Risposte CAPITOLO 1 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. 2. 3. Le membrane sono essenziali per tutti gli esseri viventi poiché delimitano quel confine che permette alle cellule di stabilire un disequilibrio chimico e pertanto di immagazzinare energia. Senza questa energia la vita non sarebbe possibile. Se una forma di vita aliena possedesse le stesse unità biologiche fondamentali, è alquanto probabile che avrebbe le seguenti proprietà. • I lipidi alieni si aggregherebbero spontaneamente nel solvente principale in cui questo organismo vive e formerebbero una barriera semipermeabile che circonda il contenuto alieno in maniera simile a quanto avviene in una cellula. Non avrebbero necessità di essere anfipatici, semplicemente costituirebbero una qualche forma di barriera selettiva. • Gli zuccheri alieni sarebbero legati gli uni agli altri per generare polimeri strutturalmente complessi che potrebbero fornire supporto strutturale all’organismo vivente e generare diversità strutturale nelle altre molecole a cui sono legati. • Gli amminoacidi alieni si unirebbero in polimeri lineari chimicamente molto stabili e strutturalmente flessibili, e il polimero sarebbe capace di legare altre molecole biologicamente importanti con grande specificità. • I nucleotidi alieni servirebbero per immagazzinare l’informazione in una sequenza lineare. I nucleotidi non avrebbero bisogno di essere strutturalmente complessi come i nucleotidi terrestri; dovrebbero semplicemente formare polimeri stabili che possono immagazzinare l’informazione. Possiamo rispondere a questa domanda definendo brevemente i due termini. • Le cellule sono le unità di vita più piccole e sono definite da almeno una membrana biologica che le separa dall’ambiente esterno. Nella gerarchia della complessità biologica, il livello cellulare fa riferimento a una singola cellula soltanto, pertanto significa che una cellula deve essere in grado di svolgere tutte le funzioni necessarie per rimanere in vita. • I tessuti sono agglomerati di cellule interconnesse che cooperano per svolgere una funzione che le cellule individuali non riescono a compiere. Si presuppone che le cellule che compongono un tessuto siano in grado di rimanere vive. Pertanto, una differenza importante tra le cellule e i tessuti è rappresentata dalla funzione che svolgono. Se una funzione può essere svolta da una singola cellula (per esempio la crescita, la generazione di ATP, la formazione di proteine), secondo la nostra definizione non è una proprietà del tessuto. Analogamente, funzioni svolte solo da gruppi di cellule (per esempio la trasmissione di un segnale elettrico da una zona del corpo all’altra, la contrazione per ridurre il diametro di un vaso, la formazione di una barriera di protezione contro i traumi fisici che ucciderebbero altrimenti ogni singola cellula) fanno parte delle proprietà dei tessuti. Una seconda differenza importante è che si ritiene che le cellule, al contrario dei tessuti, siano autosufficienti. Quando un aggregato di cellule forma un gruppo specializzato, ha bisogno dell’aiuto di altre cellule per rimanere in vita. Questo spiega perché organismi formati da singoli gruppi di cellule (per esempio un gruppo di batteri in una goccia d’acqua) non siano considerati un tessuto. I tessuti sono molto più di un raggruppamento di cellule simili. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 2 Risposte © 978-88-08-42128-9 RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. 4. 5. Altre attività che le cellule devono svolgere comprendono: (1) determinare dove si trovano in relazione alle altre cellule, (2) muoversi da un punto all’altro, (3) modificare il loro ambiente esterno. Gli organismi unicellulari e/o procarioti possono aver bisogno di (1) ingerire e digerire il cibo, (2) sfuggire ai predatori o (3) respingere gli attacchi dei virus. Le cellule dei tessuti devono essere in grado di (1) comunicare con le altre cellule dello stesso tessuto e con il resto del corpo, (2) crescere e differenziarsi secondo le necessità e (3) morire al momento giusto per mantenere il tessuto vitale. Di norma, le cellule muscolari e nervose dell’adulto non muoiono intenzionalmente, mentre le cellule della pelle lo fanno. Questi organismi sono tra le cellule più antiche sulla Terra e perciò sono andati incontro all’evoluzione per selezione naturale per lungo tempo. Poiché il loro ciclo vitale è di norma più breve della maggior parte degli eucarioti, essi sono capaci di generare numerosi discendenti con una varietà fenotipica maggiore degli eucarioti, e quindi sono in grado di adattarsi ai cambiamenti ambientali più rapidamente delle cellule comuni. Le somiglianze funzionali comprenderebbero i compiti essenziali, mentre le somiglianze strutturali comprenderebbero la presenza di organelli. Poiché il tessuto epiteliale e il tessuto muscolare svolgono funzioni distinte nel corpo, le differenze tra queste due tipologie cellulari riflettono questi ruoli. Le cellule epiteliali dell’epidermide separano il corpo dall’ambiente esterno e si legano strettamente le une alle altre per formare una forte barriera protettiva contro gli agenti nocivi dell’ambiente (sostanze chimiche, virus, batteri ecc). Le cellule del muscolo cardiaco cooperano per pompare il sangue attraverso il corpo e pertanto hanno un’organizzazione strutturale molto diversa: il loro citoscheletro è organizzato in modo da aumentare al massimo la contrazione di ciascuna cellula in maniera coordinata per pompare il sangue attraverso il cuore e nel sistema circolatorio. Pertanto, queste cellule formano anche delle connessioni forti le une con le altre, ma non sono organizzate in modo da formare una barriera, anzi trasmettono la forza concentrata. Un modo semplice per descrivere la relazione tra struttura e funzione è tenere a mente che uno strumento viene costruito per portare a termine una funzione, pertanto comprendendo la struttura dello strumento si può intuire la funzione che svolge. In pratica, questo ragionamento è applicabile a quasi tutti gli strumenti della vita quotidiana. Per esempio, gli utensili della cucina hanno forme diverse perché svolgono funzioni diverse; non usiamo un cucchiaio per tagliare il cibo o un coltello per mangiare una minestra. Questo concetto è valido nella nostra vita quotidiana così come in biologia cellulare. Una buona abitudine quando si studia la biologia è chiedersi: “Che cosa mi suggerisce la struttura di questo elemento (proteina, organello, cellula) riguardo la funzione che deve svolgere?”. Una delle funzioni più importanti del nucleo è quella di immagazzinare in maniera sicura il DNA. Questo si riflette nel fatto che è circondato da membrana (come tutti gli organelli) e che la membrana ne regola strettamente il trasporto molecolare all’interno e all’esterno attraverso i complessi dei pori nucleari. Il nucleo è anche il punto di partenza del trasferimento del materiale genetico negli eucarioti; pertanto è il sito in cui il DNA viene trascritto in RNA. Condivide la sua membrana con il reticolo endoplasmatico, dove molti mRNA sono tradotti in proteine. Pertanto, la progressione dell’informazione genetica DNA n RNA n proteina è fisicamente collegata. Una caratteristica strutturale importante del nucleo è che è avvolto da una doppia membrana. Invece che essere semplicemente equivalenti, le due membrane svolgono funzioni abbastanza diverse. La membrana nucleare interna contiene proteine collegate ai cromosomi e serve a controllare la loro organizzazione spaziale all’interno del nucleoplasma. La membrana nucleare esterna si estende oltre la membrana interna, nel citosol, compreso il reticolo endoplasmatico, dove molti dei prodotti George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 3 della trascrizione genica dell’mRNA vengono tradotti. Ciò collega la trascrizione alla traduzione. 6. Secondo la regola dell’ottetto della chimica organica, il carbonio deve aggiungere quattro elettroni per riempire il suo guscio di valenza. Questo spinge i carboni a formare quattro legami covalenti, un numero di legami maggiore rispetto a quello di altri atomi di cui sono ricche le cellule (idrogeno, azoto, ossigeno). Questo permette al carbonio di costruire varie molecole complesse. Inoltre, il carbonio ha una bassa elettronegatività che gli permette di formare grosse catene tenute assieme da legami covalenti non polari; l’azoto e l’ossigeno hanno livelli relativamente alti di elettronegatività e pertanto formano legami covalenti polari che non polimerizzano facilmente. 7. Lo zucchero è molto solubile in acqua, mentre i lipidi non lo sono. Una spiegazione è che negli zuccheri la maggior parte degli atomi di carbonio è legata all’ossigeno in maniera covalente, creando un legame polare che attira l’acqua. La maggior parte degli atomi nei lipidi è legata covalentemente all’idrogeno, creando legami non polari idrofobici. 8. Molti mammiferi non hanno gli enzimi necessari a rompere i legami glicosidici b1,4 della cellulosa, quindi non possono scindere la cellulosa in monomeri di glucosio che le cellule possono usare per creare energia metabolica. I bovini superano questo ostacolo perché hanno nel loro stomaco dei batteri in grado di digerire questi legami; i batteri che vivono nell’uomo non hanno questa capacità. 9. Ogni organello possiede il suo set distinto di proteine. Le proteine facilitano la maggior parte delle reazioni chimiche che avvengono negli organelli e questo aiuta ciascun organello a svolgere una serie distinta di funzioni nella cellula. 10. Altri gruppi comprendono le proteine che replicano e riparano il DNA nel nucleo, le proteine che catturano la luce del sole e convertono la sua energia in composti organici nei cloroplasti e le proteine che ossidano questi composti organici nei mitocondri. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. 2. 3. 4. B. Il metano è un idrocarburo e i suoi legami sono non polari. Senza un parziale squilibrio di carica, gli atomi del metano non possono formare legami a idrogeno con l’acqua. Le altre risposte sono vere. A. L’esistenza di batteri asessuati è la prova che la risposta C non è corretta, e la vita non è definita neanche dalla durata del riposo nel corso della riproduzione. Pertanto, la risposta E è ugualmente sbagliata. Lo stato di equilibrio con il microambiente esterno ucciderebbe una cellula. Di conseguenza, la risposta D deve essere anch’essa sbagliata. Il processo di esclusione, così come la logica, mostra che la risposta A è quella corretta. Sappiamo che ogni tipo di organismo si deve replicare almeno a livello cellulare (crescita/sviluppo) per sopravvivere e deve essere capace di autoripararsi per evitare i danni e/o la morte. Questo è spiegato nel primo paragrafo della Sezione 1.2 del Capitolo 1. D. I monosaccaridi, non i polisaccaridi, fanno parte dello scheletro degli acidi nucleici, il che rende la risposta A falsa. I legami peptidici, per definizione, avvengono solamente tra le proteine invece che fra i carboidrati, quindi B non è vera. Lo scheletro dei fosfolipidi è il glicerolo, che non è un polisaccaride, per cui C è falsa. Mentre i polisaccaridi possono essere presenti sulla membrana interna del nucleo di una cellula eucariotica, non è necessario che vi si trovino sempre, pertanto anche E non è vera. Poiché i legami glicosidici sono legami covalenti tra uno zucchero e un altro gruppo (che può essere un altro zucchero, il che genera dei polisaccaridi), D è la risposta corretta. E. L’informazione genetica non viene immagazzinata in nessun tipo di carboidrati, quindi le risposte A e C non sono corrette. Il DNA è costituito da monosaccaridi e da basi e non ha bisogno di essere convertito in queste ultime, ciò rende la risposta B George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 4 Risposte © 978-88-08-42128-9 5. non corretta. La risposta D non risponde alla domanda; spiega il modo in cui le cellule rispondono agli stimoli ambientali anziché come immagazzinano l’informazione. La risposta E è quella corretta; l’informazione genetica è immagazzinata sotto forma di DNA, il quale è formato da lunghi filamenti di nucleotidi. C. Soltanto il nucleo immagazzina il DNA e ha una doppia membrana. I lisosomi hanno membrane singole e per funzionare devono avere un ambiente chimico interno estremamente acido in modo che gli enzimi idrolitici al loro interno digeriscano i rifiuti cellulari, secondo la loro funzione. Il nucleo non ha questa necessità, quindi non è acido. Se il nucleo e i lisosomi avessero lo stesso ambiente chimico interno (per esempio, il pH), gli enzimi idrolitici potrebbero entrare e attivare il nucleo, il che sarebbe estremamente dannoso per la cellula. Infine, né il nucleo, né il lisosoma sono direttamente coinvolti nella conversione dell’energia luminosa in energia chimica (fotosintesi). Mentre il nucleo potrebbe trascrivere i geni coinvolti in tale processo, i lisosomi non hanno nessun legame con questo, quindi la risposta E è falsa. La risposta C è l’unica vera. CAPITOLO 2 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. 2. Tutti e tre i codici danno la possibilità di generare un numero inimmaginabile di prodotti diversi, molti di più di quelli che potrebbero venire usati. Ma il codice genetico ha qualcosa che gli altri non hanno: la correzione degli errori, detta anche ridondanza funzionale. Nelle cellule 64 diversi codoni codificano solo 20 amminoacidi; ciò significa che, in media, ogni amminoacido è codificato da 3 diversi codoni. Questo riduce incredibilmente l’efficienza del codice, ma data la vasta quantità disponibile di possibilità, non ha nessun impatto reale sulle funzioni della cellula. La ridondanza serve per contrastare gli effetti delle mutazioni: se uno dei tre nucleotidi di un codone cambia, c’è una buona possibilità che l’amminoacido che codifica rimanga lo stesso se le mutazioni non hanno impatto sulle proteine codificate. ASCII non possiede questa ridondanza ed è totalmente vulnerabile al minimo cambiamento: cambiare un singolo bit da 0 a 1 in un file di un programma di Word può rendere una parola irriconoscibile. Le note musicali generano ancor più possibilità per unità rispetto agli altri codici, poiché (1) amplificano il numero delle scelte per ciascuna posizione da 10 a 20 volte circa, (2) aumentano la lunghezza dell’unità funzionale a 4 (per esempio, il tempo a quattro quarti è una misura comune) e (3) non hanno ridondanza funzionale. Per raggiungere questo livello di complessità le cellule dovrebbero (1) generare 10 tipi diversi di deossiribonucleotidi, cosa che sarebbe molto difficile ed energeticamente dispendiosa e (2) aumentare la lunghezza dei loro codoni a 4 invece di 3. Questo comporterebbe un aumento della massa del DNA del 25% e un ancor maggiore consumo di energia. Pertanto, la logica del codice genetico è una sorta di compromesso tra l’efficienza di ASCII e la complessità delle note musicali, con il vantaggio però di avere un sistema interno di protezione dagli errori. Una parola scritta in maniera sbagliata o una nota musicale errata possono non essere piacevoli, o addirittura costare care a chi compie questo errore, ma un polipeptide alterato può essere fatale per una cellula. Il termine sovraccarico di informazione si riferisce di solito a due problemi. Il primo è la molteplicità della forme di informazione in cui ci imbattiamo: televisione, video, film, giornali, radio, musica, libri, telefoni, riviste, messaggi del cellulare, cartelloni pubblicitari e così via cui si aggiungono le informazioni di internet. Tenete a mente che usare una lingua comune (per esempio inglese, spagnolo, mandarino) in tutte queste forme non diminuisce significativamente il sovraccarico. Il secondo problema che incontriamo riguarda il volume gigantesco d’informazione. In questo capitolo, abbiamo descritto solo tre forme d’informazione cellulare (DNA, RNA e proteine) con grande attenzione al DNA come depositario principale dell’informazione necessaria George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 3. 5 per creare le altre due forme. Ma dal punto di vista presentato in questo capitolo, le cellule potrebbero in teoria subire le conseguenze di entrambi i problemi. In primo luogo l’informazione del DNA dipende dalla forma; il cambiamento di forma della molecola di DNA altera la tipologia delle proteine che vi si legano, pertanto ogni diversa forma di DNA rappresenta una forma diversa d’informazione, sebbene siano tutte codificate nella lingua del DNA. Le forme A, B e Z della tripla elica costituiscono validi esempi dei grandi cambiamenti nelle forme di DNA, mentre le differenze nelle sequenze di DNA che avvengono a causa delle mutazioni rappresentano cambiamenti più lievi. Pertanto i solchi minori e i solchi maggiori della doppia elica del DNA sono modi diversi di rappresentare la sequenza di deossiribonucleotidi nella doppia elica del DNA. La conversione di una sequenza di DNA in una sequenza di RNA attraverso la trascrizione è un altro esempio di una diversa modalità di informazione. L’ulteriore conversione di un mRNA in un polipeptide è un cambiamento drastico nella forma dell’informazione. Molte cellule hanno anche un problema di volume d’informazione. Per esempio, nel DNA umano sono rimasti dei geni che erano utili ai nostri antenati nel corso dell’evoluzione (per esempio per generare branchie, pinne e code). Quando una cellula ha bisogno di trascrivere un gene, deve esaminare tutto questo materiale inutile per trovare l’informazione importante nel DNA. Inoltre, le cellule sono molto efficienti nel produrre più copie di RNA dello stesso gene, aumentando il volume dell’informazione. Nell’insieme, tutto ciò è un problema per le cellule. Così come accade per l’uomo, se le cellule sono soggette a un sovraccarico d’informazione, si confondono e diventano meno efficienti nel risolvere i problemi. Per esempio, se la proteina X è danneggiata e ha bisogno di essere sostituita, l’mRNA che codifica deve essere tradotto dal ribosoma oppure una nuova copia dell’mRNA deve essere prodotta da un gene X. Si ricordi che migliaia di geni diversi vengono trascritti da una cellula umana nel corso della sua vita; l’apparato di trascrizione è abbastanza pigro, quindi per ottenere una nuova copia del gene X ci vuole tempo ed è probabile che anche altre proteine debbano essere sostituite nello stesso momento (in particolare se la cellula è stata danneggiata di recente). Pertanto, possiamo immaginare una cellula danneggiata che cerca tra migliaia di geni per trovare quelli che deve convertire in proteine, mentre allo stesso tempo deve gestire le attività quotidiane (per esempio, generare ATP). Il rischio di collassare nel caos è molto alto. Il sovraccarico di informazione è una vera minaccia per le cellule. Affronteremo in parte tutto ciò più avanti. Consideriamo ciascun livello di condensazione del DNA in entrambi gli esempi. Come prima cosa, il DNA a doppio filamento viene avvolto attorno a un gruppo di proteine istoniche e tenuto in loco da un ulteriore istone per formare la cromatina o il nucleoide. Le somiglianze con le modalità con cui si sistemano fili, corde, manichette, cavi e altri filamenti lunghi sono ovvie, fatta eccezione per il fatto che spesso non avvolgiamo un singolo filamento lungo attorno a diversi rocchetti. Perché è diverso? Perché al contrario di un rocchetto di filo, di cui l’unica parte usata è l’estremità libera e il bordo esterno del rocchetto, ogni parte del filamento di DNA deve essere accessibile senza dover svolgere l’intera molecola (si ricordi che quando una cellula si divide deve avere accesso a ogni singola parte del DNA e copiarla). Nell’esempio della biblioteca, ciò è paragonabile a raggruppare le parole in insiemi chiamati libri: la copertina, la rilegatura e la colla nel libro non conferiscono ulteriore significato, ma garantiscono l’organizzazione delle pagine del libro. Inoltre, il ripiegamento dell’organizzazione a collana di perle per formare una fibra dai 30 ai 40-nm è simile a organizzare i libri su uno scaffale: ciascun libro è ugualmente disponibile e la disposizione generale non viene alterata quando un libro viene momentaneamente rimosso dallo scaffale, fotocopiato e poi riposto sullo scaffale (così come accadrebbe se un gene, o un set di geni, venisse trascritto). Le fibre vengono poi ulteriormente organizzate in domini ad ansa. Ciò è simile a disporre George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 6 Risposte © 978-88-08-42128-9 4. i libri sugli scaffali, dove rimangono ben organizzati, ma occupano meno spazio rispetto a essere distribuiti a caso qua e là. La fase successiva (la formazione dell’eterocromatina) rappresenta il passaggio dall’essere facilmente accessibile al livello di massima efficienza d’immagazzinamento. Nell’analogia della biblioteca, ciò sarebbe come accatastare un gruppo di scaffali senza spazi in mezzo: l’accesso ai libri negli scaffali è limitato, ma la capacità di immagazzinamento della stanza aumenta moltissimo. Se necessario, si possono spingere da un lato gli scaffali per poter di nuovo avere accesso alle zone più interne, ma sarebbe un processo lungo e laborioso. Nell’esempio del computer, i dati sono contenuti su una superficie elettromagnetica; in questo caso invece i dati sono rappresentati dal DNA e la superficie del disco rigido è l’impalcatura di proteine/RNA. I dati sono organizzati in byte di informazione e un insieme di byte è raggruppato in un file di dati. Ciò è simile a raggruppare il DNA in rocchetti di istoni e per poi ripiegarli assieme per formare le fibre da 30 a 40 nm. Organizzare le fibre in domini ad ansa è come organizzare i file nelle cartelle di un sistema operativo del computer: ogni cosa è al suo posto, e tutti i file e le cartelle sono egualmente accessibili sul disco rigido. Spostarsi al livello dell’eterocromatina è come comprimere una serie di file per liberare lo spazio utilizzabile sul disco: i dati ora occupano meno spazio, ma è più difficile accedervi. I file possono essere accessibili dopo essere stati decompressi, ma questo richiede tempo ed energia. Una differenza interessante tra questo sistema e quello usato per organizzare il DNA è che i dati elettromagnetici possono essere distribuiti ovunque sul disco rigido. Un file del computer può essere danneggiato e frammentato, mentre le cellule non hanno questo problema. Ogni “file” di dati del DNA (un gene, avvolto attorno a una serie di rocchetti istonici) è sempre intatto, immagazzinato come una sequenza lineare di DNA. Se una parte di un gene venisse in qualche modo spostata in un’altra zona del DNA (per esempio il file è frammentato), il gene non funzionerebbe più. Le cellule non possiedono un programma di deframmentazione per rimanere organizzate. Il nucleo fornisce molti vantaggi alla cellula. In primo luogo, permette che una cellula sviluppi un ambiente chimico specializzato che è specifico per la cura, il mantenimento e l’utilizzo del DNA. In secondo luogo, la doppia membrana che delimita il bordo del nucleo contribuisce a proteggerne l’interno da traumi fisici. Questa protezione è aumentata dallo scheletro nucleare, che comprende le proteine lamine. Terzo, la membrana nucleare aiuta a organizzare il DNA attraverso le lamine nucleari, che legano la cromatina e il DNA. Possedere un nucleo ha dei costi non banali. Un considerevole quantitativo di energia cellulare deve essere speso per costruire e mantenere i fosfolipidi e le proteine contenute nel nucleo. Inoltre, limitando l’accesso alla parte interna del nucleo attraverso i complessi dei pori nucleari può aumentare il tempo che una cellula impiega per rispondere a uno stimolo esterno, dal momento che la maggior parte del traffico molecolare dentro e fuori la parte interna del nucleo richiede un complesso macchinario che consuma energia. Per quanto riguarda la domanda se i procarioti potrebbero sopravvivere se avessero un nucleo, si possono trovare motivazioni sia a favore che contro. Forse la motivazione migliore per giustificare il motivo per cui un procariote potrebbe trarre vantaggio dall’avere un nucleo è il fatto che le cellule nucleate (per esempio, gli eucarioti) sono in grado di formare una gran quantità di organismi pluricellulari diversi, probabilmente perché possono controllare l’espressione di un numero molto maggiore di geni rispetto a quelli che si trovano nei procarioti. Questo controllo potrebbe richiedere un compartimento specializzato come il nucleo. Un motivo importante per non avere un nucleo è il suo alto costo metabolico. Inoltre, il nucleoide nei procarioti è di solito molto più piccolo dei cromosomi negli eucarioti, il che suggerisce che sono molto più efficienti degli eucarioti nell’immagazzinare la loro informazione genetica. La loro elevata efficienza potrebbe aver reso il nucleo non necessario. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 7 RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Legami fosfoesterici: 12 Legami fosfodiesterici: 6 Legami a idrogeno: 10 In generale, le mutazioni che non sono riparate prima della divisione cellulare diventano parte “normale” della sequenza di DNA nelle sue cellule figlie. Anche se non sono più definite mutazioni nelle cellule figlie, esse possono influenzare le loro proteine in almeno tre modi. Primo, le mutazioni che impediscono a un gene di essere espresso, impedirebbero a loro volta a queste cellule di sintetizzare tutte le proteine codificate da quel gene. In secondo luogo, le mutazioni che alterano la sequenza amminoacidica delle proteine codificate dal gene ne cambiano probabilmente la struttura e pertanto influiscono sulla loro funzione. Terzo, le mutazioni che alterano le sequenze del DNA che controllano la velocità e/o i tempi dell’espressione genica non influiscono su struttura e funzione delle proteine, ma possono avere ripercussioni sulla loro concentrazione sotto il controllo delle sequenze alterate di DNA. Molte proteine che legano il DNA si legano al solco minore o al solco maggiore della doppia elica formata dal DNA a doppio filamento. La forma di questi solchi è leggermente diversa a seconda della sequenza di basi nucleotidiche che formano la doppia elica. Pertanto, ogni sequenza nucleotidica unica avrà la sua specifica forma tridimensionale, compresa quella del solco maggiore e del solco minore che contribuisce a formare. Molte proteine che legano il DNA possiedono dei siti di legame sensibili a queste leggere differenze strutturali che potrebbero legarsi preferibilmente a una specifica sequenza nucleotidica perché vi si adattano meglio. La condensazione si caratterizza per cambiamenti su ampia scala nella struttura della cromatina, come per esempio la rotazione dei domini ad ansa (livello 4 della condensazione del DNA) e dei domini ad ansa attorcigliati/ripiegati (livello 5 della condensazione del DNA), ed è mediata da proteine quali le condensine e le coesine. Al contrario, il silenziamento del DNA è caratterizzato da cambiamenti conformazionali nelle particelle del nucleo dei nucleosomi che ostacolano la trascrizione del DNA in questi nucleosomi, ed è mediato da proteine come le istone deacetilasi, la metilazione istonica, Rap1, Si3, Sir4 e la proteina umana HP1. L’impalcatura proteica fornisce i siti di attacco per le proteine che legano il DNA responsabili di controllare la posizione e il grado di ripiegamento delle sequenze di DNA. Questa impalcatura permette alle proteine che legano il DNA di avvolgere e svolgere il DNA senza aggrovigliarlo. Conferisce anche una certa resistenza ai traumi fisici, proteggendo il DNA dal danno. Oltre a conferire una maggiore stabilità della molecola di DNA, i legami covalenti rendono anche molto più difficile separare i due filamenti. In molte circostanze l’informazione immagazzinata nel DNA è nella forma di una sequenza di nucleotidi su uno dei due filamenti; per avere accesso a questa sequenza, i due filamenti devono essere separati. Questo è il caso, per esempio, sia della replicazione del DNA che della trascrizione genica. La rottura e la formazione di legami a idrogeno richiede molta meno energia metabolica ed è molto più veloce che rompere e riformare legami covalenti, quindi permette alle cellule di completare queste attività in molto meno tempo di quanto sarebbe necessario se i legami covalenti tenessero insieme i due filamenti di DNA. (1) Il nucleo della particella è modulare, poiché è composto da otto istoni centrali. Questo permette alle cellule di alterare la forma delle particelle interne modificando gli istoni che le costituiscono. Questo a sua volta permette alle cellule di creare regioni distinte di particelle interne sullo stesso cromosoma e pertanto di regolare l’accesso a queste regioni. (2) La forma discoidale delle particelle interne mantiene la doppia elica di DNA attaccata in una configurazione quasi lineare, rendendo relativamente facile per le proteine che legano il DNA identificare le specifiche sequenze, mentre al contempo accorciano l’intera lunghezza del cromosoma di circa sette volte. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 8 Risposte © 978-88-08-42128-9 (3) Le code degli istoni si proiettano all’esterno della particella interna, rendendole così bersagli accessibili per le proteine che modificano gli istoni. I cambiamenti di forma negli istoni che ne derivano e che sono causati da queste proteine modificatrici, influenzano la struttura e la funzione dell’intero nucleosoma. 8. Dato che l’espressione genica ha sicuramente un effetto sul fenotipo cellulare, per le cellule gestire il DNA rappresenta un’ulteriore difficoltà da affrontare. Per esempio, alcune regioni del DNA (come il centromero, i telomeri ecc.) non vengono mai trascritte e funzionano correttamente solo quando ripiegate in maniera specifica. Il semplice “spegnere queste regioni” non permette loro di adottare le conformazioni specifiche necessarie al loro funzionamento; livelli superiori di organizzazione della condensazione sono necessari per mantenere la loro funzionalità. Inoltre, non tutti i geni presenti nel genoma di una cellula devono essere sempre accessibili. Data la grande dimensione dei cromosomi, lasciarli in uno stato relativamente non avvolto, anche nelle regioni contenenti geni che una cellula non ha mai bisogno di esprimere, graverebbe sulla cellula semplicemente perché il volume del DNA sarebbe molto grande. Pertanto, oltre a dover accendere e spegnere i suoi geni, le cellule devono anche essere in grado di stabilire quali geni saranno regolati facilmente (eucromatina) e quali rimarranno sia spenti che inaccessibili (eterocromatina) per salvaguardare lo spazio nel nucleo. 9. Il nucleo funge da barriera protettiva che circonda e sostiene l’impalcatura di proteine/RNA che mantiene i cromosomi organizzati nello spazio. Considerate che un enorme livello di energia viene destinato a mantenere ogni livello di condensazione del DNA e che il passaggio da un livello all’altro deve avvenire in maniera altamente ordinata e sotto il controllo di diverse proteine che legano il DNA. Creando lo specifico ambiente chimico necessario per permettere ciò, il nucleo, come tutti gli organelli, aiuta le cellule a mantenere un livello ottimale di condensazione di ogni regione dei suoi cromosomi. 10. Le cellule che perdono l’espressione della lamina A presentano nuclei distorti e perdita di eterocromatina; alcune persone con questa mutazione sviluppano una malattia da invecchiamento precoce detta sindrome della progeria HutchinsonGilford. Altre sviluppano una condizione nota come lipodistrofia parziale, caratterizzata dalla graduale perdita di tessuto adiposo all’inizio della pubertà. In alcuni rari casi, la perdita della lamina A provoca la malattia di Charcot-Marie-Tooth, con conseguente morte delle cellule nervose e perdita della funzione muscolare nelle gambe e nelle braccia. Nel complesso, queste scoperte dimostrano che mutazioni dei geni che aiutano a formare la gabbia protettiva che circonda il DNA causano danno e disorganizzazione dei cromosomi, portando a una serie diversificata di sintomi clinici a seconda della zona del genoma in cui avviene il danno al DNA. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. 2. B. La risposta A non è corretta poiché le regioni non codificanti del DNA possono anche essere avvolte attorno a “rocchetti” di istoni. Per definizione, un gene deve codificare la produzione di una specifica proteina e secondo il dogma centrale della biologia cellulare, una molecola di RNA è il precursore di una sequenza proteica. Pertanto, B è corretta. È importante notare che i geni non contengono solo il codice per produrre l’mRNA, ma anche le sequenze fiancheggianti fanno parte dell’unità genica funzionale. Per maggiore chiarezza fate riferimento alla definizione di gene nella Sezione 2.2 (L’informazione del DNA è impacchettata in unità chiamate geni). C, D ed E sono tutte troppo specifiche per essere applicate alla definizione di gene; non tutte le proteine hanno una struttura quaternaria e non si limitano a legare la lamina nucleare, e i geni possono infatti codificare foglietti-b e avvolgimenti casuali, non solo le porzioni ad a-elica dei polipeptidi. C. Fate riferimento alla Sezione 2.5 (Il complesso del poro nucleare limita l’accesso all’interno del nucleo) per la funzione dell’NPC. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 3. 4. 5. 9 E. Non c’è relazione tra il numero di cellule in un campione e l’elenco di proteine/ sequenze nucleotidiche legate che è prodotto da un saggio ChIP, quindi A non è corretta. Lo stesso vale per il numero di nucleosomi e/o la dimensione dei cromosomi in un campione di DNA, rendendo B e C non corrette. In un ChIP, i complessi di DNA-proteina vengono tagliati prima in pezzi piccoli e quindi immunoprecipitati. Di conseguenza, sarebbe impossibile sapere quali proteine che legano il DNA si legano più strettamente a esso, dato che tutti i complessi sono stati tagliati dal momento che vengono identificati. Il processo di eliminazione e il fatto che le sequenze nucleotidiche vengano solitamente identificate dalla lunghezza dei loro appaiamenti di basi dimostra che E è corretta; sarebbe quindi possibile capire a quale nucleotide si legano le sequenze proteiche. D. A non è corretta perché la selezione naturale, per definizione, non ha effetto diretto sulle sequenze di DNA. Invece, sono le mutazioni stesse delle sequenze di DNA che permettono agli individui di esprimere proteine che consentono loro di adattarsi meglio all’ambiente. La maggior probabilità di riproduzione di questi individui è il motivo che in fondo sostiene il processo di selezione naturale, contrariamente a ciò che accade per gli individui privi della mutazione del DNA. A. Come spiegato nella Sezione 2.2 (L’informazione del DNA è impacchettata in unità chiamate geni), un gene comprende il codice che produce la proteina e tutte le sequenze che regolano la produzione di quella proteina. Pertanto, se una mutazione fosse in una regione regolatrice ma non codificante del gene dell’emoglobina, l’individuo portatore della mutazione non sperimenterebbe gli stessi effetti della persona che porta la mutazione nella regione che codifica la sequenza amminoacidica dell’emoglobina. Tuttavia potrebbe risentire di altri effetti. CAPITOLO 3 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. Possiamo iniziare ridefinendo le tre caratteristiche. La caratteristica 1 diventa: tutti gli acidi nucleici adottano configurazioni tridimensionali stabili. Quest’affermazione è supportata da prove? Sappiamo che il DNA forma sempre (spontaneamente) una doppia elica nelle cellule, per cui l’affermazione sembra vera. Ma sappiamo anche che il DNA può venire completamente svolto e tirato in singoli filamenti (per esempio durante la replicazione del DNA e la trascrizione genica) e poi ripiegato nuovamente a opera delle proteine, e rimanere ancora funzionale. Sebbene alcune proteine vengano ciclicamente disassemblate/ dispiegate e riassemblate/ripiegate mentre svolgono la loro funzione nelle cellule, per la maggior parte di esse ciò non accade. Pertanto sembra che per gli acidi nucleici non sia essenziale rimanere in una conformazione stabile tridimensionale (una doppia elica) per essere funzionali. La caratteristica 2 diventa: tutti gli acidi nucleici si legano a qualcos’altro. Sappiamo che il DNA funzionale deve essere legato dalle proteine in modo che l’informazione contenuta nel DNA possa essere trasmessa a tutta la cellula. Tuttavia, nella maggior parte delle cellule non tutto il DNA è funzionale e il DNA non funzionale di solito non si lega a nulla in modo significativo. Pertanto la caratteristica 2 non si applica neppure agli acidi nucleici. La caratteristica 3 rivista diventa: tutti gli acidi nucleici svolgono almeno una funzione cellulare. Poiché la maggior parte delle cellule contiene almeno un po’ di DNA non funzionale, questa affermazione non è vera. Le tre caratteristiche non sono quindi universali. Come mai il DNA può sfuggire a questi requisiti? Il DNA non funzionale è accuratamente condensato nelle cellule così da non interferire con le normali attività cellulari, mentre le proteine non funzionali non sarebbero sequestrate così facilmente e probabilmente danneggerebbero almeno alcune attività normali nelle cellule. L’impacchettamento fa la differenza. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 10 Risposte © 978-88-08-42128-9 2. 3. 4. La mutazione della cellula falciforme è una mutazione puntiforme, cioè un amminoacido (acido glutammico) viene sostituito da uno diverso (valina). Questo si riflette sulla struttura primaria dell’emoglobina, poiché cambia la sequenza degli amminoacidi nel polipeptide. Poiché le strutture secondarie possono in teoria formarsi ovunque in un polipeptide, non è possibile prevedere quale struttura secondaria verrà interessata da questa mutazione. Sappiamo che la struttura quaternaria di una proteina cambia drasticamente da un tetramero a un lungo polimero fibroso. Dato che la struttura quaternaria cambia così profondamente, è presumibile che anche la struttura terziaria (e pertanto la secondaria) venga alterata. Questo comporta una riorganizzazione dei legami (forse di tutte e cinque le classi) che determinano la stabilità della conformazione della proteina. Poiché un amminoacido ionico (l’acido glutammico) è sostituito con un amminoacido idrofobico (la valina), possiamo assumere che le interazioni ioniche e/o idrofobiche vengano alterate e portino al conseguente cambiamento nell’organizzazione conformazionale di livello superiore. Mentre la forma tetramerica dell’emoglobina è funzionale, il polimero fibroso non lo è (esso rappresenta un esempio calzante di conformazione stabile che non è funzionale). Pertanto un cambiamento nella struttura primaria di un polipeptide può estendersi fino alla struttura quaternaria e infine influenzare la funzione della proteina. La maggiore differenza tra le tipologie di modificazioni nelle proteine è rappresentata dalla loro velocità di turnover. Alcune proteine devono attuare rapidi cambiamenti nella conformazione per essere utili: considerate le proteine contrattili che guidano la contrazione muscolare durante una reazione di riflesso o quelle che ci tengono in equilibrio mentre camminiamo. Inoltre, di solito c’è una correlazione tra la velocità con cui una modificazione avviene e la sua durata: la rapida contrazione dei muscoli significa anche il rapido rilassamento nella maggior parte dei casi, pertanto il ricambio è molto alto. Ma la velocità di ricambio per le modificazioni del DNA è proporzionalmente lenta. Ricordate che per essere utile, il DNA ha bisogno di legarsi a una proteina che poi cambia la sua funzione, e la maggior parte di queste funzioni associate al DNA riguarda l’espressione genica, che richiede almeno diversi minuti per essere completata. Pertanto, si vedono solo le modificazioni del DNA a lungo termine e tutte avvengono attraverso il legame covalente con altre molecole. Modificazioni a breve termine, molte delle quali sono interazioni non covalenti, non avvengono nel DNA. Le proteine si trovano ovunque nelle cellule diversamente dal DNA, pertanto gli enzimi digestivi hanno una possibilità ben maggiore di danneggiare le proteine sane rispetto al DNA sano. Ripassiamo le strategie che le cellule usano per controllare gli enzimi proteolitici e cerchiamo le somiglianze per le proteine che hanno come bersaglio il DNA. Per prima cosa, gli enzimi proteolitici sono sequestrati in una cellula, o nel proteasoma oppure in un lisosoma. Potremmo pertanto prevedere che la stessa cosa sia vera per le nucleasi: infatti alcuni di questi enzimi sono sequestrati anch’essi nel lisosoma, come vedremo nel Capitolo 9. In secondo luogo, le proteine devono essere chimicamente modificate (dall’ubiquitinazione per entrare nel proteasoma) o attivamente trasportate (dalle vescicole per entrare nel lisosomi) per permettere loro di avere accesso agli enzimi sequestrati. Pertanto possiamo prevedere che il DNA o l’RNA bersaglio debba essere o modificato o trasportato per essere distrutto. Anche questo è vero in via generale: molte nucleasi hanno come bersaglio le forme a singolo filamento del DNA o a doppio filamento dell’RNA, entrambe insolite nelle cellule sane. Inoltre, intere cellule inghiottite possono essere portate verso i lisosomi, dove il loro DNA viene digerito. Terzo, le cellule producono inibitori per gli enzimi proteolitici per controllarne l’attività. Potremmo pertanto prevedere che le cellule possono produrre gli inibitori delle nucleasi e, di fatto, inibitori delle nucleasi sono stati trovati in alcuni ceppi di lievito. In che modo gli acidi nucleici vengano digeriti è un campo separato di studio e non verrà ulteriormente considerato qui. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 11 RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. 4. 5. Potenzialmente il vantaggio di usare i polipeptidi come deposito di informazioni è che, come nella notazione musicale, l’utilizzo di 20 possibili monomeri diversi (invece dei 4 del DNA) aumenta esponenzialmente la quantità di informazione potenziale; ciò potrebbe diminuire la quantità richiesta di materiale di deposito genetico, migliorando l’efficienza dell’immagazzinamento dell’informazione e la trasmissione da una generazione a quella successiva. Tuttavia, ci sono almeno tre svantaggi significativi in questa strategia. Primo, come è vero per la notazione ASCII e per quella musicale, i polipeptidi hanno poca o nessuna ridondanza funzionale (correzione dell’errore): la sostituzione anche di un amminoacido con un altro può alterare in maniera significativa la struttura del polipeptide, e la sua conseguente funzione. Secondo, i polipeptidi non sono riparabili: se un legame covalente viene rotto o riorganizzato nello scheletro del peptide o nella catena amminoacidica laterale, non esistono meccanismi per riparare il danno. (Si ricordi che le modificazioni chimiche dei polipeptidi, descritte nella Sezione 3.4, non alterano in maniera permanente i legami nello scheletro o nella maggior parte delle catene laterali). Terzo, separare il deposito dell’informazione (immagazzinata nel DNA) dalle molecole che fanno uso di questa informazione (le proteine) aiuta a proteggere l’informazione custodendola in una forma che sia meno predisposta al danno; le cellule possono contemporaneamente proteggere il loro DNA e permettere alle loro proteine di svolgere le funzioni codificate dal DNA. L’aggiunta, la rimozione o il cambiamento di amminoacidi in qualunque posizione di un polipeptide può alterare le interazioni con le catene laterali degli amminoacidi vicini. Per esempio, aggiungere o eliminare un amminoacido ionico può riorganizzare le posizioni delle catene laterali polari e ioniche vicine. Questa riorganizzazione induce l’area intorno alla mutazione a cambiare forma, e può innescare una “reazione a catena” di cambiamento conformazionale dell’intera proteina: se un’area cambia, ciò influisce sulle aree che la circondano, e così via. Questo effetto può perdurare per l’intera lunghezza di una proteina filamentosa. Poiché tutte le proteine devono legarsi a un bersaglio, l’alterazione di una proteina cambierà lo stato di attivazione di qualunque proteina a cui si leghi. Per esempio, una mutazione di una proteina tale che questa non lega più una proteina bersaglio significa che il bersaglio proteico stesso probabilmente non cambierà forma, e quindi anche la sua funzione verrà compromessa. In maniera simile, una mutazione che aumenta l’affinità di una proteina per il suo bersaglio aumenterà la probabilità che si leghino insieme, e questo a sua volta influisce sullo stato funzionale della proteina bersaglio, compresa la sua affinità per i suoi ulteriori ligandi. Molti comportamenti anomali osservati nelle cellule tumorali sono il risultato di questa reazione a catena: poche mutazioni nelle proteine chiave possono alterare l’attività di molte proteine non mutate. Ogni singola mutazione di una proteina induce cambiamenti nella proteina legati alla natura chimica della modificazione. Per esempio, l’aggiunta di zuccheri alle proteine induce cambiamenti conformazionali diversi dall’aggiunta di lipidi o di gruppi fosfato. L’aggiunta di molte ubiquitine a una proteina induce un cambiamento conformazionale che è riconosciuto dai proteasomi, e di conseguenza la proteina è digerita quando viene in contatto con i proteasomi. In maniera piuttosto sorprendente, l’aggiunta delle ubiquitine produce lo stesso cambiamento conformazionale indipendentemente dalle forme delle proteine non modificate. I siti di legame sulle proteine normalmente contengono molti amminoacidi: per esempio, formare un sito di legame per un singolo ione calcio può richiedere fino a cinque amminoacidi diversi. La resistenza del legame è direttamente dipendente dall’identità di queste catene laterali, così come dalla loro posizione e dalla distanza relativa dal bersaglio. Poiché ogni combinazione diversa proteina-bersaglio ha una propria combinazione di queste caratteristiche, è difficile prevedere da tutte queste variabili l’affinità di legame netta. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 12 Risposte © 978-88-08-42128-9 6. Per prima cosa, l’aggiunta di amminoacidi a un polipeptide avviene soltanto una volta nell’arco della sua vita, durante la traduzione a opera del ribosoma. Nel corso di questo processo il polipeptide in accrescimento è completamente aperto; aggiungere amminoacidi a entrambe le estremità di una proteina già ripiegata e funzionale, comporterebbe probabilmente la perdita del suo ripiegamento, rendendola non funzionale. In secondo luogo, gli amminoacidi possono essere rimossi dalle proteine mature, ma questo è un processo irreversibile, che la rende non adatta a controllare reversibilmente la struttura e la funzione delle proteine. 7. Un anticorpo è una proteina a più subunità, composta da quattro polipeptidi, e quindi possiede una struttura quaternaria. Ogni polipeptide contiene amminoacidi legati insieme da legami peptidici, e la sequenza di questi amminoacidi definisce la sua struttura primaria. La sequenza di amminoacidi si ripiegano in strutture secondarie caratteristiche, chiamate foglietti-b, legate da regioni meno stabili chiamate avvolgimenti casuali. Sulla base della Figura 3.13, sembra che non ci siano a-eliche in queste subunità. Complessivamente, l’organizzazione delle strutture secondarie di ogni subunità definisce la struttura terziaria di una proteina. Ogni subunità è legata covalentemente almeno a un’altra subunità tramite legami disolfuro che si formano tra le catene laterali di uno specifico amminoacido (cisteina). Le strutture stabili formate dagli accoppiamenti delle subunità, come i siti di legame dell’antigene alle estremità dei bracci corti, sono chiamate anche domini. Il ripiegamento e l’assemblaggio corretto di questa struttura complessa sono favoriti da proteine specifiche chiamate chaperonine. 8. L’interno di una cellula eucariotica è suddiviso in due regioni distinte: la parte interna degli organelli e il citosol. A eccezione di quanto avviene nel nucleo, di solito le proteine non vanno avanti e indietro tra questi due siti. Quindi, le proteine presenti nel citosol (e nella parte interna del nucleo) vengono degradate dai proteasomi, mentre le proteine situate nella maggior parte degli altri organelli non possono accedere ai proteasomi e vengono, invece, digerite nei lisosomi. 9. La moesina è una proteina strutturale. Come tutte le proteine, la moesina adotta almeno due conformazioni stabili. La forma “attiva”, o funzionale, si raggruppa e questi raggruppamenti legano le proteine citoscheletriche alla membrana plasmatica (vedi Capitolo 1, Il citoscheletro e le proteine motrici sono responsabili della forma e del movimento delle cellule procariotiche ed eucariotiche); la forma inattiva si trova nel citosol, non legata alla membrana plasmatica. Non appartiene alle altre otto classi di proteine perché (1) non catalizza reazioni chimiche, (2) non regola l’attività degli enzimi, (3) non genera la forza utilizzata per indurre il movimento delle cellule, (4) non trasporta le molecole attraverso le membrane, (5) non si trova nello spazio extracellulare e quindi non può servire da segnale tra le cellule, (6) non si lega alle molecole segnale, (7) non si lega a molecole dannose e le neutralizza e (8) diversamente da una proteina di deposito, non fornisce energia diretta alle cellule. 10. Poiché il muscolo cardiaco e quello scheletrico si contraggono velocemente, si può immaginare che i meccanismi che controllano direttamente questi comportamenti utilizzino una modificazione non covalente di breve durata dei complessi delle proteine contrattili. Infatti, una proteina chiamata troponina si lega direttamente agli ioni calcio e controlla le interazioni tra la proteina motrice miosina e il suo bersaglio, l’actina. Al contrario, la contrazione del muscolo liscio è controllata da modificazioni covalenti più durature. Le proteine motrici miosina delle cellule del muscolo liscio sono attivate in particolare dalla fosforilazione, e questo permette loro di rimanere in una configurazione attiva e di contrarsi continuamente per lunghi periodi di tempo. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. D. La funzione della proteina ubiquitina è di indirizzare le proteine per la degradazione. Riguardate la Sezione 3.5 (Dove vengono eliminate le proteine?) e la Figura 3.15 per vedere come l’ubiquitina si attacca covalentemente alle proteine. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 2. 3. 4. 5. 13 Perciò, le risposte A, B, ed E sono chiaramente false. La Sezione 3.5 descrive esattamente come agisce l’ubiquitina, compreso marcare le proteine per l’idrolisi nel proteasoma anziché renderle semplicemente inattive. Quindi, anche la risposta C è falsa. B. Per definizione le cariche ioniche sono polari, proprio come l’acqua. Quindi, un amminoacido che contiene una carica ionica sulla sua catena laterale deve sempre essere idrofilico e mai idrofobico. Le altre risposte non sono correlate all’idrofobicità dell’amminoacido. B. La fosforilazione avviene principalmente per indurre un cambiamento conformazionale della proteina. I legami peptidici non si formano tramite fosforilazione, e non tutti i polipeptidi sono enzimi, il che rende le risposte A e C sbagliate. L’ubiquitina innesca la distruzione delle proteine, come descritto sopra, e la fosforilazione non svolge nessun ruolo nella rottura di alcun tipo di legame. Quindi, anche D ed E non sono corrette. B. A non è corretta perché, sebbene molte proteine abbiano una struttura quaternaria, questo non è il concetto importante sotteso all’anemia falciforme descritta nel Capitolo 2. Il fatto è che ci possono essere molte conformazioni delle proteine non stabili e non funzionali. Anche le risposte C-E non descrivono conseguenze importanti, rendendo B la risposta corretta. E. Per definizione, un sito di legame allosterico su una proteina aiuta a regolare la forma e quindi l’affinità di legame del sito primario. Le risposte A-D sono sbagliate perché sono generalizzazioni sulla struttura proteica che potrebbero non essere applicabili ai siti di legame primario e allosterico. CAPITOLO 4 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. 2. 3. La differenza chiave tra i polipeptidi e le membrane è che gli amminoacidi dei polipeptidi sono legati covalentemente l’uno all’altro e un cambiamento nella forma di una parte del polipeptide può influenzarne l’intera struttura. Al contrario, i fosfolipidi non sono mai legati covalentemente l’uno all’altro, quindi ognuno agisce indipendentemente. Se una regione della membrana cambia forma (per esempio forma una zattera di lipidi), i fosfolipidi che circondano questa regione risultano in gran parte invariati. Le variazioni nella fluidità della membrana permettono la formazione di raggruppamenti di molecole nei fosfolipidi. Questo raggruppamento selettivo permette una migliore specializzazione delle membrane, favorendo la divisione del lavoro che è cruciale per la sopravvivenza cellulare. Per esempio, i gruppi di molecole in una membrana possono suddividere la membrana in compartimenti distinti che svolgono funzioni differenti. In generale, più è eterogenea una membrana, maggiore sarà il numero di compiti distinti che svolgerà. Catena di montaggio: le cellule usano gli enzimi per produrre le molecole precursore dei componenti di membrana, in modo simile a una catena di montaggio. Per esempio, il glicerolo e gli acidi grassi vengono sintetizzati attraverso una sequenza di passaggi nel citosol, mentre il colesterolo e la ceramide sono sintetizzati nel RE. Un’altra strategia simile alla catena di montaggio è la modificazione dei fosfolipidi (per esempio, l’aggiunta di zuccheri ai glicolipidi) e di proteine di membrana (per esempio, aggiunta di GPI) che avviene nell’apparato del Golgi dopo la loro sintesi nel RE. Rete centralizzata: il RE ricorda un punto di assemblaggio in una rete centralizzata, nel senso che la sintesi del fosfogliceride e della sfingomielina viene completata nel RE prima che queste molecole siano inviate all’apparato del Golgi per smistarle verso le loro destinazioni finali nel sistema endomembranoso. Rete distributiva: l’orientamento finale dei fosfolipidi in una membrana è determinata in situ dalle flippasi e dalle floppasi di ogni membrana. Allo stesso modo, il colesterolo George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 14 Risposte © 978-88-08-42128-9 e altri lipidi vengono rilasciati negli organelli dalle proteine di legame dei lipidi senza dover passare attraverso l’apparato del Golgi. RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Il termine fluidità deriva dal comportamento dei fosfolipidi e degli altri piccoli lipidi nella membrana. Molti di questi non sono legati ad altre molecole, a eccezione dei legami non covalenti che tengono insieme tutti i fosfolipidi. Questo significa che si diffondono nel piano della membrana in modo relativamente facile. La parte statica della membrana deriva da grandi complessi delle molecole di membrana che restano legati l’uno all’altro; la zattera di lipidi mostrata nella Figura 4.6 e le molecole di adesione mostrate nella Figura 4.9 sono esempi di elementi delle membrane relativamente immobili. La stessa membrana di una cellula può contenere elementi sia statici che dinamici; da qui il termine modello a mosaico fluido. I fosfolipidi vengono sintetizzati nel reticolo endoplasmatico, e vengono trasportati verso la maggior parte delle destinazioni, compresa la membrana plasmatica, da una serie di vescicole che si staccano da, e si fondono con, gli altri organelli. La maggior parte delle vescicole che si fonde con la membrana plasmatica ha origine dagli organelli chiamati endosomi e dal reticolo trans del Golgi. Queste proteine si legano a singoli acidi grassi e li trasportano dal citosol alle membrane degli organelli che normalmente non sono associati al sistema endomembranoso (per esempio mitocondri, cloroplasti, perossisomi). Vengono poi assemblati nei fosfolipidi delle membrane di questi organelli. Queste proteine vanno, infatti, a sostituire le vescicole come mezzo principale di trasporto tra gli organelli che non fanno parte del sistema endomembranoso. Aumentare la concentrazione di sale distruggerà i legami polari e ionici tra queste proteine e gli altri elementi delle membrane. Poiché le proteine di membrana periferiche sono legate alla membrana principalmente da questi legami, saranno la prima classe di proteine a essere eluite dalle membrane. Le proteine di membrana ancorate ai lipidi sarebbero probabilmente le successive, poiché sono tenute sulla membrana da una o due code di acidi grassi, e quindi è probabile che precipitino quando il sale e il detergente inizia ad alterare, rispettivamente, le interazioni tra i gruppi della testa e delle code lipidiche. Le proteine integrali monotopiche potrebbero essere estratte successivamente, poiché si associano a più fosfolipidi e potrebbero essere rilasciate dalla membrana quando la concentrazione di sali e detergenti fosse abbastanza elevata da distruggere l’organizzazione di molti fosfolipidi di membrana. L’ultimo gruppo di proteine estratte comprenderebbe quelle che attraversano l’intera membrana almeno una volta, e in seguito quelle che sono tenute in loco da legami sia polari che non polari su entrambi i versanti della membrana. Queste diventerebbero solubili una volta che l’intera struttura della membrana fosse distrutta. La sintesi di GPI inizia con la modificazione di un fosfolipide (PI) integro nel versante citosolico del RE; tale modificazione è rappresentata dall’aggiunta di un singolo zucchero. A seguito di questo, il PI modificato viene spostato nel versante esoplasmatico, dove vengono aggiunti ulteriori zuccheri. Dopo la sintesi completa, il GPI viene aggiunto all’estremità C-terminale della proteina nel lume del RE, ancorandosi quindi alla membrana attraverso le code lipidiche del PI. Una proteina di membrana multipasso è composta da un singolo polipeptide che penetra almeno due volte la membrana plasmatica, in un modo simile a punti di cucito. Una proteina di membrana a subunità multiple possiede almeno due polipeptidi, e ognuno è definito subunità. Almeno una di queste subunità deve essere associata alla membrana per qualificare il complesso come proteina di membrana. Come mostrato nella Figura 4.12, la scramblasi trasporta i fosfolipidi di membrana da un monostrato lipidico all’altro in entrambe le direzioni attraverso la membrana, alterando quindi la tipica distribuzione asimmetrica di ogni tipo di fosfolipide in quella membrana. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 15 8. Il rivestimento di lipidi si comporta nello stesso modo in cui si comportano i fosfolipidi quando sono immersi nell’acqua: si aggregano spontaneamente con altre molecole idrofobiche (vedi Figura 1.7b). Quindi, queste miscele contenenti i lipidi si fonderanno spontaneamente con il doppio strato fosfolipidico della membrana plasmatica, in maniera simile al modo in cui una vescicola di trasporto all’interno di una cellula si fonderà con la membrana (vedi Figura 4.15). Le molecole idrofobiche racchiuse in questi lipidi possono passare attraverso il doppio strato lipidico della membrana durante questo evento di fusione, e quindi entrare all’interno della cellula. 9. Una delle più importanti barriere per la diffusione dei doppi strati lipidici è lo strato non polare (idrofobico) formato dalle code lipidiche al centro del doppio strato. Per convenzione, le molecole non polari possono diffondere dentro/fuori/ attraverso questa regione abbastanza facilmente, a una velocità che è inversamente proporzionale alla loro dimensione. Tuttavia, le molecole con evidenti cariche elettriche sono troppo idrofiliche per penetrare questo strato interno, e quindi sono impermeabili indipendentemente dalla loro dimensione. Le molecole polari non cariche si trovano tra questi due estremi e sono permeabili in modo inversamente proporzionale sia alla loro dimensione che alla loro polarità relativa (formalmente chiamato dipolo elettrico). 10. Gli acidi grassi “saturi” sono così chiamati perché hanno il numero massimo di idrogeni attaccati a ogni carbonio: diversamente dal carbonio del gruppo funzionale dell’acido carbossilico, ogni carbonio ha un singolo legame con un altro carbonio o con un idrogeno. Detto più semplicemente, gli acidi grassi saturi non hanno doppi legami tra carboni. Gli acidi grassi insaturi contengono meno del numero massimo di idrogeni, e questo porta alla formazione di doppi legami tra i carboni. Inoltre, i doppi legami cis e trans formano conformazioni diverse: i legami cis determinano un’anomalia nella forma a zig-zag della coda dell’acido grasso. Questa distinzione è importante perché il grado di saturazione dell’acido grasso, nonché il tipo di doppi legami di un acido grasso insaturo, influiscono sulla forma sia dell’acido grasso che del fosfolipide che lo contiene. I fosfolipidi con forme diverse influiscono sulla struttura e sulla funzione della membrana determinando la densità di impacchettamento relativo dei fosfolipidi e la fluidità della membrana. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. 2. 3. C. A non è corretta perché le proteine integrali di membrana e le proteine di membrana ancorate ai lipidi non sono necessariamente sempre globulari. Dato che la maggior parte delle proteine funzionanti di una cellula è composta da subunità multiple, la risposta B è sbagliata perché non descrive una proprietà importante dei due tipi di proteine. I legami peptidici stessi, per definizione, non possono essere idrofobici, il che rende anche la risposta D non corretta. Non è necessario che entrambi i tipi di proteine abbiano legami disolfuro, il che rende la risposta E falsa. Quindi, la risposta corretta deve essere la C. Questo ha senso perché la parte interna di una doppia membrana cellulare è idrofobica (le code fosfolipidiche), mentre la cellule e la matrice extracellulare sono entrambe idrofiliche, quindi, affinché le proteine di membrana restino all’interno della membrana, devono essere coinvolte interazioni idrofobiche. A. Prendete in considerazione la Sezione 4.4 (L’assemblaggio della membrana inizia in gran parte nel REL e si completa nell’organello di destinazione). D. Per definizione i gruppi delle teste dei fosfolipidi non possono essere amminoacidi o nucleotidi, il che rende non corrette le risposte A ed E. I fosfolipidi sono composti da gliceroli, non legati a essi, quindi anche la risposta B non è corretta. Inoltre, non è necessario che gli acidi grassi contenuti all’interno di essi siano insaturi, quindi D deve essere la risposta corretta. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 16 Risposte © 978-88-08-42128-9 4. 5. A. Prendete in considerazione la Sezione 4.3 per la definizione di zattera lipidica (Il modello a mosaico fluido spiega come i fosfolipidi e le proteine interagiscono all’interno di una membrana cellulare). E. La forma ad a-elica non è idrofobica, il che rende la risposta A sbagliata. Piuttosto, la forma ad a-elica permette semplicemente alla proteina di separare le sue parti idrofobiche (coda acilica) dalle sue parti idrofiliche (scheletro polipeptidico). Questa separazione è utile per proteggere le parti idrofiliche interne della proteina dall’interno della doppia membrana cellulare, che è idrofobica. Questo scudo genera un canale per le sostanze polari così che possono passare liberamente attraverso la membrana cellulare idrofobica, rendendo l’a-elica estremamente utile per le regioni delle proteine che attraversano la membrana. Prendete in considerazione la Sezione 4.3 per un riesame (in particolare, Per attraversare il doppio strato lipidico le proteine transmembrana generalmente usano a-eliche). CAPITOLO 5 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. Osservate la tabella sottostante per confrontare. Corde Catene Cavi di acciaio Somiglianze con i filamenti intermedi Un grado elevato di contatto di superficie tra filamenti singoli aumenta la resistenza; uso dell’avvolgimento. Nessuna polarità strutturale. Struttura modulare; ogni collegamento è in qualche modo analogo a un tetramero. Nessuna polarità strutturale. Flessibile, forma uniforme per tutta la lunghezza della struttura. Nessuna polarità strutturale. Differenze con i filamenti intermedi I legami chimici che tengono insieme i filamenti intermedi sono più forti; le corde sono più soggette a sfilacciarsi alle estremità. Nessuna struttura simile a un anello dei filamenti intermedi. Tutte le subunità dei filamenti intermedi sono tenute insieme con la stessa forza, variabilità molto minore lungo la loro lunghezza. La struttura atomica della lega di acciaio è basata sul reticolo formato dal ferro e (più spesso) dagli atomi di carbonio. Spesso eterogeneo nella struttura. Richiede una temperatura elevata per formarsi. Cemento armato Seta Kevlar Grado elevato di interazione con altre strutture di supporto (per esempio il calcestruzzo). Nessuna polarità strutturale. Proteina polimerica. Altamente insolubile in acqua. Molto leggera. Elevata resistenza elastica. Nella forma dei filamenti, è intessuto come una corda. Conformato anche in cavi, analoghi ai raggruppamenti di filamenti intermedi collegati. Molto leggero. Poca flessibilità. Elasticità molto migliore. Contiene più foglietti-b che a-eliche. Possiede polarità strutturale. Possiede polarità strutturale. L’evoluzione per selezione naturale agisce sulla parte ereditabile del fenotipo di un organismo, e quindi influenza la frequenza allelica dei geni di una popolazione. Questo significa che per gli organismi che utilizzano l’evoluzione come strategia, il materiale deve essere un gene o i suoi prodotti. Poiché le proteine sono più forti degli acidi nucleici, l’evoluzione interessa i geni che vengono tradotti in proteine. Una volta stabilito ciò, le possibilità di sviluppare un materiale insolubile, leggero, flessibile e forte sono limitate a quelli che possono essere formati dalle proteine. Teoricamente, le cellule potrebbero usare le proteine per costruire i filamenti di composizione diversa (per esempio, polimeri di zucchero, minerali); tuttavia non si formerebbe mai nulla simile all’acciaio, perché generare la natura chimica George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 2. 3. 17 dell’acciaio dai suoi elementi costitutivi richiede elevate temperature tali che le cellule non possono sopravvivere. Il comportamento simile a “fare surf” è causato dalle proteine motrici immobilizzate che tirano i microtubuli solubili. Se viene generata una forza sufficiente nella stessa direzione da una o più proteine motrici, il microtubulo attaccato alle proteine motrici scivola nella direzione in cui tirano le proteine motrici. La sedimentazione casuale delle proteine motrici rispetto alla direzione di avanzamento induce i microtubuli a cambiare direzione quando incontrano proteine motrici orientate in maniera diversa. Se fosse aggiunta una quantità abbondante di ADP alla soluzione, lo scivolamento dei microtubuli rallenterebbe o si fermerebbe del tutto, perché l’ADP in eccesso occuperebbe il sito di legame dell’ATP delle proteine motrici invece dell’ATP, impedendo alle proteine quindi di rompere qualsiasi ATP per generare energia cinetica. Se venisse aggiunto GDP, i microtubuli si dissolverebbero parzialmente o del tutto perché i dimeri di tubulina si legherebbero al GDP in eccesso, trasformandoli in una forma che favorisce la conformazione della subunità monomerica rispetto alla conformazione polimerica. Ecco un modo per parafrasare l’affermazione: l’actomiosina genera la forza contrattile necessaria a far muovere una singola cellula muscolare. Quando più cellule muscolari lavorano di concerto, possono coordinare il loro movimento per generare una resistenza sufficiente a muovere un intero muscolo, come il muscolo pettorale. Un’argomentazione a supporto di questa affermazione è che un muscolo intero non è più forte della somma dei suoi elementi di actomiosina, poiché queste proteine sono le uniche a fare contrarre le cellule muscolari. Più actomiosina ha una cellula, più sarà forte. Un’argomentazione che confuta questa affermazione è che è eccessivamente semplificata. Considerate il costamero descritto nella sezione di questo capitolo che parla dei filamenti intermedi; se non sono presenti le proteine che collegano l’actomiosina alla membrana plasmatica e/o allo spazio extracellulare, la cellula muscolare non può funzionare correttamente. Mutazioni in queste proteine di collegamento causano, per questa ragione, molte forme di distrofia muscolare. RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. I filamenti intermedi (IF) sono i più stabili delle tre classi di filamenti citoscheletrici, e questa stabilità è fornita perlopiù dalla struttura a superavvolgimento formata dalle a-eliche delle coppie delle subunità degli IF. Il superavvolgimento è tenuto insieme dalle interazioni idrofobiche tra gli amminoacidi delle catene laterali delle due subunità. Circa un terzo degli amminoacidi dei domini centrali degli IF sono idrofobici, il che sottolinea l’importanza di queste interazioni. Sebbene sia le subunità di tubulina che quelle di actina contengano domini idrofobici, nessuna delle due ha una densità elevata di amminoacidi non polari negli IF. La desmina funziona come collegamento strutturale tra altre proteine citoscheletriche nel complesso del muscolo contrattile, in particolare tra i filamenti di actina e le proteine dei dischi Z. È fondamentale perché se i collegamenti della desmina non vanno a buon fine, la forza generata dall’actina e dalla miosina non viene trasferita alla superficie cellulare (complesso dei recettori delle integrine). Senza la trasmissione di questa forza, i movimenti su larga scala (per esempio, degli arti, della testa, della mandibola ecc.) sono gravemente compromessi. È stato osservato che il tasso di crescita in vitro dei microtubuli (allungamento) era lo stesso in entrambi i campioni. Ma il tasso di accorciamento dei microtubuli (depolimerizzazione) era molto più basso nel campione che conteneva l’analogo del GTP. La ragione di ciò è che il taglio del GTP non svolge un ruolo nella polimerizzazione dei microtubuli, ma invece promuove la depolimerizzazione dei microtubuli: poiché l’analogo del GTP era stato tagliato più lentamente, i microtubuli si sono accorciati a una velocità più bassa in quel campione. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 18 Risposte © 978-88-08-42128-9 4. Il cappuccio rappresenta la concentrazione più alta di subunità di tubulina legate a GTP in un microtubulo. Poiché, per definizione, le subunità di tubulina devono essere legate al GTP per diventare parte del microtubuli, l’estremità del microtubulo in accrescimento più veloce ha la concentrazione più alta di GTP. A causa della sua polarità strutturale, un microtubulo cresce preferenzialmente al suo polo “positivo”, e questo è il punto in cui si forma il cappuccio di GTP. 5. Le proteine motrici dei microtubuli hanno siti di legame per i microtubuli, ATP, e molecole di “carico”. In questo caso, le proteine motrici porterebbero le proteine attaccate ai cromosomi come loro carichi, e “camminerebbero” verso l’estremità negativa dei microtubuli (cioè verso i poli). Poiché i poli sono gli MTOC, possiamo supporre che si leghino alle estremità negative dei microtubuli emergenti. Il taglio dell’ATP fornirà l’energia necessaria. 6. Il “cappuccio” si forma all’estremità positiva di un filamento di actina in accrescimento, perché la concentrazione di actina neoincorporata che lega l’ATP all’estremità positiva è abbastanza elevata da evitare il disassemblaggio del filamento a livello di quell’estremità. È completamente analogo al cappuccio di GTP dei microtubuli. Come il cappuccio di GTP dei microtubuli, il cappuccio di ATP dei filamenti di actina scompare nel corso del tempo quando l’ATP viene idrolizzato ad ADP. 7. Le proteine che assemblano l’actina aiutano a formare le spesse fibre di actina necessarie a resistere alla forza delle proteine motrici di miosina. Una volta che le proteine motrici di miosina tirano l’actina, e la cellula si muove in avanti, le proteine che degradano l’actina aiutano a disassemblare questi filamenti per aumentare il gruppo di subunità di actina al margine anteriore della cellula, dove vengono generati nuovi filamenti, e il ciclo si ripete. 8. L’instabilità dinamica richiede tassi diversi di assemblaggio e disassemblaggio alle due estremità di un filamento (cioè l’estremità “positiva” e “negativa”). Poiché i filamenti intermedi non hanno una tale polarità strutturale, le loro estremità sono identiche, e quindi ogni crescita o accorciamento di un IF ha la stessa probabilità di verificarsi a entrambe le estremità, assumendo che tutte le altre variabili che riguardano l’assemblaggio del filamento intermedio siano uguali. 9. La distruzione della rete di microtubuli nelle cellule tumorali, stabilizzando o inducendo la depolimerizzazione dei microtubuli, interferisce con l’instabilità dinamica di questa rete, e quindi impedisce il rimodellamento necessario per formare e dissolvere il fuso mitotico durante la divisione cellulare. Questo a sua volta impedisce alle cellule tumorali di dividersi. (I farmaci comuni che bersagliano i microtubuli comprendono la classe di composti chiamati tassani.) Allo stesso modo, la rottura dell’actina citoscheletrica potrebbe impedire alle cellule tumorali di assemblare i filamenti a loro necessari per completare la divisione cellulare così come i complessi che generano la forza necessaria a queste cellule per migrare nei tessuti circostanti. (I farmaci come la citocalasina e la falloidina impediscono, rispettivamente, la polimerizzazione e il disassemblaggio dei filamenti di actina.) Infine, interferire con l’assemblaggio dei filamenti intermedi può evitare la dissoluzione e il riassemblaggio del nucleo durante la divisione cellulare così come ridurre l’integrità strutturale dell’intera parte interna della cellula. (Il farmaco vitaferina-A induce la dissoluzione della rete di filamenti intermedi di vimentina in alcune cellule tumorali.) Così come accade per molti farmaci antitumorali, i principali effetti indesiderati del bersagliare le reti citoscheletriche derivano dal fatto che la maggior parte delle cellule sane può venire colpita in modo molto simile: impedire l’assemblaggio corretto del fuso mitotico impedirà la divisione di ogni cellula, non solo delle cellule tumorali. La mancata sostituzione delle cellule sane è l’effetto indesiderato caratteristico della maggior parte dei trattamenti del cancro. La tossicità generale di questi farmaci limita molto la loro utilità nel trattamento dei pazienti affetti da cancro. 10. Il rigor mortis si verifica quando la concentrazione di ATP scende al livello in cui l’ATP non può legarsi alla testa di miosina. Questo chiude il ciclo contrattile della George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 19 fase 6, quando la miosina rilascia ADP e rimane attaccata finché si lega a un nuovo ATP. Poiché la miosina rimane attaccata all’actina, l’intero apparato contrattile resta bloccato, dando origine alla caratteristica rigidità muscolare. Esaurire la concentrazione di ATP richiede poche ore dopo la morte. Una volta che resta bloccata, l’unico modo per la miosina di rilasciare il filamento di actina è denaturarsi (ed essere degradata). Questo richiede molto più tempo perché è necessario che la proteina si rompa fisicamente. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. 2. 3. 4. 5. A. La funzione delle proteine che incappucciano l’actina è di controllare la lunghezza e la stabilità dei filamenti di actina legandosi a entrambe le estremità, positiva e negativa, dei filamenti. Riguardate le pagine 190-192. D. I foglietti-b non sono più forti delle a-eliche, quindi la risposta A non è corretta, sebbene le lamine (che sono filamenti intermedi) proteggano il nucleo, il che non è la ragione per cui i filamenti intermedi sono considerati forti. Molte proteine hanno una struttura quaternaria, il che non è significativo, proprio come la risposta E (la maggior parte delle proteine richiede modificazioni covalenti per depolimerizzarsi). Sappiamo che gli IF possono assorbire forti tensioni senza rompersi. Pensate alla tensione che viene applicata quando sbattete la mano contro il tavolo; i filamenti intermedi impediscono alle cellule della mano di rompersi, sebbene una grande forza venga trasmessa alla vostra mano dal tavolo. Quindi, possiamo dire che gli IF sono forti perché possono assorbire grandi quantità di tensione. A. Se ci sono più filamenti di actina in una soluzione, quella soluzione sarà poi più torbida. Quindi, la torbidità può essere usata per misurare la polimerizzazione, o la formazione, dei filamenti di actina. E. La funzione del gTuRC è di nucleare la formazione dei dimeri ab-tubulina. Vedi Capitolo 5, Sezione 5.4, L’MTOC contiene il complesso ad anello formato dalla gamma-tubulina (gTuRC) che agisce da nucleo di attivazione nella formazione del microtubulo). D. L’impatto maggiore delle proteine citoscheletriche sulla cellula è di consentire il movimento (della cellula stessa o degli organelli all’interno della cellula). Perciò la loro funzione principale è il movimento, e quindi è più significativo il fatto che i polimeri si legano alle proteine motrici che si muovono in direzioni specifiche. CAPITOLO 6 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. Funzione Collageni Fibronectine Elastine Laminine Proteoglicani Lamina basale 1. Conferisce resistenza meccanica al tessuto. Dominio a tre eliche unite da legami trasversali in tutti i collageni; particolarmente importanti nei collageni fibrillari. Contengono i siti di legame per altre glicoproteine strutturali (per esempio, i collageni) formando una rete interconnessa. Poco (o nessun) contributo. Dominio a tripla elica in tutte le laminine. La carica negativa sui GAG attrae acqua, conferisce resistenza alla compressione. Collageni simili a foglietti formano una rete con le laminine e altre proteine per resistere alle forze di taglio. Alcuni sono raggruppati in grandi aggregati interconnessi (per esempio, i tendini). Dimeri collegati tra loro raggruppati in fibre. Contengono i siti di legame per altre glicoproteine strutturali (per esempio, i collageni) formando reti interconnesse. (segue a p. 20) George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 20 Risposte © 978-88-08-42128-9 (continua da p. 19) Funzione Collageni Fibronectine Elastine Laminine Proteoglicani Lamina basale 2. Fornisce i Contengono i siti di adesione siti di legame per le cellule. delle integrine, accessibili e criptici, compreso RGD. Contiene il sito di legame delle integrine RGD. Lo strato microfibrillare contiene RGD. Contengono i siti di legame delle integrine, accessibili e criptici, nessun RGD. Fornisce i siti di legame per i recettori non integrine come CD44, e i sindecani. Substrato per gli emidesmosomi e per altre strutture di adesione basate su integrine. 3. Conferisce elasticità ai tessuti. Le sequenze ripetute di tipo III possono distendersi sotto stress e poi ripiegarsi. Il raggruppamento Poca o nessuna. spontaneo indotto dai domini idrofobici è reversibile. Poca o nessuna. Non nota. Poca o nessuna. 2. Se si accetta la premessa che tutte le cellule di un organismo pluricellulare devono aderire l’una all’altra, l’affermazione (1) sembra corretta. Tuttavia la premessa è falsa. Questo capitolo descrive molti materiali che si trovano tra le cellule, e quindi per definizione non permettono l’adesione cellula-cellula diretta. Si ricordi dall’inizio del capitolo che gli organismi pluricellulari possiedono due caratteristiche che li distinguono dagli organismi unicellulari: possono aderire stabilmente l’uno all’altro, o aderire alla matrice extracellulare che si trova tra loro; per esempio, la maggior parte dei fibroblasti non aderisce direttamente ad altre cellule, ma rimane sempre in contatto con la matrice extracellulare. L’affermazione (2) potrebbe essere corretta se si pensasse che ogni cellula di un organismo pluricellulare svolgesse più funzioni, ma questo è in contrasto con la nostra conoscenza della pluricellularità. Le cellule formano raggruppamenti in modo da diventare specializzate, svolgendo soltanto una serie di funzioni necessarie all’organismo. L’ipotesi è che concentrandosi su una serie limitata di compiti, ogni cellula di un organismo pluricellulare può diventare più esperta nello svolgimento di questi compiti rispetto alle controparti unicellulari. Quindi, i complessi di adesione cellula-cellula rappresentano un tipo di specializzazione che le cellule possono usare per svolgere le loro funzioni. Grazie all’evoluzione per selezione naturale, la maggior parte delle cellule produce solo quelle strutture specializzate necessarie a svolgere le sue funzioni. Nonostante la loro ingegnosità questi complessi giunzionali non forniscono nessun vantaggio alle cellule che non li possono usare. In generale, meno complessi di questo tipo una cellula produce, più efficiente diventa. RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. Le proprietà più importanti della lamina basale sono (1) la capacità di resistere alla trazione (forze di stiramento/allungamento) in molte direzioni, mentre (2) supportano l’adesione di uno strato di cellule. Le laminine formano triple eliche, simili a quelle dei collageni, e questa organizzazione le rende abbastanza resistenti alla trazione. Il fatto che possano formare reti ramificate con altre laminine significa che sono capaci di resistere a queste forze in più direzioni. (Vale la pena notare che i collageni che formano la rete sono compresi in questa struttura.) Ma, contrariamente alla maggior parte dei collageni, le laminine hanno anche un maggior numero di siti di legame per i recettori cellulari e per molte altre molecole della matrice extracellulare; questa proprietà permette alle laminine di formare dense reti simili a foglietti che aderiscono direttamente allo strato di cellule. Il risultato è un foglietto denso e resistente che supporta l’adesione dello strato di cellule. L’aggiunta di gruppi solfato agli zuccheri li rende carichi negativamente, quindi si respingono l’un l’altro. Questo a sua volta aiuta ad assicurare che i gruppi di zuccheri occupino più spazio possibile, rinforzando la struttura mostrata nella Figura 6.12. Poiché le cariche negative attraggono ioni carichi positivamente, favoriscono la George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 3. 4. 5. 6. 7. 21 creazione nei tessuti di un gradiente osmotico basato su ioni, attraendo quindi acqua per mantenere le cellule idratate. Questo a sua volta aiuta le molecole solubili (nutrienti, rifiuti, molecole di segnalazione) a diffondersi attraverso lo spazio extracellulare. Una delle proprietà più importanti della maggior parte delle proteine dell’ECM è che sono legate covalentemente in complessi enormi; in generale, più un complesso è grande ed eterogeneo, più è difficile che si dissolva. Per esempio, i collageni e l’elastina sono collegati da legami tra l’amminoacido lisina modificato delle catene laterali così come da legami disolfuro. Le laminine e le fibronectine sono tenute insieme anche da legami disolfuro. Queste proteine possono anche essere legate covalentemente ad altre proteine nello spazio extracellulare (per esempio, le proteine della guaina delle fibre di elastina). Dalle più complesse alle meno complesse: elastina, collagene, laminina, fibronectina. L’elastina è la più complessa perché è accompagnata attraverso la via secretoria da una proteina chaperone, poi è collegata ad altre proteine sulla superficie cellulare prima di passare a una fibra in accrescimento dai recettori delle integrine. Al contrario, i dimeri di fibronectina sono completamente distesi dai recettori delle integrine e poi si legano spontaneamente ad altri dimeri di fibronectina distesi. L’assemblaggio dei filamenti di collagene e laminina richiede più passaggi della fibronectina ma meno dell’elastina. Caratteristica 1: tutte le proteine assumono almeno due forme tridimensionali stabili. In base al modello presentato nelle Figure 6.17 e 6.19, le integrine assumono molte forme stabili diverse, che vanno dalla forma piegata e chiusa che non si lega a un ligando, alla forma a cuffia aperta completamente estesa che si lega più strettamente al suo ligando. Le figure mostrano tre forme, ma sono possibili anche molte più strutture intermedie, ognuna con la sua affinità relativa per il ligando. Caratteristica 2: tutte le proteine si legano ad almeno una molecola bersaglio. La Figura 6.18 elenca molti bersagli (ligandi) a cui si legano le integrine. Ogni recettore si lega ad almeno un ligando. Caratteristica 3: tutte le proteine svolgono almeno una funzione cellulare. La Figura 6.20 e la Figura 6.21 mostrano una moltitudine di complessi proteici contenenti integrine che mediano l’adesione delle cellule alle proteine della matrice extracellulare. Si noti che ognuna di queste strutture si collega ai filamenti di actina. La descrizione del Capitolo 5 che riguarda il ruolo dei filamenti di actina e la migrazione cellulare (vedi, Le proteine motrici che legano l’actina esercitano una forza sui filamenti di actina per indurre la motilità cellulare) mostra come l’adesione mediata dall’integrina alla matrice extracellulare può essere utilizzata per resistere alle forze prodotte dalle proteine motrici miosina, e inducendo così movimento cellulare. I contatti focali sono le forme meno stabili di complessi di integrine, e si formano quasi immediatamente dopo che le integrine entrano in contatto con le proteine della matrice extracellulare nello spazio extracellulare. Sono più o meno equivalenti allo sfioramento leggero dei polpastrelli su una superficie: c’è poco contatto, e questo dura per un periodo di tempo molto breve. Vengono usati quando le cellule “esplorano” il loro ambiente extracellulare, toccando e rilasciando rapidamente le superfici che incontrano. Al contrario, le adesioni fibrillari sono altamente stabili e di lunga durata: sono più o meno equivalenti ai polpastrelli che si contraggono per afferrare un oggetto. Le adesioni focali non generano forza sul substrato extracellulare e sono composte da poche proteine. Le adesioni fibrillari resistono alla tensione sui filamenti di actina, quindi possiedono più proteine per aiutare a mantenere al suo posto l’actina e trasmettono questa forza di stiramento alle integrine. In questo capitolo abbiamo visto che i filamenti di actina si attaccano alle strutture di superficie cellulare che controllano la forma delle cellule. Queste strutture comprendono le giunzioni strette, le giunzioni aderenti e la maggior parte dei raggruppamenti di integrine. Tutte sono capaci di alterarsi in risposta alle forze trasmesse attraverso i filamenti di actina: le giunzioni strette si allentano, lo George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 22 Risposte © 978-88-08-42128-9 scivolamento dei filamenti di actina nelle giunzioni aderenti induce lo schiacciamento della membrana apicale, e l’applicazione della tensione induce i contatti focali a maturare in complessi di adesione stabili che facilitano la migrazione cellulare. Al contrario, i filamenti intermedi sono attaccati ai desmosomi e agli emidesmosomi, e questi non generano nessuna tensione o movimento; resistono, invece, alle forze di stiramento e mantengono le cellule al loro posto. 8. I microscopisti hanno osservato che i desmosomi contengono due placche, a quanto pare identiche, nelle membrane plasmatiche di cellule adiacenti, e queste placche sono accoppiate tra loro dalle proteine della superficie cellulare che coprono lo spazio tra le cellule. Ogni metà del desmosoma è connessa ai filamenti intermedi di cellule adiacenti, collegando insieme efficacemente il citoscheletro delle due cellule. Gli emidesmosomi formano allo stesso modo una placca a livello della superficie cellulare, e si connettono ai filamenti intermedi. Anch’essi contengono le proteine della superficie cellulare che si proiettano nello spazio extracellulare. Questo indusse i primi microscopisti a ritenere che gli emidesmosomi fossero le metà isolate di un desmosoma integro. Dopo aver ideato metodi per isolare queste strutture e studiarne la composizione molecolare, sappiamo che le due strutture sono completamente diverse l’una dall’altra: le proteine che formano la placca, così come le proteine della superficie cellulare, hanno strutture completamente diverse. 9. Molti tipi cellulari contano sulle giunzioni comunicanti per coordinare le loro attività con le cellule vicine: le giunzioni comunicanti tra le cellule epiteliali sono tra gli esempi più frequentemente citati di funzione coordinata nei raggruppamenti di cellule. Inoltre, per essere funzionale, alla cellula non è necessaria una comunicazione rapida con le cellule vicine: per esempio, molti dei globuli bianchi che circolano nel corpo per distruggere cellule estranee e materiali tossici funzionano in gran parte come solisti (sebbene in grandi gruppi), così come fanno le cellule muscolari che muovono il nostro scheletro. 10. I globuli bianchi escono dal circolo a livello dei siti di danno utilizzando il meccanismo illustrato nella Figura 6.40. Quando si verifica un ictus, il flusso sanguigno viene bloccato; quando viene ripristinato, le cellule del sistema immunitario vengono richiamate nel sito di danno per iniziare la riparazione. Un passaggio importante della riparazione è il rilascio di agenti chimici tossici per uccidere tutti gli organismi invasori. Nel caso dell’ictus cerebrale, questo passaggio della risposta non è necessario; provoca, infatti, in quella regione danni alle cellule del cervello. Quindi, evitare la fuoriuscita dei globuli bianchi dalla circolazione sanguigna vicino all’ictus può aiutare a ridurre il danno causato dall’infiammazione. Bloccare le selectine impedisce che i globuli bianchi si “fermino” vicino al sito di danno. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. 2. 3. 4. 5. D. Gly-X-Y è definita come una sequenza ripetitiva di amminoacidi del collagene. Vedi Sezione 6.2 e Figura 6.4. C. Le giunzioni strette non si legano ai filamenti intermedi, ma si collegano ad altre parti del citoscheletro. Inoltre non sono flessibili, poiché una delle loro funzioni consiste nel mediare quanto strettamente le cellule vengono tenute insieme. Un’altra funzione è di regolare il trasporto di particelle tra le cellule, il che significa che devono essere in grado di consentire alle piccole molecole di passare tra cellule epiteliali adiacenti. Vedi Sezione 6.3. E. La funzione dei proteoglicani coinvolge l’idratazione dei tessuti, che viene conseguita legando l’acqua con l’aiuto dei glicosamminoglicani altamente polari (polisaccaridi lunghi non ramificati: GAG). A. La polimerizzazione della fibronectina viene innescata dall’esposizione dei siti di legame della fibronectina sui dimeri; se ciò non accade, i siti di legame sono nascosti e la fibronectina non può polimerizzarsi. A. Riesaminate la Sezione 6.3 per la definizione e la funzione delle caderine. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 23 CAPITOLO 7 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. Iniziamo ricordando che i procarioti e gli archei sono state le prime forme di vita sulla Terra, apparsi miliardi di anni prima degli eucarioti (e dei nuclei che li definiscono). Questo significa che almeno alcuni dei macchinari molecolari potrebbero essersi evoluti prima che i nuclei facessero la loro comparsa, in particolare il replisoma e i complessi dell’RNA polimerasi, poiché in queste prime cellule devono essere avvenuti la replicazione del DNA e la trascrizione. Non è noto se questi compiti fossero svolti esattamente dagli stessi complessi che oggi troviamo negli eucarioti, ma è altamente improbabile; ciò nonostante, almeno alcune forme di replicazione del DNA e dell’RNA polimerasi sono antecedenti alla matrice nucleare, semplicemente perché erano necessarie per le cellule senza nucleo. Per quanto riguarda lo spliceosoma è un altro paio di maniche. Lo splicing delle molecole di RNA avviene soltanto nelle cellule eucariotiche, quindi sappiamo che questo macchinario deve essersi evoluto dopo che sono comparsi i nuclei. Questi concetti portano alla conclusione che le forme primitive di almeno alcuni dei macchinari molecolari dei nuclei si sono evolute prima della matrice nucleare. Ciò significa che la matrice nucleare ha avuto origine de novo negli eucarioti? Non è probabile: si ricordi che le proteine che compongono la matrice si legano al DNA. Il Capitolo 5 finiva con una descrizione dei precursori evolutivi del citoscheletro eucariotico; si pensa che almeno un tipo di proteina della matrice nucleare, le lamine, si sia evoluto dalle proteine che legano il DNA dei procarioti. Queste osservazioni suggeriscono che gli antenati dei geni moderni della matrice nucleare erano funzionanti nei procarioti prima che comparissero i nuclei, e che si sono semplicemente adattati una volta che sono stati racchiusi all’interno dei confini di un’ulteriore membrana (cioè durante l’endosimbiosi). In conclusione, sembra che la matrice nucleare sia un adattamento evolutivo che è comparso nei nuclei dopo che si era formato nei procarioti un qualche tipo di macchinario di replicazione del DNA e di trascrizione. Tuttavia, lo spliceosoma deve essersi evoluto dopo le altre strutture, perché è esclusivo degli eucarioti. 2. La scoperta forse più informativa è che tutte le diverse DNA polimerasi aliene sono le stesse. Questo comporta che la DNA polimerasi aliena sia molto versatile, perché gli organismi terrestri esprimono diversi tipi specializzati di DNA polimerasi. Alcune delle funzioni delle DNA polimerasi comprendono la sintesi del filamento guida e del filamento ritardato nella Attiva durante Inattiva durante forcella di replicazione, la Proteina(e) la mitosi la mitosi polimerizzazione del filamento Forcella di replicazione delle DNA polimerasi X complementare formato dalla telomerasi, e la riparazione Proteine del cappuccio dei microtubuli X del DNA danneggiato; inoltre, Complessi delle integrine X l’assenza dei frammenti di gTuRC X Okazaki suggerisce che la Dineine X polimerasi aliena possieda la capacità di sintetizzare il DNA in Iladerine X entrambe le direzioni 5’-3’ e 3’Glicosiltransferasi X 5’. Il fatto che i cromosomi alieni Topoisomerasi X non si accorcino mai suggerisce Caderine X anche che tutte le cellule aliene Chinesine X esprimono la telomerasi, o che la polimerasi non richiede un Proteine del complesso dei pori nucleari X primer di RNA. Il fatto che il DNA Proteasomi X alieno abbia più coppie di basi Primasi X C-G in questo caso è irrilevante. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 24 Risposte © 978-88-08-42128-9 RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. 4. 5. 6. La funzione principale del nucleo è di preservare l’integrità strutturale del DNA. Svolge questa funzione (1) racchiudendo il DNA in una doppia membrana, impedendo quindi alla maggior parte delle grandi molecole del citosol (comprese le proteine) di entrare in contatto con il DNA, (2) formando una “gabbia” di supporto di lamine nucleari sulla superficie della membrana nucleare interna, che protegge il DNA dal trauma fisico, (3) ancorando il DNA alla matrice nucleare, che supporta i filamenti di DNA e li mantiene spazialmente organizzati, e (4) controllando il trasporto delle molecole dentro e fuori dal nucleo attraverso i complessi dei pori nucleari, che sono selettivamente permeabili per una piccola sottoclasse di molecole grandi. La correzione delle bozze richiede che un nucleotide venga rimosso e rimpiazzato con un nucleotide nuovo, ogni volta che è necessario, per trovare il nucleotide corretto per lo spazio designato nella sequenza del DNA. Poiché la sintesi di DNA è limitata soltanto alla direzione 5’-3’, ogni nucleotide nuovo aggiunto all’estremità 3’ha l’energia necessaria per formare un legame fosfoesterico nello scheletro del DNA. Questa energia è fornita dai tre fosfati attaccati all’estremità 5’ del nucleotide appena aggiunto. Se viene aggiunto un nucleotide sbagliato, questo può venire rimosso idrolizzando il legame formato dal suo fosfato e dal carbonio al 3’ dello scheletro di DNA esistente. Può venire rapidamente aggiunto un nucleotide di rimpiazzo perché ogni nucleotide nuovo contiene l’energia del trifosfato per formare un nuovo legame fosfoesterico. L’origine di replicazione è una sequenza specifica di DNA che definisce dove inizia la sintesi del DNA. La forcella di replicazione è la regione in cui il DNA a doppio filamento viene separato in due filamenti singoli e ognuno di questi filamenti funziona da stampo per la sintesi del DNA. La forcella di replicazione si muove lungo la lunghezza della molecola di DNA man mano che la replicazione continua, e non è definita da nessuna sequenza specifica di DNA o posizione sul cromosoma. I nucleotidi privi di un gruppo ossidrilico sul loro carbonio 3’ non possono dare luogo alla reazione di deidratazione necessaria a costituire il legame fosfoesterico che tiene insieme i nucleotidi. In poche parole, i dideossiribonucleotidi non possono completare la reazione chimica necessaria per collegarli ai deossiribonucleotidi, quindi la replicazione del DNA si ferma. Somiglianze: (1) entrambi sono complessi multiproteici che si trovano nel nucleo; (2) entrambi modificano gli acidi nucleici: i replisomi allungano le molecole di DNA, gli spliceosomi tagliano e ricombinano le molecole di RNA; (3) entrambi occupano siti specifici distinti nel nucleo (dimostrando l’organizzazione spaziale del nucleo). Differenze: (1) i replisomi funzionano soltanto durante la replicazione del DNA, mentre gli spliceosomi possono funzionare in qualsiasi momento avvenga la trascrizione dell’mRNA; (2) i replisomi (intenzionalmente) non generano nessun prodotto diverso dai loro substrati, producono semplicemente più copie dello stesso materiale di DNA, mentre gli spliceosomi convertono i loro substrati, le molecole di RNA, nelle loro forme mature; (3) l’attività del replisoma è relativamente semplice da osservare con il microscopio a fluorescenza, a differenza dell’attività degli spliceosomi. Poiché le cellule tumorali crescono ininterrottamente, devono avere un modo per superare il problema dell’accorciamento progressivo dei loro cromosomi a ogni generazione. I telomeri aiutano a evitare questo problema agendo da “estensioni” alle estremità dei cromosomi, quindi i ricercatori hanno pensato che le cellule tumorali potessero avere telomeri eccezionalmente lunghi, risultato di un’espressione atipica della telomerasi in queste cellule. Circa l’85% dei tumori umani sovraesprime la telomerasi, quindi, l’inibizione dell’espressione e/o della funzione della telomerasi nelle cellule tumorali dovrebbe eliminare l’effetto protettivo dei telomeri, e le cellule tumorali si dividerebbero in effetti per morire. I farmaci che bersagliano la telomerasi George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 25 sono attualmente oggetto di valutazioni cliniche, ma nessuno è stato ancora approvato per il trattamento dei pazienti. 7. L’obiettivo dell’anafase è di segregare correttamente i cromosomi duplicati in ognuna delle due cellule figlie. Questo richiede (1) di disassemblare fisicamente i cromosomi duplicati e (2) di spostare i cromosomi separati verso i poli opposti del citosol prima che si ricostituisca la membrana nucleare intorno a ogni gruppo di cromosomi (telofase). Le proteine motrici sui microtubuli del cinetocore eseguono il primo compito tirando il centromero di ogni cromosoma verso il fuso mitotico, e mentre fanno ciò, i microtubuli del cinetocore si accorciano dal polo positivo, evitando che i cromosomi tornino indietro verso l’equatore del fuso. I microtubuli polari contribuiscono a svolgere il secondo compito inducendo l’allungamento al polo positivo, fornendo una sovrapposizione dei microtubuli da ogni polo del fuso sufficiente a consentire alle proteine motrici dei microtubuli come Eg5 di separare i microtubuli di polarità opposta. Inoltre, i microtubuli astrali si accorciano a livello del polo positivo quando le proteine motrici dineine li tirano (con il polo del fuso attaccato) verso i poli opposti della cellula. 8. L’instabilità dinamica aiuta a garantire che ogni cromosoma sia attaccato ai microtubuli del cinetocore da entrambi i poli del fuso: durante la profase, il comportamento rapido crescita-e-accorciamento del polo positivo dei microtubuli permette loro di cercare i cinetocori nel citosol. Una volta che si attaccano ai cinetocori, la lunghezza di questi microtubuli è determinata in larga misura dal tasso di aggiunta o perdita delle subunità di tubulina al polo positivo, mentre il polo negativo rimane ancorato al polo del fuso (un MTOC). I cromosomi sono allineati all’equatore del fuso durante la metafase alternando la crescita e l’accorciamento dei microtubuli del cinetocore. Allo stesso modo, durante l’anafase i microtubuli polari crescono preferenzialmente a partire dal polo positivo per mantenere una lunghezza sufficiente a Eg5 e alle altre proteine motrici al fine di esercitare la forza sui due poli del fuso, mentre i microtubuli astrali crescono fin quando raggiungono le proteine del cappuccio nella membrana plasmatica, poi si accorciano quando i poli del fuso vengono tirati. Alla fine, durante la telofase, i microtubuli del fuso vanno incontro a un evento catastrofico, dissolvendo del tutto il fuso. 9. L’RNA funge da stampo per la telomerasi, quindi può estendere la lunghezza di un cromosoma oltre il punto in cui il filamento di DNA può funzionare come stampo. Il fatto che questo stampo sia composto da RNA invece che da DNA non ha un significato funzionale; il vantaggio principale è che la telomerasi può produrre DNA laddove le altre polimerasi non possono. Questo non costituirebbe un vantaggio per la replicazione del resto del genoma, poiché il risultante filamento di DNA sintetizzato dalla telomerasi è semplicemente il complementare della sua sequenza di RNA. La telomerasi non sarebbe una buona polimerasi per la replicazione del resto del genoma perché non leggerebbe lo stampo di DNA, ma solo il suo stesso stampo di RNA. Tutte le informazioni codificate nella sequenza del DNA andrebbero perse. 10. (1) Una sequenza che si replica autonomamente nell’origine di replicazione è legata dal complesso di origine di replicazione; quest’ultimo definisce il punto in cui inizierà la replicazione del DNA su un cromosoma. (2) Il complesso di riconoscimento dell’origine cambia forma e lega più proteine formando un complesso prereplicativo; questo richiama la DNA elicasi. (3) La DNA elicasi srotola il DNA a doppio filamento; questo permette ai filamenti del DNA di separarsi. (4) La primasi attacca il primer di RNA al singolo filamento di DNA; ciò fornisce il sito di legame per la DNA polimerasi. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. C. I primer di RNA non sono coinvolti nella replicazione del DNA, neppure in termini di precisione, quindi A deve essere sbagliata. Anche B deve essere sbagliata poiché in tutto l’arco della vita di una cellula i geni sono costantemente trascritti a centinaia. Al contrario, la sintesi di DNA avviene soltanto nei momenti della divisione cellulare. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 26 Risposte © 978-88-08-42128-9 2. 3. 4. 5. Inoltre le cellule non vengono mai copiate in direzione 3’-5’, ma soltanto in direzione 5’-3’; è per questo che si forma il filamento ritardato, rendendo D non corretta. Anche E è sbagliata, perché non è necessario che tutto ciò che entra nel nucleo, debba uscirne. Tutto il capitolo si basa sul fatto che la protezione del DNA è la priorità più alta di una cellula; quindi, C è la risposta corretta. E. Il percorso importina-Ran-GTP non è coinvolto nell’organizzazione dei siti di maggiore attività dei cromosomi. È coinvolto soltanto nell’importazione delle proteine e di altre molecole dentro e fuori dal nucleo. Al contrario, tutte le altre possibili risposte sono correlate a specifiche localizzazioni all’interno del nucleoplasma e hanno funzioni specifiche. C. L’elicasi srotola entrambi i filamenti del DNA, e poiché corrono in direzioni opposte, la risposta A non ha logica. Anche la risposta B non è corretta; la replicazione del DNA non richiede uno stampo a doppio filamento. La risposta D non è giusta; la DNA polimerasi può sintetizzare il DNA soltanto in direzione 5’-3’. Sebbene la risposta E sia vera, non risponde necessariamente alla domanda, infatti non spiega perché si formano i filamenti guida e ritardato. Il fatto che il DNA è una doppia elica antiparallela spiega bene questo fatto. Poiché il DNA può essere sintetizzato soltanto in una direzione, un filamento deve andare in avanti, e l’altro filamento deve essere sintetizzato “all’indietro”. Il filamento ritardato viene ancora sintetizzato in direzione 5’-3’, anche se corre in direzione 3’-5’. La risposta C è corretta. B. Le proteine DNA polimerasi non ruotano, il che rende la risposta A non corretta. Non vi è nulla di simile a un anello di Okazaki, il che rende anche la risposta C scorretta. La risposta D è sbagliata perché il DNA non si forma a livello di anelli, e la risposta E è sbagliata perché entrambi i filamenti richiedono l’azione sia dell’enzima elicasi che dell’enzima primasi prima che possano venire replicati. La risposta B è corretta perché la sintesi del DNA avviene sempre in direzione 5’-3’ (per ulteriori chiarimenti vedi la spiegazione della domanda 3). A. La formazione dei microtubuli del cinetocore avviene durante la prometafase. Vedi Sezione 7.4. CAPITOLO 8 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. 2. Dal punto di vista energetico, sì, sarebbe più efficiente che il nucleo generasse i trascritti primari, e che fossero poi processati nel citosol. Ma così facendo si introduce un problema rilevante: le proteine nel citosol considerano gli RNA che incontrano già processati, quindi non li mettono subito al lavoro. Se una cellula avesse nel citosol una miscela di trascritti primari, di trascritti parzialmente processati, e di trascritti completamente processati, le proteine citosoliche che utilizzano questi RNA sarebbero costrette a distinguere tra le forme utili e quelle che devono ancora essere processate. Sarebbe complicato. Il punto è che la membrana nucleare e il complesso dei pori nucleari costituiscono una linea di confine funzionale, proprio come un confine fisico. Eventuali RNA che compaiono nel citosol sono pronti ad essere tradotti da parte dei ribosomi, e quelli che non lo sono, sono tenuti nascosti in modo da non confondere il macchinario citosolico di origine procariotica che converte l’informazione dell’RNA in proteine. Prove a supporto dell’origine procariotica della traduzione eucariotica. • Utilizzo di uno stampo a RNA a singolo filamento che viene letto in direzione 5’-3’. • Codone di inizio AUG. • Utilizzo delle subunità ribosomiali grande e piccola. • Stesso codice genetico. • Stessa reazione chimica per tenere uniti gli amminoacidi (formazione del legame peptidico). • Meccanismo di terminazione comune. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 3. 27 Prove che gli eucarioti hanno modificato la traduzione procariotica. • Necessità di processare l’mRNA (modificazioni a livello di 5’ e di 3’). • Assemblaggio delle proteine di esportazione nucleare con l’mRNA processato. • Tipi diversi di fattori di allungamento. • Meccanismi diversi di inizio. Lo smistamento tramite creazione di un ambiente chimicamente distinto (ipotesi uno) è un modo allettante per spiegare lo smistamento delle proteine, ma nessuno dei meccanismi di smistamento che abbiamo spiegato in questa sezione si basa su questo metodo. (Vedremo nel prossimo capitolo che questo metodo viene utilizzato per lo smistamento verso localizzazioni secondarie, ma non verso le destinazioni primarie.) Il trasporto verso le destinazioni primarie è, invece, mediato dalle sequenze segnale. Una sequenza segnale è una sequenza di amminoacidi di una proteina che adotta una conformazione specifica. Questa forma viene riconosciuta da un recettore proteico, che deve avere una forma complementare che riconosce e lega la sequenza segnale. Il legame della sequenza segnale al recettore ne cambia la forma in modo tale che può venire riconosciuto dalla proteina successiva del meccanismo di indirizzamento, e questo riconoscimento porta a cicli ulteriori di legame e a cambiamenti nella forma della proteina. Poiché le sequenze segnale per ogni organello bersaglio sono diverse, la specificità dell’indirizzamento delle proteine è assicurata dalla specificità dei cambiamenti di forma della proteine. Come tale, tutti i meccanismi di smistamento che usano le sequenze segnale supportano la nostra seconda ipotesi di questa sezione. RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. 4. 5. La digestione degli introni tagliati durante lo splicing, la degradazione dei tratti di RNA che derivano dalle rotture del filamento (per esempio, “l’invecchiamento” dell’RNA) e la degradazione dell’RNA virale. La sequenza è semplicemente 5’-TTTTTTTTTT…3’, comunemente chiamata “poli(T)”. Funziona perché tutti gli mRNA eucariotici processati correttamente hanno una “coda” di poli(A) alla loro estremità 3’, e i polimeri di T e A possono formare legami a idrogeno l’uno con l’altro abbastanza forti da rimanere stabili durante questo processo, anche se un filamento è DNA e l’altro è RNA. La proteina Tap viene sintetizzata nel citosol dai ribosomi che leggono l’mRNA trascritto dal gene Tap. Una volta che è stata completamente sintetizzata, Tap si lega a un’importina tramite il suo NLS e viene importata nel nucleo. Molte delle sue conformazioni stabili sono necessarie per permetterle di legarsi al suo carico (hnRNP, vedi Figura 8.12) e Ran, come mostrato nella Figura 8.17. Poiché ha sia le sequenze NLS che quelle NES, la sua funzione è di legarsi ciclicamente e di rilasciare queste proteine quando vengono importate ed esportate attraverso i pori nucleari, e di coadiuvare l’esportazione degli hnRNP. Una volta che assume una forma instabile e/o non funzionale, viene indirizzata a essere distrutta nei proteasomi, nel citosol o nel nucleo. La subunità grande contiene gli enzimi richiesti per creare e rompere i legami necessari a trasferire un amminoacido su un secondo. In particolare, il sito P della subunità grande deve avere accesso al tRNA carico del sito A per formare il legame peptidico che allunga il polipeptide. Solo dopo che si è formato il legame peptidico, l’intero complesso ribosomiale può avanzare di un codone, e questa è la funzione della subunità piccola. L’assenza di EF-Tu (o del suo analogo eucariotico, eEF-1) riduce la probabilità di accoppiare correttamente la sequenza genica dell’mRNA con la sequenza amminoacidica del polipeptide risultante. Questo a sua volta annulla i vantaggi di tutte correzioni delle bozze e la correzione degli errori che avvengono prima di questo passaggio. Allo stesso modo, l’assenza di EF-G (o eEF-2) rallenterebbe significativamente la traslocazione, ponendo un significativo collo di bottiglia al George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 28 Risposte © 978-88-08-42128-9 processo di trascrizione-traduzione; forse un simile rallentamento non metterebbe la cellula immediatamente in pericolo di vita, ma potrebbe esporre la cellula (e l’organismo di cui fa parte) al rischio di non riuscire a rispondere ai cambiamenti del microambiente, che è una caratteristica fondamentale per tutti gli organismi viventi, come descritto nel Capitolo 1. 6. I due meccanismi sono simili perché si basano su specifiche sequenze amminoacidiche all’interno delle proteine bersaglio, e le proteine non devono essere disavvolte per passare attraverso la membrana degli organelli; entrare in tutti gli altri organelli richiede che le proteine siano disavvolte. Poiché le sequenze di amminoacidi sono distinte per ogni segnale di indirizzamento, i recettori necessari e gli altri macchinari di importazione non riconosceranno le proteine che non hanno le sequenze corrette, evitando quindi che proteine non appropriate siano trasportate per sbaglio. 7. Il trasporto nel RE è cotraduzionale, e questo significa che la sintesi proteica deve fermarsi fino a quando il ribosoma non è ancorato in maniera appropriata sulla membrana del RE. SRP è peculiare perché arresta la sintesi delle proteine legandosi contemporaneamente alla sequenza segnale del RE. Nessun altro macchinario di importazione delle proteine impedisce la sintesi proteica. 8. Poiché si trovano sulla membrana plasmatica, le caderine vengono sintetizzate nel RE e trasportate nelle vescicole verso la membrana plasmatica. Poiché sono proteine di classe I, attraversano la membrana una volta, in modo che la loro estremità ammino-terminale sia nel lume e la loro estremità carbossi-terminale sia nel citosol. In seguito al riconoscimento della sequenza segnale da parte di SRP, il ribosoma si attacca al RE legandosi al recettore di SRP. Dopo l’idrolisi del GTP da parte di SRP e del recettore di SRP, l’ammino-terminale della caderina entra nel traslocone e riprende l’allungamento del polipeptide. La sequenza segnale ammino-terminale viene rimossa dalla peptidasi del segnale, una sequenza interna di arresto del trasferimento che forma un’a elica nella membrana del RE (arresto della traslocazione). Un’oligosaccaride transferasi aggiunge una regione centrale di oligosaccaridi all’amminoacido asparagina all’interno del sequone. Una volta che la sintesi è completata, il polipeptide si diffonde fuori dal canale del traslocone e assume la sua forma corretta con l’aiuto delle proteine chaperonine. Viene poi impacchettato in una vescicola di trasporto, lascia il RE, e si sposta verso la membrana plasmatica. (Descriveremo il traffico vescicolare dopo il RE nel prossimo capitolo.) 9. Queste proteine devono completare la sintesi nel citosol, poi si legano alle proteine chaperone per evitare il ripiegamento. Successivamente contengono una sequenza segnale chiamata peptide di trasporto che si lega ai recettori transmembrana della membrana esterna dei cloroplasti. Questi recettori sono parte di un complesso chiamato TOC, che forma un poro che permette alla proteina di passare nello spazio interno della membrana; è necessario un gradiente di protoni per questo trasporto. La proteina passa, poi, attraverso il complesso interno della membrana (TIC) e nello stroma dei cloroplasti. Infine, un ulteriore meccanismo di trasporto riconosce un’altra sequenza segnale del polipeptide e ciò permette l’importazione della proteina nel lume del tilacoide. 10. No. La glicosilazione avviene solo sulle proteine che contengono le sequenze amminoacidiche appropriate (sequoni) che vengono riconosciute dalle transferasi di oligosaccaridi. Le proteine possono entrare nel RE senza essere glicosilate se prive di sequoni, e successivamente ripiegarsi nelle loro forme corrette. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. A. Le proteine transmembrana a singolo passo sono oggetto di questa domanda, il che rende la risposta C sbagliata perché descrive le sequenze di arresto del trasferimento, che possono essere presenti solo nelle proteine transmembrana a George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 2. 3. 4. 5. 29 multi-passo. Anche D ed E sono estranee alla domanda, perché non importa quali altri tipi di proteine possano essere sintetizzate dai ribosomi. Tra le risposte A e B, si può ragionare che il ripiegamento interno della proteina transmembrana non è quello che la definisce ma piuttosto il fatto che la sua estremità ammino-terminale sia nel lume del RE (vedi Figura 8.20). Quindi, per esclusione la risposta A è quella corretta. Per maggiore chiarezza riguardate la Sezione 8.4. A. Come descritto nella Sezione 7.3, le endonucleasi sono definite come enzimi che tagliano il DNA e l’RNA a metà degli acidi nucleici, quindi A deve essere vera. Non espongono, formano o aggiungono nessun sostituente durante la terminazione della trascrizione eucariotica. A. Ef-Tu e il tRNA sono protagonisti dell’allungamento, non dell’inizio, rendendo B, D ed E sbagliate. La Sezione 8.3 afferma che nella fase di inizio, la subunità piccola, non quella grande, deve legarsi all’mRNA, il che rende anche C non corretta. La risposta A è corretta (riguardate la Sezione 8.3 per maggiore chiarezza). C. Riguardate la Figura 8.17 per maggiore chiarezza. Se avessimo un analogo del GTP non idrolizzabile, Ran non sarebbe capace di tagliare il suo GTP in GDP. Poiché la funzione di NTF2 è di trasportare il complesso Ran-GDP attraverso il complesso dei pori nucleari nel nucleo, NTF2 non sarà in grado di svolgere la sua funzione, perché non ci saranno complessi di questo tipo disponibili. Ciò causerà un accumulo di Ran fuori dal nucleo poiché l’importazione non può più avvenire, ma non interesserà l’esportazione poiché Ran che è dentro al nucleo è ancora capace di formare il complesso Ran-GTP-NES e di essere esportato nel citoplasma. E. Gli eucarioti sono capaci di effettuare splicing sui trascritti primari in più di un trascritto di mRNA, e quindi sono capaci di produrre più polipeptidi per gene. Il resto delle affermazioni è falso; i procarioti fanno tutte le cose elencate. CAPITOLO 9 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. 2. 3. Le proprietà peculiari delle vescicole possono comprendere le seguenti. • Dimensione/forma: le vescicole sono grandi o piccole? Sono sferiche o hanno forme particolari? • Componenti di membrana: quale tipo di fosfolipidi contengono le vescicole? Quanto colesterolo è presente nella loro membrana? Quali classi di proteine di membrana contengono (integrali, periferiche, tipo I, II, III, IV ecc.)? • Contenuti: quali molecole si trovano nel lume delle vescicole? Qual è il pH nel lume delle vescicole? • Proteine adattatrici e di rivestimento: la vescicola è rivestita? Se lo è, quale tipo di proteina di rivestimento racchiude? Quali tipi di proteine adattatrici sono legate per rivestire la membrana della vescicola? • Proteine motrici: quale tipo di proteine motrici è attaccato alla vescicola? Viene trasportato sull’actina, sui microtubuli, su entrambi o su nessuno? • Proteine di indirizzamento e di legame: quali tipi di Rab, SNARE e proteine di legame sono presenti sulla superficie della vescicola? Sulla base di queste variabili, le cellule devono essere capaci di produrre migliaia di tipi diversi di vescicole. Le sequenze di indirizzamento sono gerarchiche, e la sequenza segnale del RE è più importante della sequenza di mantenimento del RE. Se una proteina non avesse contenuto una sequenza segnale del RE, appena prodotta, non sarebbe mai entrata nel RE. Poiché non si sarebbe mai trovata nel RE, non sarebbe mai stata trasportata verso il Golgi, quindi la sequenza di mantenimento del RE non sarebbe mai stata riconosciuta nel Golgi. La proteina sarebbe stata trovata nel citosol. Il trattamento con il nocodazolo eliminerebbe efficacemente ogni contributo dei microtubuli (e delle loro proteine motrici) per produrre il traffico delle vescicole. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 30 Risposte © 978-88-08-42128-9 4. Controllando con attenzione le nove fasi del traffico vescicolare, vediamo che i microtubuli non sono fondamentali per nessuna di loro, nonostante svolgano un ruolo importante nel mantenimento della struttura complessiva del RE e dell’apparato del Golgi. Quindi, l’aggiunta di nocodazolo di per sé non dovrebbe influire né sullo smistamento del carico né sull’indirizzamento delle vescicole risultanti. Se avesse un qualche effetto, sarebbe sul trasporto delle vescicole (fase 5), rallentando il trasporto di ogni vescicola che potrebbe essere portata sui microtubuli. •Il gene idrolasi è trascritto nel nucleo, dopo che la regione del promotore è legata dai fattori di trascrizione appropriati e l’RNA può disavvolgere, copiare e ripiegare il DNA. La trascrizione procede attraverso l’inizio, l’allungamento e la terminazione. • Il trascritto primario risultante va incontro a tre forme di processamento posttrascrizionale: l’aggiunta di un cappuccio di metil guanosina all’estremità 5’, lo splicing degli introni e la poliadenilazione all’estremità 3’. • L’mRNA completamente processato è legato da molti fattori trascrizionali e traduzionali e l’intero complesso molecolare viene trasportato nel citosol attraverso il complesso dei pori nucleari. • L’mRNA è riconosciuto dal tRNA iniziatore, dalla subunità ribosomiale piccola e infine dalla subunità ribosomiale grande. La traduzione passa attraverso le fasi di inizio e di allungamento. • La sequenza segnale dell’idrolasi è legata da SRP, e il ribosoma viene poi legato alla superficie del RE, dove è consentito che avvengano l’allungamento e la terminazione della traduzione. • Quando l’N-terminale dell’idrolasi passa nel lume del RE, la sequenza segnale viene tagliata dalla peptidasi del segnale, e l’idrolasi è N-glicosilata. BiP aiuta la proteina completamente sintetizzata a ripiegarsi in una forma stabile (ma inattiva). • Il nucleo oligosaccaridico viene tagliato nel RE in una forma ad alto contenuto di mannosio. • L’idrolasi parzialmente processata viene portata da un flusso di massa nel CGN attraverso le vescicole rivestite di COPII che mediano un trasporto anterogrado. Le nove fasi del trasporto vescicolare vengono completate ogni volta che una vescicola fa un viaggio tra i compartimenti. • Nel Golgi mediano, lo zucchero ad alto contenuto di mannosio viene modificato dall’aggiunta di uno zucchero fosforilato. • Nel TGN, lo zucchero modificato viene rimosso, lasciandosi dietro un mannosio fosforilato (M6P). Questo è il segnale che deve essere trasmesso all’endosoma. • Durante lo smistamento nel TGN l’idrolasi non è riconosciuta correttamente dal recettore dell’M6P, e viene invece portata dal trasporto di massa verso la membrana plasmatica, dove viene rilasciata nello spazio extracellulare in seguito a fusione della vescicola esocitica. • A un certo punto, mentre sta galleggiando nello spazio extracellulare, l’idrolasi è legata dal recettore dell’M6P che era stato anche mal indirizzato verso la membrana plasmatica. • Il recettore dell’M6P viene endocitato tramite una fossetta rivestita di clatrina, e porta con essa l’idrolasi. • La vescicola rivestita di clatrina perde il suo rivestimento e si fonde con un endosoma poiché ha lo SNARE appropriato e si lega alla proteina di legame giusta. • Nell’endosoma l’acidità induce la dissociazione del recettore dell’M6P e dell’idrolasi. Il recettore dell’M6P viene smistato appropriatamente perché ritorni verso il TGN, mentre l’idrolasi rimane nell’endosoma. • In seguito a un’ulteriore acidificazione dell’endosoma, l’idrolasi diventa attivata, e l’endosoma diventa un lisosoma. La nostra imprevedibile idrolasi è finalmente tornata a casa. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 31 RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. Le vescicole del sistema endomembranoso assumono una forma rotondeggiante a causa della loro natura idrofobica. Le vescicole sono formate schiacciando i segmenti delle membrane esistenti, che sono costituite da fosfolipidi non polari e quindi non attraggono acqua. Il citosol contiene acqua ed è quindi idrofilico, il che causa lo schiacciamento delle membrane per formare vescicole rotondeggianti. Questi complementi della vescicola funzionano formando una membrana chiusa per contenere i materiali che devono essere trasportati, per non correre il rischio di perdere il materiale per altre interazioni all’interno del citosol durante il trasporto. 2. Il processo di secrezione delle proteine dell’ECM e dei loro recettori coinvolge l’esocitosi. In seguito alle modificazioni post-traduzionali nel RE, le proteine entrano nel Golgi a livello del CGN mediante il trasporto indirizzato delle vescicole provenienti dal RE. Le ulteriori modificazioni post-traduzionali si verificano nelle cisterne del Golgi alterando gli zuccheri sul nucleo oligosaccaridico del carico. Una volta che il carico raggiunge il TGN, viene smistato di nuovo nelle vescicole per indirizzarlo verso la sua destinazione. La fusione delle vescicole con la membrana plasmatica segna il completamento dell’esocitosi, rilasciando il carico solubile nello spazio extracellulare o inserendo le proteine di membrana nella membrana plasmatica. Per le molecole dell’ECM come il collagene e la fibronectina, la destinazione è lo spazio extracellulare. Al contrario, i recettori delle integrine di queste vescicole rimangono nella membrana plasmatica, poiché le integrine sono proteine integrali di membrana e quindi non possono essere secrete. 3. Le proteine destinate al RE possono finire nel CGN a causa del trasporto di massa, che avviene spesso nel trasporto dal RE al Golgi. Le altre proteine come v-SNARE possono essere necessarie per l’indirizzamento degli altri carichi verso il CGN. Indipendentemente da come sono arrivate al CGN, queste proteine ritornano al RE mediante il trasporto retrogrado dal Golgi al RE, che coinvolge le nove fasi del trasporto vescicolare. Un segnale per restare nel RE (per esempio, KDEL) deve essere presente in queste proteine affinché possano andare incontro al trasporto retrogrado. 4. Il recettore dell’M6P è un recettore di carico del TGN che si lega alle proteine con un segnale di smistamento specifico, come l’idrolasi e le pompe protoniche che si trovano nell’endosoma. Se il recettore dell’M6P fosse mutato, potrebbe non legarsi al carico con l’M6P nel TGN. Come risultato, questo carico non sarebbe trasportato verso l’endosoma e il carico endocitato non verrebbe digerito, poiché la digestione richiede idrolasi attivate e un ambiente acido. 5. L’endocitosi è mediata dal pH in molti modi. L’ambiente acido degli endosomi attiva le pompe protoniche, che diventano più attive all’aumentare dell’acidità. Questa diminuzione del pH attiva le idrolasi che digeriscono il carico endocitato. I cambiamenti di pH inducono cambiamenti conformazionali delle pompe protoniche e delle idrolasi, attivandole. Secondo le tre caratteristiche delle proteine, un cambiamento di forma induce un cambiamento di funzione, quindi questo cambiamento di pH è essenziale per la loro funzione. 6. Poiché le idrolasi vengono trasportate attraverso il RE e il Golgi, devono evitare di digerire questi organelli, e ciò si ottiene grazie al pH relativamente neutro del RE e del Golgi che mantiene l’idrolasi in una conformazione inattiva. È solo quando raggiungono i compartimenti endosomiali acidi che le idrolasi diventano attive. Le idrolasi e le pompe protoniche vengono smistate abbastanza velocemente attraverso il RE e il Golgi verso l’endosoma, riducendo al minimo il tempo trascorso in questi organelli e quindi la probabilità che questi vengano danneggiati. Alcune idrolasi contengono anche altri amminoacidi che devono essere rimossi prima dell’attivazione, fornendo un’ulteriore protezione alla cellula. La digestione dei fosfolipidi da parte delle fosfolipasi deve essere strettamente regolata poiché il lisosoma stesso è circondato dalla membrana fosfolipidica. Questa membrana non George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 32 Risposte © 978-88-08-42128-9 viene digerita perché è protetta dal glicocalice sul versante luminale della membrana, che impedisce agli enzimi di entrare in contatto con il doppio strato fosfolipidico. 7. Se la funzione delle proteine motrici diventasse non disponibile nel sistema endomembranoso, il trasporto delle molecole avverrebbe ancora. In questo contesto il ruolo delle proteine motrici è di sostenere il trasporto delle vescicole verso il loro bersaglio interagendo con i filamenti di actina o con i microtubuli. Il trasporto citoscheletrico non è indispensabile, ma aumenta l’efficienza del trasporto vescicolare. Quindi, senza l’intervento delle proteine motrici, il trasporto delle vescicole verso i loro bersagli potrebbe durare più a lungo, ma avverrebbe lo stesso. 8. La selezione del carico esocitotico coinvolge un certo numero di meccanismi possibili. I recettori transmembrana possono essere trasportati essi stessi come carichi, o possono legarsi alle molecole solubili di carico. Altri recettori sono concentrati dalle proteine con i segnali di esportazione del RE. Le proteine solubili possono venire intrappolate all’interno della vescicola durante il trasporto di massa. Tutti questi meccanismi di trasporto prevedono il rivestimento con proteine COPII per l’esocitosi. L’endocitosi viene iniziata dalla clatrina sulla superficie citosolica della membrana cellulare, che condensa e deforma la membrana. Questo processo richiede proteine di rivestimento completamente diverse per l’esocitosi e l’endocitosi, il che dimostra la specificità e l’unicità di questi due processi. 9. L’albumina viene secreta nel sangue dalle cellule epatiche in modo costante, poiché è fondamentale per la funzionalità cardiovascolare. Come risultato, la secrezione regolata non è ottimale per questa proteina poiché coinvolge più fasi regolatorie, avendo bisogno di più tempo prima che l’albumina possa raggiungere il flusso sanguigno. Tuttavia, ci sono molti casi in cui è più opportuna una secrezione regolata. Per esempio, la secrezione dei neurotrasmettitori deve essere temporizzata accuratamente per influenzare l’attività del sistema nervoso in un modo molto preciso, quindi la secrezione regolata è ideale. Altri casi in cui la secrezione regolata può essere preferita comprendono il rilascio di adrenalina e di ormoni specifici come l’estrogeno. La secrezione costitutiva dell’adrenalina, per esempio, porterebbe a livelli elevati di adrenalina nel corpo e quindi avrebbe un forte impatto sul ritmo cardiaco, sulla respirazione, sulla pressione sanguigna e molti altri effetti indesiderati a valle. 10. L’apparato del Golgi è considerato il cuore del sistema endomembranoso perché ci passano molte vie di trasporto vescicolare. In generale la complessità del Golgi è un indicatore del suo ruolo nell’esocitosi. In questo particolare tipo cellulare le strutture del Golgi sono ingrandite da molte cisterne; da ciò si potrebbe dedurre che questa cellula subisce esocitosi abbastanza frequentemente. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. 2. 3. E. Al fine di essere secrete nello spazio extracellulare, le proteine devono andare incontro all’esocitosi attraverso il sistema endomembranoso. Per essere parte del sistema endomembranoso, queste proteine devono venire modificate posttraduzionalmente nella membrana del RE. Questo significa che le proteine conterrebbero sia le sequenze di arresto del trasferimento che il mannosio-6-fosfato. Più avanti, durante l’esocitosi, queste proteine di rivestimento vengono trasportate nello spazio extracellulare attraverso le vescicole. Quindi, le affermazioni A, B, C sono corrette, il che rende E la risposta giusta. C. Il termine scissione significa “l’atto del tagliare o del rompere”. In questo caso si riferisce al taglio dello “stelo” di membrana che tiene la vescicola neoformata sul suo compartimento donatore. La dinamina è la proteina responsabile di questa rottura, come mostrato nella Figura 9.8. C. Come descritto nel Capitolo 8, BiP si lega alle sequenze idrofobiche dei polipeptidi nascenti (non ripiegate), per cui la risposta B è un’affermazione vera. Nella Sezione 9.3 (vedi, Le proteine residenti nel RE vengono recuperate dall’apparato del Golgi) si afferma che BiP contiene una sequenza KDEL, il che significa che deve spostarsi George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 4. 5. su una vescicola rivestita di COPI, per cui anche le risposte A e D sono vere. Poiché la funzione di BiP è di aiutare tutti i polipeptidi nascenti a ripiegarsi correttamente, indipendentemente dalla funzione, si assume che anche la risposta E sia vera, poiché il recettore del mannosio-6-fosfato è una proteina. La domanda chiede qual è l’affermazione sbagliata riguardo BiP, e quindi la risposta C deve essere quella che cerchiamo. Riguardate la Sezione 8.4 (vedi, Le proteine chaperone aiutano il ripiegamento corretto delle proteine del RER) per maggiore chiarezza. D. La formazione dei lisosomi è considerata completa quando gli enzimi idrolitici sono attivi, cosa che avviene soltanto a un basso pH. Affinché questo avvenga, i protoni devono essere pompati rapidamente nel lume dell’endosoma fino a che il pH è abbastanza basso da attivare questi enzimi. Quindi, la risposta corretta è la D. Le risposte B e C sono sbagliate, perché le proteine di rivestimento t-SNARE, v-SNARE, e clatrina sono tutte importanti quando si tratta di trasporto vescicolare, non per la formazione dei lisosomi (vedi Sezione 9.2). Le risposte A ed E sono affermazioni corrette (vedi Figura 9.14), ma non sono il motivo o la causa per cui gli endosomi precoci diventano lisosomi, perché quell’evento non può avvenire senza l’attivazione degli enzimi idrolitici sensibili al pH. A. La risposta B può essere esclusa, perché LIMP e LAMP non vengono digeriti dal lisosoma. Allo stesso modo, la risposta D è sbagliata perché presuppone che l’acidificazione del lisosoma avvenga dopo che i suoi enzimi digestivi sono attivati. Questo accade prima. LIMP e LAMP sono noti per essere fortemente glicosilati, e per la funzione di formare un rivestimento di zucchero che evita che le lipasi e le proteasi accedano alla membrana del lisosoma, quindi la risposta A deve essere quella corretta. Riguardate la Sezione 9.8 (vedi, Le proteine endogene destinate al lisosoma sono contrassegnate e smistate dall’apparato del Golgi), e la Figura 9.15 per maggiore chiarezza. CAPITOLO 10 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. L’Effetto netto di tutte e tre le proteine è che i composti A e C sono concentrati nel citoplasma di questa cellula. A Pompa antiporto B A Citosol 2. 33 Simporto C C B Scenario 1: Se glut2 non riuscisse a raggiungere completamente la superficie cellulare, il glucosio si accumulerebbe a livelli eccezionalmente elevati nelle cellule dell’epitelio intestinale. Assumendo che la cellula non si rompa a causa del corrispondente afflusso di acqua per compensare la pressione osmotica causata da uno squilibrio del glucosio attraverso la membrana plasmatica, il glucosio non sarebbe in grado di entrare nel circolo sanguigno e le restanti cellule del corpo subirebbero rapidamente la perdita di glucosio. Forse un’altra unità costituiva fondamentale (per esempio, gli amminoacidi) potrebbe essere trasportata efficacemente attraverso la membrana delle cellule epiteliali e potrebbe essere in grado di sostenere il resto delle cellule. Scenario 2: Se il TGN indirizzasse in maniera errata glut verso la membrana apicale anziché verso la membrana basolaterale, la cellula non subirebbe un danno George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 34 Risposte © 978-88-08-42128-9 3. immediato: semplicemente il glucosio entrato mediante simporto si diffonderebbe di nuovo all’indietro per mezzo di glut2, generando un ciclo di trasporto del glucosio improduttivo che non contribuirebbe in alcun modo al circolo sanguigno sul versante basolaterale della cellula epiteliale. Quindi, mentre la cellula epiteliale probabilmente rimarrebbe sana fin quando il glucosio nell’intestino non venisse esaurito, il resto delle cellule del corpo subirebbe lo stesso destino dello scenario 1. Risposta 1: Respiriamo ossigeno poiché esso è la spugna che assorbe l’ultimo quantitativo di energia del cibo ed elimina i resti del cibo dalle cellule. Ciò è importante perché se le cellule non vengono ripulite di questi resti, questi si accumulano e rallentano l’intero processo di digestione cellulare del cibo che, alla fine, si ferma. Se non respiriamo per parecchi minuti, gli intermedi metabolici che si accumulano provocano la morte delle nostre cellule. Risposta 2: L’ossigeno è l’accettore finale di elettroni della catena di trasporto mitocondriale degli elettroni. Se le nostre cellule non avessero accesso all’ossigeno molecolare, il complesso respiratorio IV non potrebbe essere ossidato, e questo porterebbe a una riduzione stabile dei complessi respiratori a monte. Una volta che la riduzione si ferma, non viene più estratta energia dagli elettroni, quindi non si forma un gradiente protonico attraverso la membrana mitocondriale interna, e l’ATPasi F1FO non può sintetizzare ATP. La fermentazione dell’acido lattico non sosterrà le nostre cellule in assenza di ossigeno per molto tempo, perché è 18 volte meno efficiente a ossidare il glucosio. Il conseguente minor accumulo di ATP porta l’ATPasi Na+/K+ a cessare di pompare ioni, e alla fine le nostre cellule raggiungono l’equilibrio con l’ambiente extracellulare e muoiono. RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. In base alla seconda legge della termodinamica, i sistemi di energia tendono ad aumentare la loro entropia, che è proporzionale all’energia presente sotto forma di calore. Le cellule non sono in grado di utilizzare l’energia del calore, così il lento accumulo di entropia col tempo porta a una minore energia a disposizione della cellula per sopravvivere, e quindi al decadimento della cellula stessa. Il calore viene generato come sottoprodotto di forme di energia in mutamento (per esempio, dall’energia cinetica a quella potenziale). La prima legge della termodinamica afferma che l’energia non può essere né creata né distrutta, quindi le cellule non sono in grado di generare nuova energia per sostituire quella persa sotto forma di calore. Le cellule possono soltanto ritardare questo declino prendendo energia da altra fonte, ma ogni evento di conversione dell’energia all’interno della cellula porta a un qualche grado di generazione di calore, quindi col tempo un aumento di entropia è inevitabile. 2. I lipidi e gli zuccheri sono più utili per l’energia della cellula perché spesso sono più piccoli e più ordinati degli acidi nucleici e delle proteine. Di conseguenza queste molecole hanno meno entropia. Durante i periodi di digiuno, le cellule scompongono le cellule dei muscoli scheletrici perché contengono grandi quantitativi di proteine, che sono la fonte di energia per mantenere le cellule in vita. Sebbene non sia la fonte ideale di energia, può essere l’unica disponibile nei periodi di assenza di nutrienti. 3. I canali proteici chiamati acquaporine regolano il passaggio di acqua attraverso la membrana cellulare, garantendo che tutti i tessuti abbiano abbastanza acqua per funzionare. Queste acquaporine si trovano comunemente nel rene, dove il riassorbimento e la secrezione di acqua avviene durante la filtrazione dei prodotti di scarto. Quando una persona è disidratata, le acquaporine permettono a più acqua di entrare nella cellula attraverso il riassorbimento renale. Poiché viene riassorbita più acqua, viene espulsa meno acqua sotto forma di urina, così in una persona disidratata probabilmente la minzione è minima poiché il corpo sta riassorbendo la maggior parte dell’acqua. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 4. 35 Le proteine trasportatrici sono simili agli enzimi nel senso che si legano in maniera molto selettiva ai loro ligandi. Per esempio, una proteina trasportatrice del glucosio non legherebbe il sodio, indipendentemente da quanto sodio sia presente. A differenza degli enzimi, questi trasportatori non modificano i loro ligandi. Vanno semplicemente incontro a un cambiamento conformazionale che permette il passaggio dei ligandi all’altro versante della membrana senza attivare o inibire il ligando. 5. Le pompe protoniche sono responsabili dell’aumento dell’acidità dell’endosoma e del lisosoma durante l’endocitosi. Le pompe proteiche funzionano come proteine trasportatrici passive, a eccezione del fatto che consumano l’energia dell’ATP al fine di costringere i ligandi a passare attraverso una membrana, generando così un gradiente di concentrazione. Poiché queste pompe consumano l’energia dell’ATP, hanno siti di legame sia per l’ATP che per il ligando, e sono considerate enzimi. 6. Benché la clorofilla estragga energia cinetica dai fotoni, questa energia non è sufficiente a rimuovere ed eccitare due elettroni dall’acqua nel fotosistema II. Ciò è dovuto al fatto che l’acqua ha un potenziale redox molto alto e richiede molta energia affinché i suoi elettroni siano rimossi. Il centro della reazione fornisce l’energia aggiuntiva necessaria per rimuovere questi elettroni dalle molecole d’acqua, generando elettroni ad alta energia. 7. Gli elettroni ad alta energia sono trasportati in maniera sequenziale al fine di ridurre al minimo l’energia persa sotto forma di calore. Se gli elettroni fossero fatti passare in una volta sola, verrebbe perso un grande quantitativo di energia sotto forma di calore, cosa inutile per la cellula. La catena di trasporto di elettroni sequenziale che coinvolge molecole con potenziali redox simili riduce al minimo la perdita di energia da parte degli elettroni, e ciò aumenta il quantitativo di energia che può essere utilizzato dalla cellula. Le proteine coinvolte nell’ETC hanno potenziali redox negativi per facilitare il trasferimento di questi elettroni senza consumare più energia per rompere i legami. In questo modo, le proteine sono più “disponibili” a passare elettroni alla proteina successiva della catena. 8. Tutte le proteine di trasporto di membrana muovono ioni attraverso il doppio strato fosfolipidico delle membrane cellulari, ma lo fanno con meccanismi diversi. Le proteine canale formano pori all’interno delle membrane, creando un ambiente idrofilico per gli ioni che ci devono passare attraverso. Queste proteine canale sono altamente selettive e possono essere dipendenti dal ligando, dipendenti dal voltaggio o dipendenti da modifiche della loro conformazione. Funzionano in presenza di un gradiente di concentrazione su entrambi i versanti della membrana e dissipano i gradienti trasportando gli ioni da un versante all’altro. Le proteine di trasporto non formano pori nella membrana cellulare. Invece, il legame con il ligando porta a un cambiamento conformazionale nel trasportatore che trasferisce il ligando all’altro lato della membrana. Come le proteine canale, anche le proteine trasportatrici normalmente dissipano i gradienti di concentrazione. Le pompe proteiche differiscono sia dalle proteine canale che da quelle di trasporto, nel senso che generano gradienti anziché dissiparli. Fanno ciò usando l’energia dell’ATP per trasportare i loro ligandi attraverso la membrana. A causa di ciò, richiedono almeno due siti di legame: uno per l’ATP e almeno uno per il ligando. Queste pompe sono classificate come enzimi perché scindono l’ATP. 9. L’ATP sintasi CF1/CF0 localizzata nella membrana tilacoidale del cloroplasto è peculiare poiché funziona in modo reversibile. Anziché usare l’energia dell’ATP per costruire un gradiente protonico, permette ai protoni di far decadere un gradiente e usa questa energia per generare ATP. Questi protoni vengono trasportati nel lume del tilacoide quando Qb dona elettroni ai citocromi b6/f nell’ETC. Di conseguenza parte dell’energia proveniente dagli elettroni viene convertita in questo gradiente. Questo trasporto di protoni nel lume del tilacoide è essenziale per la generazione di ATP da George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 36 Risposte © 978-88-08-42128-9 10. 11. 12. 13. 14. parte dell’ATP sintasi CF1/CF0, perché senza questo gradiente non ci sarebbe energia disponibile per attaccare un terzo fosfato all’ADP. Il biossido di carbonio è essenziale per la sopravvivenza a causa del suo ruolo nel ciclo di Calvin, il quale genera G3P per la successiva conversione in glucosio. Senza questo biossido di carbonio, le cellule non sarebbero capaci di usare l’ATP e il NADPH generati nel cloroplasto per formare glucosio nelle reazioni a valle. Poiché non ci sono proteine trasportatrici specifiche per gli zuccheri complessi, questi devono essere degradati in monosaccaridi come il glucosio per poter essere trasportati attraverso le membrane cellulari. Questo avviene attraverso la digestione nel tratto gastrointestinale. Una volta che la digestione è completata, le cellule che rivestono l’intestino tenue devono catturare le molecole quando passano, pompandole attivamente attraverso la membrana. Il simporto Na+/glucosio usa il ripido gradiente di Na+ stabilito dall’ATPasi Na+/ K+ per costringere il glucosio a passare velocemente dall’intestino al citosol in un processo noto come trasporto attivo indiretto. Il glucosio viene poi trasportato fuori dalla cellula e nel torrente circolatorio dal trasportatore del glucosio, una proteina trasportatrice. Questo assorbimento del glucosio nel torrente circolatorio avviene così velocemente a causa del ripido gradiente di Na+, che permette al simporto Na+/ glucosio di forzare il glucosio attraverso la membrana. Se il trasportatore dell’acido lattico fosse smistato in modo errato così da non finire nella membrana cellulare, non ci sarebbe modo per la cellula di trasportare l’acido lattico attraverso la membrana nello spazio extracellulare. L’accumulo di acido lattico nel citosol innescherebbe la formazione di piruvato, aumentando la concentrazione del piruvato stesso nel citosol. La cellula smetterebbe poi di produrre l’enzima che forma il piruvato, portando a un accumulo del suo precursore. Questa sequenza di eventi continuerebbe fino alla fine di tutte le reazioni della glicolisi, con conseguente assenza di generazione di energia, e quindi alla morte della cellula. Il NADH genera più ATP poiché rilascia i suoi elettroni a livello del complesso respiratorio I, mentre FADH2 non rilascia i suoi elettroni fino a che non raggiunge il complesso respiratorio II. Quindi, gli elettroni provenienti dal NADH viaggiano attraverso tutti e quattro i complessi respiratori mentre quelli che derivano dal FADH2 passano solo attraverso tre di questi. Poiché questo passaggio di elettroni fa sì che i protoni siano pompati attraverso la membrana mitocondriale interna, gli elettroni che derivano dal NADH generano più protoni, e ciò porta a una resa maggiore di ATP. Per ogni molecola di glucosio, vengono generate 4 molecole di ATP, 10 di NADH e 2 di FADH2. Il NADH genera 3 ATP mentre FADH2 genera solo 2 ATP, poiché NADH trasferisce elettroni a tutti e quattro i complessi respiratori, mentre FADH2 li trasferisce solo a tre. Questo porta a un totale di 38 molecole di ATP per glucosio, come mostrato di seguito: 10 NADH 3 3 ATP per NADH 5 30 ATP 2 FADH2 3 2 ATP per FADH2 5 4 ATP 4 ATP generati per molecola di glucosio Totale 5 38 ATP Tuttavia, in realtà vengono generate solo 36 molecole di ATP per glucosio. Questo perché il NADH impermeabile alla membrana generato durante la glicolisi non può entrare nella propria matrice mitocondriale. Per trasferire elettroni dal NADH, deve essere convertito il FADH2 per passare attraverso la membrana. Quindi, i due NADH generati durante la glicolisi sono convertiti in due FADH2, con la conseguente perdita netta di due ATP a causa della loro differenza nella generazione di ATP. RISPOSTE A SCELTA MULTIPLA 1. E. La risposta A è in effetti un’affermazione vera, perché la respirazione ossidativa richiede un gradiente ionico, come mostrato nella Figura 10.19. Il fatto che nei primi George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 37 procarioti avvenisse la respirazione ossidativa significa che dovevano essere stati capaci di accumulare energia in gradienti ionici. Il gradiente ionico che svolge il ruolo principale nella respirazione ossidativa è il gradiente protonico, che la rende simile alla fotosintesi. Di conseguenza, anche B è un’affermazione vera. La Figura 10.22 mostra infatti che nella respirazione ossidativa gli elettroni vengono trasferiti a molecole con potenziali redox maggiori, il che rende vera anche la risposta C. Poiché l’ossigeno è necessario affinché questo intero sistema possa essere messo in moto, anche la risposta D è vera, il che rende E la risposta sbagliata. Quindi, E è l’unica affermazione falsa. 2. C. Poiché il NADH ha un potenziale redox più basso, i suoi elettroni hanno più energia e quindi possono generare 2 ATP per molecola di NADH. Al contrario FADH2, avendo un potenziale redox più alto, ha anche elettroni con meno energia, e quindi può produrre solo 2 ATP per molecola di FADH2. C è l’affermazione vera. 3. D. Quando l’ossigeno non è disponibile, l’unico passaggio di respirazione cellulare che avviene facilmente è la glicolisi, la quale scinde il glucosio per creare piruvato nella cellula. Se ciò avviene eccessivamente, si accumula piruvato nella cellula, impedendo alla glicolisi di verificarsi ulteriormente, cosa che blocca la formazione di energia in forma di ATP, uccidendo infine la cellula. Quindi, l’etanolo è utile perché è un modo per sbarazzarsi del piruvato; il piruvato viene convertito in etanolo, che diffonde facilmente attraverso molte membrane cellulari, permettendo che la glicolisi continui. Riesaminate la Sezione 10.6 per maggiore chiarezza. Quindi la risposta D è corretta. 4. E. Il fatto che NADH abbia elettroni ad alta energia è stato stabilito nella domanda 2 (a causa del basso potenziale redox del NADH). Intuitivamente, ha senso che anche l’ATP trasporti elettroni ad alta energia, poiché sono gli elettroni del NADH a venire utilizzati per creare ATP, essendo energicamente carichi a causa dei gradienti protonici. La risposta E è l’unica corretta. 5. C. Il trasporto attivo indiretto, conosciuto anche come trasporto accoppiato, si ha quando viene utilizzato un gradiente ben stabilito, insieme a una singola proteina trasportatrice, per produrre un gradiente di un altro ione. Come mostrato nella Figura 10.8 e in Domande frequenti 10.7, affinché il simporto Na+/glucosio sia in grado di trasportare glucosio, ci deve già essere un gradiente di sodio creato da un’altra proteina trasportatrice (l’antiporto Na+/K+). Quindi, la risposta C è corretta. CAPITOLO 11 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. 2. I tumori sono validi esempi di cellule che hanno perso la capacità di controllarsi, e quindi ci potremmo aspettare di trovare cambiamenti in questi recettori che impediscono loro il controllo. Un problema comune è la mutazione dei recettori in modo che vengano bloccati in un’unica conformazione. I recettori bloccati in una conformazione attiva segnaleranno anche se non sono legati ai ligandi, mentre quelli bloccati in uno stato inattivo non possono essere mai attivati anche se il ligando vi si lega. Ciò significa quindi che non riuscire ad accendere e spegnere le vie di segnalazione può essere estremamente pericoloso per una cellula. Le proteine di segnalazione che mutano nelle cellule cancerose non si trovano lì solo per indurre il cancro: la forma normale di queste proteine svolge infatti un ruolo importante nella regolazione del comportamento cellulare. Poiché nei sistemi di segnalazione le proteine di segnalazione vanno incontro a complesse interazioni con altre proteine di segnalazione, inibire anche una sola proteina con un farmaco specifico può influire su una vasta gamma di vie di segnalazione. Mentre ciò può invertire l’effetto della segnalazione anomala nella cellula cancerosa, è possibile che la stessa inibizione distrugga una cellula sana che utilizza la stessa proteina. Le cellule cancerose sono molto simili alle cellule normali per molti aspetti, quindi disattivare George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 38 Risposte © 978-88-08-42128-9 3. una cellula cancerosa ha la potenzialità di colpire contemporaneamente le cellule sane. Ben poco del comportamento di una cellula cancerosa è così specifico da non essere in comune almeno con quello di alcune altre cellule nello stesso paziente. Questo è ancora uno degli ostacoli principali per i pazienti con tumori, per i medici e per i ricercatori. I GPCR sono recettori per molti neurotrasmettitori diversi che trasmettono informazioni tra le cellule nervose. Essi hanno come bersaglio numerosi effettori nelle cellule, comprese le vie di segnalazione che le nostre cellule nervose usano nel processo di elaborazione del pensiero. Il cortisolo, d’altra parte, salta tutte queste vie di segnalazione legando il GR e muovendosi direttamente nel nucleo per cambiare il sistema di trascrizione nelle nostre cellule. L’ingestione di caffeina e nicotina interferisce con i normali processi di pensiero che usiamo per gestire lo stress, ma non influisce significativamente sui meccanismi che guidano la risposta allo stress. Per questa ragione, mangiare/bere/fumare non possono essere vie d’uscita da una situazione stressante. RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. 4. Entrambe queste affermazioni sono false. Tutte le vie di trasmissione del segnale richiedono un segnale, un recettore e almeno un effettore. Le vie di segnalazione possono terminare su più effettori, ma solo uno sarà quello necessario. Allo stesso modo, molteplici segnali possono convergere su un singolo recettore per iniziare una via di segnalazione, anche se per le vie di segnalazione non sono richiesti. Affinché un segnale abbia effetto su una cellula si deve legare a un recettore. In questo caso, il testosterone può permeare la membrana di tutte le cellule, ma non significa che queste debbano avere un recettore per legarvisi. Quindi, si può concludere che le donne normalmente non esprimono il recettore per il testosterone che inizia la via di segnalazione per la crescita dei peli. Una volta legati ai loro ligandi, i recettori GPCR innescano l’attivazione delle proteine G. Più a lungo un GPCR è legato al suo ligando, più le proteine G possono essere attivate perché una volta attivate si dissociano dal GPCR. Le subunità del recettore delle proteine chinasi si legano tra loro una volta che entrano in contatto con il ligando; a seconda del tipo di recettore, vanno poi incontro a transautofosforilazione o fosforilano un’altra proteina di segnalazione nel citosol, iniziando la cascata di segnalazione. Il recettore della guanililciclasi diventa attivato una volta che è legato dal peptide natriuretico atriale e converte GTP in cGMP, il quale inizia una cascata di segnalazione. I recettori dei canali ionici permettono semplicemente agli ioni di passare attraverso la membrana quando sono attivati, e questi ioni possono legare proteine di segnalazione nel citosol. Le proteine impalcatura transmembrana sono composte da aggregati sulla superficie cellulare con siti di legame multipli per molte proteine di segnalazione. Questo gruppo di proteine controlla quali siti di legame sono disponibili, decidendo quali segnali possano legarsi al complesso in un dato momento. I recettori nucleari vengono legati dai loro segnali permeabili alla membrana nel citosol, e di conseguenza si legano direttamente al DNA per controllare l’espressione genica. Questi recettori sono quasi tutti fattori di trascrizione. Le proteine recettoriali che coinvolgono attività enzimatica sono i recettori proteina chinasi e il recettore guanilil ciclasi. I recettori proteina chinasi contengono domini chinasici che fosforilano le code citosoliche del recettore o altre proteine di segnalazione a valle. Le proteine chinasi sono enzimi, quindi questi recettori coinvolgono direttamente l’attività enzimatica in seguito al legame col ligando. Il recettore guanilil ciclasi richiede un’attività enzimatica per convertire il GTP in cGMP una volta che è legato a un ligando, quindi questi hanno anche un componente enzimatico per svolgere la loro funzione. I GPCR, i canali ionici, le proteine impalcatura transmembrana e i recettori nucleari non coinvolgono direttamente George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 39 un’attività enzimatica poiché si legano ad altre proteine o semplicemente permettono agli ioni di passare attraverso la membrana senza alterare la funzione di nessuna di queste molecole. Gli enzimi sono componenti essenziali della trasduzione del segnale perché catalizzano le reazioni chimiche, consentendo un’amplificazione rapida del segnale. Le proteine di segnalazione che non sono esse stesse enzimi possono legarsi agli enzimi, quindi è chiaro che l’attività enzimatica è necessaria per generare una risposta cellulare agli stimoli. 5. I canali ionici sono un tipo di recettore, ma non tutti sono coinvolti nella trasduzione del segnale perché non tutti gli ioni agiscono come segnali. Gli ioni che passano attraverso questi canali agiscono come segnale solo se inducono un cambiamento nella forma e nell’attività della proteina di segnalazione. 6. La differenza principale tra queste proteine è che le guanilil ciclasi sono recettori, mentre le adenilil ciclasi sono molecole segnale. 7. Le proteine adattatrici fanno parte della trasmissione del segnale e del sistema endomembranoso. Qui svolgono una funzione simile, facilitando il legame tra le proteine di rivestimento e la parte della membrana che formerà una vescicola. 8. Tale trattamento alterava l’attività di molte cellule perché aveva come bersaglio tutte le chinasi. Le proteine chinasi sono una classe di proteine che fosforilano le catene laterali di tirosina, serina e treonina su molte proteine diverse. Molti tipi differenti di chinasi circolano nel citosol e alcuni possono anche entrare e uscire dal nucleo per fosforilare le proteine che alterano l’espressione genica. Nelle cellule umane ci sono più di 150 proteine chinasi note. Il trattamento produceva effetti indesiderati in più tipi cellulari perché bersagliando tutte le chinasi, venivano alterate molte vie di segnalazione diverse anziché soltanto la via di crescita della cellula. Sarebbe opportuno che questa azienda mirasse più specificamente all’FGFR coinvolto nella crescita anomala delle cellule. 9. Quando il fattore di crescita viene rilasciato dall’impianto nella matrice ossea, può venire in contatto e legarsi con i recettori tirosina chinasi. Questo legame induce un cambiamento conformazionale nel recettore, portando a transautofosforilazione delle subunità del recettore sulle code citosoliche. Ciò stimola le code citosoliche del recettore a legare Grb2 tramite il suo dominio SH2. Grb2, attivato, si lega a Sos, che si lega a una proteina G monomerica, detta Ras. Ras poi rilascia GDP e lega GTP, che le permette di legare e attivare la serina/treonina chinasi Raf. Raf fosforila un’altra chinasi chiamata MEK, che fosforila un’altra chinasi chiamata Erk. Una volta attivata, Erk forma un dimero che può poi fosforilare altre proteine di segnalazione nel citosol o nel nucleo. Per stimolare la crescita cellulare, Erk può entrare nel nucleo per fosforilare le proteine nucleari chiamate fattori di trascrizione. Questa attivazione dei fattori di trascrizione può poi innescare l’espressione di geni necessari per la crescita cellulare, come quelli che regolano il ciclo cellulare. 10. Gli effetti negativi dello stress cronico sono dovuti all’esposizione a lungo termine all’ormone cortisolo. In periodi di stress prolungato, le ghiandole surrenali secernono regolarmente il cortisolo. Poiché il cortisolo è uno steroide, può entrare in tutte le cellule e il suo recettore glucocorticoide entra nel nucleo cellulare e si lega a una sequenza genica regolatrice, SRE, che altera l’espressione genica e proteica. Poiché esistono molte varianti di SRE, i cambiamenti d’espressione genica dovuti a questo elevato livello di cortisolo possono riguardare molti tipi cellulari diversi. Uno di questi è quello dei monociti, che generano in seguito i macrofagi, cruciali per una funzionalità appropriata del sistema immunitario. Riassumendo, le persone con alti livelli di stress hanno livelli elevati di cortisolo, che interessa l’espressione di geni delle cellule immunitarie, quindi hanno un sistema immunitario compromesso e una predisposizione ad ammalarsi. I prodotti che si ritiene invertano gli effetti dello stress cronico bersagliando il cortisolo possono non essere efficaci o anche dannosi, perché sappiamo poco riguardo alla risposta fisiologica al cortisolo a livello molecolare. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 40 Risposte © 978-88-08-42128-9 RISPOSTE A SCELTA MULTIPLA 1. B. La scelta A non è corretta perché le proteine G eterotrimeriche legano GTP e GDP, mentre le proteine G monomeriche sono quelle che si legano ai GEF e ai GAP. La scelta C è scorretta perché la fosfolipasi C converte PIP2 trasformandolo in diacilglicerolo e IP3, per entrare in funzione in una via di segnalazione che attiva la proteina chinasi C. La scelta D è sbagliata perché l’adenilato ciclasi in realtà si lega alla subunità alfa delle proteine G eterotrimeriche, anziché fosforilare le MAP chinasi chinasi. Anche la risposta E è sbagliata perché i recettori degli steroidi non fosforilano le proteine, il che significa che non devono essere proteine chinasi. La scelta B è corretta. Riesaminate la Sezione 11.4 (vedi, Le proteine G costituiscono due classi di interruttori molecolari). 2. A. Dopo che l’FGF si lega all’FGFR, la transautofosforilazione è la prima cosa che deve avvenire affinché l’intera via di segnalazione abbia inizio. Poiché la funzione di una chinasi è esattamente questa (mettere un fosfato su qualcosa), la perdita di funzione della chinasi significherebbe che l’FGFR non sarebbe capace di fosforilare se stesso (transautofosforilazione), e la via di segnalazione non sarebbe indotta. Vedi Figura 11.19 per maggiore chiarezza. 3. B. Le proteine impalcatura di segnalazione sono un gruppo di proteine che cooperano per controllare il posizionamento e l’attività di legame di altre proteine nell’area. Poiché i recettori delle integrine aiutano a formare l’impalcatura che permette alla cellula di aderire alle proteine dell’ECM, vengono classificati come recettori di quella specifica proteina impalcatura. Inoltre, questi non modificano parti della proteina impalcatura a cui sono attaccati. Vedi Figura 11.1 per maggiore chiarezza. 4. A. L’attivazione della sequenza di segnalazione PKC usa sia inositolo (un idrocarburo) che ioni Ca2+ come secondi messaggeri della sua via di segnalazione. Tutte le altre vie di segnalazione elencate non usano ioni oppure usano i PIP (non idrocarburi) invece dell’inositolo defosforilato che utilizza la via di segnalazione di PKC. Riesaminate la Sezione 11.5 (Le vie delle chinasi dei fosfolipidi cooperano con le vie delle proteine chinasi e delle proteine G). 5. B. Questa affermazione è di per sé corretta in quanto, secondo quanto appreso in questo capitolo, le proteine G monomeriche non vengono fosforilate. Infatti le molecole di GTP che vi si legano sono a loro volta inattivate per defosforilazione (da parte delle proteine GAP); le proteine monomeriche legate ora a GDP non vengono di nuovo fosforilate per riattivarle. Al contrario, per rendere le proteine monomeriche nuovamente attive, GEF anziché fosforilare il complesso semplicemente promuove il distacco del GDP per raccogliere nuovo GTP, che viene poi legato alla proteina monomerica. Vedi Sezione 11.4 (Le proteine G costituiscono due classi di interruttori molecolari). CAPITOLO 12 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. La fosforilazione delle proteine nucleari richiede l’attivazione delle proteine chinasi. Poiché i GPCR non sono chinasi, controllano l’attività chinasica indirettamente attraverso le proteine di segnalazione e i secondi messaggeri. I GPCR della membrana plasmatica possono attivare almeno tre diverse proteine chinasi attraverso vie diverse. Una usa le proteine G eterotrimeriche per attivare una fosfolipasi che genera IP3 e diacilglicerolo. IP3 potrebbe legarsi a un canale per il calcio, rilasciando calcio dallo spazio intermembrana. Queste molecole, a loro volta, stimolano la proteina chinasi C. Tutti gli elementi di questa via di segnalazione sono stati trovati nel nucleo sebbene non sia chiaro quali specifici GPCR (con le loro specifiche subunità di proteine G) portino segnali al nucleo nei vari tipi specifici di cellule. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 2. 41 Una seconda possibile via di segnalazione attiva PKB/Akt generando PIP3. PIP3 viene generato da fosfatidilinositolo chinasi e almeno una di queste, la chinasi PI3, è un bersaglio della proteina G eterotrimerica. Come con la via di segnalazione di PKC, tutti gli elementi necessari sono stati identificati nel nucleo, ma non sono state identificate le componenti esatte coinvolte in uno specifico tipo cellulare. Una terza possibile via di segnalazione potrebbe attivare PKA. I GPCR possono attivare PKA innescando l’attività dell’adenilil ciclasi attraverso le proteine G eterotrimeriche. Tutti gli elementi necessari per questa via di segnalazione sono stati identificati nei nuclei, ma non è chiaro se sono tutti presenti nello stesso nucleo. Chiarire le versioni nucleo-specifiche di ognuna di queste vie di segnalazione è notevolmente complicato perché molte di queste molecole sono presenti e attivate anche nel citosol, lasciando aperta la possibilità che nel nucleo le vie di segnalazione citosoliche si sovrappongano a quelle nucleari. Ciò significa che è molto difficile, per esempio, determinare se la molecola di cAMP venga generata direttamente nel nucleo o qui si diffonda successivamente essendo prodotta nel citosol. La prima questione da affrontare è come una singola molecola possa influenzare un’intera cellula. Una caratteristica importante della maggior parte delle vie di segnalazione è l’amplificazione del segnale: il legame a un singolo segnale potrebbe innescare l’attivazione di centinaia, migliaia o addirittura milioni di molecole di segnalazione a valle. Tuttavia, indipendentemente da quale sia il grado di amplificazione, i prodotti di una singola via di segnalazione sono limitati. Per aumentare la diversità del segnale, possiamo ricorrere al sistema ramificato che collega tra loro le vie di segnalazione; con la ramificazione il segnale originario può essere convertito in molti segnali diversi. Infine, dobbiamo spiegare come centinaia di proteine possano essere espresse in risposta a un singolo stimolatore iniziale. Per spiegare questo possiamo usare gli elementi di risposta, quali CRE o GRE, che si trovano nei promotori di molti geni diversi. Infine, sappiamo che almeno alcuni dei geni che vengono innescati dal segnale iniziale possono codificare fattori di trascrizione, che poi possono innescare una seconda (e una terza, e così via) ondata di espressione genica. Ogni nuova ondata è guidata dai fattori di trascrizione attivati dal precedente ciclo d’espressione. Useremo questo concetto dell’”onda dopo onda” nel Capitolo 13. RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. Nel nucleo non tutti gli effettori stimolano la trascrizione, e l’inibizione delle vie di segnalazione che bersagliano gli effettori repressivi equivale a un doppio negativo; ovvero, l’inibizione degli effetti inibitori produce attivazione. Per esempio, le deacetilasi istoniche (HDAC) sono effettori che rimuovono i gruppi acetilici dagli amminoacidi lisina sugli istoni, sopprimendo così la trascrizione. Molte vie di segnalazione delle proteine chinasi attivano le HDAC, quindi gli inibitori di queste vie (per esempio, le fosfatasi proteiche) possono rimuovere la soppressione, attivando così la trascrizione genica. In effetti, un’intera classe di effettori, chiamati soppressori trascrizionali, si lega a sequenze regolatrici sui geni e riduce l’espressione di questi geni. L’inibizione di una qualsiasi delle vie di segnalazione che attivano questi soppressori avrà un impatto simile sulla trascrizione. Le cellule della pelle inibiscono il differenziamento in cellule neuronali impedendo la trascrizione dei geni importanti per il differenziamento neuronale. Questa inibizione può essere realizzata da una via di segnalazione che coinvolge Notch, un recettore di superficie che si sposta nel nucleo dopo il legame con Delta, il suo ligando. Il legame a Delta innesca il taglio di Notch e il conseguente trasferimento del dominio intracellulare di Notch (NICD) nel nucleo, dove si lega a CSL e porta alla soppressione della trascrizione. Fra i geni inibiti potrebbero esserci quelli necessari per il differenziamento delle cellule neuronali. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 42 Risposte © 978-88-08-42128-9 3. 4. 5. 6. 7. 8. DFZ2 è un GPCR che viene endocitato dopo il legame con il suo ligando, Wingless. Dopo l’endocitosi, DFZ2 viene tagliato a livello di un sito specifico e la porzione carbossi-terminale entra nel nucleo per iniziare la trascrizione genica. Poiché DFZ2 viene endocitata da un neurone, si deve formare una fossetta rivestita a livello della membrana plasmatica perché abbia inizio la formazione di una vescicola citosolica. Tali fossette rivestite sono formate dall’aggregazione di clatrina: l’assenza di clatrina impedirebbe a DFZ2 di entrare nella cellula. Il risultato finale è che DFZ2 non entrerebbe nel nucleo e quindi non sarebbe in grado di dare inizio alla trascrizione genica. Nelle cellule umane sono abbondanti molte forme di proteina chinasi; queste svolgono più funzioni che influenzano i comportamenti delle cellule come la crescita, la proliferazione, il differenziamento e la migrazione. Anche una sola mutazione può alterare o inibire la loro funzionalità, il che potrebbe alterare drasticamente tutte le vie di segnalazione coinvolte ed essere fatale per la cellula. Si pensa che le mutazioni della proteina chinasi possano essere coinvolte in varie patologie, compreso il cancro, poiché partecipano a una grande varietà di sistemi di segnalazione in tutte le cellule umane. Per esempio, PKB fosforila un gran numero di proteine nel nucleo, influenzando più fattori di trascrizione per geni diversi. Allo stesso modo, PKC è presente nel citosol e nel nucleo e fosforila anche varie proteine. La fosforilazione delle molecole segnale è un metodo diffuso per controllare la funzione di proteine e lipidi, ma quando uno stimolo viene rimosso, questa attivazione delle molecole segnale deve essere invertita. Per compiere ciò, le cellule contengono proteine note come fosfatasi, che tagliano il fosfato extra dalle molecole segnale, rendendole inattive. Una fosfatasi nucleare ben conosciuta, chiamata PTEN, si trova sia nel citosol che nel nucleo. PTEN defosforila sia le proteine che i lipidi e quando necessario può entrare e uscire dal nucleo tramite diffusione, meccanismi dipendenti da sequenze segnale e meccanismi dipendenti da fosforilazione. Nel nucleo PTEN sopprime la crescita cellulare inattivando i fattori di trascrizione e le chinasi che li attivano tramite fosforilazione. I termini coesina e condensina suonano come le parole coesione e condensazione. La coesione viene definita come l’atto di formare un insieme unito, mentre il verbo condensare significa rendere qualcosa più denso o più concentrato. L’espressione “mantenimento strutturale del cromosoma” suggerisce che le coesine e le condensine controllino la struttura dei cromosomi. Mettendo insieme tutte queste informazioni si potrebbe concludere che le coesine tengono insieme la cromatina come una struttura, mentre le condensine concentrano la cromatina per renderla più densa, forse permettendole di occupare meno spazio nel nucleo. In effetti, questo è esattamente ciò che fanno le coesine e le condensine nel nucleo. Le coesine legano insieme i due filamenti di DNA e le condensine condensano il DNA: entrambe realizzano ciò formando strutture ad anello intorno al DNA. L’acetilazione implica l’aggiunta di un gruppo acetilico al gruppo amminico nella catena laterale della lisina. L’aggiunta di un gruppo acetilico ad H3 rimuove la carica positiva dal gruppo amminico, il che riduce l’affinità tra H3, e lo scheletro di DNA promuove il rilassamento del DNA vicino, rendendolo accessibile all’RNA polimerasi e quindi aiutando la trascrizione genica. Sulla base di queste conoscenze, i ricercatori possono considerare metodi di inibizione della modificazione dell’istone, se è di fatto coinvolta nella formazione del tumore. Il complesso RNA polimerasi-TFIID sulla TATA box, conosciuto come complesso di preinizio, è necessario per iniziare la trascrizione genica. Tuttavia, questo complesso raramente funziona da solo negli organismi viventi. Proteine chiamate fattori di trascrizione interagiscono molto con questo complesso, controllando il tasso e l’efficienza di trascrizione. Non ci sono fattori di trascrizione nella provetta, quindi la trascrizione del gene di interesse è dipendente unicamente dal complesso di preinizio, che è noto per essere poco attivo di per sé. Ciò mostra che i meccanismi cellulari George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 43 sono dipendenti dalle complesse interazioni tra diverse proteine, che consentono alle cellule di effettuare cambiamenti deliberati in risposta agli stimoli. 9. Per sopprimere la crescita delle cellule tumorali si potrebbe scegliere come bersaglio la proteina di legame enhancer CAAT, un fattore di repressione trascrizionale. Quando questo repressore si lega alla CAAT box, impedisce l’espressione dei geni richiesti per la crescita cellulare. Fa ciò attraendo la metiltransferasi del DNA, che metila le basi di citosina del DNA che si trovano negli amminoacidi lisina e/o arginina all’interno delle proteine istoniche. La metilazione degli istoni è associata alla condensazione della cromatina e può tradursi nel legame delle proteine all’eterocromatina, nell’innesco della metilazione del DNA circostante e nel suo silenziamento effettivo, rendendolo non disponibile all’RNA polimerasi per la trascrizione. 10. L’isolamento del frammento di DNA appena a valle della sequenza del promotore significa che il promotore è stato tagliato dall’enzima di restrizione. Di conseguenza, questo frammento di DNA purificato non contiene il core centrale del promotore. Questa porzione è essenziale per la trascrizione in quanto contiene la sequenza TATA box che fornisce i siti di legame per la proteina TFIID e per il complesso di trascrizione generale. Se queste proteine non possono legarsi al DNA, non c’è un complesso per l’RNA polimerasi al quale legarsi e la trascrizione non avviene. Questo spiega perché le cellule non esprimevano la proteina, in quanto i geni appropriati non venivano trascritti. In esperimenti futuri lo scienziato potrà correggere questo punto selezionando un enzima di restrizione che si lega al DNA a valle del core del promotore. Ciò tratterrà il promotore all’interno del frammento, permettendo al complesso di trascrizione di legarsi a esso. L’ottavo principio della biologia cellulare (I complessi proteici rappresentano i sistemi decisionali della cellula) viene ben rappresentato in questo esempio poiché senza il core del promotore, TFIID non può legarsi al segmento di DNA. Senza TFIID, le proteine successive che si legano per formare il complesso di trascrizione generale non possono legarsi in sequenza, e non si formerà nessun complesso. Senza questo complesso che guida la decisione cellulare per trascrivere il DNA, l’RNA polimerasi non inizierà la trascrizione. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. 2. 3. D. La fosforilazione di CREB da parte della PKA è un passaggio necessario per tutta la trascrizione genica. Anche se il fattore di crescita non fosse presente, la cellula potrebbe aver bisogno di trascrivere geni (per ragioni diverse dalla crescita), così CREB sarebbe ancora fosforilata (attivata) dalla PKA (proteina chinasi A). Al contrario, le altre scelte sono passaggi che avvengono unicamente quando è presente il fattore di crescita, che è il segnale per iniziare la trascrizione genica. A. L’ottavo principio della biologia cellulare afferma che i complessi proteici rappresentano i sistemi decisionali della cellula. Le scelte B, C, D ed E non dimostrano questo, perché si riferiscono semplicemente all’identità del gene/della proteina coinvolti nel produrre uno specifico evento; il che rende la scelta D sbagliata perché non vengono prese decisioni nel fatto che i promotori hanno sempre sequenze TATA, o che PKA è capace di fosforilare cose diverse (scelta E). Tuttavia, ci deve essere una decisione della cellula quando la proteina mediatore attiva l’RNA polimerasi, perché non sempre lo fa. All’interno della cellula deve esserci un segnale che spinge il mediatore ad attivare, anziché disattivare, l’RNA polimerasi. C. La scelta A sarebbe sbagliata perché il mediatore stesso non si lega agli elementi di controllo prossimali e distali di un gene. Piuttosto, si lega agli attivatori che si legano a questi elementi. Le proteine che piegano il DNA e non il mediatore, sono quelle che lo piegano in una configurazione ad anello, il che rende anche la scelta B non corretta. Anziché innescare l’acetilazione o creare siti di legame per i fattori di trascrizione (come indicato nelle scelte D ed E), la funzione del mediatore è semplicemente di collegare i fattori di trascrizione legati alle sequenze lungo il filamento di DNA (cioè il promotore prossimale e/o enhancer) al complesso di George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 44 Risposte © 978-88-08-42128-9 4. 5. trascrizione generale/RNA polimerasi II, perché possano essere lontani l’uno dall’altro. Riesaminate la Sezione 12.3 (Le sequenze enhancer legano gli attivatori a distanza dal promotore). A. Riesaminate la parte finale della Sezione 12.2 per chiarire ciò. Là si afferma che la PKC attivata si lega all’interno del nucleoplasma, e affinché PKC sia attivata, IP3 deve essere coinvolto. Quando è nel nucleo, la PKC attivata è nota per fosforilare molte proteine, una classe delle quali è quella delle lamine nucleari. Più avanti nella Sezione 12.2 si afferma che ci sono molti canali che regolano il calcio che fluiscono dentro e fuori l’involucro nucleare, e che questi canali possono aiutare a controllare forma e funzione degli NPC. Quindi, è probabile che siano coinvolti nella fosforilazione della lamina, poiché questa contribuisce alla frammentazione nucleare. D. La chinasi PI3 aiuta a trasformare il fosfatidilinositolo in PIP3, il quale si integra nella membrana cellulare e forma un complesso con una proteina chiamata PDK1 così come con una proteina chinasi B. PDK1 è poi capace di fosforilare PKB (prima che questo possa avvenire è richiesta la formazione del complesso). Vedi Figura 12.6 per maggiore chiarezza. CAPITOLO 13 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. 2. Aggiunta di PDGF alle cellule, a metà di G1. Probabilmente questo aiuterà la cellula a passare oltre il punto di restrizione, tramite una via di segnalazione simile a quella mostrata nella Figura 13.7. La fosforilazione di Jun le permetterà di legarsi al fattore di trascrizione fos, formando l’eterodimero AP1 che si lega al sito di regolazione su molti geni, compresa la ciclina D. La ciclina D si legherà a CDK4 o CDK6, formando un complesso che può essere attivato, guidando le cellule nella fase S. Una volta oltrepassato il punto di restrizione, la cellula dovrebbe completare l’intero ciclo cellulare. Aggiunta di PDGF alle cellule, all’inizio di G2. Ciò probabilmente fermerà la progressione alla fase M tramite il meccanismo mostrato nella Figura 13.18. I recettori tirosina chinasi possono attivare le vie di segnalazione di MAPK, e la chinasi Pom1 viene attivata dal segnale di MAPK. L’attivazione di Pom1 inibirà Cdr1 e Cdr2, permettendo così a Wee1 di inibire la ciclinaB/CDK1. Rimozione dei nutrienti dalle cellule, in S. Ciò probabilmente non avrà un impatto sugli eventi della fase S, e sulla base degli esperimenti sui lieviti, è probabile che le cellule non saranno sensibili alla rimozione dei nutrienti fino a quando non raggiungeranno la fase G1. A quel punto le cellule si fermeranno (entrando in G0) fino a che i nutrienti saranno ripristinati. Rimozione dei nutrienti dalle cellule, in M. Ciò probabilmente avrà lo stesso effetto della rimozione dei nutrienti nella fase S: le cellule si fermeranno in G0 una volta completata la fase M. Aggiunta di un farmaco che inibisce Pom1, in G2. Ciò probabilmente innescherà la fase M e il completamento del ciclo cellulare. L’inibizione di Pom1 introdurrebbe un quarto livello di inibizione del controllo della ciclina B/CDK1: nessuna attività di Pom1 n Cdr1 e Cdr2 sono attive n Wee1 è inattivo n la ciclina B/CDK1 è attiva. Mutazione con perdita di funzione per la ciclina B, in ogni fase. La ciclina B controlla l’attività di CDK1 nella fase G0. Senza questa, CDK1 non può venire attivata, quindi le cellule non dovrebbero essere capaci di uscire da G0, indipendentemente da in quale punto del ciclo fossero quando è avvenuta la mutazione. Quando si esaminano gli elementi individuali del meccanismo apoptotico, ci si rende conto che l’apoptosi non ha richiesto nulla di nuovo per evolversi. Per esempio: • Le caspasi esecutrici sono semplici proteasi, e ogni cellula esprime le proteasi come parte dei suoi normali compiti. Una mutazione delle caspasi può facilmente spiegare come una proteasi ancestrale sia mutata per formare la prima caspasi. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 45 • Le caspasi sono inibite dalle loro code, in una forma “pro”. Le forme “pro” delle proteine sono abbastanza comuni, e rappresentano un modo efficace per regolarne la funzione; i collageni e l’elastina sono esempi che abbiamo descritto in questo testo (vedi Capitolo 6). • L’oligomerizzazione di Bax, Bak, APAF-1 e così via avviene alterando la forma delle proteine per esporre i siti di legame, in totale accordo con le tre caratteristiche delle proteine. La stessa cosa vale per le proteine inibitrici. • L’inserzione di Bax e Bac nella membrana mitocondriale esterna è abbastanza simile a come altre proteine transmembrana entrano nei mitocondri, e il fatto che formino un canale è tutto tranne che atteso, perché la formazione del canale è uno dei risultati più probabili di un complesso fatto da copie multiple degli stessi polipeptidi. Il complesso del poro nucleare a confronto fa sembrare semplice il canale Bax/Bak. • Il recettore di morte funziona nello stesso modo in cui funziona la maggior parte dei recettori di trasduzione del segnale: forma un complesso multimerico, si lega a un ligando nello spazio extracellulare e recluta una proteina adattatrice citosolica per legare, come risultato, le sue code. Tutte le associazioni proteina-proteina in questa via di segnalazione sono mediate da specifici domini di legame, proprio come abbiamo visto per la trasduzione del segnale. Quindi, come si spiega “metà” del meccanismo di apoptosi di una cellula? Il recettore di morte può essersi evoluto da una via di trasduzione del segnale che è diventata meno rilevante col trascorrere del tempo, così che quella mutazione sarebbe stata tollerata anziché divenire immediatamente fatale. In pratica si tratta di qualcosa di neutro. La stessa argomentazione si può applicare a quasi ogni altro componente delle vie di segnalazione intrinseca ed estrinseca: il canale Bax/Bak può aver fornito permeabilità a un’altra molecola prima che mutasse per consentire al citocromo c di sfuggire, e così via. Anche le caspasi, senza un meccanismo che le attivi, sarebbero innocue. Poiché non possiamo osservare ogni organismo esistito sulla Terra, non possiamo provare in maniera conclusiva questa idea, proprio come non possiamo provare sperimentalmente i passaggi principali dell’evoluzione precoce. Ma il fatto che le proteine strettamente correlate alle proteine dell’apoptosi siano utilizzate dai procarioti attuali rafforza questa argomentazione. RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. Alcune cellule entrano in fase G0 quando vengono sottoposte a uno stress ambientale, come per esempio l’assenza di nutrienti, e rimangono mitoticamente inattive fino a che lo stress non viene rimosso. Le cellule che rimangono permanentemente in G0 devono avere una buona ragione per farlo, perché questo impedisce loro di dividersi regolarmente e di produrre cellule figlie. La divisione cellulare è una fase molto vulnerabile per le cellule perché riduce la loro capacità di esprimere geni e quindi di rispondere agli stimoli ambientali, e interrompendo anche i loro collegamenti con le cellule circostanti, le lascia esposte al danno provocato dalle forze meccaniche. Le cellule in fase G0 comprendono i neuroni e le cellule dei muscoli scheletrici; entrambi perderebbero la loro funzione se costretti a ritrarre le loro proteine citoscheletriche e a dividersi. I neuroni sono responsabili della trasmissione costante dell’informazione nel sistema nervoso, mentre le cellule dei muscoli scheletrici devono essere in grado di rispondere alle informazioni provenienti dal sistema nervoso. La cellula regola il ciclo cellulare usando dei complessi proteici che confermano il completamento dei passaggi principali del ciclo cellulare. Per esempio, questi complessi permetterebbero la progressione alla fase G2 solo se il DNA venisse replicato completamente. Se vengono rilevati un’interferenza oppure un errore nel processo, questi complessi potrebbero impedire la progressione del ciclo fino a che l’errore non fosse corretto. Questo meccanismo di controllo di qualità è in relazione George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 46 Risposte © 978-88-08-42128-9 3. 4. 5. 6. 7. all’ottavo principio, poiché dipende dai complessi proteici che agiscono come dispositivi importanti per le decisioni della cellula. È probabile che nel corso del fine settimana i terreni di coltura si siano impoveriti di nutrienti, cosa che avrebbe interrotto la progressione alla fase S. Ciò è dovuto al fatto che il ciclo cellulare è regolato da più punti di controllo, compreso il punto di restrizione vicino al confine tra G1 ed S. Questo punto di controllo particolare determina se le cellule completeranno il ciclo interrompendo la loro progressione in G1. In condizioni quali un ambiente privo di nutrienti, le cellule di lievito possono rimanere in G1 per giorni fino a che ci sono nutrienti sufficienti a supportare la crescita e la divisione cellulare; se sono già nella fase G1 avanzata, possono progredire nel ciclo fino a raggiungere di nuovo G1, e fermarsi. Il fatto che le cellule possano rimanere in G1 per parecchi giorni mostra che la transizione tra le fasi G1 ed S è strettamente controllata al fine di proteggere la cellula. Gli E2F sono fattori di trascrizione capaci di legarsi in particolare a sequenze di DNA nei promotori regolatori di più geni, attivando o inibendo l’espressione genica. Gli E2F possono essere coinvolti in cicli di feedback positivo promuovendo l’espressione di più proteine E2F e inducendo l’espressione della ciclina E, che porta a una maggiore fosforilazione delle proteine a tasca che alterano l’attività di E2F. È possibile anche un feedback negativo inducendo l’espressione della ciclina A, che impedisce il legame del dimero E2F al DNA. L’attività di E2F è strettamente regolata all’interno delle cellule da questi meccanismi di feedback, e la decisione tra crescita o morte della cellula è il risultato di una concentrazione relativa dei diversi dimeri E2F che si legano al DNA. Se è presente una concentrazione più alta di dimeri E2F che promuovono l’espressione dei geni coinvolti nell’apoptosi, quella cellula andrà probabilmente incontro ad apoptosi. L’ubiquitina ha un ruolo fondamentale durante tutto il ciclo cellulare a causa della sua funzione nella degradazione proteolitica delle altre proteine. La maggior parte delle proteine che compaiono a concentrazioni che variano a seconda delle fasi del ciclo viene degradata dall’ubiquitina durante il ciclo stesso. Senza questa degradazione, le proteine potrebbero essere attive per lunghi periodi di tempo, ostacolando la progressione del ciclo cellulare. Un esempio di proteina degradata dall’ubiquitina è la proteina di “licensing” legata al DNA. La fosforilazione di questa proteina effettuata da un complesso ciclina A/CDK2 permette la sua distruzione mirata da parte dell’ubiquitina e il legame della DNA polimerasi per formare il complesso di replicazione. Se questa proteina di licensing non venisse degradata, la replicazione non si realizzerebbe perché renderebbe la DNA polimerasi incapace di legarsi al filamento di DNA. L’ubiquitina degrada anche p53, un soppressore tumorale normalmente legato a mdm2. La proteina p53 normalmente è legata a mdm2, ma la fosforilazione di p53 da parte di Chk2 elimina la sua associazione a mdm2. Ciò attiva p53, permettendogli di legarsi a un elemento di risposta di p53 nel promotore regolatore di più di 100 geni. Poiché si lega a questo promotore in così tanti geni, interessa vari comportamenti cellulari differenti. P53 è considerato un soppressore tumorale perché aiuta anche a riparare il danno al DNA prima che la replicazione finisca. Come risultato di questa importante funzione, mutazioni nel gene di p53 possono dar luogo a numerose mutazioni a valle del DNA di molti geni, alcune delle quali portano alla formazione dei tumori. Il fatto che p53 regoli molti geni diversi è la ragione della sua presenza in più della metà dei tumori umani. Nel caso di una mutazione di Pom1, non ci sarebbe inibizione della mitosi e la cellula si dividerebbe in un ciclo senza fine. Pom1 inibisce le chinasi Cdr1 e Cdr2, che inibiscono Wee1. Quindi, una mutazione in Pom1 porterebbe ad avere Cdr1 e Cdr2 costantemente attivate e a una continua inibizione di Wee1. Poiché Wee1 inibisce CDK1, non ci sarebbe inibizione di CDK1, il che porterebbe a un’attivazione costante del complesso ciclina A/CDK1, assumendo che ci sia abbastanza ciclina B. Questa George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 47 attivazione di ciclina B/CDK1 guida la cellula oltre il punto di controllo tra G2 ed M, quindi Pom1 mutato porterebbe in ultima analisi alla distruzione di questo punto di controllo, permettendo il passaggio in mitosi di cellule potenzialmente malate. 8. Affinché il complesso ciclina B/CDK1 possa guidare le cellule verso la mitosi, prima deve avvenire una serie di passaggi che portano alla sua attivazione. L’attivazione di ciclina B/CDK1 è il risultato della fosforilazione della ciclina B e della rimozione del fosfato inibitorio cdc25, che a sua volta è il risultato di una serie di chinasi che si fosforilano tra loro. Affinché inizi questa catena di eventi, le cellule devono prendere contatto con le proteine dell’ECM. Questo perché i complessi focali necessari per attivare FAK, la prima chinasi della serie, si formano soltanto quando le cellule si attaccano e si diffondono su queste proteine dell’ECM. Quindi, quando le proteine dell’ECM non sono a disposizione delle cellule, queste non possono attaccarsi e diffondersi su di esse e quindi FAK non viene attivato. Senza l’attivazione di FAK non si può fosforilare la chinasi successiva e non si hanno tutte le reazioni a valle che normalmente avvengono. Questo dimostra l’organizzazione gerarchica delle diverse proteine nelle funzioni cellulari e come una singola mutazione o un errore nella funzione di una proteina possa influenzare un intero processo, portando a effetti potenzialmente devastanti per la cellula. 9. Necrosi e apoptosi sono le due modalità tramite le quali le cellule muoiono, ma entrambe sono molto diverse l’una dall’altra. La necrosi deriva da un evento involontario, come un danno da trauma, e non contribuisce alla salute complessiva di un organismo. Il trauma porta a gonfiore ed eventuale rottura delle cellule interessate, provocando la fuoriuscita del contenuto citosolico nella matrice circostante. Questi prodotti di scarto stimolano una risposta infiammatoria e sono inghiottiti dalle cellule immunitarie per impedire un danno alle cellule vicine. Diversamente dalla necrosi, l’apoptosi è volontaria e deriva da precisi processi decisionali all’interno della cellula con l’aiuto di complessi proteici. Può anche contribuire alla salute di un organismo liberandolo dalle cellule infettate da un virus o da un batterio oppure eliminando quelle cellule che non sono più necessarie per promuovere la sopravvivenza dell’organismo. L’apoptosi produce molti frammenti del citoplasma racchiusi da membrana, limitando il processo solo alle cellule interessate e permettendo l’endocitosi e il riciclo di questi sottoprodotti. Questo processo consente una morte cellulare molto più “pulita” se confrontata con la necrosi. Apoptosi e necrosi sono simili nel senso che entrambe utilizzano le cellule del sistema immunitario innato per fagocitare i prodotti di scarto. 10. Le cellule che vanno incontro ad apoptosi spesso si raggrinziscono ed emergono in alcune regioni a livello della membrana plasmatica visibili al microscopio. Nell’apoptosi gli organelli dovrebbero rimanere intatti fino alla formazione dei corpi apoptotici come preparazione alla fagocitosi. Il collassamento del citoscheletro dovrebbe portare alla contrazione dei filopodi e dei lamellipodi che possono essere visibili o meno. L’apoptosi produce anche una cromatina condensata e una frammentazione della membrana nucleare, che si manifesta sotto forma di piccole bolle all’interno della cellula. Poiché la cromatina viene condensata durante l’apoptosi, essa viene condensata anche nel corso della mitosi e per tutta la durata del ciclo cellulare perché i geni non sono attivamente trascritti durante l’intero processo. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. E. L’esperimento dimostrava semplicemente l’esistenza di MPF, ma non spiegava da che cosa era composto MPF, quindi le risposte A e B sono entrambe non corrette. A quel tempo, gli scienziati non erano consapevoli che le cicline e/o le molecole CDK avessero un ruolo nel promuovere la mitosi. Allo stesso modo non erano consapevoli della via di segnalazione coinvolta nell’attivazione di MPF, quindi non potevano sapere se poteva essere attivato da recettori di segnalazione di superficie. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 48 Risposte © 978-88-08-42128-9 2. 3. 4. 5. Di conseguenza anche la risposta D non è corretta. Sebbene la risposta C costituisca un’affermazione corretta, non è supportata da tutti i dati forniti dall’esperimento. I dati permettono, invece, la conclusione che MPF sia richiesto dalle cellule per passare attraverso tutti i punti di controllo del ciclo cellulare, poiché l’iniezione di MPF può indurre a ogni stadio la mitosi nelle cellule. Quindi, la risposta E è corretta. Riesaminate la Sezione 13.2 (Il punto di controllo G2/M è il segnale che avvia il riarrangiamento su larga scala dell’architettura cellulare). A. A è la risposta corretta perché la presenza sia di una ciclina specifica sia della sua corrispettiva chinasi dipendente da ciclina sono richieste dalle cellule per passare attraverso un punto di controllo specifico. La degradazione delle cicline non è richiesta a ogni punto di controllo, come dimostrato dal fatto che la maggior parte di esse ha un ruolo in due fasi diverse del ciclo cellulare. Quindi la risposta B non è corretta. La risposta C è un’affermazione non corretta perché le chinasi dipendenti da ciclina sono quelle che vengono fosforilate. Come affermato nella sezione 13.2 (L’attivazione dei complessi ciclina-CDK inizia nella fase G1), cicline e CDK agiscono come complessi. Quindi, l’espressione di una ciclina non può causare la degradazione di una CDK. Infatti le CDK non vengono degradate; sono sempre presenti nella cellula, e vengono attivate/disattivate in base alla presenza delle loro corrispettive cicline. Quindi, anche la risposta E non è corretta. Riesaminate la Figura 13.8 per maggiore chiarezza. B. Per progredire nella fase S, i fattori di trascrizione chiamati E2F devono essere accesi. Gli E2F hanno un ruolo nell’iniziare la trascrizione dei geni che codificano le proteine coinvolte nella replicazione del DNA. Durante la fase G1, gli E2F sono inattivati dalle proteine a tasca come Rb, ma quando la ciclina D/CDK4 fosforila Rb, questo non è più capace di sopprimere gli E2F, attivandoli in tal modo. Riesaminate la Sezione 13.2 (Fase 4 del ciclo cellulare: i complessi ciclina-CDK attivi fosforilano proteine a tasca, che attivano a loro volta gli E2F). C. L’attivazione del complesso di trascrizione basale corrisponde direttamente all’espressione genica, poiché questo complesso decide se trascrivere o meno un gene. Poiché gli E2F sono noti come fattori di trascrizione, essi devono regolare l’espressione genica a questo livello di trascrizione, anziché a livello della proteina, come indicherebbero le risposte A, B, D ed E. D. Sia ATM che ATR si legano alle chinasi Chk1 e Chk2, che bloccano la progressione nella fase M fino a quando la riparazione del DNA viene completata, facendo rispettare il punto di controllo del ciclo cellulare. La risposta A non è corretta perché sebbene ATM sia coinvolta nella riparazione delle rotture del doppio filamento di DNA, non esegue queste riparazioni da sola. ATM è, invece, una delle tante proteine che aiutano a creare un sito di legame affinché le proteine di riparazione si assemblino (vedi Sezione 13.2). La risposta B non è corretta perché non spiega come ATM aiuti a far rispettare un punto di controllo del ciclo cellulare; afferma semplicemente un fatto che riguarda ATM. La risposta C non è corretta, essendo la proteina qui descritta la proteina Wee1 (vedi Figura 13.18). La risposta E è un’affermazione non corretta. CAPITOLO 14 VALUTAZIONE DEI CONCETTI 1. La “riparazione delle ferite” a livello di singole cellule avviene quando le membrane danneggiate si risaldano, vengono rimpiazzati gli organelli danneggiati e le molecole danneggiate vengono rimosse e rimpiazzate da molecole neosintetizzate. Analogamente alla funzione di rivestimento degli epiteli, la membrana plasmatica è la prima barriera contro il danno cellulare e, così come le giunzioni cellula-cellula e cellula-matrice che si formano dalle cellule epiteliali per rinforzare l’intero tessuto epiteliale, la membrana plasmatica può venire rinforzata da proteine di membrana George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 2. 3. 4. 49 di collegamento al citoscheletro. Quando danneggiata, la membrana plasmatica può risaldarsi spontaneamente grazie alla proprietà anfipatica dei fosfolipidi di membrana, e le proteine di membrana danneggiate possono venire rimosse e sostituite. Poiché la cellula è l’unità fondamentale della vita (vedi Capitolo 1), questa riparazione deve avvenire rapidamente per preservare il disequilibrio chimico essenziale a mantenere la cellula in vita. Quindi, in questo contesto il decimo principio si applica a singole cellule poiché i fosfolipidi e le proteine di membrana vengono rimpiazzati per mantenere l’integrità strutturale, proprio come le cellule e l’ECM vengono rimpiazzate negli epiteli danneggiati. Non essere capace di idrolizzare l’ATP significa che l’energia immagazzinata nel legame che collega il secondo e il terzo (b e g) fosfato non è disponibile per compiere lavoro. I potenziali d’azione richiedono gradienti di ioni Na+ e K+ attraverso la membrana plasmatica, e questi gradienti sono generati dalla pompa proteica ATPasi Na+/K+. Se la cellula nervosa non può idrolizzare ATP, non può mantenere questi gradienti e così dissiperà rapidamente i gradienti esistenti e successivamente non sarà in grado di generare nessun altro potenziale d’azione. Se la cellula fosse mantenuta in questo mezzo abbastanza a lungo morirebbe, perché non sarebbe capace di scindere l’ATP e morirebbe effettivamente di fame. Un cuore dissezionato mantenuto in una soluzione di NaCl continuerà a battere fino a che non esaurirà la sua fonte energia o finirà le sue riserve di K+ e Ca2+ intracellulari. L’NaCl presente nella soluzione è cruciale perché sostituisce il fluido extracellulare naturale, che è ricco di NaCl rispetto all’interno della cellula. Il fluido di NaCl aiuta le cellule del muscolo cardiaco a mantenere il loro gradiente di Na+, ed è cruciale per avviare e mantenere i potenziali d’azione. Quando la soluzione viene sostituita da un fluido ricco di KCl, questo mantiene i gradienti chimici di Na+ e K+ attraverso le membrane plasmatiche delle cellule muscolari cardiache: il Na+ è ora più abbondante all’interno delle cellule che all’esterno, e il K+ è più abbondante all’esterno che all’interno delle cellule. In queste condizioni i gradienti chimici spingono Na+ fuori dalle cellule e K+ dentro le cellule. Poiché i potenziali d’azione hanno inizio con un afflusso rapido di ioni Na+ nel citosol a partire dal fluido extracellulare, questa uscita rapida di Na+ dal citosol potrebbe iperpolarizzare la membrana plasmatica, invece di depolarizzarla, quindi non si genererebbe nessun potenziale d’azione. (Questa iperpolarizzazione impedisce anche ai canali per il K+ di aprirsi.) Senza un potenziale d’azione sulla membrana plasmatica, i rimanenti eventi a valle, compreso il rilascio di Ca2+ dal reticolo sarcoplasmatico, non avverrebbero e quindi non avverrebbe nessuna contrazione muscolare. Sostituire la soluzione di KCl con una soluzione di NaCl ristabilisce la direzione corretta dei gradienti di Na+ e K+, e quindi il cuore comincia di nuovo a battere, grazie alle cellule pacemaker che danno inizio ai potenziali d’azione nel cuore. I gradienti appropriati permettono ai potenziali d’azione di venire trasmessi da cellula a cellula e dentro i tubuli T, portando al rilascio di Ca2+ e alla contrazione muscolare. La sostituzione del fluido ricco di NaCL con quello ricco di KCl fermerà di nuovo il battito del cuore. L’esperimento di scambio di soluzioni può essere ripetuto per circa 30 minuti prima che il cuore esaurisca le sue riserve di energia e muoia. Oltre a permettere alle nostre gambe di piegarsi, la funzione delle ginocchia è quella di assorbire le forze di compressione, come dimostra l’abbondanza di cartilagine nell’articolazione del ginocchio, e di resistere alle forze di tensione (allungamento), come testimoniano i legamenti che tengono insieme le ossa. Il passaggio dal camminare su tutti e quattro gli arti al camminare solo sui due arti posteriori è un evento relativamente nuovo in termini evoluzionistici e molti fisiologi e antropologi sostengono che le nostre ginocchia non siano strutturate per resistere in maniera appropriata a queste forze per lunghi periodi di tempo. Quindi correre, scalciare, saltare e sollevare oggetti pesanti sottopongono i tessuti connettivi a uno sforzo incredibile, e alla fine questi si rompono. Il motivo per cui le lesioni al ginocchio George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 50 Risposte © 978-88-08-42128-9 si riparano abbastanza lentamente è che i tessuti connettivi del ginocchio hanno relativamente poche cellule o vasi sanguigni che li nutrono, quindi rimpiazzare cellule ed ECM danneggiate richiede molto più tempo rispetto, per esempio, alla pelle (che ha una densità cellulare e una proporzione di vasi sanguigni molto più alte). RISPOSTE ALLE DOMANDE DI VERIFICA 1. 2. 3. 4. Le cellule della massa cellulare interna alla fine si differenziano in tutti e tre i foglietti embrionali (ectoderma, mesoderma, endoderma) che danno origine a tutte le cellule e ai tessuti adulti. Quindi, isolare e far crescere le cellule della massa cellulare interna può salvaguardare questo potenziale differenziativo, anche in assenza del resto dell’embrione. Al contrario, il trofoblasto non può formare nessuna cellula o tessuto adulto; forma invece la placenta ed è quindi un elemento essenziale ma temporaneo durante lo sviluppo che viene eliminato dopo la nascita. Il tubulo prossimale all’interno del rene è responsabile del riassorbimento dei materiali immessi poi nel torrente circolatorio quando necessario. I pazienti con diabete hanno livelli elevati di glucosio nel sangue, il che significa che il glucosio è in eccesso nel torrente circolatorio. Questo eccesso di glucosio non viene riassorbito perché il corpo non ne ha bisogno; viene invece trasportato lungo i tubuli renali per essere eliminato nell’urina. Per determinare se un paziente ha il diabete, basta semplicemente esaminare il livello di glucosio nelle urine. Se c’è un’elevata concentrazione di glucosio nelle urine, è probabile che ce ne sia anche un’elevata concentrazione nel sangue. Il decimo principio della biologia cellulare sottolinea il fatto che le strutture macroscopiche dei sistemi fisiologici come il corpo umano sono analoghe alle strutture che si trovano all’interno di una singola cellula. A causa di questa somiglianza nell’organizzazione e nella funzione, i sistemi fisiologici complessi possono essere compresi più semplicemente come estrapolazioni delle funzioni biologiche delle cellule. Per esempio, il tessuto epiteliale agisce come un analogo della membrana cellulare, fornendo protezione dall’ambiente esterno attraverso la permeabilità selettiva e le funzioni specializzate che dipendono dal tipo di tessuto. La secrezione delle sostanze dalle ghiandole nei tessuti e organi circostanti è simile all’esocitosi dei materiali dall’interno delle cellule verso lo spazio extracellulare. Queste ghiandole sono analoghe alle pompe proteiche che si trovano nelle membrane all’interno della cellula, che rilasciano le sostanze in direzioni specifiche. Proprio come il glicocalice protegge il lisosoma dalla digestione idrolitica, le cellule possono rivestire le superfici o gli organi interni per impedire la loro degradazione da parte degli acidi contenuti all’interno. Un esempio di questo si osserva nello stomaco, dove un rivestimento mucoso interno protegge le pareti dello stomaco stesso dall’enzima digestivo gastrina, consentendogli di agire soltanto sul cibo che deve essere digerito. Il concetto della cromatina all’interno del nucleo che contiene il DNA e le proteine di supporto si può applicare anche ai tessuti del sistema nervoso che contengono i neuroni e le loro cellule gliali di supporto. La cromatina e i neuroni contengono le informazioni importanti, rispettivamente per la cellula e per il corpo, mentre le proteine di supporto e le cellule gliali aiutano queste strutture a trasmettere quelle informazioni. Proprio come il citoscheletro serve da impalcatura strutturale per la cellula e permette la migrazione cellulare, anche il muscolo scheletrico fornisce la stabilità strutturale e permette il movimento dei fluidi in uno scheletro altrimenti rigido. Il tessuto connettivo che si trova tra i tessuti epiteliale, nervoso e muscolare svolge una funzione simile all’ECM che circonda lo spazio tra le singole cellule. Come dimostrano questi esempi, si può usare una conoscenza di base della biologia cellulare per comprendere le funzioni più complesse svolte dai tessuti e dagli organi descritti nei corsi di anatomia e fisiologia. Un tema comune sempre presente in questo testo è che la forma di una proteina determina la sua funzione. Questo vale anche per i tre tipi di cellule muscolari: George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 51 scheletriche, cardiache e lisce. Il muscolo scheletrico è composto da cellule striate multinucleate che sono altamente organizzate. I sarcomeri sono allineati in fibrille raggruppate in parallelo per creare le fibre muscolari che vengono raggruppate insieme per formare un muscolo funzionale. Questa organizzazione lineare permette al muscolo di generare le forze elevate necessarie per muovere lo scheletro. Il muscolo cardiaco, come quello scheletrico, è striato e composto da cellule multinucleate. Una delle differenze principali col muscolo scheletrico è la ramificazione delle cellule muscolari cardiache. Questa ramificazione permette alle forze di essere generate in molteplici direzioni, cosa che è richiesta dalla complessità del controllo della direzione del flusso sanguigno nei vasi. Il muscolo scheletrico è organizzato linearmente perché la sua funzione è di muovere le ossa l’una verso l’altra, mentre il muscolo cardiaco deve essere ramificato per generare le forze necessarie a comprimere le camere a forma di sacco del cuore. Diversamente dal muscolo scheletrico e cardiaco, il muscolo liscio non è striato. Questo permette l’estensione dei complessi di actina/miosina necessari al muscolo scheletrico per contrarsi in tutte e tre le dimensioni. La generazione di questa forza tridimensionale permette al muscolo di controllare il diametro delle strutture tubulari del corpo, e di conseguenza la maggior parte delle strutture tubulari del corpo sono allineate dal muscolo liscio. Mentre il muscolo striato usa gli ioni calcio come controllo del legame actina/miosina, la contrazione del muscolo liscio è mediata dalla fosforilazione diretta delle proteine motrici miosina. La fosforilazione di una subunità di miosina la attiva indefinitamente fino a che il fosfato viene tagliato da una fosfatasi, inattivandolo. Questo meccanismo permette al muscolo liscio di rimanere contratto per lunghi periodi di tempo, una funzione che non può essere svolta dalla contrazione a breve termine del muscolo striato. Un esempio della contrazione a lungo termine del muscolo liscio si osserva nei vasi sanguigni durante la vasocostrizione. 5. Come discusso in questo capitolo nella sezione relativa al muscolo cardiaco, ci sono due meccanismi che controllano la contrazione di questo muscolo: i controlli intrinseci e quelli estrinseci. Le cellule pacemaker nel nodo SA stabiliscono la frequenza cardiaca e i controlli intrinseci, mentre i controlli estrinseci hanno origine dal sistema nervoso. I neuroni possono formare sinapsi con le cellule cardiache a livello del nodo AV, e ciò permette il rilascio dei neurotrasmettitori e l’inizio delle vie di segnalazione nelle cellule pacemaker. Le vie di segnalazione in queste cellule coinvolgono i canali ionici sulla membrana plasmatica, che controllano il flusso di ioni e influenzano la depolarizzazione di membrana. Poiché queste vie di segnalazione influenzano la depolarizzazione, i potenziali d’azione generati nelle cellule pacemaker possono venire alterati, portando a cambiamenti nella frequenza cardiaca e nel flusso sanguigno. Sulla base di queste conoscenze, la nitroglicerina può attivare una via di segnalazione nelle cellule pacemaker che coinvolge gli effettori che regolano lo stato di rilassamento dei vasi sanguigni. I nitrati, infatti, causano vasodilatazione attivando una via di segnalazione che stimola un fattore di rilassamento che deriva dall’endotelio (EDRF) rilasciato dall’endotelio per promuovere il rilassamento muscolare. 6. L’adrenalina scatena varie risposte nei vasi sanguigni innescando diverse vie di segnalazione nel muscolo liscio, portando a vasodilatazione o vasocostrizione. Mentre il segnale è lo stesso per tutte le vie di segnalazione, il muscolo liscio risponde in maniera diversa tramite vari recettori presenti sulla membrana plasmatica. Come discusso nel Capitolo 11, la trasduzione del segnale richiede almeno un segnale, un recettore e un effettore, ma un segnale può legarsi a più recettori per scatenare risposte diverse nella cellula. L’adrenalina esercita vari effetti sul muscolo liscio del sistema cardiovascolare legandosi a diversi tipi di recettori sulle membrane delle cellule muscolari lisce. Il segnale e l’effettore (rispettivamente l’adrenalina e il muscolo liscio) rimangono gli stessi, ma i recettori variano a seconda dell’effetto desiderato. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore 52 Risposte © 978-88-08-42128-9 7. La peristalsi nel tratto GI coinvolge ondate di contrazione sincronizzate con precisione per trasportare il cibo durante la digestione, proprio come la frequenza cardiaca è sincronizzata con precisione dalle cellule pacemaker nel nodo SA. La maggior parte dei modelli della regolazione peristaltica coinvolgono due livelli di regolazione simili a quelli osservati nel muscolo cardiaco. Il primo livello di regolazione coinvolge il controllo intrinseco sotto forma di una linea basale di contrazione chiamata onda lenta. Le cellule dell’ICC stabiliscono questa onda lenta che dipende dal passaggio dei potenziali d’azione attraverso le giunzioni gap alle vicine cellule del muscolo liscio, stimolando la contrazione. Questo processo è simile a quello in cui i nodi SA e AV innescano la contrazione del muscolo cardiaco facendo passare i potenziali d’azione attraverso le giunzioni gap dei dischi intercalati alle fibre circostanti del cuore. Per questa ragione spesso ci si riferisce alle ICC come alle cellule pacemaker GI. Come il muscolo cardiaco, anche il muscolo GI è regolato dai controlli estrinseci sotto forma di sinapsi tra le cellule nervose e le ICC. Alcuni stimoli che derivano dal sistema nervoso favoriscono le contrazioni peristaltiche mentre altri riducono le contrazioni, proprio come la frequenza cardiaca può essere aumentata o diminuita stimolando il nodo SA. 8. Le ossa lunghe come il femore e l’omero sono composte principalmente da un tessuto connettivo denso con una concentrazione elevata di collagene di tipo I e poche cellule che secernono e mineralizzano l’ECM. Questo tessuto connettivo è impacchettato densamente e il collagene è ordinatamente allineato in fogli paralleli, simili alla struttura del compensato. Questa organizzazione strutturale suggerisce che l’osso debba resistere a forze elevate e quindi debba essere compatto, cosa che avviene nel caso delle ossa lunghe. Infatti, il femore è l’osso più forte del corpo e può resistere a forze molto elevate prima di fratturarsi. La cartilagine è un’altra forma di tessuto connettivo denso, ma diversamente dalle ossa lunghe è composta da collagene II. Anche la cartilagine è altamente organizzata e può resistere alle forze esercitate dalle estremità delle ossa lunghe, che contraggono la cartilagine a livello della superficie delle articolazioni. La cartilagine assorbe la forza, quindi si trova nei siti in cui il corpo è normalmente esposto ai traumi fisici. 9. Ci si riferisce all’isotropia come alla capacità di resistere ugualmente alle forze esercitate in tutte le direzioni, mentre nel caso dell’anisotropia la capacità di una struttura di resistere alla forza varia a seconda della direzione in cui viene applicata. I legamenti che connettono le ossa tra loro manifestano anisotropia perché questi tessuti possono resistere alle forze di tensione lungo i loro assi, ma sono più deboli in tutte le altre direzioni. La cartilagine, d’altra parte, è molto più isotropica dei legamenti perché il suo ruolo è resistere alle forze provenienti da direzioni diverse all’interno dell’articolazione. Inoltre fa da cuscinetto per l’articolazione, impedendo alle ossa lunghe opposte di sfregare l’una contro l’altra. L’immagine della Figura 14.25 suggerisce che la testa del femore è più isotropica grazie alla sua forma e al fatto che si inserisce nell’articolazione dell’anca. L’articolazione dell’anca assorbe regolarmente il peso quando una persona sta in piedi, cammina o svolge le altre attività quotidiane, e può muoversi in molti modi, come la rotazione interna o esterna. Quindi, la cartilagine deve resistere alle forze che derivano da più direzioni mentre impedisce alle ossa opposte nell’articolazione di entrare direttamente in contatto tra loro. 10. Nel tessuto connettivo delle orecchie è presente in grandi quantità la proteina della matrice extracellulare elastina, che permette alle cellule e ai tessuti circostanti di assorbire traumi fisici. Tale tessuto ritorna alla sua forma originaria dopo che la forza deformante non è più applicata. Come abbiamo visto nel Capitolo 6, l’elastina ritorna alla sua forma originaria dopo la deformazione grazie alla sua struttura molecolare idrofobica e ai legami incrociati. Tuttavia, quando la forza rimane sostenuta per un lungo periodo di tempo, come quando si indossano orecchini pesanti giorno dopo giorno, le fibre di elastina possono logorarsi lentamente. Questo George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore Risposte © 978-88-08-42128-9 53 si osserva anche durante l’invecchiamento, quando le fibre di elastina si logorano principalmente a causa della forza gravitazionale sugli orecchini: le fibre di elastina del lobo dell’orecchio si allungano e infine il tessuto cede. Quando la forza esercitata dall’orecchino è troppo forte perché il tessuto resista, l’orecchino col tempo può lacerare il lobo dell’orecchio fino a portare a un taglio del tessuto. RISPOSTE ALLE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA 1. 2. 3. 4. 5. A. Le risposte B, C, D ed E sono tutte affermazioni che si applicano sia al tessuto connettivo sia a quello epiteliale, il che rende A la risposta corretta. Il tessuto connettivo non forma complessi giunzionali, mentre le singole cellule che compongono il tessuto epiteliale usano i complessi giunzionali per rimanere collegate. Vedi Sezione 14.2 per maggiore chiarezza. Al contrario, il tessuto connettivo è ciò che tiene insieme le altre cellule, eliminando la necessità dei complessi giunzionali. Vedi Sezione 14.5. B. Quando il canale per il calcio dipendente dal voltaggio sul REL permette agli ioni calcio di passare dal lume del RE del muscolo scheletrico al citosol, gli ioni si legano alla troponina, che poi cambia forma in modo tale che la tropomiosina venga spinta fuori, esponendo il sito di legame alla miosina dell’actina. Questo permette al muscolo scheletrico di contrarsi. Quindi la risposta B è corretta. Riesaminate la Figura 14.18 per maggiore chiarezza. C. La risposta A non è corretta perché il canale per il Na+ dipendente da ligando è aperto durante la depolarizzazione della membrana plasmatica, invece che nell’iperpolarizzazione. Dopo che avviene l’iperpolarizzazione, la pompa Na+/ K+ porta la cellula ad arrestare il potenziale di membrana, quindi anche la risposta B non è corretta. Il canale per il potassio coinvolto qui non “perde” ioni ma è dipendente dal voltaggio, quindi la risposta D è un’affermazione del tutto errata. Il rivestimento del foglio di mielina intorno all’assone non influenza l’iperpolarizzazione di una membrana già depolarizzata, e quindi anche la risposta E non è corretta. Poiché il canale per il K+ dipendente dal voltaggio permette agli ioni potassio di seguire il loro gradiente (fuori dalla cellula), c’è un punto dove vengono persi troppi ioni potassio, portando la cellula a essere iperpolarizzata. Vedi Sezione 14.3 per maggiore chiarezza. D. La pompa Ca2+ si trova sul REL e pompa gli ioni calcio dal citosol al lume del RE. Questo riduce la concentrazione di ioni calcio citosolici, rimuovendo il calcio dalla troponina e invertendo i passaggi di attivazione delineati nella domanda a scelta multipla 2 riportata qui sopra. Le risposte A, C ed E non sono corrette perché non è richiesto il trasporto degli ioni calcio per la trasmissione del potenziale d’azione. La risposta B non è corretta perché le cellule dei muscoli scheletrici non usano la fosforilazione della miosina per stimolare la contrazione. E. Le cellule dei muscoli striati dipendono dall’esposizione dei siti di legame dell’actina alla miosina, che è guidata dai flussi di ioni calcio (vedi Figura 14.18). Poiché gli ioni non rimangono nel citosol delle cellule muscolari e sono recuperati dai canali per il calcio dipendenti dal voltaggio, la contrazione è relativamente breve a meno che non continuino ad arrivare più potenziali d’azione alla giunzione neuromuscolare. Quando gli ioni calcio non sono presenti, l’actina non può legarsi alla miosina. Al contrario, le cellule dei muscoli lisci hanno bisogno solo di un afflusso di ioni calcio per mettere in atto una via di trasmissione del segnale. Tale via termina con la miosina fosforilata e quindi rimane bloccata in uno stato permanentemente attivo fino a che un altro enzima (una fosfatasi) arriva e rimuove il fosfato. Riesaminate la Sezione 14.4 per maggiore chiarezza. George Plopper, Principi di biologia della cellula © 2016 Zanichelli editore