Incontro-scontro di civiltà nel mondo antico Isabella Tokos Maggio 2021 Guerre civili, pretese di egemonie, lotte, contese, rivendicazioni di terre e poteri. La quotidianità di un mondo che oggi chiamiamo antico. Ma cosa accomuna queste guerre? Cosa accomuna le guerre persiane con le guerre puniche, le guerre civili ai tempi di Mario e Silla con la guerra del Peloponneso? Sono tutte guerre, sono tutti scontri. Scontri tra civiltà, scontri tra uomini. E come è arrivato un popolo allo scontro con gli altri? Cosa lo ha spinto a cercare, a portare sofferenze e desolazione impregnando di sangue terre e acque lontane? Cosa lo ha spinto a scribacchiare la propria storia con sangue innocente nella stessa lingua della morte? La storia umana è una storia di migrazioni. Sono gli spostamenti ad aver portato, in modo perpetuo, a nuovi insediamenti, a nuove colonie, a nuove civiltà. I popoli, nomadi, in tribù, sono migrati, hanno fondato villaggi e i villaggi sono diventati città, ciascuna con la propria fede, la propria lingua, le proprie norme, tradizioni, nonché le proprie risorse, che hanno permesso alle città di prosperare tramite le τέχναι, tramite il commercio. Ma poi sono giunte le calamità, le carestie, le epidemie. E la fede non è stata più sufficiente, le preghiere alle divinità, i riti propiziatori non hanno fatto alcuna differenza. Le persone si sono ritrovate a desiderare climi migliori, posizioni geografiche migliori, risorse migliori, sovrani migliori, e i sovrani ad alimentare le mire espansionistiche su territori che si estendevano al di là dei propri confini, in terre limitrofe e conosciute o regioni lontane e da scoprire. Così le migrazioni sono riprese, e assieme alle migrazioni si sono accesi gli scontri. E ogni nuova guerra ha rimodellato gli assetti politico-geografici, ha spartito il mondo tra vinti, sottomessi, e vincitori monopolizzatori. Polibio sosteneva l’ἀνακύκλωσις τῶν πολιτειῶν 1 e a tal proposito affermava: = la ciclicità, il ciclo delle forme di governo. Possibile collegamento alla dottrina dell’eterno ritorno di Nietzsche: «tutte le cose eternamente ritornano» (Nietzsche, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, 1883-85). Per Nietzsche il tempo, ciclico e senza fine, porta a una ripetizione degli stessi eventi. 1 Parimenti nella storia si presentano le civiltà: per un processo naturale si scontrano, si incontrano e si scontrano ancora, in un avvicendarsi di periodi di pace e di guerra: chi per orgoglio ferito, chi per i soprusi subiti, chi per necessità, chi addirittura per il contrasto tra religioni, i vinti diventano vincitori e i vincitori vinti, in un incessante concatenarsi di eventi nell’ἀνακύκλωσις della storia. Tuttavia, ogni scontro, prima o poi, è appianato da un accordo, da un armistizio, da un nuovo e temporaneo equilibrio, spesso dettato da alleanze politiche, militari, commerciali, persino matrimoniali. E queste alleanze, derivate dallo scontro, lasciano in eredità l’incontro. “Non vi è progresso senza conflitto: questa è la legge che la civiltà ha seguito fino ai nostri giorni.” diceva Karl Marx 2. E quante volte, dopo una guerra, i popoli interessati non hanno progredito, affinando conoscenze e condividendone altre? Romani, Greci, Egizi, Persiani: ne sono tutti un esempio. È un detto comune che la storia sia scritta dai vincitori, ma non è forse vero che uno scontro tra civiltà comporta una fusione, anche involontaria, tra le medesime, come finora la storia ha dimostrato? Nuovi territori conquistati implicano nuove migrazioni, implicano la convivenza di due o più culture; e il convivere trasforma il modo d’essere tanto degli anfitrioni quanto quello degli ospiti. E non serve che le culture degli anfitrioni e degli ospiti siano necessariamente affini: un incontro è possibile anche tra civiltà fra loro, a prima vista, incompatibili, come incompatibili sembrano le forme di governo del mondo antico: di fatto, monarchia, oligarchia e democrazia risultano tre forme di governo antitetiche. Chi mai potrebbe ritenere immaginabile, per esempio, un incontro, una fusione tra la monarchia persiana, l’oligarchia spartana e la democrazia ateniese? E nonostante questa inconciliabilità, però, i Romani hanno dimostrato come persino questa teoria sia avverabile. Come ci informa Polibio: 2 Possibile collegamento al filosofo Karl Marx. Analogamente si può affermare che l’incontro tra civiltà sia stato possibile anche in circostanze in cui i popoli soggetti all’incontro non risultavano culturalmente conciliabili. Non sono un segreto i rapporti altalenanti tra Grecia e Persia, dettati da ostilità la cui origine per Erodoto risiede in remoti episodi mitologici nonché in una serie di reciproci torti (ἀδικήματα). Ed è proprio nelle sue Ἱστορίαι, I, 4 che per la prima volta si trovano cenni a scontri tra Occidente e Oriente: Evidente è il riferimento alla guerra di Troia, uno scontro che secondo Erodoto avrebbe portato, successivamente, alle guerre greco-persiane del V secolo a.C., in seguito alle quali la rottura tra civiltà orientali e occidentali divenne incolmabile. Con Alessandro Magno 3, però, Macedoni, Greci, Egizi, popoli della Mesopotamia e dell’Impero persiano si ritrovarono tutti miracolosamente radunati sotto lo stesso sovrano. Mentalità diverse, abitudini differenti, conciliate da una figura che decise di dimostrare al mondo intero che un effettivo incontro fosse possibile: Alessandro Magno aprì quindi le porte per un incontro, permise uno scambio di culture, tradizioni, lingue, religioni. Si può apprendere come in questi anni, gli anni del regno alessandrino, le culture di civiltà come quella greca e quella persiana subiscano vere e proprie “interpolazioni”: Alessandro, per esempio, introdusse usanze tipicamente persiane come il rituale della proscinèsi, nonché il culto della personalità e l’assolutismo monarchico, tutti estranei alla mentalità greca. Simboliche anche le nozze di Susa, celebrate nel 324 a.C. con rito persiano: 10.000 soldati macedoni si unirono in matrimonio condividendo un pezzo di pane con altrettante donne persiane; tra gli sposi c’erano anche i compagni di Alessandro e lo stesso re, il quale stava sposando la sua seconda moglie. Per Il sovrano macedone che, in pochi anni, in sella al suo cavallo Bucefalo percorse migliaia di chilometri, sottomettendo l’Egitto e l’intera Asia Minore, fino ad arrivare al fiume Indo. 3 Alessandro questo incontro, questo matrimonio, rappresentava l’unione di due popoli rinomati per la loro inimicizia; difatti, egli sapeva che: Lo scontro è sempre esistito, quindi, e l’incontro ne è sempre stato il risultato. Tuttavia, l’incontro, per esistere, non dipende sempre dallo scontro, che sia armato o culturale; in termini matematici si può dire che per l’incontro, lo scontro risulta una condizione sufficiente ma non necessaria. E lo dimostra la letteratura, che ha invaso confini geografici e menti, diffondendosi nei circoli degli intellettuali di tutto il Mediterraneo e oltre ancora. Ma lo dimostra pure il commercio, uno scambio non soltanto di merci, ma anche di tendenze, mentalità, usanze, persino lingue attraverso le figure dei mercanti. Perché comprare la seta o la lana trasforma radicalmente l’abbigliamento di un popolo, lo adegua a nuove necessità e a nuove possibilità. Perché comprare le spezie rivoluziona la cucina e implicitamente i gusti di una civiltà. Perché dover vendere o comprare merci da luoghi remoti obbliga a imparare nuove lingue o a trovare linguaggi di convenzione per completare le pratiche di scambio. E del commercio non si è mai potuto fare a meno. Lo Pseudo-Senofonte ce ne offre i motivi: Se esistono gli scontri-incontri sincronici, tra civiltà differenti in un arco temporale circoscritto, esistono anche scontri-incontri diacronici, tra passato e presente. Nel mondo antico numerosi sono gli scontri-incontri diacronici, e non serve allontanarsi troppo dai tempi di Alessandro Magno per scoprirne alcuni fra i più sovversivi. Con l’avvento del cristianesimo, il mondo pagano allora conosciuto venne scosso in profondità. E se nel 313 d.C. l’Imperatore Costantino con l’editto di Milano concedeva la tolleranza religiosa anche ai fedeli della religione monoteista che cominciava ormai a imporsi, nel 380 l’editto di Tessalonica emanato dall’Imperatore Teodosio proclamava il cristianesimo come l’unica religione riconosciuta nell’Impero. Due anni dopo, nel 382, l’imperatore Graziano decise di rimuovere simbolicamente, per la seconda volta l’Ara Victoriae 4 dalla curia romana. Graziano avrebbe ricevuto presto una lettera del pagano Simmaco, uno degli intellettuali più colti dell’epoca, il quale fece un ultimo e fallimentare tentativo di persuadere l’Imperatore a riporre nella curia l’Altare della Vittoria e, implicitamente, di concedere la tolleranza religiosa ai pagani. Nella sua Relatio, III, 9, la città di Roma, personificata, tenta disperatamente di trovare un punto di incontro con il nuovo culto cristiano: Purtroppo, però, tra la civiltà cristiana e quella pagana si era formata ormai una voragine e i cristiani non sembravano intenti a voler patteggiare. Lo scontro intellettuale divenne tanto insostenibile che, agli inizi del V secolo d.C., prese le forme di un odio tanto profondo da portare a uno spietato omicidio, al brutale assassinio di una dottissima filosofa greca, Ipazia 5, considerata il primo martire laico della storia, simbolo della libertà del pensiero scientifico, vittima di uno scontro tra le due civiltà; seppure, come aggiunse Simmaco nella sua lettera: 4 L’Altare della Vittoria, insieme alla statua della Dea pagana Vittoria, era stata posta nella curia romana dallo stesso Augusto a seguito della vittoria ad Azio del 27 a.C.; nel tempo era diventato un simbolo della religione e dei culti pagani, nonché della grandezza romana e del legame col passato. Nel 357 era stato rimosso una prima volta dall’intollerante Imperatore Costanzo II, per essere poi ricollocato al suo posto originario da Giuliano l’Apostata, come tentativo di ritorno ai culti pagani. 5 Ipazia era una matematica, astronoma e filosofa pagana greca vissuta ad Alessandria d’Egitto fra il IV e il V secolo d.C. Si ricordano le sue scoperte: l’areometro e l’astrolabio piano, utilizzato per calcolare il tempo, e la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti. Socrate Scolastico scrisse di lei: «Ad Alessandria c’era una donna chiamata Ipazia [...] che ottenne tali successi nella letteratura e nella scienza da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo. Provenendo dalla scuola di Platone ravvivata da Plotino, spiegò i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ascoltare le sue lezioni». Lei era una delle figure intellettuali più colte all’epoca, e, per di più, una donna, bellissima e pagana. Il prestigio e la fama di Ipazia avevano cominciato a creare invidie e gelosie, divenendo ben presto, con la sua influenza, un ostacolo al processo di cristianizzazione dei ‘pagani elleni’. Calunniata, descritta come una strega di Satana che con le proprie arti magiche inganna e seduce, divenne un bersaglio nella battaglia antipagana. Su istigazione del potente vescovo cristiano Cirillo, durante la quaresima del 415, le fu teso un agguato da parte di un gruppo di monaci cristiani. Socrate Scolastico scrive riguardo all’imboscata: «Le tesero un agguato mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla carrozza, la trasportarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove le strapparono le vesti e la uccisero con dei cocci. Dopo averla fatta a pezzi, portarono le sue membra in un luogo chiamato Cinarium e le bruciarono». *6 A cavallo fra il XVIII e XIX secolo, per l’Inghilterra, e nella seconda metà del XIX secolo nel continente, con l’avvento della rivoluzione industriale ancora una volta le civiltà europee si incontravano, impadronendosi, in sincronia, di un nuovo stile di vita suggerito da quell’ultima rivoluzione, la più contraddittoria, che stava sopprimendo definitivamente le consuetudini di un passato pressoché agricolo. L’introduzione di fabbriche, canali, reti di comunicazione 7 alterò come mai prima d’allora la geografia di intere regioni; la natura, sempre più inquinata, per la prima volta venne piegata alla volontà dell’uomo. L’industrializzazione delle aree urbane, l’impiego delle macchine più all’avanguardia 8, l’incremento dei posti di lavoro nelle città, diedero tutti luogo a significativi spostamenti dalle zone rurali verso le zone più promettenti 9. Presto, però, i lavoratori cominciarono a patire le prime conseguenze di una nuova realtà: l’afflusso di milioni di lavoratori nelle città aveva garantito ai datori di lavoro un’alta domanda di assunzioni: i lavoratori divennero così facilmente rimpiazzabili, i salari si abbassarono sempre di più, i turni di lavoro divennero sempre più intollerabili, mentre i licenziamenti, una routine. Non esisteva all’epoca alcuna tutela 10 per i lavoratori. Le catene di montaggio li avevano trasformati in automi 11 privi di una specializzazione in un campo lavorativo. Particolarmente danneggiati dalle condizioni lavorative erano le donne 12 e i bambini 13. EDUCAZIONE CIVICA & PCTO “Percorso di Orientamento sull’Autoimprenditorialità” Reti di comunicazione come strade, ferrovie, ma anche apparecchiature di telecomunicazione come il telegrafo di Morse. 8 Tra le invenzioni ricordiamo la macchina a vapore di Watt. 9 Possibile collegamento di educazione civica col film Pane e cioccolata di Franco Brusati 10 I lavoratori, privi di protezioni legali, erano costretti ad accettare persino le condizioni lavorative più efferate soltanto per non rischiare di perdere il proprio lavoro. 11 Ai lavoratori bastava apprendere singoli passaggi di un lungo processo, da ripetere centinaia di volte al giorno, in un ciclo continuo, ripetitivo e stancante, che spesso portava loro ripercussioni quali frustrazione, stress, depressione e un senso profondo di alienazione. 12 In pericolo di licenziamento erano soprattutto le spose e le madri, a tal punto che all’epoca circolava il detto «operaia innamorata, mezza licenziata» 13 Spesso, a causa della loro minuta corporatura, i bambini erano sfruttati nei lavori che richiedevano una piccola statura, come il mestiere dello spazzacamino; altre volte, orfani e figli di famiglie povere o di minatori venivano relegati a lavori pesanti, come il trasporto di zolfo e carbone all’interno delle miniere: 1. Possibile collegamento a Oliver Twist di Charles Dickens, ambientato durante la Prima rivoluzione industriale (in Inghilterra), nonché ai due Chimney Sweeper di William Blake 2. Possibile collegamento a Rosso Malpelo di Giovanni Verga, a Ciaula scopre la luna di Luigi Pirandello, all’Inchiesta Franchetti-Sonnino 6 7 In Italia la situazione non fu diversa per più di un secolo. La Costituzione italiana 14 comprendeva qualche articolo 15 inerente al mondo del lavoro; tuttavia questi articoli, seppure in vigore, non avevano ancora sortito l’effetto desiderato: i datori di lavoro, poco controllati dallo Stato italiano, erano liberi di continuare indisturbati le loro politiche lavorative incuranti delle condizioni degli impiegati. E fu così che lavoratori e movimenti studenteschi ottennero 16 dal governo lo Statuto dei lavoratori 17. Lo Statuto ribadiva i diritti posseduti dai lavoratori ed espressi dalla Carta costituzionale italiana, tutelando gli impiegati 18 e garantendone i diritti basici 19. Tuttavia, lo Statuto tutelava soltanto i lavoratori delle aziende con più di quindici impiegati 20. All’epoca le aziende con più di quindici lavoratori rappresentavano una netta maggioranza, in molti casi però questa clausola funse per i datori di lavoro da escamotage per sfuggire ai controlli della legge. Inoltre, col tempo, le categorie di aziende e contratti non tutelate dallo Statuto sono aumentate: si tratta spesso di forme di lavoro 21 maggiormente accessibili alle fasce d’età più giovani 22. * Nell’a.s.2020/21, uno dei PCTO che ho seguito è stato il Percorso di Orientamento sull’Autoimprenditorialità di 32 ore, organizzato dalla UN.I.COOP 23, imparando le forme di contratto, i diritti e i doveri del lavoratore, la struttura e la gestione di una cooperativa 24, inclusa la cura del marketing. [1800/1800 parole] La Costituzione italiana è entrata in vigore a partire dal 1º gennaio 1948. Si ricordino gli artt. 1, 4, 35-41, 46. 16 nell’«autunno caldo» del 1969. 17 la legge n. 300/1970 18 Lo Statuto tutela i lavoratori per esempio dai licenziamenti arbitrari nell’art.18. 19 Si fa riferimento a diritti quali il diritto allo sciopero, alla privacy, alla libertà d’azione sindacale ecc. 20 Lo scopo era non danneggiare, con le ferree disposizioni, le piccole realtà imprenditoriali. 21 Ad esempio contratti a tempo determinato, a progetto, part time, freelance, come soci di una start up etc. 22 I giovani rischiano di trovarsi così poco tutelati. 23 UN.I.COOP = Unione Italiana Cooperative Lazio, in collaborazione con l’Università “La Sapienza” e la Cooperativa SULLEALI 24 “Una cooperativa è un'associazione autonoma di individui che si uniscono volontariamente per soddisfare i propri bisogni economici, sociali e culturali e le proprie aspirazioni attraverso la creazione di una società di proprietà comune e democraticamente controllata.” – UN.I.COOP Le cooperative sono tutelate dall’art.45 della Costituzione, che recita: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.” 14 15