Scrivi una relazione sul mito dell’auriga Nel Fedro (scritto intorno al 370 a.C.) Platone fa svolgere a Socrate e Fedro un esercizio di retorica sul tema dell'amore. È un dialogo ad ampio respiro che si sviluppa, i due personaggi spaziano tra molti temi: dalla follia all’ispirazione divina, dall’arte all’anima. Proprio a proposito dell’anima, Platone fa dire a Socrate che “dell’immortalità dell’anima s’è parlato abbastanza, ma quanto alla sua natura c’è questo che dobbiamo dire: definire quale essa sia, sarebbe una trattazione che assolutamente solo un dio potrebbe fare e anche lunga, ma parlarne secondo immagini è impresa umana e più breve. Questo sia dunque il modo del nostro discorso”. Da questo passo inizia la descrizione del mito dell’auriga. Per Platone l’anima è composta da tre elementi: un auriga (la ragione) che guida una biga (l’anima) che viene trainata da un cavallo bianco (nobile e buono, e di buona razza) e uno nero (tutto il contrario ed è di razza opposta). Il viaggio dell’anima deve tendere verso l’Iperuranio, il mondo sede delle idee (l’altro è il mondo della realtà tangibile), ma può raggiungerlo solo se l’auriga, con la collaborazione del cavallo bianco, riesce a condurre la biga nonostante le difficoltà create dal cavallo nero recalcitrante. La ragione, insieme ai buoni sentimenti, deve contrastare la spinta inversa delle passioni, che conducono verso il basso. Ma, come sostiene Mastronardi “… l’etica è quella metriopazia…nelle passioni bisogna dosare gli istinti, per cui bisogna eliminare gli eccessi. Se prendiamo in considerazione la virtù del coraggio, è necessario mantenere la medietà di fronte alla paura”. Dunque, l’auriga, che rimarrebbe fermo senza le ‘passioni’ a trainarlo, ha il compito (l’obiettivo? l’onere?) di tenere a bada le passioni, tutti i tipi di passione, che per ciò sono fondamentali nella vita, perché ne sono il motore. Ed è la parte razionale a doverle governare. Ma il viaggio è tutt’altro che lineare: “Accade spesso che le ali dei cavalli si spezzino e la biga precipiti sulla terra: questa è l'incarnazione. Una volta arrivato sulla terra, l'uomo non si ricorda più dell'altra dimensione, e vive con nostalgia: la vita dell'uomo non è nient'altro che un tentativo di tornare a quella situazione primordiale e le vie da percorrere per raggiungerla sono due, vale a dire la filosofia, che ci consente di vedere le ombre di quel mondo splendido, di cui quello terreno è solo un'imitazione, e la bellezza, una via più semplice, che fa nascere l'amore”. Dipenderà da chi vince tra il cavallo bianco e quello nero: il primo porterà un amore sublime, con il secondo si vivrà unicamente la fisicità del sentimento. Chi saprà salire in alto e vedere più a lungo il mondo delle idee, rinascerà filosofo, chi non riuscirà, rinascerà ignorante. Se Platone crede nella reincarnazione, è anche, e soprattutto, perché in tal modo riesce a spiegare l’inspiegabile: l’eternità dell’anima. FONTI: • Platone, Fedro, 246 a-249d • O. Mastronardi, Un viaggio nella filosofia e un viaggio nella sociologia, Edizioni Nuova Cultura, 2013 • http://www.storiologia.it/grecia/grek031.htm Isabella Tokos 3A a.s. 2019-2020