Scrivi una relazione sull frammento di Crizia circa l’invenzione degli dei
Crizia, vissuto dal 460 al 403 a.C., è stato un politico, uno scrittore e un filosofo, e in
quest’ultimo ruolo viene inserito nella corrente sofistica, che “pur non costituendo un insieme
omogeneo e coerente di dottrine, ebbe il grande merito di sottoporre tutto il sapere del proprio
tempo al vaglio critico del pensiero razionale, utilizzando gli strumenti della logica e del
ragionamento”. D’altronde, come sostiene il Ciranci “la sofistica nel suo insieme è figlia della
democrazia ed è, anzi, impossibile comprenderla appieno, se non si considera il pensiero dei singoli
Sofisti come un tentativo di porre in evidenza, formulandoli razionalmente, i problemi emersi
nell’ambito della situazione storica generale”. Una democrazia, quella da Clistene a Pericle, che
subì duri colpi, il più duro fu la fine della guerra del Peloponneso, e Crizia in quel periodo faceva
parte della fazione che optava per consegnare Atene a Sparta. Comunque, la democrazia ribaltò non
solo le procedure decisionali, ma spinse ed ebbe bisogno di un pensiero filosofico rivolto verso un
“relativismo” (inteso come “messa in discussione”) fino ad allora assai poco frequentato, uno spazio
occupato appunto dai sofisti. E mettere in discussione significò anche ragionare su delicate
questioni religiose, a cominciare da Protàgora, il quale mise in dubbio l’esistenza stessa degli dei,
argomentando “Riguardo agli dèi non sono in grado di sapere né che sono né che non sono, né che
natura abbiano: molti, infatti, sono i fattori che impediscono di saperlo, sia l’oscurità della questione
sia la brevità della vita umana”. Crizia porta questo ragionamento all’estremo, individuando il
meccanismo che “di per sé” negherebbe l’esistenza degli dei, “giacché le leggi distoglievan bensí
gli uomini dal compiere aperte violenze, ma di nascosto le compivano, allora, suppongo,
<dapprima> un qualche uomo ingegnoso e saggio di mente inventò per gli uomini il timor <degli
dèi>, sí che uno spauracchio ci fosse ai malvagi anche per ciò che di nascosto facessero o
dicessero o pensassero.”
Questo frammento si legge nel Sisifo, dramma satiresco attribuito a Crizia, secondo la
testimonianza di Sesto Empirico [Contro i matematici (IX, 54), ca. 210 d.C.].
Sisifo sostiene che quell’”uomo ingegnoso e saggio di mente” «divulgava il più gradito degli
insegnamenti, / avvolgendo la verità in un finto racconto». Si possono notare due livelli
interpretativi: “Da un lato, c’è un contenuto veritativo nel discorso del saggio del passato, che molto
probabilmente coincide con una verità di tipo pratico: è opportuno ed è un bene astenersi
dall’ingiustizia. Dall’altro lato, è presente anche un elemento di menzogna, che consiste
nell’invenzione teologica degli dèi interessati alle vicende umane. Tale insegnamento è del resto
qualificato nel testo come «gradito» o piacevole, non come vero. E la piacevolezza potrebbe a sua
volta dipendere dall’abilità artistica con cui la “nobile menzogna” è raccontata, oppure dai suoi
effetti benefici a livello psichico”. In pratica, l’invenzione della divinità, con la narrazione di altri
mondi lontani dalle sofferenze umane, risulta consolatoria per i “buoni” i quali posso immaginare
“che le loro sofferenze presenti sarebbero state curate dagli dèi e che il loro retto comportamento
sarebbe stato retribuito, in questa vita o dopo morti”.
Crizia finirà per diventare il capo dei Tiranni che, seppure per breve tempo, governarono Atene.
FONTI:
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Bellini Paolo: Il pensiero politico antico. La sofistica e Platone¸ ELI-La Spiga Edizioni
Ciranci Ascanio: “Sofistica e democrazia” in Chaos e Kosmos XI, 2010
Fusaro Diego: “Crizia”, www.filosofico.net
Piergiacomi Enrico: “Il mito di Sisifo di Crizia. Un inganno a fin di bene?”, in teatroecritica.net, 24/02/2019
Roma, 02.12.2019
Isabella Tokos, 3A