula ha bisogno di trascrivere un gene, deve esaminare tutto questo materiale
inutile per trovare l’informazione importante nel DNA. Inoltre, le cellule sono molto
efficienti nel produrre più copie di RNA dello stesso gene, aumentando il volume
dell’informazione.
Nell’insieme, tutto ciò è un problema per le cellule. Così come accade per l’uomo, se
le cellule sono soggette a un sovraccarico d’informazione, si confondono e diventano
meno efficienti nel risolvere i problemi. Per esempio, se la proteina X è danneggiata
e ha bisogno di essere sostituita, l’mRNA che codifica deve essere tradotto dal
ribosoma oppure una nuova copia dell’mRNA deve essere prodotta da un gene X. Si
ricordi che migliaia di geni diversi vengono trascritti da una cellula umana nel corso
della sua vita; l’apparato di trascrizione è abbastanza pigro, quindi per ottenere
una nuova copia del gene X ci vuole tempo ed è probabile che anche altre proteine
debbano essere sostituite nello stesso momento (in particolare se la cellula è stata
danneggiata di recente). Pertanto, possiamo immaginare una cellula danneggiata che
cerca tra migliaia di geni per trovare quelli che deve convertire in proteine, mentre
allo stesso tempo deve gestire le attività quotidiane (per esempio, generare ATP). Il
rischio di collassare nel caos è molto alto. Il sovraccarico di informazione è una vera
minaccia per le cellule. Affronteremo in parte tutto ciò più avanti.
Consideriamo ciascun livello di condensazione del DNA in entrambi gli esempi.
Come prima cosa, il DNA a doppio filamento viene avvolto attorno a un gruppo di
proteine istoniche e tenuto in loco da un ulteriore istone per formare la cromatina o il
nucleoide. Le somiglianze con le modalità con cui si sistemano fili, corde, manichette,
cavi e altri filamenti lunghi sono ovvie, fatta eccezione per il fatto che spesso non
avvolgiamo un singolo filamento lungo attorno a diversi rocchetti. Perché è diverso?
Perché al contrario di un rocchetto di filo, di cui l’unica parte usata è l’estremità
libera e il bordo esterno del rocchetto, ogni parte del filamento di DNA deve essere
accessibile senza dover svolgere l’intera molecola (si ricordi che quando una cellula si
divide deve avere accesso a ogni singola parte del DNA e copiarla).
Nell’esempio della biblioteca, ciò è paragonabile a raggruppare le parole in insiemi
chiamati libri: la copertina, la rilegatura e la colla nel libro non conferiscono ulteriore
significato, ma garantiscono l’organizzazione delle pagine del libro. Inoltre, il
ripiegamento dell’organizzazione a collana di perle per formare una fibra dai 30
ai 40-nm è simile a organizzare i libri su uno scaffale: ciascun libro è ugualmente
disponibile e la disposizione generale non viene alterata quando un libro viene
momentaneamente rimosso dallo scaffale, fotocopiato e poi riposto sullo scaffale
(così come accadrebbe se un gene, o un set di geni, venisse trascritto). Le fibre
vengono poi ulteriormente organizzate in domini ad ansa. Ciò è simile a disporre
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4.
i libri sugli scaffali, dove rimangono ben organizzati, ma occupano meno spazio
rispetto a essere distribuiti a caso qua e là. La fase successiva (la formazione
dell’eterocromatina) rappresenta il passaggio dall’essere facilmente accessibile al
livello di massima efficienza d’immagazzinamento. Nell’analogia della biblioteca, ciò
sarebbe come accatastare un gruppo di scaffali senza spazi in mezzo: l’accesso ai libri
negli scaffali è limitato, ma la capacità di immagazzinamento della stanza aumenta
moltissimo. Se necessario, si possono spingere da un lato gli scaffali per poter di
nuovo avere accesso alle zone più interne, ma sarebbe un processo lungo e laborioso.
Nell’esempio del computer, i dati sono contenuti su una superficie elettromagnetica;
in questo caso invece i dati sono rappresentati dal DNA e la superficie del disco rigido
è l’impalcatura di proteine/RNA. I dati sono organizzati in byte di informazione e un
insieme di byte è raggruppato in un file di dati. Ciò è simile a raggruppare il DNA
in rocchetti di istoni e per poi ripiegarli assieme per formare le fibre da 30 a 40 nm.
Organizzare le fibre in domini ad ansa è come organizzare i file nelle cartelle di un
sistema operativo del computer: ogni cosa è al suo posto, e tutti i file e le cartelle
sono egualmente accessibili sul disco rigido. Spostarsi al livello dell’eterocromatina
è come comprimere una serie di file per liberare lo spazio utilizzabile sul disco: i
dati ora occupano meno spazio, ma è più difficile accedervi. I file possono essere
accessibili dopo essere stati decompressi, ma questo richiede tempo ed energia. Una
differenza interessante tra questo sistema e quello usato per organizzare il DNA è
che i dati elettromagnetici possono essere distribuiti ovunque sul disco rigido. Un file
del computer può essere danneggiato e frammentato, mentre le cellule non hanno
questo problema. Ogni “file” di dati del DNA (un gene, avvolto attorno a una serie
di rocchetti istonici) è sempre intatto, immagazzinato come una sequenza lineare di
DNA. Se una parte di un gene venisse in qualche modo spostata in un’altra zona del
DNA (per esempio il file è frammentato), il gene non funzionerebbe più. Le cellule
non possiedono un programma di deframmentazione per rimanere organizzate.
Il nucleo fornisce molti vantaggi alla cellula. In primo luogo, permette che una
cellula sviluppi un ambiente chimico specializzato che è specifico per la cura, il
mantenimento e l’utilizzo del DNA. In secondo luogo, la doppia membrana che
delimita il bordo del nucleo contribuisce a proteggerne l’interno da traumi fisici.
Questa protezione è aumentata dallo scheletro nucleare, che comprende le proteine
lamine. Terzo, la membrana nucleare aiuta a organizzare il DNA attraverso le lamine
nucleari, che legano la cromatina e il DNA.
Possedere un nucleo ha dei costi non banali. Un considerevole quantitativo di energia
cellulare deve essere speso per costruire e mantenere i fosfolipidi e le proteine
contenute nel nucleo. Inoltre, limitando l’accesso alla parte interna del nucleo
attraverso i complessi dei pori nucleari può aumentare il tempo che una cellula
impiega per rispondere a uno stimolo esterno, dal momento che la maggior parte del
traffico molecolare dentro e fuori la parte interna del nucleo richiede un complesso
macchinario che consuma energia.
Per quanto riguarda la domanda se i procarioti potrebbero sopravvivere se
avessero un nucleo, si possono trovare motivazioni sia a favore che contro. Forse
la motivazione migliore per giustificare il motivo per cui un procariote potrebbe
trarre vantaggio dall’avere un nucleo è il fatto che le cellule nucleate (per esempio,
gli eucarioti) sono in grado di formare una gran quantità di organismi pluricellulari
diversi, probabilmente perché possono controllare l’espressione di un numero
molto maggiore di geni rispetto a quelli che si trovano nei procarioti. Questo
controllo potrebbe richiedere un compartimento specializzato come il nucleo. Un
motivo importante per non avere un nucleo è il suo alto costo metabolico. Inoltre, il
nucleoide nei procarioti è di solito molto più piccolo dei cromosomi negli eucarioti,
il che suggerisce che sono molto più efficienti degli eucarioti nell’immagazzinare la
loro informazione genetica. La loro elevata efficienza potrebbe aver reso il nucleo non
necessario.
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RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
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Legami fosfoesterici: 12
Legami fosfodiesterici: 6
Legami a idrogeno: 10
In generale, le mutazioni che non sono riparate prima della divisione cellulare
diventano parte “normale” della sequenza di DNA nelle sue cellule figlie. Anche se
non sono più definite mutazioni nelle cellule figlie, esse possono influenzare le loro
proteine in almeno tre modi. Primo, le mutazioni che impediscono a un gene di essere
espresso, impedirebbero a loro volta a queste cellule di sintetizzare tutte le proteine
codificate da quel gene. In secondo luogo, le mutazioni che alterano la sequenza
amminoacidica delle proteine codificate dal gene ne cambiano probabilmente la
struttura e pertanto influiscono sulla loro funzione. Terzo, le mutazioni che alterano le
sequenze del DNA che controllano la velocità e/o i tempi dell’espressione genica non
influiscono su struttura e funzione delle proteine, ma possono avere ripercussioni sulla
loro concentrazione sotto il controllo delle sequenze alterate di DNA.
Molte proteine che legano il DNA si legano al solco minore o al solco maggiore
della doppia elica formata dal DNA a doppio filamento. La forma di questi solchi è
leggermente diversa a seconda della sequenza di basi nucleotidiche che formano
la doppia elica. Pertanto, ogni sequenza nucleotidica unica avrà la sua specifica
forma tridimensionale, compresa quella del solco maggiore e del solco minore
che contribuisce a formare. Molte proteine che legano il DNA possiedono dei siti
di legame sensibili a queste leggere differenze strutturali che potrebbero legarsi
preferibilmente a una specifica sequenza nucleotidica perché vi si adattano meglio.
La condensazione si caratterizza per cambiamenti su ampia scala nella struttura
della cromatina, come per esempio la rotazione dei domini ad ansa (livello 4
della condensazione del DNA) e dei domini ad ansa attorcigliati/ripiegati (livello 5
della condensazione del DNA), ed è mediata da proteine quali le condensine e le
coesine. Al contrario, il silenziamento del DNA è caratterizzato da cambiamenti
conformazionali nelle particelle del nucleo dei nucleosomi che ostacolano la
trascrizione del DNA in questi nucleosomi, ed è mediato da proteine come le istone
deacetilasi, la metilazione istonica, Rap1, Si3, Sir4 e la proteina umana HP1.
L’impalcatura proteica fornisce i siti di attacco per le proteine che legano il DNA
responsabili di controllare la posizione e il grado di ripiegamento delle sequenze di
DNA. Questa impalcatura permette alle proteine che legano il DNA di avvolgere e
svolgere il DNA senza aggrovigliarlo. Conferisce anche una certa resistenza ai traumi
fisici, proteggendo il DNA dal danno.
Oltre a conferire una maggiore stabilità della molecola di DNA, i legami covalenti
rendono anche molto più difficile separare i due filamenti. In molte circostanze
l’informazione immagazzinata nel DNA è nella forma di una sequenza di nucleotidi
su uno dei due filamenti; per avere accesso a questa sequenza, i due filamenti
devono essere separati. Questo è il caso, per esempio, sia della replicazione del DNA
che della trascrizione genica. La rottura e la formazione di legami a idrogeno richiede
molta meno energia metabolica ed è molto più veloce che rompere e riformare
legami covalenti, quindi permette alle cellule di completare queste attività in molto
meno tempo di quanto sarebbe necessario se i legami covalenti tenessero insieme i
due filamenti di DNA.
(1) Il nucleo della particella è modulare, poiché è composto da otto istoni centrali.
Questo permette alle cellule di alterare la forma delle particelle interne modificando
gli istoni che le costituiscono. Questo a sua volta permette alle cellule di creare regioni
distinte di particelle interne sullo stesso cromosoma e pertanto di regolare l’accesso
a queste regioni. (2) La forma discoidale delle particelle interne mantiene la doppia
elica di DNA attaccata in una configurazione quasi lineare, rendendo relativamente
facile per le proteine che legano il DNA identificare le specifiche sequenze, mentre al
contempo accorciano l’intera lunghezza del cromosoma di circa sette volte.
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(3) Le code degli istoni si proiettano all’esterno della particella interna, rendendole
così bersagli accessibili per le proteine che modificano gli istoni. I cambiamenti
di forma negli istoni che ne derivano e che sono causati da queste proteine
modificatrici, influenzano la struttura e la funzione dell’intero nucleosoma.
8. Dato che l’espressione genica ha sicuramente un effetto sul fenotipo cellulare, per le
cellule gestire il DNA rappresenta un’ulteriore difficoltà da affrontare. Per esempio,
alcune regioni del DNA (come il centromero, i telomeri ecc.) non vengono mai
trascritte e funzionano correttamente solo quando ripiegate in maniera specifica. Il
semplice “spegnere queste regioni” non permette loro di adottare le conformazioni
specifiche necessarie al loro funzionamento; livelli superiori di organizzazione della
condensazione sono necessari per mantenere la loro funzionalità. Inoltre, non tutti
i geni presenti nel genoma di una cellula devono essere sempre accessibili. Data la
grande dimensione dei cromosomi, lasciarli in uno stato relativamente non avvolto,
anche nelle regioni contenenti geni che una cellula non ha mai bisogno di esprimere,
graverebbe sulla cellula semplicemente perché il volume del DNA sarebbe molto
grande. Pertanto, oltre a dover accendere e spegnere i suoi geni, le cellule devono
anche essere in grado di stabilire quali geni saranno regolati facilmente (eucromatina)
e quali rimarranno sia spenti che inaccessibili (eterocromatina) per salvaguardare lo
spazio nel nucleo.
9. Il nucleo funge da barriera protettiva che circonda e sostiene l’impalcatura di
proteine/RNA che mantiene i cromosomi organizzati nello spazio. Considerate che un
enorme livello di energia viene destinato a mantenere ogni livello di condensazione
del DNA e che il passaggio da un livello all’altro deve avvenire in maniera altamente
ordinata e sotto il controllo di diverse proteine che legano il DNA. Creando lo
specifico ambiente chimico necessario per permettere ciò, il nucleo, come tutti gli
organelli, aiuta le cellule a mantenere un livello ottimale di condensazione di ogni
regione dei suoi cromosomi.
10. Le cellule che perdono l’espressione della lamina A presentano nuclei distorti
e perdita di eterocromatina; alcune persone con questa mutazione sviluppano
una malattia da invecchiamento precoce detta sindrome della progeria HutchinsonGilford. Altre sviluppano una condizione nota come lipodistrofia parziale,
caratterizzata dalla graduale perdita di tessuto adiposo all’inizio della pubertà. In
alcuni rari casi, la perdita della lamina A provoca la malattia di Charcot-Marie-Tooth,
con conseguente morte delle cellule nervose e perdita della funzione muscolare nelle
gambe e nelle braccia. Nel complesso, queste scoperte dimostrano che mutazioni dei
geni che aiutano a formare la gabbia protettiva che circonda il DNA causano danno e
disorganizzazione dei cromosomi, portando a una serie diversificata di sintomi clinici a
seconda della zona del genoma in cui avviene il danno al DNA.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
2.
B. La risposta A non è corretta poiché le regioni non codificanti del DNA possono
anche essere avvolte attorno a “rocchetti” di istoni. Per definizione, un gene deve
codificare la produzione di una specifica proteina e secondo il dogma centrale della
biologia cellulare, una molecola di RNA è il precursore di una sequenza proteica.
Pertanto, B è corretta. È importante notare che i geni non contengono solo il codice
per produrre l’mRNA, ma anche le sequenze fiancheggianti fanno parte dell’unità
genica funzionale. Per maggiore chiarezza fate riferimento alla definizione di gene
nella Sezione 2.2 (L’informazione del DNA è impacchettata in unità chiamate geni).
C, D ed E sono tutte troppo specifiche per essere applicate alla definizione di gene;
non tutte le proteine hanno una struttura quaternaria e non si limitano a legare la
lamina nucleare, e i geni possono infatti codificare foglietti-b e avvolgimenti casuali,
non solo le porzioni ad a-elica dei polipeptidi.
C. Fate riferimento alla Sezione 2.5 (Il complesso del poro nucleare limita l’accesso
all’interno del nucleo) per la funzione dell’NPC.
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3.
4.
5.
9
E. Non c’è relazione tra il numero di cellule in un campione e l’elenco di proteine/
sequenze nucleotidiche legate che è prodotto da un saggio ChIP, quindi A non è
corretta. Lo stesso vale per il numero di nucleosomi e/o la dimensione dei cromosomi
in un campione di DNA, rendendo B e C non corrette. In un ChIP, i complessi di
DNA-proteina vengono tagliati prima in pezzi piccoli e quindi immunoprecipitati. Di
conseguenza, sarebbe impossibile sapere quali proteine che legano il DNA si legano
più strettamente a esso, dato che tutti i complessi sono stati tagliati dal momento
che vengono identificati. Il processo di eliminazione e il fatto che le sequenze
nucleotidiche vengano solitamente identificate dalla lunghezza dei loro appaiamenti
di basi dimostra che E è corretta; sarebbe quindi possibile capire a quale nucleotide si
legano le sequenze proteiche.
D. A non è corretta perché la selezione naturale, per definizione, non ha effetto
diretto sulle sequenze di DNA. Invece, sono le mutazioni stesse delle sequenze
di DNA che permettono agli individui di esprimere proteine che consentono
loro di adattarsi meglio all’ambiente. La maggior probabilità di riproduzione di
questi individui è il motivo che in fondo sostiene il processo di selezione naturale,
contrariamente a ciò che accade per gli individui privi della mutazione del DNA.
A. Come spiegato nella Sezione 2.2 (L’informazione del DNA è impacchettata
in unità chiamate geni), un gene comprende il codice che produce la proteina
e tutte le sequenze che regolano la produzione di quella proteina. Pertanto, se
una mutazione fosse in una regione regolatrice ma non codificante del gene
dell’emoglobina, l’individuo portatore della mutazione non sperimenterebbe gli stessi
effetti della persona che porta la mutazione nella regione che codifica la sequenza
amminoacidica dell’emoglobina. Tuttavia potrebbe risentire di altri effetti.
CAPITOLO 3
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
Possiamo iniziare ridefinendo le tre caratteristiche. La caratteristica 1 diventa:
tutti gli acidi nucleici adottano configurazioni tridimensionali stabili.
Quest’affermazione è supportata da prove? Sappiamo che il DNA forma
sempre (spontaneamente) una doppia elica nelle cellule, per cui l’affermazione
sembra vera. Ma sappiamo anche che il DNA può venire completamente svolto
e tirato in singoli filamenti (per esempio durante la replicazione del DNA e la
trascrizione genica) e poi ripiegato nuovamente a opera delle proteine, e rimanere
ancora funzionale. Sebbene alcune proteine vengano ciclicamente disassemblate/
dispiegate e riassemblate/ripiegate mentre svolgono la loro funzione nelle cellule, per
la maggior parte di esse ciò non accade. Pertanto sembra che per gli acidi nucleici
non sia essenziale rimanere in una conformazione stabile tridimensionale (una doppia
elica) per essere funzionali.
La caratteristica 2 diventa: tutti gli acidi nucleici si legano a qualcos’altro. Sappiamo
che il DNA funzionale deve essere legato dalle proteine in modo che l’informazione
contenuta nel DNA possa essere trasmessa a tutta la cellula. Tuttavia, nella maggior
parte delle cellule non tutto il DNA è funzionale e il DNA non funzionale di solito non
si lega a nulla in modo significativo. Pertanto la caratteristica 2 non si applica neppure
agli acidi nucleici.
La caratteristica 3 rivista diventa: tutti gli acidi nucleici svolgono almeno una funzione
cellulare. Poiché la maggior parte delle cellule contiene almeno un po’ di DNA non
funzionale, questa affermazione non è vera. Le tre caratteristiche non sono quindi
universali. Come mai il DNA può sfuggire a questi requisiti? Il DNA non funzionale è
accuratamente condensato nelle cellule così da non interferire con le normali attività
cellulari, mentre le proteine non funzionali non sarebbero sequestrate così facilmente
e probabilmente danneggerebbero almeno alcune attività normali nelle cellule.
L’impacchettamento fa la differenza.
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3.
4.
La mutazione della cellula falciforme è una mutazione puntiforme, cioè un
amminoacido (acido glutammico) viene sostituito da uno diverso (valina). Questo
si riflette sulla struttura primaria dell’emoglobina, poiché cambia la sequenza degli
amminoacidi nel polipeptide. Poiché le strutture secondarie possono in teoria
formarsi ovunque in un polipeptide, non è possibile prevedere quale struttura
secondaria verrà interessata da questa mutazione. Sappiamo che la struttura
quaternaria di una proteina cambia drasticamente da un tetramero a un lungo
polimero fibroso. Dato che la struttura quaternaria cambia così profondamente,
è presumibile che anche la struttura terziaria (e pertanto la secondaria) venga
alterata. Questo comporta una riorganizzazione dei legami (forse di tutte e cinque
le classi) che determinano la stabilità della conformazione della proteina. Poiché un
amminoacido ionico (l’acido glutammico) è sostituito con un amminoacido idrofobico
(la valina), possiamo assumere che le interazioni ioniche e/o idrofobiche vengano
alterate e portino al conseguente cambiamento nell’organizzazione conformazionale
di livello superiore. Mentre la forma tetramerica dell’emoglobina è funzionale, il
polimero fibroso non lo è (esso rappresenta un esempio calzante di conformazione
stabile che non è funzionale). Pertanto un cambiamento nella struttura primaria di
un polipeptide può estendersi fino alla struttura quaternaria e infine influenzare la
funzione della proteina.
La maggiore differenza tra le tipologie di modificazioni nelle proteine è rappresentata
dalla loro velocità di turnover. Alcune proteine devono attuare rapidi cambiamenti
nella conformazione per essere utili: considerate le proteine contrattili che guidano
la contrazione muscolare durante una reazione di riflesso o quelle che ci tengono
in equilibrio mentre camminiamo. Inoltre, di solito c’è una correlazione tra la
velocità con cui una modificazione avviene e la sua durata: la rapida contrazione dei
muscoli significa anche il rapido rilassamento nella maggior parte dei casi, pertanto
il ricambio è molto alto. Ma la velocità di ricambio per le modificazioni del DNA è
proporzionalmente lenta. Ricordate che per essere utile, il DNA ha bisogno di legarsi
a una proteina che poi cambia la sua funzione, e la maggior parte di queste funzioni
associate al DNA riguarda l’espressione genica, che richiede almeno diversi minuti
per essere completata. Pertanto, si vedono solo le modificazioni del DNA a lungo
termine e tutte avvengono attraverso il legame covalente con altre molecole.
Modificazioni a breve termine, molte delle quali sono interazioni non covalenti,
non avvengono nel DNA.
Le proteine si trovano ovunque nelle cellule diversamente dal DNA, pertanto gli
enzimi digestivi hanno una possibilità ben maggiore di danneggiare le proteine sane
rispetto al DNA sano. Ripassiamo le strategie che le cellule usano per controllare
gli enzimi proteolitici e cerchiamo le somiglianze per le proteine che hanno come
bersaglio il DNA. Per prima cosa, gli enzimi proteolitici sono sequestrati in una cellula,
o nel proteasoma oppure in un lisosoma. Potremmo pertanto prevedere che la stessa
cosa sia vera per le nucleasi: infatti alcuni di questi enzimi sono sequestrati anch’essi
nel lisosoma, come vedremo nel Capitolo 9. In secondo luogo, le proteine devono
essere chimicamente modificate (dall’ubiquitinazione per entrare nel proteasoma)
o attivamente trasportate (dalle vescicole per entrare nel lisosomi) per permettere
loro di avere accesso agli enzimi sequestrati. Pertanto possiamo prevedere che il
DNA o l’RNA bersaglio debba essere o modificato o trasportato per essere distrutto.
Anche questo è vero in via generale: molte nucleasi hanno come bersaglio le forme
a singolo filamento del DNA o a doppio filamento dell’RNA, entrambe insolite nelle
cellule sane. Inoltre, intere cellule inghiottite possono essere portate verso i lisosomi,
dove il loro DNA viene digerito. Terzo, le cellule producono inibitori per gli enzimi
proteolitici per controllarne l’attività. Potremmo pertanto prevedere che le cellule
possono produrre gli inibitori delle nucleasi e, di fatto, inibitori delle nucleasi sono
stati trovati in alcuni ceppi di lievito. In che modo gli acidi nucleici vengano digeriti è
un campo separato di studio e non verrà ulteriormente considerato qui.
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RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
3.
4.
5.
Potenzialmente il vantaggio di usare i polipeptidi come deposito di informazioni è che,
come nella notazione musicale, l’utilizzo di 20 possibili monomeri diversi (invece dei
4 del DNA) aumenta esponenzialmente la quantità di informazione potenziale; ciò
potrebbe diminuire la quantità richiesta di materiale di deposito genetico, migliorando
l’efficienza dell’immagazzinamento dell’informazione e la trasmissione da una
generazione a quella successiva. Tuttavia, ci sono almeno tre svantaggi significativi in
questa strategia. Primo, come è vero per la notazione ASCII e per quella musicale, i
polipeptidi hanno poca o nessuna ridondanza funzionale (correzione dell’errore): la
sostituzione anche di un amminoacido con un altro può alterare in maniera significativa
la struttura del polipeptide, e la sua conseguente funzione. Secondo, i polipeptidi non
sono riparabili: se un legame covalente viene rotto o riorganizzato nello scheletro del
peptide o nella catena amminoacidica laterale, non esistono meccanismi per riparare il
danno. (Si ricordi che le modificazioni chimiche dei polipeptidi, descritte nella Sezione
3.4, non alterano in maniera permanente i legami nello scheletro o nella maggior parte
delle catene laterali). Terzo, separare il deposito dell’informazione (immagazzinata
nel DNA) dalle molecole che fanno uso di questa informazione (le proteine) aiuta a
proteggere l’informazione custodendola in una forma che sia meno predisposta al
danno; le cellule possono contemporaneamente proteggere il loro DNA e permettere
alle loro proteine di svolgere le funzioni codificate dal DNA.
L’aggiunta, la rimozione o il cambiamento di amminoacidi in qualunque posizione
di un polipeptide può alterare le interazioni con le catene laterali degli amminoacidi
vicini. Per esempio, aggiungere o eliminare un amminoacido ionico può riorganizzare
le posizioni delle catene laterali polari e ioniche vicine. Questa riorganizzazione
induce l’area intorno alla mutazione a cambiare forma, e può innescare una
“reazione a catena” di cambiamento conformazionale dell’intera proteina: se
un’area cambia, ciò influisce sulle aree che la circondano, e così via. Questo effetto
può perdurare per l’intera lunghezza di una proteina filamentosa.
Poiché tutte le proteine devono legarsi a un bersaglio, l’alterazione di una proteina
cambierà lo stato di attivazione di qualunque proteina a cui si leghi. Per esempio,
una mutazione di una proteina tale che questa non lega più una proteina bersaglio
significa che il bersaglio proteico stesso probabilmente non cambierà forma, e quindi
anche la sua funzione verrà compromessa. In maniera simile, una mutazione che
aumenta l’affinità di una proteina per il suo bersaglio aumenterà la probabilità che
si leghino insieme, e questo a sua volta influisce sullo stato funzionale della proteina
bersaglio, compresa la sua affinità per i suoi ulteriori ligandi. Molti comportamenti
anomali osservati nelle cellule tumorali sono il risultato di questa reazione a catena:
poche mutazioni nelle proteine chiave possono alterare l’attività di molte proteine
non mutate.
Ogni singola mutazione di una proteina induce cambiamenti nella proteina
legati alla natura chimica della modificazione. Per esempio, l’aggiunta di zuccheri
alle proteine induce cambiamenti conformazionali diversi dall’aggiunta di lipidi
o di gruppi fosfato. L’aggiunta di molte ubiquitine a una proteina induce un
cambiamento conformazionale che è riconosciuto dai proteasomi, e di conseguenza
la proteina è digerita quando viene in contatto con i proteasomi. In maniera
piuttosto sorprendente, l’aggiunta delle ubiquitine produce lo stesso cambiamento
conformazionale indipendentemente dalle forme delle proteine non modificate.
I siti di legame sulle proteine normalmente contengono molti amminoacidi: per
esempio, formare un sito di legame per un singolo ione calcio può richiedere fino
a cinque amminoacidi diversi. La resistenza del legame è direttamente dipendente
dall’identità di queste catene laterali, così come dalla loro posizione e dalla distanza
relativa dal bersaglio. Poiché ogni combinazione diversa proteina-bersaglio ha una
propria combinazione di queste caratteristiche, è difficile prevedere da tutte queste
variabili l’affinità di legame netta.
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6.
Per prima cosa, l’aggiunta di amminoacidi a un polipeptide avviene soltanto una
volta nell’arco della sua vita, durante la traduzione a opera del ribosoma. Nel corso di
questo processo il polipeptide in accrescimento è completamente aperto; aggiungere
amminoacidi a entrambe le estremità di una proteina già ripiegata e funzionale,
comporterebbe probabilmente la perdita del suo ripiegamento, rendendola non
funzionale. In secondo luogo, gli amminoacidi possono essere rimossi dalle proteine
mature, ma questo è un processo irreversibile, che la rende non adatta a controllare
reversibilmente la struttura e la funzione delle proteine.
7. Un anticorpo è una proteina a più subunità, composta da quattro polipeptidi, e
quindi possiede una struttura quaternaria. Ogni polipeptide contiene amminoacidi
legati insieme da legami peptidici, e la sequenza di questi amminoacidi definisce
la sua struttura primaria. La sequenza di amminoacidi si ripiegano in strutture
secondarie caratteristiche, chiamate foglietti-b, legate da regioni meno stabili
chiamate avvolgimenti casuali. Sulla base della Figura 3.13, sembra che non ci siano
a-eliche in queste subunità. Complessivamente, l’organizzazione delle strutture
secondarie di ogni subunità definisce la struttura terziaria di una proteina. Ogni
subunità è legata covalentemente almeno a un’altra subunità tramite legami
disolfuro che si formano tra le catene laterali di uno specifico amminoacido (cisteina).
Le strutture stabili formate dagli accoppiamenti delle subunità, come i siti di
legame dell’antigene alle estremità dei bracci corti, sono chiamate anche domini. Il
ripiegamento e l’assemblaggio corretto di questa struttura complessa sono favoriti da
proteine specifiche chiamate chaperonine.
8. L’interno di una cellula eucariotica è suddiviso in due regioni distinte: la parte interna
degli organelli e il citosol. A eccezione di quanto avviene nel nucleo, di solito le
proteine non vanno avanti e indietro tra questi due siti. Quindi, le proteine presenti
nel citosol (e nella parte interna del nucleo) vengono degradate dai proteasomi,
mentre le proteine situate nella maggior parte degli altri organelli non possono
accedere ai proteasomi e vengono, invece, digerite nei lisosomi.
9. La moesina è una proteina strutturale. Come tutte le proteine, la moesina adotta
almeno due conformazioni stabili. La forma “attiva”, o funzionale, si raggruppa e
questi raggruppamenti legano le proteine citoscheletriche alla membrana plasmatica
(vedi Capitolo 1, Il citoscheletro e le proteine motrici sono responsabili della forma
e del movimento delle cellule procariotiche ed eucariotiche); la forma inattiva si
trova nel citosol, non legata alla membrana plasmatica. Non appartiene alle altre
otto classi di proteine perché (1) non catalizza reazioni chimiche, (2) non regola
l’attività degli enzimi, (3) non genera la forza utilizzata per indurre il movimento
delle cellule, (4) non trasporta le molecole attraverso le membrane, (5) non si trova
nello spazio extracellulare e quindi non può servire da segnale tra le cellule, (6) non
si lega alle molecole segnale, (7) non si lega a molecole dannose e le neutralizza e (8)
diversamente da una proteina di deposito, non fornisce energia diretta alle cellule.
10. Poiché il muscolo cardiaco e quello scheletrico si contraggono velocemente, si può
immaginare che i meccanismi che controllano direttamente questi comportamenti
utilizzino una modificazione non covalente di breve durata dei complessi delle
proteine contrattili. Infatti, una proteina chiamata troponina si lega direttamente agli
ioni calcio e controlla le interazioni tra la proteina motrice miosina e il suo bersaglio,
l’actina. Al contrario, la contrazione del muscolo liscio è controllata da modificazioni
covalenti più durature. Le proteine motrici miosina delle cellule del muscolo liscio
sono attivate in particolare dalla fosforilazione, e questo permette loro di rimanere in
una configurazione attiva e di contrarsi continuamente per lunghi periodi di tempo.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
D. La funzione della proteina ubiquitina è di indirizzare le proteine per la
degradazione. Riguardate la Sezione 3.5 (Dove vengono eliminate le proteine?) e
la Figura 3.15 per vedere come l’ubiquitina si attacca covalentemente alle proteine.
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2.
3.
4.
5.
13
Perciò, le risposte A, B, ed E sono chiaramente false. La Sezione 3.5 descrive
esattamente come agisce l’ubiquitina, compreso marcare le proteine per l’idrolisi nel
proteasoma anziché renderle semplicemente inattive. Quindi, anche la risposta C è
falsa.
B. Per definizione le cariche ioniche sono polari, proprio come l’acqua. Quindi, un
amminoacido che contiene una carica ionica sulla sua catena laterale deve sempre
essere idrofilico e mai idrofobico. Le altre risposte non sono correlate all’idrofobicità
dell’amminoacido.
B. La fosforilazione avviene principalmente per indurre un cambiamento
conformazionale della proteina. I legami peptidici non si formano tramite
fosforilazione, e non tutti i polipeptidi sono enzimi, il che rende le risposte A e C
sbagliate. L’ubiquitina innesca la distruzione delle proteine, come descritto sopra, e la
fosforilazione non svolge nessun ruolo nella rottura di alcun tipo di legame. Quindi,
anche D ed E non sono corrette.
B. A non è corretta perché, sebbene molte proteine abbiano una struttura
quaternaria, questo non è il concetto importante sotteso all’anemia falciforme
descritta nel Capitolo 2. Il fatto è che ci possono essere molte conformazioni
delle proteine non stabili e non funzionali. Anche le risposte C-E non descrivono
conseguenze importanti, rendendo B la risposta corretta.
E. Per definizione, un sito di legame allosterico su una proteina aiuta a regolare la
forma e quindi l’affinità di legame del sito primario. Le risposte A-D sono sbagliate
perché sono generalizzazioni sulla struttura proteica che potrebbero non essere
applicabili ai siti di legame primario e allosterico.
CAPITOLO 4
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
2.
3.
La differenza chiave tra i polipeptidi e le membrane è che gli amminoacidi dei
polipeptidi sono legati covalentemente l’uno all’altro e un cambiamento nella
forma di una parte del polipeptide può influenzarne l’intera struttura. Al contrario, i
fosfolipidi non sono mai legati covalentemente l’uno all’altro, quindi ognuno agisce
indipendentemente. Se una regione della membrana cambia forma (per esempio
forma una zattera di lipidi), i fosfolipidi che circondano questa regione risultano in
gran parte invariati.
Le variazioni nella fluidità della membrana permettono la formazione di
raggruppamenti di molecole nei fosfolipidi. Questo raggruppamento selettivo
permette una migliore specializzazione delle membrane, favorendo la divisione del
lavoro che è cruciale per la sopravvivenza cellulare. Per esempio, i gruppi di molecole
in una membrana possono suddividere la membrana in compartimenti distinti che
svolgono funzioni differenti. In generale, più è eterogenea una membrana, maggiore
sarà il numero di compiti distinti che svolgerà.
Catena di montaggio: le cellule usano gli enzimi per produrre le molecole precursore
dei componenti di membrana, in modo simile a una catena di montaggio. Per
esempio, il glicerolo e gli acidi grassi vengono sintetizzati attraverso una sequenza
di passaggi nel citosol, mentre il colesterolo e la ceramide sono sintetizzati nel RE.
Un’altra strategia simile alla catena di montaggio è la modificazione dei fosfolipidi (per
esempio, l’aggiunta di zuccheri ai glicolipidi) e di proteine di membrana (per esempio,
aggiunta di GPI) che avviene nell’apparato del Golgi dopo la loro sintesi nel RE.
Rete centralizzata: il RE ricorda un punto di assemblaggio in una rete centralizzata,
nel senso che la sintesi del fosfogliceride e della sfingomielina viene completata nel
RE prima che queste molecole siano inviate all’apparato del Golgi per smistarle verso
le loro destinazioni finali nel sistema endomembranoso.
Rete distributiva: l’orientamento finale dei fosfolipidi in una membrana è determinata
in situ dalle flippasi e dalle floppasi di ogni membrana. Allo stesso modo, il colesterolo
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e altri lipidi vengono rilasciati negli organelli dalle proteine di legame dei lipidi senza
dover passare attraverso l’apparato del Golgi.
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Il termine fluidità deriva dal comportamento dei fosfolipidi e degli altri piccoli lipidi
nella membrana. Molti di questi non sono legati ad altre molecole, a eccezione dei
legami non covalenti che tengono insieme tutti i fosfolipidi. Questo significa che
si diffondono nel piano della membrana in modo relativamente facile. La parte
statica della membrana deriva da grandi complessi delle molecole di membrana che
restano legati l’uno all’altro; la zattera di lipidi mostrata nella Figura 4.6 e le molecole
di adesione mostrate nella Figura 4.9 sono esempi di elementi delle membrane
relativamente immobili. La stessa membrana di una cellula può contenere elementi
sia statici che dinamici; da qui il termine modello a mosaico fluido.
I fosfolipidi vengono sintetizzati nel reticolo endoplasmatico, e vengono trasportati
verso la maggior parte delle destinazioni, compresa la membrana plasmatica, da una
serie di vescicole che si staccano da, e si fondono con, gli altri organelli. La maggior
parte delle vescicole che si fonde con la membrana plasmatica ha origine dagli
organelli chiamati endosomi e dal reticolo trans del Golgi.
Queste proteine si legano a singoli acidi grassi e li trasportano dal citosol alle
membrane degli organelli che normalmente non sono associati al sistema
endomembranoso (per esempio mitocondri, cloroplasti, perossisomi). Vengono poi
assemblati nei fosfolipidi delle membrane di questi organelli. Queste proteine vanno,
infatti, a sostituire le vescicole come mezzo principale di trasporto tra gli organelli che
non fanno parte del sistema endomembranoso.
Aumentare la concentrazione di sale distruggerà i legami polari e ionici tra queste
proteine e gli altri elementi delle membrane. Poiché le proteine di membrana
periferiche sono legate alla membrana principalmente da questi legami, saranno la
prima classe di proteine a essere eluite dalle membrane. Le proteine di membrana
ancorate ai lipidi sarebbero probabilmente le successive, poiché sono tenute sulla
membrana da una o due code di acidi grassi, e quindi è probabile che precipitino
quando il sale e il detergente inizia ad alterare, rispettivamente, le interazioni tra i
gruppi della testa e delle code lipidiche. Le proteine integrali monotopiche potrebbero
essere estratte successivamente, poiché si associano a più fosfolipidi e potrebbero
essere rilasciate dalla membrana quando la concentrazione di sali e detergenti fosse
abbastanza elevata da distruggere l’organizzazione di molti fosfolipidi di membrana.
L’ultimo gruppo di proteine estratte comprenderebbe quelle che attraversano l’intera
membrana almeno una volta, e in seguito quelle che sono tenute in loco da legami sia
polari che non polari su entrambi i versanti della membrana. Queste diventerebbero
solubili una volta che l’intera struttura della membrana fosse distrutta.
La sintesi di GPI inizia con la modificazione di un fosfolipide (PI) integro nel
versante citosolico del RE; tale modificazione è rappresentata dall’aggiunta di un
singolo zucchero. A seguito di questo, il PI modificato viene spostato nel versante
esoplasmatico, dove vengono aggiunti ulteriori zuccheri. Dopo la sintesi completa,
il GPI viene aggiunto all’estremità C-terminale della proteina nel lume del RE,
ancorandosi quindi alla membrana attraverso le code lipidiche del PI.
Una proteina di membrana multipasso è composta da un singolo polipeptide che
penetra almeno due volte la membrana plasmatica, in un modo simile a punti
di cucito. Una proteina di membrana a subunità multiple possiede almeno due
polipeptidi, e ognuno è definito subunità. Almeno una di queste subunità deve essere
associata alla membrana per qualificare il complesso come proteina di membrana.
Come mostrato nella Figura 4.12, la scramblasi trasporta i fosfolipidi di membrana
da un monostrato lipidico all’altro in entrambe le direzioni attraverso la membrana,
alterando quindi la tipica distribuzione asimmetrica di ogni tipo di fosfolipide in quella
membrana.
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8.
Il rivestimento di lipidi si comporta nello stesso modo in cui si comportano
i fosfolipidi quando sono immersi nell’acqua: si aggregano spontaneamente
con altre molecole idrofobiche (vedi Figura 1.7b). Quindi, queste miscele contenenti
i lipidi si fonderanno spontaneamente con il doppio strato fosfolipidico della
membrana plasmatica, in maniera simile al modo in cui una vescicola di trasporto
all’interno di una cellula si fonderà con la membrana (vedi Figura 4.15). Le molecole
idrofobiche racchiuse in questi lipidi possono passare attraverso il doppio strato
lipidico della membrana durante questo evento di fusione, e quindi entrare all’interno
della cellula.
9. Una delle più importanti barriere per la diffusione dei doppi strati lipidici è lo
strato non polare (idrofobico) formato dalle code lipidiche al centro del doppio
strato. Per convenzione, le molecole non polari possono diffondere dentro/fuori/
attraverso questa regione abbastanza facilmente, a una velocità che è inversamente
proporzionale alla loro dimensione. Tuttavia, le molecole con evidenti cariche
elettriche sono troppo idrofiliche per penetrare questo strato interno, e quindi sono
impermeabili indipendentemente dalla loro dimensione. Le molecole polari non
cariche si trovano tra questi due estremi e sono permeabili in modo inversamente
proporzionale sia alla loro dimensione che alla loro polarità relativa (formalmente
chiamato dipolo elettrico).
10. Gli acidi grassi “saturi” sono così chiamati perché hanno il numero massimo
di idrogeni attaccati a ogni carbonio: diversamente dal carbonio del gruppo
funzionale dell’acido carbossilico, ogni carbonio ha un singolo legame con
un altro carbonio o con un idrogeno. Detto più semplicemente, gli acidi grassi
saturi non hanno doppi legami tra carboni. Gli acidi grassi insaturi contengono
meno del numero massimo di idrogeni, e questo porta alla formazione di doppi
legami tra i carboni. Inoltre, i doppi legami cis e trans formano conformazioni
diverse: i legami cis determinano un’anomalia nella forma a zig-zag della coda
dell’acido grasso. Questa distinzione è importante perché il grado di saturazione
dell’acido grasso, nonché il tipo di doppi legami di un acido grasso insaturo,
influiscono sulla forma sia dell’acido grasso che del fosfolipide che lo contiene.
I fosfolipidi con forme diverse influiscono sulla struttura e sulla funzione della
membrana determinando la densità di impacchettamento relativo dei fosfolipidi
e la fluidità della membrana.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
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2.
3.
C. A non è corretta perché le proteine integrali di membrana e le proteine di
membrana ancorate ai lipidi non sono necessariamente sempre globulari. Dato che
la maggior parte delle proteine funzionanti di una cellula è composta da subunità
multiple, la risposta B è sbagliata perché non descrive una proprietà importante dei
due tipi di proteine. I legami peptidici stessi, per definizione, non possono essere
idrofobici, il che rende anche la risposta D non corretta. Non è necessario che
entrambi i tipi di proteine abbiano legami disolfuro, il che rende la risposta E falsa.
Quindi, la risposta corretta deve essere la C. Questo ha senso perché la parte interna
di una doppia membrana cellulare è idrofobica (le code fosfolipidiche), mentre
la cellule e la matrice extracellulare sono entrambe idrofiliche, quindi, affinché le
proteine di membrana restino all’interno della membrana, devono essere coinvolte
interazioni idrofobiche.
A. Prendete in considerazione la Sezione 4.4 (L’assemblaggio della membrana inizia
in gran parte nel REL e si completa nell’organello di destinazione).
D. Per definizione i gruppi delle teste dei fosfolipidi non possono essere amminoacidi
o nucleotidi, il che rende non corrette le risposte A ed E. I fosfolipidi sono composti
da gliceroli, non legati a essi, quindi anche la risposta B non è corretta. Inoltre, non è
necessario che gli acidi grassi contenuti all’interno di essi siano insaturi, quindi D deve
essere la risposta corretta.
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4.
5.
A. Prendete in considerazione la Sezione 4.3 per la definizione di zattera lipidica
(Il modello a mosaico fluido spiega come i fosfolipidi e le proteine interagiscono
all’interno di una membrana cellulare).
E. La forma ad a-elica non è idrofobica, il che rende la risposta A sbagliata. Piuttosto,
la forma ad a-elica permette semplicemente alla proteina di separare le sue
parti idrofobiche (coda acilica) dalle sue parti idrofiliche (scheletro polipeptidico).
Questa separazione è utile per proteggere le parti idrofiliche interne della proteina
dall’interno della doppia membrana cellulare, che è idrofobica. Questo scudo genera
un canale per le sostanze polari così che possono passare liberamente attraverso la
membrana cellulare idrofobica, rendendo l’a-elica estremamente utile per le regioni
delle proteine che attraversano la membrana. Prendete in considerazione la Sezione
4.3 per un riesame (in particolare, Per attraversare il doppio strato lipidico le proteine
transmembrana generalmente usano a-eliche).
CAPITOLO 5
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
Osservate la tabella sottostante per confrontare.
Corde
Catene
Cavi di acciaio
Somiglianze
con i
filamenti
intermedi
Un grado elevato
di contatto di
superficie tra
filamenti singoli
aumenta la
resistenza; uso
dell’avvolgimento.
Nessuna polarità
strutturale.
Struttura
modulare; ogni
collegamento
è in qualche
modo analogo
a un tetramero.
Nessuna
polarità
strutturale.
Flessibile,
forma uniforme
per tutta la
lunghezza
della struttura.
Nessuna
polarità
strutturale.
Differenze
con i
filamenti
intermedi
I legami chimici
che tengono
insieme i filamenti
intermedi sono
più forti; le corde
sono più soggette
a sfilacciarsi alle
estremità.
Nessuna
struttura simile
a un anello
dei filamenti
intermedi. Tutte
le subunità
dei filamenti
intermedi sono
tenute insieme
con la stessa
forza, variabilità
molto minore
lungo la loro
lunghezza.
La struttura
atomica della
lega di acciaio
è basata sul
reticolo formato
dal ferro e
(più spesso)
dagli atomi
di carbonio.
Spesso
eterogeneo
nella struttura.
Richiede una
temperatura
elevata per
formarsi.
Cemento
armato
Seta
Kevlar
Grado elevato
di interazione
con altre
strutture di
supporto (per
esempio il
calcestruzzo).
Nessuna
polarità
strutturale.
Proteina
polimerica.
Altamente
insolubile in
acqua. Molto
leggera. Elevata
resistenza
elastica.
Nella forma
dei filamenti, è
intessuto come
una corda.
Conformato
anche in cavi,
analoghi ai
raggruppamenti
di filamenti
intermedi
collegati. Molto
leggero.
Poca flessibilità.
Elasticità molto
migliore.
Contiene più
foglietti-b
che a-eliche.
Possiede
polarità
strutturale.
Possiede polarità
strutturale.
L’evoluzione per selezione naturale agisce sulla parte ereditabile del fenotipo di un
organismo, e quindi influenza la frequenza allelica dei geni di una popolazione.
Questo significa che per gli organismi che utilizzano l’evoluzione come strategia,
il materiale deve essere un gene o i suoi prodotti. Poiché le proteine sono più forti
degli acidi nucleici, l’evoluzione interessa i geni che vengono tradotti in proteine.
Una volta stabilito ciò, le possibilità di sviluppare un materiale insolubile, leggero,
flessibile e forte sono limitate a quelli che possono essere formati dalle proteine.
Teoricamente, le cellule potrebbero usare le proteine per costruire i filamenti
di composizione diversa (per esempio, polimeri di zucchero, minerali); tuttavia
non si formerebbe mai nulla simile all’acciaio, perché generare la natura chimica
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2.
3.
17
dell’acciaio dai suoi elementi costitutivi richiede elevate temperature tali che le
cellule non possono sopravvivere.
Il comportamento simile a “fare surf” è causato dalle proteine motrici immobilizzate
che tirano i microtubuli solubili. Se viene generata una forza sufficiente nella stessa
direzione da una o più proteine motrici, il microtubulo attaccato alle proteine motrici
scivola nella direzione in cui tirano le proteine motrici. La sedimentazione casuale
delle proteine motrici rispetto alla direzione di avanzamento induce i microtubuli
a cambiare direzione quando incontrano proteine motrici orientate in maniera
diversa. Se fosse aggiunta una quantità abbondante di ADP alla soluzione, lo
scivolamento dei microtubuli rallenterebbe o si fermerebbe del tutto, perché l’ADP in
eccesso occuperebbe il sito di legame dell’ATP delle proteine motrici invece dell’ATP,
impedendo alle proteine quindi di rompere qualsiasi ATP per generare energia
cinetica. Se venisse aggiunto GDP, i microtubuli si dissolverebbero parzialmente o del
tutto perché i dimeri di tubulina si legherebbero al GDP in eccesso, trasformandoli in
una forma che favorisce la conformazione della subunità monomerica rispetto alla
conformazione polimerica.
Ecco un modo per parafrasare l’affermazione: l’actomiosina genera la forza
contrattile necessaria a far muovere una singola cellula muscolare. Quando più cellule
muscolari lavorano di concerto, possono coordinare il loro movimento per generare
una resistenza sufficiente a muovere un intero muscolo, come il muscolo pettorale.
Un’argomentazione a supporto di questa affermazione è che un muscolo intero non
è più forte della somma dei suoi elementi di actomiosina, poiché queste proteine
sono le uniche a fare contrarre le cellule muscolari. Più actomiosina ha una cellula,
più sarà forte.
Un’argomentazione che confuta questa affermazione è che è eccessivamente
semplificata. Considerate il costamero descritto nella sezione di questo capitolo
che parla dei filamenti intermedi; se non sono presenti le proteine che collegano
l’actomiosina alla membrana plasmatica e/o allo spazio extracellulare, la cellula
muscolare non può funzionare correttamente. Mutazioni in queste proteine di
collegamento causano, per questa ragione, molte forme di distrofia muscolare.
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
3.
I filamenti intermedi (IF) sono i più stabili delle tre classi di filamenti citoscheletrici,
e questa stabilità è fornita perlopiù dalla struttura a superavvolgimento formata
dalle a-eliche delle coppie delle subunità degli IF. Il superavvolgimento è tenuto
insieme dalle interazioni idrofobiche tra gli amminoacidi delle catene laterali delle
due subunità. Circa un terzo degli amminoacidi dei domini centrali degli IF sono
idrofobici, il che sottolinea l’importanza di queste interazioni. Sebbene sia le subunità
di tubulina che quelle di actina contengano domini idrofobici, nessuna delle due ha
una densità elevata di amminoacidi non polari negli IF.
La desmina funziona come collegamento strutturale tra altre proteine citoscheletriche
nel complesso del muscolo contrattile, in particolare tra i filamenti di actina e le
proteine dei dischi Z. È fondamentale perché se i collegamenti della desmina non
vanno a buon fine, la forza generata dall’actina e dalla miosina non viene trasferita
alla superficie cellulare (complesso dei recettori delle integrine). Senza la trasmissione
di questa forza, i movimenti su larga scala (per esempio, degli arti, della testa, della
mandibola ecc.) sono gravemente compromessi.
È stato osservato che il tasso di crescita in vitro dei microtubuli (allungamento)
era lo stesso in entrambi i campioni. Ma il tasso di accorciamento dei microtubuli
(depolimerizzazione) era molto più basso nel campione che conteneva l’analogo
del GTP. La ragione di ciò è che il taglio del GTP non svolge un ruolo nella
polimerizzazione dei microtubuli, ma invece promuove la depolimerizzazione dei
microtubuli: poiché l’analogo del GTP era stato tagliato più lentamente, i microtubuli
si sono accorciati a una velocità più bassa in quel campione.
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4.
Il cappuccio rappresenta la concentrazione più alta di subunità di tubulina legate
a GTP in un microtubulo. Poiché, per definizione, le subunità di tubulina devono
essere legate al GTP per diventare parte del microtubuli, l’estremità del microtubulo
in accrescimento più veloce ha la concentrazione più alta di GTP. A causa della sua
polarità strutturale, un microtubulo cresce preferenzialmente al suo polo “positivo”,
e questo è il punto in cui si forma il cappuccio di GTP.
5. Le proteine motrici dei microtubuli hanno siti di legame per i microtubuli, ATP, e
molecole di “carico”. In questo caso, le proteine motrici porterebbero le proteine
attaccate ai cromosomi come loro carichi, e “camminerebbero” verso l’estremità
negativa dei microtubuli (cioè verso i poli). Poiché i poli sono gli MTOC, possiamo
supporre che si leghino alle estremità negative dei microtubuli emergenti. Il taglio
dell’ATP fornirà l’energia necessaria.
6. Il “cappuccio” si forma all’estremità positiva di un filamento di actina in
accrescimento, perché la concentrazione di actina neoincorporata che lega l’ATP
all’estremità positiva è abbastanza elevata da evitare il disassemblaggio del filamento
a livello di quell’estremità. È completamente analogo al cappuccio di GTP dei
microtubuli. Come il cappuccio di GTP dei microtubuli, il cappuccio di ATP dei filamenti
di actina scompare nel corso del tempo quando l’ATP viene idrolizzato ad ADP.
7. Le proteine che assemblano l’actina aiutano a formare le spesse fibre di actina
necessarie a resistere alla forza delle proteine motrici di miosina. Una volta che le
proteine motrici di miosina tirano l’actina, e la cellula si muove in avanti, le proteine
che degradano l’actina aiutano a disassemblare questi filamenti per aumentare il
gruppo di subunità di actina al margine anteriore della cellula, dove vengono generati
nuovi filamenti, e il ciclo si ripete.
8. L’instabilità dinamica richiede tassi diversi di assemblaggio e disassemblaggio alle due
estremità di un filamento (cioè l’estremità “positiva” e “negativa”). Poiché i filamenti
intermedi non hanno una tale polarità strutturale, le loro estremità sono identiche,
e quindi ogni crescita o accorciamento di un IF ha la stessa probabilità di verificarsi
a entrambe le estremità, assumendo che tutte le altre variabili che riguardano
l’assemblaggio del filamento intermedio siano uguali.
9. La distruzione della rete di microtubuli nelle cellule tumorali, stabilizzando o
inducendo la depolimerizzazione dei microtubuli, interferisce con l’instabilità dinamica
di questa rete, e quindi impedisce il rimodellamento necessario per formare e
dissolvere il fuso mitotico durante la divisione cellulare. Questo a sua volta impedisce
alle cellule tumorali di dividersi. (I farmaci comuni che bersagliano i microtubuli
comprendono la classe di composti chiamati tassani.) Allo stesso modo, la rottura
dell’actina citoscheletrica potrebbe impedire alle cellule tumorali di assemblare i
filamenti a loro necessari per completare la divisione cellulare così come i complessi
che generano la forza necessaria a queste cellule per migrare nei tessuti circostanti.
(I farmaci come la citocalasina e la falloidina impediscono, rispettivamente, la
polimerizzazione e il disassemblaggio dei filamenti di actina.) Infine, interferire con
l’assemblaggio dei filamenti intermedi può evitare la dissoluzione e il riassemblaggio
del nucleo durante la divisione cellulare così come ridurre l’integrità strutturale
dell’intera parte interna della cellula. (Il farmaco vitaferina-A induce la dissoluzione
della rete di filamenti intermedi di vimentina in alcune cellule tumorali.) Così come
accade per molti farmaci antitumorali, i principali effetti indesiderati del bersagliare
le reti citoscheletriche derivano dal fatto che la maggior parte delle cellule sane può
venire colpita in modo molto simile: impedire l’assemblaggio corretto del fuso mitotico
impedirà la divisione di ogni cellula, non solo delle cellule tumorali. La mancata
sostituzione delle cellule sane è l’effetto indesiderato caratteristico della maggior parte
dei trattamenti del cancro. La tossicità generale di questi farmaci limita molto la loro
utilità nel trattamento dei pazienti affetti da cancro.
10. Il rigor mortis si verifica quando la concentrazione di ATP scende al livello in cui
l’ATP non può legarsi alla testa di miosina. Questo chiude il ciclo contrattile della
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fase 6, quando la miosina rilascia ADP e rimane attaccata finché si lega a un nuovo
ATP. Poiché la miosina rimane attaccata all’actina, l’intero apparato contrattile
resta bloccato, dando origine alla caratteristica rigidità muscolare. Esaurire la
concentrazione di ATP richiede poche ore dopo la morte. Una volta che resta
bloccata, l’unico modo per la miosina di rilasciare il filamento di actina è denaturarsi
(ed essere degradata). Questo richiede molto più tempo perché è necessario che la
proteina si rompa fisicamente.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
2.
3.
4.
5.
A. La funzione delle proteine che incappucciano l’actina è di controllare la lunghezza
e la stabilità dei filamenti di actina legandosi a entrambe le estremità, positiva e
negativa, dei filamenti. Riguardate le pagine 190-192.
D. I foglietti-b non sono più forti delle a-eliche, quindi la risposta A non è corretta,
sebbene le lamine (che sono filamenti intermedi) proteggano il nucleo, il che non è la
ragione per cui i filamenti intermedi sono considerati forti. Molte proteine hanno una
struttura quaternaria, il che non è significativo, proprio come la risposta E (la maggior
parte delle proteine richiede modificazioni covalenti per depolimerizzarsi). Sappiamo
che gli IF possono assorbire forti tensioni senza rompersi. Pensate alla tensione
che viene applicata quando sbattete la mano contro il tavolo; i filamenti intermedi
impediscono alle cellule della mano di rompersi, sebbene una grande forza venga
trasmessa alla vostra mano dal tavolo. Quindi, possiamo dire che gli IF sono forti
perché possono assorbire grandi quantità di tensione.
A. Se ci sono più filamenti di actina in una soluzione, quella soluzione sarà poi più
torbida. Quindi, la torbidità può essere usata per misurare la polimerizzazione, o la
formazione, dei filamenti di actina.
E. La funzione del gTuRC è di nucleare la formazione dei dimeri ab-tubulina. Vedi
Capitolo 5, Sezione 5.4, L’MTOC contiene il complesso ad anello formato dalla
gamma-tubulina (gTuRC) che agisce da nucleo di attivazione nella formazione del
microtubulo).
D. L’impatto maggiore delle proteine citoscheletriche sulla cellula è di consentire il
movimento (della cellula stessa o degli organelli all’interno della cellula). Perciò la loro
funzione principale è il movimento, e quindi è più significativo il fatto che i polimeri si
legano alle proteine motrici che si muovono in direzioni specifiche.
CAPITOLO 6
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
Funzione
Collageni
Fibronectine
Elastine
Laminine
Proteoglicani
Lamina basale
1. Conferisce
resistenza
meccanica al
tessuto.
Dominio a tre
eliche unite
da legami
trasversali in
tutti i collageni;
particolarmente
importanti
nei collageni
fibrillari.
Contengono i
siti di legame
per altre
glicoproteine
strutturali
(per esempio,
i collageni)
formando
una rete
interconnessa.
Poco (o nessun)
contributo.
Dominio a tripla
elica in tutte le
laminine.
La carica
negativa
sui GAG
attrae acqua,
conferisce
resistenza alla
compressione.
Collageni simili a
foglietti formano
una rete con
le laminine e
altre proteine
per resistere alle
forze di taglio.
Alcuni sono
raggruppati in
grandi aggregati
interconnessi
(per esempio,
i tendini).
Dimeri collegati
tra loro
raggruppati in
fibre.
Contengono i
siti di legame
per altre
glicoproteine
strutturali
(per esempio,
i collageni)
formando reti
interconnesse.
(segue a p. 20)
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20
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(continua da p. 19)
Funzione
Collageni
Fibronectine
Elastine
Laminine
Proteoglicani
Lamina basale
2. Fornisce i
Contengono i
siti di adesione siti di legame
per le cellule. delle integrine,
accessibili
e criptici,
compreso RGD.
Contiene il sito
di legame delle
integrine RGD.
Lo strato
microfibrillare
contiene RGD.
Contengono i
siti di legame
delle integrine,
accessibili e
criptici, nessun
RGD.
Fornisce i siti
di legame
per i recettori
non integrine
come CD44, e i
sindecani.
Substrato per gli
emidesmosomi e
per altre strutture
di adesione
basate su
integrine.
3. Conferisce
elasticità ai
tessuti.
Le sequenze
ripetute di
tipo III possono
distendersi sotto
stress e poi
ripiegarsi.
Il raggruppamento Poca o nessuna.
spontaneo
indotto dai domini
idrofobici è
reversibile.
Poca o nessuna.
Non nota.
Poca o nessuna.
2.
Se si accetta la premessa che tutte le cellule di un organismo pluricellulare devono
aderire l’una all’altra, l’affermazione (1) sembra corretta. Tuttavia la premessa è
falsa. Questo capitolo descrive molti materiali che si trovano tra le cellule, e quindi
per definizione non permettono l’adesione cellula-cellula diretta. Si ricordi dall’inizio
del capitolo che gli organismi pluricellulari possiedono due caratteristiche che li
distinguono dagli organismi unicellulari: possono aderire stabilmente l’uno all’altro,
o aderire alla matrice extracellulare che si trova tra loro; per esempio, la maggior
parte dei fibroblasti non aderisce direttamente ad altre cellule, ma rimane sempre in
contatto con la matrice extracellulare.
L’affermazione (2) potrebbe essere corretta se si pensasse che ogni cellula di un
organismo pluricellulare svolgesse più funzioni, ma questo è in contrasto con la
nostra conoscenza della pluricellularità. Le cellule formano raggruppamenti in
modo da diventare specializzate, svolgendo soltanto una serie di funzioni necessarie
all’organismo. L’ipotesi è che concentrandosi su una serie limitata di compiti, ogni
cellula di un organismo pluricellulare può diventare più esperta nello svolgimento di
questi compiti rispetto alle controparti unicellulari. Quindi, i complessi di adesione
cellula-cellula rappresentano un tipo di specializzazione che le cellule possono usare
per svolgere le loro funzioni. Grazie all’evoluzione per selezione naturale, la maggior
parte delle cellule produce solo quelle strutture specializzate necessarie a svolgere
le sue funzioni. Nonostante la loro ingegnosità questi complessi giunzionali non
forniscono nessun vantaggio alle cellule che non li possono usare. In generale, meno
complessi di questo tipo una cellula produce, più efficiente diventa.
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
Le proprietà più importanti della lamina basale sono (1) la capacità di resistere alla
trazione (forze di stiramento/allungamento) in molte direzioni, mentre (2) supportano
l’adesione di uno strato di cellule. Le laminine formano triple eliche, simili a quelle
dei collageni, e questa organizzazione le rende abbastanza resistenti alla trazione. Il
fatto che possano formare reti ramificate con altre laminine significa che sono capaci
di resistere a queste forze in più direzioni. (Vale la pena notare che i collageni che
formano la rete sono compresi in questa struttura.) Ma, contrariamente alla maggior
parte dei collageni, le laminine hanno anche un maggior numero di siti di legame
per i recettori cellulari e per molte altre molecole della matrice extracellulare; questa
proprietà permette alle laminine di formare dense reti simili a foglietti che aderiscono
direttamente allo strato di cellule. Il risultato è un foglietto denso e resistente che
supporta l’adesione dello strato di cellule.
L’aggiunta di gruppi solfato agli zuccheri li rende carichi negativamente, quindi si
respingono l’un l’altro. Questo a sua volta aiuta ad assicurare che i gruppi di zuccheri
occupino più spazio possibile, rinforzando la struttura mostrata nella Figura 6.12.
Poiché le cariche negative attraggono ioni carichi positivamente, favoriscono la
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Risposte
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3.
4.
5.
6.
7.
21
creazione nei tessuti di un gradiente osmotico basato su ioni, attraendo quindi
acqua per mantenere le cellule idratate. Questo a sua volta aiuta le molecole
solubili (nutrienti, rifiuti, molecole di segnalazione) a diffondersi attraverso lo spazio
extracellulare.
Una delle proprietà più importanti della maggior parte delle proteine dell’ECM è
che sono legate covalentemente in complessi enormi; in generale, più un complesso
è grande ed eterogeneo, più è difficile che si dissolva. Per esempio, i collageni e
l’elastina sono collegati da legami tra l’amminoacido lisina modificato delle catene
laterali così come da legami disolfuro. Le laminine e le fibronectine sono tenute
insieme anche da legami disolfuro. Queste proteine possono anche essere legate
covalentemente ad altre proteine nello spazio extracellulare (per esempio, le proteine
della guaina delle fibre di elastina).
Dalle più complesse alle meno complesse: elastina, collagene, laminina, fibronectina.
L’elastina è la più complessa perché è accompagnata attraverso la via secretoria da
una proteina chaperone, poi è collegata ad altre proteine sulla superficie cellulare
prima di passare a una fibra in accrescimento dai recettori delle integrine. Al
contrario, i dimeri di fibronectina sono completamente distesi dai recettori delle
integrine e poi si legano spontaneamente ad altri dimeri di fibronectina distesi.
L’assemblaggio dei filamenti di collagene e laminina richiede più passaggi della
fibronectina ma meno dell’elastina.
Caratteristica 1: tutte le proteine assumono almeno due forme tridimensionali stabili.
In base al modello presentato nelle Figure 6.17 e 6.19, le integrine assumono molte
forme stabili diverse, che vanno dalla forma piegata e chiusa che non si lega a un
ligando, alla forma a cuffia aperta completamente estesa che si lega più strettamente
al suo ligando. Le figure mostrano tre forme, ma sono possibili anche molte più
strutture intermedie, ognuna con la sua affinità relativa per il ligando. Caratteristica
2: tutte le proteine si legano ad almeno una molecola bersaglio. La Figura 6.18
elenca molti bersagli (ligandi) a cui si legano le integrine. Ogni recettore si lega ad
almeno un ligando. Caratteristica 3: tutte le proteine svolgono almeno una funzione
cellulare. La Figura 6.20 e la Figura 6.21 mostrano una moltitudine di complessi
proteici contenenti integrine che mediano l’adesione delle cellule alle proteine della
matrice extracellulare. Si noti che ognuna di queste strutture si collega ai filamenti
di actina. La descrizione del Capitolo 5 che riguarda il ruolo dei filamenti di actina e
la migrazione cellulare (vedi, Le proteine motrici che legano l’actina esercitano una
forza sui filamenti di actina per indurre la motilità cellulare) mostra come l’adesione
mediata dall’integrina alla matrice extracellulare può essere utilizzata per resistere alle
forze prodotte dalle proteine motrici miosina, e inducendo così movimento cellulare.
I contatti focali sono le forme meno stabili di complessi di integrine, e si formano
quasi immediatamente dopo che le integrine entrano in contatto con le proteine
della matrice extracellulare nello spazio extracellulare. Sono più o meno equivalenti
allo sfioramento leggero dei polpastrelli su una superficie: c’è poco contatto, e
questo dura per un periodo di tempo molto breve. Vengono usati quando le cellule
“esplorano” il loro ambiente extracellulare, toccando e rilasciando rapidamente le
superfici che incontrano. Al contrario, le adesioni fibrillari sono altamente stabili e
di lunga durata: sono più o meno equivalenti ai polpastrelli che si contraggono per
afferrare un oggetto. Le adesioni focali non generano forza sul substrato extracellulare
e sono composte da poche proteine. Le adesioni fibrillari resistono alla tensione sui
filamenti di actina, quindi possiedono più proteine per aiutare a mantenere al suo
posto l’actina e trasmettono questa forza di stiramento alle integrine.
In questo capitolo abbiamo visto che i filamenti di actina si attaccano alle strutture
di superficie cellulare che controllano la forma delle cellule. Queste strutture
comprendono le giunzioni strette, le giunzioni aderenti e la maggior parte dei
raggruppamenti di integrine. Tutte sono capaci di alterarsi in risposta alle forze
trasmesse attraverso i filamenti di actina: le giunzioni strette si allentano, lo
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scivolamento dei filamenti di actina nelle giunzioni aderenti induce lo schiacciamento
della membrana apicale, e l’applicazione della tensione induce i contatti focali a
maturare in complessi di adesione stabili che facilitano la migrazione cellulare. Al
contrario, i filamenti intermedi sono attaccati ai desmosomi e agli emidesmosomi, e
questi non generano nessuna tensione o movimento; resistono, invece, alle forze di
stiramento e mantengono le cellule al loro posto.
8. I microscopisti hanno osservato che i desmosomi contengono due placche, a quanto
pare identiche, nelle membrane plasmatiche di cellule adiacenti, e queste placche
sono accoppiate tra loro dalle proteine della superficie cellulare che coprono lo
spazio tra le cellule. Ogni metà del desmosoma è connessa ai filamenti intermedi di
cellule adiacenti, collegando insieme efficacemente il citoscheletro delle due cellule.
Gli emidesmosomi formano allo stesso modo una placca a livello della superficie
cellulare, e si connettono ai filamenti intermedi. Anch’essi contengono le proteine
della superficie cellulare che si proiettano nello spazio extracellulare. Questo indusse
i primi microscopisti a ritenere che gli emidesmosomi fossero le metà isolate di un
desmosoma integro. Dopo aver ideato metodi per isolare queste strutture e studiarne
la composizione molecolare, sappiamo che le due strutture sono completamente
diverse l’una dall’altra: le proteine che formano la placca, così come le proteine della
superficie cellulare, hanno strutture completamente diverse.
9. Molti tipi cellulari contano sulle giunzioni comunicanti per coordinare le loro attività
con le cellule vicine: le giunzioni comunicanti tra le cellule epiteliali sono tra gli esempi
più frequentemente citati di funzione coordinata nei raggruppamenti di cellule.
Inoltre, per essere funzionale, alla cellula non è necessaria una comunicazione rapida
con le cellule vicine: per esempio, molti dei globuli bianchi che circolano nel corpo
per distruggere cellule estranee e materiali tossici funzionano in gran parte come
solisti (sebbene in grandi gruppi), così come fanno le cellule muscolari che muovono
il nostro scheletro.
10. I globuli bianchi escono dal circolo a livello dei siti di danno utilizzando il meccanismo
illustrato nella Figura 6.40. Quando si verifica un ictus, il flusso sanguigno viene
bloccato; quando viene ripristinato, le cellule del sistema immunitario vengono
richiamate nel sito di danno per iniziare la riparazione. Un passaggio importante della
riparazione è il rilascio di agenti chimici tossici per uccidere tutti gli organismi invasori.
Nel caso dell’ictus cerebrale, questo passaggio della risposta non è necessario;
provoca, infatti, in quella regione danni alle cellule del cervello. Quindi, evitare la
fuoriuscita dei globuli bianchi dalla circolazione sanguigna vicino all’ictus può aiutare
a ridurre il danno causato dall’infiammazione. Bloccare le selectine impedisce che i
globuli bianchi si “fermino” vicino al sito di danno.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
2.
3.
4.
5.
D. Gly-X-Y è definita come una sequenza ripetitiva di amminoacidi del collagene.
Vedi Sezione 6.2 e Figura 6.4.
C. Le giunzioni strette non si legano ai filamenti intermedi, ma si collegano ad altre
parti del citoscheletro. Inoltre non sono flessibili, poiché una delle loro funzioni
consiste nel mediare quanto strettamente le cellule vengono tenute insieme. Un’altra
funzione è di regolare il trasporto di particelle tra le cellule, il che significa che devono
essere in grado di consentire alle piccole molecole di passare tra cellule epiteliali
adiacenti. Vedi Sezione 6.3.
E. La funzione dei proteoglicani coinvolge l’idratazione dei tessuti, che viene
conseguita legando l’acqua con l’aiuto dei glicosamminoglicani altamente polari
(polisaccaridi lunghi non ramificati: GAG).
A. La polimerizzazione della fibronectina viene innescata dall’esposizione dei siti di
legame della fibronectina sui dimeri; se ciò non accade, i siti di legame sono nascosti
e la fibronectina non può polimerizzarsi.
A. Riesaminate la Sezione 6.3 per la definizione e la funzione delle caderine.
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CAPITOLO 7
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
Iniziamo ricordando che i procarioti e gli archei sono state le prime forme di vita sulla
Terra, apparsi miliardi di anni prima degli eucarioti (e dei nuclei che li definiscono).
Questo significa che almeno alcuni dei macchinari molecolari potrebbero essersi
evoluti prima che i nuclei facessero la loro comparsa, in particolare il replisoma e i
complessi dell’RNA polimerasi, poiché in queste prime cellule devono essere avvenuti
la replicazione del DNA e la trascrizione. Non è noto se questi compiti fossero svolti
esattamente dagli stessi complessi che oggi troviamo negli eucarioti, ma è altamente
improbabile; ciò nonostante, almeno alcune forme di replicazione del DNA e
dell’RNA polimerasi sono antecedenti alla matrice nucleare, semplicemente perché
erano necessarie per le cellule senza nucleo.
Per quanto riguarda lo spliceosoma è un altro paio di maniche. Lo splicing delle
molecole di RNA avviene soltanto nelle cellule eucariotiche, quindi sappiamo che
questo macchinario deve essersi evoluto dopo che sono comparsi i nuclei.
Questi concetti portano alla conclusione che le forme primitive di almeno alcuni dei
macchinari molecolari dei nuclei si sono evolute prima della matrice nucleare. Ciò
significa che la matrice nucleare ha avuto origine de novo negli eucarioti? Non è
probabile: si ricordi che le proteine che compongono la matrice si legano al DNA.
Il Capitolo 5 finiva con una descrizione dei precursori evolutivi del citoscheletro
eucariotico; si pensa che almeno un tipo di proteina della matrice nucleare, le
lamine, si sia evoluto dalle proteine che legano il DNA dei procarioti. Queste
osservazioni suggeriscono che gli antenati dei geni moderni della matrice nucleare
erano funzionanti nei procarioti prima che comparissero i nuclei, e che si sono
semplicemente adattati una volta che sono stati racchiusi all’interno dei confini di
un’ulteriore membrana (cioè durante l’endosimbiosi). In conclusione, sembra che la
matrice nucleare sia un adattamento evolutivo che è comparso nei nuclei dopo che
si era formato nei procarioti un qualche tipo di macchinario di replicazione del DNA
e di trascrizione. Tuttavia, lo spliceosoma deve essersi evoluto dopo le altre strutture,
perché è esclusivo degli eucarioti.
2. La scoperta forse più informativa è che tutte le diverse DNA polimerasi aliene sono
le stesse. Questo comporta che la DNA polimerasi aliena sia molto versatile, perché
gli organismi terrestri esprimono diversi tipi specializzati di DNA polimerasi. Alcune
delle funzioni delle DNA polimerasi comprendono la sintesi del filamento guida e
del filamento ritardato nella
Attiva durante
Inattiva durante
forcella di replicazione, la
Proteina(e)
la mitosi
la mitosi
polimerizzazione del filamento
Forcella di replicazione delle DNA polimerasi
X
complementare formato dalla
telomerasi, e la riparazione
Proteine del cappuccio dei microtubuli
X
del DNA danneggiato; inoltre,
Complessi delle integrine
X
l’assenza dei frammenti di
gTuRC
X
Okazaki suggerisce che la
Dineine
X
polimerasi aliena possieda la
capacità di sintetizzare il DNA in
Iladerine
X
entrambe le direzioni 5’-3’ e 3’Glicosiltransferasi
X
5’. Il fatto che i cromosomi alieni
Topoisomerasi
X
non si accorcino mai suggerisce
Caderine
X
anche che tutte le cellule aliene
Chinesine
X
esprimono la telomerasi, o che
la polimerasi non richiede un
Proteine del complesso dei pori nucleari
X
primer di RNA. Il fatto che il DNA
Proteasomi
X
alieno abbia più coppie di basi
Primasi
X
C-G in questo caso è irrilevante.
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RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
3.
4.
5.
6.
La funzione principale del nucleo è di preservare l’integrità strutturale del DNA.
Svolge questa funzione (1) racchiudendo il DNA in una doppia membrana,
impedendo quindi alla maggior parte delle grandi molecole del citosol (comprese le
proteine) di entrare in contatto con il DNA, (2) formando una “gabbia” di supporto
di lamine nucleari sulla superficie della membrana nucleare interna, che protegge
il DNA dal trauma fisico, (3) ancorando il DNA alla matrice nucleare, che supporta
i filamenti di DNA e li mantiene spazialmente organizzati, e (4) controllando il
trasporto delle molecole dentro e fuori dal nucleo attraverso i complessi dei pori
nucleari, che sono selettivamente permeabili per una piccola sottoclasse di molecole
grandi.
La correzione delle bozze richiede che un nucleotide venga rimosso e rimpiazzato con
un nucleotide nuovo, ogni volta che è necessario, per trovare il nucleotide corretto
per lo spazio designato nella sequenza del DNA. Poiché la sintesi di DNA è limitata
soltanto alla direzione 5’-3’, ogni nucleotide nuovo aggiunto all’estremità 3’ha
l’energia necessaria per formare un legame fosfoesterico nello scheletro del DNA.
Questa energia è fornita dai tre fosfati attaccati all’estremità 5’ del nucleotide appena
aggiunto. Se viene aggiunto un nucleotide sbagliato, questo può venire rimosso
idrolizzando il legame formato dal suo fosfato e dal carbonio al 3’ dello scheletro di
DNA esistente. Può venire rapidamente aggiunto un nucleotide di rimpiazzo perché
ogni nucleotide nuovo contiene l’energia del trifosfato per formare un nuovo legame
fosfoesterico.
L’origine di replicazione è una sequenza specifica di DNA che definisce dove inizia
la sintesi del DNA. La forcella di replicazione è la regione in cui il DNA a doppio
filamento viene separato in due filamenti singoli e ognuno di questi filamenti
funziona da stampo per la sintesi del DNA. La forcella di replicazione si muove lungo
la lunghezza della molecola di DNA man mano che la replicazione continua, e non è
definita da nessuna sequenza specifica di DNA o posizione sul cromosoma.
I nucleotidi privi di un gruppo ossidrilico sul loro carbonio 3’ non possono dare
luogo alla reazione di deidratazione necessaria a costituire il legame fosfoesterico
che tiene insieme i nucleotidi. In poche parole, i dideossiribonucleotidi non possono
completare la reazione chimica necessaria per collegarli ai deossiribonucleotidi, quindi
la replicazione del DNA si ferma.
Somiglianze: (1) entrambi sono complessi multiproteici che si trovano nel nucleo;
(2) entrambi modificano gli acidi nucleici: i replisomi allungano le molecole di DNA,
gli spliceosomi tagliano e ricombinano le molecole di RNA; (3) entrambi occupano siti
specifici distinti nel nucleo (dimostrando l’organizzazione spaziale del nucleo).
Differenze: (1) i replisomi funzionano soltanto durante la replicazione del DNA,
mentre gli spliceosomi possono funzionare in qualsiasi momento avvenga la
trascrizione dell’mRNA; (2) i replisomi (intenzionalmente) non generano nessun
prodotto diverso dai loro substrati, producono semplicemente più copie dello stesso
materiale di DNA, mentre gli spliceosomi convertono i loro substrati, le molecole di
RNA, nelle loro forme mature; (3) l’attività del replisoma è relativamente semplice
da osservare con il microscopio a fluorescenza, a differenza dell’attività degli
spliceosomi.
Poiché le cellule tumorali crescono ininterrottamente, devono avere un modo per
superare il problema dell’accorciamento progressivo dei loro cromosomi a ogni
generazione. I telomeri aiutano a evitare questo problema agendo da “estensioni”
alle estremità dei cromosomi, quindi i ricercatori hanno pensato che le cellule
tumorali potessero avere telomeri eccezionalmente lunghi, risultato di un’espressione
atipica della telomerasi in queste cellule. Circa l’85% dei tumori umani sovraesprime
la telomerasi, quindi, l’inibizione dell’espressione e/o della funzione della telomerasi
nelle cellule tumorali dovrebbe eliminare l’effetto protettivo dei telomeri, e le cellule
tumorali si dividerebbero in effetti per morire. I farmaci che bersagliano la telomerasi
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sono attualmente oggetto di valutazioni cliniche, ma nessuno è stato ancora
approvato per il trattamento dei pazienti.
7. L’obiettivo dell’anafase è di segregare correttamente i cromosomi duplicati in
ognuna delle due cellule figlie. Questo richiede (1) di disassemblare fisicamente i
cromosomi duplicati e (2) di spostare i cromosomi separati verso i poli opposti del
citosol prima che si ricostituisca la membrana nucleare intorno a ogni gruppo di
cromosomi (telofase). Le proteine motrici sui microtubuli del cinetocore eseguono
il primo compito tirando il centromero di ogni cromosoma verso il fuso mitotico,
e mentre fanno ciò, i microtubuli del cinetocore si accorciano dal polo positivo,
evitando che i cromosomi tornino indietro verso l’equatore del fuso. I microtubuli
polari contribuiscono a svolgere il secondo compito inducendo l’allungamento al
polo positivo, fornendo una sovrapposizione dei microtubuli da ogni polo del fuso
sufficiente a consentire alle proteine motrici dei microtubuli come Eg5 di separare
i microtubuli di polarità opposta. Inoltre, i microtubuli astrali si accorciano a livello
del polo positivo quando le proteine motrici dineine li tirano (con il polo del fuso
attaccato) verso i poli opposti della cellula.
8. L’instabilità dinamica aiuta a garantire che ogni cromosoma sia attaccato ai
microtubuli del cinetocore da entrambi i poli del fuso: durante la profase, il
comportamento rapido crescita-e-accorciamento del polo positivo dei microtubuli
permette loro di cercare i cinetocori nel citosol. Una volta che si attaccano ai
cinetocori, la lunghezza di questi microtubuli è determinata in larga misura dal
tasso di aggiunta o perdita delle subunità di tubulina al polo positivo, mentre il polo
negativo rimane ancorato al polo del fuso (un MTOC). I cromosomi sono allineati
all’equatore del fuso durante la metafase alternando la crescita e l’accorciamento dei
microtubuli del cinetocore. Allo stesso modo, durante l’anafase i microtubuli polari
crescono preferenzialmente a partire dal polo positivo per mantenere una lunghezza
sufficiente a Eg5 e alle altre proteine motrici al fine di esercitare la forza sui due poli
del fuso, mentre i microtubuli astrali crescono fin quando raggiungono le proteine
del cappuccio nella membrana plasmatica, poi si accorciano quando i poli del fuso
vengono tirati. Alla fine, durante la telofase, i microtubuli del fuso vanno incontro a
un evento catastrofico, dissolvendo del tutto il fuso.
9. L’RNA funge da stampo per la telomerasi, quindi può estendere la lunghezza di un
cromosoma oltre il punto in cui il filamento di DNA può funzionare come stampo.
Il fatto che questo stampo sia composto da RNA invece che da DNA non ha un
significato funzionale; il vantaggio principale è che la telomerasi può produrre DNA
laddove le altre polimerasi non possono. Questo non costituirebbe un vantaggio per
la replicazione del resto del genoma, poiché il risultante filamento di DNA sintetizzato
dalla telomerasi è semplicemente il complementare della sua sequenza di RNA.
La telomerasi non sarebbe una buona polimerasi per la replicazione del resto del
genoma perché non leggerebbe lo stampo di DNA, ma solo il suo stesso stampo di
RNA. Tutte le informazioni codificate nella sequenza del DNA andrebbero perse.
10. (1) Una sequenza che si replica autonomamente nell’origine di replicazione è legata
dal complesso di origine di replicazione; quest’ultimo definisce il punto in cui inizierà
la replicazione del DNA su un cromosoma. (2) Il complesso di riconoscimento
dell’origine cambia forma e lega più proteine formando un complesso prereplicativo;
questo richiama la DNA elicasi. (3) La DNA elicasi srotola il DNA a doppio filamento;
questo permette ai filamenti del DNA di separarsi. (4) La primasi attacca il primer di
RNA al singolo filamento di DNA; ciò fornisce il sito di legame per la DNA polimerasi.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
C. I primer di RNA non sono coinvolti nella replicazione del DNA, neppure in termini
di precisione, quindi A deve essere sbagliata. Anche B deve essere sbagliata poiché
in tutto l’arco della vita di una cellula i geni sono costantemente trascritti a centinaia.
Al contrario, la sintesi di DNA avviene soltanto nei momenti della divisione cellulare.
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2.
3.
4.
5.
Inoltre le cellule non vengono mai copiate in direzione 3’-5’, ma soltanto in direzione
5’-3’; è per questo che si forma il filamento ritardato, rendendo D non corretta.
Anche E è sbagliata, perché non è necessario che tutto ciò che entra nel nucleo,
debba uscirne. Tutto il capitolo si basa sul fatto che la protezione del DNA è la priorità
più alta di una cellula; quindi, C è la risposta corretta.
E. Il percorso importina-Ran-GTP non è coinvolto nell’organizzazione dei siti di
maggiore attività dei cromosomi. È coinvolto soltanto nell’importazione delle
proteine e di altre molecole dentro e fuori dal nucleo. Al contrario, tutte le
altre possibili risposte sono correlate a specifiche localizzazioni all’interno del
nucleoplasma e hanno funzioni specifiche.
C. L’elicasi srotola entrambi i filamenti del DNA, e poiché corrono in direzioni opposte,
la risposta A non ha logica. Anche la risposta B non è corretta; la replicazione del
DNA non richiede uno stampo a doppio filamento. La risposta D non è giusta;
la DNA polimerasi può sintetizzare il DNA soltanto in direzione 5’-3’. Sebbene la
risposta E sia vera, non risponde necessariamente alla domanda, infatti non spiega
perché si formano i filamenti guida e ritardato. Il fatto che il DNA è una doppia elica
antiparallela spiega bene questo fatto. Poiché il DNA può essere sintetizzato soltanto
in una direzione, un filamento deve andare in avanti, e l’altro filamento deve essere
sintetizzato “all’indietro”. Il filamento ritardato viene ancora sintetizzato in direzione
5’-3’, anche se corre in direzione 3’-5’. La risposta C è corretta.
B. Le proteine DNA polimerasi non ruotano, il che rende la risposta A non corretta.
Non vi è nulla di simile a un anello di Okazaki, il che rende anche la risposta C
scorretta. La risposta D è sbagliata perché il DNA non si forma a livello di anelli, e la
risposta E è sbagliata perché entrambi i filamenti richiedono l’azione sia dell’enzima
elicasi che dell’enzima primasi prima che possano venire replicati. La risposta B è
corretta perché la sintesi del DNA avviene sempre in direzione 5’-3’ (per ulteriori
chiarimenti vedi la spiegazione della domanda 3).
A. La formazione dei microtubuli del cinetocore avviene durante la prometafase. Vedi
Sezione 7.4.
CAPITOLO 8
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
2.
Dal punto di vista energetico, sì, sarebbe più efficiente che il nucleo generasse i
trascritti primari, e che fossero poi processati nel citosol. Ma così facendo si introduce
un problema rilevante: le proteine nel citosol considerano gli RNA che incontrano
già processati, quindi non li mettono subito al lavoro. Se una cellula avesse nel
citosol una miscela di trascritti primari, di trascritti parzialmente processati, e di
trascritti completamente processati, le proteine citosoliche che utilizzano questi RNA
sarebbero costrette a distinguere tra le forme utili e quelle che devono ancora essere
processate. Sarebbe complicato. Il punto è che la membrana nucleare e il complesso
dei pori nucleari costituiscono una linea di confine funzionale, proprio come un
confine fisico. Eventuali RNA che compaiono nel citosol sono pronti ad essere
tradotti da parte dei ribosomi, e quelli che non lo sono, sono tenuti nascosti in modo
da non confondere il macchinario citosolico di origine procariotica che converte
l’informazione dell’RNA in proteine.
Prove a supporto dell’origine procariotica della traduzione eucariotica.
• Utilizzo di uno stampo a RNA a singolo filamento che viene letto in direzione 5’-3’.
• Codone di inizio AUG.
• Utilizzo delle subunità ribosomiali grande e piccola.
• Stesso codice genetico.
• Stessa reazione chimica per tenere uniti gli amminoacidi (formazione del legame
peptidico).
• Meccanismo di terminazione comune.
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3.
27
Prove che gli eucarioti hanno modificato la traduzione procariotica.
• Necessità di processare l’mRNA (modificazioni a livello di 5’ e di 3’).
• Assemblaggio delle proteine di esportazione nucleare con l’mRNA processato.
• Tipi diversi di fattori di allungamento.
• Meccanismi diversi di inizio.
Lo smistamento tramite creazione di un ambiente chimicamente distinto (ipotesi
uno) è un modo allettante per spiegare lo smistamento delle proteine, ma nessuno
dei meccanismi di smistamento che abbiamo spiegato in questa sezione si basa su
questo metodo. (Vedremo nel prossimo capitolo che questo metodo viene utilizzato
per lo smistamento verso localizzazioni secondarie, ma non verso le destinazioni
primarie.) Il trasporto verso le destinazioni primarie è, invece, mediato dalle sequenze
segnale. Una sequenza segnale è una sequenza di amminoacidi di una proteina
che adotta una conformazione specifica. Questa forma viene riconosciuta da un
recettore proteico, che deve avere una forma complementare che riconosce e lega la
sequenza segnale. Il legame della sequenza segnale al recettore ne cambia la forma
in modo tale che può venire riconosciuto dalla proteina successiva del meccanismo
di indirizzamento, e questo riconoscimento porta a cicli ulteriori di legame e a
cambiamenti nella forma della proteina. Poiché le sequenze segnale per ogni
organello bersaglio sono diverse, la specificità dell’indirizzamento delle proteine è
assicurata dalla specificità dei cambiamenti di forma della proteine. Come tale, tutti
i meccanismi di smistamento che usano le sequenze segnale supportano la nostra
seconda ipotesi di questa sezione.
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
3.
4.
5.
La digestione degli introni tagliati durante lo splicing, la degradazione dei tratti di
RNA che derivano dalle rotture del filamento (per esempio, “l’invecchiamento”
dell’RNA) e la degradazione dell’RNA virale.
La sequenza è semplicemente 5’-TTTTTTTTTT…3’, comunemente chiamata “poli(T)”.
Funziona perché tutti gli mRNA eucariotici processati correttamente hanno una
“coda” di poli(A) alla loro estremità 3’, e i polimeri di T e A possono formare legami
a idrogeno l’uno con l’altro abbastanza forti da rimanere stabili durante questo
processo, anche se un filamento è DNA e l’altro è RNA.
La proteina Tap viene sintetizzata nel citosol dai ribosomi che leggono l’mRNA
trascritto dal gene Tap. Una volta che è stata completamente sintetizzata, Tap si
lega a un’importina tramite il suo NLS e viene importata nel nucleo. Molte delle sue
conformazioni stabili sono necessarie per permetterle di legarsi al suo carico (hnRNP,
vedi Figura 8.12) e Ran, come mostrato nella Figura 8.17. Poiché ha sia le sequenze
NLS che quelle NES, la sua funzione è di legarsi ciclicamente e di rilasciare queste
proteine quando vengono importate ed esportate attraverso i pori nucleari, e di
coadiuvare l’esportazione degli hnRNP. Una volta che assume una forma instabile e/o
non funzionale, viene indirizzata a essere distrutta nei proteasomi, nel citosol o nel
nucleo.
La subunità grande contiene gli enzimi richiesti per creare e rompere i legami
necessari a trasferire un amminoacido su un secondo. In particolare, il sito P della
subunità grande deve avere accesso al tRNA carico del sito A per formare il legame
peptidico che allunga il polipeptide. Solo dopo che si è formato il legame peptidico,
l’intero complesso ribosomiale può avanzare di un codone, e questa è la funzione
della subunità piccola.
L’assenza di EF-Tu (o del suo analogo eucariotico, eEF-1) riduce la probabilità
di accoppiare correttamente la sequenza genica dell’mRNA con la sequenza
amminoacidica del polipeptide risultante. Questo a sua volta annulla i vantaggi
di tutte correzioni delle bozze e la correzione degli errori che avvengono prima
di questo passaggio. Allo stesso modo, l’assenza di EF-G (o eEF-2) rallenterebbe
significativamente la traslocazione, ponendo un significativo collo di bottiglia al
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processo di trascrizione-traduzione; forse un simile rallentamento non metterebbe
la cellula immediatamente in pericolo di vita, ma potrebbe esporre la cellula (e
l’organismo di cui fa parte) al rischio di non riuscire a rispondere ai cambiamenti del
microambiente, che è una caratteristica fondamentale per tutti gli organismi viventi,
come descritto nel Capitolo 1.
6. I due meccanismi sono simili perché si basano su specifiche sequenze
amminoacidiche all’interno delle proteine bersaglio, e le proteine non devono
essere disavvolte per passare attraverso la membrana degli organelli; entrare in tutti
gli altri organelli richiede che le proteine siano disavvolte. Poiché le sequenze di
amminoacidi sono distinte per ogni segnale di indirizzamento, i recettori necessari e
gli altri macchinari di importazione non riconosceranno le proteine che non hanno le
sequenze corrette, evitando quindi che proteine non appropriate siano trasportate
per sbaglio.
7. Il trasporto nel RE è cotraduzionale, e questo significa che la sintesi proteica deve
fermarsi fino a quando il ribosoma non è ancorato in maniera appropriata sulla
membrana del RE. SRP è peculiare perché arresta la sintesi delle proteine legandosi
contemporaneamente alla sequenza segnale del RE. Nessun altro macchinario di
importazione delle proteine impedisce la sintesi proteica.
8. Poiché si trovano sulla membrana plasmatica, le caderine vengono sintetizzate
nel RE e trasportate nelle vescicole verso la membrana plasmatica. Poiché sono
proteine di classe I, attraversano la membrana una volta, in modo che la loro
estremità ammino-terminale sia nel lume e la loro estremità carbossi-terminale sia
nel citosol. In seguito al riconoscimento della sequenza segnale da parte di SRP,
il ribosoma si attacca al RE legandosi al recettore di SRP. Dopo l’idrolisi del GTP
da parte di SRP e del recettore di SRP, l’ammino-terminale della caderina entra
nel traslocone e riprende l’allungamento del polipeptide. La sequenza segnale
ammino-terminale viene rimossa dalla peptidasi del segnale, una sequenza
interna di arresto del trasferimento che forma un’a elica nella membrana del RE
(arresto della traslocazione). Un’oligosaccaride transferasi aggiunge una regione
centrale di oligosaccaridi all’amminoacido asparagina all’interno del sequone.
Una volta che la sintesi è completata, il polipeptide si diffonde fuori dal canale del
traslocone e assume la sua forma corretta con l’aiuto delle proteine chaperonine.
Viene poi impacchettato in una vescicola di trasporto, lascia il RE, e si sposta
verso la membrana plasmatica. (Descriveremo il traffico vescicolare dopo il RE nel
prossimo capitolo.)
9. Queste proteine devono completare la sintesi nel citosol, poi si legano alle proteine
chaperone per evitare il ripiegamento. Successivamente contengono una sequenza
segnale chiamata peptide di trasporto che si lega ai recettori transmembrana della
membrana esterna dei cloroplasti. Questi recettori sono parte di un complesso
chiamato TOC, che forma un poro che permette alla proteina di passare nello spazio
interno della membrana; è necessario un gradiente di protoni per questo trasporto.
La proteina passa, poi, attraverso il complesso interno della membrana (TIC) e nello
stroma dei cloroplasti. Infine, un ulteriore meccanismo di trasporto riconosce un’altra
sequenza segnale del polipeptide e ciò permette l’importazione della proteina nel
lume del tilacoide.
10. No. La glicosilazione avviene solo sulle proteine che contengono le sequenze
amminoacidiche appropriate (sequoni) che vengono riconosciute dalle transferasi di
oligosaccaridi. Le proteine possono entrare nel RE senza essere glicosilate se prive di
sequoni, e successivamente ripiegarsi nelle loro forme corrette.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
A. Le proteine transmembrana a singolo passo sono oggetto di questa domanda,
il che rende la risposta C sbagliata perché descrive le sequenze di arresto del
trasferimento, che possono essere presenti solo nelle proteine transmembrana a
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2.
3.
4.
5.
29
multi-passo. Anche D ed E sono estranee alla domanda, perché non importa quali
altri tipi di proteine possano essere sintetizzate dai ribosomi. Tra le risposte A e B,
si può ragionare che il ripiegamento interno della proteina transmembrana non è
quello che la definisce ma piuttosto il fatto che la sua estremità ammino-terminale
sia nel lume del RE (vedi Figura 8.20). Quindi, per esclusione la risposta A è quella
corretta. Per maggiore chiarezza riguardate la Sezione 8.4.
A. Come descritto nella Sezione 7.3, le endonucleasi sono definite come enzimi che
tagliano il DNA e l’RNA a metà degli acidi nucleici, quindi A deve essere vera. Non
espongono, formano o aggiungono nessun sostituente durante la terminazione della
trascrizione eucariotica.
A. Ef-Tu e il tRNA sono protagonisti dell’allungamento, non dell’inizio, rendendo B, D
ed E sbagliate. La Sezione 8.3 afferma che nella fase di inizio, la subunità piccola, non
quella grande, deve legarsi all’mRNA, il che rende anche C non corretta. La risposta A
è corretta (riguardate la Sezione 8.3 per maggiore chiarezza).
C. Riguardate la Figura 8.17 per maggiore chiarezza. Se avessimo un analogo del
GTP non idrolizzabile, Ran non sarebbe capace di tagliare il suo GTP in GDP. Poiché
la funzione di NTF2 è di trasportare il complesso Ran-GDP attraverso il complesso dei
pori nucleari nel nucleo, NTF2 non sarà in grado di svolgere la sua funzione, perché
non ci saranno complessi di questo tipo disponibili. Ciò causerà un accumulo di Ran
fuori dal nucleo poiché l’importazione non può più avvenire, ma non interesserà
l’esportazione poiché Ran che è dentro al nucleo è ancora capace di formare il
complesso Ran-GTP-NES e di essere esportato nel citoplasma.
E. Gli eucarioti sono capaci di effettuare splicing sui trascritti primari in più di un
trascritto di mRNA, e quindi sono capaci di produrre più polipeptidi per gene. Il resto
delle affermazioni è falso; i procarioti fanno tutte le cose elencate.
CAPITOLO 9
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
2.
3.
Le proprietà peculiari delle vescicole possono comprendere le seguenti.
• Dimensione/forma: le vescicole sono grandi o piccole? Sono sferiche o hanno
forme particolari?
• Componenti di membrana: quale tipo di fosfolipidi contengono le vescicole?
Quanto colesterolo è presente nella loro membrana? Quali classi di proteine di
membrana contengono (integrali, periferiche, tipo I, II, III, IV ecc.)?
• Contenuti: quali molecole si trovano nel lume delle vescicole? Qual è il pH nel
lume delle vescicole?
• Proteine adattatrici e di rivestimento: la vescicola è rivestita? Se lo è, quale tipo di
proteina di rivestimento racchiude? Quali tipi di proteine adattatrici sono legate
per rivestire la membrana della vescicola?
• Proteine motrici: quale tipo di proteine motrici è attaccato alla vescicola? Viene
trasportato sull’actina, sui microtubuli, su entrambi o su nessuno?
• Proteine di indirizzamento e di legame: quali tipi di Rab, SNARE e proteine di
legame sono presenti sulla superficie della vescicola?
Sulla base di queste variabili, le cellule devono essere capaci di produrre migliaia di
tipi diversi di vescicole.
Le sequenze di indirizzamento sono gerarchiche, e la sequenza segnale del RE è più
importante della sequenza di mantenimento del RE. Se una proteina non avesse
contenuto una sequenza segnale del RE, appena prodotta, non sarebbe mai entrata
nel RE. Poiché non si sarebbe mai trovata nel RE, non sarebbe mai stata trasportata
verso il Golgi, quindi la sequenza di mantenimento del RE non sarebbe mai stata
riconosciuta nel Golgi. La proteina sarebbe stata trovata nel citosol.
Il trattamento con il nocodazolo eliminerebbe efficacemente ogni contributo dei
microtubuli (e delle loro proteine motrici) per produrre il traffico delle vescicole.
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4.
Controllando con attenzione le nove fasi del traffico vescicolare, vediamo che i
microtubuli non sono fondamentali per nessuna di loro, nonostante svolgano un
ruolo importante nel mantenimento della struttura complessiva del RE e dell’apparato
del Golgi. Quindi, l’aggiunta di nocodazolo di per sé non dovrebbe influire né sullo
smistamento del carico né sull’indirizzamento delle vescicole risultanti. Se avesse un
qualche effetto, sarebbe sul trasporto delle vescicole (fase 5), rallentando il trasporto
di ogni vescicola che potrebbe essere portata sui microtubuli.
•Il gene idrolasi è trascritto nel nucleo, dopo che la regione del promotore è
legata dai fattori di trascrizione appropriati e l’RNA può disavvolgere, copiare e
ripiegare il DNA. La trascrizione procede attraverso l’inizio, l’allungamento e la
terminazione.
• Il trascritto primario risultante va incontro a tre forme di processamento posttrascrizionale: l’aggiunta di un cappuccio di metil guanosina all’estremità 5’, lo
splicing degli introni e la poliadenilazione all’estremità 3’.
• L’mRNA completamente processato è legato da molti fattori trascrizionali
e traduzionali e l’intero complesso molecolare viene trasportato nel citosol
attraverso il complesso dei pori nucleari.
• L’mRNA è riconosciuto dal tRNA iniziatore, dalla subunità ribosomiale piccola e
infine dalla subunità ribosomiale grande. La traduzione passa attraverso le fasi di
inizio e di allungamento.
• La sequenza segnale dell’idrolasi è legata da SRP, e il ribosoma viene poi legato
alla superficie del RE, dove è consentito che avvengano l’allungamento e la
terminazione della traduzione.
• Quando l’N-terminale dell’idrolasi passa nel lume del RE, la sequenza segnale
viene tagliata dalla peptidasi del segnale, e l’idrolasi è N-glicosilata. BiP aiuta
la proteina completamente sintetizzata a ripiegarsi in una forma stabile (ma
inattiva).
• Il nucleo oligosaccaridico viene tagliato nel RE in una forma ad alto contenuto di
mannosio.
• L’idrolasi parzialmente processata viene portata da un flusso di massa nel CGN
attraverso le vescicole rivestite di COPII che mediano un trasporto anterogrado.
Le nove fasi del trasporto vescicolare vengono completate ogni volta che una
vescicola fa un viaggio tra i compartimenti.
• Nel Golgi mediano, lo zucchero ad alto contenuto di mannosio viene modificato
dall’aggiunta di uno zucchero fosforilato.
• Nel TGN, lo zucchero modificato viene rimosso, lasciandosi dietro un mannosio
fosforilato (M6P). Questo è il segnale che deve essere trasmesso all’endosoma.
• Durante lo smistamento nel TGN l’idrolasi non è riconosciuta correttamente
dal recettore dell’M6P, e viene invece portata dal trasporto di massa verso la
membrana plasmatica, dove viene rilasciata nello spazio extracellulare in seguito a
fusione della vescicola esocitica.
• A un certo punto, mentre sta galleggiando nello spazio extracellulare, l’idrolasi
è legata dal recettore dell’M6P che era stato anche mal indirizzato verso la
membrana plasmatica.
• Il recettore dell’M6P viene endocitato tramite una fossetta rivestita di clatrina, e
porta con essa l’idrolasi.
• La vescicola rivestita di clatrina perde il suo rivestimento e si fonde con un
endosoma poiché ha lo SNARE appropriato e si lega alla proteina di legame giusta.
• Nell’endosoma l’acidità induce la dissociazione del recettore dell’M6P e
dell’idrolasi. Il recettore dell’M6P viene smistato appropriatamente perché ritorni
verso il TGN, mentre l’idrolasi rimane nell’endosoma.
• In seguito a un’ulteriore acidificazione dell’endosoma, l’idrolasi diventa attivata,
e l’endosoma diventa un lisosoma. La nostra imprevedibile idrolasi è finalmente
tornata a casa.
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RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
Le vescicole del sistema endomembranoso assumono una forma rotondeggiante
a causa della loro natura idrofobica. Le vescicole sono formate schiacciando i
segmenti delle membrane esistenti, che sono costituite da fosfolipidi non polari e
quindi non attraggono acqua. Il citosol contiene acqua ed è quindi idrofilico, il che
causa lo schiacciamento delle membrane per formare vescicole rotondeggianti.
Questi complementi della vescicola funzionano formando una membrana chiusa
per contenere i materiali che devono essere trasportati, per non correre il rischio di
perdere il materiale per altre interazioni all’interno del citosol durante il trasporto.
2. Il processo di secrezione delle proteine dell’ECM e dei loro recettori coinvolge
l’esocitosi. In seguito alle modificazioni post-traduzionali nel RE, le proteine entrano
nel Golgi a livello del CGN mediante il trasporto indirizzato delle vescicole provenienti
dal RE. Le ulteriori modificazioni post-traduzionali si verificano nelle cisterne del
Golgi alterando gli zuccheri sul nucleo oligosaccaridico del carico. Una volta che il
carico raggiunge il TGN, viene smistato di nuovo nelle vescicole per indirizzarlo verso
la sua destinazione. La fusione delle vescicole con la membrana plasmatica segna il
completamento dell’esocitosi, rilasciando il carico solubile nello spazio extracellulare
o inserendo le proteine di membrana nella membrana plasmatica. Per le molecole
dell’ECM come il collagene e la fibronectina, la destinazione è lo spazio extracellulare.
Al contrario, i recettori delle integrine di queste vescicole rimangono nella membrana
plasmatica, poiché le integrine sono proteine integrali di membrana e quindi non
possono essere secrete.
3. Le proteine destinate al RE possono finire nel CGN a causa del trasporto di massa,
che avviene spesso nel trasporto dal RE al Golgi. Le altre proteine come v-SNARE
possono essere necessarie per l’indirizzamento degli altri carichi verso il CGN.
Indipendentemente da come sono arrivate al CGN, queste proteine ritornano al
RE mediante il trasporto retrogrado dal Golgi al RE, che coinvolge le nove fasi
del trasporto vescicolare. Un segnale per restare nel RE (per esempio, KDEL) deve
essere presente in queste proteine affinché possano andare incontro al trasporto
retrogrado.
4. Il recettore dell’M6P è un recettore di carico del TGN che si lega alle proteine con
un segnale di smistamento specifico, come l’idrolasi e le pompe protoniche che si
trovano nell’endosoma. Se il recettore dell’M6P fosse mutato, potrebbe non legarsi
al carico con l’M6P nel TGN. Come risultato, questo carico non sarebbe trasportato
verso l’endosoma e il carico endocitato non verrebbe digerito, poiché la digestione
richiede idrolasi attivate e un ambiente acido.
5. L’endocitosi è mediata dal pH in molti modi. L’ambiente acido degli endosomi
attiva le pompe protoniche, che diventano più attive all’aumentare dell’acidità.
Questa diminuzione del pH attiva le idrolasi che digeriscono il carico endocitato.
I cambiamenti di pH inducono cambiamenti conformazionali delle pompe
protoniche e delle idrolasi, attivandole. Secondo le tre caratteristiche delle proteine,
un cambiamento di forma induce un cambiamento di funzione, quindi questo
cambiamento di pH è essenziale per la loro funzione.
6. Poiché le idrolasi vengono trasportate attraverso il RE e il Golgi, devono evitare di
digerire questi organelli, e ciò si ottiene grazie al pH relativamente neutro del RE
e del Golgi che mantiene l’idrolasi in una conformazione inattiva. È solo quando
raggiungono i compartimenti endosomiali acidi che le idrolasi diventano attive.
Le idrolasi e le pompe protoniche vengono smistate abbastanza velocemente
attraverso il RE e il Golgi verso l’endosoma, riducendo al minimo il tempo trascorso
in questi organelli e quindi la probabilità che questi vengano danneggiati. Alcune
idrolasi contengono anche altri amminoacidi che devono essere rimossi prima
dell’attivazione, fornendo un’ulteriore protezione alla cellula. La digestione dei
fosfolipidi da parte delle fosfolipasi deve essere strettamente regolata poiché il
lisosoma stesso è circondato dalla membrana fosfolipidica. Questa membrana non
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viene digerita perché è protetta dal glicocalice sul versante luminale della membrana,
che impedisce agli enzimi di entrare in contatto con il doppio strato fosfolipidico.
7. Se la funzione delle proteine motrici diventasse non disponibile nel sistema
endomembranoso, il trasporto delle molecole avverrebbe ancora. In questo
contesto il ruolo delle proteine motrici è di sostenere il trasporto delle vescicole
verso il loro bersaglio interagendo con i filamenti di actina o con i microtubuli. Il
trasporto citoscheletrico non è indispensabile, ma aumenta l’efficienza del trasporto
vescicolare. Quindi, senza l’intervento delle proteine motrici, il trasporto delle
vescicole verso i loro bersagli potrebbe durare più a lungo, ma avverrebbe lo stesso.
8. La selezione del carico esocitotico coinvolge un certo numero di meccanismi possibili.
I recettori transmembrana possono essere trasportati essi stessi come carichi, o
possono legarsi alle molecole solubili di carico. Altri recettori sono concentrati dalle
proteine con i segnali di esportazione del RE. Le proteine solubili possono venire
intrappolate all’interno della vescicola durante il trasporto di massa. Tutti questi
meccanismi di trasporto prevedono il rivestimento con proteine COPII per l’esocitosi.
L’endocitosi viene iniziata dalla clatrina sulla superficie citosolica della membrana
cellulare, che condensa e deforma la membrana. Questo processo richiede proteine
di rivestimento completamente diverse per l’esocitosi e l’endocitosi, il che dimostra la
specificità e l’unicità di questi due processi.
9. L’albumina viene secreta nel sangue dalle cellule epatiche in modo costante, poiché
è fondamentale per la funzionalità cardiovascolare. Come risultato, la secrezione
regolata non è ottimale per questa proteina poiché coinvolge più fasi regolatorie,
avendo bisogno di più tempo prima che l’albumina possa raggiungere il flusso
sanguigno. Tuttavia, ci sono molti casi in cui è più opportuna una secrezione
regolata. Per esempio, la secrezione dei neurotrasmettitori deve essere temporizzata
accuratamente per influenzare l’attività del sistema nervoso in un modo molto
preciso, quindi la secrezione regolata è ideale. Altri casi in cui la secrezione regolata
può essere preferita comprendono il rilascio di adrenalina e di ormoni specifici come
l’estrogeno. La secrezione costitutiva dell’adrenalina, per esempio, porterebbe a livelli
elevati di adrenalina nel corpo e quindi avrebbe un forte impatto sul ritmo cardiaco,
sulla respirazione, sulla pressione sanguigna e molti altri effetti indesiderati a valle.
10. L’apparato del Golgi è considerato il cuore del sistema endomembranoso perché ci
passano molte vie di trasporto vescicolare. In generale la complessità del Golgi è un
indicatore del suo ruolo nell’esocitosi. In questo particolare tipo cellulare le strutture
del Golgi sono ingrandite da molte cisterne; da ciò si potrebbe dedurre che questa
cellula subisce esocitosi abbastanza frequentemente.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
2.
3.
E. Al fine di essere secrete nello spazio extracellulare, le proteine devono andare
incontro all’esocitosi attraverso il sistema endomembranoso. Per essere parte
del sistema endomembranoso, queste proteine devono venire modificate posttraduzionalmente nella membrana del RE. Questo significa che le proteine
conterrebbero sia le sequenze di arresto del trasferimento che il mannosio-6-fosfato.
Più avanti, durante l’esocitosi, queste proteine di rivestimento vengono trasportate
nello spazio extracellulare attraverso le vescicole. Quindi, le affermazioni A, B, C sono
corrette, il che rende E la risposta giusta.
C. Il termine scissione significa “l’atto del tagliare o del rompere”. In questo caso si
riferisce al taglio dello “stelo” di membrana che tiene la vescicola neoformata sul suo
compartimento donatore. La dinamina è la proteina responsabile di questa rottura,
come mostrato nella Figura 9.8.
C. Come descritto nel Capitolo 8, BiP si lega alle sequenze idrofobiche dei polipeptidi
nascenti (non ripiegate), per cui la risposta B è un’affermazione vera. Nella Sezione
9.3 (vedi, Le proteine residenti nel RE vengono recuperate dall’apparato del Golgi)
si afferma che BiP contiene una sequenza KDEL, il che significa che deve spostarsi
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4.
5.
su una vescicola rivestita di COPI, per cui anche le risposte A e D sono vere. Poiché
la funzione di BiP è di aiutare tutti i polipeptidi nascenti a ripiegarsi correttamente,
indipendentemente dalla funzione, si assume che anche la risposta E sia vera,
poiché il recettore del mannosio-6-fosfato è una proteina. La domanda chiede qual
è l’affermazione sbagliata riguardo BiP, e quindi la risposta C deve essere quella
che cerchiamo. Riguardate la Sezione 8.4 (vedi, Le proteine chaperone aiutano il
ripiegamento corretto delle proteine del RER) per maggiore chiarezza.
D. La formazione dei lisosomi è considerata completa quando gli enzimi idrolitici
sono attivi, cosa che avviene soltanto a un basso pH. Affinché questo avvenga, i
protoni devono essere pompati rapidamente nel lume dell’endosoma fino a che il pH
è abbastanza basso da attivare questi enzimi. Quindi, la risposta corretta è la D. Le
risposte B e C sono sbagliate, perché le proteine di rivestimento t-SNARE, v-SNARE,
e clatrina sono tutte importanti quando si tratta di trasporto vescicolare, non per
la formazione dei lisosomi (vedi Sezione 9.2). Le risposte A ed E sono affermazioni
corrette (vedi Figura 9.14), ma non sono il motivo o la causa per cui gli endosomi
precoci diventano lisosomi, perché quell’evento non può avvenire senza l’attivazione
degli enzimi idrolitici sensibili al pH.
A. La risposta B può essere esclusa, perché LIMP e LAMP non vengono digeriti
dal lisosoma. Allo stesso modo, la risposta D è sbagliata perché presuppone che
l’acidificazione del lisosoma avvenga dopo che i suoi enzimi digestivi sono attivati.
Questo accade prima. LIMP e LAMP sono noti per essere fortemente glicosilati, e
per la funzione di formare un rivestimento di zucchero che evita che le lipasi e le
proteasi accedano alla membrana del lisosoma, quindi la risposta A deve essere
quella corretta. Riguardate la Sezione 9.8 (vedi, Le proteine endogene destinate al
lisosoma sono contrassegnate e smistate dall’apparato del Golgi), e la Figura 9.15 per
maggiore chiarezza.
CAPITOLO 10
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
L’Effetto netto di tutte e tre le proteine è che i composti A e C sono concentrati nel
citoplasma di questa cellula.
A
Pompa
antiporto
B
A
Citosol
2.
33
Simporto
C
C
B
Scenario 1: Se glut2 non riuscisse a raggiungere completamente la superficie
cellulare, il glucosio si accumulerebbe a livelli eccezionalmente elevati nelle
cellule dell’epitelio intestinale. Assumendo che la cellula non si rompa a causa del
corrispondente afflusso di acqua per compensare la pressione osmotica causata
da uno squilibrio del glucosio attraverso la membrana plasmatica, il glucosio non
sarebbe in grado di entrare nel circolo sanguigno e le restanti cellule del corpo
subirebbero rapidamente la perdita di glucosio. Forse un’altra unità costituiva
fondamentale (per esempio, gli amminoacidi) potrebbe essere trasportata
efficacemente attraverso la membrana delle cellule epiteliali e potrebbe essere in
grado di sostenere il resto delle cellule.
Scenario 2: Se il TGN indirizzasse in maniera errata glut verso la membrana apicale
anziché verso la membrana basolaterale, la cellula non subirebbe un danno
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Risposte
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3.
immediato: semplicemente il glucosio entrato mediante simporto si diffonderebbe
di nuovo all’indietro per mezzo di glut2, generando un ciclo di trasporto del glucosio
improduttivo che non contribuirebbe in alcun modo al circolo sanguigno sul versante
basolaterale della cellula epiteliale. Quindi, mentre la cellula epiteliale probabilmente
rimarrebbe sana fin quando il glucosio nell’intestino non venisse esaurito, il resto
delle cellule del corpo subirebbe lo stesso destino dello scenario 1.
Risposta 1: Respiriamo ossigeno poiché esso è la spugna che assorbe l’ultimo
quantitativo di energia del cibo ed elimina i resti del cibo dalle cellule. Ciò è
importante perché se le cellule non vengono ripulite di questi resti, questi si
accumulano e rallentano l’intero processo di digestione cellulare del cibo che, alla
fine, si ferma. Se non respiriamo per parecchi minuti, gli intermedi metabolici che si
accumulano provocano la morte delle nostre cellule.
Risposta 2: L’ossigeno è l’accettore finale di elettroni della catena di trasporto
mitocondriale degli elettroni. Se le nostre cellule non avessero accesso all’ossigeno
molecolare, il complesso respiratorio IV non potrebbe essere ossidato, e questo
porterebbe a una riduzione stabile dei complessi respiratori a monte. Una volta che la
riduzione si ferma, non viene più estratta energia dagli elettroni, quindi non si forma
un gradiente protonico attraverso la membrana mitocondriale interna, e l’ATPasi F1FO
non può sintetizzare ATP. La fermentazione dell’acido lattico non sosterrà le nostre
cellule in assenza di ossigeno per molto tempo, perché è 18 volte meno efficiente
a ossidare il glucosio. Il conseguente minor accumulo di ATP porta l’ATPasi Na+/K+
a cessare di pompare ioni, e alla fine le nostre cellule raggiungono l’equilibrio con
l’ambiente extracellulare e muoiono.
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
In base alla seconda legge della termodinamica, i sistemi di energia tendono ad
aumentare la loro entropia, che è proporzionale all’energia presente sotto forma
di calore. Le cellule non sono in grado di utilizzare l’energia del calore, così il lento
accumulo di entropia col tempo porta a una minore energia a disposizione della
cellula per sopravvivere, e quindi al decadimento della cellula stessa. Il calore viene
generato come sottoprodotto di forme di energia in mutamento (per esempio,
dall’energia cinetica a quella potenziale). La prima legge della termodinamica afferma
che l’energia non può essere né creata né distrutta, quindi le cellule non sono in
grado di generare nuova energia per sostituire quella persa sotto forma di calore.
Le cellule possono soltanto ritardare questo declino prendendo energia da altra
fonte, ma ogni evento di conversione dell’energia all’interno della cellula porta a un
qualche grado di generazione di calore, quindi col tempo un aumento di entropia è
inevitabile.
2. I lipidi e gli zuccheri sono più utili per l’energia della cellula perché spesso sono
più piccoli e più ordinati degli acidi nucleici e delle proteine. Di conseguenza
queste molecole hanno meno entropia. Durante i periodi di digiuno, le cellule
scompongono le cellule dei muscoli scheletrici perché contengono grandi
quantitativi di proteine, che sono la fonte di energia per mantenere le cellule in
vita. Sebbene non sia la fonte ideale di energia, può essere l’unica disponibile nei
periodi di assenza di nutrienti.
3. I canali proteici chiamati acquaporine regolano il passaggio di acqua attraverso
la membrana cellulare, garantendo che tutti i tessuti abbiano abbastanza acqua
per funzionare. Queste acquaporine si trovano comunemente nel rene, dove il
riassorbimento e la secrezione di acqua avviene durante la filtrazione dei prodotti di
scarto. Quando una persona è disidratata, le acquaporine permettono a più acqua
di entrare nella cellula attraverso il riassorbimento renale. Poiché viene riassorbita
più acqua, viene espulsa meno acqua sotto forma di urina, così in una persona
disidratata probabilmente la minzione è minima poiché il corpo sta riassorbendo la
maggior parte dell’acqua.
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4.
35
Le proteine trasportatrici sono simili agli enzimi nel senso che si legano in maniera
molto selettiva ai loro ligandi. Per esempio, una proteina trasportatrice del glucosio
non legherebbe il sodio, indipendentemente da quanto sodio sia presente. A
differenza degli enzimi, questi trasportatori non modificano i loro ligandi. Vanno
semplicemente incontro a un cambiamento conformazionale che permette il
passaggio dei ligandi all’altro versante della membrana senza attivare o inibire il
ligando.
5. Le pompe protoniche sono responsabili dell’aumento dell’acidità dell’endosoma e
del lisosoma durante l’endocitosi. Le pompe proteiche funzionano come proteine
trasportatrici passive, a eccezione del fatto che consumano l’energia dell’ATP
al fine di costringere i ligandi a passare attraverso una membrana, generando
così un gradiente di concentrazione. Poiché queste pompe consumano l’energia
dell’ATP, hanno siti di legame sia per l’ATP che per il ligando, e sono considerate
enzimi.
6. Benché la clorofilla estragga energia cinetica dai fotoni, questa energia non è
sufficiente a rimuovere ed eccitare due elettroni dall’acqua nel fotosistema II. Ciò
è dovuto al fatto che l’acqua ha un potenziale redox molto alto e richiede molta
energia affinché i suoi elettroni siano rimossi. Il centro della reazione fornisce
l’energia aggiuntiva necessaria per rimuovere questi elettroni dalle molecole d’acqua,
generando elettroni ad alta energia.
7. Gli elettroni ad alta energia sono trasportati in maniera sequenziale al fine di ridurre
al minimo l’energia persa sotto forma di calore. Se gli elettroni fossero fatti passare
in una volta sola, verrebbe perso un grande quantitativo di energia sotto forma
di calore, cosa inutile per la cellula. La catena di trasporto di elettroni sequenziale
che coinvolge molecole con potenziali redox simili riduce al minimo la perdita di
energia da parte degli elettroni, e ciò aumenta il quantitativo di energia che può
essere utilizzato dalla cellula. Le proteine coinvolte nell’ETC hanno potenziali redox
negativi per facilitare il trasferimento di questi elettroni senza consumare più energia
per rompere i legami. In questo modo, le proteine sono più “disponibili” a passare
elettroni alla proteina successiva della catena.
8. Tutte le proteine di trasporto di membrana muovono ioni attraverso il doppio
strato fosfolipidico delle membrane cellulari, ma lo fanno con meccanismi diversi.
Le proteine canale formano pori all’interno delle membrane, creando un ambiente
idrofilico per gli ioni che ci devono passare attraverso. Queste proteine canale
sono altamente selettive e possono essere dipendenti dal ligando, dipendenti dal
voltaggio o dipendenti da modifiche della loro conformazione. Funzionano in
presenza di un gradiente di concentrazione su entrambi i versanti della membrana
e dissipano i gradienti trasportando gli ioni da un versante all’altro. Le proteine
di trasporto non formano pori nella membrana cellulare. Invece, il legame con il
ligando porta a un cambiamento conformazionale nel trasportatore che trasferisce
il ligando all’altro lato della membrana. Come le proteine canale, anche le proteine
trasportatrici normalmente dissipano i gradienti di concentrazione. Le pompe
proteiche differiscono sia dalle proteine canale che da quelle di trasporto, nel senso
che generano gradienti anziché dissiparli. Fanno ciò usando l’energia dell’ATP per
trasportare i loro ligandi attraverso la membrana. A causa di ciò, richiedono almeno
due siti di legame: uno per l’ATP e almeno uno per il ligando. Queste pompe sono
classificate come enzimi perché scindono l’ATP.
9. L’ATP sintasi CF1/CF0 localizzata nella membrana tilacoidale del cloroplasto è peculiare
poiché funziona in modo reversibile. Anziché usare l’energia dell’ATP per costruire
un gradiente protonico, permette ai protoni di far decadere un gradiente e usa
questa energia per generare ATP. Questi protoni vengono trasportati nel lume del
tilacoide quando Qb dona elettroni ai citocromi b6/f nell’ETC. Di conseguenza parte
dell’energia proveniente dagli elettroni viene convertita in questo gradiente. Questo
trasporto di protoni nel lume del tilacoide è essenziale per la generazione di ATP da
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10.
11.
12.
13.
14.
parte dell’ATP sintasi CF1/CF0, perché senza questo gradiente non ci sarebbe energia
disponibile per attaccare un terzo fosfato all’ADP.
Il biossido di carbonio è essenziale per la sopravvivenza a causa del suo ruolo nel
ciclo di Calvin, il quale genera G3P per la successiva conversione in glucosio. Senza
questo biossido di carbonio, le cellule non sarebbero capaci di usare l’ATP e il NADPH
generati nel cloroplasto per formare glucosio nelle reazioni a valle.
Poiché non ci sono proteine trasportatrici specifiche per gli zuccheri complessi,
questi devono essere degradati in monosaccaridi come il glucosio per poter essere
trasportati attraverso le membrane cellulari. Questo avviene attraverso la digestione
nel tratto gastrointestinale. Una volta che la digestione è completata, le cellule
che rivestono l’intestino tenue devono catturare le molecole quando passano,
pompandole attivamente attraverso la membrana. Il simporto Na+/glucosio usa
il ripido gradiente di Na+ stabilito dall’ATPasi Na+/ K+ per costringere il glucosio a
passare velocemente dall’intestino al citosol in un processo noto come trasporto
attivo indiretto. Il glucosio viene poi trasportato fuori dalla cellula e nel torrente
circolatorio dal trasportatore del glucosio, una proteina trasportatrice. Questo
assorbimento del glucosio nel torrente circolatorio avviene così velocemente a causa
del ripido gradiente di Na+, che permette al simporto Na+/ glucosio di forzare il
glucosio attraverso la membrana.
Se il trasportatore dell’acido lattico fosse smistato in modo errato così da non finire
nella membrana cellulare, non ci sarebbe modo per la cellula di trasportare l’acido
lattico attraverso la membrana nello spazio extracellulare. L’accumulo di acido lattico
nel citosol innescherebbe la formazione di piruvato, aumentando la concentrazione
del piruvato stesso nel citosol. La cellula smetterebbe poi di produrre l’enzima che
forma il piruvato, portando a un accumulo del suo precursore. Questa sequenza di
eventi continuerebbe fino alla fine di tutte le reazioni della glicolisi, con conseguente
assenza di generazione di energia, e quindi alla morte della cellula.
Il NADH genera più ATP poiché rilascia i suoi elettroni a livello del complesso
respiratorio I, mentre FADH2 non rilascia i suoi elettroni fino a che non raggiunge
il complesso respiratorio II. Quindi, gli elettroni provenienti dal NADH viaggiano
attraverso tutti e quattro i complessi respiratori mentre quelli che derivano dal FADH2
passano solo attraverso tre di questi. Poiché questo passaggio di elettroni fa sì che i
protoni siano pompati attraverso la membrana mitocondriale interna, gli elettroni che
derivano dal NADH generano più protoni, e ciò porta a una resa maggiore di ATP.
Per ogni molecola di glucosio, vengono generate 4 molecole di ATP, 10 di NADH e
2 di FADH2. Il NADH genera 3 ATP mentre FADH2 genera solo 2 ATP, poiché NADH
trasferisce elettroni a tutti e quattro i complessi respiratori, mentre FADH2 li trasferisce
solo a tre. Questo porta a un totale di 38 molecole di ATP per glucosio, come
mostrato di seguito:
10 NADH 3 3 ATP per NADH 5 30 ATP
2 FADH2 3 2 ATP per FADH2 5 4 ATP
4 ATP generati per molecola di glucosio
Totale 5 38 ATP
Tuttavia, in realtà vengono generate solo 36 molecole di ATP per glucosio. Questo
perché il NADH impermeabile alla membrana generato durante la glicolisi non può
entrare nella propria matrice mitocondriale. Per trasferire elettroni dal NADH, deve
essere convertito il FADH2 per passare attraverso la membrana. Quindi, i due NADH
generati durante la glicolisi sono convertiti in due FADH2, con la conseguente perdita
netta di due ATP a causa della loro differenza nella generazione di ATP.
RISPOSTE A SCELTA MULTIPLA
1.
E. La risposta A è in effetti un’affermazione vera, perché la respirazione ossidativa
richiede un gradiente ionico, come mostrato nella Figura 10.19. Il fatto che nei primi
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procarioti avvenisse la respirazione ossidativa significa che dovevano essere stati
capaci di accumulare energia in gradienti ionici. Il gradiente ionico che svolge il ruolo
principale nella respirazione ossidativa è il gradiente protonico, che la rende simile alla
fotosintesi. Di conseguenza, anche B è un’affermazione vera. La Figura 10.22 mostra
infatti che nella respirazione ossidativa gli elettroni vengono trasferiti a molecole con
potenziali redox maggiori, il che rende vera anche la risposta C. Poiché l’ossigeno
è necessario affinché questo intero sistema possa essere messo in moto, anche la
risposta D è vera, il che rende E la risposta sbagliata. Quindi, E è l’unica affermazione
falsa.
2. C. Poiché il NADH ha un potenziale redox più basso, i suoi elettroni hanno più
energia e quindi possono generare 2 ATP per molecola di NADH. Al contrario FADH2,
avendo un potenziale redox più alto, ha anche elettroni con meno energia, e quindi
può produrre solo 2 ATP per molecola di FADH2. C è l’affermazione vera.
3. D. Quando l’ossigeno non è disponibile, l’unico passaggio di respirazione cellulare
che avviene facilmente è la glicolisi, la quale scinde il glucosio per creare piruvato
nella cellula. Se ciò avviene eccessivamente, si accumula piruvato nella cellula,
impedendo alla glicolisi di verificarsi ulteriormente, cosa che blocca la formazione
di energia in forma di ATP, uccidendo infine la cellula. Quindi, l’etanolo è utile
perché è un modo per sbarazzarsi del piruvato; il piruvato viene convertito
in etanolo, che diffonde facilmente attraverso molte membrane cellulari,
permettendo che la glicolisi continui. Riesaminate la Sezione 10.6 per maggiore
chiarezza. Quindi la risposta D è corretta.
4. E. Il fatto che NADH abbia elettroni ad alta energia è stato stabilito nella domanda
2 (a causa del basso potenziale redox del NADH). Intuitivamente, ha senso che
anche l’ATP trasporti elettroni ad alta energia, poiché sono gli elettroni del NADH a
venire utilizzati per creare ATP, essendo energicamente carichi a causa dei gradienti
protonici. La risposta E è l’unica corretta.
5. C. Il trasporto attivo indiretto, conosciuto anche come trasporto accoppiato, si ha
quando viene utilizzato un gradiente ben stabilito, insieme a una singola proteina
trasportatrice, per produrre un gradiente di un altro ione. Come mostrato nella Figura
10.8 e in Domande frequenti 10.7, affinché il simporto Na+/glucosio sia in grado
di trasportare glucosio, ci deve già essere un gradiente di sodio creato da un’altra
proteina trasportatrice (l’antiporto Na+/K+). Quindi, la risposta C è corretta.
CAPITOLO 11
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
2.
I tumori sono validi esempi di cellule che hanno perso la capacità di controllarsi,
e quindi ci potremmo aspettare di trovare cambiamenti in questi recettori che
impediscono loro il controllo. Un problema comune è la mutazione dei recettori in
modo che vengano bloccati in un’unica conformazione. I recettori bloccati in una
conformazione attiva segnaleranno anche se non sono legati ai ligandi, mentre quelli
bloccati in uno stato inattivo non possono essere mai attivati anche se il ligando
vi si lega. Ciò significa quindi che non riuscire ad accendere e spegnere le vie di
segnalazione può essere estremamente pericoloso per una cellula.
Le proteine di segnalazione che mutano nelle cellule cancerose non si trovano lì solo
per indurre il cancro: la forma normale di queste proteine svolge infatti un ruolo
importante nella regolazione del comportamento cellulare. Poiché nei sistemi di
segnalazione le proteine di segnalazione vanno incontro a complesse interazioni
con altre proteine di segnalazione, inibire anche una sola proteina con un farmaco
specifico può influire su una vasta gamma di vie di segnalazione. Mentre ciò può
invertire l’effetto della segnalazione anomala nella cellula cancerosa, è possibile che
la stessa inibizione distrugga una cellula sana che utilizza la stessa proteina. Le cellule
cancerose sono molto simili alle cellule normali per molti aspetti, quindi disattivare
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3.
una cellula cancerosa ha la potenzialità di colpire contemporaneamente le cellule
sane. Ben poco del comportamento di una cellula cancerosa è così specifico da non
essere in comune almeno con quello di alcune altre cellule nello stesso paziente.
Questo è ancora uno degli ostacoli principali per i pazienti con tumori, per i medici e
per i ricercatori.
I GPCR sono recettori per molti neurotrasmettitori diversi che trasmettono
informazioni tra le cellule nervose. Essi hanno come bersaglio numerosi effettori
nelle cellule, comprese le vie di segnalazione che le nostre cellule nervose usano nel
processo di elaborazione del pensiero. Il cortisolo, d’altra parte, salta tutte queste vie
di segnalazione legando il GR e muovendosi direttamente nel nucleo per cambiare
il sistema di trascrizione nelle nostre cellule. L’ingestione di caffeina e nicotina
interferisce con i normali processi di pensiero che usiamo per gestire lo stress, ma
non influisce significativamente sui meccanismi che guidano la risposta allo stress.
Per questa ragione, mangiare/bere/fumare non possono essere vie d’uscita da una
situazione stressante.
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
3.
4.
Entrambe queste affermazioni sono false. Tutte le vie di trasmissione del segnale
richiedono un segnale, un recettore e almeno un effettore. Le vie di segnalazione
possono terminare su più effettori, ma solo uno sarà quello necessario. Allo stesso
modo, molteplici segnali possono convergere su un singolo recettore per iniziare una
via di segnalazione, anche se per le vie di segnalazione non sono richiesti.
Affinché un segnale abbia effetto su una cellula si deve legare a un recettore. In
questo caso, il testosterone può permeare la membrana di tutte le cellule, ma
non significa che queste debbano avere un recettore per legarvisi. Quindi, si può
concludere che le donne normalmente non esprimono il recettore per il testosterone
che inizia la via di segnalazione per la crescita dei peli.
Una volta legati ai loro ligandi, i recettori GPCR innescano l’attivazione delle proteine
G. Più a lungo un GPCR è legato al suo ligando, più le proteine G possono essere
attivate perché una volta attivate si dissociano dal GPCR. Le subunità del recettore
delle proteine chinasi si legano tra loro una volta che entrano in contatto con il
ligando; a seconda del tipo di recettore, vanno poi incontro a transautofosforilazione
o fosforilano un’altra proteina di segnalazione nel citosol, iniziando la cascata di
segnalazione. Il recettore della guanililciclasi diventa attivato una volta che è legato
dal peptide natriuretico atriale e converte GTP in cGMP, il quale inizia una cascata
di segnalazione. I recettori dei canali ionici permettono semplicemente agli ioni di
passare attraverso la membrana quando sono attivati, e questi ioni possono legare
proteine di segnalazione nel citosol. Le proteine impalcatura transmembrana sono
composte da aggregati sulla superficie cellulare con siti di legame multipli per
molte proteine di segnalazione. Questo gruppo di proteine controlla quali siti di
legame sono disponibili, decidendo quali segnali possano legarsi al complesso in
un dato momento. I recettori nucleari vengono legati dai loro segnali permeabili
alla membrana nel citosol, e di conseguenza si legano direttamente al DNA
per controllare l’espressione genica. Questi recettori sono quasi tutti fattori di
trascrizione.
Le proteine recettoriali che coinvolgono attività enzimatica sono i recettori proteina
chinasi e il recettore guanilil ciclasi. I recettori proteina chinasi contengono
domini chinasici che fosforilano le code citosoliche del recettore o altre proteine
di segnalazione a valle. Le proteine chinasi sono enzimi, quindi questi recettori
coinvolgono direttamente l’attività enzimatica in seguito al legame col ligando. Il
recettore guanilil ciclasi richiede un’attività enzimatica per convertire il GTP in cGMP
una volta che è legato a un ligando, quindi questi hanno anche un componente
enzimatico per svolgere la loro funzione. I GPCR, i canali ionici, le proteine
impalcatura transmembrana e i recettori nucleari non coinvolgono direttamente
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un’attività enzimatica poiché si legano ad altre proteine o semplicemente permettono
agli ioni di passare attraverso la membrana senza alterare la funzione di nessuna di
queste molecole. Gli enzimi sono componenti essenziali della trasduzione del segnale
perché catalizzano le reazioni chimiche, consentendo un’amplificazione rapida del
segnale. Le proteine di segnalazione che non sono esse stesse enzimi possono legarsi
agli enzimi, quindi è chiaro che l’attività enzimatica è necessaria per generare una
risposta cellulare agli stimoli.
5. I canali ionici sono un tipo di recettore, ma non tutti sono coinvolti nella trasduzione
del segnale perché non tutti gli ioni agiscono come segnali. Gli ioni che passano
attraverso questi canali agiscono come segnale solo se inducono un cambiamento
nella forma e nell’attività della proteina di segnalazione.
6. La differenza principale tra queste proteine è che le guanilil ciclasi sono recettori,
mentre le adenilil ciclasi sono molecole segnale.
7. Le proteine adattatrici fanno parte della trasmissione del segnale e del sistema
endomembranoso. Qui svolgono una funzione simile, facilitando il legame tra le
proteine di rivestimento e la parte della membrana che formerà una vescicola.
8. Tale trattamento alterava l’attività di molte cellule perché aveva come bersaglio tutte
le chinasi. Le proteine chinasi sono una classe di proteine che fosforilano le catene
laterali di tirosina, serina e treonina su molte proteine diverse. Molti tipi differenti
di chinasi circolano nel citosol e alcuni possono anche entrare e uscire dal nucleo
per fosforilare le proteine che alterano l’espressione genica. Nelle cellule umane ci
sono più di 150 proteine chinasi note. Il trattamento produceva effetti indesiderati
in più tipi cellulari perché bersagliando tutte le chinasi, venivano alterate molte
vie di segnalazione diverse anziché soltanto la via di crescita della cellula. Sarebbe
opportuno che questa azienda mirasse più specificamente all’FGFR coinvolto nella
crescita anomala delle cellule.
9. Quando il fattore di crescita viene rilasciato dall’impianto nella matrice ossea, può
venire in contatto e legarsi con i recettori tirosina chinasi. Questo legame induce un
cambiamento conformazionale nel recettore, portando a transautofosforilazione
delle subunità del recettore sulle code citosoliche. Ciò stimola le code citosoliche del
recettore a legare Grb2 tramite il suo dominio SH2. Grb2, attivato, si lega a Sos, che
si lega a una proteina G monomerica, detta Ras. Ras poi rilascia GDP e lega GTP, che
le permette di legare e attivare la serina/treonina chinasi Raf. Raf fosforila un’altra
chinasi chiamata MEK, che fosforila un’altra chinasi chiamata Erk. Una volta attivata,
Erk forma un dimero che può poi fosforilare altre proteine di segnalazione nel
citosol o nel nucleo. Per stimolare la crescita cellulare, Erk può entrare nel nucleo per
fosforilare le proteine nucleari chiamate fattori di trascrizione. Questa attivazione dei
fattori di trascrizione può poi innescare l’espressione di geni necessari per la crescita
cellulare, come quelli che regolano il ciclo cellulare.
10. Gli effetti negativi dello stress cronico sono dovuti all’esposizione a lungo termine
all’ormone cortisolo. In periodi di stress prolungato, le ghiandole surrenali
secernono regolarmente il cortisolo. Poiché il cortisolo è uno steroide, può entrare
in tutte le cellule e il suo recettore glucocorticoide entra nel nucleo cellulare e
si lega a una sequenza genica regolatrice, SRE, che altera l’espressione genica
e proteica. Poiché esistono molte varianti di SRE, i cambiamenti d’espressione
genica dovuti a questo elevato livello di cortisolo possono riguardare molti tipi
cellulari diversi. Uno di questi è quello dei monociti, che generano in seguito i
macrofagi, cruciali per una funzionalità appropriata del sistema immunitario.
Riassumendo, le persone con alti livelli di stress hanno livelli elevati di cortisolo, che
interessa l’espressione di geni delle cellule immunitarie, quindi hanno un sistema
immunitario compromesso e una predisposizione ad ammalarsi. I prodotti che si
ritiene invertano gli effetti dello stress cronico bersagliando il cortisolo possono
non essere efficaci o anche dannosi, perché sappiamo poco riguardo alla risposta
fisiologica al cortisolo a livello molecolare.
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RISPOSTE A SCELTA MULTIPLA
1.
B. La scelta A non è corretta perché le proteine G eterotrimeriche legano GTP e
GDP, mentre le proteine G monomeriche sono quelle che si legano ai GEF e ai
GAP. La scelta C è scorretta perché la fosfolipasi C converte PIP2 trasformandolo in
diacilglicerolo e IP3, per entrare in funzione in una via di segnalazione che attiva la
proteina chinasi C. La scelta D è sbagliata perché l’adenilato ciclasi in realtà si lega
alla subunità alfa delle proteine G eterotrimeriche, anziché fosforilare le MAP chinasi
chinasi. Anche la risposta E è sbagliata perché i recettori degli steroidi non fosforilano
le proteine, il che significa che non devono essere proteine chinasi. La scelta B è
corretta. Riesaminate la Sezione 11.4 (vedi, Le proteine G costituiscono due classi di
interruttori molecolari).
2. A. Dopo che l’FGF si lega all’FGFR, la transautofosforilazione è la prima cosa che deve
avvenire affinché l’intera via di segnalazione abbia inizio. Poiché la funzione di una
chinasi è esattamente questa (mettere un fosfato su qualcosa), la perdita di funzione
della chinasi significherebbe che l’FGFR non sarebbe capace di fosforilare se stesso
(transautofosforilazione), e la via di segnalazione non sarebbe indotta. Vedi Figura
11.19 per maggiore chiarezza.
3. B. Le proteine impalcatura di segnalazione sono un gruppo di proteine che
cooperano per controllare il posizionamento e l’attività di legame di altre proteine
nell’area. Poiché i recettori delle integrine aiutano a formare l’impalcatura che
permette alla cellula di aderire alle proteine dell’ECM, vengono classificati come
recettori di quella specifica proteina impalcatura. Inoltre, questi non modificano
parti della proteina impalcatura a cui sono attaccati. Vedi Figura 11.1 per
maggiore chiarezza.
4. A. L’attivazione della sequenza di segnalazione PKC usa sia inositolo (un idrocarburo)
che ioni Ca2+ come secondi messaggeri della sua via di segnalazione. Tutte le altre vie
di segnalazione elencate non usano ioni oppure usano i PIP (non idrocarburi) invece
dell’inositolo defosforilato che utilizza la via di segnalazione di PKC. Riesaminate la
Sezione 11.5 (Le vie delle chinasi dei fosfolipidi cooperano con le vie delle proteine
chinasi e delle proteine G).
5. B. Questa affermazione è di per sé corretta in quanto, secondo quanto appreso
in questo capitolo, le proteine G monomeriche non vengono fosforilate. Infatti le
molecole di GTP che vi si legano sono a loro volta inattivate per defosforilazione
(da parte delle proteine GAP); le proteine monomeriche legate ora a GDP
non vengono di nuovo fosforilate per riattivarle. Al contrario, per rendere le
proteine monomeriche nuovamente attive, GEF anziché fosforilare il complesso
semplicemente promuove il distacco del GDP per raccogliere nuovo GTP, che viene
poi legato alla proteina monomerica. Vedi Sezione 11.4 (Le proteine G costituiscono
due classi di interruttori molecolari).
CAPITOLO 12
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
La fosforilazione delle proteine nucleari richiede l’attivazione delle proteine chinasi.
Poiché i GPCR non sono chinasi, controllano l’attività chinasica indirettamente
attraverso le proteine di segnalazione e i secondi messaggeri. I GPCR della membrana
plasmatica possono attivare almeno tre diverse proteine chinasi attraverso vie diverse.
Una usa le proteine G eterotrimeriche per attivare una fosfolipasi che genera IP3 e
diacilglicerolo. IP3 potrebbe legarsi a un canale per il calcio, rilasciando calcio dallo
spazio intermembrana. Queste molecole, a loro volta, stimolano la proteina chinasi C.
Tutti gli elementi di questa via di segnalazione sono stati trovati nel nucleo sebbene
non sia chiaro quali specifici GPCR (con le loro specifiche subunità di proteine G)
portino segnali al nucleo nei vari tipi specifici di cellule.
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2.
41
Una seconda possibile via di segnalazione attiva PKB/Akt generando PIP3. PIP3 viene
generato da fosfatidilinositolo chinasi e almeno una di queste, la chinasi PI3, è un
bersaglio della proteina G eterotrimerica. Come con la via di segnalazione di PKC,
tutti gli elementi necessari sono stati identificati nel nucleo, ma non sono state
identificate le componenti esatte coinvolte in uno specifico tipo cellulare.
Una terza possibile via di segnalazione potrebbe attivare PKA. I GPCR possono
attivare PKA innescando l’attività dell’adenilil ciclasi attraverso le proteine G
eterotrimeriche. Tutti gli elementi necessari per questa via di segnalazione
sono stati identificati nei nuclei, ma non è chiaro se sono tutti presenti nello
stesso nucleo. Chiarire le versioni nucleo-specifiche di ognuna di queste vie di
segnalazione è notevolmente complicato perché molte di queste molecole sono
presenti e attivate anche nel citosol, lasciando aperta la possibilità che nel nucleo
le vie di segnalazione citosoliche si sovrappongano a quelle nucleari. Ciò significa
che è molto difficile, per esempio, determinare se la molecola di cAMP venga
generata direttamente nel nucleo o qui si diffonda successivamente essendo
prodotta nel citosol.
La prima questione da affrontare è come una singola molecola possa influenzare
un’intera cellula. Una caratteristica importante della maggior parte delle vie
di segnalazione è l’amplificazione del segnale: il legame a un singolo segnale
potrebbe innescare l’attivazione di centinaia, migliaia o addirittura milioni di
molecole di segnalazione a valle. Tuttavia, indipendentemente da quale sia il grado
di amplificazione, i prodotti di una singola via di segnalazione sono limitati. Per
aumentare la diversità del segnale, possiamo ricorrere al sistema ramificato che
collega tra loro le vie di segnalazione; con la ramificazione il segnale originario può
essere convertito in molti segnali diversi. Infine, dobbiamo spiegare come centinaia
di proteine possano essere espresse in risposta a un singolo stimolatore iniziale.
Per spiegare questo possiamo usare gli elementi di risposta, quali CRE o GRE, che
si trovano nei promotori di molti geni diversi. Infine, sappiamo che almeno alcuni
dei geni che vengono innescati dal segnale iniziale possono codificare fattori di
trascrizione, che poi possono innescare una seconda (e una terza, e così via) ondata
di espressione genica. Ogni nuova ondata è guidata dai fattori di trascrizione attivati
dal precedente ciclo d’espressione. Useremo questo concetto dell’”onda dopo onda”
nel Capitolo 13.
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
Nel nucleo non tutti gli effettori stimolano la trascrizione, e l’inibizione delle vie di
segnalazione che bersagliano gli effettori repressivi equivale a un doppio negativo;
ovvero, l’inibizione degli effetti inibitori produce attivazione. Per esempio, le
deacetilasi istoniche (HDAC) sono effettori che rimuovono i gruppi acetilici dagli
amminoacidi lisina sugli istoni, sopprimendo così la trascrizione. Molte vie di
segnalazione delle proteine chinasi attivano le HDAC, quindi gli inibitori di queste vie
(per esempio, le fosfatasi proteiche) possono rimuovere la soppressione, attivando
così la trascrizione genica. In effetti, un’intera classe di effettori, chiamati soppressori
trascrizionali, si lega a sequenze regolatrici sui geni e riduce l’espressione di questi
geni. L’inibizione di una qualsiasi delle vie di segnalazione che attivano questi
soppressori avrà un impatto simile sulla trascrizione.
Le cellule della pelle inibiscono il differenziamento in cellule neuronali impedendo
la trascrizione dei geni importanti per il differenziamento neuronale. Questa
inibizione può essere realizzata da una via di segnalazione che coinvolge Notch,
un recettore di superficie che si sposta nel nucleo dopo il legame con Delta, il suo
ligando. Il legame a Delta innesca il taglio di Notch e il conseguente trasferimento
del dominio intracellulare di Notch (NICD) nel nucleo, dove si lega a CSL e porta alla
soppressione della trascrizione. Fra i geni inibiti potrebbero esserci quelli necessari per
il differenziamento delle cellule neuronali.
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3.
4.
5.
6.
7.
8.
DFZ2 è un GPCR che viene endocitato dopo il legame con il suo ligando, Wingless.
Dopo l’endocitosi, DFZ2 viene tagliato a livello di un sito specifico e la porzione
carbossi-terminale entra nel nucleo per iniziare la trascrizione genica. Poiché DFZ2
viene endocitata da un neurone, si deve formare una fossetta rivestita a livello della
membrana plasmatica perché abbia inizio la formazione di una vescicola citosolica.
Tali fossette rivestite sono formate dall’aggregazione di clatrina: l’assenza di clatrina
impedirebbe a DFZ2 di entrare nella cellula. Il risultato finale è che DFZ2 non
entrerebbe nel nucleo e quindi non sarebbe in grado di dare inizio alla trascrizione
genica.
Nelle cellule umane sono abbondanti molte forme di proteina chinasi; queste
svolgono più funzioni che influenzano i comportamenti delle cellule come la crescita,
la proliferazione, il differenziamento e la migrazione. Anche una sola mutazione può
alterare o inibire la loro funzionalità, il che potrebbe alterare drasticamente tutte le
vie di segnalazione coinvolte ed essere fatale per la cellula. Si pensa che le mutazioni
della proteina chinasi possano essere coinvolte in varie patologie, compreso il
cancro, poiché partecipano a una grande varietà di sistemi di segnalazione in tutte
le cellule umane. Per esempio, PKB fosforila un gran numero di proteine nel nucleo,
influenzando più fattori di trascrizione per geni diversi. Allo stesso modo, PKC è
presente nel citosol e nel nucleo e fosforila anche varie proteine.
La fosforilazione delle molecole segnale è un metodo diffuso per controllare
la funzione di proteine e lipidi, ma quando uno stimolo viene rimosso, questa
attivazione delle molecole segnale deve essere invertita. Per compiere ciò, le cellule
contengono proteine note come fosfatasi, che tagliano il fosfato extra dalle molecole
segnale, rendendole inattive. Una fosfatasi nucleare ben conosciuta, chiamata PTEN,
si trova sia nel citosol che nel nucleo. PTEN defosforila sia le proteine che i lipidi e
quando necessario può entrare e uscire dal nucleo tramite diffusione, meccanismi
dipendenti da sequenze segnale e meccanismi dipendenti da fosforilazione. Nel
nucleo PTEN sopprime la crescita cellulare inattivando i fattori di trascrizione e le
chinasi che li attivano tramite fosforilazione.
I termini coesina e condensina suonano come le parole coesione e condensazione.
La coesione viene definita come l’atto di formare un insieme unito, mentre il verbo
condensare significa rendere qualcosa più denso o più concentrato. L’espressione
“mantenimento strutturale del cromosoma” suggerisce che le coesine e le
condensine controllino la struttura dei cromosomi. Mettendo insieme tutte queste
informazioni si potrebbe concludere che le coesine tengono insieme la cromatina
come una struttura, mentre le condensine concentrano la cromatina per renderla
più densa, forse permettendole di occupare meno spazio nel nucleo. In effetti,
questo è esattamente ciò che fanno le coesine e le condensine nel nucleo. Le coesine
legano insieme i due filamenti di DNA e le condensine condensano il DNA: entrambe
realizzano ciò formando strutture ad anello intorno al DNA.
L’acetilazione implica l’aggiunta di un gruppo acetilico al gruppo amminico nella
catena laterale della lisina. L’aggiunta di un gruppo acetilico ad H3 rimuove la carica
positiva dal gruppo amminico, il che riduce l’affinità tra H3, e lo scheletro di DNA
promuove il rilassamento del DNA vicino, rendendolo accessibile all’RNA polimerasi
e quindi aiutando la trascrizione genica. Sulla base di queste conoscenze, i ricercatori
possono considerare metodi di inibizione della modificazione dell’istone, se è di fatto
coinvolta nella formazione del tumore.
Il complesso RNA polimerasi-TFIID sulla TATA box, conosciuto come complesso di
preinizio, è necessario per iniziare la trascrizione genica. Tuttavia, questo complesso
raramente funziona da solo negli organismi viventi. Proteine chiamate fattori di
trascrizione interagiscono molto con questo complesso, controllando il tasso e
l’efficienza di trascrizione. Non ci sono fattori di trascrizione nella provetta, quindi la
trascrizione del gene di interesse è dipendente unicamente dal complesso di preinizio,
che è noto per essere poco attivo di per sé. Ciò mostra che i meccanismi cellulari
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sono dipendenti dalle complesse interazioni tra diverse proteine, che consentono alle
cellule di effettuare cambiamenti deliberati in risposta agli stimoli.
9. Per sopprimere la crescita delle cellule tumorali si potrebbe scegliere come bersaglio la
proteina di legame enhancer CAAT, un fattore di repressione trascrizionale. Quando
questo repressore si lega alla CAAT box, impedisce l’espressione dei geni richiesti per
la crescita cellulare. Fa ciò attraendo la metiltransferasi del DNA, che metila le basi di
citosina del DNA che si trovano negli amminoacidi lisina e/o arginina all’interno delle
proteine istoniche. La metilazione degli istoni è associata alla condensazione della
cromatina e può tradursi nel legame delle proteine all’eterocromatina, nell’innesco
della metilazione del DNA circostante e nel suo silenziamento effettivo, rendendolo
non disponibile all’RNA polimerasi per la trascrizione.
10. L’isolamento del frammento di DNA appena a valle della sequenza del promotore
significa che il promotore è stato tagliato dall’enzima di restrizione. Di conseguenza,
questo frammento di DNA purificato non contiene il core centrale del promotore.
Questa porzione è essenziale per la trascrizione in quanto contiene la sequenza
TATA box che fornisce i siti di legame per la proteina TFIID e per il complesso di
trascrizione generale. Se queste proteine non possono legarsi al DNA, non c’è un
complesso per l’RNA polimerasi al quale legarsi e la trascrizione non avviene. Questo
spiega perché le cellule non esprimevano la proteina, in quanto i geni appropriati
non venivano trascritti. In esperimenti futuri lo scienziato potrà correggere questo
punto selezionando un enzima di restrizione che si lega al DNA a valle del core del
promotore. Ciò tratterrà il promotore all’interno del frammento, permettendo al
complesso di trascrizione di legarsi a esso. L’ottavo principio della biologia cellulare
(I complessi proteici rappresentano i sistemi decisionali della cellula) viene ben
rappresentato in questo esempio poiché senza il core del promotore, TFIID non può
legarsi al segmento di DNA. Senza TFIID, le proteine successive che si legano per
formare il complesso di trascrizione generale non possono legarsi in sequenza, e
non si formerà nessun complesso. Senza questo complesso che guida la decisione
cellulare per trascrivere il DNA, l’RNA polimerasi non inizierà la trascrizione.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
2.
3.
D. La fosforilazione di CREB da parte della PKA è un passaggio necessario per tutta
la trascrizione genica. Anche se il fattore di crescita non fosse presente, la cellula
potrebbe aver bisogno di trascrivere geni (per ragioni diverse dalla crescita), così CREB
sarebbe ancora fosforilata (attivata) dalla PKA (proteina chinasi A). Al contrario, le
altre scelte sono passaggi che avvengono unicamente quando è presente il fattore di
crescita, che è il segnale per iniziare la trascrizione genica.
A. L’ottavo principio della biologia cellulare afferma che i complessi proteici
rappresentano i sistemi decisionali della cellula. Le scelte B, C, D ed E non dimostrano
questo, perché si riferiscono semplicemente all’identità del gene/della proteina
coinvolti nel produrre uno specifico evento; il che rende la scelta D sbagliata perché
non vengono prese decisioni nel fatto che i promotori hanno sempre sequenze TATA,
o che PKA è capace di fosforilare cose diverse (scelta E). Tuttavia, ci deve essere una
decisione della cellula quando la proteina mediatore attiva l’RNA polimerasi, perché
non sempre lo fa. All’interno della cellula deve esserci un segnale che spinge il
mediatore ad attivare, anziché disattivare, l’RNA polimerasi.
C. La scelta A sarebbe sbagliata perché il mediatore stesso non si lega agli elementi
di controllo prossimali e distali di un gene. Piuttosto, si lega agli attivatori che
si legano a questi elementi. Le proteine che piegano il DNA e non il mediatore,
sono quelle che lo piegano in una configurazione ad anello, il che rende anche la
scelta B non corretta. Anziché innescare l’acetilazione o creare siti di legame per i
fattori di trascrizione (come indicato nelle scelte D ed E), la funzione del mediatore
è semplicemente di collegare i fattori di trascrizione legati alle sequenze lungo
il filamento di DNA (cioè il promotore prossimale e/o enhancer) al complesso di
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4.
5.
trascrizione generale/RNA polimerasi II, perché possano essere lontani l’uno dall’altro.
Riesaminate la Sezione 12.3 (Le sequenze enhancer legano gli attivatori a distanza
dal promotore).
A. Riesaminate la parte finale della Sezione 12.2 per chiarire ciò. Là si afferma che la
PKC attivata si lega all’interno del nucleoplasma, e affinché PKC sia attivata, IP3 deve
essere coinvolto. Quando è nel nucleo, la PKC attivata è nota per fosforilare molte
proteine, una classe delle quali è quella delle lamine nucleari. Più avanti nella Sezione
12.2 si afferma che ci sono molti canali che regolano il calcio che fluiscono dentro e
fuori l’involucro nucleare, e che questi canali possono aiutare a controllare forma e
funzione degli NPC. Quindi, è probabile che siano coinvolti nella fosforilazione della
lamina, poiché questa contribuisce alla frammentazione nucleare.
D. La chinasi PI3 aiuta a trasformare il fosfatidilinositolo in PIP3, il quale si integra
nella membrana cellulare e forma un complesso con una proteina chiamata PDK1
così come con una proteina chinasi B. PDK1 è poi capace di fosforilare PKB (prima
che questo possa avvenire è richiesta la formazione del complesso). Vedi Figura 12.6
per maggiore chiarezza.
CAPITOLO 13
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
2.
Aggiunta di PDGF alle cellule, a metà di G1. Probabilmente questo aiuterà la cellula
a passare oltre il punto di restrizione, tramite una via di segnalazione simile a quella
mostrata nella Figura 13.7. La fosforilazione di Jun le permetterà di legarsi al fattore
di trascrizione fos, formando l’eterodimero AP1 che si lega al sito di regolazione su
molti geni, compresa la ciclina D. La ciclina D si legherà a CDK4 o CDK6, formando
un complesso che può essere attivato, guidando le cellule nella fase S. Una volta
oltrepassato il punto di restrizione, la cellula dovrebbe completare l’intero ciclo
cellulare.
Aggiunta di PDGF alle cellule, all’inizio di G2. Ciò probabilmente fermerà la
progressione alla fase M tramite il meccanismo mostrato nella Figura 13.18. I
recettori tirosina chinasi possono attivare le vie di segnalazione di MAPK, e la chinasi
Pom1 viene attivata dal segnale di MAPK. L’attivazione di Pom1 inibirà Cdr1 e Cdr2,
permettendo così a Wee1 di inibire la ciclinaB/CDK1.
Rimozione dei nutrienti dalle cellule, in S. Ciò probabilmente non avrà un impatto
sugli eventi della fase S, e sulla base degli esperimenti sui lieviti, è probabile che
le cellule non saranno sensibili alla rimozione dei nutrienti fino a quando non
raggiungeranno la fase G1. A quel punto le cellule si fermeranno (entrando in G0)
fino a che i nutrienti saranno ripristinati.
Rimozione dei nutrienti dalle cellule, in M. Ciò probabilmente avrà lo stesso effetto
della rimozione dei nutrienti nella fase S: le cellule si fermeranno in G0 una volta
completata la fase M.
Aggiunta di un farmaco che inibisce Pom1, in G2. Ciò probabilmente innescherà la
fase M e il completamento del ciclo cellulare. L’inibizione di Pom1 introdurrebbe un
quarto livello di inibizione del controllo della ciclina B/CDK1: nessuna attività di
Pom1 n Cdr1 e Cdr2 sono attive n Wee1 è inattivo n la ciclina B/CDK1 è attiva.
Mutazione con perdita di funzione per la ciclina B, in ogni fase. La ciclina B controlla
l’attività di CDK1 nella fase G0. Senza questa, CDK1 non può venire attivata, quindi
le cellule non dovrebbero essere capaci di uscire da G0, indipendentemente da in
quale punto del ciclo fossero quando è avvenuta la mutazione.
Quando si esaminano gli elementi individuali del meccanismo apoptotico, ci si rende
conto che l’apoptosi non ha richiesto nulla di nuovo per evolversi. Per esempio:
• Le caspasi esecutrici sono semplici proteasi, e ogni cellula esprime le proteasi
come parte dei suoi normali compiti. Una mutazione delle caspasi può facilmente
spiegare come una proteasi ancestrale sia mutata per formare la prima caspasi.
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• Le caspasi sono inibite dalle loro code, in una forma “pro”. Le forme “pro”
delle proteine sono abbastanza comuni, e rappresentano un modo efficace per
regolarne la funzione; i collageni e l’elastina sono esempi che abbiamo descritto in
questo testo (vedi Capitolo 6).
• L’oligomerizzazione di Bax, Bak, APAF-1 e così via avviene alterando la forma delle
proteine per esporre i siti di legame, in totale accordo con le tre caratteristiche
delle proteine. La stessa cosa vale per le proteine inibitrici.
• L’inserzione di Bax e Bac nella membrana mitocondriale esterna è abbastanza
simile a come altre proteine transmembrana entrano nei mitocondri, e il fatto che
formino un canale è tutto tranne che atteso, perché la formazione del canale è
uno dei risultati più probabili di un complesso fatto da copie multiple degli stessi
polipeptidi. Il complesso del poro nucleare a confronto fa sembrare semplice il
canale Bax/Bak.
• Il recettore di morte funziona nello stesso modo in cui funziona la maggior parte
dei recettori di trasduzione del segnale: forma un complesso multimerico, si lega a
un ligando nello spazio extracellulare e recluta una proteina adattatrice citosolica
per legare, come risultato, le sue code. Tutte le associazioni proteina-proteina in
questa via di segnalazione sono mediate da specifici domini di legame, proprio
come abbiamo visto per la trasduzione del segnale.
Quindi, come si spiega “metà” del meccanismo di apoptosi di una cellula? Il recettore
di morte può essersi evoluto da una via di trasduzione del segnale che è diventata
meno rilevante col trascorrere del tempo, così che quella mutazione sarebbe stata
tollerata anziché divenire immediatamente fatale. In pratica si tratta di qualcosa di
neutro. La stessa argomentazione si può applicare a quasi ogni altro componente
delle vie di segnalazione intrinseca ed estrinseca: il canale Bax/Bak può aver fornito
permeabilità a un’altra molecola prima che mutasse per consentire al citocromo c di
sfuggire, e così via. Anche le caspasi, senza un meccanismo che le attivi, sarebbero
innocue. Poiché non possiamo osservare ogni organismo esistito sulla Terra, non
possiamo provare in maniera conclusiva questa idea, proprio come non possiamo
provare sperimentalmente i passaggi principali dell’evoluzione precoce. Ma il fatto
che le proteine strettamente correlate alle proteine dell’apoptosi siano utilizzate dai
procarioti attuali rafforza questa argomentazione.
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
Alcune cellule entrano in fase G0 quando vengono sottoposte a uno stress
ambientale, come per esempio l’assenza di nutrienti, e rimangono mitoticamente
inattive fino a che lo stress non viene rimosso. Le cellule che rimangono
permanentemente in G0 devono avere una buona ragione per farlo, perché questo
impedisce loro di dividersi regolarmente e di produrre cellule figlie. La divisione
cellulare è una fase molto vulnerabile per le cellule perché riduce la loro capacità di
esprimere geni e quindi di rispondere agli stimoli ambientali, e interrompendo anche
i loro collegamenti con le cellule circostanti, le lascia esposte al danno provocato
dalle forze meccaniche. Le cellule in fase G0 comprendono i neuroni e le cellule dei
muscoli scheletrici; entrambi perderebbero la loro funzione se costretti a ritrarre
le loro proteine citoscheletriche e a dividersi. I neuroni sono responsabili della
trasmissione costante dell’informazione nel sistema nervoso, mentre le cellule dei
muscoli scheletrici devono essere in grado di rispondere alle informazioni provenienti
dal sistema nervoso.
La cellula regola il ciclo cellulare usando dei complessi proteici che confermano
il completamento dei passaggi principali del ciclo cellulare. Per esempio, questi
complessi permetterebbero la progressione alla fase G2 solo se il DNA venisse
replicato completamente. Se vengono rilevati un’interferenza oppure un errore nel
processo, questi complessi potrebbero impedire la progressione del ciclo fino a che
l’errore non fosse corretto. Questo meccanismo di controllo di qualità è in relazione
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3.
4.
5.
6.
7.
all’ottavo principio, poiché dipende dai complessi proteici che agiscono come
dispositivi importanti per le decisioni della cellula.
È probabile che nel corso del fine settimana i terreni di coltura si siano impoveriti
di nutrienti, cosa che avrebbe interrotto la progressione alla fase S. Ciò è dovuto
al fatto che il ciclo cellulare è regolato da più punti di controllo, compreso il punto
di restrizione vicino al confine tra G1 ed S. Questo punto di controllo particolare
determina se le cellule completeranno il ciclo interrompendo la loro progressione in
G1. In condizioni quali un ambiente privo di nutrienti, le cellule di lievito possono
rimanere in G1 per giorni fino a che ci sono nutrienti sufficienti a supportare
la crescita e la divisione cellulare; se sono già nella fase G1 avanzata, possono
progredire nel ciclo fino a raggiungere di nuovo G1, e fermarsi. Il fatto che le cellule
possano rimanere in G1 per parecchi giorni mostra che la transizione tra le fasi G1 ed
S è strettamente controllata al fine di proteggere la cellula.
Gli E2F sono fattori di trascrizione capaci di legarsi in particolare a sequenze di
DNA nei promotori regolatori di più geni, attivando o inibendo l’espressione
genica. Gli E2F possono essere coinvolti in cicli di feedback positivo promuovendo
l’espressione di più proteine E2F e inducendo l’espressione della ciclina E, che porta
a una maggiore fosforilazione delle proteine a tasca che alterano l’attività di E2F. È
possibile anche un feedback negativo inducendo l’espressione della ciclina A, che
impedisce il legame del dimero E2F al DNA. L’attività di E2F è strettamente regolata
all’interno delle cellule da questi meccanismi di feedback, e la decisione tra crescita
o morte della cellula è il risultato di una concentrazione relativa dei diversi dimeri
E2F che si legano al DNA. Se è presente una concentrazione più alta di dimeri E2F
che promuovono l’espressione dei geni coinvolti nell’apoptosi, quella cellula andrà
probabilmente incontro ad apoptosi.
L’ubiquitina ha un ruolo fondamentale durante tutto il ciclo cellulare a causa della sua
funzione nella degradazione proteolitica delle altre proteine. La maggior parte delle
proteine che compaiono a concentrazioni che variano a seconda delle fasi del ciclo
viene degradata dall’ubiquitina durante il ciclo stesso. Senza questa degradazione,
le proteine potrebbero essere attive per lunghi periodi di tempo, ostacolando la
progressione del ciclo cellulare. Un esempio di proteina degradata dall’ubiquitina
è la proteina di “licensing” legata al DNA. La fosforilazione di questa proteina
effettuata da un complesso ciclina A/CDK2 permette la sua distruzione mirata da
parte dell’ubiquitina e il legame della DNA polimerasi per formare il complesso di
replicazione. Se questa proteina di licensing non venisse degradata, la replicazione
non si realizzerebbe perché renderebbe la DNA polimerasi incapace di legarsi
al filamento di DNA. L’ubiquitina degrada anche p53, un soppressore tumorale
normalmente legato a mdm2.
La proteina p53 normalmente è legata a mdm2, ma la fosforilazione di p53 da parte
di Chk2 elimina la sua associazione a mdm2. Ciò attiva p53, permettendogli di legarsi
a un elemento di risposta di p53 nel promotore regolatore di più di 100 geni. Poiché
si lega a questo promotore in così tanti geni, interessa vari comportamenti cellulari
differenti. P53 è considerato un soppressore tumorale perché aiuta anche a riparare il
danno al DNA prima che la replicazione finisca. Come risultato di questa importante
funzione, mutazioni nel gene di p53 possono dar luogo a numerose mutazioni a valle
del DNA di molti geni, alcune delle quali portano alla formazione dei tumori. Il fatto
che p53 regoli molti geni diversi è la ragione della sua presenza in più della metà dei
tumori umani.
Nel caso di una mutazione di Pom1, non ci sarebbe inibizione della mitosi e la cellula
si dividerebbe in un ciclo senza fine. Pom1 inibisce le chinasi Cdr1 e Cdr2, che
inibiscono Wee1. Quindi, una mutazione in Pom1 porterebbe ad avere Cdr1 e Cdr2
costantemente attivate e a una continua inibizione di Wee1. Poiché Wee1 inibisce
CDK1, non ci sarebbe inibizione di CDK1, il che porterebbe a un’attivazione costante
del complesso ciclina A/CDK1, assumendo che ci sia abbastanza ciclina B. Questa
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attivazione di ciclina B/CDK1 guida la cellula oltre il punto di controllo tra G2 ed M,
quindi Pom1 mutato porterebbe in ultima analisi alla distruzione di questo punto di
controllo, permettendo il passaggio in mitosi di cellule potenzialmente malate.
8. Affinché il complesso ciclina B/CDK1 possa guidare le cellule verso la mitosi, prima
deve avvenire una serie di passaggi che portano alla sua attivazione. L’attivazione
di ciclina B/CDK1 è il risultato della fosforilazione della ciclina B e della rimozione
del fosfato inibitorio cdc25, che a sua volta è il risultato di una serie di chinasi che si
fosforilano tra loro. Affinché inizi questa catena di eventi, le cellule devono prendere
contatto con le proteine dell’ECM. Questo perché i complessi focali necessari per
attivare FAK, la prima chinasi della serie, si formano soltanto quando le cellule si
attaccano e si diffondono su queste proteine dell’ECM. Quindi, quando le proteine
dell’ECM non sono a disposizione delle cellule, queste non possono attaccarsi e
diffondersi su di esse e quindi FAK non viene attivato. Senza l’attivazione di FAK non
si può fosforilare la chinasi successiva e non si hanno tutte le reazioni a valle che
normalmente avvengono. Questo dimostra l’organizzazione gerarchica delle diverse
proteine nelle funzioni cellulari e come una singola mutazione o un errore nella
funzione di una proteina possa influenzare un intero processo, portando a effetti
potenzialmente devastanti per la cellula.
9. Necrosi e apoptosi sono le due modalità tramite le quali le cellule muoiono, ma
entrambe sono molto diverse l’una dall’altra. La necrosi deriva da un evento
involontario, come un danno da trauma, e non contribuisce alla salute complessiva
di un organismo. Il trauma porta a gonfiore ed eventuale rottura delle cellule
interessate, provocando la fuoriuscita del contenuto citosolico nella matrice
circostante. Questi prodotti di scarto stimolano una risposta infiammatoria e
sono inghiottiti dalle cellule immunitarie per impedire un danno alle cellule vicine.
Diversamente dalla necrosi, l’apoptosi è volontaria e deriva da precisi processi
decisionali all’interno della cellula con l’aiuto di complessi proteici. Può anche
contribuire alla salute di un organismo liberandolo dalle cellule infettate da un virus
o da un batterio oppure eliminando quelle cellule che non sono più necessarie per
promuovere la sopravvivenza dell’organismo. L’apoptosi produce molti frammenti del
citoplasma racchiusi da membrana, limitando il processo solo alle cellule interessate
e permettendo l’endocitosi e il riciclo di questi sottoprodotti. Questo processo
consente una morte cellulare molto più “pulita” se confrontata con la necrosi.
Apoptosi e necrosi sono simili nel senso che entrambe utilizzano le cellule del sistema
immunitario innato per fagocitare i prodotti di scarto.
10. Le cellule che vanno incontro ad apoptosi spesso si raggrinziscono ed emergono
in alcune regioni a livello della membrana plasmatica visibili al microscopio.
Nell’apoptosi gli organelli dovrebbero rimanere intatti fino alla formazione dei corpi
apoptotici come preparazione alla fagocitosi. Il collassamento del citoscheletro
dovrebbe portare alla contrazione dei filopodi e dei lamellipodi che possono
essere visibili o meno. L’apoptosi produce anche una cromatina condensata e
una frammentazione della membrana nucleare, che si manifesta sotto forma di
piccole bolle all’interno della cellula. Poiché la cromatina viene condensata durante
l’apoptosi, essa viene condensata anche nel corso della mitosi e per tutta la durata
del ciclo cellulare perché i geni non sono attivamente trascritti durante l’intero
processo.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
E. L’esperimento dimostrava semplicemente l’esistenza di MPF, ma non spiegava da
che cosa era composto MPF, quindi le risposte A e B sono entrambe non corrette.
A quel tempo, gli scienziati non erano consapevoli che le cicline e/o le molecole
CDK avessero un ruolo nel promuovere la mitosi. Allo stesso modo non erano
consapevoli della via di segnalazione coinvolta nell’attivazione di MPF, quindi non
potevano sapere se poteva essere attivato da recettori di segnalazione di superficie.
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2.
3.
4.
5.
Di conseguenza anche la risposta D non è corretta. Sebbene la risposta C costituisca
un’affermazione corretta, non è supportata da tutti i dati forniti dall’esperimento.
I dati permettono, invece, la conclusione che MPF sia richiesto dalle cellule per
passare attraverso tutti i punti di controllo del ciclo cellulare, poiché l’iniezione di
MPF può indurre a ogni stadio la mitosi nelle cellule. Quindi, la risposta E è corretta.
Riesaminate la Sezione 13.2 (Il punto di controllo G2/M è il segnale che avvia il
riarrangiamento su larga scala dell’architettura cellulare).
A. A è la risposta corretta perché la presenza sia di una ciclina specifica sia della sua
corrispettiva chinasi dipendente da ciclina sono richieste dalle cellule per passare
attraverso un punto di controllo specifico. La degradazione delle cicline non è
richiesta a ogni punto di controllo, come dimostrato dal fatto che la maggior parte
di esse ha un ruolo in due fasi diverse del ciclo cellulare. Quindi la risposta B non è
corretta. La risposta C è un’affermazione non corretta perché le chinasi dipendenti
da ciclina sono quelle che vengono fosforilate. Come affermato nella sezione 13.2
(L’attivazione dei complessi ciclina-CDK inizia nella fase G1), cicline e CDK agiscono
come complessi. Quindi, l’espressione di una ciclina non può causare la degradazione
di una CDK. Infatti le CDK non vengono degradate; sono sempre presenti nella
cellula, e vengono attivate/disattivate in base alla presenza delle loro corrispettive
cicline. Quindi, anche la risposta E non è corretta. Riesaminate la Figura 13.8 per
maggiore chiarezza.
B. Per progredire nella fase S, i fattori di trascrizione chiamati E2F devono essere
accesi. Gli E2F hanno un ruolo nell’iniziare la trascrizione dei geni che codificano
le proteine coinvolte nella replicazione del DNA. Durante la fase G1, gli E2F sono
inattivati dalle proteine a tasca come Rb, ma quando la ciclina D/CDK4 fosforila Rb,
questo non è più capace di sopprimere gli E2F, attivandoli in tal modo. Riesaminate
la Sezione 13.2 (Fase 4 del ciclo cellulare: i complessi ciclina-CDK attivi fosforilano
proteine a tasca, che attivano a loro volta gli E2F).
C. L’attivazione del complesso di trascrizione basale corrisponde direttamente
all’espressione genica, poiché questo complesso decide se trascrivere o meno un
gene. Poiché gli E2F sono noti come fattori di trascrizione, essi devono regolare
l’espressione genica a questo livello di trascrizione, anziché a livello della proteina,
come indicherebbero le risposte A, B, D ed E.
D. Sia ATM che ATR si legano alle chinasi Chk1 e Chk2, che bloccano la progressione
nella fase M fino a quando la riparazione del DNA viene completata, facendo
rispettare il punto di controllo del ciclo cellulare. La risposta A non è corretta perché
sebbene ATM sia coinvolta nella riparazione delle rotture del doppio filamento
di DNA, non esegue queste riparazioni da sola. ATM è, invece, una delle tante
proteine che aiutano a creare un sito di legame affinché le proteine di riparazione
si assemblino (vedi Sezione 13.2). La risposta B non è corretta perché non spiega
come ATM aiuti a far rispettare un punto di controllo del ciclo cellulare; afferma
semplicemente un fatto che riguarda ATM. La risposta C non è corretta, essendo
la proteina qui descritta la proteina Wee1 (vedi Figura 13.18). La risposta E è
un’affermazione non corretta.
CAPITOLO 14
VALUTAZIONE DEI CONCETTI
1.
La “riparazione delle ferite” a livello di singole cellule avviene quando le membrane
danneggiate si risaldano, vengono rimpiazzati gli organelli danneggiati e le
molecole danneggiate vengono rimosse e rimpiazzate da molecole neosintetizzate.
Analogamente alla funzione di rivestimento degli epiteli, la membrana plasmatica
è la prima barriera contro il danno cellulare e, così come le giunzioni cellula-cellula
e cellula-matrice che si formano dalle cellule epiteliali per rinforzare l’intero tessuto
epiteliale, la membrana plasmatica può venire rinforzata da proteine di membrana
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3.
4.
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di collegamento al citoscheletro. Quando danneggiata, la membrana plasmatica
può risaldarsi spontaneamente grazie alla proprietà anfipatica dei fosfolipidi di
membrana, e le proteine di membrana danneggiate possono venire rimosse e
sostituite. Poiché la cellula è l’unità fondamentale della vita (vedi Capitolo 1),
questa riparazione deve avvenire rapidamente per preservare il disequilibrio chimico
essenziale a mantenere la cellula in vita. Quindi, in questo contesto il decimo principio
si applica a singole cellule poiché i fosfolipidi e le proteine di membrana vengono
rimpiazzati per mantenere l’integrità strutturale, proprio come le cellule e l’ECM
vengono rimpiazzate negli epiteli danneggiati.
Non essere capace di idrolizzare l’ATP significa che l’energia immagazzinata nel
legame che collega il secondo e il terzo (b e g) fosfato non è disponibile per compiere
lavoro. I potenziali d’azione richiedono gradienti di ioni Na+ e K+ attraverso la
membrana plasmatica, e questi gradienti sono generati dalla pompa proteica ATPasi
Na+/K+. Se la cellula nervosa non può idrolizzare ATP, non può mantenere questi
gradienti e così dissiperà rapidamente i gradienti esistenti e successivamente non sarà
in grado di generare nessun altro potenziale d’azione. Se la cellula fosse mantenuta
in questo mezzo abbastanza a lungo morirebbe, perché non sarebbe capace di
scindere l’ATP e morirebbe effettivamente di fame.
Un cuore dissezionato mantenuto in una soluzione di NaCl continuerà a battere fino
a che non esaurirà la sua fonte energia o finirà le sue riserve di K+ e Ca2+ intracellulari.
L’NaCl presente nella soluzione è cruciale perché sostituisce il fluido extracellulare
naturale, che è ricco di NaCl rispetto all’interno della cellula. Il fluido di NaCl aiuta le
cellule del muscolo cardiaco a mantenere il loro gradiente di Na+, ed è cruciale per
avviare e mantenere i potenziali d’azione.
Quando la soluzione viene sostituita da un fluido ricco di KCl, questo mantiene
i gradienti chimici di Na+ e K+ attraverso le membrane plasmatiche delle cellule
muscolari cardiache: il Na+ è ora più abbondante all’interno delle cellule che
all’esterno, e il K+ è più abbondante all’esterno che all’interno delle cellule. In queste
condizioni i gradienti chimici spingono Na+ fuori dalle cellule e K+ dentro le cellule.
Poiché i potenziali d’azione hanno inizio con un afflusso rapido di ioni Na+ nel citosol
a partire dal fluido extracellulare, questa uscita rapida di Na+ dal citosol potrebbe
iperpolarizzare la membrana plasmatica, invece di depolarizzarla, quindi non si
genererebbe nessun potenziale d’azione. (Questa iperpolarizzazione impedisce anche
ai canali per il K+ di aprirsi.) Senza un potenziale d’azione sulla membrana plasmatica,
i rimanenti eventi a valle, compreso il rilascio di Ca2+ dal reticolo sarcoplasmatico, non
avverrebbero e quindi non avverrebbe nessuna contrazione muscolare.
Sostituire la soluzione di KCl con una soluzione di NaCl ristabilisce la direzione
corretta dei gradienti di Na+ e K+, e quindi il cuore comincia di nuovo a battere, grazie
alle cellule pacemaker che danno inizio ai potenziali d’azione nel cuore. I gradienti
appropriati permettono ai potenziali d’azione di venire trasmessi da cellula a cellula
e dentro i tubuli T, portando al rilascio di Ca2+ e alla contrazione muscolare. La
sostituzione del fluido ricco di NaCL con quello ricco di KCl fermerà di nuovo il battito
del cuore. L’esperimento di scambio di soluzioni può essere ripetuto per circa 30
minuti prima che il cuore esaurisca le sue riserve di energia e muoia.
Oltre a permettere alle nostre gambe di piegarsi, la funzione delle ginocchia è quella
di assorbire le forze di compressione, come dimostra l’abbondanza di cartilagine
nell’articolazione del ginocchio, e di resistere alle forze di tensione (allungamento),
come testimoniano i legamenti che tengono insieme le ossa. Il passaggio dal
camminare su tutti e quattro gli arti al camminare solo sui due arti posteriori è un
evento relativamente nuovo in termini evoluzionistici e molti fisiologi e antropologi
sostengono che le nostre ginocchia non siano strutturate per resistere in maniera
appropriata a queste forze per lunghi periodi di tempo. Quindi correre, scalciare,
saltare e sollevare oggetti pesanti sottopongono i tessuti connettivi a uno sforzo
incredibile, e alla fine questi si rompono. Il motivo per cui le lesioni al ginocchio
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si riparano abbastanza lentamente è che i tessuti connettivi del ginocchio hanno
relativamente poche cellule o vasi sanguigni che li nutrono, quindi rimpiazzare cellule
ed ECM danneggiate richiede molto più tempo rispetto, per esempio, alla pelle (che
ha una densità cellulare e una proporzione di vasi sanguigni molto più alte).
RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA
1.
2.
3.
4.
Le cellule della massa cellulare interna alla fine si differenziano in tutti e tre i foglietti
embrionali (ectoderma, mesoderma, endoderma) che danno origine a tutte le cellule
e ai tessuti adulti. Quindi, isolare e far crescere le cellule della massa cellulare interna
può salvaguardare questo potenziale differenziativo, anche in assenza del resto
dell’embrione. Al contrario, il trofoblasto non può formare nessuna cellula o tessuto
adulto; forma invece la placenta ed è quindi un elemento essenziale ma temporaneo
durante lo sviluppo che viene eliminato dopo la nascita.
Il tubulo prossimale all’interno del rene è responsabile del riassorbimento dei materiali
immessi poi nel torrente circolatorio quando necessario. I pazienti con diabete hanno
livelli elevati di glucosio nel sangue, il che significa che il glucosio è in eccesso nel
torrente circolatorio. Questo eccesso di glucosio non viene riassorbito perché il corpo
non ne ha bisogno; viene invece trasportato lungo i tubuli renali per essere eliminato
nell’urina. Per determinare se un paziente ha il diabete, basta semplicemente
esaminare il livello di glucosio nelle urine. Se c’è un’elevata concentrazione di
glucosio nelle urine, è probabile che ce ne sia anche un’elevata concentrazione nel
sangue.
Il decimo principio della biologia cellulare sottolinea il fatto che le strutture
macroscopiche dei sistemi fisiologici come il corpo umano sono analoghe alle
strutture che si trovano all’interno di una singola cellula. A causa di questa
somiglianza nell’organizzazione e nella funzione, i sistemi fisiologici complessi
possono essere compresi più semplicemente come estrapolazioni delle funzioni
biologiche delle cellule. Per esempio, il tessuto epiteliale agisce come un analogo
della membrana cellulare, fornendo protezione dall’ambiente esterno attraverso la
permeabilità selettiva e le funzioni specializzate che dipendono dal tipo di tessuto.
La secrezione delle sostanze dalle ghiandole nei tessuti e organi circostanti è simile
all’esocitosi dei materiali dall’interno delle cellule verso lo spazio extracellulare.
Queste ghiandole sono analoghe alle pompe proteiche che si trovano nelle
membrane all’interno della cellula, che rilasciano le sostanze in direzioni specifiche.
Proprio come il glicocalice protegge il lisosoma dalla digestione idrolitica, le cellule
possono rivestire le superfici o gli organi interni per impedire la loro degradazione
da parte degli acidi contenuti all’interno. Un esempio di questo si osserva nello
stomaco, dove un rivestimento mucoso interno protegge le pareti dello stomaco
stesso dall’enzima digestivo gastrina, consentendogli di agire soltanto sul cibo che
deve essere digerito. Il concetto della cromatina all’interno del nucleo che contiene
il DNA e le proteine di supporto si può applicare anche ai tessuti del sistema nervoso
che contengono i neuroni e le loro cellule gliali di supporto. La cromatina e i neuroni
contengono le informazioni importanti, rispettivamente per la cellula e per il corpo,
mentre le proteine di supporto e le cellule gliali aiutano queste strutture a trasmettere
quelle informazioni. Proprio come il citoscheletro serve da impalcatura strutturale
per la cellula e permette la migrazione cellulare, anche il muscolo scheletrico fornisce
la stabilità strutturale e permette il movimento dei fluidi in uno scheletro altrimenti
rigido. Il tessuto connettivo che si trova tra i tessuti epiteliale, nervoso e muscolare
svolge una funzione simile all’ECM che circonda lo spazio tra le singole cellule.
Come dimostrano questi esempi, si può usare una conoscenza di base della biologia
cellulare per comprendere le funzioni più complesse svolte dai tessuti e dagli organi
descritti nei corsi di anatomia e fisiologia.
Un tema comune sempre presente in questo testo è che la forma di una proteina
determina la sua funzione. Questo vale anche per i tre tipi di cellule muscolari:
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scheletriche, cardiache e lisce. Il muscolo scheletrico è composto da cellule striate
multinucleate che sono altamente organizzate. I sarcomeri sono allineati in fibrille
raggruppate in parallelo per creare le fibre muscolari che vengono raggruppate
insieme per formare un muscolo funzionale. Questa organizzazione lineare
permette al muscolo di generare le forze elevate necessarie per muovere lo
scheletro. Il muscolo cardiaco, come quello scheletrico, è striato e composto da
cellule multinucleate. Una delle differenze principali col muscolo scheletrico è la
ramificazione delle cellule muscolari cardiache. Questa ramificazione permette alle
forze di essere generate in molteplici direzioni, cosa che è richiesta dalla complessità
del controllo della direzione del flusso sanguigno nei vasi. Il muscolo scheletrico è
organizzato linearmente perché la sua funzione è di muovere le ossa l’una verso
l’altra, mentre il muscolo cardiaco deve essere ramificato per generare le forze
necessarie a comprimere le camere a forma di sacco del cuore. Diversamente dal
muscolo scheletrico e cardiaco, il muscolo liscio non è striato. Questo permette
l’estensione dei complessi di actina/miosina necessari al muscolo scheletrico per
contrarsi in tutte e tre le dimensioni. La generazione di questa forza tridimensionale
permette al muscolo di controllare il diametro delle strutture tubulari del corpo, e di
conseguenza la maggior parte delle strutture tubulari del corpo sono allineate dal
muscolo liscio. Mentre il muscolo striato usa gli ioni calcio come controllo del legame
actina/miosina, la contrazione del muscolo liscio è mediata dalla fosforilazione diretta
delle proteine motrici miosina. La fosforilazione di una subunità di miosina la attiva
indefinitamente fino a che il fosfato viene tagliato da una fosfatasi, inattivandolo.
Questo meccanismo permette al muscolo liscio di rimanere contratto per lunghi
periodi di tempo, una funzione che non può essere svolta dalla contrazione a breve
termine del muscolo striato. Un esempio della contrazione a lungo termine del
muscolo liscio si osserva nei vasi sanguigni durante la vasocostrizione.
5. Come discusso in questo capitolo nella sezione relativa al muscolo cardiaco, ci
sono due meccanismi che controllano la contrazione di questo muscolo: i controlli
intrinseci e quelli estrinseci. Le cellule pacemaker nel nodo SA stabiliscono la
frequenza cardiaca e i controlli intrinseci, mentre i controlli estrinseci hanno origine
dal sistema nervoso. I neuroni possono formare sinapsi con le cellule cardiache a
livello del nodo AV, e ciò permette il rilascio dei neurotrasmettitori e l’inizio delle
vie di segnalazione nelle cellule pacemaker. Le vie di segnalazione in queste cellule
coinvolgono i canali ionici sulla membrana plasmatica, che controllano il flusso di ioni
e influenzano la depolarizzazione di membrana. Poiché queste vie di segnalazione
influenzano la depolarizzazione, i potenziali d’azione generati nelle cellule pacemaker
possono venire alterati, portando a cambiamenti nella frequenza cardiaca e nel
flusso sanguigno. Sulla base di queste conoscenze, la nitroglicerina può attivare una
via di segnalazione nelle cellule pacemaker che coinvolge gli effettori che regolano
lo stato di rilassamento dei vasi sanguigni. I nitrati, infatti, causano vasodilatazione
attivando una via di segnalazione che stimola un fattore di rilassamento che deriva
dall’endotelio (EDRF) rilasciato dall’endotelio per promuovere il rilassamento
muscolare.
6. L’adrenalina scatena varie risposte nei vasi sanguigni innescando diverse vie di
segnalazione nel muscolo liscio, portando a vasodilatazione o vasocostrizione.
Mentre il segnale è lo stesso per tutte le vie di segnalazione, il muscolo liscio
risponde in maniera diversa tramite vari recettori presenti sulla membrana
plasmatica. Come discusso nel Capitolo 11, la trasduzione del segnale richiede
almeno un segnale, un recettore e un effettore, ma un segnale può legarsi a
più recettori per scatenare risposte diverse nella cellula. L’adrenalina esercita
vari effetti sul muscolo liscio del sistema cardiovascolare legandosi a diversi tipi
di recettori sulle membrane delle cellule muscolari lisce. Il segnale e l’effettore
(rispettivamente l’adrenalina e il muscolo liscio) rimangono gli stessi, ma i recettori
variano a seconda dell’effetto desiderato.
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7.
La peristalsi nel tratto GI coinvolge ondate di contrazione sincronizzate con precisione
per trasportare il cibo durante la digestione, proprio come la frequenza cardiaca è
sincronizzata con precisione dalle cellule pacemaker nel nodo SA. La maggior parte
dei modelli della regolazione peristaltica coinvolgono due livelli di regolazione simili
a quelli osservati nel muscolo cardiaco. Il primo livello di regolazione coinvolge il
controllo intrinseco sotto forma di una linea basale di contrazione chiamata onda
lenta. Le cellule dell’ICC stabiliscono questa onda lenta che dipende dal passaggio
dei potenziali d’azione attraverso le giunzioni gap alle vicine cellule del muscolo liscio,
stimolando la contrazione. Questo processo è simile a quello in cui i nodi SA e AV
innescano la contrazione del muscolo cardiaco facendo passare i potenziali d’azione
attraverso le giunzioni gap dei dischi intercalati alle fibre circostanti del cuore. Per
questa ragione spesso ci si riferisce alle ICC come alle cellule pacemaker GI. Come il
muscolo cardiaco, anche il muscolo GI è regolato dai controlli estrinseci sotto forma
di sinapsi tra le cellule nervose e le ICC. Alcuni stimoli che derivano dal sistema
nervoso favoriscono le contrazioni peristaltiche mentre altri riducono le contrazioni,
proprio come la frequenza cardiaca può essere aumentata o diminuita stimolando il
nodo SA.
8. Le ossa lunghe come il femore e l’omero sono composte principalmente da un
tessuto connettivo denso con una concentrazione elevata di collagene di tipo I e
poche cellule che secernono e mineralizzano l’ECM. Questo tessuto connettivo è
impacchettato densamente e il collagene è ordinatamente allineato in fogli paralleli,
simili alla struttura del compensato. Questa organizzazione strutturale suggerisce
che l’osso debba resistere a forze elevate e quindi debba essere compatto, cosa che
avviene nel caso delle ossa lunghe. Infatti, il femore è l’osso più forte del corpo e può
resistere a forze molto elevate prima di fratturarsi. La cartilagine è un’altra forma
di tessuto connettivo denso, ma diversamente dalle ossa lunghe è composta da
collagene II. Anche la cartilagine è altamente organizzata e può resistere alle forze
esercitate dalle estremità delle ossa lunghe, che contraggono la cartilagine a livello
della superficie delle articolazioni. La cartilagine assorbe la forza, quindi si trova nei
siti in cui il corpo è normalmente esposto ai traumi fisici.
9. Ci si riferisce all’isotropia come alla capacità di resistere ugualmente alle forze
esercitate in tutte le direzioni, mentre nel caso dell’anisotropia la capacità di una
struttura di resistere alla forza varia a seconda della direzione in cui viene applicata.
I legamenti che connettono le ossa tra loro manifestano anisotropia perché questi
tessuti possono resistere alle forze di tensione lungo i loro assi, ma sono più deboli
in tutte le altre direzioni. La cartilagine, d’altra parte, è molto più isotropica dei
legamenti perché il suo ruolo è resistere alle forze provenienti da direzioni diverse
all’interno dell’articolazione. Inoltre fa da cuscinetto per l’articolazione, impedendo
alle ossa lunghe opposte di sfregare l’una contro l’altra. L’immagine della Figura
14.25 suggerisce che la testa del femore è più isotropica grazie alla sua forma e al
fatto che si inserisce nell’articolazione dell’anca. L’articolazione dell’anca assorbe
regolarmente il peso quando una persona sta in piedi, cammina o svolge le altre
attività quotidiane, e può muoversi in molti modi, come la rotazione interna o
esterna. Quindi, la cartilagine deve resistere alle forze che derivano da più direzioni
mentre impedisce alle ossa opposte nell’articolazione di entrare direttamente in
contatto tra loro.
10. Nel tessuto connettivo delle orecchie è presente in grandi quantità la proteina della
matrice extracellulare elastina, che permette alle cellule e ai tessuti circostanti di
assorbire traumi fisici. Tale tessuto ritorna alla sua forma originaria dopo che la forza
deformante non è più applicata. Come abbiamo visto nel Capitolo 6, l’elastina
ritorna alla sua forma originaria dopo la deformazione grazie alla sua struttura
molecolare idrofobica e ai legami incrociati. Tuttavia, quando la forza rimane
sostenuta per un lungo periodo di tempo, come quando si indossano orecchini
pesanti giorno dopo giorno, le fibre di elastina possono logorarsi lentamente. Questo
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si osserva anche durante l’invecchiamento, quando le fibre di elastina si logorano
principalmente a causa della forza gravitazionale sugli orecchini: le fibre di elastina
del lobo dell’orecchio si allungano e infine il tessuto cede. Quando la forza esercitata
dall’orecchino è troppo forte perché il tessuto resista, l’orecchino col tempo può
lacerare il lobo dell’orecchio fino a portare a un taglio del tessuto.
RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA
1.
2.
3.
4.
5.
A. Le risposte B, C, D ed E sono tutte affermazioni che si applicano sia al tessuto
connettivo sia a quello epiteliale, il che rende A la risposta corretta. Il tessuto
connettivo non forma complessi giunzionali, mentre le singole cellule che
compongono il tessuto epiteliale usano i complessi giunzionali per rimanere
collegate. Vedi Sezione 14.2 per maggiore chiarezza. Al contrario, il tessuto
connettivo è ciò che tiene insieme le altre cellule, eliminando la necessità dei
complessi giunzionali. Vedi Sezione 14.5.
B. Quando il canale per il calcio dipendente dal voltaggio sul REL permette agli ioni
calcio di passare dal lume del RE del muscolo scheletrico al citosol, gli ioni si legano
alla troponina, che poi cambia forma in modo tale che la tropomiosina venga spinta
fuori, esponendo il sito di legame alla miosina dell’actina. Questo permette al
muscolo scheletrico di contrarsi. Quindi la risposta B è corretta. Riesaminate la Figura
14.18 per maggiore chiarezza.
C. La risposta A non è corretta perché il canale per il Na+ dipendente da ligando
è aperto durante la depolarizzazione della membrana plasmatica, invece che
nell’iperpolarizzazione. Dopo che avviene l’iperpolarizzazione, la pompa Na+/ K+
porta la cellula ad arrestare il potenziale di membrana, quindi anche la risposta B non
è corretta. Il canale per il potassio coinvolto qui non “perde” ioni ma è dipendente
dal voltaggio, quindi la risposta D è un’affermazione del tutto errata. Il rivestimento
del foglio di mielina intorno all’assone non influenza l’iperpolarizzazione di una
membrana già depolarizzata, e quindi anche la risposta E non è corretta. Poiché
il canale per il K+ dipendente dal voltaggio permette agli ioni potassio di seguire
il loro gradiente (fuori dalla cellula), c’è un punto dove vengono persi troppi ioni
potassio, portando la cellula a essere iperpolarizzata. Vedi Sezione 14.3 per maggiore
chiarezza.
D. La pompa Ca2+ si trova sul REL e pompa gli ioni calcio dal citosol al lume del RE.
Questo riduce la concentrazione di ioni calcio citosolici, rimuovendo il calcio dalla
troponina e invertendo i passaggi di attivazione delineati nella domanda a scelta
multipla 2 riportata qui sopra. Le risposte A, C ed E non sono corrette perché non
è richiesto il trasporto degli ioni calcio per la trasmissione del potenziale d’azione.
La risposta B non è corretta perché le cellule dei muscoli scheletrici non usano la
fosforilazione della miosina per stimolare la contrazione.
E. Le cellule dei muscoli striati dipendono dall’esposizione dei siti di legame dell’actina
alla miosina, che è guidata dai flussi di ioni calcio (vedi Figura 14.18). Poiché gli ioni
non rimangono nel citosol delle cellule muscolari e sono recuperati dai canali per
il calcio dipendenti dal voltaggio, la contrazione è relativamente breve a meno che
non continuino ad arrivare più potenziali d’azione alla giunzione neuromuscolare.
Quando gli ioni calcio non sono presenti, l’actina non può legarsi alla miosina. Al
contrario, le cellule dei muscoli lisci hanno bisogno solo di un afflusso di ioni calcio
per mettere in atto una via di trasmissione del segnale. Tale via termina con la miosina
fosforilata e quindi rimane bloccata in uno stato permanentemente attivo fino a che
un altro enzima (una fosfatasi) arriva e rimuove il fosfato. Riesaminate la Sezione 14.4
per maggiore chiarezza.
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