CHIMICA: ELEMENTI, COMPOSTI E MISCELE: Si definisce materia tutto ciò che ha una massa ed occupa uno spazio. La materia è il costituente fisico dell’universo ed è caratterizzata dall’occupare uno spazio e dal possedere una massa. I costituenti fondamentali della materia sono gli atomi. Il termine atomo significa “non divisibile” ed indica una serie di particelle fondamentali che mantengono la loro identità durante le reazioni chimiche. Gli atomi possono legarsi tra loro in una serie innumerevole di combinazioni creando così ciò che in chimica definiamo sostanze pure (o individui chimici) o più semplicemente sostanze. Le sostanze pure sono dotate di proprietà chimichefisiche proprie che non possono essere modificate mediante sistemi di separazione fisica. La particella minima che conserva tutte le caratteristiche chimiche e fisiche di una certa sostanza è detta molecola. Le sostanze pure (o individui chimici) possono essere a loro volta suddivise in: elementi e composti. Si definisce elemento o sostanza allo stato elementare una specie chimica pura costituita da atomi dello stesso tipo che si combinano tra loro secondo rapporti numerici ben precisi (H2, S8, He, Al ecc..). H2 = IDROGENO S8 = ZOLFO He = ELIO Al = ALLUMINIO Da questa definizione è facile dedurre che, essendo gli elementi costituiti da atomi dello stesso tipo, essi non possono essere scomposti in sostanze più semplici. Attualmente si conoscono più di 110 elementi diversi di cui solo 90 sono presenti in Natura. I rimanenti sono stati ottenuti artificialmente in laboratorio. Si definisce composto una sostanza pura che è costituita da atomi a due o più elementi diversi presenti in rapporti ponderali e costanti ed uniti tra loro mediante legami chimici (H2O, HCl, NaOH, C6H12O6, ecc..). Essendo costituiti da più atomi appartenenti ad elementi diversi, i composti presentano caratteristiche chimico-fisiche diverse da quelle dei loro costituenti di partenza. Inoltre la loro natura ci suggerisce che è possibile, mediante metodi chimici, scindere i legami che tengono uniti i vari atomi del composto per ottenere gli elementi costituenti da cui derivano. 2H2O (l) (composto) → 2H2(g) + O2 (g) (elementi). Quando una porzione di materia è costituita da una sola sostanza, questa è necessariamente pura e la materia viene definita omogenea. Diversamente, quando la materia è costituita da più sostanze (elementi o composti) unite tra loro in proporzioni variabili siamo in presenza di una miscela. Le varie sostanze di una miscela possono essere separate ed isolate mediante metodi fisici, senza alterare le proprietà dei singoli costituenti di partenza. A seconda della possibilità di distinguere o meno i vari componenti delle miscele, queste possono essere classificate come miscele omogenee o miscele eterogenee. Si definisce miscela omogenea una miscela di composizione uniforme in ogni punto del campione ed i cui componenti non sono macroscopicamente distinguibili tra loro (acqua di mare con i suoi sali disciolti, bevande come il thè o il vino, l’aria). Le miscele omogenee sono costituite da un’unica fase, ovvero si presentano fisicamente identiche in ogni punto del campione. L’aria è una miscela gassosa omogenea costituita da: 78% di N2, 21% di O2 e 1% di altri gas. Definiamo questa miscela come omogenea in quanto: 1) I vasi gas che la costituiscono non sono macroscopicamente distinguibili tra loro. 2) La composizione dell’aria è la stessa in ogni punto del campione. Le miscele possono essere costituite da: gas (aria), liquidi (vino), solidi disciolti in liquidi (acqua di mare o zucchero disciolto in acqua), o solidi (lega metallica). Le miscele omogenee costituite da liquidi (miscela di acqua in alcool) o da solidi disciolti in liquidi (acqua di mare, acqua e zucchero) prendono il nome di soluzioni. Si definisce miscela eterogenea una miscela di composizione non uniforme i cui componenti sono macroscopicamente distinguibili tra loro e possono facilmente essere separati mediante metodi fisici. Le miscele eterogenee sono quindi costituite da due o più fasi, ovvero da porzioni di materia che differiscono tra loro e sono delimitate da superfici di separazione fisicamente definite. Le fasi solitamente possono essere distinte ad occhio nudo, pensiamo ad esempio alla miscela eterogenea tra olio e acqua (l'olio galleggia sull'acqua formando due fasi distinte) o tra solidi diversi (la sabbia di mare è costituita da granelli solidi chimicamente e fisicamente diversi per forma e costituzione). In altri casi le fasi sono difficilmente distinguibili ad occhio nudo ma ad un'attenta analisi, supportata eventualmente dall'impiego di un microscopio, è possibile verificare che ogni componente della miscela eterogenea esiste come sostanza individuale. È il caso ad esempio del latte (miscela eterogenea di grassi, proteine e acqua) o del sangue caratterizzato da una parte corpuscolare dispersa in una miscela di sostanze allo stato liquido. Le miscele eterogenee in cui un solido è disperso in un liquido, conosciute con il nome di dispersioni, possono essere a loro volta classificate in due categorie in base alle dimensioni particellari del solido: 1. Prendono il nome di sospensioni se il solido è formato da particelle con diametro superiore ad 1 µm (1 µm = 10-6 m); 2. Prendono il nome di dispersioni colloidali se le particelle hanno un diametro compreso tra 1 e 1000 nm (1 nm = 10-9 m). Le dispersioni colloidali sono caratterizzate dal cosiddetto effetto Tyndall, ovvero da quel fenomeno per cui un raggio luminoso che attraversa una dispersione colloidale genera un'opalescenza luminosa dovuta alla diffusione della luce da parte delle particelle disperse. Le particelle che costituiscono la dispersione colloidale esibiscono il caratteristico moto Browniano, cioè se osservate all'ultramicroscopio appaiono animate da un movimento rapido e continuo. Le miscele eterogenee costituite da due liquidi immiscibili, ad esempio olio ed acqua, prendono il nome di emulsioni. Nelle emulsioni si possono individuare due o più fasi, la fase presente in concentrazione maggiore prende il nome di fase disperdente, la fase presente in concentrazione minore prende il nome di fase dispersa. I gas costituiscono un caso a sé. Essi sono idealmente miscibili tra loro in qualsiasi proporzione ed è solitamente difficile distinguere le varie fasi della miscela. Di conseguenze le miscele gassose sono sempre considerate omogenee. STATI DI AGGREGAZIONE DELLA MATERIA: In natura la materia è presente in vari stati fisici (o stati di aggregazione). La scienza ne identifica tre: stato solido, liquido, stato aeriforme e stato di plasma. Lo stato di plasma è costituito da una sorta di gas formato da particelle cariche ed è presente solo in condizioni di temperatura e pressione critiche, al di fuori delle normali condizioni di laboratorio. Lo studio dello stato di plasma è prevalentemente di interesse fisico piuttosto che chimico. Per quanto riguarda gli stati: solido, liquido e aeriforme, sappiamo che le sostanze possono essere presenti in questi tre stati a seconda delle condizioni di pressione e temperatura alla quale si trovano. Il caso più noto è quello dell'acqua: essa è presente allo stato solido (ghiaccio) a temperature inferiori a 0 °C, allo stato liquido a temperature comprese tra 0 °C e 100 °C e allo stato aeriforme sopra i 100 °C (alla pressione di 1 Atm). Anche altre sostanze, che siamo soliti considerare solide (Ferro, Oro, Titanio) o gassose (CO2; H2, He), possono cambiare stato di aggregazione al variare di pressione e temperatura. Il ferro, ad esempio, diventa liquido a 1538 °C, mentre la CO2 solidifica a -80 °C prendendo il nome di “ghiaccio secco”. Lo stato fisico in cui si presenta la materia dipende dal tipo, dal numero e dalla forza delle interazioni fra le particelle da cui è costituita. Queste interazioni spiegano quindi perchè il Ferro, l'acqua e la CO2 sono, rispettivamente, un solido, un liquido ed un aeriforme a temperatura ambiente e presentano temperature di fusione, solidificazione ed evaporazione estremamente diverse. I vari stati fisici sono stati classificati empiricamente in base a caratteristiche macroscopicamente evidenti. I solidi hanno forma e volume propri e definiti. Se poniamo un solido in un contenitore non osserviamo nè una variazione del volume nè un cambiamento della sua forma. Basti pensare a delle rocce raccolte da terra e messe in un contenitore, una volta nel contenitore esse mantengono sia il proprio volume che la propria forma. Le particelle che costituiscono i solidi sono strettamente legate tra loro ed occupano posizioni fisse ovvero non possono mettersi in movimento. L'unico movimento consentito alle particelle che costituiscono i solidi è quello di tipo vibrazionale. I liquidi hanno un volume proprio e de nito ma una forma NON definita in quanto tendono ad assumere la forma del recipiente che li contiene. Se versiamo un liquido da un contenitore ad un altro, esso manterrà sempre lo stesso volume ma la sua forma cambierà adattandosi a quella del recipiente. Le particelle che costituiscono i liquidi si muovono di continuo ma le forze di interazione che le tengono aggregate sono tali da permettere al liquido di occupare un volume definito. I liquidi mantengono il loro volume ma assumono la forma del recipiente che li contiene. Aeriformi (gas e vapori) NON hanno una forma nè un volume definiti ma si adattano al recipiente che li contiene occupandone interamente il volume. Le particelle in questo caso sono perfettamente mobili ed indipendenti tra loro, questo consente agli aeriformi di occupare tutto lo spazio a loro disposizione. Tale classificazione, basata su osservazioni empiriche, può talvolta risultare ambigua. Pensiamo al caso del vetro, nel passare dallo stato liquido allo stato solido, il vetro aumenta gradualmente la sua viscosità diventando via via meno fluido ed iniziando ad acquisire un'aggregazione tipica dei solidi. Tuttavia non è possibile definire con precisione il momento esatto in cui esso passi dallo stato liquido a quello solido. In questo caso siamo in presenza di un range di temperature entro il quale avviene il processo di solidificazione. I solidi di questo tipo vengono classificati come solidi amorfi. Definiamo solido amorfo qualsiasi solido che presenta una struttura disordinata nelle posizioni degli atomi o delle molecole che lo costituiscono. Poichè i vetri sono la classe più nota di questi solidi, questo stato della materia viene chiamato stato vetroso. I liquidi e gli aeriformi vengono definiti nel loro complesso fluidi in quanto non sono dotati di una forma propria ma si adattano a quella del recipiente che li contiene. Tutti i fluidi presentano particelle dotate di energia vibrazionale, rotazionale e traslazionale. Gli aeriformi possono essere a loro volta classificati come: gas se si trovano al di sopra della loro temperatura critica Tc; vapori se si trovano al di sotto della loro temperatura critica Tc. Il passaggio delle molecole dallo stato liquido a quello aeriforme viene detto vaporizzazione. Si definisce temperatura critica (Tc) la temperatura oltre la quale una sostanza non può più essere liquefatta per semplice variazione di pressione. Fornendo o sottraendo energia termica (calore) al sistema è possibile variare lo stato di aggregazione della materia. Questo fenomeno è conosciuto come passaggio di stato. La conseguenza di questo fenomeno è il passaggio della sostanza dallo stato solido a quello liquido e successivamente a quello aeriforme. Un aumento di pressione normalmente agisce in senso opposto favorendo la vicinanza e l'aggregazione tra particelle aumentando le interazioni intermolecolari e riducendone la mobilità. Un aumento di pressione fa generalmente passare le sostanze dallo stato gassoso a quello liquido. Nelle trasformazioni in cui è necessario aumentare la mobilità delle molecole, ovvero nei passaggi di stato solido → liquido e liquido → aeriforme, è necessario fornire calore al sistema. Nelle trasformazioni in cui è necessario ridurre la mobilità tra le molecole, ovvero nel senso opposto al precedente, è necessario sottrarre calore al sistema. I passaggi di stato NON variano la natura della sostanza da un punto di vista chimica ma ne modificano esclusivamente le sue proprietà fisiche; questi fenomeni sono dunque classificati come trasformazioni fisiche. Durante il passaggio di stato il calore fornito al sistema viene impiegato interamente nella rottura dei legami chimici intermolecolari (tra molecole). Non si osserva quindi variazione di temperatura, basti pensare a dell'acqua in ebollizione che mantiene i 100 °C finchè non è completamente evaporata. La quantità di calore necessaria a provocare il cambiamento di stato di aggregazione di una determinata quantità di sostanza è definita calore latente. Esso può essere espresso in cal/g, joule/g o alternativamente in cal/mol o joule/mol. Lo scambio di calore latente ha luogo in condizioni isotermiche, ovvero non è associato ad alcuna variazione di temperatura. Diversamente dal calore latente, il calore sensibile è definito come la quantità di calore necessaria per provocare una variazione di temperatura di 1 °C per grammo (o per mole) di sostanza considerata. Il calore sensibile NON induce alcun passaggio di stato ma provoca esclusivamente un aumento di temperatura. PASSAGGIO DI STATO SOLIDO-LIQUIDO (FUSIONE): Fornendo calore ad un solido si osserva un aumento di temperatura finché il solido non raggiunge il punto di fusione, ovvero la temperatura alla quale si verifica il passaggio di stato (fusione del solido). Da questo momento in poi il calore fornito dal sistema (calore latente di fusione) viene interamente impiegato nella rottura dei legami intermolecolari e la temperatura del sistema rimane costante finché non avviene la completa fusione del solido. Il punto di fusione delle sostanze cristalline pure ha un valore preciso ed è impiegato in chimica analitica per l’identificazione di sostanze incognite. La presenza di impurezze nel campione, o il cambiamento del suo stato cristallino, induce una variazione del punto di fusione. Tale variazione è causata dalla distribuzione disordinata e non omogenea del campione ed induce una variazione di quantità di energia necessaria per rompere i legami. Si parla in questo caso di intervallo di fusione che è caratteristico dei solidi amorfi (ovvero non cristallini). PASSAGGIO DI STATO LIQUIDO-AERIFORME (VAPORIZZAZIONE O EVAPORAZIONE): Il calore necessario per indurre il passaggio di stato da liquido a vapore è definito calore latente di evaporazione. Durante il passaggio di stato non si osserva variazione di temperatura ma l’energia fornita viene interamente impiegata nella rottura dei legami tra le molecole del liquido. I liquidi puri sono caratterizzati da una temperatura di ebollizione che può essere impiegata a scopo analitico per comprenderne la natura di una sostanza incognita. L’utilizzo del punto di ebollizione a scopo analitico richiede molta cautela. Questo parametro infatti risente in modo significativo delle condizioni di pressione in cui si trova il sistema. Un aumento di pressione induce un aumento del punto di ebollizione del liquido (si pensi alla pentola a pressione dove dell’acqua, prima di passare allo stato aeriforme, raggiunge temperature superiori a 100 °C); al contrario, una riduzione della pressione induce una diminuzione del punto di ebollizione (l’acqua ad alte quote bolle a temperature basse). Questo fenomeno viene sfruttato per ridurre le temperature di processo nelle distillazioni sottovuoto. Se il fenomeno di vaporizzazione riguarda solo la superficie del liquido si parla di evaporazione, se riguarda l’intera massa liquida prende il nome di ebollizione. PASSAGGIO DI STATO AERIFORME-LIQUIDO (CONDENSAZIONE): Quando una massa aeriforme cede calore all’ambiente trasformandosi in un liquido si verifica il fenomeno della condensazione. Parte dell’energia delle particelle in fase vapore viene ceduta all’ambiente inducendo una diminuzione della loro energia cinetica il che favorisce le interazioni tra molecole. Il vapore quindi diventa un liquido, mentre l’ambiente assorbe calore. Il fenomeno è evidente quando, il vapore di una pentola d’acqua in ebollizione incontra le pareti più fredde della cucina e si formano sulle piastrelle delle goccioline d’acqua condensata. PASSAGGIO DI STATO LIQUIDO-SOLIDO (SOLIDIFICAZIONE): Quando si sottrae calore ad una massa liquida, questa tende a solidificarsi. Anche in questo caso, la temperatura del liquido rimane costante finché il passaggio di stato non è completo. Analogamente al fenomeno della condensazione, le particelle ad energia maggiore (liquide) cedono calore all’ambiente riducendo la loro energia cinetica, il che provoca un aumento delle interazioni intermolecolari e di conseguenza la solidificazione del liquido. PASSAGGIO DI STATO SOLIDO-AERIFORME (SUBLIMAZIONE): Alcune sostanze hanno la capacità di passare direttamente dallo stato solido a quello aeriforme senza subire alcun processo di fusione, il fenomeno prende il nome di sublimazione. È il caso della naftalina che dallo stato solido sprigiona dei vapori utilizzati per prevenire l’attacco delle tarme. Analogamente il ghiaccio secco (CO2 allo stato solido) tende a formare vapori di CO2 senza subire fusione. Il fenomeno di sublimazione che riguarda l’acqua, ovvero il passaggio diretto da ghiaccio a vapore in condizioni di pressione ridotta, prende il nome di liofilizzazione ed è impiegato nella conservazione dei cibi. PASSAGGIO DI STATO AERIFORME-SOLIDO (BRINAMENTO): E’ il passaggio inverso rispetto alla sublimazione, ovvero la sostanza cede calore all’ambiente e passa direttamente dallo stato aeriforme a quello solido, senza liquefarsi. Il fenomeno è facilmente visibile nella solidificazione della nebbia sui vetri delle automobili in opportune condizioni climatiche. Nei passaggi di stato la temperatura di ebollizione coincide con quella di condensazione e la temperatura di solidificazione coincide con quella di fusione. METODI DI SEPARAZIONE: Separare le componenti di un miscuglio può risultare più semplice per quelli eterogenei e più complessa per quelli omogenei. I metodi più usati per separare i miscugli eterogenei sono: filtrazione, centrifugazione e decantazione. FILTRAZIONE: Questo metodo ci permette di separare i componenti di una sospensione utilizzando dei filtri fatti di carta, opportunamente piegati in modo da aumentare la superficie di contatto con la miscela che si deve separare. Una volta versata la miscela, il componente solido, chiamato residuo, rimane sul filtro, mentre il liquido, ormai filtrato passa e va nel recipiente usato. La filtrazione la si può usare per separare particelle solide di varie dimensioni, di miscugli sia solidi che gassosi. Ovviamente l’efficacia della separazione dipende dai diametro dei pori del filtro, se questi hanno un diametro di circa 1 μm, il filtro riesce a trattenere anche i batteri. Spesso il metodo della filtrazione serve per filtrare l’aria in alcuni ambienti di lavoro, per fare in modo che particelle in essa dispersa non vadano a contaminare i prodotti. CENTRIFUGAZIONE: La centrifugazione è usata per separare i componenti di una miscela eterogenea che hanno diversa densità. La miscela da separare viene messa in una provetta e viene posto in una centrifuga. Questo macchinario ruotando a velocità tale da fornire un’accelerazione superiore a quella di gravità, fornisce una forza centrifuga maggiore sul componente più denso, che si depositerà sul fondo della provetta. Il liquido meno denso che rimane in superficie potrà essere eliminato per decantazione o con una pipetta. In biologia la centrifuga è molto usata per separare le componenti delle cellule viventi. DECANTAZIONE: La decantazione permette di separare in modo approssimativo un componente solido o liquido, disperso in un liquido di diversa densità. Grazie all’azione della forza di gravità avviene la separazione dei componenti secondo la diversa densità. Spesso la decantazione serve a chiarificare un liquido quindi diventa l’operazione che precede la filtrazione. I metodi usati per separare i miscugli omogenei devono sfruttare le differenze tra le proprietà delle componenti della miscela. Quindi i metodi usati sono: la cromatografia, l’estrazione, la cristallizzazione e la distillazione. CROMATOGRAFIA: La cromatografia è una tecnica che sfrutta la diversa velocità con cui i componenti di una soluzione trascinati da un fluido, detto fase mobile, migrano su un supporto, detto fase stazionaria. Abbiamo due tipi di cromatografia e cioè quella su carta e quella su strato. La cromatografia su carta funziona mettendo qualche goccia di soluzione all’estremità di una striscia di carta e si lascia asciugare. Si immerge tale estremità in un liquido che sarebbe la fase mobile; il liquido sale per capillarità lungo la striscia di carta e trascina con sè i vari componenti. Ciascuna componente è trattenuta in modo diverso dalla fase stazionaria e quindi salirà con velocità diversa lungo la striscia e raggiungerà altezze diverse. Dopo un determinato tempo i componenti saranno tutti separati. Nella cromatografia su strato la fase fissa è costituita da un sottile strato di materiale inerte, come silice e allumina, è fissata su una lamina di alluminio. Altre tecniche che usano gli stessi principi sono la gascromatografia (usa come fase mobile un gas) e la cromatografia ad alta pressione (HPLC) (usa come fase mobile un liquido ad alta pressione). ESTRAZIONE: Se un componente di un miscuglio è solubile in un liquido (solvente), esso può essere allontanato dal miscuglio. Questo avverrà grazie alla capacità del solvente di sciogliere il componente del miscuglio che si desidera. Per esempio immaginiamo di voler separare due soluti come cromato di potassio e iodio da un solvente, per esempio acqua. Si usa un imbuto separatore e si aggiunge alla soluzione un secondo solvente, per esempio trielina, in cui e solubile solo lo iodio. Si agita e dopo si lascia riposare, si vedrà che si formano due soluzioni distinte contenenti ciascuna un soluto. Quella con maggiore densità e cioè trielina con iodio si depositeranno sul fondo dell’imbuto separatore. Aprendo il rubinetto si fanno defluire in due contenitori le due soluzioni formate, la prima che andrà via è quella con trielina e iodio e poi quella con acqua e cromato di potassio. Poi si fanno evaporare i due solventi e quindi avremo ottenuto così i due soluti. Questo tipo di estrazione con solvente trova applicazione nell’industria farmaceutica. CRISTALLIZZAZIONE: La cristallizzazione è un metodo che consente di allontanare da un componente solido piccole quantità di altre componenti che lo rendono impuro; si basa sulla diversa solubilità in un solvente della componente da purificare. Per effettuare questo processo si deve usare un liquido in grado di sciogliere, a caldo, il componente da purificare e non i contaminanti. La soluzione così ottenuta viene filtrata in modo da separarla definitivamente dalle impurità. Il filtrato lasciato evaporare conterrà il solido puro sotto forma di cristalli. La cristallizzazione viene usata sia in campo farmaceutico che alimentare. DISTILLAZIONE: La distillazione è utile per la purificazione dei liquidi e si basa sulla diversa volatilità dei componenti delle miscele liquide. E’ una tecnica che consiste nel riscaldare una soluzione per trasformare uno dei componenti in vapore; successivamente si condensa il vapore che diventerà liquido. Questo metodo quindi racchiude due passaggi di stato e cioè l’evaporazione e la condensazione. Esiste la distillazione semplice che serve per separare il solvente da una soluzione che contiene un soluto, per esempio sale. Si porta prima ad ebollizione la soluzione in un pallone di distillazione, il vapore acqueo che si forma ritorna allo stato liquido passando in un refrigerante; il sale , invece, rimane come solido nel pallone di distillazione. Poi c’è la distillazione frazionata che separa due o più liquidi di una soluzione con punti di ebollizione diversi. Se due liquidi hanno temperature di ebollizione vicine, nel pallone di distillazione si aggiunge una colonna di frazionamento, nella quale la temperatura è intermedia tra le temperature di ebollizione delle due sostanze. La distillazione frazionata si usa soprattutto nelle raffinerie di petrolio per estrarre benzina, gasolio e cherosene. TRASFORMAZIONI CHIMICHE E NATURA ATOMICA DELLA MATERIA: La chimica è la scienza che permette di trasformare la materia attraverso la rottura e la formazione di legami chimici. I processi che permettono tale trasformazione prendono il nome di reazioni chimiche. PER TRASFORMAZIONE FISICA si intende un qualsiasi processo in cui la composizione chimica di una sostanza non varia, ma variano le sue proprietà fisiche (densità, temperatura). PER TRASFORMAZIONE CHIMICA (o reazione chimica) si intende un qualsiasi processo in cui una sostanza cambia la sua natura chimica attraverso la rottura e la formazione di nuovi legami tra gli atomi che la costituiscono. Le reazioni chimiche vengono descritte mediante equazioni chimiche nelle quali si indicano a sinistra le sostanze di partenza, conosciute con il nome di prodotti. Nella generica equazione chimica A + B → C + D. A e B sono reagenti, C e D sono i prodotti. LEGGE DI CONSERVAZIONE DELLA MASSA (O LEGGE DI LAVOISER, 1789): Durante una reazione chimica la somma delle masse dei reagenti è equivalente alla somma delle masse dei prodotti di reazione. Durante una reazione chimica la materia non viene né creata né distrutta ma si trasforma e di conseguenza la massa totale si conserva. LEGGE DELLE PROPORZIONI DEFINITE E COSTANTI (O LEGGE DI PROUST, 1799): Qualunque sia l’origine o il metodo di preparazione di un composto puro, esso contiene sempre qualità definite e costanti degli elementi proporzionali alla loro massa. Ciò significa che il rapporto in peso tra gli elementi che costituiscono una sostanza pura è specifico per quella sostanza ed è costante. Quindi, se 2 g di sostanza A si combinano con 3 g di sostanza B per generare una sostanza C, il rapporto in peso tra A e B sarà sempre 2 : 3. In questo modo per generare C, A e B si combineranno in modo che il rapporto tra le loro masse sia sempre lo stesso ovvero 2 g di A con 3 g di B, o 4 g di A con 6 g di B, o 6 g di A con 9 g di B, e così via. Tali leggi hanno consentito lo sviluppo della Teoria Atomica di Dalton. Essa si basa sui seguenti postulati: Tutta la materia è costituita da atomi indivisibili ed inalterabili. Gli atomi di uno stesso elemento sono uguali tra loro e presentano le stesse caratteristiche chimiche; gli atomi di elementi diversi sono diversi tra loro e presentano caratteristiche chimiche diverse. Un atomo mantiene sempre la sua identità durante una trasformazione chimica. Le reazioni chimiche NON sono in grado di mutare la natura degli atomi e quindi NON permettono di trasformare un elemento in un altro (fanno eccezione le reazioni nucleari). Questo postulato è in accordo con la Legge di conservazione della massa ed ha messo la pietra tombale alla più famosa delle teorie alchimiste secondo cui è possibile trasformare il ferro in oro. Quando due o più elementi si uniscono tra loro mediante legami chimici si ottengono i composti. Per ogni composto il tipo di atomi e il loro rapporto sono fissi. Questo postulato è in accordo con la Legge delle Proporzioni definite e costanti. Da questi postulati Dalton sviluppò la Legge delle Proporzioni Multiple. LEGGE DELLE PROPORZIONI MULTIPLE (O LEGGE DI DALTON, 1808): Quando due elementi si combinano tra loro per formare più composti diversi, il rapporto tra le masse di un elemento che si combina con una quantità fissa dell'altro elemento è esprimibile mediante numeri interi e piccoli. Consideriamo, per esempio, il monossido di azoto (NO) e il biossido di azoto (NO2): entrambi sono costituiti da azoto ed ossigeno. Il rapporto tra le masse dell'ossigeno nei due composti è un numero intero piccolo. Tale teoria, pur non essendo in grado di spiegare i comportamenti delle reazioni nucleari nelle quali si verificano variazioni della natura degli atomi, trova ampia applicazione nella chimica di laboratorio dove non si effettuano reazioni che coinvolgono i nuclei.