INDICE Indice Le stime di Fermi VIII ELETTROMAGNETISMO 19 Induzione elettromagnetica 1 Forza elettromagnetica indotta e correnti indotte 805 2 La f.e.m. indotta in un conduttore in moto 806 3 La legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann SIMULAZIONE 807 4 La legge di Lenz 810 5 Mutua induzione e autoinduzione 812 6 L’alternatore e la corrente alternata 816 7 I circuiti semplici in corrente alternata 8 Circuiti RLC in corrente alternata 9 La risonanza nei circuiti elettrici 822 10 Il trasformatore 823 11 Dispositivi a semiconduttore 824 ESERCIZI 832 SIMULAZIONE SIMULAZIONE Chalkboard videos ▸ 832 Formule in 3 minuti ▸ 882 Chalkboard videos ▸ 883 817 820 20 Le equazioni di Maxwell e le onde elettromagnetiche 1 Le equazioni dei campi elettrostatico e magnetostatico 853 2 Campi che variano nel tempo 854 3 Le equazioni di Maxwell 4 Le onde elettromagnetiche 5 Lo spettro elettromagnetico 6 Energia e quantità di moto di un’onda elettromagnetica 862 7 L’effetto Doppler 869 8 La polarizzazione delle onde elettromagnetiche 871 Il campo elettromagnetico 878 LA STORIA DI UN’IDEA COME FUNZIONA? ESERCIZI 855 SIMULAZIONE SIMULAZIONE La telefonia mobile 857 859 880 883 III INDICE FISICA MODERNA 21 La relatività ristretta 1 Qual è la velocità della luce? 897 2 I postulati della relatività ristretta 899 3 La relatività del tempo: dilatazione temporale 901 4 La relatività delle distanze: contrazione delle lunghezze 905 Formule in 3 minuti ▸ 921 5 La quantità di moto relativistica 907 Chalkboard videos ▸ 922 6 L’equivalenza tra massa ed energia 909 7 La composizione relativistica delle velocità 914 I FISICI Albert Einstein LA STORIA DI UN’IDEA 916 La teoria della relatività 918 922 ESERCIZI 22 Particelle e onde Formule in 3 minuti ▸ 953 Chalkboard videos ▸ 954 1 Il dualismo onda-corpuscolo 2 La radiazione di corpo nero e l’ipotesi di Planck 3 I fotoni e l’effetto fotoelettrico 4 La quantità di moto di un fotone e l’effetto Compton 942 5 La lunghezza d’onda di de Broglie e la natura ondulatoria dei corpi materiali SIMULAZIONE 943 Il principio di indeterminazione di Heisenberg 945 6 LA STORIA DI UN’IDEA 933 SIMULAZIONE ESERCIZI IV 934 936 Dalla meccanica classica alla meccanica quantistica COME FUNZIONA? SIMULAZIONE 948 Il microscopio elettronico 950 954 INDICE 23 La natura dell’atomo 1 Il modello atomico di Rutherford 2 Gli spettri a righe 3 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno 4 La quantizzazione del momento angolare secondo de Broglie 974 5 L’atomo di idrogeno secondo la meccanica quantistica 975 6 Il principio di esclusione di Pauli e la tavola periodica degli elementi 978 7 I raggi X 981 8 Il laser SIMULAZIONE 967 968 SIMULAZIONE Chalkboard videos ▸ 992 985 SIMULAZIONE Il modello atomico da Rutherford a Bohr LA STORIA DI UN’IDEA 970 988 992 ESERCIZI 24 Fisica nucleare e radioattività 1 La struttura del nucleo 1005 2 L’interazione nucleare forte e la stabilità dei nuclei 1007 3 Il difetto di massa del nucleo e l’energia di legame 1007 4 La radioattività 1010 5 Il neutrino 1014 6 Decadimento radioattivo e attività 1014 7 Datazioni radiometriche 1017 8 Famiglie radioattive 1020 9 Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti 1021 Enrico Fermi: dalla fsica atomica alla fsica nucleare e delle particelle 1026 ESERCIZI 1029 SIMULAZIONE Formule in 3 minuti ▸ 1028 Chalkboard videos ▸ 1029 Chalkboard videos ▸ 1064 LA STORIA DI UN’IDEA 25 Energia nucleare e particelle elementari 1 Reazioni nucleari indotte 1043 2 Fissione nucleare 1044 3 Reattori nucleari 1046 4 Fusione nucleare 1049 5 Le stelle e la nucleosintesi 1050 6 Particelle elementari 1054 COME FUNZIONA? ESERCIZI SIMULAZIONE Il progetto ITER 1062 1064 V INDICE 26 Dalla relatività generale allo studio dell’Universo 1 Dalla relatività ristretta alla relatività generale 1073 2 Cenni di relatività generale 1076 3 Le soluzioni della relatività generale 1079 4 L’osservazione di un Universo in evoluzione 1082 5 La materia oscura 1089 6 Gli sviluppi della cosmologia osservativa 1092 7 Il Modello Standard per l’evoluzione dell’Universo 1097 8 Nuovi strumenti per lo studio dell’Universo 1099 LA STORIA DI UN’IDEA Le teorie sull’Universo da Hubble ai nostri giorni 1102 ESERCIZI 1105 Physics in English A1 Soluzioni dei problemi A3 Indice analitico A7 Tavole A11 VI FISICA qUOTIDIANA Fisica quotidiana 19 Induzione elettromagnetica 23 La natura dell’atomo ▸ ▸ ▸ ▸ ▸ Le insegne al neon e i lampioni stradali a vapori ▸ ▸ ▸ ▸ ▸ L’interruttore automatico differenziale o salvavita 809 Il microfono a bobina mobile e a magnete mobile 812 I freni elettromagnetici 812 La stimolazione elettrica transcutanea dei nervi (TENS) 821 I trasformatori 823 Il LED (light-emitting diode) 827 I circuiti rettifcatori 827 Le celle solari 827 I transistor 828 20 Le equazioni di Maxwell e le onde elettromagnetiche ▸ ▸ ▸ ▸ ▸ ▸ ▸ ▸ La ricezione radiofonica e televisiva 859 La ricezione radiofonica AM e FM 860 Il termometro a infrarossi 861 L’effetto serra 863 Il telelaser 870 L’effetto Doppler in astronomia 871 Il visore a cristalli liquidi 874 Gli occhiali Polaroid 875 24 Fisica nucleare e radioattività ▸ ▸ ▸ ▸ I rivelatori di fumo 1011 Le datazioni radiometriche 1017 I rivelatori di radiazioni 1021 Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti 1021 25 Energia nucleare a particelle elementari ▸ La fusione nucleare mediante confnamento magnetico 1050 ▸ La scansione PET 1055 26 Dalla relatività generale allo studio dell’Universo 21 La relatività ristretta ▸ Il GPS e la relatività ristretta 903 ▸ I viaggi nello spazio e la relatività ristretta ▸ ▸ ▸ ▸ ▸ ▸ di mercurio 968 Le righe di assorbimento nello spettro solare 974 La TAC 984 Il laser 985 L’altimetro a laser 987 La cheratectomia fotorefrattiva (PRK) 987 La chirurgia LASIK 987 904 ▸ L’Universo in espansione ▸ Energia oscura 1097 1086 22 Particelle e onde ▸ I dispositivi ad accoppiamento di carica e le fotocamere digitali 940 ▸ I dispositivi di sicurezza per i cancelli automatici 941 ▸ La fotoevaporazione e la nascita delle stelle 941 ▸ Propulsione spaziale con vele solari 943 VII Le stime di Fermi quanti spaghetti contiene una confezione da 500 g? Senza contarli e senza disporre di una bilancia, possiamo fare una stima. Con un po’ di buonsenso, possiamo valutare che la massa di uno spaghetto sia compresa fra 1 g e 10 g. Quindi una confezione contiene al massimo qualche centinaio di spaghetti, cioè l’ordine di grandezza del numero di spaghetti è 100. ■ L’ordine di grandezza Enrico Fermi sosteneva che un fsico deve essere in grado di stimare gli ordini di grandezza dei fenomeni naturali e sociali, prima ancora di misurar- li con precisione o di comprenderli in profondità. Saper rispondere alla domanda «Quanto...?» con una stima del tipo 10, 100, … 1 milione... consente infatti di inquadrare il fenomeno in esame e di coglierne alcune caratteristiche importanti. Fermi proponeva spesso ai suoi allievi problemi del tipo «Quanto...?» e si aspettava che essi determinassero soluzioni con un’approssimazione minore di un fattore 10. Considerava quindi accettabile una stima che fosse al massimo 10 volte più grande o 10 volte più piccola del valore reale. Per questa ragione i problemi di questo tipo sono detti «problemi di Fermi». ■ L’arte della stima Per risolvere i problemi di Fermi bisogna spesso fare delle ipotesi sui valori numerici delle grandezze coinvolte, cioè bisogna fare delle stime numeriche. Una stima è un «tirare a indovinare» basato su dati e ipotesi ragionevoli. è un po’ come misurare a spanne: il risultato che si ottiene non è preciso, ma è quanto basta per avere un’idea del fenomeno. A volte basta il buonsenso, come nel caso della massa di uno spaghetto, Enrico Fermi (Roma 1901-Chicago 1954), vince il premio Nobel per la fsica nel 1938 per la scoperta della radioattività indotta dai neutroni lenti. Arriva a questa scoperta lavorando sul decadimento radioattivo beta con un gruppo di giovani ricercatori, passati alla storia come i ragazzi di via Panisperna, dal nome della via di Roma in cui si trovava il loro laboratorio. I suoi studi teorici lo portano a elaborare la teoria del decadimento beta e, in meccanica quantistica, alla statistica (detta di Fermi-Dirac in suo onore) che descrive il comportamento di un tipo di particelle dette fermioni. Nel 1938 emigra negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali che VIII altre volte è necessario reperire dati e informazioni su grandezze correlate. In questi casi il web è una miniera di informazioni. L’unica avvertenza da tener sempre presente è quella di prestare grande attenzione all’autorevolezza dei siti consultati. Utilizzando stime numeriche affdabili e un po’ di matematica elementare è quasi sempre possibile rispondere alla domanda «Quanto...?» e quindi acquisire una conoscenza quantitativa dei fenomeni in esame. In ogni capitolo, nella scheda «L’ordine di grandezza», è proposto un problema di Fermi relativo agli argomenti che sono stati trattati. Nella scheda è fornita una possibile modalità di risoluzione, in cui sono esplicitati: • • • il modello, cioè i calcoli che devono essere svolti sui dati per ottenere la soluzione; i numeri, cioè le stime delle grandezze coinvolte; le fonti, cioè i siti o i libri consultati. Per favorire una comprensione più profonda, i risultati sono spesso confrontati con valori di grandezze analoghe tratte dalla vita quotidiana. coinvolgono la moglie. A Chicago lavora all’attivazione del primo reattore nucleare, che permette di produrre energia in modo controllato a partire da un processo di fssione, e successivamente allo sviluppo della bomba atomica. Nel dopoguerra si dedica alla ricerca teorica e sperimentale sulla struttura subatomica. Enrico Fermi è stato un grande fsico sia teorico sia sperimentale, dotato di senso pratico e di una cultura profonda accompagnata da un rigoroso spirito critico. è stato anche un eccezionale maestro: in Italia ha fondato la scuola che ha tracciato lo sviluppo della fsica del secondo Novecento. capitolo 19 Induzione elettromagnetica © Amy Johansson / Shutterstock Forza elettromagnetica indotta e correnti indotte 1 La corrente elettrica genera un campo magnetico. Un semplice esperimento mostra che un campo magnetico può generare una corrente. La fgura 1 raffgura un magnete e un circuito formato da una bobina di flo connessa a un amperometro. Quando non c’è alcun moto relativo tra il magnete e la bobina, come nella parte A della fgura, l’amperometro indica che non passa corrente. Quando invece il magnete si muove verso la bobina, come nella parte B, si origina una corrente. Mentre il magnete si avvicina, il campo magnetico che esso crea nella posizione della bobina diventa sempre più intenso: è proprio questo campo variabile a generare la corrente. Anche quando il magnete si allontana dalla bobina, come nella parte C, si genera una corrente, ma in verso opposto. Ora il campo magnetico nella posizione della bobina diventa più debole man mano che il magnete si allontana: ancora una volta è Figura 1 A Quando non c’è alcun moto relativo fra la bobina e la calamita, nella bobina non c’è corrente. B Si genera una corrente nella bobina quando la calamita si muove verso di essa. C Si genera una corrente anche quando la calamita si allontana dalla bobina, ma il verso della corrente è opposto a quello del caso B . 0 Amperometro Corrente diretta verso l'alto Corrente diretta verso il basso I I I B S N S Calamita N I B S N Bobina A B C 805 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA I I Figura 2 Mentre cambia l’area della spira si generano una f.e.m. indotta e una corrente. proprio il campo variabile che genera la corrente. Nella situazione rappresentata in fgura 1 la corrente si origina anche se il magnete è fermo ed è la bobina a muoversi, perché il campo magnetico nella posizione della bobina cambia mentre questa si avvicina o si allontana dal magnete. In una bobina si origina una corrente quando c’è un moto relativo fra la bobina e un magnete. La corrente nella bobina è detta corrente indotta perché è creata dal campo magnetico variabile. Poiché per produrre una corrente è necessaria una sorgente di forza elettromotrice (f.e.m.), la bobina stessa si comporta come se fosse una sorgente di f.e.m. Questa forza elettromotrice è detta f.e.m. indotta. Quindi un campo magnetico che cambia nel tempo induce una f.e.m. nella bobina, e la f.e.m. genera una corrente indotta. Il fenomeno per cui si genera una f.e.m. indotta mediante un campo magnetico è detto induzione elettromagnetica. La fgura 2 mostra un altro modo di indurre una f.e.m. e una corrente in un circuito. Una f.e.m. può essere indotta cambiando l’ area del circuito in un campo magnetico costante. Nella fgura la forma del circuito viene distorta in modo da ridurne l’area. Mentre l’ area sta cambiando, esistono una f.e.m. e una corrente indotta. Esse si annullano quando l’ area rimane costante. Se si aumenta l’area del circuito si genera una corrente di verso opposto. In ciascuno degli esempi precedenti, la f.e.m. indotta origina una corrente indotta nel circuito. Se il circuito è aperto, per esempio a causa di un interruttore aperto, non scorre alcuna corrente indotta ma è presente comunque una f.e.m. indotta. 2 → B ++ + → v L ––– Sbarretta conduttrice A Guida conduttrice I + L I I → v – B Figura 3 A Quando una sbarretta conduttrice si muove perpendicolarmente a un campo magnetico costante, a causa della forza magnetica appaiono cariche di segno opposto alle estremità della sbarretta che danno luogo a una f.e.m. indotta. B La f.e.m. indotta genera una corrente indotta I nel circuito. 806 la f.e.m. indotta in un conduttore in moto Quando una sbarretta conduttrice si muove in un campo magnetico in essa si origina una f.e.m. indotta a causa della forza di Lorentz. Consideriamo la sbarretta metallica → di lunghezza L che si muove verso destra, come in fgura 3A, con velocità v costante → e perpendicolare al campo magnetico uniforme B . Ogni carica q dentro la sbarretta → si muove con la stessa velocità v e risente di una forza di Lorentz di intensità F = qvB. Mediante la prima regola della mano destra, si vede che gli elettroni liberi in movimento sono spinti verso il fondo della sbarretta e lasciano in alto la stessa quantità di carica positiva. (Ricordiamo che bisogna invertire il verso stabilito dalla prima regola della mano destra perché gli elettroni hanno carica negativa.) Le cariche positive e negative si accumulano fno a quando l’attrazione elettrostatica fra esse diventa uguale alla forza magnetica. Quando le due forze si bilanciano si raggiunge l’equilibrio e non avviene più alcuna separazione di carica. ■ F.e.m. cinetica Le cariche separate alle estremità del conduttore in moto danno luogo a una f.e.m. indotta detta f.e.m. cinetica. La f.e.m. esiste fnché la sbarretta si muove. Se la sbarretta si ferma la forza di Lorentz si annulla, con il risultato che l’attrazione elettrostatica riunisce le cariche positive e negative e la f.e.m. sparisce. La f.e.m. nella sbarretta è analoga a quella fra i terminali di una batteria. Però la f.e.m. della batteria è prodotta da reazioni chimiche, mentre la f.e.m. cinetica è creata dall’agente esterno che sposta la sbarretta nel campo magnetico (come la mano nella fgura 3B). Si può utilizzare il fatto che le forze elettrica e magnetica si bilanciano all’equilibrio, come in fgura 3, per determinare l’ intensità della f.e.m. cinetica. L’intensità della forza elettrica che agisce su una carica positiva q nell’estremità superiore della sbarretta è qE, dove E è l’ intensità del campo elettrico dovuto alle cariche separate. L’intensità del campo elettrico è uguale al rapporto fra la differenza di potenziale (la f.e.m. ℰ) alle estremità della sbarretta e la lunghezza L della sbarretta stessa. Quindi capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA la forza elettrica sulla carica q è Eq = (ℰ/L)q. La forza di Lorentz sulla carica è F = qvB, poiché la carica q si muove perpendicolarmente al campo magnetico. Queste due forze si equilibrano, quindi (ℰ/L)q = qvB, da cui: → → F.e.m. di movimento quando v , B e L sono perpendicolari ℰ = vBL (1) Come ci aspettavamo, ℰ = 0 V quando v = 0 m/s, perché nella sbarretta in quiete non esiste alcuna f.e.m. A parità di lunghezza L, velocità maggiori e campi più intensi creano f.e.m. maggiori. Come nelle batterie, ℰ è espressa in volt. Nella fgura 3B la sbarretta striscia su guide conduttrici che sono parte di un circuito chiuso, in cui L è la distanza fra le guide. Per effetto della f.e.m., gli elettroni scorrono lungo questo circuito in senso orario. Cariche positive scorrerebbero in verso opposto, per cui nella fgura la corrente convenzionale I è disegnata con verso antiorario. ■ F.e.m. cinetica ed energia La f.e.m. di movimento nasce perché una forza magnetica agisce sulle cariche di un conduttore che si muove in un campo magnetico. Ogni volta che questa f.e.m. genera una corrente, entra in gioco una seconda forza magnetica. Nella fgura 3B, per esempio, questa seconda forza nasce perché la corrente I nella sbarretta è perpendicolare al campo magnetico. La sbarretta risente di una → → forza magnetica F di intensità F = ILB sen 90°. Il verso di F è quello stabilito dalla → prima regola della mano destra, è opposto alla velocità v della sbarretta e punta → verso sinistra (fgura 4). L’effetto della forza F è quello di rallentare la sbarretta. Per mantenerla in moto a velocità costante deve agire una forza uguale e contraria, → come la forza F mano applicata dalla mano in fgura. Questa forza compie lavoro e fornisce l’energia dissipata dalla lampadina. Figura 4 I + F I F → v I → v → Fmano 3 B → → I → + → Fmano – Sulla corrente I nella sbarretta in moto → agisce una forza magnetica F → con verso opposto alla velocità v della sbarretta. La sbarretta si muove a velocità→ costante perché la forza F mano bilancia la forza → magnetica F . – → x la legge dell’ induzione elettromagnetica di Faraday-neumann SImulAzIone Induzione elettromagnetica (PhET, University of Colorado) Con una serie di brillanti esperimenti, il fsico inglese Michael Faraday (1791-1867) scoprì attorno al 1830 il fenomeno dell’induzione elettromagnetica e intuì che la f.e.m. indotta nasce da una variazione del fusso magnetico. ■ F.e.m. cinetica e flusso magnetico Per comprendere la scoperta di Faraday, analizziamo il caso particolare della f.e.m. cinetica. La fgura 5A alla pagina seguente mostra una sbarretta di lunghezza L che si muove di un tratto x 0 attraverso un campo magnetico fra gli istanti t = 0 s e t 0 . In un istante di tempo successivo t, la sbarretta si trova a una distanza x maggiore, come mostra parte B della fgura. La velocità della sbarretta ha modulo x − x0 v = _____ t − t0 807 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA t=0s t=0s t0 t Area = A0 Area = A L → v → v → B x0 x A Figura 5 A In un tempo t 0 la sbarretta in moto spazza un’area A 0 = x 0L. B L’area spazzata in un tempo t è A = xL. In entrambe le parti della fgura le aree sono colorate. B Sostituendo questa espressione nell’ equazione ℰ = vBL si ottiene x − x0 xL − x 0L ℰ = _____ BL = _____ B t − t0 t − t0 Come indica la fgura, il termine x 0 L è l’ area A 0 spazzata dalla sbarretta che si muove di un tratto x 0 , mentre xL è l’ area A spazzata nel tratto x. In termini di area, la f.e.m. diviene: A − A0 BA − B A 0 ℰ = _____ B = _____ t − t0 t − t0 Il termine BA al numeratore è proprio il fusso del campo magnetico uniforme B → attraverso la superfcie piana di area A: Φ(B ) = BA. L’intensità della f.e.m. indotta è il rapporto fra la variazione del fusso ∆Φ = Φ − Φ 0 e l’ intervallo di tempo ∆t = t − t 0 in cui ha luogo: Φ − Φ 0 ∆Φ ℰ = ______ = _ t − t0 ∆t In altri termini: il valore della f.e.m. cinetica è uguale alla velocità di cambiamento del fusso magnetico. Come vedremo nel il paragrafo 4, per tener conto del verso della f.e.m. indotta è necessario scrivere la relazione precedente nella forma ℰ = −∆Φ/∆t. ■ legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-neumann Il risultato ottenuto nel caso della f.e.m. cinetica ha validità generale. Attorno al 1840 il tedesco Ernst Neumann (1798-1895) dimostrò infatti la seguente legge: SImulAzIone Faraday’s law of induction Electromagnetic induction legge dI FArAdAY-neumAnn La f.e.m. media indotta in un circuito è → ∆Φ(B ) ℰ=−_ ∆t → → (2) → dove ∆Φ(B ) = Φ[B (t)] − Φ 0[B (t 0)] è la variazione di fusso magnetico attraverso una qualsiasi superfcie delimitata dal circuito, e ∆t = t − t 0 è l’ intervallo di tempo in cui avviene questa variazione. unità di misura: volt (V). Il valore istantaneo della f.e.m. indotta può essere calcolato valutando il rapporto ∆Φ/∆t quando ∆t tende a zero: ∆Φ(B ) dΦ(B ) ℰ = lim (− _ ) = − _ ∆t dt ∆t→0 Quindi la f.e.m. indotta in un circuito è uguale all’opposto della derivata rispetto al tempo del fusso magnetico attraverso una superfcie che abbia come bordo il circuito. 808 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA eSemPIo 1 F.e.m. indotta in una bobina Una bobina piatta ha area 0,020 m2 ed è formata da N = 50 avvolgimenti. All’istante t 0 = 0 s la normale della bobina è parallela (ϕ 0 = 0°) a un campo magnetico costante di intensità 0,18 T. La bobina viene poi ruotata di un angolo ϕ = 60° in 0,10 s (fgura 6). Linee di forza del campo magnetico Bobina Figura 6 60˚ Normale ϕ = 0˚ ϕ = 60˚ Due orientazioni di una bobina rettangolare (viste in sezione) relative alle linee del campo magnetico. Le linee del campo magnetico che attraversano la bobina sono quelle corrispondenti all’area azzurra. ▸ Determina la f.e.m. media indotta. ▸ Quale sarebbe la f.e.m. indotta se la bobina fosse riportata alla sua orientazio- ne iniziale in 0,10 s? Il ragionamento e la soluzione ▸ Secondo la legge di Faraday-Neumann: → → N [Φ(B ) − Φ 0(B )] N (BA cos ϕ − BA cos ϕ 0) ℰ = – ________________ = − ______________________ = t − t0 t − t0 NBA (cos ϕ − cos ϕ 0) = − ______________________ t − t0 (50)(0,18 T)(0,020 m2)(cos 60° − cos 0°) ℰ = − ____________________ = +0,9 V 0,10 s − 0 s ▸ Quando la bobina è riportata nella sua posizione iniziale in 0,10 s, si scambia- no fra loro i valori di ϕ. Come risultato, la f.e.m. indotta ha la stessa intensità ma verso opposto: ℰ = −0,9 V . Un’applicazione della legge di Faraday-Neumann che troviamo nelle nostre abitazioni è un dispositivo di sicurezza noto come interruttore automatico differenziale o semplicemente salvavita, che protegge dai pericoli delle scosse elettriche. Il salvavita consiste di un interruttore che blocca il passaggio di corrente nel caso in cui si crei una f.e.m. indotta in una bobina di controllo (fgura 7 alla pagina seguente). La bobina è avvolta attorno a un anello di ferro attraverso il quale la corrente giunge a un dispositivo, come per esempio l’asciugabiancheria in fgura. Nella fgura la corrente in ingresso nell’asciugabiancheria è indicata dalle frecce rosse, quella in uscita dalle frecce verdi. Ciascuna delle correnti genera un campo magnetico che circonda il flo corrispondente. Tuttavia le linee di forza hanno verso opposto perché le due correnti scorrono in verso opposto. Come mostra la fgura, l’anello di ferro incanala le linee di forza attraverso la bobina di controllo. Poiché la corrente è alternata, i campi delle correnti rossa e verde cambiano nel tempo ma le linee di forza rosse e verdi hanno sempre verso opposto e quindi i campi si annullano sempre. In conseguenza di ciò il fusso totale attraverso la bobina è sempre nullo, per cui non vi è alcuna f.e.m. indotta. In tal modo, quando l’ asciugabiancheria funziona correttamente l’interruttore differenziale non è attivato e quindi non interrompe il passaggio di corrente. Fisica quotidiana L’interruttore automatico differenziale o salvavita 809 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA Figura 7 Interruttore del circuito L’asciugabiancheria è connesso alla presa a muro attraverso un interruttore differenziale e sta funzionando normalmente. Bobina di controllo Linee del campo magnetico Generatore di corrente alternata Anello di ferro Interruttore differenziale Elemento sensibile La situazione cambia in caso di un guasto elettrico, per esempio quando un flo interno entra in contatto con l’involucro metallico dell’ elettrodomestico. Se una persona tocca l’involucro, parte della corrente ne attraversa il corpo e si scarica a terra, ritornando al generatore di tensione senza passare nel flo di ritorno che attraversa l’interruttore differenziale. In queste condizioni il fusso totale attraverso la bobina di controllo non è più nullo e cambia nel tempo perché la corrente è alternata. La variazione del fusso genera una f.e.m. indotta nella bobina di controllo, che aziona l’interruttore. L’interruttore differenziale agisce in tempi molto rapidi (meno di un millisecondo) e interrompe il passaggio di corrente prima che l’intensità raggiunga un livello pericoloso. 4 la legge di lenz Il fusso magnetico totale attraverso un circuito è la somma di due contributi: uno è il fusso del campo magnetico esterno e l’altro è il fusso del campo magnetico indotto, cioè del campo magnetico generato dalla corrente indotta nel circuito. In generale esistono due versi in cui la corrente indotta può scorrere nel circuito: per stabilire il verso corretto si usa una regola nota come legge di Lenz, dal nome del fsico russo Heinrich Lenz (1804-1865). legge dI lenz La corrente indotta ha un verso tale da generare un campo magnetico indotto che si oppone alla variazione del fusso magnetico che l’ha provocata. Il segno meno della legge di Faraday-Neumann è dovuto proprio alla legge di Lenz, per questo motivo l’ equazione (2) è detta legge di Faraday-Neumann-Lenz. La fgura 8A mostra un magnete permanente che si avvicina a una spira. Il fusso magnetico attraverso la spira è crescente, poiché l’intensità del campo magnetico nella spira aumenta all’avvicinarsi del magnete. Per opporsi all’aumento del fusso, il verso del campo magnetico indotto deve essere opposto a quello del campo del magnete, cioè dev’ essere diretto verso sinistra (fgura 8B). Per generare questo camLinee di forza del campo magnetico Figura 8 A Mentre la calamita si muove verso destra, il fusso magnetico attraverso la spira cresce. B La corrente indotta ha il verso del pollice della mano destra. 810 S Linee di forza indotte Corrente indotta N A B Mano destra capitolo Linee di forza del campo magnetico S Linee di forza indotte Corrente indotta 19 InduzIone elettromAgnetICA Figura 9 Mano destra N A Mentre la calamita si muove verso sinistra, il fusso magnetico attraverso la spira decresce. B La corrente indotta ha il verso del pollice della mano destra. B A po indotto, la corrente indotta deve scorrere nella spira in senso antiorario se vista dalla parte del magnete. Consideriamo ora la fgura 9A in cui un magnete si allontana da una spira. Il fusso magnetico attraverso la spira è decrescente, poiché l’ intensità del campo magnetico nella spira diminuisce all’allontanarsi del magnete. In questo caso il campo magnetico indotto si oppone alla diminuzione del fusso se ha lo stesso verso del campo del magnete, cioè se è diretto verso destra (fgura 9B). Per generare questo campo indotto, la corrente indotta deve scorrere nella spira in senso orario se vista dalla parte del magnete. In generale, la corrente indotta in un circuito in cui c’è una variazione del fusso → magnetico ∆Φ(B ) crea: • • un campo magnetico indotto che è opposto al campo magnetico esterno se → ∆Φ(B ) > 0; un campo magnetico indotto che ha lo stesso verso del campo magnetico esterno → se ∆Φ(B ) < 0. eSemPIo 2 Cinque posizioni Problem solving Campo indotto e campo esterno La fgura 10 mostra un anello di rame che attraversa una regione in cui è presente un campo magnetico uniforme entrante nella pagina. Il campo indotto non è sempre opposto al campo esterno: la legge di Lenz richiede solo che esso sia opposto alla variazione del fusso che genera la f.e.m. 1. Nessuna corrente ▸ Per ciascuna delle cinque posizioni indica- 2. Corrente indotta te stabilisci se esiste una corrente indotta nell’anello e, in caso affermativo, il suo verso. Il ragionamento e la soluzione Posizione 1. Il campo magnetico e il suo fusso sono nulli. Quindi non c’ è variazione di fusso e non esistono f.e.m. e corrente indotta. Posizione 2. Mentre l’anello entra nella regione in cui c’è il campo, il fusso aumenta e quindi la corrente indotta circola in verso antiorario, in modo da creare un campo magnetico opposto a quello esterno. Posizione 3. Nella regione il campo magnetico è costante e la variazione di fusso è nulla. Quindi non si originano né f.e.m. indotta né corrente indotta. Posizione 4. Mentre l’anello esce dalla regione in cui c’è il campo, il fusso diminuisce e quindi la corrente indotta circola in verso orario, in modo da creare un campo magnetico con lo stesso verso di quello esterno. Posizione 5. Come nella posizione 1, non c’ è alcuna corrente indotta perché il campo magnetico e il suo fusso sono nulli. 3. Nessuna corrente 4. Corrente indotta 5. Nessuna corrente Figura 10 Un anello di rame attraversa una regione rettangolare in cui c’è un campo magnetico uniforme diretto nel verso entrante nella pagina. La fgura mostra che si origina una corrente indotta nelle posizioni 2 e 4. 811 19 capitolo InduzIone elettromAgnetICA Figura 11 Un microfono a bobina mobile. La bobina si muove con la membrana Suono N Membrana All’amplifcatore Fisica quotidiana Il microfono a bobina mobile e a magnete mobile Magnete a barra fsso All’amplifcatore La fgura 11 mostra un tipo di microfono detto «a bobina mobile». Quando il suono raggiunge il microfono, la membrana oscilla in avanti e indietro e la bobina attaccata si muove con essa. Vicino alla bobina c’è un magnete fsso. Quando la bobina si allontana e si avvicina al magnete, cambia il fusso magnetico che la attraversa. Di conseguenza nella bobina si genera una f.e.m. indotta. Questo segnale elettrico è inviato a un amplifcatore e poi ai diffusori acustici. Nel tipo di microfono detto «a magnete mobile» il magnete è solidale con la membrana e si muove rispetto a una bobina fssa. ■ legge di lenz e conservazione dell’energia La legge di Lenz consegue al principio di conservazione dell’energia. Supponiamo che la corrente indotta scorra in senso opposto a quanto previsto dalla legge di Lenz, per esempio ipotizziamo che nella situazione della fgura 8 la corrente indotta generi un campo magnetico diretto verso destra. Questo campo aumenterebbe la variazione di fusso totale e quindi l’ intensità della corrente indotta. A sua volta, questa creerebbe un campo indotto più grande, che darebbe luogo a una variazione di fusso più grande: è facile comprendere che tale processo non avrebbe termine e genererebbe una quantità infnita di energia. Quindi il principio di conservazione dell’energia determina il verso della corrente indotta. ■ Fisica quotidiana I freni elettromagnetici Correnti di Foucault In un pezzo di materiale conduttore in cui il fusso magnetico cambia nel tempo si originano correnti indotte. Per comprendere tale fenomeno, consideriamo la situazione dell’esempio 2 ma sostituiamo l’anello con un disco di rame. A causa dell’induzione elettromagnetica, come nel caso dell’anello anche nel disco scorrono correnti indotte, chiamate correnti di Foucault, da nome del fsico francese Jean-Bernard-Léon Foucault (1819-1868). Esse circolano in percorsi chiusi. Poiché la resistenza elettrica di un blocco di materiale conduttore è molto piccola, le correnti di Foucault dissipano molta energia per effetto Joule: per questa ragione sono dette correnti parassite. Nei dispositivi sottoposti a grandi variazioni di fusso magnetico, come nei nuclei dei motori elettrici, si utilizzano blocchi formati da tante «fettine» di materiale separate da superfci isolanti. In questo modo aumenta la resistenza elettrica totale e diminuisce l’intensità delle correnti parassite. Così facendo si limitano le perdite e si riduce il riscaldamento dei materiali. La dissipazione di energia provocata dalle correnti di Foucault è utilizzata per diminuire l’energia cinetica, e quindi la velocità, di mezzi pesanti come camion e pullman. 5 ■ mutua induzione e autoinduzione mutua induzione Consideriamo le due bobine di fgura 12 alla pagina seguente: la bobina primaria è connessa a un generatore di tensione alternata, mentre la bobina secondaria è con812 capitolo 19 nessa solo a un voltmetro che misura la f.e.m. indotta. La corrente I p della bobina primaria crea un campo magnetico che genera un fusso magnetico nella bobina secondaria. Il fusso varia nel tempo perché la corrente I p e il campo che essa genera cambiano nel tempo. A causa della variazione del fusso si origina una f.e.m. indotta nella bobina secondaria. L’effetto per cui una corrente variabile in un circuito induce una f.e.m. in un altro circuito è detto mutua induzione. Per la legge di Faraday-Neumann, la f.e.m. media → ℰ s indotta nella bobina secondaria è proporzionale alla variazione di fusso ∆Φ s(B ) → attraverso essa. Ma ∆Φ s(B ) è prodotto dalla variazione ∆I p della corrente nella bobina primaria. Quindi è conveniente riscrivere la legge di Faraday-Neumann in una forma che metta in relazione ℰ s e ∆I p . A questo proposito, notiamo che il fusso → magnetico totale attraverso la bobina secondaria è N sΦ s(B ), dove N s è il numero di → spire della bobina secondaria e Φ s(B ) è il fusso attraverso una spira. Il fusso totale è proporzionale al campo magnetico che, a sua volta, è proporzionale alla corrente → I p nella bobina primaria. Quindi N sΦ s(B ) ∝ I p. Introducendo la costante di proporzionalità M, detta mutua induttanza, la relazione precedente diviene InduzIone elettromAgnetICA Voltmetro Linee di forza variabili prodotte dalla bobina primaria Generatore di corrente alternata – + Ip Bobina primaria Bobina secondaria Figura 12 Una corrente alternata I p che scorre nella bobina primaria crea un campo magnetico alternato. Questo campo variabile induce una f.e.m. nella bobina secondaria. → N sΦ s(B ) = MI p da cui segue → Φ s(B ) M = N s ______ Ip (3) Sostituendo questa relazione nella legge di Faraday-Neumann otteniamo: → → ∆Φ s(B ) ∆[N sΦ s(B )] ∆(M I p) ∆I p ℰ s = − N s ___ = − ______ = − ______ = − M ___ ∆t ∆t ∆t ∆t F.e.m. media dovuta alla mutua induzione ∆I p ℰ s = − M ___ ∆t (4) La f.e.m. indotta nella bobina secondaria è quindi dovuta alla variazione della corrente nella bobina primaria. Il valore istantaneo della f.e.m. indotta può essere calcolato valutando il rapporto ∆I p /∆t quando ∆t tende a zero, cioè calcolando la derivata rispetto al tempo della corrente I p della bobina primaria: ∆I p dI p ℰ = lim −M ___ = −M ___ ∆t ) dt ∆t→0 ( L’unità di misura della mutua induttanza M è detta henry (H) in onore del fsico americano Joseph Henry (1797-1878): 1 H = 1 V ∙ s /A. La mutua induttanza è una misura del grado di accoppiamento magnetico fra le due bobine e dipende dalla geometria delle bobine e dai loro eventuali nuclei ferromagnetici. In genere M ha valori minori di 1 H e spesso ha valori compresi fra il millihenry (1 mH = 1 · 10−3 H) e il microhenry (1 μH = 1 · 10−6 H). ■ Autoinduzione Una f.e.m. può essere indotta in una bobina percorsa da corrente a seguito di una variazione del campo magnetico generato dalla corrente stessa. Per esempio, la fgura 13 mostra una bobina connessa a un generatore di corrente alternata. La corrente alternata crea un campo magnetico variabile che, a sua volta, crea un fusso variabile attraverso la bobina. La variazione di fusso induce una f.e.m. nella bobina secondo la legge di Faraday-Neumann. Il fenomeno per cui una corrente variabile in un circuito induce una f.e.m. nello stesso circuito è detto autoinduzione. Trasformiamo la legge di Faraday-Neumann in modo che la f.e.m. indotta sia proporzionale alla variazione di corrente nella bobina piuttosto che alla variazione → di fusso magnetico. Il fusso magnetico totale Φ(B ) attraverso la bobina è proporzionale al campo magnetico e il campo magnetico è proporzionale alla corrente I, → per cui Φ(B ) ∝ I. Inserendo la costante di proporzionalità L, detta autoinduttanza o → induttanza della bobina, si ha Φ(B ) = LI, da cui segue Generatore di corrente alternata + – I Linee di campo magnetico I prodotte da I Figura 13 La corrente alternata nella bobina genera un campo magnetico alternato che induce una f.e.m. nella bobina. 813 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA → Φ(B ) L=_ I (5) La legge di Faraday-Neumann dà la f.e.m. indotta media: → ∆Φ(B ) ∆(LI) ∆I ℰ = − _ = − _ = −L _ ∆t ∆t ∆t F.e.m. media dovuta all’autoinduzione ∆I ℰ = −L _ ∆t (6) Il valore istantaneo della f.e.m. indotta può essere calcolato valutando il rapporto ∆I/∆t quando ∆t tende a zero, cioè calcolando la derivata rispetto al tempo della corrente I nella bobina: ∆I dI ℰ = lim −L ___ = −L ___ ( ) ∆t dt ∆t→0 Come la mutua induttanza, L si misura in henry. Il valore di L dipende dalla geometria della bobina e dal materiale al suo interno. Avvolgendo il flo attorno a un nucleo di materiale ferromagnetico, il fusso magnetico e quindi l’induttanza possono essere aumentati in modo signifcativo. ■ l’ induttanza di un solenoide L’induttanza di un solenoide con una lunghezza l molto maggiore del diametro può essere calcolata a partire dall’equazione (5). Il campo magnetico all’interno del solenoide è perpendicolare al piano degli avvolgimenti e ha modulo costante N B = μ0 _ I l dove N è il numero di avvolgimenti. Quindi il fusso totale è N N2 Φ(B ) = NAB = NA μ 0 _ I = A μ 0 __ I l l dove A è l’area della sezione del solenoide. Inserendo questa espressione nella equazione (5) si ha l’ induttanza del solenoide: N2 L = μ 0 __ A l (7) eSemPIo 3 Quando cambia la corrente... Un solenoide lungo 8,0 · 10−2 m e con sezione di area 5,0 · 10−5 m2 contiene 6500 avvolgimenti per metro di lunghezza. ▸ Determina la f.e.m. indotta nel solenoide quando la corrente in esso cambia da 0 A a 1,5 A nell’intervallo di tempo da 0 s a 0,20 s. Il ragionamento e la soluzione Per calcolare la f.e.m. indotta mediante la (6), determiniamo l’induttanza del solenoide. Il numero N di avvolgimenti è N = (6500 avv/m)(8,0 · 10−2 m) = 520 avv L’induttanza del solenoide è N2 (4π ∙ 10−7 T ∙ m /A)(520)2(5,0 ∙ 10−5 m2) L = μ 0 __ A = _________________________________ = 2,1 ∙ 10−4 H l 8,0 ∙ 10−2 m La f.e.m. indotta nel solenoide è quindi ∆I (2,1 ∙ 10−4 H)(1,5 A) ℰ = −L _ = − ________ = − 1,6 ∙ 10−3 V ∆t 0,2 s 814 capitolo ■ 19 InduzIone elettromAgnetICA l’ energia immagazzinata in un solenoide Un solenoide può immagazzinare energia, come un condensatore. Questa energia deriva dal lavoro compiuto dal generatore per mantenere una corrente I nel solenoide. Si dimostra che il lavoro totale è W = LI 2/2. Quindi l’ energia immagazzinata da un solenoide percorso da una corrente I è 1 energia = _ L I 2 2 (8) L’energia di un solenoide è immagazzinata nel suo campo magnetico fno a quando scorre la corrente I. l’Angolo mAtemAtICo dimostrazione della formula per l’energia immagazzinata in un solenoide Per la legge di Faraday-Neumann, in un solenoide percorso da una corrente i si origina una f.e.m. indotta ℰ = −L(di/dt). Secondo la legge di Lenz, la f.e.m. indotta è opposta a quella del generatore in modo da opporsi alla variazione di corrente. Il generatore deve quindi compiere un lavoro per spingere le cariche attraverso il solenoide contro questa f.e.m. indotta. Indichiamo con dW il lavoro fatto dal generatore per spingere una carica dQ nel solenoide: di dQ di dW = − dQ ℰ = − dQ −L _ = L _ ( ) dt dt Poiché i = dQ/dt, poniamo la formula precedente nella forma: dW = Li ∙ di Per calcolare il lavoro totale fatto mentre la corrente cambia da zero fno al suo valore fnale I basta calcolare l’integrale defnito: I W= ∫0 I Li ∙ di = L 1 I 1 i ∙ di = L _ i 2 = _ L I 2 [ 2 ]0 2 ∫0 L’induttanza di un solenoide molto lungo è L = μ 0 N 2A/l, dove N è il numero di avvolgimenti, A è l’area della sezione del solenoide e l la sua lunghezza. Quindi l’energia immagazzinata è 1 1 N2 energia = _ L I 2 = _ μ 0 __ A I 2 2 2 l All’interno del solenoide N B = μ0 _ I l per cui I = Bl/(μ 0 N). Sostituendo risulta: 1 N2 Bl 2 1 energia = _ μ 0 __ A ___ = __ B 2Al 2 l ( μ 0 N ) 2μ 0 Il termine Al è il volume dell’interno del solenoide, in cui esiste il campo magnetico, quindi l’energia per unità di volume, o densità di energia, è energia 1 densità di energia = _ = __ B 2 volume 2μ 0 (9) Questo risultato è stato ottenuto nel caso particolare di un solenoide, ma vale in generale in ogni punto in cui esiste un campo magnetico nell’aria, nel vuoto o in un materiale non magnetico. Possiamo dunque concludere che l’energia può essere immagazzinata in un campo magnetico, proprio come in un campo elettrico. 815 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA l’ alternatore e la corrente alternata © M. Melford/The Image Bank/Getty Images 6 Figura 14 Alternatori come questi forniscono energia elettrica producendo una f.e.m. indotta in accordo con la legge di Faraday-Neumann dell’induzione elettromagnetica. Gli alternatori, come quelli di fgura 14, producono praticamente tutta l’ energia elettrica mondiale. Un alternatore produce energia elettrica a partire da energia meccanica, proprio l’opposto di ciò che fa un motore elettrico. In un motore una corrente elettrica provoca la rotazione di una bobina, compiendo un lavoro meccanico su ogni oggetto attaccato all’ asse della bobina. In un alternatore l’asse è posto in rotazione da un qualsiasi mezzo meccanico, come un motore o una turbina, e nella bobina si genera una f.e.m. indotta. Se l’ alternatore è connesso a un circuito esterno, l’uscita dell’alternatore è una corrente elettrica. Nella sua forma più semplice, un alternatore consiste di una spira che ruota in un campo magnetico uniforme, come mostra la fgura 15A. Ciascun estremo della spira termina con un anello metallico che striscia contro una spazzola di carbone ferma, a cui è connesso il circuito esterno. I I Spazzola di carbone Anelli metallici (collettori) Spazzola di carbone I I → Figura 15 B A Questo alternatore consiste di una bobina (di cui è mostrato solo un avvolgimento) che viene → fatta ruotare in un campo magnetico B da un agente meccanico esterno. B La corrente I nasce a causa della forza magnetica che agisce sulle cariche in moto. I N A S I La bobina • posta in rotazione da un agente meccanico → B θ → v B Supponiamo che all’istante t = 0 s sia θ = 0° l’ angolo formato dalla normale alla → spira e dal campo magnetico costante B (parte B della fgura). Se la spira è mantenuta in rotazione con velocità angolare ω costante attorno al suo asse, l’angolo θ varia secondo la legge θ = ωt In ogni istante, il fusso magnetico attraverso la spira è → Φ(B ) = AB cos θ = AB cos (ωt) dove A è l’area della spira. Per la legge di Faraday-Neumann la f.e.m. indotta nella spira è % +%0 0 –%0 Figura 16 Un generatore di corrente alternata produce una f.e.m. indotta alternata in accordo con l’equazione: ℰ(t) = ℰ 0 sen ωt. 816 → t dΦ(B ) d(AB cos ωt) (10a) ℰ(t) = − _ = − ____________ = ωAB sen ωt dt dt dove si è usata la regola d(cos ωt) _ = − ω sen ωt dt Indicato con ℰ 0 = ωAB il valore massimo della f.e.m. indotta, la relazione precedente diviene ℰ(t) = ℰ 0 sen ωt (10b) La fgura 16 è il grafco dell’equazione (10b) e mostra che la f.e.m. cambia polarità mentre la bobina ruota. capitolo 19 Quando un alternatore è connesso a un circuito, genera in esso una corrente che inverte il verso con la stessa frequenza f con cui la f.e.m. cambia polarità. Perciò questo alternatore è detto generatore di corrente alternata. ■ InduzIone elettromAgnetICA I +I0 0 la corrente alternata Se il circuito esterno connesso all’alternatore ha resistenza totale R, in esso scorre una corrente alternata I(t) = I 0 sen ωt –I0 Figura 17 Andamento della corrente che percorre un circuito collegato a un alternatore. 2π T=_ ω – + Dalla prima delle relazione precedenti deriva che la (11a) può essere scritta nella forma: I(t) = I 0 sen( 2πft) T = 2π ω (11a) dove I 0 = ℰ 0 /R è il valore massimo dell’intensità di corrente. La fgura 17 visualizza l’andamento dell’intensità di corrente [equazione (11a)] in funzione del tempo, che oscilla fra i valori +I 0 e −I 0 . La frequenza f e il periodo T dell’oscillazione sono legati alla velocità angolare ω dell’alternatore dalle relazioni ω f=_ 2π t + – +V0 t 0 (11b) In Italia la frequenza è f = 50 Hz. Il periodo di ogni ciclo è quindi 1/50 s e la polarità della tensione si inverte due volte ogni ciclo, come indica la fgura 18. –V0 ■ Figura 18 Potenza e valori efficaci in corrente alternata La potenza rilasciata da un generatore in un circuito in corrente alternata è data da P = Iℰ, proprio come nel caso di un circuito in corrente continua. Tuttavia, poiché I ed ℰ dipendono dal tempo, la potenza varia al variare del tempo: P = (I 0 sen ωt)(ℰ 0 sen ωt) = I 0ℰ 0 sen2 ωt (12) – 1 P = _ I 0ℰ 0 2 (13) – La fgura 19 mostra il grafco di questa funzione. Si dimostra che il valore medio P della potenza è la metà del valore massimo, come mostra la fgura: A partire da questa espressione, si possono introdurre i valori medi della corrente e della f.e.m., che risultano molto utili quando si ha a che fare con i circuiti in corrente alternata. L’equazione (13) può essere posta nella forma ℰ0 – I 0 ____ _ _ = I eff ℰ eff P = ____ √2 √2 – + – + Nei casi più comuni, la tensione alternata è una funzione sinusoidale del tempo. Nella fgura è indicata la polarità relativa dei terminali del generatore durante la parte positiva e la parte negativa della funzione seno. P I0%0 Potenza media 1 Ð 2 I0%0 t (14) Figura 19 dove I_eff ed ℰ eff sono i valori effcaci di corrente e f.e.m., e sono calcolati dividendo per √ 2 i corrispondenti valori massimi: I0 _ I eff = ____ √2 (15) ℰ0 _ ℰ eff = ____ √2 (16) In un circuito in corrente alternata, la potenza P dissipata da un resistore oscilla fra zero e un valore di picco I 0ℰ 0 , dove I 0 e ℰ 0 sono rispettivamente la corrente e la tensione di picco. _ In Italia il valore effcace di ℰ è 230 V, quindi il valore massimo è ℰ 0 = 230 √ 2 ≈ 325 V. 7 ■ I circuiti semplici in corrente alternata Il circuito resistivo SImulAzIone AC circuit with only one circuit element Nei circuiti che contengono solo resistori, la corrente inverte il suo verso ogni volta in cui si inverte la polarità del generatore ed è proporzionale alla forza elettromotri817 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA R ce applicata: ℰ0 I = __ sen(2πft) = I 0 sen(2πft) R dove I 0 = ℰ 0 /R è l’ intensità di corrente massima. La resistenza R ha lo stesso valore per ogni frequenza della corrente alternata. Il grafco in fgura 20 mostra che f.e.m. e corrente sono in fase. In termini intuitivi ciò signifca che si annullano, raggiungono i loro valori massimi e i loro valori minimi negli stessi istanti. La legge di Ohm può essere formulata in termini di valori effcaci: %0 sen 2πft V(t) I(t) ℰ eff = I eff R 1 –T 2 (17) (18) t T ■ Il circuito capacitivo La fgura 21 mostra gli andamenti di tensione e corrente alternata in un circuito che contiene solo un condensatore. La corrente raggiunge il suo valore massimo un quarto di ciclo prima che lo raggiunga la f.e.m. La corrente è sfasata in anticipo di 90° rispetto alla f.e.m. Figura 20 La tensione istantanea V e la corrente I in un circuito puramente resistivo sono in fase: ciò signifca che aumentano e diminuiscono di pari passo. l’Angolo mAtemAtICo Sfasamento corrente-f.e.m. in un circuito RC In un circuito puramente capacitivo vale la relazione fra la capacità C del condensatore, la carica Q sulle armature e la differenza di potenziale V: Q V=_ C In presenza di un generatore di f.e.m. ℰ(t) = ℰ 0 sen(2πft), la legge delle maglie è Q ℰ 0 sen(2πft) − _ = 0 C e quindi la carica presente all’instante t sulle armature è Q(t) = Cℰ 0 sen(2πft) La corrente che attraversa il circuito è I(t) = dQ(t)/dt. Quindi d d I(t) = _ [Cℰ 0 sen(2πft)] = Cℰ 0 _ [sen(2πft)] = Cℰ 0 2πf cos(2πft) dt dt La corrente dipende dal tempo secondo il fattore cos(2πft) = sen (2πft + π/2), per cui è sfasata in anticipo di π/2 = 90° rispetto alla f.e.m. C %0 sen 2πft B A´ A C t B´ C´ Tensione Corrente Figura 21 In un circuito contenente solo un condensatore, la tensione istantanea e la corrente non sono in fase. Al contrario, la corrente anticipa sulla tensione di un quarto di ciclo, cioè ha uno sfasamento di +90°. 818 Il fatto che f.e.m. e corrente siano sfasati di 90° ha conseguenze importanti dal punto di vista dell’energia elettrica, poiché la potenza è il prodotto di corrente e tensione. Nell’intervallo di tempo fra A e B (o fra A′ e B′) nella fgura 21, la corrente e la f.e.m. sono entrambe positive. Quindi anche la potenza istantanea è positiva: il generatore sta inviando energia al condensatore. Tuttavia, nell’ intervallo fra B e C (o fra B′ e C′) la corrente è negativa mentre la f.e.m. è positiva, e quindi la potenza è negativa. Durante questo intervallo di tempo, il condensatore restituisce energia al generatore. Quindi la potenza varia tra valori positivi e negativi in uguali periodi di tempo. In altre parole: il condensatore assorbe e rilascia energia. Di conseguenza la potenza media, e quindi l’ energia media, utilizzata da un condensatore in un circuito in corrente alternata è nulla. Si può dimostrare che i valori effcaci di f.e.m. e corrente sono legati dalla relazione ℰ eff = X C I eff (19) dove X C è detta reattanza capacitiva e si misura in ohm. Se C è la capacità del condensatore, la reattanza capacitiva è 1 XC = _ (20) 2πfC capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA All’aumentare della frequenza, la reattanza capacitiva X C tende a zero. Ciò signifca che un condensatore offre una resistenza trascurabile al passaggio di corrente alternata di grande frequenza. Al contrario, nel limite di frequenza nulla (cioè corrente continua) X C diventa infnita e il condensatore si oppone così tanto al moto delle cariche che non passa corrente nel circuito. ■ Il circuito induttivo La fgura 22 mostra gli andamenti di tensione e corrente alternata in un circuito che contiene solo un induttore. La corrente è sfasata in ritardo di 90° rispetto alla tensione. L l’Angolo mAtemAtICo Sfasamento corrente-f.e.m. in un circuito RL Secondo la legge di Faraday-Neumann dell’induzione elettromagnetica, in un induttore alimentato da una f.e.m. ℰ(t) = ℰ 0 sen(2πft) esiste sempre una f.e.m. indotta − LdI(t)/dt che si oppone al passaggio di corrente. In un circuito puramente induttivo la legge delle maglie diviene dI(t) ℰ(t) − L _ = 0 dt da cui segue dI(t) ℰ 0 sen(2πft) = L _ dt (21) L’equazione precedente è un’equazione differenziale lineare. Considerando che I(0) = 0, la soluzione dell’equazione è la funzione ℰ0 I(t) = − __ cos(2πft) 2πfL %0 sen 2πft Tensione Corrente t Figura 22 La tensione istantanea e la corrente in un circuito contenente solo un induttore non sono in fase. Infatti la corrente ritarda sulla tensione di un quarto di ciclo, cioè ha uno sfasamento di −90°. (22) Per verifcarlo basta sostituire la (22) nella (21) e constatare che si ha un’identità: ℰ0 d ℰ 0 sen(2πft) = L _ − __ cos(2πf ) ] dt [ 2πfL da cui segue successivamente Lℰ0 d ℰ 0 sen(2πft) = − ___ _ cos(2πft) 2πfL dt ℰ0 ℰ 0 sen(2πft) = − ___ (−2πf ) sen(2πft) 2πf ℰ 0 sen(2πft) = ℰ 0 sen(2πft) La corrente dipende dal tempo secondo il fattore −cos(2πft) = sen(2πft − π/2), per cui è sfasata in ritardo di π/2 = 90° rispetto alla f.e.m. In un induttore lo sfasamento di 90° fra corrente e tensione porta allo stesso risultato per la potenza media visto per il condensatore: la potenza media, e quindi l’energia media, utilizzata da un induttore in un circuito in corrente alternata è nulla. Si può dimostrare che i valori effcaci di f.e.m. e corrente sono legati dalla relazione ℰ eff = X L I eff (23) dove X L è detta reattanza induttiva e si misura in ohm. Se L è l’ induttanza del solenoide, la reattanza induttiva è X L = 2πfL (24) All’aumentare della frequenza, la reattanza induttiva X L tende ad aumentare. Ciò signifca che un induttore offre una grande resistenza al passaggio di corrente alternata di frequenza elevata. Nel limite di frequenza nulla (cioè corrente continua), X L diventa praticamente nulla e l’induttore non si oppone al passaggio di corrente. 819 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA 8 SImulAzIone Circuiti RLC in corrente alternata RLC circuit Il più semplice circuito in corrente alternata contenente un resistore, un condensatore e un induttore è il circuito RLC in serie della fgura 23. Si può dimostrare che la tensione effcace e la corrente effcace nel circuito RLC in serie sono legate dalla relazione ℰ eff = I eff Z (25) dove Z è detta impedenza del circuito: ___________ Z = √ R 2 + (X L − X C )2 (26) L’angolo di sfasamento ϕ fra la corrente e la tensione in un circuito RLC in serie è tale che XL − XC tg ϕ = ______ (27) R – L’angolo di sfasamento ha un ruolo importante nella potenza media P dissipata nel circuito. Si può infatti dimostrare che – (28) P = I eff ℰ eff cos ϕ R C L Figura 23 Un circuito RLC in serie contiene un resistore, un condensatore e un induttore. %0 sen 2πft eSemPIo 4 Calcoliamo il valore efficace Un circuito RLC in serie contiene un resistore con R = 148 Ω, un condensatore con C = 1,50 μF e un solenoide con L = 35,7 mH. Il circuito è alimentato da un alternatore con f = 512 Hz ed ℰ eff = 35,0 V. ▸ Calcola il valore effcace della corrente nel circuito. Il ragionamento La corrente effcace è legata alla f.e.m. effcace dalla relazione ℰ eff = I eff Z. Basta quindi determinare l’ impedenza Z del circuito. I dati e le incognite dati Incognita grandezze Simboli Valori Commenti Resistenza R 148 Ω Capacità C 1,50 μF 1 μF = 10−6 F Induttanza L 35,7 mH 1 mH = 10−3 H Frequenza dell’alternatore f 512 Hz Valore effcace della f.e.m. ℰeff 35,0 V Valore effcace della corrente I eff Il modello del problema Sintesi del modello 1 Corrente Dalla relazione ℰ eff = I eff Z il valore effcace della corrente è ℰ eff I eff = __ Z 820 Grandezza da determinare: Z ℰ eff I eff = __ Z (a) capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA 2 Impedenza Secondo la (26) l’impedenza è ℰ eff I eff = __ Z ___________ Z = √ R 2 + (X L − X C )2 ___________ Z = √ R 2 + (X L − X C )2 Grandezza da determinare: X L e XC 3 reattanza capacitiva e induttiva Sono date dalle relazioni ℰ eff I eff = __ Z 1 XC = _ 2πfC X L = 2πfL ___________ Z = √ R 2 + (X L − X C )2 quindi risulta 1 X L − X C = 2πfL − _ 2πfC 1 X L − X C = 2πfL − _ 2πfC la soluzione Combinando i vari passaggi si ottiene algebricamente 1 2 3 ↓ __ ↓ __________ ℰ eff ↓ _____________________ ℰ eff ℰ eff I eff = Z Numericamente risulta = ___________ = √ R 2 + (X L − X C )2 √ _______ 2 1 R 2 + 2πfL − _ ( 2πfC ) 35,0 V ______________________________________________ = 0,201 A I eff = _________________________________________________________ 2 1 (148 Ω)2 + 2π(512 Hz)(35,7 ∙ 10−3 H) − __________________ −6 [ 2π(512 Hz)(1,50 ∙ 10 F) ] √ © Martin Dohrn/SPL/Photo Researchers, Inc. Una corrente elettrica alternata a bassa frequenza viene utilizzata nella stimolazione elettrica transcutanea dei nervi (TENS). La TENS è una terapia antidolore che impiega frequenze comprese fra 40 Hz e 150 Hz. La corrente passa tra due elettrodi applicati sul corpo e inibisce la trasmissione degli impulsi nervosi che danno la sensazione del dolore (fgura 24). Si ritiene che questa tecnica agisca sui canali dei neuroni che controllano il passaggio di ioni sodio attraverso la membrana cellulare. Fisica quotidiana La stimolazione elettrica transcutanea dei nervi (TENS) Figura 24 Elettrodi La TENS è applicata all’avambraccio nel tentativo di limitare la sintomatologia dolorosa dovuta a un sospetto danneggiamento del nervo radiale. 821 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA la risonanza nei circuiti elettrici 9 ■ Figura 25 L’oscillazione di una massa attaccata a una molla è analoga alle oscillazioni dei campi elettrico e magnetico che avvengono rispettivamente nel condensatore e nell’induttore. Energia potenziale Analogie fra risonanza meccanica e risonanza elettrica Si ha risonanza quando la frequenza della forza esterna applicata a un sistema ha la stessa frequenza di oscillazione del sistema. La fgura 25 mostra l’analogia tra la risonanza in un circuito elettrico, privo di resistenza, e un sistema meccanico formato da una massa attaccata a una molla che si muove senza attrito su un piano orizzontale. Nella parte A la molla, dopo essere stata allungata, viene rilasciata in modo che la velocità iniziale della massa sia v = 0 m/s. Tutta l’energia è immagazzinata sotto forma di energia potenziale elastica. Quando la massa si muove la sua energia potenziale si trasforma gradualmente in energia cinetica. Nella parte B della fgura la massa transita con la massima energia cinetica nel punto in cui la molla è a riposo. A causa della sua inerzia, la massa oltrepassa questa posizione e giunge ferma nella posizione (parte C) in cui la molla è compressa e tutta la sua energia cinetica si è convertita in energia potenziale elastica. La parte d è simile alla parte B ma con la velocità in verso opposto. Nel caso elettrico, la fgura 25A mostra un condensatore carico che è stato appena connesso a un solenoide. In questo istante l’energia è immagazzinata nel campo → elettrico E fra le armature del condensatore. Mentre il condensatore si scarica, il → campo elettrico diminuisce e aumenta il campo magnetico B attorno al solenoide creato dalla corrente che lo attraversa. La corrente massima e il campo magnetico massimo si hanno nell’ istante in cui il condensatore si è completamente scaricato, come nella fgura 25B. L’energia è ora immagazzinata interamente nel campo magnetico del solenoide. La tensione indotta nel solenoide mantiene una corrente elettrica fno a quando il condensatore si è nuovamente caricato, con polarità opposta rispetto a quella iniziale, come nella parte C della fgura. Ancora una volta l’ energia è tutta immagazzinata nel campo elettrico fra le armature. Nella parte d si ripete la parte B ma con versi opposti del campo elettrico e della corrente. Posizione in cui la molla • a riposo → + + + + v = 0 m/s E A – – – – Energia potenziale v = 0 m/s Posizione in cui la molla • a riposo → – – – – E + + + + C Energia cinetica vmax Imax B Energia cinetica → B vmax → B Imax D ■ la frequenza di risonanza In un circuito in corrente alternata si ha quindi il fenomeno della risonanza perché l’energia tende a circolare fra il campo elettrico del condensatore e il campo magnetico dell’induttore. La corrente effcace in un circuito RLC è I eff = ℰ eff /Z: per una data tensione, la corrente è massima quando l’impedenza ___________ Z = √ R 2 + (X L − X C )2 è minima. Ciò avviene quando 1 X L − X C = 2π f 0L − _______ = 0 2π f 0C cioè per la frequenza di risonanza 1 _ f 0 = ______ (29) 2π √ LC Notiamo che la frequenza di risonanza dipende dall’ autoinduttanza e dalla capacità ma non dalla resistenza. Alla frequenza di risonanza, l’induttanza del circuito è puramente resistiva, Z = R: la f.e.m. e la corrente sono in fase. 822 capitolo 19 10 Il trasformatore InduzIone elettromAgnetICA Fisica quotidiana Un trasformatore è un dispositivo per aumentare o diminuire una tensione alternata. Per esempio, il caricabatterie del telefono cellulare contiene un trasformatore che riduce la tensione dai 220 V della rete a un valore molto più basso, generalmente attorno ai 3 V. La fgura 26 mostra lo schema di un trasformatore, che consiste in un nucleo di ferro sul quale sono avvolte due bobine: una bobina primaria con N p avvolgimenti e una bobina secondaria con N s avvolgimenti. Solo la bobina primaria è connessa a un generatore di tensione alternata. Figura 26 Interruttore Bobina secondaria (Ns avvolgimenti) Ip Generatore + Bobina di corrente primaria alternata – (Np avvolgimenti) Linee di forza del campo magnetico I trasformatori Simbolo del trasformatore Un trasformatore consiste di una bobina primaria e di una bobina secondaria avvolte attorno a un nucleo di ferro. Il fusso magnetico variabile prodotto dalla corrente della bobina primaria induce una f.e.m. nella bobina secondaria. A destra è riportato il simbolo del trasformatore. Nucleo di ferro La corrente alternata nella bobina primaria genera un campo magnetico variabile nel nucleo di ferro, che amplifca il campo magnetico e ne convoglia le linee di forza attraverso la bobina secondaria. Poiché il campo magnetico varia nel tempo, nella bobina secondaria la f.e.m. indotta ℰ s nasce per mutua induzione: → ∆Φ(B ) ℰ s = − N s ______ ∆t Nella bobina primaria la f.e.m. indotta ℰ p è dovuta all’autoinduzione: → ∆Φ(B ) ℰ p = − N p ______ ∆t → Il termine ∆Φ(B )/∆t è lo stesso in entrambe le equazioni perché le bobine sono attraversate dallo stesso fusso. Dividendo membro a membro le due equazioni si ottiene ℰ s ___ Ns __ = ℰp Np In un trasformatore di alta qualità la resistenza delle bobine è trascurabile, per cui le f.e.m. indotte ℰs ed ℰp sono praticamente uguali alle differenze di potenziale Vs e Vp ai capi delle bobine. La relazione ℰs / ℰp = Ns /Np è detta equazione del trasformatore ed è normalmente scritta in funzione della tensione ai capi di ciascuna bobina: Equazione del trasformatore Vs ___ Ns ___ = Vp N p (30) Il rapporto N s /N p è detto rapporto di trasformazione. La facilità con cui i trasformatori possono cambiare il valore della tensione è una delle principali ragioni per cui si preferisce la corrente alternata a quella continua. ■ energia di un trasformatore La tensione nella bobina secondaria può essere maggiore o minore di quella nella primaria, ma l’energia non è creata né distrutta dal trasformatore. Nel caso ideale, le perdite di energia all’interno del trasformatore sono trascurabili. Quindi l’energia 823 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA che scorre nella bobina secondaria è uguale all’energia che scorre nella bobina pri– – maria. La potenza media Pp inviata al primario è uguale alla potenza media Ps invia– – – ta al secondario: Pp = Ps . Ma P = IV e quindi I pVp = I sVs I s ___ Vp ___ Np __ = = I p Vs N s (31) Notiamo che Vs /Vp è uguale al rapporto di trasformazione N s /N p, mentre I s /I p è uguale al rapporto inverso N p /N s. Quindi un trasformatore che incrementa la tensione nello stesso tempo diminuisce l’intensità di corrente, e un trasformatore che diminuisce la tensione aumenta l’ intensità di corrente. Tuttavia la potenza rimane in– – variata perché Pp = Ps . I trasformatori svolgono un ruolo importante nella trasmissione di potenza elettrica dalle centrali agli utenti fnali. Ogni volta che viene trasmessa elettricità, nelle linee di trasmissione si verifcano alcune perdite a causa dell’effetto Joule. Poiché la resistenza di un flo è proporzionale alla sua lunghezza, più lungo è il flo maggiori sono le perdite di energia. Le compagnie elettriche riducono tali perdite impiegando trasformatori che aumentano la tensione e riducono la corrente inviata. Una corrente minore signifca una minore perdita, perché P = I 2R, dove R è la resistenza dei fli di trasmissione. Linea ad alta tensione Trasformatore Centrale elettrica Trasfomatore Trasfomatore (sottostazione) 10 000 V 220 000 V Figura 27 I trasformatori hanno un ruolo chiave nella trasmissione dell’energia elettrica. 10 000 V 220 V La fgura 27 mostra uno schema della distribuzione di energia elettrica. La centrale produce una tensione di 10000 V. Questa tensione è aumentata fno a 220000 V: le linee ad alta tensione trasportano l’energia per lunghe distanze. All’arrivo in una città, la tensione è ridotta a 10000 V. Per l’uso domestico essa viene ulteriormente ridotta a 220 V da un altro trasformatore e poi distribuita nelle abitazioni. 11 dispositivi a semiconduttore I dispositivi a semiconduttore come i diodi e i transistor sono largamente utilizzati nella moderna elettronica. La fgura 28 alla pagina seguente mostra un sistema audio in cui piccole tensioni alternate, generate da un lettore cd, da una radio FM e da un registratore a cassette, sono amplifcate in modo che possano pilotare i diffusori. Il circuito elettrico che effettua l’amplifcazione utilizza un generatore di tensione continua. Nei dispositivi portatili la sorgente di energia è una semplice batteria. Nei dispositivi fssi, invece, la sorgente di energia è un circuito elettrico separato contenente diodi e altri elementi circuitali. Come vedremo, i diodi convertono la tensione alternata a 50 Hz della presa di casa nella tensione in corrente continua necessaria ai transistor dell’amplifcatore. 824 capitolo 19 Figura 28 Registratore a cassette In un normale impianto audio, i diodi sono usati nell’alimentatore per ottenere corrente continua a partire dalla corrente alternata fornita dalla presa elettrica. Questa corrente continua alimenta i transistor presenti nell’amplifcatore che aumentano le piccole tensioni alternate prodotte dal lettore CD e dalle altre sorgenti. Tensione alternata di 50 Hz proveniente dalla presa Tensione continua Alimentatore Radio FM InduzIone elettromAgnetICA Diodi Amplifcatore Transistor Altoparlante Lettore CD ■ Semiconduttori di tipo n e di tipo p Elettrone dello Atomo di silicio strato esterno I diodi e i transistor sono costruiti con materiali semiconduttori, come il silicio e il germanio. Questi materiali non sono puri, perché a essi vengono aggiunte piccole quantità di altri atomi (circa una parte per milione), detti «impurità», che ne modifcano la conducibilità. Per esempio, la fgura 29A mostra una schiera di atomi che rappresenta la struttura cristallina del silicio puro. Ciascun atomo di silicio ha quattro elettroni negli strati più esterni. Gli elettroni non sono liberi di muoversi nel metallo perché ciascuno di essi forma legami con gli elettroni degli atomi vicini. Per questa ragione il silicio e il germanio non sono buoni conduttori di elettricità. È possibile tuttavia aumentare la loro conducibilità aggiungendo piccole quantità di impurità, come atomi di fosforo o di arsenico, che hanno cinque elettroni negli strati più esterni. Così, quando un atomo di fosforo sostituisce un atomo di silicio nel cristallo, solo quattro dei suoi cinque elettroni più esterni sono coinvolti nei legami della struttura cristallina, mentre il quinto elettrone è relativamente libero di muoversi attraverso il cristallo, come mostra la parte B della fgura. Gli elettroni mobili permettono al semiconduttore di condurre l’elettricità. Il processo che consiste nell’aggiungere impurità si chiama drogaggio. Un semiconduttore drogato con impurità che apportano elettroni mobili è detto semiconduttore di tipo n (fgura 30), perché le cariche mobili hanno segno negativo. Notiamo che un semiconduttore di tipo n è comunque elettricamente neutro perché contiene un uguale numero di cariche positive e negative. È possibile drogare un cristallo di silicio anche con atomi che hanno solo tre elettroni negli strati più esterni, per esempio boro o gallio. Poiché manca il quarto elettrone, c’è una «lacuna» nel reticolo cristallino vicino all’atomo di boro, come mostra la fgura 29C. Un elettrone può spostarsi verso questa lacuna da un vicino atomo di silicio: perciò la regione intorno al boro acquista un elettrone e diventa carica negativamente. Naturalmente l’elettrone che si è spostato lascia dietro di sé un’altra lacuna. Quest’ultima è carica positivamente, perché nasce dalla rimozione di un elettrone vicino a un atomo di silicio. Lacune mobili positive Cariche negative fsse + + – – – – + + + + – – – – + + + + – – – – + + Tipo p Tipo n A Materiale puro LÕelettrone non legato diffonde nel cristallo B Semiconduttore tipo n Atomo di fosforo legato (carico positivamente) La lacuna positiva diffonde nel cristallo Atomo di boro legato (carico positivamente) C Semiconduttore tipo p Figura 29 Un cristallo di silicio ( A ) puro, cioè non drogato, ( B ) drogato con atomi di fosforo per produrre un semiconduttore di tipo n e ( C ) drogato con atomi di boro per produrre un semiconduttore di tipo p. Elettroni mobili negativi Cariche positive fsse Figura 30 Un semiconduttore di tipo p e un semiconduttore di tipo n. 825 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA La grande maggioranza di atomi nel reticolo è costituita da atomi di silicio, e così la lacuna è quasi sempre vicina a un altro atomo di silicio. Di conseguenza un elettrone può spostarsi in questa lacuna da uno degli atomi vicini, con il risultato che la lacuna si muove da un atomo all’ altro, e nel cristallo si ha lo spostamento di una lacuna carica positivamente. Grazie alle lacune il semiconduttore può condurre elettricità. In questo caso le cariche mobili sono positive. Un semiconduttore drogato con impurità che introducono lacune mobili cariche positivamente è detto semiconduttore di tipo p (fgura 30). ■ Il diodo a semiconduttore Un diodo a giunzione p-n è un dispositivo formato da un semiconduttore p e da un semiconduttore n. La giunzione p-n fra i due materiali è fondamentale per la funzionalità dei diodi e dei transistor. Figura 31 Strati di carica Nella giunzione fra i semiconduttori p e n, ( A ) elettroni e lacune mobili si combinano fra loro e ( B ) creano uno strato di carica positiva e uno di carica negativa. Il campo elettrico → prodotto dagli strati di carica è E . + + Ð Ð + Ð Ð + + Ð + + Ð Ð + Ð Ð + + Ð + Ð + Ð Ð + Tipo p Tipo n Ð + + Ð → E Ð + Ð + → E Ð + + Ð → E Ð Ð + + Tipo p Tipo n A B La fgura 31A mostra un semiconduttore p e uno n uniti insieme a formare un diodo. Gli elettroni mobili dal semiconduttore n e le lacune mobili dal semiconduttore p fuiscono attraverso la giunzione e si ricombinano. Tale processo lascia il semiconduttore n con uno strato di carica positiva e il semiconduttore p con uno strato di carica negativa, come mostra la parte B della fgura. Gli strati carichi sui due lati → della giunzione creano un campo elettrico E simile a quello di un condensatore piano. Questo campo elettrico tende a opporsi a ogni ulteriore movimento di cariche attraverso la giunzione, e quindi il fusso di cariche cessa velocemente. Supponiamo ora che una batteria sia connessa alla giunzione p-n, come in fgura 32A, in cui il terminale negativo della batteria è connesso al semiconduttore n e il terminale positivo è connesso al semiconduttore p. In questa situazione, detta polarizzazione diretta, nel circuito circola corrente. Il terminale negativo della batteria respinge gli elettroni mobili nel semiconduttore n e questi si muovono verso la giunzione. In modo simile, il terminale positivo respinge le lacune del semiconduttore p e queste si muovono verso la giunzione. Nella giunzione gli elettroni si ricombinano con le lacune. Nello stesso tempo il terminale negativo fornisce nuovi elettroni al semiconduttore n e il terminale positivo estrae elettroni dal semiconduttore p, fornendo a esso nuove lacune. In tal modo si mantiene un fusso continuo di cariche e quindi una corrente elettrica. Tipo p Tipo n + – + + – + – + Tipo n – – – – – + + I Tipo p – + – + + + + + + + – – Figura 32 A In caso di polarizzazione diretta attarverso il diodo passa una corrente apprezzabile. B In caso di polarizzazione inversa nel diodo non passa praticamente corrente. 826 + – I – + Corrente convenzionale A Polarizzazione diretta – – B Polarizzazione inversa – capitolo 19 Nella fgura 32B la polarità della batteria è invertita, e la giunzione è in uno stato detto polarizzazione inversa. La batteria forza gli elettroni nel semiconduttore n e le lacune nel semiconduttore p, allontanandoli dalla giunzione. Come risultato il potenziale attraverso la giunzione è opposto a quello della batteria, e solo una piccolissima corrente può attraversare il diodo. Il diodo quindi è un dispositivo unidirezionale perché consente il passaggio di corrente elettrica solo in una direzione. Il grafco di fgura 33 mostra la dipendenza della corrente dall’intensità e dalla polarità della tensione applicata a un diodo a giunzione p-n. Il valore esatto della corrente dipende dalla natura del semiconduttore e dalla quantità di drogaggio. Nella fgura è mostrato anche il simbolo per il diodo. La punta della freccia indica il verso della corrente convenzionale nel diodo nel caso di polarizzazione diretta. Nel caso di polarizzazione inversa, il potenziale positivo è dall’altro lato della freccia. Un tipo di diodo è il LED, acronimo di light-emitting diode, cioè diodo a emissione di luce. I LED sono molto comuni nei dispositivi elettronici, come i computer e i sistemi stereofonici, e sono in grado di emettere luce di qualsiasi colore, rimpiazzando, così, le lampadine a flamento. Un LED emette quando è polarizzato in modalità diretta e gli elettroni e le lacune si ricombinano nella giunzione p-n. I LED in commercio sono in genere composti da gallio drogato con arsenico o fosforo. I diodi sono dispositivi unidirezionali usati comunemente nei circuiti rettifcatori, che convertono corrente alternata in corrente continua. La fgura 34, per esempio, mostra un circuito in cui una corrente fuisce in una resistenza R solo quando il generatore alternato alimenta il diodo con polarizzazione diretta. Poiché la corrente scorre solo durante metà di ogni ciclo del generatore, il circuito è detto rettifcatore a semionda. Tensione del generatore InduzIone elettromAgnetICA I(mA) 30 Polarizzazione inversa Polarizzazione diretta 20 10 – –1,0 + – + –0,5 +0,5 +1,0 V (volt) Figura 33 La caratteristica tensione-corrente di un tipico diodo a giunzione p-n. Fisica quotidiana Il LED (light-emitting diode) Fisica quotidiana I circuiti rettifcatori Tensione d’uscita Diodo Con il condensatore Tempo C R Un grafco della tensione di uscita attraverso il resistore mostra che è presente solo la semionda positiva di ogni ciclo. Se si aggiunge un condensatore in parallelo al resistore, come riportato nella fgura, il condensatore si carica e impedisce che la tensione si annulli durante due semicicli positivi successivi. Quando un circuito come quello di fgura 34 include un condensatore e anche un trasformatore per ottenere la tensione voluta, il circuito forma un alimentatore. Nel sistema audio visto in fgura 28 l’alimentatore riceve una tensione alternata da 50 Hz dalla presa a muro e fornisce una tensione continua che è usata dai transistor dell’amplifcatore. ■ Senza il condensatore Tempo Figura 34 Un circuito rettifcatore a semionda, insieme a un condensatore e a un trasformatore (non mostrato), costituisce un alimentatore in corrente continua perché il rettifcatore converte la tensione alternata in tensione continua. Celle solari Le celle solari usano giunzioni p-n per convertire la luce solare direttamente in elettricità, come mostra la fgura 35 alla pagina seguente. La cella solare nella fgura consiste di un semiconduttore p che circonda un semiconduttore n. Nei lati della → giunzione si formano due strati di cariche opposte che creano un campo elettrico E diretto dallo strato n allo strato p. La copertura esterna dello strato p è così sottile che la luce solare penetra negli strati di carica e ionizza alcuni atomi presenti in essi. Nel processo di ionizzazione l’energia della luce solare rimuove un elettrone da un atomo e lascia una lacuna positiva. Come mostra la fgura, il campo elettrico negli Fisica quotidiana Le celle solari 827 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA strati di carica allontana gli elettroni e le lacune dalla giunzione. Gli elettroni si muovono verso la parte n e le lacune verso la parte p. Come risultato la luce solare fa sì che nella cella solare nascano un terminale positivo e uno negativo, simili ai terminali di una batteria. Una cella solare produce una corrente molto piccola: per questa ragione le celle solari sono sempre montate su pannelli di grandi dimensioni, come quelli di fgura 36. Tipo p + → E Ð Tipo n Terminale + + = Lacuna Terminale Ð Strati di carica Ð = Elettrone Figura 35 © RGamma Press, Inc. Una cella solare formata da una giunzione p-n. Quando la luce solare incide su di essa, la cella solare agisce come una batteria con i terminali + e −. Figura 36 La propulsione del prototipo Helios è garantita dall’energia solare. Le celle solari sono montate sulle ali. ■ Fisica quotidiana I transistor Tipo p Tipo n Tipo p Transistor p-n-p Tipo n Tipo p Tipo n Transistor n-p-n Figura 37 Esistono due tipi di transistor con giunzioni bipolari: p-n-p e n-p-n. transistor Esistono vari tipi di transistor. Un tipo è il transistor a giunzione bipolare, che consiste di due giunzioni p-n formate da tre strati di semiconduttori drogati. Come indica la fgura 37, ci sono transistor p-n-p e n-p-n. In entrambi i casi la zona centrale è molto sottile rispetto alle due zone esterne. Il transistor è molto utilizzato nei circuiti per amplifcare piccole tensioni e ha lo stesso ruolo di una valvola in una conduttura: come un piccolo cambiamento nell’apertura della valvola provoca una grande variazione nel fusso d’acqua attraverso la conduttura, così una piccola variazione nella tensione in ingresso provoca una grande variazione nella tensione d’uscita del transistor. La fgura 38 mostra un transistor p-n-p connesso a due batterie, indicate con VE e VC. Le tensioni VE e VC sono applicate in modo tale che la giunzione p-n sulla sinistra ha una polarizzazione diretta mentre la giunzione p-n sulla destra ha una polarizzazione inversa. La tensione VC è in genere molto più grande della tensione VE per una ragione che discuteremo in seguito. La fgura mostra anche i simboli e la nomenclatura delle tre parti di un transistor: l’emettitore, la base e il collettore. La freccia punta nel verso della corrente convenzionale attraverso l’emettitore. Il terminale positivo di VE spinge gli elettroni mobili nel materiale n dell’ emettiGiunzione con polarizzazione diretta Emettitore Giunzione con polarizzazione inversa Base Tipo p Tipo n Collettore Tipo p Emettitore Figura 38 Un transistor p-n-p e i voltaggi di polarizzazione V E e V C . Nel simbolo per il transistor p-n-p l’emettitore è rappresentato da una freccia che indica il verso della corrente convenzionale attraverso l’emettitore. 828 Collettore IC IB IE VE + Ð + VC Base Ð Simbolo del transistor p-n-p capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA tore verso la giunzione emettitore-base. Tale giunzione è polarizzata in modalità diretta e così le lacune penetrano con facilità nella base, dove risentono della forte infuenza di VC e sono attratte dal suo terminale negativo. Siccome la base è molto sottile (circa 10−6 m), circa il 98% delle lacune attraversa la base e va verso il collettore. Il rimanente 2% si ricombina con gli elettroni liberi nella base e origina una piccola corrente di base I B . Come mostra la fgura, le lacune in moto nell’emettitore e nel collettore formano correnti indicate con I E e I C . La legge dei nodi applicata alla giunzione stabilisce che I C = I E − I B . Poiché la corrente di base I B è piccola, la corrente del collettore è determinata quasi totalmente da quella dell’emettitore (I C = I E − I B < I E). Ciò signifca che una variazione di I E causa una variazione di I C quasi della stessa entità. Inoltre, una variazione consistente di I E può essere causata da una piccola variazione della tensione VE che garantisce la polarizzazione diretta. Ce lo dimostra la fgura 33, dove notiamo com’ è ripida la curva corrente-tensione per una giunzione p-n: piccole variazioni nella tensione della polarizzazione diretta danno luogo a grandi variazioni della corrente. Base Emettitore Tipo p Figura 39 Collettore Tipo n Il transistor p-n-p della fgura amplifca la tensione di un piccolo generatore e produce una tensione più grande attraverso la resistenza R. Tipo p R + – – + VE VC Tensione del generatore Tensione d’uscita Tempo Con l’aiuto della fgura 39 si comprende perché una piccola variazione nella tensione d’ingresso porta a una grande variazione della tensione d’uscita. La fgura mostra un generatore connesso in serie con la batteria VE e una resistenza R in serie con il collettore. La tensione del generatore potrebbe essere fornita da varie altre sorgenti, come per esempio un lettore cd, mentre la resistenza R potrebbe rappresentare un diffusore acustico. Il generatore introduce piccole variazioni nella polarizzazione diretta della giunzione emettitore-base e quindi provoca grandi variazioni nella corrente I C che lascia il collettore e attraversa la resistenza R. Come risultato, la tensione d’uscita attraverso R è la versione amplifcata della tensione d’ingresso fornita dal generatore. Il funzionamento di un transistor n-p-n è simile a quello di un transistor p-n-p. La principale differenza è che la tensione di polarizzazione e il verso della corrente sono invertiti. L’ aumento di potenza elettrica all’uscita del transistor non è dovuto al transistor ma è fornito dalla sorgente esterna VC. Il transistor funziona come una valvola automatica e si limita a far sì che i deboli segnali del generatore controllino la potenza prelevata dalla sorgente VC e inviata alla resistenza R. Oggi è possibile costruire circuiti formati da miliardi di transistor, diodi e resistori su sottili wafer di silicio con dimensioni inferiori a un centimetro (fgura 40). Questi circuiti integrati sono alla base del funzionamento di dispositivi elettronici come computer, telefoni cellulari e orologi. © ORGA Card Systems, Inc. Tempo Figura 40 I chip di circuiti integrati sono realizzati su wafer di materiale semiconduttore. La foto mostra un wafer contenente molti chip e alcune smart card contenenti chip. 829 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA l’ ordine di grandezza © Gabriel Moisa / Shutterstock Quanta energia si produrrebbe ogni giorno se l’1% degli italiani pedalasse per 10 minuti su una cyclette collegata a un generatore di tensione? Per calcolare l’energia che l’1% degli italiani riuscirebbe a produrre pedalando per 10 minuti al giorno su una cyclette collegata a un generatore di tensione, bisogna moltiplicare la quantità di energia accumulata da ciascun pedalatore per il numero dei pedalatori. Il modello (energia prodotta pedalando dall’ 1% degli italiani) = (percentuale degli italiani considerata) (popolazione italiana) (energia media prodotta pedalando la speciale cyclette per 10 minuti) I numeri ▸ Popolazione italiana = 60 782 668 abitanti = = 6 ∙ 107 abitanti ▸ Energia media prodotta pedalando la speciale cyclette per 10 minuti = = (potenza prodotta mediamente dalla speciale cyclette) (durata dell’allenamento in secondi) = = (200 W) (600 s) = 1,2 ∙ 105 J = 0,03 kW ∙ h energia prodotta pedalando dall’1% degli italiani = (1/100) (6 ∙ 107 ab) (0,03 kW ∙ h) = 2 ∙ 104 kW ∙ h = = 20 MW ∙ h 1 L’ordine di grandezza è: 10 MW ∙ h Quante ore dovresti pedalare, se fossi ben allenato, per produrre un decimo dell’energia elettrica che consumi quotidianamente? un paragone Pedalando per 10 minuti, mezzo milione di italiani produrrebbe una quantità di energia elettrica per la quale sarebbe stato necessario bruciare la seguente quantità di petrolio: (energia elettrica prodotta) (quantità di petrolio per unità di energia elettrica) = = (20 MW ∙ h) (7,7 ∙ 10−8 kg/J) = = [(20 ∙ 106) (3,6 ∙ 103) J] (7,7 ∙ 10−8 kg/J) = = (7 ∙ 1010 J) (7,7 ∙ 10−8 kg/J) = 5 ∙ 103 kg = 5 tonnellate le fonti Il risultato Stima l’ordine di grandezza L’energia elettrica che l’ 1% degli italiani riuscirebbe a produrre ogni giorno pedalando per 10 minuti su una speciale cyclette collegata a un generatore di tensione è circa 20 MW ∙ h. ∙ Popolazione italiana: Statistiche demografiche ISTAT (http://demo.istat.it/pop2014/index.html) ∙ Energia media prodotta pedalando la speciale cyclette per 10 minuti: The New York Times (www.nytimes.com/2008/09/25/fashion/25gym.html) Il modello (durata del tuo allenamento) = (1/10) (consumo quotidiano medio di energia elettrica di un italiano) / (potenza ricavabile dalla cyclette con la pedalata di una persona allenata) I numeri Consumo quotidiano medio di energia elettrica di un italiano = = (1/365) (energia elettrica consumata annualmente in Italia) / (popolazione italiana) = (1/365) (3,2 ∙ 1011 kW ∙ h) / (6 ∙ 107 ab) = 15 kW ∙ h = 5,4 ∙ 107 J Potenza ricavabile dalla cyclette con la pedalata di una persona allenata = 400 W Il risultato Durata dell’allenamento = .................. h le fonti ∙ Energia elettrica consumata annualmente in Italia: IEA, International Energy Agency: Key world energy statistics, pag. 52 www.iea.org/publications/freepublications/publication/keyword2014.pdf ∙ Potenza ricavabile dalla cyclette con la pedalata di una persona allenata: Pedal Power Generator www.los-gatos.ca.us/davidbu/pedgen.html 830 capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA I concetti fondamentali 2 la f.e.m. indotta in un conduttore in moto 6 F.e.m. cinetica ℰ indotta in una sbarretta conduttrice → di lunghezza L, in moto con velocità v in un campo magnetico B (L, v e B sono mutuamente perpendicolari): l’alternatore e la corrente alternata F.e.m. di un alternatore (spira di area A che ruota con velocità → angolare ω in un campo magnetico uniforme B ): ℰ = ℰ0 sen ωt = ωAB sen ωt Corrente in un circuito di soli resistori: ℰ = vBL 3 ℰ0 I(t) = I 0 sen ωt = __ sen ωt R Valori effcaci per correnti e tensioni sinusoidali (con I 0 e ℰ0 valori di picco): la legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-neumann I0 _ I eff = ____ √2 ∆Φ ℰ=−_ ∆t Potenza media in un circuito in corrente alternata: – P = I eff ℰeff ℰ = f.e.m. media indotta nel circuito considerato ∆Φ = variazione di fusso magnetico attraverso una superfcie delimitata dal circuito ∆t = intervallo di tempo in cui avviene la variazione ∆Φ 7 4 I circuiti semplici in corrente alternata reattanza capacitiva: in un circuito in corrente alternata di frequenza f, la tensione effcace sulle armature di un condensatore di capacità C vale (X C = reattanza capacitiva) legge di lenz La corrente indotta ha un verso tale da generare un campo magnetico indotto che si oppone alla variazione di fusso magnetico che l’ha provocata. 5 ℰ0 _ ℰeff = ____ √2 ℰeff = XC I eff 1 XC = _ 2πfC reattanza induttiva: in un circuito in corrente alternata di frequenza f, la tensione effcace in un induttore di induttanza L vale (X L = reattanza induttiva) mutua induzione e autoinduzione ℰeff = X L I eff Per effetto della mutua induzione, la f.e.m. media ℰs indotta nella bobina secondaria da una variazione di corrente ∆I p nella bobina primaria nel tempo ∆t vale (M = mutua induttanza fra le bobine) 8 ∆I p ℰs = − M ___ ∆t X L = 2πfL Circuiti RLC in corrente alternata Impedenza: quando un resistore, un condensatore e un induttore sono connessi in serie si ha (Z = impedenza) ___________ Z = √ R 2 + (X C − X L )2 ℰeff = Z I eff Per effetto dell’autoinduzione, la variazione di corrente ∆I in una bobina induce nella stessa bobina una f.e.m. media (L = induttanza della bobina) L’angolo di sfasamento ϕ tra corrente e tensione è tale che ∆I ℰ = −L _ ∆t XL − XC tg ϕ = ______ L Per un solenoide lungo l, con N avvolgimenti di area A, valgono le relazioni La potenza media dissipata sul resistore vale N2 L = μ 0 __ A l – P = I eff ℰeff cos ϕ 1 energia = _ L I 2 2 → In ogni punto dello spazio in cui esiste un campo magnetico B la densità di energia (energia immagazzinata per unità di volume) è espressa dalla relazione 1 densità di energia = ___ B 2 2 μ0 10 trasformatore In un trasformatore con N p avvolgimenti nella bobina primaria e N s avvolgimenti nella bobina secondaria, le tensioni V s e V p ai capi delle bobine sono tali che (N s /N p = rapporto di trasformazione) Vs ___ Ns ___ = Vp N p 831 capitolo 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA Problemi CHAlKBoArd VIdeoS (Esercizi risolti in inglese) 1 Forza elettromagnetica indotta e correnti indotte 2 la f.e.m. indotta in un conduttore in moto 1 L’ apertura alare di un Boeing 747 è 59 m. L’aereo vola orizzontalmente a 220 m/s. La componente verticale del campo magnetico terrestre è 5,0 ∙ 10−5 T. ▪▪▪ ▶ 2 ▪▪▪ 3 6 ▶ Per ciascuna barretta, calcola la f.e.m. di movimento e indica quale delle estremità (1 o 2) è positiva. z Calcola la f.e.m. indotta nelle ali. → vC Se il cavo si fosse mosso perpendicolarmente al campo magnetico terrestre, quale sarebbe stata la f.e.m. generata fra i suoi estremi? Fra due conduttori non a contatto scocca una scintilla elettrica se fra di loro esiste una differenza di potenziale abbastanza grande. Per produrre una scintilla in uno strato d’ aria di 1,0 ∙ 10−4 m è necessaria una differenza di potenziale di circa 940 V. Supponi che la lampadina di fgura 3B sia sostituita da due terminali posti a quella distanza. ▶ ▪▪▪ La fgura mostra tre barrette identiche A, B e C che si muovono su piani diversi. Un campo magnetico costante di 0,45 T è diretto lungo l’asse y. La lunghezza di ciascuna barretta è L = 1,3 m e le velocità hanno modulo v A = v B = v C = 2,7 m/s. Nel 1996 la NASA lanciò la missione Tethered, in cui lo Shuttle Atlantis doveva trascinare un cavo lungo 2,0 ∙ 104 m per generare f.e.m. indotta. Lo shuttle aveva una velocità orbitale di 7,6 ∙ 103 m/s e si muoveva in un campo magnetico terrestre di intensità 5,1 ∙ 10−5 T. ▶ ▪▪▪ 4 ▪▪▪ → vB 2 1 2 → 2 → vA 1 x 5 ▪▪▪ Con quale velocità si dovrebbe muovere la sbarretta in un campo magnetico di 4,8 T per provocare una scintilla fra i terminali? 1 Una barra di alluminio, di lunghezza pari a 0,80 m, è mantenuta parallela alla direzione est-ovest e lasciata cadere da un ponte. Poco prima di raggiungere il fume sottostante, la sua velocità è di 22 m/s e la forza elettromagnetica indotta lungo la sua lunghezza è 6,5 ∙ 10−4 V. Assumendo che la componente orizzontale del campo magnetico terrestre in prossimità della barra punti verso nord: ▶ determina quanto vale la componente orizzontale del campo magnetico terrestre; ▶ stabilisci quale estremità della barra, verso est o verso ovest, è positiva. eSemPIo Due barrette di alluminio, lunghe a = 30 cm e b = 40 cm, sono saldate a 90° tra loro in modo da formare un proflo a «L». Questo proflo viene trascinato a velocità costante v = 10 m/s attraverso un campo magnetico B = 0,15 T che ha direzione perpendicolare al piano che contiene il proflo stesso. ▶ Quali sono la massima e la minima f.e.m. che si possono ottenere agli estremi del proflo? → → v v b la soluzione La f.e.m. cinetica indotta in una barretta di lunghezza L, che si muove → → con velocità v perpendicolare a un campo magnetico B costante, è B a A ℰ = vBL sen θ dove θ è l’angolo che la barretta forma con la direzione della velocità [generalizzazione dell’ equazione (1)]. L’area ∆A spazzata dalla barretta in un intervallo di tempo ∆t, nel suo moto attraverso il campo magnetico, è ∆A = vL sen θ ∆t da cui segue ∆A _ = vL sen θ ∆t 832 y B ESERCIZI capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA La f.e.m. di movimento può quindi essere scritta come ∆A ℰ=_B ∆t Questa formula è valida per oggetti di qualsiasi forma (quindi anche per un proflo a «L») perché in essa entra in gioco l’area spazzata e non la forma dell’oggetto. Poiché ℰ è proporzionale a ∆A, i valori minimo e massimo della f.e.m. indotta ottenibili con il proflo a «L» sono quelli che, a parità di v, si generano quando l’area spazzata è rispettivamente minima e massima. Il minimo si ha quando la velocità v del proflo risulta perpendicolare al cateto minore a, mentre il massimo si ha quando la velocità v è perpendicolare all’ipotenusa c. Il cateto minore vale a = 30 cm = 0,30 m, perciò si ha ∆A _ = av = (0,30 m)(10 m/s) = 3,0 m2/s ( ∆t )min ∆A B = (3,0 m2/s)(0,15 T) = 0,45 V ℰmin = _ ( ∆t )min L’ ipotenusa vale _____ c = √ (30 cm)2 + (40 cm)2 = 0,50 m e perciò si ha: ∆A _ = cv = (0,50 m)(10 m/s) = 5,0 m2/s ( ∆t )max ∆A B = (5,0 m2/s)(0,15 T) = 0,75 V ℰmax = _ ( ∆t )max 7 ▪▪▪ La fgura mostra un tipo di fussometro che può essere usato per misurare la velocità del sangue in un vaso suffcientemente esposto, per esempio durante un intervento chirurgico. Il sangue può essere considerato come un conduttore in moto. Quando scorre perpendicolarmente rispetto a un campo magnetico, come in fgura, si possono usare elettrodi per misurare la piccola differenza di potenziale che si origina attraverso il vaso. Supponi che la velocità del sangue sia 0,30 m/s e che il diametro del vaso sia 5,6 mm. ▶ Quale tensione misurano gli elettrodi in un campo di intensità 0,60 T? Elettrodo ▶ 9 ▪▪▪ Qual è la lunghezza minima delle guide perché la lampadina stia accesa per mezzo secondo? Una bacchetta conduttrice scivola giù senza attrito lungo due binari verticali di rame alla velocità costante di 5,8 m/s, perpendicolarmente a un campo magnetico di 0,80 T. La resistenza della bacchetta e dei binari è trascurabile. La bacchetta, lunga 1,3 m, mantiene sempre un contatto elettrico con i binari. Un resistore da 0,75 Ω viene collegato alle estremità superiori dei binari. ▶ Qual è la massa della bacchetta? ▶ Trova quanto varia l’energia potenziale gravitazionale in 0,20 s. ▶ Trova l’energia elettrica dissipata nel resistore in 0,20 s. R Sangue I → F Elettrodo 8 ▪▪▪ Supponi che la lampadina della fgura 3B dissipi una potenza di 60,0 W e abbia una resistenza di 240 Ω. Il campo magnetico ha intensità 0,40 T e la lunghezza della sbarretta è 0,60 m. La sola resistenza nel circuito è quella della lampadina. I → B → P 833 capitolo 3 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA la legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-neumann t = 0 s la normale alla spira è perpendicolare al campo magnetico. All’istante t = 0,010 s la normale forma un angolo di 45° con il campo perché la spira ha ruotato di un ottavo di giro. Nella spira viene indotta una f.e.m. media di 0,065 V. Nei problemi che seguono si assume che il fusso magnetico sia positivo. 10 ▪▪▪ Una casa ha un pavimento di area 112 m2 e una parete esterna di 28 m2. Il campo magnetico terrestre in quel punto ha una componente orizzontale di 2,6 ∙ 10−5 T che punta verso nord e una componente verticale di 4,2 ∙ 10−5 T che punta verso il basso. ▶ Determina il fusso magnetico attraverso la parete se questa è orientata a nord. ▶ Determina il fusso magnetico attraverso la parete se questa è orientata a est. ▶ 11 ▪▪▪ ▶ 15 ▪▪▪ 16 Calcola il fusso magnetico attraverso il pavimento. La fgura mostra due superfci con→la stessa area immerse in campo magnetico uniforme B orientato parallelamente al piano yz come indicato. ▶ Una bobina è formata da 12 spire. Il fusso attraverso una di queste passa da 4,0 Wb a 9,0 Wb in 0,050 s. La corrente media indotta in tutta la bobina è 230 A. ▶ ▪▪▪ Calcola il rapporto Φ xz /Φ xy dei fussi magnetici attraverso le due superfci. z Calcola l’intensità del campo magnetico. Qual è la resistenza della bobina? Un campo magnetico passa attraverso una bobina e il suo valore cambia come mostrato in fgura. La direzione del campo rimane tuttavia costante. Nel grafco sono indicati tre intervalli di tempo: 0-3,0 s, 3,0-6,0 s e 6,09,0 s. La bobina consiste in 50 avvolgimenti di cavo e ha un’area di 0,15 m2. Il campo magnetico è orientato parallelamente alla normale alla bobina (ϕ = 0°). ▶ Determina la f.e.m. indotta in ogni intervallo. ▶ Il cavo ha una resistenza di 0,50 Ω. ▶ Determina la corrente indotta nel primo e nell’ ultimo intervallo. → B 0,40 B (T) 35˚ y x 12 ▪▪▪ 13 ▪▪▪ 0 Una spira è formata da un solo avvolgimento di flo. La normale alla spira è parallela a un campo magnetico uniforme e costante nel tempo di 1,7 T. Mentre la sua area A viene ridotta nella spira si origina una f.e.m. indotta di 2,6 V. ▶ 17 ▪▪▪ Qual è la velocità ∆A/∆t (in m2/s) con cui cambia l’area della spira? 14 ▪▪▪ 834 Una spira circolare (950 avvolgimenti, raggio 0,060 m) ruota in un campo magnetico uniforme. All’istante 6,0 9,0 t (s) Quanto vale la variazione ∆Φ del fusso magnetico che passa attraverso la spira quando, partendo dalla posizione illustrata in fgura, al semicerchio viene fatta compiere metà di una rivoluzione. B (entrante nella pagina) r 18 B 3,0 → Calcola l’intensità media della f.e.m. indotta nella spira. A 0 Una spira ha la forma mostrata in fgura. La parte superiore del cavo è piegata in modo da formare un semicerchio di raggio r = 0,20 m. La normale al piano della spira è parallela a un campo magnetico costante (ϕ = 0°) di 0,75 T. ▶ Una spira rettangolare con lati di 0,20 m e 0,35 m giace in un piano perpendicolare a un campo magnetico costante (parte A della fgura). Il campo magnetico è 0,65 T ed è parallelo alla normale alla superfcie della spira. In 0,18 s, metà della spira è ripiegata verso l’altra, come indica la parte B della fgura. ▶ 0,20 ▪▪▪ Una spira rettangolare si muove verso il basso della pagina con velocità 0,020 m/s (fgura riportata alla pagina seguente). La spira sta uscendo da una regione in cui c’è un campo magnetico uniforme di 2,4 T. All’ esterno della regione il campo magnetico è nullo. ESERCIZI ▶ capitolo Qual è la variazione di fusso magnetico durante 2,0 s? ▶ 19 Determina l’intensità della f.e.m. media indotta nel triangolo ABC durante un intervallo di 6,0 s dopo che la barretta ha superato il punto A. → → B (entrante nella pagina) B (uscente dalla pagina) B A 0,080 m 19 ▪▪▪ ▶ 20 ▪▪▪ 23 ▪▪▪ → v 21 ▪▪▪ Una spira rettangolare di dimensioni 0,35 m e 0,55 m è posta in un campo magnetico uniforme di 2,1 T. Il campo magnetico è inclinato di 65° rispetto alla normale al piano della spira. ▶ InduzIone elettromAgnetICA Se il campo magnetico decresce fno a zero in 0,45 s, qual è la f.e.m. indotta media nella spira? Se l’ intensità del campo magnetico rimane 2,1 T, qual è la velocità ∆A/∆t con cui deve cambiare l’area della spira per avere la stessa f.e.m. indotta? Una barretta di rame scivola su due guide conduttrici che formano tra loro un angolo di 19°. La barretta si muove verso destra con velocità costante 0,60 m/s. Un campo magnetico uniforme di 0,38 T è perpendicolare al piano del foglio (fgura a fanco in alto). 22 90˚ v = 0,60 m/s C Una bobina con 1850 avvolgimenti è inserita in un circuito con la resistenza totale di 45,0 Ω. L’area di ciascun avvolgimento è 4,70 ∙ 10−4 m2. La bobina è spostata da una regione in cui il campo magnetico è nullo a una regione in cui il campo magnetico è presente, mantenendo la normale alla bobina parallela al campo magnetico. La carica indotta che fuisce nel circuito è 8,87 ∙ 10−3 C. ▶ ▪▪▪ 19˚ Determina l’intensità del campo magnetico. Una bobina piatta ha un’area di 1,5 ∙ 10−3 m2, è fatta da 50 avvolgimenti e ha una resistenza di 140 Ω. Si trova in un campo magnetico in posizione tale che la normale alla bobina è parallela al campo magnetico. La bobina viene poi ruotata di 90°, in modo che la normale risulti perpendicolare al campo magnetico. Mentre viene ruotata, una carica di 8,5 ∙ 10−5 C fuisce nella bobina. ▶ Quanto vale il campo magnetico? eSemPIo Una spira di rame, a forma di settore circolare ad angolo retto di raggio r, ruota, con velocità angolare ω costante e periodo T, attorno a un punto che si trova al confne tra una zona in cui è presente un campo magnetico uniforme B e una zona in cui il campo B è nullo (fgure A e B). ▶ Qual è l’andamento della f.e.m. indotta nella spira? A B C D E F 835 capitolo 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA la soluzione Per la legge di Faraday-Neumann, la f.e.m. indotta è pari alla variazione del fusso magnetico attraverso la superfcie delimitata dalla spira. La variazione di fusso si ha quando la spira entra ed esce dalla zona in cui è presente il campo B. Se al tempo t = 0 s la spira ha i lati paralleli agli assi x e y (fgura A), allora il fusso di B è nullo. Al tempo t la spira ha ruotato di un angolo 2π α = ωt = _ t T e quindi un settore della spira di area 1 1 2π t A(t) = _ α r 2 = _ _ t r 2 = π r 2 _ ( ) 2 2 T T è entrato nella zona in cui è presente il campo B (fgura C). Pertanto il fusso di B al tempo t è t Φ(t) = A(t) B = π r 2 _ B T Quando α = π/2, vale a dire al tempo t = T/4, la spira è tutta interna alla zona dove è presente il campo B (fgura d) e fno al momento in cui l’ angolo non arriva al valore α = π, cioè al tempo t = T/2, il fusso rimane costante al suo valore massimo (fgura e): T B Φ max = Φ _ = π r 2 _ ( 4) 4 Tra α = π e α = 3π/2, vale a dire tra t = T/2 e t = 3T/4, la spira inizia a uscire dal campo e il fusso diminuisce (fgura F): T T Φ(t) = Φ max − Φ t − _ = Φ max − A t − _ B = ( ( 2) 2) B T B 3 t = π r 2 _ − π r 2 t − _ _ = π r 2B _ − _ ( (4 T ) 4 2) T Tra α = 3π/2 e α = 2π, vale a dire tra t = 3T/4 e t = T, la spira si trova fuori dal campo e il fusso è nullo: Φ(t) = 0. Riassumendo, nell’ intervallo di tempo T impiegato dalla spira per effettuare un giro completo si ha ⎧ t π r 2B _ se 0 < t < T/4 T 1 π r 2B _ se T/4 < t < T/2 4 Φ(t) = ⎨ 3 t π r 2B _ − _ se T/2 < t < 3T/4 4 T ⎪ ⎪ ⎩ 0 se 3T/4 < t < T La f.e.m. indotta è data dalla legge di Faraday-Neumann dΦ(t) ℰ(t) = − _ dt per cui si ha ⎧ ⎪ ⎪ ℰ(t) = ⎨ 1 − π r 2B _ T 0 se 0 < t < T/4 se T/4 < t < T/2 1 π r 2B _ T se T/2 < t < 3T/4 ⎩ 0 se 3T/4 < t < T 836 ESERCIZI 24 ▪▪▪ Un solenoide ha una sezione di area 6,0 ∙ 10−4 m2, è formato da 400 avvolgimenti ed è percorso da una corrente di 0,40 A. Una bobina con 10 spire è avvolta strettamente attorno al solenoide. I terminali della bobina sono connessi a un resistore da 1,5 Ω. A causa dell’apertura di un interruttore, la corrente si annulla in 0,050 s. ▶ 4 25 ▪▪▪ capitolo InduzIone elettromAgnetICA rente attraversa l’amperometro quando la bobina è mossa: 27 ▪▪▪ Determina la corrente media indotta nella bobina. la legge di lenz La fgura mostra una spira piatta di rame su un tavolo (non mostrato) e connessa a una batteria attraverso un interruttore chiuso. La corrente I nella spira genera un campo magnetico di cui sono mostrate alcune linee di forza. L’interruttore viene aperto e la corrente si annulla. Sul tavolo ci sono anche due spire conduttrici più piccole A e B non connesse ad alcuna batteria. ▶ 19 ▶ verso sinistra? ▶ verso destra? Un flo rettilineo molto lungo giace su un tavolo e conduce una corrente I (fgura). Una piccola spira viene spostata sopra il tavolo in direzione perpendicolare al flo. Determina il verso della corrente mentre la spira passa ▶ sopra la zona 1; ▶ sopra la zona 2. Piano del tavolo 1 I Determina il verso (orario o antiorario visto da sopra il tavolo) della corrente indotta nelle spire A e B. 2 Linee del campo magnetico 28 Interruttore ▪▪▪ I A B I A partire dalla posizione mostrata in fgura, un pezzo semicircolare di flo ruota compiendo una mezza rivoluzione nella direzione indicata. ▶ Quale estremità del resistore, sinistra o destra, è positiva? (Spiega.) → B (entrante nella pagina) + Ð r Anello di rame 26 ▪▪▪ 29 ▪▪▪ Supponi che la calamita di fgura 1 sia ferma mentre la bobina sia libera di muoversi. Con quale verso la cor- eSemPIo Due avvolgimenti di flo conduttore, entrambi levogiri, sono inseriti uno dentro l’altro. Quello più grande (blu in fgura) è collegato con un alimentatore, mentre quello più interno è chiuso su se stesso. ▶ + Ð Descrivi che cosa accade quando si chiude l’interruttore e quando poi lo si riapre. la soluzione Alla chiusura dell’ interruttore la corrente inizia a scorrere nell’avvolgimento esterno. La corrente non raggiunge subito il suo valore massimo, ma genera un campo magnetico crescente all’ interno dell’ avvolgimento stesso. Il campo dell’ avvolgimento esterno attraversa anche l’avvolgimento interno e produce una variazione del fusso attraverso di esso. Per la legge di Lenz, l’ avvolgimento interno genera una f.e.m. indotta, il cui effetto è quello di originare una corrente che si oppone alla variazione del fusso. Poiché il fusso attraverso l’avvolgimento esterno è prodotto da una corrente che gira in senso levogiro, la corrente dell’ avvolgimento interno circola inizialmente in senso opposto, cioè destrogiro. Quando la corrente nell’ avvolgimento esterno arriva al suo valore massimo, allora il fusso attraverso l’avvolgimento interno cessa di aumentare e la corrente indotta scompare. Alzando l’ interruttore la corrente che circola nell’avvolgimento esterno si interrompe quasi di colpo e così fa il campo magnetico. In questo modo il fusso prodotto dall’avvolgimento esterno attraverso l’avvolgimento interno svanisce. Per la legge di Lenz, l’ avvolgimento esterno si oppone alla variazione di fusso e produce ora una corrente che circola in senso levogiro. 837 capitolo 30 ▪▪▪ 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA La fgura mostra un flo diritto in cui passa una corrente I. Al di sopra del flo c’ è una spira rettangolare che contiene un resistore R. ▶ Spiega perché il moto del magnete in A è ritardato sia quando è sopra sia quando è sotto all’anello. Disegna le correnti indotte nell’anello. Se la corrente I diminuisce nel tempo, qual è il verso della corrente indotta attraverso il resistore R: da sinistra a destra o da destra a sinistra? ▶ Spiega perché il moto del magnete non è alterato dall’anello nella situazione B. ▶ R S S N N I 31 ▪▪▪ La fgura mostra un campo magnetico uniforme, posto perpendicolarmente al piano del foglio, che riempie l’ intera regione a sinistra dell’ asse y. A destra dell’asse y non c’è campo magnetico. Un triangolo rigido ABC fatto di flo di rame ruota in senso antiorario intorno all’origine nel punto C. Indica qual è il verso (orario o antiorario) della corrente indotta quando il triangolo attraversa l’ asse: ▶ +y; ▶ −x; ▶ −y; ▶ +x. A 5 34 ▪▪▪ mutua induzione e autoinduzione Il campo magnetico terrestre immagazzina energia. L’intensità massima del campo terrestre è 7,0 ∙ 10−5 T. ▶ 35 ▪▪▪ Giustifca la risposta per ognuno dei casi. → B (entrante nella pagina) y B Calcola l’energia magnetica massima immagazzinata nella regione di spazio sopra una città (area 5,0 ∙ 108 m2, altezza 1500 m). Due bobine sono poste una vicino all’altra. Inizialmente una corrente di 2,5 A scorre in una bobina mentre nell’altra non c’è corrente. La corrente è poi azzerata in un intervallo di 3,7 ∙ 10−2 s. Durante questo intervallo, la f.e.m. media indotta nell’altra bobina è 1,7 V. ▶ Qual è la mutua induttanza delle due bobine? A 36 ▪▪▪ C B x Durante un intervallo di 72 ms nella bobina primaria cambia la corrente. Questo cambiamento provoca una corrente di 6,0 mA nella bobina secondaria, che fa parte di un circuito con una resistenza di 12 Ω. La mutua induttanza fra le due bobine è 3,2 mH. ▶ 37 32 ▪▪▪ Una spira circolare è appoggiata su un tavolo. Un flo rettilineo molto lungo giace su un diametro della spira come mostra la fgura. La corrente I nel flo sta diminuendo. ▶ Qual è il verso della corrente indotta, se ce n’ è una? ▪▪▪ Qual è la variazione della corrente primaria? La corrente attraverso un induttore da 3,2 mH varia nel tempo come mostrato nel grafco. Trova la f.e.m. media indotta durante i seguenti intervalli di tempo: ▶ 0,0-2,0 ms; ▶ 2,0-5,0 ms; ▶ 5,0-9,0 ms. Piano del tavolo 4,0 I (A) I 33 ▪▪▪ 838 La fgura a fanco in alto mostra un magnete che cade attraverso un anello metallico. Nella parte A l’ anello è intero, mentre in B l’ anello è tagliato. 0 0 2,0 5,0 t (ms) 9,0 ESERCIZI 38 ▪▪▪ capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA eSemPIo Due avvolgimenti vicini, uno primario (P) e uno secondario (S), hanno rispettivamente N P = 30 spire e N S = 75 spire. Se l’avvolgimento P è attraversato da una corrente I P = 1,8 A, allora genera un campo magnetico che attraversa l’avvolgimento S e dà origine a un fusso, per ciascuna spira di S, pari a Φ S1 = 3,6 ∙ 10−5 Wb. ▶ Determina la mutua induttanza tra i due avvolgimenti. ▶ Calcola il fusso Φ P1 per ciascuna spira di P se la stessa corrente di 1,8 A, che prima scorreva in P, ora è fatta scorrere in S. P S la soluzione Il coeffciente di mutua induzione tra due avvolgimenti è la costante di proporzionalità tra il fusso prodotto in uno dei due dalla corrente che fuisce nell’ altro. Nel nostro caso abbiamo come dato iniziale la corrente I P nel circuito P e sappiamo che nel circuito S si ha un fusso complessivo Φ S = N S Φ S1 . Allora ▶ MI P = Φ S = N S Φ S1 da cui segue N S Φ S1 (75 spire)(3,6 ∙ 10−5 Wb/spira) M = ______ = _______________ = 1,5 ∙ 10−3 H IP 1,8 A La mutua induttanza esprime una proprietà del sistema formato dai due circuiti, pertanto è simmetrico nello scambio di essi. Ciò vuol dire che M è anche il coeffciente di proporzionalità tra la corrente che circola nell’avvolgimento S e il fusso che questa produce nell’ avvolgimento P: ▶ MI S = Φ P = N P Φ P1 da cui segue MIS Φ P1 = ____ NP Nel caso in esame, nel circuito S scorre la stessa corrente che prima alimentava il circuito P, ossia I S = I P . Sostituendo nella relazione precedente si ottiene IP 1,8 A Φ P1 = M ____ = (1,5 ∙ 10–3 H) ∙ __ = 9,0 ∙ 10−5 Wb NP 30 39 ▪▪▪ ▶ 40 ▪▪▪ 41 Se la corrente passa da 12 A a 0 A in 75 ms, quanto vale la f.e.m. indotta nel solenoide? ▶ Quanta energia elettrica viene immagazzinata nel solenoide? ▶ A che ritmo viene rimossa l’ energia elettrica dal solenoide quando la corrente arriva a 0 A in 75 ms? (Nota che il ritmo a cui viene rimossa l’energia è la potenza.) 42 ▪▪▪ 43 ▪▪▪ Trova la f.e.m. indotta nel toroide quando la corrente passa da 2,5 A a 1,1 A in 0,15 s. Fra le armature di un condensatore di 3,0 μF c’è una differenza di potenziale di 35 V. 44 ▪▪▪ Qual è la mutua induttanza del sistema? La bobina 1 è una bobina circolare piatta con N 1 avvolgimenti di raggio R 1 . Nel suo centro sta una bobina molto più piccola con N 2 avvolgimenti di raggio R 2 . I piani delle bobine sono paralleli. La bobina 2 è così piccola che il campo magnetico della bobina 1 è uniforme in tutta la sua area. ▶ 6 Quale deve essere la corrente in un solenoide da 5,0 mH perché questo immagazzini la stessa energia del condensatore? Un solenoide molto lungo ha 1750 avvolgimenti per metro e un raggio di 0,0180 m. Una bobina con 125 spire è avvolta attorno al solenoide. ▶ Un lungo solenoide (area trasversale = 1,0 ∙ 10−6 m2, numero di avvolgimenti per unità di lunghezza = 2400 avvolgimenti/m) viene piegato a forma di toroide. Assumi che il diametro del solenoide sia piccolo rispetto al raggio del toroide, che è 0,050 m. ▶ ▪▪▪ ▶ Una corrente costante I = 12 A scorre inizialmente in un solenoide di induttanza L = 2,6 H. La corrente viene poi ridotta a zero in un certo lasso di tempo. Esprimi la mutua induttanza in termini di μ 0 , N 1 , N 2 , R1 e R2. l’alternatore e la corrente alternata Un generatore ha una bobina quadrata formata da 248 avvolgimenti. La bobina ruota a 79,1 rad/s in un campo 839 capitolo 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA menti di area 0,015 m2 ciascuno. I due generatori hanno lo stesso numero di avvolgimenti e ruotano alla stessa velocità angolare. magnetico di 0,170 T. La tensione di picco del generatore è 75,0 V. ▶ Qual è la lunghezza di un lato della bobina? ▶ 45 ▪▪▪ 46 ▪▪▪ Un generatore usa un campo magnetico di 0,10 T e ha una bobina con avvolgimenti di area 0,045 m2 ciascuno. Un secondo generatore ha una bobina con avvolgi- Quale campo magnetico deve usare il secondo generatore per avere la stessa f.e.m. di picco del primo generatore? eSemPIo Un alternatore genera una tensione alternata con frequenza f = 60,0 Hz. La bobina è formata da N = 550 spire, ciascuna delle quali ha un’area A s = 0,012 m2, e ruota in un campo magnetico B = 0,020 T. ▶ Qual è il valore della tensione effcace prodotta dall’alternatore? In un alternatore, il valore massimo della f.e.m indotta è ℰmax = ωAB, dove ω è la velocità angolare della bobina, A è l’area complessiva delle spire che formano la bobina e B è il campo magnetico in cui è immersa la bobina. Quindi abbiamo, con i dati del problema: ω = 2πf = 2 (3,14) (60,0 Hz) = 377 rad/s A = NA s = 550 (0,012 m2) = 6,60 m2 © pieceseco.com la soluzione per cui ℰmax = ωAB = (377 rad/s)(6,60 m2)(0,020 T) = 50 V Il valore effcace si ottiene dal valore massimo: ℰ max _ 50 V _= = 35 V ℰ eff = ____ √ 2 1,41 47 ▪▪▪ Un generatore, avente f.e.m. massima ℰ max = 4500 V e frequenza f = 60,0 Hz, contiene una bobina di 150 spire, con un’ area per spira pari a A s = 0,85 m2. ▶ 48 ▪▪▪ ▪▪▪ 50 51 ▪▪▪ ▶ 53 ▪▪▪ Supponendo che ogni avvolgimento sia quadrato, determina la lunghezza del flo con cui è fatta la bobina. Una lampadina a incandescenza è alimentata da una presa a 120 V. La corrente nel flamento varia nel tempo secondo la legge I = (0,707 A) sen [(314 Hz) t] ▶ Qual è la frequenza della corrente alternata? ▶ Calcola la resistenza del flamento. La corrente alternata in un circuito ha il valore di picco di 2,50 A. ▶ Qual è la potenza media dissipata dalla lampadina? Determina il suo valore effcace. Il valore effcace della corrente in una fotocopiatrice è 6,50 A e la resistenza è 18,6 Ω. Calcola: ▶ la potenza media della fotocopiatrice; ▶ la potenza di picco della fotocopiatrice. La potenza media utilizzata da un diffusore è 55 W. Supponi che il diffusore si comporti come un resistore da 4,0 Ω. ▶ 840 Un generatore usa una bobina con 100 avvolgimenti e un campo magnetico di 0,50 T. La frequenza del generatore è 60,0 Hz e la f.e.m. ha un valore effcace di 120 V. Qual è il numero minimo di avvolgimenti (ciascuno di area 0,022 m2) che dovrebbe avere la bobina per produrre una f.e.m. effcace di 120,0 V? ▶ ▪▪▪ Quanto deve valere il campo magnetico perché la bobina ruoti? L’ intensità massima del campo magnetico terrestre è circa 6,9 ∙ 10−5 T in prossimità del polo sud magnetico. In linea di principio, questo campo magnetico potrebbe essere utilizzato con una bobina rotante per generare corrente elettrica alternata a 60,0 Hz. ▶ 49 52 ▪▪▪ Calcola il valore di picco della corrente alternata che scorre nel diffusore. 54 ▪▪▪ La bobina di un generatore ha un raggio di 0,14 m e il flo di cui è costituita ha una lunghezza di 5,7 m. Il campo magnetico del generatore è 0,20 T e la bobina ruota con velocità angolare di 30 rad/s. ▶ 7 55 ▪▪▪ Qual è la massima f.e.m. di questo generatore? I circuiti semplici in corrente alternata Quale tensione è necessaria per creare una corrente di 35 mA in un circuito contenente solo un condensatore da 0,86 μF quando la frequenza è 3,4 kHz? ESERCIZI ▶ Determine the equivalent capacitance of the two capacitors. Qual è la reattanza quando la frequenza è 870 Hz? ▶ Find the current in the circuit. ▶ 58 ▪▪▪ 61 ▪▪▪ Una bobina da 0,047 H è collegata ai terminali di un generatore da 2,1 V che eroga una corrente effcace di 0,023 A. 59 Due condensatori uguali sono connessi in parallelo a un generatore che ha una frequenza di 610 Hz con una tensione di 24 V. La corrente nel circuito è 0,16 A. ▪▪▪ ▶ Qual è la capacità di ciascun condensatore? A circuit consists of a 3.00 μF and a 6.00 μF a capacitor connected in series across the terminals of a 510 Hz generator. The voltage of the generator is 120 V. Calcola la frequenza del generatore. A quale frequenza (in Hz) la reattanza di una bobina da 52 mH è uguale a quella di un condensatore da 76 μF? 60 ▪▪▪ eSemPIo La media geometrica della reattanza di un condensatore e della reattanza di un solenoide vale R = 100 Ω. Alla frequenza f 0 = 500 Hz le due reattanze sono uguali. ▶ Determina i valori della capacità C e dell’induttanza L. la soluzione La media_geometrica di due numeri a e b è defnita come m geo = √ ab , quindi la media geometrica delle due reattanze è ____ R = √ XC XL da cui segue XC X L = R 2 © abul basher azad / Shutterstock 57 InduzIone elettromAgnetICA La reattanza di un condensatore è 68 Ω quando la corrente alternata ha una frequenza di 460 Hz. ▶ ▪▪▪ 19 © Jilek / Shutterstock 56 ▪▪▪ capitolo Esplicitando la frequenza f si ha 1 2πfL _ = R 2 2πfC ⇒ L _ = R2 C Imponendo XC = X L alla frequenza f 0 si ha 1 2πf 0 L = ____ 2π f 0C ⇒ 1 LC = __2 (2πf 0) Moltiplicando tra loro, membro a membro, le due equazioni ricavate otteniamo 1 L 2 = R 2 __2 (2πf 0) da cui segue R 100 Ω L = ____ = ___________ = 3,2 ∙ 10−2 H = 32 mH 2π f 0 2 (3,14) (500 Hz) e, tenendo conto che C = 1/[L(2πf 0)2], si ricava 1 1 C = __2 = ____________ = 3,2 ∙ 10−6 F = 3,2 μF L (2πf 0) (3,2 ∙ 10−2 H)[ 2 (3,14) (500 Hz)]2 62 ▪▪▪ Una bobina da 8,2 mH è connessa a un generatore di corrente alternata (10,0 Veff , 620 Hz). ▶ 63 ▪▪▪ 64 ▪▪▪ Determina il valore massimo dell’intensità di corrente erogata dal generatore. ▶ Un condensatore è connesso a un generatore in corrente alternata di frequenza 750 Hz e tensione massima di 140 V. La corrente effcace nel circuito è 3,0 A. ▶ Qual è la capacità del condensatore? ▶ Qual è la massima carica che si accumula su un’armatura del condensatore? Un circuito consiste in un resistore da 100 Ω messo in serie con un condensatore da 8,0 μF. Tale circuito viene connesso tra i terminali di un generatore, la cui tensione è fssa. 65 ▪▪▪ Determina la frequenza alla quale la corrente nel circuito ha un valore pari alla metà di quello corrispondente a frequenze molto alte. Una bobina da 30,0 mH ha una reattanza di 2,10 ∙ 103 Ω. ▶ Qual è la frequenza della corrente alternata che passa attraverso la bobina? 841 capitolo 67 ▪▪▪ 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA ▶ Qual è la capacità del condensatore che ha la stessa reattanza alla stessa frequenza? 8 ▶ Se la frequenza è triplicata, e quindi le due reattanze non sono più uguali, qual è la nuova reattanza della bobina? ▪▪▪ ▶ E quale quella del condensatore? 66 Circuiti RLC in corrente alternata Un circuito RLC in serie è composto da una resistenza di 275 Ω, una reattanza induttiva di 648 Ω e una reattanza capacitiva di 415 Ω. La corrente nel circuito è 0,23 A. ▶ Qual è la tensione? eSemPIo Un solenoide da 84,0 mH è posto in serie a un condensatore da 5,80 μF. Trascura la resistenza R. La serie è alimentata da un generatore con frequenza f = 375 Hz e la tensione effcace sul condensatore è 2,20 V. Trascura la resistenza R. ▶ 5,80 μF 84,0 mH 2,20 V Calcola la tensione effcace sul solenoide. la soluzione L’ impedenza del circuito è _ Z = √ (XC – XL)2 = |X C − X L | f = 375 Hz e il valore effcace della corrente che lo attraversa è ℰ eff I eff = __ Z La tensione effcace sul condensatore è proporzionale a XC : ℰ eff ℰ eff VC eff = X C I eff = X C __ = X C __ Z |X C − X L | Analogamente, la tensione effcace sul solenoide è proporzionale a X L : ℰ eff ℰ eff VL eff = X L I eff = X L __ = X L __ Z |X C − X L | Ricordando le relazioni XC = 1/(2πfC) e X L = 2πfL, dal rapporto tra le due tensioni si ottiene VL eff X 2πfL L _ = _ = ______ = (2πf )2LC VC eff X C 1 _ 2πfC e quindi VL eff = VC eff (2πf )2LC Sostituendo i valori numerici risulta VL eff = (2,20 V) [2 (3,14)(375 Hz)]2 (84,0 ∙ 10−3 H)(5,80 ∙ 10−6 F) = 5,94 V 68 ▪▪▪ ▶ 69 ▪▪▪ 70 Calcola la potenza erogata al circuito. A quale frequenza la corrente diventa la metà di quella che passa nel circuito quando la frequenza è molto elevata? Un circuito RLC in serie contiene un condensatore (C = 6,60 μF), una bobina (L = 7,20 mH) e un generatore (tensione di picco = 32,0 V, f = 1,50 ∙ 103 Hz). Quando t = 0 s, la tensione è nulla e diventa massima un quarto di periodo più tardi. ▶ 842 ▶ Determina il valore istantaneo della tensione ai capi della combinazione bobina/condensatore quando Qual è il valore istantaneo della corrente quando t = 1,20 ∙ 10−4 s? Suggerimento: in assenza di resistori, lo sfasamento della corrente rispetto alla tensione è quello dell’elemento di circuito che in quel momento ha l’induttanza maggiore. Un circuito consiste di una resistenza di 85 Ω in serie con un condensatore da 4,0 μF, connessi a un generatore in corrente alternata di tensione fssata. ▶ ▪▪▪ t = 1,20 ∙ 10−4 s. Una resistenza di 2700 Ω e un condensatore da 1,1 μF sono connessi in serie a un generatore (60 Hz, 120 V). 9 71 ▪▪▪ la risonanza nei circuiti elettrici La frequenza di risonanza di un circuito RLC in serie è 690 kHz. La capacità è 2,0 ∙ 10−9 F. ▶ 72 ▪▪▪ Qual è il valore dell’induttanza? La frequenza di risonanza di un circuito RLC in serie è 9,3 kHz. La capacità e l’induttanza vengono triplicate. ▶ Qual è la nuova frequenza di risonanza? ESERCIZI Un resistore da 10,0 Ω, un condensatore da 12,0 μF e un induttore da 17,0 mH sono connessi in serie con un generatore da 155 V. ▶ A quale frequenza si ha la massima corrente? ▶ Qual è il massimo valore della corrente effcace? 77 ▪▪▪ 10 Il trasformatore 74 Le batterie in un lettore CD sono ricaricate da un caricabatterie che consiste in un trasformatore con rapporto di trasformazione 1:13. La presa fornisce una tensione di 120 V. ▪▪▪ ▶ 75 ▪▪▪ 76 80 ▶ Quanto vale la corrente che arriva dalla presa a muro? ▶ Trova la potenza media fornita dalla presa a muro e la potenza media inviata alle batterie. Un trasformatore, che consiste in due bobine avvolte intorno a una struttura di ferro, è connesso a un generatore e a un resistore come mostra la fgura. La bobina primaria ha 11 avvolgimenti, mentre quella secondaria ne ha 18. La massima tensione ai capi del resistore è 67 V. ▶ Quanto vale la massima f.e.m. del generatore? Qual è la tensione nella bobina secondaria del trasformatore? Calcola la potenza utilizzata dal dispositivo. R 78 Le batterie ricaricabili di un laptop hanno bisogno di una tensione molto inferiore a quella che le prese a muro forniscono. Per questo motivo, un trasformatore viene inserito nella presa a muro per produrre la tensione necessaria a ricaricare le batterie. Le batterie sono da 9,0 V e la corrente usata per ricaricarle è 235 mA. La presa a muro fornisce una tensione di 120 V. ▶ ▪▪▪ InduzIone elettromAgnetICA La bobina secondaria di un trasformatore alimenta un dispositivo. Il rapporto di trasformazione è 50:1. La bobina primaria è alimentata da una presa a 120 V. Nella bobina secondaria scorre una corrente di 1,7 ∙ 10−3 A. ▶ ▪▪▪ 19 ▪▪▪ Un trenino elettrico è alimentato con un trasformatore avente rapporto di trasformazione 1:8. Mentre il trenino si muove la corrente che scorre nella bobina secondaria è 1,6 A. ▶ 79 ▪▪▪ Determina il rapporto di trasformazione. Qual è la corrente nella bobina primaria? I campanelli elettrici di molte abitazioni funzionano a 10,0 V. Per ottenere questa tensione si usano trasformatori che operano con la tensione di rete 220 V. ▶ Qual è il rapporto N s /N p? eSemPIo Un trasformatore è progettato per ridurre la tensione effcace di rete da 230 V a 12 V e fornire una potenza di 50 W. Il circuito primario è formato da 725 spire. Si vuole che la corrente nel trasformatore non superi il valore di 2,5 A per millimetro quadrato di sezione. ▶ Calcola il diametro del flo di rame da usare per il circuito primario e per quello secondario. la soluzione L’equazione del trasformatore ideale dà il rapporto tra le tensioni effcaci e il numero di spire rispettivamente dei circuiti primario e secondario: © Wikipedia 73 ▪▪▪ capitolo Vs ___ Ns ___ = Vp N p da cui segue Vs N s = N p ___ Vp Sostituendo i valori numerici risulta 12 V N s = 725 _ = 38 spire 230 V La potenza P assorbita dal circuito secondario deve essere la stessa del primario. Considerando i valori effcaci di tensione e di corrente si ha P = I eff ℰeff = I s Vs = I p V p = 50 W 843 capitolo 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA da cui ricaviamo i valori di corrente: P 50 W I p = __ = _ = 0,22 A Vp 230 V P 50 W I s = __ = _ = 4,2 A Vs 12 V Se la densità di corrente nel trasformatore non deve superare il valore J max = 2,5 A/mm2, le sezioni dei fli di rame dei circuiti primario e secondario devono essere rispettivamente Ip 0,22 A A p > __ = _______2 = 0,088 mm2 J max 2,5 A/mm Is 4,2 A A s > __ = _______2 = 1,7 mm2 J max 2,5 A/mm Tali sezioni corrispondono ai diametri ______ __ Ap 0,088 mm2 __ dp = 2 = 2 ______ = 0,33 mm π 3,14 ______ __ As 1,7 mm2 d s = 2 __ = 2 ______ = 1,5 mm π 3,14 √ √ √ √ Il flo del circuito secondario a bassa tensione deve essere più spesso di quello del circuito primario ad alta tensione perché in esso scorre una corrente di intensità maggiore. 81 ▪▪▪ Una centrale elettrica produce una potenza di 1,2 ∙ 106 W che deve essere inviata a una piccola città distante 7,0 km. Ciascuno dei due fli di trasmissione ha una resistenza di 5,0 ∙ 10−2 Ω per kilometro. 82 83 ▪▪▪ 85 Un trasformatore con rapporto 100:1 innalza il voltaggio prima che l’ energia sia trasmessa. Quanta potenza viene dissipata in questo caso? 0 Una stufa elettrica funziona 9 ore al giorno nel mese di gennaio (31 giorni). Attraverso l’elemento riscaldatore di 5,3 Ω scorre una corrente di 25 A. Il costo dell’elettricità è 0,12 €/kWh. Calcola la spesa totale del mese. 0,21 s 86 ▪▪▪ la frequenza f del generatore in hertz. t 87 ▪▪▪ La bobina di un generatore ha 500 avvolgimenti ciascuno di area 1,2 ∙ 10−2 m2. La bobina è posta in un campo magnetico di 0,13 T e ruota con una velocità angolare di 34 rad/s. ▶ 88 ▪▪▪ Determina il verso della corrente nell’amperometro nelle parti B e C della fgura. Fornisci una spiegazione del risultato. Qual è la f.e.m. indotta nella bobina nell’istante in cui la normale alle spire forma un angolo di 27° con il campo magnetico? Indica direzione e verso del campo elettrico fra le armature del condensatore mostrato in fgura mentre il campo magnetico sta diminuendo. → B (uscente dalla pagina) Quanti avvolgimenti ha la bobina 2? La fgura a fanco in alto mostra l’andamento della f.e.m. prodotta da un generatore in funzione del tempo. La bobina del dispositivo è formata da 150 spire ciascuna di area 0,020 m2. Determina: 0,84 s Supponiamo che i poli della calamita in fgura 1 siano scambiati fra loro. ▶ Calcola la resistenza della lampada. Due bobine risentono della stessa variazione di fusso magnetico in ciascun avvolgimento. La f.e.m. indotta nella bobina 1, che ha 184 avvolgimenti, è 2,82 V. La f.e.m. indotta nella bobina 2 è 4,23 V. 0,63 s 0,42 s –28 V Una caffettiera elettrica e una lampada sono connesse in parallelo alla stessa presa a 120 V. Insieme utilizzano una potenza di 111 W. La resistenza della caffettiera è 4,0 ∙ 102 Ω. ▶ 844 F.e.m. ▶ ▶ ▪▪▪ l’intensità del campo magnetico. +28 V ▶ 84 ▶ Calcola la potenza dissipata in calore nei fli se l’energia elettrica è trasferita a 1200 V. ▶ ▪▪▪ la velocità angolare ω in rad/s. ▶ Problemi finali ▪▪▪ ▶ Condensatore ESERCIZI 89 ▪▪▪ capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA eSemPIo Un avvolgimento di N = 25 spire, ciascuna di area A = 40 cm2, è posto tra le espansioni polari di un elettromagnete. Quando l’ elettromagnete non è attivato, il campo magnetico che attraversa l’ avvolgimento ha un valore iniziale B i = 0,01 T. Aumentando opportunamente la corrente nell’elettromagnete, si fa crescere linearmente questo campo, in un intervallo di tempo ∆t = 0,10 s, fno al valore fnale B f = 0,15 T. L’ avvolgimento ha resistenza R = 4,5 Ω. Trascura gli effetti di autoinduzione dell’avvolgimento. Nell’intervallo ∆t calcola i valori → B ▶ di f.e.m. indotta; ▶ dell’intensità di corrente che circola; ▶ della carica che attraversa l’ avvolgimento; ▶ dell’energia dissipata dalla resistenza; ▶ Stabilisci come cambiano queste quantità se viene dimezzato l’intervallo di tempo in cui il campo è portato dal valore B i al valore B f . la soluzione ▶ La f.e.m. è indotta dalla variazione di fusso del campo magnetico è Φf − Φi ∆Φ ℰ = − _ = − ______ ∆t ∆t ▶ Il valore iniziale del fusso è Φ i = NAB i, mentre il valore fnale è Φ f = NAB f , quindi Bf − Bi ℰ = − NA ______ = ∆t 0,15 T − 0,01 T = − 25 (40 ∙ 10−4 m2) ____________ = − 0,14 V 0,10 s ▶ L’intensità di corrente che circola nell’ avvolgimento è Bf − Bi 1 ℰ I = _ = − NA ______ _ = R ∆t R − 0,14 V = _ = − 0,031 A 4,5 Ω ▶ La carica totale che attraversa l’ avvolgimento nell’intervallo ∆t è Bf − Bi Q = I∆t = − NA _ = R = (− 0,031 A)(0,10 s) = −3,1 ∙ 10−3 C ▶ L’energia dissipata dalla resistenza è Bf − Bi Bf − Bi [NA(B f − B i)]2 E = ℰQ = − NA ______ − NA _ = ____ = ( ∆t )( R ) R ∆t = (−0,14 V)(−3,1 ∙ 10−3 C) = 4,3 ∙ 10−4 J ▶ La f.e.m. indotta, l’ intensità di corrente e l’energia dissipata sono inversamente proporzionali a ∆t, mentre la carica che passa attraverso l’ avvolgimento non dipende da ∆t. Se la durata della variazione del campo magnetico viene dimezzata, cioè se il campo magnetico varia della stessa quantità ∆Φ in un intervallo di tempo ∆t′ = ∆t/2, avremo ∆Φ ∆Φ ℰ′ = − _ = − _ = 2ℰ ∆t′ ∆t/2 ℰ′ 2ℰ I′ = _ = _ = 2I R R Q′ = Q E′ = ℰ′Q = 2ℰQ = 2E 845 19 capitolo 90 ▪▪▪ 91 ▪▪▪ ▶ Determina l’ intensità della f.e.m. indotta nella spira. ▶ Supponi che l’area della spira possa essere aumentata o diminuita. Se il campo magnetico aumenta come nel caso della domanda precedente, a quale tasso (in m2/s) l’area dovrebbe cambiare nell’istante in cui B = 1,8 T perché la f.e.m. indotta sia zero? La fgura mostra una spira di rame formata da due semicerchi uniti da sezioni diritte di flo. Nella parte A della fgura, la spira e la linea tratteggiata giacciono sullo stesso piano. Il semicerchio minore, di raggio 0,20 m, inizia a ruotare alla velocità angolare ω = 1,5 rad/s intorno alla linea tratteggiata, fno a trovarsi in posizione perpendicolare rispetto al semicerchio maggiore, come mostra la parte B della fgura. Un campo magnetico uniforme e costante nel tempo B = 0,35 T è diretto verso l’ alto, perpendicolarmente al piano della spira. La resistenza della spira è 0,025 Ω. Determina la corrente media I indotta nella spira mentre essa cambia forma, passando dalla situazione illustrata in A a quella illustrata in B. (Ricorda di inserire il segno nella risposta.) ω ▪▪▪ 94 ▪▪▪ 95 ▪▪▪ 96 B Qual è la minima intensità di corrente che si dovrebbe fornire a un impianto di riscaldamento elettrico a 240 V per ottenere la stessa quantità di energia? Due barrette conduttrici lunghe 0,68 m ruotano alla stessa velocità in sensi opposti in un piano perpendicolare a un campo magnetico di 4,7 T. Come mostra la fgura, le estremità delle sbarrette si avvicinano fno a 1 mm durante la rotazione. Le estremità fsse sono connesse mediante un flo e quindi hanno lo stesso potenziale elettrico. Perché scocchi una scintilla di 1 mm in aria è necessaria una differenza di potenziale di 4,5 ∙ 103 V. ▶ Qual è la velocità angolare (in rad/s) delle sbarrette quando scocca una scintilla fra le loro estremità in moto? Distanza di 1 mm → B (entrante nella pagina) Trova il valore del campo magnetico. Le parti A e B in fgura mostrano lo stesso campo magnetico B uniforme e costante (nel tempo), diretto perpendicolarmente dentro il foglio al di sopra di una regione rettangolare. Al di fuori di questa regione non c’è campo. In fgura è mostrata anche una spira rettangolare (un solo avvolgimento) che giace sul piano del fo- Filo 97 ▪▪▪ B (entrante nella pagina) → v L A 98 ▪▪▪ → v C B Un resistore da 16,0 Ω, un condensatore da 4,10 μF e un induttore da 5,30 mH sono connessi in serie con un generatore (15,0 V, 1350 Hz). ▶ → 846 Se R = 16 Ω e L = 4,0 mH, trova la frequenza alla quale la corrente è la metà del suo valore a frequenza zero. Per risparmiare sul riscaldamento, un agricoltore tiene un contenitore con 660 kg di acqua dentro una serra. Durante un giorno invernale, l’acqua è riscaldata dal sole a 10,0 °C. Durante la notte l’acqua ghiaccia a 0,0 °C in nove ore e rilascia calore latente nella serra. ▶ ▪▪▪ Quanto vale il valore medio della f.e.m. indotta nella spira nella parte B? Un circuito in serie contiene solo un resistore e un induttore. La tensione V del generatore è fssa. ▶ Una bobina conduttrice con 2100 avvolgimenti è connessa a un galvanometro e la resistenza totale del circuito è 45,0 Ω. L’area di ogni avvolgimento è 4,70 ∙ 10−4 m2. Questa bobina viene spostata da una regione dove il campo magnetico è zero a una dove è diverso da zero. La normale alla spira viene mantenuta parallela al campo magnetico e viene misurata una quantità di carica indotta a circolare nel circuito pari a 8,87 ∙ 10−3 C. ▶ 93 ▶ ω A 92 glio. Nella parte A, il lato lungo L della spira si trova a un’estremità della regione, mentre nella parte B è il lato corto C a trovarsi all’estremità. Sappiamo che L/C = 3,0. In entrambe le parti della fgura, la spira viene spinta dentro il campo con la stessa velocità v fnché si trova completamente all’interno della regione con il campo. Il valore medio della f.e.m. indotta nella spira nella parte A è 0,15 V. Un campo magnetico attraversa una spira la cui area è 0,018 m2. La direzione del campo magnetico è parallela alla normale alla spira e l’ intensità del campo sta crescendo al tasso di 0,20 T/s. ▶ ▪▪▪ ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA Calcola la differenza di potenziale ai capi di ciascun elemento di circuito. Un circuito RLC in serie contiene un condensatore da 5,10 μF e un generatore da 11,0 V. Alla frequenza di risonanza 1,30 kHz la potenza rilasciata al circuito è 25,0 W. Calcola: ▶ il valore dell’induttanza. ▶ il valore della resistenza. ▶ il fattore di potenza quando la frequenza del generatore è 2,31 kHz. ESERCIZI 99 ▪▪▪ ▪▪▪ ▪▪▪ 102 103 Un flo di rame (ρrame = 1,7 ∙ 10−8 Ω ∙ m) lungo l = 157 m di sezione S = 0,5 mm2 viene utilizzato per costruire un solenoide di lunghezza L = 30 cm, formato da N = 1000 spire. Ai capi del solenoide viene applicata una d.d.p. V = 12 V. Calcola: ▶ la resistenza del flo e la corrente che percorre il solenoide; ▶ il campo magnetico B all’interno del solenoide. All’interno del solenoide si trova una piccola spira rettangolare di lati a = 2 cm e b = 3 cm, posta in modo tale che la normale alla spira forma un angolo ϕ = 30° con la direzione dell’asse del solenoide. Calcola: Trova la corrente media indotta nella bobina. Un generatore è connesso in serie a un resistore e a un induttore da 0,021 H. Quando la frequenza del generatore è fssata a 177 Hz, la tensione effcace agli estremi dell’ induttore è 2,6 V. ▶ InduzIone elettromAgnetICA (Esame di Fisica, corso di laurea in Scienze biologiche, Università di Genova, 2004-2005) Un solenoide ha un’ area trasversale pari a 6,0 ∙ 10−4 m2, è composto da 400 avvolgimenti per metro e trasporta una corrente di 0,53 A. Una bobina da 10 avvolgimenti è avvolta stretta intorno alla circonferenza del solenoide. I terminali della bobina sono connessi a un resistore da 1,2 Ω. All’ improvviso, l’ interruttore viene aperto e la corrente nel solenoide si azzera in 0,050 s. ▶ 101 Se il condensatore fosse invece stato aggiunto in parallelo, di quanto sarebbe aumentata la corrente fornita dal generatore? 19 posto in un campo magnetico B = 1 T uniforme, orientato nella→ stessa direzione del solenoide. Calcolare il fusso di B attraverso il solenoide e la corrente indotta quando la direzione del campo viene invertita in un tempo t = 0,2 s. Un condensatore di capacità C 1 è connesso ai terminali di un generatore. Senza cambiare la tensione o la frequenza del generatore, un secondo condensatore di capacità C 2 viene aggiunto in serie al primo. Il risultato è che la corrente fornita dal generatore cala di un fattore pari a 3. ▶ 100 capitolo Determina la resistenza del resistore in questo circuito. Un solenoide è costituito da N = 60 spire di raggio r = 2 cm, possiede una resistenza totale R = 3 Ω ed è → ▶ il fusso di B attraverso la spira rettangolare; ▶ la f.e.m. indotta nella spira se la corrente che percorre il solenoide viene portata a zero in un tempo ∆t = 3 ms. (Esame di Fisica, corso di laurea in Scienze biologiche, Università di Genova, 2000-2001) domande 1 Supponi che la calamita e la bobina della fgura 1 si muovano con la stessa velocità rispetto al terreno. Si originerebbe una f.e.m. indotta nella bobina? 2 Un fulmine può indurre una corrente in un dispositivo elettrico anche se non lo colpisce direttamente. Perché? 3 Considera gli avvolgimenti di flo della fgura 2. La legge di Lenz prevede il verso della corrente che si origina in essi quando vengono tirati come indicato? 4 Quando l’ interruttore del circuito in fgura viene chiuso, nella bobina scorre una corrente e l’anello metallico si muove. In quale verso? Nucleo di ferro 5 I capi di un flo rettilineo molto lungo sono connessi ai terminali di un generatore in corrente alternata e si misura l’intensità di corrente. Il flo viene poi disconnesso, avvolto a formare una bobina con molte spire e quindi riconnesso al generatore. In quale delle due situazioni il generatore fornisce la corrente più intensa? 6 È possibile che due circuiti RLC in serie abbiano la stessa frequenza di risonanza avendo: valori diversi di R? ▶ valori diversi di C e L? 7 Discuti il fenomeno dell’induzione elettromagnetica. 8 Dimostra l’espressione della legge di Faraday-Neumann. 9 Enuncia la legge di Lenz, spiegandone il signifcato alla luce del principio di conservazione dell’energia. 10 Nell’ambito delle correnti alternate, spiega il signifcato di valore effcace di una corrente o di una forza elettromotrice. 11 Descrivi in quali modi può essere variato il fusso di un campo magnetico. Anello metallico Interruttore Bobina + – Batteria ▶ 847 capitolo 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA test 1 2 Una spira conduttrice è posta in un campo magnetico che è perpendicolare al suo asse. Quale delle seguenti azioni non genera una corrente indotta nella spira? 6 La corrente in un solenoide passa da 1,2 A a 0,6 A in 1 s. Quale delle seguenti affermazioni relative all’ induttanza del solenoide è vera? a Ruotare la spira attorno al suo asse. a Rimane invariata. b Aumentare l’ intensità del campo magnetico. b Aumenta di un fattore 2. c Diminuire l’ intensità del campo magnetico. c Aumenta di un fattore 4. d Diminuire l’ area della spira. d Diminuisce di un fattore 2. Un’asta conduttrice si muove verso sinistra a velocità → costante v su due guide conduttrici, come mostra la fgura. La presenza di un campo magnetico costante genera la corrente indotta indicata. Come è diretto il campo magnetico? 7 Un solenoide con una resistenza di 0,15 Ω ha un’ induttanza di 0,083 H. Una batteria da 5,0 V è connessa agli estremi del solenoide. La corrente nel solenoide raggiunge il suo valore massimo. Quanta energia è immagazzinata dal solenoide? a Verso destra. a 92 J c 16 J b Verso sinistra. b 46 J d 4,1 J c Uscente dalla pagina. 8 d Entrante nella pagina. I → v Un alternatore ha una bobina circolare con 275 avvolgimenti e un raggio di 0,045 m. La bobina ruota in un campo magnetico di 0,500 T, come mostra la fgura. A quale velocità angolare deve ruotare la bobina perché la f.e.m. massima sia 175 V? a 28 rad/s c 130 rad/s b 59 rad/s d 200 rad/s R I 3 4 Una spira circolare di rame è posta perpendicolarmente a un campo magnetico di 0,50 T. Per effetto di forze esterne, l’area della spira diminuisce con un tasso di 1,26 ∙ 10−3 m2/s. Qual è la f.e.m. indotta nella spira? a 3,1 ∙ 10−4 V c 1,2 ∙ 10−3 V b 6,3 ∙ 10−4 V d 7,9 ∙ 10−3 V a 0,054 s b 0,13 s 5 9 Un campo magnetico è perpendicolare a una bobina composta da 120 avvolgimenti rettangolari di lati 0,15 m e 0,30 m. Quando il campo magnetico cambia da 0,1 T a 1,5 T in un intervallo di tempo ∆t, nella bobina si origina una f.e.m. di −1,2 V. Determina ∆t. In un asciugacapelli di potenza 1500 W scorre una corrente che varia nel tempo secondo la legge I(t) = (17,7 A) sen [(120 Hz) πt] La frequenza e il valore effcace della corrente sono rispettivamente: c 1,6 s a 120 Hz 12,5 A c 60 Hz 12,5 A d 6,3 s b 120 Hz 17,7 A d 60 Hz 17,7 A I due solenoidi mostrati in fgura hanno l’asse in comune. È noto che la mutua induttanza è 6,0 mH. La corrente nel solenoide 1 cambia con un tasso di 3,5 A/s. Qual è la f.e.m. indotta nel solenoide 2? 10 Un ferro da stiro è alimentato da una f.e.m. ℰ(t) = (220 V) sen [(100 Hz) πt] In esso scorre una corrente I(t) = (10 A) sen [(100 Hz) πt] Qual è la potenza dissipata dal ferro? Solenoide 1 a 5,8 ∙ 10−4 V −3 b 1,7 ∙ 10 V 848 Solenoide 2 c 2,1 ∙ 10−2 V d 1,5 ∙ 10−1 V 11 a 2,2 kW c 1,1 kW b 1,6 kW d 500 W Una batteria è connessa a un circuito: dopo pochi istanti la corrente si annulla. Quando lo stesso circuito è alimentato da un alternatore, la corrente oscilla. Puoi concludere che nel circuito sono presenti: ESERCIZI capitolo 19 a solo resistori. b solo condensatori. InduzIone elettromAgnetICA a i(t) b i(t) c i(t) c solo induttori. d induttori e resistori ma non condensatori. 12 t1 Quando la frequenza di un circuito in corrente alternata diminuisce, la corrente nel circuito aumenta. Puoi concludere che nel circuito sono presenti: t t1 a solo resistori. e i(t) c solo induttori. t1 d induttori e resistori ma non condensatori. 13 t1 t t Quale delle seguenti affermazioni relativa a un circuito RLC in serie è vera? a A basse frequenze l’ impedenza è dominata dalla reattanza capacitiva. b Ad alte frequenze l’ impedenza è dominata dalla resistenza. (Gara di 1° livello edizione 2007) 17 c L’ impedenza dipende solo da C e L. d L’ impedenza è indipendente dalla frequenza. 14 t t1 d i(t) b solo condensatori. t Tre spire conduttrici sono disposte come in fgura con l’asse in comune. Una corrente I viene vista dall’ osservatore scorrere in verso antiorario nella spira centrale → mentre questa si muove a velocità v verso l’ osservatore; le spire 1 e 2 sono ferme. 2 Un circuito RLC in serie è formato da un induttore da 6,00 mH e da un condensatore da 2,50 μF. Qual è la frequenza di risonanza del circuito? I 1 a 11,9 Hz → v 2 b 1,06 ∙ 10 Hz c 1,30 ∙ 103 Hz d 3,03 ∙ 104 Hz 15 Un trasformatore ha 450 avvolgimenti nel primario e 30 nel secondario. Quale delle seguenti affermazioni relative a esso è vera? Allora l’osservatore vedrà: a Il rapporto di trasformazione è 15. a correnti indotte che scorrono nelle spire 1 e 2 in verso orario. b Vs /Vp = 15. c I s /I p = 0,067. b correnti indotte che scorrono nelle spire 1 e 2 in verso antiorario. d La potenza rilasciata dal secondario è praticamente uguale alla potenza rilasciata dal primario. 16 c una corrente indotta che scorre nella spira 1 in verso orario e una nella 2 in verso antiorario. Una calamita viene fatta passare a velocità costante attraverso una spira formata da un flo metallico, come mostrato in fgura. d una corrente indotta che scorre nella spira 1 in verso antiorario e una nella 2 in verso orario. S e una corrente indotta che scorre nella spira 1 in verso antiorario mentre nella spira 2 non scorre corrente. N (Gara di 1° livello edizione 2005) Sia t 1 l’istante di tempo in cui il punto centrale della calamita attraversa il piano della spira. Quale dei seguenti grafci rappresenta meglio la relazione che esiste tra la corrente elettrica indotta nella spira e il tempo? Due solenoidi A e B, vuoti al loro interno, sono collegati con un flo, come mostrato in fgura. Due barre magnetizzate, 1 e 2, sono sospese appena sopra i due solenoidi. Nota: In una vista dall’ alto della spira la corrente indotta si considera positiva se circola in senso antiorario, come mostrato in fgura. Se il polo nord del magnete 1 è lasciato cadere verso il solenoide A, 18 i>0 Magnete 1 Magnete 2 N S Solenoide A Solenoide B 849 capitolo 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA simultaneamente il polo sud del magnete 2 sarà: glio l’intensità della corrente indotta nella spira in funzione del tempo, tra l’istante in cui la spira inizia a entrare nella regione di campo magnetico e quello in cui ne esce completamente? a attratto verso il solenoide B da una forza magnetica. b respinto via dal solenoide B da una forza magnetica. c attratto verso il solenoide B da una forza elettrica. d respinto via dal solenoide B da una forza elettrica. e non infuenzato dalla presenza del solenoide B. (Gara di 1° livello edizione 2004) Un diodo è un dispositivo che, in prima approssimazione, si comporta come un conduttore di resistenza trascurabile quando è collegato in modo diretto come nella fgura A, ma assume resistenza infnita quando è collegato in modo diverso (fgura B). Se la resistenza interna del generatore e dell’ amperometro A sono trascurabili, quanto vale la corrente indicata dallo strumento, nel circuito seguente? A + + – – A D3 12 V – B I I t 200 Ω t t D2 200 Ω + c b a I 200 Ω 200 Ω 19 d I I e t t D1 (Gara di 2° livello edizione 2003) 20 Un trasformatore viene adoperato per alimentare correttamente una lampadina da 24 W, 6 V, utilizzando una tensione con un valore effcace di 240 V, come in fgura. Si suppone che il trasformatore abbia un rendimento del 100%. Quale delle seguenti affermazioni non corretta? (Gara di 2° livello edizione 2003) 22 a di riacquistare lo stesso valore 50 volte al secondo. b di riacquistare lo stesso valore 50 volte al minuto. a La tensione è alternata. c di valere al massimo 50 A. b Il valore effcacie della corrente nel circuito secondario è 4 A. d di essere continua e valere al massimo 50 C/s. e di alternare valori negativi e positivi arbitrari. c Il valore effcacie della corrente nel circuito primario è 0,1 A. (Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, 2005-2006) d La resistenza della lampadina è 1,5 Ω. e Il rapporto fra il numero di spire nel circuito primario e in quello secondario del trasformatore è 10:1. 240 V La corrente alternata a 50 Hz che fuisce dalla rete italiana nelle nostre case ha la proprietà: 6V 24 W 23 Se avvicino rapidamente una potente calamita a una spira formata da un flo di rame chiuso a cerchio, si può notare che: a nella spira viene indotta una circolazione di corrente elettrica. b la spira si illumina. c la spira si deforma trasformandosi in un’ellisse molto stretta e lunga. (Gara di 1° livello edizione 2013) 21 850 Una spira circolare metallica scende verticalmente a velocità costante e attraversa una regione in cui si trova un campo magnetico orizzontale e uniforme; durante il moto l’asse della spira si mantiene parallelo al campo magnetico. Quale dei grafci seguenti rappresenta me- d il rame dapprima neutro acquista una forte carica elettrica indotta. e la spira inizia a ruotare con velocità costante intorno a un suo diametro. (Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina Veterinaria, 2006-2007) ESERCIZI capitolo 19 InduzIone elettromAgnetICA VerSo l’eSAme dI StAto 1 QueSIto In un’orA un avvolgimento chiuso attorno a un solenoide Un avvolgimento chiuso su se stesso circonda un solenoide lungo e sottile come mostrato in fgura A. Il solenoide è lungo L = 60 cm e ha una sezione Ssol = 5,0 cm2 con Nsol = 800 spire, mentre l’avvolgimento ha Navv = 30 spire con sezione Savv = 120 cm2. Le spire di entrambi sono avvolte nel medesimo senso. a Nel solenoide scorre una corrente i0 = 0,80 A. Calcola l’intensità del campo magnetico nel solenoide e descrivi la sua confgurazione spaziale. b Calcola il fusso attraverso l’avvolgimento. c Che cosa accade se si aumenta linearmente i da i0 a i1 = 5,0 A in ∆t = 0,05 s? d Calcola la f.e.m. indotta nell’avvolgimento. e Calcola la mutua induttanza tra l’avvolgimento e il solenoide. f Che cosa accade se si scambiano i ruoli tra avvolgimento e solenoide e si fa variare dall’esterno la corrente nell’avvolgimento, chiudendo su se stesso il solenoide? A [~1,3 mT; ~2,0 μWb; ~2,5 mV; 25 μH] 2 QueSIto Sulle ComPetenze giochiamo al tecnico del suono In un’orA I microfoni dinamici sono microfoni che utilizzano il fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Fra questi, consideriamo il microfono a bobina mobile e il microfono a nastro. a Facendo riferimento allo schema di fgura B, illustra il principio di funzionamento di un microfono a bobina mobile. b Per una buona resa sonora, ha importanza la massa del blocco membrana-bobina? Spiega. c Il funzionamento del microfono può essere infuenzato da campi elettrici esterni? E da campi magnetici? d Il microfono a nastro (fgura C) consiste di un sottile nastro di alluminio, con massa inferiore al milligrammo, posto tra le espansioni polari di un magnete permanente. Il nastro opera sia come membrana che oscilla sotto l’azione dell’onda sonora incidente, sia come elemento che genera il segnale elettrico per effetto dell’induzione elettromagnetica. Immagina di voler registrare un segnale sonoro caratterizzato da variazioni improvvise e rapidissime: quale microfono sceglieresti? Spiega. e Rilevi che un circuito RLC (R = 0,4 Ω, L = 37 mH, C = 34 nF) entra in risonanza quando viene alimentato con il segnale di un microfono che è sottoposto a suono di frequenza fr. Calcola fr. [circa 4,5 kHz] S d’uscita Magnete permanente N S Diaframma Diaframma N Tensione Magnete permanente N Bobina mobile Tensione dÕuscita S N B S C 851 capitolo 19 ESERCIZI InduzIone elettromAgnetICA ruBrICA dI VAlutAzIone del QueSIto Sulle ComPetenze risposta o giustificazione non risponde Punteggio richiesta 1 sbagliata incompleta completa con errori completa e corretta 4 7 11 15 Competenza prevalente a 1 Osservare e identifcare b 2 Formulare ipotesi c 2 Formulare ipotesi d 2 Formulare ipotesi e 3 Formalizzare ...... Punteggio _ 75 852 = ...... _ 15 capitolo 20 Le equazioni di maxwell e le onde elettromagnetiche © James Doss / Shutterstock 1 Le equazioni dei campi elettrostatico e magnetostatico Nei capitoli precedenti abbiamo visto le equazioni che regolano il comportamento del campo elettrico e del campo magnetico in condizioni statiche, cioè quando i campi non dipendono dal tempo. Equazioni dEi campi ELEttrostatico E magnEtostatico → • Campo elettrostatico E QT → Φ S (E ) = ___ ε0 Teorema di Gauss Conservatività del campo → Γγ (E ) = 0 (1) (2) → • Campo magnetostatico B Teorema di Gauss Teorema di Ampère → Φ S (B ) = 0 → Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j (3) (4) j La prima coppia di equazioni stabilisce le caratteristiche del campo elettrico a partire dalle sue sorgenti: le cariche elettriche. In modo analogo, la seconda coppia di equazioni determina le proprietà del campo magnetico a partire dalle sue sorgenti: le correnti elettriche. Notiamo che il campo elettrico non è presente nelle equazioni che determinano il campo magnetico e viceversa: i due campi sono entità distinte, non collegate fra loro. 853 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE 2 campi che variano nel tempo Quando il campo magnetico varia nel tempo varia anche il suo fusso attraverso una superfcie S e nel bordo γ di S si origina una f.e.m. indotta data dalla legge di Faraday-Neumann-Lenz: → ∆Φ(B ) ℰ = − ______ ∆t Come già visto, la f.e.m. è il lavoro per unità di carica necessario per spostare una carica q lungo la curva γ: L ℰ=_ q → Suddividiamo la curva in trattini ∆s k così piccoli da poter essere considerati rettilinei → e tali che in ciascuno di essi la forza F k sulla carica rimanga costante. Il lavoro ele→ → → mentare ∆L k per spostare una carica q lungo il tratto ∆s k è ∆L k = F k ∙ ∆s k . Il lavoro totale per spostare la carica q lungo l’intera curva γ è → → L = ∑ ∆L k = ∑ F k ∙ ∆s k k quindi la f.e.m. è k → → → ∑ F k ∙ ∆s k F L k k → _ _ _ ℰ= = =∑ ∙ ∆s k q q q k → → → → → Il rapporto F k /q è il campo elettrico E k indotto nel tratto ∆s k della curva: E k = F k /q . Quindi → Fk → → → ℰ = ∑ _ ∙ ∆s k = ∑ E k ∙ ∆s k q k k Il membro di destra è la circuitazione del campo elettrico indotto lungo la curva γ: → → → Γγ (E ) = ∑ E k ∙ ∆s k k Quindi la legge di Faraday-Neumann-Lenz può essere posta nella forma → ∆Φ(B ) Γγ (E ) = − ______ ∆t → (5) La circuitazione del campo elettrico indotto è diversa da zero: quindi il campo elettrico indotto non è un campo conservativo. La legge di Faraday-Neumann-Lenz è una generalizzazione dell’equazione (2), a cui si riduce quando il fusso magnetico è costante nel tempo. ■ il teorema di ampère generalizzato Secondo la legge di Faraday-Neumann-Lenz una variazione di fusso magnetico genera un campo elettrico indotto. Mosso da considerazioni di simmetria fra i campi, attorno al 1860 James Clerk Maxwell (1831-1879) suggerì che anche una variazione di fusso del campo elettrico genera un campo magnetico. Quindi le sorgenti di campo non sono solo le correnti elettriche ma anche le variazioni di fusso elettrico. Per tener conto di questo nuovo contributo Maxwell propose la seguente generalizzazione del teorema di Ampère: → ∆Φ(E ) Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______ ( j ∆t ) → (6) dove il fusso del campo elettrico è calcolato attraverso una superfcie avente come → bordo la curva γ. Il termine ε 0 ∆Φ(E ) /∆t è detto corrente di spostamento e ha le dimensioni di una corrente, anche se non si tratta di una corrente di cariche elettriche. Grazie alla corrente di spostamento, le equazioni (5) e (6) manifestano una parziale simmetria fra i campi elettrico e magnetico. 854 20 capitolo ■ LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE La corrente di spostamento Maxwell propose l’esistenza della corrente di spostamento con un ragionamento analogo al seguente. Durante la carica in un circuito RC scorre una corrente I che crea un campo → magnetico B . Consideriamo una circonferenza γ come quella rappresentata in fgu→ ra 1. Secondo il teorema di Ampère, Γγ(B ) = μ 0 I, dove I è la corrente concatenata con γ. Consideriamo tre superfci aventi come bordo la stessa circonferenza γ. Se→ condo il teorema di Ampère, nei casi a e c la circuitazione del campo B lungo γ è diversa da zero, perché la corrente I attraversa la superfcie e quindi è concatenata → a γ. Al contrario, nel caso B risulta Γγ(B ) = 0 perché I non è concatenata a γ. Secondo Maxwell, l’unico modo per superare questa diffcoltà è individuare anche nel caso B una «corrente» che genera il campo magnetico. I I I γ I I γ R γ R – + R – A I + B Consideriamo una superfcie gaussiana come quella mostrata in fgura 2. All’ esterno del condensatore il campo elettrico è nullo, mentre all’interno è uniforme e perpendicolare alle basi del cilindro. Il fusso del campo elettrico attraverso il cilindro è → Q Φ 1(E ) = __ ε0 – + C Figura 1 Schema di un circuito RC in cui scorre una corrente→ I che crea un campo magnetico B . dove Q è la carica sull’armatura. Poiché la carica elettrica si conserva, ogni cambiamento di Q è dovuto alla corrente I del circuito: ∆Q = I∆t. In un piccolo intervallo di tempo ∆t la carica sull’armatura passa dal valore Q al valore Q + I∆t e quindi il fusso diventa → Q + I∆t Φ 2(E ) = __ ε0 I Pertanto risulta I → → → Q + I∆t Q I∆t ∆Φ(E ) = Φ 2(E ) − Φ 1(E ) = __ − __ = __ ε0 ε0 ε0 da cui segue → ∆Φ(E ) ε 0 ______ = I ∆t La corrente di spostamento all’interno del condensatore è quindi uguale alla corrente di conduzione che scorre nel circuito. Questo signifca che la circuitazione del campo magnetico lungo una curva chiusa γ è la stessa indipendentemente dal tipo di corrente, di conduzione o di spostamento, concatenata a γ. 3 Figura 2 All’interno del condensatore, la corrente di spostamento è uguale alla corrente di conduzione che scorre nel circuito. Le equazioni di maxwell Dopo aver generalizzato il teorema di Ampère ai campi variabili nel tempo, Maxwell pubblica nel 1873 la sua opera fondamentale, il Treatise on electricity and magnetism, in cui compaiono le equazioni, dette in seguito equazioni di Maxwell, che regolano il comportamento dei campi elettrico e magnetico: 855 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Equazioni di maxwELL QT → Φ S (E ) = ___ ε0 Teorema di Gauss (1) → ∆Φ(B ) Γγ (E ) = − ______ ∆t → Legge di Faraday-Neumann-Lenz (5) → Φ S (B ) = 0 Teorema di Gauss Teorema di Ampère generalizzato (3) → ∆Φ(E ) Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______ ( j ∆t ) → (6) La seconda e la quarta equazione esprimono un legame profondo tra il campo elet→ → trico e il campo magnetico. Ciò signifca che E e B non sono più indipendenti come nel caso statico, ma sono aspetti diversi di un unico ente fsico, il campo elettromagnetico, che si manifesta nei fenomeni elettromagnetici. Le equazioni di Maxwell, unite al principio di conservazione della carica elettrica e alla forza di Lorentz, consentono di affrontare con successo lo studio dei fenomeni elettromagnetici: per questa ragione sono considerate uno dei capisaldi della fsica classica. ■ La previsione dell’esistenza di onde elettromagnetiche Attorno al 1870 Maxwell fu in grado di prevedere l’ esistenza di un fenomeno allora sconosciuto: le onde elettromagnetiche. In termini intuitivi, il ragionamento di Maxwell fu il seguente. Un campo elettrico variabile genera un campo magnetico variabile (teorema di Ampère generalizzato), il quale a sua volta genera un campo elettrico variabile (legge di Faraday-Neumann-Lenz) e così via. L’ oscillazione di un campo elettrico, cioè la variazione della sua intensità in un punto al variare del tempo, genera l’oscillazione di un campo magnetico in punti vicini e così via: l’ oscillazione si propaga nello spazio sotto forma di onda elettromagnetica. Diversamente dalle onde meccaniche che si propagano solo in un mezzo elastico, le onde elettromagnetiche si propagano anche nello spazio vuoto, privo di materia. Nelle onde elettromagnetiche infatti non oscilla un mezzo materiale, ma le intensità dei campi elettrico e magnetico variano nello spazio e nel tempo, come vedremo nel paragrafo seguente. Oltre a prevederne l’ esistenza, Maxwell dimostrò che le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto con una velocità 1 ___ v = _____ ε √ 0 μ0 dove ε0 e μ0 sono rispettivamente le costante dielettrica del vuoto e la permeabilità magnetica del vuoto. Sostituendo i loro valori nella espressione precedente si ottiene che la velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto è numericamente uguale alla velocità della luce c: 1 ______________________ = 3,00 ∙ 108 m/s v = ___________________________ −12 2 √ (8,85 ∙ 10 C /N ∙ m2)(4π ∙ 10−7 T ∙ m /A) Quindi 1 ___ c = _____ ε √ 0 μ0 (7) Questo risultato non può essere una coincidenza, ma suggerisce una conclusione di importanza fondamentale: la luce è costituita da onde elettromagnetiche. L’esistenza delle onde elettromagnetiche fu dimostrata sperimentalmente dal tedesco Heinrich Hertz (1857-1894) nel 1888. 856 capitolo ■ 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE La velocità della luce Le prime misure suffcientemente accurate della velocità della luce sono effettuate dal francese Jean-Bernard-Léon Foucault (1819-1868) con il metodo dello specchio rotante, perfezionato dall’americano Albert Michelson (1852-1931). Se la velocità angolare dello specchio rotante a otto lati di fgura 3 ha il valore corretto, la luce rifessa da un lato viaggia verso lo specchio fsso, si rifette su di esso e poi si rifette su un altro lato dello specchio rotante, che la invia al rilevatore. La minima velocità angolare deve essere tale che un lato dello specchio ruoti per un ottavo di giro nel tempo che la luce impiega a percorrere il cammino fra gli specchi. Nel 1926, durante uno dei suoi esperimenti, Michelson mise lo specchio fsso a una distanza di 35 km dallo specchio rotante e ottenne il valore Osservatore Specchio rotante a sezione ottagonale c = (2,997 96 ± 0,000 04) ∙ 108 m/s Oggi la velocità della luce è nota con un grado di accuratezza tale che viene usata per defnire il metro. Come già visto, la velocità della luce è defnita come Velocità della luce nel vuoto c = 299 792 458 m/s Specchio fsso 35 km Sorgente luminosa Figura 3 Fra il 1878 e il 1931 Michelson utilizzò uno specchio rotante con otto lati per misurare la velocità della luce. La fgura mostra una versione semplifcata del dispositivo. ma il valore approssimato 3,00 ∙ 108 m/s è suffciente per la maggior parte dei calcoli. 4 Le onde elettromagnetiche simuLazionE Electromagnetic wave ■ La generazione di onde elettromagnetiche La fgura 4 illustra un modo di produrre onde elettromagnetiche. Il dispositivo consiste di due fli metallici rettilinei che sono connessi ai terminali di un alternatore e funzionano come antenna. La differenza di potenziale fra i terminali varia nel tempo in maniera sinusoidale con un periodo T. La parte a della fgura mostra l’istante t = 0 s, quando agli estremi del flo non c’è carica e nel punto P vicino all’antenna non c’è alcun campo elettrico. Al passare del tempo, l’estremità superiore del flo si carica positivamente e quella inferiore negativamente. Un quarto di ciclo più tardi (t = T/4) le cariche raggiungono il loro valore massimo, come → mostra la parte B della fgura. Il corrispondente campo elettrico E nel punto P è rappresentato dalla freccia rossa ed è aumentato fno al suo massimo valore nella direzione verso il basso (*). La parte B mostra anche che il campo elettrico creato in istanti di tempo precedenti (la freccia nera) non è scomparso ma si è mosso verso destra. Questo è il punto cruciale: il campo elettrico non viene rilevato istantaneamente nei punti lontani. Esso è creato prima vicino ai fli e poi, come l’onda che si genera quando un sasso viene gettato in uno stagno, si muove verso l’esterno in tutte le direzioni. Per chiarezza la fgura mostra solo il campo elettrico che si muove verso destra. Le parti c-d-E della fgura 4 mostrano il campo elettrico nel punto P (freccia rossa) in istanti di tempo successivi durante un ciclo del generatore. In ciascuna parte, i campi generati precedentemente (frecce nere) continuano a propagarsi verso destra. Nella parte E della sequenza è stato disegnato un periodo completo congiungendo le punte dei vettori campo elettrico per dimostrare che il campo cambia in modo sinusoidale. → Le correnti nel flo di fgura 4 generano anche un campo magnetico B . La fgura 5 alla pagina seguente mostra che, quando la corrente è diretta verso l’alto, il campo magnetico nel punto P è diretto nel verso entrante nella pagina. Mentre la corrente oscilla, il campo magnetico oscilla con essa. Il campo magnetico creato si propaga verso l’esterno sotto forma di onda, come fa il campo elettrico. (*) La direzione e il verso del campo elettrico si ottengono immaginando una carica di prova positiva in P e determinando la direzione e il verso in cui sarebbe spinta dalla carica presente sui fli. P A t=0s + + P B – – → E P C t = 14T t = 24 T – – D P t = 34T + + E P t=T Figura 4 In fgura le frecce rosse rappresentano → il campo elettrico E prodotto nel punto P dalla carica che oscilla nell’antenna all’ istante di tempo indicato. Le frecce nere rappresentano il campo elettrico creato negli istanti di tempo precedenti. Per semplicità sono mostrati solo i campi che si propagano verso destra. 857 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Notiamo che il campo magnetico nella fgura 5 (pagina seguente) è perpendicolare alla pagina, mentre il campo elettrico nella fgura 4 giace nel piano della pagina. In ogni punto i campi elettrico e magnetico creati dall’antenna sono perpendicolari fra loro. Inoltre entrambi i campi sono perpendicolari alla direzione di propagazione. Questi campi elettrici e magnetici fra loro perpendicolari che si propagano insieme nello spazio alla velocità c = 3,00 ∙ 108 m/s costituiscono un’onda elettromagnetica. I → B P ■ I Figura 5 La corrente I oscillante nell’antenna → crea un campo magnetico B nel punto P che è tangente alla circonferenza centrata sul flo. Il campo è diretto come in fgura quando la corrente scorre verso l’alto, mentre è diretto nel verso opposto quando la corrente scorre verso il basso. i campi lontano dall’ antenna emettitrice I campi variabili generati vicino all’antenna si propagano con il meccanismo che abbiamo visto nel paragrafo precedente: l’oscillazione di un campo elettrico genera l’oscillazione di un campo magnetico in punti vicini [equazione (6)], che genera a sua volta l’oscillazione di un campo elettrico (5) in punti vicini e così via. L’onda si propaga in questo modo nello spazio. La fgura 6 mostra un’ «istantanea» dell’onda elettromagnetica molto lontana dall’antenna. Per semplicità è stata rappresentata solo la parte dell’onda che viaggia lungo il verso positivo dell’ asse x. Dal disegno risulta chiaro che un’onda elettromagnetica è un’onda trasversale perché i campi elettrico e magnetico sono entrambi perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda. y → E Verso di propagazione dell’onda x Figura 6 Le onde elettromagnetiche molto → lontane dall’antenna. Notiamo che E → e B sono perpendicolari fra loro e sono anche perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda. → z ■ B andamento temporale di un’ onda elettromagnetica Si possono generare onde elettromagnetiche anche senza un’antenna. In generale, ogni carica elettrica che viene accelerata emette un’onda elettromagnetica, indipendentemente dal fatto che si muova in un flo. Nel caso di una corrente alternata, un elettrone oscilla con moto armonico lungo il flo ed è un esempio di carica accelerata. E (t) B (t) +E0 +B0 1T 2 ÐE0 t 1T 2 T t ÐB0 T = 1/f Figura 7 L’ andamento dei campi elettrico e magnetico di un’onda elettromagnetica in un punto fssato dello spazio. La frequenza f è uguale alla frequenza della corrente alternata nell’antenna emittente. Il periodo T è l’ inverso della frequenza f. 858 T T = 1/f La frequenza di un’onda elettromagnetica è determinata dalla frequenza di oscillazione delle cariche elettriche nella sorgente dell’ onda. Più precisamente, come mostra la fgura 7, in ogni punto dello spazio i campi elettrico e magnetico di un’ onda elettromagnetica oscillano in fase con la stessa frequenza f, uguale alla frequenza dell’alternatore con cui è alimentato il circuito dell’antenna emittente. I segnali radiofonici e televisivi sono formati da onde elettromagnetiche. Quando le onde raggiungono un’antenna ricevente, interagiscono con le cariche elettriche presenti nei fli dell’antenna. Si può utilizzare il campo elettrico o il campo magnetico delle onde. Per utilizzare al meglio il campo elettrico dell’onda, i fli capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE dell’antenna devono essere paralleli al campo elettrico come mostra la fgura 8. Il campo elettrico agisce sugli elettroni del flo e li forza a oscillare avanti e indietro lungo il flo. Si genera quindi una corrente alternata nell’antenna e nel circuito a ) e l’induttore nel essa connesso. Un condensatore a capacità variabile C ( circuito consentono di selezionare la frequenza dell’onda elettromagnetica desiderata. Cambiando in modo opportuno il valore della capacità si può uguagliare la frequenza di risonanza f0 del circuito alla frequenza dell’onda. In condizioni di risonanza la corrente nell’induttore è massima. Per effetto della mutua induttanza, questa corrente genera una tensione massima nella seconda bobina della fgura. La tensione viene poi amplifcata dai rimanenti circuiti della radio o del televisore. Verso di propagazione dell’onda Fisica quotidiana La ricezione radiofonica e televisiva Figura 8 Antenna a flo → E Un’ onda radio può essere rilevata mediante un’antenna ricevente a flo che è parallela al campo elettrico dell’ onda. Il campo magnetico dell’ onda radio è stato omesso per semplicità. Ai circuiti dell’amplifcatore audio/video L C Per rilevare il campo magnetico di un’onda radio bisogna usare un’antenna a forma di spira, come quella di fgura 9. La ricezione è ottimale quando la normale al piano della spira è parallela al campo magnetico. In tal modo, al variare del campo magnetico c’è una grande variazione del fusso magnetico attraverso la spira che genera una corrente indotta. Anche in questo caso la frequenza di risonanza della combinazione condensatore-induttore può essere variata per adeguarla a quella dell’onda elettromagnetica desiderata. La fgura 10 mostra i due tipi di antenna. Verso di propagazione dell’onda Figura 9 Antenna a spira → B L Mediante un’antenna ricevente a forma di spira si può rilevare il campo magnetico di un’onda radio trasmessa. Per avere una buona ricezione, la normale al piano della spira deve essere parallela al campo magnetico. Per semplicità il campo elettrico dell’ onda non è stato disegnato. Ai circuiti dell’amplifcatore audio/video C Normale Lo spettro elettromagnetico Come ogni onda periodica, un’onda elettromagnetica ha una frequenza f e una lunghezza d’onda λ che sono legate alla velocità v di propagazione dell’onda dalla relazione v = f λ. Per onde che si propagano nel vuoto o, con buona approssimazione, nell’aria la velocità è v = c, per cui c = f λ. La serie ordinata di frequenze o lunghezze d’onda delle onde elettromagnetiche è detta spettro elettromagnetico. La fgura 11 alla pagina seguente mostra lo spettro elettromagnetico in un enorme intervallo di frequenze, da meno di 104 Hz a più di 1024 Hz. Mediante la relazione c = f λ si può determinare il corrispondente intervallo di lunghezze d’onda riportato nella fgura. Storicamente, alle regioni dello spettro sono stati assegnati nomi come onde radio e onde infrarosse. Anche se il confne fra regioni adiacenti è indicato in fgura con una linea verticale, in realtà questo confne non è netto e le regioni spesso di sovrappongono. © Peter Barritt / Alamy 5 Figura 10 Questa nave da crociera usa antenne sia a flo sia a spira per comunicare con altre imbarcazioni e con la capitaneria. 859 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Figura 11 AM FM Microonde Lo spettro elettromagnetico. 10 4 10 8 10 12 10 16 10 20 10 24 Frequenza (Hz) Onde radio 10 4 1 Infrarosso 10 –4 Ultravioletto 10 –8 4,0 · 1014 7,5 · 10–7 simuLazionE Onde radio e campi elettromagnetici (PhET, University of Colorado) Fisica quotidiana La ricezione radiofonica AM e FM ■ Raggi X Raggi gamma 10 –12 10 –16 7,9 · 1014 Rosso Luce visibile Lunghezza d’onda (m) Violetto Frequenza (Hz) Lunghezza d’onda (m) 3,8 · 10–7 onde radio Le onde radio (lunghezze d’onda comprese fra qualche decina di kilometri e 30 cm) sono utilizzate per le trasmissioni radiofoniche e televisive e sono generate da circuiti oscillanti. Come abbiamo già visto, la diffrazione è il fenomeno per cui le onde sono in grado di aggirare un ostacolo. La diffrazione è tanto maggiore quanto più grande è la lunghezza d’onda. Come mostra la fgura 11, le onde radio AM hanno una lunghezza d’ onda molto maggiore, e quindi una maggior capacità di aggirare ostacoli come per esempio alture o edifci, rispetto alle onde radio FM. Ciò spiega perché la ricezione delle radio FM è più disturbata rispetto a quella delle radio AM. ■ microonde Le microonde (lunghezze d’onda comprese fra 30 cm e 1 mm) conoscono vari usi, per esempio nella telefonia mobile: un telefono cellulare emette onde con una frequenza di circa 900 MHz, cioè con una lunghezza d’onda di 30 cm. Il forno a microonde (fgura 12) genera onde elettromagnetiche di frequenza 2,45 GHz, cioè con lunghezza d’ onda di circa 12 cm. Le molecole d’acqua presenti nei cibi sono messe in rotazione dal campo elettrico dell’onda e quindi acquistano energia che trasferiscono ai cibi aumentandone la temperatura. Figura 12 Lame rotanti Microonde Generatore di microonde Un forno a microonde. Le lame rotanti rifettono le microonde in tutte le parti del forno. Anche i radar emettono microonde che sono rifesse da oggetti metallici. Misurando l’intervallo di tempo fra l’emissione e l’ arrivo dell’ onda rifessa si determina con grande precisione la distanza dell’oggetto che l’ha rifessa. 860 capitolo LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE radiazioni infrarosse Le radiazioni infrarosse (lunghezze d’onda comprese fra 1 mm e 750 nm) sono generate dalla vibrazione e dalla rotazione delle molecole all’interno di un materiale. Quando le radiazioni infrarosse sono assorbite dalla nostra pelle sentiamo una sensazione di calore. Esistono sistemi che consentono di visualizzare le radiazioni infrarosse emesse da un corpo: mediante un opportuno codice è possibile associare a ogni temperatura un particolare colore e realizzare fotografe come quella mostrata in fgura 13. Un termometro a infrarossi, come quello mostrato in fgura 14, rileva la temperatura del corpo misurando la quantità di radiazione infrarossa emessa dal timpano e dai tessuti circostanti. L’orecchio è uno degli organi più adatti alla misurazione della temperatura corporea perché è vicino all’ipotalamo, l’area del cervello che regola la temperatura del corpo. L’orecchio inoltre non viene raffreddato o riscaldato durante le normali funzioni corporee come mangiare, bere o respirare. Quando la sonda del termometro viene inserita nel canale uditivo la radiazione infrarossa incide sul sensore, che si scalda e cambia la sua resistenza. Questa variazione è misurata da un circuito elettronico, che calcola la temperatura corporea e mostra il risultato su un display digitale. ■ 25 ˚C 20 Figura 13 Le radiazioni infrarosse, rilevate mediante opportune telecamere, danno informazioni sulla temperatura della sorgente che le ha emesse. Fisica quotidiana Il termometro a infrarossi Sonda Timpano Radiazione infrarossa radiazioni ultraviolette Le radiazioni ultraviolette (lunghezze d’onda comprese fra 380 nm e 10 nm) penetrano negli strati superfciali della nostra pelle e attivano molte reazioni chimiche fondamentali per la nostra salute, come per esempio la produzione di vitamina D e di melanina, che è il pigmento che ci conferisce l’abbronzatura. L’esposizione eccessiva alla radiazione ultravioletta è però dannosa perché può provocare malattie degenerative della pelle, come tumori o patologie del cristallino. Il Sole emette intensamente nell’ultravioletto nelle bande UV-A (400-315 nm), UV-B (315-280 nm) e UV-C (280-10 nm). L’atmosfera terrestre assorbe quasi tutta la banda UV-B: quindi per esporsi al sole è bene usare una crema con un fltro UV-A. ■ 30 radiazione visibile o luce La porzione più familiare dello spettro elettromagnetico è quella che percepiamo come luce visibile (lunghezze d’onda comprese fra 750 nm e 380 nm). Il sistema occhio-cervello associa luce di diverse lunghezze d’onda a colori diversi. La lunghezza d’onda di 750 nm nel vuoto è approssimativamente la più grande lunghezza d’onda della luce rossa, mentre 380 nm nel vuoto è approssimativamente la più piccola lunghezza d’onda della luce viola. Fra questi due limiti si trovano tutti gli altri colori, come indica la fgura 11. ■ 35 © NASA/IPAC ■ 20 Figura 14 Un termometro a infrarossi misura la temperatura corporea determinando la quantità di radiazione infrarossa emessa dal timpano e dai tessuti limitrof. raggi x I raggi X (lunghezze d’onda comprese fra 10 nm e 0,001 nm, ossia 10−12 m) sono emessi durante le violente decelerazioni di elettroni ad alta velocità all’interno di metalli pesanti. Sono diffusamente impiegati in medicina perché attraversano i tessuti molli ma sono assorbiti dalle ossa. Poiché hanno lunghezze d’onda comparabili con le distanze interatomiche, i raggi X sono usati in cristallografa per studiare i reticoli cristallini. ■ raggi gamma I raggi gamma (lunghezze d’onda minori di 0,001 nm, cioè 10−12 m) sono radiazioni emesse nei decadimenti nucleari. Si tratta di radiazioni molto penetranti che trovano largo impiego per esempio nella sterilizzazione di strumenti chirurgici, perché uccidono i batteri su cui incidono. I raggi gamma sono usati anche nella radioterapia dei tumori perché danneggiano il DNA delle cellule neoplastiche. 861 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Per avere un’idea delle diverse emissioni che uno stesso oggetto può produrre nelle varie zone dello spettro elettromagnetico, nella fgura 15 sono mostrate quattro immagini della Nebulosa del Granchio corrispondenti a emissioni in diverse porzioni dello spettro. © NASA ■ Raggi X © Mount Stromlo and Siding Spring Observatories/ Researchers A onde o particelle? Come già visto, il modello ondulatorio della luce trova sostegno negli esperimenti di interferenza e diffrazione. Tuttavia esistono esperimenti, che vedremo in seguito, nei quali la luce si comporta come se fosse formata da particelle discrete. Oggi si ritiene che, come le altre onde elettromagnetiche, la luce abbia una doppia natura: a seconda del particolare esperimento che si esegue, manifesta comportamento ondulatorio o comportamento corpuscolare. 6 ■ B Visibile Energia e quantità di moto di un’onda elettromagnetica densità di energia di un’onda elettromagnetica Come le onde nell’ acqua e le onde sonore, anche le onde elettromagnetiche trasportano energia. L’ energia è trasportata dai campi elettrici e magnetici che formano l’onda. La densità di energia totale u di un’onda elettromagnetica nel vuoto è la somma della densità di energia elettrica e magnetica: 1 1 u = _ ε 0 E 2 + __ B 2 2 2μ 0 (8a) © K. Chambers/NSF/UH-IFA In un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto o nell’aria il campo elettrico e il campo magnetico trasportano la stessa quantità di energia per unità di volume. Poiché 1 1 _ ε 0 E 2 = __ B 2 2 2μ 0 Infrarosso © NRAO/AUI/NSF/Photo Researchers C è possibile riscrivere l’ equazione (8a) per la densità totale di energia in una delle due forme equivalenti u = ε0 E2 (8b) 1 u = __ B 2 μ0 (8c) Esiste un’importante relazione fra i campi elettrico e magnetico. Per determinarla, uguagliamo la densità di energia elettrica alla densità di energia magnetica: D Onde radio Figura 15 Quattro fotografe della Nebulosa del Granchio, che è ciò che rimane di una stella che si è trasformata in supernova nel 1054. Dista 6300 anni luce dalla Terra. Le immagini sono prese in differenti parti dello spettro elettromagnetico. 862 1 1 1 _ ε E 2 = __ B 2 oppure E 2 = __ B 2 2 0 2μ 0 ε0 μ0 _ Secondo l’equazione (7), c = 1/√ ε 0 μ 0 , da cui E 2 = c 2B 2. Quindi le intensità del campo elettrico e del campo magnetico di un’ onda elettromagnetica sono legate dalla relazione E = cB (9) In un’onda elettromagnetica i campi elettrico e magnetico oscillano nel tempo in modo sinusoidale, per cui le equazioni (8a-c) danno la densità di energia istantanea dell’onda. Per determinare il valore medio u– della densità di energia bisogna calcolare i valori medi di E 2 e B 2. Nel capitolo precedente abbiamo affrontato una situazione analoga nel caso della corrente alternata e abbiamo introdotto il concetto di valore effcace di una grandezza variabile nel tempo. Con una procedura analoga si trova che i valori effcaci E eff e B eff dei campi elettrico e magnetico sono legati ai ri- capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE spettivi valori massimi E 0 e B 0 dalle relazioni 1 _ E0 E eff = ____ √2 e 1 _ B0 B eff = ____ √2 Le equazioni (8a-c) danno quindi la densità media di energia se interpretiamo i simboli E e B come valori effcaci e non istantanei dei campi. L’energia trasportata dalle onde elettromagnetiche nelle regioni infrarossa e visibile dello spettro ha un ruolo chiave nell’effetto serra, che è una delle cause del riscaldamento globale. Gran parte delle radiazioni infrarosse che provengono dal Sole non raggiungono la superfcie terrestre perché il diossido di carbonio e l’acqua presenti nell’atmosfera le rifettono nello spazio. Al contrario, le radiazioni visibili raggiungono la superfcie terrestre e la riscaldano. Inoltre un fusso di calore giunge alla superfcie dall’interno della Terra. La superfcie terrestre a sua volta irradia radiazioni infrarosse che, se non incontrano ostacoli, trasportano energia nello spazio. Tuttavia il diossido di carbonio e l’acqua presenti nell’ atmosfera rifettono le radiazioni infrarosse indietro verso la Terra, proprio come rifettono le radiazioni provenienti dal Sole. In tal modo la loro energia è intrappolata, proprio come avviene in una serra, e la Terra si riscalda. Fisica quotidiana L'effetto serra EsEmpio 1 relazione tra campo elettrico e campo magnetico La luce solare entra nell’ alta atmosfera con un campo elettrico di valore effcace E eff = 720 N/C. Calcola: ▸ la densità di energia totale media di questa radiazione. ▸ il valore effcace del campo magnetico della luce solare. il ragionamento e la soluzione ▸ Per l’equazione (8b) la densità di energia totale media è u– = ε 0 E 2eff = (8,85 ∙ 10−12 C2/N ∙ m2)(720 N/C)2 = 4,6 ∙ 10−6 J/m3 ▸ Dall’equazione (9) si ha che il valore effcace del campo magnetico è E eff 720 N/C = 2,4 ∙ 10−6 T B eff = __ = ________ c 3,0 ∙ 108 m/s ■ irradiamento di un’ onda elettromagnetica Mentre un’onda elettromagnetica si sposta nello spazio trasporta energia da una regione a un’altra. L’energia trasportata è determinata dall’ irradiamento dell’onda. irradiamEnto L’irradiamento S di un’onda elettromagnetica è il rapporto fra la potenza elettromagnetica che attraversa perpendicolarmente una superfcie e l’area della superfcie. Esiste un legame fra l’irradiamento S e la densità di energia u dell’onda. Per dimostrarlo, scriviamo l’irradiamento S come il rapporto fra la potenza P che attraversa perpendicolarmente una superfcie e l’area A di questa superfcie: S = P/A. La potenza è uguale all’energia totale per unità di tempo che attraversa la superfcie: P = energia totale/t. Combinando queste relazioni si ha P energia totale S = _ = ___________ A tA Consideriamo ora la fgura 16, alla pagina seguente, la quale mostra un’ onda elettromagnetica che si propaga lungo l’asse x. In un tempo t l’ onda percorre la distanza ct attraversando l’area A. Quindi l’onda attraversa il volume ctA. L’energia totale 863 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Figura 16 ct y In un intervallo di tempo t, un’onda elettromagnetica percorre una distanza ct lungo l’ asse x e attraversa la superfcie di area A. Area = A → E c x → z B (elettrica e magnetica) contenuta in questo volume è energia totale = (densità di energia totale)(volume) = uctA Perciò l’irradiamento e la densità di energia di un’ onda elettromagnetica sono legati dalla relazione uctA S = _ = cu tA (10) Sostituendo una alla volta le equazioni (8a-c) nell’equazione (10) si dimostra che l’irradiamento di un’ onda elettromagnetica dipende dai campi elettrico e magnetico secondo le relazioni equivalenti 1 c S = cu = _ c ε 0 E 2 + __ B 2 2 2μ 0 (11a) S = cε 0 E 2 (11b) c S = __ B 2 μ0 (11c) L’irradiamento medio si ottiene sostituendo nelle relazioni precedenti i valori effcaci dei campi elettrico e magnetico. problem solving potenza e irradiamento I concetti di potenza e irradiamento sono simili ma pur sempre distinti. L’ intensità è il rapporto fra la potenza che attraversa perpendicolarmente una superfcie e l’ area della superfcie. EsEmpio 2 una sorgente puntiforme di luce La fgura 17 mostra una sorgente puntiforme che emette luce uniformemente in ogni direzione. Alla distanza di 2,50 m dalla sorgente il valore effcace del campo elettrico è 19,0 N/C. Supponiamo che la luce non sia rifessa dagli oggetti dell’ambiente. ▸ Determina la potenza media emessa dalla sorgente. Sfera immaginaria Eeff = 19,0 N/C Sorgente luminosa r = 2,50 m Figura 17 A una distanza di 2,50 m dalla sorgente luminosa, il valore effcace del campo elettrico della luce è 19,0 N/C. il ragionamento e la soluzione La sorgente emette in modo uniforme in tutte le direzioni, quindi l’irradiamento è lo stesso in tutti i punti dell’immaginaria superfcie sferica di fgura 17. Inoltre, la luce attraversa la superfcie perpendicolarmente. L’irradiamento medio sulla 864 capitolo superfcie sferica è 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE – S = c ε 0 E 2eff = = (3,00 ∙ 108 m/s)[8,85 ∙ 10−12 C2/(N ∙ m2)](19,0 N/C)2 = 9,58 ∙ 10−1 W/m2 La potenza media irradiata dalla sorgente puntiforme è il prodotto fra l’irradiamento medio sulla superfcie sferica di raggio r = 2,50 m e l’area della superfcie: – – P = S (4π r 2) = = (9,58 ∙ 10−1 W/m2)[4π(2,50 m)2] = 75,3 W ■ La quantità di moto di un’ onda elettromagnetica Nei capitoli di meccanica, abbiamo visto che una particella in moto possiede sia un’energia cinetica sia una quantità di moto. Un’onda elettromagnetica trasporta energia, per cui è lecito chiedersi se sia possibile associare a essa anche una quantità di moto. La quantità di moto è una grandezza vettoriale; per una particella ha la stessa direzione della velocità e le sue unità sono kg ∙ m/s. Come discusso nel paragrafo precedente, per le onde la grandezza signifcativa non è tanto l’energia quanto la densità di energia, cioè l’energia per unità di volume trasportata dall’onda. Per analogia, vogliamo defnire la grandezza fsica densità di quantità di moto, cioè la quantità di moto per unità di volume che caratterizza l’onda e che ha come unità di misura i (kg ∙ m/s)/m3. ■ La densità di quantità di moto di un’ onda elettromagnetica → → In un’onda elettromagnetica il vettore E e il vettore B sono entrambi perpendicola→ → ri alla direzione dell’ onda, per cui il prodotto vettore E ×B ha la stessa direzione e lo stesso verso di propagazione dell’onda. → → La relazione tra i moduli di E e di B , E = cB, stabilisce che il modulo del prodot→ → to vettore E ×B è E(E/c) = E 2/c. In termini dell’ irradiamento, S = cε 0 E 2, si ha → E 2 ___ S __ = 2 c c ε0 → → Introduciamo la grandezza P = ε 0 (E ×B ) che ha modulo S/c 2, direzione e verso di propagazione dell’onda e unità di misura S J/(s ∙ m2) __ = ________ = J ∙ s/m4 = (kg ∙ m2/s2)(s/m4) = (kg ∙ m/s)/m3 2 [c ] (m/s)2 Queste sono le unità di misura di una quantità di moto (kg ∙ m/s) per unità di volume → (m3), cioè sono le unità di misura di una densità di quantità di moto. Il fatto che P sia diretto come l’onda stessa e che la sua unità di misura sia quella corretta, ne fanno un valido candidato per rappresentare la densità di quantità di moto trasportata da un’onda. Inoltre, abbiamo visto che la densità totale di energia di un’onda elettro→ magnetica è u = ε 0 E 2, per cui il modulo del vettore P è P = ε 0 EB = ε 0 E 2/c = u/c. Defniamo pertanto la densità di quantità di moto trasportata da un’onda elettromagnetica: dEnsità dELLa quantità di moto trasportata da un’onda ELEttromagnEtica La densità di quantità di moto trasportata da un’onda elettromagnetica è → → → → P = ε 0 (E × B ) P ha stessa direzione e stesso verso di propagazione dell’onda e modulo è pari a u P=_ c dove u è la densità di energia dell’onda. 865 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE ■ A c · Δt Figura 18 Un fusso di radiazione elettromagnetica colpisce perpendicolarmente una superfcie assorbente di area A durante un intervallo di tempo ∆t. Il volume che occupa la radiazione è V = cA∆t. La pressione di radiazione Se le onde elettromagnetiche trasportano quantità di moto, allora danno origine a una pressione quando vengono assorbite o rifesse da una superfcie, esattamente come le molecole di un gas generano l’ ordinaria pressione quando urtano contro una superfcie cambiando la loro quantità di moto. Consideriamo, per esempio, una radiazione elettromagnetica che incide perpendicolarmente su una parete e ammettiamo che quest’ultima la assorba completamente. In un intervallo di tempo ∆t la quantità di moto che l’onda trasferisce alla parete è pari a ∆q = PcA∆t, che è contenuta nel volume di base A e altezza c∆t (fgura 18). Ricordando che la pressione è la forza per unità di superfcie, cioè p = F/A, e che la forza è legata alla variazione della quantità di moto dalla relazione F = ∆q/∆t, si ha PcA∆t _ ∆t F ∆q 1 _ _ _ _______ p= = = = Pc A ∆t A A Sostituendo P = u/c, si ottiene che la pressione di radiazione che si esercita sulla parete è Pressione di radiazione su superfcie assorbente dovuta a radiazione incidente perpendicolarmente p=u Vale a dire che, nel caso di incidenza perpendicolare della radiazione su una superfcie assorbente, la pressione di radiazione è uguale alla densità di energia u trasportata dall’onda. Nel caso in cui la superfcie sia perfettamente rifettente, la radiazione rifessa ha una quantità di moto uguale e opposta a quella incidente, per cui ∆q = PcA∆t − (−PcA∆t) = 2PcA∆t e pertanto la pressione di radiazione sulla superfcie è Pressione di radiazione su superfcie rifettente dovuta a radiazione incidente perpendicolarmente p = 2u Se la radiazione incide trasversalmente sulla parete, occorre tener conto dell’angolo di incidenza: maggiore è l’ angolo di incidenza θ e minore è la quantità di moto trasferita. Come nel caso delle particelle, la quantità di moto trasferita è proporzionale a cos θ, così nel caso di superfcie assorbente la pressione di radiazione è p = u cos θ, mentre nel caso di superfcie rifettente è p = 2u cos θ. Infne, se la radiazione incidente su una parete proviene da tutte le direzioni in modo casuale, allora si ha una situazione analoga a quella di un gas contenuto in un recipiente, dove la pressione è prodotta dagli urti di molecole proveniente da ogni direzione. Effettuando una media su tutte le direzioni possibili nello spazio, in analogia con quanto visto nel paragrafo della teoria cinetica, si ottiene un fattore 1/3 dovuto alla tridimensionalità dello spazio stesso. In defnitiva abbiamo: 866 Pressione di radiazione su superfcie assorbente dovuta a radiazione diffusa 1 p = _u 3 Pressione di radiazione su superfcie rifettente dovuta a radiazione diffusa 2 p = _u 3 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE EsEmpio 3 La pressione di radiazione Su una parete nera incide una luce diffusa con irradiamento S = 1000 W/m2, che corrisponde a un’ illuminazione molto forte. ▸ Qual è il valore della pressione di radiazione sulla superfcie? il ragionamento e la soluzione La densità di energia si ottiene come rapporto tra l’irradiamento e la velocità della luce S 1000 W/m2 = 3,0 ∙ 10−6 J/m3 u = _ = __________ c 3,0 ∙ 108 m/s Applicando la relazione p = (2/3)u, la pressione di radiazione vale 1 1 p = _ u = _ (3,0 ∙ 10−6 J/m3) = 1,0 ∙ 10−6 J/m3 = 1,0 ∙ 10−6 Pa 3 3 Notiamo che la pressione di radiazione è ben 10 ordini di grandezza inferiore alla pressione atmosferica, che è circa 1,0 ∙ 105 Pa. EsEmpio 4 polvere di cometa La coda di una cometa è un effetto della pressione di radiazione esercitata dalla radiazione solare sulle particelle di polvere che si staccano dal corpo solido e che compongono la coda stessa. ▸ Determina in quale caso un granello di polvere che si stacca dalla cometa rimane nei pressi di questa e in quale caso il granello si allontana sempre più, spinto via dalla radiazione solare. Considera granelli di un materiale avente densità media ρ = 2,0 ∙ 103 kg/m3. Il Sole ha una massa M S = 1,99 ∙ 1030 kg e la potenza media che irradiata è W S = 3,9 ∙ 1026 W. il ragionamento e la soluzione Per semplicità consideriamo granelli di forma sferica con raggio r. Sicuramente una parte della radiazione solare è rifessa, altrimenti la coda sarebbe invisibile. Approssimiamo questo fatto con un effetto di totale rifessione. Figura 19 → Frad → FG Un granello di polvere staccatosi da una cometa è sottoposto a→due forze radiali rispetto al Sole. F G è la→ forza di attrazione gravitazionale e F rad è la forza generata dalla pressione di radiazione. Un granello di polvere è sottoposto a due forze radiali rispetto al Sole, aventi → stessa direzione ma verso opposto: l’attrazione gravitazionale F G, diretta verso il → Sole, e la forza F rad generata dalla pressione di radiazione, diretta in verso opposto (fgura 19). Si possono verifcare le seguenti situazioni: • se F G > F rad il granello orbita attorno al Sole come la cometa, rimanendo vicino a essa e non si forma alcuna coda; • se F G < F rad si forma la coda perché il granello viene allontanato radialmente rispetto al Sole. Consideriamo quindi le due forze agenti sul granello, trascurando per semplicità l’attrazione da parte della cometa. Un granello di raggio r intercetta una quantità di radiazione proporzionale alla 867 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE sua sezione A = πr 2. La forza dovuta alla pressione di radiazione è F rad = pA. Ricordando che la relazione tra la pressione di radiazione p e la densità di energia u trasportata dall’onda è p = 2u, si ha F rad = pA = 2uA = 2πur 2 (a) S u=_ c (b) La densità di energia u è dove S è l’irradiamento della radiazione solare e c la velocità della luce. Alla distanza R dal Sole l’irradiamento vale WS S = ____2 4π R (c) essendo W S la potenza irradiata dal Sole. Combinando le relazioni (a), (b) e (c) otteniamo la forza sul granello di polvere dovuta alla radiazione solare: WS r2 1 WS r2 F rad = 2πur 2 = 2π ____2 __ = _ __ __2 4π R c 2 c R La forza di attrazione gravitazionale del Sole sul granello di polvere alla distanza R è data da MS m F G = G _____ R2 dove G = 6,67 ∙ 10−11 N ∙ m2/kg2 è la costante di gravitazione, M S è la massa del Sole e m quella del granello di polvere. Per granelli sferici di raggio r, la massa m è legata alla densità ρ e al volume V = (4/3)πr 3 dalla relazione 4 m = ρV = _ ρπr 3 3 per cui MS m MS _ 4 4 r2 3 _____ _ __ = G ρπ r = πG M ρr F G = G _____ S 3 R2 R2 3 R2 Il rapporto tra la forza di gravità e quella dovuta alla pressione di radiazione non dipende dalla distanza del granello dal Sole perché entrambe hanno moduli che dipendono dall’ inverso del quadrato della distanza. Invece questo rapporto è proporzionale alla dimensione r del granello di polvere; infatti 4 r2 _ πG M S ρr __2 3 F G __ R 8 Gc M S ρ r ___ = = _ π _______ r = __ 2 F rad 3 W r W 1 __S __ r S 0 _ 2 c R2 dove abbiamo introdotto la costante 3 WS r 0 = ___________ = 8 πGc M S ρ 3 (3,9 ∙ 1026 W) = = ______________________________________________________________ 8 (3,14)(6,67 ∙ 10−11 N ∙ m2/kg2)(3,0 ∙ 108 m/s)(1,99 ∙ 1030 kg)(2,0 ∙ 103 kg/m3) = 5,8 ∙ 10−7 m ≈ 0,6 μm I fattori numerici che compaiono in r 0 non sono esatti a causa delle approssimazioni fatte, ma servono a dare un ordine di grandezza delle dimensioni del granello di polvere che forma la cometa. 868 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE In defnitiva F G __ r r ___ = =_ F rad r 0 0,6 μm Concludiamo che: • se r > 0,6 μm allora F G > F rad e quindi la forza di attrazione del Sole è maggiore, per cui il granello che si stacca dalla cometa non viene spazzato via dalla radiazione solare ma rimane a formare la chioma della cometa; • se r < 0,6 μm allora F G < F rad e in questo caso la pressione di radiazione spingerà sempre più lontano il granello, che entrerà a far parte della coda della cometa. 7 L’effetto doppler Abbiamo già analizzato l’effetto Doppler che le onde sonore presentano quando la sorgente sonora o il ricevitore o entrambi sono in moto rispetto al mezzo in cui avviene la propagazione, per esempio l’ aria. L’effetto consiste nell’aumento o nella diminuzione della frequenza rilevata rispetto a quella emessa. Quando la sorgente è in moto si ha un effetto Doppler diverso da quando è in moto l’osservatore. Anche le onde elettromagnetiche presentano l’ effetto Doppler, ma rispetto alle onde sonore ci sono due importanti differenze. La prima è che le onde sonore hanno bisogno di un mezzo come l’aria per propagarsi ed è importante il moto della sorgente, dell’ osservatore e delle onde rispetto al mezzo in cui avviene la propagazione. Nell’effetto Doppler delle onde elettromagnetiche il moto rispetto al mezzo non ha alcun ruolo, perché queste onde non richiedono un mezzo materiale per propagarsi. La seconda differenza è che nelle equazioni dell’effetto Doppler la velocità del suono ha un ruolo importante e dipende dal sistema di riferimento rispetto al quale è misurata: per esempio, la velocità del suono rispetto all’ aria in movimento è diversa da quella rispetto all’ aria in quiete. Come vedremo meglio in seguito, le onde elettromagnetiche si comportano in modo differente. La velocità a cui esse si propagano ha sempre lo stesso valore, indipendentemente dal fatto che sia misurata rispetto a un osservatore in quiete o a uno in moto a velocità costante. Per queste due ragioni l’effetto Doppler per le onde elettromagnetiche è lo stesso sia che si muova la sorgente delle onde sia che si muova l’osservatore. È importante solo il moto relativo fra sorgente e osservatore. Quando le onde elettromagnetiche, la sorgente e l’osservatore si muovono lungo la stessa direzione nel vuoto o, con buona approssimazione, in aria, l’equazione che regola l’effetto Doppler è v rel f o = f s 1 ± __ se v rel << c (12) ( c ) dove f o è la frequenza osservata e f s è la frequenza emessa dalla sorgente, v rel è la velocità relativa fra osservatore e sorgente e c è la velocità della luce nel vuoto. L’equazione (12) si applica solo se v rel è molto più piccola di c (v rel << c). È importante ricordare che v rel è la velocità relativa fra osservatore e sorgente. Per esempio, se la sorgente si muove verso est a 28 m/s rispetto alla Terra mentre l’osservatore si muove verso est a 22 m/s, il valore di v rel è 28 m/s − 22 m/s = 6 m/s. Poiché v rel è una velocità relativa, non ha segno. Si tiene conto del verso del moto relativo scegliendo il segno + o il segno − nell’equazione (12) nel modo seguente: • • si sceglie il segno + quando sorgente e osservatore si avvicinano; si sceglie il segno − quando sorgente e osservatore si allontanano. Riprendendo l’esempio precedente, supponiamo che la sorgente si sposti a 28 m/s verso est. L’osservatore viaggia avanti rispetto alla sorgente e si sposta a 22 m/s verso est. La sorgente e l’osservatore si avvicinano, in quanto la sorgente sta raggiungendo l’osservatore, e quindi nell’ equazione (12) si deve scegliere il segno +. 869 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Supponiamo ora che l’osservatore si sposti a 34 m/s verso est, cioè con una velocità maggiore di quella della sorgente. Adesso osservatore e sorgente si stanno allontanando e quindi si deve scegliere il segno −. EsEmpio 5 due auto fra le onde La Polizia stradale usa apparecchi telelaser per rilevare la velocità delle automobili. La fgura 20 mostra un’ auto che si sta avvicinando a un’auto della Polizia ferma. Un telelaser emette onde elettromagnetiche che sono rifesse dall’auto che si muove. L’onda rifessa arriva alla Polizia con una frequenza (misurata dall’apparecchio a bordo) che è diversa da quella emessa. Un tipo di telelaser emette onde di frequenza 8,0 ∙ 109 Hz. L’auto si muove verso la Polizia alla velocità di 39 m/s. ▸ Qual è la differenza tra la frequenza delle onde rifesse verso la Polizia e la frequenza di emissione? Fisica quotidiana Il telelaser Figura 20 Onde elettromagnetiche rifesse Un telerilevatore laser nell’ auto della Polizia emette onde elettromagnetiche che sono rifesse dall’ auto in movimento. Le frequenze delle onde emesse e delle onde rifesse sono diverse a causa dell’ effetto Doppler. Onde elettromagnetiche emesse dalla polizia il ragionamento Mentre si muove verso la radiazione emessa dal telelaser, l’auto intercetta un numero di creste d’ onda al secondo maggiore di quanto farebbe se fosse ferma. Per questa ragione l’auto «osserva» una frequenza f o che è maggiore della frequenza f s emessa dal telelaser. L’auto rifette le onde verso l’auto della Polizia. In realtà, l’auto diventa una sorgente mobile di onde radio che sono emesse con frequenza f o . Poiché l’ auto si muove verso la Polizia, le creste rifesse arrivano alla Polizia con una frequenza f o′ maggiore di f o . Ci sono così due cambiamenti di frequenza dovuti all’effetto Doppler, uno associato a f o e l’altro a f o′. Useremo l’equazione (12) per determinare queste frequenze. i dati e le incognite dati grandezze simboli Valori Frequenza emessa dal telelaser fs 8,0 ∙ 109 Hz Velocità relativa fra le due automobili incognita Differenza di frequenza v rel f o′ − f s 39 m/s commenti La velocità relativa è uguale a quella dell’ auto, perché l’auto della Polizia è ferma La «o» a pedice indica che f o′ è la frequenza rilevata dall’ «osservatore» (l’auto della Polizia) il modello del problema sintesi del modello 1 differenza di frequenza La differenza richiesta è f o′ − f s , dove f s è la frequenza nota emessa dal telelaser, f o′ è la frequenza incognita della radiazione che arriva alla Polizia dopo la rifessione sull’auto in moto. Le frequenze f o′ e f o osservate dall’ auto in moto sono legate dalla relazione (12): v rel f o′ = f o 1 + __ ( c ) dove v rel è la velocità relativa fra le due auto. Abbiamo scelto il segno + perché 870 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE le due auto si stanno avvicinando. Con questa espressione per f o′, la differenza richiesta è v rel f o′ − f s = f o 1 + __ − f s ( c ) Grandezza da determinare: f o v rel f o′ − f s = f o 1 + __ − f s ( c ) (a) v rel f o′ − f s = f o 1 + __ − f s ( c ) (a) 2 Frequenza dell’onda «osservata» dall’auto in moto Il telelaser invia una radiazione di frequenza f s . Mentre l’ auto si avvicina «osserva» una radiazione di frequenza f o maggiore di f s . La relazione tra queste frequenze è data dall’equazione (12): v rel f o = f s 1 + __ ( c ) v rel f o = f s 1 + __ ( c ) (b) Anche in questo caso è stato scelto il segno + perché l’auto in moto e l’auto della polizia si stanno avvicinando. La soluzione Combinando i passaggi precedenti si ottiene algebricamente 1 ↓ f′ − f = f o s 2 v v rel v rel ↓ rel __ − f s = f s 1 + __ 1 + __ − f s = o 1 + ( ( c ) c )( c ) 2v rel v rel 2 v rel v rel − f s = f s __ 2 + __ = f s 1 + __ + __ [ ] ( ) ( )( c c c c ) Il valore numerico di v rel /c è (39 m/s)/(3,0 ∙ 108 m/s) = 13 ∙ 10−8. Poiché è molto più piccolo di 2, il termine (2 + v rel /c) è praticamente uguale a 2. Quindi la differenza richiesta è v rel 39 m/s = 2,1 ∙ 103 Hz f o′ − f s = 2 f s __ = 2 (8,0 ∙ 109 Hz) ______ ( c ) (3,0 ∙ 108 m/s) L’effetto Doppler delle onde elettromagnetiche offre un potente strumento agli astronomi. Per esempio, in un capitolo precedente abbiamo visto come gli astronomi abbiano identifcato un buco nero supermassivo al centro della galassia M87 usando il telescopio Hubble. Essi hanno puntato il telescopio su regioni opposte rispetto al centro della galassia. Analizzando la luce emessa da queste regioni sono stati in grado mediante l’effetto Doppler di determinare che un lato della galassia si allontana dalla Terra mentre l’altro lato si avvicina. In altre parole, la galassia sta ruotando. Le velocità di allontanamento e di avvicinamento consentono agli astronomi di determinare la velocità di rotazione della galassia; l’esempio considerato in quel capitolo mostra come dal valore di questa velocità si risale all’individuazione di un buco nero. Gli astronomi misurano frequentemente l’effetto Doppler della luce che giunge sulla Terra da parti remote dell’Universo. Attraverso questi studi hanno determinato le velocità con cui gli oggetti celesti luminosi si stanno allontanando dalla Terra. 8 ■ Fisica quotidiana L’effetto Doppler in astronomia La polarizzazione delle onde elettromagnetiche polarizzazione lineare Una delle caratteristiche principali delle onde elettromagnetiche è che sono onde trasversali e a causa di ciò possono essere polarizzate. Il concetto di polarizzazione è 871 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Direzione di vibrazione della corda Direzione di propagazione dell’onda A B Figura 21 Un’ onda trasversale è polarizzata linearmente quando le sue oscillazioni hanno luogo sempre lungo una direzione. Un’ onda linearmente polarizzata su una corda può attraversare una fenditura che è parallela alla direzione di vibrazione della corda ( A ), ma non può passare attraverso una fenditura che è perpendicolare alla direzione di vibrazione ( B ). illustrato nella fgura 21, mostrando un’ onda trasversale che si propaga su una corda verso una fenditura. L’ onda è polarizzata linearmente: ciò signifca che vibra lungo una sola direzione, detta direzione di polarizzazione. Nella parte a della fgura la direzione di polarizzazione è verticale e parallela alla fenditura, che quindi è attraversata dall’onda con facilità. Quando invece la fenditura è perpendicolare alla direzione di polarizzazione, come nella parte B, l’ onda non può passare perché la fenditura impedisce alla corda di oscillare. Nel caso di onde longitudinali, come le onde sonore, la nozione di polarizzazione non ha nessun signifcato. In un’ onda longitudinale la direzione di polarizzazione è anche quella di propagazione, per cui l’ orientazione della fenditura non ha alcun effetto sull’onda. In un’onda elettromagnetica, come quella vista in fgura 6, il campo elettrico oscilla lungo l’asse y, mentre il campo magnetico oscilla lungo l’asse z. Quindi l’onda è polarizzata linearmente, con la direzione di polarizzazione che per convenzione scegliamo uguale a quella in cui oscilla il campo elettrico. Se l’onda è un’onda radio emessa da un’antenna a flo rettilineo, la direzione di polarizzazione è determinata dall’orientazione dell’ antenna. La luce visibile emessa da una lampadina a incandescenza è invece formata da onde elettromagnetiche completamente non polarizzate. In questo caso le onde sono emesse da un gran numero di atomi del flamento incandescente della lampadina. Quando l’ elettrone di un atomo oscilla, l’atomo si comporta come un’antenna in miniatura che irradia luce per un brevissimo intervallo di tempo, circa 10−8 s. Tuttavia le direzioni di queste antenne atomiche cambiano in modo casuale per effetto degli urti a livello atomico. La luce non polarizzata quindi consiste di molte onde diverse, emesse in brevissimi brillamenti da parte di «antenne atomiche», ciascuna con la propria direzione di polarizzazione. La fgura 22 confronta luce polarizzata e luce non polarizzata. Nel caso di luce non polarizzata, le frecce mostrano le direzioni casuali di polarizzazione delle singole onde che formano la luce. Figura 22 Direzione di oscillazione del campo elettrico Nella luce polarizzata il campo elettrico delle onde elettromagnetiche oscilla lungo una data direzione. La luce non polarizzata consiste di brevi impulsi di onde elettromagnetiche emesse da atomi diversi. Le direzioni dei campi elettrici di questi impulsi sono perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda ma sono distribuite a caso attorno a essa. Direzione di propagazione dell’onda Intensità della luce non polarizzata = S Asse di trasmissione Materiale polarizzatore Luce polarizzata ■ Intensità della luce polarizzata = 1 S 2 Figura 23 Con l’ aiuto di un foglio di materiale polarizzatore, si produce luce polarizzata a partire da luce non polarizzata. L’asse di trasmissione del materiale è la direzione di polarizzazione della luce che passa attraverso il materiale. 872 Direzione di propagazione dell’onda Direzioni casuali di oscillazione dei campi elettrici Direzione di propagazione dell’onda Luce non polarizzata i polarizzatori La luce polarizzata può essere prodotta a partire da luce non polarizzata utilizzando particolari materiali, uno dei quali è disponibile sul mercato con il nome di Polaroid. Questi materiali consentono di essere attraversati solo dalla componente del campo elettrico in una particolare direzione, mentre assorbono le componenti del campo perpendicolari a questa direzione. Come mostra la fgura 23, la direzione di polarizzazione che riesce ad attraversare il materiale si dice asse di trasmissione. Indipendentemente dall’orientazione di questo asse, l’irradiamento della luce polarizzata trasmessa è la metà di quello della luce incidente non polarizzata. La ragione di ciò è che la luce non polarizzata contiene tutte le direzioni di polarizzazione. Inoltre il campo elettrico lungo ciascuna direzione può essere scomposto in una componente parallela e una perpendicolare all’asse di trasmissione, con il risultato che le componenti medie parallela e perpendicolare all’asse sono uguali. Quindi il materiale polarizzatore assorbe tanto campo elettrico, e magnetico, quanto ne trasmette. 20 capitolo ■ LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Legge di malus Dopo aver prodotto luce polarizzata mediante un materiale polarizzatore, è possibile usare un secondo materiale polarizzatore per cambiare la direzione di polarizzazione e contemporaneamente modifcare l’intensità della luce. Nella fgura 24 il primo materiale è detto polarizzatore mentre il secondo è detto analizzatore. L’asse di trasmissione dell’analizzatore è orientato secondo un angolo θ rispetto all’asse di trasmissione del polarizzatore. Se il modulo del campo elettrico della luce polarizzata incidente sull’analizzatore è E, il modulo del campo che attraversa l’analizzatore è la componente parallela all’asse di trasmissione, cioè E cos θ. Di conseguenza l’irradiamento medio della luce polarizzata che attraversa l’analizzatore è proporzionale a cos2 θ. Quindi sia la direzione di polarizzazione sia l’irradiamento della luce trasmessa possono essere variati ruotando l’asse di trasmissione – dell’analizzatore rispetto a quello del polarizzatore. L’ irradiamento medio S della luce che esce dall’analizzatore è dunque: LEggE di maLus – – S = S 0 cos2 θ – dove S 0 è l’irradiamento medio della luce che entra nell’analizzatore. problem solving L’effetto del polarizzatore Ricorda che quando luce non polarizzata incide su un polarizzatore, solo metà della luce incidente viene trasmessa, mentre l’ altra metà viene assorbita dal polarizzatore. (13) Tale relazione è detta legge di Malus, dal nome dell’ingegnere francese Étienne-Louis Malus (1775-1812). Quando θ = 90°, gli assi di trasmissione del polarizzatore e dell’analizzatore sono perpendicolari: perciò non viene trasmessa alcuna luce. Figura 24 E cos θ E Luce non polarizzata Polarizzatore Mediante due fogli di materiale polarizzatore, detti polarizzatore e analizzatore, si può modifcare la direzione e l’ intensità della luce che raggiunge la fotocellula. Basta cambiare l’angolo θ fra gli assi di trasmissione del polarizzatore e dell’ analizzatore. θ Analizzatore Fotocellula E 90˚ E cos θ θ EsEmpio 6 passa o non passa? Supponiamo di inserire un terzo foglio di materiale polarizzatore fra il polarizzatore e l’analizzatore di fgura 24. Gli assi di trasmissione di questi ultimi sono perpendicolari fra loro. ▸ La luce raggiunge la fotocellula? il ragionamento e la soluzione La risposta è sì, anche se polarizzatore e analizzatore hanno gli assi di trasmissione perpendicolari fra loro (fgura 25a). Per comprenderne il motivo notiamo che, se la luce passa attraverso l’analizzatore, deve avere una componente del campo elettrico parallela al suo asse di trasmissione. Se il terzo foglio non è inserito tale componente non esiste. Ma se il foglio è inserito questa componente c’è, come mostrano le parti B e c della fgura. La parte B mostra che il campo elettrico E della luce che esce dal polarizzatore forma un angolo θ con l’asse di trasmissione del terzo foglio. La componente del campo parallela all’asse di tra873 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE smissione è E cos θ e attraversa il foglio. La parte c mostra che il campo (E cos θ) incidente sull’ analizzatore ha una componente parallela all’asse di trasmissione dell’analizzatore, precisamente (E cos θ) sen θ. Tale componente attraversa l’analizzatore e quindi la luce raggiunge la fotocellula. La luce raggiunge la fotocellula quando l’ angolo θ è compreso fra 0° e 90°. Se l’angolo è 0° o 90° la luce non giunge alla fotocellula. Figura 25 θ A La luce raggiunge la fotocellula quando un foglio di materiale polarizzatore è inserito fra il polarizzatore e l’analizzatore che hanno gli assi di trasmissione perpendicolari. B La componente del campo elettrico parallela all’ asse di trasmissione del foglio inserito è E cos θ. C La luce incidente sull’analizzatore ha una componente E cos θ sen θ parallela al suo asse di trasmissione. Luce Foglio di polarizzatore inserito A E cos θ θ E E cos θ θ B Fisica quotidiana Il visore a cristalli liquidi Segmento ÇaccesoÈ RM MÐ 8 9 5 6 X 2 3 Ð M+ C ■ C i visori Lcd I visori a cristalli liquidi (LCD, liquid crystal display) sono comunemente usati nelle calcolatrici tascabili e nei telefoni cellulari. Il visore consiste di lettere e numeri neri su sfondo grigio chiaro, come mostra la fgura 26: ogni lettera o numero è formato da segmenti di cristalli liquidi che sono stati «accesi» e appaiono neri. Questi segmenti costituiti da cristalli liquidi sono inseriti fra due elettrodi trasparenti, come mostra la fgura 27. Quando si applica una differenza di potenziale agli Tensione + – Luce incidente CE + Figura 26 I visori a cristalli liquidi (LCD) usano segmenti di cristalli liquidi per formare i numeri. Elettrodo Elettrodo trasparente trasparente Cristallo liquido A Luce incidente ON Nessuna tensione Figura 27 Un cristallo liquido nel suo stato ( A ) «acceso» e ( B ) «spento». 874 (E cos θ) sen θ B OFF capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE elettrodi, si dice che i cristalli liquidi sono «accesi». La parte a della fgura mostra che la luce incidente polarizzata linearmente attraversa i cristalli liquidi «accesi» senza che sia modifcata la direzione della sua polarizzazione. Quando non vi è una differenza di potenziale fra gli elettrodi, come nella parte B, i cristalli liquidi sono «spenti» e ruotano di 90° la direzione di polarizzazione. Un segmento completo è formato anche da un sistema polarizzatore-analizzatore con assi di trasmissione perpendicolari fra loro, come mostra la fgura 28. Il polarizzatore produce luce polarizzata a partire da luce incidente non polarizzata. Quando il segmento del visore è acceso, come in fgura 28, la luce polarizzata esce dal polarizzatore ma viene assorbita dall’analizzatore perché è polarizzata perpendicolarmente all’asse di trasmissione dell’analizzatore. Poiché dall’analizzatore non esce alcuna luce, un osservatore vede un segmento nero su uno sfondo grigio chiaro, come in fgura 26. Quando il segmento è spento, i cristalli liquidi ruotano di 90° la direzione di polarizzazione della luce, che è così parallela all’ asse dell’analizzatore. La luce ora passa attraverso l’analizzatore e raggiunge l’ occhio dell’osservatore. La luce uscente dal segmento è però stata progettata in modo da avere lo stesso colore e la stessa intensità dello sfondo del visore, per cui il segmento è indistinguibile dallo sfondo. Tensione + – Figura 28 Un LCD contiene una combinazione polarizzatore-analizzatore con gli assi di trasmissione perpendicolari fra loro. Quando il segmento LCD è «acceso» mediante una differenza di potenziale attraverso l’analizzatore non passa luce e l’ osservatore vede un segmento nero. L’occhio vede un segmento nero Polarizzatore Analizzatore ON I monitor LCD a colori sono ormai comunemente utilizzati nei televisori e nei computer perché occupano meno spazio e pesano molto meno dei tradizionali tubi a raggi catodici. Un monitor LCD, come per esempio quello di fgura 29, usa migliaia di segmenti LCD disposti in una matrice. Per riprodurre i colori, sono raggruppati insieme tre segmenti a formare un pixel. Opportuni fltri colorati fanno sì che in ogni pixel un segmento produca il rosso, uno il verde e uno il blu. L’occhio mescola poi i colori di tutti i pixel e restituisce i colori composti. Variando l’intensità dei colori rosso, verde e blu il pixel può generare l’intero spettro dei colori. polarizzazione per riflessione Fisica quotidiana Consideriamo un fascio di luce che incide su una superfcie non metallica. Se l’angolo d’incidenza è diverso da zero, il fascio rifesso è parzialmente polarizzato nella direzione parallela alla superfcie. Per verifcarlo basta osservare la superfcie di un lago con un paio di occhiali Polaroid, le cui lenti sono polarizzatori con asse di trasmissione verticale (fgura 30 alla pagina seguente). L’irradiamento della luce trasmessa dalle lenti è minimo quando gli occhiali sono indossati in modo normale, cioè con l’asse di trasmissione perpendicolare al terreno. Questo signifca che la luce rifessa dal lago è parzialmente polarizzata in direzione orizzontale. Si dimostra che la luce rifessa è totalmente polarizzata per un particolare angolo d’incidenza, detto angolo di Brewster θ B dal nome del fsico scozzese David Brewster (1781-1868). Il valore dell’ angolo di Brewster si calcola mediante la seguente relazione: n2 tg θ B = __ n1 (14) Gli occhiali Polaroid © Simon Marcus / Corbis ■ Figura 29 Vuoi vedere una tua fotografa? Guarda il display LCD del tuo telefono cellulare. 875 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE © Diane Schiumo / Fundamental Photographs Quando gli occhiali Polaroid hanno gli assi di trasmissione paralleli ( A ) la luce trasmessa è meno intensa a causa del maggior assorbimento da parte della plastica scura. Tuttavia, quando gli assi sono perpendicolari fra loro ( B ) l’intensità della luce trasmessa si annulla a causa degli effetti di polarizzazione. A © Diane Schiumo / Fundamental Photographs Figura 30 B dove n 1 è l’indice di rifrazione del materiale in cui si propaga il raggio rifesso e n 2 è l’indice di rifrazione del materiale in cui si propaga il raggio rifratto. Come mostra la fgura 31, quando l’angolo d’incidenza è uguale all’angolo di Brewster, il raggio rifesso e il raggio rifratto sono perpendicolari fra loro. Figura 31 Quando il fascio di luce non polarizzata incide su una superfcie non metallica con l’angolo di Brewster θ B , il fascio rifesso è totalmente polarizzato in una direzione parallela alla superfcie. Il raggio rifesso e il raggio rifratto sono perpendicolari fra loro. Luce rifessa polarizzata Luce incidente non polarizzata θB θB n1 θ2 ■ 90˚ n2 Luce rifratta parzialmente polarizzata polarizzazione per diffusione La luce polarizzata ha origine anche dalla diffusione della luce da parte delle molecole dell’atmosfera. La fgura 32 mostra la luce diffusa da una singola molecola atmosferica. Il campo elettrico della radiazione solare non polarizzata fa oscillare gli elettroni delle molecole in direzione perpendicolare a quella in cui la luce si propaga. A loro volta gli elettroni irradiano onde elettromagnetiche in varie direzioni, come mostra la fgura. La luce emessa in avanti (A) è non polarizzata, proprio come la luce incidente. Ma la luce C emessa perpendicolarmente alla direzione della luce incidente è polarizzata. La luce emessa nelle direzioni intermedie (B) è parzialmente polarizzata. Molecola Luce non polarizzata A B Luce parzialmente polarizzata Luce non polarizzata C Figura 32 Nella diffusione da parte delle molecole dell’atmosfera la luce solare non polarizzata diventa parzialmente polarizzata. 876 Luce polarizzata capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE L’ordine di grandezza per calcolare quanta energia solare investe l’italia ogni anno, bisogna moltiplicare l’ energia media quotidiana che investe ogni metro quadrato del suolo italiano per la superficie totale del nostro paese. = 4,6 ∙ 1014 kW ∙ h = il modello (energia solare annua che investe l’Italia) = 365 (irraggiamento solare medio quotidiano del territorio italiano per m2) (superficie del territorio italiano) i numeri il risultato energia solare annua che investe l’Italia = = 3,65 ∙ 102 (4,2 kW ∙ h/m2) (3,2 ∙ 1011 m2) = qual è la percentuale del territorio italiano che bisognerebbe coprire con moduli fotovoltaici per soddisfare il fabbisogno annuo di energia elettrica dell’italia? = 4,6 ∙ 105 TW ∙ h L’ ordine di grandezza è: 105 TW ∙ h L’ energia solare che investe ogni anno l’ Italia ammonta a 4,6 ∙ 105 TW ∙ h. Irraggiamento solare medio quotidiano del territorio italiano per m2 = = (potenza istantanea media che colpisce l’unità di superficie) (numero di secondi in 1 giorno) = = (1,68 ∙ 102 J/s ∙ m2) (8,64 ∙ 104 s) = 1,5 ∙ 107 J/m2 = = 4,2 kW ∙ h/m2 Superficie del territorio italiano = = 324 000 km2 ≈ 3,2 ∙ 1011 m2 stima l’ordine di grandezza © Craig Hanson / Shutterstock Quanta energia solare investe ogni anno l’Italia? un paragone Considerando che il consumo annuo di energia elettrica in Italia è di circa 3,3 ∙ 102 TW ∙ h, l’ energia solare che investe l’ Italia è 1400 volte superiore alla quantità consumata. Purtroppo, però, convertire l’ energia solare che investe il territorio in energia elettrica effettivamente utilizzabile non è facile. Le fonti ∙ Potenza istantanea media che colpisce la superficie: IPCC, Intergovernal Panel on Climate Change (www.grida.no/climate/ipcc_tar/wg1/041.htm#121) ∙ Superficie del territorio italiano: Atlante, Zanichelli il modello (percentuale di territorio coperta da moduli fotovoltaici) = (superficie di moduli fotovoltaici necessaria per soddisfare la domanda di energia elettrica) / (superficie del territorio italiano) i numeri Superficie di moduli fotovoltaici necessaria per soddisfare la domanda di energia elettrica = = (energia elettrica consumata annualmente in Italia) / [(irraggiamento solare medio annuo italiano) (efficienza dei moduli fotovoltaici)] Energia elettrica consumata annualmente in Italia = 3,2 ∙ 102 TW ∙ h Efficienza dei moduli fotovoltaici = 13% il risultato Percentuale di territorio coperta da moduli fotovoltaici = .................. % Le fonti ∙ Energia elettrica consumata annualmente in Italia: IEA, International Energy Agency, Key world energy statistics, pag. 52 (www.iea.org/publications/freepublications/publication/keyword2014.pdf) ∙ Efficienza dei moduli fotovoltaici: Energia: la promessa che viene dal Sole, Le Scienze, 453, maggio 2006 877 La storia di un’idea il campo elettromagnetico ■ conoscenze intorno al 1820 Al principio del 1820 esistevano tre scienze distinte dei fenomeni elettromagnetici: elettrostatica, magnetismo e «galvanismo». Dopo i pionieristici lavori dell’ americano Benjamin Franklin fu il francese Charles-Augustin Coulomb, con una serie di memorie negli anni 1780, a dimostrare la validità della legge dell’inverso del quadrato della distanza per l’interazione tra cariche elettriche. L’elettrostatica fu in seguito portata ad alto grado di perfezione matematica da Siméon-Denis Poisson, il quale negli anni 1820 completò anche una teoria matematica dei fenomeni magnetici. I fenomeni legati alla corrente elettrica traevano origine dal nome di Luigi Galvani, scopritore intorno al 1780 dell’ elettricità animale; fu Alessandro Volta, tuttavia, a rendersi conto della natura elettrica del galvanismo e a giungere nel 1800 all’invenzione della pila. Molti, tra cui lo stesso Volta, assegnavano alla corrente una natura simile all’elettricità statica. Schizzi di apparati sperimentali utilizzati da Charles-Augustin Coulomb. 878 ■ da oersted a Faraday Nel 1820 il danese Christian Oersted, guidato dall’idea romantica dell’unità e dell’interconvertibilità delle manifestazioni della «forza» in natura, scopre che un flo percorso da corrente è in grado di deviare un ago magnetico posto nelle sue vicinanze, in misura proporzionale all’intensità della corrente. È il primo passo dell’«abbraccio» tra elettricità e magnetismo. Dopo pochi mesi il francese André-Marie Ampère espone una teoria dell’interazione tra fli percorsi da corrente nella quale dimostra che è possibile spiegare i fenomeni conosciuti mediante forze elementari dirette lungo la congiungente gli elementi di flo che le generano e che si propagano in misura proporzionale all’inverso del quadrato della distanza. L’ipotesi-base di Ampère è l’equivalenza tra un magnete e una spira percorsa da corrente: in questa visione il magnetismo è un fenomeno derivato, riconducibile all’azione di correnti. Nel 1821 l’inglese Michael Faraday si rende conto che un ago ma- gnetico spostato intorno a un flo percorso da corrente viene da questa fatto ruotare in modo continuo. Pur ammirando la teoria di Ampère, Faraday si convince che in elettromagnetismo l’interazione primaria non è rettilinea, ma rotazionale. In quell’anno elabora il concetto secondo cui un flo percorso da corrente è circondato da una linea di forza magnetica: quello di linea di forza sarà lo strumento concettuale base per le sue ricerche. Nel 1831 scopre l’induzione elettromagnetica, cioè che una variazione di corrente in un circuito induce una corrente in un altro circuito. Pochi mesi dopo ripete l’esperimento sostituendo il circuito primario con un magnete e osservando che una corrente transitoria insorge ogni volta che il magnete viene avvicinato o allontanato dal circuito secondario. Da una parte Faraday aveva in questo modo accertato la produzione di correnti elettriche a partire dal magnetismo; dall’altra dai suoi esperimenti emergeva una sorta di identità di azione tra magneti e circuiti percorsi da corrente. Ritratto di Michael Faraday al lavoro nel suo laboratorio. capitolo Ciò lo indusse a rifettere sul fatto che un conduttore sottoposto all’induzione doveva venirsi a trovare in qualche stato di tensione, cui dette il nome di «stato elettrotonico», senza riuscire a entrare in maggior dettaglio. Nel 1834 scoprì l’autoinduzione (cioè che l’induzione agisce anche sul circuito primario) e nel 1845 dimostrò la rotazione del piano di polarizzazione della luce sotto l’azione di un magnete, mostrando il legame tra magnetismo e luce. Infne, nel 1852 riassunse in un importante lavoro la sua teoria sul comportamento delle linee di forza. ■ dall’azione a distanza al campo Nel Settecento e nei primi decenni dell’Ottocento l’idea newtoniana che i corpi interagissero direttamente per mezzo di «azioni a distanza» dominò la fsica. Profonde modifche a questa concezione giunsero dalla teoria ondulatoria della luce di Jean Augustin Fresnel e dalla teoria della propagazione del calore di Jean-Baptiste Fourier. In entrambi i casi, all’azione diret- 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE ta a distanza veniva sostituita una propagazione indiretta di effetti trasportati da un mezzo non necessariamente specifcato. Nella teoria di Fourier, in particolare, l’ idea sottostante è la propagazione di un fusso di calore Q dovuto a una differenza di temperatura I: Q = kI, dove la quantità dell’ effetto Q è proporzionale all’intensità I, ovvero al «motore» che produce l’effetto. La relazione quantità-intensità si prestava a spiegare la propagazione non solo del calore, ma anche di altre entità, come la forza, identifcata come un fusso di materia in moto. Questa possibilità fu sfruttata da William Thomson (il futuro Lord Kelvin), il quale nel 1845-51 costruì una teoria dell’elettrostatica basata sulle analogie matematiche con la teoria di Fourier. Ma soprattutto fu sfruttata da James Clerk Maxwell, il quale, partendo dalle raffgurazioni e dal comportamento fsico delle linee di forza di Faraday, giunse, con una serie di lavori tra il 1854 e il 1868, alla moderna teoria dell’elettromagnetismo basata sul concetto di campo, «quella parte di spazio che contiene e circonda i corpi nella condizione elettrica o magneti- Alessandro Volta dimostra il funzionamento della pila a Napoleone in un dipinto di Giuseppe Bertini. ca», nel quale le interazioni elettromagnetiche si propagano «senza supporre l’esistenza di forze capaci di agire direttamente a distanze sensibili», e che ha sede in un mezzo unico per fenomeni elettromagnetici e luce (l’etere). Così Maxwell scriveva nel 1865: «La teoria che io propongo, quindi, può essere chiamata teoria del campo elettromagnetico, perché riguarda lo spazio nelle vicinanze dei corpi elettrici e magnetici e può essere chiamata una teoria dinamica perché essa suppone che in questo spazio si trovi della materia in movimento, attraverso cui si producono i fenomeni elettromagnetici osservati». Nella sua opera l’abbraccio tra elettricità e magnetismo è ormai completo: una variazione di corrente induce un campo magnetico e viceversa. A colpi di induzione elettrica e magnetica la perturbazione si propaga sotto forma di onde a una velocità c pari a quella della luce, identifcata fn dal 1862 da Maxwell come fenomeno elettromagnetico. La sintesi della sua teoria fu pubblicata nel 1873 nell’ ostico Treatise on Electricity and Magnetism, le cui equazioni furono in seguito rese più accessibili da altri scienziati quali l’ olandese Hendrik Lorentz e il tedesco Heinrich Hertz, il quale rivelò sperimentalmente alla fne del 1887 le onde elettromagnetiche previste dalla teoria di Maxwell. Pochi anni dopo Einstein avrebbe mostrato che i fenomeni elettromagnetici non avevano bisogno di alcun mezzo per propagarsi. Oggi il concetto di campo è divenuto così familiare (si pensi alla desolata constatazione «non c’ è campo») che si tende a darlo per scontato, dimenticando la rivoluzione che la sua nascita rappresentò per la fsica. 879 come funziona? La telefonia mobile © Wikipedia Sfogliando la sezione di cronaca di un giornale, può capitare di leggere che, per stabilire la presenza sul luogo del delitto di un potenziale colpevole, la polizia verifchi se il cellulare dell’indagato abbia o meno «agganciato la cella» nei pressi della scena del crimine. Cosa vuol dire? La telefonia mobile è un sistema di telecomunicazione che, per la trasmissione del segnale, utilizza onde radio ad alta frequenza tra i 300 e i 3000 MHz (Ultra High Frequency, UHF), ossia onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda compresa tra 0,1 e 1 m. Quando parliamo, il telefono trasforma la voce in segnale elettrico che viene quindi trasmesso tramite onde radio e infne convertito di nuovo in suono nel telefono del ricevente. Nei cellulari moderni, l’onda sonora prodotta dalla voce e convertita in segnale elettrico analogico viene prima digitalizzata (ovvero trasformata in bit) e quindi trasmessa. Le prime reti di telefonia mobile erano costituite da un singolo trasmettitore che garantiva la copertura di un’area circostante più o meno ampia e con un bacino di utenti limitato. I telefoni erano ingombranti e pesanti (fgura a), e, quando l’utente usciva dall’area di copertura del trasmettitore, era necessario richiamare per collegarsi al trasmettitore della nuova area. Per rendere i telefonini davvero portatili era dunque necessario che le antenne diventassero relativamente compatte e che i dispositivi assorbissero poca energia dalla batteria. I cellulari moderni soddisfano questi requisiti, ma ciò implica che sono in grado di inviare e ricevere un segnale solo entro un raggio d’azione molto piccolo. I cellulari necessitano quindi di ripetitori di segnale distribuiti sul terri- torio, detti Stazioni Radio Base (SRB), che fungono sia da trasmettitori (diffondendo le onde radio) che da ricevitori (interpretando le onde radio). A questo scopo il territorio viene suddiviso in aree esagonali chiamate celle (da qui il nome cellulare), ognuna equipaggiata con la sua antenna installata su tralicci (in città le antenne vengono posizionate più in basso, tipicamente sui tetti degli edifci) che garantisce una copertura di circa 30 km. La forma geometrica esagonale permette di coprire un’area senza lasciare zone scoperte o sovrapposizioni tipiche delle celle circolari, e creando una suddivisione che assomiglia nel complesso a quella di un alveare (fgura B). Quando accendiamo il cellulare, quindi, per prima cosa comincia la ricerca di frequenze speciali che permettano la comunicazione tra il telefono stesso e l’antenna situata nella cella dove ci troviamo. Il messaggio «Nessun servizio» indica che questo primo passaggio è fallito. Se la stazione base viene trovata, il telefono trasmette una richiesta di registrazione in modo che il Mobile Te- © Samsung Celle Figura a In alto, Martin Cooper, considerato il padre della telefonia mobile, con l’apparecchio utilizzato, nel 1973, per la prima chiamata pubblica da un telefono portatile in una via di New York. In basso, un moderno telefono cellulare. 880 Stazione radio Figura B Suddivisione del territorio in celle. capitolo lephone Switching Offce (MTSO) tenga traccia della posizione nel suo database: questo permette di raggiungere rapidamente il telefono all’occorrenza. In caso di chiamata, infatti, il MTSO controlla a quale cella sia agganciato il cellulare, sceglie una coppia di frequenze che verranno usate per la comunicazione (una per la ricezione e una per la trasmissione), le comunica al telefono e la conversazione può iniziare. Poiché le celle sono univocamente identifcate da un codice di riferimento detto LAI (Location Area Identifer), è possibile ricostruire la posizione di ogni possessore di cellulare sulla base dell’“aggancio alla cella” del dispositivo. Un ruolo fondamentale del MTSO è anche quello di verifcare la potenza del segnale in ricezione. Avvicinandosi ai confni della cella, infatti, il segnale diminuisce e il MTSO trasferisce automaticamente la connessione a 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Cluster Figura d Raggruppamento delle celle in cluster. un’altra stazione base, senza interrompere la telefonata, permettendo quindi la comunicazione anche quando si è in movimento (fgura c). Mobile Telephone Switching Offce (MTS0) Cell site Cell site Cell site Cell site Figura c Schema di funzionamento del MTSO. Oltre alla copertura geografca, il sistema a celle permette di risolvere anche un altro problema: c’è infatti un numero limitato di frequenze radio disponibili per la rete cellulare. L’uso di un sistema a celle permette il «riuso delle frequenze»: l’insieme di tutte le frequenze della telefonia mobile viene infatti distribuito in modo che a ciascuna cella sia associato un sottoinsieme di frequenze ma che celle adiacenti abbiano frequenze diverse per evitare problemi di interferenza. Le frequenze disponibili vengono distribuite in un gruppo (cluster) di celle (7-9 celle o 19-21 celle) e poi ripetute negli altri cluster (fgura d). In particolare in aree molto popolate come le città, una rete più densa e con celle e antenne di dimensione minore assicura la disponibilità di frequenze per tutti. In questo caso, inoltre, la potenza di trasmissione di ogni stazione radio base e degli stessi cellulari può essere inferiore (esiste di norma un minimo standard), diminuendo così anche il rischio di inquinamento elettromagnetico. 881 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE I concetti fondamentali 1 Le equazioni dei campi elettrostatico e magnetostatico → Equazioni del campo elettrostatico E Teorema di Gauss 5 Formule in 3 minuti L’effetto Doppler Lo spettro elettromagnetico La frequenza f e la lunghezza d’onda λ di un’onda elettromagnetica nel vuoto sono legate dalla relazione c=fλ Conservatività del campo QT → Φ S (E ) = ___ ε0 L’insieme delle onde elettromagnetiche, ordinate in funzione di f o di λ, formano lo spettro elettromagnetico. La luce visibile è compresa tra 380 nm (violetto) e 750 nm (rosso). → Γγ (E ) = 0 → Equazioni del campo magnetostatico B Teorema di Ampère Teorema di Gauss → 6 Energia e quantità di moto di un’onda elettromagnetica → Φ S (B ) = 0 Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j densità di energia totale nel vuoto j 1 1 u = _ ε 0 E 2 + __ B 2 2 2μ 0 2 campi che variano nel tempo irradiamento S di un’onda elettromagnetica nel vuoto Il campo elettrico indotto non è conservativo per la legge di Faraday-Neumann-Lenz. Le sorgenti di campo non sono solo le correnti elettriche, ma anche le variazioni di fusso elettrico, come stabilisce il teorema di Ampère generalizzato S = cu densità della quantità di moto trasportata da un’onda elettromagnetica → → ∆Φ(E ) Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______ ( j ∆t ) → p=u p = 2u (superfcie assorbente) (superfcie rifettente) pressione di radiazione dovuta a radiazione diffusa Legge di Faraday-neumann-Lenz → → ∆Φ(B) Γγ (E ) = −______ ∆t QT → Φ S (E ) = ___ ε0 u P=_ c → pressione di radiazione dovuta a radiazione incidente perpendicolarmente Le equazioni di maxwell teorema di gauss → P = ε 0 (E × B ) corrente di spostamento 3 E = cB 1 p = _u 3 2 p = _u 3 (superfcie assorbente) (superfcie rifettente) teorema di gauss → Φ S (B ) = 0 7 teorema di ampère generalizzato → ∆Φ(E ) Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______ ( j ∆t ) → 4 Le onde elettromagnetiche Un’onda elettromagnetica consiste di campi elettrici e campi magnetici oscillanti perpendicolari fra loro. L’onda è trasversale perché i campi sono perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda. Le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto alla velocità della luce 882 L’effetto doppler Quando le onde elettromagnetiche, la sorgente e l’osservatore si muovono lungo la stessa direzione nel vuoto, l’effetto Doppler è dato da v rel f o = f s 1 ± __ ( c ) se v rel << c dove f o è la frequenza osservata, f s la frequenza emessa dalla sorgente e v rel la velocità relativa fra osservatore e sorgente. Il segno + vale per sorgente e osservatore in avvicinamento. 8 La polarizzazione delle onde elettromagnetiche – 1 ___ c = _____ √ ε0 μ0 Legge di malus: S è l’irradiamento medio della luce che esce – dall’analizzatore, S 0 l’irradiamento medio della luce polarizzata incidente sull’analizzatore e θ l’angolo fra gli assi di trasmissione ε 0 = costante dielettrica del vuoto μ 0 = permeabilità magnetica del vuoto – – S = S 0 cos2 θ ESERCIZI problemi capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE chaLKBoard VidEos (Esercizi risolti in inglese) 4 Le onde elettromagnetiche 1 Quando guardi la stella Polare la stai vedendo com’era 680 anni fa. ▪▪▪ ▶ 2 ▪▪▪ 4 ▪▪▪ stanza fra i due è uguale a quello che le onde elettromagnetiche impiegano per arrivare alla Terra. ▶ Due specchi paralleli sono posizionati fra due colline. Un cacciatore spara un colpo di fucile vicino a uno di essi. La velocità del suono è 343 m/s. 3 Quanto dista dalla Terra? Quanto è distante l’astronave dalla Terra? ▪▪▪ Due astronauti sono nella nave spaziale a una distanza di 1,5 m fra loro. La loro conversazione è inviata alla Terra mediante onde elettromagnetiche. Il tempo che impiegano le onde sonore per coprire a 343 m/s la di- ▶ Quante volte il bagliore dello sparo viaggia da uno specchio all’altro prima che arrivi il suono sull’altra collina? EsEmpio Aldebaran è la stella più luminosa della costellazione del Toro e dista 6,30 ∙ 10 14 km dalla Terra. Quanti anni impiega la sua luce a giungere fno a noi? © Palomar Observatory / Wikipedia ▶ La soluzione Nello spazio la luce viaggia alla velocità c = 3,00 ∙ 108 m/s = = 3,00 ∙ 105 km/s. Pertanto il tempo che la luce impiega ad arrivare fno a noi è distanza 6,30 ∙ 1014 km = 2,10 ∙ 109 s t = _ = ____________ c 3,00 ∙ 105 km/s Poiché 1 anno è pari a (365,25 giorni)(86 400 s/giorno) = 3,16 ∙ 107 s allora 5 ▪▪▪ 6 ▪▪▪ 7 ▪▪▪ 2,10 ∙ 109 s t = __________ = 66,5 anni 3,16 ∙ 107 s/anno L’equazione y = A sen (2πft − 2πx/λ) è la rappresentazione matematica di un’ onda che oscilla lungo y e si propaga lungo il verso positivo di x. Supponi che y sia il campo elettrico di un’ onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto. Il valore massimo del campo elettrico è 156 N/C e la frequenza è 1,50 ∙ 108 Hz. Traccia il grafco dell’ intensità del campo elettrico rispetto alla posizione usando per x i valori 0 m; 0,50 m; 1,00 m; 1,50 m; 2,00 m. Traccia questi grafci per: ▶ t = 0 s. ▶ per un istante di tempo uguale a un quarto del periodo. 8 ▪▪▪ In astronomia le distanze sono spesso espresse in anni-luce. Un anno-luce è la distanza percorsa dalla luce in un anno. La stella più vicina dopo il Sole è Alpha Centauri e dista 4,3 anni-luce. ▶ 9 ▪▪▪ In un’onda elettromagnetica, il campo elettrico è rappresentato matematicamente da E = E 0 sen [(1,5 ∙ 10 10 s−1) t − (5,0 ∙ 10 1 m−1) x] dove E 0 è il massimo valore del campo. ▶ Qual è la frequenza dell’onda? ▶ Quest’onda e l’onda che deriva da una sua rifessione possono formare un’onda stazionaria? ▶ Quanto sono separati fra loro i nodi adiacenti nell’onda stazionaria? La distanza fra la Terra e la Luna è 3,85 ∙ 108 m. ▶ Calcola il tempo che impiega un’onda radio a coprire tale distanza. Durante un brillamento solare sono emessi raggi X. La distanza Terra-Sole è 1,50 ∙ 10 11 m. ▶ Quanti minuti impiegano i raggi X a raggiungere la Terra? Esprimi questa distanza in metri. 10 ▪▪▪ La distanza fra lo specchio e la sorgente di luce nell’esperimento originario di Michelson era 35 km (fgura 3). ▶ Calcola la minima velocità angolare (in giri/secondo) dello specchio rotante. 883 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE ▶ Le stazioni radio FM trasmettono con frequenze comprese fra 88,0 MHz e 108 MHz. Supponi che l’induttanza della fgura 8 sia L = 6,00 ∙ 10−7 H. 11 ▪▪▪ ▶ Determina l’intervallo di valori di capacità necessari perché l’ antenna riceva tutti i segnali inviati da quelle stazioni radio. 13 ▪▪▪ Un camionista comunica via radio alla frequenza di 26,965 MHz. ▶ 14 © hin255 / Shutterstock 15 12 ▪▪▪ 17 ▪▪▪ ▪▪▪ 16 Calcola la lunghezza d’ onda nel vuoto: ▶ Qual è la lunghezza d’onda nel vuoto di questi raggi X? In una determinata onda radio UHF, la distanza più piccola tra le posizioni in cui i campi elettrico e magnetico sono nulli è 0,34 m. ▶ ▪▪▪ Determina la lunghezza d’onda dell’onda elettromagnetica usata. Ricorda che la velocità della luce è c = 2,9979 ∙ 108 m/s. Nell’uffcio di un dentista viene fatta la lastra di un dente usando i raggi X, che hanno una frequenza di 6,30 ∙ 10 18 Hz. ▶ Lo spettro elettromagnetico della luce arancione (frequenza 4,95 ∙ 10 14 Hz). Esprimi i risultati in nanometri. ▪▪▪ 5 ESERCIZI Determina la frequenza di questa onda radio UHF. Le onde radio FM hanno frequenze comprese nell’intervallo 88,0-108,0 MHz. ▶ della luce blu (frequenza 6,34 ∙ 10 14 Hz); Determina il corrispondente intervallo di lunghezze d’onda. EsEmpio La corrente di rete oscilla a 50,0 Hz. ▶ Qual è la lunghezza d’ onda delle radiazioni emesse dai cavi in cui scorre? Usiamo la relazione tra frequenza e lunghezza d’onda, f λ = c, per ricavare c λ=_ f Sostituendo i valori numerici si ottiene © Africa Studio / Shutterstock La soluzione 3,00 ∙ 108 m/s λ = ______ = 6,00 ∙ 106 m ≈ 6000 km 50,0 Hz 18 ▪▪▪ ▶ 19 ▪▪▪ ▪▪▪ 21 ▪▪▪ Quante lunghezze d’onda ci sono in un singolo impulso? 6 22 ▪▪▪ Quante lunghezze d’onda ci sono ora in un impulso? Le onde elettromagnetiche possono formare onde stazionarie come le onde elastiche su una corda. In una scatola metallica in cui si sono formate onde stazionarie, la distanza fra un nodo e un antinodo è 0,50 cm. ▶ Quante lunghezze d’ onda di questa luce corrispondono alla larghezza del pollice, circa 2,0 cm? Un certo tipo di laser ha una frequenza di 5,2 ∙ 10 14 Hz. La luce, tuttavia, appare in una serie di brevi impulsi, ognuno della durata di 2,7 ∙ 10−11 s. ▶ 884 Quanto è lunga ogni asta? ▶ L’occhio umano ha la maggiore sensibilità per la luce di 5,5 ∙ 10 14 Hz nella zona giallo-verde dello spettro. ▶ 20 La luce passa attraverso una piscina d’acqua. La frequenza della luce rimane la stessa ma la velocità della luce rallenta a 2,3 ∙ 108 m/s. Alcuni televisori portatili usano un’antenna a due baff, che consiste in una coppia di aste metalliche. La lunghezza di ciascuna asta è regolata per essere un quarto della lunghezza d’ onda di un’onda elettromagnetica di frequenza 60,0 MHz. Qual è la frequenza delle onde? Energia e quantità di moto di un’onda elettromagnetica A laser emits a narrow beam of light. The radius of the beam is 1.0 ∙ 10−3 m, and the power is 1.2 ∙ 10−3 W. ▶ What is the intensity of the laser beam? ESERCIZI 23 ▪▪▪ 24 25 ▪▪▪ 26 30 ▪▪▪ LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE ste onde ha un valore effcace E eff = 2,0 ∙ 109 N/C. ▶ Qual è la massima intensità del campo magnetico dell’ onda? Un laser industriale è utilizzato per forare il metallo. – L’ irradiamento medio della luce è S = 1,23 ∙ 109 W/m2. Qual è il valore effcace: ▶ del campo elettrico? ▶ del campo magnetico delle onde elettromagnetiche emesse dal laser? 27 ▪▪▪ 28 ▪▪▪ Qual è il valore effcace del campo elettrico di questa radiazione? Un laser al neodimio emette brevi impulsi di onde elettromagnetiche molto intense. Il campo elettrico di que- 29 Qual è la massima energia che può raccogliere un pannello solare di 25 m × 54 m in un’ora? La distanza media Terra-Sole è 1,50 ∙ 10 11 m. L’ irradiamento medio della radiazione solare nell’alta atmosfera è 1390 W/m2. Il Sole irradia uniformemente in tutte le direzioni. ▶ ▪▪▪ Calcola la potenza media di ciascun impulso che attraversa una superfcie di 1,6 ∙ 10−5 m2 perpendicolare al fascio laser. L’irradiamento medio della luce solare nell’ alta atmosfera è 1390 W/m2. ▶ La radiazione di microonde rilasciata durante il Big Bang ha una densità di energia di 4 ∙ 10−14 J/m3. ▶ ▪▪▪ 20 L’intensità massima del campo elettrico in un’onda elettromagnetica è 6,0 ∙ 102 N/C. ▶ ▪▪▪ capitolo Calcola la potenza totale irradiata dal Sole. Un laser a ioni di argon emette un fascio di luce cilindrico di potenza media 0,750 W. ▶ Quanta energia è contenuta in 2,5 m di fascio? EsEmpio Una lampadina irradia onde elettromagnetiche distribuite dall’infrarosso al visibile, emettendo in totale una potenza P = 30 W. Quali sono i valori effcaci del campo elettrico e del campo magnetico a 10 m di distanza se l’ irradiamento è lo stesso in ogni direzione? La soluzione Se l’ irradiamento è isotropo, ossia lo stesso in ogni direzione, il suo valore sommato su tutti i tipi di radiazione e mediato nel tempo, a distanza R dalla lampadina, è P – P S = _ = ____2 A 4π R © Chones / Shutterstock ▶ in quanto la potenza emessa si distribuisce uniformemente su una superfcie sferica di raggio R avente area A = 4πR 2. Per determinare il valore del campo elettrico usiamo il valore medio dell’irradiamento, che deve essere calcolato usando il valore effcace del campo: – S = c ε 0 E 2eff dove c è la velocità della luce ed ε 0 è la costante dielettrica del vuoto. Da questa relazione si ricava __ __ __ – S 1 ____ P 1 P __ __ _ E eff = = = k _ 2 cε0 c ε 0 4π R R c √ √ √ dove k = 1/(4πε 0) = 9,0 ∙ 109 N ∙ m2/C2. Sostituendo i valori numerici otteniamo ______________________ 1 30 W = 3,0 N/C E eff = _ (9,0 ∙ 109 N ∙ m2/C2) _____ 10 m 3,0 ∙ 108 m/s √ Per calcolare il campo magnetico utilizziamo la relazione E = cB che, riferita ai valori effcaci, fornisce E eff 3,0 N/C B eff = __ = _______ = 1,0 ∙ 10−8 T c 3,0 ∙ 108 m/s 31 ▪▪▪ Una lampadina emette luce in modo uniforme in tutte le direzioni. La potenza media emessa è 150,0 W. Alla distanza di 5,00 m dalla lampadina, determina ▶ il valore massimo del campo elettrico. ▶ l’intensità media della luce; Una particella stazionaria di carica q = 2,6 ∙ 10−8 C è posta in un fascio laser (un’onda elettromagnetica) la cui intensità è 3,7 ∙ 103 W/m2. Determina ▶ il valore quadratico medio del campo elettrico; ▶ 32 ▪▪▪ la forza elettrica esercitata sulla carica; 885 capitolo ▶ 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE la forza magnetica esercitata sulla carica. 36 4 Se la carica si muove alla velocità di 3,7 ∙ 10 m/s, perpendicolarmente al campo magnetico dell’onda elettromagnetica, trova ▶ la forza elettrica esercitata sulla particella; ▶ la forza magnetica esercitata sulla particella. ▪▪▪ ▪▪▪ 34 ▪▪▪ L’ irradiamento medio della luce solare che incide sulla superfcie terrestre è circa 1 kW/m2. Calcola ▶ la densità di energia; ▶ la densità di quantità di moto trasportata dalla luce solare. La pressione della radiazione solare varia con l’inverso del quadrato della distanza dal Sole. ▶ 35 ▪▪▪ 39 37 ▪▪▪ 38 ▪▪▪ Un’onda elettromagnetica incide perpendicolarmente su una sezione di 1,30 cm2 di parete. Il valore effcace del campo magnetico dell’ onda è 6,80 ∙ 10−4 T. ▶ ▪▪▪ Dimostralo. Il raggio di Mercurio è 2,44 ∙ 106 m e la sua distanza media dal Sole è 5,79 ∙ 10 10 m. Il Sole irradia uniformemente in tutte le direzioni. ▶ 7 33 Quanto tempo impiega l’ onda per trasportare sulla parete un’ energia di 1850 J? ESERCIZI Quale frazione dell’energia irradiata dal Sole è intercettata dal pianeta Mercurio? L’effetto doppler Una galassia emette luce con una lunghezza d’ onda di 434,1 nm. Sulla Terra la lunghezza d’onda di questa luce è 438,6 nm. ▶ Stabilisci se la galassia si sta avvicinando o allontanando dalla Terra. ▶ Calcola la velocità della galassia relativa alla Terra. Un rapinatore viaggia a forte velocità e supera un’auto della Polizia che si sposta a 25 m/s. Il telerilevatore laser della Polizia emette onde elettromagnetiche di frequenza 7,0 ∙ 109 Hz. L’auto del rapinatore rifette le onde verso l’auto della Polizia che misura una frequenza minore di 320 Hz rispetto a quella inviata. ▶ Calcola la velocità del rapinatore rispetto al terreno. EsEmpio Nello spettro delle onde elettromagnetiche emesse dall’idrogeno neutro, ha particolare importanza la cosiddetta «riga a 21 cm», la cui lunghezza d’ onda è stata misurata con estrema precisione e risulta essere λ = 0,211 061 140 541 3 m. La radiazione di questa lunghezza d’onda è largamente usata in astronomia, in quanto attraversa le polveri interstellari, che sono invece opache alla luce visibile. Ciò rende possibile rilevare il moto relativo dell’idrogeno delle nubi interstellari, misurando lo spostamento Doppler della radiazione che esso emette. ▶ Determina qual è la variazione di frequenza per ogni kilometro al secondo di velocità relativa. La soluzione La frequenza della radiazione emessa dall’idrogeno neutro (sorgente) si ottiene a partire dalla lunghezza d’onda c 2,997 96 ∙ 108 m/s f s = _ = _________ = 1,4204 ∙ 109 Hz = 1,4204 GHz 0,211 06 m λ Si tratta pertanto di radiofrequenza. L’equazione che regola l’effetto Doppler è v rel f o = f s 1 ± __ (v rel << c) ( c ) dove f o è la frequenza osservata, f s è la frequenza emessa dalla sorgente (idrogeno neutro), v rel è la velocità relativa fra osservatore e sorgente, c è la velocità della luce nel vuoto. Essendo lo spostamento Doppler f o − f s , la variazione relativa di frequenza è fo − fs v rel ∆f __ = _____ = ± __ fs fs c Ponendo v rel = 1,000 km/s = 1000 m/s, si ha la variazione relativa di frequenza per ogni chilometro al secondo di velocità relativa ∆f ± 1000 m/s rel __ = ± v__ = _________ = ± 3,34 ∙ 10−6 fs c 2,997 96 ∙ 108 m/s Da questa otteniamo la variazione di frequenza per ogni kilometro al secondo di velocità relativa: v rel ∆f = ± __ f s = (± 1,4204 ∙ 109 Hz)(3,34 ∙ 10−6) = ± 4,74 ∙ 103 Hz = ± 4,74 kHz c 886 ESERCIZI 40 ▪▪▪ capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE La fgura mostra tre situazioni (a, B e c) nelle quali un osservatore e una sorgente di onde elettromagnetiche si muovono lungo la stessa linea. In ognuno dei casi, la sorgente emette un’ onda di frequenza 4,57 ∙ 10 14 Hz. Le frecce indicano i vettori velocità dell’osservatore e della sorgente rispetto al suolo, dove la velocità vale v = 1,50 ∙ 106 m/s. ▶ 44 ▪▪▪ La fgura mostra tre coppie polarizzatore/analizzatore. Il fascio di luce incidente in ogni coppia è non polarizzato e ha la stessa intensità media di 48 W/m2. Trova l’intensità media del fascio trasmesso in ogni caso mostrato in fgura. Calcola la frequenza osservata in ognuna delle tre situazioni. Osservatore Raggio incidente Sorgente Raggio trasmesso 2 A A 2 B 30,0° 30,0° 30,0° 60,0° C 41 ▪▪▪ Una galassia ruota su se stessa e contemporaneamente si allontana dalla Terra. Come mostra la fgura, il centro galattico si allontana a una velocità di u G = 1,6 ∙ 106 m/s dalla Terra. Rispetto al centro la velocità tangenziale è v T = 0,4 ∙ 106 m/s nei punti A e B equidistanti dal centro. Misurate sulla Terra, le frequenze emesse dalla zona A e dalla zona B differiscono di 6,200 ∙ 10 14 Hz. Calcola le frequenze effettivamente misurate che provengono: ▶ dalla zona A; ▶ dalla zona B. B 60,0° C 45 uG ▪▪▪ vT A vT Una luce polarizzata lungo la direzione verticale incide su un foglio di materiale polarizzato. Solo il 90% dell’intensità della luce passa attraverso il foglio e colpisce un secondo foglio di materiale polarizzato. La luce non passa attraverso questo secondo foglio. ▶ B 46 Terra La fgura mostra una luce che incide su un polarizzatore il cui asse di trasmissione è parallelo all’asse z. Il polarizzatore viene ruotato in senso orario di un angolo α. L’intensità media della luce incidente è 7,0 W/m2. ▶ 42 ▪▪▪ 43 ▪▪▪ La polarizzazione delle onde elettromagnetiche ▶ Qual è l’irradiamento della luce che attraversa il polarizzatore? ▶ Se l’analizzatore è posto a un angolo θ = 75° rispetto al polarizzatore, qual è l’ irradiamento della luce che raggiunge la fotocellula? ▶ 65°. α = 0° Luce incidente α = 35° (a) Non polarizzata (b) Polarizzata parallela allÕasse z (c) Polarizzata parallela allÕasse y z y Un fascio di luce polarizzata linearmente incide su un polarizzatore. Determina il rapporto fra irradiamento trasmesso e irradiamento incidente, quando l’angolo fra l’asse di trasmissione e il campo elettrico incidente è: 25°; Determina l’intensità media della luce trasmessa in ognuno dei sei casi elencati nella tabella. Intensitˆ della luce trasmessa Un fascio di luce non polarizzata con un irradiamento di 1,10 W/m2 incide sul polarizzatore di fgura 24. ▶ Che angolo forma l’asse di trasmissione del secondo foglio con la verticale? Galassia ▪▪▪ 8 30,0° x Luce incidente 47 ▪▪▪ Luce trasmessa Per ciascuno dei tre polarizzatori in fgura (pagina seguente) è mostrato l’angolo che l’asse di trasmissione 887 capitolo 20 forma con la verticale. Il fascio incidente non è polarizzato e ha un irradiamento di 1260,0 W/m2. Verticale θ1 θ2 Fascio trasmesso θ3 ▶ 48 ▪▪▪ Fascio incidente 49 Qual è l’irradiamento del fascio trasmesso attraverso i tre polarizzatori quando θ 1 = 19,0°, θ 2 = 55,0° e θ 3 = 100,0°? Un raggio di luce si rifette su un vetro. Quando incide con un angolo di 56,7° la luce rifessa è polarizzata in direzione orizzontale. ▶ ▪▪▪ ESERCIZI LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Qual è l’indice di rifrazione del vetro? EsEmpio Una radiazione non polarizzata di intensità S 0 = 16 W/m2 attraversa quattro polarizzatori ideali i cui assi di trasmissione sono inclinati di 30° ciascuno rispetto al precedente. ▶ Qual è l’ intensità che emerge dal quarto polarizzatore? ▶ Come cambia l’ intensità emergente se sono rimossi i due polarizzatori centrali? 30° 1 2 60° 3 90° 4 La soluzione ▶ Passato il primo polarizzatore, la luce, inizialmente non polarizzata, emerge polarizzata linearmente, ma la sua intensità si è ridotta alla metà di quella che ha colpito il polarizzatore: 1 S1 = _ S0 2 (dopo il 1° polarizzatore) Il secondo polarizzatore ha l’ asse di trasmissione a 30° rispetto al primo polarizzatore, quindi, per la legge di Malus, l’ intensità trasmessa è 3 3 S 2 = S 1 (cos 30°)2 = _ S 1 = _ S 0 4 8 (dopo il 2° polarizzatore) Ora la luce è polarizzata nella direzione dell’asse del secondo polarizzatore. Incontra il terzo polarizzatore, che è a 30° rispetto al secondo, per cui, applicando ancora la legge di Malus, si ha 3 9 S 3 = S 2 (cos 30°)² = _ S 2 = _ S 0 4 32 (dopo il 3° polarizzatore) La luce è adesso polarizzata nella direzione dell’asse del terzo polarizzatore. Incontra il quarto polarizzatore, che è sempre a 30° rispetto al precedente, per cui ancora una volta si ha 3 27 S 4 = S 3 (cos 30°)² = _ S 3 = _ S 0 4 128 (dopo il 4° polarizzatore) In defnitiva 27 S 4 = _ (16 W/m2) = 3,4 W/m2 128 ▶ 50 ▪▪▪ 51 888 ▶ L’irradiamento della luce che raggiunge la fotocellula di fgura 25a è 110 W/m2 quando θ = 23°. ▶ ▪▪▪ Se rimuoviamo il secondo e il terzo polarizzatore, allora i polarizzatori che rimangono hanno gli assi di trasmissione a 90°, per cui la luce che attraversa il primo polarizzatore non può attraversare l’ultimo e l’intensità trasmessa è nulla. Quale sarebbe l’ irradiamento se l’analizzatore fosse rimosso? Un fascio di luce incide dall’aria sulla superfcie di un liquido. L’angolo d’ incidenza è 53,0° e l’angolo di rifrazione è 34,0°. 52 ▪▪▪ A quale angolo d’incidenza la luce rifessa è totalmente polarizzata? Quando la luce incide da sopra sulla superfcie di separazione di due mezzi, il valore dell’angolo di Brewster è 65,0°. ▶ Qual è l’angolo di Brewster quando la luce incide sulla stessa superfcie, però da sotto? ESERCIZI capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE problemi fnali ▶ Calcola l’angolo fra gli assi di trasmissione del polarizzatore e dell’analizzatore. 53 Qual è la frequenza di raggi X con lunghezza d’onda di 2,1 nm? 54 L’ intensità massima del campo magnetico di un’onda elettromagnetica è 3,3 ∙ 10−6 T. ▶ Determina le intensità dell’onda per i due valori del campo elettrico. Qual è la massima intensità del campo elettrico dell’ onda? ▶ Qual è il valore del campo magnetico associato al campo elettrico? ▶ Determina l’intensità dell’onda per ogni valore del campo magnetico. ▪▪▪ ▪▪▪ ▶ 55 ▪▪▪ Due onde radio vengono usate da un cellulare. Per ricevere una chiamata, il telefono rileva l’onda emessa, a una certa frequenza, dalla stazione di trasmissione. Per inviare un messaggio, il telefono emette la sua onda a una diversa frequenza. La differenza tra queste due frequenze è fssa per tutti i canali usati nelle operazioni del cellulare. Supponi che la lunghezza d’onda dell’onda emessa dalla stazione di trasmissione sia 0,34339 m, mentre quella emessa dal cellulare sia 0,36205 m. ▶ 56 ▪▪▪ 57 58 59 Calcola i valori effcaci del campo elettrico e magnetico. Supponi che l’ auto della Polizia di fgura 20 si muova verso destra a 27 m/s e l’ altra auto sopraggiunga alla velocità di 39 m/s rispetto al terreno. Il telerilevatore laser ha una frequenza di 8,0 ∙ 109 Hz. ▶ ▪▪▪ Quale deve essere il valore dell’autoinduttanza perché questa stazione sia ricevuta dall’apparecchio radio? Nel futuro, l’ energia per il funzionamento di una stazione spaziale orbitante potrà essere inviata dalla Terra mediante un fascio di onde elettromagnetiche. Supponiamo che il fascio abbia una sezione di 135 m2 e una potenza media di 1,20 ∙ 104 W. ▶ ▪▪▪ 62 ▪▪▪ 63 ▪▪▪ ▶ Qual è l’intensità della luce che raggiunge la fotocellula? θ Luce Le onde elettromagnetiche inviate da una chiamata con un telefono cellulare verso un’automobile hanno un campo magnetico effcace di 1,5 ∙ 10−10 T. Le onde attraversano perpendicolarmente un fnestrino aperto di area 0,20 m2. 64 ▪▪▪ 65 66 Qual è la costante elastica della molla? Un laptop comunica con un router wireless tramite un segnale radio. Il router è connesso tramite un cavo direttamente a Internet. Il laptop si trova a 10,5 m dal router e sta scaricando testi e immagini alla velocità media di 260 Mbps (Megabit al secondo). ▶ ▪▪▪ Calcola il valore effcace del campo elettrico del fascio trasmesso. Un oggetto carico positivamente con una massa di 0,285 kg oscilla all’estremità di una molla, generando onde radio ELF (Extremely Low Frequency) che hanno lunghezza d’onda 4,80 ∙ 107 m. La frequenza di queste onde radio è la stessa frequenza alla quale sta oscillando l’oggetto. ▶ ▪▪▪ Quanta energia attraversa il fnestrino in una chiamata di 45 s? Un fascio di luce polarizzata con un irradiamento medio di 15 W/m2 attraversa un polarizzatore. L’ asse di trasmissione forma un angolo di 25° con la direzione di polarizzazione. ▶ Calcola la differenza tra la frequenza delle onde rifesse dall’auto verso la Polizia e la frequenza originaria. Supponi che della luce non polarizzata di intensità 230 W/m2 cada sul polarizzatore mostrato in fgura e che l’angolo θ valga 30,0°. Il valore del campo elettrico di un’onda elettromagnetica aumenta da 255 N/C a 945 N/C. ▶ Una stazione radio AM trasmette onde di frequenza 1400 kHz. Il valore della capacità della fgura 8 è 8,4 ∙ 10−11 F. ▶ ▪▪▪ Usando il valore di 2,9979 ∙ 108 m/s per la velocità della luce, determina la differenza tra le due frequenze usate nelle operazioni del cellulare. 61 ▪▪▪ In media, quanti bit vengono scaricati dal laptop nel tempo impiegato dal segnale wireless a viaggiare dal router al laptop? La potenza irradiata dal Sole è 3,9 ∙ 1026 W. La Terra orbita attorno al Sole a una distanza media di 1,50 ∙ 10 11 m. L’asse terrestre è inclinato di 27° rispetto al piano dell’orbita (fgura), per cui la luce solare non incide perpendicolarmente sull’equatore. Asse di rotazione 27˚ Polarizzatore 60 ▪▪▪ Inserto Analizzatore Fotocellula Nel dispositivo polarizzatore-analizzatore di fgura 24 il 90,0% dell’irradiamento della luce che incide sull’analizzatore viene assorbito. Luce solare Q Equatore 889 capitolo ▶ 67 ▪▪▪ 20 ESERCIZI LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Quale potenza incide su 0,75 m2 di un terreno pianeggiante nel punto Q sull’ equatore? La fgura mostra quattro fogli di materiale polarizzato, ognuno con un asse di trasmissione orientato in modo diverso. La luce, che è polarizzata nella direzione verticale, incide da sinistra e ha un’ intensità media di 27 W/m2. Determina l’ intensità media della luce che esce a destra nella fgura ▶ quando solo il foglio A viene rimosso; ▶ quando solo il foglio B viene rimosso; ▶ quando solo il foglio C viene rimosso; ▶ quando solo il foglio D viene rimosso. Verticale 30˚ Orizzontale ▶ 70 ▪▪▪ Calcola l’irradiamento sulla superfcie solare (raggio del Sole 7 ∙105 km). La fgura mostra una vista dall’alto dei pannelli solari di un satellite per telecomunicazioni. La linea tratteggiata è la normale ai pannelli solari. La luce solare incide sui pannelli con un angolo θ rispetto alla normale. Quando θ = 65°, sui pannelli incide una potenza di 2600 W. ▶ Qual è la potenza quando θ = 25°? Normale 60˚ θ Luce solare Luce A 68 ▪▪▪ 69 72 ▪▪▪ C D I pannelli solari di un satellite per telecomunicazioni hanno una superfcie di 35 m2. Il satellite orbita attorno alla Terra ed è sottoposto a un irradiamento solare di 1,4 kW/m2. Supponi che i pannelli assorbano totalmente la radiazione incidente. ▶ ▪▪▪ B 71 ▪▪▪ Calcola la massima forza che la radiazione solare esercita sui pannelli del satellite. Alla distanza di 1 UA dal Sole (1,5 ∙ 108 km) l’ irradiamento della luce solare è circa 1,4 kW/m2. Una bobina piatta viene usata con un circuito LC come antenna ricevente. La bobina ha raggio 0,35 m e consiste in 450 avvolgimenti. L’onda radio trasmessa ha una frequenza di 1,2 MHz. Il campo magnetico dell’ onda è parallelo alla normale alla bobina e ha un valore massimo di 2,0 ∙ 10−13 T. ▶ Usando la legge di Faraday dell’induzione elettromagnetica e il fatto che il campo magnetico varia da zero al suo valore massimo in un quarto del periodo dell’onda, trova il valore della f.e.m. media indotta nell’antenna in questo intervallo di tempo. EsEmpio Osserva il rifesso di una fnestra su un pavimento coperto di cera indossando occhiali polaroid (fgura a). Se ti metti quasi sdraiato per terra vedi bene il rifesso; man mano che ti alzi il rifesso tende a svanire. Quando i tuoi occhi sono a circa 110 cm d’ altezza, il rifesso della parte centrale della fnestra sul pavimento è sostanzialmente svanito. La distanza tra te e la fnestra è d = 3,4 m. ▶ Qual è approssimativamente l’ indice di rifrazione della cera? A La soluzione La fnestra è una sorgente di luce estesa e i raggi che provengono dalla fnestra e producono il rifesso colpiscono il pavimento in molti punti (fgura B alla pagina seguente). 890 ESERCIZI capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Finestra Polaroid h d B La parte centrale della fnestra si rifette però nei pressi della metà del pavimento tra te e la fnestra. Possiamo approssimare la rifessione usando solo la parte centrale (fgura c). Finestra Polaroid θB h h θB θB d/2 d/2 C Il fatto che si veda scomparire il rifesso, signifca che l’angolo del triangolo rettangolo con i cateti h e d/2 è pressappoco l’angolo di Brewster, in corrispondenza del quale la radiazione rifessa è totalmente polarizzata. Pertanto d/2 1 d tg θ B ≈ _ = _ _ h 2h Usando anche l’equazione tg θB = n 2 /n 1 , dove gli indici di rifrazione n 2 e n 1 sono rispettivamente quello della sostanza su cui il raggio si rifette (la cera) e quello della sostanza da cui proviene il raggio (l’aria), si ha n2 1d _ _ ≈ __ 2 h n1 Poiché n 1 ≈ 1, otteniamo in defnitiva che l’indice di rifrazione della cera è approssimativamente 1 d 1 3,4 m n 2 ≈ _ _ ≈ _ _ = 1,5 2 h 2 1,10 m 73 ▪▪▪ Un telescopio a raggi γ intercetta la radiazione γ proveniente da una magnetar, una stella che presenta un campo magnetico incredibilmente grande. La radiazione ricevuta dura 0,24 s e rilascia 8,4 ∙ 10−6 J di energia perpendicolarmente all’ area superfciale di 75 m2 del rivelatore del telescopio. La magnetar si trova a circa 4,5 ∙1020 m (circa 50 000 anni luce) di distanza dalla Terra e ha un raggio di 9,0 ∙ 103 m. ▶ Trova il valore quadratico medio del campo magnetico dal raggio gamma sulla superfcie della magnetar, assumendo che la radiazione venga emessa in modo uniforme in tutte le direzioni. 74 ▪▪▪ Supponi che la luce che cade sul polarizzatore in fgura – sia parzialmente polarizzata (intensità media Spol) e E cos θ E Luce non polarizzata Polarizzatore E cos θ θ Analizzatore 90° θ Fotocellula E 891 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE – parzialmente non polarizzata (intensità media Sno pol). – – L’intensità totale incidente è Spol + Sno pol e la percentua– – – le di polarizzazione è 100 Spol/(Spol + Sno pol). Quando il polarizzatore viene ruotato, l’ intensità di luce che arri– va alla fotocellula varia da un minimo Smin a un massi– mo Smax . ▶ 75 ▪▪▪ che la parte di gamba non riceva né rilasci altra energia oltre quella irradiata su di essa, quanto impiega la sua temperatura ad aumentare di 2,0 °C? 76 Dimostra che la percentuale di polarizzazione può – – – – essere espressa come 100 (Smax − Smin)/(Smax + Smin). Una lampada emette radiazione infrarossa con un campo elettrico effcace di 2800 N/C. ▶ Qual è l’ irradiamento medio? ▶ La radiazione è inviata sulla gamba di un paziente attraverso un foro circolare di raggio 4,0 cm. Qual è la potenza media trasmessa alla gamba? ▶ La parte di gamba irradiata ha una massa di 0,28 kg e un calore specifco di 3500 J/(kg ∙ °C). Supponendo ESERCIZI L’intensità della luce proveniente da un polarizzatore è 9,6 W/m2. Incide su un analizzatore, orientato a un angolo di 60° rispetto al polarizzatore. A che valore si riduce l’intensità dopo aver attraversato anche l’ analizzatore? (Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie, Università degli Studi di Torino, 2004-2005) 77 Le onde radio ricevute da un apparecchio hanno E = 10−1 V/m. Assumendo che l’onda sia piana, calcola l’ampiezza del campo magnetico. (Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie, Università degli Studi di Torino, 2004-2005) domande 1 Quale dei seguenti concetti si applica sia alle onde sonore sia alle onde elettromagnetiche: intensità, polarizzazione? 2 Un’antenna trasmittente è posta nell’origine di un sistema di assi x, y, z e invia un’ onda elettromagnetica il cui campo elettrico oscilla lungo l’ asse y. L’ onda si propaga lungo l’ asse x. Per ricevere l’onda sono disponibili tre antenne a spira collocate rispettivamente una nel piano xy, una nel piano xz e una nel piano yz. Quale antenna riceve l’ onda? 3 4 Un astronomo misura la variazione Doppler della frequenza emessa da una stella. A partire da questa misura può stabilire se la stella si sta avvicinando o allontanando dalla Terra? C’è una reale differenza fra polarizzatore e analizzatore? In altri termini: possono essere usati uno al posto dell’altro? 5 La legge di Malus è applicata al dispositivo della fgura 24, in cui il polarizzatore è fsso mentre l’analizzatore è ruotato di un angolo θ. La legge di Malus si può applicare anche nel caso in cui l’analizzatore è fsso e il polarizzatore ruota? 6 In un giorno di sole sei sulle sponde di un lago e indossi gli occhiali Polaroid. Quando ti sdrai su un fanco, i tuoi occhiali sembrano funzionare male. Perché? 7 Analizza il ruolo di unifcazione e di sintesi svolto per l’elettromagnetismo dalle equazioni di Maxwell. 8 Che cosa s’intende per corrente di spostamento? 9 Illustra l’effetto Doppler per le onde elettromagnetiche. 10 Illustra le caratteristiche dei raggi X e dei raggi gamma. 11 Descrivi il fenomeno della polarizzazione delle onde elettromagnetiche. test 1 892 Quali delle seguenti equazioni devono essere modifcate nel caso di campi variabili nel tempo? D. Teorema di Ampère. A. Teorema di Gauss per il campo E. b A e C. B. Conservatività del campo E. c B e C. C. Teorema di Gauss per il campo B. d B e D. a A e B. ESERCIZI 2 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Quale, fra le seguenti, è una forma equivalente alla leg→ ge di Faraday-Neumann-Lenz ℰ = − ∆Φ(B )/∆t? 8 → ∆Φ(B ) a Γγ (E ) = − ______ ∆t → a 2, 3, 4, 5, 6, 1. → → ∆Φ(E ) b Γγ (B ) = − ______ ∆t b 2, 5, 4, 1, 6, 3. c 2, 5, 4, 6, 1, 3. → d 3, 1, 6, 4, 5, 2. → ∆Φ(E ) c Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______ ( j ∆t ) 9 → d Φ S (B ) = 0 3 Quale fra le seguenti non è un’equazione di Maxwell? b Vi, B, V, G, R. c B, V, G, R, Vi. d G, R, Vi, V, B. → b Φ S (B ) = 0 → ∆Φ(E ) c Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______ ( j ∆t ) QT → d Φ S (E ) = ___ ε0 → 4 10 b 0,321 m Indicate con Y la corrente di conduzione concatenata alla curva chiusa γ e con X la corrente di spostamento che attraversa una superfcie di bordo γ, il teorema di Ampère generalizzato si scrive: c 0,642 m d 1,22 m 11 ∆(X + Y) a Фγ (B ) = − _ ∆t Y + ε 0 ∆X → b Γγ (E ) = μ 0 ______ ( ) ∆t b 0,89 W/m2 c Γγ (E ) = μ 0 (Y + X ) c 83 W/m2 d 120 W/m2 → Quale delle seguenti affermazioni relative alle onde elettromagnetiche è falsa? Il campo elettrico di un’onda elettromagnetica ha il valore massimo di 10 N/C. Qual è il valore effcace del campo magnetico dell’onda? a Si propagano nel vuoto. a 1,4 ∙ 10−8 T 12 b 2,4 ∙ 10−8 T b Sono onde longitudinali. c 3,3 ∙ 10−7 T c Trasferiscono energia nello spazio. d 1,4 ∙ 10−6 T d Sono state previste da Maxwell. 6 c Una corrente continua. Un astronomo osserva l’emissione di atomi di ossigeno in una galassia distante e misura una frequenza di 5,710 ∙ 10 14 Hz. In laboratorio quella stessa emissione ha una frequenza di 5,841 ∙ 10 14 Hz. Qual è il valore della velocità della galassia rispetto alla Terra? (c = 2,9979 ∙ 108 m/s) d Una corrente alternata. a Si allontana a 6,724 ∙ 106 m/s. Quali delle seguenti non sono onde elettromagnetiche? b Si avvicina a 6,724 ∙ 106 m/s. a Onde radio. d Si avvicina a 4,369 ∙ 104 m/s. Quale fra le seguenti non è una sorgente di onde elettromagnetiche? 13 a Un elettrone che sta decelerando. b Un protone che si muove di moto armonico. 7 Il campo elettrico di un’onda elettromagnetica ha il valore massimo di 250 N/C. Qual è l’irradiamento medio dell’onda? a 0,66 W/m2 → ∆Φ(Y + X) d Γγ (E ) = − ______ ∆t Un telefono cellulare emette onde elettromagnetiche con frequenza di 935 MHz. Qual è la loro lunghezza d’onda? a 0,0106 m → 5 Ordina per lunghezze d’onda crescenti i colori visibili: Blu (B), Verde (V), Rosso (R), Violetto (Vi), Giallo (G). a R, G, V, B, Vi. → ∆Γ(B ) a Φγ (E ) = − ______ ∆t → Ordina per frequenze crescenti le seguenti onde elettromagnetiche: 1, raggi X; 2, onde radio; 3, raggi gamma; 4, luce visibile; 5, infrarossi; 6, ultravioletti. b Onde sonore. c Microonde. d Raggi X. c Si allontana a 4,369 ∙ 104 m/s. 14 Un fascio di luce non polarizzata con irradiamento S 0 passa attraverso due polarizzatori. Gli assi di trasmissione dei polarizzatori formano un angolo di 60° (fgu- 893 capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE ra). Qual è l’ irradiamento del fascio trasmesso? 18 a 0 ESERCIZI Che cosa distingue le onde elettromagnetiche luminose da quelle radio? b S 0 /2 a L’intensità. c S 0 /4 b La lunghezza d’onda. d S 0 /8 c L’energia trasportata in un secondo. d La distanza a cui possono arrivare. (Concorso a borse di studio per l’ iscrizione ai corsi di laurea della classe «Scienze e Tecnologie Fisiche» della SIF, 2006-2007) 60˚ 19 S0 St 15 a Un fascio di radiazione X, quando attraversa la materia e non interagisce, aumenta la sua velocità di propagazione. Un raggio di luce incide su una lastra di plastica secondo l’ angolo di Brewster. L’ angolo di rifrazione è 35,0°. Quanto vale l’angolo di Brewster? b Un fascio di radiazione X, quando attraversa la materia e non interagisce, diminuisce la sua velocità di propagazione. a 35,0° c Un’onda elettromagnetica di lunghezza d’onda uguale a 104 Å può essere una radiazione X. b 43,5° c 46,5° 16 Con riferimento alla radiazione X, indica quale tra le seguenti affermazioni è giusta [1 Å (angstrom) = = 10−10 m]. d 55,0° d Un’onda elettromagnetica di lunghezza d’onda uguale a 0,1 Å può essere una radiazione X. Sia la radiazione ultravioletta sia gli ultrasuoni possono: e La velocità di propagazione della radiazione X nel vuoto è tanto maggiore quanto maggiore è la sua energia. a trasportare energia anche nel vuoto. (Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, 2001-2002) b essere polarizzati. c produrre fotoemissioni di elettroni dai metalli. d dar luogo a diffrazione e interferenza. e viaggiare alla velocità della luce. (Gara di 1° livello edizione 2003) 17 I segnali radio della sonda spaziale Voyager 1 hanno continuato a essere ricevuti sulla Terra anche quando la sonda era ben oltre l’orbita di Nettuno. La potenza della trasmissione è P = 23 W. Supponendo che l’antenna direzionale emetta la radiazione in un cono equivalente a 10−4 di semisfera, e considerando una distanza sonda-Terra d = 50 UA (la sonda fu lanciata il 5 settembre 1977; attualmente, secondo stime elaborate dalla NASA, la sonda potrebbe trovarsi a una distanza dalla Terra di circa 80 UA), calcola la potenza ricevuta sulla Terra da un’antenna parabolica avente diametro D = 40 m. Nota: 1 UA ≈ 1,5 ∙ 10 11 m. (Gara di 2° livello edizione 2004) 894 20 Che cosa sono i raggi infrarossi? a Sono raggi di natura elastica, come il suono, ma con frequenza diversa. b Sono raggi di natura elettromagnetica, che in assenza di dispositivi speciali non possono essere visti dall’occhio umano normale. c Sono i raggi luminosi che danno origine alla nostra (umana) sensazione del colore violetto. d Non sono onde elettromagnetiche, ma di altra natura. e Sono ultrasuoni. (Prova di ammissione al corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, 1999-2000) ESERCIZI capitolo 20 LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE VErso L’EsamE di stato 1 quEsito in un’ora telecomunicazioni in città Si vuole costruire un’antenna per telecomunicazioni che possa raggiungere tutte le zone di una città a pianta circolare di raggio R (~3,6 km) in ogni zona con un’intensità diretta media di almeno Smin (~5 mW/m2). In prima approssimazione non si considerino gli effetti di rifessione al suolo delle onde e si consideri che l’onda emessa sia sferica (fgura a). Si può costruire un’unica a grossa antenna al centro della città, oppure suddividere la città in celle esagonali, approssimativamente circolari, e coprire ciascuna di esse con una piccola antenna. Il costo di costruzione di un’unica grossa antenna è circa confrontabile col costo di sette piccole antenne, per cui le alternative da prendere in considerazione sono quelle mostrate in fgura B. Nel caso delle sette piccole antenne, ognuna deve trasmettere su una frequenza diversa dalle altre, per evitare interferenze reciproche. Per questa ragione, nel calcolare la potenza che arriva in un dato punto, occorre trattare singolarmente ciascuna cella e non tenere conto delle onde provenienti dalle antenne delle altre celle. Se si vuole costruire l’antenna grande al centro della città, la massima distanza che si può avere tra l’emettitore dell’antenna e l’edifcio più vicino è dG = 80 m. A Antenna unica Sette celle B a Determina la potenza minima che deve trasmettere la singola antenna e ciascuna delle antenne piccole. b Quale sistema consuma nel complesso più energia? c Calcola l’intensità effcace del campo elettrico prodotto dall’antenna grande nei pressi dell’edifcio più vicino all’antenna. La massima intensità di campo elettrico considerata di nessun rischio è 6 V/m. Il valore del campo nell’edifcio più vicino all’antenna è entro questo limite? d A quale distanza si dovrebbero trovare gli edifci nei pressi delle antenne più piccole per avere la stessa intensità di campo elettrico? e Qual è il valore del campo magnetico dell’onda nell’edifcio più vicino all’antenna? [810 W, 90 W; ~ 2 V/m; ~ 27 m ; ~ 6,5 nT] 2 quEsito suLLE compEtEnzE alla scoperta della nostra stella in un’ora L’irradiamento medio del Sole sull’alta atmosfera terrestre è1,36 kW/m2. La luce del Sole impiega circa 8ʹ 20ʹʹ per raggiungere la Terra. a Calcola la potenza irraggiata dal Sole. Nella sonda SOHO (SOlar and Heliospheric Observatory), lo strumento MDI è stato progettato per rilevare la velocità della fotosfera solare lungo la direzione di vista mediante effetto Doppler. b La ricostruzione grafca in falsi colori di fgura c alla pagina seguente riporta i risultati di un’osservazione della rotazione solare. Illustra le informazioni contenute in essa (il segno « – » indica velocità verso la Terra). 895 capitolo 20 ESERCIZI LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE Single Dopplergram (30-MAR-96 19:54:00) –2000 –1500 –1000 –500 0 500 1000 1500 2000 Velocity (m/s) SOI/MDI © NASA © NASA –2500 C Stanford Lockeed Istitute for Space Research D c Nel caso della maggiore velocità di avvicinamento, esprimi il rapporto fo/fs tra la frequenza osservata fo e la frequenza emessa fs. d L’immagine di fgura d è stata registrata da SOHO durante una fase di intensa attività superfciale, durante la quale i gas ionizzati che formano gli archi hanno raggiunto temperature di 1 milione di K. L’immagine è stata ripresa mediante un fltro che fa passare solo radiazioni elettromagnetiche aventi una lunghezza d’onda di 171 Å (1 Å = 10–10 m). Stabilisci in quale parte dello spettro elettromagnetico si colloca tale emissione. Un osservatore avrebbe visto questo spettacolare fenomeno? e La luce del Sole ha una direzione di polarizzazione ben defnita? Spiega. [3,8 · 1026 W; 1 + 8 · 10–6] ruBrica di VaLutazionE dEL quEsito suLLE compEtEnzE risposta o giustificazione non risponde punteggio richiesta 1 sbagliata incompleta completa con errori completa e corretta 4 7 11 15 competenza prevalente a 3 Formalizzare b 2 Formulare ipotesi c 3 Formalizzare d 2 Formulare ipotesi e 2 Formulare ipotesi ...... punteggio _ 75 896 = ...... _ 15 capitolo 21 La relatività ristretta © NASA, STS-41B 1 ■ Qual è la velocità della luce? La luce e la legge di composizione delle velocità Secondo la teoria di Maxwell, la luce è un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto alla velocità c = 3,00 ∙ 108 m/s. Inoltre, la velocità della luce c è indipendente dalla velocità della sorgente che emette la luce e dal moto relativo tra sorgente e osservatore. Questa previsione è inconciliabile con la legge di composizione delle velocità, per la quale, quando un corpo è soggetto a due movimenti contemporanei con velo→ → → → → cità rispettivamente v 1 e v 2 , la velocità totale è v = v 1 + v 2 . Consideriamo infatti la situazione di fgura 1, in cui una persona su un furgone in moto a 15 m/s emette un fascio di luce in avanti. Secondo la meccanica classica, per l’osservatore in quiete il fascio si propaga alla velocità c + 15 m/s, mentre per la persona sul furgone la velocità del fascio di luce emesso è c. Al contrario, la teoria di Maxwell prevede che per entrambe le persone il fascio si propaghi alla velocità c. c Figura 1 15 m/s Osservatore a terra Sia la persona sul furgone sia l’osservatore a terra ottengono dalla misura della velocità della luce il valore c, indipendentemente dalla velocità del furgone. Alla fne del XIX secolo i fsici ritenevano che la meccanica classica fosse una teoria fsica corretta in virtù dell’enorme numero di conferme sperimentali ottenute. Quindi la soluzione del problema doveva essere cercata in un’opportuna modifca della teoria di Maxwell. 897 capitolo 21 La reLatività ristretta S In analogia con le onde elastiche, si ipotizzò che le onde elettromagnetiche si propaghino in un mezzo elastico, l’etere, che pervade tutto lo spazio. In base a questa ipotesi, le equazioni di Maxwell descrivono la propagazione della luce nell’etere e quindi prevedono che la velocità c della luce sia costante rispetto all’etere. Un osservatore in moto rispetto all’etere dovrebbe misurare una velocità della luce minore o maggiore di c, a seconda che si muova nello stesso verso della luce o in verso opposto. L’etere sarebbe quindi il sistema di riferimento assoluto rispetto al quale descrivere il moto di tutti gli altri sistemi di riferimento. In particolare, la Terra si muove rispetto all’etere e quindi si riteneva possibile rilevare sulla Terra il «vento d’etere», dovuto al moto relativo del nostro pianeta rispetto all’etere (fgura 2). c A A v S c v c–v B A v S v c c+v C Figura 2 A In un sistema S fermo rispetto all’etere viene emesso un fascio di luce. Rispetto all’etere, e quindi a S, la velocità della luce è c. B Il sistema A è in moto con velocità v rispetto all’etere. Se il fascio di luce è diretto nello stesso verso di v, la velocità della luce nel sistema A è c − v. C Se nel sistema in movimento A il fascio di luce è diretto in verso opposto a v, la velocità della luce nel sistema A è c + v. ■ L’esperimento di Michelson-Morley Durante gli anni 1883-1887, i fsici americani A.A. Michelson ed E.W. Morley condussero una serie di famosi esperimenti al fne di rilevare il moto della Terra rispetto all’etere. Essi utilizzarono un interferometro messo a punto dallo stesso Michelson e schematizzato in fgura 3 (pagina seguente). Una sorgente di luce monocromatica illumina una lamina semi-rifettente (costituita da una lastra di vetro ricoperta su un lato da un sottile strato di argento), detta separatore di fasci poiché divide il fascio incidente in due fasci separati. Il fascio A si rifette su uno specchio che può essere opportunamente calibrato, riattraversa la lamina e raggiunge l’obiettivo. Il fascio B si rifette su uno specchio fsso e viene in parte rifesso nell’obiettivo dalla lamina semi-rifettente. Notiamo che il fascio B attraversa due volte una lamina di compensazione, in modo che il suo cammino L sia identico a quello del fascio A, che ha attraversato per due volte la lastra di vetro dello stesso spessore. Un osservatore guarda la sovrapposizione dei due fasci A e B e vede la loro fgura di interferenza. Se l’interferometro è fermo rispetto all’etere, i due fasci interferiscono costruttivamente, perché i cammini e i tempi di percorrenza dei due fasci sono uguali. Ma l’interferometro è solidale con la Terra, che si muove rispetto all’etere: ciò dovrebbe far sì che i tempi di percorrenza dei due fasci siano diversi. Supponiamo che il sistema si muova rispetto all’etere con velocità v nella direzione dello specchio di destra. I fasci A e B percorrono lo stesso cammino dalla sorgente di luce alla lamina semi-rifettente: quindi le eventuali differenze nascono nei tragitti fra la lamina semi-rifettente e gli specchi. Per semplicità trascuriamo gli effetti dovuti al doppio passaggio attraverso le lamine. Il fascio B si propaga all’andata con velocità c − v e al ritorno con velocità c + v. Quindi per coprire la distanza 2L impiega un intervallo di tempo L L 2Lc ∆t B = _ + _ = _____ c − v c + v c2 − v2 Il fascio A si propaga in direzione perpendicolare a quella della velocità del sistema. Nell’intervallo di tempo ∆t 1 che il fascio impiega per andare dalla lamina allo specchio, il sistema è avanzato di un tratto v∆t 1 . Lungo la direzione PR di propagazione, la luce si muove con velocità c, quindi PR = c∆t 1 (fgura 4 alla pagina seguente). Applicando il teorema di Pitagora al triangolo rettangolo PQR, otteniamo (c∆t 1)2 = L 2 + (v∆t 1)2 ossia (c 2 − v 2)(∆t 1)2 = L 2 da cui segue L _____ ∆t 1 = _______ 2 √ c − v2 Per tornare indietro il fascio A impiega lo stesso tempo. Quindi l’intervallo di tempo totale ∆t A è 2L _____ ∆t A = _______ √ c2 − v2 I tempi di percorrenza ∆t A e ∆t B dei due fasci sono diversi: ∆t B > ∆t A . La differenza ∆t B − ∆t A dipende dalla velocità v del sistema rispetto all’etere. Nell’oculare è visibile una fgura di interferenza che dipende da questa differenza. Il sistema viene ora ruotato di 90°, in modo che il fascio A si propaghi nella stessa 898 capitolo direzione della velocità del sistema rispetto all’etere. Così facendo i tempi di percorrenza dei due fasci si scambiano fra loro e ci si aspetta che cambi la fgura di interferenza da essi formata. In realtà, non si osserva alcuna variazione della fgura di interferenza. Gli esperimenti di Michelson e Morley evidenziano in modo conclusivo che gli ipotetici effetti dovuti alla presenza dell’etere non esistono: quindi la teoria dell’etere non è in grado di descrivere i fenomeni luminosi. 21 La reLatività ristretta Specchio di calibrazione L Fascio A Sottile strato di argento i postulati della relatività ristretta 2 Al fne di superare le diffcoltà incontrate nel rendere compatibili meccanica ed elettromagnetismo, nel 1905 Albert Einstein (1879-1955) formulò la teoria della relatività ristretta (detta anche relatività speciale) a partire da due ipotesi fondamentali, o postulati, riguardanti il comportamento dei fenomeni naturali. L Sorgente di luce Fascio B Separatore di fasci Lastra di compensazione Fascio A Fascio B Specchio fsso i POstULati DeLLa reLatività ristretta 1. Principio di relatività. Le leggi fsiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. 2. Principio di invarianza della velocità della luce. La velocità della luce nel vuoto, misurata in qualsiasi sistema inerziale, ha sempre lo stesso valore c, indipendentemente dalla velocità relativa tra la sorgente di luce e l’osservatore. Figura 3 Lo schema di funzionamento dell’interferometro di Michelson. Gli specchi sono perpendicolari fra loro e la lamina semi-rifettente è inclinata di 45° rispetto a essi. R cΔ t1 La teoria è detta relatività «ristretta» perché limita il suo campo di applicabilità ai soli sistemi inerziali. Come è noto, un sistema di riferimento è inerziale se in esso è valida la legge d’inerzia di Newton. Sistemi di riferimento accelerati o in rotazione non sono sistemi di riferimento inerziali. Il sistema di riferimento solidale con la Terra in fgura 5 non è precisamente inerziale, in quanto è soggetto a un’accelerazione centripeta dovuta al fatto che la Terra ruota intorno al proprio asse e compie un moto di rivoluzione attorno al Sole. Nella maggior parte delle situazioni, tuttavia, gli effetti di tali accelerazioni sono piccoli e possono essere trascurati. Nei casi in cui si può considerare inerziale il sistema a Terra è inerziale anche quello posto sull’aereo, in quanto l’aereo si muove con velocità costante rispetto alla Terra. Non è diffcile accettare il principio di relatività. Per esempio, in fgura 5 ciascun osservatore, usando il proprio sistema di riferimento, può eseguire misure sul moto dello Shuttle. In accordo con il principio di relatività, entrambi gli osservatori ottengono dati compatibili con le leggi del moto di Newton. Analogamente, entrambi gli osservatori convengono che il comportamento dei dispositivi elettronici presenti sullo Shuttle è descritto dalle leggi dell’elettromagnetismo. Secondo il principio di relatività, tutti i sistemi di riferimento inerziali sono equivalenti ai fni della formulazione delle leggi fsiche. Dal momento che le leggi della fsica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali, non esiste alcun esperimento in grado di distinguere un sistema inerziale fermo da un altro in movimento a velocità costante. Per esempio, un passeggero all’interno di un aereo (fgura 5) non può stabilire mediante un esperimento se l’ae- Obiettivo P v Δt1 L Q Figura 4 Mentre il fascio A viaggia dalla lamina allo specchio lungo il cammino PR, il sistema si muove di un tratto PQ. y« Orologio x« y Sistema di riferimento aereo Orologio x Sistema di riferimento terrestre Figura 5 Usando un sistema di riferimento «terrestre», un osservatore posto sulla Terra registra la posizione e l’istante di un evento (il decollo dello Shuttle). Allo stesso modo, un osservatore situato su un aeroplano usa un sistema di riferimento «aereo» per descrivere l’evento. 899 capitolo 21 La reLatività ristretta reo si muove a velocità costante oppure è fermo rispetto alla Terra. Non è quindi possibile individuare un particolare sistema di riferimento inerziale «fermo in assoluto» e neppure assegnare una «velocità assoluta» a un oggetto. Secondo Einstein, possono essere misurate e hanno signifcato fsico solo le velocità relative fra i corpi, non le loro velocità assolute. Se il principio di relatività sembra plausibile, quello di invarianza della velocità della luce va contro il senso comune. Per esempio, nella situazione illustrata in fgura 1 entrambi gli osservatori misurano la stessa velocità c per la luce emessa dalla torcia elettrica. Questa proprietà della luce, sempre confermata a partire dagli esperimenti di Michelson e Morley, impone una revisione critica non solo della legge di composizione delle velocità, ma anche del concetto classico di tempo assoluto. ■ Figura 6 A Il treno si muove con velocità v e alle sue estremità vi sono due lampade, una rossa e una verde, che si accendono contemporaneamente. L’osservatore O 1 è fermo rispetto al treno, mentre l’osservatore O 2 è fermo rispetto a Terra. La velocità della luce emessa dalle due lampade è la stessa sia per l’osservatore sul treno sia per l’osservatore a Terra. B La luce rossa impiega un tempo t R per raggiungere l’osservatore O 2 e quindi per O 2 la lampada rossa si è accesa quando il treno è nella posizione raffgurata. In tale istante la distanza della lampada rossa da O 2 è L 2 + vt R, maggiore della distanza della lampada verde, L 2 − vt V. 900 La relatività della simultaneità Una delle prime conseguenze dei postulati della relatività è quella di mostrare l'inadeguatezza della nostra nozione intuitiva di simultaneità. Se due eventi avvengono contemporaneamente nello stesso punto dello spazio, essi appaiono simultanei a qualunque osservatore in moto inerziale rispetto a essi. Per esempio, se un atomo di carbonio e uno di ossigeno urtano e contemporaneamente si uniscono a formare una molecola di ossido di carbonio, tale simultaneità viene rilevata da qualsiasi osservatore inerziale, indipendentemente dal suo stato di moto rispetto a essi. Ma le cose non sono così semplici nel caso in cui gli eventi avvengano in posizioni distinte dello spazio. Infatti il concetto di simultaneità di due eventi che non avvengono nella stessa posizione non è compatibile con il postulato che la velocità della luce sia la stessa per ogni osservatore inerziale. Per mostrare ciò, analizziamo l’esempio del treno che fu introdotto dallo stesso Einstein. Si tratta di un esperimento ideale, perché la velocità effettiva di un treno è così lontana dalla velocità della luce che gli effetti concreti sono tanto piccoli da essere praticamente non rilevabili. Consideriamo due osservatori: l’osservatore O 1 è sul treno, esattamente a metà, mentre l’osservatore O 2 è sulla banchina della stazione. Il treno si muove con velo→ cità v verso destra. Agli estremi del treno vi sono due lampade, una rossa e una verde che, inizialmente spente, a un certo punto si accendono. Supponiamo che sia l’osservatore O 1 sul treno sia l’osservatore O 2 fermo sulla banchina ricevano la luce delle due lampade nello stesso istante e che ciò avvenga proprio mentre transitano uno davanti all’altro (fgura 6a). L’osservatore O 1 sa di essere a metà del treno e dunque alla stessa distanza L 1 da ciascuna delle due lampade. Poiché nel suo sistema di riferimento le due lampade sono in quiete, deduce che le lampade si sono accese nello stesso istante, esattamente t 1 = L 1 /c secondi prima di avere visto la luce provenire da esse. Dunque per O 1 l’accensione delle lampade è stata simultanea. Al contrario, per l’osservatore O 2 l’accensione delle due lampade non è stata simultanea. Seguiamo il suo ragionamento. L1 L1 → v O1 O2 a → v O1 L2 + vtR B O2 L2 – vtR capitolo 21 La reLatività ristretta Supponiamo che la luce rossa abbia impiegato un tempo tR per raggiungermi. Ciò implica che la luce si sia accesa quando il treno era nella posizione indicata in fgura 6B. In quella posizione la lampada rossa era più lontana da me rispetto alla lampada verde. In quell’istante la lampada rossa e quella verde distavano da me rispettivamente dR = L2 + vtR e dV = L2 − vtV , dove L2 è la metà del treno misurata nel mio sistema di riferimento. Poiché la luce si propaga con la stessa velocità c in tutti i sistemi di riferimento inerziali, concludo che la lampada rossa si deve essere accesa prima di quella verde. Se le lampade si fossero accese simultaneamente in quella posizione, avrei visto prima la luce verde in quanto la lampada verde era più vicina a me di quella rossa. Rimarchiamo il punto fondamentale dell’argomentazione dell’osservatore O 2 . Egli ha ricevuto simultaneamente la luce dalle due lampade proprio nell’istante in cui era alla stessa distanza da esse, eppure, applicando le leggi della fsica e tenendo presente il principio di invarianza della velocità della luce, conclude che le accensioni delle due lampade non sono state simultanee. Dunque eventi che avvengono in punti diversi dello spazio e che sono contemporanei per un osservatore, a causa dell’invarianza della velocità della luce, possono non esserlo per un altro osservatore. Sulla base di argomentazioni di questo tipo, Einstein concluse che non esiste la simultaneità assoluta, prevista dalla dinamica newtoniana, ma che la simultaneità è un concetto relativo: stabilire la simultaneità o meno di due eventi in punti diversi dipende dallo stato di moto dell’osservatore. 3 ■ La relatività del tempo: dilatazione temporale Gli eventi Nella teoria della relatività ristretta, il decollo dello Shuttle rappresentato in fgura 5 è un «evento» fsico che accade in un certo punto dello spazio in un certo istante. Nella fgura il decollo viene visto da due osservatori, uno sulla Terra e uno su un aeroplano in volo a velocità costante rispetto alla Terra. Per registrare l’evento, ciascun osservatore usa un sistema di riferimento, che consiste in un sistema di assi x, y, z (chiamato sistema di coordinate) e un orologio. I sistemi di coordinate servono per stabilire dove avviene l’evento e l’orologio per specifcare quando. Ciascun osservatore è fermo rispetto al proprio sistema di riferimento. ■ Dilatazione temporale L’esperienza comune sembra indicare che esista un tempo assoluto, che scorre allo stesso modo in tutti i sistemi di riferimento. Al contrario, la relatività ristretta rivela, per esempio, che nelle misure eseguite da un osservatore a Terra il tempo di un astronauta scorre più lentamente rispetto al proprio. Possiamo capire come nasca questo curioso effetto con l’aiuto dell’orologio illustrato in fgura 7, che usa un impulso luminoso come marcatempo. Un breve impulso di luce viene emesso da una sorgente, rifesso da uno specchio e infne raccolto da un rivelatore posto in prossimità della sorgente. Ogni volta che l’impulso raggiunge il rivelatore, viene registrato un «tic» su un nastro di carta, viene emesso un altro impulso luminoso e il ciclo si ripete. In questo modo, l’intervallo di tempo fra «tic» successivi è legato a un evento iniziale (l’emissione del segnale) e a uno fnale (la sua rivelazione). La sorgente e il rivelatore sono così vicini da poter supporre che i due eventi avvengano nello stesso punto dello spazio. Supponiamo di costruire due orologi identici: uno viene lasciato sulla Terra e l’altro è portato a bordo di un velivolo spaziale che si muove con velocità costante rispetto a Terra. L’astronauta è fermo rispetto all’orologio posto sul velivolo e quindi vede l’im- Specchio Impulso luminoso Registratore a nastro di carta Sorgente di luce Rivelatore «Tic» Figura 7 Un orologio a luce. 901 capitolo 21 La reLatività ristretta pulso luminoso muoversi lungo la traiettoria «verticale» mostrata in fgura 8a. Per l’astronauta ∆t0 = 2D/c è l’intervallo di tempo fra due «tic» successivi del proprio orologio, ovvero l’intervallo fra i corrispondenti eventi iniziale e fnale. Un osservatore a Terra, tuttavia, non misura ∆t0 come intervallo di tempo fra gli stessi eventi. Dal momento che il velivolo si sta muovendo, per l’osservatore a Terra l’impulso luminoso segue la traiettoria «diagonale» mostrata nella parte B della fgura. Questo percorso è più lungo di quello osservato dall’astronauta. Ma la luce viaggia alla stessa velocità c per entrambi gli osservatori, in accordo con il principio di invarianza della velocità della luce. Di conseguenza, l’osservatore a Terra misura un intervallo di tempo ∆t tra i due eventi che è maggiore rispetto all’intervallo ∆t0 misurato dall’astronauta. In altre parole, l’osservatore a Terra, usando il proprio orologio per valutare il comportamento di quello dell’astronauta, ottiene che l’orologio dell’astronauta scandisce il tempo lentamente. Questo sorprendente risultato della relatività ristretta è noto come dilatazione temporale. Δt0 Figura 8 A L’astronauta misura l’intervallo di tempo ∆t 0 fra «tic» successivi del proprio orologio a luce. B Un osservatore a Terra guarda l’orologio dell’astronauta e vede che l’impulso luminoso percorre una distanza maggiore fra i «tic» rispetto a quanto accade nella parte A . Di conseguenza, l’osservatore a Terra misura un intervallo di tempo fra i «tic» ∆t che è maggiore rispetto a ∆t 0. D Astronauta A s D L s L Inizio dell’evento Δt Fine dell’evento Osservatore a Terra B L’intervallo di tempo ∆t che l’osservatore a Terra misura in fgura 8B può essere determinato come segue. Mentre l’impulso luminoso viaggia dalla sorgente al rivelatore, il velivolo spaziale percorre una distanza 2L = v∆t verso destra, dove v è la velocità del velivolo rispetto a Terra. Dalla fgura si può notare che la luce percorre una distanza complessiva pari a 2s durante l’intervallo di tempo ∆t. Applicando il teorema di Pitagora, si ottiene che ________ _____ v∆t 2 2 2 2s = 2√ D + L = 2 D 2 + _ ( 2 ) √ Ma la distanza 2s è anche uguale alla velocità della luce moltiplicata per l’intervallo di tempo ∆t, ovvero 2s = c∆t. Quindi ________ v∆t 2 c∆t = 2 D 2 + _ ( 2 ) √ Elevando al quadrato e ricavando ∆t si ottiene 2D 1 _____ ∆t = _ _________ c v2 1 − __2 c √ Ma 2D/c = ∆t 0 , ovvero l’intervallo di tempo fra «tic» successivi dell’orologio sul velivolo, misurato dall’astronauta. Con questa sostituzione, l’equazione per ∆t può essere espressa come Dilatazione temporale 902 ∆t 0 _____ ∆t = _________ v2 1 − __2 c √ (1) capitolo 21 La reLatività ristretta I simboli contenuti in questa formula sono così defniti: • ∆t 0 = intervallo di tempo proprio, ovvero l’intervallo tra due eventi misurato da un osservatore a riposo rispetto ai due eventi, per cui essi avvengono nello stesso punto dello spazio; • ∆t = intervallo di tempo «dilatato», ovvero l’intervallo tra due eventi misurato da un osservatore in movimento rispetto ai due eventi, per cui essi avvengono in punti differenti dello spazio; • v = velocità relativa tra i due osservatori; • c = velocità della luce nel vuoto. ______ Per velocità inferiori rispetto a c, il termine √ 1 − v 2/c 2 nell’equazione (1) è inferiore a 1, e l’intervallo di tempo ∆t è maggiore rispetto a ∆t 0 . eseMPiO 1 Due orologi a velocità diverse Il velivolo spaziale della fgura 8 si muove rispetto a Terra alla velocità costante v = 0,92 c, pari al 92% della velocità della luce. L’astronauta misura, per l’intervallo fra due «tic» successivi del suo orologio, il valore ∆t 0 = 1,0 s. ▸ Quanto vale l’intervallo di tempo ∆t fra due «tic» successivi dello stesso oro- logio misurato da un osservatore posto a Terra? il ragionamento e la soluzione L’orologio sul velivolo spaziale si muove rispetto a un osservatore posto a Terra, che quindi misura un intervallo ∆t fra i «tic» maggiore rispetto all’astronauta, in quiete rispetto all’orologio. L’intervallo dilatato è ∆t 0 1,0 s _____ = ___________ _______ = 2,6 s ∆t = _________ 2 0,92 c 2 v 1− _ 1 − __2 ( c ) c √ √ Per l’osservatore posto a Terra, l’astronauta sta usando un orologio che scandisce il tempo lentamente, dal momento che l’osservatore a Terra misura un tempo fra «tic» più lungo (2,6 s) di quello misurato dall’astronauta (1,0 s). I velivoli spaziali attuali non viaggiano alla stessa velocità di quello incontrato nell’esempio 1. Tuttavia esistono situazioni in cui trascurare la dilatazione temporale potrebbe dar luogo a errori apprezzabili. Il GPS (Global Positioning System), per esempio, usa orologi atomici particolarmente stabili e accurati, posti su ciascuno dei 24 satelliti in orbita intorno alla Terra alla velocità di circa 4000 m/s. Questi orologi permettono di misurare il tempo che le onde elettromagnetiche impiegano per viaggiare da un satellite a un ricevitore sulla superfcie terrestre. Conoscendo la velocità della luce e il tempo corrispondente a tre o più satelliti, è possibile localizzare la posizione del ricevitore. Per assicurare la precisione richiesta dall’uso del GPS, la stabilità degli orologi deve essere migliore di una parte su 10 13. Usando l’equazione (1) e la velocità dei satelliti utilizzati dal GPS, si può calcolare la differenza tra il tempo dilatato e il tempo proprio come frazione di quest’ultimo e paragonare il risultato con la stabilità richiesta per gli orologi del GPS: Fisica quotidiana Il GPS e la relatività ristretta ∆t − ∆t 0 _________ 1 1 1 _ _____________ − 1 = _____ = _____2 − 1 = __________________ 2 ∆t 0 1,1 ∙ 1010 4000 m/s v 1 − ________ 1 − __2 (3,00 ∙ 108 m/s) c √ √ Il risultato ottenuto è circa mille volte più grande della stabilità richiesta per gli orologi del GPS. Per questo motivo, trascurare la dilatazione temporale causerebbe un errore sulla posizione del ricevitore equivalente a quella causata da un orologio dotato di una stabilità un migliaio di volte inferiore. 903 capitolo 21 La reLatività ristretta Problem solving intervallo di tempo proprio eseMPiO 2 turismo spaziale Affrontando una dilatazione temporale, si può decidere qual è l’intervallo di tempo proprio nel modo seguente: (a) si individuano i due eventi che defniscono l’intervallo; (b) si determina il sistema di riferimento in cui i due eventi avvengono nello stesso punto dello spazio. Un osservatore fermo rispetto a questo sistema misura l’intervallo di tempo proprio ∆t 0. Dopo il Sole, la stella più vicina alla Terra è Alpha Centauri, che dista 4,3 anni luce. Ciò signifca che per un osservatore sulla Terra la luce impiega 4,3 anni per raggiungere la stella. Supponi che la Terra e Alpha Centauri siano ferme l’una rispetto all’altra. ▸ Se una nave spaziale parte in direzione di Alpha Centauri e viaggia alla velocità v = 0,95 c relativa alla Terra, quanto tempo impiegano i passeggeri, secondo il loro orologio, per giungere a destinazione? Fisica quotidiana I viaggi nello spazio e la relatività ristretta il ragionamento e la soluzione © NASA I passeggeri della nave spaziale misurano con il loro orologio l’intervallo di tempo proprio L’astronauta David A. Wolf mentre lavora ∆t 0 fra i due eventi «partenza» e sulla Stazione Spaziale Internazionale durante «arrivo» che avvengono nello stesun periodo di attività extraveicolare. so posto, la base della nave spaziale. Per un osservatore sulla Terra gli eventi avvengono in punti differenti dello spazio, quindi egli misura l’intervallo di tempo dilatato: spazio percorso 4,3 anni luce ∆t = ___________ = ___________ = 4,5 anni velocità 0,95 c La durata del viaggio per i passeggeri è _______ _____ v2 0,95 c 2 __ ∆t 0 = ∆t 1 − 2 = (4,5 anni) 1 − _ = 1,4 anni ( c ) c √ √ In questo modo i passeggeri saranno invecchiati soltanto di 1,4 anni quando raggiungeranno Alpha Centauri, e non 4,5 anni come calcolato da un osservatore situato sulla Terra. ■ verifica della dilatazione temporale Un’impressionante conferma della dilatazione temporale fu ottenuta nel 1971 da J.C. Hafele e R.E. Keating. Essi trasportarono orologi atomici al cesio di elevata precisione su aeroplani in viaggio intorno alla Terra. Dal momento che la velocità di un jet è decisamente inferiore a c, l’effetto della dilatazione temporale è estremamente ridotto. Tuttavia, gli orologi atomici avevano una precisione di circa un miliardesimo di secondo e quindi l’effetto poteva essere misurato. Gli orologi rimasero in volo per 45 ore e il tempo da essi misurato venne confrontato con orologi atomici di riferimento posti a Terra. I risultati sperimentali evidenziarono che, entro gli errori di misura, i tempi misurati dagli orologi posti sugli aerei erano differenti da quelli misurati a Terra, esattamente in accordo con le previsioni della relatività. Il comportamento di particelle subatomiche chiamate muoni fornisce un’ulteriore conferma della dilatazione temporale. Queste particelle vengono create nell’alta atmosfera, a circa 10 000 m di altitudine. Osservati a riposo, i muoni vivono soltanto 2,2 ∙ 10−6 s circa prima di decadere. Con una vita così breve, queste particelle non avrebbero alcuna possibilità di raggiungere la superfcie terrestre, anche se viaggias904 capitolo 21 La reLatività ristretta sero a velocità prossime a quelle della luce. Tuttavia, si verifca che un gran numero di muoni raggiunge effettivamente la Terra. L’unica possibilità affnché questo accada è che essi abbiano una vita più lunga in conseguenza della dilatazione temporale, come viene illustrato nell’esempio 3. eseMPiO 3 avere il tempo per arrivare sulla terra La vita media di un muone a riposo è di 2,2 ∙ 10−6 s. Un muone creato nell’alta atmosfera, migliaia di metri sopra il livello del mare, viaggia verso la Terra a una velocità v = 0,998 c. Determina: Problem solving tempo proprio e tempo dilatato L’intervallo di tempo proprio ∆t 0 è sempre inferiore rispetto all’intervallo di tempo dilatato ∆t. ▸ la durata della vita media di un muone per un osservatore posto a Terra; ▸ la distanza da esso percorsa prima di decadere. il ragionamento e la soluzione ▸ Gli eventi da considerare sono la creazione e il decadimento del muone. Quando il muone è fermo, i due eventi avvengono nello stesso punto dello spazio e quindi la vita media del muone (a riposo), di 2,2 ∙ 10−6 s, è un intervallo di tempo proprio ∆t 0 . Quando il muone si muove a una velocità v = 0,998 c rispetto a Terra, un osservatore terrestre misura una durata della vita del muone pari a ∆t 0 2,2 ∙ 10−6 s _____ = ________________ _______ = 35 ∙ 10−6 s ∆t = _________ 0,998 c 2 v2 1− _ 1 − __2 ( c ) c √ √ ▸ La distanza percorsa dal muone prima di decadere è x = v∆t = (0,998)(3,00 ∙ 108 m/s)(35 ∙ 10−6 s) = 1,0 ∙ 104 m In questo modo, la durata più lunga della vita del muone gli fornisce un tempo suffciente per raggiungere la superfcie terrestre. Se la sua vita durasse effettivamente 2,2 ∙ 10−6 s, un muone percorrerebbe solo 660 m prima di decadere e non potrebbe raggiungere la Terra. 4 La relatività delle distanze: contrazione delle lunghezze A causa della dilatazione temporale, osservatori in moto con velocità relativa costante misurano differenti intervalli di tempo tra eventi. L’esempio 2 del paragrafo precedente mette in evidenza che un viaggio dalla Terra ad Alpha Centauri alla velocità v = 0,95 c dura 4,5 anni per un orologio situato sulla Terra, ma soltanto 1,4 anni per un orologio posto a bordo del razzo. Questi intervalli di tempo sono diversi per ______ il fattore √ 1 − v 2/c 2 . Dal momento che la durata del viaggio è differente, ci si potrebbe chiedere se gli osservatori misurino distanze differenti fra la Terra e Alpha Centauri. La risposta, per la relatività ristretta, è affermativa. In effetti, entrambi gli osservatori sono d’accordo sulla velocità relativa, pari a v = 0,95 c, tra il razzo e la Terra. Poiché la velocità si ottiene dividendo la distanza per il tempo impiegato e l’intervallo di tempo per i due osservatori è diverso, ne consegue che anche la distanza dev’essere differente, visto che la velocità relativa è la stessa. In questo modo, per l’osservatore a Terra la distanza di Alpha Centauri è L 0 = v∆t = (0,95 c)(4,5 anni) = 4,3 anni luce. D’altro lato, per un osservatore a bordo del razzo la distanza è soltanto L = v∆t 0 = = (0,95 c)(1,4 anni) = 1,3 anni luce. L’osservatore che misura il tempo più breve misura anche la distanza più corta. Questa contrazione della distanza tra due punti è un esempio del fenomeno conosciuto come contrazione delle lunghezze. 905 capitolo 21 La reLatività ristretta La relazione tra le distanze misurate da due osservatori in moto relativo a velocità costante può essere ottenuta con l’aiuto della fgura 9. La parte a della fgura mostra la situazione dal punto di vista dell’osservatore terrestre. Egli valuta che la durata del viaggio sia ∆t, la distanza sia L 0 e la velocità relativa sia pari a v = L 0 /∆t. La parte B della fgura illustra la situazione dal punto di vista del passeggero, per cui il razzo è fermo, mentre la Terra e Alpha Centauri appaiono in movimento con velocità v. Egli ritiene che la distanza percorsa sia L, la durata del viaggio sia ∆t 0 e la velocità relativa v = L /∆t 0 . Poiché la velocità relativa è identica per i due osservatori, ne consegue che v = L /∆t 0 = L 0 /∆t. Usando questo risultato e l’equazione (1) per la dilatazione temporale, otteniamo la seguente relazione tra L e L 0 : Contrazione delle lunghezze L = L0 √ _____ v2 1 − __2 c (2) La lunghezza L 0 viene detta lunghezza propria: è la distanza tra due punti misurata da un______ osservatore in quiete rispetto a essi. Dal momento che v è minore di c, il termine √ 1 − v 2/c 2 è minore di 1 e L è minore di L 0 . È importante sottolineare che la contrazione delle lunghezze avviene solo lungo la direzione del moto: le dimensioni perpendicolari alla direzione del movimento non subiscono alcuna contrazione, come discusso in seguito. Δt0 v Δt Alpha Centauri v Terra v L0 L A B Figura 9 A Misurata da un osservatore sulla Terra, la distanza di Alpha Centauri è L 0 e la durata del viaggio ∆t. B Per il passeggero a bordo del razzo la Terra e Alpha Centauri si muovono con velocità v rispetto al velivolo. Egli misura una distanza e una durata del viaggio pari a L e ∆t 0 rispettivamente, valori entrambi inferiori a quelli ottenuti nella parte A . eseMPiO 4 La contrazione di un velivolo Un astronauta, usando un regolo graduato fermo rispetto al suo razzo di forma cilindrica, misura una lunghezza e un diametro del velivolo pari rispettivamente a 82 m e 21 m. Il razzo si muove a una velocità costante v = 0,95 c rispetto alla Terra, come in fgura 9. ▸ Quali sono le dimensioni del velivolo misurate da un osservatore terrestre? il ragionamento e la soluzione Problem solving Lunghezza propria e lunghezza contratta La lunghezza propria del razzo è L 0 = 82 m, mentre un osservatore terrestre misura una lunghezza _______ _____ 2 v 0,95 c 2 L = L 0 1 − __2 = (82 m) 1 − _ = 26 m ( c ) c La lunghezza propria L 0 è sempre maggiore rispetto alla lunghezza contratta L Sia l’astronauta sia l’osservatore situato sulla Terra misurano lo stesso valore per il diametro del velivolo perché è perpendicolare alla direzione del moto. √ ■ √ Non esistono sistemi di riferimento privilegiati Occupandosi di effetti relativistici, è opportuno individuare con attenzione l’intervallo di tempo proprio e la lunghezza propria. Il tempo proprio tra due eventi ∆t 0 è l’intervallo misurato da un osservatore che è fermo rispetto agli eventi, ovvero che li vede accadere nello stesso punto dello spazio. Ogni altro osservatore posto su un sistema inerziale in movimento misurerà un intervallo di tempo più lungo. 906 capitolo 21 La reLatività ristretta La lunghezza propria L 0 di un oggetto è la lunghezza misurata da un osservatore fermo rispetto all’oggetto. Ogni altro osservatore posto su un sistema inerziale in movimento misurerà una lunghezza inferiore. L’osservatore che misura il tempo proprio potrebbe non essere lo stesso che misura la lunghezza propria. Per esempio, la fgura 9 mostra che l’astronauta misura il tempo proprio ∆t 0 per la durata del viaggio dalla Terra ad Alpha Centauri, mentre l’osservatore terrestre misura la lunghezza (o distanza) propria L 0 . Il termine «proprio» per il tempo o per la lunghezza non signifca affatto che tali quantità siano quelle corrette o da preferirsi. Se così fosse, l’osservatore che ottenesse questi valori si troverebbe in un sistema di riferimento privilegiato per quanto riguarda le misure delle corrispondenti grandezze, ma ciò è in contrasto con il principio di relatività, secondo il quale non esiste alcun sistema di riferimento inerziale privilegiato. Quando due osservatori sono in moto uno rispetto all’altro a velocità costante, ciascuno di essi afferma che l’orologio dell’altro scandisce il tempo più lentamente, e che le lunghezze degli oggetti dell’altro, nella direzione del movimento, risultano contratte. ■ L’invarianza delle lunghezze perpendicolari al moto Le lunghezze in direzioni perpendicolari al moto relativo tra due osservatori rimangono invariate perché un loro cambiamento romperebbe la simmetria tra i due osservatori. Per convincerci di questo punto, supponiamo che il moto relativo dia origine all’accorciamento di una lunghezza perpendicolare alla direzione del moto, come capita per il moto relativo nella direzione parallela al moto. Se così fosse, un oggetto di altezza h 0 , a riposo in un sistema di riferimento, sarebbe più corto se visto da un altro sistema di riferimento in moto relativo col precedente. Consideriamo infatti due osservatori, ciascuno con un righello di altezza h 0 tenuto perpendicolare rispetto alla direzione del moto, che si muovono uno incontro all’altro. L’osservatore O 1 vede arrivare verso di sé l’altro righello: per effetto della contrazione, misura un’altezza h 1 = kh 0 minore di h 0 , dove k < 1 è una costante che dipende soltanto dalla velocità relativa tra i due sistemi. Quando i due osservatori si incontrano, per un istante i due righelli si trovano affancati, ma uno risulterebbe più corto dell’altro. Ciò distinguerebbe in assoluto il suo moto, in contraddizione con il postulato di equivalenza dei due sistemi inerziali, secondo il quale non si può rilevare un moto assoluto. Lo stesso discorso si riproporrebbe se l’altezza del righello aumentasse. Perciò l’unico modo per avere equivalenza tra i due sistemi è che si mantengano invariate le lunghezze perpendicolari al moto. Questo ragionamento non si può applicare alle lunghezze nella direzione del moto, perché in questo caso, quando i due righelli si incontrano, l’incrocio tra questi non è istantaneo. Per misurare la lunghezza del righello in moto, un osservatore deve rilevare l’intervallo di tempo proprio di passaggio ∆t0 dei suoi estremi. Il tempo di passaggio è diverso nei due sistemi di riferimento e la simmetria richiesta tra i due osservatori si mantiene proprio in virtù della contrazione delle lunghezze nella direzione del moto. 5 La quantità di moto relativistica La legge di conservazione della quantità di moto stabilisce che la quantità di moto totale di un sistema isolato rimane costante nel tempo. La conservazione della quantità di moto è una legge fsica e quindi, in accordo con il principio di relatività, è valida in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Ovvero, se la quantità di moto totale si conserva in un determinato sistema di riferimento inerziale, si conserva anche in tutti gli altri. Come esempio di conservazione della quantità di moto, immaginiamo che un gruppo di persone stia osservando l’urto tra due bocce su un tavolo da biliardo privo di attrito. Una persona è ferma accanto al tavolo e un’altra si muove a fanco del tavolo con velocità costante. Poiché le due bocce costituiscono un sistema isolato, il principio di relatività richiede che per ciascun osservatore la quantità di moto totale sia la 907 21 La reLatività ristretta → stessa prima, durante e dopo l’urto. Nella dinamica classica la quantità di moto q di → → → un corpo è defnita come il prodotto tra la sua massa m e la sua velocità v : q = m v . Questa defnizione risulta adeguata quando le velocità in gioco sono sensibilmente inferiori alla velocità della luce. Quando invece le velocità sono prossime a c, l’analisi dell’urto dimostra che la quantità di moto totale defnita come prodotto di massa e velocità non si conserva in tutti i sistemi di riferimento inerziali. La legge di conservazione vale se la quantità di → moto relativistica, generalmente indicata con p , è defnita nel modo seguente: 5,0 4,0 3,0 2,0 Quantità di moto relativistica = Quantità di moto non relativistica 1 1 – v2/c2 capitolo Quantità di moto relativistica 1,0 0,2c 0,4c 0,6c Velocità, v 0,8c c Figura 10 In questo grafco è riportato l’aumento del rapporto tra i moduli delle quantità di moto relativistica e classica quando la velocità del corpo si avvicina alla velocità della luce. → mv _____ p = _________ v2 1 − __2 c → √ (3) La quantità di moto relativistica totale di un sistema isolato si conserva in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Dall’equazione (3) si può notare ______ che le quantità di moto relativistica e non relativistica sono diverse per il fattore √ 1 − v 2/c 2 , lo stesso che è presente nelle equazioni per la dilatazione temporale e per la contrazione delle lunghezze. Poiché tale fattore è inferiore a 1 e nell’equazione (3) compare al denominatore, si può dedurre che la quantità di moto relativistica è sempre maggiore rispetto a quella classica. Per illustrare come le due quantità differiscono al crescere della velocità, la fgura 10 mostra l’andamento del rapporto tra i moduli delle quantità di moto (relativistica/classica) in funzione della velocità v. Secondo l’equazione (3), tale rapporto vale proprio 1 _________ _____ v2 1 − __2 c Il grafco rende evidente che per velocità ordinarie, come quelle di un’auto o di un aereo, le quantità di moto relativistica e classica sono quasi uguali, in quanto il loro rapporto è circa 1. Di conseguenza, a velocità molto minori di quella della luce, per descrivere un urto può essere usata sia la quantità di moto classica sia quella relativistica. Quando invece la velocità del corpo è paragonabile a quella della luce, la quantità di moto relativistica risulta sensibilmente maggiore di quella classica e il suo utilizzo diventa necessario. √ Acceleratore di particelle eseMPiO 5 Usiamo l’acceleratore di stanford L’acceleratore di particelle dell’Università di Stanford (fgura 11) è lungo 3 km e accelera gli elettroni fno a velocità pari a 0,999 999 999 7 c. ▸ Determina il modulo della quantità di moto relativistica che un elettrone pos- siede all’uscita dall’acceleratore e paragonalo con il corrispondente valore non relativistico. il ragionamento e la soluzione Il modulo della quantità di moto relativistica dell’elettrone può essere ricavato dall’equazione (3), ricordando che la massa m dell’elettrone è 9,11 ∙ 10−31 kg: © Bill Marsh / Photo Researchers, Inc. mv (9,11 ∙ 10−31 kg)(0,999 999 999 7 c) _____ = ________________ _______ p = _________ = 1 ∙ 10−17 kg ∙ m/s 2 2 0,999 999 999 7 c v 1 − _______________ 1 − __2 ( ) c c √ √ Tale valore coincide con quello misurato sperimentalmente. La quantità di moto relativistica è maggiore di quella non relativistica per il fattore Figura 11 L’acceleratore lineare di Stanford, lungo 3 km, accelera gli elettroni fno a velocità molto vicine a quella della luce. 908 1 1 _________ _____ = ________________ _______ = 4 ∙ 104 2 0,999 999 999 7 c 2 v 1 − _______________ 1 − __2 ( ) c c √ √ capitolo La reLatività ristretta L’equivalenza tra massa ed energia 6 ■ 21 L’energia totale di un corpo Uno dei risultati più sorprendenti della relatività ristretta è l’equivalenza tra massa ed energia, nel senso che un aumento o una diminuzione di massa può essere visto in modo equivalente come un guadagno o una perdita di energia. Consideriamo, per esempio, un corpo di massa m in moto a velocità v. Einstein ha dimostrato che l’energia totale E dell’oggetto in movimento è legata alla sua massa e alla sua velocità tramite la seguente relazione: Energia totale di un corpo mc2 _____ E=_ v2 1 − __2 c (4) √ Per comprendere meglio l’equazione (4), consideriamo il caso particolare in cui il corpo è fermo. Quando v = 0 m/s, l’energia totale viene detta energia a riposo E 0 , e l’equazione (4) si riduce all’ormai famosa equazione di Einstein: Energia a riposo di un corpo E 0 = mc 2 (5) L’energia a riposo rappresenta l’energia «equivalente» alla massa di un oggetto fermo. Come viene mostrato nell’esempio 6, una massa anche piccola ha per equivalente un’enorme quantità di energia. eseMPiO 6 Una lampadina accesa per milioni di anni! Figura 12 Una pallina da golf di 0,046 kg è posta sul green, come in fgura 12. L’energia a riposo di una pallina da golf è suffciente per mantenere accesa una lampadina da 75 W per un tempo lunghissimo. ▸ Se fosse possibile utilizzare l’energia a riposo della pallina per alimentare una lampadina da 75 W, per quanto tempo rimarrebbe accesa la lampadina? Energia a riposo il ragionamento La potenza media che alimenta la lampadina è 75 W = 75 J/s. Quindi il tempo durante il quale la lampadina rimane accesa è pari all’energia totale fornita divisa per l’energia al secondo (ovvero la potenza) con cui viene alimentata. Questa energia proviene dall’energia a riposo della pallina da golf, che è uguale alla sua massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato. i dati e le incognite Dati incognita Grandezze simboli valori Massa della pallina da golf m 0,046 kg Potenza media che alimenta la lampadina ø P Commenti 75 W Tempo di accensione ∆t della lampadina 909 capitolo 21 La reLatività ristretta il modello del problema sintesi del modello 1 Potenza – La potenza media P è uguale all’energia fornita alla lampadina divisa per l’in– tervallo di tempo ∆t , ovvero P = energia /∆t. In questo caso l’energia proviene – dall’energia a riposo E 0 della pallina da golf, quindi P = E 0 /∆t, da cui segue E0 ∆t = __ – P Grandezza da determinare: E 0 E0 ∆t = __ – P L’energia a riposo E 0 è l’energia totale della pallina da golf ferma sul green; per la (5) vale E0 ∆t = __ – P (a) 2 energia a riposo E 0 = mc 2 (b) E 0 = mc 2 La soluzione Combinando i passaggi si ottiene algebricamente 1 2 ↓ __ E 0 ↓ ___ mc2 ∆t = – = – P P Numericamente risulta m c 2 ________________ (0,046 kg)(3,0 ∙ 108 m/s)2 = 5,5 ∙ 1013 s ∆t = ___ – = 75 W P Espresso in anni (1 anno = 3,2 ∙ 107 s), questo tempo equivale a 1 anno (5,5 ∙ 10 13 s) ______ = 1,7 ∙ 106 anni (3,2 ∙ 107 s) ovvero 1,7 milioni di anni! ■ energia cinetica relativistica Quando un corpo viene accelerato da fermo fno a una velocità v, esso acquista energia cinetica, che si va ad aggiungere alla sua energia a riposo. L’energia totale E è la somma tra l’energia a riposo E 0 e l’energia cinetica K, ovvero E = E 0 + K. Quindi l’energia cinetica è la differenza tra l’energia totale del corpo e la sua energia a riposo. Usando le equazioni (4) e (5) possiamo scrivere l’energia cinetica nel modo seguente: ⎛ ⎞ 1 _____ − 1 K = E − E 0 = mc 2 _ 2 v 1 − __2 ⎝ ⎠ c ⎜ √ ⎟ (6) Questa è l’espressione corretta dal punto di vista relativistico per l’energia cinetica di un corpo di massa m in moto con velocità v. Apparentemente l’equazione (6) non ha nulla a che vedere con l’energia cinetica classica. Tuttavia, per velocità molto inferiori a quella della luce (v << c), l’espressione relativistica per l’energia cinetica si riduce proprio a K = mv 2/2. Per verifcarlo, cominciamo a porre la frazione dell’equazione (6) nella forma 910 capitolo 1 1 v__ 2 −1/2 _ _____ = ____________ = 1 − 1/2 [ (c) ] v 2 v2 1 − __ 1 − __2 [ (c) ] c √ 21 La reLatività ristretta (7) Un importante risultato dell’analisi matematica dimostrato da Newton stabilisce che, quando |x| < 1, il binomio (1 − x)n può essere approssimato con la somma n(n − 1) (1 − x)n = 1 − nx + _ x 2 + ... 2 (8) e che l’approssimazione è tanto migliore quanto più piccolo è x. Il membro di destra dell’equazione (7) può essere posto nella forma (1 − x)n in cui x = v 2/c 2 e n = −1/2. Quindi v 2 −1/2 1 v2 3 v2 2 1 − __ = 1 + _ __2 + _ __2 + ... 2 (c ) 8 (c ) [ (c) ] Nel moto di oggetti macroscopici, il termine v 2/c 2 è sempre molto piccolo. Per esempio, la fantastica velocità di 3000 km/s dà luogo a un termine v 2/c 2 = 0,01. In questo caso, il secondo termine dello sviluppo vale 1 __ v2 _ = 5,0 ∙ 10−5 2 (c 2) mentre il terzo termine ha un valore decisamente molto inferiore 3 __ v2 2 _ = 3,8 ∙ 10−9 8 (c 2) I termini successivi sono ancora più piccoli, quindi se v << c possiamo trascurare il terzo termine dello sviluppo e tutti i successivi rispetto ai primi due. Sostituendo tali termini nell’equazione (6) si ottiene 1 v2 1 K ≈ m c 2 1 + __ __2 − 1 = __ m v 2 ( ) 2 2c che è l’espressione classica dell’energia cinetica. Tuttavia, l’equazione (6) fornisce l’energia cinetica corretta per qualsiasi velocità e deve essere usata per velocità prossime a quella della luce. eseMPiO 7 Un elettrone ultraveloce In un acceleratore di particelle un elettrone (m = 9,109 ∙ 10−31 kg) è accelerato da fermo fno a una velocità di 0,9995 c. Calcola ▸ l’energia a riposo dell’elettrone. ▸ la sua energia totale; ▸ la sua energia cinetica in milioni di elettronvolt (MeV). il ragionamento e la soluzione ▸ L’energia a riposo dell’elettrone è E 0 = mc 2 = (9,109 ∙ 10−31 kg)(2,998 ∙ 108 m/s)2 = 8,187 ∙ 10−14 J Poiché 1 eV = 1,602 ∙ 10−19 J, l’energia a risposo dell’elettrone è 1 eV = E 0 = (8,187 ∙ 10−14 J) _______ (1,602 ∙ 10−19 J) = 5,11 ∙ 105 eV = 0,511 MeV 911 capitolo 21 La reLatività ristretta ▸ L’energia totale di un elettrone in moto a una velocità v = 0,9995 c è mc2 (9,109 ∙ 10−31 kg)(2,998 ∙ 108 m/s)2 _____ = ______________________________ ___________ E=_ = 2 v 0,995 c 2 __ ______ 1− 2 1− ( c ) c √ √ = 8,19 ∙ 10−13 J = 5,1 MeV ▸ L’energia cinetica è la differenza tra l’energia totale e quella a riposo: K = E − E 0 = 8,19 ∙ 10−13 J − 8,2 ∙ 10−14 J = 7,37 ∙ 10−13 J = 4,6 MeV Per confronto, se l’energia cinetica fosse stata calcolata con la formula mv 2/2 si sarebbe ottenuto un valore di soli 0,26 MeV. Vista l’equivalenza tra massa ed energia, ogni variazione di una di queste grandezze è accompagnata da una corrispondente variazione dell’altra. Per esempio, la vita sulla Terra dipende dall’energia elettromagnetica proveniente dal Sole. Dal momento che il Sole rilascia energia (fgura 13), si deve verifcare un calo nella sua massa. L’esempio 8 illustra come determinare tale diminuzione. Figura 13 © Leon Golub/ Photo Researchers © Mark Marten / NASA / Photo Researchers Il Sole emette un largo spettro di energia elettromagnetica. Queste fotografe sono state ottenute utilizzando le regioni dello spettro elettromagnetico in esse indicate. Immagine nel visibile Immagine ai raggi X eseMPiO 8 il sole sta dimagrendo... Il Sole irradia energia elettromagnetica con potenza 3,92 ∙ 1026 W. La massa del Sole è M S = 1,99 ∙ 1030 kg. ▸ Quanto varia la massa solare per ogni secondo di irradiamento? ▸ Quale frazione di tale massa va perduta in un periodo pari alla vita media di un uomo (75 anni)? il ragionamento Poiché 1 W = 1 J/s, la quantità di energia elettromagnetica irradiata in 1 s è pari a 3,92 ∙ 1026 J. Quindi, ogni secondo l’energia a riposo del Sole diminuisce di tale quantità. La variazione ∆E 0 nell’energia a riposo del Sole è legata al cambio della sua massa ∆m dalla formula ∆E 0 = (∆m)c 2. La soluzione ▸ Per ogni secondo di irraggiamento del Sole, la variazione della sua massa è ∆E 0 __________ 3,92 ∙ 1026 J = = 4,36 ∙ 109 kg ∆m = ____ c2 (3,00 ∙ 108 m/s)2 912 capitolo 21 La reLatività ristretta Ogni secondo il Sole perde oltre 4 miliardi di kilogrammi della sua massa. ▸ La quantità di massa persa dal Sole in 75 anni è 3,16 ∙ 107 s ∆m = (4,36 ∙ 109 kg/s) _______ (75 anni) = 1,0 ∙ 10 19 kg ( 1 anno ) Benché sia una massa considerevole, essa rappresenta soltanto una minuscola frazione della massa complessiva del Sole: ∆m 1,0 ∙ 1019 kg ___ = __________ = 5,0 ∙ 10−12 m S 1,99 ∙ 1030 kg Ogni variazione nell’energia a riposo di un sistema produce un cambio nella massa del sistema stesso secondo la formula ∆E 0 = (∆m)c 2. Non ha importanza il tipo di energia che subisce la variazione (elettromagnetica, potenziale, termica e così via). Sebbene ogni variazione di energia produca una variazione di massa, nella maggior parte dei casi tale cambio è troppo piccolo per essere riscontrato. Per esempio, utilizzando 4186 J di calore per aumentare di 1 °C la temperatura di 1 kg d’acqua, la variazione di massa corrispondente è solo ∆E 0 __________ 4186 J ∆m = ____ = = 4,7 ∙ 10−14 kg 2 c (3,00 ∙ 108 m/s)2 È anche possibile trasformare la materia in «altre» forme di energia. Come vedremo, per esempio, il positrone ha la stessa massa di un elettrone, ma carica elettrica opposta. Se queste due particelle materiali urtano, si annichilano e viene prodotto un lampo di radiazione elettromagnetica. La materia viene così trasformata in onde elettromagnetiche, la cui energia complessiva equivale all’energia totale delle due particelle che si sono urtate. La tecnica di diagnostica medica nota come tomografa a emissione di positroni, o PET, utilizza l’energia elettromagnetica prodotta quando un positrone e un elettrone si annichilano. Accade anche che la radiazione elettromagnetica si trasformi in materia. In un esperimento, può avvenire che un’onda elettromagnetica dotata di energia molto elevata, ovvero un raggio gamma, passi in prossimità di un nucleo atomico. Se il raggio gamma ha energia suffciente, può creare un elettrone e un positrone. Il raggio gamma scompare e al suo posto compaiono le due particelle materiali. Il nucleo nelle cui vicinanze è avvenuta la reazione assorbe una parte della quantità di moto, ma per il resto rimane invariato. I processi in cui un raggio gamma si trasforma in due particelle sono noti come produzioni di coppie. ■ relazione tra energia totale e quantità di moto È possibile ricavare un’utile relazione tra l’energia totale E e la quantità di moto p relativistiche. Scriviamo l’equazione (3) nella forma m p _ _____ = _ 2 v v 1 − __2 c √ Utilizzando tale formula, l’equazione (4) per l’energia totale diventa mc2 pc2 _____ = __ E=_ v v2 1 − __2 c √ ovvero v_ _ pc = c E 913 capitolo 21 La reLatività ristretta Sostituendo questa espressione per v/c nell’equazione (4) si ottiene mc2 mc2 _____ = _________ ______ E=_ v2 p 2c 2 1 − __2 1 − ____ c E2 √ √ ovvero m 2c 4 E 2 = ____ p 2c 2 1 − ____ E2 Se ricaviamo E 2 da questa espressione risulta che E 2 = p 2c 2 + m 2c 4 ■ (9) La velocità della luce è la massima velocità possibile Una delle più importanti conseguenze della teoria della relatività ristretta è che gli oggetti dotati di massa non possono raggiungere la velocità della luce nel vuoto. Quindi, la velocità della luce rappresenta la più alta velocità possibile. Consideriamo infatti l’equazione (6), che fornisce l’energia cinetica di un______ oggetto in movimento. Quando v si avvicina alla velocità della luce c, il termine √ 1 − v 2/c 2 presente al denominatore tende a zero. Di conseguenza l’energia cinetica tende a diventare infnitamente grande. Tuttavia, come sappiamo dal teorema dell’energia cinetica, è necessario un lavoro infnito per fornire al corpo un’energia cinetica infnita. Dal momento che è impossibile compiere un lavoro infnito, concludiamo che gli oggetti dotati di massa non possono raggiungere la velocità della luce c. 7 La composizione relativistica delle velocità Consideriamo la situazione illustrata in fgura 14, in cui un furgone si muove con velocità costante v 1 = +15 m/s e un passeggero lancia in avanti una pallina da tennis alla velocità v 2 = +8,0 m/s rispetto al furgone. Secondo la dinamica classica, un osservatore a Terra vede la pallina avvicinarsi alla velocità v = v 2 + v 1 = +8,0 m/s + 15 m/s = +23 m/s v2 = +8,0 m/s Figura 14 v1 = +15 m/s Il furgone si avvicina all’osservatore fermo rispetto a terra a una velocità relativa v 1 = +15 m/s. La velocità della pallina da tennis rispetto al furgone è v 2 = +8,0 m/s. Osservatore a terra Secondo la relatività ristretta questa previsione non è corretta. Infatti, se la velocità del furgone è suffcientemente vicina a quella della luce, dall’equazione v = v 1 + v 2 deriva che l’osservatore a terra vede la palla muoversi a una velocità superiore a quella della luce. Ciò non è possibile, dal momento che nessun oggetto dotato di massa può muoversi più velocemente della luce. La legge relativistica di composizione delle velocità è la seguente: Composizione delle velocità 914 v1 + v2 v = _______ v1 v2 1 + ____ c2 (10) capitolo 21 La reLatività ristretta dove i simboli hanno il seguente signifcato: • • • v = velocità di un oggetto rispetto al sistema di riferimento S; v 1 = velocità dell’oggetto rispetto al sistema di riferimento S′; v 2 = velocità del sistema S′ rispetto al sistema S. Le velocità possono avere valori positivi o negativi a seconda che abbiano verso coincidente od opposto rispetto a quello scelto come «positivo». L’equazione (10) differisce dalla formula non relativistica (v = v 1 + v 2) per il denominatore v 1v 2 1+_ c2 che tiene conto degli effetti della dilatazione temporale e della contrazione delle lunghezze. Quando v 1 e v 2 sono piccole rispetto a c, si ha v 1v 2 1+_ ≈1 c2 e la formula per la composizione delle velocità si riduce a v ≈ v 1 + v 2 . eseMPiO 9 Mai più veloce della luce! Immaginiamo che un’astronave si avvicini a un pianeta alla velocità v 2 = +0,8 c. Dall’astronave è lanciato verso il pianeta un razzo di segnalazione con una velocità v 1 = +0,5 c rispetto all’astronave. ▸ Qual è la velocità v del razzo rispetto a un osservatore in quiete sul pia- neta? il ragionamento e la soluzione L’osservatore che si trova sul pianeta non vede il razzo avvicinarsi alla velocità v = 0,5 c + 0,8 c = 1,3 c ma alla velocità v1 + v2 0,5 c + 0,8 c v = _______ = ________________ = 0,93 c v v (0, 5 c)(0,8 c) 1 2 1 + ___________ 1 + ___ 2 c c2 v1 = +c v2 Figura 15 Osservatore a terra La velocità della luce emessa dalla torcia è c sia rispetto al furgone sia rispetto all’osservatore a terra. La formula per la composizione delle velocità è consistente con il principio di invarianza della velocità della luce. Esaminiamo la fgura 15, in cui una persona, a bordo di un furgone che si muove a velocità v 2 rispetto a terra, tiene in mano una torcia accesa. La velocità della luce rispetto alla torcia è v 1 = +c. La velocità della luce v per un osservatore fermo rispetto a terra è fornita dalla formula di addizione delle velocità: v1 + v2 c + v2 (c + v 2) c v = __________ = _________ = _______ = c c + v2 v1 v2 c v2 1 + ______ 1 + ____ 2 2 c c dove v 2 è la velocità del furgone rispetto al terreno. In tal modo, la composizione relativistica delle velocità indica che la persona a terra e quella sul furgone misurano la stessa velocità della luce c, indipendentemente dalla loro velocità relativa. Questo è proprio ciò che afferma il principio di invarianza della velocità della luce. 915 i fisici albert einstein Albert Einstein nacque nella città tedesca di Ulm il 14 marzo 1879. Manifestò spiccati interessi scientifci fn da ragazzo. Completati gli studi secondari in Svizzera, si laureò in fsica al Politecnico di Zurigo nel 1900. L’anno dopo divenne cittadino svizzero e nel 1902, non riuscendo a trovare una posizione accademica, si impiegò all’Uffcio Brevetti di Berna. ■ L’Annus mirabilis (1905): dalla relatività ristretta alla relatività generale Il decennio 1895-1905 fu segnato da grandi scoperte, come i raggi X, la radioattività e l’elettrone. Nel 1900 il tedesco Max Planck spiegò lo spettro del corpo nero, dando origine alla teoria dei quanti. Nel 1905 Einstein lasciò la sua prima impronta nella fsica degli anni a venire con tre articoli fondamentali. Tutti e tre partivano dall’esigenza di rimuovere delle incongruenze nel modo di trattare certi fenomeni che portò Einstein a guardare con occhio nuovo ai fondamenti della fsica, pronto a metterli in discussione. Einstein a Vienna nel 1921. 916 Nel primo lavoro Einstein ipotizzava che la luce potesse avere una duplice natura, corpuscolare e ondulatoria, e che in certi fenomeni prevalesse il primo aspetto, ovvero quello di un insieme di «quanti di luce», battezzati in seguito fotoni. Einstein applicò l’ipotesi a fenomeni come l’effetto fotoelettrico, cioè l’estrazione di elettroni dalla superfcie di un metallo da parte di radiazione di data lunghezza d’onda. La sua spiegazione fu confermata sperimentalmente dall’americano Millikan nel 1916, e fu la motivazione principale del premio Nobel che Einstein ricevette per l’anno 1921. Tema del secondo articolo è il moto di particelle minutissime in sospensione in un liquido, detto moto browniano (scoperto nel 1827 dal botanico scozzese Robert Brown). Einstein ne costruì la teoria, considerando le particelle soggette agli urti dovuti all’agitazione termica delle molecole del liquido. La teoria fu verifcata nel 1909 dal francese Jean-Baptiste Perrin e contribuì all’affermazione dell’ipotesi della natura atomica della materia. Nel terzo articolo vedeva la luce la teoria della relatività ristretta, mentre la teoria della relatività generale fu una creazione molto più lunga e complessa, durata dal 1907 al 1915 (vedi la scheda relativa al tema). Dal 1909 Einstein fu chiamato a ricoprire importanti cattedre universitarie e fnì con lo stabilirsi a Berlino nel 1914. La conferma delle previsioni teoriche della relatività generale ottenute dalle misure compiute durante un’eclissi totale di Sole nel 1919 decretarono di colpo la nascita della fama mondiale di Einstein. ■ «Dio non gioca a dadi col mondo»: la teoria dei quanti Se la relatività fu la creazione d’un solo uomo, la teoria dei quanti, l’altra rivoluzione che caratterizzò la fsica del Novecento, fu la creazione di molti. L’anno successivo al lavoro sul quanto di luce, Einstein produsse una teoria quantistica che spiegava per la prima volta l’andamento dei calori specifci dei solidi con la temperatura, problema che aveva rappresentato un ostacolo insormontabile per la fsica classica. Nel 1916 scrisse un fonda- Einstein nell’osservatorio a lui dedicato, realizzato dall’architetto Mendelsohn a Potsdam nel 1924. capitolo mentale lavoro sull’interazione tra radiazione e materia che ebbe un ruolo di rilievo nello sviluppo della teoria quantistica della radiazione. Da questo flone di sviluppi sarebbero scaturite invenzioni come il laser (anni ’60) che oggi troviamo in molti oggetti d’uso comune, come stampanti o lettori di CD. A quarantasei anni, Einstein diede il suo ultimo contributo alla teoria dei quanti, elaborando alcune idee del fsico indiano Satyendra N. Bose e costruendo la teoria del comportamento statistico di un insieme di particelle aventi, come si dice, spin intero (statistica di Bose-Einstein). Einstein non partecipò alla costruzione della meccanica quantistica propriamente detta, sviluppatasi tra il 1925 e il 1927. Già da qualche anno manifestava disagio per l’intrinseco carattere probabilistico della teoria dei quanti, disagio che espresse proprio con la frase «Dio non gioca a dadi col mondo», e che lo portò a un intenso dibattito sui fondamenti della fsica col danese Niels Bohr. Einstein avrebbe in seguito insistito nell’affermare l’incompletezza della meccanica quantistica, che se- condo lui non rappresentava quella costruzione defnitiva oramai largamente accettata come tale dalla comunità dei fsici. ■ Pensatore e pacifista Nel dicembre 1932, poco prima dell’avvento di Hitler al potere, Einstein lasciò Berlino e la Germania per trasferirsi negli Stati Uniti all’Institute for Advanced Study di Princeton. Nell’ultima parte della vita si dedicò alla «teoria di campo unifcato», che si poneva gli obiettivi di risolvere il dualismo onda-particella e di descrivere un unico campo che, in casi particolari, potesse scindersi nel campo gravitazionale e in quello elettromagnetico. I risultati furono insoddisfacenti ed Einstein divenne sempre più isolato rispetto al tumultuoso sviluppo della fsica. Einstein è stato fautore di una fsica «dei princìpi», nella quale l’ipotesi flosofca di fondo è che la natura obbedisca a princìpi semplici e universali: il caso tipico di tali teorie è la termodinamica, alla cui struttura Einstein si ispirò per la relatività ristretta. Le teorie «dei princìpi» si contrap- Einstein insieme al premio Nobel indiano per la letteratura Rabindranath Tagore, a Berlino nel 1930. 21 La reLatività ristretta pongono alle teorie «costruttive», nelle quali vengono costruiti modelli apposta per spiegare intere classi di fenomeni e continuamente vengono aggiunte ipotesi ad hoc per rendere conto delle incongruenze. Ne sono un esempio le teorie ottocentesche nelle quali vengono ipotizzate proprietà particolari dell’etere e della materia per rendere conto dei fenomeni ottici ed elettromagnetici osservati. La celebrità rese Einstein un personaggio pubblico. Le sue prese di posizione furono improntate al pacifsmo e a spirito libertario. Nel 1939, su iniziativa dell’ungherese Leo Szilard, Einstein frmò una lettera al presidente degli Stati Uniti Roosevelt allo scopo di richiamarne l’attenzione sulle potenzialità belliche delle recenti scoperte in fsica nucleare, incluse le ricerche di Enrico Fermi, da poco emigrato negli Stati Uniti. L’ultimo pronunciamento pubblico fu la frma di un manifesto contro il riarmo nucleare. Einstein si sposò due volte, ed ebbe due fgli dalla prima moglie. Morì il 18 aprile 1955. Le sue ceneri vennero disperse in un luogo tenuto segreto. Einstein durante un’apparizione televisiva del 1950 in cui si pronuncia contro l’uso delle armi atomiche. 917 La storia di un’idea La teoria della relatività ■ La relatività ristretta Nella meccanica di Galilei-Newton, la → → → velocità v di un corpo diviene v + V (trasformazione galileiana) se passiamo da un sistema di riferimento inerziale a un altro, in moto rispetto al → primo con velocità uniforme V . Le leggi del moto sono invarianti per trasformazioni di questo tipo (invarianza galileiana). Nell’elettromagnetismo di Maxwell, invece, la velocità c della luce nel vuoto è una costante universale. Negli ultimi decenni dell’Ottocento sembrava così che le leggi dell’elettromagnetismo dovessero valere esattamente solo in un sistema di riferimento assoluto, identifcato con l’«etere». Era dunque una questione di primaria importanza dimostrarne l’esistenza trovando traccia del moto della Terra rispetto all’etere, ovvero del cosiddetto «vento d’etere». Inoltre, le equazioni di Maxwell non erano invarianti per trasformazioni galileiane del sistema di riferimento. Sembravano dunque esservi profonde differenze nei princìpi-base cui obbedivano meccanica ed elettromagnetismo. Per tutto il XIX secolo si era creduto all’ipotesi di Fresnel del trasci- Il fsico olandese Hendrik A. Lorentz. 918 namento parziale dell’etere da parte dei corpi in moto, confermata da vari esperimenti, accurati tutti al primo ordine in v/c (ovvero capaci di rivelare effetti che dipendono dalla prima potenza del piccolissimo rapporto v/c, nel quale v è la velocità del corpo rispetto all’etere). L’ipotesi spiegava l’assenza del «vento d’etere» nel moto terrestre (in tal caso v è la velocità della Terra). Tuttavia, neanche gli esperimenti condotti nel 1881 e nel 1887 dall’americano Albert A. Michelson, accurati al secondo ordine in v/c, avevano mostrato traccia del moto della Terra rispetto all’etere. Nel 1892 l’olandese Hendrik A. Lorentz giustifcò questo risultato con l’ipotesi ad hoc che il moto rispetto all’etere facesse contrarre i corpi nella direzione del moto di un fattore pari a ______ √ 1 − v 2/c 2 L’ipotesi di Lorentz era di tipo dinamico, scaturiva cioè da un’interazione tra l’etere e le cariche elettriche da cui si supponeva formata la materia. Nel suo lavoro del 1905 Einstein affrontò il problema in modo originale, discutendo la questione da un punto di vista cinematico. Egli dimostrò Einstein e Lorentz a Leiden nel 1921. che la nozione di simultaneità tra due eventi dipende dal sistema di riferimento in cui ci si trova: due eventi simultanei per un osservatore in un sistema di riferimento, come un osservatore sulla banchina di una stazione ferroviaria, non lo sono per un altro osservatore che si trova su un treno che passa lungo la banchina. Ne scaturiva la teoria, semplice ed elegante, della relatività ristretta, basata sui seguenti postulati: 1) tutte le leggi fsiche (non solo quelle della meccanica) hanno la stessa forma in ogni riferimento inerziale; 2) la velocità della luce c nel vuoto è una costante in tutti i sistemi di riferimento. Veniva così rimossa l’incongruenza tra le leggi di trasformazione di coordinate valide per i fenomeni meccanici e quelle valide per i fenomeni elettromagnetici; esse non erano più le trasformazioni galileiane, ma le cosiddette «trasformazioni di Lorentz». La contrazione dei corpi nella direzione del moto scaturiva in maniera naturale dal riesame dei concetti fondamentali e non doveva essere aggiunta come ipotesi ad hoc. Lo stesso accadeva per la forza alla quale era soggetta una carica in un campo elettro- capitolo magnetico (forza di Lorentz): nella relatività einsteiniana essa scaturiva in modo naturale dalle leggi di trasformazione dell’equazione del moto di una carica elettrica. Un’altra conseguenza era la dilatazione dei tempi: se t 0 è un intervallo di tempo misurato in un riferimento in ______ quiete, esso apparirà pari a t = t 0 /√ 1 − v 2/c 2 in un riferimento in moto rispetto al primo con velocità v. In un successivo lavoro del 1905 Einstein derivava per la prima volta, come conseguenza della relatività, la formula che dà l’equivalenza tra massa m ed energia E: E = mc 2 classica per velocità piccole rispetto a quella della luce, ovvero in tutti i casi in cui si può trascurare v/c rispetto all’unità. Nel 1908 il matematico Hermann Minkowski dette un’esposizione della relatività mettendo sullo stesso piano le coordinate spaziali e la coordinata temporale, dando così origine, in una sorta di fusione tra spazio e tempo, al cosiddetto continuo spazio-temporale, come alla sede geometricamente più appropriata per descrivere i fenomeni fsici. ■ «il pensiero più felice della mia vita»: la relatività generale Il valore della velocità della luce nel vuoto è anche il massimo valore di velocità al quale può propagarsi un segnale. Ne segue un importante cambiamento rispetto alla meccanica newtoniana: mentre in questa teoria la propagazione della forza è istantanea, dalla relatività ristretta in poi si è dovuto tener conto del fatto che un’interazione può al massimo propagarsi alla velocità c. Va infne osservato che la meccanica cui dà luogo la teoria della relatività ristretta si riduce alla meccanica Meditando su come includere la gravitazione nella teoria della relatività, nel 1907 occorse ad Einstein quello che avrebbe chiamato in seguito «il pensiero più felice della mia vita»: un uomo che cade dal tetto di una casa non sente il proprio peso. Si potrebbe dire che un uomo a cui accada ciò abbia cose più urgenti di cui preoccuparsi, ma l’eccezionale signifcato fsico di questa intuizione era che il moto uniformemente accelerato era equivalente all’effetto prodotto da un campo Hermann Minkowski, teorico del continuo spazio-temporale. Negativo dell’eclissi solare fotografata da Arthur Eddington nel 1919. 21 La reLatività ristretta gravitazionale. Cominciava un periodo di diffcile transizione dal particolare al generale, al termine del quale, sul fnire del 1915, Einstein pervenne all’enunciato fnale della sua teoria della relatività generale, che si presentava come una teoria del continuo spazio-temporale in presenza di gravitazione. In essa le proprietà geometriche dello spazio-tempo a quattro dimensioni non sono costanti, ma dipendono dalla distribuzione delle masse che vi si trovano e dal loro moto. La teoria newtoniana della gravitazione può essere considerata come un caso limite della relatività generale. La nuova teoria prevedeva tre effetti. Uno era il corretto valore per l’anomala velocità di precessione del perielio di Mercurio (nota da un’ottantina d’anni, e inspiegabile con la legge di gravitazione universale di Newton). Un altro era lo spostamento verso il rosso della radiazione elettromagnetica emessa da una sorgente che passa da una regione a più basso a una regione a più alto potenziale gravitazionale. Il terzo effetto era l’incurvamento dei raggi luminosi che passano vicino al bordo di una massa come quella del Sole. Esso fu misurato da due spedizioni mandate a osservare l’eclisse totale di Sole del 29 maggio 1919: una di queste era guidata dallo scienziato britannico Arthur S. Eddington il quale, nella riunione della Royal Society di Londra del 6 novembre 1919, annunciò che la relatività generale di Einstein era confermata. L’indomani il Times dette la notizia e Einstein divenne di colpo una celebrità mondiale. Le previsioni della teoria della relatività ristretta e generale hanno retto a tutte le verifche sperimentali e rappresentano uno dei capisaldi della fsica moderna. 919 capitolo 21 La reLatività ristretta L’ordine di grandezza Quale massa bisognerebbe convertire in energia per sviluppare la potenza necessaria a far decollare uno Space Shuttle? © Bill Howe / Alamy Per calcolare quanta massa bisognerebbe convertire in energia per avere a disposizione la potenza necessaria a far decollare uno space shuttle, bisogna dividere l’energia sviluppata durante il lancio dello space shuttle per la velocità della luce elevata al quadrato. il modello (massa da convertire in energia) = (energia che occorre spendere per mandare in orbita uno Space Shuttle) / (velocità della luce)2 i numeri ▸ Energia che occorre spendere per mandare in orbita uno Space Shuttle = 1,16 ∙ 1013 J Un paragone Questa massa è un ordine di grandezza inferiore rispetto alla massa di una zanzara. Questo significa che, se potessimo convertire in modo completo massa in energia, per mandare in orbita uno Space Shuttle non dovremmo bruciare tremila tonnellate di carburante ma basterebbe convertire in energia un’ala di farfalla. ▸ Velocità della luce = 3 ∙ 108 m/s il risultato massa da convertire in energia = = (1,16 ∙ 1013 J) / (3 ∙ 108 m/s)2 = Le fonti = 1,3 ∙ 10−4 kg L’ordine di grandezza è: 10−4 kg La massa che bisognerebbe convertire in energia per produrre la potenza necessaria a far decollare uno Space Shuttle è pari a 1,3 ∙ 10−4 kg. stima l’ordine di grandezza ∙ Energia che occorre spendere per mandare in orbita uno Space Shuttle: Marc G. Millis, Energy considerations of hypothetical space drives, American Institute of Aeronautics and Astronautics (http://ntrs.nasa.gov/archive/nasa/casi.ntrs.nasa.gov/ 20070031912.pdf) il modello (frazione di energia) = (energia ottenuta convertendo una massa uguale a quella del tuo corpo) / (energia primaria consumata annualmente sulla Terra) i numeri se potessi convertire in energia una massa uguale a quella del tuo corpo, quale frazione dell’energia primaria consumata annualmente sulla terra ne ricaveresti? Energia ottenuta convertendo una massa uguale a quella del tuo corpo = (massa del tuo corpo) (velocità della luce)2 Energia primaria consumata annualmente sulla Terra = 5 ∙ 1020 J il risultato Frazione di energia = .................. % Le fonti ∙ Energia primaria consumata annualmente sulla Terra: US Energy Information Administration, International Energy Outlook 2014 (www.eia.gov/forecast/ieo/pdf/0484(2014).pdf) 920 capitolo I concetti fondamentali 1 Qual è la velocità della luce? Secondo la teoria di Maxwell, la luce è un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto alla velocità c = 3,00 ∙ 108 m/s. Essa è indipendente dalla velocità della sorgente che la emette e dal moto relativo tra sorgente e osservatore. 5 La reLatività ristretta Formule in 3 minuti E = mc2 Dilatazione del tempo e contrazione delle lunghezze La quantità di moto relativistica Un corpo di massa m, in moto con una velocità v, prossima a c, possiede una quantità di moto relativistica → mv → _____ p = _________ v2 1 − __2 c esperimento di Michelson-Morley: prova che gli ipotetici effetti dovuti alla presenza dell’etere, nella descrizione dei fenomeni luminosi, non esistono. 2 21 √ i postulati della relatività ristretta Postulati della relatività ristretta 1. Principio di relatività. Le leggi fsiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. 2. Principio di invarianza della velocità della luce. La velocità della luce nel vuoto, misurata in qualsiasi sistema inerziale, ha sempre lo stesso valore c, indipendentemente dalla velocità relativa fra la sorgente di luce e l’osservatore. 6 L’equivalenza tra massa ed energia energia totale: energia e massa sono equivalenti; l’energia totale di un oggetto avente massa m, in moto con una velocità v, è mc2 _____ E=_ v2 1 − __2 c √ La relatività della simultaneità Stabilire la simultaneità o meno di due eventi in punti diversi dipende dallo stato di moto dell’osservatore. energia a riposo E0: equivale all’energia totale di un corpo fermo 3 E 0 = mc 2 La relatività del tempo: dilatazione temporale sistema di riferimento: per registrare un evento fsico un osservatore usa un sistema di riferimento, costituito da un sistema di coordinate e un orologio. intervallo di tempo proprio ∆t 0 tra due eventi: è l’ intervallo di tempo misurato da un osservatore fermo rispetto agli eventi, che quindi li vede accadere nello stesso punto dello spazio. intervallo di tempo dilatato: un osservatore in moto rispetto agli eventi, che vede accadere gli eventi in punti differenti dello spazio, misura un intervallo di tempo dilatato ∆t 0 _____ ∆t = _________ v2 1 − __2 c energia cinetica: l’energia totale di un corpo è la somma della sua energia a riposo e della sua energia cinetica K. Quindi ⎛ ⎞ 1 _____ − 1 K = E − E 0 = mc 2 _ 2 v 1 − __2 ⎝ ⎠ c ⎜ E 2 = p 2c 2 + m 2c 4 velocità «limite»: un corpo di massa m non può raggiungere la velocità della luce, che è quindi una velocità «limite». dove v è la velocità relativa tra l’osservatore che misura ∆t 0 e l’osservatore che misura ∆t. La relatività delle distanze: contrazione delle lunghezze Lunghezza propria L 0 di un segmento: è quella misurata da un osservatore fermo rispetto gli estremi del segmento. Lunghezza contratta: un osservatore in moto con una velocità relativa v nella stessa direzione del segmento, misura una lunghezza contratta L = L0 √ _____ v2 1 − __2 c La contrazione si verifca solo lungo la direzione del moto relativo. Le dimensioni perpendicolari alla direzione del moto non subiscono contrazioni. ⎟ energia totale e quantità di moto: l’energia totale E e la quantità di moto p relativistiche di un corpo di massa m sono legate dalla relazione √ 4 √ 7 La composizione relativistica delle velocità Per corpi in moto lungo la stessa direzione la formula per la composizione delle velocità è v1 + v2 v = _________ v1 v2 1 + ____ c2 dove v è la velocità di un oggetto rispetto al sistema di riferimento S, v 1 è la velocità dell’oggetto rispetto al sistema di riferimento S′ e v 2 è la velocità del sistema S′ rispetto al sistema S. 921 capitolo 21 ESERCIZI La reLatività ristretta Problemi CHaLKBOarD viDeOs (Esercizi risolti in inglese) ▶ 3 La relatività del tempo: dilatazione temporale 1 Un velivolo ha una velocità di 0,75 c rispetto a Terra. I passeggeri misurano 37,0 ore per l’intervallo di tempo tra due eventi accaduti sulla Terra. 3 ▪▪▪ ▶ ▪▪▪ Quale durata avrebbero misurato per lo stesso intervallo se la velocità del loro veicolo fosse stata 0,94 c rispetto a Terra? 4 2 ▪▪▪ 5 ▪▪▪ Un’antenna radio sta ruotando e, misurata da Terra, compie una rivoluzione ogni 25 s. Gli strumenti a bordo di una navicella spaziale che si sta muovendo rispetto alla Terra con velocità v, misurano invece una rivoluzione ogni 40 s. Un agente a bordo di una «volante della polizia intergalattica» accende un lampeggiante rosso e osserva che emette un fash ogni 1,5 s. Una persona sulla Terra misura un periodo tra i fash di 2,5 s. ▶ ▪▪▪ Quanto vale il rapporto v/c tra la velocità v e la velocità della luce nel vuoto c? A quale velocità sta viaggiando la «volante della polizia» rispetto a Terra? Un oggetto di 6,00 kg oscilla all’estremità di una molla con costante elastica 88,0 N/m. Un osservatore sta viaggiando alla velocità di 1,90 ∙ 108 m/s relativamente all’ estremità fssa della molla. ▶ Qual è il periodo di oscillazione misurato dall’ osservatore? eseMPiO Un’astronave si allontana dalla Terra a velocità costante. Alla partenza il suo orologio di bordo era sincronizzato con il tempo UTC. L’ astronave manda un segnale orario alla Terra. Dopo che è passato un anno sulla Terra, l’astronave è in ritardo di un’ ora sul tempo UTC. ▶ Qual è la velocità dell’ astronave? La soluzione Il tempo dell’ astronave rilevato dalla Terra ritarda di un fattore che dipende dalla velocità: ∆t 0 _____ ⇒ ∆t = _________ v2 1 − __2 c √ ∆t _________ 1 _ = _____ ∆t 0 v2 1 − __2 c √ dove ∆t e l’intervallo di tempo rilevato sulla Terra rispetto al tempo ∆t 0 dell’orologio dell’astronave. Possiamo fare uso della seguente approssimazione 1 v 2 −1/2 1 __ v2 _ _ _____ = 1 − __ ≈ 1 + 2 (c 2) (c) ] v2 [ 1 − __2 c √ che è valida per velocità v non troppo vicine a c. Nel nostro caso, la differenza tra ∆t 0 e ∆t è un’ ora in un anno e poiché 1 anno = 8766 ore, si ha ∆t _ 8766 _ = = 1,000114 = 1 + 0, 000114 = 1 + 1,14 ∙ 10−4 ∆t 0 8765 Allora dovrà valere l’ uguaglianza 1 v2 1 + _ __2 = 1 + 1,14 ∙ 10−4 2 (c ) ovvero 1 __ v2 _ = 1,14 ∙ 10−4 2 (c 2) da cui si ricava ________ v_ = √ 2 (1,14 ∙ 10−4) = 1,5 ∙ 10−2 c Infne v = c(1,5 ∙ 10−2) = (3,00 ∙ 108 m/s)(1,5 ∙ 10−2) = 4,5 ∙ 106 m/s 922 ESERCIZI 6 ▪▪▪ 7 ▪▪▪ Una particella chiamata pione possiede una vita breve, dopo la quale decade in altre particelle. Supponi che un pione si muova alla velocità di 0,990 c e che un osservatore nel laboratorio misuri per il pione una vita di 3,5 ∙ 10−8 s. ▶ Qual è la durata della vita del pione per un ipotetico osservatore che si muova con esso? ▶ Per questo ipotetico osservatore, di quanto si sposta il pione nel laboratorio prima di decadere? Devi progettare una missione spaziale in cui un’astronave viaggia a velocità costante per sei mesi, valore misurato con un orologio a bordo del velivolo, e poi torna con la stessa velocità. ▶ 8 ▪▪▪ capitolo 9 12 ▪▪▪ Mentre sulla Terra la coltura ha prodotto 256 batteri, quanti se ne trovano su quella situata sul razzo, secondo l’osservatore terrestre? 10 ▪▪▪ 16 ▪▪▪ La relatività delle distanze: contrazione delle lunghezze Un turista cammina alla velocità di 1,3 m/s su una stradina lunga 9,0 km che fancheggia un vecchio canale. Qual è la distanza misurata dai viaggiatori a bordo dell’UFO? Per un orologio posto a bordo della navicella, quanto durerà il viaggio? Esprimi la risposta in anni (1 anno = 3,16 ∙ 107 s). 13 ▪▪▪ Un’astronave sfreccia nel cielo a una velocità di 0,90 c rispetto alla Terra. Un osservatore terrestre misura una lunghezza dell’astronave, lungo la direzione del suo moto, pari a 230 m. ▶ 14 ▪▪▪ 15 ▪▪▪ 4 Se la velocità della luce nel vuoto valesse 3,0 m/s, quanto sarebbe lunga la stradina per il turista? La distanza fra la Terra e il centro della nostra galassia misurata da un osservatore terrestre è di circa 23 000 anni luce (1 anno luce = 9,47 ∙ 10 15 m). Una navicella spaziale affronta questo viaggio a una velocità di 0,9990 c. ▶ Osservato sulla Terra, un certo tipo di batterio si riproduce raddoppiando la propria popolazione in 24,0 ore. Vengono preparate due colture di questo batterio, costituite entrambe inizialmente da un esemplare. Una è lasciata sulla Terra è l’ altra è messa su un razzo che si muove rispetto a Terra con una velocità pari a 0,866 c. ▶ La reLatività ristretta Supponi che la distanza in linea retta fra New York e San Francisco sia 4,11 ∙ 106 m (ignora la curvatura della Terra). Un UFO sta volando tra le due città alla velocità di 0,75 c rispetto alla Terra. ▶ Determina (in secondi) la differenza tra la durata del viaggio registrata da un orologio terrestre e da uno posto sul velivolo spaziale. Suggerimento: quando v << c, si può usare la seguente ______ approssimazione √ 1 − v 2/c 2 ≈ 1 − (1/2)v 2/c 2. ▪▪▪ 11 ▪▪▪ Qual è la velocità dell’ astronave per la quale la durata del viaggio complessivo misurata sulla Terra è 100 anni? Esprimi la risposta in funzione di c con 5 cifre signifcative. Un astronauta viaggia alla velocità di 7800 m/s rispetto a Terra, una velocità molto piccola rispetto a c. Per un orologio situato sulla Terra, la missione spaziale dura 15 giorni. ▶ ▶ 21 Quanto vale per questo osservatore la lunghezza dell’astronave una volta che è atterrata? Un marziano si sta allontanando da Marte a bordo di una navicella, dirigendosi verso Venere. Lungo la strada, passa vicino alla Terra alla velocità v = 0,80 c rispetto alla Terra stessa. Assumi che i tre pianeti non si muovano uno rispetto all’altro durante il viaggio. La distanza tra Marte e Venere misurata dalla Terra è 1,20 ∙ 10 11 m. ▶ Qual è la distanza tra Marte e Venere misurata dal marziano? ▶ Quanto dura il viaggio (in secondi) secondo il marziano? Due astronavi, A e B, stanno esplorando un nuovo pianeta. Rispetto a questo pianeta, l’astronave A viaggia alla velocità di 0,60 c, mentre l’astronave B viaggia a 0,90 c. ▶ Quanto vale il rapporto DA /D B tra i diversi diametri del pianeta misurati dalle due astronavi, in direzione parallela al suo moto? eseMPiO I protoni che fanno parte dei raggi cosmici attraversano il Sistema Solare a velocità prossime alla velocità della luce. Un protone attraversa l’ intera orbita della Terra (L 0 ≈ 2,0 UA ≈ 3,0 ∙ 10 11 m) nel tempo proprio ∆t 0 = 1,20 s. ▶ Qual è la differenza percentuale tra la velocità della luce e la velocità del protone? La soluzione Possiamo intuire che la velocità dei protoni è prossima a quella della luce valutando il tempo proprio (1,20 s) che impiegano per coprire una distanza che, nel nostro sistema di riferimento, è 1,0 UA. Poiché la velocità del protone è assai vicina a c, possiamo approssimarla con c per calcolare l’ampiezza dell’orbita terrestre dal punto di vista del protone: L ≈ c∆t 0 ≈ (3,00 ∙ 108 m/s)(1,20 s) = 3,6 ∙ 108 m 923 capitolo 21 ESERCIZI La reLatività ristretta La relazione tra l’ ampiezza dell’orbita terrestre L 0 nel Sistema Solare e quella L nel sistema del protone è data da L = L0 da cui L __ = L0 √ _____ v2 1 − __2 ⇒ c √ _____ v2 1 − __2 c L 2 v2 __ = 1 − __2 ⇒ ( L 0) c v_ = c √ _ L 2 1 − __ ( L 0) Se usiamo la seguente approssimazione, valida per L/L 0 piccolo, L 2 1 − __ [ ( L 0) ] 1/2 1 L 2 ≈ 1 − _ __ 2 ( L 0) otteniamo v_ 1 L 2 ≈ 1 − _ __ c 2 ( L 0) La differenza percentuale tra la velocità della luce e quella del protone si ottiene dalla differenza relativa tra le due velocità: c_ −v v 1 L 2 = 1 − _ ≈ _ __ c c 2 ( L 0) Sostituendo i valori numerici si ha 2 v 1 L 2 1 3,6 ∙ 108 m 1 2 1 − _ ≈ _ __ = _ ___________ = _ (1,2 ∙ 10−3) c 2 ( L 0) 2 (3,0 ∙ 1011 m) 2 e quindi (1 − v/c)% = 0,5 (1,44 ∙ 10−6) 100 = 0,000 072% 17 ▪▪▪ di questo viaggio un valore di 6,5 anni luce. Su una navicella spaziale è stata costruita una rampa con un’inclinazione di 30,0°, come mostra la fgura. Un razzo passa vicino alla stazione spaziale con velocità relativa 0,730 c in direzione parallela al lato x della rampa. ▶ Qual è il valore dell’ angolo della rampa per una persona a bordo del razzo? ▶ 5 20 ▪▪▪ y0 30,0° 18 ▪▪▪ In laboratorio viene creata una particella instabile, dotata di energia molto elevata, che si muove a una velocità di 0,990 c. Rispetto al sistema di riferimento del laboratorio, la particella percorre 1,05 ∙ 10−3 m prima di decadere. ▶ ▶ 19 ▪▪▪ 924 90,0° x0 Quanto valgono la distanza propria e la distanza misurata da un ipotetico osservatore solidale con la particella? Considerando il tempo di vita della particella, determina anche la durata propria e la durata dilatata. Un esploratore spaziale compie un viaggio verso una stella distante, immobile rispetto a noi a una velocità di 0,70 c rispetto alla Terra. Egli misura per la lunghezza 21 ▪▪▪ La quantità di moto relativistica Una navicella spaziale si sta avvicinando alla Terra a una velocità di 0,85 c. La massa della navicella è di 2,0 ∙ 107 kg. Determina: ▶ il modulo della quantità di moto classica della navicella; ▶ il modulo della quantità di moto relativistica della navicella. Una navicella ha una quantità di moto non relativistica (o classica) pari a 2,6 ∙ 10 13 kg ∙ m/s. La navicella si muove a una velocità tale che il pilota misura un intervallo di tempo proprio tra due eventi pari alla metà dell’ intervallo di tempo dilatato. ▶ 22 ▪▪▪ Quanto sarebbe lungo (in anni luce) lo stesso viaggio per un esploratore in moto alla velocità di 0,90 c rispetto alla Terra? Trova la quantità di moto relativistica della navicella. Un jet ha una massa di 1,2 ∙ 105 kg e vola a una velocità di 140 m/s. ▶ Determina il modulo della sua quantità di moto. ▶ Se la velocità della luce nel vuoto fosse di 170 m/s, quanto varrebbe il modulo della quantità di moto del jet? ESERCIZI 23 ▪▪▪ capitolo 21 La reLatività ristretta eseMPiO Il muone è una copia più massiccia e instabile dell’elettrone. La massa del muone è 207 volte quella dell’elettrone. Qual è il rapporto tra le velocità delle due particelle se entrambe hanno la stessa quantità di moto e l’elettrone si muove a ▶ 2,90 ∙ 106 m/s; ▶ 2,90 ∙ 108 m/s. La soluzione ▶ In questo caso l’elettrone è molto lento rispetto alla velocità della luce, infatti v_ ____________ 2,90 ∙ 106 m/s = ≈ 10−2 c 3,00 ∙ 108 m/s Possiamo quindi usare l’ approssimazione classica della quantità di moto dell’elettrone p e = m e v e , dove m e è la massa dell’ elettrone e v e la sua velocità. Poiché il muone ha una massa m μ maggiore dell’elettrone, si muove ancor più lentamente rispetto a esso, per cui la formula classica è ancora utilizzabile: p μ = m μ v μ. Dall’ipotesi che sia p e = p μ ricaviamo me ve = mμ vμ da cui segue ve m μ __ = ___ = 207 vμ me ▶ In questo caso la velocità dell’ elettrone è vicina alla velocità della luce, per cui per determinare la quantità di moto dell’elettrone usiamo la relazione me ve _______ p e = __________ ve 2 1 − __ (c) Il muone, essendo molto più massiccio ha una velocità molto più bassa, per cui possiamo continuare a usare la formula classica p μ = m μ v μ . Possiamo controllare la correttezza di questa scelta, calcolando la velocità del muone. Dall’ ipotesi che sia p e = p μ ricaviamo ora √ me ve _______ p μ = m μ v μ = __________ ve 2 1 − __ (c) √ ⇒ me ve _______ v μ = _ __________ mμ ve 2 1 − __ (c) √ Sostituendo i valori numerici risulta 1 2,90 ∙ 108 m/s v μ = _ ____________ _______ = 5,47 ∙ 106 m/s 2 207 2,90 ∙ 108 m/s 1 − ____________ (3,00 ∙ 108 m/s) √ Questo valore è molto inferiore alla velocità della luce e conferma il fatto che per il muone sia possibile usare la formula della quantità di moto classica. Infne v e ____________ 2,90 ∙ 108 m/s __ = = 53 v μ 5,47 ∙ 106 m/s che è circa quattro volte inferiore a quello del caso precedente. 24 ▪▪▪ Una donna è alta 1,60 m, ha una massa di 55 kg e si muove a fanco di un osservatore parallelamente alla sua altezza. L’ osservatore misura per la donna una quantità di moto pari a 2,0 ∙ 10 10 kg ∙ m/s. ▶ 25 ▪▪▪ Quanto vale l’ altezza della donna per l’osservatore? Una navicella spaziale possiede una quantità di moto classica di modulo 1,3 ∙ 10 13 kg ∙ m/s. La velocità della navicella è tale che il suo pilota misura un intervallo di tempo proprio tra due eventi pari alla metà di quello dilatato. ▶ 26 ▪▪▪ Determina la quantità di moto relativistica della navicella. Una particella instabile ferma si spezza improvvisamente in due parti. Nessuna forza esterna agisce sulla particella o sui suoi frammenti. Uno di essi ha una velocità di + 0,800 c e una massa di 1,67 ∙ 10−27 kg, l’ altro ha una massa di 5,01 ∙ 10−27 kg. ▶ Quanto vale la velocità del frammento di massa maggiore? 925 capitolo 6 27 ▪▪▪ 28 30 ▪▪▪ ESERCIZI La reLatività ristretta L’ equivalenza tra massa ed energia Radium is a radioactive element whose nucleus emits an α particle (a helium nucleus) with a kinetic energy of about 7.8 ∙ 10−13 J (4.9 MeV). ▶ ▪▪▪ 21 29 ▪▪▪ To what amount of mass is this energy equivalent? Determina il rapporto tra le energie cinetiche relativistica e non relativistica (classica) per una particella avente una velocità di: ▶ 1,00 ∙ 10−3 c; ▶ 0,970 c. Supponi che un litro di benzina produca 2,9 ∙ 107 J di energia e che tale energia sia suffciente per far percorrere a un’auto 8,5 km. Una piccola caramella ha una massa di 325 mg. ▶ Se fosse possibile convertire completamente tale massa in energia termica, quanti kilometri potrebbe percorrere l’auto con una caramella? eseMPiO Nell’atomo di idrogeno, in media, l’elettrone si muove in una zona in cui il potenziale elettrico generato dal protone del nucleo è V H = 13,6 V. Una mole di protoni e una mole di elettroni inizialmente separati si combinano a formare atomi di idrogeno. ▶ Calcola la frazione di massa che viene convertita in radiazione nel processo. La soluzione Consideriamo una mole di protoni e una mole di elettroni. Se i protoni e gli elettroni sono molto lontani tra loro, possiamo trascurare le energie di interazione e la massa complessiva è quella delle particelle separate, cioè un numero di Avogadro di elettroni più un numero di Avogadro di protoni. Quando gli elettroni si combinano con i protoni, l’energia potenziale di ciascuna coppia p-e scende di un valore ∆u = −eV H dove e è la carica elementare; numericamente risulta ∆u = –(1,60 ∙ 10−19 C)(13,6 V) = −2,2 ∙ 10−18 J Pertanto una mole di elettroni e una mole di protoni che si combinano hanno un’energia di legame totale ∆E = N A ∆u = −N A eV H Per convertire questa energia di legame in diminuzione in massa usiamo la relazione ∆E = –c 2 ∆M Da queste due relazioni si ricava N A e V H __________________________ ∆E _______ (6,02 ∙ 1023)(1,60 ∙ 10−19 C)(13,6 V) = = = ∆M = ___ 2 2 c c (3,00 ∙ 108 m/s)2 = 14,7 ∙ 10−12 kg = 14,7 ng La massa di una mole di protoni ed elettroni è circa M = 1 g, per cui la frazione di massa che si converte in energia è ∆M _ = 14,7 ∙ 10−9 M ossia nell’ordine di 10–8. 31 ▪▪▪ Quattro kilogrammi d’ acqua sono riscaldati da 20,0 °C a 60,0 °C. ▶ ▶ 32 ▪▪▪ 33 ▪▪▪ 926 Quanto calore è necessario per tale trasformazione? [Calore specifco dell’ acqua ≡ 4186 J/(kg ∙ °C)]. A quale ritmo (in kg/s) il quasar perde massa a causa di tale irraggiamento? ▪▪▪ 35 A quale distanza devono essere posti due elettroni perché la loro massa totale sia il doppio di quella posseduta quando si trovano a una distanza infnita? 7 La composizione relativistica delle velocità 36 La navicella spaziale Enterprise 1 si allontana dalla Terra alla velocità, per un osservatore terrestre, di +0,65c. In un anno di attività, quanto diminuisce la massa del combustibile nucleare a causa dell’utilizzo di energia da parte del reattore? Quanto lavoro deve essere compiuto su un elettrone per accelerarlo da fermo fino a una velocità di 0,990 c? Si ritiene che i quasar siano nuclei di galassie in formazione. Supponi che un quasar irradi energia elettromagnetica al ritmo di 1,0 ∙ 1041 W. ▶ Di quanto aumenta la massa dell’acqua? Un reattore nucleare genera 3,0 ∙ 109 W di potenza. ▶ 34 ▪▪▪ ▪▪▪ ESERCIZI capitolo Una navicella gemella, Enterprise 2, precede Enterprise 1 e si allontana anch’ essa dalla Terra lungo la stessa direzione. La velocità di Enterprise 2 rispetto a Enterprise 1 è di +0,31 c. ▶ 37 ▪▪▪ 39 ▪▪▪ ▶ ▶ la tua velocità è 25 m/s e la velocità del camion è 35 m/s; ▶ la tua velocità è 5,0 m/s e la velocità del camion è 55 m/s. 40 ▪▪▪ 41 Le velocità appena proposte sono misurate rispetto alla strada. 38 ▪▪▪ Le astronavi del futuro potrebbero essere alimentate da un motore a propulsione ionica, in cui gli ioni vengono espulsi dal retro per spingere in avanti l’astronave. In un motore del genere, gli ioni dovrebbero essere espulsi alla velocità di 0,80 c rispetto all’astronave. Supponi che l’ astronave si stia allontanando dalla Terra alla velocità di 0,75 c rispetto alla Terra stessa. ▶ 42 Qual è la velocità degli ioni rispetto alla Terra? Assumi che l’astronave stia viaggiando nel verso positivo e assegna i segni corretti alle velocità. 43 ▪▪▪ Qual è la velocità del veicolo rispetto alla navicella? La galassia A si allontana da noi con una velocità di 0,75 c. La galassia B si allontana in verso opposto con una velocità di 0,55 c. Supponi che la Terra e le galassie si muovano a velocità costante, in modo che possano essere considerate dei sistemi di riferimento inerziali. ▶ ▪▪▪ Quale intervallo di tempo misurerebbero se la loro astronave avesse una velocità di 0,94 c rispetto alla Terra? Una navicella spaziale, avvicinandosi alla Terra, lancia un veicolo esplorativo. Dopo il lancio, un osservatore terrestre vede la navicella avvicinarsi alla velocità di 0,50 c e il veicolo esplorativo alla velocità di 0,70 c. ▶ ▪▪▪ La reLatività ristretta Un’astronave viaggia alla velocità di 0,80 c rispetto alla Terra. Gli astronauti misurano 37,0 ore di intervallo temporale tra due eventi sulla Terra. Qual è la velocità di Enterprise 2 per un osservatore terrestre? Stai viaggiando lungo una strada a due corsie e un camion sta procedendo verso di te nell’altra corsia. Supponi che la velocità della luce nel vuoto sia c = 65 m/s. Determina la velocità del camion rispetto a te quando: 21 Qual è la velocità della galassia A per un osservatore posto sulla galassia B? L’equipaggio di un razzo che si sta allontanando dalla Terra lancia un mezzo di salvataggio, la cui lunghezza, misurata dall’ equipaggio, è di 45 m. Il mezzo viene lanciato verso la Terra a una velocità di 0,55 c rispetto al razzo. Dopo il lancio, la velocità del razzo rispetto a Terra è di 0,75 c. ▶ Qual è la lunghezza del mezzo di salvataggio per un osservatore terrestre? eseMPiO I nuclei di una sostanza radioattiva emettono elettroni con velocità mediamente comprese tra 0,50 c e 0,90 c. Supponi questi nuclei vengano accelerati in laboratorio fno a 0,40 c. ▶ Calcola la velocità, rispetto al laboratorio, degli elettroni che sono rilevati nei due versi della direzione di moto dei nuclei. La soluzione Gli elettroni possono essere emessi sia con verso concorde a quello dei nuclei, nel qual caso la loro velocità si somma a quella del nucleo, sia con verso discorde, nel qual caso la loro velocità si sottrae. Poiché le velocità in gioco sono molto alte, per determinare come si compongono dobbiamo usare la formula relativistica: vn ± ve v = ________ vn ve 1 ± ____ c2 dove v è la velocità dell’ elettrone riferita al laboratorio, v n = 0,4 c è la velocità del nucleo rispetto al laboratorio e v e è la velocità dell’ elettrone rispetto al nucleo. Caso di elettrone emesso con verso concorde a quello del nucleo: 0,40 c + 0,90 c v e max = _________________ = 0,96 c (0,40 c)(0,90 c) 1 + _____________ c2 0,40 c + 0,50 c v e min = _________________ = 0,75 c (0,40 c)(0,50 c) 1 + _____________ c2 Perciò nella direzione del moto dei nuclei gli elettroni avranno velocità mediamente comprese tra 0,75 c e 0,96 c. Caso di elettrone emesso con verso discorde a quello del nucleo: 927 capitolo 21 ESERCIZI La reLatività ristretta 0,40 c − 0,90 c v e max = _________________ = −0,78 c (0,40 c)(0,90 c) 1 − _____________ c2 0,40 c − 0,50 c v e min = _________________ = −0,13 c (0,40 c)(0,50 c) 1 − _____________ c2 Perciò nella direzione opposta al moto dei nuclei gli elettroni avranno velocità mediamente comprese tra 0,13 c e 0,78 c. 44 ▪▪▪ ▶ 45 ▪▪▪ 46 ▪▪▪ stella distante che si trova in una posizione fssa rispetto alla Terra. Il viaggiatore misura una distanza percorsa pari a 3,8 anni luce. Due astronavi identiche sono in costruzione. La lunghezza di entrambe è pari a 1,50 km. Dopo essere state lanciate, l’astronave A si allontana con una velocità costante di 0,850 c rispetto alla Terra, mentre l’astronave B segue nella stessa direzione ma alla velocità costante di 0,500 c rispetto alla Terra. Determina quanto è lunga l’ astronave A per un passeggero che effettua la misura stando a bordo dell’astronave B, e viceversa. Due particelle atomiche si avvicinano una all’altra in uno scontro frontale. Ogni particella ha una massa pari a 2,16 ∙ 10−25 kg. La velocità di ogni particella è 2,10 ∙ 108 m/s quando è misurata da un osservatore che si trova nel laboratorio dove avviene lo scontro. ▶ Qual è la velocità di una particella vista dall’altra particella? ▶ Determina la quantità di moto relativistica di una particella osservata dall’ altra particella. Due particelle si avvicinano dando luogo a un urto frontale. Ciascuna particella ha una massa di 2,16 ∙ 10−25 kg. La velocità di entrambe le particelle rispetto al sistema di riferimento del laboratorio è di 2,10 ∙ 108 m/s. ▶ Quanto vale la velocità relativa tra le particelle? ▶ Determina la quantità di moto di una particella in un sistema di riferimento solidale con l’altra. ▶ 51 ▪▪▪ 52 ▪▪▪ 53 47 48 ▪▪▪ 54 ▪▪▪ A quale velocità deve muoversi un regolo lungo un metro per fare in modo che la sua lunghezza osservata si riduca a mezzo metro? Supponi di viaggiare a bordo di una navicella in moto rispetto alla Terra a una velocità di 0,975 c e di respirare 8,0 volte al minuto. ▶ A quale velocità la quantità di moto relativistica di una particella è il triplo di quella non relativistica? 50 Un viaggiatore spaziale che si muove alla velocità di 0,70 c rispetto alla Terra compie un viaggio fno a una ▪▪▪ 928 la massa; ▶ la quantità di moto relativistica fnale dello ione. Considera l’esempio del treno discusso nel paragrafo «La relatività della simultaneità». Dimostra che per la fsica newtoniana l’accensione delle due lampade è simultanea anche per l’ osservatore O2 . Una navicella viaggia, con velocità costante, dalla Terra verso un pianeta che orbita intorno a una stella. Quando la navicella arriva sono passati 15 anni sulla Terra e 9,2 anni a bordo della navicella. Quanto dista (in metri) il pianeta secondo un osservatore che si trova sulla Terra? Un grosso oggetto di vetro ha la forma di un cubo, il cui lato misura 0,15 m secondo un osservatore che si trova fermo rispetto all’oggetto stesso. Un osservatore si sta spostando a velocità elevata parallelamente a un lato del cubo; egli sa che la massa dell’oggetto è 2,9 kg e determina che la sua densità è 7800 kg/m3, maggiore della densità del vetro. ▶ Qual è la velocità (in funzione di c) dell’osservatore in movimento? 55 Partendo da fermi, due pattinatori, un uomo e una donna, si spingono a vicenda su una superfcie liscia di ghiaccio, dove l’attrito è trascurabile. La donna, di massa 54 kg, si sposta alla velocità di +2,5 m/s rispetto al ghiaccio. La massa dell’uomo è 88 kg. Assumendo che la velocità della luce sia 3,0 m/s, in modo che la quantità di moto possa essere utilizzata, trova la velocità di rinculo dell’uomo rispetto al ghiaccio. 56 Un elettrone, inizialmente fermo, viene accelerato tramite una differenza di potenziale pari a 1,8 ∙ 107 V. La ▪▪▪ Qual è il tuo ritmo respiratorio per un osservatore terrestre? 49 ▪▪▪ ▶ ▶ Problemi fnali ▪▪▪ La velocità di uno ione in un acceleratore di particelle raddoppia da 0,460 c a 0,920 c. La quantità di moto relativistica iniziale dello ione è 5,08 ∙ 10−17 kg ∙ m/s. Determina: ▶ ▪▪▪ Quale sarebbe la distanza di questo stesso viaggio (in anni luce) misurata da un viaggiatore che si muove alla velocità di 0,90 c rispetto alla Terra? ▪▪▪ ESERCIZI capitolo massa dell’ elettrone è 9,11 ∙ 10−31 kg e la carica negativa dell’ elettrone vale 1,60 ∙ 10−19 C. 57 ▪▪▪ ▶ Qual è l’ energia cinetica relativistica (in joule) dell’elettrone? ▶ Calcola la velocità dell’ elettrone in funzione di c. Un elettrone e un positrone hanno la stessa massa di 9,11 ∙ 10−31 kg. Dopo un urto si annichilano, dando luogo soltanto a radiazione elettromagnetica. ▶ 58 ▪▪▪ 61 ▪▪▪ Se ciascuna particella si muove prima dell’ urto a una velocità di 0,20 c rispetto al laboratorio, determina l’energia della radiazione elettromagnetica. Un incrociatore intergalattico ha due tipi di armi: un laser e un cannone che spara ioni a una velocità di 0,950 c rispetto all’incrociatore. Avvicinandosi a un velivolo alieno con una velocità di 0,800 c rispetto a esso, il comandante aziona entrambi i tipi di armi. A 21 La reLatività ristretta quale velocità gli alieni vedono: 59 ▪▪▪ ▶ avvicinarsi il raggio laser? ▶ avvicinarsi gli ioni? ▶ il raggio laser allontanarsi dall’incrociatore? ▶ gli ioni allontanarsi dall’incrociatore? Un oggetto possiede un’energia totale di 5,0 ∙ 10 15 J e un’energia cinetica di 2,0 ∙ 10 15 J. ▶ 60 ▪▪▪ Quanto vale la sua quantità di moto relativistica? Un rettangolo ha le dimensioni di 3,0 m e 2,0 m se misurate da un osservatore fermo rispetto a esso. Muovendosi lungo uno dei lati del rettangolo, esso appare come un quadrato. ▶ Quali dimensioni possiede il rettangolo per un osservatore in moto alla stessa velocità, ma lungo l’ altro lato? eseMPiO Un nucleo di radio (Ra) emette particelle α con energia cinetica K = 7,8 ∙ 10−13 J. La massa di una particella α è m α = 6,64 ∙ 10−27 kg. Supponendo che la particella α venga emessa con direzione e verso concordi a quelli di un nucleo che si sta muovendo a velocità v Ra = 2,8 ∙ 108 m/s, calcola: ▶ la velocità della particella α; ▶ l’energia della particella α. La soluzione ▶ Per calcolare la velocità della particella α rispetto al nucleo che la emette, usiamo la formula classica dell’ energia cinetica, cioè K = mv 2/2, valida per velocità piccole rispetto a c; otteniamo ___________ ___ 2K 2(7,8 ∙ 10−13 J) ___ vα0 = = ____________ = 1,53 ∙ 107 m/s mα 6,64 ∙ 10−27 kg √ √ Questa velocità è abbastanza bassa da giustifcare l’uso della formula classica; infatti v__ 1,53 ∙ 107 m/s α0 = ____________ = 0,051 ⇒ v α 0 = 0,051 c << c c 3,00 ∙ 108 m/s Se la particella α viene emessa con direzione e verso concordi a quelli del nucleo, la sua velocità è la composizione delle velocità del nucleo e della particella rispetto al nucleo. Poiché la velocità di quest’ultimo è molto alta, prossima a c, dobbiamo usare la formula relativistica: v Ra + v α 0 v α = ________ v Ra v α 0 1 + ____ c2 Conviene esprimere v Ra in funzione di c: v__ 2,8 ∙ 108 m/s Ra = ____________ = 0,93 ⇒ v Ra = 0,93 c c 3,0 ∙ 108 m/s Si ha quindi 0,93 c + 0,051 c v α = _________________ ≈ 0,94 c (0,93 c)(0,051 c) 1 + _____________ c2 cioè la velocità del nucleo è così elevata che la particella alfa si muove sostanzialmente con la stessa velocità del nucleo (la differenza è meno dello 0,6%). ▶ A questa velocità per calcolare l’energia cinetica della particella α dobbiamo usare la formula relativistica: 929 capitolo 21 ESERCIZI La reLatività ristretta ⎛ ⎞ 1 _______ − 1 = K = m α c 2 __________ 2 vα 1− _ (c) ⎝ ⎠ ⎜ ⎟ √ ⎛ ⎞ 1 _______ − 1 = = (6,64 ∙ 10−27 kg)(3,0 ∙ 108 m/s)2 __________ 2 0,94 c 1− _ ( c ) ⎝ ⎠ ⎜ ⎟ √ = (6,64 ∙ 10−27 kg)(3,0 ∙ 108 m/s)2(1,93) = 1,2 ∙ 10−9 J 62 ▪▪▪ Due gemelli di 19 anni lasciano la Terra e viaggiano verso un pianeta distante 12,0 anni luce. Assumi che la Terra e il pianeta siano fermi uno rispetto all’altra. I gemelli partono nello stesso momento su due astronavi diverse. Un gemello viaggia alla velocità di 0,900 c, mentre l’ altro viaggia a 0,500 c. ▶ In base alla teoria della relatività ristretta, che differenza di età avranno i due gemelli quando si incontreranno? ▶ Quale dei due gemelli sarà più anziano? Domande 1 La velocità della luce in acqua è c/n, dove n = 1,33 è l’ indice di rifrazione dell’ acqua. Quindi la velocità della luce in acqua è minore di c. Perché questo fatto non viola il postulato sulla velocità della luce? 2 La Terra compie una rotazione intorno al proprio asse in un giorno. Per un osservatore che vede la Terra da un sistema di riferimento inerziale posto nello spazio, procede più lentamente un orologio situato al polo Nord o uno posto all’ equatore? Per quale motivo? (Trascura il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole). 3 Supponi di essere a un passaggio a livello e di osservare il passaggio di un treno. Tu e un passeggero sul treno state osservando un orologio posto sul treno. Chi di voi misura l’intervallo di tempo proprio? Chi misura la lunghezza propria della carrozza? Chi misura la distanza propria tra le traversine dei binari? Giustifca la risposta. 4 5 Spesso le masse delle particelle elementari, come l’elettrone e il protone, sono espresse in unità di energia, come i MeV (milioni di elettronvolt). Perché è possibile fare ciò? La luce, in acqua, si muove a una velocità di 2,26 ∙ 108 m/s. Una particella elementare dotata di mas- sa si può muovere in acqua a una velocità superiore. In che senso, dunque, si può affermare che la velocità della luce rappresenta per le particelle materiali una velocità «limite»? 6 Se invece di 3,0 ∙ 108 m/s la velocità della luce fosse infnita, gli effetti della dilatazione temporale e della contrazione delle lunghezze sarebbero osservabili? Spiega, usando le equazioni riportate nel testo a supporto del tuo ragionamento. 7 Enuncia e spiega brevemente i due postulati della relatività ristretta. 8 Illustra come è possibile dimostrare l’esistenza del fenomeno noto come dilatazione dei tempi. 9 Dai la defnizione di intervallo di tempo proprio, intervallo di tempo dilatato, lunghezza propria e lunghezza contratta. 10 Illustra l’equivalenza relativistica tra massa ed energia. 11 Scrivi l’espressione della quantità di moto relativistica e mostra come, da essa, si possa ottenere la formula della quantità di moto che si utilizza in meccanica classica. test 1 L’ esperimento di Michelson-Morley: a indica che la velocità della luce è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali. b dimostra il fenomeno della dilatazione temporale. 930 c verifca che l’interferenza può essere costruttiva o distruttiva. d conferma l’equivalenza tra massa ed energia. ESERCIZI 2 3 capitolo deve registrare le coordinate degli estremi dell’ asta: a b c d b nello stesso istante di tempo rispetto a un orologio fermo a Terra. a nello stesso istante di tempo rispetto a un qualsiasi orologio che non sia in moto con l’asta. l’evento accade a t = 2,3 s. la velocità iniziale del blocco è 6 m/s. si conserva la quantità di moto totale dei due blocchi. il secondo blocco si muove dopo l’urto. c nello stesso istante di tempo rispetto a un orologio solidale con l’asta. d in istanti di tempo diversi rispetto a un orologio solidale con l’asta. Una conseguenza dei postulati della relatività è che: L’intervallo di tempo proprio tra due eventi: a è il più lungo intervallo di tempo che ogni osservatore inerziale misura fra quegli eventi. b è il più breve intervallo di tempo che ogni osservatore inerziale misura fra quegli eventi. c dipende dalla velocità dell’ osservatore. d dipende dalla scelta del sistema di riferimento. 5 La reLatività ristretta In un laboratorio, un blocco di 4 kg si muove a 6 m/s. All’ istante t = 2,3 s, il blocco ha un urto anelastico con un altro blocco. In ogni sistema di riferimento inerziale: a non esistono sistemi inerziali. b le leggi di Newton sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento. c non esiste un sistema di riferimento assoluto. d il valore di ogni grandezza fsica dipende dal sistema di riferimento inerziale in cui è misurata. 4 21 9 10 11 Due palloncini gonfati con elio sono rilasciati nello stesso istante da un bambino nei due punti A e B (fgura). Quale delle seguenti affermazioni è vera relativamente a un osservatore O che si muove a velocità costante lungo x? a O vede sempre i palloncini partire simultaneamente. b O vede partire prima l’ uno o l’ altro a seconda della sua velocità e della sua distanza da A. c O vede sempre partire prima il palloncino A. d O vede sempre partire prima il palloncino B. 12 13 y Un’astronave sorvola un campo di calcio lungo 115 m alla velocità di 0,500 c. Qual è la lunghezza del campo misurata dall’astronave? a 91 m c 115 m b 100 m d 132 m La massa del protone è 1,673 ∙ 10−27 kg. Qual è la quantità di moto di un protone in un sistema di riferimento in cui ha velocità 0,93 c? a 1,3 ∙ 10−18 kg ∙ m/s c 5,9 ∙ 10−24 kg ∙ m/s b 4,7 ∙ 10−19 kg ∙ m/s d 1,6 ∙ 10−27 kg ∙ m/s La quantità di moto relativistica di un protone è 1,60 volte più grande della sua quantità di moto classica. Qual è la velocità del protone? a 2,94 ∙ 108 m/s c 2,61 ∙ 108 m/s b 2,76 ∙ 108 m/s d 2,34 ∙ 108 m/s L’energia totale di un elettrone (m e c 2 = 0,51 MeV) che viaggia a 0,98 c è: a 0,25 MeV c 0,76 MeV b 0,51 MeV d 2,6 MeV Qual è l’energia a riposo di una caramella di 1 grammo? a 9 ∙ 108 J 11 b 9 ∙ 10 J/c A B x 6 Un’astronave impiega 3 giorni di tempo proprio per trasferirsi a velocità v costante tra due stazioni spaziali. Nella stazione d’ arrivo il viaggio dell’astronave dura 4 giorni. Qual è il valore di v misurato sulla stazione di arrivo? a 1,98 ∙ 108 m/s b 2,24 ∙ 108 m/s 7 d 9 ∙ 10 13 J Due razzi A e B si avvicinano con velocità 0,5 c relative a un osservatore sulla Terra (fgura). Qual è la velocità di A rispetto a B? a c 0,5c 0,5c A b 0,8 c c 0,6 c B Osservatore inerziale d 0,2 c c 2,51 ∙ 108 m/s d 2,99 ∙ 108 m/s La vita media di un muone a riposo è 2,2 ∙ 10−6 s. Il muone si muove a 0,6 c rispetto a un osservatore a Terra. Quanti metri percorre nel sistema di riferimento terrestre prima di decadere? a 290 m b 360 m 8 14 c 9 ∙ 10 11 J 2 c 500 m d 600 m Per misurare la lunghezza propria di un’asta che si muove rispetto alla superfcie terrestre un osservatore 15 Gli astronomi sulla Terra misurano le velocità delle galassie A e B, che si allontanano dalla Terra lungo la stessa retta. Qual è la velocità della galassia A misurata da un astronomo della galassia B? a 1,42 c 0,82c 0,60c b 0,95 c c 0,82 c d 0,22 c Terra Galassia A Galassia B 931 capitolo 21 ESERCIZI La reLatività ristretta versO L’esaMe Di statO 1 QUesitO iN UN’Ora Un'astronave in viaggio nello spazio Un’astronave si sta allontanando dalla Terra alla velocità v = 0,2c. A causa di un guasto all’antenna, che gli astronauti impiegano 2,0 ore per riparare, le trasmissioni verso Terra vengono interrotte. a Calcola quanto dura l’interruzione misurata dalla Terra. b Calcola dopo quanto tempo terrestre gli orologi dell’astronave segnano un ritardo di 5 s. c La distanza, misurata dalla Terra, dalla quale l’astronave ricomincia a trasmettere è 12 milioni di km. Calcola quanto tempo impiega il segnale emesso dall’astronave per raggiungere la Terra. d Quando è stata assemblata nella base terrestre, l’astronave era lunga 85 m. Calcola la lunghezza dell’astronave misurata da una base su Marte, sopra la quale l’astronave transita con velocità 0,4c. e Durante il transito sopra la base marziana, l’equipaggio dell’astronave misura la lunghezza della pista di atterraggio e ottiene il valore 2,5 km. Quanto è lunga la pista nel riferimento marziano? [2,1 ore; 247 s; 40 s; 78 m; 2,7 km] 2 QUesitO sULLe COMPeteNZe sonde di von Neumann iN UN’Ora Forse l’unica forma di espansione nello spazio da parte dell’umanità si realizzerà per mezzo delle cosiddette sonde di Von Neumann, automi in grado di autoreplicarsi utilizzando il materiale raccolto nello spazio. Immaginiamo che nel futuro prossimo si riesca a progettare una sonda di Von Neumamm in grado di assemblare una sonda identica e di lanciarla nello spazio con velocità v0 = 3000 km/s = 0,01c rispetto a se stessa e nella sua stessa direzione di moto. Chiamiamo sonda 0 la prima sonda, costruita in orbita attorno alla Terra e lanciata verso il centro della Galassia a velocità v0 . La massa di ciascuna sonda è m = 1200 kg. a Calcola le velocità della sonda 1 e della sonda 2 rispetto alla Terra. b La velocità della sonda 100 rispetto alla Terra dovrebbe essere pari a c. Spiega perché ciò non accade. c Di fatto la sonda 100 si muove circa a velocità 0,766c rispetto alla Terra. A quale velocità rispetto alla Terra si muoverà la sonda 101? d La sonda che arriva a superare il 99% della velocità della luce è la sonda 265. Di quanto aumenta, rispetto alla Terra, la velocità della sonda successiva? e Calcola l’energia cinetica, rispetto alla Terra, della sonda 1 e della sonda 265. [6000 km/s e 9000 km/s; 0,770c; aumenta di circa 0,0002c = 60 km/s; 5,4·10 15 J e 6,6·1020 J] rUBriCa Di vaLUtaZiONe DeL QUesitO sULLe COMPeteNZe risposta o giustificazione Non risponde Punteggio richiesta 1 sbagliata incompleta completa con errori completa e corretta 4 7 11 15 Competenza prevalente a 3 Formalizzare b 2 Formulare ipotesi c 3 Formalizzare d 3 Formalizzare e 3 Formalizzare ...... Punteggio _ 75 932 = ...... _ 15 capitolo 22 Particelle e onde © Georgy Shafeev / Shutterstock 1 Schermo Il dualismo onda-corpuscolo La capacità di dar luogo a fenomeni di interferenza è una caratteristica essenziale delle onde. Per esempio, nell’ esperimento della doppia fenditura di Young la fgura a frange chiare e scure è formata dall’interferenza tra le onde luminose provenienti dalle due fenditure. Una delle scoperte più sorprendenti della fsica del Novecento è che anche le particelle possono comportarsi come onde e manifestare fenomeni di interferenza. Per esempio, la fgura 1 presenta una versione dell’esperimento di Young in cui un fascio di elettroni viene diretto su una doppia fenditura. In questo esperimento lo schermo, come quello televisivo, si illumina nei punti in cui viene colpito dagli elettroni. Se gli elettroni si comportassero come particelle, sullo schermo si formerebbero le immagini delle due fenditure (fgura 1A). In realtà sullo schermo si vede una serie di frange chiare e scure (fgura 1B) simili a quelle ottenute con onde luminose nell’esperimento di Young. La fgura a frange dimostra che gli elettroni producono i fenomeni di interferenza tipici delle onde. Questo comportamento non può essere spiegato, come nel caso dei fenomeni elettrici, considerando l’ elettrone come una piccolissima particella. La conclusione sembra inevitabile: l’elettrone manifesta una doppia natura, con caratteristiche sia corpuscolari sia ondulatorie. Nei primi anni del Novecento i fsici scoprirono altri fenomeni che mettevano in dubbio le certezze acquisite dalla fsica classica. Particolari esperimenti sull’interazione tra luce e materia portavano a ritenere che le onde elettromagnetiche possano esibire comportamenti simili a particelle. Apparve quindi chiaro che il dualismo onda-corpuscolo è un aspetto essenziale della natura: le onde possono manifestare caratteristiche corpuscolari e le particelle possono esibire proprietà ondulatorie. Fenditura doppia Immagine della fenditura doppia Fascio di elettroni A Schermo Fenditura doppia Fascio di elettroni B Figura 1 A Se gli elettroni si comportassero come particelle, senza esibire proprietà ondulatorie, essi passerebbero attraverso l’ una o l’altra delle due fenditure prima di colpire lo schermo, dando luogo a un’immagine che riproduce fedelmente le due fenditure. B In realtà, lo schermo presenta una struttura a frange chiare e scure, simile a quella prodotta quando viene utilizzato un raggio di luce e si osserva interferenza tra le onde luminose provenienti dalle due fenditure. 933 capitolo 22 PArtIcelle e onde Il paragrafo 2 inizia la storia del dualismo onda-corpuscolo analizzando le onde elettromagnetiche irradiate da un corpo nero ideale. È un inizio appropriato, in quanto costituisce il primo anello in una serie di esperimenti che portarono all’attuale comprensione del dualismo onda-corpuscolo. la radiazione di corpo nero e l’ipotesi di Planck 2 Tutti i corpi, qualunque sia la loro temperatura, emettono continuamente onde elettromagnetiche. Per determinare le caratteristiche di questa emissione, alla fne dell’Ottocento i fsici iniziano a studiare in modo sistematico le proprietà di emissione della radiazione elettromagnetica da parte di un corpo nero. Come abbiamo già visto, un corpo nero è un qualsiasi oggetto che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica che lo colpisce. Per effettuare misure in laboratorio si realizza un corpo nero mediante una cavità, le cui pareti sono mantenute a temperatura uniforme e costante. Le pareti assorbono e riemettono le radiazioni elettromagnetiche di tutte le lunghezze d’onda. Attraverso un foro si analizza la radiazione nella cavità: per mezzo di opportuni strumenti, si misura l’ energia presente per ogni lunghezza d’onda. In questo modo si ottengono le curve di distribuzione dell’energia nella radiazione di corpo nero di fgura 2, che confermano quanto previsto dalla termodinamica: SIMUlAZIone la distribuzione dell’ energia nella radiazione di corpo nero non dipende dal materiale di cui è costituito ma solo dalla temperatura delle pareti. La radiazione di corpo nero (PhET, University of Colorado) Intensità (unità arbitrarie) 3,0 Figura 2 La radiazione elettromagnetica emessa da un corpo nero ideale ha un’intensità per unità di lunghezza d’ onda che varia con la lunghezza d’ onda nel modo indicato in fgura. A temperature più elevate, l’intensità spettrale è maggiore e il massimo si verifca a lunghezze d’onda inferiori. 8000 K 2,5 6000 K 2,0 1,5 5000 K 1,0 4000 K 0,5 3000 K 0 10 5 15 20 25 Visibile ■ 30 λ (10–7 m) caratteristiche della radiazione di corpo nero Analizzando le curve sperimentali, si notano due importanti caratteristiche della radiazione di corpo nero. 1. All’aumentare della temperatura del corpo nero, aumenta l’area sottesa dalla curva. Poiché questa è proporzionale all’ energia totale emessa, ne deriva che un corpo nero irradia tanta più energia quanto più è elevata la sua temperatura. Si dimostra infatti che vale la legge di Stefan-Boltzmann, secondo la quale un corpo nero a temperatura assoluta T irradia in 1 s da 1 m2 di superfcie un’energia totale: E = σT 4 dove σ = 5,67 ∙ 10 J/(s ∙ m ∙ K ) è detta costante di Stefan-Boltzmann. −8 2 4 2. All’aumentare della temperatura assoluta T del corpo nero, la lunghezza d’onda λ max per la quale si ha il massimo dell’energia irradiata si sposta verso lunghezze 934 capitolo 22 PArtIcelle e onde d’onda minori, secondo quanto stabilisce la legge di spostamento di Wien: λ max T = 2,90 ∙ 10−3 m ∙ K Intensità (unità arbitrarie) Per esempio, la luminosità dei corpi molto caldi è dovuta al fatto che essi emettono onde elettromagnetiche nella regione del visibile. Il Sole, che ha una temperatura superfciale di circa 6000 K, appare giallo, mentre la stella Betelgeuse (2900 K) si presenta rossa-arancione. A temperature più basse gli oggetti emettono solo debolmente nel visibile e, di conseguenza, non appaiono più luminosi. Di certo il corpo umano, a soli 310 K, non emette una luce suffciente per essere visto nel buio a occhio nudo. Ma il corpo umano emette, in effetti, onde elettromagnetiche nella regione degli infrarossi, che possono essere rivelati da uno strumento a essi sensibile (fgura 3). 2,0 1,5 0,5 0 Visibile ■ Figura 3 310 K 1,0 100 200 300 400 λ (10–7 m) La distribuzione della radiazione emessa da un corpo nero di 310 K. La quantità di energia emessa nel visibile (4,5-7 ∙ 10−7 m) è assolutamente trascurabile rispetto a quella emessa nell’ infrarosso. l’ ipotesi di quantizzazione di Planck Negli ultimi anni dell’Ottocento i fsici cercarono di derivare la distribuzione di corpo nero utilizzando le equazioni di Maxwell, ma si scontrarono con diffcoltà insormontabili. Infatti le leggi della fsica classica prevedono la cosiddetta «catastrofe ultravioletta», cioè che, a una fssata temperatura, l’ energia irradiata aumenti all’aumentare della frequenza, e quindi al diminuire della lunghezza d’onda, contrariamente a quanto mostrano le curve sperimentali e a quanto impone il principio di conservazione dell’energia. Nel 1900 il fsico tedesco Max Planck (1858-1947) affrontò il problema in modo radicalmente nuovo e riuscì a derivare l’espressione analitica della distribuzione di corpo nero assumendo la seguente ipotesi: l’interazione fra radiazione e materia avviene per scambio di pacchetti discreti di energia, detti quanti. Planck fece uso di un modello in cui il corpo nero è composto da un gran numero di oscillatori atomici, ciascuno dei quali emette e assorbe onde elettromagnetiche. Per ottenere l’accordo tra curve teoriche e sperimentali, Planck ipotizzò che l’energia E di un oscillatore atomico (*) avesse solo i valori discreti E = hf, 2hf, 3hf e così via. In altre parole, egli suppose che: E = nhf con n = 1, 2, 3, ... (1) dove n è un numero naturale, f è la frequenza della radiazione e h una costante. Oggi sappiamo che h, detta costante di Planck, è una delle costanti fondamentali della fsica e vale h = 6,626 068 76 ∙ 10−34 J ∙ s L’idea radicalmente nuova di Planck è che l’energia di un oscillatore atomico non è una grandezza continua, cioè in grado di assumere qualsiasi valore, ma è quantizzata, cioè può assumere solo valori discreti (hf, 2hf, 3hf ecc.). La conservazione dell’energia richiede che l’ energia trasportata dalle onde elettromagnetiche sia uguale a quella persa dagli oscillatori atomici del modello di (*) Attualmente è noto che l’energia di un oscillatore armonico vale E = (n + 1/2)hf, ma il termine aggiuntivo 1/2 non è fondamentale per la nostra discussione. 935 capitolo 22 PArtIcelle e onde Planck. Supponiamo, per esempio, che un oscillatore con energia 3hf emetta un’onda elettromagnetica. Secondo la fsica classica, l’energia dell’onda emessa può assumere un qualsiasi valore tra 0 e 3hf. Al contrario, nel modello di Planck l’energia dell’onda può essere solo uno di questi valori: hf, 2hf, 3hf. Lo stesso Planck riteneva che la sua ipotesi fosse solo un artifcio di calcolo ma che la sua base fsica, cioè la quantizzazione dell’ energia, non fosse fondata. In realtà, in pochi anni fu chiaro che la sua ipotesi era destinata a cambiare la nostra visione del mondo fsico. 3 SIMUlAZIone Photoelectric effect ■ I fotoni e l’effetto fotoelettrico l’ ipotesi del fotone Nel modello di corpo nero di Planck lo scambio di energia tra radiazione e materia è quantizzato, ma la radiazione è interpretata ancora classicamente come un insieme di onde elettromagnetiche. Nel 1905 Einstein ipotizzò che la luce di frequenza f possa essere considerata come un insieme di pacchetti di energia, i fotoni, ognuno dei quali ha un’energia: SIMUlAZIone Energia di un fotone Effetto fotoelettrico (PhET, University of Colorado) E = hf (2) dove h è la costante di Planck. Secondo questa ipotesi, un fascio di luce di frequenza f è costituito da un fusso di particelle, ciascuna delle quali porta un’energia hf. Aumentando l’intensità della luce, aumenta il numero di fotoni del fascio ma rimane invariata l’energia di ciascuno di essi. eSeMPIo 1 Quanti fotoni spara una lampadina? Un LED da 6 W converte energia elettrica in energia luminosa con un rendimento pari a circa il 21%. Supponiamo che la luce sia verde (lunghezza d’onda nel vuoto = 555 nm). ▸ Determina il numero di fotoni emessi dal LED ogni secondo. Il ragionamento e la soluzione Il numero di fotoni emessi al secondo può essere ottenuto dividendo la quantità di energia luminosa emessa ogni secondo per l’ energia E di un fotone. L’energia del singolo fotone vale E = hf. La frequenza f del fotone è legata alla sua lunghezza d’onda λ, ovvero f = c/λ. Poiché f = c/λ, l’energia di un fotone con λ = 555 nm è Luce Collettore (positivo) Fototubo (sotto vuoto) Piastra metallica (negativa) hc (6,63 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s) = 3,58 ∙ 10−19 J E = hf = _ = ___________________________ λ 555 ∙ 10−9 m Fotoelettroni Ogni secondo un LED da 6 W con un rendimento del 21% emette 0,21 ∙ (6,0 J/s) ≈ ≈ 1,3 J/s di energia luminosa. Quindi energia luminosa emessa al secondo numero di fotoni = ___________ = energia di un fotone emessi al secondo Ð + V 1,3 J/s = ______ = 3,6 ∙ 1018 fotoni/s 3,58 ∙ 10−19 J/fotone Amperometro Figura 4 Nell’ effetto fotoelettrico, una superfcie metallica emette elettroni quando è illuminata da un fascio di luce di frequenza suffcientemente elevata. Questi fotoelettroni possono essere raccolti su una piastra positiva, producendo una corrente. 936 ■ l’ effetto fotoelettrico secondo einstein Einstein utilizzò l’ipotesi del fotone per spiegare le caratteristiche dell’effetto fotoelettrico, studiato sistematicamente negli ultimi anni dell’Ottocento dal fsico tedesco Philipp Lenard (1862-1947). La fgura 4 mostra l’apparato sperimentale: un fa- scio di luce incide su una placca metallica, racchiusa all’ interno di un tubo in cui è stato praticato il vuoto. La superfcie del metallo emette elettroni, che si muovono verso un elettrodo positivo, chiamato collettore, e producono una corrente di elettroni rilevabile con un amperometro. Tali elettroni, prodotti con l’ausilio della luce, vengono chiamati fotoelettroni. Secondo Einstein, quando la luce colpisce un metallo un fotone può cedere la propria energia a un elettrone del metallo. Se il fotone ha energia suffciente per compiere il lavoro necessario a estrarre l’elettrone dal metallo, l’elettrone viene emesso. Il lavoro minimo W 0 per estrarre un elettrone è detto lavoro di estrazione e dipende dal metallo utilizzato. Se un fotone ha un’ energia superiore a W 0 , l’energia in eccesso appare come energia cinetica dell’ elettrone espulso. Quindi, gli elettroni meno legati sono quelli che vengono espulsi con l’energia cinetica massima K max . Einstein applicò il principio di conservazione dell’ energia e propose la seguente relazione per le grandezze coinvolte nell’effetto fotoelettrico: hf = K max + W 0 (3) dove hf è l’energia del fotone, K max l’energia cinetica massima del fotoelettrone e W 0 il lavoro di estrazione del metallo. In base a questa equazione 22 PArtIcelle e onde Kmax degli elettroni emessi capitolo f0 Frequenza della luce f Figura 5 I fotoni possono espellere gli elettroni da un metallo quando la frequenza della luce supera un valore minimo f 0 . Per frequenze superiori, gli elettroni emessi hanno un valore massimo di energia cinetica K max che dipende linearmente dalla frequenza, come mostra il grafco. K max = hf − W 0 La fgura 5 mostra il grafco di K max in funzione della frequenza f. Il grafco è una retta che incontra l’asse x per f = f 0 , detta frequenza di soglia. Quando la luce ha questa frequenza, gli elettroni «si staccano» dal metallo con energia cinetica nulla (K max = 0 J). Per l’equazione (3), quando K max = 0 J l’ energia hf 0 del fotone incidente è uguale al lavoro di estrazione del metallo: hf 0 = W 0 . Il concetto di fotone permette di spiegare una caratteristica dell’effetto fotoeletrico: si ha emissione di fotoelettroni da parte di un metallo solo se la frequenza della luce incidente è superiore a un valore di soglia f 0 che dipende dal metallo. SIMUlAZIone Luce dagli atomi (PhET, University of Colorado) Se la frequenza è inferiore alla frequenza di soglia, nessun elettrone viene emesso, anche se il fascio di luce ha un’intensità enorme. eSeMPIo 2 l’effetto fotoelettrico per una superficie di argento Il lavoro di estrazione dell’argento è W 0 = 4,73 eV. ▸ Determina la frequenza minima che la luce deve possedere per estrarre elet- troni dalla sua superfcie. Il ragionamento e la soluzione Problem solving lavoro di estrazione Il lavoro di estrazione di un metallo è l’energia minima richiesta per espellere un elettrone dal metallo stesso. Un elettrone che ha ricevuto questa energia minima possiede un’ energia cinetica nulla. Poiché 1 eV = 1,60 ∙ 10−19 J, il lavoro di estrazione espresso in joule è 1,60 ∙ 10−19 J W 0 = (4,73 eV) ______ = 7,57 ∙ 10−19 J ( ) 1 eV La frequenza minima f 0 è la frequenza per cui l’energia del fotone è uguale al lavoro di estrazione W 0 del metallo, in modo che l’elettrone si stacca con energia cinetica nulla. Usando l’equazione (3) otteniamo hf 0 = K max + W 0 ⇒ W0 7,57 ∙ 10−19 J f 0 = __ = ___________ = 1,14 ∙ 1015 Hz h 6,63 ∙ 10−34 J ∙ s che corrisponde a una lunghezza d’onda λ0 = 263 nm, nella regione ultravioletta dello spettro. 937 capitolo 22 PArtIcelle e onde eSeMPIo 3 la massima velocità dei fotoelettroni Luce con una lunghezza d’ onda di 95 nm colpisce una superfcie di selenio, che ha un lavoro di estrazione di 5,9 eV. Gli elettroni emessi hanno un’energia cinetica diversa da zero. ▸ Determina la massima velocità con cui gli elettroni vengono espulsi. Il ragionamento La velocità massima degli elettroni espulsi è collegata alla loro energia cinetica. La conservazione dell’energia stabilisce che tale energia cinetica massima è legata al lavoro di estrazione dalla superfcie e all’energia dei fotoni incidenti. Il lavoro di estrazione è noto. L’energia dei fotoni può essere ricavata dalla frequenza della luce, che è legata alla sua lunghezza d’onda. I dati e le incognite dati Incognita Grandezze Simboli Valori commenti Lunghezza d’onda della luce λ 95 nm 1 nm = 1 ∙ 10−9 m Lavoro di estrazione del selenio W0 5,9 eV Da convertire in joule Velocità massima dei fotoelettroni v max Sintesi del modello 1 energia cinetica e velocità L’energia cinetica massima K max dei fotoelettroni è K max = (1/2)m v 2max, da cui si ottiene l’equazione v max = √ __ 2K max __ m Grandezza da determinare: K max v max = √ __ 2K max __ m √ __ 2K max __ m (a) dove m è la massa dell’elettrone, che vale m = 9,11 ∙ 10−31 kg. 2 conservazione dell’energia Dal principio di conservazione dell’ energia [equazione (3)] hf = K max + W 0 v max = (a) ricaviamo K max = hf − W 0 Grandezza da determinare: f K max = hf − W 0 (b) 3 relazione tra frequenza e lunghezza d’onda Sappiamo che f λ = c, da cui segue v max = c f=_ λ √ __ 2K max __ m K max = hf − W 0 c f=_ λ 938 (a) (b) (c) capitolo 22 PArtIcelle e onde la soluzione Combinando i vari passaggi si ottiene algebricamente 1 ↓ v max = Numericamente risulta vmax = √ √ 2 ___ ↓ 2 K max ___ = m √ 3 _______ ↓ 2(hf − W ) 0 ________ = m √ ________ c 2 h _ − W0 ( ) λ _________ m ___________________________________________ 3,00 ∙ 108 m/s 1,60 ∙ 10−19 J 2 (6,63 ∙ 10−34 J ∙ s) ____________ − (5,9 eV) ______ −9 [ ] 1 eV 95 ∙ 10 m __________________________________________________ 9,11 ∙ 10−31 kg = 1,6 ∙ 10−6 m/s Si noti che nel calcolo abbiamo convertito il lavoro di estrazione da elettronvolt a joule (1 eV = 1,60 ∙ 10−19 J). Un altro aspetto interessante dell’ effetto fotoelettrico è che l’energia cinetica massima dei fotoelettroni espulsi non varia quando l’intensità della luce aumenta ma rimane costante la sua frequenza. Quando aumenta l’intensità, aumenta il numero di fotoni al secondo che colpiscono il metallo e quindi vengono emessi più elettroni ogni secondo. Tuttavia, dal momento che la frequenza di ogni fotone è la stessa, la sua energia non cambia. Quindi gli elettroni espulsi hanno sempre la stessa energia cinetica massima. ■ difficoltà interpretative della fisica classica La fsica classica non è in grado di spiegare le caratteristiche dell’effetto fotoelettrico. Se la luce si comportasse come un’ onda elettromagnetica, il suo campo elettrico dovrebbe mettere in oscillazione gli elettroni di un metallo fno a strapparli dalla superfcie quando l’ampiezza dell’oscillazione è suffcientemente grande. Tuttavia, se le cose stessero così, luce di maggiore intensità emetterebbe fotoelettroni con un’energia cinetica maggiore, un effetto che gli esperimenti non rivelano. Inoltre, nel modello a onde elettromagnetiche, occorrerebbe un tempo relativamente lungo a una luce di bassa intensità per far acquistare agli elettroni un’ampiezza di oscillazione suffciente a essere liberati dal metallo. Gli esperimenti mostrano invece che anche luce di intensità molto debole estrae gli elettroni quasi istantaneamente, a patto che la frequenza della luce sia maggiore della frequenza di soglia f 0 . Il fallimento del modello a onde elettromagnetiche nell’interpretazione dell’effetto fotoelettrico non signifca che tale modello debba essere abbandonato. Tuttavia, si deve riconoscere che esso non rende conto di tutte le caratteristiche della luce. Il modello a fotoni fornisce, da parte sua, un importante contributo alla comprensione del modo in cui la luce interagisce con la materia. ■ Una particella senza massa Dal momento che un fotone ha energia, esso è in grado di estrarre un elettrone dalla superfcie di un metallo quando interagisce con esso. Tuttavia un fotone è diverso da una normale particella. Questa ha una massa e può viaggiare a velocità prossime, ma non uguali, alla velocità della luce. Un fotone, al contrario, si muove alla velocità della luce nel vuoto e non può mai essere fermo. L’energia di un fotone è interamente cinetica, visto che è privo di massa e quindi di energia a riposo. Per mostrare che un fotone non ha massa, riscriviamo l’ equazione per l’energia totale E di un corpo mc2 _____ E=_ v2 1 − __2 c √ 939 capitolo 22 PArtIcelle e onde nel modo seguente: E √ _____ v2 1 − __2 = m c 2 c ______ Il termine √ 1 − v 2/c 2 è nullo visto che un fotone viaggia alla velocità della luce, v = c. Dal momento che l’energia E di un fotone è fnita, il membro di sinistra dell’equazione precedente è nullo. Quindi anche il membro di destra deve essere nullo e, poiché c 2 ≠ 0, deve essere m = 0 kg, cioè il fotone risulta privo di massa. ■ Fisica quotidiana I dispositivi ad accoppiamento di carica e le fotocamere digitali Applicazioni dell’ effetto fotoelettrico Una delle applicazioni più interessanti e utili dell’effetto fotoelettrico è il dispositivo ad accoppiamento di carica (CCD). Una «matrice» di tali dispositivi viene usata al posto della pellicola nelle fotocamere digitali (fgura 6) per ottenere immagini sotto forma di «mappa elettronica». Le matrici CCD vengono usate anche nelle videocamere digitali e negli scanner e forniscono agli astronomi l’ opportunità di catturare spettacolari immagini di pianeti e di stelle. Fotone di luce incidente Silicio semiconduttore Pixel Elettrone Biossido di silicio isolante Elettrodi Registro a scorrimento orizzontale Riga 1 Riga 2 Riga 3 Processore di segnale analogico Convertitore analogico-digitale Rappresentazione digitale dell’immagine Figura 7 Una matrice CCD può essere usata per catturare immagini fotografche utilizzando l’effetto fotoelettrico. 940 A © Ross Woodhall/Taxi/Getty Images A Le fotocamere digitali come questa per catturare le immagini usano una «matrice» di dispositivi ad accoppiamento di carica al posto della pellicola. B Le immagini ottenute con una fotocamera digitale possono essere facilmente riversate su un computer e spedite agli amici via Internet. © Yoshikazu Tsuno/AFP/Getty Images Figura 6 B Per l’uso in luce visibile, una matrice CCD è formata da uno strato semiconduttore di silicio, da uno isolante di biossido di silicio e da un certo numero di elettrodi, come mostrato in fgura 7. La matrice è suddivisa in piccole parti, o pixel, sedici dei quali vengono mostrati nella fgura. Ogni pixel cattura una piccola porzione dell’immagine. Le fotocamere digitali possono avere oltre dieci milioni di pixel: maggiore è il numero di pixel, migliore è la risoluzione della fotografa. L’ingrandimento nella fgura 7 evidenzia un singolo pixel. I fotoni della luce incidente colpiscono il silicio e producono elettroni per effetto fotoelettrico. Si può supporre che venga emesso un elettrone ogni volta che un fotone interagisce con un atomo di silicio. Gli elettroni non abbandonano il silicio, ma vengono intrappolati all’interno del pixel a causa del potenziale positivo applicato agli elettrodi posti sotto lo strato isolante. Quindi, il numero di elettroni emessi e intrappolati è proporzionale al numero di fotoni che incidono sul pixel. In questo modo, ogni pixel della matrice CCD accumula elettroni in maniera corrispondente all’intensità della luce in quel punto dell’ immagine. L’informazione riguardante i colori viene ottenuta utilizzando fltri rossi, verdi e blu o un sistema di prismi che separino i colori. Gli astronomi usano matrici CCD non solo nel visibile, ma anche in altre regioni dello spettro elettromagnetico. Oltre a intrappolare i fotoelettroni, gli elettrodi posti sotto ai pixel vengono usati per rilevare la mappa elettronica dell’ immagine. Variando il potenziale positivo a essi applicato, è possibile fare in modo che tutti gli elettroni intrappolati in una riga di pixel si spostino nella riga successiva. In questo modo, per esempio, la riga 1 in fgura 7 viene trasferita alla riga 2, la 2 alla 3 e la 3 all’ ultima, che svolge un compito particolare. Essa costituisce un «registro a scorrimento orizzontale», in cui i contenuti di ciascun pixel vengono spostati, uno alla volta, sulla destra e registrati da un processore di segnali analogici. Tale processore legge il numero variabile di elettroni di ciascun pixel come una sorta di onda ad ampiezza variabile. Dopo il successivo scorrimento di righe, viene letta l’informazione sulla riga successiva e così via. Il segnale in uscita dal processore viene inviato a un convertitore analogico-digitale, che capitolo produce una rappresentazione digitale dell’ immagine in termini di 0 e 1 che i computer sono in grado di riconoscere. Un’altra applicazione dell’effetto fotoelettrico è legata al fatto che i fotoelettroni in movimento (fgura 4) producono una corrente, la cui intensità varia al variare dell’intensità della luce incidente. Le saracinesche e i cancelli automatici sono dotati di un dispositivo di sicurezza che impedisce la loro chiusura quando è presente un ostacolo (una persona, un veicolo ecc.). Come illustrato in fgura 8, un’unità trasmittente invia un fascio (invisibile) di infrarossi attraverso il vano di apertura della saracinesca. Il fascio viene raccolto da un’unità ricevente dotata di un fotodiodo, che è un tipo di giunzione p-n. Quando i fotoni infrarossi colpiscono il fotodiodo, in esso vengono liberati alcuni elettroni il cui moto produce un aumento della corrente circolante nel fotodiodo. Una persona che intercetta il fascio impedisce momentaneamente alla luce di raggiungere l’unità ricevente e la corrente nel fotodiodo diminuisce. La variazione di corrente viene rilevata da un dispositivo elettronico, che blocca immediatamente la discesa della saracinesca e ne provoca la risalita. Osserviamo ora la spettacolare fotografa di fgura 9. Essa mostra la zona centrale della nebulosa dell’ Aquila, una gigantesca fucina di stelle distante circa 7000 anni luce dalla Terra. La foto è stata scattata dal telescopio spaziale Hubble e rivela torreggianti nubi di gas molecolare e polvere, in cui si manifesta con evidenza l’energia trasportata dai fotoni. Queste nubi si estendono per più di un anno luce dalla base alla sommità e costituiscono una «culla» di stelle. Una stella inizia a formarsi all’interno della nube quando la forza gravitazionale riunisce una quantità di gas suffciente a formare una «palla» ad alta densità. Quando tale sfera gassosa diventa suffcientemente densa, si innescano nella sua parte centrale le reazioni di fusione termonucleare e la stella comincia a splendere di luce propria. Le stelle appena formate sono nascoste all’interno della nube e non possono essere viste dalla Terra. Tuttavia, il processo di fotoevaporazione permette agli astronomi di osservare molte delle regioni ad alta densità in cui le stelle si stanno formando. La fotoevaporazione è il processo in cui fotoni ultravioletti (UV) ad alta energia © NASA Una stella appena nata sulla superfcie di un EGG 22 PArtIcelle e onde Fisica quotidiana I dispositivi di sicurezza per i cancelli automatici Raggio di luce infrarossa Unità ricevente Unità trasmittente Figura 8 Quando un ostacolo impedisce al fascio di infrarossi di raggiungere il ricevitore, la corrente diminuisce di colpo. Questo calo di corrente viene rilevato da un circuito elettronico che blocca il movimento verso il basso della saracinesca e subito dopo la fa risalire. Fisica quotidiana La fotoevaporazione e la nascita delle stelle Figura 9 La zona centrale della nebulosa dell’ Aquila (situata a circa 7000 anni luce dalla Terra), fotografata dal telescopio spaziale Hubble. 941 capitolo 22 PArtIcelle e onde provenienti da stelle calde esterne alla nube la riscaldano, un po’ come i fotoni delle microonde riscaldano il cibo contenuto nel relativo forno. La fgura 10A è una riproduzione della parte superiore sinistra della fotografa riportata in fgura 9 e mostra flamenti di gas in fotoevaporazione dalla nube, illuminata dalle stelle poste oltre il margine superiore della foto. Il processo di fotoevaporazione porta allo scoperto globuli di gas più densi delle zone circostanti. Questi vengono chiamati «globuli gassosi in evaporazione» (EGG) e sono appena più estesi del nostro sistema solare. La fgura 10B mostra che tali globuli schermano dai fotoni ultravioletti il gas e la polvere che si trovano dietro di essi, creando le protuberanze a forma di dita che si osservano sulla superfcie della nube. Gli astronomi ritengono che alcuni di questi EGG contengano al loro interno giovani stelle. In alcuni casi, il gas viene tanto diradato dal riscaldamento da mostrare una stella appena formata sulla superfcie di un globulo (parte evidenziata dal cerchio nella fgura 9). Figura 10 A È qui riportato il particolare in alto a sinistra della fotografa di fgura 9. La fotoevaporazione produce protuberanze a forma di dita sulla superfcie delle nubi gassose nella nebulosa dell’ Aquila. Sul culmine di tali protuberanze si trovano zone ad alta densità chiamate «globuli gassosi in evaporazione» (EGG). B Il disegno illustra la fotoevaporazione visibile nella fotografa della parte A. Emissione di gas © NASA Nube di gas A 4 Elettrone che si allontana Elettrone a riposo θ Fotone X incidente Fotone X diffuso Figura 11 In un esperimento eseguito da Arthur H. Compton, un fotone X urta un elettrone fermo. Il fotone diffuso e l’ elettrone si allontano lungo direzioni differenti. 942 EGG «Dita» contenenti EGG al loro culmine B Fotoni UV la quantità di moto di un fotone e l’effetto compton Einstein propose l’ ipotesi del fotone nel 1905, ma solo nel 1923 essa cominciò a essere universalmente accettata, quando il fsico americano Arthur H. Compton (18921962) la utilizzò per spiegare i risultati sperimentali delle sue ricerche sulla diffusione dei raggi X da parte degli elettroni della grafte. I raggi X sono onde elettromagnetiche ad alta frequenza e, come la luce, sono composti da fotoni. La fgura 11 visualizza ciò che accade quando un fotone X colpisce un elettrone in un pezzo di grafte. Compton osservò quello che da allora è detto effetto Compton: il fotone diffuso ha una frequenza f ′ inferiore alla frequenza f del fotone incidente, segno che il fotone perde energia nell’urto. Inoltre, scoprì che la differenza tra le due frequenze dipende dall’angolo θ di cui il fotone viene deviato. L’interazione tra un fotone e un elettrone può essere analizzata come urto elastico tra due corpi, durante il quale si conservano l’ energia cinetica e la quantità di moto totali. Si suppone che l’elettrone sia inizialmente fermo e sostanzialmente libero, ovvero non vincolato agli atomi del materiale cui appartiene. In base al principio di conservazione dell’energia si ha hf = hf ′ + K (4) dove si è usata la relazione (2), E = hf, per le energie dei fotoni. Ne deriva che hf ′ = hf − K, cioè che l’ energia e la corrispondente frequenza f ′ del fotone diffuso sono inferiori a quelle del fotone incidente, proprio come osservato da Compton. Poiché λ′ = c/f ′, la lunghezza d’ onda del raggio X diffuso è maggiore rispetto a quella del raggio X incidente. Per un elettrone inizialmente fermo, la conservazione della quantità di moto totale richiede che capitolo quantità di moto quantità di moto quantità di moto = + del fotone incidente del fotone diffuso dell’ elettrone 22 PArtIcelle e onde (5) Per ottenere un’espressione per il modulo p della quantità di moto di un fotone, ricordiamo che l’energia e la quantità di moto di una particella sono legate dalla relazione E2 = p2c2 + m2c4. Un fotone ha massa nulla (m = 0 kg), quindi la sua quantità di moto è Luce solare E p=_ c Poiché E = hf e c = λf, la quantità di moto di un fotone di frequenza f è E hf h p=_=_=_ c λf λ (6) Usando le equazioni (4), (5) e (6) Compton mostrò che la differenza tra la lunghezza d’onda λ′ del fotone diffuso e la lunghezza d’onda λ del fotone incidente è legata all’angolo di diffusione θ dalla relazione h λ′ − λ = _ (1 − cos θ) mc Figura 12 La luce solare che colpisce la vela solare fornisce la propulsione per questa navicella interstellare. (7) In questa equazione m è la massa dell’elettrone. La quantità h/(mc) viene chiamata lunghezza d’onda Compton dell’elettrone e ha il valore h/(mc) = 2,43 ∙ 10−12 m. Dal momento che cos θ è compreso tra +1 e −1, la variazione di lunghezza d’onda λ′ − λ può andare da 0 a 2h/(mc), a seconda del valore di θ, un fatto che Compton aveva osservato. Nell’effetto Compton l’elettrone rimbalza poiché acquista una parte della quantità di moto del fotone. In linea di principio, dunque, la quantità di moto che i fotoni possiedono potrebbe essere usata per far muovere altri oggetti. La fgura 12 mostra un sistema di propulsione in via di studio per i viaggi ai confni del Sistema Solare che utilizza una larga vela. L’idea è che la luce solare, colpendo la vela, crei una forza in grado di spingere la navicella lontano dal Sole, nello stesso modo in cui il vento muove una barca a vela. Propulsione spaziale con vele solari onde o particelle? L’effetto fotoelettrico e l’effetto Compton forniscono una chiara evidenza del fatto che la luce può manifestare caratteristiche corpuscolari attribuibili ai pacchetti di energia chiamati fotoni. D’altro canto, l’interferenza e la diffrazione sono fenomeni in cui la luce si comporta come un’onda. Dobbiamo concludere che la luce si comporta come un fascio di particelle in alcuni esperimenti e come un’onda in altri? La risposta è affermativa: i fsici sono ormai convinti che questo dualismo onda-corpuscolo sia una proprietà intrinseca della luce. La luce costituisce un fenomeno ben più interessante e complesso di un semplice fascio di particelle o di un’onda elettromagnetica. 5 la lunghezza d’ onda di de Broglie e la natura ondulatoria dei corpi materiali Nel 1923 il fsico francese Louis de Broglie (1892-1987) avanzò la sorprendente ipotesi che le particelle materiali possano manifestare un comportamento di tipo ondulatorio. Egli suppose che tutti i corpi materiali in movimento abbiano associata una lunghezza d’onda (fgura 13) e che questa sia data dalla stessa relazione (equazione 6) che vale per un fotone: Lunghezza d’onda di de Broglie h λ=_ p (8) dove h è la costante di Planck e p è il modulo della quantità di moto relativistica della particella. © David Schraf/SPL/Photo Researchers, Inc. ■ Fisica quotidiana Figura 13 Sia una particella in moto sia un’onda possiedono energia, quantità di moto e lunghezza d’ onda. La fotografa mostra un notevole ingrandimento del moscerino della frutta, ottenuto con un microscopio elettronico. Questo microscopio utilizza elettroni al posto della luce. La risoluzione dei dettagli è eccezionale perché la lunghezza d’ onda di un elettrone può risultare molto inferiore rispetto a quella della luce visibile. I colori sono frutto di un’elaborazione grafca. 943 © Edwin Jones, University of South Carolina © Wollan, Shull and Marhey capitolo 22 PArtIcelle e onde Oggi λ è nota come lunghezza d’onda di de Broglie della particella. Una conferma dell’ ipotesi di de Broglie giunse nel 1927 dagli esperimenti dei fsici americani Clinton J. Davisson (1881-1958) e Lester H. Germer (1896-1971) e, indipendentemente, da quelli del fsico inglese George P. Thomson (1892-1975). Davisson e Germer inviarono un fascio di elettroni su un cristallo di nichel e osservarono una fgura di diffrazione. La lunghezza d’onda degli elettroni ricavabile da tale fgura coincideva con quella prevista dall’ ipotesi di de Broglie, λ = h/p. Più recentemente, è stata svolta l’ esperienza di Young con la doppia fenditura utilizzando gli elettroni e si è ottenuta l’interferenza illustrata nella fgura 15. Anche altre particelle diverse dagli elettroni possono manifestare proprietà ondulatorie. Per esempio, si usa la diffrazione di neutroni per studiare le strutture dei cristalli. La fgura 14 paragona le fgure di diffrazione da parte di un cristallo di sale (NaCl) ottenibili con neutroni e con raggi X. Sebbene ogni particella in movimento possieda una lunghezza d’onda di de Broglie, gli effetti di tale lunghezza d’onda sono osservabili solo nel caso di particelle la cui massa sia molto piccola, dell’ordine, per esempio, di quella dell’elettrone o del neutrone. A eSeMPIo 4 Un elettrone e una pallina da tennis a confronto Determina la lunghezza d’onda di de Broglie: ▸ di un elettrone (massa = 9,1 ∙ 10−31 kg) in moto a una velocità di 6 ∙ 106 m/s; B ▸ di una pallina da tennis (massa = 0,06 kg) in moto a una velocità di 13 m/s. Figura 14 Il ragionamento e la soluzione Figura di diffrazione con i neutroni ( A ) e con i raggi X ( B ) da parte di un cristallo di cloruro di sodio (NaCl). Le velocità sono piccole rispetto a quella della luce, quindi possiamo ignorare gli effetti relativistici ed esprimere la quantità di moto come il prodotto tra la massa e la velocità. ▸ Dall’equazione (8) otteniamo h h 6,63 ∙ 10−34 J ∙ s = 1,2 ∙ 10−10 m λ = _ = _ = ___________________ p mv (9,1 ∙ 10−31 kg)(6,0 ∙ 106 m/s) Una lunghezza d’onda di de Broglie di 1,2 ∙ 10−10 m è più o meno uguale alle distanze interatomiche di un solido, come il cristallo di nichel usato da Davisson e Germer, e, quindi, porta agli effetti di diffrazione osservati. ▸ Un calcolo simile a quello precedente mostra che la lunghezza d’onda di de Broglie di una pallina da tennis è λ = 8,5 ∙ 10−34 m. Questa lunghezza d’onda è notevolmente piccola, anche se paragonata con le dimensioni di un atomo (10−10 m) o di un nucleo (10−14 m). Quindi il rapporto λ/d tra questa lunghezza d’onda e la larghezza d di un’ apertura ordinaria, come una fnestra, è così piccolo che non è possibile osservare la diffrazione di una pallina da tennis da parte di una fnestra. ■ SIMUlAZIone Interferenza quantistica (PhET, University of Colorado) 944 onde di probabilità L’equazione di de Broglie per la lunghezza d’ onda di una particella non offre alcuno spunto per capire di che tipo sia l’ onda associata a una particella materiale. Per avere una prima idea della natura di tale onda, rivolgiamo l’ attenzione alla fgura 15 (pagina seguente). La parte A mostra la fgura a frange su uno schermo ottenuta eseguendo un esperimento di Young con la doppia fenditura con l’utilizzo di elettroni al posto della luce. Le frange chiare hanno luogo nei punti in cui le onde provenienti dalle fenditure interferiscono costruttivamente, mentre le frange scure corrispondono a zone in cui le onde interferiscono distruttivamente. Quando un elettrone passa attraverso la doppia fenditura e colpisce lo schermo, il punto di arrivo diventa luminoso; le parti B, c e d della fgura 15 illustrano il modo in cui questi punti diventano sempre più numerosi al passare del tempo. Con l’accumular- capitolo si degli elettroni sullo schermo, i punti luminosi fniscono per formare la fgura a frange evidente nella parte d. Le frange luminose si verifcano dove esiste un’alta probabilità che gli elettroni colpiscano lo schermo, quelle scure dove la probabilità è bassa. È questa la chiave per comprendere che cosa sono le onde associate alle particelle. Le onde associate alle particelle sono onde di probabilità, il cui valore in un determinato punto dello spazio fornisce un’indicazione della probabilità di trovare la particella in tale punto. Nella zona in cui è situato lo schermo, l’andamento della probabilità associato con le onde dà luogo alla fgura a frange. Il fatto che non siano visibili frange nella parte B della fgura non signifca che lì non siano presenti onde di probabilità; semplicemente sono troppo pochi gli elettroni che hanno colpito lo schermo e la fgura non è ancora riconoscibile. La distribuzione di probabilità che porta alle frange della fgura 15 è analoga a quella dell’intensità luminosa responsabile delle frange nell’originario esperimento di Young. Si è dimostrato che l’intensità della luce è proporzionale al quadrato dei campi elettrico o magnetico associati all’onda. In modo analogo, nel caso delle onde associate alle particelle la probabilità è proporzionale al quadrato del modulo di una grandezza ψ (lettera greca «psi»), che viene chiamata funzione d’onda della particella. Nel 1925 il fsico austriaco Erwin Schrödinger (1887-1961) e il fsico tedesco Werner Heisenberg (1901-1976) svilupparono in maniera indipendente due formulazioni teoriche per calcolare la funzione d’onda. Essi fondarono così una nuova branca della fsica chiamata meccanica quantistica. Il termine quanto si riferisce al fatto che su scala atomica, laddove occorre considerare le onde associate alle particelle, l’energia è quantizzata, in modo che solo certe particolari energie sono permesse. La meccanica quantistica è essenziale per capire la struttura atomica e i fenomeni a essa collegati e l’equazione di Schrödinger per il calcolo della funzione d’onda è ormai largamente usata. Esploreremo la struttura dell’atomo basata sulle idee della meccanica quantistica nel prossimo capitolo. 6 Il principio di indeterminazione di Heisenberg In base a quanto visto nel paragrafo precedente, le frange chiare della fgura 15 corrispondono ai punti in cui la probabilità che un elettrone colpisca lo schermo è alta. Dal momento che è presente un certo numero di frange chiare, ciò signifca che esiste un certo numero di punti dello schermo in cui tale probabilità è diversa da zero. Non possiamo prevedere esattamente quale punto dello schermo verrà colpito dal singolo elettrone. Tutto ciò che possiamo fare è indicare la probabilità che l’elettrone vada a fnire in un determinato punto. Non è più possibile affermare, come suggerito dalle leggi di Newton, che il singolo elettrone, inviato contro la doppia fenditura, procede lungo una determinata traiettoria e colpisce lo schermo. Questo semplice modello non funziona quando una particella di dimensioni paragonabili a quelle di un elettrone passa attraverso una coppia di fenditure ravvicinate. Poiché in tali circostanze diventa importante la natura ondulatoria delle particelle, si perde la possibilità di prevedere il percorso seguito dal singolo elettrone. Solo il comportamento medio di un elevato numero di particelle risulta prevedibile, mentre il comportamento della singola particella non è determinabile a priori. Per analizzare più chiaramente la natura di questa indeterminazione, consideriamo degli elettroni inviati attraverso una fenditura singola, come in fgura 16 (pagina seguente). Dopo che un numero suffciente di elettroni avrà colpito lo schermo, emergerà una fgura di diffrazione. La fgura che riguarda gli elettroni consiste in un’alternanza di frange chiare e scure ed è analoga a quella associata alla diffrazione della luce. La fgura 16 riproduce la fenditura e le prime frange scure da entrambi i lati della frangia chiara centrale. La frangia centrale è chiara perché in tutta la zona compresa tra le frange scure gli elettroni colpiscono lo schermo. Trascurando gli elettroni che colpiscono lo schermo al di fuori della frangia centrale, l’apertura angolare con cui gli elettroni vengono diffratti è fornita dall’ angolo θ riportato nella fgura. 22 PArtIcelle e onde Fenditura doppia Elettroni in movimento A B Dopo 100 elettroni C Dopo 3000 elettroni D Dopo 70 000 elettroni Figura 15 In questa versione dell’ esperimento di Young che utilizza elettroni, la caratteristica fgura a frange diventa evidente solo dopo che un numero suffciente di elettroni ha colpito lo schermo (da A. Tonomura, J. Endo, T. Matsuda, T. Kawasaki e H. Ezawa, Am. J. Phys. 57 (2): 117, Feb 1989). 945 capitolo 22 PArtIcelle e onde Figura 16 Quando un numero suffciente di elettroni passa attraverso una fenditura singola e colpisce uno schermo, viene prodotta una fgura a frange chiare e scure (qui viene mostrata solo la frangia centrale). Questa fgura è dovuta alla natura ondulatoria dell’elettrone ed è analoga a quella prodotta dalle onde luminose. Prima frangia scura Elettroni in movimento Punto medio della frangia chiara centrale d Δpx θ θ py θ py Fenditura singola Prima frangia scura Schermo Per giungere nei punti appartenenti all’intervallo della frangia centrale alcuni elettroni devono aver acquisito una componente della quantità di moto lungo l’asse x, nonostante siano pervenuti sulla fenditura viaggiando lungo l’asse y e quindi siano privi di una quantità di moto iniziale lungo l’asse x. La fgura mostra che la componente x della quantità di moto acquisita può valere al massimo ∆px . Il simbolo ∆px corrisponde alla differenza tra il massimo valore della quantità di moto acquisita dall’elettrone dopo il passaggio attraverso la fenditura e il suo valore nullo prima di attraversarla. ∆px rappresenta quindi l’indeterminazione nella componente x della quantità di moto, in quanto tale componente può assumere tutti i valori compresi tra zero e ∆px . È possibile collegare ∆p x con la larghezza d della fenditura. Per farlo, supponiamo che l’equazione sen θ = mλ/d, m = 1, 2, 3 ..., applicabile alle onde luminose, sia utilizzabile anche per particelle con lunghezza d’onda di de Broglie λ. Tale equazione scritta per m = 1, sen θ = λ/d, specifca l’angolo θ che localizza la prima frangia scura. Se θ è piccolo, allora sen θ ≈ tg θ. Inoltre, la fgura 16 indica che tg θ = ∆p x /p y , dove p y è la componente y della quantità di moto dell’elettrone. Quindi ∆p x /p y ≈ λ/d. Ma p y = h/λ secondo l’equazione di de Broglie, in modo che ∆ px ∆ px λ ___ = ___ ≈ _ py h/λ d Di conseguenza h ∆p x ≈ _ d (9) in cui si nota che minore è la larghezza della fenditura, maggiore risulta l’indeterminazione nella componente x della quantità di moto dell’elettrone. Fu Heisenberg il primo a ipotizzare che l’ indeterminazione ∆p x nella componente x della quantità di moto sia collegata all’indeterminazione nella componente x della posizione dell’ elettrone che attraversa la fenditura. Siccome l’elettrone può attraversare la fenditura di larghezza d in un suo punto qualsiasi, l’indeterminazione nella componente x della posizione dell’ elettrone è ∆x = d. Sostituendo ∆x a d nell’equazione (9) si ottiene che ∆p x ≈ h/∆x, ovvero (∆p x)(∆x) ≈ h. Il risultato ottenuto nel caso di un esperimento di diffrazione può essere generalizzato e assume la forma di principio, noto come principio di indeterminazione di Heisenberg. PrIncIPIo dI IndeterMInAZIone dI HeISenBerG h Quantità di moto e posizione (∆p x)(∆x) ≥ _ 4π (10) dove ∆x è l’indeterminazione nella componente x della posizione di una particella e ∆p x è l’indeterminazione nella componente x della quantità di moto della particella. h (11) Energia e tempo (∆E)(∆t) ≥ _ 4π 946 capitolo 22 PArtIcelle e onde dove ∆E è l’indeterminazione nell’energia di una particella che si trova in un determinato stato e ∆t è l’indeterminazione nell’ intervallo di tempo durante il quale la particella permane in quello stato. Il principio di indeterminazione di Heisenberg fssa alcuni limiti alla precisione con cui posizione e quantità di moto di una particella possono essere contemporaneamente specifcati. Tali limiti non sono semplicemente dovuti a tecniche di misurazione poco precise: essi sono limiti fondamentali imposti dalla natura e non è possibile «aggirarli». L’equazione (10) indica che ∆p x e ∆x non possono essere entrambe arbitrariamente piccole. Se una delle due è piccola, l’altra deve essere grande, in modo che il loro prodotto sia maggiore o uguale a h/4π. Per esempio, se la posizione di una particella è esattamente nota, in modo che ∆x sia zero, allora ∆p x risulta avere un valore «infnitamente grande» e quindi la quantità di moto della particella è completamente indeterminata. Al contrario, se supponiamo che ∆p x sia zero, allora è ∆x che assume un valore «infnitamente grande» e la posizione della particella è del tutto indeterminata. In altre parole, il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che è impossibile specifcare contemporaneamente con precisione assoluta sia la quantità di moto sia la posizione di una particella. Esiste un principio di indeterminazione anche a proposito dell’energia e del tempo, come espresso nell’equazione (11). Il prodotto delle indeterminazioni nell’energia ∆E di una particella in un certo stato e nell’ intervallo di tempo ∆t durante il quale la particella rimane in quello stato è maggiore o uguale a h/4π. Quindi l’indeterminazione nell’energia di una particella in un certo stato è tanto maggiore quanto più brevemente la particella si mantiene in tale stato. eSeMPIo 5 Piccole e grandi masse Supponiamo che la posizione di un corpo lungo la direzione x sia nota con precisione tale da comportare un’indeterminazione nella posizione pari solo a ∆x = 1,5 ∙ 10−11 m. ▸ Determina la minima indeterminazione nella quantità di moto del corpo. ▸ Stabilisci la corrispondente minima indeterminazione nella velocità del corpo Problem solving osservazione sul principio di indeterminazione di Heisenberg Il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che il prodotto tra ∆p x e ∆x è maggiore o uguale a h/4π. L’indeterminazione minima si ha quando tale prodotto vale h/4π. nel caso in cui esso sia un elettrone (massa = 9,1 ∙ 10−31 kg). ▸ Esegui lo stesso calcolo nel caso in cui il corpo sia una pallina da ping-pong di massa 2,2 ∙ 10−3 kg. Il ragionamento e la soluzione ▸ La minima indeterminazione nella componente x della quantità di moto è h 6,63 ∙ 10−34 J ∙ s = 3,5 ∙ 10−24 kg ∙ m/s ∆p x = _ = _____________ 4π∆x 4π (1,5 ∙ 10−11 m) ▸ Dal momento che ∆p x = m∆v x , la minima indeterminazione sulla velocità dell’elettrone è ∆p x 3,5 ∙ 10−24 kg ∙ m/s = 3,8 ∙ 106 m/s ∆v x = ___ = _______________ m 9,1 ∙ 10−31 kg Quindi la piccola indeterminazione nella componente x della posizione dell’elettrone dà luogo a un’elevata indeterminazione sulla sua velocità. ▸ L’indeterminazione nella velocità della pallina da ping-pong è ∆p x 3,5 ∙ 10−24 kg ∙ m/s ∆v x = ___ = _______________ = 1,6 ∙ 10−21 m/s m 2,2 ∙ 10−3 kg Visto che la massa della pallina da ping-pong è relativamente grande, la piccola indeterminazione nella componente x della sua posizione dà luogo a un’indeterminazione nella sua velocità molto minore di quella dell’elettrone. Quindi, al contrario di quanto avviene per l’elettrone, possiamo sapere contemporaneamente dove si trova la palla e a che velocità si sta muovendo, con una precisione decisamente alta. 947 La storia di un’idea dalla meccanica classica alla meccanica quantistica ■ Successi e difficoltà della «vecchia teoria dei quanti» Tra il 1900 e il 1925 la «vecchia teoria dei quanti» conseguì molti successi, tra cui le leggi del corpo nero di Planck e dell’ effetto fotoelettrico di Einstein, l’ andamento dei calori specifci con la temperatura, la spiegazione degli spettri atomici con la teoria di Bohr-Sommerfeld. C’ erano però ostacoli insormontabili: gli spettri di atomi appena un po’ più complessi dell’idrogeno, come l’ elio, o il comportamento delle righe spettrali in campi magnetici qualsiasi. Lo schema teorico della «vecchia teoria dei quanti» prestava il fanco a diverse critiche: essa imponeva «condizioni di quantizzazione» a grandezze classiche, il che appariva arbitrario, né si era riusciti a trovare un principio-guida dal quale queste condizioni scaturissero in modo naturale. Era una sorta di ibrido, in cui si considerava valida la meccanica classica per descrivere gli stati stazionari, mentre nelle transizioni da uno stato all’altro si applicavano condizioni quantistiche. Molte erano le cose da comprendere, come l’apparente casualità dei Louis de Broglie ebbe per primo l’idea di onda associata a una particella. 948 fenomeni atomici e subatomici. Perché un atomo di una sostanza radioattiva decade e un altro atomo identico rimane stabile molto più a lungo? Se più atomi sono in uno stato eccitato, come fa uno di loro a «sapere» di dover tornare allo stato fondamentale? Nel 1916 Einstein affrontò il problema introducendo il concetto di «probabilità di transizione» di un atomo per unità di tempo. Pur non potendo spiegare il comportamento casuale di atomi e molecole, Einstein ebbe il merito di comprendere che esso andava posto nel quadro della teoria dei quanti, nella quale fece il suo ingresso il concetto di probabilità. ■ la meccanica quantistica Nel 1923 l’ipotesi del fotone (indice di un comportamento corpuscolare della luce) ottenne una decisiva conferma sperimentale da parte dell’ americano Arthur Compton. Nel 192324 il francese Louis de Broglie introdusse il concetto di «onda associata» a una particella, ipotizzando che, così come un’onda luminosa può mostrare proprietà corpuscolari, una particella di massa m e velocità v può comportarsi come un’onda di lunghezza λ = h/mv, dove h è la costante di Planck. h vale «solo» 6,63 ∙ 10−34 J ∙ s e la sua piccolezza spiega perché la fsica classica funziona benissimo per oggetti macroscopici. Gli effetti quantistici, infatti, si fanno sentire nell’ infnitamente piccolo, quando le lunghezze delle onde associate ai corpuscoli diventano confrontabili con le distanze in gioco. L’intuizione di de Broglie venne confermata da esperimenti successivi nei quali fascetti di elettroni produssero fgure di interferenza e di diffrazione. Nel 1926 l’ austriaco Erwin Schrödinger gettò le basi della cosiddetta «meccanica ondulatoria», un modo di descrivere i sistemi quantistici basato sulla conoscenza della cosiddetta «funzione d’onda» ψ. Poco dopo Max Born propose che l’onda ψ agisse come una sorta di campo-guida per le particelle e che in particolare il modulo quadrato di ψ moltiplicato per il volumetto elementare dv desse la probabilità di trovarvi la particella eseguendo una misura. Circa un anno prima, sfruttando alcune intuizioni di Werner Heisenberg, Born, Pascual Jordan e lo stesso Heinsenberg avevano pro- Paul Dirac, premio Nobel per la fsica nel 1933, ipotizzò anche l’esistenza dei positroni (anti-elettroni), poi verifcata sperimentalmente. capitolo posto la cosiddetta «meccanica delle matrici». Una terza formulazione della nuova meccanica giunse nel 1925 dal britannico Paul Dirac. Nella meccanica delle matrici vengono trattate solo grandezze fsiche osservabili, come ampiezze di transizione e frequenze di righe spettrali. A ciascuna osservabile è associata un’entità matematica detta «operatore», rappresentabile con una matrice (una tabella di numeri); i risultati delle misure di quell’osservabile possono assumere, con certe probabilità, solo i valori di una determinata equazione. Sul fnire del 1926 Dirac e Jordan mostrarono l’equivalenza delle varie formulazioni della meccanica quantistica, i cui fondamenti fsico-matematici furono chiariti nel 1926-27 in un celebre corso tenuto a Gottinga dai matematici David Hilbert e Johann von Neumann. ■ Un nuovo modo di pensare La meccanica quantistica ha cambiato il modo di pensare dei fsici. In fsica classica si riteneva che qualunque grandezza fosse misurabile con preci- sione grande a piacere, limitata solo dall’ inadeguatezza degli strumenti o della tecnica di misurazione. In fsica quantistica si accetta che vi siano coppie di grandezze impossibili da misurare con precisione arbitrariamente grande. Posizione e velocità sono un esempio: se ∆x è l’ incertezza sulla posizione di una particella e ∆p è l’ incertezza sulla sua quantità di moto p = mv, vale la relazione ∆x∆p ≥ h/4π. È questa l’essenza del principio di indeterminazione, formulato da Heisenberg nel 1927. Intuitivamente, lo si può concepire pensando che se vogliamo conoscere la posizione di un elettrone, dobbiamo «illuminarlo» con radiazione elettromagnetica di lunghezza d’onda opportuna; così facendo, il fotone che colpisce l’elettrone gli comunica una certa quantità di moto che determinerà l’incertezza su p. Più è corta la lunghezza d’onda λ del fotone, e maggiore è la precisione della misura di posizione, ma contemporaneamente maggiore è la quantità di moto comunicata dal fotone (p = h/λ) e quindi l’imprecisione sulla misura di velocità. Secondo il concetto di «complementarità» coniato da Niels Bohr, posizione e velocità sono «variabili complementari», Wolfgang Pauli ebbe il premio Nobel nel 1945 per la sua enunciazione del principio di esclusione, che permette di interpretare la tavola periodica degli elementi. 22 PArtIcelle e onde cioè corrispondono a concetti che, benché contraddittori (onda e corpuscolo), sono entrambi necessari per descrivere il fenomeno osservato. Né il fenomeno, né lo strumento d’osservazione possiedono realtà fsica autonoma; ciò che descriviamo è l’insieme dei due. Si può misurare simultaneamente con precisione arbitrariamente grande solo ciò che non è complementare. Le relazioni causa-effetto della meccanica classica vengono soppiantate da previsioni degli eventi in termini di probabilità e statistica: le proprietà ondulatorie della materia rappresentano, in accordo col principio di indeterminazione, l’impossibilità di prevedere il moto delle particelle con precisione, anche conoscendo le forze in gioco. Trascurabile per i corpi macroscopici, questo aspetto domina su scala molecolare, atomica e subatomica. Nel 1924 l’austriaco Wolfgang Pauli aggiunse un nuovo numero quantico (detto di spin) all’insieme che descriveva gli elettroni in un atomo, e nel 1925 enunciò il cosiddetto «principio di esclusione», secondo il quale in un atomo non possono esistere due elettroni con gli stessi numeri quantici. Il principio di esclusione si rivelò decisivo per comprendere le proprietà degli elementi e la struttura della tavola periodica. Tra il 1925 e il 1927 la meccanica quantistica segnò una svolta in fsica. Non solo era in grado di riottenere i successi della «vecchia teoria dei quanti», ma riusciva là dove la vecchia teoria falliva, sistemando in un quadro organico le conoscenze di fsica atomica e molecolare. Fu un’epoca di grandi scoperte a portata di mano, una sorta di «età dell’oro» secondo Dirac e Heisenberg, ovvero «gli anni delle vacche grasse», nella dizione più pratica e prudente di Enrico Fermi. 949 come funziona? Il microscopio elettronico dezza superiore, arrivando a distinguere i singoli atomi. Esistono due famiglie di microscopi elettronici: in trasmissione e a scansione. Entrambe impiegano un fascio di elettroni diretto sul campione, ma i metodi con cui le immagini vengono prodotte e ingrandite sono sostanzialmente diverse. In un microscopio elettronico in trasmissione (Transmission Electron Microscope, TEM), un fascio di elettroni viene sparato ad altissima velocità contro un campione molto sottile (circa 100 nm) del materiale da analizzare e viene quindi studiata la parte del fascio trasmessa oltre il campione. I progressi dell’ottica elet© Luca Tible Usando un microscopio ottico, riusciamo a osservare oggetti con dimensioni dell’ordine di poche centinaia di nanometri, come batteri (~2 μm), virus (~50 nm) o flamenti di DNA (~2 nm). Questo è possibile non tanto per la capacità di ingrandimento del microscopio, quanto grazie al suo potere risolutivo. Il potere risolutivo di un microscopio, ovvero la sua capacità di distinguere due punti molto vicini, è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda della radiazione che viene utilizzata. Per questo motivo, se invece di sfruttare la luce come sorgente di radiazioni si usa un fascio di elettroni, è possibile raggiungere una risoluzione di parecchi ordini di gran- Sorgente di elettroni Condensatore tronica hanno spinto la risoluzione dai 10 nm del primo TEM (costruito dal fsico tedesco Ernst Ruska nel 1932) ai soli 0,05 nm degli strumenti attuali. Le lenti di questo microscopio, invece che essere di vetro come nei microscopi ottici, sono lenti magnetiche costituite da avvolgimenti metallici attorno a nuclei ferromagnetici che producono un campo magnetico fno a 1 T. Un tale campo magnetico è in grado di deviare la traiettoria degli elettroni, concentrando il fascio di elettroni sul campione. Dopo l’urto con gli atomi del bersaglio, queste lenti permettono di ingrandire l’immagine e focalizzare gli elettroni sull’obiettivo (fgura A). Ciò che si vede alla fne sul rivelatore è un’immagine ottica in cui i chiaro-scuri sono proporzionali alla quantità di elettroni trasmessi attraverso la corrispondente zona del campione. Il microscopio a scansione a effetto tunnel (Scanneling Tunneling Microscope, STM) è tra gli strumenti più utilizzati per studiare la materia alla nanoscala (fgura B). Una punta estremamente acuminata (fgura c) viene avvicinata alla superfcie a una distanza inferiore al na- Campione © Erwin Rossen, Eindhoven University of Technology (2006) Lente obiettivo Proiettore Figura A Schermo 950 Schema delle parti principali di un TEM. Le linee gialle rappresentano le traiettorie degli elettroni, deviate e focalizzate dalle lenti magnetiche. Figura B Immagine STM di una superfcie di oro di 150 nm2. Le porzioni più chiare corrispondono a zone più alte, mentre quelle più scure sono zone più basse. © Swiss Nanoscience Institute capitolo Figura c Leva micrometrica su cui è fssata la punta, la cui estremità è costituita da pochi atomi. Punta Campione © Luca Tible Corrente di tunneling Figura d Schema di funzionamento del STM. In basso è mostrato il dettaglio atomico della regione fra punta e campione. 22 PArtIcelle e onde nometro e viene poi fatta scorrere «riga per riga», scansionando l’area di superfcie che si vuole analizzare. L’estensione dell’area da scansionare può variare da qualche centinaio di micrometri a poche decine di nanometri. La punta è fssata su speciali attuatori piezoelettrici che sono in grado di muoverla con precisione sub-nanometrica. Un piezoelettrico è un materiale la cui lunghezza varia al variare della tensione applicata: in questo modo è possibile modifcare con continuità e precisione la posizione della punta rispetto alla superfcie tramite un segnale elettrico. Per iniziare la misura, si applica una piccola differenza di potenziale fra la punta e il campione e si avvicina la punta alla superfcie, a circa 1 nm. Quando la distanza fra punta e campione diventa molto piccola, la barriera di potenziale che gli elettroni devono superare diventa molto stretta. La probabilità che un elettrone possa attraversare la barriera per effetto tunnel diventa allora suffcientemente grande da determinare una corrente, detta corrente di tunneling, piccolissima (dell’ordine del nA) ma misurabile. Durante la scansione, la punta registra l’altezza della superfcie rispetto a una quota fssa, permettendo di ricostruire la forma della superfcie (fgura d). Mantenendo la quota costante e monitorando le variazioni di corrente si possono quindi ottenere informazioni sui valori locali della distanza punta-superfcie. Questa modalità è però rischiosa perché, in caso di superfci particolarmente irregolari, la punta corre il rischio di subire degli urti e di danneggiarsi. Per questo motivo si opera quasi sempre in maniera inversa: durante la scansione, la punta viene alzata o abbassata in modo da mantenere costante la corrente di tunneling. 951 capitolo 22 PArtIcelle e onde l’ ordine di grandezza © Troy Kellogg / Shutterstock Quanti fotoni ci investono durante una radiografia? Per calcolare il numero di fotoni che ci investe durante una radiografia, dobbiamo moltiplicare la potenza del fascio di raggi X per il tempo di esposizione caratteristico di una radiografia e dividere questa quantità per l’energia media trasportata da un singolo fotone. Il modello (numero di fotoni) = (potenza del fascio di raggi X) (tempo di esposizione al fascio) / (energia media trasportata da un fotone) I numeri ▸ Potenza del fascio di raggi X = 6 W ▸ Tempo di esposizione al fascio = 8 ∙ 10−2 s ▸ Energia media trasportata da un fotone = = (costante di Planck) (frequenza media dei raggi X) = = (costante di Planck) (velocità della luce) / (lunghezza d’onda media dei raggi X) = = (6,6 ∙ 10−34 J ∙ s) (3 ∙ 108 m/s) / (2 ∙ 10−11 m) = = 10−14 J < 60 keV Il risultato numero di fotoni = (6 W) (8 ∙ 10−2 s) / (10−14 J) = = 5 ∙ 10 13 fotoni L’ordine di grandezza è: 1014 fotoni Stima l’ordine di grandezza Qual è il limite massimo di lampade solari a cui una persona adulta può sottoporsi nel corso di un anno? Durante una normale radiografia siamo investiti da 50 mila miliardi di fotoni. Un paragone Nel corso di dieci minuti di tintarella, siamo bombardati da circa 3 ∙ 1023 fotoni, una quantità di particelle 10 miliardi di volte più grande di quelle di una radiografia. Questo significa che non conta tanto il numero dei fotoni dal quale si è investiti, quanto la lunghezza d’onda della radiazione: dieci minuti passati sotto il sole senza crema protettiva possono causarci una scottatura, ma un minuto di raggi X sarebbe letale per qualsiasi essere vivente. le fonti ∙ Potenza del fascio di raggi X: F. Mazzucato, Anatomia radiologica, Piccin Editore, 2006 ∙ Tempo di esposizione al fascio: F. Mazzucato, Anatomia radiologica, Piccin Editore, 2006 ∙ Lunghezza d’onda media dei raggi X: F. Mazzucato, Anatomia radiologica, Piccin Editore, 2006 Il modello (numero massimo di lampade solari) = [(energia massima annua dovuta a raggi UV che può assorbire una persona adulta) / (energia massima che investe ogni secondo la superficie corporea)] / (durata media di una seduta abbronzante) I numeri Energia massima annua dovuta a raggi UV che può assorbire una persona adulta = = 2,7 ∙ 104 J Energia massima che investe ogni secondo la superficie corporea = = (potenza massima erogabile da una lampada abbronzante) (superficie corporea di una persona adulta) = (0,3 W/m2) (1,8 m2) = 0,54 W = 0,54 J/s Durata media di una seduta abbronzante = 15 min = 900 s Il risultato Numero massimo di lampade solari = .................. le fonti ∙ Energia massima annua dovuta a raggi UV che può assorbire una persona adulta: Scientific Committee on Consumer Product - SCCP, European Commission, 2006 (http://ec.europa.eu/health/ph_risk/committees/04_sccp/docs/sccp_o_031b.pdf) ∙ Energia massima che investe ogni secondo la superficie corporea: Scientific Committee on Consumer Product - SCCP, European Commission, 2006 (http://ec.europa.eu/health/ph_risk/committees/04_sccp/docs/sccp_o_031b.pdf) 952 capitolo 22 Formule in 3 minuti I concetti fondamentali 1 Il dualismo onda-corpuscolo Il dualismo onda-corpuscolo si riferisce al fatto che un’onda può manifestare proprietà corpuscolari e una particella può evidenziare caratteristiche ondulatorie. 2 4 legge di Stefan-Boltzmann: un corpo nero a temperatura assoluta T irradia in 1 s da 1 m2 di superfcie una energia totale E = σT 4 σ = costante di Stefan-Boltzmann = = 5,67 ∙ 10−8 J/(s ∙ m2 ∙ K4) E = nhf h = costante di Planck λ = lunghezza d’onda del fotone effetto compton: corrisponde alla diffusione di un fotone da parte di un elettrone di un determinato materiale. Il fotone diffuso ha una frequenza (e quindi un’energia) inferiore rispetto al fotone incidente. Variazione della lunghezza d’onda nell’effetto compton: la differenza fra la lunghezza d’onda λ′ del fotone diffuso e la lunghezza d’onda λ del fotone incidente è legata all’angolo di diffusione θ dalla relazione h λ′ − λ = _ (1 − cos θ) mc dove m è la massa dell’elettrone. La quantità h/(mc) è detta lunghezza d’onda Compton dell’elettrone. 5 la lunghezza d’onda di de Broglie e la natura ondulatoria dei corpi materiali con n = 1, 2, 3, ... lunghezza d’onda di de Broglie di una particella h = costante di Planck = 6,626 068 76 ∙ 10−34 J ∙ s f = frequenza di vibrazione dell’oscillatore 3 la quantità di moto di un fotone e l’effetto compton h p=_ λ Ipotesi di quantizzazione di Planck: rende conto della distribuzione della radiazione emessa da un corpo nero supponendo che l’interazione fra radiazione e materia avvenga per scambio di pacchetti discreti di energia, detti quanti. energie degli oscillatori atomici: Planck ipotizzò che un corpo nero sia costituito da oscillatori atomici che possono avere solo energie quantizzate espresse da E = hf Il principio di indeterminazione Quantità di moto di un fotone: il modulo della quantità di moto di un fotone vale la radiazione di corpo nero e l’ ipotesi di Planck corpo nero: è un qualsiasi oggetto che, a temperatura costante, assorbe tutta la radiazione elettromagnetica che lo colpisce. La distribuzione dell’energia nella radiazione di corpo nero non dipende dal materiale di cui è costituito ma solo dalla temperatura delle pareti. PArtIcelle e onde I fotoni e l’effetto fotoelettrico energia di un fotone: la radiazione elettromagnetica è formata da fotoni, che sono pacchetti di energia. L’energia di un fotone è E = hf dove h è la costante di Planck e f è la frequenza del fotone. h λ=_ p dove h è la costante di Planck e p è il modulo della quantità di moto relativistica della particella. A causa della sua lunghezza d’onda, una particella può manifestare caratteristiche ondulatorie. 6 Il principio di indeterminazione di Heisenberg Un fotone non ha massa e viaggia sempre alla velocità della luce nel vuoto. Fissa dei limiti alle possibilità di conoscere il comportamento di una particella. È espresso dalla relazione (quantità di moto e posizione) effetto fotoelettrico e lavoro di estrazione: l’effetto fotoelettrico è il fenomeno in cui la luce colpisce la superfcie di un metallo estraendone elettroni. Il lavoro di estrazione W 0 di un metallo è il minimo lavoro necessario per estrarre un elettrone dal metallo. h (∆p x)(∆x) ≥ _ 4π • • caratteristiche dell’effetto fotoelettrico Un metallo emette fotoelettroni solo se la frequenza della luce incidente è superiore a un valore soglia f 0 che dipende dal metallo. L’energia cinetica massima dei fotoelettroni espulsi non varia quando l’intensità della luce aumenta ma rimane costante la sua frequenza. conservazione dell’energia ed effetto fotoelettrico: gli elettroni emessi dal metallo possono avere un’energia cinetica massima K max lagata all’energia hf del fotone incidente e al lavoro di estrazione W 0 del metallo: hf = K max + W 0 dove ∆x è l’ indeterminazione nella componente x della posizione di una particella e ∆p x è l’ indeterminazione nella componente x della quantità di moto della particella. Oppure può essere espresso dalla relazione (energia e tempo) h (∆E)(∆t) ≥ _ 4π dove ∆E è l’indeterminazione nell’energia della particella quando si trova in un determinato stato e ∆t è l’indeterminazione nell’intervallo di tempo durante il quale la particella permane in quello stato. 953 capitolo 22 ESERCIZI PArtIcelle e onde Problemi cHAlKBoArd VIdeoS (Esercizi risolti in inglese) 1 Il dualismo onda-corpuscolo 2 la radiazione di corpo nero e l’ipotesi di Planck ▶ I fotoni e l’ effetto fotoelettrico 1 L’Universo è permeato da una radiazione elettromagnetica emessa nelle prime fasi della sua vita. Gli astronomi hanno misurato la distribuzione con grande precisione e hanno scoperto che è identica alla distribuzione di radiazione da parte di un corpo nero a temperatura 2,7 K. ▪▪▪ 4 ▪▪▪ La superfcie di Betelgeuse può essere considerata un corpo nero sferico di raggio 1,93 ∙ 10 11 m e temperatura 3600 K. 2 ▪▪▪ 3 Calcola la lunghezza d’onda alla quale si ha il massimo di emissione. ▶ Calcola l’energia irradiata da Betelgeuse in 1 s. Ultraviolet light with a frequency of 3.00 ∙ 10 15 Hz strikes a metal surface and ejects electrons that have a maximum kinetic energy of 6.1 eV. 3 ▪▪▪ ▶ What is the work function (in eV) of the metal? eSeMPIo All’interno di un forno per ceramica la temperatura è 900 °C. ▶ Qual è la potenza della radiazione che esce da una apertura rettangolare di lati 2,0 cm × 3,0 cm praticata sullo sportello? la soluzione © Protoco.com Un piccolo foro sullo sportello del forno è un emettitore di radiazione assimilabile a un corpo nero. La potenza emessa da una superfcie di area A alla temperatura assoluta T è data dalla legge di Stefan-Boltzman: P = eσT 4A dove σ = 5,67 ∙ 10 J/(s∙m ∙K ) è la costante di Stefan-Boltzman ed e è l’emissività della superfcie. Nel nostro caso, avendo ipotizzato che la sorgente sia un corpo nero, e = 1; inoltre −8 2 4 A = (2,0 cm)(3,0 cm) = 6,0 cm2 = 6,0 ∙ 10−4 m2 T = 900 °C = 1173 K Pertanto la potenza emessa è P = [5,67 ∙ 10−8 J/(s∙m2∙K4)](1173 K)4 (6,0 ∙ 10−4 m2) = 64 W 5 ▪▪▪ Una stazione radio AM trasmette un’onda elettromagnetica con frequenza 665 kHz, mentre una stazione radio FM trasmette a frequenza 93,1 MHz. ▶ 6 ▪▪▪ Quanti fotoni AM servono per avere un’ energia totale pari a quella del fotone FM? 8 ▪▪▪ 9 ▪▪▪ Due sorgenti emettono onde elettromagnetiche. La sorgente B emette una lunghezza d’onda tripla rispetto alla sorgente A. Ogni fotone della sorgente A ha un’ energia di 2,1 ∙ 10−18 J. ▶ Calcola l’ energia di un fotone della sorgente B. ▪▪▪ Una sorgente radio in FM trasmette a una frequenza di 98,1 MHz. La potenza irradiata dall’antenna è di 5,0 ∙ 104 W. ▶ 954 Quanti fotoni al secondo emette l’ antenna? ▶ ▪▪▪ Determina la lunghezza d’onda (in nm) di un fotone ultravioletto di energia 6,4 ∙ 10−19 J. La luce solare investe la superfcie terrestre con un’ intensità media di 680 W/m2. ▶ 10 7 La luce ultravioletta è responsabile dell’abbronzatura. Supponendo che tutti i fotoni di luce abbiano la stessa lunghezza d’onda (nel vuoto) di 730 nm, determina il numero di fotoni al secondo e al metro quadrato che colpiscono la Terra. Una radiazione di una determinata lunghezza d’ onda provoca l’emissione di elettroni con un’energia cinetica massima di 0,68 eV da un metallo il cui lavoro di estrazione è pari a 2,75 eV. ▶ Calcola la massima energia cinetica (in eV) dei foto- ESERCIZI capitolo elettroni emessi da un metallo il cui lavoro di estrazione è 2,17 eV quando è illuminato con la stessa radiazione. 11 ▪▪▪ 13 PArtIcelle e onde Una radiazione con lunghezza d’onda 230 nm illumina una superfcie metallica ed emette elettroni che hanno una velocità massima di 4,48 ∙ 105 m/s. ▶ Una luce ultravioletta con frequenza 3,00 ∙ 10 15 Hz colpisce una superfcie metallica ed espelle elettroni che hanno un’ energia cinetica massima di 5,4 eV. ▶ ▪▪▪ 12 ▪▪▪ 22 Qual è il lavoro di estrazione (in eV) del metallo? Di quale dei seguenti metalli si tratta (il valore tra parentesi è il lavoro di estrazione): potassio (2,24 eV), calcio (2,71 eV), uranio (3,63 eV), alluminio (4,08 eV) o oro (4,82 eV)? eSeMPIo Una sorgente monocromatica di potenza P 0 = 1,00 W emette luce di lunghezza d’onda λ = 580 nm in tutte le direzioni. ▶ A quale distanza deve essere posta una monetina di raggio r = 1,00 cm per essere colpita, in media, da 1 fotone ogni millisecondo? la soluzione Essendo data la lunghezza d’ onda della luce emessa dalla sorgente monocromatica, la sua frequenza è c f=_ λ L’ energia di un fotone di tale frequenza risulta c E = hf = h _ λ Se sulla monetina arriva un fotone ogni millisecondo, signifca che essa riceve la potenza 1 1 1 c P = _ E = _ hf = _ h _ ∆t ∆t ∆t λ dove ∆t = 1,00 ms = 1,00 ∙ 10−3 s. A tale potenza corrisponde l’intensità P 1 c 1 1 c 1 I = _ = _ h _ _ = _ h _ ___2 A ∆t λ A ∆t λ π r essendo A = πr² l’ area della monetina. La potenza emessa dalla sorgente, ricevuta a una distanza D, si è distribuita su una superfcie sferica di raggio D, per cui ha intensità pari a P0 I = ____2 4π D Uguagliando le due espressioni per l’intensità si ottiene P0 1 _ c 1 _ h ___ = ____ ∆t λ π r 2 4π D 2 ⇒ D=r √ __ ∆t P0 λ ____ 4 hc Utilizzando per la costante di Planck il valore h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s e inserendo i valori numerici, calcoliamo la distanza alla quale posizionare la moneta: __________________________ (1,00 ∙ 10−3 s)(1,00 W)(580 ∙ 10−9 m) −2 = 2,70 ∙ 105 m = 270 km D = (1,00 ∙ 10 m) _______________________________ 4 (6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s) √ 14 ▪▪▪ Il flamento di una lampada alogena irradia la maggior quantità di energia a una frequenza di 3,4 ∙ 10 14 Hz. Supponi che si comporti come un corpo nero. ▶ 16 ▪▪▪ Calcola la sua temperatura. La massima lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica che provoca l’emissione di elettroni da una barretta di platino è 196 nm. Una radiazione di lunghezza d’onda 141 nm colpisce la barretta. ▶ 15 ▪▪▪ La massima lunghezza d’ onda con cui un’onda elettromagnetica può emettere elettroni da una determinata superfcie metallica è di 485 nm. ▶ Calcola il lavoro di estrazione W 0 del metallo in elettronvolt. 17 ▪▪▪ Calcola la massima velocità degli elettroni emessi. Il gufo ha una buona visione notturna, in quanto i suoi occhi sono in grado di rivelare la luce fno a un’ intensità di 5,0 ∙ 10−13 W/m2. ▶ Qual è il minimo numero di fotoni al secondo che 955 capitolo 22 ESERCIZI PArtIcelle e onde l’occhio di un gufo riesce a rivelare se il diametro della sua pupilla è 8,5 mm e la luce ha una lunghezza d’ onda di 510 nm? 18 ▪▪▪ 19 ▪▪▪ protone fno a una distanza di 1,58 m dalla carica. Supponi che l’energia potenziale elettrostatica persa dal sistema venga acquisita da un fotone che viene emesso durante il processo. Un protone si trova a 0,420 m da una carica puntiforme di 18,30 µC. La forza elettrica repulsiva fa muovere il ▶ Quanto vale la sua lunghezza d’onda? eSeMPIo In un esperimento sull’ effetto fotoelettrico viene utilizzata una lastra di zinco irraggiata con luce ultravioletta di frequenza f = 2,00 ∙ 10 15 Hz. Con questo tipo di radiazione vengono emessi elettroni che raggiungono il collettore, anche se questo è tenuto a un potenziale negativo, fno a un valore minimo di −4,00 V. ▶ Qual è il lavoro di estrazione dello zinco? la soluzione I fotoni che formano la radiazione di frequenza f = 2,00 ∙ 10 15 Hz hanno un’energia E = hf dove h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s è la costante di Planck. Per risolvere questo esercizio è conveniente esprimere la costante di Planck in elettronvolt, poiché è l’ unità di misura tipica dei fenomeni su scala atomica. Essendo 1 eV = 1,6022 ∙ 10−19 J si ha 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s h = ____________ = 4,136 ∙ 10−15 eV ∙ s 1,6022 ∙ 10−19 J/eV Quindi l’energia di un fotone di frequenza f = 2,00 ∙ 10 15 Hz è E = (4,136 ∙ 10−15 eV ∙ s)(2,00 ∙ 10 15 s−1) = 8,27 eV Se alcuni elettroni emessi dallo zinco riescono a superare un potenziale negativo di −4,00 V, signifca che possiedono un’energia cinetica iniziale almeno pari a +4,00 eV. Per determinare il lavoro di estrazione utilizziamo la relazione hf = E = K max + W 0 dove K max è l’energia cinetica massima degli elettroni emessi e W 0 è il lavoro di estrazione dello zinco; quindi W 0 = E − K max = 8,27 eV − 4,00 eV = 4,27 eV Il lavoro di estrazione dello zinco è 4,27 eV. 20 ▪▪▪ Un piatto di vetro ha una massa di 0,50 kg e calore specifco di 840 J/(kg ∙ °C). La lunghezza d’onda della luce infrarossa è 6,0 ∙ 10−5 m, mentre quella della luce blu è 4,7 ∙ 10−7 m. ▶ 21 ▪▪▪ 956 Trova il numero di fotoni infrarossi e il numero di fotoni blu necessari per aumentare la temperatura del piatto di vetro di 2,0 °C, assumendo che tutti i fotoni vengano assorbiti dal vetro. 4 22 ▪▪▪ la quantità di moto di un fotone e l’effetto compton In un esperimento di diffusione Compton, il raggio X incidente e quello diffuso da un elettrone inizialmente fermo hanno lunghezze d’onda rispettivamente di 0,2685 nm e 0,2703 nm. ▶ 18 Un laser emette 1,30 ∙ 10 fotoni al secondo in un raggio di luce avente un diametro di 2,00 mm e una lunghezza d’onda di 514,5 nm. Determina l’intensità media: 23 ▪▪▪ Calcola l’angolo di diffusione θ, mostrato in fgura 11. Una sorgente di luce emette fotoni con quantità di moto 2,3 ∙ 10−29 kg ∙ m/s. ▶ del campo elettrico; ▶ Qual è la frequenza dei fotoni? ▶ del campo magnetico per l’ onda elettromagnetica che costituisce il raggio. ▶ A quale regione dello spettro elettromagnetico appartengono? ESERCIZI 24 ▪▪▪ capitolo Un fascio di raggi X con lunghezza d’onda 0,3120 nm è diffuso dagli elettroni liberi della grafte. L’angolo di diffusione della fgura 11 è θ = 135,0°. Calcola il modulo della quantità di moto: ▶ del fotone incidente; ▶ del fotone diffuso. 25 Un fotone X incidente di lunghezza d’onda 0,2750 nm collide con un elettrone inizialmente fermo. Il fotone è diffuso a un angolo θ = 180,0° con una lunghezza d’onda di 0,2825 nm. ▶ 28 ▪▪▪ PArtIcelle e onde di moto per calcolare la quantità di moto acquisita dall’elettrone. 26 ▪▪▪ Suggerimento: per una maggior precisione, considera h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s e c = 2,998 ∙ 108 m/s. ▪▪▪ 22 Il fotone X rivelato a un angolo di diffusione θ = 163° ha una lunghezza d’onda di 0,1867 nm. Determina: ▶ la lunghezza d’onda del fotone incidente; ▶ l’energia del fotone incidente; ▶ l’energia del fotone diffuso; ▶ l’energia cinetica dell’elettrone. Suggerimento: per una maggior precisione, considera h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s e c = 2,998 ∙ 108 m/s. 27 ▪▪▪ Applica il principio di conservazione della quantità Qual è la massima variazione di lunghezza d’ onda che un fotone subisce per diffusione Compton da una molecola di azoto (N2)? eSeMPIo Un fascio di raggi X incide contro un bersaglio di grafte. I raggi X che emergono con un angolo di 30° rispetto alla direzione dei raggi X incidenti hanno un’ energia di 100,0 keV. ▶ Fascio di raggi X incidente Qual è l’energia (in keV) dei raggi X che incidono sul bersaglio di grafte? 30˚ Fascio di raggi X uscente Suggerimento: per una maggior precisione di calcolo, considera h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s e c = 2,998 ∙ 108 m/s. Grafte la soluzione La variazione della lunghezza d’ onda di un fotone ad alta energia che collide con un elettrone della grafte si ottiene con la formula h λ′ − λ = _ (1 − cos θ) mc dove λ è la lunghezza d’ onda del fotone incidente e λ′ quella del fotone diffuso; m è la massa dell’elettrone e h _ = 2,43 ∙ 10−12 m mc è una costante, con le dimensioni di una lunghezza, che prende il nome di lunghezza d’onda Compton dell’elettrone; θ è l’angolo di diffusione del fotone. Nel nostro caso θ = 30°, per cui λ′ − λ = (2,43 ∙ 10−12 m)(1 − cos 30°) = 3,26 ∙ 10−13 m Ricordando che 1 eV = 1,6022 ∙ 10−19 J, calcoliamo l’ energia dei raggi X diffusi: E′ = 100,0 keV = (100,0 ∙ 103 eV)(1,6022 ∙ 10−19 J) = 1,602 ∙ 10−14 J In base alla relazione di Einstein, E′ = hf ′, ricaviamo E′ f′ = _ h dove h è la costante di Planck: h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s. Per calcolare la lunghezza d’ onda λ′ usiamo la relazione c λ′ = _ = f′ c hc __ =_= E′ E′ _ h (6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)(2,998 ∙ 108 m/s) = 1,24 ∙ 10−11 m = _____________________________ 1,602 ∙ 10−14 J 957 capitolo 22 ESERCIZI PArtIcelle e onde Dalla relazione λ′ − λ = 3,26 ∙ 10−13 m ricaviamo λ = λ′ − 3,26 ∙ 10−13 m = 1,24 ∙ 10−11 m – 3,26 ∙ 10−13 m = 1,207 ∙ 10−11 m Quindi l’energia dei raggi X incidenti vale hc (6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)(2,998 ∙ 108 m/s) = 1,646 ∙ 10−14 J E = _ = _____________________________ λ 1,207 ∙ 10−11 J Per ottenere il valore dell’ energia in keV basta tenere presente che 1 eV = 1,6022 ∙ 10−19 J e quindi 1,646 ∙ 10−14 J E = ____________ = 1,027 ∙ 105 eV = 102,7 keV 1,6022 ∙ 10−19 J/eV 29 ▪▪▪ Nell’ effetto Compton si applica la conservazione della quantità di moto per cui la quantità di moto totale del fotone e dell’ elettrone è la stessa prima e dopo lo scattering. Supponi che il fotone incidente, avente una lunghezza d’onda di 9,00 ∙ 10−12 m, si muova nella direzione +x e che il fotone diffuso emerga con un angolo θ = 90° nella direzione –y. ▶ 30 ▪▪▪ Trova le componenti x e y della quantità di moto dell’elettrone diffuso. La fgura mostra come funziona la misura dell’ effetto Compton. Data una lunghezza d’onda fssa incidente λ, viene misurata una lunghezza d’onda del fotone diffuso λ 1 quando l’ angolo di diffusione vale θ 1 = 30,0°, mentre viene misurata una lunghezza d’onda λ 2 per un angolo di diffusione pari a θ 2 = 60,0°. ▶ Trova la differenza tra le due lunghezze d’onda, λ2 − λ1. ▶ 34 A quale velocità deve muoversi un neutrone (massa = = 1,67 ∙ 10−27 kg) per avere una lunghezza d’ onda di de Broglie di 0,282 nm? 35 A quale velocità deve muoversi un protone per avere la stessa lunghezza d’onda di de Broglie di un elettrone in moto con una velocità di 4,50 ∙ 106 m/s? 36 Un batterio (massa = 2 ∙ 10−15 kg) nel sangue si muove alla velocità di 0,33 m/s. ▪▪▪ ▪▪▪ ▪▪▪ ▶ Un elettrone e un protone hanno la stessa velocità. Ignora gli effetti relativistici e determina il rapporto λ e /λ p delle loro lunghezze d’onda di de Broglie. 38 Le onde con lunghezza d’onda più grande diffrangono più di quelle con lunghezza d’onda più piccola. ▪▪▪ Elettrone che si allontana ϕ ▶ A quale velocità una persona di 65,0 kg deve passare attraverso una porta per diffrangere nello stesso modo di un’onda sonora di frequenza 128 Hz? (La velocità del suono è 343 m/s.) ▶ Alla velocità calcolata nel punto precedente, quanto tempo (in anni) impiegherebbe questa persona a compiere un metro? +x θ Fotone X incidente Fotone X diffuso 31 ▪▪▪ Un fotone di lunghezza d’ onda 0,45000 nm colpisce un elettrone libero inizialmente fermo. Il fotone viene spinto indietro. ▶ 32 ▪▪▪ 5 39 ▪▪▪ Qual è la velocità di rinculo dell’ elettrone dopo la collisione? Un fotone di un raggio X viene diffuso a un angolo θ = 180,0° da un elettrone inizialmente fermo. Dopo la diffusione, l’elettrone ha una velocità di 4,67 ∙ 106 m/s. ▶ In un esperimento di Young con doppia fenditura, con l’utilizzo di elettroni al posto della luce, l’angolo che defnisce le frange luminose del primo ordine è θ A = 1,6 ∙ 10−4 gradi quando la quantità di moto dell’elettrone vale p A = 1,2 ∙ 10−22 kg ∙ m/s. ▶ Determina la lunghezza d’ onda del fotone incidente. la lunghezza d’onda di de Broglie e la natura ondulatoria dei corpi materiali 40 ▪▪▪ ▪▪▪ 958 Un fotone ha la stessa quantità di moto di un elettrone in movimento a una velocità di 2,0 ∙ 105 m/s. Usando la stessa doppia fenditura, quale dovrebbe essere la quantità di moto p B affnché l’angolo che defnisce le frange luminose del primo ordine sia θ B = 4,0 ∙ 10−4 gradi? Una particella ha una lunghezza d’onda di de Broglie di 3,6 ∙ 10−10 m. ▶ 33 Qual è la lunghezza d’onda di de Broglie di questo batterio? 37 ▪▪▪ +y Elettrone a riposo Calcola la lunghezza d’onda del fotone. Se la sua energia cinetica raddoppia, qual è la nuova lunghezza d’onda di de Broglie assumendo che gli effetti relativistici possano essere trascurati? ESERCIZI 41 ▪▪▪ capitolo 22 PArtIcelle e onde eSeMPIo Per mezzo di tecniche di raffreddamento laser è possibile portare atomi di rubidio (massa atomica 85,5 uma) alla temperatura di un milionesimo di kelvin. ▶ Qual è l’ ordine di grandezza della lunghezza d’onda di de Broglie per questi atomi? la soluzione L’ordine di grandezza dell’ energia cinetica E di questi atomi è kT, dove T è la temperatura assoluta e k = 1,38 ∙ 10−23 J/K è la costante di Boltzmann. La defnizione di energia cinetica fornisce 1 1 p2 E = _ m v 2 = _ __ 2 2m dove p = mv è la quantità di moto dell’atomo di rubidio e m la sua massa. Allora _ 1 __ p2 _ = kT ⇒ p = √ 2 mkT 2m La lunghezza d’ onda di de Broglie è λ = h/p, essendo h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s la costante di Planck. Sostituendo la relazione appena trovata per p si ha h h _ λ=_=_ p √ 2 mkT dove la massa atomica del rubidio vale m = 85,5 uma = 85,5 (1,66 ∙ 10−27 kg) = 1,42 ∙ 10−25 kg Sostituendo i valori numerici otteniamo 6,6 ∙ 10−34 J ∙ s ______________________________ = λ = _____________________________________ √ 2 (1,42 ∙ 10−25 kg)(1,38 ∙ 10−23 J/K)(1,0 ∙ 10−6 K) = 3,3 ∙ 10−7 m ≈ 0,3 µm che è circa 103 volte maggiore delle dimensioni dell’ atomo stesso. 42 ▪▪▪ La particella A è ferma e la particella B si scontra frontalmente con essa. La collisione è completamente anelastica per cui le due particelle rimangono attaccate dopo la collisione e procedono insieme con la stessa velocità. Le masse delle due particelle sono diverse e non ci sono forze esterne che agiscono su di loro. La lunghezza d’onda di de Broglie della particella B prima della collisione è 2,0 ∙ 10−34 m. ▶ 43 ▪▪▪ 44 ▪▪▪ 45 ▪▪▪ 46 ▪▪▪ 6 47 ▪▪▪ 48 ▪▪▪ Determina il rapporto tra la lunghezza d’onda del fotone e la lunghezza d’onda di de Broglie della particella. l principio di indeterminazione di Heisenberg Un corpo si muove su una linea lunga 2,5 m, ma la sua posizione non è nota. ▶ Determina la minima indeterminazione nella quantità di moto del corpo. ▶ Determina la minima indeterminazione nella velocità del corpo nel caso sia una palla da golf (massa = 0,045 kg). ▶ Esegui lo stesso calcolo nel caso di un elettrone. Calcola la differenza di potenziale V. Un fascio di elettroni e un fascio di luce rossa (λ = 661 nm) producono su uno schermo una fgura di diffrazione da fenditura singola in cui la larghezza della frangia luminosa centrale è identica. La distanza tra lo A quale velocità si muovono gli elettroni? L’energia cinetica di una particella è uguale all’energia di un fotone. La particella si muove al 5,0% della velocità della luce. ▶ Qual è la nuova lunghezza d’onda di de Broglie? In un tubo catodico televisivo gli elettroni vengono accelerati da fermi attraverso una differenza di potenziale V. Subito prima che colpisca lo schermo, un elettrone ha una lunghezza d’ onda di de Broglie pari a 0,900 ∙ 10−11 m. ▶ ▶ Qual è la lunghezza d’ onda di de Broglie dell’oggetto che si è formato dopo la collisione? Una particella ha una lunghezza d’onda di de Broglie di 2,7 ∙ 10−10 m. In seguito la sua energia cinetica raddoppia. Ignora gli effetti relativistici. ▶ schermo e la fenditura è la stessa in entrambi i casi e molto maggiore della larghezza della fenditura. Un elettrone è intrappolato all’interno di una sfera avente il diametro di 6,0 ∙ 10−15 m (all’incirca le dimen- 959 capitolo 22 ESERCIZI PArtIcelle e onde sioni di un nucleo di ossigeno). ▶ 49 ▪▪▪ 51 Quanto vale la minima indeterminazione nella quantità di moto dell’ elettrone? 50 ▪▪▪ Nei polmoni sono presenti piccole sacche d’aria chiamate alveoli. Il diametro medio di una di queste sacche è 0,25 mm. Considera una molecola di ossigeno (massa = 5,3 ∙ 10−26 kg) intrappolata in una sacca. ▶ ▪▪▪ cità della molecola di ossigeno? L’indeterminazione minima ∆y nella posizione y di una particella è uguale alla sua lunghezza d’onda di de Broglie. ▶ Quanto vale la minima indeterminazione nella velo- Assumendo che gli effetti relativistici possano essere ignorati, determina l’indeterminazione minima nella velocità della particella, ∆v y , esprimendola come percentuale della velocità: ∆v y% = (∆v y /v y) 100. eSeMPIo Un atomo eccitato emette un fotone di energia E = 3,0 eV in un tempo ∆t dell’ordine di 10−8 s. ▶ Qual è l’ indeterminazione percentuale dell’energia del fotone emesso? Un nucleo eccitato emette invece un fotone γ di energia E = 0,8 MeV in un tempo ∆t dell’ordine di 10−20 s. ▶ Qual è l’indeterminazione percentuale dell’ energia del fotone γ emesso? la soluzione La relazione di indeterminazione, ∆E ∆t ≈ h/(4π), stabilisce che se un processo avviene in un intervallo di tempo ∆t, allora l’ incertezza sull’ energia del processo è h ∆E ≈ _ 4π ∆t Nel caso dell’ atomo ▶ 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s ________ 1 5 ∙ 10−27 J ________ ∆E ≈ ______________ = = 3 ∙ 10−8 eV 4 (3,14)(10−8 s) 1,6 ∙ 10−19 J/eV 1,6 ∙ 10−19 J/eV Quindi ∆E 3 ∙ 10−8 eV _% ≈ _ 100 = (1 ∙ 10−8)100 = 1 ∙ 10−6 % E 3,0 eV ▶ Nel caso del nucleo 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s ________ 1 5 ∙ 10−15 J ∆E ≈ ______________ = ________ = 3 ∙ 104 eV −20 −19 4 (3,14)(10 s) 1,6 ∙ 10 J/eV 1,6 ∙ 10−19 J/eV Quindi ∆E 3 ∙ 104 eV _ % ≈ _________ 100 = (4 ∙ 10−2)100 = 4% E 0,8 ∙ 106 eV 52 ▪▪▪ Un fascio di particelle attraversa una fenditura larga 0,200 mm (fgura 16). La lunghezza d’ onda di de Broglie di ciascuna particella è 633 nm. Dopo aver attraversato la fenditura, il fascio di particelle si allarga con una determinata apertura angolare. ▶ stella può essere considerata un corpo nero. ▶ 54 ▪▪▪ Usa il principio di indeterminazione di Heisenberg per determinare la minima apertura. Problemi finali 53 ▪▪▪ 960 Gli astronomi hanno analizzato la distribuzione della radiazione della stella Procione (α Canis Minor) e hanno determinato che il massimo di emissione si ha alla lunghezza d’onda 440 nm. La superfcie di una 55 ▪▪▪ Calcola la temperatura superfciale di Procione. L’energia di dissociazione di una molecola è l’ energia necessaria per separare la molecola nei singoli atomi. L’energia di dissociazione per la molecola di cianogeno è 1,22 ∙ 10−18 J. Supponi che tale energia venga fornita da un singolo fotone. ▶ Determina la lunghezza d’onda del fotone. ▶ Determina la frequenza del fotone. ▶ A quale regione dello spettro elettromagnetico appartiene il fotone? Il magnesio ha un lavoro di estrazione di 3,68 eV. Radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d’onda 215 nm colpiscono una superfcie di magnesio. ESERCIZI ▶ 56 ▪▪▪ 57 58 ▪▪▪ 59 60 ▪▪▪ 65 62 la lunghezza d’ onda di un fotone da 5,0 eV; ▶ la lunghezza d’ onda di de Broglie di un elettrone da 5,0 eV. La lunghezza d’ onda di de Broglie di un protone in un acceleratore di particelle è 1,30 ∙ 10−14 m. 63 Trova la lunghezza d’ onda di de Broglie di un elettrone con una velocità di 0,88 c. Tieni conto degli effetti relativistici. 64 ▪▪▪ Una particella subatomica creata in un esperimento esiste in un certo stato per un tempo ∆t = 7,4 ∙ 10−20 s prima di decadere in un altro stato. Applica sia il principio di indeterminazione di Heisenberg sia il principio di equivalenza tra energia e massa per determinare l’ indeterminatezza minima nella misura della massa di questa particella. Calcola il rapporto P S /P B fra la potenza emessa dal Sole e da Betelgeuse. Calcola la lunghezza d’onda della luce incidente. Un elettrone viene accelerato a partire da fermo attraverso una differenza di potenziale di 418 V. ▶ Determina l’energia cinetica (in joule) del protone. PArtIcelle e onde Un fascio di luce incide su una superfcie di sodio, il cui lavoro di estrazione vale 2,3 eV. La massima velocità dei fotoelettroni emessi è di 1,2 ∙ 106 m/s. ▶ ▪▪▪ 22 Il Sole ha una temperatura superfciale che è il 61% superiore a quella di Betelgeuse, che però ha un raggio 277 volte maggiore. Le superfci di entrambe si comportano come un corpo nero. ▶ ▪▪▪ ▶ ▶ ▪▪▪ 61 ▪▪▪ Calcola la massa della particella. Calcola: ▶ ▪▪▪ Determina la massima energia cinetica degli elettroni emessi. Esprimi la risposta in elettronvolt. Una particella ha una velocità di 1,2 ∙ 106 m/s. La sua lunghezza d’onda di de Broglie è 8,4 ∙ 10−14 m. ▶ ▪▪▪ capitolo Calcola la sua lunghezza d’onda di de Broglie fnale, tenendo conto che la sua velocità fnale è molto inferiore alla velocità della luce. L’energia cinetica media di un atomo di un gas perfetto monoatomico è – 3 E = _ kT 2 dove k = 1,38 ∙ 10−23 J/K e T è la temperatura del gas in kelvin. ▶ Determina la lunghezza d’onda di de Broglie di un atomo di elio (massa = 6,65 ∙ 10−27 kg) che possiede l’energia cinetica media a temperatura ambiente (293 K). eSeMPIo In una lastra metallica è stato praticato un foro delle dimensioni di un centinaio di diametri atomici, vale a dire di diametro D ≈ 1,5 ∙ 10−8 m. Questa lastra è irraggiata prima con un fascio di protoni e poi con un fascio di raggi X, i quali hanno tutti la stessa energia E = 75 eV. ▶ Qual è l’immagine dello spot prodotto su uno schermo a distanza 1,0 m dalla lastra dalle particelle di ciascuno dei due fasci che passano attraverso il foro? la soluzione I raggi X sono onde elettromagnetiche e quando attraversano un foro subiscono una diffrazione. Anche le particelle che attraversano il foro subiscono una diffrazione, perché hanno un’onda associata, la cui lunghezza d’onda è data dalla relazione di de Broglie, λ = h/p. Abbiamo visto in ottica che, quando un’onda di lunghezza d’onda λ passa attraverso un foro di diametro D, forma una fgura di diffrazione, la cui parte centrale, che comprende la maggior parte dell’ intensità dell’onda, ha un’apertura angolare θ min = 1,22 λ/D. Il diametro d dello spot che si forma a distanza L è approssimativamente λ d ≈ L θ min = 1,22 L _ D Utilizziamo questa formula in tutti i casi, usando per i protoni la lunghezza d’onda di de Broglie e per i raggi X la lunghezza d’onda classica. La quantità di moto p è legata all’energia cinetica E dalla relazione _ p = √ 2mE per cui h h _ λ=_=_ p √2 mE 961 capitolo 22 ESERCIZI PArtIcelle e onde L’ energia espressa in joule è E = 75 eV = (75 eV)(1,602 ∙ 10−19 J/eV) = 1,2 ∙ 10−17 J e la massa del protone è m p = 1,67 ∙ 10−27 kg pertanto h 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s __ = _______________________ __________________ = 3,3 ∙ 10−12 m λp = _____ √ 2 m p E √ 2 (1,67 ∙ 10−27 kg)(1,2 ∙ 10−17 J) Lo spot prodotto dal fascio di protoni a distanza L = 1,0 m ha quindi un diametro pari a λp 3,3 ∙ 10−12 m d p ≈ 1,22 L __ = 1,22 (1,0 m) ___________ = 2,6 ∙ 10−4 m D 1,5 ∙ 10−8 m I raggi X sono formati da fotoni per i quali energia e frequenza sono legate dalla relazione E = hf, da cui f = E/h. Poiché frequenza e lunghezza d’ onda sono legate dalla relazione f = c/λ, abbiamo in defnitiva hc λ=_ E Inserendo i dati numerici si ha (6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s) λ X = ____________________________ = 1,7 ∙ 10−8 m 1,2 ∙ 10−17 J I raggi X hanno una lunghezza d’onda confrontabile con le dimensioni del foro e pertanto la diffrazione è in questo caso molto grande. Il diametro dello spot sullo schermo è circa λX 1,7 ∙ 10−8 m = 1,4 m d X ≈ 1,22 L __ = 1,22 (1,0 m) ___________ D 1,5 ∙ 10−8 m I raggi X sono dunque completamente diffratti dal passaggio attraverso il foro. 66 ▪▪▪ razione di 9,8 ∙ 10−6 m/s2, che è un milione di volte inferiore all’accelerazione di gravità sulla superfcie della Terra. Assumi che nessuna altra forza agisca sulla vela e che tutti i fotoni incidenti vengano rifessi. In una lastra metallica è stato praticato un foro avente raggio 1,2 ∙ 10−7 m. Un fascio di elettroni aventi energia 120 eV incide sulla lastra in direzione perpendicolare. ▶ Calcola la larghezza dello spot prodotto su uno schermo posto a 1,4 m dalla lastra dagli elettroni. ▶ 67 ▪▪▪ 68 ▪▪▪ Si vuole sciogliere un blocco di ghiaccio di 2,0 kg a 0 °C, convertendolo in acqua a 0 °C. ▶ Quanti fotoni (lunghezza d’ onda = 620 nm) devono essere assorbiti? ▶ In media, un fotone quante molecole di H2O converte da ghiaccio ad acqua? Alcuni scienziati hanno suggerito la possibilità di costruire un’astronave con particolari vele in modo che possa essere spinta da raggi laser. Supponi che queste vele siano costruite con un materiale altamente rifessivo abbastanza sottile da far sì che 1 m2 di vela abbia una massa di appena 3,0 ∙ 10−3 kg. La vela dovrebbe essere spinta da una fascio laser di luce ultravioletta (λ = 225 nm) che colpisce la superfcie perpendicolarmente. ▶ 962 Usa il teorema dell’impulso per determinare il numero di fotoni per secondo che devono colpire ogni metro quadrato di vela per fornire un’accele- 69 ▪▪▪ 70 Determina l’intensità (potenza per unità di area) che il fascio laser deve avere quando colpisce la vela. Un raggio di luce visibile ha una lunghezza d’ onda di 395 nm e colpisce perpendicolarmente una determinata superfcie. L’intensità del fascio è tale che 3,0 ∙ 10 18 fotoni colpiscono la superfcie ogni secondo. ▶ Calcola la forza media applicata dal fascio sulla superfcie quando essa è rifettente. ▶ Calcola la stessa forza quando la superfcie è nera. L’energia necessaria per rimuovere un elettrone dal sodio metallico è di 2,28 eV. ▶ La luce rossa (λ = 678 nm) produce effetto fotoelettrico nel sodio? ▶ A quale colore corrisponde la lunghezza d’ onda di soglia? (Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie, Università degli studi di Torino, 2004-2005) ESERCIZI domande capitolo Quando un numero suffciente di fotoni di luce visibile colpisce una pellicola fotografca, essa risulta «esposta». Un fotone di un raggio X ha energia maggiore rispetto a un fotone di luce visibile. Tuttavia, la maggior parte delle pellicole non risulta «esposta» quando passa attraverso un controllo di sicurezza ai raggi X in un aeroporto. Che cosa si può ricavare da questa osservazione a proposito del numero di fotoni emessi dal dispositivo di controllo ai raggi X? 2 La radiazione di una determinata lunghezza d’onda provoca l’emissione di elettroni dalla superfcie di un certo metallo, ma non da quella di un altro metallo. Come può accadere? 3 Nell’ effetto fotoelettrico, supponiamo di aumentare l’intensità della luce lasciando costante la frequenza. La frequenza è maggiore rispetto alla frequenza di soglia f 0 . Stabilisci se le seguenti grandezze aumentano, diminuiscono o rimangono costanti, motivando la tua scelta: (a) la corrente nel circuito; (b) il numero di elettroni al secondo emessi dalla superfcie metallica; (c) la massima energia cinetica; (d) la massima quantità di moto; (e) la minima lunghezza d’onda di de Broglie che un elettrone può avere. 4 5 Un fotone può subire diffusione Compton da parte di una molecola di azoto, allo stesso modo di quanto avviene con un elettrone. Tuttavia, la variazione della lunghezza d’ onda del fotone è molto inferiore rispetto a quella dell’elettrone. Perché questo succede? Usa l’equazione (7) per una molecola di azoto anziché per un elettrone. La fotografa mostra un dispositivo chiamato radiometro. Le quattro palette rettangolari sono nere da un lato e rifettenti dall’altro. Esposto alla luce, il gruppo di palette ruota, nella direzione che va dalla parte nera a quella rifettente. Sono gli urti dei fotoni con i due lati PArtIcelle e onde delle palette che provocano la rotazione? Spiega il tuo ragionamento. © Sargent-Welsch Scientific Company 1 22 6 Nella fgura 1 sostituisci gli elettroni con protoni aventi la stessa velocità. Con l’ aiuto dell’ equazione sen θ = mλ/d, m = 0, 1, 2, 3, ... per le frange luminose dell’esperienza di Young con la doppia fenditura e dell’equazione (8), stabilisci se la separazione angolare tra le frange aumenta, diminuisce o rimane la stessa di quella osservabile con gli elettroni. 7 Introduci il concetto di corpo nero ed esponi l’ ipotesi di Planck dei quanti. 8 Spiega in che cosa consiste l’effetto fotoelettrico e descrivi i limiti dell’interpretazione fornita dalla fsica classica. 9 Illustra l’interpretazione che diede Einstein nel 1905 dell’effetto fotoelettrico. 10 Enuncia, nelle due forme in cui si può esprimere, e commenta il principio di indeterminazione di Heisenberg. 11 Illustra la lunghezza d’onda di de Broglie e la dualità onda-particella della materia. test 1 Completa l’enunciato della legge di Stefan-Boltzmann: «un corpo nero a temperatura assoluta T irradia in 1 s da 1 m2 di superfcie un’ energia totale quale si ha il massimo dell’energia irradiata dalla relazione: a E = σT 4 b E = kT 4 a λ maxT = 2,90 ∙ 10−3 m ∙ K con σ = 5,67 ∙ 10 J/(s ∙ m ∙ K ) b λ max /T = 2,90 ∙ 10−3 m ∙ K−1 con −23 c T = (2,90 ∙ 10−3 m ∙ K) λ max −8 k = 1,38 ∙ 10 2 4 J/K c E = σkT 4 con k = 1,38 ∙ 10−23 J/K e σ = 5,67 ∙ 10−8 J/(s ∙ m2 ∙ K4) d E = σT −4 con σ = 5,67 ∙ 10−8 J/(s ∙ m2 ∙ K4) 2 Secondo la legge di Wien, la temperatura assoluta T del corpo nero è legata alla lunghezza d’ onda λ max per la d λ max = (2,90 ∙ 10−3 m ∙ K) T 3 Il grafco a pagina seguente mostra la distribuzione della radiazio-ne emessa da un corpo nero di temperatura T1 . Se il corpo nero è portato a una temperatura T2 maggiore: 963 capitolo 22 ESERCIZI PArtIcelle e onde a la distribuzione rimane invariata. 9 b la distribuzione cambia ma il massimo rimane alla stessa lunghezza d’ onda. a la dilatazione dei tempi. b la contrazione delle lunghezze. c il massimo si sposta verso lunghezze d’ onda minori. c la natura corpuscolare della luce. d il massimo si sposta verso lunghezze d’onda maggiori. d la natura ondulatoria delle particelle. Intensità 10 T1 −32 11 b Frequenza. c Energia cinetica. E = 2,72 ∙ 10−25 J kg ∙ m/s E = 2,72 ∙ 10−25 J c p = 4,27 ∙ 10−33 kg ∙ m/s E = 1,28 ∙ 10−24 J d p = 4,27 ∙ 10−33 kg ∙ m/s E = 5,79 ∙ 10−24 J b p = 1,73 ∙ 10 Quale delle seguenti grandezze è la stessa per tutti i fotoni nel vuoto? a Lunghezza d’ onda. Un fotone di frequenza f e lunghezza d’onda λ interagisce con un elettrone inizialmente fermo. Quale delle seguenti affermazioni è vera? a Il fotone è assorbito. d Velocità. 5 Un telefono cellulare trasmette microonde con una frequenza di 1930 Hz. Quali sono la quantità di moto p e l’energia E dei fotoni emessi? a p = 8,73 ∙ 10−32 kg ∙ m/s Lunghezza d’onda 4 L’effetto Compton dimostra: b Il fotone guadagna energia e la sua frequenza fnale è maggiore di f. L’ energia di un fotone di un fascio di luce di lunghezza d’ onda 450 nm è: c Il fotone perde energia e la sua frequenza fnale è minore di f. a 2,0 J d Il fotone perde energia e la sua lunghezza d’ onda fnale è minore di λ. b 2,0 eV c 2,5 eV d 2,8 eV 6 12 a inversamente proporzionale alla costante di Planck. Un laser emette fotoni di 2,5 eV con una potenza di 10−3 W. Quanti fotoni emette ogni secondo? b inversamente proporzionale alla quantità di moto della particella. (1 eV = 1,6 ∙ 10−19 J) c direttamente proporzionale alla massa della particella. a 4,0 ∙ 10 14 d direttamente proporzionale all’energia della particella. b 2,5 ∙ 10 15 c 4,0 ∙ 10 18 d 1,0 ∙ 1021 7 13 Il lavoro di estrazione per l’ oro è 4,8 eV. Qual è la minima frequenza che la luce deve avere per estrarre fotoelettroni da una superfcie d’ oro? a 7,3 ∙ 10 14 Hz b 1,2 ∙ 10 15 Hz c 3,8 ∙ 10 16 Hz 14 d 6,5 ∙ 10 17 Hz 8 Un fascio di luce con lunghezze d’onda comprese fra 380 nm e 750 nm incide su una superfcie di piombo. Il lavoro di estrazione per il piombo è 4,14 eV. Quale delle seguenti affermazioni è vera? a Non sono emessi fotoelettroni. b Sono emessi fotoelettroni con energia cinetica minore di 1,21 eV. c Sono emessi fotoelettroni con energia cinetica compresa tra 1,21 eV e 1,83 eV. d Sono emessi fotoelettroni con energia cinetica maggiore di 1,83 eV. 964 La lunghezza d’onda di de Broglie di una particella è: 15 L’energia cinetica (non relativistica) di un neutrone (m = 1,67 ∙ 10−27 kg) con lunghezza d’onda di de Broglie 0,10 nm è: a 6,6 ∙ 10−19 J c 2,6 ∙ 10−20 J b 1,3 ∙ 10−20 J d 6,3 ∙ 10−20 J Se la costante di Planck fosse 660 J ∙ s, quale sarebbe la minima indeterminazione sulla posizione di un giocatore di basket di 120 kg che si muove a 3,5 m/s? a 0,25 m c 0,065 m b 0,13 m d 0,032 m È noto che la componente x della velocità di un elettrone (m = 9,11 ∙ 10−31 kg) è compresa tra 100 m/s e 300 m/s. Quale delle seguenti affermazioni sulla sua posizione x è vera? a La massima incertezza è circa 106 m. b La minima incertezza è circa 6 ∙ 10−7 m. c La massima incertezza è circa 6 ∙ 10−7 m. d L’incertezza è circa 3 ∙ 10−36 m. ESERCIZI 16 capitolo Cinque gruppi di studenti effettuano un esperimento in cui un fascio di luce monocromatica incide su una superfcie metallica dalla quale vengono emessi elettroni. Partendo tutti dalla stessa situazione, ogni gruppo prova a cambiare l’ intensità del fascio (I) e la lunghezza d’ onda della luce (λ), osservando che in tutti i casi si continua a osservare l’ emissione di elettroni. Quale gruppo registra un aumento del numero di elettroni emesso per unità di tempo e contemporaneamente una diminuzione della loro energia cinetica media? Variazione di λ 20 aumento del 20% b diminuzione del 10% invariata c invariata diminuzione del 10% d aumento del 20% diminuzione del 10% e aumento del 10% diminuzione del 20% Si consideri una situazione in cui un fascio di luce, incidendo sulla superfcie di un metallo, provoca l’ emissione di elettroni (questo avviene se nella radiazione sono presenti componenti con frequenza superiore a un certo valore di soglia, tipico del metallo). Si varia la durata dell’illuminazione, ma non l’intensità del fascio di luce. Quale grafco rappresenta meglio la dipendenza funzionale tra il numero di elettroni emessi e la durata dell’illuminazione? a N 3,5 ∙ 10 19 fotoni/s 3,0 ∙ 10 19 fotoni/s 2,5 ∙ 10 19 fotoni/s 2,0 ∙ 10 19 fotoni/s 1,5 ∙ 10 19 fotoni/s t d e N t 21 (Gara di 1° livello edizione 2005) 18 c N t N Supponendo che il sodio emetta luce monocromatica di lunghezza d’ onda λ = 5,89 ∙ 10−7 m, quanti fotoni al secondo verranno emessi da una lampada al sodio che ha una potenza di emissione luminosa P = 10 W? a b c d e b N t (Gara di 1° livello edizione 2008) 17 PArtIcelle e onde (Gara di 1° livello edizione 2013) Variazione di I a diminuzione del 20% 22 t La superfcie di un certo metallo viene investita da un fascio luminoso di frequenza opportuna f ed emette elettroni. La velocità massima e l’energia cinetica massima degli elettroni emessi sono rispettivamente v ed E. Se la stessa superfcie viene investita da un fascio luminoso della stessa frequenza, ma di intensità luminosa doppia, quali tra le seguenti affermazioni sono corrette? Fotoni con un’ energia di 7,9 eV incidono su una lastra di zinco, provocando l’ emissione di elettroni, la cui energia cinetica ha un valore massimo di 4,0 eV. Il lavoro di estrazione dello zinco 1. Viene emesso un numero doppio di elettroni al secondo. a è 11,9 eV 3. L’energia cinetica degli elettroni più veloci vale 2E. b è 7,9 eV a Solo la 1. d Solo la 1 e la 2. b Solo la 2. e Tutte e tre. 2. La velocità degli elettroni più veloci vale 2v. c è 4,0 eV d è 3,9 eV c Solo la 3. e non può essere determinato con i dati a disposizione. (Gara di 1° livello edizione 2014) (Gara di 1° livello edizione 2011) 22 19 L’ elettrone di un atomo di idrogeno che si trova allo stato eccitato con numero quantico principale n = 2, decade al livello fondamentale (n = 1) ed emette un fotone. Sapendo che l’ energia di ionizzazione di un atomo di idrogeno è 13,6 eV, quanto vale, approssimativamente, l’energia del fotone emesso? a 5,4 ∙ 10−19 J b 1,6 ∙ 10−18 J c 5,4 ∙ 10−18 J d 2,2 ∙ 10−18 J e 7,4 ∙ 10−18 J (Gara di 1° livello edizione 2012) Che cos’è un fotone? a Lo stato energetico di un elettrone legato a un nucleo. b La quantità di energia espressa dal prodotto della costante di Planck per la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica. c La minima energia di un elettrone legato a un nucleo. d Il quanto di energia associato a un’onda elettromagnetica. (Concorso a borse di studio per l’ iscrizione ai corsi di laurea della classe «Scienze e Tecnologie Fisiche» della SIF, 2006-2007) 965 capitolo 22 ESERCIZI PArtIcelle e onde VerSo l’eSAMe dI StAto 1 QUeSIto In Un’orA confronto fra fotoelettroni Un fascio di luce incide su una superfcie metallica. a Spiega che cosa si intende per lavoro di estrazione di un metallo e quale condizione deve realizzarsi affnché il metallo rilasci fotoelettroni. b Il lavoro di estrazione per l’oro è 5,1 eV, mentre quello per l’uranio è 3,6 eV. Quale dei due metalli emette elettroni con l’energia più grande quando viene irraggiato con radiazioni elettromagnetiche aventi lunghezza d’onda di 160 nm? c Il lavoro di estrazione del bario è 2,7 eV. Stabilisci quali colori sono in grado di far emettere fotoelettroni dal bario (v. tabella). Se una radiazione elettromagnetica di alta frequenza incide su una lastra metallica, i fotoni possono essere diffusi dagli elettroni mediante effetto Compton. Calcola la variazione di lunghezza d’onda di un fotone da 15 keV dopo una defessione di 180° subita da parte di un elettrone (me = 9,11 · 10-31 kg). d Calcola la velocità di un elettrone la cui lunghezza d’onda di de Broglie è 2,0 · 10-10 m. Si tratta di un elettrone relativistico? colore lunghezza d’onda Viola 380-450 nm Blu 450-495 nm Verde 495-570 nm Giallo 570-590 nm Arancione 590-620 nm Rosso 620-750 nm [4,86·10-12 m; circa 3,6 km/s] 2 QUeSIto SUlle coMPetenZe Alla scoperta di Antares In Un’orA Antares è la stella più luminosa dello Scorpione, una costellazione visibile verso sud, sopra l’orizzonte, durante le notti estive. a Spiega in quale senso Antares, come tutte le altre stelle, può essere considerata un corpo nero. b Il massimo dell’energia irradiata da Antares corrisponde alla lunghezza d’onda di circa 800 nm. Calcola la temperatura superfciale di Antares. © aam.8mag.net c Spiega come puoi individuare Antares fra le stelle presenti nella foto a fanco. d Antares ha un raggio di circa 1,2 · 109 km. Stima la sua luminosità assoluta, ossia la potenza totale che irraggia nello spazio. [Circa 3600 K; 1,7·1032 W] rUBrIcA dI VAlUtAZIone del QUeSIto SUlle coMPetenZe risposta o giustificazione non risponde Punteggio richiesta 1 sbagliata incompleta completa con errori completa e corretta 4 7 11 15 competenza prevalente a 2 Formulare ipotesi b 3 Formalizzare c 1 Osservare d 3 Formalizzare ...... Punteggio _ 60 966 = ...... _ 15 capitolo 23 La natura dell’ atomo © Fraunhofer IIS 1 Il modello atomico di Rutherford Un atomo contiene un piccolo nucleo carico positivamente (raggio ≈ 10−15 m), che è circondato a distanze relativamente elevate (raggio ≈ 10−10 m) da un certo numero di elettroni, come mostra la fgura 1. L’atomo è elettricamente neutro perché il nucleo contiene un numero di protoni (ciascuno con carica +e) uguale al numero di elettroni (ciascuno con carica −e). Questo modello di atomo è il frutto di un’idea recente. Nei primi anni del Novecento, infatti, un modello adottato, dovuto al fsico inglese Joseph J. Thomson (1856-1940), descriveva l’atomo in maniera diversa: una struttura senza nucleo centrale, con la carica positiva uniformemente distribuita al suo interno, a formare una sorta di «panettone» in cui gli elettroni negativi erano disseminati come la relativa «uvetta». Nel 1911 il fsico neozelandese Ernest Rutherford (1871-1937) pubblicò alcuni risultati sperimentali che il modello «a panettone» non era in grado di spiegare. Come indica la fgura 2 alla pagina seguente, Rutherford e i suoi collaboratori inviarono un fascio di particelle α contro una sottile lamina d’oro. Le particelle α, che vengono emesse da alcuni materiali radioattivi, sono cariche positivamente (essendo nuclei di elio, fatto all’epoca non risaputo). Secondo il modello di Thomson, le uniche particelle presenti nell’atomo, gli elettroni, hanno massa troppo piccola rispetto alle particelle α per defetterle in modo apprezzabile. Quindi le particelle α dovrebbero attraversare la lamina senza subire grandi deviazioni. Usando uno schermo al solfuro di zinco, che emette un piccolo lampo di luce quando viene colpito da una particella α, Rutherford e i suoi collaboratori furono in grado di determinare che non tutte le particelle α passavano indisturbate attraverso la lamina. Al contrario, alcune di esse venivano deviate ad angoli molto grandi, persino all’indietro. Lo stesso Rutherford affermò: «Era incredibile, quasi come se aveste sparato un proiettile da artiglieria contro una pezza di stoffa e l’aveste visto ritornare verso di voi». Rutherford concluse che la carica positiva, an- Elettrone negativo – – – – + – – – – Nucleo positivo Figura 1 Nel modello atomico di Rutherford un piccolo nucleo carico positivamente è circondato a distanze relativamente grandi da un certo numero di elettroni. 967 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo Lamina d’oro Schermo ziché essere distribuita uniformemente all’ interno dell’ atomo, è concentrata in una piccola regione che chiamò nucleo. Se gli elettroni fossero fermi, sarebbero attratti verso il centro dalla forza elettrica dovuta alla carica nucleare e quindi cadrebbero sul nucleo. Evidentemente gli elettroni devono essere in qualche modo in movimento intorno al nucleo, come i pianeti che ruotano intorno al Sole. In effetti, il modello nucleare viene anche chiamato talvolta «modello planetario». Le dimensioni dell’ atomo, tuttavia, sono tali da contenere al suo interno, in percentuale, molto più spazio vuoto del nostro Sistema Solare. Sorgente di particelle α eSemPIo 1 Gli atomi sono fatti di vuoto... Figura 2 Un esperimento di diffusione Çtipo RutherfordÈ, in cui alcune particelle α vengono diffuse da una sottile lamina d’ oro. L’ intero apparato si trova all’ interno di una camera a vuoto (non mostrata). SImuLaZIone L'esperimento di Rutherford (PhET, University of Colorado) Nel modello planetario dell’atomo il nucleo (raggio ≈ 10−15 m) corrisponde al Sole (raggio ≈ 7 ∙ 108 m). Gli elettroni orbitano intorno al nucleo (raggio ≈ ≈ 10−10 m) come la Terra orbita intorno al Sole (raggio ≈ 1,5 ∙ 10 11 m). ▸ Se le distanze nel Sistema Solare avessero le stesse proporzioni di quelle di un atomo, la Terra si troverebbe più vicina o più lontana dal Sole, rispetto alla sua effettiva posizione? Il ragionamento e la soluzione Il raggio di un’ orbita elettronica è centomila volte più grande del raggio del nucleo: 1 ∙ 10−10 m _________ = 105 1 ∙ 10−15 m Se il raggio dell’orbita terrestre fosse centomila volte quello del Sole, l’orbita terrestre avrebbe un raggio di: (7 ∙ 108 m) ∙ 105 = 7 ∙ 10 13 m Questo valore è più di quattrocento volte maggiore del raggio dell’orbita terrestre (1,5 ∙ 10 11 m), quindi la Terra sarebbe molto più distante dal Sole. In effetti, sarebbe oltre dieci volte più distante di Plutone, la cui orbita ha un raggio medio di 6 ∙ 10 12 m. Questo signifca che un atomo contiene, in percentuale, molto più spazio vuoto del nostro Sistema Solare. Il modello planetario coglie alcuni aspetti importanti della struttura atomica ma presenta anche notevoli contraddizioni. Per esempio, un elettrone in moto lungo una linea curva possiede un’accelerazione centripeta, come analizzato in Meccanica. Quando accelera, un elettrone irradia onde elettromagnetiche che trasportano energia. Perdendo continuamente energia, gli elettroni dovrebbero cadere con moto spiraliforme verso il centro fnendo per collassare sul nucleo. Ma la materia è stabile, quindi tale collasso non avviene. Perciò il modello planetario, pur fornendo una descrizione più realistica rispetto a quella del modello «a panettone», è in grado di raccontare soltanto una parte della realtà. 2 Fisica quotidiana Le insegne al neon e i lampioni stradali a vapori di mercurio 968 Gli spettri a righe Tutti i corpi emettono onde elettromagnetiche. Nel caso di un solido, come il flamento caldo di una lampadina, queste onde coprono un intervallo continuo di lunghezze d’onda, alcune delle quali appartengono alla regione visibile dello spettro. L’intervallo continuo di lunghezze d’ onda è caratteristico dei raggruppamenti di atomi che formano i solidi. Al contrario gli atomi singoli, privi delle forti interazioni presenti in un solido, emettono soltanto determinate lunghezze d’onda e non uno spettro continuo. Queste lunghezze d’onda sono caratteristiche dell’atomo e forni- capitolo scono importanti indizi sulla sua struttura. Per studiare il comportamento dei singoli atomi vengono usati gas a bassa pressione in cui gli atomi si trovano relativamente distanti l’uno dall’altro. È possibile far sì che un gas a bassa pressione racchiuso in un tubo emetta onde elettromagnetiche applicando una differenza di potenziale suffcientemente elevata ai capi di due elettrodi posti all’interno del tubo. Con uno spettroscopio a reticolo di diffrazione come quello della fgura 3, le lunghezze d’onda emesse dal gas possono essere separate in una serie di frange chiare detta spettro a righe. La fgura 4 mostra la regione visibile dello spettro a righe per il neon e per il mercurio: le particolari lunghezze d’ onda emesse da questi elementi conferiscono alle insegne al neon e ai lampioni stradali a vapori di mercurio i loro caratteristici colori. 23 La natuRa deLL’atomo Sorgente di luce Fenditura Lenti collimate θ Reticolo Telescopio Figura 3 Uno spettroscopio a reticolo di diffrazione. © Courtesy Bausch 6 Lomb Neon (Ne) Mercurio (Hg) Spettro di assorbimento del Sole (righe di Fraunhofer) Lo spettro a righe più semplice è quello dell’atomo di idrogeno (fgura 5). La serie di righe presenti nella regione del visibile è nota come serie di Balmer, in onore di Johann J. Balmer (1825-1898) che trovò una formula empirica in grado di fornire i valori delle lunghezze d’onda osservate. L’equazione viene riportata qui di seguito, insieme alle formule analoghe riguardanti la serie di Lyman per lunghezze d’onda inferiori e la serie di Paschen per lunghezze d’onda superiori, che sono pure riportate in fgura: Serie di Lyman 1 1 1 _ = R __2 − __2 con n = 2, 3, 4, ... (1 n ) λ (1) Serie di Balmer 1 1 1 _ = R __2 − __2 con n = 3, 4, 5, ... (2 n ) λ (2) Serie di Paschen 1 1 1 _ = R __2 − __2 con n = 4, 5, 6, ... (3 n ) λ (3) Figura 4 Lo spettro a righe per il neon e per il mercurio, insieme allo spettro solare. Le righe scure nello spettro del Sole, tre delle quali sono indicate da frecce, vengono chiamate righe di Fraunhofer. In queste formule il termine costante R ha il valore R = 1,097 ∙ 107 m−1 e si chiama costante di Rydberg. Un aspetto essenziale di ciascun gruppo di righe è che sono presenti valori limite sia per le lunghezze d’onda inferiori sia per le lunghezze d’onda superiori, con righe sempre più ravvicinate man mano che ci si avvicina al limite relativo alle lunghezze d’onda inferiori. La fgura 5 riporta i limiti per ciascuna serie e l’esempio 2 li determina nel caso della serie di Balmer. 1875 nm 820 nm 656 nm 365 nm 91 nm 122 nm Lunghezza d’onda λ Figura 5 Serie di Lyman Serie di Balmer Serie di Paschen Lo spettro a righe dell’ idrogeno atomico. Solo la serie di Balmer appartiene alla regione visibile dello spettro elettromagnetico. 969 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo eSemPIo 2 Grandi e piccole lunghezze d’ onda Considerando la serie di Balmer, determina la lunghezza d’ onda ▸ più grande. ▸ più piccola. Il ragionamento e la soluzione ▸ La lunghezza d’ onda massima si ha quando nell’ equazione (2) n ha il valore minimo n = 3: 1 1 1 1 1 __ = R __2 − __2 = (1,097 ∙ 107 m−1) __2 − __2 = 1,524 ∙ 106 m-1 (2 n ) (2 3 ) λ max ⇒ λmax = 656 nm ▸ La lunghezza d’ onda minima si ha quando n ha valori molto elevati, in modo che il termine 1/n 2 sia sostanzialmente nullo: 1 1 __ = (1,097 ∙ 107 m−1) __2 − 0 = 2,743 ∙ 106 m−1 (2 ) λ max ⇒ 3 λmin = 365 nm Il modello di Bohr dell’ atomo di idrogeno © Margrethe Bohr Collection/Photo Researchers, Inc. Nel 1913 il grande fsico danese Niels Bohr (1885-1962; fgura 6) formulò il primo modello atomico in grado di derivare tutte e tre le formule per le righe dell’idrogeno. Egli utilizzò il modello atomico di Rutherford e combinò le nuove idee quantistiche di Planck e di Einstein con la tradizionale descrizione di una particella che si muove di moto circolare uniforme. ■ Le caratteristiche del modello di Bohr Accettando l’idea di Planck relativa ai livelli di energia quantizzati, Bohr ipotizzò che: Figura 6 Mettendo insieme idee di fsica classica e moderna, Niels Bohr fu in grado di ricavare valori quantizzati per i livelli energetici dell’elettrone in un atomo di idrogeno. Qui Bohr (a sinistra) è in compagnia di un altro famoso fsico, Max Planck. Elettrone – Fotone Nucleo + Ef in un atomo di idrogeno l’energia totale (energia cinetica dell’elettrone più energia potenziale) può assumere solo ben determinati valori. I livelli di energia permessi corrispondono a orbite differenti per l’elettrone in moto intorno al nucleo, con le orbite più ampie corrispondenti a valori più alti dell’energia totale. La fgura 7 mostra due di queste orbite. Inoltre, secondo Bohr: quando un elettrone si muove su un’orbita permessa non irradia onde elettromagnetiche. Per questo motivo, le orbite vengono chiamate orbite stazionarie o stati stazionari. Bohr valutò necessaria questa ipotesi perché, secondo le leggi dell’elettromagnetismo, l’elettrone avrebbe dovuto perdere energia per irraggiamento e quindi cadere sul nucleo. Utilizzando il concetto di fotone, Bohr ipotizzò che: Ei Figura 7 Nel modello di Bohr, un fotone è emesso quando l’elettrone passa da un’orbita più esterna, caratterizzata da un’energia più alta (energia = E i), a una più interna dotata di energia più bassa (energia = E f). 970 un fotone è emesso solo quando l’elettrone cambia il proprio stato, passando da un’ orbita più lontana dal nucleo (con un’energia superiore) a un’altra più vicina (con energia inferiore) come indicato nella fgura 7. Un elettrone si può trovare in un’ orbita più esterna perché, per esempio, ha assorbito energia durante un urto fra atomi. Quando un elettrone passa da un’ orbita iniziale con energia E i a un’orbita fnale con energia capitolo 23 La natuRa deLL’atomo inferiore E f , per il principio di conservazione dell’energia il fotone emesso ha un’energia: hf = E i − E f (4) dove f è la sua frequenza e h è la costante di Planck. Mediante tale relazione Bohr determinò la frequenza f e quindi la lunghezza d’onda λ = c/f delle emissioni dell’idrogeno. Prima, tuttavia, dovette ricavare un’espressione per le energie E i ed E f . ■ Le energie e i raggi delle orbite di Bohr SImuLaZIone Un elettrone di massa m in moto con velocità v su un orbita circolare di raggio r ha un’energia totale uguale alla somma della sua energia cinetica e dell’energia potenziale elettrica U E . Se il nucleo contiene Z protoni (*) e ha carica elettrica +Ze, l’ energia potenziale elettrica dell’elettrone è U E = (−e)(+kZe/r), dove la costante k vale k = 8,988 ∙ 109 N ∙ m2/C2. Di conseguenza, l’energia totale E dell’ atomo è 1 kZ e 2 E = _ m v 2 − ____ 2 r Modelli di atomo di idrogeno (PhET, University of Colorado) (5) Sull’elettrone in moto circolare uniforme agisce una forza centripeta di modulo mv 2/r che, come indicato in fgura 8, è garantita dalla forza elettrostatica di attrazio→ ne F che il nucleo esercita sull’elettrone. Per la legge di Coulomb, F = kZe 2/r 2, quindi mv 2/r = kZe 2/r 2, ovvero kZ e 2 m v = ____ r 2 v Figura 8 Nel modello di Bohr, l’elettrone si muove di moto circolare uniforme attorno al nucleo. La forza centripeta → F corrisponde alla forza elettrostatica di attrazione esercitata dalla carica positiva del nucleo sull’elettrone. (8) Ricavando v n e sostituendola nell’ equazione (6) si ottiene la seguente espressione per il raggio r n dell’ennesima orbita di Bohr: h2 n2 __ r n = _______ 2 2 (4π mk e ) Z n=3 r3 con n = 1, 2, 3, ... (9) n=2 n=1 Con h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s, m = 9,109 ∙ 10−31 kg, k = 8,988 ∙ 109 N ∙ m2/C2 ed e = 1,602 ∙ 10−19 C, la formula precedente mostra che Raggi delle orbite di Bohr (metri) n2 r n = (5,29 ∙ 10−11 m) __ Z F → il momento angolare L è quantizzato e può assumere solo determinati valori discreti che sono multipli interi della costante di Planck divisa per 2π: con n = 1, 2, 3, ... → Elettrone –e (7) Per poter utilizzare l’equazione (7) occorre conoscere il valore del raggio r. Per determinarlo, Bohr fece un’ipotesi riguardante il momento angolare L = mvr dell’elettrone: h L n = mv n r n = n _ 2π r (6) Mediante questa relazione si può eliminare il termine mv 2 dall’equazione (5), ottenendo 1 kZ e 2 kZ e 2 1 kZ e 2 E = _ ____ − ____ = − _ ____ 2 r r 2 r +Ze con n = 1, 2, 3, ... r2 r1 (10) Quindi nell’atomo di idrogeno (Z = 1) l’orbita di Bohr più vicina al nucleo ha un raggio r 1 = 5,29 ∙ 10−11 m, detto raggio di Bohr. La fgura 9 mostra le prime tre orbite di Bohr per l’atomo di idrogeno. (*) Per l’idrogeno il numero Z dei protoni è Z = 1, ma qui considereremo anche situazioni in cui Z è maggiore di 1. Figura 9 La prima orbita di Bohr per l’ atomo di idrogeno ha un raggio r 1 = 5,29 ∙ 10−11 m. La seconda e la terza orbita hanno raggi rispettivamente r 2 = 4r 1 e r 3 = 9r 1. 971 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo L’espressione per il raggio di un’ orbita di Bohr può essere sostituita nell’equazione (7) per ottenere l’energia totale dell’ ennesima orbita: 2π 2m k 2e 4 ___ Z2 E n = − ________ con n = 1, 2, 3, ... 2 ( ) n2 h (11) Sostituendo i valori di h, m, k ed e in questa espressione si ottiene Livelli energetici di Bohr (joule) Z2 E n = −(2,18 ∙ 10−18 J) ___2 con n = 1, 2, 3, ... n (12) Spesso le energie degli atomi sono espresse in elettronvolt anziché in joule. Visto che 1,60 ∙ 10−19 J = 1 eV, l’ equazione (12) può essere riscritta nel modo seguente: Livelli energetici di Bohr (elettronvolt) ■ Energia totale E n = ∞ (elettrone espulso dall’atomo) 0 –0,54 eV –0,85 eV n=5 n=4 –1,51 eV n=3 –3,40 eV n=2 –13,6 eV n=1 (livello fondamentale) Stati eccitati Figura 10 Il diagramma dei livelli energetici per l’atomo di idrogeno. Z2 E n = −(13,6 eV) ___2 con n = 1, 2, 3, ... n (13) I diagrammi dei livelli energetici È utile rappresentare i valori dell’energia forniti dall’equazione (13) in un diagramma dei livelli energetici, simile a quello di fgura 10 relativo all’atomo di idrogeno (Z = 1). Il livello energetico più alto corrisponde, nell’equazione (13), a n = ∞ e a un’energia di 0 eV. Questa è l’energia dell’atomo quando l’elettrone è fermo e libero dall’infuenza del nucleo (r = ∞). Al contrario, il livello più basso corrisponde a n = 1 e ha un’energia di −13,6 eV. Tale livello viene chiamato stato fondamentale, per distinguerlo dagli altri livelli che vengono defniti stati eccitati. Si può notare che i livelli energetici degli stati eccitati risultano sempre più ravvicinati al crescere di n. L’elettrone di un atomo di idrogeno a temperatura ambiente passa la maggior parte del tempo nello stato fondamentale. Per far passare l’elettrone dallo stato fondamentale (n = 1) al livello più eccitato (n = ∞) occorre fornirgli 13,6 eV di energia (in questo caso l’ elettrone viene espulso dall’ atomo e si ottiene uno ione idrogeno positivo H+). Questa è la minima energia necessaria per espellere l’ elettrone e viene chiamata energia di ionizzazione. Quindi, il modello di Bohr prevede per l’atomo di idrogeno un’energia di ionizzazione di 13,6 eV, in eccellente accordo con i dati sperimentali. Il modello di Bohr non può essere applicato al caso di più elettroni orbitanti intorno al nucleo, perché non tiene conto della forza elettrostatica fra gli elettroni. Tuttavia consente di descrivere con suffciente precisione gli spettri di ioni che hanno un solo elettrone in orbita attorno al nucleo. eSemPIo 3 Rimozione dell’ultimo elettrone Un atomo di litio (Li) ha tre elettroni in orbita intorno al nucleo, che contiene tre protoni (Z = 3). Considera uno ione litio doppiamente positivo (Li2+), realizzabile rimuovendo due elettroni dall’atomo e lasciandone soltanto uno in orbita intorno al nucleo. ▸ Calcola l’energia di ionizzazione necessaria per rimuovere anche l’ultimo elettrone dal Li2+. Il ragionamento e la soluzione I livelli energetici del Li2+ si possono ricavare dall’ equazione (13) con Z = 3: 32 E n = −(13,6 eV) __2 n 972 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo Perciò l’energia del livello fondamentale (n = 1) vale: Energia totale E 32 E 1 = −(13,6 eV) __2 = −122 eV 1 Il modello di Bohr prevede che per rimuovere l’ elettrone dal Li2+ siano necessari 122 eV, in pieno accordo con il dato sperimentale (122,4 eV). ■ n n n n 0 –0,54 eV –0,85 eV –1,51 eV Serie di Balmer Dopo aver determinato le energie dei livelli dell’ atomo di idrogeno, mediante l’equazione (4) hf = E i − E f , è possibile determinare la costante di Rydberg in termini di costanti fondamentali. Ricordando infatti che f = c/λ e che E i ed E f sono date dall’equazione (11), si ottiene il risultato seguente: 1 ________ 2π 2m k 2e 4 2 __ 1 __ 1 _ = Z − 2 con n i , n f = 1, 2, 3, ... e n i > n f 3 2 λ (n f n i ) hc ∞ 5 4 3 n=2 –3,40 eV Lo spettro a righe dell’atomo di idrogeno = = = = (14) Con i valori noti di h, m, k, e e c si ricava che 2π 2mk 2e 4/(h 3c) = 1,097 ∙ 107 m−1, in accordo con la costante di Rydberg R che compare nelle equazioni (1)-(3). L’accordo tra i valori teorici e quelli sperimentali della costante di Rydberg fu uno dei maggiori successi della teoria di Bohr. Con Z = 1 e nf = 1, l’equazione (14) corrisponde all’equazione (1) per la serie di Lyman. Quindi il modello di Bohr mostra che la serie di Lyman si ottiene quando gli elettroni compiono transizioni da livelli energetici eccitati con ni = 2, 3, 4, ... al livello fondamentale per cui nf = 1. La fgura 11 mette in evidenza queste transizioni. Si può notare che la lunghezza d’onda massima per la serie di Lyman corrisponde alla transizione da ni = 2 a nf = 1, in quanto la variazione di energia è la minima possibile. Quando un elettrone passa dal livello più eccitato, per cui ni = ∞, al livello fondamentale con nf = 1 viene invece emessa la lunghezza d’onda minima, poiché la variazione di energia è la massima possibile. Dal momento che i livelli energetici eccitati sono sempre più ravvicinati, le righe della serie risultano sempre più addensate verso il limite della lunghezza d’onda minima, come si può vedere in fgura 5. La fgura 11 mostra anche le transizioni fra i livelli per la serie di Balmer, in cui ni = 3, 4, 5, ... e nf = 2. Nella serie di Paschen (fgura 5) ni = 4, 5, 6, ... e nf = 3. Il prossimo esempio si occupa ancora dello spettro a righe dell’atomo di idrogeno. eSemPIo 4 transizioni infrarosse Nello spettro a righe dell’ atomo di idrogeno è presente anche un insieme di linee note come serie di Brackett. Queste righe vengono prodotte quando gli elettroni, eccitati a energie molto elevate, compiono transizioni verso il livello con n = 4. ▸ Determina la massima lunghezza d’onda di questa serie. ▸ Determina la lunghezza d’onda corrispondente alla transizione da n i = 6 a n f = 4. ▸ Facendo riferimento allo spettro elettromagnetico, identifca la regione dello spettro corrispondente alle righe della serie. Il ragionamento e la soluzione n=1 –13,6 eV Serie di Lyman Figura 11 Nello spettro dell’ atomo di idrogeno e righe delle serie di Lyman e Balmer corrispondono a transizioni elettroniche da livelli di energia più elevata a livelli di energia più bassa, come mostrato in fgura. Problem solving osservazione sullo spettro dell’ idrogeno Nello spettro a righe dell’atomo di idrogeno, tutte le righe di una certa serie (per esempio quella di Brackett) sono caratterizzate da un unico valore del numero quantico n f per il livello energetico inferiore, verso cui l’elettrone compie la transizione. Ogni riga della serie, tuttavia, corrisponde a un diverso valore del numero quantico n i , relativo al livello energetico superiore, da cui l’elettrone compie la transizione. ▸ La massima lunghezza d’ onda corrisponde alla transizione in cui la variazione di energia è minima, ovvero quella per cui n i = 5 e n f = 4. Usando l’ equazione 973 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo (14) con Z = 1, n i = 5 e n f = 4, si ottiene che 1 1 1 _ = (1,097 ∙ 107 m−1)(12) __2 − __2 = 2,468 ∙ 105 m−1 (4 5 ) λ ⇒ λ = 4051 nm ▸ Con un calcolo simile al precedente: 1 1 1 _ = (1,097 ∙ 107 m−1)(12) __2 − __2 = 3,809 ∙ 105 m−1 (4 6 ) λ ⇒ λ = 2625 nm ▸ In base allo spettro elettromagnetico queste righe fanno parte della regione infrarossa dello spettro. ■ Fisica quotidiana Le righe di assorbimento nello spettro solare Spettri di emissione e spettri di assorbimento Le varie righe nello spettro dell’atomo di idrogeno vengono prodotte quando gli elettroni compiono transizioni da livelli energetici superiori a livelli inferiori, emettendo un fotone. Di conseguenza le righe spettrali vengono dette righe di emissione e il loro insieme spettro di emissione. Gli elettroni possono compiere transizioni anche in senso opposto, da livelli inferiori a livelli superiori, con un processo chiamato assorbimento. In questo caso un atomo assorbe un fotone che possiede proprio l’energia necessaria per provocare la transizione. Così, se fotoni con un intervallo continuo di lunghezze d’onda passano attraverso un gas e vengono poi analizzati mediante uno spettroscopio a reticolo, nello spettro continuo appaiono una serie di righe di assorbimento scure. Le righe scure riguardano le lunghezze d’onda che sono state eliminate dal processo di assorbimento. La fgura 4 mostra le righe di assorbimento nello spettro solare. In questo caso esse sono chiamate righe di Fraunhofer, dal nome del loro scopritore. Sono dovute agli atomi costituenti gli strati più esterni e freddi del Sole, che assorbono parte della radiazione proveniente dall’interno. La parte interna del Sole risulta troppo calda per possedere atomi stabili e quindi emette uno spettro continuo di lunghezze d’onda. Il modello di Bohr fornisce numerose indicazioni per interpretare la struttura atomica. Tuttavia, si tratta di un modello molto semplifcato che è stato sostituito dalla descrizione più dettagliata fornita dalla meccanica quantistica (paragrafo 5) e dall’equazione di Schrödinger. 4 La quantizzazione del momento angolare secondo de Broglie Fra le ipotesi che fece Bohr elaborando il suo modello per l’atomo di idrogeno, forse la più originale è la quantizzazione del momento angolare dell’elettrone [equazione (8)]. Per quale motivo il momento angolare deve possedere solo valori corrispondenti a multipli interi della costante di Planck divisa per 2π? Nel 1923, dieci anni dopo il lavoro di Bohr, de Broglie notò che la sua teoria riguardante la lunghezza d’onda di una particella in movimento poteva fornire la risposta a questa domanda. Secondo de Broglie, l’elettrone nel suo moto intorno al nucleo va visto anche come un’ onda. Su una corda elastica si possono formare onde stazionarie quando la distanza percorsa dall’ onda in un tragitto completo di andata e ritorno lungo la corda equivale a un numero intero di lunghezze d’onda. Il percorso complessivo per 974 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo un’orbita di Bohr di raggio r è uguale alla circonferenza dell’orbita, ovvero a 2πr. Per i motivi sopra esposti, la condizione per l’esistenza di onde stazionarie associate all’elettrone deve essere 2πr = nλ con n = 1, 2, 3, ... dove n è il numero di lunghezze d’ onda contenute nella circonferenza. Ma la lunghezza d’onda di de Broglie dell’ elettrone è λ = h/p, dove p è il modulo della quantità di moto dell’elettrone. Per un elettrone non relativistico, p = mv e la condizione per l’esistenza di onde stazionarie associate all’elettrone diventa 2πr = nh/(mv), da cui segue nh mvr = _ 2π con n = 1, 2, 3, ... che corrisponde proprio all’ipotesi di Bohr per il momento angolare dell’elettrone. Come esempio, la fgura 12 illustra l’onda stazionaria associata a un’ orbita di Bohr per cui 2πr = 4λ. L’ interpretazione di de Broglie dell’ipotesi di Bohr sulla quantizzazione del momento angolare mette in risalto un fatto importante, ovvero che la natura ondulatoria delle particelle riveste un ruolo cruciale nella struttura atomica. In effetti, la formulazione teorica della meccanica quantistica comprende l’equazione di Schrödinger per determinare la funzione d’onda ψ (lettera greca «psi»), che rappresenta l’onda associata a una particella. Il prossimo paragrafo si occupa della struttura atomica descritta dalla meccanica quantistica, una descrizione che va ben oltre il modello di Bohr. La formula di Bohr per i livelli energetici [equazione (11)] può essere utilizzata quando intorno al nucleo è presente un solo elettrone, mentre la formulazione della meccanica quantistica può essere applicata, in linea di principio, ad atomi che contengono un numero arbitrario di elettroni. λ Nucleo r Figura 12 5 L’atomo di idrogeno secondo la meccanica quantistica La descrizione dell’atomo di idrogeno fornita dalla meccanica quantistica e dall’equazione di Schrödinger differisce in numerosi punti dal modello di Bohr. Tale modello usa un solo numero intero n per individuare le varie orbite elettroniche e le corrispondenti energie. Essendo un intero, n può assumere solo valori «quantizzati» e viene chiamato numero quantico. La meccanica quantistica, invece, associa a ogni stato dell’atomo di idrogeno quattro differenti numeri quantici, qui di seguito descritti. Louis de Broglie suggerì che le onde stazionarie sono in grado di spiegare l’ ipotesi di Bohr sul momento angolare. Qui è illustrata un’onda stazionaria in cui sono necessarie quattro lunghezze d’ onda di de Broglie per coprire l’intera circonferenza di un’orbita di Bohr. 1. Il numero quantico principale n. Come nel modello di Bohr, questo numero determina l’energia totale dell’atomo e può assumere solo valori interi: n = 1, 2, 3, ... In effetti, l’equazione di Schrödinger prevede (*) che l’energia dell’atomo di idrogeno sia identica a quella ottenuta con il modello di Bohr: E n = −(13,6 eV) Z 2/n 2. 2. Il numero quantico azimutale l. Questo numero determina il momento angolare dell’elettrone associato al suo moto orbitale. Il valore che l può assumere è legato al valore di n e risultano permessi soltanto i valori seguenti: l = 0, 1, 2, ..., (n − 1) Per esempio, se n = 1, il numero quantico azimutale può assumere solo il valore l = 0, ma se n = 4 i valori di l permessi sono l = 0, 1, 2, 3. Il modulo L del momento angolare dell’elettrone è _ h L = √ l(l + 1) _ (15) 2π (*) Tale previsione richiede che siano trascurati gli effetti relativistici, le interazioni fra atomi, e che l’atomo di idrogeno non si trovi in presenza di un campo magnetico esterno. 975 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo 3. Il numero quantico magnetico m l . Il termine «magnetico» è legato al fatto che questo numero quantico si riferisce all’ effetto prodotto sui livelli energetici da un campo magnetico esterno applicato all’atomo. Tale effetto, scoperto dal fsico olandese Pieter Zeeman (1865-1943), è noto come effetto Zeeman. Quando non è presente alcun campo magnetico esterno, m l non riveste alcun ruolo nel calcolo dell’ energia. In caso contrario, il numero quantico magnetico determina la componente del momento angolare lungo una particolare direzione, che di solito viene indicata con z. Il valore che m l può assumere è legato al valore di l. Infatti sono permessi soltanto i seguenti valori positivi e negativi: m l = −l, ..., −2, −1, 0, +1, +2, ..., +l Per esempio, se il numero quantico azimutale è l = 2, il numero quantico magnetico può assumere i valori m l = −2, −1, 0, +1, +2. La componente L z del momento angolare nella direzione z vale h Lz = ml _ 2π (16) 4. Il numero quantico di spin m s . Questo numero è legato al fatto che l’elettrone possiede una proprietà intrinseca chiamata «momento angolare di spin». In maniera approssimativa, possiamo immaginare che l’elettrone ruoti su se stesso mentre orbita intorno al nucleo, un po’ come la Terra ruota su se stessa nella sua orbita intorno al Sole. Esistono due possibili valori per il numero quantico di spin dell’elettrone: 1 ms = + _ 2 o 1 ms = − _ 2 Le locuzioni «spin in su» e «spin in giù» vengono talvolta usate per riferirsi al verso del momento angolare di spin associato al valore di m s . La tabella 1 riassume i quattro numeri quantici necessari per descrivere ciascuno degli stati dell’ atomo di idrogeno. Un insieme di valori per n, l, m l e m s corrisponde a un determinato stato. Al crescere del numero quantico principale n, il numero delle possibili combinazioni dei quattro numeri quantici aumenta rapidamente. tabella 1 ▪ I numeri quantici per l’ atomo di idrogeno nome Simbolo Valori permessi Numero quantico principale n 1, 2, 3, ... Numero quantico azimutale l 0, 1, 2, ..., (n − 1) Numero quantico magnetico ml −l, ..., −2, −1, 0, +1, +2, ..., +l Numero quantico di spin ms −1/2, +1/2 eSemPIo 5 Combiniamo i numeri quantici Determina il numero di stati possibili per l’atomo di idrogeno quando il numero quantico principale vale: ▸ n = 1; ▸ n = 2. Il ragionamento e la soluzione Ciascuna diversa combinazione dei quattro numeri quantici riassunti nella tabella 1 corrisponde a uno stato differente. Cominciamo dal valore di n e determiniamo i valori permessi di l. Poi, per ciascun l, calcoliamo i valori possibili di m l . Infne, m s può assumere i valori +1/2 o −1/2 per ciascun gruppo di valori di n, l e m l . 976 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo ▸ La tabella seguente mostra i possibili valori di l, m l e m s quando n = 1. Quindi sono possibili due stati diversi. In assenza di un campo magnetico esterno, questi due stati hanno la stessa energia, dal momento che hanno lo stesso valore di n. n = 1 → l = 0 → ml = 0 n Stato l ml ms ms = + —21 1 0 0 + 1—2 ms = – 1—2 1 0 0 – 1—2 ▸ Quando n = 2, esistono otto possibili combinazioni per i valori di n, l, m l e m s , come mostrato nella tabella seguente: n Stato l ml ms ms = + 1—2 2 1 +1 + 1—2 ms = – 1—2 2 1 +1 – 1—2 ms = + 1—2 2 1 0 + —2 ms = – 1—2 2 1 0 – 1—2 ms = + 1—2 2 1 –1 + —2 ms = – 1—2 2 1 –1 – 1—2 ms = + 1—2 2 0 0 + —2 ms = – 1—2 2 0 0 – 1—2 ml = +1 l=1 n=2 ml = 0 1 1 ml = –1 l=0 ml = 0 1 Avendo lo stesso valore di n, questi otto stati hanno la stessa energia quando non è presente un campo magnetico esterno. ■ dalle orbite agli orbitali Secondo il modello di Bohr l’ennesima orbita è una circonferenza di raggio r n e ogni volta che viene misurata la posizione dell’elettrone nell’ orbita esso risulta esattamente a una distanza r n dal nucleo. La meccanica quantistica ha mostrato che questa è solo un’approssimazione. Supponiamo che un atomo si trovi in uno stato quantomeccanico con n = 1: se eseguiamo una serie di misure della posizione dell’elettrone rispetto al nucleo troviamo che tale posizione è indeterminata, nel senso che esiste una probabilità non nulla di trovare l’elettrone a volte molto vicino al nucleo, a volte molto lontano o in posizioni intermedie. La probabilità è determinata dalla funzione d’onda ψ. Possiamo realizzare un’immagine tridimensionale dei nostri risultati disegnando un punto in corrispondenza di ciascuna posizione dell’elettrone: la probabilità di trovare l’elettrone è più alta dove si addensano più punti. Dopo un suffciente numero di misure, emerge una rappresentazione grafca dello stato quantomeccanico detta orbitale. La fgura 13 mostra la distribuzione spaziale della posizione di un elettrone per uno stato in cui n = 1, l = 0, m l = 0. L’immagine è stata ottenuta con un numero di misure così elevato che i singoli punti non risultano più visibili e formano una sorta di «nuvola» di probabilità la cui densità varia gradatamente da punto a punto. Le Distanza più probabile per l’elettrone n=1 l=0 ml = 0 Figura 13 La nuvola elettronica di probabilità per il livello fondamentale (n = 1, l = 0, m l = 0) dell’ atomo di idrogeno. 977 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo n=2 l=0 ml = 0 a n=2 l=1 ml = 0 B Figura 14 La nuvola elettronica di probabilità per i livelli ( A ) n = 2, l = 0, m l = 0 e ( B ) n = 2, l = 1, m l = 0 dell’ atomo di idrogeno. l=2 n=5 l=0 Eccezione Energia più alta l=1 l=2 n=4 l=0 Eccezione l=1 n=3 l=0 l=1 n=2 l=0 n=1 l=0 Energia più bassa Figura 15 Quando in un atomo è presente più di un elettrone, l’energia totale di un determinato stato dipende sia dal numero quantico principale n sia dal numero quantico azimutale l. L’ energia aumenta all’aumentare di n (con qualche eccezione) e, per n fssato, all’ aumentare di l. Per chiarezza, i livelli con n superiore a 5 non sono riportati. 978 regioni più dense corrispondono a zone in cui la probabilità di trovare l’elettrone è alta, mentre le regioni meno dense corrispondono a zone in cui la probabilità di trovare l’elettrone è bassa. In fgura 13 è anche riportato il raggio corrispondente al valore massimo della densità di probabilità. Tale raggio è in perfetto accordo con il valore di 5,29 ∙ 10−11 m ottenuto per la prima orbita di Bohr. Le nuvole di probabilità relative al caso n = 2 (fgura 14) sono differenti rispetto a quelle per n = 1. Inoltre, in questo caso le nuvole possono avere più forme diverse, perché con n = 2 il numero quantico azimutale può valere l = 0 o l = 1. Sebbene l’energia di uno stato atomico dell’ idrogeno non dipenda da l, il valore di l ha un effetto signifcativo sulla forma della nuvola di probabilità. La fgura 14a mostra tale nuvola per n = 2, l = 0, m l = 0. La parte B della fgura evidenzia che quando n = 2, l = 1, m l = 0 la nuvola ha una forma a due lobi con il nucleo al centro. Per valori di n superiori, la nuvola di probabilità assume forme via via più complicate e distribuite su regioni più ampie. La descrizione della posizione di un elettrone in un atomo fornita dalla nuvola di probabilità è molto diversa dall’orbita del modello di Bohr. La ragione fondamentale di questa differenza è da ricercarsi nel principio di indeterminazione di Heisenberg. Se l’elettrone percorresse un’ orbita fssa, l’incertezza della sua distanza dal nucleo sarebbe nulla e l’incertezza sulla sua quantità di moto sarebbe infnita. Quindi l’elettrone non avrebbe la velocità giusta per stare sull’ orbita. 6 Il principio di esclusione di Pauli e la tavola periodica degli elementi Gli atomi di ciascun elemento contengono un numero di elettroni uguale al numero atomico Z dell’elemento. Oltre a essere attratti dal nucleo, gli elettroni si respingono reciprocamente. Questa repulsione fornisce un contributo all’energia totale di un atomo dotato di più elettroni. Di conseguenza, la formula (13) per l’energia dell’atomo con un solo elettrone E n = −(13,6 eV) Z 2/n 2 non è valida nel caso di atomi neutri. Tuttavia, l’approccio più semplice alla descrizione di un atomo dotato di più elettroni utilizza ancora i quattro numeri quantici n, l, m l e m s . I calcoli dettagliati della meccanica quantistica rivelano che l’energia di ogni stato di un atomo a più elettroni dipende sia dal numero quantico principale n sia dal numero quantico azimutale l. La fgura 15 mostra che l’ energia normalmente aumenta al crescere di n ma, come si può notare, esistono alcune eccezioni. Inoltre, per un dato n l’energia aumenta al crescere di l. In un atomo a più elettroni, si dice che tutti gli elettroni aventi lo stesso valore di n stanno nello stesso guscio (in inglese shell). Gli elettroni con n = 1 sono in un guscio chiamato talvolta guscio K, quelli con n = 2 sono in un altro guscio chiamato guscio L, quelli con n = 3 appartengono a un terzo guscio (guscio M) e così via. Si dice anche che gli elettroni aventi gli stessi valori di n e di l appartengono allo stesso sottoguscio. Il guscio n = 1 consiste di un singolo sottoguscio l = 0. Il guscio n = 2 possiede due sottogusci, uno con l = 0 e l’altro con l = 1. In modo analogo, il guscio con n = 3 ha tre sottogusci, uno con l = 0, uno con l = 1 e uno con l = 2. Gli elettroni di un atomo a temperatura ambiente stanno per la quasi totalità del tempo nel livello energetico più basso possibile. Lo stato di minima energia di un atomo viene detto stato fondamentale. Tuttavia, quando un atomo a più elettroni è nello stato fondamentale non tutti i suoi elettroni appartengono al guscio n = 1, in quanto devono obbedire a un principio scoperto dal fsico austriaco Wolfgang Pauli (1900-1958). PRInCIPIo dI eSCLuSIone dI PauLI In un atomo due elettroni non possono avere lo stesso insieme di valori dei quattro numeri quantici n, l, m l e m s . capitolo 23 La natuRa deLL’atomo Supponiamo che in un atomo due elettroni abbiano gli stessi valori di tre numeri quantici: n = 3, ml = 1 e ms = −1/2. In base al principio di esclusione, non è possibile che entrambi abbiano, per esempio, l = 2, poiché in questo caso avrebbero gli stessi numeri quantici. Gli elettroni devono possedere un valore diverso per l (per esempio l = 1 e l = 2) e, di conseguenza, devono trovarsi in un sottoguscio differente. Con l’aiuto del principio di esclusione di Pauli, è possibile determinare quali livelli energetici risultino occupati dagli elettroni di un atomo nello stato fondamentale. eSemPIo 6 Il principio di esclusione di Pauli al lavoro Considera i livelli energetici della fgura 15. Stabilisci quali livelli risultano occupati dagli elettroni nei seguenti stati fondamentali: ▸ idrogeno (1 elettrone); ▸ elio (2 elettroni); ▸ litio (3 elettroni); ▸ berillio (4 elettroni); ▸ boro (5 elettroni). Figura 16 H l=1 n=2 l=0 n=1 l=0 He Li Be B Energia più alta Energia più bassa Gli elettroni dello stato fondamentale di un atomo riempiono i livelli energetici disponibili «dal basso verso l’ alto», vale a dire a partire da quelli con energia più bassa, in accordo con il principio di esclusione di Pauli. La successione dei livelli in fgura si riferisce a un singolo atomo. Il ragionamento e la soluzione ▸ Come indicato dal simbolo in fgura 16, l’elettrone dell’ atomo di idrogeno ▸ ▸ ▸ ▸ (H) è nel sottoguscio n = 1, l = 0, che ha la minima energia possibile. Nell’elio (He) è presente un secondo elettrone: entrambi gli elettroni possono avere i numeri quantici n = 1, l = 0, m l = 0. Tuttavia, in accordo con il principio di esclusione di Pauli, ogni elettrone deve avere un numero quantico di spin differente, m s = +1/2 per un elettrone e m s = −1/2 per l’ altro: la fgura mostra entrambi gli elettroni nel livello di energia più basso. Il terzo elettrone presente nell’atomo di litio (Li) violerebbe il principio di esclusione se si trovasse nel sottoguscio con n = 1, l = 0, indipendentemente dal valore di m s . Così, il sottoguscio con n = 1, l = 0 risulta pieno quando è occupato da due elettroni. In questo caso il successivo livello a energia più bassa disponibile è il sottoguscio con n = 2, l = 0, ed è qui che si trova il terzo elettrone dell’atomo di litio (fgura 16). Nell’atomo di berillio (Be), il quarto elettrone si trova nel sottoguscio con n = 2, l = 0 insieme con il terzo. Ciò è possibile, in quanto il terzo e il quarto elettrone possono avere differenti valori di m s . A partire dalla situazione già analizzata, il quinto elettrone dell’atomo di boro (B) non può inserirsi nei sottogusci con n = 1, l = 0 o con n = 2, l = 0 senza violare il principio di esclusione. Quindi il quinto elettrone si trova nel sottoguscio con n = 2, l = 1, che rappresenta il successivo livello a energia più bassa disponibile, come mostrato in fgura 16. Per questo elettrone, m l può valere −1, 0 o +1 e m s può valere +1/2 o −1/2. In assenza di un campo magnetico esterno, però, ognuna di queste sei possibilità corrisponde allo stesso valore dell’energia. 979 capitolo 23 Sottoguscio La natuRa deLL’atomo l=2 10 l=0 2 l=1 6 l=2 10 l=0 2 l=1 6 l=0 2 l=1 6 n=2 l=0 2 n=1 l=0 2 n=5 n=4 n=3 ■ Massimo numero di elettroni nel sottoguscio Energia più alta Energia più bassa Figura 17 Il massimo numero di elettroni che può contenere il sottoguscio con numero quantico azimutale l è 2(2l + 1). Il numero massimo di elettroni in un guscio A causa del principio di esclusione di Pauli, esiste un numero massimo di elettroni che possono essere contenuti in un livello energetico o sottoguscio. L’esempio 6 mostra che il sottoguscio n = 1, l = 0 può contenere al massimo due elettroni. Il sottoguscio n = 2, l = 1 può contenere sei elettroni, perché con l = 1 esistono tre possibilità per ml (−1, 0, +1) e per ognuna di esse ms può assumere il valore +1/2 o −1/2. In generale, m l può avere i valori 0, ±1, ±2, ..., ±l, con 2l + 1 possibilità. Poiché ognuna di tali possibilità può essere combinata con i due valori di m s , il numero totale di differenti combinazioni per m l e m s è 2(2l + 1). È dunque questo il massimo numero di elettroni che può contenere il sottoguscio con numero quantico azimutale l, come viene riassunto nella fgura 17. Per motivi storici, esiste una convenzione largamente usata secondo la quale ciascun sottoguscio di un atomo viene indicato con una lettera minuscola anziché con il valore del suo numero quantico azimutale. Per esempio, un sottoguscio l = 0 viene chiamato sottoguscio s. I sottogusci l = 1 e l = 2 sono noti rispettivamente come sottoguscio p e sottoguscio d. Valori più elevati di l (3, 4, ...) sono nominati secondo la sequenza alfabetica, a partire dalle lettere f e g, come indicato nella tabella 2. Questa convenzione è usata all’interno di una notazione abbreviata che riporta simultaneamente il numero quantico principale n, il numero quantico azimutale l e il numero di elettroni nel sottoguscio corrispondente. Un esempio di questa notazione è il seguente: numero di eletttroni del sottoguscio = 5 2p5 tabella 2 ▪ Convenzione per le lettere usate in riferimento al numero quantico azimutale numero quantico azimutale Lettera 0 s 1 p 2 d 3 f 4 g 5 h 980 n=2 l=2 Nell’esempio 6 abbiamo visto che la confgurazione elettronica del boro ha due elettroni nel sottoguscio con n = 1 e l = 0, due nel sottoguscio con n = 2 e l = 0 e uno in quello con n = 2 e l = 1. Nella notazione abbreviata tale confgurazione è espressa come 1s22s22p1. La tabella 3 fornisce, in notazione abbreviata, la confgurazione elettabella 3 ▪ Confgurazione elettronica degli atomi nello stato fondamentale elemento numero di elettroni Configurazione elettronica Idrogeno (H) 1 1s1 Elio (He) 2 1s2 Litio (Li) 3 1s22s1 Berillio (Be) 4 1s22s2 Boro (B) 5 1s22s22p1 Carbonio (C) 6 1s22s22p2 Azoto (N) 7 1s22s22p3 Ossigeno (O) 8 1s22s22p4 Fluoro (F) 9 1s22s22p5 Neon (Ne) 10 1s22s22p6 Sodio (Na) 11 1s22s22p63s1 Magnesio (Mg) 12 1s22s22p63s2 Alluminio (Al) 13 1s22s22p63s23p1 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo tronica dello stato fondamentale per i primi tredici elementi della tavola periodica. I primi cinque casi sono quelli analizzati nell’esempio 6. ■ La tavola periodica degli elementi Nella tavola periodica degli elementi ogni casella riporta spesso la confgurazione elettronica dello stato fondamentale, come indicato nella fgura 18 per l’ argon. Per ragioni di spazio, viene riportata solo la confgurazione del livello più esterno e incompleto, usando la notazione abbreviata appena discussa. Simbolo per l’argon Confgurazione elettronica esterna 18 Numero atomico 39,948 Massa atomica Ar Figura 18 Le informazioni su un elemento contenute nella tavola periodica comprendono spesso la confgurazione elettronica più esterna dello stato fondamentale. 3p6 In origine la tavola periodica fu sviluppata dal chimico russo Dmitrij Mendeleev (1834-1907), che si basò sul fatto che certi gruppi di elementi manifestano le stesse proprietà dal punto di vista chimico. Esistono otto di questi gruppi, oltre agli elementi di transizione nella parte centrale della tavola contenente la serie dei lantanidi e quella degli attinidi. Le analoghe proprietà chimiche all’interno di un gruppo possono essere spiegate sulla base dell’identica confgurazione elettronica del livello più esterno. Così, la meccanica quantistica e il principio di esclusione di Pauli forniscono una spiegazione per il comportamento chimico dei vari atomi. La tavola periodica completa può essere consultata nella parte fnale del volume. Targhetta metallica Generatore + ad alta V tensione – Filamento riscaldato Elettroni Alimentatore per il flamento I raggi X 7 Raggi X Figura 19 I raggi X furono scoperti dal fisico tedesco Wilhelm C. Röntgen (1845-1923). Questo tipo di radiazione elettromagnetica si origina quando elettroni accelerati attraverso una differenza di potenziale elevata colpiscono una targhetta metallica, per esempio di molibdeno o di platino. La targhetta si trova all’interno di un tubo di vetro a vuoto, come riportato in figura 19. L’esempio 7 analizza la relazione tra la lunghezza d’onda dei raggi X e la velocità degli elettroni che urtano la targhetta. In un tubo a raggi X gli elettroni, dopo essere stati emessi da un flamento riscaldato e accelerati attraverso una differenza di potenziale elevata, colpiscono una targhetta metallica. I raggi X vengono prodotti quando gli elettroni interagiscono con la targhetta. eSemPIo 7 energia e velocità I raggi X più energetici prodotti da un tubo a raggi X hanno una lunghezza d’onda di 1,20 ∙ 10−10 m. ▸ Calcola la velocità degli elettroni di fgura 19 subito prima di colpire la targhetta. Effettua i calcoli non tenendo in considerazione gli effetti relativistici. Il ragionamento L’energia cinetica dell’elettrone determina l’energia di ciascun fotone, che è direttamente proporzionale alla frequenza del fotone stesso. Ma la frequenza è inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda. Quindi la velocità di un elettrone che urta la targhetta si determina a partire dalla lunghezza d’onda dei raggi X più energetici. I dati e le incognite Grandezze Simboli Valori Dati Lunghezza d’ onda del fotone X λ 1,20 ∙ 10−10 m Incognita Velocità dell’elettrone prima dell’urto v Commenti 981 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo Il modello del problema Sintesi del modello 1 energia cinetica L’energia cinetica K di un elettrone non relativistico è 1 K = _ mv2 2 dove m è la massa e v è la velocità massima dell’ elettrone. Esplicitando in funzione di v si ha l’equazione: __ 2K v= _ Grandezze da determinare: K m √ v= √ __ 2K _ m (a) 2 energia di un fotone L’energia del fotone è E = hf, dove h è la costante di Planck e f è la frequenza del fotone. L’energia necessaria per produrre un fotone X deriva dall’energia cinetica K dell’elettrone che colpisce la targhetta. Il fotone X ha la massima energia possibile quando tutta l’energia cinetica K viene utilizzata per produrre il fotone, in modo che K = E. Quindi: K = hf v= √ __ 2K _ m K = hf Grandezze da determinare: f 3 Relazione tra frequenza e lunghezza d’onda I raggi X sono onde elettromagnetiche che viaggiano alla velocità c della luce nel vuoto; quindi la velocità è legata alla frequenza f e alla lunghezza d’onda λ dalla relazione c = f λ. Ricavando la frequenza si ottiene: v= c f=_ λ √ __ 2K _ m K = hf Le variabili nel membro di destra dell’equazione sono note, quindi possiamo sostituirle nell’equazione (b) per l’energia cinetica, come mostrato nella colonna a fanco. (a) (b) (a) (b) c f=_ λ La soluzione Combinando i vari passaggi si ottiene algebricamente 2 1 ↓ v= √ __ ↓ 2K _ = m 3 √ __ ↓ 2(hf _) = m √ _____ c 2h _ λ _____ = m √ __ 2hc _ mλ Numericamente, la velocità degli elettroni è data da v= √ __ 2hc _ = mλ ■ √ ________________________ 2(6,63 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s) ____________________________ = 6,03 ∙ 107 m/s (9,11 ∙ 10−31 kg)(1,20 ∙ 10−10 m) Lo spettro dei raggi X Un grafco dell’intensità radiante spettrale per i raggi X in funzione della lunghezza d’onda risulta simile a quello della fgura 20 (a pagina seguente) e consiste di picchi pronunciati sovrapposti a uno spettro continuo. I picchi marcati vengono chiamati righe caratteristiche o raggi X caratteristici, in quanto sono tipici del materiale di cui è costituita la targhetta. Lo spettro continuo è noto come Bremsstrahlung (termine 982 tedesco che sta per «radiazione di frenamento») e viene emesso quando gli elettroni decelerano, ovvero frenano negli urti con gli atomi della targhetta. Nella fgura 20 le righe caratteristiche sono indicate con Kα e Kβ perché riguardano il guscio K, con n = 1, dell’atomo del metallo. Se un elettrone dotato di energia suffciente colpisce la targhetta, può essere in grado di espellere un elettrone del guscio K. Un elettrone dei gusci più esterni può di conseguenza cadere nel guscio K, emettendo nel processo un fotone X. L’esempio 8 mostra che, all’interno di un tubo a raggi X, è necessaria un’elevata differenza di potenziale per far sì che gli elettroni che colpiscono la targhetta abbiano l’energia suffciente per produrre i raggi X caratteristici. 23 La natuRa deLL’atomo Intensità dei raggi X per unità di lunghezza d’onda capitolo Kα Righe caratteristiche Bremsstrahlung Kβ λ0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 Lunghezza d’onda (nm) eSemPIo 8 modello di Bohr ed espulsione di un elettrone Figura 20 A rigore, il modello di Bohr non può essere applicato al caso di atomi con più elettroni. Tuttavia esso fornisce stime numeriche ragionevoli nel caso dei raggi X. Quando una targhetta di molibdeno viene bombardata da elettroni accelerati attraverso una differenza di potenziale di 45 000 V, è prodotto lo spettro di raggi X qui riportato. Le scale sull’ asse verticale non sono rispettate. ▸ Utilizzalo per valutare la minima energia cinetica che un elettrone deve avere per espellere un elettrone del guscio K di un atomo di platino (Z = 78). Il ragionamento e la soluzione Nel modello di Bohr l’energia di un elettrone del guscio K è En = −(13,6 eV) Z2/n2 con n = 1. Nel guscio K ognuno dei 2 elettroni esercita sull’altro una forza repulsiva che, in modo approssimato, compensa la forza attrattiva di un protone del nucleo. Quindi un elettrone del guscio K risente di una forza attrattiva netta uguale a quella esercitata da Z − 1 protoni. L’energia di un elettrone K è (Z − 1)2 (78 − 1)2 ________ E 1 = −(13,6 eV) _______ = −(13,6 eV) = −8,1 ∙ 104 eV n2 12 Per portare l’elettrone del guscio K al livello 0 eV, la minima energia richiesta per l’elettrone incidente è di 8,1 ∙ 104 eV. Un elettronvolt è l’energia cinetica acquistata da un elettrone che viene accelerato da fermo attraverso una differenza di potenziale di 1 V. Quindi ai capi del tubo a raggi X deve essere applicata una differenza di potenziale di 81 000 V, cioè 81 kV. Problem solving Livelli energetici dei raggi X L’equazione (13) per i livelli energetici di Bohr (E n = −(13,6 eV)Z 2/n 2, con n = 1) può essere usata in prima approssimazione per i livelli energetici coinvolti nella produzione di raggi X del tipo Kα . In questa equazione, tuttavia, il numero atomico Z deve essere diminuito di uno, per tenere approssimativamente conto della schermatura prodotta da un elettrone del guscio K sull’altro. La riga Kα in fgura 20 si forma quando un elettrone del livello n = 2 cade nella lacuna creata dall’elettrone incidente nel livello n = 1. In modo analogo, la riga Kβ si forma quando un elettrone del livello n = 3 cade nel livello n = 1. L’esempio 9 permette di fare una stima per la lunghezza d’onda del raggio Kα del platino. eSemPIo 9 Calcolo della lunghezza d’onda della riga Kα Usa il modello di Bohr e considera la lunghezza d’ onda della riga Kα nello spettro X del platino (Z = 78). ▸ Stima la lunghezza d’onda della riga Kα . Il ragionamento e la soluzione Un fotone Kα è emesso quando un elettrone passa dallo stato n i = 2 a uno stato n f = 1. Come nell’esempio 8, usiamo per Z il valore 77 anziché 78, per tenere approssimativamente conto dell’effetto schermante dell’ elettrone del guscio K, che neutralizza la forza attrattiva di un protone. Usando l’equazione (14) otteniamo che 1 1 1 −11 _ = (1,097 ∙ 107 m−1)(78 − 1)2 __2 − __2 = 4,9 ∙ 10 10 m−1 ⇒ λ = 2,0 ∙ 10 m (1 2 ) λ La stima è molto buona: infatti il valore sperimentale è 1,9 ∙ 10−11 m. 983 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo ■ La lunghezza d’onda di taglio Un altro aspetto interessante dello spettro di raggi X in fgura 20 è la brusca caduta in corrispondenza della lunghezza d’onda λ 0 dalla parte delle lunghezze d’onda corte tipiche della Bremsstrahlung. Questo valore di soglia è indipendente dal materiale di cui è costituita la targhetta e dipende dall’ energia degli elettroni incidenti. Ciascuno di essi, quando viene decelerato dalla targhetta di metallo in un tubo a raggi X, non può cedere un’ energia superiore alla sua energia cinetica. Quindi un fotone X emesso può possedere, al massimo, un’energia uguale all’energia cinetica K dell’elettrone e una frequenza f = K/h, dove h è la costante di Planck. Ma l’energia cinetica acquisita da un elettrone accelerato da fermo attraverso la differenza di potenziale V applicata ai capi del tubo è eV: quindi la massima frequenza del fotone è f 0 = (eV)/h. Visto che f 0 = c/λ 0 , una frequenza massima corrisponde a una lunghezza d’ onda minima, che è la lunghezza d’onda di taglio λ 0 : hc λ0 = _ eV (17) Sorgente di raggi X In fgura 20, per esempio, la differenza di potenziale riportata è di 45 000 V, che corrisponde a una lunghezza d’onda di taglio: (6,63 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s) λ 0 = ___________________________ = 2,8 ∙ 10−11 m (1,60 ∙ 10−19 C)(45 000 V) Rivelatore ■ B Figura 21 A Nella TAC, un fascio collimato di raggi X viene inviato con differenti orientazioni attraverso un paziente. B Un paziente in una macchina per la TAC. applicazioni mediche dei raggi X La medicina cominciò a usare i raggi X con fnalità diagnostiche subito dopo la loro scoperta. Durante l’esecuzione di una radiografa, un fascio di raggi X attraversa una parte del corpo del paziente e poi incide su una lastra fotografca. La radiografa registra l’immagine delle ombre provocate dall’assorbimento dei raggi X da parte degli organi e dei tessuti: maggiore è l’ assorbimento dei raggi X, come nel caso delle ossa, più chiara è la porzione di radiografa. Pur essendo estremamente utili, queste immagini presentano un limite: l’ immagine sulla pellicola è la sovrapposizione di tutte le «ombre» prodotte mentre la radiazione passa attraverso i vari strati consecutivi del corpo. Non è quindi facile individuare a quale strato del corpo corrisponda una determinata parte dell’immagine. La tecnica nota come TAC (tomografa assiale computerizzata) permette di ottenere immagini relative a sezioni perpendicolari all’asse principale del corpo. Alcuni fasci collimati di raggi X attraversano simultaneamente il paziente e sono registrati da rivelatori, come mostra la fgura 21. Con la TAC è possibile ruotare la sorgente Fisica quotidiana Figura 22 Queste TAC tridimensionali mostrano un’ immagine del cranio e del cervello ( A ) e del bacino e di parte della spina dorsale ( B ), compresi i dischi intervertebrali. 984 A B © Collection CNRI/Phototake La TAC © GJLP/Phototake © Laurent/American Hospital of Paris a dei raggi X in modo che i fasci collimati possano essere inviati attraverso il paziente da direzioni differenti, il che costituisce un notevole passo avanti rispetto alle tecniche convenzionali. Le intensità registrate dipendono dalla natura dei tessuti attraverso cui i raggi sono passati. A partire dalle intensità registrate e dalle direzioni di arrivo, un programma ricostruisce prima un’immagine bidimensionale ad alta risoluzione delle parti di tessuto attraverso il quale è transitato il fascio e poi fornisce una ricostruzione tridimensionale dell’interno del corpo del paziente (fgura 22 alla pagina precedente). La TAC non ha soltanto applicazioni biomediche, come mostra la fgura 23. 23 La natuRa deLL’atomo © AP/Wide World Photos capitolo Figura 23 8 ■ Il laser L’ emissione stimolata di radiazione Quando un elettrone compie una transizione da un livello energetico superiore a uno inferiore viene emesso un fotone. Tale processo può essere di due tipi: spontaneo o indotto. Nell’emissione spontanea (fgura 24a) il fotone viene emesso, in una direzione qualsiasi, senza l’intervento di perturbazioni esterne. Nell’emissione stimolata o indotta (fgura 24B) un fotone incidente spinge l’elettrone a compiere una transizione fra due livelli. Per produrre l’emissione, tuttavia, il fotone incidente deve possedere un’energia uguale alla differenza di energia tra i livelli, ovvero E i − E f . L’emissione stimolata è simile a un processo di risonanza, in cui il fotone incidente «eccita» l’elettrone proprio alla frequenza cui esso risponde maggiormente, provocando la transizione fra i livelli. Questa frequenza è fornita dall’equazione (4), f = (E i − E f)/h. Le caratteristiche principali dell’emissione stimolata sono: • • • La maggior parte delle persone conosce i raggi X utilizzati in ambito medico o dentistico. Qui il radiologo Steven Sirr illustra alla violinista Desiree Ruhstrat la procedura a raggi X chiamata tomografa assiale computerizzata (TAC) in un’analisi del suo violino. La TAC è in grado di rivelare difetti, fornire informazioni sulla struttura degli strumenti ed evidenziare particolari caratteristiche che possono essere d’ ausilio nell’ identifcazione di strumenti perduti o rubati. SImuLaZIone I laser (PhET, University of Colorado) in ogni processo elementare si ha un fotone in ingresso e due in uscita (fgura 24B); il fotone emesso procede nella stessa direzione del fotone incidente; il fotone emesso ha la stessa frequenza ed è in fase con il fotone incidente. Figura 24 E i (Livello energetico più alto) Fotone E f (Livello energetico più basso) a Emissione spontanea ■ Ei Fotone incidente Fotone Fotone Ef B Emissione stimolata Il laser Nel 1960 il fsico Theodore H. Maiman (1927-2007) costruisce un dispositivo che emette luce sfruttando il fenomeno dell’emissione stimolata: il laser (acronimo di Light Amplifcation by Stimulated Emission of Radiation, cioè «amplifcazione della luce per emissione stimolata di radiazione»). Per il funzionamento del laser è essenziale che vi sia una sorgente di energia esterna in grado di mantenere un’inversione della popolazione elettronica (fgura 25 alla pagina seguente), cioè uno stato in cui molti elettroni occupano livelli energetici più alti rispetto a quello di energia minima. L’ inversione utilizzata in un laser riguarda un livello energetico superiore metastabile, nel senso che gli elettroni tendono a rimanere in tale stato per un periodo di tempo sensibilmente più lungo rispetto a quello caratteristico di un normale stato eccitato (per esempio, 10−3 s rispet- A L’ emissione spontanea di un fotone si verifca quando l’ elettrone compie una transizione da un livello superiore a uno inferiore senza l’ intervento di sollecitazioni esterne. In questo caso il fotone viene emesso in una direzione qualsiasi. B L’ emissione stimolata avviene quando un fotone incidente dotato di energia appropriata spinge l’ elettrone a cambiare livello energetico. Il fotone emesso viaggia nella stessa direzione del fotone incidente. Fisica quotidiana Il laser 985 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo Figura 25 A Di norma, a temperatura ambiente la maggior parte degli elettroni si trova nel livello energetico più basso o stato fondamentale. B Se una fonte di energia esterna eccita gli elettroni portandoli a un livello superiore, si può verifcare un’inversione della popolazione, in cui si trovano più elettroni nel livello energetico più alto che in quello più basso. Ei Ei Ef Ef B Inversione della popolazione a Popolazione normale to a 10−8 s). La presenza di uno stato metastabile è essenziale, poiché in questo modo c’è più tempo per favorire l’inversione della popolazione. La fgura 26 mostra lo schema del laser elio-neon. L’inversione della popolazione è garantita da una scarica che attraversa una miscela di elio (15%) e neon (85%) contenuta in un tubo a bassa pressione. Il processo di funzionamento inizia quando un atomo, per emissione spontanea, emette un fotone in direzione parallela all’asse del tubo. Il fotone, per emissione stimolata, provoca l’emissione di due fotoni nella stessa direzione da parte di un altro atomo. Questi due fotoni, a loro volta, eccitano altri due atomi, dando luogo a quattro fotoni; da quattro si passa a otto e così via. I fotoni emessi sono mantenuti all’interno del tubo mediante due specchi argentati posti alle estremità, uno dei quali, tuttavia, è solo parzialmente argentato, in modo che alcuni fotoni possano uscire dal tubo e formare il raggio laser. Quando l’emissione stimolata riguarda soltanto una coppia di livelli energetici, come nel caso del laser elio-neon, il fascio in uscita è altamente monocromatico. Elevata differenza di potenziale Figura 26 Una rappresentazione schematica di un laser elio-neon. L’ingrandimento mostra l’emissione stimolata che avviene quando un elettrone di un atomo di neon è sollecitato a cambiare il proprio livello energetico, da uno superiore a uno inferiore. Specchio totalmente rifettente Elio Neon Metastabile Fotone 20,61 eV 20,66 eV 18,70 eV Stato fondamentale Figura 27 Sono qui riportati i livelli energetici coinvolti nel funzionamento di un laser elio-neon. 986 Specchio parzialmente argentato Un raggio laser è anche eccezionalmente collimato. La larghezza è determinata dalle dimensioni dell’apertura d’ uscita del fascio e l’ allargamento risulta molto ridotto, dovuto soltanto alla diffrazione prodotta dall’ apertura stessa. La divergenza del raggio laser è limitata perché i fotoni emessi all’interno del tubo a un angolo anche piccolo rispetto al suo asse vengono rifessi lateralmente dalle estremità argentate (fgura 26), che sono attentamente calibrate in modo da risultare perpendicolari all’asse del tubo. Visto che la potenza di un raggio laser può essere concentrata in una regione limitata, la sua intensità, ovvero la potenza per unità di area, può risultare decisamente alta. La fgura 27 mostra i livelli energetici coinvolti nel funzionamento di un laser elio-neon. Per una coincidenza, l’ elio e il neon possiedono stati metastabili quasi identici, collocati rispettivamente 20,61 eV e 20,66 eV al di sopra del livello fondamentale. La scarica ad alto potenziale prodotta attraverso la miscela gassosa eccita gli elettroni dell’ atomo di elio verso lo stato a 20,61 eV. In seguito, quando un atomo eccitato di elio compie un urto anelastico contro un atomo di neon, i 20,61 eV di energia, insieme a 0,05 eV di energia cinetica, passano a un elettrone dell’atomo di neon. Di conseguenza tale elettrone compie una transizione verso lo stato a 20,66 eV. In questo modo si attua un’ inversione di popolazione nel neon tra il livello metasta- bile e un livello energetico che si trova 18,70 eV sopra lo stato fondamentale. Quando il laser è in funzione, l’emissione stimolata provoca una caduta degli elettroni del neon dal livello a 20,66 eV a quello a 18,70 eV. La variazione di energia di 1,96 eV corrisponde a una lunghezza d’onda di 633 nm, che si trova nella parte rossa dello spettro visibile. Oggi esistono molti tipi di laser, che generano fasci con intensità che va dai milliwatt ai megawatt. I laser sono usati fra l’altro per riprodurre la musica nei lettori di compact disc, per saldare la carrozzeria delle auto, per trasmettere conversazioni telefoniche e per altre forme di comunicazioni a grande distanza, per studi di struttura molecolare e per misure accurate di distanza nei rilevamenti. Per esempio, la fgura 28 mostra una mappa topografca tridimensionale di Marte ottenuta con il Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA) posto sulla navicella Mars Global Surveyor. La mappa è stata costruita a partire da 27 milioni di rilevamenti altimetrici, ottenuti inviando verso Marte impulsi laser e misurando per ciascuno di essi il relativo tempo di ritorno. ■ 23 La natuRa deLL’atomo © NASA capitolo Figura 28 Una mappa topografca tridimensionale di Marte. In colore sono riportate le varie altezze, dalla più grande (bianco) alle più piccole (nell’ordine rosso, giallo, verde, blu e porpora). applicazioni del laser in campo medico Una delle specialità mediche in cui il laser ha portato signifcativi contributi è l’oftalmologia, che si occupa di struttura, fsiologia e malattie dell’occhio. Una tecnica nota come cheratectomia fotorefrattiva o PRK (dall’inglese photorefractive keratectomy) corregge i difetti della vista mediante un laser che asporta piccole zone di tessuto della cornea. Normalmente la cornea ha la forma di una cupola: se la curvatura è troppo pronunciata, i raggi di luce vengono messi a fuoco prima della retina, dando luogo alla miopia. Come mostrato in fgura 29a, il laser asporta un po’ di tessuto dalla parte centrale della cornea, rendendola più appiattita e aumentando la distanza focale dell’occhio. D’altro canto, se la curvatura della cornea è ridotta, i raggi di luce convergono verso un fuoco posto oltre la retina e ciò dà luogo alla presbiopia. Come illustra la parte B della fgura, in questo caso la parte centrale della cornea viene schermata, mentre il laser asporta una parte del suo tessuto periferico. In tal modo la curvatura della cornea viene accentuata, diminuendo la distanza focale dell’occhio e permettendo ai raggi luminosi di essere focalizzati sulla retina. La cheratomileusi in situ laser-assistita, LASIK (laser assisted in situ keratomileusis), è una procedura chirurgica che utilizza una lama motorizzata nota come microcheratomo per tagliare parzialmente uno strato sottile (fap, spesso circa 0,2 mm) della parte frontale della cornea (fgura 30). Questo strato viene sollevato lateralmente per permettere al laser di rimodellare la cornea vaporizzando parte del tessuto. In seguito, lo strato sollevato viene rimesso al suo posto senza bisogno di punti di sutura. Flap corneale Cornea Impulsi laser Fisica quotidiana L’altimetro a laser Fisica quotidiana La cheratectomia fotorefrattiva (PRK) Tessuto rimosso Tessuto rimosso Impulsi laser Impulsi laser Schermo protettivo Tessuto rimosso a B Figura 29 A Nella correzione della miopia mediante chirurgia PRK, il laser vaporizza parte del tessuto (linea tratteggiata) al centro della cornea, rendendola più piatta. B Nella correzione della presbiopia mediante chirurgia PRK, il laser vaporizza parte del tessuto nella regione periferica della cornea, accentuandone la curvatura. Figura 30 Tessuto rimosso Nella correzione della miopia mediante chirurgia LASIK, il laser vaporizza parte del tessuto della cornea (linea tratteggiata), rendendola più piatta. Nella PRK e nella LASIK viene utilizzato un raggio a impulsi che proviene da un laser a eccimeri, il quale produce una lunghezza d’ onda di 193 nm. La cornea assorbe con facilità questa lunghezza d’onda e quindi possono essere usati impulsi di bassa intensità, che permettono di rimuovere il tessuto corneale in maniera precisa e controllabile. Normalmente, ogni impulso rimuove da 0,1 µm a 0,5 µm di tessuto, senza danneggiare gli strati adiacenti. Fisica quotidiana La chirurgia LASIK 987 La storia di un’idea Il modello atomico da Rutherford a Bohr ■ dalla radioattività all’atomo nucleare Nel 1898 il fsico inglese d’origine neozelandese Ernest Rutherford osservò che vi erano due tipi di radioattività (scoperta all’inizio del 1896 da Henri Becquerel), cui dette i nomi di α e β. Negli anni successivi si comprese che quest’ultima era costituita da elettroni, mentre la radiazione α era formata da particelle aventi massa simile a quella dell’elio e carica positiva pari a due volte quella dell’elettrone. Con i suoi collaboratori, in particolare Hans Geiger, Rutherford si concentrò sullo studio della defessione di particelle α da parte di sottili fogli metallici, pervenendo nel 1909 alla scoperta sensazionale che gli atomi di sottili fogli d’oro (o di platino) defettevano talora le particelle α di angoli molto grandi e, in qualche caso (in media una volta su ottomila), perfno le respingevano all’indietro. Rutherford commentò così: «Fu proprio il più incredibile evento che sia mai accaduto nella mia vita. Era come se sparando una granata da 15 pollici contro un pezzo di carta velina, quella tornasse indietro e vi col- pisse». Infatti a quell’epoca si pensava che gli atomi fossero costituiti da un insieme di elettroni immersi in una distribuzione costante di elettricità positiva (modello di Thomson) e questa confgurazione non poteva spiegare l’effetto scoperto da Rutherford e collaboratori. Che cosa defetteva così tanto le particelle α o le faceva addirittura tornare indietro? Nel 1911 Rutherford introdusse un’ipotesi di modello atomico nel quale al centro dell’atomo c’è un piccolo nucleo dotato di carica positiva, in cui è concentrata quasi tutta la massa dell’atomo. Attorno a esso gli elettroni ruotano su orbite chiuse. Il modello rappresentava dunque l’atomo come un sistema solare. Esso spiegava molto bene gli esperimenti di defessione delle particelle α (era proprio il massiccio nucleo atomico a deviarle), ma aveva un grave difetto. Secondo le equazioni dell’elettromagnetismo, una carica elettrica in moto accelerato irradia energia, e così gli elettroni, che nel modello si muovevano di moto circolare attorno al nucleo, avrebbero dovuto in tempi brevissimi perdere Ernest Rutherford in laboratorio: gli esperimenti sulla defessione delle particelle α lo portarono a formulare nel 1911 una prima ipotesi di modello atomico. 988 la loro energia per irraggiamento e cadere sul nucleo. Il modello atomico di Rutherford era quindi instabile, e ciò contraddiceva l’evidente stabilità della materia. E a questo punto, come si fa nei «gialli», occorre fare un passo indietro. ■ Prime ipotesi quantistiche Nel dicembre del 1900, nell’ambito di ricerche teoriche sul cosiddetto «corpo nero» (un corpo che, a qualunque temperatura, assorbe tutta la radiazione elettromagnetica che vi incide sopra) il tedesco Max Planck aveva avanzato l’ardita ipotesi, rivoluzionaria per quell’epoca, secondo cui l’energia E di un oscillatore di frequenza f non variava con continuità, ma era «quantizzata», cioè poteva assumere solo valori discreti pari a multipli della quantità hf, dove h è una costante che da Planck prese il nome. In uno dei suoi fondamentali lavori del 1905, facendo seguito all’ipotesi di Planck, Albert Einstein introdusse la congettura che la luce non abbia solo proprietà ondulatorie, ma manifesti anche proprietà corpuscolari, Niels Bohr è il primo ad applicare alla struttura atomica l’ipotesi dei quanti. capitolo cioè si comporti come se fosse costituita da «pacchetti» di energia E pari a E = hf dove f è la frequenza della luce e h è la costante di Planck. Nel caso della luce, i pacchetti o «quanti» di energia avrebbero preso il nome di «fotoni». Einstein ipotizzò che questo comportamento valesse anche nell’assorbimento e nell’emissione della luce da parte della materia, e mostrò in seguito che ai fotoni può essere associata una quantità di moto pari a hf/c (c è la velocità della luce), proprio come accade per delle particelle. Con l’ipotesi del fotone, Einstein spiegò i risultati delle misure relative all’effetto fotoelettrico. L’anno successivo Einstein applicò per la prima volta l’ipotesi dei quanti al comportamento della materia, con la sua teoria quantistica del calore specifco dei solidi, che risolse un antico problema, spiegando perché il calore specifco a volume costante tende a zero al tendere a zero della temperatura. Dal 30 ottobre al 3 novembre 1911 si tenne a Bruxelles il primo dei convegni Solvay (dal nome dell’industriale belga Ernest Solvay, che ne fu il fnanziatore), dedicato al tema «la teoria della radiazione e i quanti». Esso fu essenziale nel diffondere l’interesse per la teoria dei quanti nella comunità scientifca internazionale, specialmente al di fuori della Germania. ■ I quanti applicati all’ atomo: il modello di Bohr Nessuno aveva ancora pensato di applicare l’ipotesi dei quanti alla struttura degli atomi. Il primo fu il giovane fsico danese Niels Bohr, il quale nel 1913, di ritorno da un periodo in Inghilterra presso il laboratorio di Rutherford, propose l’esistenza di orbite elettroniche «stazionarie». Ciò signifca che nel percorrere queste orbite gli elettroni non emettono energia, come invece voleva la teoria classica. Bohr riteneva che un elettrone, se eccitato da una perturbazione esterna, potesse passare dall’orbita di energia minima (stato fondamentale) a uno stato eccitato, ovvero a un’orbita più esterna e più energetica. Tornando allo stato fondamentale, l’elettrone emette un fotone di energia pari a ∆E = hf, dove Primo convegno Solvay a Bruxelles nel 1911. Tra i partecipanti: Hendrik Lorentz, Marie Curie, Max Planck, Albert Einstein ed Ernest Rutherford. 23 La natuRa deLL’atomo ∆E è la differenza di energia tra gli stati iniziale e fnale e f la frequenza della radiazione elettromagnetica emessa. Applicando in questo modo l’idea dei quanti di energia al modello di Rutherford, Bohr riuscì a ottenere un’espressione per i livelli energetici dell’atomo di idrogeno e a spiegare molte caratteristiche del suo spettro, cioè dell’insieme di frequenze emesse nelle transizioni tra i vari stati atomici. Nel 1914 i tedeschi James Franck e Gustav L. Hertz dimostrarono sperimentalmente la validità della relazione ∆E = hf per una riga spettrale di un atomo. Tra il 1913 e il 1914 Henry Moseley iniziò lo studio degli spettri di raggi X impiegando la teoria di Bohr e ottenendo notevoli successi, così come poi mostrarono studi successivi, condotti con una versione modifcata della teoria di Bohr da Arnold Sommerfeld. Questi nel 1916 rimpiazzò il moto circolare degli elettroni atomici con orbite ellittiche e introdusse quindi la necessità di due numeri quantici, i semiassi dell’ellisse, al posto del solo raggio dell’orbita, come aveva fatto Bohr. Sommerfeld inoltre usò le correzioni suggerite dalla teoria della relatività ristretta, riuscendo così a spiegare la cosiddetta «struttura fne» delle righe spettrali dell’atomo di idrogeno e gli spettri degli atomi idrogenoidi (con un solo elettrone nello strato più esterno). Il modello atomico proposto da Bohr fu il cardine della cosiddetta «vecchia teoria dei quanti», che raccolse notevoli successi nei primi due decenni del Novecento, prima di essere rimpiazzata da una concezione totalmente nuova della fsica rappresentata dalla «meccanica quantistica». 989 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo © Desiree Walstra 7 Shutterstock L’ ordine di grandezza Il 99% del corpo umano è fatto di idrogeno, ossigeno e carbonio. Ci sono però anche altri elementi chimici come ferro, nichel, stagno, uranio, argento e, addirittura, oro. Quanti atomi d’oro ci sono nel corpo di una persona adulta? Per calcolare il numero degli atomi d'oro presenti nel corpo di una persona adulta, bisogna calcolare il rapporto tra la massa totale degli atomi d'oro e la massa atomica dell'oro. Il modello un paragone Gli atomi sono talmente piccoli che, (numero di atomi d’oro in una persona adulta) = (massa degli atomi d’oro presenti) / (massa atomica dell’oro) I numeri ▸ Massa degli atomi d’oro = = (massa di una persona adulta) (percentuale di oro nella massa di una persona adulta) = = (70 kg) (0,000 014%) = 9,8 ∙ 10−6 kg = 10−5 kg ▸ Massa atomica dell’oro = = 196,9665 u = 196,9665 (1,660 53 ∙ 10−27 kg) = = 3,3 ∙ 10−25 kg anche solo nei pochi centesimi di grammo d’oro che sono presenti in una persona adulta, se ne stima una quantità molto grande. Per rendersi conto della grandezza di questo numero, confrontiamolo con il numero di chicchi di riso prodotti nel 2007. Secondo la FAO la produzione mondiale di riso nel 2007 è stata di circa 5 ∙ 1011 kg = 5 ∙ 1014 g. Se per semplicità supponiamo che un chicco di riso abbia una massa di 1 g, nel 2007 sono stati prodotti circa 5 ∙ 1014 chicchi di riso. Ciò significa che il tuo corpo contiene un numero di atomi d’oro uguale al numero di chicchi prodotti nel mondo in centomila anni di raccolti. Il risultato numero di atomi d’oro in una persona adulta = 10−5 kg = ______ = 0,3 ∙ 1020 = 3 ∙ 1019 atomi 3,3 ∙ 10−25 kg L’ordine di grandezza è: 1019 atomi Nel corpo di una persona adulta (massa = 70 kg) ci sono all’incirca 3 ∙ 1019 atomi d’oro. Stima l’ordine di grandezza Le fonti ∙ Percentuale della massa di una persona dovuta agli atomi d’ oro: G. Rindi, E. Manni, Fisiologia umana, Utet, 2006 ∙ Massa atomica dell’ oro: Tavola periodica degli elementi (www.periodni.com/it/au.html) Il modello (lunghezza della collana di atomi d’oro in kilometri) = (numero di atomi d’ oro presenti nel tuo corpo) (diametro di un atomo d’ oro) I numeri Quanti kilometri sarebbe lunga una collana fatta con gli atomi d’oro del tuo corpo? Numero di atomi d’oro presenti nel tuo corpo = = (massa del tuo corpo) (percentuale della tua massa dovuta agli atomi d’ oro) / (massa atomica dell’ oro) = (massa del tuo corpo) (0,000 014%) (3,3 ∙ 10−25 kg) Diametro di un atomo d’ oro = 3,6 ∙ 10−10 m Il risultato Lunghezza della collana di atomi d’ oro = .................. km Le fonti ∙ Diametro di un atomo d’oro: Tavola periodica degli elementi (www.periodni.com/it/au.html) 990 capitolo 23 La natuRa deLL’atomo I concetti fondamentali 1 Il modello atomico di Rutherford Z2 E n = −(13,6 eV) ___2 con n = 1, 2, 3, ... n Nel 1911 Rutherford propone un modello planetario dell’atomo, in cui un piccolo nucleo carico positivamente è circondato, a distanze relativamente grandi, da elettroni. Gli atomi sono neutri perché la carica negativa totale degli elettroni atomici uguaglia la carica positiva dei nuclei. 2 Lunghezza d’onda dello spettro a righe dell’atomo di idrogeno: il modello di Bohr giustifca pienamente lo spettro a righe descritto nel paragrafo 2. Gli spettri a righe 4 Spettro a righe: è costituito da un insieme discreto di lunghezze d’onda elettromagnetiche emesse dagli atomi di un gas a bassa pressione, sottoposto a una differenza di potenziale suffcientemente elevata. Alcuni gruppi di tali lunghezze d’onda vengono defniti serie. Louis de Broglie propose che l’elettrone in un’orbita circolare di Bohr debba essere considerato come un’onda. Serie nello spettro dell’atomo di idrogeno: le prime tre serie fondamentali sono individuate dalle seguenti equazioni 5 Serie di Lyman 1 1 1 _ = R __2 − __2 con n = 2, 3, 4, ... (1 n ) λ Serie di Balmer 1 1 1 _ = R __2 − __2 con n = 3, 4, 5, ... (2 n ) λ Serie di Paschen 3 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno Il modello atomico di Bohr vale per atomi o ioni con un solo elettrone orbitante attorno a un nucleo contenente Z protoni. L’elettrone percorre orbite circolari dette orbite stazionarie. emissione di fotoni: avviene quando un elettrone cambia orbita, passando da una a energia più elevata E i a una con energia inferiore E f . La frequenza del fotone emesso è tale che (h = costante di Planck) L’atomo di idrogeno secondo la meccanica quantistica numeri quantici: la meccanica quantistica descrive l’atomo di idrogeno in termini di quattro numeri quantici: • • • • numero quantico numero quantico numero quantico +1, +2, ..., +l) numero quantico principale n (n = 1, 2, 3, ...) azimutale l (l = 0, 1, 2, ..., n − 1) magnetico m l (m l = −l, ..., −2, −1, 0, di spin m s (m s = + 1/2, − 1/2) moto dell’elettrone: secondo la meccanica quantistica non è vero che un elettrone si muove lungo un’orbita circolare; si può parlare soltanto della probabilità di trovarlo a una certa distanza dal nucleo. 1 1 1 _ = R __2 − __2 con n = 4, 5, 6, ... (3 n ) λ R = costante di Rydberg = 1,097 ∙ 107 m−1 La quantizzazione del momento angolare secondo de Broglie 6 Il principio di esclusione di Pauli e la tavola periodica degli elementi Principio di esclusione di Pauli: in un atomo due elettroni non possono avere lo stesso insieme di valori dei quattro numeri quantici. Questo principio determina il modo in cui gli elettroni di un atomo a più elettroni si distribuiscono in gusci (determinati da n) e in sottogusci (determinati da l). tavola periodica degli elementi: trova piena giustifcazione in base al principio di esclusione di Pauli. 7 I raggi X hf = E i − E f Spettro dei raggi X: contiene righe (o picchi) pronunciati, sovrapposti a un intervallo continuo di lunghezze d’onda; la riga K α corrisponde al salto di un elettrone dal livello n = 2 al livello n = 1; la riga K β al salto di un elettrone da n = 3 a n = 1. momento angolare orbitale dell’elettrone: il suo modulo può avere solo i seguenti valori discreti Lunghezza d’onda di taglio (V = differenza di potenziale ai capi del tubo a raggi X): h Ln = n _ 2π hc λ0 = _ eV con n = 1, 2, 3, ... Raggio ed energia totale dell’orbita: il raggio r n dell’orbita n-esima e l’energia totale associata E n hanno i seguenti valori discreti 2 n r n = (5,29 ∙ 10−11 m) __ Z con n = 1, 2, 3, ... 8 Il laser emissione stimolata: le onde elettromagnetiche prodotte dal laser sono coerenti e possono essere collimate in un raggio di apertura molto ridotto. 991 capitolo 23 ESERCIZI La natuRa deLL’atomo Problemi CHaLKBoaRd VIdeoS (Esercizi risolti in inglese) Nota: svolgendo i problemi che seguono, ignora gli effetti relativistici. 1 Il modello atomico di Rutherford 1 Il nucleo dell’ atomo di idrogeno ha un raggio di 1 ∙ 10−15 m. L’elettrone normalmente è a una distanza di 5,3 ∙ 10−11 m dal nucleo. Supponi che l’ atomo di idrogeno sia una sfera di raggio 5,3 ∙ 10−11 m. Determina: ▪▪▪ 2 ▪▪▪ ▶ il volume dell’ atomo; ▶ il volume del nucleo; ▶ la percentuale del volume dell’ atomo occupata dal nucleo. 5 Supponi di costruire un modello in scala dell’ atomo di idrogeno in cui il nucleo è una pallina da tennis di raggio 3,0 cm. ▶ 4 ▪▪▪ Il nucleo di un atomo di idrogeno è costituito da un singolo protone di raggio 1 ∙ 10−15 m. L’ elettrone orbita normalmente a distanza 5,3 ∙ 10−11 m dal nucleo. ▶ ▪▪▪ 3 ▪▪▪ Qual è il rapporto tra la densità del nucleo di idrogeno e la densità dell’ intero atomo? A quanti kilometri di distanza dovrebbe trovarsi l’elettrone? In un esperimento di diffusione tipo Rutherford, ogni atomo di una sottile lamina di oro può essere considerato un possibile bersaglio con una certa sezione circolare. Delle particelle α vengono sparate contro questo bersaglio, in cui il nucleo rappresenta il centro. Il rapporto tra l’area trasversale del nucleo di oro e l’area trasversale dell’atomo è 2,6 ∙ 10−7. Il raggio dell’atomo di oro è 1,4 ∙ 10−11 m. ▶ Qual è il raggio del nucleo di oro? eSemPIo Nel suo storico esperimento, Rutherford studiò la defessione delle particelle α da 6,5 MeV da parte di atomi di oro, scoprendo che molte particelle venivano diffuse a grandi angoli. Possiamo schematizzare l’esperimento e ipotizzare che le particelle α urtassero un piccolo oggetto solido, più o meno come un proiettile di gomma urta una palla da biliardo (anche se di fatto la diffusione è dovuta alla forza repulsiva coulombiana tra il nucleo e le particelle α). Il diametro di un nucleo di oro è circa 1,5 ∙ 10−14 m. ▶ Stabilisci se durante l’esperimento si sono verifcati consistenti effetti di diffrazione, confrontando la lunghezza d’onda di de Broglie e le dimensioni del nucleo. α Lamina di oro La soluzione Una particella α è un nucleo di elio e la sua massa è circa m α ≈ 4,0 uma = 4,0 (1,66 ∙ 10−27 kg) = 6,6 ∙ 10−27 kg La lunghezza d’onda di de Broglie di una particella che ha quantità di moto p è h λ=_ p dove h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s è la costante di Planck. Se E è l’energia cinetica, abbiamo 1 1 p2 E = _ m v 2 = _ __ 2 2m da cui segue 992 _ p = √ 2 mE ESERCIZI capitolo 23 La natuRa deLL’atomo Quindi h _ λ = ____ √ 2 mE Convertiamo in joule l’energia della particella α: E = 6,5 MeV = 6,5 ∙ 106 eV = (6,5 ∙ 106 eV)(1,6 ∙ 10−19 J/eV) = 1,0 ∙ 10−12 J Perciò la lunghezza d’onda di de Broglie di una particella α da 6,5 MeV è 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s __________________ = 5,7 ∙ 10−15 m λ = ______________________ √ 2 (6,6 ∙ 10−27 kg)(1,0 ∙ 10−12 J) Le dimensioni del nucleo sono d ≈ 1,5 ∙ 10−14 m ≈ 2,6 λ La lunghezza d’onda della particella è inferiore alle dimensioni del nucleo, per cui possiamo escludere che nell’esperimento si siano presentati effetti diffrattivi consistenti. In prima approssimazione, nell’urto con il nucleo la particella α si comporta dunque come una particella e non come un’onda. 6 ▪▪▪ In un esperimento di diffusione alla Rutherford un nucleo bersaglio ha un diametro di 1,4 ∙ 10−14 m. La particella α incidente ha massa 6,64 ∙ 10−27 kg. ▶ 7 ▪▪▪ 8 ▪▪▪ Calcola l’ energia cinetica di una particella α avente la lunghezza d’ onda di de Broglie uguale al diametro del nucleo bersaglio. Il nucleo di un atomo di rame contiene 29 protoni e ha un raggio di 4,8 ∙ 10−15 m. ▶ 13 ▪▪▪ Calcola il lavoro (in elettronvolt) compiuto dalla forza elettrica quando un protone è portato, partendo da fermo, dall’infnito fno alla superfcie del nucleo di rame. Gli spettri a righe 3 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno 9 Usando il modello di Bohr, considera l’energia dell’ennesima orbita di un atomo di berillio tre volte ionizzato (Be3+, Z = 4) e l’ energia di un atomo di idrogeno. 10 ▪▪▪ 11 ▪▪▪ 12 ▪▪▪ 15 Un atomo di sodio (Z = 11) contiene 11 protoni nel suo nucleo. Approssimando, possiamo applicare il modello di Bohr, considerando solo l’ultimo elettrone esterno, a patto però di usare la carica nucleare effcace, Z eff , invece che il valore 11 per il numero di protoni nel nucleo. ▪▪▪ ▪▪▪ ▶ L’energia di ionizzazione dell’elettrone più esterno in un atomo di sodio è 5,1 eV. Usa il modello di Bohr con Z = Z eff per calcolare il valore di Z eff . ▶ Usando Z = 11 e Z = Z eff , determina i due corrispondenti valori del raggio dell’orbita di Bohr più esterna. Mentre l’elettrone di un atomo di idrogeno si trova nel primo stato eccitato, riceve dall’esterno un’energia di 2,86 eV. ▶ 17 ▪▪▪ What is the radius of the ion when it is in the second excited state? Considera un atomo di elio (Z = 2). Calcola: ▶ qual è la minima energia (in elettronvolt) necessaria a spostare l’elettrone al livello successivo; ▶ l’energia di ionizzazione per l’ He+. Considera il fotone emesso quando l’elettrone di un atomo di idrogeno compie una transizione dal livello energetico con n = 7 producendo una riga della serie di Paschen. ▶ Determina il rapporto tra l’energia di ionizzazione per lo stato eccitato n = 4 e l’energia di ionizzazione del livello fondamentale. Determina il rapporto tra queste energie. A singly ionized helium atom (He+) has only one electron in orbit about the nucleus. ▶ ▶ In un atomo di idrogeno, qual è l’energia totale (in eV) di un elettrone che si trova in un’orbita di raggio 4,761 ∙ 10−10 m? 16 ▶ Qual è la sua energia di ionizzazione? Qual è la minima distanza dal nucleo a cui arriva? 2 ▪▪▪ ▶ 14 ▪▪▪ In un esperimento di diffusione, una particella α con carica +2e ed energia cinetica di 5,0 ∙ 10−13 J è diretta frontalmente contro un nucleo d’ oro (Z = 79). ▶ Un atomo di idrogeno si trova nello stato eccitato n = 4. Calcola l’ energia (in joule) del fotone emesso. Un atomo di idrogeno si trova nello stato eccitato con n = 3. L’atomo ritorna nello stato fondamentale con due transizioni consecutive. ▶ 18 ▪▪▪ 19 Calcola la lunghezza d’onda del fotone emesso in ciascuna di esse. Nell’atomo di idrogeno il raggio di un’orbita B è sedici volte quello di un’orbita A. L’energia totale dell’ elettrone nell’orbita A è −3,40 eV. ▶ ▪▪▪ Calcola il numero quantico n dello stato eccitato in cui l’elettrone si porta. Calcola l’energia totale dell’elettrone nell’ orbita B. Gli atomi di idrogeno contenuti in un tubo a scarica emettono fotoni di lunghezza d’onda 410,2 nm. ▶ Calcola i valori iniziale e fnale del numero quantico n dei due stati coinvolti nella transizione. 993 capitolo 20 ▪▪▪ 23 ESERCIZI La natuRa deLL’atomo eSemPIo Il positrone è l’antiparticella dell’elettrone: ha la stessa massa dell’elettrone ma la sua carica è positiva. Un elettrone e un positrone possono unirsi a formare l’analogo di un atomo di idrogeno, che prende il nome di positronio, con il positrone che fa da nucleo positivo al posto del protone. ▶ Nell’approssimazione del modello di Bohr, stabilisci quali sono i livelli energetici del positronio. La soluzione Il modello di Bohr ipotizza per l’atomo di idrogeno un sistema classico in cui l’elettrone orbita attorno al protone per effetto dell’attrazione coulombiana. In una situazione di questo tipo, le particelle ruotano entrambe attorno al centro di massa del sistema, ma nel caso dell’atomo di idrogeno la massa del protone è circa duemila volte maggiore di quella dell’elettrone, per cui il centro di massa è di fatto nel protone stesso ed è come se il protone fosse fermo e l’elettrone orbitasse attorno a esso. Nel caso del positronio, le due particelle hanno la stessa massa, per cui non si verifca più la situazione in cui una ruota attorno all’altra, ma entrambe ruotano attorno al loro centro di massa. Poiché elettrone e positrone hanno la stessa massa, il loro centro di massa coincide con il centro geometrico del sistema che essi stessi formano. Come abbiamo visto nel capitolo «Impulso e quantità di moto», l’energia cinetica di una sistema composto da due particelle è la somma dell’energia cinetica di traslazione del centro di massa e dell’energia cinetica delle due particelle. L’energia cinetica di traslazione del centro di massa non è rilevante per quanto riguarda i livelli energetici del positronio, perché è un’energia di traslazione e può essere eliminata mettendosi nel sistema di riferimento del centro di massa stesso. L’energia cinetica nel centro di massa è 1 K = _ m r v 2r 2 dove v r è la velocità relativa tra elettrone e positrone e m r è la massa ridotta. Quest’ultima è la metà della massa dell’elettrone, in quanto positrone ed elettrone hanno la stessa massa: me mp me m r = ______ = __ me + mp 2 L’energia totale nel centro di massa è 1 kZ e 2 E = _ m r v 2r − ____ 2 r dove r è la distanza tra elettrone e positrone. Inserendo il valore calcolato per la massa ridotta e tenendo conto che Z = 1 perché c’è una sola particella con carica +e, possiamo scrivere 1 me ke2 E = _ __ v 2r − ____ 2 2 r I livelli energetici per il positronio saranno dati dall’equazione: 2π 2m r k 2e 4 ___ 2π 2(m e /2)k 2e 4 ___ Z2 1 _________ E n = − _________ = − 2 2 2 ( )n ( ) n2 h h con n = 1, 2, 3, ... essendo m r = m e /2 e Z = 1; quindi, in defnitiva: π 2m e k 2e 4 ___ 1 1 13,6 eV 1 = − _________ ___2 = −(6,8 eV) ___2 E n = − _________ ( 2 )n ( h2 ) n2 n 21 ▪▪▪ Il muone ha massa 207 volte quella dell’elettrone ma ha la stessa carica. Un atomo muonico si forma quando un muone si unisce a un protone e forma un sistema tenuto assieme dalla forza coulombiana. ▶ 994 Determina i livelli energetici di un atomo muonico. 22 ▪▪▪ con n = 1, 2, 3, ... Nel modello di Bohr dell’idrogeno, l’elettrone si muove in un’orbita circolare intorno al nucleo. Determina la velocità angolare dell’elettrone, in rivoluzioni al secondo, quando ▶ si trova nel livello fondamentale; ▶ si trova nel primo stato eccitato. ESERCIZI 23 ▪▪▪ capitolo 23 La natuRa deLL’atomo eSemPIo Un atomo di idrogeno A, che si trova in uno stato eccitato n A i , effettua una transizione che lo porta a un livello n A f = 4. Un altro atomo di idrogeno B, altamente eccitato, si trova in un livello n B i molto alto, emette una radiazione e scende al livello fnale n B f = 5. La radiazione emessa da questo atomo B differisce meno dello 0,5% rispetto a quella emessa dell’atomo A. ▶ Qual è la lunghezza d’onda delle radiazioni emesse? La soluzione La radiazione emessa da un atomo di idrogeno è caratterizzata dalla formula 1 1 1 _ = R __2 − __2 λ (n f n i ) dove λ è la lunghezza d’onda della radiazione emessa, R = 1,097 ∙ 107 m−1 è la costante di Rydberg, n i e n f sono i numeri quantici rispettivamente dello stato iniziale e fnale dell’atomo. Sappiamo che l’atomo B si trova al livello fnale n B f = 5. La minima lunghezza d’onda λB min possibile per la radiazione emessa da B è quella emessa in una transizione da un’orbita con n B i ≈ ∞, nel qual caso n B2 f 52 25 λ B min = __ = __ = _ R R R Per l’atomo A si ha n A f = 4. Se fosse n A i = 5, la radiazione emessa avrebbe lunghezza d’onda 1 1 1 –1 44,4 λ A = _ __2 − __2 = _ > λ B min R (4 5 ) R Se fosse n A i = 6 sarebbe 1 1 1 –1 28,8 λ A = _ __2 − __2 = _ > λ B min R (4 6 ) R ma se fosse n A i = 7 allora 1 1 1 –1 23,8 λ A = _ __2 − __2 = _ < λ B min R (4 7 ) R e ciò non è possibile. Ne segue che i valori possibili per la transizione dell’atomo A sono n A i = 5 o n A i = 6. Vediamo le transizioni del primo atomo con n B f = 5: calcoliamo le lunghezze d’onda emesse usando ripetutamente la formula 1 1 1 _ = R __2 − __2 λ (n f n i ) a partire da n B i = 6. Otteniamo i risultati riassunti nella tabella a fanco. Per valori di n B i più grandi, le lunghezze d’onda emesse sono tutte più piccole. In questa sequenza, il valore di λ B che differisce meno da uno dei due possibili valori di λ A è quello che corrisponde a n B i = 14, e infatti la differenza tra le due lunghezze d’onda è minore dello 0,5%: 28,8 _ 28,7 _ − λ_______ R R A − λB = ___________ < 0,5% λB 28,7 _ R nBi λB 6 81,8/R 7 51,0/R 8 41,0/R 9 36,2/R 10 33,3/R 11 31,5/R 12 30,3/R 13 29,3/R 14 28,7/R 15 28,1/R Pertanto la lunghezza d’onda emessa è 28,7 28,7 λ A ≈ λ B = _ = __________ = 2,6 ∙ 10−6 m R 1,097 ∙ 107 m−1 995 capitolo 24 ▪▪▪ ▪▪▪ ESERCIZI La natuRa deLL’atomo Per l’ idrogeno atomico, la serie di Paschen viene prodotta quando n f = 3, mentre la serie di Brackett si verifca quando n f = 4. ▶ 25 23 5 26 Dimostra che gli intervalli di lunghezze d’onda per queste due serie si sovrappongono parzialmente. ▪▪▪ L’elettrone di un certo atomo di idrogeno ha numero quantico orbitale l = 5. ▶ Un atomo di idrogeno emette un fotone a seguito di una transizione da uno stato eccitato (n = N) allo stato fondamentale (n = 1). Il fotone ha quantità di moto 5,452 ∙ 10−27 kg ∙ m/s. ▶ L’atomo di idrogeno secondo la meccanica quantistica 27 ▪▪▪ Determina N. Un elettrone in un atomo ha numero quantico principale n = 6 e numero quantico magnetico m l = 2. ▶ Suggerimento: per la costante di Planck usa il valore 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s. 28 ▪▪▪ Calcola la minima energia totale dell’elettrone in elettronvolt. Quali sono i valori permessi per il numero quantico azimutale l? eSemPIo Un atomo di idrogeno si trova in uno stato eccitato nel quale bastano 1,51 eV per ionizzarlo. ▶ Quali sono i possibili valori del suo momento angolare? La soluzione L’energia dell’atomo è E = –1,51 eV perché a E = 0 l’atomo è ionizzato, cioè l’elettrone è separato dal protone. I livelli energetici dell’atomo sono dati dalla formula Z2 E n = − (13,6 eV) ___2 con n = 1, 2, 3, ... n Con Z = 1 1 E n = − (13,6 eV) ___2 n con n = 1, 2, 3, ... Se E = –1,51 eV, deve essere 1 1,51 eV = (13,6 eV) ___2 n da cui segue n= √ __ _ 13,6 _ = √ 9,00 = 3 1,51 I valori permessi del momento angolare sono i numeri interi l minori di n; nel nostro caso l = 0, 1, 2. Il valore del momento angolare L è dato dalla formula _ h _ L = √ l(l + 1) _ = √ l(l + 1) (1,06 ∙ 10−34 J ∙ s) 2π Se l = 0 allora L = 0. _ 2 (1,06 ∙ 10−34 J ∙ s) = 1,49 ∙ 10−34 J ∙ s. Se l = 1 allora L = √_ Se l = 2 allora L = √ 6 (1,06 ∙ 10−34 J ∙ s) = 2,58 ∙ 10−34 J ∙ s. 29 ▪▪▪ Il valore massimo del numero quantico magnetico nello stato A è m l = 2, mentre nello stato B è m l = 1. ▶ 30 ▪▪▪ Quanto vale il rapporto L A/L B tra le grandezze dei momenti angolari orbitali di un elettrone nei due stati? L’elettrone in un certo atomo di idrogeno ha un momento angolare di 8,948 ∙ 10−34 J ∙ s. ▶ 996 31 ▪▪▪ Qual è il valore massimo possibile della componente z del momento angolare di questo elettrone? (Usa h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s) 32 ▪▪▪ Un atomo di idrogeno si trova nel secondo stato eccitato. Determina, secondo la meccanica quantistica: ▶ l’energia totale (in eV) dell’atomo; ▶ il valore massimo del momento angolare per un elettrone che si trovi in tale stato; ▶ il valore massimo che può assumere la componente z del momento angolare L z. Per un elettrone di un atomo di idrogeno, la componente z del momento angolare ha il valore massimo L z = 4,22 ∙ 10−34 J ∙ s. ESERCIZI ▶ 6 33 ▪▪▪ 36 ▪▪▪ Determina (algebricamente) i tre minimi valori possibili che può assumere l’ energia totale (in elettronvolt) dell’atomo. capitolo 34 ▪▪▪ Il principio di esclusione di Pauli e la tavola periodica degli elementi Considera le seguenti confgurazioni: (a) 3s1, (b) 2d2, (c) 3s4, (d) 4p8, (e) 5f122. ▶ Quale di esse non è possibile? ▶ Per le confgurazioni non possibili, dai una spiegazione. 35 ▪▪▪ 23 La natuRa deLL’atomo Due dei tre elettroni di un atomo di litio hanno numeri quantici rispettivamente n = 1, l = 0, m l = 0, m s = +1/2 e n = 1, l = 0, m l = 0, m s = −1/2. Quali numeri quantici può avere il terzo elettrone se l’atomo si trova: ▶ nel livello fondamentale? ▶ nel primo stato eccitato? In modo analogo alla tabella 3, scrivi la confgurazione elettronica del livello fondamentale dell’ arsenico As (Z = 33). Fai riferimento alla fgura 17 per l’ ordine in cui vanno riempiti i sottogusci. eSemPIo Un elemento nello stato fondamentale è indicato come 3p4. ▶ Stabilisci di quale elemento si tratta. La soluzione 3p4 indica lo stato di riempimento del guscio più esterno. Il 3 sta a indicare n = 3. Ciò signifca che sono riempiti i gusci con n = 1 e n = 2, mentre quello con n = 3 è parzialmente riempito. Nel guscio n = 1 è possibile avere solo l = 0 e perciò m = 0. Pertanto sono presenti 2 elettroni soltanto, uno con spin +1/2 e l’altro con spin −1/2. Nel guscio con n = 2 possiamo avere l = 0, che impone m = 0 e anche qui abbiamo 2 elettroni con spin ±1/2. Se n = 2 è possibile avere anche l = 1. In questo caso m ha 3 possibili valori, m = –1; m = 0 e m = +1. Per ciascuno di questi 3 valori abbiamo 2 elettroni con spin ±1/2. Perciò nel guscio n = 2 ci sono 8 elettroni. Il guscio con n = 3 ammette l = 0, l = 1 e l = 2. Quando l = 0 si ha solo m = 0 e con questi numeri quantici ci sono 2 elettroni con spin ±1/2. La lettera p in 3p4 indica che gli ultimi stati quantici occupati sono quelli relativi a l = 1, per cui tutti gli stati con l = 2 sono vuoti. Dei 6 possibili stati con l = 1, solo 4 sono occupati e questo è il signifcato del 4 in apice a 3p4. In defnitiva nel guscio con n = 3 sono presenti 6 elettroni. In totale nell’elemento 3p4 abbiamo 2 + 8 + 6 = 16 elettroni. Pertanto Z = 16. L’elemento corrispondente a Z = 16 è lo zolfo. 37 ▪▪▪ La fgura 17 è stata costruita usando il principio di esclusione di Pauli e indica che il guscio n = 1 contiene 2 elettroni, il guscio n = 2 ne contiene 8 e il guscio n = 3 ne contiene 18. Questi numeri possono essere ottenuti addizionando i numeri che la fgura fornisce per i sottogusci contenuti in un particolare guscio. ▪▪▪ Quanti elettroni può contenere il guscio n = 5, che è solo parzialmente mostrato in fgura? ▪▪▪ ▶ 38 ▪▪▪ 39 ▪▪▪ 7 Suggerimento: fai riferimento alla fgura 17 per l’ordine in cui vanno riempiti i sottogusci. Molybdenum has an atomic number of Z = 42. 40 41 Write down the fourteen sets of the four quantum numbers that correspond to the electron in a completely flled 4f subshell. Qual è l’atomo con il minimo numero atomico contenente lo stesso numero di elettroni nel sottoguscio s e nel sottoguscio d? I raggi X 42 ▪▪▪ ▶ Using the Bohr model, estimate the wavelength of the Kα X-ray. Nello spettro di raggi X del niobio (Z = 41), un picco Kα è osservato alla lunghezza d’onda di 7,462 ∙ 10−11 m. ▶ Determina la differenza tra la lunghezza d’onda osservata al picco Kα e quella predetta dal modello di Bohr. ▶ Esprimi il valore trovato nel punto precedente come percentuale della lunghezza d’onda osservata. Quando un certo elemento viene bombardato con elettroni ad alta energia, raggi X di tipo Kα con un’energia di 9890 eV vengono emessi. ▶ Determina il numero atomico Z dell’elemento e identifca l’elemento stesso. Usa il modello di Bohr. 997 capitolo 43 ▪▪▪ 23 ESERCIZI La natuRa deLL’atomo eSemPIo L’emissione di raggi X da parte di una lastra di metallo mostra un picco molto alto in corrispondenza della lunghezza d’onda λ = 1,93 ∙ 10−10 m. ▶ Di quale metallo è fatta la lastra? La soluzione Il fatto che il picco sia molto alto, fa pensare che si tratti del picco Kα del metallo, vale a dire quello dovuto all’emissione di raggi X prodotti da elettroni che effettuano la transizione da n = 2 a n = 1 a causa del fatto che un elettrone del guscio con n = 1 è stato scalzato via. Poiché nel guscio con n = 1 sono presenti 2 elettroni, si deve considerare che l’elettrone del guscio con n = 2 sia attratto da un nucleo con Z − 1 protoni, invece di Z, perché uno dei protoni è schermato dall’elettrone rimasto nel guscio con n = 1. Allora, usando n i = 2, n f = 1 e Z − 1 al posto di Z, si ha 1 1 1 3 _ = R __2 − __2 (Z − 1)2 = _ R (Z − 1)2 (1 2 ) λ 4 essendo R = 1,097 ∙ 107 m−1 la costante di Rydberg, da cui _ 4 Z − 1 = ____ ⇒ 3Rλ √ Z=1+ √ _ 4 ____ 3Rλ Sostituendo i valori numerici risulta _ √4 _______________________ Z =1 + = 26,1 3 (1,097 ∙ 107 m−1)(1,93 ∙ 10−10 m) Z deve essere intero, per cui Z = 26 è il valore intero più vicino. L’elemento con Z = 26 è il ferro, per cui la lastra è di ferro. 44 ▪▪▪ Il modello di Bohr, anche se non è totalmente applicabile, può essere usato per stimare l’energia minima E min che un elettrone deve avere entrando in un tubo a raggi X in modo da scalzare un elettrone del guscio K di un atomo in un bersaglio metallico. La lunghezza d’onda della riga Kα del metallo A è 2,0 volte la lunghezza d’onda della riga Kα del metallo B. ▶ 45 ▪▪▪ 46 ▪▪▪ 47 48 ▪▪▪ Quanto vale la lunghezza d’ onda della Bremsstrahlung corrispondente al 35,0% dell’ energia cinetica con cui un elettrone urta contro la targhetta metallica del tubo? Quanto vale la minima differenza di potenziale che deve essere applicata a un tubo a raggi X per espellere completamente un elettrone del guscio K di un atomo bersaglio di rame (Z = 29)? Usa in maniera appropriata il modello di Bohr. Un tubo a raggi X contiene una targhetta di argento (Z = 47). La differenza di potenziale V ai capi del tubo viene aumentata a partire da zero. Usando il modello di Bohr determina il valore di Un elettrone, in moto a una velocità di 6,00 ∙ 107 m/s, colpisce la targhetta di un tubo a raggi X. Nell’ urto l’ elettrone decelera fno a una velocità pari a un quarto di quella originaria, emettendo nel processo un raggio X. ▶ 8 50 ▪▪▪ Un tubo a raggi X funziona a una differenza di potenziale di 52,0 kV. ▶ 998 49 ▪▪▪ Qual è il rapporto tra le energie minime dei due metalli, E A min /E B min ? Usando il modello di Bohr, stabilisci quale elemento può emettere raggi X di tipo Kα con una lunghezza d’onda di 4,5 ∙ 10−9 m. ▶ ▪▪▪ V per cui i raggi X del tipo Kα iniziano ad apparire all’interno dello spettro. Il laser Un laser viene usato in chirurgia oculistica per impedire il distacco della retina. La lunghezza d’onda del raggio laser è di 514 nm e la sue potenza è di 1,5 W. Durante l’intervento, il laser emette impulsi di 0,050 s. ▶ 51 ▪▪▪ 52 ▪▪▪ Calcola la lunghezza d’onda del fotone emesso. Quanti fotoni vengono emessi in ogni impulso? Un laser pulsato emette luce sotto forma di brevi impulsi, aventi ciascuno la durata di 25 ms. La potenza media di ogni impulso è di 5,00 mW e la lunghezza d’onda della luce è 633 nm. Determina: ▶ l’energia di ogni impulso; ▶ il numero di fotoni contenuti in ciascun impulso. In particolari interventi chirurgici sull’occhio si usa un laser YAG al neodimio (lunghezza d’onda = 1064 nm). In un singolo trattamento il laser trasferisce all’ occhio un’energia di 4,1 ∙ 10−3 J. ▶ Quanti fotoni sono emessi in un trattamento? ESERCIZI 53 ▪▪▪ capitolo 23 La natuRa deLL’atomo eSemPIo Al prezzo di pochi euro è possibile acquistare laser a stato solido di potenza 1 mW da usare come puntatori. Esistono in commercio laser rossi, verdi e blu, di lunghezza d’onda rispettivamente 650 nm, 532 nm e 405 nm. ▶ Qual è il numero di fotoni emessi in 1 ms da ciascuno di questi laser? Il numero di fotoni differisce leggermente da un tipo di laser all’altro perché le diverse lunghezze d’onda corrispondono a frequenze diverse e perciò è diverso il valore energetico del fotone stesso. L’energia del fotone è data dalla legge di Einstein E = hf, dove h è la costante di Planck e f è la frequenza, che è data da f = c/λ; pertanto l’energia di un fotone è © rsi.ch La soluzione hc E=_ λ In un intervallo di tempo ∆t, un laser di potenza P emette un’energia E tot = P∆t. Il numero di fotoni emessi è E tot P∆t N = __ = _ λ = κλ E hc proporzionale alla lunghezza d’onda tramite la costante P∆t (1,0 ∙ 10−3 W)(1,0 ∙ 10−3 s) κ = _ = ______________________ = 5,1 ∙ 1018 m−1 hc (6,6 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,0 ∙ 108 m/s) Allora per il laser rosso avremo N rosso = κλ rosso = (5,1 ∙ 10 18 m−1)(650 ∙ 10−9 m) = 3,3 ∙ 10 12 fotoni Per il laser verde N verde = κλ verde = (5,1 ∙ 10 18 m−1)(532 ∙ 10−9 m) = 2,7 ∙ 10 12 fotoni Per il laser blu N blu = κλ blu = (5,1 ∙ 10 18 m−1)(405 ∙ 10−9 m) = 2,1 ∙ 10 12 fotoni 54 ▪▪▪ Il laser ultravioletto a eccimeri, usato in oculistica nella tecnica PRK per risolvere problemi di vista, ha una lunghezza d’onda di 190 nm. Un laser ad anidride carbonica produce una lunghezza d’onda di 1,06 ∙ 10−5 m. ▶ 55 ▪▪▪ Qual è il numero minimo di fotoni che il laser ad anidride carbonica deve produrre per far arrivare a un bersaglio una quantità di energia pari o superiore a quella di un singolo fotone del laser a eccimeri? La fusione è il processo con cui il Sole produce energia. Una tecnica sperimentale per produrre fusione controllata utilizza un laser a stato solido che emette una lunghezza d’onda di 1060 nm e può arrivare a una potenza di 1,0 ∙ 10 14 W per un impulso della durata di 1,1 ∙ 10−11 s. Come confronto, il laser elio-neon utilizzato alle casse dei supermercati nei lettore di codice a barre emette una lunghezza d’onda di 633 nm e produce una potenza di 1,0 ∙ 10−3 W. ▶ Per quanto tempo (in giorni) dovrebbe funzionare il laser a elio-neon per produrre lo stesso numero di fotoni emessi dal laser a stato solido in 1,1 ∙ 10−11 s? Problemi fnali 56 ▪▪▪ La fgura mostra tre livelli di energia di un laser. Questi livelli sono analoghi a quelli degli atomi di neon presenti in un laser a elio-neon. Il livello E 2 è un livello metastabile, mentre il livello E 0 è il livello fondamentale. La differenza tra i livelli di energia è mostrata in fgura. ▶ Quale energia (in eV per elettrone) deve fornire una sorgente esterna per attivare il laser? ▶ Qual è la lunghezza d’onda della luce del laser? ▶ In quale regione dello spettro elettromagnetico si trova la luce del laser? ⎧ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ 0,289 eV ⎨ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎩ E2 0,165 eV ⎧ E1 ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ ⎪ ⎩ E0 999 capitolo 57 ▪▪▪ 60 ▪▪▪ 23 ESERCIZI La natuRa deLL’atomo La tensione alle estremità di un tubo a raggi X è 35,0 kV. Supponi che il bersaglio di molibdeno (Z = 42) che si trova nel tubo venga sostituito con uno d’argento (Z = 47). Determina: 59 ▶ la lunghezza d’onda di taglio del tubo; ▶ la lunghezza d’onda dei fotoni Kα emessi dai bersagli di molibdeno e d’argento. The atomic number of lead is Z = 82. 58 ▪▪▪ ▪▪▪ ▶ According to the Bohr model, what is the energy (in joules) of a Kα X-ray photon? La riga Kβ di raggi X del tungsteno ha una lunghezza d’onda di 1,84 ∙ 10−11 m. ▶ Calcola la differenza di energia tra i livelli che danno luogo a questa riga, esprimendo la risposta in joule. ▶ Esprimi la stessa risposta in elettronvolt. eSemPIo Una particella α entra in un recipiente pieno d’acqua, rallenta e cattura un elettrone, formando uno ione He+. Approssimiamo con E = 0 l’energia dell’elettrone prima di essere catturato e supponiamo che l’elettrone sia sceso al livello n = 1 dell’energia. ▶ Calcola la lunghezza d’onda del fotone emesso nella cattura. ▶ A quale parte dello spettro appartiene? La soluzione ▶ La particella α è un nucleo di elio, per cui Z = 2 . Il livello con n = 1 ha un’energia data da Z2 E n = −(13,6 eV) ___2 con n = 1 e Z = 2 n 22 E = −(13,6 eV) ___2 = −54,4 eV 1 Inizialmente l’elettrone è libero e dotato di energia cinetica per cui E > 0, ma per semplicità si assume che nell’istante della cattura abbia energia nulla E = 0. Nel passare al livello n = 1, l’elettrone emette un fotone di energia E = 54,4 eV = 54,4 (1,60 ∙ 10−19 J) = 8,7 ∙ 10−18 J La lunghezza d’onda è hc (6,6 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,0 ∙ 108 m/s) = 2,3 ∙ 10−8 m = 23 nm λ = _ = ____________________ E 8,7 ∙ 10−18 J ▶ 61 ▪▪▪ 62 63 ▪▪▪ 64 ▪▪▪ 1000 n. Secondo la meccanica quantistica, tuttavia, esiste una regola che limita i valori iniziale e fnale del numero quantico azimutale l. Questa regola viene denominata regola di selezione e afferma che ∆l = ±1. In base a questa regola, stabilisci quali delle seguenti transizioni sono permesse: L’energia dell’orbita di Bohr n = 2 è −30,6 eV per un atomo ionizzato non identifcato nel quale solo un elettrone si muove intorno al nucleo. ▶ ▪▪▪ Appartiene all’ultravioletto estremo. Qual è il raggio dell’orbita n = 5 per questa specie chimica? Determina la confgurazione elettronica del livello fondamentale del cadmio (Z = 48). ▶ 2s → 1s ▶ 2p → 1s Nello spettro a righe dell’ idrogeno atomico è presente anche un gruppo di righe noto come serie di Pfund. Tali righe vengono prodotte quando gli elettroni, eccitati verso livelli di energia molto elevata, compiono una transizione verso il livello n = 5. ▶ 4p → 2p ▶ 4s → 2p ▶ 3d → 3s ▶ Determina la massima lunghezza d’ onda della serie. ▶ Determina la minima lunghezza d’ onda della serie. ▶ Individua la regione dello spettro elettromagnetico in cui cadono le righe della serie. Quando un elettrone compie una transizione tra i livelli energetici di un atomo, non esistono restrizioni per il valore iniziale e fnale del numero quantico principale 65 ▪▪▪ Il litio doppiamente ionizzato (Li2+, Z = 3) e il berillio ionizzato tre volte (Be3+, Z = 4) emettono uno spettro a righe. Per una determinata serie di righe dello spettro del litio, la minima lunghezza d’onda vale 40,5 nm. ▶ 66 ▪▪▪ Quanto vale la minima lunghezza d’onda per la stessa serie di righe nello spettro del berillio? Il momento angolare orbitale dell’elettrone di un atomo di idrogeno è L = 3,66 ∙ 10−34 J ∙ s. ESERCIZI ▶ 67 ▪▪▪ 68 ▪▪▪ La natuRa deLL’atomo stante di Planck e un numero quantico che può assumere solo i valori 1, 2, 3, ... Quali sono i valori di n i da cui l’elettrone compie la transizione relativa a tali righe? Una certa specie chimica di atomi ionizzati produce uno spettro di righe di emissione in accordo con il modello di Bohr, ma il numero di protoni Z nel nucleo è sconosciuto. Un gruppo di righe nello spettro forma una serie in cui la lunghezza d’onda più corta è 22,79 nm e la più lunga è 41,02 nm. ▶ 69 Secondo la meccanica quantistica, quali valori può assumere la componente Lz del momento angolare? 23 Applica il modello di Bohr all’atomo di elio ionizzato una volta (He+, Z = 2). Considera la serie di righe che è prodotta quando l’ elettrone compie una transizione dai livelli energetici più elevati n i verso quello con n f = 4. Alcune righe si trovano nella regione visibile dello spettro (380 nm-750 nm). ▶ ▪▪▪ capitolo 70 ▪▪▪ Trova la lunghezza d’onda più vicina a quella più lunga in questa serie. Considera una particella di massa m che può trovarsi solo nell’ intervallo compreso tra x = 0 e x = +L dell’asse x. Si può dire che la particella è confnata in una «scatola» di lunghezza L. In questa situazione, considera le onde stazionarie di de Broglie che si possono instaurare dentro la scatola. Le onde presentano nodi sui lati della scatola. La fgura a fanco in alto illustra le prime tre possibilità. ▶ L Ricava un’espressione per la velocità dell’ elettrone nell’ennesima orbita di Bohr, in termini di Z, n e delle costanti k, e e h. Per l’atomo di idrogeno, determina la velocità nell’orbita con ▶ n = 1; ▶ n = 2. In generale, quando le velocità sono inferiori a un decimo della velocità della luce si possono ignorare gli effetti relativistici. ▶ 71 Usando l’equazione λ = h/p per la lunghezza d’onda di de Broglie di una particella, ricavane un’espressione per le energie cinetiche permesse alla particella. È possibile ignorarli nei due casi n = 1 e n = 2? Un atomo assorbe 1,17 eV da un fotone incidente. Se emette immediatamente un altro fotone con λ = 580 nm, qual è la lunghezza d’onda del fotone incidente? (Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie, Università degli Studi di Torino, 2004-2005) Suggerimento: questa espressione contiene m, L, la co- domande A temperatura ambiente, la maggior parte degli atomi di idrogeno si trova nello stato fondamentale (n = 1). Un tubo pieno di idrogeno atomico è attraversato da radiazione elettromagnetica avente uno spettro continuo di lunghezze d’onda, comprese quelle delle serie di Lyman, Balmer e Paschen. Quali righe di assorbimento presenta lo spettro della radiazione che esce dal tubo? 4 A basse lunghezze d’onda lo spettro dei raggi X termina in maniera repentina a una lunghezza d’ onda λ 0 di taglio (fgura 20). Tale lunghezza d’onda dipende dal materiale di cui è composta la targhetta metallica del tubo a raggi X? 5 Perché un raggio laser focalizzato su una zona molto piccola può tagliare un pezzo di metallo? 2 Quando l’ elettrone più esterno di un atomo si trova in uno stato eccitato, l’ atomo è più facilmente ionizzabile. Perché? 6 Supponi che un laser produca luce verde, al posto di quella rossa fornita dal laser a elio-neon. I fotoni emessi da tale laser hanno energia maggiore, minore o uguale rispetto a quelli del laser a elio-neon? 3 Una confgurazione elettronica per il manganese (Z = 25) è 7 Descrivi nelle sue linee essenziali le caratteristiche del modello atomico ideato da Rutherford e gli esperimenti che condussero alla sua elaborazione. 8 Enuncia e illustra le due ipotesi che sono alla base del modello atomico di Bohr. 1 1s22s22p63s23p64s23d44p1 È una confgurazione relativa allo stato fondamentale o a uno stato eccitato? 1001 capitolo 23 ESERCIZI La natuRa deLL’atomo 9 Spiega il signifcato dei quattro numeri quantici n, l, m l , ms. 10 Spiega con quale criterio è costituito il sistema periodi- co degli elementi. 11 Dopo aver spiegato il meccanismo con cui si produce un fascio di luce laser, descrivi le caratteristiche principali di tale luce. 7 L’energia cinetica dell’elettrone nello stato fondamentale dell’atomo di idrogeno è +13,6 eV. Qual è la sua energia potenziale? test 1 Quale modello atomico è stato proposto per interpretare i risultati dell’ esperimento mostrato in fgura? a Atomo di Bohr. b Modello planetario. a +13,6 eV c +27,2 eV c Modello «a panettone». b −13,6 eV d −27,2 eV Schermo d Modello quantomeccanico. 8 Sottile lamina di metallo Fascio di particelle α 2 3 Nel modello di Rutherford il rapporto tra il raggio del nucleo e il raggio delle orbite elettroniche è: a 105 c 103 b 10−5 d 10−3 a 54,4 eV c 13,6 eV b 27,2 eV d 3,40 eV Secondo la meccanica quantistica lo stato fondamentale dell’atomo di idrogeno ha: a energia cinetica nulla. b momento angolare orbitale nullo. c energia di ionizzazione nulla. Nel modello atomico di Bohr il momento angolare dell’elettrone: a è nullo. 4 9 L’energia necessaria per rimuovere l’ultimo elettrone da un atomo di elio ionizzato He+ (Z = 2) è: d energia di legame nulla. b è quantizzato. Quanti stati con n = 3 e m l = 0 sono permessi a un atomo di idrogeno? c può assumere qualunque valore compreso fra 0 e h. a 2 c 6 d è h/(2π). b 4 d 8 10 Bohr fece l’ipotesi che le orbite degli elettroni sono stazionarie: 11 Quale dei seguenti insiemi di numeri quantici non è possibile? a a causa del principio di Pauli. b a causa del principio di indeterminazione. c perché devono essere circolari. d perché la fsica classica prevede che l’elettrone dovrebbe cadere sul nucleo. 5 Qual è la più grande lunghezza d’onda della serie di Paschen dell’atomo di idrogeno? a 8,204 ∙ 10−7 m −6 b 1,875 ∙ 10 m 6 c 5,502 ∙ 10−6 m d 9,312 ∙ 10−5 m Un atomo di rame emette radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d’onda che: a sono caratteristiche del rame. b sono identiche a quelle di tutti gli altri elementi. c sono equispaziate su tutto lo spettro. d possono avere un qualunque valore. 1002 12 13 n l ml ms a 2 3 −2 +1/2 b 3 1 0 −1/2 c 4 3 +2 +1/2 d 5 4 −4 +1/2 Quale delle seguenti confgurazioni elettroniche corrisponde a un atomo nello stato fondamentale? a 1s22s12p6 c 1s22s22p1 b 1s22s12p1 d 1s22s23p1 In un tubo a vuoto, elettroni di 35 keV incidono su una targhetta di cobalto (Z = 27). La lunghezza d’onda di taglio dei raggi X emessi è: a 1,4 ∙ 10−11 m b 1,8 ∙ 10 −11 m c 2,9 ∙ 10−11 m d 3,6 ∙ 10−11 m ESERCIZI 14 capitolo a 5,13 ∙ 10−10 m E3 b 8,54 ∙ 10−10 m c 2,00 ∙ 10 λ32 m E2 d 3,60 ∙ 10−11 m 15 λ21 Nella condizione nota come «inversione di popolazione»: Quale o quali delle seguenti affermazioni sono corrette? b ci sono più elettroni nello stato fondamentale rispetto a uno stato a energia maggiore. 1) λ 31 = λ 21 + λ 32 . c il numero di stati popolati da elettroni è maggiore di quello degli stati vuoti. 2) La frequenza della radiazione di lunghezza d’onda λ 32 è minore di quella della radiazione di lunghezza d’onda λ 31 . d in una miscela di elementi vi è un componente con un numero maggiore di atomi rispetto agli altri. 3) Se λ 31 è una lunghezza d’onda nella regione dell’ultravioletto, allora λ 21 potrebbe essere una lunghezza d’onda nello spettro visibile. Un fotone della radiazione di un certo laser viene emesso quando un elettrone esegue una transizione da un livello energetico dove possiede maggiore energia verso un livello a minore energia; il livello superiore ha un’energia di −2,2 ∙ 10−19 J, l’ altro di −3,3 ∙ 10−19 J. L’energia contenuta in un impulso di radiazione emessa dal laser è di 10 J. Quanti fotoni ci sono in un impulso di radiazione di quel laser? b 3,0 ∙ 10 d Soltanto la 1. b Sia la 1 sia la 2. e Soltanto la 3. (Gara di 1° livello edizione 2000) 19 c 3,7 ∙ 10 19 Un laser emette un fascio di luce più intenso rispetto a quello di un laser apparentemente identico; ciò vuol dire che emette: a fotoni di frequenza più elevata. d 4,5 ∙ 10 19 b un maggior numero di fotoni al secondo. e 9,1 ∙ 10 19 c fotoni il cui spettro di frequenza è più ampio. (Gara di 1° livello edizione 2008) 17 a Tutte e tre. c Sia la 2 sia la 3. 18 a 1,8 ∙ 10 19 λ31 E1 a ci sono più elettroni in uno stato a energia maggiore rispetto allo stato fondamentale. 16 La natuRa deLL’atomo d’onda delle radiazioni emesse quando gli elettroni «saltano» tra i livelli di energia E 1 , E 2 ed E 3 , come indicato dalle frecce. La lunghezza d’ onda dei fotoni X della riga Kα dell’oro (Z = 79) è: −11 23 d fotoni di frequenza minore. (Concorso a borse di studio per l’ iscrizione ai corsi di laurea della classe «Scienze e Tecnologie Fisiche» della SIF, 2006-2007) Il diagramma mostrato in fgura rappresenta la struttura dei livelli energetici per gli elettroni degli orbitali in un certo atomo e λ 1 , λ 2 e λ 3 rappresentano le lunghezze VeRSo L’eSame dI Stato 1 QueSIto In un’oRa Stato fondamentale di atomi La confgurazione elettronica dell’atomo di carbonio C (Z = 6) nel suo stato fondamentale è 1s22s22p2 a Scrivi per esteso i numeri quantici di ciascuno dei 6 elettroni. b Perché lo stato fondamentale dell’atomo di carbonio non è 1s6? Giustifca la risposta. c Scrivi la confgurazione elettronica dello stato fondamentale dell’atomo di azoto N (Z = 7). d Spiega perché i livelli energetici di uno ione He+ sono determinati dalla formula 22 En = (–13,6 eV) _2 n e Lo ione He+ può essere ulteriormente ionizzato, strappando l’unico elettrone dall’attrazione dei protoni nel nucleo, da una radiazione ultravioletta con lunghezza d’onda di 37 nm? Giustifca la risposta. 1003 capitolo 23 ESERCIZI La natuRa deLL’atomo 2 QueSIto SuLLe ComPetenZe Spettri! In un’oRa a Scrivi la condizione di quantizzazione del momento angolare dell’elettrone nell’atomo di idrogeno introdotta da Bohr. Deriva tale condizione dall’ipotesi che all’elettrone sia associata un’onda di de Broglie. b Osserva la porzione dello spettro solare nel visibile (fgura A ). Le linee scure sono linee di assorbimento dette righe di Fraunhofer. Identifca la linea che corrisponde alla transizione dell’idrogeno dal livello n = 2 al livello n = 3. Può esserti utile uno dei due dati seguenti: costante di Rydberg R = 1,097·107 m-1, E1 = –13,6 eV. A http://www.cynmar.com/images/items/Fullsize/09528640.jpg c L’atomo di idrogeno può emettere fotoni X? Giustifca la risposta. d Il grafco di fgura B riporta lo spettro di raggi X emesso da una targhetta di tungsteno sottoposta a un fusso di elettroni accelerati da una differenza di potenziale di 87 keV. Illustra le caratteristiche dello spettro, spiegando l’origine dello spettro continuo e dello spettro a righe. 35 Conteggi per canale (103) 30 Kα 25 20 15 Kβ 10 5 0 0 10 20 30 40 50 60 Energia dei fotoni (keV) 70 80 90 B RuBRICa dI VaLutaZIone deL QueSIto SuLLe ComPetenZe Risposta o giustificazione non risponde Punteggio Richiesta 1 sbagliata incompleta completa con errori completa e corretta 4 7 11 15 Competenza prevalente a 3 Formalizzare b 3 Formalizzare c 2 Formulare ipotesi d 1 Osservare ...... Punteggio _ 60 1004 = ...... _ 15 capitolo 24 Fisica nucleare e radioattività © Kamioka Observatory, ICRR, The University of Tokyo La struttura del nucleo 1 Gli atomi sono formati da elettroni orbitanti intorno a un nucleo centrale. Il nucleo di un atomo è formato da protoni e neutroni, denominati nucleoni. Il neutrone, scoperto nel 1932 dal fsico inglese James Chadwick (1891-1974), non possiede carica elettrica e ha una massa leggermente più grande rispetto al protone (tabella 1). Tabella 1 ▪ Le proprietà di alcune particelle Particella Carica elettrica (C) Kilogrammi (kg) Unità di massa atomica (u) Elettrone −1,60 ∙ 10−19 9,109 382 ∙ 10−31 5,485 799 ∙ 10−4 Protone +1,60 ∙ 10−19 1,672 622 ∙ 10−27 1,007 276 −27 Neutrone 0 1,674 927 ∙ 10 1,008 665 Atomo di idrogeno 0 1,673 534 ∙ 10−27 1,007 825 ■ Numero atomico e numero di massa Ogni nucleo è caratterizzato dai seguenti numeri: • • • numero atomico Z: è il numero di protoni del nucleo e dipende dal tipo di elemento; in un atomo elettricamente neutro, Z è uguale al numero di elettroni orbitanti intorno al nucleo; numero di neutroni N: è il numero di neutroni; numero di massa A: è il numero di nucleoni presenti nel nucleo, per cui: A=Z+N Numero di protoni e neutroni (1) Per indicare il nucleo di un elemento chimico X si usa la notazione indicato a fanco. Per esempio, il nucleo di potassio, avendo A = 39 e Z = 19, si indica con 39 19 K; il protone si indica con 11 H, in quanto è il nucleo dell’atomo di idrogeno; il neutrone con 10n . A ZX Numero di protoni 1005 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Nel caso dell’elettrone si scrive −10e , essendo A = 0, poiché un elettrone non è costituito da protoni o neutroni, e Z = −1, poiché ha carica elettrica negativa. ■ r + + + + + + + + + + I nuclei con lo stesso numero di protoni Z ma con un numero differente di neutroni si chiamano isòtopi. Il termine «isotopo» deriva dal greco isos topos e signifca «stesso posto»: infatti i nuclei con lo stesso numero di protoni Z, e quindi di elettroni, occupano lo stesso posto nella tavola periodica degli elementi. Il carbonio, per esempio, è presente in natura in due forme stabili. Nella maggior parte degli atomi di carbonio (98,90%), il nucleo è l’isotopo 126 C ed è formato da 6 protoni e 6 neutroni, mentre nel rimanente 1,10% dei casi il nucleo è l’isotopo 136 C ed è formato da 6 protoni e 7 neutroni. Le masse atomiche presenti nella tavola periodica costituiscono una media delle masse atomiche, ricavata tenendo conto delle abbondanze naturali dei vari isotopi. È importante osservare che due isotopi dello stesso elemento hanno le stesse proprietà chimiche, che dipendono solo dal numero di elettroni e non dalla massa del nucleo. ■ + + + + Figura 1 Il nucleo è approssimativamente sferico (raggio = r) e contiene protoni ( ) strettamente raggruppati insieme a neutroni ( ). isotopi raggio e densità del nucleo I protoni e i neutroni del nucleo sono raggruppati all’ interno di una regione approssimativamente sferica, come mostrato in fgura 1. Gli esperimenti dimostrano che il raggio r del nucleo dipende dal numero di massa A e in metri vale approssimativamente: r ≈ (1,2 ∙ 10−15 m) A 1/3 (2) Per esempio, il raggio del nucleo di alluminio (A = 27) vale r ≈ (1,2 ∙ 10−15 m) 271/3 = = 3,6 ∙ 10−15 m. L’ equazione (2) conduce a importanti conclusioni riguardanti la densità nucleare dei vari atomi, come analizzato nell’esempio 1. eseMPio 1 Piombo e ossigeno a confronto La densità del piombo solido è molto più elevata rispetto a quella dell’ossigeno gassoso. ▸ Usando l’equazione (2), stabilisci se la densità del nucleo di piombo è mag- giore, minore o uguale rispetto a quella del nucleo di ossigeno. il ragionamento e la soluzione Se trascuriamo la differenza fra le masse del protone e del neutrone, la massa M di un nucleo è all’ incirca uguale al prodotto tra il numero di nucleoni A e la massa del singolo nucleone m: M ≈ mA. Per quanto riguarda il volume, il nucleo è approssimativamente sferico con raggio r, e quindi V = 4πr 3/3. Ma r 3 è proporzionale al numero di nucleoni A, come si può vedere elevando al cubo i due membri dell’equazione (2). Quindi il volume V è proporzionale anche ad A: V = cA. Di conseguenza, la densità ρ del nucleo è massa mA ρ = _ = _ = costante indipendente da A volume cA Possiamo concludere che la densità di un nucleo di piombo è approssimativamente uguale a quella di un nucleo di ossigeno. In generale, l’equazione (2) implica che la densità nucleare ha all’incirca lo stesso valore per tutti gli atomi. La differenza di densità tra il piombo solido e l’ossigeno gassoso nasce principalmente dalle diverse distanze fra gli atomi nello stato solido e in quello gassoso. 1006 capitolo 2 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà L’interazione nucleare forte e la stabilità dei nuclei 140 • • è attrattiva e indipendente dalla carica elettrica dei nucleoni: a una determinata distanza, la forza tra protone e protone, neutrone e neutrone e protone e neutrone è all’incirca la stessa; è a corto raggio d’azione: l’attrazione è molto intensa quando due nucleoni si trovano a distanze dell’ordine di 10−15 m e praticamente nulla a distanze più grandi. Il limitato raggio d’azione dell’interazione nucleare forte gioca un ruolo fondamentale nella stabilità dei nuclei. Affnché un nucleo sia stabile, la repulsione elettrostatica fra i protoni deve essere compensata dall’ attrazione fra nucleoni dovuta all’interazione nucleare. Ma un protone respinge tutti gli altri protoni del nucleo, visto che la forza elettrica ha un raggio d’ azione infnito, mentre un nucleone esercita una forza attrattiva soltanto sui nucleoni più vicini. Quando il numero Z di protoni aumenta, il numero N di neutroni, per mantenere la stabilità del nucleo, deve crescere in maniera più rapida. La fgura 2 mostra il grafco di N in funzione di Z per gli elementi naturali che hanno nuclei stabili. All’aumentare del numero di protoni in un nucleo, si arriva al punto in cui l’equilibrio tra le forze attrattive e repulsive non può più essere raggiunto, neanche incrementando il numero di neutroni. In defnitiva, il limitato raggio d’azione dell’interazione nucleare forte impedisce ai neutroni aggiuntivi di equilibrare la forza elettrica repulsiva a lungo raggio fra i protoni. Il nucleo stabile con il massimo numero di protoni (Z = 83) è il bismuto, 209 83 Bi, che contiene 126 neutroni. Tutti i nuclei contenenti più di 83 protoni (per esempio l’uranio, Z = 92) sono instabili e, con il passare del tempo, si trasformano in altri nuclei per disintegrazione o per cambiamento della loro struttura interna. 3 Numero di neutroni N = A – Z 120 Due cariche positive molto vicine, come due protoni in un nucleo, si respingono reciprocamente con una forza elettrostatica intensa. Deve quindi esistere una forza attrattiva che assicura la stabilità del nucleo. La forza attrattiva gravitazionale è troppo debole per contrastare la forza elettrica repulsiva, quindi a tenere insieme il nucleo c’è una forza di tipo differente. Tale forza si chiama interazione nucleare forte, o interazione forte, ed è una delle tre forze «fondamentali», nel senso che tutte le forze in natura possono essere spiegate nei termini di queste tre forze. Le altre forze fondamentali sono la forza gravitazionale e l’interazione elettrodebole (paragrafo 5). Le caratteristiche più importanti dell’interazione nucleare forte sono le seguenti: 100 80 60 N=Z 40 20 0 0 20 60 40 80 Numero di protoni Z Figura 2 Con poche eccezioni, i nuclei naturali stabili hanno un numero di neutroni N uguale o superiore a quello dei protoni Z. Ogni punto di questo grafco rappresenta un nucleo stabile. il difetto di massa del nucleo e l’energia di legame In un nucleo stabile l’interazione forte mantiene i nucleoni molto legati fra loro. Di conseguenza, è necessario fornire energia per scindere un nucleo stabile nei suoi costituenti, come mostra la fgura 3. Più un nucleo è stabile, maggiore è l’ energia richiesta per romperlo. Tale energia viene detta energia di legame del nucleo. Nella teoria della relatività ristretta energia e massa sono equivalenti; infatti l’energia a riposo E 0 e la massa m sono collegate dalla relazione E 0 = mc 2, dove c è la velocità della luce nel vuoto. Quindi una variazione ∆E 0 nell’energia a riposo di un sistema equivale a una variazione ∆m nella sua massa: ∆E 0 = ∆m c 2. L’energia di legame fornita per scindere il nucleo ricompare come aumento della massa complessiva dei nucleoni separati (fgura 3). In altre parole, la somma delle masse dei nucleoni di un nucleo è maggiore di una quantità ∆m della massa del nucleo stesso. Questa differenza di massa ∆m è nota come difetto di massa del nucleo ed è legata all’ energia di legame dalla seguente relazione: energia di legame = (difetto di massa) c 2 = ∆m c 2 (3) + + + + Energia di legame + Nucleo (massa inferiore) + + Nucleoni separati (massa superiore) Figura 3 Per spezzare un nucleo nei suoi costituenti è necessaria un’energia chiamata energia di legame. Al termine ciascun nucleone è fermo e fuori dal raggio d’azione delle forze prodotte dagli altri nucleoni. 1007 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà eseMPio 2 Una forza «fortissima» L’isotopo dell’elio più abbondante in natura 42 He ha il nucleo di massa 6,6447 ∙ 10−27 kg. Calcolane: ▸ il difetto di massa; ▸ l’energia di legame. il ragionamento e la soluzione Il nucleo 42 He contiene Z = 2 protoni e N = 4 − 2 = 2 neutroni. ▸ Utilizzando i dati della tabella 1, otteniamo che la somma delle masse dei singoli nucleoni è 2 (1,6726 ∙ 10−27 kg) + 2 (1,6749 ∙ 10−27 kg) = 6,6950 ∙ 10−27 kg due protoni due neutroni Questo valore è superiore alla massa del nucleo di 42 He; il difetto di massa è ∆m = 6,6950 ∙ 10−27 kg − 6,6447 ∙ 10−27 kg = 0,0503 ∙ 10−27 kg ▸ In base all’ equazione (3), l’ energia di legame è energia di legame = ∆m c 2 = (0,0503 ∙ 10−27 kg)(3,00 ∙ 108 m/s)2 = = 4,53 ∙ 10−12 J Normalmente le energie di legame vengono espresse in elettronvolt anziché in joule (1 eV = 1,60 ∙ 10−19 J), perciò possiamo scrivere 1 eV = energia di legame = (4,53 ∙ 10−12 J) ______ (1,60 ∙ 10−19 J) = 28,3 MeV Nel risultato si è usata l’ unità MeV, ovvero milioni di elettronvolt. Il valore di 28,3 MeV è più di due milioni di volte superiore all’energia necessaria per espellere un elettrone da un atomo. ■ L’ unità di massa atomica In calcoli simili a quelli dell’ esempio 2, è consuetudine usare l’unità di massa atomica (u) al posto dei kilogrammi. Come abbiamo visto, l’ unità di massa atomica corrisponde a un dodicesimo della massa dell’atomo di 126 C. La tabella 1 fornisce la massa dell’elettrone, del protone e del neutrone in unità di massa atomica. L’energia equivalente a un’unità di massa atomica può essere ricavata osservando che la massa di un protone è 1,6726 ∙ 10−27 kg o 1,0073 u, in modo che 1,6726 ∙ 10−27 kg 1 u = (1 u) ________ = 1,6605 ∙ 10−27 kg ( ) 1,0073 u e ∆E 0 = ∆m c 2 = (1,6605 ∙ 10−27 kg)(2,9979 ∙ 108 m/s)2 = 1,4924 ∙ 10−10 J In elettronvolt, un’unità di massa atomica equivale a 1 eV 1 u = (1,4924 ∙ 10−10 J) ______ = 9,315 ∙ 108 eV = 931,5 MeV (1,6022 ∙ 10−19 J) Le tabelle riguardanti gli isotopi, come quelle riportate in fondo al volume, forniscono le masse in unità di massa atomica. Normalmente, però, le masse riportate non sono quelle dei nuclei ma sono masse atomiche, ovvero le masse degli atomi neutri, comprese quelle degli elettroni. L’ esempio seguente mostra in che modo si possa tener conto del contributo degli elettroni nell’utilizzare i dati forniti dalle tabelle per ricavare le energie di legame. 1008 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà eseMPio 3 il contributo degli elettroni La massa atomica dell’ 42 He è 4,0026 u e la massa atomica dell’ 11 H è 1,0078 u. ▸ Calcola l’energia di legame del nucleo di 42 He. il ragionamento e la soluzione La massa di 4,0026 u per l’ 42 He comprende la massa dei due elettroni dell’ atomo di elio neutro. Per ottenere il difetto di massa dobbiamo sottrarre 4,0026 u dalla somma delle masse dei singoli nucleoni, comprese le masse degli elettroni. Come mostrato in fgura 4, teniamo conto della massa degli elettroni utilizzando nei calcoli la massa degli atomi di idrogeno (1,0078 u) anziché quella dei protoni. La somma delle singole masse è 2 (1,0078 u) + 2 (1,0087 u) = 4,0330 u due atomi di H due neutroni Il difetto di massa è ∆m = 4,0330 u – 4,0026 u = 0,0304 u Dal momento che 1 u = 931,5 MeV, l’energia di legame è 28,3 MeV . 4 2He – 1 1H – + + + Energia di legame Massa = 4,0026 u ■ – 1 1H – 1 0n + + Figura 4 Le tabelle di solito forniscono la massa dell’ atomo neutro (elettroni compresi) e non la massa del nucleo. Utilizzando i dati di tali tabelle per determinare il difetto di massa di un nucleo, occorre tenere conto della massa degli elettroni, come mostrato in fgura per l’ isotopo 42 He dell’ elio. + 1 0n Massa = 4,0330 u Curva dell’ energia di legame per nucleone L’energia di legame di un nucleo dipende dalla sua struttura interna ma anche dal numero di nucleoni che contiene. Il rapporto fra l’energia di legame di un nucleo e il numero A dei suoi nucleoni, detto energia di legame per nucleone, è una grandezza che dipende solo dalla struttura del nucleo. I nuclei più stabili hanno grandi energie di legame per nucleone. Il grafco di fgura 5 riporta l’energia di legame per nucleone in funzione di A. L’energia di legame Energia di legame per nucleone (MeV/nucleone) 10 8 4 16 8O 2He 19 9F 12 6C 6 56 26Fe 31 15P 39 19K 75 33As 153 63Eu 90 40Zr 120 50Sn 209 83Bi 238 92U 14 7N 6 3Li 4 3 1H 2 2 1H 0 0 Figura 5 50 100 150 Numero di nucleoni A 200 250 Grafco dell’ energia di legame per nucleone in funzione del numero di nucleoni A. 1009 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà per nucleone aumenta rapidamente nel caso di nuclei con piccola massa, con un picco marcato per l’ 42 He, e raggiunge un massimo di circa 8,7 MeV/nucleone per A = 60. Per un numero di nucleoni superiore, l’energia di legame per nucleone diminuisce gradatamente. Si arriva così al punto in cui non è presente un’energia di legame suffciente a mantenere unito il nucleo. I nuclei aventi masse superiori a quella del bismuto 209 83 Bi sono instabili e quindi radioattivi. 4 La radioattività Quando un nucleo instabile o radioattivo si disintegra spontaneamente, esso emette particelle o fotoni altamente energetici, detti genericamente radiazioni o raggi. La radioattività naturale, scoperta dal francese Henri Becquerel (1852-1908) nel 1896, produce tre tipi di radiazioni: raggi α, β e γ. La notazione utilizza le prime tre lettere dell’alfabeto greco, alfa (α), beta (β) e gamma (γ) per indicare la crescente capacità di penetrare i mezzi materiali. I raggi α sono i meno penetranti e vengono bloccati da una lamina molto sottile di piombo (≈ 0,01 mm), mentre i raggi β percorrono nel piombo distanze un po’ più elevate (≈ 0,1 mm). I raggi γ sono i più penetranti e possono attraversare uno spessore di piombo notevole (≈ 100 mm). I primi esperimenti sulla radioattività furono effettuati con dispositivi molto semplici, simili a quello schematizzato in fgura 6. Un campione di materiale radioattivo era contenuto all’ interno di un cilindro di piombo con un piccolo foro. Il cilindro era posto in una camera a vuoto, in cui vi erano un campo magnetico (nella fgura il campo è perpendicolare al foglio) e una lastra fotografca, che registrava tre macchie distinte. Visto che le particelle in moto sono deviate da un campo magnetico solo se sono elettricamente cariche, questo esperimento dimostra che i raggi α e β consistono di particelle cariche, mentre i raggi γ sono neutri. Figura 6 I raggi α e β vengono deviati da un campo magnetico, per cui sono costituiti da particelle cariche. I raggi γ non sono deviati da un campo magnetico e, quindi, sono privi di carica elettrica. Campo magnetico (perpendicolare alla pagina) + α + Nucleo di elio Cilindro di piombo γ Fotone γ β– Elettrone Camera a vuoto Materiale radioattivo ■ Lastra fotografca Una nuova legge di conservazione Gli esperimenti hanno evidenziato che nei processi radioattivi il numero di nucleoni (protoni più neutroni) presenti prima del decadimento è uguale al numero di nucleoni presenti dopo il decadimento. Si è quindi formulato un nuovo principio di conservazione: il numero di nucleoni si conserva durante la disintegrazione nucleare. Quando un nucleo emette raggi α, β o γ, i princìpi di conservazione asseriscono che l’energia, la carica elettrica, la quantità di moto, il momento angolare e il numero di nucleoni devono rimanere invariati. 1010 capitolo ■ 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà decadimento α Il decadimento α è il processo con il quale un nucleo emette raggi α. I raggi α consistono di particelle cariche positivamente, ciascuna delle quali è un nucleo di elio 42 He. Quindi una particella α ha una carica +2e e un numero di nucleoni pari ad A = 4. Visto che l’insieme di due protoni e due neutroni formanti il nucleo di 42 He è particolarmente stabile, come abbiamo visto nella fgura 5, non sorprende il fatto che una particella α possa essere espulsa come un’ unità a sé stante da un nucleo instabile più pesante. La fgura 7 mostra un esempio di decadimento α: 238 92 Nucleo padre (uranio) Nucleo fglio (torio) 146 144 Particella α (nucleo di elio) + 92 + 90 + 238 92U 234 90Th 2 2 + 4 2He Figura 7 Si ha un decadimento α quando un nucleo padre instabile emette una particella α e nel processo si trasforma in un nucleo diverso, o fglio. 4 U → 234 90 Th + 2 He 234 in cui un nucleo di uranio 238 92 U si trasforma in un nucleo di torio 90 Th. In accordo con i princìpi di conservazione della carica elettrica e del numero di nucleoni, la forma generale di un decadimento α è A Z Decadimento α → P ⏟ siMULaZioNe A−4 Z−2 F + ⏟ nucleo padre 4 2 He Decadimento alfa (PhET, University of Colorado) particella α (nucleo di elio) nucleo fglio Il nucleo che decade è detto nucleo padre (P), mentre il nucleo prodotto nel decadimento è detto nucleo fglio (F). Poiché nucleo padre e nucleo fglio sono diversi, si parla di trasmutazione nucleare. Quando un nucleo emette una particella α, esso rilascia anche energia. L’energia rilasciata per decadimento α è in parte responsabile, per esempio, dell’alta temperatura presente all’interno della Terra. eseMPio 4 L’uranio trasmuta in torio 234 La massa atomica dell’uranio 238 92 U è 238,0508 u, quella del torio 90 Th è 234,0436 u 4 e quella di una particella α 2 He è 4,0026 u. ▸ Determina l’energia rilasciata in un decadimento α dell’uranio 238 92 U. il ragionamento e la soluzione Il decadimento e le masse dei nuclei coinvolti sono 238 92 U 238,0508 u → 234 90 Th + 234,0436 u 4 2 Corrente H 4,0026 u 238,0462 u Il difetto di massa è 238,0508 u − 238,0462 u = 0,0046 u. Come al solito, si tratta di masse atomiche che comprendono la massa degli elettroni. Tuttavia, in questo caso ciò non porta a errori in quanto è presente lo stesso numero di elettroni prima e dopo il decadimento. Visto che 1 u equivale a 931,5 MeV, l’energia prodotta è (0,0046 u)(931,5 MeV) = Particelle α Materiale radioattivo 4,3 MeV Questa energia compare come energia cinetica dei prodotti del decadimento. Un’applicazione molto diffusa del decadimento α è il rivelatore di fumo (fgura 8). Due piccole lamine metalliche sono separate da una distanza di circa un centimetro. Una minuscola quantità di materiale radioattivo presente al centro di una delle lamine emette particelle α, che urtano contro le molecole d’ aria. Nell’urto, le moleco- Generatore Figura 8 Un rilevatore di fumo Fisica quotidiana I rivelatori di fumo 1011 capitolo Nucleo padre (torio) 144 90 + 234 90Th 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Nucleo fglio – (protoattinio) Particella β (elettrone) 143 + – 91 + 234 91Pa 0 –1e Figura 9 Si ha un decadimento β quando un neutrone di un nucleo padre instabile decade in un protone e un elettrone (quest’ ultimo viene emesso come particella β−). Nel processo il nucleo padre si trasforma in un nucleo fglio. le d’aria vengono ionizzate e formano ioni positivi e negativi. La differenza di potenziale ai capi di un generatore fa sì che una lamina sia positiva e l’altra negativa, in modo che ciascuna di esse attrae gli ioni dotati di carica opposta. Di conseguenza è presente una corrente nel circuito a cui le lamine sono collegate. La presenza di particelle di fumo tra le lamine riduce la corrente in quanto generalmente gli ioni, urtando contro le particelle di fumo, diventano neutri. Il calo di corrente provoca l’attivazione del segnale d’allarme. ■ decadimento β La fgura 6 mostra che i raggi β− vengono deviati da un campo magnetico in direzione opposta ai raggi α. Quindi i raggi β− sono particelle con carica negativa, più precisamente elettroni. Come esempio di decadimento β− consideriamo il nucleo di to234 − rio 234 90 Th, che si trasforma in protoattinio 91 Pa emettendo una particella β , come mostrato in fgura 9: 234 90 0 Th → 234 91 Pa + −1e Poiché valgono i princìpi di conservazione della carica elettrica e del numero di nucleoni, la forma generale per un decadimento β− è Decadimento β− A Z P → Z+1AF + −10e L’elettrone emesso nel decadimento β− non è presente all’ interno del nucleo che decade e non è un elettrone orbitante intorno a esso. Al contrario, è creato quando un neutrone decade in un protone e un elettrone; quando ciò avviene, il numero di protoni presenti nel nucleo aumenta da Z a Z + 1 e il numero di nucleoni resta invariato. L’elettrone esce dall’ atomo a grandissima velocità, lasciandolo carico positivamente. eseMPio 5 il torio decade in protoattinio 234 La massa atomica del torio 234 90 Th è 234,04359 u e quella del protoattinio 91 Pa è 234,04330 u. ▸ Calcola l’energia rilasciata in un decadimento β− del torio 234 90 Th. il ragionamento e la soluzione siMULaZioNe Decadimento beta (PhET, University of Colorado) Il decadimento e le masse dei nuclei coinvolti sono: 234 90 Th ⏟ 234,043 59 u Problem solving osservazione sul decadimento β− In un decadimento β−, occorre fare attenzione a non includere la massa dell’ elettrone due volte. Come viene analizzato nell’esempio 5 per il protoattinio,la massa atomica comprende già la massa dell’ elettrone emesso nel decadimento. 1012 → 234 0 91 −1 Pa + e 234,043 30 u Quando il nucleo di torio si trasforma in un nucleo di protoattinio il numero di elettroni orbitanti rimane lo stesso, quindi l’ atomo di protoattinio che si forma ha un elettrone orbitante in meno. Tuttavia, la massa riportata comprende tutti i 91 elettroni di un atomo di protoattinio neutro, in quanto il valore 234,04330 u − per il 234 91 Pa tiene già conto della massa della particella β . La diminuzione di − massa che accompagna il decadimento β è quindi 234,043 59 u − 234,043 30 u = 0,000 29 u che corrisponde all’energia (0,000 29 u)(931,5 MeV) = 0,27 MeV Questa è la massima energia cinetica che può avere l’ elettrone emesso nel decadimento. capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Esiste un secondo tipo di decadimento β (*), in cui un nucleo emette un positrone al posto di un elettrone. Il positrone, chiamato anche particella β+, ha la stessa massa dell’elettrone ma ha carica opposta (+e). Il decadimento β+ avviene secondo lo schema generale seguente: Decadimento β+ A Z P → Z−1AF + 01e Il positrone emesso non è presente all’interno del nucleo padre ma, al contrario, viene creato quando un protone del nucleo si trasforma in un neutrone. Nel processo, il numero di protoni presenti nel nucleo diminuisce da Z a Z − 1 e il numero di nucleoni resta invariato. Come per il decadimento β−, risultano validi i princìpi di conservazione della carica e del numero di nucleoni, e si verifca una trasmutazione da un elemento in un altro. ■ decadimento γ In modo analogo all’atomo, anche il nucleo si può trovare soltanto in particolari stati o livelli discreti di energia. In genere i nuclei sono nello stato fondamentale, caratterizzato dall’energia più bassa. Tuttavia, nelle trasmutazioni nucleari possono essere prodotti nuclei in stati eccitati (denotati con un asterisco *), con un’energia maggiore di quella dello stato fondamentale. In questi casi, dopo un intervallo di tempo brevissimo il nucleo compie una transizione dal livello eccitato a un livello energetico inferiore ed emette un fotone. Il processo è simile all’emissione di fotoni che porta allo spettro a righe dell’atomo di idrogeno. I livelli nucleari sono però caratterizzati da energie dell’ordine del MeV, quindi il fotone ha un’energia molto alta e viene detto raggio o fotone γ. Il decadimento γ può essere espresso nel modo seguente: Decadimento γ A Z → P* ⏟ livello eccitato A Z P + ⏟ livello inferiore γ ⏟ raggio γ Il decadimento γ non provoca la trasmutazione di un elemento in un altro. eseMPio 6 il radio emette un fotone γ Dato il fotone γ da 0,186 MeV emesso dal radio 226 88 Ra, calcolane: ▸ la frequenza; ▸ la lunghezza d’ onda. il ragionamento e la soluzione ▸ Un fotone di energia E ha una frequenza f = E/h, dove h è la costante di Planck. Perciò il fotone γ da 0,186 MeV ha una frequenza 0,186 MeV (0,186 ∙ 106 eV)(1,60 ∙ 10−19 J/eV) _____________________________ f = __________ = = 6,63 ∙ 10−34 J ∙ s 6,63 ∙ 10−34 J ∙ s = 4,49 ∙ 10 19 Hz ▸ La lunghezza d’ onda λ del fotone è collegata alla sua frequenza f e alla velo- cità della luce c dall’equazione λ = c/f, quindi per il fotone emesso: 3 ∙ 108 m/s = 6,68 ∙ 10−12 m λ = _________ 4,49 ∙ 1019 Hz (*) Esiste anche un terzo tipo di decadimento β, in cui un nucleo cattura uno degli elettroni orbitanti intorno a esso. Il processo si chiama cattura elettronica o cattura K, in quanto solitamente l’elettrone proviene dal guscio più interno o guscio K. 1013 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà 5 il neutrino Quando viene emessa una particella β da un nucleo radioattivo, viene prodotta simultaneamente energia, come mostrato nell’esempio 5. Sperimentalmente, però, si nota che la maggior parte delle particelle β non ha un’energia cinetica suffciente per giustifcare tutta l’energia prodotta. Se la particella β trasporta solo una parte dell’energia, dove va a fnire il resto? La domanda occupò i fsici fno al 1930, quando Wolfgang Pauli ipotizzò che parte dell’energia venga trasportata da un’ altra particella, emessa insieme alla β. Questa particella venne chiamata neutrino da Enrico Fermi (1901-1954), il quale nel 1933 dimostrò che il decadimento β è l’effetto di uno dei due processi elementari seguenti che avvengono nel nucleo: p → n + β+ + ν p + β− + ν– © Kyodo News International n → – dove ν (lettera greca «nu») e ν indicano rispettivamente il neutrino e l’ antineutrino. Per esempio, il decadimento β− del torio 234 90 Th (paragrafo 4) si scrive più correttamente 234 90 Figura 10 Il rivelatore giapponese di neutrini Super-Kamiokande è composto da un serbatoio cilindrico di acciaio contenente 47,3 milioni di litri di acqua ultrapura. La sua parete interna è dotata di 11 000 tubi fotomoltiplicatori. Th → 234 91 Pa + −10e + ν– Il neutrino non ha carica elettrica ed è diffcilissimo da rivelare in quanto interagisce molto debolmente con la materia. Per esempio, un neutrino medio può attraversare un anno luce (circa 9,5 ∙ 10 15 m) di piombo senza interagire con esso. Perciò, anche se migliaia di miliardi di neutrini attraversano il nostro corpo ogni secondo, non producono alcuna conseguenza. Rivelare neutrini è comunque possibile, ed è stato fatto per la prima volta nel 1956. La fgura 10 mostra il miglior rivelatore di neutrini esistente, il giapponese Super-Kamiokande. Si trova a 915 m di profondità e consiste di un serbatoio cilindrico di acciaio, alto più di 40 m, le cui pareti interne sono dotate di 11 000 rilevatori di luce detti fotomoltiplicatori. Il serbatoio contiene 47,3 milioni di litri di acqua purissima. I neutrini che urtano le molecole d’acqua provocano l’emissione di fotoni che i fotomoltiplicatori possono rivelare. Nella teoria originale di Fermi i neutrini hanno massa nulla. Tuttavia, a partire dagli anni Cinquanta, l’ osservazione di alcuni fenomeni aveva fatto ritenere che i neutrini avessero una massa, anche se piccolissima. Nel 1998 il Super-Kamiokande fornì la prima sensibile, anche se indiretta, evidenza che i neutrini hanno una massa inferiore allo 0,0006% della massa di un elettrone. Questa scoperta ha importanti implicazioni cosmologiche, perché i neutrini sono numerosissimi in tutto l’Universo e quindi possono contribuire in modo non trascurabile alla sua massa totale. ■ L’ interazione elettrodebole L’emissione di neutrini e particelle β comporta la presenza di una forza, chiamata interazione nucleare debole, molto meno intensa dell’interazione nucleare forte. È ora noto che l’interazione nucleare debole e l’interazione elettromagnetica sono due diverse manifestazioni di una stessa forza fondamentale, l’interazione elettrodebole. La teoria dell’interazione elettrodebole è stata sviluppata da Sheldon Glashow (1932-), Abdus Salam (1926-1996) e Steven Weinberg (1933-), che per questo loro contributo condivisero il premio Nobel per la fsica nel 1979. L’interazione elettrodebole, la forza gravitazionale e l’ interazione nucleare forte sono le tre forze fondamentali della natura. 6 decadimento radioattivo e attività Consideriamo un campione di una sostanza radioattiva. Non è possibile stabilire se un dato nucleo decadrà in un certo istante: i singoli decadimenti avvengono a caso. 1014 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Con il passare del tempo, il numero N dei nuclei del campione iniziale diminuisce, come viene mostrato in fgura 11. Il grafco, che riporta N in funzione del tempo, indica che la diminuzione è graduale e che tende a zero dopo un tempo piuttosto lungo. Per descrivere in termini quantitativi l’andamento di N in funzione del tempo è utile defnire il tempo di dimezzamento o emivita T 1/2 di un isotopo radioattivo come il tempo necessario affnché la metà dei nuclei presenti decadano. Per il radio 226 88 Ra, per esempio, T 1/2 = 1600 anni. Ciò signifca che in 1600 anni decade la metà dei nuclei presenti in un campione, nei successivi 1600 anni decade la metà dei nuclei rimasti, lasciando solo un quarto degli atomi originari, e così via. Nella fgura 11 il numero di nuclei presenti all’istante t = 0 è N = N 0 ; il numero presente agli istanti t = T 1/2 e t = 2T 1/2 è rispettivamente 1 1 t = T 1/2 → N = _ N 0 t = 2T 1/2 → N = _ N 0 2 4 e così via. Il valore del tempo di dimezzamento dipende dal tipo di nucleo radioattivo. Sono stati misurati tempi di dimezzamento in un intervallo che va dalla frazione di secondo ai miliardi di anni (tabella 2). Tabella 2 ▪ alcuni tempi di dimezzamento per i decadimenti radioattivi isotopo N0 Numero di nuclei radioattivi (N) capitolo 1 –N 2 0 1 –N 4 0 1 –N 8 0 0 0 T1/2 2T1/2 3T1/2 Tempo (t) 4T1/2 Figura 11 Il tempo di dimezzamento T 1/2 di un decadimento radioattivo è il tempo necessario perché la metà dei nuclei radioattivi decadano. Tempo di dimezzamento 1,64 ∙ 10−4 s Polonio 214 84 Kripton 89 36 Radon 222 86 Stronzio 90 38 Radio 226 88 Carbonio 14 6 Uranio 238 92 U 4,47 ∙ 109 anni Indio 115 49 In 4,41 ∙ 1014 anni Po 3,16 min Kr 3,83 giorni Rn 29,1 anni Sr 1,6 ∙ 103 anni Ra 5,73 ∙ 103 anni C eseMPio 7 Calcolo degli atomi rimasti Il radon 222 86 Rn è un gas radioattivo presente nel terreno e nell’atmosfera, che ha un decadimento α secondo la reazione 222 86 Rn → 218 84 Po + 42 He Supponi che 3,0 ∙ 107 atomi di radon siano intrappolati nel basamento di un’abitazione. ▸ Sapendo che l’emivita del radon è 3,83 giorni, quanti atomi di radon riman- gono dopo 31 giorni? il ragionamento e la soluzione Il periodo di 31 giorni corrisponde a 31 giorni _ = 8,1 tempi di dimezzamento 3,83 giorni In questo periodo il numero di atomi di radon si riduce circa di un fattore 28 = 256. Quindi, se trascuriamo la differenza tra 8,0 e 8,1 tempi di dimezzamento, dopo 31 giorni rimangono 3,0 ∙ 107 _____ = 1,2 ∙ 105 atomi di radon 256 1015 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà ■ attività e costante di decadimento L’attività di un campione radioattivo è il numero di decadimenti al secondo che avvengono in esso. A seguito dei decadimenti, il numero N dei nuclei radioattivi rimasti diminuisce; di conseguenza si può ricavare l’attività dividendo ∆N, la variazione nel numero dei nuclei, per ∆t, l’ intervallo di tempo in cui tale variazione avviene. L’attività media durante l’intervallo di tempo ∆t corrisponde al modulo di ∆N/∆t, ovvero |∆N/∆t|. Dal momento che il decadimento di un determinato nucleo avviene in maniera casuale, il numero di decadimenti al secondo è proporzionale al numero di nuclei radioattivi presenti, in modo che ∆N _ = −λN ∆t (4) dove λ è una costante di proporzionalità detta costante di decadimento. Il segno meno è presente in quanto ogni decadimento fa diminuire il numero N dei nuclei inizialmente presenti e quindi ∆N < 0. L’unità del SI per l’attività è il becquerel (Bq): un bequerel corrisponde a un decadimento al secondo. L’ attività viene misurata anche mediante un’unità di misura chiamata curie (Ci), in onore di Marie (1867-1934) e Pierre (1859-1906) Curie che scoprirono il radio e il polonio. Storicamente, il curie fu scelto come unità di misura perché corrisponde all’ incirca all’attività di un grammo di radio puro. In termini di becquerel: 1 Ci = 3,70 ∙ 10 10 Bq L’attività del radio inserito nel quadrante di un orologio da polso per poter essere visto al buio è circa 4 ∙ 104 Bq, mentre l’ attività utilizzata nella terapia radiologica per il trattamento dei tumori è all’incirca un miliardo di volte maggiore, ovvero 4 ∙ 10 13 Bq. Mediante l’analisi matematica si determina la funzione che esprime il numero N(t) di nuclei radioattivi presenti al tempo t: N(t) = N 0 e −λt (5) dove N 0 è il numero di nuclei all’istante t = 0 (grafco di fgura 11). Il tempo di dimezzamento T 1/2 di un nucleo radioattivo e la sua costante di decadimento λ sono legati da una semplice relazione. Sostituendo N = N 0 /2 e t = T 1/2 nell’equazione (5), otteniamo che 1/2 = e −λT . Calcolando il logaritmo naturale di entrambi i membri dell’equazione si ottiene ln 2 = λT 1/2 , da cui segue 1/2 ln 2 0,693 T 1/2 = _ = _ λ λ (6) eseMPio 8 radiazioni intrappolate Come nell’esempio 7, supponi che 3,0 ∙ 107 atomi di radon (T 1/2 = 3,83 giorni o 3,31 ∙ 105 s) siano intrappolati nel basamento di un’abitazione. ▸ Quanti atomi di radon rimangono dopo 31 giorni? ▸ Determina l’ attività subito dopo che il basamento viene sigillato. ▸ Determina l’ attività 31 giorni dopo. il ragionamento e la soluzione ▸ La costante di decadimento è 0,693 0,693 λ = _____ = _ = 0,181 giorni−1 T 1/2 3,83 giorni e il numero di atomi di radon rimasti dopo 31 giorni è −1 N = N 0 e −λt = (3,0 ∙ 107) e −(0,181 giorni 1016 )(31 giorni) = 1,1 ∙ 105 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Il valore ottenuto è leggermente diverso da quello trovato nell’esempio 7 perché lì abbiamo trascurato la differenza tra 8,0 e 8,1 tempi di dimezzamento. ▸ L’attività può essere ottenuta dall’ equazione (4), a patto che la costante di decadimento venga espressa in secondi alla meno 1: 0,693 0,693 λ = _____ = ______ = 2,09 ∙ 10−6 s−1 T 1/2 3,31 ∙ 105 s Quindi il numero di decadimenti al secondo è _ = λN = (2,09 ∙ 10 | ∆N ∆t | −6 s−1)(3,0 ∙ 107) = 63 Bq ▸ L’attività dopo 31 giorni si calcola ponendo nella (4) N = 1,1 ∙ 105. Il valore dell’attività è 0,23 Bq . 7 datazioni radiometriche Un’importante applicazione della radioattività è la datazione di reperti archeologici o geologici (fgura 12). Se un oggetto, al momento della sua formazione, contiene nuclei radioattivi, il loro decadimento registra lo scorrere del tempo come un orologio, in quanto la metà dei nuclei decade durante ogni tempo di dimezzamento. Noto il tempo di dimezzamento, una misura del rapporto fra il numero dei nuclei presenti attualmente e quello dei nuclei originari è in grado di fornire l’età del campione. In base all’equazione (4), l’attività di un campione è proporzionale al numero di nuclei radioattivi, quindi un modo per risalire all’età è quello di confrontare l’attività attuale con quella iniziale. Un metodo più accurato prevede la determinazione del numero attuale di nuclei radioattivi con l’utilizzo di uno spettrometro di massa. Fisica quotidiana Le datazioni radiometriche Figura 12 © David Aguilar/Reuters Questi resti mummifcati sono stati rinvenuti in una caverna messicana nel 2002. Si pensa che risalgano a circa 2300 anni fa. La datazione radiometrica rappresenta una delle tecniche usate per determinare l’ età di reperti come questo. L’attività attuale di un campione può essere misurata, mentre per stimare l’attività originaria bisogna fare opportune ipotesi. Per esempio, la datazione con il radiocarbonio utilizza l’isotopo 146 C del carbonio, che subisce un decadimento β− con un tempo di dimezzamento di 5730 anni. Tale isotopo è presente nell’atmosfera terrestre con una concentrazione di circa un atomo ogni 8,3 ∙ 10 11 atomi del normale 126 C. Si assume che tale rapporto sia rimasto invariato negli anni (*), in quanto il carbonio 14 6 C si forma quando i raggi cosmici interagiscono con la parte superiore dell’atmosfera terrestre, a un ritmo che compensa esattamente la diminuzione per decadimento β−. Inoltre, quasi tutti gli organismi viventi ingeriscono la concentrazione di equilibrio del 146 C. Ma, quando un organismo muore, l’ assenza di metabolismo blocca l’assunzione di 146 C e il decadimento β− provoca la disintegrazione della metà dei nuclei presenti ogni 5730 anni. (*) L’ ipotesi che la concentrazione del 146 C sia rimasta sempre identica a quella attuale di equilibrio è stata messa alla prova paragonando le datazioni al radiocarbonio con quelle ottenute contando gli anelli degli alberi. Più recentemente, sono state usate per confronto anche le datazioni che utilizzano l’ 238 92 U. Questi confronti mostrano che il valore di equilibrio della concentrazione di 146 C è rimasto, in effetti, costante negli ultimi 1000 anni. Tuttavia, risalendo indietro nel tempo di circa 30 000 anni, sembra che la concentrazione in atmosfera del 146 C fosse maggiore di quella attuale di circa il 40%. In prima approssimazione ignoreremo questa discrepanza. 1017 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà eseMPio 9 Carbonio radioattivo e carbonio stabile ▸ Determina il numero di atomi di 146 C presenti, per ogni grammo di 126 C, in un organismo vivente. ▸ Calcola la costante di decadimento di tale campione. ▸ Calcolane l’ attività. il ragionamento e la soluzione ▸ Un grammo di carbonio 126 C (massa atomica = 12 u) equivale a 1,0/12 moli. Il numero di Avogadro è 6,02 ∙ 1023 atomi/mole. Poiché è presente un atomo di C per ogni 8,3 ∙ 10 11 atomi di 126 C, il numero di atomi di 146 C per ogni grammo di atomi di 126 C è 14 6 1,0 1 = atomi di 146 C = _ moli (6,02 ∙ 1023 atomi/mole) _____ ( 12 ) (8,3 ∙ 1011) = 6,0 ∙ 10 10 atomi ▸ Visto che l’emivita del 146 C è di 5730 anni (1,81 ∙ 10 11 s), la costante di decadi- mento è 0,693 0,693 = 3,83 ∙ 10−12 s−1 λ = _____ = ______ T 1/2 1,81 ∙ 1011 s ▸ L’attività A del 146 C per ogni grammo di 126 C in un organismo vivente è A = λN = (3,83 ∙ 10−12 s−1)(6,0 ∙ 10 10 atomi) = 0,23 Bq Un organismo vissuto migliaia di anni fa aveva presumibilmente un’attività di circa 0,23 Bq per grammo di carbonio. Quando tale organismo morì, l’attività cominciò a diminuire. Misurando l’attività per grammo di carbonio dei suoi resti, si può determinare il tempo trascorso dalla sua morte. eseMPio 10 L’uomo dei ghiacci ▸ A quanti anni fa risale la morte dell’uomo? il ragionamento Con il metodo del radiocarbonio, si mettono in relazione il numero dei nuclei radioattivi rimasti a un certo istante, quello dei nuclei inizialmente presenti, il tempo trascorso dalla morte dell’Uomo di Similaun e la costante di decadimento per il 146 C. i dati e le incognite Grandezze dati Attività del materiale rinvenuto 1018 valori A 0,121 Bq T 1/2 5730 anni Attività iniziale del materiale A0 0,23 Bq Età dell’Uomo di Similaun t Tempo di dimezzamento del incognita simboli 14 6 C © AFP/Getty Images News Il 19 settembre del 1991 un turista tedesco rinvenne in un ghiacciaio della Val Senales il corpo di un uomo dell’Età della pietra, in seguito chiamato Uomo di Similaun (fgura 13). Il corpo presentava un’attività di circa 0,121 Bq per grammo di carbonio. Figura 13 I due scienziati di questa fotografa stanno studiando l’Uomo di Similaun o «Oetzi», come viene anche chiamato. I suoi resti congelati, insieme a diversi manufatti, vennero scoperti in un ghiacciaio sulle Alpi italiane nel 1991. La datazione al radiocarbonio ha permesso di risalire alla sua età. Commenti Attività per grammo di carbonio È l’ attività di un organismo vivente capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà il modello del problema sintesi del modello 1 decadimento radioattivo Il numero N dei nuclei radioattivi presenti al tempo t è N 0 e −λt [equazione (5)], dove N 0 è il numero presente inizialmente all’istante t = 0 e λ è la costante di decadimento per il 146 C. Dividendo per N 0 si ottiene N/N 0 = e −λt, da cui N ln __ = −λt N0 Ricavando t da questa espressione si ottiene l’età dei resti dell’Uomo di Similaun: 1 N t = − _ ln __ λ N0 1 N t = − _ ln __ λ N0 Grandezza da determinare: N/N 0 e λ (a) 2 attività L’attività è data da A = |∆N/∆t| = |−λN| = λN. Il rapporto fra l’attività attuale A e quella originaria A 0 è A ___ λN __ N __ = = A0 λN0 N0 1 N t = − _ ln __ λ N0 N __ A __ = N0 A0 Grandezza da determinare: λ 3 La costante di decadimento Questa costante è legata al tempo di dimezzamento dalla relazione 1 N t = − _ ln __ λ N0 N __ A __ = N0 A0 0,693 λ = _____ T 1/2 che sostituiamo nell’equazione (a), come mostrato sulla destra. 0,693 λ = _____ T 1/2 (a) (b) (a) (b) (c) La soluzione Combinando i vari passaggi si ottiene algebricamente 1 ↓ Numericamente risulta 2 N ↓ __ 3 A ↓ __ T 1/2 1 A 1 1 A = − _ ln = − ______ ln __ = − _____ ln __ t = − _ ln λ N0 λ A0 A 0,693 A 0,693 0 0 _____ T 1/2 T 1/2 A 5730 anni 0,121 Bq t = − _____ ln __ = − _ ln _ = 5300 anni 0,693 A 0 0,693 0,23 Bq La soluzione può essere posta nella forma A = A 0 e −λt che lega l’attività attuale direttamente all’attività originaria e al tempo trascorso. Questa formula può essere ottenuta combinando il risultato della fase 2 (N/N 0 = A/A 0) con l’equazione N = N 0 e −λt 1019 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà © James King Holmes/SPL/Photo Researchers, Inc. La datazione con il radiocarbonio (fgura 14) non costituisce l’ unico metodo di datazione che utilizza materiale radioattivo. Per esempio, altri metodi utilizzano l’ ura40 210 nio 238 92 U, il potassio 19 K o il piombo 82 Pb. Affnché questi metodi siano effcaci, occorre che il tempo di dimezzamento dell’ elemento radioattivo usato non sia né troppo breve né troppo lungo rispetto all’età del reperto da datare. Famiglie radioattive 8 Figura 14 Nella tecnica di datazione che usa l’ isotopo del carbonio 146 C, il numero ridotto di atomi di 146 C può essere determinato misurandone l’attività, come abbiamo visto. È anche possibile utilizzare uno spettrometro di massa, come quello in fotografa, per rivelare gli atomi in questione con maggior accuratezza. Quando un nucleo padre instabile decade spesso produce un nucleo fglio instabile. Se ciò avviene, il nucleo fglio decade producendo a sua volta un nucleo fglio e così via, fno alla produzione di un nucleo completamente stabile. Questa sequenza di decadimenti di un nucleo dopo l’altro dà luogo a una famiglia radioattiva. Negli esempi 4 e 5 abbiamo analizzato i primi due decadimenti di una famiglia che inizia con l’ 238 92 U: uranio 238 92 torio 234 90 U + Th 4 2 He 234 91 0 −1 e Pa + protoattinio Inoltre, negli esempi 7 e 8 ci siamo occupati del radon 222 86 Rn, che si forma all’interno della famiglia di decadimento dell’ uranio 238 U . La fgura 15 mostra l’ intera serie di 92 decadimenti. In diversi punti sono presenti diramazioni in quanto è possibile più di un tipo di decadimento per la specie intermedia. Al termine, tuttavia, la serie si conclude con il piombo 206 82 Pb, che è stabile. Le famiglie radioattive sono l’unica fonte per alcuni degli elementi radioattivi reperibili in natura. Per esempio, il radio 226 88 Ra ha un tempo di dimezzamento di 1600 anni, tempo suffcientemente breve da far sì che tutto il radio 226 88 Ra creato al momento della formazione della Terra, circa 4,5 miliardi di anni fa, sia ora com238 9 0 ,5 4 Decadimento β 234 24 g 6,7 h 230 5 0 2, Decadimento α 4 0 7, 226 3 0 A ,6 218 3,1 m 1 3, 214 m 6 1, a ·1 a ·1 20 210 m 22 0 5, 5 03 0, 1,6 s s 5,0 g 1,3 m a s g 20 m 1,6 · 10– 4 s 27 m Figura 15 1020 5 5 a ·1 1 222 8 3, La serie di decadimenti radioattivi che inizia con l’ uranio 238 92 U e termina con il piombo 206 82 Pb. I tempi di dimezzamento sono riportati in secondi (s), minuti (m), ore (h), giorni (g) o anni (a). Il riquadro in alto a sinistra specifca il tipo di decadimento subito dai vari nuclei. INIZIO a ·1 g 8 13 22 a g 206 80 Hg 8,2 m 81 TI 4,2 m 82 Pb 83 Bi FINE 84 Po 85 At 86 Rn Z 87 Fr 88 Ra 89 Ac 90 Th 91 Pa 92 U capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà pletamente scomparso. La famiglia dell’ 238 92 U garantisce un continuo rifornimento 226 di 88 Ra. ■ rivelatori di particelle Esiste un certo numero di dispositivi che possono essere usati per rivelare le particelle e i fotoni (raggi γ) emessi quando un nucleo radioattivo decade. Tali dispositivi rivelano la ionizzazione che tali particelle causano nel passaggio attraverso la materia. Il rivelatore più noto è il contatore Geiger, che è illustrato in fgura 16. Esso consiste di un cilindro di metallo riempito di gas. I raggi α, β, o γ entrano nel cilindro attraverso una sottile fessura a un’estremità. I raggi γ possono anche penetrare direttamente il metallo. Un elettrodo metallico fliforme è posto lungo l’asse del tubo ed è mantenuto a un potenziale positivo elevato (1000-3000 V) rispetto all’esterno del cilindro. Fisica quotidiana I rivelatori di radiazioni Figura 16 Un contatore Geiger. Particella ad alta energia o fotone Finestra Molecola di gas e– Elettrodo metallico R + – Alto voltaggio Dispositivo per il conteggio Quando una particella dotata di energia elevata o un fotone entra nel cilindro, urta una molecola di gas e la ionizza. L’elettrone prodotto con la ionizzazione accelera verso l’elettrodo positivo, ionizzando altre molecole nel suo percorso. Vengono così formati altri elettroni, una vera e propria valanga di elettroni diretti verso il flo, che dà luogo a un impulso di corrente attraverso il resistore R. Tale impulso può essere contato o trasformato nel «clic» di un altoparlante. Il numero di conteggi o di clic è legato al numero di decadimenti prodotti dalla particella o dal fotone iniziali. 9 Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti Le radiazioni ionizzanti sono costituite da fotoni o particelle in moto con energia suffciente per estrarre un elettrone da un atomo o da una molecola, formando quindi uno ione. L’energia di ionizzazione di un atomo o di una molecola è compresa approssimativamente fra 1 eV e 35 eV. Le radiazioni elettromagnetiche, come i raggi ultravioletti (qualche eV), i raggi X (qualche decina di keV), i raggi γ (qualche MeV) e le particelle α e β (qualche MeV), sono radiazioni ionizzanti. In particolare, raggi X, raggi γ e particelle α e β sono in grado di ionizzare migliaia di atomi o molecole al loro passaggio nella materia. Le radiazioni ionizzanti sono potenzialmente dannose per l’uomo, perché alterano o distruggono la struttura delle molecole presenti nelle cellule. Tuttavia, tali radiazioni vengono impiegate in medicina a scopi diagnostici e terapeutici, per esempio per la localizzazione di fratture ossee o per il trattamento dei tumori. I rischi dell’esposizione alle radiazioni possono essere resi minimi utilizzandole in modo consapevole. Fisica quotidiana Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti 1021 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà ■ esposizione. dose assorbita L’ esposizione misura la ionizzazione prodotta in aria da raggi X o γ. Per defnirla in termini operativi, consideriamo un fascio di raggi X o γ che attraversa una massa m di aria secca in condizioni standard di temperatura e pressione (0 °C, 1 atm). Il fascio produce ioni positivi con carica totale q. L’esposizione è defnita come la carica totale per unità di massa dell’aria: q esposizione = _ m L’unità del SI per l’ esposizione è il coulomb al kilogrammo (C/kg), ma è tuttora in uso anche il roengten (R). L’esposizione in roengten è data da 1 q _ esposizione (in roengten) = ______ 2,58 ∙ 10−4 m (7) Quando i raggi X o γ producono un’ esposizione di 1 roengten, viene creata una carica positiva pari a q = 2,58 ∙ 10−4 C per ogni m = 1 kg di aria secca: 1 R = 2,58 ∙ 10−4 C/kg Il concetto di esposizione defnito in termini di capacità ionizzante dei raggi X o γ in aria non specifca gli effetti delle radiazioni sui tessuti viventi. A scopi biologici, risulta perciò più utile una grandezza chiamata dose assorbita, la quale corrisponde all’energia che l’unità di massa di un certo materiale assorbe dalla radiazione: energia assorbita dose assorbita = ___________ massa di materiale assorbente (8) L’unità di misura del SI per la dose assorbita è il gray (Gy): 1 Gy = 1 J/kg L’equazione (8) può essere usata con tutti i tipi di radiazione e di materiale assorbente. Un’unità di misura spesso usata per la dose assorbita è il rad (radiation absorbed dose, cioè «dose di radiazione assorbita»): 1 rad = 0,01 Gy eseMPio 11 innalzamento della temperatura di una massa d’acqua Un fascio di raggi γ attraversa una massa d’acqua (fgura 17) e ne innalza la temperatura da 20,0 °C a 50,0 °C. ▸ Calcola la dose di raggi γ assorbita dall’acqua. Raggi γ il ragionamento La dose assorbita di raggi γ è l’energia (sotto forma di calore) assorbita dall’acqua divisa per la sua massa. Il calore che deve essere assorbito dall’acqua per causarne un determinato aumento di temperatura dipende dalla massa e dal calore specifco dell’acqua. Termometro i dati e le incognite Grandezze dati incognita 1022 simboli valori Temperatura iniziale dell’acqua T0 20,0 °C Temperatura fnale dell’acqua T 50,0 °C Dose assorbita di raggi γ Dose assorbita Commenti Figura 17 Quando l’ acqua assorbe i raggi γ, la sua temperatura aumenta. capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà il modello del problema sintesi del modello 1 dose assorbita La dose assorbita di raggi γ è l’energia (calore) Q assorbita dall’acqua divisa per la sua massa m [equazione (8)]: Q dose assorbita = _ m Q dose assorbita = _ m Grandezze da determinare: Q e m 2 Calore assorbito La quantità di calore Q che provoca in una massa m d’acqua un aumento di temperatura ∆T è Q = cm∆T, dove c è il calore specifco dell’acqua. Poiché ∆T = T − T 0 , abbiamo Q = cm∆T = cm(T − T 0) (a) Q dose assorbita = _ m Q = cm∆T = cm(T − T 0) La soluzione Algebricamente otteniamo 1 2 ↓Q ↓ _________ − T 0) _ cm(T dose assorbita = m = m = c(T − T 0) Sappiamo che c = 4186 J/(kg ∙ °C), quindi la soluzione numerica è dose assorbita = c(T − T 0) = = [4186 J/(kg ∙ °C)](50,0 °C − 20,0 °C) = 1,26 ∙ 105 Gy ■ effetto biologico delle radiazioni Il danno biologico prodotto da una radiazione ionizzante dipende dal tipo di radiazione. Per confrontare il danno causato da differenti tipi di radiazione, si usa il fattore di qualità Q: Q= dose di raggi X da 200 keV che produce un determinato effetto biologico (9) dose della radizione necessaria per produrre lo stesso effetto biologico La tabella 3 alla pagina seguente riporta alcuni valori tipici di Q. Un valore di Q = 1 per i raggi γ e per le particelle β− indica che essi producono lo stesso danno biologico dei raggi X da 200 keV. I valori di Q più alti per i protoni, le particelle α e i neutroni indicano che essi causano un danno molto maggiore. Il fattore di qualità viene usato spesso insieme alla dose assorbita per evidenziare l’entità del danno che la radiazione è in grado di produrre. Il prodotto tra la dose assorbita e il fattore di qualità è detto equivalente di dose: equivalente di dose = dose assorbita ∙ Q (10) Nel Sistema Internazionale l’unità di misura per l’ equivalente di dose è il sievert (Sv), ma è tuttora usato anche il rem (roengten equivalent man): 1 Sv = 100 rem 1023 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Tabella 3 ▪ Fattore di qualità per alcuni tipi di radiazione Tipo di radiazione Q Raggi X da 200 keV 1 Raggi γ 1 Particelle β (elettroni) 1 Protoni 10 Particelle α 10-20 Neutroni lenti 2 Neutroni veloci 10 − eseMPio 12 Un quesito per il radiologo Un tessuto biologico viene irradiato con raggi γ aventi Q = 0,70. La dose assorbita di raggi γ è 8,50 Gy. Il tessuto è poi esposto a neutroni con Q = 3,5. L’equivalente di dose dei neutroni è uguale a quello dei raggi γ. ▸ Quanto vale la dose assorbita di neutroni? il ragionamento e la soluzione L’equivalente di dose di neutroni e raggi γ è lo stesso, quindi dose equivalente = (dose assorbita)raggi γ Q raggi γ = = (dose assorbita)neutroni Q neutroni da cui segue Q raggi γ (dose assorbita)neutroni = (dose assorbita)raggi γ ______ = Q neutroni 0,70 = (8,5 Gy) _ = 1,7 Gy 3,5 La dose assorbita di neutroni è solo un quinto di quella dei raggi γ. Ognuno di noi è continuamente esposto a radiazioni di fondo prodotte da sorgenti naturali, come raggi cosmici (particelle dotate di energia elevata provenienti dall’esterno del Sistema Solare), materiali radioattivi presenti nell’ambiente e isotopi radioattivi presenti all’interno del nostro corpo (tabella 4). In Italia l’equivalente di dose dovuto al fondo naturale è in media 2,4 mSv per anno. Tabella 4 ▪ equivalenti annuali di dose dovuti al fondo naturale equivalente di dose (msv/anno) sorgente irradiazione esterna Raggi cosmici 0,355 Radionuclidi di origine cosmica 40 19 K 87 37 Rb 0,15 irradiazione interna Totale 0,355 0,015 0,015 0,18 0,33 0,006 0,006 238 92 U (serie) 0,10 1,24 1,34 232 90 Th (serie) 0,16 0,18 0,34 0,8 1,6 2,4 Totale (arrotondato) Oltre al fondo naturale, occorre aggiungere una signifcativa quantità di radiazione prodotta dall’uomo, per la maggior parte legata ai raggi X usati per la diagnostica medico-dentistica. In Italia, per legge, l’equivalente di dose di questo tipo di radiazioni per ogni individuo della popolazione è stabilito in 1 mSv per anno solare (*). (*) Decreto legislativo del governo, 17 marzo 1995, n. 230, all. IV-7. 1024 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà L’ ordine di grandezza © Vladimír Vítek / Shutterstock Quanta energia si ricava dalla fissione controllata di 1 kg di uranio naturale? Per valutare l’energia ricavabile da 1 kg di uranio naturale, bisogna calcolare l’ energia totale che si ottiene dalla fissione di tutti gli atomi di 235U presenti nel campione al termine del processo di arricchimento e moltiplicarla per il fattore di conversione del calore in megawattora. il modello il risultato (energia ricavabile dalla fissione di 1 kg di uranio naturale) = (numero di atomi di 235U presenti nel campione di uranio arricchito pronto per il reattore) (energia rilasciata in un evento di fissione) (megawattora ricavabili da 1 joule di calore prodotto dalla fissione) i numeri ▸ Numero di atomi di 235U presenti nel campione di uranio arricchito pronto per il reattore = = (massa del campione di uranio naturale) (percentuale di uranio utilizzabile al termine del processo di arricchimento) (percentuale della massa del campione dovuta a 235U)/(peso atomico dell’ 235U) = = (1,0 kg) (12%) (3,6%) / (235 u ∙ 1,66 ∙ 10−27 kg/u) = = (1,0 kg) (12%) (3,6%) / (3,9 ∙ 10−25 kg) ≈ ≈ 1,1 ∙ 1022 atomi ▸ Energia rilasciata in un evento di fissione = = 200 MeV = (200 ∙ 106 J) (1,6 ∙ 10−19) = 3,2 ∙ 10−11 J ▸ Megawattora ricavabili da 1 joule di calore prodotto dalla fissione = 3,1 ∙ 10−11 MW ∙ h/J stima l’ordine di grandezza se volessimo soddisfare un quinto del fabbisogno energetico mondiale utilizzando la tipologia attuale di centrali nucleari, tra quanti anni si esaurirebbero le risorse mondiali di uranio? energia elettrica ricavabile dalla fissione di 1 kg di uranio arricchito = = (1,1 ∙ 1022 atomi) (3,2 ∙ 10−11 J) (3,1 ∙ 10−11 MW ∙ h/J) = = 11 MW ∙ h Dalla fissione controllata di 1 kg di uranio naturale arricchito al 3,6% del suo isotopo fissile 235U si ricava una quantità di energia di circa 10 MW ∙ h. Un paragone Da 1 kg di uranio si ricava una quantità di energia equivalente a quella che si ottiene bruciando più di 45 tonnellate di petrolio. Le fonti ∙ Percentuale di uranio utilizzabile al termine del processo di arricchimento: WISE Uranium Project (www.wise-uranium.org/rcfdu.html) ∙ Percentuale della massa del campione dovuta a World Nuclear Association 235 U: (www.world-nuclear.org/info/inf28.html) ∙ Megawattora ricavabili da 1 joule di calore prodotto dalla fissione: IAEA, Agenzia Internazionale per l’ Energia Atomica (www.iaea.org) il modello (anni prima dell’ esaurimento delle risorse minerarie) = (energia ricavabile dalla fissione di tutto l’ uranio presente nei giacimenti minerari) / [1/5(energia primaria consumata annualmente sulla Terra)] i numeri Energia ricavabile dalla fissione di tutto l’ uranio presente nei giacimenti minerari = (numero di atomi di uranio presenti nelle riserve minerarie mondiali) (12,5%) (3,6%) (quantità di energia per fissione) Riserve minerarie mondiali di uranio = 5,5 ∙ 106 tonnellate Energia primaria consumata annualmente sulla Terra = 5 ∙ 1020 J il risultato Anni prima dell’esaurimento delle risorse minerarie = .................. Le fonti ∙ Riserve minerarie mondiali di uranio: World Nuclear Association (www.world-nuclear.org/info/inf75.html) ∙ Energia primaria consumata annualmente sulla Terra: World Nuclear Association (www.world-nuclear.org/info/inf16.html) 1025 La storia di un’idea enrico Fermi: dalla fsica atomica alla fsica nucleare e delle particelle Enrico Fermi (1901-1954) è stato uno dei più grandi fsici del Novecento. Al suo nome sono legate fondamentali scoperte, sia sperimentali sia teoriche, in fsica atomica, nucleare e delle particelle. ■ La statistica Prima ancora di diventare nel 1927 il primo professore italiano di fsica teorica, Fermi aveva già prodotto una fondamentale scoperta, con la statistica che porta il suo nome. In fsica classica si può sempre immaginare di distinguere due particelle e di seguirle nel loro moto. Il comportamento statistico di un grande insieme di particelle è descritto dalla distribuzione di Maxwell-Boltzmann. Nella riformulazione quantistica dei concetti, la distinzione tra particelle microscopiche è però impossibile: per identifcare una particella dovrei poterci appiccicare sopra un’etichetta o seguirne il moto con precisione infnitamente grande, e queste operazioni sono prive di senso; la statistica di Maxwell-Boltzmann non può quindi dare risultati corretti. Essa descrive bene la situazione per insiemi di particelle di bassa densità ed elevata temperatura o, come si dice, in condizioni lontane dalla «degenerazione». Quando vi è un gran numero di particelle in un volumetto di dimensioni confrontabili con la lunghezza delle onde associate alle particelle, queste onde interferiscono tra loro e non si può più parlare di particelle distinguibili. Come si trasforma la statistica di Maxwell-Boltzmann in ambito quantistico? La risposta è: «Dipende dallo spin». Lo spin è una sorta di momento angolare intrinseco di ogni parti1026 cella atomica e subatomica, che può essere intero (0, 1, 2, ...) o semintero (−1/2, 3/2, ...) in unità di h/(2π). Esso fu introdotto nel 1925 dagli olandesi George Uhlenbeck e Samuel Goudsmit. Le particelle che posseggono spin intero sono dette bosoni, poiché seguono una legge di distribuzione detta statistica di Bose-Einstein, elaborata per la prima volta dall’indiano Satyendra Nath Bose e da Albert Einstein nel 1924-25. I bosoni non obbediscono al principio di esclusione di Pauli, e in un determinato stato quantico possono essercene quantità arbitrariamente grandi: un esempio tipico sono i fotoni del campo elettromagnetico. Le particelle a spin semintero sono dette fermioni, poiché seguono la legge di distribuzione elaborata da Fermi nel 1926 (dopo che Pauli ebbe enunciato il principio di esclusione, cui i fermioni obbediscono e prima che si diffondesse il concetto di spin) e indipendentemente da Paul Dirac, detta statistica di Fermi-Dirac. Gli elettroni in un metallo sono un esempio di particelle che obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac. Entrambe le statistiche quantistiche si riducono alla distribuzione di Maxwell-Boltzmann in condizioni lontane dalla degenerazione. La saldatura tra fsica classica e quantistica è così assicurata. ■ L’interazione nucleare debole Poiché nella radioattività β venivano emessi elettroni, era lecito ritenere che essi fossero contenuti nel nucleo atomico. Tuttavia, la presenza di elettroni nel nucleo cozzava contro una nutrita serie di obiezioni teoriche. Fu Fermi, alla fne del 1933, a trovare la soluzione a questo problema, immaginando che gli elettroni venissero creati al momento dell’emissione e non preesistessero nel nucleo, così come un fotone non esiste in un atomo, ma viene «creato» nel momento in cui l’atomo passa da uno stato con energia maggiore a uno con energia minore. La teoria di Fermi fu una delle prime «teorie quantistiche di campo», costruita in analogia alla prima di tali teorie, l’elettrodinamica quantistica di Dirac (1927), nella quale il fotone è la Arrivo a New York della famiglia Fermi nel gennaio del 1939. 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà venivano rallentati (mettendo per esempio della paraffna tra sorgente e bersaglio), la radioattività da essi provocata aumentava enormemente. Ciò era dovuto al fatto che i neutroni «lenti» avevano più tempo da spendere nel nucleo, e avevano maggiore probabilità di causarne l’attivazione. Queste scoperte procurarono a Fermi il premio Nobel nel 1938. Quello stesso anno la perdurante scarsità di mezzi di ricerca e le leggi razziali del fascismo che colpivano sua moglie lo costrinsero a emigrare negli Stati Uniti. Poco dopo il suo arrivo si diffuse la notizia che bombardando l’uranio con neutroni si era in grado di scinderne il nucleo, liberando un’enorme quantità di energia. Era la scoperta della fssione, raggiunta grazie agli esperimenti dei tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann. In breve Fermi e altri dimostrarono che nella fssione vengono emessi altri neutroni, cosa che rendeva teoricamente possibile una reazione a catena. Fermi nel 1942 fu il primo a realizzarla, partecipando in seguito alle ricerche che portarono nel 1945 alla prima bomba atomica. capitolo particella portatrice dell’interazione elettromagnetica. Nella teoria di Fermi, invece, è la coppia elettrone-neutrino a essere portatrice di un nuovo tipo di forza, detta «interazione nucleare debole» che, insieme alla forza gravitazionale, elettromagnetica e nucleare «forte», costituisce l’insieme delle interazioni esistenti in natura. ■ il potere dei neutroni Dopo il 1929 Fermi cominciò a prepararsi al passaggio dalla fsica atomica e molecolare, un settore d’indagine ormai consolidato, alla fsica nucleare, dove molto era ancora da scoprire. All’inizio del 1934 fu scoperta la radioattività artifciale causata dal bombardamento con particelle α, e Fermi pensò correttamente di usare i neutroni (scoperti nel 1932) per causare lo stesso effetto, posto che i neutroni, privi di carica, possono più facilmente penetrare nel nucleo. Nella primavera del 1934 Fermi fu il primo a causare la radioattività artifciale mediante bombardamento con neutroni, e nell’ottobre dello stesso anno scoprì che se i neutroni Fermi, Bohr e Rosenfeld durante la dimostrazione della fssione. Enrico Fermi a Berkeley nel 1948. ■ Nuove frontiere Dopo la fne della guerra Fermi tornò a insegnare a Chicago. Desideroso di nuove mete e nuove sfde, non volle continuare con i neutroni, di cui era il maggior esperto mondiale, ma scelse di cimentarsi con la nascente fsica delle particelle subatomiche. Si dette quindi a «studiare lo studiabile», in attesa che gli acceleratori di particelle fossero pronti. Nel 1949 propose l’idea che le particelle (dette pioni) responsabili di trasportare l’interazione nucleare «forte», scoperte nel 1947, fossero in realtà non elementari ma composte, un’idea che si rivelò molto fertile nella fsica teorica negli anni successivi. Con l’acceleratore di Chicago, entrato in funzione nel 1951, compì la sua ultima grande scoperta sperimentale, identifcando la prima «risonanza» nucleare (una vera e propria particella, dalla vita brevissima), nell’urto tra pioni e particelle del nucleo, ovvero protoni e neutroni. ■ Ultimi viaggi All’ inizio degli anni Cinquanta Fermi era all’ apice della fama: presidente dell’ American Physical Society nel 1953, consulente del Governo, referente di autorità politiche, conteso dalle università, voce ascoltata in ogni consesso. La sua scuola di fsica a Chicago, frequentata dai migliori studenti, sfornava futuri premi Nobel e scienziati di primo piano. Nei due viaggi in Italia del 1949 e 1954 fu prodigo di lezioni e consigli verso i suoi antichi allievi. Nel secondo soffriva già per la malattia che, ancor giovane, lo avrebbe portato a morte nel novembre 1954. 1027 capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà I concetti fondamentali La struttura del nucleo 1 Il nucleo di un atomo è formato da protoni e neutroni (defniti entrambi nucleoni). Il numero dei protoni indica il numero atomico Z. Il numero di massa A è dato dalla somma dei protoni Z e dei neutroni N presenti nel nucleo. I nuclei con lo stesso numero di protoni e diverso numero di neutroni sono detti isotopi. Il raggio approssimato (in metri) di un nucleo è 6 La legge del decadimento radioattivo decadimento radioattivo e attività Tempo di dimezzamento T1/2 di un isotopo radioattivo: è il tempo necessario affnché la metà dei nuclei inizialmente presenti decadano. attività: indica il numero di decadimenti al secondo; è espressa da |∆N /∆t|, dove ∆N è la variazione del numero N di nuclei radioattivi e ∆t il tempo in cui avviene tale variazione. Risulta ∆N _ = −λN ∆t r ≈ (1,2 ∙ 10−15 m) A 1/3 0,693 λ = _____ T 1/2 λ = costante di decadimento Integrando l’espressione precedente si ha (N 0 = numero di nuclei inizialmente presenti) L’ interazione nucleare forte e la stabilità dei nuclei 2 Formule in 3 minuti N = N 0 e −λt L’interazione nucleare forte è la forza di attrazione tra nucleoni: è una delle tre forze fondamentali della natura. 7 il difetto di massa del nucleo e l’ energia di legame 3 datazioni radiometriche Se A è l’attività attuale di un oggetto contenente nuclei radioattivi al momento della sua formazione, A 0 è l’attività iniziale, λ è la costante di decadimento e t l’età dell’oggetto, risulta L’energia di legame di un nucleo è l’energia necessaria per suddividere il nucleo nei suoi costituenti, protoni e neutroni: A = A 0 e −λt energia di legame = ∆m c 2 ∆m = difetto di massa del nucleo = (differenza tra la somma delle masse dei singoli nucleoni e la massa del nucleo completo) c = velocità della luce 4 La radioattività Decadimento α: i raggi α sono formati da particelle cariche positivamente, corrispondenti a un nucleo di elio. La forma del decadimento è A Z A−4 P → Z−2 F + 42 He Decadimento β−: i raggi β sono costituiti da elettroni. La forma del decadimento è A Z P → Z+1AF + −10e Decadimento β : avviene per emissione di un positrone, particella che ha la stessa massa dell’elettrone e carica +e (anziché −e) + A Z P → Z−1AF + 01e Decadimento γ: i raggi γ sono fotoni ad alta energia emessi da un nucleo radioattivo. La forma del decadimento è A Z 5 P* → ZAP + γ il neutrino Il neutrino è una particella elettricamente neutra emessa insieme a una particella β; ha una massa molto più piccola di quella dell’elettrone. 1028 8 Famiglie radioattive Il decadimento in sequenza di un tipo di nucleo dopo l’altro dà luogo a famiglie radioattive. Una serie di decadimento inizia con un nucleo radioattivo e termina con un nucleo stabile. 9 Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti Le radiazioni ionizzanti sono costituite da fotoni o particelle in movimento in grado di ionizzare un atomo o una molecola. esposizione (in C/kg): fornisce una misura della ionizzazione prodotta in aria da raggi X o γ. Quando un fascio di raggi X o γ passa attraverso una massa m di aria secca e produce ioni positivi aventi carica totale q, si ha q esposizione = _ m esposizione (in roentgen): 1 q _ esposizione = ______ 2,58 ∙ 10−4 m dose assorbita: è il rapporto tra l’energia assorbita e la massa di materiale assorbente. Si misura in gray (Gy) o in rad (1 rad = 0,01 Gy). Fattore di qualità Q di una radiazione: è defnito come la dose assorbita di raggi X a 200 keV in grado di produrre un certo danno biologico divisa per la dose della radiazione in grado di produrre lo stesso effetto. equivalente di dose: è il prodotto tra la dose assorbita e il fattore di qualità Q. Si misura in sievert (Sv) o in rem (1 Sv = 100 rem). ESERCIZI Problemi capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà CHaLKBoard videos (Esercizi risolti in inglese) Nota: svolgendo i problemi, ignora gli effetti relativistici. 1 La struttura del nucleo 2 L’ interazione nucleare forte e la stabilità dei nuclei 1 Di quale fattore deve aumentare il numero di nucleoni di un atomo affnché il raggio del nucleo raddoppi? ▪▪▪ 3 ▪▪▪ 2 ▪▪▪ Un nucleo contiene 18 protoni e 23 neutroni. ▶ Qual è il raggio di questo nucleo? eseMPio Stima la sezione che un nucleo d’oro presenta a una particella incidente. La soluzione L’ oro ha numero atomico Z = 79 e possiede un solo isotopo stabile con numero di massa A = 197. Per trovare il raggio approssimato di un nucleo d’ oro, usiamo la formula r = (1,2 ∙ 10−15 m) A 1/3 = (1,2 ∙ 10−15 m)(1971/3) = 7,0 ∙ 10−15 m Una particella incidente «vede» pertanto un nucleo d’oro come un disco di area σ = πr² = π(7,0 ∙ 10−15 m)2 = 1,5 ∙ 10−28 m2 4 ▪▪▪ Stabilisci in ognuno dei casi seguenti quale elemento corrisponde al simbolo X e quanti neutroni sono presenti nel nucleo: 8 ▪▪▪ ▶ 195 78X ▶ ▶ 32 16 Usa la tavola periodica posta nella nelle pagine fnali del libro. X ▶ 63 29 X ▶ 115 X ▶ 239 94 X 9 ▪▪▪ 5 6 ▪▪▪ 7 ▪▪▪ Considera un nucleo di titanio 48 22 Ti. ▶ Quanto misura il suo raggio? la carica elettrica del nucleo; ▶ il numero di neutroni; ▶ il numero di nucleoni; ▶ il raggio del nucleo; ▶ la densità nucleare. Il nucleo stabile più complesso ha un numero di nucleoni di 209, mentre il più semplice è formato da un solo protone. Supponi che ogni nucleo sia una sfera. ▶ Calcola il rapporto tra le superfci del nucleo più grande e del nucleo più piccolo. Identify the unknown nucleus in the form ZAX . Use the periodic table as needed. 10 ▪▪▪ L’equazione (2) ci dice che la densità nucleare ha all’incirca lo stesso valore per tutti gli atomi. ▶ Determina approssimativamente la densità (in kg/m3) dei nuclei. ▶ Se un pallino (raggio = 2,3 mm) di un fucile ad aria compressa avesse una densità pari a quella nucleare, che massa avrebbe? ▶ La massa di una superpetroliera è 1,5 ∙ 108 kg: a quante superpetroliere equivarrebbe questo ipotetico pallino? Per il 208 82 Pb determina: ▶ Identifca il nucleo sconosciuto. An unknown nucleus contains 70 neutrons and has twice the volume of the nickel 60 28 Ni nucleus. ▶ Usa la tavola periodica posta nelle pagine fnali del libro. ▪▪▪ Il rapporto r X /r T tra i raggi di un nucleo sconosciuto A 3 ZX e del nucleo di trizio 1 H vale 1,10. Entrambi i nuclei contengono lo stesso numero di neutroni. 11 ▪▪▪ Una stella di neutroni è formata da neutroni e ha una densità approssimativamente uguale a quella di un nucleo. ▶ Calcola il raggio di una stella di neutroni con una massa pari a 0,40 volte quella del Sole. 1029 capitolo 3 24 ESERCIZI FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà il difetto di massa del nucleo e l’ energia di legame 13 ▪▪▪ Nota: la massa atomica dell’ idrogeno 11 H è 1,007 825 u, compresa la massa dell’ elettrone. 12 ▪▪▪ 15 ▪▪▪ La Terra ruota intorno al Sole. Insieme costituiscono un sistema legato dotato di un’energia di legame pari a 2,6 ∙ 1033 J. Supponi che la Terra e il Sole siano completamente separati e posti a una distanza infnita e a riposo. ▶ L’ energia di legame di un nucleo è 225,8 MeV. ▶ Qual è il difetto di massa del nucleo in unità di massa atomica? 14 ▪▪▪ Calcola la differenza tra la massa del sistema separato e quella del sistema legato. Considera il litio 73 Li (massa atomica = 7,016 003 u). ▶ Determina la sua energia di legame (in MeV). eseMPio L’elemento con uno dei più alti valori di energia di legame è l’isotopo 56 del ferro. La massa di questo isotopo è 55,9349 u. ▶ Calcola l’ energia di legame per nucleone di questo isotopo in MeV. La soluzione Il numero atomico del ferro è Z = 26, per cui l’isotopo con A = 56 contiene N = A − Z = 56 − 26 = 30 neutroni. Il simbolo dell’ isotopo è quindi 56 26 Fe. Calcoliamo il difetto di massa utilizzando il metodo delle masse atomiche: ∆m = Zm H + Nm n − m Fe = 26 m H + 30 m n − m Fe Sostituendo nella formula i valori m H = 1,007 825 u m n = 1,008 665 u si ottiene ∆m = 26 (1,007 825 u) + 30 (1,008 665 u) − 55,9349 u = 0,5285 u 56 Il Fe contiene 56 nucleoni, per cui la massa persa per nucleone, quando i nucleoni si uniscono per formare il nucleo, è ∆m 0,5285 u ∆m nucleone = ___________ = ___________ = 0,009 438 u/nucleone 56 nucleoni 56 nucleoni Sapendo che 1 u = 931,5 Mev, l’ energia di legame per nucleone vale (0,009 438 u/necleone)(931,5 MeV/u) = 8,791 MeV/necleone 16 ▪▪▪ 17 ▪▪▪ 18 ▪▪▪ ▶ l’elio 32 He, che ha massa atomica pari a 3,016 030 u; ▶ l’isotopo dell’idrogeno noto come trizio 31 H, che ha una massa atomica pari a 3,016 050 u. ▶ Sulla base delle risposte alle altre due domande, stabilisci quale nucleo richiede maggiore energia per essere suddiviso nei nucleoni costituenti. 19 1030 20 ▪▪▪ Stabilisci per il piombo 206 82 Pb (che ha una massa atomica di 205,974 440 u): ▶ il difetto di massa in unità di massa atomica; ▶ l’energia di legame (in MeV); ▶ l’energia di legame per nucleone (in MeV/nucleone). Considera il grafco dell’ energia di legame per nucleone di fgura 5. ▶ ▪▪▪ dere tutti i nuclei di rame nei loro costituenti, protoni e neutroni. Ignora l’energia che lega gli elettroni al nucleo e l’energia che lega tra loro gli atomi. Per semplicità, assumi che tutti i nuclei di rame siano 63 29 Cu (massa atomica = 62,939 598 u). Determina il difetto di massa (in unità di massa atomica) per: ▶ 21 ▪▪▪ Determina l’ energia (in MeV) necessaria per scin- Determina la differenza di massa atomica tra i due isotopi. L’energia di legame di un neutrone nel nucleo di azoto 147 N è l’energia che bisogna fornire per avere la trasformazione seguente: 14 7 N + energia → 137 N + 10n ▶ Determina (in MeV) l’energia che lega il neutrone al nucleo di azoto 147 N a partire dalla massa dell’ azoto 13 7 N (13,005 738 u), del neutrone (1,008 665 u) e dell’azoto 147 N (14,003 074 u). ▶ Seguendo la procedura tracciata nella domanda precedente, determina mediante la seguente trasformazione Determina il difetto di massa per il nucleo di ossigeno 168 O. Esprimi la risposta in kilogrammi. Una moneta di rame ha una massa di 3,4 g. ▶ Due isotopi di un certo elemento hanno energie di legame che differiscono per 5,03 MeV. L’isotopo con l’energia di legame maggiore contiene un neutrone in più rispetto all’altro. ESERCIZI 14 7 capitolo N + energia → 136 C + 11 H 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà priato simbolo chimico per ciascun nucleo fglio: ▶ 189 F l’energia che lega il protone (che ha una massa atomica di 1,007 825 u) al nucleo di azoto 147 N. La massa atomica del carbonio 136 C vale 13,003 355 u. ▶ 158 O 4 La radioattività Un decadimento α converte il radio 226 88 Ra (massa atomica = 226,025 40 u) in radon 222 86 Rn (massa atomica = = 222,017 57 u). La massa atomica di una particella α è 4,002 603 u. 5 il neutrino ▶ ▶ Quale nucleone è maggiormente legato? 25 ▪▪▪ 22 Scrivi il processo di decadimento β− per lo zolfo compresi i simboli chimici e i valori di Z e A. 23 Scrivi il processo di decadimento β− per il carbonio 146 C, compresi i simboli chimici e i valori di Z e di A per il nucleo padre, i nuclei fgli e la particella β−. ▪▪▪ ▪▪▪ 24 ▪▪▪ 28 ▪▪▪ 35 16 S, 26 ▪▪▪ Quando decade, l’uranio 235 92 U emette anche un fotone γ di lunghezza d’onda 1,14 ∙ 10−11 m. ▶ 27 ▪▪▪ Scrivi il decadimento β+ per ciascuno dei seguenti nuclei, facendo attenzione a includere Z e A e l’appro- Determina l’energia prodotta (in MeV). Determina l’energia (in MeV) del fotone. Un decadimento β− converte il piombo 211 82 Pb (massa atomica = 210,988 735 u) in bismuto 211 83 Bi (massa atomica = 210,987 255 u). ▶ Determina l’energia prodotta. eseMPio Il cesio (numero atomico Z = 55) è un metallo alcalino. Il suo isotopo 137 55 Cs è radioattivo e si forma durante le reazioni nucleari, per esempio quelle dovute all’esplosione di una bomba nucleare o quelle che avvengono in un reattore nucleare. 137 137 137 − Il 137 55 Cs decade β trasformandosi in bario 56 Ba. La massa atomica del 55 Cs è 136,9071 u, quella del 56 Ba è 136,9058 u. ▶ Trascurando l’ energia dell’ antineutrino, qual è l’energia cinetica dell’elettrone prodotto nel decadimento β−? La soluzione Il decadimento β−, indicando con ν– l’antineutrino, è 137 55 – − Cs → 137 56 Ba + e + ν Se trascuriamo l’ energia dell’ antineutrino ν–, tutta l’energia del decadimento fnisce nell’elettrone. Infatti l’energia fnale del 137 56 Ba è trascurabile, in quanto la massa del nucleo di bario è molto maggiore di quella dell’elettrone. Possiamo rilevare l’ energia cinetica del decadimento dal valore del difetto di massa tra l’isotopo di cesio iniziale e la somma delle masse di quello di bario e dell’elettrone: ∆m = m Cs − m Ba − m e = 136,9071 u − 136,9058 u − 0,000 548 6 u = 0,0008 u Va notato che la precisione a quattro decimali delle masse dei due isotopi non consente di esprimere il risultato con più di una cifra signifcativa. Il difetto di massa si trasforma in energia cinetica dell’elettrone. Sapendo che 1 u = 931,5 Mev, ricaviamo l’energia cinetica: K = ∆mc² = (0,0008 u)(931,5 MeV/u) = 0,7 MeV 29 ▪▪▪ 30 ▪▪▪ Identifca, nella forma ZAX , il nucleo fglio prodotto: ▶ dal plutonio 242 94 Pu in un decadimento α. ▶ − dal sodio 24 11 Na in un decadimento β . ▶ dall’ azoto 137 N in un decadimento β+. Scrivi il decadimento α per ciascuno dei seguenti nuclei, includendo Z e A e l’ appropriato simbolo chimico per ciascun nucleo fglio: ▶ 212 84 e trascura il rinculo del nucleo fglio (piombo massa atomica = 205,974 440 u). ▶ 32 ▪▪▪ ▶ 232 92 U 31 ▪▪▪ Un nucleo di polonio 210 84 Po (avente massa atomica 209,982 848 u) subisce un decadimento α. Per semplicità, supponi che tutta l’ energia prodotta sia energia cinetica della particella α (massa atomica = 4,002 603 u) 33 ▪▪▪ Pb, Determina la velocità della particella α. Il radon 220 86 Rn produce un nucleo fglio radioattivo che, a sua volta, produce un nucleo fglio e così via. Il processo continua fno ad arrivare al piombo 208 82 Pb. ▶ Po 206 82 Calcola il numero totale N α di particelle α e il numero totale N β di particelle β− prodotte in questa serie di decadimenti. Determina l’energia (in MeV) prodotta quando un decadimento β+ trasforma il sodio 22 11 Na (massa atomica = = 21,994 434 u) nel neon 22 10 Ne (massa atomica = = 21,991 383 u). 1031 capitolo 34 ▪▪▪ 24 ESERCIZI FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà minuisce a una frazione f del numero presente inizialmente. Un isotopo di berillio (massa atomica = 7,017 u) emette raggi γ e rincula alla velocità di 3,72 ∙ 104 m/s. ▶ ▶ Assumendo che il nucleo di berillio sia inizialmente stazionario, trova la lunghezza d’onda del raggio γ. 38 ▪▪▪ 6 35 ▪▪▪ decadimento radioattivo e attività ▶ 36 ▪▪▪ 37 ▪▪▪ 42 ▪▪▪ Calcola il tempo di dimezzamento (in giorni) dell’isotopo. In 8,0 giorni, il numero di nuclei radioattivi diminuisce a 1/8 del numero presente inizialmente. ▶ L’isotopo del fosforo 32 15 P ha un tempo di dimezzamento di 14,28 giorni. ▶ L’ isotopo del radio 224 88 Ra ha una costante di decadimento di 2,19 ∙ 10−6 s−1. Quanto vale la costante di decadimento in unità di s−1? 39 Quanti tempi di dimezzamento sono necessari affnché il numero dei nuclei radioattivi si riduca a un milionesimo del valore iniziale? 40 Due prodotti di scarto radioattivo provenienti da reattori nucleari sono lo stronzio 90 38 Sr (T 1/2 = 29,1 anni) e il cesio 134 55 Cs (T 1/2 = 2,06 anni). Queste due specie chimiche sono presenti inizialmente secondo il rapporto N 0,Sr /N 0,Cs = 7,80 ∙ 10−3. ▪▪▪ ▪▪▪ Qual è il tempo di dimezzamento (in giorni) del materiale? I tempi di dimezzamento di due diversi campioni, A e B, di nuclei radioattivi sono tra loro legati dalla relazione T 1/2 B = (1/2) T 1/2 A. In un certo tempo, il numero di nuclei radioattivi del campione A diminuisce a 1/4 del numero presente inizialmente. Nello stesso tempo, il numero di nuclei radioattivi del campione B di- Trova f. ▶ 41 ▪▪▪ Quanto vale il rapporto N Sr /N Cs dopo dodici anni? Un dispositivo utilizzato nella terapia radiologica del cancro contiene 0,50 g di cobalto 60 27 Co (59,933 819 u). L’emivita del 60 27 Co vale 5,27 anni. ▶ Determina l’attività del materiale radioattivo. eseMPio L’ isotopo 137 55 Cs costituisce un grave rischio ambientale perché il suo tempo di dimezzamento è 30,2 anni. Un frammento di materiale che rivestiva il reattore di una centrale nucleare si è staccato a seguito di un incidente. Esso conteneva 134 inizialmente 1,20 g di 134 55 Cs. La massa atomica del 55 Cs è 136,9071 u. ▶ Qual è l’attività iniziale di questo frammento di materiale appena staccato dal reattore? ▶ Qual è l’attività dopo 50 anni? La soluzione ▶ Il numero di isotopi N(t) di cesio non ancora decaduti al tempo t è dato dalla formula N(t) = N 0 e −λt dove N 0 è il numero di isotopi inizialmente presenti e λ è la costante di decadimento, collegata al tempo di dimezzamento T 1/2 dalla relazione ln 2 λ = ___ T 1/2 Iniziamo col determinare N 0 . Se la massa dell’ isotopo di cesio è 136,9071 u, ciò signifca anche che una mole di quell’ isotopo ha massa 136,9071 g. Pertanto il numero n di moli che formano 1,20 g di isotopo di cesio è 1,20 g n = ____________ = 8,77 ∙ 10−3 mol 136,9071 g/mol Ogni mole è formata da un numero di Avogadro N A = 6,02 ∙ 1023 di isotopi, per cui N 0 = (8,77 ∙ 10−3 mol)(6,02 ∙ 1023 isotopi/mol) = 5,28 ∙ 1021 isotopi In un intervallo di tempo ∆t, piccolo rispetto al tempo di dimezzamento, il numero di decadimenti |∆N| è dato dalla formula |∆N| = λN∆t Per il cesio T 1/2 = 30,2 anni e poiché in un anno ci sono 3,16 ∙ 107 s risulta T 1/2 = 30,2 (3,16 ∙ 107 s) = 9,53 ∙ 108 s 1032 ESERCIZI capitolo 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Quindi ln 2 0,693 λ = ___ = ______ = 7,27 ∙ 10−10 s−1 T 1/2 9,53 ∙ 108 s Inizialmente N = N 0 , per cui il numero di decadimenti iniziale è |∆ N i| ___ = λN 0 = (7,27 ∙ 10−10 s−1)(5,28 ∙ 1021 isotopi) = ∆t = 3,84 ∙ 10 12 decadimenti/s = 3,84 ∙ 10 12 Bq = 104 Ci ▶ Dopo 50 anni t = 50 (3,16 ∙ 107 s) = 1,58 ∙ 109 s e λt = (7,27 ∙ 10−10 s−1)(1,58 ∙ 109 s) = 1,15 Il numero di nuclei di 134 55 Cs rimasti è pertanto N(50 anni) = N 0 e −λt = (5,28 ∙ 1021) e −1,15 = 1,67 ∙ 1021 per cui il numero di decadimenti fnale è |∆ N f| ___ = λN(50 anni) = (7,27 ∙ 10−10 s−1)(1,67 ∙ 1021 isotopi) = ∆t = 1,22 ∙ 10 12 decadimenti/s = 1,22 ∙ 10 12 Bq = 33 Ci Dunque l’ attività di quel frammento di materiale rimane ancora alta, anche dopo cinquant’anni. 43 ▪▪▪ Lo iodio 131 53 I viene usato in tecniche diagnostiche e terapeutiche per il trattamento delle malattie della tiroide. Questo isotopo ha un tempo di dimezzamento di 8,04 giorni. ▶ 44 ▪▪▪ 45 46 47 48 Calcola (in giorni) il tempo di dimezzamento dei nuclei. Quanti kilogrammi di radio spariscono in cinquant’anni d’ uso dell’ orologio? Determina l’ attività (in decadimenti al secondo) di 3 un grammo di radio 226 88 Ra (T 1/2 = 1,60 ∙ 10 anni). L’ isotopo 198 79 Au (massa atomica = 197,968 u) ha un tempo di dimezzamento di 2,69 giorni e viene usato nella terapia contro i tumori. ▶ ▪▪▪ 49 ▪▪▪ 7 50 ▪▪▪ 51 Quanti grammi di questo isotopo sono necessari per produrre un’ attività di 315 Ci? Fuori dal nucleo, il neutrone è radioattivo e decade in un protone, un elettrone e un antineutrino. Il tempo di dimezzamento di un neutrone (massa = 1,675 ∙ 10−27 kg) fuori dal nucleo è 10,4 min. Nel materiale rinvenuto con una mummia sugli aridi altopiani del Perù meridionale l’attività del 146 C per grammo di carbonio è pari al 78,5% di quella iniziale. 52 53 54 Qual è l’età (in anni) del campione? Il tempo di dimezzamento per il decadimento α del9 l’ 238 92 U è di 4,47 ∙ 10 anni. ▶ ▪▪▪ In un reperto di 41 000 anni fa, quale percentuale degli atomi originari di 146 C è ancora presente? Un campione archeologico contiene 9,2 g di carbonio e ha un’attività di 1,6 Bq. ▶ ▪▪▪ A quanti anni fa risale la morte dell’individuo? Il limite «pratico» per le età misurabili mediante la datazione al radiocarbonio è di circa 41 000 anni. ▶ ▪▪▪ Determina il tempo di dimezzamento della specie A. datazioni radiometriche ▶ ▪▪▪ In media, quanta distanza (in metri) percorrerebbe un fascio di neutroni da 5,00 eV prima che il numero di neutroni scenda al di sotto del 75% del suo valore iniziale? Due nuclei radioattivi A e B sono inizialmente presenti nella stessa quantità. Tre giorni più tardi, il numero dei nuclei A è il triplo di quello dei nuclei B. Il tempo di dimezzamento della specie B è di 1,50 giorni. ▶ Come abbiamo visto nella teoria, un curie ha il valore di 3,7 ∙ 10 10 Bq. ▶ ▪▪▪ I ri- Per rendere luminoso nel buio il quadrante di un orologio da polso sono usati 1,000 ∙ 10−9 kg di radio 226 88 Ra. Il tempo di dimezzamento di questo isotopo è 1,60 ∙ 103 anni. ▶ ▪▪▪ 131 53 Il numero di nuclei radioattivi presenti all’inizio di un esperimento è 4,60 ∙ 10 15. Il numero presente venti giorni dopo è 8,14 ∙ 10 14. ▶ ▪▪▪ Quale percentuale di un campione iniziale di mane dopo 30,0 giorni? ▶ Determina l’età (in anni) di un campione di roccia che contiene il 60% del numero originario di atomi di 238 92 U. Nel 1988 la radiodatazione della Sindone di Torino rivelò che essa non poteva essere precedente all’anno 1200 d.C. 1033 capitolo ▶ 55 ▪▪▪ 24 Quale percentuale dei nuclei di 146 C presenti inizialmente nel materiale biologico di cui è composta la Sindone era ancora presente nel 1988? Un campione di 126 C ha un’ attività di 0,0072 Bq per grammo di carbonio. ▶ ESERCIZI FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Trova l’ età del campione, assumendo che l’ attività del carbonio in un organismo vivente rimanga costante al valore di 0,23 Bq per grammo di carbonio. trebbe essere stato maggiore almeno del 40%. ▶ Il numero di nuclei instabili ancora presenti dopo un tempo t = 5,00 anni è N, mentre il numero inizialmente presente è N 0 . Determina il rapporto N/N 0 56 ▪▪▪ Delle prove suggeriscono che il valore di 0,23 Bq po57 ▪▪▪ Trova l’età del campione tenendo conto di questa ulteriore percentuale. ▶ per il 146 C (tempo di dimezzamento = 5730 anni); ▶ per l’ 31 H (tempo di dimezzamento = 12,33 anni). eseMPio Un campione biologico di stoffa ha un’età dell’ordine di 2400 anni, ma è stato contaminato in tempi recenti da una muffa, che si è sviluppata tra le sue fbre, e ne ha aumentato del 15% la quantità di carbonio contenuta. ▶ Qual è l’ordine di grandezza dell’ errore che si ha effettuando una datazione col carbonio 146 C? La soluzione Il carbonio di un reperto di circa 2400 anni ha un’attività minore di quella del carbonio di origine biologica proveniente da un organismo ancora in vita. Il numero N(t) di isotopi ancora presenti al tempo t è dato dalla formula N(t) = N 0 e −λt e l’attività dalla formula |∆N| A = _ = λN(t) = λN 0 e −λt ∆t L’attività del 146 C per grammo di 126 C in un organismo vivente è A 0 = 0,23 Bq/g 14 6 La costante di decadimento del C è λ = 3,38 ∙ 10−12 s–1 Poiché t = 2400 anni = 2400 (3,16 ∙ 107 s) = 7,58 ∙ 10 10 s e λt = (3,38 ∙ 10−12 s−1)(7,58 ∙ 10 10 s) = 0,256 la quantità iniziale di isotopi 146 C presenti nella stoffa è N(t) = N 0 e −λt = N 0 e −0,256 = 0,774 N 0 cioè è scesa da N 0 a 0,774 N 0 . L’ attività iniziale del carbonio di origine biologica è 0,23 Bq/g e la massa del campione è rimasta praticamente costante. Pertanto si dovrebbe rilevare nella stoffa un’attività del carbonio uguale a A = 0,774 (0,23 Bq/g) = 0,178 Bq/g La contaminazione della muffa porta un 15% di carbonio organico recente, per cui ora su 1,15 g di carbonio c’è 1,00 g di carbonio antico con attività 0,178 Bq/g e 0,15 g di carbonio recente con attività 0,23 Bq/g. Pertanto l’ attività rilevata è maggiore: A* = [(1,00 g)(0,178 Bq/g) + (0,15 g)(0,23 Bq/g)]/(1,15 g) = 0,185 Bq/g Questo valore si otterrebbe dall’attività iniziale A 0 = 0,23 Bq/g se fosse A* 0,185 Bq/g e −λt* = _ = _ = 0,804 A 0 0,23 Bq/g mentre sappiamo che dovrebbe essere e −λt = 0,774. Pertanto, se non ci si accorge della contaminazione, si valuta e −λt* = 0,804, da cui λt* = 0,218, mentre dovrebbe essere λt = 0,256. Da ciò segue t* _ λt* _ 0,218 _ = = = 0,85 t λt 0,256 quindi t* = 0,85 t = 0,85 (2400 anni) ≈ 2000 anni L’ errore che si commette se non ci si accorge della contaminazione è quello di assegnare al campione una datazione di circa 400 anni più recente. 1034 ESERCIZI ▶ 63 Trova l’ età vera (in anni) del campione. ▪▪▪ Supponi che il campione venga contaminato, così che solo il 98% del suo carbonio sia effettivamente antico. Il rimanente 2% è recente, nel senso che il 146 C non ha avuto il tempo di decadere. ▶ 59 ▪▪▪ Assumendo che il tecnico di laboratorio non sappia della contaminazione, quale sarebbe l’età apparente (in anni) del campione? Quando viene usato un qualsiasi metodo di datazione radiometrica, l’ incertezza sperimentale sull’attività del campione porta a un’ incertezza sul valore dell’età. Applicando la tecnica di datazione al radiocarbonio ad alcuni fossili, viene misurata un’ attività di 0,100 Bq per grammo di carbonio, con un’incertezza del 10,0%. ▶ Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti 60 Una persona di 75 kg viene esposta a 4,5 ∙ 10−4 Sv di particelle α (Q = 12). ▪▪▪ ▶ 61 ▪▪▪ 62 ▪▪▪ 68 ▪▪▪ 65 ▪▪▪ 66 67 Quanto vale il fattore di qualità delle particelle α? Un cartellino indossato da un radiologo indica che egli ha assorbito una dose di 2,5 ∙ 10−5 Gy. La massa del ra- Qual è la dose di radiazione (che è stata assorbita espressa) in rad? Un paziente sottoposto a trattamento per un tumore riceve una dose assorbita di 2,1 Gy. La radiazione viene completamente assorbita dal tumore, formato da tessuti con un calore specifco di 4200 J/(kg ∙ °C). ▶ ▪▪▪ Determina l’equivalente di dose assorbito dal tumore in 25 s. Un campione di acqua liquida, a 100 °C e a 1 atm di pressione, bolle e diventa vapore a 100 °C perché viene irradiato da una gran dose di radiazione ionizzante. ▶ ▪▪▪ Qual è il fattore di qualità Q della radiazione su questo tipo di tessuto? Un fascio di particelle incide su un tumore di massa 0,015 kg. Ogni secondo 1,6 ∙ 10 10 particelle colpiscono il tumore. L’energia di ciascuna particella è 4,0 MeV e il fattore di qualità per la radiazione è 14. ▶ Quanta energia assorbe? Alcuni neutroni (Q = 2,0) e particelle α hanno lo stesso equivalente di dose. Tuttavia, la dose assorbita di neutroni è sei volte quella delle particelle α. ▶ 64 ▪▪▪ Quanta energia ha assorbito? L’equivalente biologica di dose di una tipica lastra a raggi X di un torace è 2,5 ∙ 10−2 rem. La massa del tessuto esposto è 21 kg e assorbe 6,2 ∙ 10−3 J di energia. ▶ Determina l’ età dei fossili e la corrispondente incertezza massima (in anni) sul valore ottenuto. 9 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà diologo è di 65 kg. Un campione viene datato con la tecnica del radiocarbonio. Il campione incontaminato avrebbe un’attività di 0,015 Bq per grammo di carbonio. ▶ 24 Calcola l’aumento di temperatura del tumore. Un tumore di 2,0 kg di massa viene irradiato da una sorgente radioattiva. Il tumore riceve una dose assorbita di 12 Gy in 850 s. Ogni decadimento della sorgente produce una particella che colpisce il tumore con un’ energia di 0,40 MeV. ▶ Quanto vale l’attività ∆N/∆t della sorgente radioattiva? eseMPio L’americio 241 95 Am è un isotopo artifciale che trova impiego nei rivelatori di fumo, dove è utilizzato in dosi inferiori al microgrammo sotto forma di diossido AmO2 . Poiché il diossido di americio è insolubile, se venisse casualmente ingerito in quantità dell’ordine del microgrammo, non provocherebbe danni signifcativi transitando nell’apparato digerente. Però se incidentalmente si ingoiasse una quantità di ossido di americio superiore, questa potrebbe essere fatale. Ipotizziamo che l’ossido di americio impieghi 24 ore ad attraversare l’apparato digerente. In un tempo così breve, i fattori di rischio legati alla dose assorbita sono i seguenti: quasi nessun rischio per una dose inferiore a 0,25 Sv; rischio medio per una dose tra 0,25 Sv e 1,5 Sv; rischio alto per una dose tra 1,5 Sv e 3 Sv; probabilità di decesso al 50% per una dose tra 3 Sv e 7 Sv; decesso sicuro per dosi sopra gli 8 Sv. ▶ © Aleksandra Pikalova / Shutterstock 58 ▪▪▪ capitolo Stabilisci il rischio legato all’ ingestione involontaria di 1,0 mg di ossido di americio da parte di una persona di 72 kg. Ipotizza che l’energia dei decadimenti si diffonda nel 50% della massa della persona. La soluzione L’americio decade in nettunio emettendo una particella α, con un tempo di dimezzamento di 432 anni. Il nucleo di nettunio, dopo l’emissione α, si trova in uno stato eccitato (rappresentato con l’asterisco) e subito dopo emette un raggio γ: 241 95 Am → 237 93 Np* + α 1035 capitolo 24 ESERCIZI FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà L’ energia della particella α emessa è E α = 5,6 MeV. Ipotizziamo che il fattore di qualità Q per la particella α sia 12 e trascuriamo il raggio γ. La massa atomica dell’ americio 241 95 Am è circa 241 u, mentre quella dei due atomi che servono a formare il diossido è 32 u, per cui la massa molecolare di AmO2 è circa 273 u. Ciò signifca che una mole di AmO2 ha massa 273 g. Da ciò ricaviamo il numero di moli contenute in 1,0 mg di AmO2: 1,0 mg 1,0 ∙ 10−3 g n = _ = _ = 3,7 ∙ 10−6 mol 273 g/mol 273 g/mol Ogni mole è formata da un numero di Avogadro N A = 6,02 ∙ 1023 di molecole, ciascuna delle quali contiene un nucleo di americio. I nuclei di americio in 1,0 mg di diossido sono N = (3,7 ∙ 10−6 mol)(6,02 ∙ 1023 nuclei/mol) = 2,2 ∙ 10 18 nuclei L’attività di questi nuclei è data dalla formula |∆N| A = _ = λN ∆t Calcoliamo λ a partire dal tempo di dimezzamento T 1/2 = 432 anni = 432 (3,16 ∙ 107 s) = 1,37 ∙ 10 10 s quindi ln 2 0,693 = 5,08 ∙ 10−11 s−1 λ = ___ = ______ T 1/2 1,37 ∙ 1010 s L’attività è A = λN = (5,08 ∙ 10−11 s−1)(2,2 ∙ 10 18 isotopi) = 1,12 ∙ 108 Bq 24 ore sono un tempo brevissimo rispetto alla vita media dell’americio, per cui il numero di decadimenti si può calcolare moltiplicando per ∆t = 24 h = 8,64 ∙ 104 s: ∆N = A∆t = (1,12 ∙ 108 Bq)(8,64 ∙ 104 s) = 9,7 ∙ 10 12 decadimenti Se trascuriamo i raggi γ, ciascuno di questi decadimenti rilascia nel corpo un’energia E α = 5,6 MeV = (5,6 ∙ 106 eV)(1,6 ∙ 10−19 J/eV) = 9,0 ∙ 10−13 J In totale l’energia assorbita è E = (9,7 ∙ 10 12 decadimenti)(9,0 ∙ 10−13 J/decadimento) = 8,7 J Se consideriamo una massa m = 0,5 (72 kg) = 36 kg si ha energia assorbita 8,7 J dose assorbita = ________________ = _ = 0,24 Gy massa di materiale assorbente 36 kg Per avere l’ equivalente di dose occorre moltiplicare per il fattore di qualità Q = 12: equivalente di dose = Q · dose assorbita = 12 (0,24 Gy) = 2,9 Sv Ingerendo accidentalmente 1,0 mg di diossido di americio si corre quindi un rischio molto alto di decesso. Problemi finali 69 ▪▪▪ 70 ▪▪▪ 1036 71 ▪▪▪ Il mercurio 202 80 Hg ha una massa atomica di 201,970 617 u. ▶ Determina l’ energia di legame per nucleone (in MeV/nucleone). In atomi elettricamente neutri: ▶ quanti protoni sono presenti nel nucleo di uranio 238 92 U? ▶ Quanti neutroni sono presenti nel nucleo di mercurio 202 80 Hg? ▶ Quanti elettroni orbitano intorno al nucleo di niobio 93 41 Nb? L’analisi di un campione proveniente da un meteorite stabilisce che il 93,8% della massa originale di un certo isotopo radioattivo è ancora presente. Sulla base di questa scoperta, viene calcolata un’età del meteorite pari a 4,51 ∙ 109 anni. ▶ 72 ▪▪▪ Qual è il tempo di dimezzamento (in anni) dell’isotopo usato per datare il meteorite? Il decadimento β − del fosforo 32 15 P (massa atomica = = 31,973 907 u) produce come nucleo fglio lo zolfo 32 − 16 S (massa atomica = 31,972 070), una particella β e un antineutrino. L’energia cinetica della particella β − è 1,20 MeV. ▶ Trova la massima energia possibile (in MeV) che l’antineutrino può avere. ESERCIZI ▶ 211 82 Pb ▶ 116 C → 211 83 Bi + X → 115 B + X ▶ 231 90 Th* ▶ 210 84 Po 74 ▪▪▪ 75 76 80 ▪▪▪ → 231 90 Th + X → 206 82 Pb + X Calcola l’età del reperto in anni. 78 ▪▪▪ ▪▪▪ L’attività di una sostanza radioattiva è inizialmente di 398 decadimenti/min e due giorni più tardi di 285 decadimenti/min. Quanto vale l’attività quattro e sei giorni dopo l’ istante iniziale? Fornisci la risposta in decadimenti/min. Quanta energia (in MeV) viene prodotta nel processo? Una persona si trova vicino a una sorgente radioattiva e riceve dosi dei seguenti tipi di radiazione: raggi γ (20 mrad, Q = 1), elettroni (30 mrad, Q = 1), protoni (5 mrad, Q = 10) e neutroni lenti (5 mrad, Q = 2). ▶ 79 Determina l’ energia assorbita. FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà L’osmio 191 76 Os (massa atomica = 190,960 920 u) si trasforma in iridio 191 77 Ir (massa atomica = 190,960 584 u) tramite un decadimento β−. ▶ Durante una radiografa, un paziente viene esposto a un livello di radiazione di 3,1 ∙ 10−5 Gy/s. Il tempo di esposizione è di 0,10 s e la massa del tessuto esposto è 1,2 kg. ▶ ▪▪▪ 77 ▪▪▪ Un reperto archeologico contenente 9,2 g di carbonio ha un’ attività di 1,6 Bq. ▶ ▪▪▪ ▶ Completa i seguenti processi di decadimento precisando che cosa rappresenta il simbolo X (X = α, β+, β− o γ): 24 Ordina queste radiazioni a partire da quella che produce la più alta equivalente di dose biologica. Considera la seguente reazione di fssione: 1 0 + n ⏟ 1,009 u ▶ 235 92 U → ⏟ 235,044 u 140 54 Xe + ⏟ 139,922 u 94 38 Sr + ⏟ 93,915 u 2 10n ⏟ 2 (1,009 u) Quanta energia viene rilasciata da tale reazione? eseMPio Il potassio è un importante costituente del suolo ed è presente in tutte le piante e nei tessuti animali. Gli isotopi del potassio sono 39 40 41 40 19 K, 19 K e 19 K, di cui il solo 19 K è radioattivo. Il potassio naturale è 41 costituito quasi interamente da 39 19 K (93%) e 19 K (7%) e solo dallo 40 40 0,012% di 19 K. Il tempo di dimezzamento del 19 K è T 1/2 = 1,28 ∙ 109 anni. ▶ Un barattolo di plastica contiene 400 g di cloruro di potassio KCl: qual è l’ attività di questa quantità di sale? La soluzione Dobbiamo calcolare quanti isotopi di 40 19 K sono presenti in 400 g di sale. La massa atomica del potassio è 39,1 g/mol e quella del cloro è 35,5 g/mol, per cui la massa molecolare del sale è © jajaladdawan / Shutterstlock 73 ▪▪▪ capitolo m KCl = 35,5 g/mol+ 39,1 g/mol = 74,6 g/mol Il numero di moli di sale in 400 g è 400 g n KCl = _ = 5,36 mol 74,6 g/mol Il numero di atomi di potassio è uguale a quello delle molecole, perché ogni molecola contiene un solo atomo di potassio: n K = n KCl N A = (5,36 mol)(6,02 ∙ 1023 atomi/mol) = 3,23 ∙ 1024 atomi Di questi atomi solo lo 0,012% sono dell’isotopo radioattivo 40 19 K; il barattolo contiene un numero N di isotopi radioattivi uguale a N = (3,23 ∙ 1024) 0,000 12 = 3,87 ∙ 1020 20 Calcoliamo l’attività del sale usando la formula A = | ∆N | / ∆t= λN, dove N è il numero di isotopi di 40 19 K, cioè N = 3,87 ∙ 10 . Il potassio 40 ha un tempo di dimezzamento molto grande, per cui λ è molto piccola: T 1/2 = 1,28 ∙ 109 anni = (1,28 ∙ 109 anni)(3,16 ∙ 107 s) = 4,0 ∙ 10 16 s ln 2 0,693 λ = ___ = ______ = 1,7 ∙ 10−17 s−1 T 1/2 4,0 ∙ 10 16 s L’ attività del sale contenuto nel nostro recipiente risulta dunque essere A = (3,87 ∙ 1020)(1,7 ∙ 10−17 s−1) = 6,5 ∙ 103 Bq La maggior parte dei decadimenti avviene all’interno della massa di sale, per cui le radiazioni che escono dal contenitore sono molto poche. 1037 capitolo 81 ▪▪▪ ▪▪▪ 83 ▪▪▪ 84 ▪▪▪ 85 86 ▪▪▪ Un kilogrammo di aria secca a 0 °C e 1 atm di pressione viene esposto a 1,0 R di raggi X. L’esposizione (in roengten) è data da 1 q ______ _ 2,58 ∙ 10−4 m Quanti grammi di stronzio sono presenti nel campione? Allo stesso tempo si può dire che l’esposizione a un roengten deposita 8,3 ∙ 10−3 J di energia per kilogrammo di aria secca. Stabilisci il simbolo ZAX per il nucleo padre il cui decadimento α produce lo stesso nucleo fglio del decadimento β− del tallio 208 81 Tl. ▶ Quale dose assorbita di raggi γ è necessaria per trasformare un blocco di ghiaccio a 0 °C in vapore a 100 °C? 131 Sia l’ oro 198 79 Au (T 1/2 = 2,69 giorni) sia lo iodio 53 I (T 1/2 = = 8,04 giorni) sono usati nella medicina diagnostica riguardante il fegato. Nel momento in cui i campioni di laboratorio vengono monitorati, l’ attività dell’ oro risulta il quintuplo di quella dello iodio. ▶ ▪▪▪ ESERCIZI FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Un campione di minerale contenente stronzio radioat5 tivo 90 38 Sr ha un’attività di 6,0 ∙ 10 Bq. La massa atomica dello stronzio è di 89,908 u e il suo tempo di dimezzamento vale 29,1 anni. ▶ 82 24 Il trizio ha un periodo di dimezzamento di 12,33 anni. ▶ Quale percentuale di nuclei in un campione di trizio decadrà in 5 anni? (Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie, Università degli Studi di Torino, 2004-2005) Dopo quanti giorni le due attività risultano uguali? Un campione da un grammo di radio 224 88 Ra (massa atomica = 224,020 186 u, T 1/2 = 3,66 giorni) contiene 2,69 ∙ 1021 nuclei e subisce un decadimento α che produce radon 220 86 Rn (massa atomica = 220,011 368 u). La massa atomica di una particella α è 4,002 603 u. Il calore latente di fusione dell’ acqua è 33,5 ∙ 104 J/kg. ▶ 87 Usando queste due defnizioni e assumendo che tutti gli ioni prodotti siano singolarmente carichi, determina l’energia media (in eV) necessaria per produrre uno ione nell’aria. 88 Un campione puro di 223Ra, contenente 5 ∙ 1021 atomi, produce dopo 30 giorni, per decadimento alfa, 4,2 ∙ 10 17 atomi di He. ▶ Qual è il suo tempo di dimezzamento? (Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie, Università degli Studi di Torino, 2004-2005) Con l’energia rilasciata in 3,66 giorni, quanti kilogrammi di ghiaccio si possono sciogliere a 0 °C? domande 1 Si sa che un certo nucleo è un isotopo del piombo. Quale delle seguenti grandezze risulta specifcata: il numero atomico, il numero di neutroni, il numero di massa? 2 Per quale motivo i decadimenti α e β producono nuovi elementi, mentre il decadimento γ no? 3 Perché i nuclei instabili con un tempo di dimezzamento molto breve sono poco abbondanti in natura? 4 14 Il tempo di dimezzamento dell’indio 115 49 In è di 4,41 ∙ 10 anni. È possibile che un determinato nucleo di un campione decada dopo soltanto 1 secondo? 5 6 1038 A quali dei seguenti oggetti, la cui età è di circa 1000 anni, non si può applicare la tecnica di datazione che usa il radiocarbonio: una scatola di legno, una statua d’oro, i semi di alcune piante? Supponi che in una pianta vivente 5000 anni fa fosse presente una percentuale di atomi di carbonio 14 6 C maggiore di quel che attualmente si ritiene vi fosse stata. Datando oggi i semi di questa pianta mediante la tecnica del radiocarbonio, si deduce un’età troppo breve o troppo lunga? 7 Spiega la differenza tra i numeri Z, N, A. 8 Dopo aver illustrato che cosa si intende per energia di legame e difetto di massa, spiega in che modo si può calcolare il difetto di massa e che relazione esiste tra i due concetti. 9 I decadimenti α e β sono fenomeni che producono trasformazioni nei nuclei degli atomi. Come avvengono? Fornisci, per ciascuno di essi, almeno un esempio di reazione. 10 Enuncia la legge del decadimento radioattivo e descrivine l’applicazione nel metodo della datazione. 11 Spiega il signifcato di famiglia radioattiva e riportane almeno un esempio. ESERCIZI Test 1 2 3 capitolo Quanti neutroni contiene il nucleo 205 82 Pb? 9 24 Il decadimento α del 145 61 Pm produce: a 205 c 123 a 143 57 La b 82 d 287 b 141 59 Pr c 145 60 Nd d 145 62 Sm Quale fra le seguenti è una coppia di isotopi? a 27 13 Al, 28 14 Si b 13 6 C, 143 C c 14 7 N, 146 C d 16 8 10 14 7 O, N Quale delle seguenti affermazioni è falsa? a I nuclei sono incomprimibili. FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Il decadimento β− del 31 14 Si produce un nucleo fglio con a Z = 15 A − Z = 16 b Z = 15 A − Z = 31 c Z = 13 A − Z = 17 d Z = 13 A − Z = 18 c La densità nucleare è proporzionale al numero di massa. Un campione contiene 1000 nuclei di un isotopo radioattivo del bario. Dopo 60 s sono decaduti 970 nuclei. Qual è il tempo di dimezzamento di questo isotopo? d Il numero di nucleoni è proporzionale al numero di massa. a 10 s b Il nucleo ha forma approssimativamente sferica. 11 b 12 s 4 5 Il nucleo di un isotopo di berillio contiene 4 protoni e 5 neutroni e ha un raggio R. Quale fra i seguenti nuclei ha raggio circa uguale a 3R? a 27 13 Al c 135 56 Ba b 81 36 Kr d 243 94 Pu La massa del nucleo densità è: 207 82 c 14 s d 16 s 12 a 2,0 Ci b 2,5 Ci Pb è 3,4368 ∙ 10−25 kg e la sua c 3,0 Ci d 3,5 Ci a 2,3 ∙ 10 17 kg/m3 b 3,5 ∙ 10 18 kg/m3 19 Qual è l’attività di 6,0 ∙ 10 12 nuclei di 220 86 Rn (T 1/2 = 56 s)? 13 3 c 7,3 ∙ 10 kg/m d 2,1 ∙ 10−16 kg/m3 Quanto tempo deve trascorrere perché il promezio 146 61 Pm (T 1/2 = 2020 giorni) contenuto in un campione si riduca della metà? a 1010 giorni 6 Quale delle seguenti relazioni lega il difetto di massa e l’energia di legame di un nucleo? b 2020 giorni a ∆E 0 = (∆m)c 2 d 4040 giorni c 3030 giorni b ∆m = (∆E 0)c 2 14 c ∆E 0 = c(∆m)2 2 d ∆m = c(∆E 0) 7 8 L’attività di un campione contenente carbonio 14 è 0,1 Ci. Mediante combustione, tutto il carbonio si converte in CO2. Qual è l’attività del CO2? L’ energia di legame di un isotopo del cloro è 298 MeV. Qual è il suo difetto di massa? a 0 Ci a 3,13 u c 0,882 u c 0,076 Ci b 2,30 u d 0,320 u d 0,01 Ci Qual è il difetto di massa del nucleo 120 50 Sn? (massa dell’ idrogeno = 1,007 83 u, massa del neutrone = = 1,008 67 u) a 1,4052 ∙ 10−29 kg b 1,0325 ∙ 10 −28 b 0,1 Ci 15 Il trizio 31 H decade β− con un tempo di dimezzamento di 12,3 anni. Quale percentuale di nuclei di trizio rimane dopo 35 anni in un campione inizialmente puro? a 2,9% kg b 6,0% c 1,0678 ∙ 10−27 kg c 7,0% d 1,8202 ∙ 10 −27 kg d 14% 1039 capitolo 16 24 ESERCIZI FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà c 1,50 Bq Un campione di materiale radioattivo ha un tempo di dimezzamento di 3 giorni. Dopo 9 giorni, 2 kg di questo campione non sono ancora decaduti. Qual è la massa iniziale del campione radioattivo? d 3,00 Bq e 4,00 Bq (Gara di 1° livello edizione 2003) a 27 kg b 18 kg 21 c 16 kg d 8 kg e 6 kg a Una particella α e una particella β. (Gara di 1° livello edizione 2007) 17 Un atomo radioattivo subisce diversi decadimenti per trasformarsi alla fne in un suo isotopo. Quale dei seguenti gruppi di particelle nel processo di decadimento è compatibile con le condizioni descritte? b Una particella α e due particelle β. c Una particella β e un neutrone. Il tempo di dimezzamento di un nuclide radioattivo è 6 ore. La massa iniziale di un suo campione è di 24 g. Quanto ne rimane approssimativamente dopo un giorno (24 ore)? d Una particella β e due neutroni. e Due particelle β e un neutrone. (Gara di 1° livello edizione 2003) a 1,0 g b 1,5 g 22 c 2,4 g d 4,0 g e 6,0 g 18 (Gara di 1° livello edizione 2006) a (1/12) A 0 Sono indicate le masse di due particelle e un nucleo, espresse in unità di massa atomica (u) di cui è dato il valore. b (1/6) A 0 c (3/16) A 0 d (1/4) A 0 Protone 1,0073 u e (3/8) A 0 Neutrone 1,0087 u (Gara di 1° livello edizione 2001) 6 3 6,0145 u Li 1 u = 1,66 ∙ 10−27 kg 23 Qual è l’ energia di legame del nucleo di 63 Li? a 4,52 pJ b 5,15 pJ d 457 pJ 24 e 597 pJ (Gara di 1° livello edizione 2006) Un recipiente contiene 96 nanogrammi di una sostanza radioattiva. Dopo 12 min nel recipiente rimangono, ancora non decaduti, 6 nanogrammi di sostanza. Qual è il tempo di dimezzamento della sostanza? b 6 ore c 4 ore d 3 ore b 3 min e 2 ore c 4 min (Gara di 1° livello edizione 2012) d 6 min (Gara di 1° livello edizione 2004) 20 1040 Il tempo di dimezzamento dell’isotopo radioattivo 87 39 Y è di 80. Se l’ attività iniziale di un campione di tale isotopo risulta di 12 Bq, dopo 240 ore sarà: In un laboratorio medico viene portato un campione di un isotopo radioattivo di 16 g. Dopo 6 ore si osserva che 12 g del campione hanno subito un decadimento. Qual è il tempo di dimezzamento (detto anche emitiva) di quell’isotopo? a 12 ore a 2 min e 8 min L’isotopo 226 88 Ra del radio è instabile e dà luogo a una catena di decadimenti fno a trasformarsi nell’isotopo stabile del piombo 206 82 Pb. Determina quanti processi di decadimento radioattivo α e β sono coinvolti nel processo. (Gara di 2° livello edizione 2006) c 9,18 pJ 19 Due campioni di nuclidi radioattivi, X e Y, hanno la stessa attività A 0 al tempo t = 0. X ha un tempo di dimezzamento di 24 anni; Y un tempo di dimezzamento di 16 anni. I campioni vengono mischiati fra loro. Quale sarà l’attività di questa miscela quando t = 48 anni? 25 Un campione di 24 g di un certo radionuclide decade e dopo 36 min rimangono solo 3 g dello stesso radionuclide. Dopo i primi 12 min quanto era rimasto del radionuclide originario? a 6g d 17 g b 8g e 21 g a 0,08 Bq c 12 g b 0,06 Bq (Gara di 1° livello edizione 2010) ESERCIZI 26 capitolo Siamo in tema di Fisica Atomica. Trova l’unica affermazione corretta. 28 24 FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà Se una sorgente radioattiva emette 107 particelle α al secondo ciascuna da 4 MeV: a Le forze fra nucleoni sono a corto raggio d’azione. a l’energia emessa al secondo è 4 ∙ 10 13 eV. b Le forze coulombiane sono trascurabili entro il nucleo. b l’energia emessa al secondo è 107/4 ∙ 106 eV. c Nel nucleo troviamo protoni, neutroni ed elettroni positivi. d la potenza emessa è 4 GeV/s. d Il nucleo occupa quasi il 10% del volume dell’atomo. e Il numero di massa A è dato da: (numero protoni) + (numero neutroni) + (numero elettroni). c il nuclide fglio è certamente instabile. e dopo 107 la sorgente è dimezzata. (Prova di ammissione al corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, 2004-2005) (Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina Veterinaria, 2004-2005) 27 Sapresti mettere in ordine decrescente per la capacità di penetrazione le radiazioni nucleari α, β e γ? a γ, β, α d β, α, γ b γ, α, β e β, γ, α c α, β, γ (Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, 2003-2004) verso L’esaMe di sTaTo 1 QUesiTo iN UN’ora decadimento del polonio 238 Il polonio 210 84Po è un isotopo che appartiene alla famiglia dell’uranio 92U. Mediante un decadimento α, il trasforma in un isotopo del piombo con un tempo di dimezzamento di 138 giorni. 210 84 Po si a Scrivi la reazione di decadimento. b Spiega perché nel calcolo dell’energia liberata durante la reazione puoi utilizzare le masse atomiche invece delle masse nucleari. c Calcola l’energia rilasciata nel decadimento α. Utilizza i seguenti dati relativi alle masse atomiche: mHe = 4,002603 u mPo = 209,98286 u masse degli isotopi del piombo: massa 206 82Pb = 205,97446 u massa 208 82Pb = 207,97664 u massa 210 82Pb = 209,98418 u d Calcola la costante di decadimento. e Dopo quanti giorni l’attività di un campione si riduce a un decimo di quella iniziale? [5,4 MeV; 5,8·10-8 s-1; circa 460 giorni] 2 QUesiTo sULLe CoMPeTeNZe Banconote radioattive iN UN’ora Allo scopo di impedire la contraffazione delle banconote viene utilizzato un inchiostro la cui composizione segreta contiene tra l’altro atomi di europio. Per un errore, una partita di inchiostro resta contaminata con due tipi di isotopi radioattivi di europio: l’isotopo 150 63Eu, che decade catturando un elettrone dal guscio con n = 1 (cattura K) e ha un tempo di dimezzamento T150 = 36,5 anni, e l’isotopo 152 63Eu, che ha un tempo di dimezzamento T152 = 13,6 anni e può decadere in due modi: o per cattura K o per decadimento beta. Nel caso della cattura K, un protone del nucleo assorbe un elettrone del guscio con n = 1 dell’isotopo, emette un neutrino e si trasforma in un neutrone secondo la reazione p + e– → n + ν 1041 capitolo 24 ESERCIZI FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà a In quali isotopi si trasformano i due isotopi di europio quando decadono? Scrivi le tre reazioni. b Nella cattura K un elettrone scompare dal guscio con n = 1, che si trova libero e viene prontamente riempito da un elettrone proveniente da altri gusci. Di solito si verifcano alcuni passaggi in cascata che producono alcuni fotoni. Ipotizziamo che accada che uno degli elettroni più esterni, per il quale l’energia di legame è molto piccola, occupi direttamente il posto lasciato libero dall’elettrone catturato. Spiega perché non puoi applicare il modello di Bohr per calcolare l’esatta energia del fotone emesso. c Pur non fornendo il valore esatto, mediante il modello di Bohr si può stimare in prima approssimazione l’energia del fotone emesso. Effettua tale stima e stabilisci a quale parte dello spettro elettromagnetico appartiene. 150 d Approssima al valore 150 u la massa atomica dell’isotopo 150 63Eu e calcola qual è l’attività di 1 mg di 63Eu. e La quantità di isotopi che ha contaminato l’inchiostro è molto piccola. Una singola banconota ha un’attività di circa 600 Bq. Ciononostante si decide di mettere le banconote contaminate in un contenitore di piombo e di chiuderle in un caveau. Cent’anni dopo, qualcuno riaprirà il contenitore e, misurando l’attività di una banconota, 152 rileverà un’attività di soli 60 Bq. In base a questi dati determina il numero degli isotopi di 150 63Eu e di 63Eu presenti inizialmente nell’inchiostro di una banconota. rUBriCa di vaLUTaZioNe deL QUesiTo sULLe CoMPeTeNZe risposta o giustificazione Non risponde Punteggio richiesta 1 sbagliata incompleta completa con errori completa e corretta 4 7 11 15 Competenza prevalente a 2 Formulare ipotesi b 4 Fare esperienza c 3 Formalizzare d 3 Formalizzare e 3 Formalizzare ...... Punteggio _ 75 1042 = ...... _ 15 capitolo 25 Energia nucleare e particelle elementari © CERN 1 Reazioni nucleari indotte Nei decadimenti radioattivi, un nucleo padre radioattivo decade spontaneamente in un nucleo fglio. È anche possibile provocare il decadimento di un nucleo stabile colpendolo con un altro nucleo, una particella (atomica o subatomica) o un fotone γ. Si dice che avviene una reazione nucleare ogni volta che un nucleo, una particella o un fotone produce una trasformazione in un nucleo bersaglio. Nel 1919 Ernest Rutherford osservò che, quando una particella α colpisce un nucleo di azoto, vengono prodotti un nucleo di ossigeno e un protone. Questa reazione nucleare può essere scritta nel modo seguente: 4 2 He 14 7 + N ⏟ ⏟ particella α incidente azoto (bersaglio) → 17 8 1 1 O + ⏟ ossigeno H ⏟ protone p Dal momento che la particella α provoca una trasmutazione dell’azoto in ossigeno, questa reazione è un esempio di trasmutazione nucleare indotta. Altri esempi di reazioni nucleari sono: n + 105 B → 73 Li + 42 He 1 0 24 1 γ + 25 12 Mg → 11 Na + 1 H 1 1 H + 136 C → 147 N + γ Le reazioni nucleari indotte obbediscono alle leggi di conservazione della fsica. In particolare, sia la carica elettrica totale sia il numero totale di nucleoni si conservano durante una reazione nucleare indotta. Ciò rende possibile identifcare il nucleo prodotto in una reazione. 1043 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi ESEmpiO 1 identifichiamo il nucleo prodotto Una particella α colpisce un nucleo di alluminio 27 13 Al e dà luogo alla seguente reazione: 4 2 A 1 He + 27 13 Al → ZX + 0n ▸ Stabilisci quale nucleo viene prodotto, individuandone il numero atomico Z e il numero di massa A. il ragionamento e la soluzione La conservazione della carica elettrica totale e del numero totale di nucleoni portano alle equazioni seguenti: Quantità conservata Prima della reazione Dopo la reazione Carica elettrica totale (numero di protoni) 2 + 13 = Z+0 Numero totale di nucleoni 4 + 27 = A+1 Risolvendo queste equazioni si ottiene Z = 15 e A = 30. Dal momento che Z = 15 corrisponde al fosforo (P), il nucleo prodotto è ■ + 1n 0 238 92U 239 92U +γ 23,5 minuti 239 93Np + – +γ 0 –1e 2,4 giorni 239 94Pu + – +γ 0 –1e Figura 1 Una reazione nucleare indotta in cui l’ 238 92 U, a seguito della cattura di un neutrone e di due decadimenti β si trasforma nell’elemento transuranico plutonio 239 94 Pu. Fissione nucleare (PhET, University of Colorado) 1044 P. Elementi transuranici Le trasmutazioni nucleari indotte possono essere usate per produrre isotopi che non sono presenti in natura. Nel 1934 Enrico Fermi suggerì un metodo per produrre elementi con un numero atomico maggiore di quello dell’uranio (Z = 92). Tali elementi – come il nettunio (Z = 93), il plutonio (Z = 94), l’americio (Z = 95) e così via – sono noti come elementi transuranici. Gli elementi transuranici non sono presenti in natura ma vengono creati mediante reazioni nucleari tra un elemento più leggero opportunamente scelto e una particella incidente, di solito un neutrone o una particella α. La fgura 1, per esempio, mostra una reazione che produce plutonio a partire dall’ uranio. Un neutrone viene 239 catturato dal nucleo di uranio 238 92 U, che diventa 92 U ed emette un fotone γ. Il nucleo 239 di 92 U è radioattivo e si trasforma, con un tempo di dimezzamento di 23,5 minuti, in nettunio 239 93 Np. Anche il nettunio è radioattivo e si trasforma, con un tempo di dimezzamento di 2,4 giorni, in plutonio 239 94 Pu. Il plutonio è il prodotto fnale e ha un tempo di dimezzamento di 24 100 anni. I neutroni coinvolti nelle reazioni nucleari possono avere valori di energia cinetica molto diversi. In particolare, quelli che hanno energie cinetiche dell’ordine di 0,04 eV o inferiori vengono chiamati neutroni termici. Il nome deriva dal fatto che un’energia cinetica così ridotta è paragonabile all’energia cinetica media di una molecola che si trovi a temperatura ambiente. Contrariamente alle particelle cariche, come protoni e particelle α, i neutroni penetrano nel nucleo anche se hanno piccole energie cinetiche. Infatti essi sono privi di carica elettrica e quindi non devono vincere la repulsione coulombiana originata dai protoni del nucleo. 2 SimulaZiOnE 30 15 Fissione nucleare Nel 1939 quattro scienziati tedeschi, Otto Hahn (1879-1978), Lise Meitner (18781968), Fritz Strassmann (1902-1980) e Otto Frisch (1904-1979), notarono che un nucleo di uranio, dopo aver assorbito un neutrone, si scinde in due frammenti, ciascuno dei quali ha una massa inferiore a quella del nucleo originario. La scissione di un nucleo in due frammenti di massa inferiore è detta fssione nucleare. La fgura 2 alla pagina seguente mostra la fssione del nucleo di uranio 235 92 U che 92 dà luogo a un nucleo di bario 141 56 Ba e a un nucleo di cripton 36 Kr. La reazione inizia capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi con l’assorbimento, da parte dell’ 235 92 U, di un neutrone lento, con conseguente forma141 92 zione di un nucleo instabile di 236 92 U, che decade rapidamente in 56 Ba, 36 Kr e tre neutroni, in base alla seguente reazione: n + 235 92 U → 1 0 236 92 → U 141 56 Ba + ⏟ ⏟ bario nucleo intermedio (instabile) 92 36 Kr + 3 10n ⏟ cripton ⏟ 3 neutroni Nucleo instabile 141 56Ba 1 n 0 1 n 0 + 1 n 0 1 n 0 235 92U 236 92U Figura 2 92 36Kr Un neutrone lento provoca la fssione del nucleo di uranio 235 92 U, dando luogo 92 a bario 141 56 Ba, cripton 36 Kr e tre neutroni. Questa è solo una delle molte reazioni che si possono verifcare durante la fssione dell’uranio. Un’altra reazione possibile è la seguente: n + 235 92 U → 1 0 236 92 U ⏟ nucleo intermedio (instabile) → 140 54 Xe + ⏟ xenon 94 38 Sr + 2 10n ⏟ stronzio ⏟ 2 neutroni Alcune reazioni producono fno a 5 neutroni, anche se in media il numero di neutroni prodotti è 2,5. Quando un neutrone urta contro un nucleo di uranio che lo assorbe, provoca in esso vibrazioni e deformazioni. Le vibrazioni continuano fno a quando la deformazione è tale da impedire che le forze nucleari attrattive bilancino le forze elettrostatiche di repulsione fra i protoni. A questo punto il nucleo si scinde in frammenti, che trasportano una grande quantità di energia principalmente sotto forma di energia cinetica. In origine tale energia era immagazzinata nel nucleo iniziale sotto forma di energia potenziale elettrostatica. Per ogni fssione vengono rilasciati in media 200 MeV di energia, una quantità circa 108 volte più elevata delle energie prodotte in una comune reazione chimica, come per esempio la combustione della benzina o del carbone. 1n 0 235 92U Legenda ESEmpiO 2 il nucleo si divide a metà Stima l’energia rilasciata quando un nucleo massivo (cioè con elevato numero di massa, A = 240) subisce una fssione. il ragionamento e la soluzione La fgura 3 mostra che l’energia di legame di un nucleo con A = 240 vale circa 7,6 MeV per nucleone. Supponiamo che tale nucleo si scinda in due frammenti, Figura 3 Una reazione a catena. Per chiarezza, si suppone che ogni fssione produca due neutroni (in realtà il numero medio di neutroni emessi è 2,5). I frammenti prodotti dalla fssione non sono mostrati. 1045 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi ognuno con A = 120. In base alla fgura 4, l’energia di legame per nucleone di tali frammenti sale a circa 8,5 MeV per nucleone. Di conseguenza nella fssione viene rilasciata un’ energia per nucleone di circa: 8,5 MeV − 7,6 MeV = 0,9 MeV e un’energia totale di circa (0,9 MeV/nucleone)(240 nucleoni) ≈ 200 MeV ■ isotopi dell’uranio e fissione L’uranio presente in natura è principalmente composto da due isotopi, l’ 235 92 U (ab235 bondanza 0,72%) e l’ 238 U (abbondanza 99,275%). L’uranio U è fssile, in quanto 92 92 si fssiona quando cattura un neutrone. In particolare, se il neutrone è termico (energia cinetica ≈ 0,04 eV o inferiore), la probabilità di fssione è circa cinquecento volte maggiore rispetto a quella di un neutrone di 1 MeV. Al contrario, l’ isotopo 238 92 U non è fssile: quando cattura un neutrone termico si trasforma in plutonio 239 94 Pu attraverso le reazioni seguenti (fgura 1): U + 10n → 239 92 U + γ 239 U → 239 Np + 0e + –ν 238 92 92 239 93 Np → 93 239 94 −1 Pu + −10e + –ν Il plutonio 239 94 Pu è fssile anche per neutroni veloci: può quindi essere utilizzato sia nella produzione di energia per scopi civili sia come costituente principale delle bombe atomiche. ■ 1n 0 235 92U Legenda Neutrone perso Neutrone perso Neutrone perso Figura 4 In una reazione a catena controllata un solo neutrone, in media, tra quelli prodotti da una fssione è in grado a sua volta di provocarne un’altra. Il «neutrone perso» viene assorbito da un materiale opportuno (non mostrato) che non subisce fssioni. Di conseguenza l’energia viene prodotta a ritmo costante e quindi controllato. 1046 la reazione a catena Il fatto che ogni fssione dell’uranio produca in media 2,5 neutroni rende possibile il verifcarsi di una serie di fssioni senza alcun intervento esterno oltre a quello iniziale. Come mostra la fgura 3, ogni neutrone prodotto può a sua volta provocare un’ altra fssione, con l’ emissione di ulteriori neutroni che produrranno altrettante fssioni, e così via, dando luogo a quella che si chiama reazione a catena. In una reazione a catena non controllata, il numero di fssioni può aumentare di migliaia di volte in pochi milionesimi di secondo. Con un’ energia media di 200 MeV per fssione, una reazione a catena non controllata può generare una quantità di energia incredibilmente elevata in tempi molto brevi, come accade in una bomba atomica (che, a dire il vero, è una bomba nucleare). Usando un materiale in grado di assorbire i neutroni prima che provochino la fssione, è possibile limitare il numero di neutroni presenti all’interno del materiale fssile. In tal modo, si può raggiungere una condizione in cui ciascuna reazione fornisce, in media, soltanto un neutrone in grado di provocare un’ulteriore fssione (fgura 4). Rimangono così sotto controllo la reazione a catena e l’ ammontare dell’energia prodotta. La reazione a catena controllata costituisce il principio di funzionamento dei reattori nucleari utilizzati nella produzione di energia elettrica per scopi commerciali. 3 Reattori nucleari Un reattore nucleare è una sorta di «forno» in cui l’ energia viene generata tramite una fssione a catena controllata. Il primo reattore nucleare fu costruito da Enrico Fermi nel 1942 sotto le gradinate dello stadio dell’ Università di Chicago. Si stima che al dicembre 2007 operassero nel mondo 438 reattori nucleari di vario tipo e di- capitolo Stati Uniti Francia Giappone Russia Corea del Sud Gran Bretagna Canada Germania India Ucraina Cina Svezia Spagna Belgio Repubblica Ceca Taiwan (Cina) Svizzera Finlandia Ungheria Slovacchia Argentina Brasile Bulgaria Messico Pakistan Romania Sudafrica Armenia Lituania Olanda Slovenia 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi Figura 5 104 59 Il grafco sintetizza la localizzazione dei 438 reattori nucleari attivi nel mondo (dati del 2007, da International Atomic Energy Agency). 55 31 20 19 18 17 17 15 11 10 8 7 6 6 5 4 4 4 Barre mobili di controllo 2 2 2 2 2 2 2 1 1 1 1 20 40 60 80 Nocciolo del reattore 100 mensioni (fgura 5), molti dei quali costituiti dagli stessi componenti di base: elementi combustibili, un moderatore di neutroni e barre di controllo, secondo lo schema di fgura 6. Gli elementi combustibili contengono il materiale fssile e possono avere la forma di sottili barre da 1 cm di diametro. In un reattore di grandi dimensioni si possono trovare migliaia di elementi combustibili, disposti molto vicini tra loro all’interno di una regione detta nocciolo del reattore (fgura 7). Il combustibile più usato è l’ uranio 235 92 U. Dal momento che l’abbondanza in natura di tale combustibile è soltanto dello 0,7%, esistono speciali impianti per l’arricchimento dell’uranio che ne aumentano la percentuale. La maggior parte degli impianti commerciali usa uranio in cui la presenza dell’isotopo 235 92 U è stata aumentata fno al 3% circa. I prodotti della fssione dell’uranio sono isotopi radioattivi che rimangono all’interno delle barre di combustibile. Quando il materiale fssile si esaurisce, le barre vengono estratte dal reattore e i materiali in esse presenti vengono separati. Gli isotopi radioattivi, assemblati sotto forma di scorie nucleari, mantengono una marcata attività per migliaia di anni. Mentre i neutroni dotati di energie dell’ordine di 0,04 eV (o inferiori) sono in grado di provocare la fssione dell’ 235 92 U, i neutroni prodotti in un processo di fssione hanno energie molto superiori, dell’ordine di diversi MeV. Di conseguenza, un reattore nucleare deve contenere materiale in grado di moderare (cioè diminuire) la velocità dei neutroni veloci, rendendoli capaci di provocare la fssione dei nuclei di 235 92 U. Il materiale che rallenta i neutroni è detto moderatore: l’acqua è il moderatore più comune. Quando un neutrone veloce si allontana dall’elemento fssile che lo ha prodotto, si trova circondato dalle molecole d’ acqua, contro le quali urta in modo incessante. A ogni urto, il neutrone perde una frazione apprezzabile della propria energia e rallenta. In circa 10−3 s l’ energia del neutrone diventa paragonabile all’energia termica delle molecole del moderatore. A questo punto il neutrone è in grado di indurre la fssione del nucleo di 235 92 U contro cui urta. Visto che la potenza prodotta da un reattore deve rimanere costante, è necessario che uno solo dei neutroni provenienti da una fssione sia messo in condizioni di provocarne un’altra, come mostrato in fgura 4. Quando ciò avviene si dice che il reattore è critico. Un reattore normalmente funziona in condizioni di criticità, poiché in questo caso è in grado di produrre energia in quantità stabilizzata. Il reattore è subcritico quando, in media, i neutroni provenienti da una fssione provocano meno di una fssione successiva: in un reattore subcritico la reazione a catena non si autoali- Elementi combustibili Moderatore (acqua) Acqua fredda in entrata Figura 6 Un reattore nucleare è composto da elementi combustibili, barre di controllo e un moderatore (in questo caso, acqua). © Keynes.scuole.bo.it 0 Acqua calda in uscita Figura 7 Il nocciolo di un reattore nucleare in fase di costruzione. 1047 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi menta ed è destinata a spegnersi. Quando, in media, i neutroni provenienti da una fssione provocano più di una fssione successiva, il reattore è detto supercritico: in condizioni supercritiche l’ energia prodotta dal reattore aumenta. Se non controllato, l’aumento di energia può portare alla fusione parziale o totale del nocciolo, con il possibile rilascio di materiale radioattivo nell’ ambiente circostante. Il necessario meccanismo di controllo, che mantiene il reattore nel suo stato normale di criticità, è svolto da un certo numero di barre di controllo, che possono essere abbassate o sollevate rispettivamente dentro o fuori del nocciolo (fgura 6). Esse contengono un elemento, per esempio boro o cadmio, che assorbe rapidamente neutroni senza provocare fssioni. Se il reattore diventa supercritico le barre di controllo vengono automaticamente abbassate nel nocciolo per assorbire i neutroni in eccesso; in conseguenza di ciò, il reattore ritorna allo stato critico. Al contrario, se il reattore diventa subcritico, le barre di controllo vengono parzialmente sollevate; vengono così assorbiti meno neutroni, lasciandone disponibili per la fssione un numero maggiore e ripristinando in questo modo lo stato di criticità. Nei reattori ad acqua pressurizzata (fgura 8), il calore generato dalle barre di combustibile viene assorbito e portato all’esterno dall’acqua che circonda le barre stesse. L’acqua è mantenuta a una pressione di 150 atm, in modo che possa operare a temperature superiori ai 300 °C senza giungere a ebollizione. Attraverso uno scambiatore di calore, l’acqua del circuito interno cede energia all’acqua di un circuito secondario, nel quale è prodotto vapore. Il vapore aziona una turbina, collegata a un generatore elettrico che produce l’energia trasportata poi ai consumatori mediante linee di trasmissione ad alta tensione. All’uscita dalla turbina il vapore si condensa nuovamente in acqua, che viene riportata allo scambiatore di calore. Figura 8 Acqua pressurizzata Schema di una centrale nucleare che utilizza un reattore ad acqua pressurizzata. Vapore caldo in ingresso Generatore elettrico Turbina Vapore raffreddato in uscita Pompa Condensatore Pompa Reattore Acqua Scambiatore di calore tabella 1 ▪ Rischi e benefci dell’energia nucleare da fssione Rischi Possibili incidenti nelle centrali nucleari Disponibilità di combustibile (plutonio) per armi atomiche Smaltimento delle scorie radioattive Benefci Altissima effcienza energetica Assenza di emissioni di gas che provocano l’effetto serra Prolungamento della disponibilità di petrolio 1048 Acqua in uscita ■ nucleare: sì o no? L’Italia è l’unico Paese industrializzato che ha rinunciato, con il referendum popolare del 1987, ad avere centrali nucleari sul territorio nazionale. In questi ultimi anni, però, si è riacceso il dibattito sulla correttezza di questa scelta. Le ragioni sono legate alla necessità di affrontare le emergenze planetarie, come le emissioni di CO2 e la progressiva diminuzione delle riserve di petrolio, e di garantire al nostro Paese maggiore autonomia energetica. La tabella 1 elenca i principali rischi e benefci del nucleare da fssione. Le posizioni contrastanti sul nucleare nascono dalla diversa importanza relativa che si assegna a ciascuno di essi. La rilevanza del tema deve comunque indurre il cittadino a documentarsi approfonditamente e criticamente sulle complesse problematiche legate all’uso dell’energia nucleare, al fne di operare scelte ponderate e consapevoli. capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi Fusione nucleare 4 Il grafco dell’energia di legame per nucleone di fgura 9 consente di stimare l’energia prodotta in un processo di fssione. I nuclei massivi della parte destra del grafco hanno un’energia di legame di circa 7,6 MeV per nucleone. I frammenti meno massivi della fssione si trovano nella zona centrale della curva e hanno un’energia di legame dell’ordine di 8,5 MeV/nucleone. L’energia prodotta in una fssione è la differenza tra questi due valori, ovvero circa 0,9 MeV per nucleone. Energia di legame per nucleone (MeV) 10 10 8 8 6 6 4 4 Fissione Fusione 2 2 0 0 50 100 150 0 250 200 Numero di nucleoni A Figura 9 Quando avviene una fssione, un nucleo con grande massa si divide in due frammenti la cui energia di legame per nucleone è maggiore di quella del nucleo originario. Quando avviene una fusione, due nuclei di massa piuttosto piccola si uniscono formando un nucleo la cui energia di legame per nucleone è maggiore di quella dei nuclei originari. L’analisi del grafco di fgura 9 suggerisce un altro modo per generare energia. Due nuclei di piccola massa e con energia di legame per nucleone relativamente bassa possono combinarsi o «fondersi» in un singolo nucleo con una maggiore energia di legame per nucleone. Questo processo viene chiamato fusione nucleare e rappresenta la fonte di energia che alimenta le stelle. ESEmpiO 3 isotopi stellari Protone Due isotopi dell’idrogeno, 21 H (deuterio, D) e 31 H (trizio, T), si fondono formando 4 2He e un neutrone (fgura 10) in base alla reazione seguente: 2 1 Neutrone Nucleo di trizio 3 1H (contiene due neutroni) Nucleo di deuterio 2 1H (contiene un neutrone) H + 31 H → 42 He + 10n Fusione ▸ Determina l’energia rilasciata nella reazione. Figura 10 Energia il ragionamento e la soluzione L’energia rilasciata nella reazione dipende dalla differenza di massa fra i nuclei iniziali e i prodotti di reazione: Neutrone 1 0n masse iniziali masse finali 2 1 4,0026 u 2,0141 u 4 2 3 1 3,0161 u 1 0 1,0087 u totale 5,0302 u totale 5,0113 u H H He n Nucleo di elio 4 2He Il deuterio e il trizio si fondono formando un nucleo di elio 42 He. Nel processo viene prodotta una grande quantità di energia, la maggior parte della quale è trasportata da un singolo neutrone 10n . Il difetto di massa è ∆m = 5,0302 u − 5,0113 u = 0,0189 u Visto che 1 u equivale a 931,5 MeV di energia, l’energia prodotta è di 17,6 MeV . 1049 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi ■ Figura 11 Una superfcie toroidale. Fisica quotidiana La fusione nucleare mediante confnamento magnetico Energia dalla fusione Nell’esempio precedente partecipano alla fusione 5 nucleoni (2 del deuterio e 3 del trizio), e quindi l’energia prodotta per nucleone è circa (17,6 MeV)/(5 nucleoni) = 3,5 MeV/nucleone. È un’energia maggiore di quella prodotta in un processo di fssione (≈ 0,9 MeV/nucleone). In generale possiamo dire che a parità di massa di combustibile, una reazione di fusione produce più energia di una fssione. Il vantaggio della fusione sta nel fatto che il deuterio è presente in grande quantità nelle acque degli oceani e si può separare con relativa facilità dall’isotopo più comune dell’idrogeno, 11H. La diffcoltà principale è invece dovuta al fatto che i nuclei hanno carica positiva e quindi si respingono. Per vincere la repulsione elettrostatica i due nuclei devono avere energie cinetiche elevate, corrispondenti a temperature di 100 milioni di gradi. Ma a quelle temperature la materia esiste solo allo stato di plasma, una sorta di gas costituito da elettroni e nuclei totalmente ionizzati. Per mantenere le condizioni necessarie alla fusione bisogna dunque risolvere enormi problemi tecnici connessi al confnamento di un plasma a 100 milioni di gradi in una zona ben delimitata, in modo che in esso avvengano reazioni di fusione. Il metodo scelto è chiamato confnamento magnetico, in quanto usa campi magnetici per mantenere le particelle cariche del plasma in moto dentro una superfcie toroidale (fgura 11). Nel 2007 ha avuto inizio la fase operativa del progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), una cooperazione internazionale fra Unione Europea, Stati Uniti, Federazione Russa, Cina, India, Giappone e Corea del Sud che ha lo scopo di costruire un reattore in grado di «dimostrare la fattibilità scientifca e tecnologica della fusione nucleare come fonte di energia per scopi civili». Il reattore ITER è in allestimento a Cadarache, nel Sud della Francia. Si ritiene che entro il 2020 sarà in grado di fornire 500 MW di potenza per 400 s, consumando solo 50 MW per il riscaldamento del plasma (fgura 12). Figura 12 © Iter Il reattore del progetto internazionale ITER, progettato per generare una potenza di 500 MW mediante fusione nucleare. Per ottenerla si realizzerà un confnamento magnetico del plasma in una cavità toroidale mediante un campo magnetico di elevata intensità. Confronta le dimensioni del reattore con quelle dell’uomo in basso a sinistra. 5 ■ le stelle e la nucleosintesi la formazione di una stella Una stella si forma quando una nube di gas interstellare subisce una gigantesca condensazione prodotta dalla forza di gravità. La maggior parte del gas interstellare contiene idrogeno 11 H, cioè l’atomo più semplice formato da un protone e un elettrone legati dalla forza elettrica. La temperatura di questo gas è generalmente bassa, dell’ordine dei 10 K. 1050 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi Normalmente le nubi si trovano in una situazione di equilibrio, perché la forza di gravità che le farebbe collassare su se stesse viene controbilanciata dalla pressione interna della nube dovuta al moto delle particelle. Se si rompe questo equilibrio, inizia un collasso che può portare alla formazione di una stella. Nel caso del nostro Sole, per esempio, la condensazione del gas interstellare è stata causata dall’esplosione di una supernova, ossia di una stella con grande massa giunta al termine del suo ciclo vitale, che ha compresso la nube. Durante la fase in cui il gas collassa per effetto dell’attrazione gravitazionale, l’idrogeno si scalda, aumenta enormemente la sua energia cinetica e si ionizza formando un plasma, che è lo stato della materia in cui gli atomi si scindono in ioni positivi ed elettroni. Nel caso dell’idrogeno, al di sopra dei 30 000 K la quasi totalità degli atomi è ionizzata: i protoni e gli elettroni non sono più legati insieme ma formano una sorta di gas, neutro nel complesso ma composto da due popolazioni distinte di particelle con carica positiva (nuclei) e con carica negativa (elettroni). Mentre procede il collasso gravitazionale, nelle regioni più interne della nube si raggiungono temperature enormi. Nei violenti moti di agitazione termica, i protoni sono spinti l’uno contro l’altro con suffciente energia cinetica da vincere la repulsione coulombiana dovuta alla carica elettrica. Se due protoni riescono a trovarsi a una distanza dell’ordine di circa 10-15 m, entrano in gioco le forze nucleari che danno origine al processo di fusione. Per attivare un tale processo è necessaria l’energia termica di un ambiente alla temperatura di circa 4 milioni di kelvin. L’energia liberata nelle reazioni di fusione contrasta il collasso gravitazionale della nube: si forma così una stella. Nel caso di stelle con masse simili a quella del Sole, le reazioni di fusione hanno luogo nel nucleo centrale della stella, mentre nelle zone esterne, che formano la maggior parte del suo volume, non avvengono reazioni di fusione. ■ i processi di fusione che producono l’energia emessa dal Sole Il primo e più semplice processo di sintesi nucleare che avviene all’interno di una stella è la fusione dell’idrogeno, che porta alla formazione di un nucleo di elio 42 He a partire da quattro protoni, cioè da quattro nuclei di idrogeno 11 H: 4p → 42 He + 2e + + 2ν Il risultato di destra si ottiene attraverso due catene di reazione: la catena pp (protone-protone) e la catena CNO (carbonio-azoto-ossigeno). La prima catena, detta catena pp I, ha inizio con l’interazione tra due protoni. A causa della repulsione elettrostatica, due protoni non possono formare uno stato legato: un nucleo formato da soli due protoni non esiste. La sola possibilità di fusione avviene quando uno dei due protoni si trasforma in neutrone mediante un decadimento β. Questi decadimenti sono l’effetto dell’interazione debole (che vedremo nel prossimo paragrafo), che è un’interazione molto meno intensa di quella forte a cui si deve il legame tra nucleoni. Ciò implica che, all’interno del nucleo stellare, il processo che trasforma il protone in un neutrone è molto raro. Affnché un protone nel nucleo di una stella come il Sole riesca a unirsi con un altro protone trascorre, in media, più di un miliardo di anni. Questo è il motivo per cui il nostro Sole consuma lentamente la sua riserva di protoni, e dunque di energia, impiegando miliardi di anni per esaurirla. La reazione è p + p → 21 H + e + + ν Il processo rilascia un’energia di 0,44 MeV e il positrone si annichila quasi subito con uno degli elettroni che sono presenti nel plasma, producendo circa un altro MeV di energia. Durante questo processo viene emesso anche un neutrino ν che, essendo soggetto alla sola forza debole, interagisce debolmente con la materia della stella e può quindi allontanarsi quasi indisturbato. 1051 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi ν ν γ Protone γ Neutrone γ Raggio gamma Positrone ν Neutrino Figura 13 Catena pp: processo di fusione che porta a un nucleo di elio a partire da quattro protoni. Inizia così la formazione dei nuclei di deuterio 21 H. La densità di questi nuclei è però troppo bassa perché diventi probabile la loro unione diretta a formare nuclei di 42 He, per cui la fusione procede lungo altri canali. Anzitutto il deuterio si fonde con un altro protone e forma 32 He: p + 21 H → 32 He + γ Nel processo si origina anche un fotone γ e vengono prodotti circa 5,49 MeV di energia. Questa volta la probabilità che l’urto di due nuclei di 32 He dia origine a una fusione è alta: 3 3 4 2 He + 2 He → 2 He + 2p Il processo rilascia due protoni e produce circa 12,9 MeV di energia. Nel complesso, quindi, a partire da 4 protoni iniziali si forma un nucleo di 42 He e sono emessi 2 neutrini (fgura 13). Considerando che i due neutrini portano via circa 0,6 MeV, all’interno della stella sono rilasciati in totale circa 26 MeV di energia, compresa quella dell’annichilazione dei positroni, sotto forma di energia cinetica dei prodotti di reazione. Questo processo è responsabile di circa l’86% della produzione di energia solare. Il restante 14% è generato dalla catena pp II che richiede temperature superiori, almeno 14 milioni di kelvin. Questo processo consiste nella fusione di due isotopi diversi di elio che danno origine a un nucleo di berillio e alla produzione di un fotone γ: 3 4 7 2 He + 2 He → 4 Be + γ Il nucleo di berillio subisce un decadimento β inverso, assorbendo un elettrone e trasformandosi in litio, con l’emissione di un neutrino: 7 4 Be + e → 73 Li + ν Il litio può assorbire un protone, ma diventa instabile e si fssiona infne in due nuclei di elio 4: 7 4 4 3 Li + p → 2 He + 2 He La massa del Sole è insuffciente ad attivare altri processi di fusione nucleare, perciò questi due sono gli unici processi di fusione nucleare che danno origine all’energia irradiata dalla nostra stella. ■ il ciclo del carbonio-azoto-ossigeno Nelle nubi di gas interstellare sono presenti anche elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, ma il loro coinvolgimento in processi di reazione implica il superamento di forze coulombiane più intense di quelle presenti nella catena pp. Il Sole non ha una massa suffciente per attivare processi di fusione nucleare che vadano oltre la produzione di 74 Be. Per ottenere energia dalla fusione di nuclei più grossi, le stelle devono avere una massa almeno 1,2 volte superiore a quella del Sole. La fusione di tre nuclei 42 He (passando anche qui per il berillio 74 Be) forma nuclei di carbonio 126 C. Da questi ha inizio il ciclo CNO (carbonio, azoto e ossigeno), che porta allo stesso risultato netto della catena pp ma in modo più effciente: anche i nuclei 126 C permettono infatti di realizzare la fusione di quattro protoni in un nucleo di 42 He. Il 126 C è una sorta di catalizzatore nucleare, nel senso che alla fne del processo, dopo che i quattro protoni sono stati fusi, si riforma un nucleo di 126 C che può dar vita a una nuova fusione. Per questo motivo si parla di ciclo. Analizziamo i dettagli delle reazioni del ciclo CNO (fgura 14 alla pagina seguente). Inizialmente un nucleo di carbonio-12 cattura un protone e si trasforma in azoto producendo un raggio γ: 12 13 6C + p → 7N + γ L’azoto decade β+ emettendo un positrone e un neutrino: il positrone si annichila con uno degli elettroni del plasma e il neutrino fugge via. Il nucleo prodottosi nel decadimento è un nuovo isotopo del carbonio, il 136 C: 13 7 1052 N → 136 C + e + + ν capitolo He 4 1 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi Figura 14 Ciclo CNO: processo di fusione che porta alla formazione di un nucleo di elio a partire da quattro protoni, usando il 126 C come catalizzatore. H H 1 γ 12 C N 13 N O 13 15 ν Protone ν C 15 Neutrone N 14 Positrone γ Raggio gamma γ γ H 1 1 ν Neutrino H Anche il nucleo di carbonio-13 è in grado di catturare un protone e di ritrasformarsi in azoto, questa volta con un neutrone in più, producendo un raggio γ: 13 6 C + p → 147 N + γ Un terzo protone è ora catturato dall’azoto-14 che si trasforma in ossigeno-15 ed emette un altro fotone γ: 14 15 7N + p → 8O + γ L’ossigeno effettua un decadimento β+ emettendo un positrone e un neutrino e si trasforma nell’isotopo 157 N dell’azoto, mentre il positrone si annichila e il neutrino fugge via: 15 8 O → 157 N + e + + ν Infne, il quarto protone è catturato dal nucleo di azoto-15, ma il nucleo di ossigeno-15 che si forma è instabile e produce un decadimento α, che emette il nucleo 4 2 He (cioè la particella α) e ripristina l’iniziale nucleo di carbonio-12: 15 7 ■ N + p → 126 C + 42 He l’origine degli elementi Log10 (abbondanza) Come vedremo nel prossimo capitolo, circa 5 minuti dopo il Big Bang, nell'Universo ebbe inizio l’era della nucleosintesi, durante la quale si formarono nuclei di deuterio e di elio a partire da nuclei di idrogeno (protoni). Tutti gli altri nuclei che si trovano nell’Universo (fgura 15) sono stati sintetizzati nelle stelle: soltanto all’interno di una stella, infatti, la temperatura è così alta da rendere disponibile l’energia cinetica in grado di superare la repulsione coulombiana di nuclei più piccoli e di unirli insieme a formare nuclei più grandi. Il processo con cui si formano nuclei più grandi a partire da nuclei più piccoli all’interno delle stelle prende il nome di nucleosintesi stellare. 12 11 H 10 He 9 8 O C 7 Ne Si Fe S 6 N Ar Ca Ni 5 Na Ti 4 Zn P 3 Ge Co F Cu 2 Li V B Ga 1 Sc As 0 Be –1 –2 –3 0 5 10 15 20 25 30 35 L’abbondanza del Si è normalizzata a 106 Zr Mo Xe Sn Te Ba W Nb 40 Pt In 45 50 Pr 55 Numero atomico Z 60 Re 65 70 75 Pb Hg Au Bi 80 85 Th U 90 95 Figura 15 L’abbondanza degli elementi presenti nell’Universo. La scala verticale è logaritmica ed è stata normalizzata all’abbondanza del silicio, posta arbitrariamente al valore 106. Così, per esempio, il valore 3 per il fuoro (F) signifca che l’abbondanza del fuoro è 103−6 = 10−3, cioè mille volte inferiore a quella del silicio e quella del renio (Re) è 10−2−6 = 10−8, ovvero cento milioni di volte inferiore a quella del silicio. L’elemento più abbondante è ovviamente l’idrogeno, circa venticinquemila volte più abbondante del silicio. 1053 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi La nucleosintesi stellare avviene attraverso un insieme di processi estremamente complessi. In precedenza ci siamo limitati a discutere tre dei processi iniziali che producono elio a partire dai protoni, ma nelle stelle pesanti si hanno altri processi di fusione che producono nuclei sempre più massicci fondendo quelli più leggeri. La produzione di nuclei da parte delle stelle può essere sintetizzata in tre processi fondamentali: • • • la fusione nucleare che ha inizio da due protoni e continua producendo nuclei sempre più grandi fno a quello del 40 20 Ca; un processo che coinvolge i raggi gamma ad altissima energia e che consente la formazione di nuclei sempre più grandi fno al ferro 56 26 Fe, che è il nucleo con il massimo di energia di legame per nucleone; la sintesi di elementi più massicci del ferro, che avviene mediante cattura di neutroni da parte di nuclei pesanti durante le fasi in cui una stella di massa grande, che abbia esaurito l’energia prodotta dalla fusione, esplode in un supernova. Fino alla formazione del 56 26 Fe, infatti, i processi di fusione nucleare rilasciano energia, mentre le reazioni che danno luogo a nuclei con masse maggiori necessitano di energia per attivarsi. Il fatto che sulla Terra esistano elementi oltre il 56 26 Fe implica che il Sistema Solare si sia originato dall’onda d’urto cosmica prodotta da una supernova circa cinque miliardi di anni fa. Per effetto di questa onda d’urto, che ha trasportato i nuclei pesanti formatisi nell’esplosione, la nube di idrogeno ed elio ha iniziato il suo collasso gravitazionale: mentre nella parte centrale si è formato il Sole, i residui periferici, ricchi di elementi pesanti, hanno formato i pianeti che orbitano attorno a esso. 6 π0 + Protone + Protone + Protone + Protone Prima della collisione Dopo la collisione Figura 16 Quando un protone con grande energia cinetica urta con un protone fermo si crea un pione π0. Parte dell’energia del protone incidente viene utilizzata nella creazione del pione. particelle elementari Intorno al 1932 si pensava che l’elettrone, il protone e il neutrone fossero le sole particelle elementari esistenti in natura, ovvero i mattoni fondamentali di cui è costituita la materia. Grazie a continue scoperte sperimentali e teoriche, oggi sappiamo che il neutrone e il protone sono particelle composte e che esistono centinaia di altre particelle. A parte i neutrini, tutte queste particelle sono instabili con tempi di decadimento compresi tra 10−6 s e 10−23 s e hanno masse molto maggiori di quella dell’elettrone. Molte particelle sono prodotte accelerando protoni o elettroni a velocità relativistiche e facendoli poi urtare contro un bersaglio, che può essere un nucleo o una particella. La fgura 16, per esempio, mostra un urto fra un protone molto energetico e un protone fermo, urto in conseguenza del quale viene prodotta una nuova particella, il pione neutro (π 0). Dal momento che il pione non esiste prima dell’urto, esso è creato con una parte dell’energia del protone incidente. È consuetudine riportare le masse delle particelle nei termini delle loro energie a riposo in MeV. Per esempio, il pione π0 ha massa 135,0 MeV, mentre il protone ha massa 938,3 MeV. ■ neutrini Già nel 1930 Wolfgang Pauli aveva ipotizzato l’ esistenza del neutrino. Nel 1933 Enrico Fermi lo inserì nella sua teoria del decadimento β, ma la scoperta sperimentale del neutrino risale al 1956. Il neutrino non ha carica elettrica, ha una massa molto minore di quella dell’elettrone e viaggia a velocità prossime a quella della luce. Oggi sappiamo che esistono tre tipi di neutrino: il neutrino elettronico νe (quello del decadimento β), il neutrino muonico νµ e il neutrino tauonico ντ . I neutrini vengono prodotti in enormi quantità nelle stelle e sono le particelle più diffuse nell’ Universo. ■ positroni e antiparticelle Nel 1932 Carl D. Anderson (1905-1991) scoprì il positrone (il termine è una contrazione di «elettrone positivo»), una particella con la stessa massa dell’elettrone ma 1054 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi Rivelatore γ γ © CC Studio/Photo Researchers Rivelatore A B carica opposta e +. Un urto fra un positrone e un elettrone porta all’ annichilazione delle due particelle, con la loro conversione in energia elettromagnetica sotto forma di due raggi γ. Per questo motivo, i positroni non possono coesistere per molto tempo con la materia ordinaria. L’ annichilazione reciproca di un positrone e di un elettrone è alla base di un’importante tecnica diagnostica, la tomografa a emissione di positroni, più comunemente nota come PET. Isotopi radioattivi che decadono β+ ed emettono positroni, come l’ossigeno 158 O, sono iniettati nel corpo umano, all’interno del quale si accumulano in siti specifci. Il positrone 01e emesso durante un decadimento incontra quasi istantaneamente un elettrone −10e dei tessuti biologici. La loro annichilazione produce due fotoni γ: Figura 17 A Nella tomografa a emissione di positroni, o scansione PET, viene iniettato all’interno del corpo un isotopo radioattivo. L’isotopo decade emettendo un positrone, che si annichila con un elettrone del tessuto biologico dando luogo a due fotoni γ. Questi fotoni colpiscono dei rivelatori montati in punti diametralmente opposti di un anello che circonda il paziente. B Un paziente prima di essere sottoposto a una PET al cervello. e + −10e → γ + γ 0 1 © ISM/Phototake che sono rivelati da opportuni dispositivi montati su un anello che circonda il paziente, come mostrato in fgura 17a. Il positrone e l’elettrone formano un sistema isolato: per la legge di conservazio→ → → ne della quantità di moto, la quantità di moto totale dei due fotoni Q f = q 1γ + q 2γ è → → uguale a quella delle due particelle iniziali Q i. Ma Q i è quasi nulla se si considera che le due particelle possiedono una quantità di moto molto inferiore a quella di ogni → → → → → fotone. Quindi anche Q f = q 1γ + q 2γ ≈ 0, da cui q 1γ = − q 2γ, ossia le quantità di moto dei fotoni hanno la stessa direzione ma verso opposto. Quindi, i due fotoni si allontanano dal punto in cui è avvenuta l’annichilazione in versi opposti e colpiscono rivelatori posizionati in punti diametralmente opposti dell’ anello. Questa informazione viene sfruttata per produrre un’immagine al computer che può essere utile per diagnosticare anomalie nella zona in cui si è accumulato il radioisotopo (fgura 18). Il positrone fu il primo esempio di antiparticella: dopo la sua scoperta gli scienziati compresero che ogni particella possiede una corrispondente antiparticella, che ha carica elettrica opposta oppure momenti magnetici orientati in senso opposto rispetto allo spin (come nel caso della coppia Fisica quotidiana La scansione PET Figura 18 La tomografa ad emissione di positroni (PET) fornisce un’importante tecnica di diagnostica medica. Questa scansione PET del torace, a sezione assiale, mostra un tumore in un polmone (in corrispondenza della freccia). 1055 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi neutrino-antineutrino). Alcune particelle elettricamente neutre, come il fotone e il pione π0, sono le antiparticelle di se stesse. ■ muoni e pioni Nel 1937 Carl D. Anderson e Seth H. Neddermeyer (1907-1988) scoprirono il muone µ («mu»), una particella carica con massa 207 volte maggiore di quella dell’ elettrone. Esistono due tipi di muoni, aventi la stessa massa ma carica opposta: la particella µ− e la sua antiparticella µ+. Il muone µ− ha la stessa carica dell’elettrone, mentre il muone µ+ ha la stessa carica del positrone. Entrambi i muoni sono instabili per decadimento β con un tempo di decadimento di 2,2 ∙ 10−6 s: µ− → β− + νµ + –ν e µ+ → β+ + –ν + ν µ e I muoni interagiscono con protoni e neutroni attraverso l’interazione nucleare debole. Il fsico giapponese Hideki Yukawa (1907-1981) predisse nel 1935 l’esistenza dei pioni, che però furono scoperti solo nel 1947. Esistono tre tipi di pioni: uno carico positivamente, la sua antiparticella, con carica negativa e dotata della stessa massa, e il pione neutro, già precedentemente citato, che è anche l’ antiparticella di se stessa. I simboli per queste tre particelle sono rispettivamente π +, π − e π 0. I pioni carichi sono instabili, con una vita media di 2,6 ∙ 10−8 s. Il decadimento di un pione carico produce solitamente un muone: π − → µ − + –ν µ π + → µ+ + ν µ Anche il pione neutro π 0 è instabile e decade in due fotoni γ con una vita media di 8,4 ∙ 10−17 s. I pioni sono particelle molto interessanti in quanto, al contrario dei muoni, interagiscono con protoni e neutroni mediante l’interazione nucleare forte. ■ classificazione delle particelle Le particelle conosciute sono raggruppate in tre famiglie: bosoni, leptoni e adroni (tabella 2 alla pagina seguente). La famiglia dei bosoni è composta da particelle con spin intero che giocano un ruolo centrale nelle interazioni fondamentali. La famiglia dei leptoni è formata da particelle che interagiscono attraverso l’interazione nucleare debole. I leptoni possono esercitare anche forze gravitazionali e, se sono carichi, forze elettromagnetiche. Esistono sei leptoni con le rispettive antiparticelle. A ognuno dei tre leptoni con carica elettrica è associato un differente neutrino. Il leptone scoperto più recentemente è il τ, la cui esistenza fu sperimentalmente provata alla fne degli anni ’ 70 del secolo scorso. La famiglia degli adroni è formata da particelle che interagiscono sia mediante interazione nucleare forte sia attraverso interazione nucleare debole e elettromagnetica. Gli adroni sono tutte particelle composte da quark e l’unica stabile – entro un margine sperimentale di circa 1033 anni – è il protone. Il tempo di decadimento del neutrone è così grande rispetto alla scala dei tempi di decadimento tipici degli adroni, che è praticamente stabile. Gli adroni sono suddivisi in due gruppi: i mesoni (in genere più leggeri) e i barioni (più pesanti). Questa suddivisione trova una spiegazione nel modello a quark per gli adroni. ■ i quark Dal momento che venivano scoperti sempre più adroni, divenne chiaro che non potevano più essere considerati come particelle elementari. Si ipotizzò quindi che gli adroni siano composti di particelle ancora più piccole chiamate quark. Nel 1963 Murray Gell-Mann (1929) e Geoffrey Zweig (1937) formularono la teoria secondo la quale esistono tre quark, con i corrispettivi antiquark, e che gli adroni sono composti da una combinazione di quark. I quark sono dunque diventati le 1056 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi tabella 2 ▪ alcune particelle con le loro caratteristiche Famiglia particella Simbolo particella Simbolo antiparticella Energia (meV) Fotone γ γ (*) 0 W Bosoni Leptoni ± 0 Z 0 + W 0 Stabile 4 3 ∙ 10−25 4 8,04 ∙ 10 Z Z (*) 9,12 ∙ 10 3 ∙ 10−25 Gluone g – 0 – Higgs H0 H0 (*) 125 ∙ 103 2,9 ∙ 10−13 Elettrone e − oppure β− e + oppure β+ 0,511 Stabile Muone µ− µ+ 105,7 2,2 ∙ 10−6 Tau τ− τ+ 1777 2,9 ∙ 10−13 Neutrino elettronico νe ν–e < 2 ∙ 10−6 Stabile Neutrino muonico νμ ν–µ < 0,19 Stabile Neutrino tauonico ντ ν–τ < 18,2 Stabile π+ π− 139,6 2,6 ∙ 10−8 π0 π 0 (*) 135,0 8,4 ∙ 10−17 K – K0 493,7 1,2 ∙ 10−8 497,6 – η (*) p– 547,3 < 10−18 938,3 Stabile 939,6 886 1116 2,6 ∙ 10−10 1189 8,0 ∙ 10−11 1193 7,4 ∙ 10−20 1197 1,5 ∙ 10−10 1672 8,2 ∙ 10−11 Pione Adroni (mesoni) W − Emivita (s) Kaone K + K0 Eta η Protone p 0 Σ− Ω− Ω+ n Lambda Λ 0 Σ+ Sigma Omega 0 n– – Λ0 – Σ− – Σ0 – Σ+ Neutrone Adroni (barioni) − Σ0 (*) La particella è antiparticella di se stessa. particelle elementari della famiglia degli adroni. Le particelle delle altre famiglie, invece, sono considerate esse stesse elementari e quindi non composte da quark. I tre quark sono stati chiamati up (u), down (d) e strange (s) e si è ipotizzato che abbiano una carica frazionaria rispettivamente pari a +(2/3)e, −e/3 e −e/3 (tabella 3 alla pagina seguente). Dal punto di vista sperimentale, i quark dovrebbero essere facilmente rivelabili a causa della loro carica frazionaria, ma nonostante una ricerca molto estesa non sono mai stati scoperti quark liberi. Secondo la teoria originaria, mesoni e barioni sono diversi: ciascun mesone è formato da due soli quark, mentre un barione ne contiene tre. Per esempio, il pione π − (un mesone) è composto da un quark d e da un antiquark u– : π − = d + u– , come mostrato in fgura 19. I due quark si combinano nel mesone attribuendogli la carica – – netta pari a −e. In modo analogo, il pione π + è composto dai quark d e u: π + = d + u. Al contrario protoni e neutroni, essendo barioni, sono formati da tre quark. Il protone contiene la combinazione d + u + u, il neutrone la combinazione d + d + u (fgura 19). Il modello a quark originario risultò estremamente soddisfacente per la previsione delle cariche elettriche degli adroni e di altre proprietà. Tuttavia, nel 1974 fu scoperta una nuova particella, il mesone J/ψ. Questo mesone ha un’energia a riposo di 3097 MeV, molto più alta delle energie a riposo di tutti gli altri mesoni conosciuti. L’esistenza del mesone J/ψ poteva essere spiegata solo ipotizzando l’esistenza di una nuova coppia quark-antiquark; questo tipo di quark fu chiamato «incantato» o char- – d 1 + – –– e 3 – u 2 – –– e 3 d 1e – –– 3 u 2e + – –– 3 π– π+ Mesoni d 1e – –– 3 u 2e + –– 3 u u 2e + –– 3 2e + –– 3 d 1e – –– 3 Protone d 1e – –– 3 Neutrone Barioni Figura 19 In base all’originario modello a quark degli adroni, tutti i mesoni sono costituiti da un quark e da un antiquark, mentre i barioni contengono tre quark. 1057 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi tabella 3 ▪ Quark e antiquark Quark antiquark nome Simbolo carica Simbolo carica Up u 2 +_e 3 u– 2 −_e 3 Down d 1 −_e 3 – d 1 +_e 3 Strange s 1 −_e 3 s– 1 +_e 3 Charmed c 2 +_e 3 c– 2 −_e 3 Top t 2 +_e 3 – t 2 −_e 3 Bottom b 1 −_e 3 – b 1 +_e 3 med (c). La scoperta di particelle sempre nuove ha reso necessario postulare l’esistenza anche di un quinto e di un sesto quark, i cui nomi sono top (t) e bottom (b). Attualmente esistono evidenti prove sperimentali dell’esistenza dei sei tipi di quark, con i corrispondenti antiquark. Le caratteristiche delle centinaia di adroni conosciuti possono essere spiegate in termini di queste sei coppie di quark e antiquark. Oltre alla carica elettrica, i quark possiedono altre grandezze caratteristiche. Per esempio, ognuno possiede una proprietà chiamata colore, di cui esistono tre varianti: blu, verde e rosso. Le corrispondenti possibilità per un antiquark sono antiblu, antiverde e antirosso. L’uso del termine «colore» e la particolare scelta di blu, verde e rosso sono arbitrari, in quanto i colori visibili dello spettro elettromagnetico non hanno niente a che fare con le proprietà dei quark. La grandezza associata al colore, tuttavia, è importante, perché assicura l’ accordo fra il modello a quark e il principio di esclusione di Pauli e permette di rendere conto di osservazioni sperimentali che sarebbe diffcile spiegare altrimenti. ■ il modello Standard Il Modello Standard è una costruzione teorica molto complessa, sviluppata tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, in grado di interpretare e descrivere le interazioni tra tutti i costituenti noti della materia. Tutte le particelle elementari che sono state scoperte interagiscono l’una con l’altra mediante una o più delle seguenti quattro forze: forza gravitazionale, interazione nucleare forte, interazione nucleare debole e forza elettromagnetica. Nel Modello Standard non è compresa la forza di gravità, la cui interpretazione a livello quantistico è tuttora un problema aperto. Le altre interazioni, cioè quella elettromagnetica, che coinvolge tutte le particelle con carica elettrica, quella debole, che opera su tutte le particelle del Modello Standard, e quella forte, che agisce solo sui quark, fanno parte di questa struttura teorica. Nel Modello Standard, la nostra comprensione dei costituenti fondamentali della materia segue lo schema riportato nella fgura 20 alla pagina seguente: le molecole, per esempio di acqua (H2O), sono composte di atomi. Ogni atomo consiste di un nucleo circondato da una nuvola elettronica. Il nucleo, a sua volta, è formato da protoni e neutroni, che sono composti da quark. Il Modello Standard è una teoria di campo quantistica, ovvero è consistente sia con la meccanica quantistica sia con la relatività speciale, e descrive la realtà sotto forma di campi, ovvero di entità che assumono valori diversi nei diversi punti dello spazio e del tempo (come abbiamo visto parlando di campi elettromagnetici). La meccanica quantistica applicata ai campi impone che, nel momento in cui si vuole osservare un campo, ciò che si trova siano in realtà i suoi quanti, che noi identifchia1058 25 capitolo 10–9 m 10–10 m 10–15 - 10–14 m + + Molecola Atomo + + + EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi 10–15 m Meno di 10–18 m Neutrone (o protone) Quark + + + + Nucleo mo come particelle. Per esempio, il campo elettromagnetico quantistico si manifesterà soltanto tramite i suoi quanti, che sono i fotoni. A ogni particella corrisponde un campo e viceversa, ed esistono differenze di comportamento tra i campi bosonici, le cui particelle hanno uno spin intero come i fotoni, e i campi fermionici, aventi quanti a spin semintero, come gli elettroni e i quark. Per tradizione, ci si riferisce ai campi fermionici come ai campi di materia. ■ Figura 20 La visione attuale della composizione della materia in termini di unità fondamentali, dalle molecole ai quark. Sono indicate anche le dimensioni approssimative di ciascuna unità. il bosone di Higgs Solo uno dei quattro campi dell’interazione elettrodebole è di fatto senza massa, il fotone. Gli altri tre danno origine a quanti, cioè a particelle dotate di massa. Come abbiamo detto, i quanti dei campi di interazione dovrebbero essere senza massa, ma i quanti di tre campi dell’interazione elettrodebole hanno massa. Questa contraddizione sperimentale ha bloccato lo sviluppo delle teorie di gauge per molto tempo. Circa cinquant’anni fa, alcuni fsici, tra cui lo scozzese Peter Higgs, cercarono un meccanismo in grado di dotare di massa i quanti del campo elettrodebole, in modo da poter mantenere la struttura che genera le interazioni a partire dalle simmetrie, ma di avere quanti dotati di massa. Il più semplice meccanismo in grado di dotare di massa i quanti dell’interazione elettrodebole consiste nell’ipotizzare che esista un particolare campo bosonico a spin zero, a sé stante, il quale interagisce con i quanti dell’interazione elettrodebole (esclusi i fotoni) e fornisce loro una massa. I quanti di questo particolare campo sono detti bosoni di Higgs. I bosoni di Higgs sono in grado di dotare di massa i quanti dell’interazione elettrodebole indicati con le lettere Z0 e W+ e W−. Il primo è neutro, mentre gli altri due hanno rispettivamente carica elettrica positiva e negativa. Le loro masse sono 97 volte quella del protone per Z0 e 86 volte quella del protone per W±: per creare masse così grandi è necessaria molta energia. Va detto infne che l’ interazione col bosone di Higgs è in grado di dare una massa anche ai fermioni. Il 4 luglio 2012, in una conferenza stampa tenuta al CERN, è stato annunciato che i dati prodotti con l’acceleratore LHC (fgura 21) hanno confermato l’esistenza di un oggetto di massa pari a circa 133 volte quella del protone, che ha tutte le caratteristiche per essere identifcato con il bosone di Higgs. © bo.infn.it Figura 21 L’interno del tunnel del LHC (Large Hadron Collider), l’acceleratore di particelle più grande e potente fnora realizzato. 1059 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi l’ordine di grandezza Quanti giri del tunnel di LHC deve compiere un protone per acquistare l’energia propria del fascio? © CERN per calcolare il numero di giri del tunnel sotterraneo che un protone deve eseguire per raggiungere l’energia propria del fascio, bisogna considerare il rapporto tra lo spazio che esso percorre e la lunghezza del tunnel. il modello (numero di giri del tunnel di LHC) = (spazio percorso dal protone) / (lunghezza del tunnel) i numeri ▸ Spazio percorso dal protone = = (velocità del protone all’ingresso in LHC) (tempo impiegato per raggiungere l’energia richiesta) = = (0,999 997 828 c) (1500 s) ≈ (3 ∙ 108 m/s) (1,5 ∙ 103 s) ≈ ≈ 4,5 ∙ 1011 m ▸ Lunghezza del tunnel = 2,7 ∙ 104 m un paragone Compiendo questo numero di giri a una velocità che praticamente è quella della luce, ogni protone percorre un tragitto di circa 450 milioni di kilometri, una lunghezza uguale a 3 volte la distanza che separa la Terra dal Sole. le fonti il risultato numero di giri del tunnel di LHC = 4,5 ∙ 1011 m = _________ = 1,7 ∙ 107 giri 2,7 ∙ 104 m L’ordine di grandezza è: 107 giri Ogni protone che entra nel tunnel di LHC ha una velocità pari a 0,999 997 828 volte quella della luce, un’energia di 450 GeV e viene accelerato fino a Stima l’ordine di grandezza raggiungere l’energia richiesta dal fascio, pari a 7 TeV, quando ormai si sta muovendo a una velocità di 0,999 999 991 c: per aumentare la sua velocità di questa quantità infinitesima, ogni protone deve percorrere l’anello sotterraneo circa 17 milioni di volte. ∙ Velocità del protone all’ingresso in LHC: CERN, Centro europeo ricerca nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/) ∙ Tempo impiegato per raggiungere l’energia richiesta: CERN, Centro europeo ricerca nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/ lhc-machine-outreach-faq.htm) ∙ Lunghezza del tunnel: CERN, Centro europeo ricerca nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/lhc-vital-statistics.htm) il modello (numero di collisioni al secondo) = (numero di collisioni tra due protoni a ogni incrocio dei due fasci) (frequenza di incrocio dei due fasci) i numeri Quante collisioni tra protoni avvengono ogni secondo all’interno dei rivelatori di particelle di lHc? Numero di collisioni tra due protoni a ogni incrocio dei due fasci = 20 collisioni Frequenza di incrocio dei due fasci = = (numero dei pacchetti di protoni da cui sono costituiti i due fasci) (frequenza di incrocio tra due pacchetti di protoni) = = (2808 pacchetti) (11254 incroci/secondo) = 3,2 ∙ 107 incroci/secondo il risultato Numero di collisioni al secondo = .................. le fonti ∙ Numero di collisioni tra due protoni a ogni incrocio dei due fasci: CERN, Centro europeo ricerca nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/collisions.htm) ∙ Numero dei pacchetti di protoni da cui sono costituiti i due fasci: CERN, Centro europeo ricerca nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/collisions.htm) ∙ Frequenza di incrocio tra due pacchetti: CERN, Centro europeo ricerca nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/lhc-vital-statistics.htm) 1060 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi I concetti fondamentali 1 Reazioni nucleari indotte Reazione nucleare indotta Si verifca ogni volta che un nucleo bersaglio subisce un urto con un nucleo, un atomo, una particella subatomica o un fotone γ e a causa dell’urto subisce una trasformazione. Nel caso del Sole, la condensazione del gas interstellare è stata causata dall’esplosione di una supernova, cioè di una stella con grande massa, giunta al termine del suo ciclo vitale. processi di fusione in una stella Il primo e più semplice processo di sintesi nucleare che avviene all’interno di una stella è la fusione dell’idrogeno, che porta alla formazione di un nucleo di elio a partire da quattro protoni (cioè da quattro nuclei di idrogeno): trasmutazione nucleare indotta È una reazione in cui il nucleo bersaglio si trasforma in un nucleo di un nuovo elemento. neutrone termico È un neutrone dotato di un’energia cinetica di circa 0,04 eV. 4p → 42 He + 2e + + 2νe Il risultato si ottiene attraverso due catene di reazione: la catena pp (protone-protone) e la catena CNO (carbonio-azoto-ossigeno). 2 Fissione nucleare Fissione nucleare Avviene quando un nucleo si scinde in due frammenti di massa inferiore. Può essere provocata dall’assorbimento di un neutrone termico. Quando si verifca, viene rilasciata energia perché l’energia di legame per nucleone dei frammenti è maggiore rispetto a quella del nucleo iniziale. Reazione a catena Nella reazione di fssione vengono emessi anche dei neutroni che, a loro volta, sono in grado di provocare la fssione di altri nuclei, dando luogo al processo noto come reazione a catena. Origine degli elementi Circa 5 min dopo il Big Bang ebbe inizio l’era della nucleosintesi, durante la quale si formarono nuclei di deuterio e di elio a partire da nuclei di idrogeno (protoni). nucleosintesi stellare Tutti gli altri nuclei che si trovano nell’Universo sono stati sintetizzati nelle stelle, dato che soltanto all’interno delle stelle le temperature possono essere così alte da consentire a nuclei piccoli, dotati di elevatissima energia cinetica, di superare la repulsione coulombiana e unirsi insieme, formando nuclei più grandi. I processi, estremamente complessi, che producono tali trasformazioni prendono il nome di nucleosintesi stellare. 6 3 Reattori nucleari Reattore nucleare È un sistema in grado di generare energia utilizzando una reazione a catena controllata. componenti di un reattore Le componenti fondamentali di un reattore sono: gli elementi combustibili, contenenti il materiale fssile nel cosiddetto nocciolo; il moderatore di neutroni (per esempio acqua), che rallenta i neutroni prodotti nelle fssioni; le barre di controllo, in grado di assorbire facilmente neutroni. 4 Fusione nucleare Fusione nucleare In un processo di fusione nucleare due nuclei si fondono in un singolo nucleo. L’energia rilasciata è dovuta al fatto che l’energia di legame per nucleone di questo nucleo è maggiore rispetto a quella dei nuclei iniziali. confnamento magnetico In futuro potrebbe essere una tecnica per produrre energia da fusione controllata per scopi civili. 5 le stelle e la nucleosintesi Formazione di una stella Avviene quando una nube di gas interstellare subisce una gigantesca condensazione prodotta dalla forza di gravità. particelle elementari Famiglie dei bosoni, dei leptoni e degli adroni Le particelle subatomiche sono divise in tre famiglie, quelle dei bosoni (di cui fa parte il fotone), quella dei leptoni (che comprende l’elettrone) e quella degli adroni (che comprende il protone e il neutrone). particelle elementari Sono i costituenti fondamentali della materia. Tutti i membri delle famiglie dei fotoni e dei leptoni sono particelle elementari. teoria dei quark Ritiene che gli adroni non siano particelle elementari, ma siano composti da particelle elementari chiamate quark. Attualmente le caratteristiche di centinaia di adroni possono essere spiegate a partire da sei quark (up, down, strange, chermed, top e bottom) e dai loro antiquark. modello Standard È una costruzione teorica molto complessa in grado di interpretare e descrivere le interazioni tra tutti i costituenti noti della materia. Tutte le particelle elementari interagiscono con una o più delle seguenti quattro forze: forza gravitazionale, interazione nucleare forte, interazione nucleare debole e forza elettromagnetica. Ad eccezione della prima, tutte le altre sono contemplate dal Modello Standard, che è una teoria di campo quantistica, cioè consistente sia con la meccanica quantistica sia con la relatività speciale. Bosone di Higgs È un bosone elementare, teorizzato nel 1964 e rilevato per la prima volta nel 2012 col l’acceleratore LHC. La sua importanza è quella di essere la particella che, secondo la teoria, conferisce massa alle particelle elementari. La sua esistenza garantisce la consistenza del Modello Standard. 1061 Come funziona… il progetto itER Deuterio © ITER Organization Uno degli obiettivi più ambiziosi della ricerca sulla fusione nucleare è quello di imitare il processo di produzione di energia delle stelle. Lo scopo è quello di ottenere una reazione di fusione che produca più energia di quella usata per innescarla. L’International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER) sarà il primo impianto di fusione nucleare al mondo, concepito proprio per dimostrare la fattibilità scientifca e tecnologica della fusione come fonte di energia. L’accordo per la costruzione di ITER, che sarà situato a Cadarache, nel sud della Francia (fgura a), è stato siglato il 28 giugno 2005 a Mosca tra sette partner – Cina, Europa, India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti – e al progetto lavorano moltissimi centri di ricerca in tutto il mondo (l’ENEA in Italia). La costruzione è cominciata nel 2007. L’energia di fusione sarà ottenuta facendo fondere due nuclei di isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio, formati rispettivamente da un protone e un neutrone. Questo tipo di reazione è in grado di produrre un’enorme quantità di energia ma necessita al tempo stesso di una temperatura pari a circa 150 000 000 °C per innescarsi: un valore dieci volte superiore a quello che si raggiunge nel nucleo del Sole. Figura a Vista aerea del sito di costruzione Cadarache. A temperature così elevate, gli elettroni vengono separati dai nuclei e il gas diventa plasma. In queste condizioni, una particella alfa prodotta dalla reazione di fusione può innescare all’interno del plasma altre reazioni di fusione in un processo a catena (fgura B). Il tasso di reazione può diventare tale che la fusione riesce ad autosostenersi, producendo molta più energia di quella impiegata inizialmente per ottenere il plasma stesso: ITER sarà in grado di produrre 500 MW per circa 15-30 minuti partendo da 50 MW forniti in ingresso. Per riscaldare il plasma si useranno due metodi (fgura c): verranno iniet- Radio Frequency (RF) Heating Ohmic Heating Elio tati atomi di idrogeno ad alta velocità che, trasferendo la loro energia tramite collisioni, riscalderanno le componenti del plasma; e verranno usate onde elettromagnetiche ad alta frequenza per riscaldare gli ioni (a 40-55 MHz) e gli elettroni (170 GHz) del plasma, con un sistema analogo a quello che si usa per riscaldare il cibo in un microonde. La reazione di fusione avviene in una camera a vuoto di forma toroidale (volume 1400 m3), chiamata tokamak. La miscela deuterio-trizio viene pompata nella camera molto velocemente e poi trasformata in plasma tramite ionizzazione indotta da un Electric Current Transmission Line Antenna Electromagnetic Waves Energia Trizio B 1062 Neutrone © ITER Organization Energetic hydrogen atoms Figura B Neutral Beam Injection Heating C Schema della reazione di fusione. Figura c Sistemi di riscaldamento esterno del plasma. capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi Figura D © ITER Organization Sezione del tokamak di ITER. Figura E © ITER Organization Il tokamak di ITER, alto 30 metri e del peso di 23 000 tonnellate, racchiuso nel criostato. La zona in sezione di confnamento del plasma è rappresentata dalla fascia viola. sistema elettrico. All’interno di questa camera, il plasma viene poi confnato con un campo magnetico che vincola nuclei ed elettroni a compiere orbite a spirale attorno alle linee di forza del campo. Il campo magnetico è prodotto da un solenoide centrale e 18 bobine superconduttrici (fgura D). I prodotti della reazione di fusione non sono radioattivi. Tuttavia, i neutroni emessi, che non avendo carica sono quindi indifferenti al campo magnetico, potrebbero attivare le pareti della camera che è quindi rivestita di 440 pannelli di berillio. Questi pannelli hanno la funzione di catturare i neutroni e di evitare il danneggiamento degli strati più esterni del reattore. Il tokamak è poi racchiuso da un criostato che controlla il raffreddamento dell’intera struttura. Uno dei punti che rendono la fusione una possibilità molto promettente è la vasta disponibilità degli elementi che fanno da carburante. Mentre un impianto a carbone richiede 2,7 milioni di tonnellate di carbone all’anno, un impianto di questo genere avrebbe bisogno solo di 250 kg di carburante all’anno: 125 kg di deuterio e 125 kg di trizio. Il deuterio può essere ricavato dall’acqua: in ogni litro di acqua marina si trovano infatti 33 mg di deuterio. Il trizio, che è un elemento radioattivo di vita media breve, potrà invece essere prodotto nelle stesse reazioni di fusione, grazie all’interazione dei neutroni che sfuggono dal plasma con alcune pareti del tokamak, contenenti in questo caso del litio. Quando si smette di riscaldare il plasma, la reazione di fusione si interrompe dopo un certo tempo, detto tempo di confnamento, perché il calore si disperde per conduzione. Per questo motivo il reattore a fusione è un sistema sicuro e di facile controllo. Si prevede che nel 2050 saranno necessari 30 TW di energia annuali rispetto ai 13 TW attuali. Per questo motivo non è possibile far conto esclusivamente sulla produzione di idrocarburi, pensando al tempo stesso ad alternative che non producano grossi quantitativi di anidride carbonica. In questo panorama il processo di fusione si rivela essere un ottimo candidato: è una fonte di energia pressoché illimitata, non produce gas serra, non ha problemi di scorie radioattive ed è un processo sicuro perché controllabile. Al momento le varie componenti del reattore sono in fase di costruzione e verranno spostate nel sito dove sorgerà il reattore tra il 2015 e il 2021. Lì poi verranno assemblate. Si prevede che tra il 2020 e il 2027 ITER sarà operativo per le prime fasi di sperimentazione, anche se si sono già accumulati un paio d’anni di ritardo nei lavori. 1063 capitolo 25 ESERCIZI EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi cHalKBOaRD ViDEOS problemi (Esercizi risolti in inglese) 1 Reazioni nucleari indotte 1 Considera la reazione 10 4 A 1 5 B + 2 He → ZX + 1 H ▪▪▪ ▶ 2 ▪▪▪ 3 ▪▪▪ Scrivi l’equazione per la reazione 178 O(γ, αn) → 126 C. La notazione «αn» signifca che la reazione produce una particella α e un neutrone n. ▶ ▶ 4 ▪▪▪ 7 ▪▪▪ 232 90 ▶ 94 Be + 11 H → 42 He + ... ▶ 42 He + ... → 178 O + 11 H 5 ▪▪▪ + 10n → ... + γ Considera la reazione nucleare indotta 2 1 2 1 12 6 Tale nucleo subisce poi un decadimento β−, come anche il suo nucleo fglio. Identifca il nucleo fnale fornendone il numero di massa e il numero atomico. Completa le seguenti reazioni nucleari: 46 + 43 20 Ca → 21 Sc + ... H + 147 N → 126 C + 42 He Le masse atomiche coinvolte sono: Th in Identifca il nucleo incognito fornendo il suo numero di massa, il suo numero atomico e il simbolo chimico. ▶ 42 He + ... → 126 C + 10n ▶ 55 25 Mn Determina l’ isotopo X prodotto. Un neutrone provoca una trasmutazione nel base alla reazione 1 232 A 0n + 90 Th → ZX + γ ▶ 94 Be ▶ 6 ▪▪▪ H (2,014 102 u) C (12,000 000 u) 14 7 N (14,003 074 u) 4 2 He (4,002 603 u) Determina l’energia prodotta (in MeV). Per ognuna delle seguenti reazioni, determina la particella incognita ZAX : A ▶ Z X + 147 N → 11 H + 178 O ▶ 157 N + ZAX → 126 C + 42 He ▶ 11 H A 1 + 27 13 Al → ZX + 0n ▶ 73 Li + 11 H → 42 He + ZAX ESEmpiO 232 Il 232 90 Th è un isotopo radioattivo con un tempo di decadimento confrontabile con la vita dell’Universo. Se il 90 Th è 233 bombardato con neutroni, può catturarne uno e trasformarsi a seguito di due decadimenti in 92 U, isotopo che può essere usato per alimentare i reattori nucleari. Poiché il 232 90 Th è relativamente abbondante nelle rocce (si stima che la quantità di torio nelle rocce della crosta terrestre sia dieci volte quella dell’uranio) è stato proposto di estrarlo e bombardarlo con neutroni per ottenere materiale fssile. ▶ 233 A partire dal 232 90 Th che cattura un neutrone, quali sono i decadimenti che danno origine all’uranio 92 U? la soluzione La prima reazione nucleare è la cattura del neutrone da parte del nucleo di torio. La cattura aumenta di un’unità il numero di massa, ma lascia invariato il numero atomico, per cui il prodotto è ancora un isotopo di torio: 233 n + 232 90 Th → 90 Th 1 0 Poiché l’ uranio ha numero atomico Z = 92, per ottenerlo a partire dal 233 90 Th è necessario che il numero atomico aumenti di due unità: ciò signifca che due neutroni devono effettuare in sequenza un decadimento β e diventare protoni: 233 90 Th → β− + ν– + 233 91 Pa (l’elemento con Z = 91 si chiama protoattinio, Pa) e infne: 233 91 Pa → β− + ν– + 233 92 U Il tempo di dimezzamento per il primo decadimento β è circa 24 minuti, mentre per il secondo è circa 28 giorni. 8 ▪▪▪ Completa le seguenti reazioni nucleari, assumendo che l’ incognita, rappresentata da «?» rappresenti un singolo elemento: 34 ▶ 18 Ar (n, α) → ? 82 ▶ 34 Se (?, n) → 82 35 Br 1064 58 ▶ 28 Ni (40 18 Ar, ▶ ?) → 57 27 Co ?(γ, α) → 168 O ESERCIZI 9 ▪▪▪ capitolo Durante una reazione nucleare, una particella sconosciuta viene assorbita da un nucleo di rame 63 29 Cu, e i , un neutrone e un prodotti della reazione sono 62 Cu 29 protone. ▶ 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi 10 L’ 235 92 U assorbe un neutrone termico e subisce una fs141 sione producendo rubidio 93 37 Rb e cesio 55 Cs. ▪▪▪ ▶ Determina il nome, il numero atomico e il numero di nucleoni del nucleo che si forma temporaneamente quando il 63 29 Cu assorbe la particella sconosciuta. 11 ▪▪▪ 2 3 12 ▪▪▪ Quali e quanti nucleoni vengono prodotti con la fssione? Fissione nucleare Reattori nucleari Determina il numero atomico Z, il numero di massa atomico A e l’elemento X per l’incognita AZ X nella seguente reazione di fssione dell’uranio 235 92 U: 133 A 1 n + 235 92 U → 51 Sb + ZX + 4 0n 1 0 ESEmpiO L’uranio–235 235 92 U è un materiale fssile in grado di dare origine a una reazione a catena perché, dopo aver assorbito un neutrone, si fssiona in due parti, liberando più di un neutrone. Supponi che in un evento di fssione un nucleo 235 92 U si frammenti in iodio-139 e ittrio-95. ▶ Quanti neutroni vengono emessi? la soluzione Lo iodio ha numero atomico Z = 53, per cui lo iodio-139 è 139 53 I. L’ittrio ha numero atomico Z = 39, per cui l’ isotopo . Allora il processo di fssione in questione è della fssione è 95 Y 39 139 95 1 n + 235 92 U → 53 I + 39 Y + k 0n 1 0 Affnché il numero di massa sia bilanciato, deve essere k = 2, per cui vengono emessi due neutroni. 13 ▪▪▪ Considera la seguente reazione di fssione: 16 ▪▪▪ 132 101 n + 235 92 U → 50 Sn + 42 Mo + neutroni 1 0 Un neutrone da 1,5 MeV perde in ogni urto il 35% della sua energia incidente. ▶ ▶ 14 ▪▪▪ Nella fssione di un nucleo di 235 92 U (235,043 924 u) sono rilasciati circa 200 MeV di energia. ▶ 15 ▪▪▪ Indica quanti neutroni sono emessi. Quanto vale il rapporto tra energia rilasciata ed energia a riposo del nucleo di uranio? Considera la seguente reazione di fssione: 1 0 n ⏟ 1,009 u ▶ 18 ▪▪▪ 17 ▪▪▪ + 235 92 U → ⏟ 235,044 u 140 54 Xe + ⏟ 139,922 u 94 38 Sr + ⏟ 93,915 u Calcola quanti urti sono necessari per termalizzare il neutrone, cioè per diminuirne l’energia portandola al di sotto di 0,040 eV. L’uranio troni: 235 92 U si scinde in due frammenti più tre neu- 1 n + 235 92 U → 2 frammenti + 3 0n 1 0 La massa di un neutrone è 1,008665 u e quella dell’uranio 235,043924 u. 2 10n ⏟ ▶ 2 (1,009 u) Calcola quanta energia (in MeV) viene prodotta. Se durante la fssione vengono prodotti 225,0 MeV di energia, quanto vale la massa totale dei due frammenti? ESEmpiO Nella maggior parte dei reattori nucleari in funzione, la fssione dell’uranio 235U viene indotta mediante assorbimento di neutroni di bassa energia. Un neutrone si dice termico quando la sua energia cinetica è la stessa di quella delle molecole di gas dell’ ambiente. Considera un neutrone termico e calcolane: ▶ l’energia in eV; ▶ la velocità; ▶ la sua lunghezza d’onda di de Broglie. la soluzione ▶ L’ energia cinetica media di traslazione di una molecola di un gas a temperatura T è 3 E = _ kT 2 1065 capitolo 25 ESERCIZI EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi dove k = 1,38 ∙ 10−23 J/K è la costante di Boltzmann. Per la temperatura ambiente T = 20 °C = 293 K abbiamo 3 E = _ (1,38 ∙ 10−23 J/K)(293 K) = 6,1 ∙ 10−21 J 2 ▶ Trasformiamo l’ energia E in eV: 6,1 ∙ 10−21 J = 0,038 eV E = __________ 1,6 ∙ 10−19 J/eV Poiché il neutrone non è legato, la sua energia è solo cinetica, cioè 1 E = _ mv 2 2 −27 Essendo la massa del neutrone m = 1,675 ∙ 10 kg, si ha v= ▶ √ __ E 2_ = m √ __________ 6,1 ∙ 10−21 J 2 __________ = 2,7 ∙ 103 m/s = 2,7 km/s 1,675 ∙ 10−27 kg Infne la lunghezza d’onda di de Broglie di un neutrone termico è h 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s = 1,5 ∙ 10−10 m = 0,15 nm λ = _ = _____________________ mv (1,675 ∙ 10−27 kg)(2,7 ∙ 103 m/s) cioè circa le dimensioni di un atomo. 19 ▪▪▪ Dalla combustione di 1,0 kg di carbone si ottengono circa 3,0 ∙ 107 J di energia. L’ energia prodotta durante 2 ogni fssione dell’ 235 92 U è di 2,0 ∙10 MeV. ▶ 20 ▪▪▪ Quanti kilogrammi di carbone devono essere bruciati per produrre la stessa energia di 1,0 kg di 235 92 U? L’ energia che ogni anno viene consumata in Italia è circa 8,3 ∙ 10 18 J. L’energia prodotta durante ogni fssio2 ne dell’ 235 92 U è circa 2,0 ∙ 10 MeV. ▶ 23 ▪▪▪ Calcola quanti kilogrammi di uranio sarebbero necessari per soddisfare il fabbisogno energetico annuo italiano. (Supponi che tutti i nuclei subiscano una fssione). Una centrale nucleare ha un’effcienza del 25%: ciò signifca che solo il 25% della potenza generata è trasformato in energia elettrica. La centrale nucleare genera 8,0 ∙ 108 W di potenza elettrica. ▶ 4 24 ▪▪▪ Se ogni fssione produce 2,0 ∙ 102 MeV di energia, quanti kilogrammi di 235 92 U all’anno subiscono la fssione? Fusione nucleare Considera la seguente reazione di fusione: 2 1 H ⏟ 2,014 102 u 21 ▪▪▪ L’ acqua che raffredda il nocciolo di un reattore vi entra a 216 °C e ne esce a 287 °C. L’ acqua è pressurizzata e quindi rimane allo stato liquido. A quella temperatura il calore specifco dell’ acqua è 4420 J/(kg ∙ °C). Il nocciolo genera 5,6 ∙ 109 W di potenza. ▶ 22 ▪▪▪ 1066 ▶ 25 ▪▪▪ Determina la massa d’ acqua che transita attraverso il nocciolo ogni secondo. Una bomba atomica da 20,0 kilotoni rilascia un’energia pari a 20 000 tonnellate di TNT (1000 tonnellate di TNT producono circa 5,0 ∙ 10 12 J di energia). L’ energia che viene prodotta durante ogni fssione dell’ 235 92 U è di 2,0 ∙ 102 MeV. ▶ Quanti nuclei di uranio devono subire la fssione per generare l’energia della bomba? ▶ A quanti grammi di uranio corrispondono? ▶ Quant’è la massa equivalente (in grammi) dell’energia della bomba? 26 → H ⏟ 2,014 102 u 3 1 H + 1 1 H ⏟ ⏟ 3,016 050 u 1,007 825 u Calcola l’energia rilasciata (in MeV). La fusione di due nuclei di deuterio 21 H (massa 2,0141 u) può formare un nucleo di elio 32 He (massa 3,0160 u) e un neutrone 10n (massa 1,0087 u). ▶ ▪▪▪ 2 1 + Quanta energia (in MeV) è prodotta in questa reazione? Il trizio 31 H è un raro isotopo dell’idrogeno che può essere prodotto nella seguente reazione di fusione: 1 Z X ⏟ 1,0087 u + A 1 Y ⏟ 2,0141 u → 3 1 H + γ ⏟ 3,0161 u ▶ Determina il numero di massa atomica A, il numero atomico Z e gli elementi X e Y. ▶ Usando le masse date nella reazione, determina quanta energia (in MeV) viene rilasciata. ESERCIZI 27 ▪▪▪ capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi ESEmpiO Le stelle che hanno masse suffcientemente grandi, dopo aver fuso protoni per ottenere 42 He iniziano a fondere questi stessi nuclei in nuclei più grandi. Particolare importanza hanno le reazioni 3α, in cui tre nuclei di 42 He si fondono in successione a formare un nucleo di 126 C. ▶ Calcola l’ energia totale liberata. la soluzione Possiamo usare i dati delle masse degli atomi invece di quelle dei nuclei, perché gli elettroni non sono coinvolti nella fusione e tre atomi di elio hanno lo stesso numero di elettroni del carbonio: la massa di un atomo di 42 He è 4,002 603 u, mentre quella del 126 C è 12 u per defnizione. Allora la massa di tre atomi di 42 He è m He = 3 (4,002 603 u) = 12,007 809 u Quindi il difetto di massa della reazione nucleare è ∆m = 12,007 809 u − 12 u = 0,007 809 u Questo difetto di massa si trasforma in energia all’interno della stella. Per passare all’energia facciamo uso della relazione 1 u = 931,5 MeV: E = (0,007 809 u)(931,5 MeV/u) = 7,27 MeV 28 ▪▪▪ 2 1 H + 63 Li → 2 42 He Supponi che un’ abitazione consumi in media ogni anno 3,8 ∙ 10 10 J di energia. ▶ 29 ▪▪▪ 31 Quanti kilogrammi di litio sarebbero necessari per fornire questa energia? 6 30 ▪▪▪ Nell’ acqua degli oceani, circa lo 0,015% degli atomi di idrogeno sono in realtà atomi di deuterio. ▶ ▪▪▪ ▶ Una possibile reazione di fusione combina il litio 6 2 3 Li (6,015 u) con il deuterio 1 H (2,014 u) per produrre elio 42 He (4,003 u): Quanti atomi di deuterio sono presenti in 1 kg d’acqua? Se ogni nucleo di deuterio produce, in una fusione, circa 7,2 MeV, quanti kilogrammi di acqua oceanica sarebbero necessari per generare l’energia consumata in un anno negli Stati Uniti, cioè 9,3 ∙ 10 19 J? particelle elementari Una particella Σ + (tabella 2) decade in un pione π 0 e un protone: Σ + → π 0 + p. ▶ Trascurando l’energia cinetica della particella Σ +, determina quanta energia (in MeV) viene rilasciata nel decadimento. ESEmpiO Un pione neutro π 0 , la cui massa a riposo è equivalente a un’energia di 135,0 MeV, è prodotto in un urto tra particelle accelerate. Il pione π 0 si muove a velocità 0,780 c e, dopo un breve tempo, decade in due fotoni γ, uno dei quali ha energia 160 MeV. ▶ Quanto vale l’ energia dell’ altro fotone? la soluzione Nel decadimento si deve conservare l’energia. Il pione ha velocità molto alta, per cui dobbiamo usare la formula relativistica mc2 _____ E = ________ v2 1 − __2 c √ dove m è la massa a riposo del pione e v la sua velocità. La massa del pione è m = 135,0 MeV/c 2. La sua massa a riposo è già espressa in termini di energia, perché 135,0 MeV è l’energia necessaria a creare tale massa. Se v = 0,780 c, allora v 2/c 2 = (0,780)2 e quindi 135,0 MeV ____ = 1,6 (135,0 MeV) = 216 MeV E = __________ √ 1 − (0,780)2 Se l’energia di un fotone γ è 160 MeV, quello dell’altro fotone è 216 MeV − 160 MeV = 56 MeV 1067 capitolo 32 ▪▪▪ 25 Il principale tipo di decadimento per il pione negativo π − è π − → µ − + ν–µ. 2 Una fssione di un nucleo di 235 92 U produce 2,0 ∙ 10 MeV circa di energia. 41 ▪▪▪ Determina l’energia (in MeV) prodotta in questo decadimento. Suggerimento: consulta la tabella 2 per le informazioni necessarie. ▶ 33 ▪▪▪ 34 ▪▪▪ ▶ Quali quark non può contenere la particella? ▶ Quali antiquark non può contenere la particella? 36 ▪▪▪ 37 ▪▪▪ 0 ▶ 3 21 H → 42 He + 11 H + 10n Calcola quanta energia cinetica dei protoni incidenti viene trasformata in materia da questa reazione. ▶ l’energia (in MeV); ▶ la lunghezza d’onda; ▶ il modulo della quantità di moto. Le masse sono 21 H (2,0141 u), 42 He (4,0026 u), 11 H (1,0078 u) e 10n (1,0087 u). Il motore usa 6,1 ∙ 10−6 kg di deuterio 21 H come combustibile. ▶ la quantità di moto; ▶ la lunghezza d’onda di de Broglie. ▶ Un protone urta contro un protone fermo. Se i due protoni si avvicinano fno a 8,0 ∙ 10−15 m avviene una reazione. Calcola la minima energia cinetica iniziale (in MeV) che deve avere il protone in moto perché avvenga la reazione. 40 Na + 21 H → ZAX + α Identifca il nucleo ZAX . L’energia prodotta nel nocciolo di un reattore nucleare è 2,0 ∙ 102 MeV. Il numero di fssioni al secondo è 2,0 ∙ 10 19. ▶ 1068 Elenca le tre possibili combinazioni di quark che costituiscono la particella Λ0. Considera la seguente reazione nucleare: ▶ ▪▪▪ ▶ La particella Λ0 ha carica elettrica nulla. È un barione e quindi è composta da tre quark, che sono tutti differenti, uno dei quali è il quark up u. Non sono presenti antiquark. 11 22 Determina la potenza (in W) generata dal reattore. Con l’aiuto della fgura 9, valuta l’energia (in MeV) prodotta durante la fssione. Quando un reattore nucleare si trova in uno stato critico, i neutroni rilasciati in ogni fssione innescano in media una sola ulteriore fssione. Se il numero di fssioni innescate diventa maggiore di 1, il reattore si trova in uno stato supercritico, in cui il numero di fssioni per unità di tempo, e quindi la potenza prodotta, cresce col tempo. Un reattore nello stato critico ha una potenza di 20 kW. Quando entra nello stato supercritico, si innescano in media 1,01 fssioni in più e il tempo medio impiegato dai neutroni di una fssione per innescare le successive è 1,2 ∙ 10−8 s. 45 ▪▪▪ © ensi.ch 39 Se un litro di benzina produce 5,5 ∙ 108 J di energia, quanti litri di benzina si dovrebbero bruciare per produrre la stessa energia ricavabile dal deuterio? Un nucleo di 239 94 Pu si fssiona in due frammenti le cui masse stanno nel rapporto 0,32/0,68. 44 ▪▪▪ Dato un neutrino con energia 35 MeV, e supponendo che la sua massa sia trascurabile, calcolane: ▶ Quanti kilogrammi di 235 92 U servirebbero per generare questa energia se tutti i nuclei venissero fssionati? Supponi che un’automobile venga alimentata da un motore a fusione in cui avviene la seguente reazione: 43 ▪▪▪ Un elettrone e la sua antiparticella si annichilano producendo due fotoni γ. Le energie cinetiche delle particelle sono trascurabili. Determina di ciascun fotone: ▶ ▪▪▪ Quanti grammi di 235 92 U vengono consumati ogni anno per garantire il fabbisogno energetico di un’abitazione che utilizza in media 30,0 kWh di energia al giorno? 0 problemi fnali 38 ▶ p+p→p+π +Λ +K + ▶ ▪▪▪ Determina l’energia (in J) rilasciata dalla fssione totale di 1,0 g di 235 92 U. 2 Ogni fssione di 235 92 U rilascia circa 2,0 ∙ 10 MeV di energia. L’energia consumata in un anno negli Stati Uniti è circa 10,5 ∙ 10 19 J. 42 ▪▪▪ Un urto tra due protoni produce tre nuove particelle: ▶ 35 ▶ La particella K− ha una carica −e e contiene un quark e un antiquark. Le energie a riposo delle nuove particelle sono: π + (139,6 MeV), Λ0 (1116 MeV) e K0 (497,7 MeV). ▪▪▪ ESERCIZI EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi Quanto tempo passa prima che la potenza prodotta da una singola generazione di fssioni arrivi a 3300 MW (che è la potenza di un normale reattore commerciale)? ESERCIZI Domande 1 2 3 4 capitolo 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi Due differenti tipi di radiazione hanno lo stesso fattore di qualità. Trasferiscono la stessa energia al tessuto irradiato? 5 Chi si sottopone a una radiografa ai denti, indossa un giubbotto che protegge il torace e la parte inferiore del corpo. Per quale motivo? La massa di carbone bruciata in una centrale elettrica è circa due milioni di volte superiore a quella dell’ 235 92 U utilizzato in una centrale nucleare. Perché? 6 Considera la fgura 9. La fusione di due nuclei aventi 60 nucleoni ciascuno produrrebbe energia? Illustra il tuo ragionamento. 4 62 1 a) 60 28 Ni + 2 He → 29 Cu + 1 H 7 Qual è la differenza tra fssione e fusione nucleare? 1 28 1 b) 27 13 Al + 0n → 13 Al + 0n 8 Spiega la differenza tra leptoni e adroni. 1 4 36 c) 39 19 K + 1 H → 2 He + 17 Cl 9 Descrivi nelle sue linee generali il Modello Standard, mettendo in evidenza il suo carattere unifcante. 10 Enuncia la legge di Hubble e spiegane le implicazioni. 11 Illustra nelle sue linee generali la teoria del Big Bang. durre una reazione a catena in grado di autosostenersi? Perché le seguenti reazioni non sono permesse? Un certo isotopo subisce una fssione con la produzione media di 1,0 neutroni per fssione. Se una piccola parte dei neutroni termici assorbiti dai nuclei non induce fssioni, è possibile utilizzare questo isotopo per pro- test 1 Quale delle seguenti non è una radiazione ionizzante? 5 Indica quali sono i valori di Z e A nella reazione 23 Z a Raggi α. 2 b Raggi β. a Z = 12 A = 23 c Fotone di onde radio. b Z = 12 A = 24 d Fotone γ. c Z = 11 A = 24 d Z = 11 A = 23 −5 Un radiologo di 70,0 kg assorbe 3,6 ∙ 10 J da un fascio di radiazione. Qual è la dose assorbita? 6 Considera le reazioni 17 8 a 5,1 ∙ 10−7 Gy O + 32 He → 20 10 Ne* → nucleo + particella Quali dei seguenti risultati (rispettivamente nucleo e particella) non è certamente possibile? b 3,6 ∙ 10−7 Gy −7 c 2,3 ∙ 10 Gy a 19 10 b 19 9 L’unità di misura del SI per la dose assorbita è: c 20 10 Ne a il gray (Gy): 1 Gy = 1 kg/J. d 16 8 O d 1,9 ∙ 10−7 Gy 3 b il gray (Gy): 1 Gy = 1 J/kg. 7 1 0 n Ne 2 1 Fe H γ 4 2 He Indica quanto vale l’energia rilasciata nella reazione c il sievert (Sv): 1 Sv = 1 J/kg. d il rem: 1 rem = 1 kg/J. 4 Na + 32 He → 21 H + 12A Mg Indica qual è il termine mancante nella reazione nucleare 4 2 14 7 N + 21 H → 42 He + 126 C essendo m N = 14,003 074 u m H = 2,014 102 u m He = 4,002 603 u m C = 12,000 000 u He + 105 B → ... + 136 C 1 u = 931,5 MeV a 11 H a 1,2 MeV b 21 H b 8,3 MeV 3 2 c He c 13,6 MeV d 42 He d 27,4 MeV 1069 capitolo 8 25 ESERCIZI EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi L’ energia caratteristica dei neutroni termici è: 14 Indica quanta energia rilascia la reazione 2 1 a inferiore a 0,04 eV. b compresa fra 0,04 eV e 0,04 keV. (m H = 2,014 102 u, m He = 4,002 603 u, 1 u = 931,5 MeV) c compresa fra 0,04 keV e 0,04 MeV. a 0,20 MeV d maggiore di 0,04 MeV. 9 b 1,19 MeV c 23,8 MeV I neutroni termici sono importanti nei processi nucleari perché: a se un nucleo di uranio li cattura si fssiona. b sono emessi nei decadimenti radioattivi. d 257 MeV 15 d sono sorgenti di raggi γ. b con cui avrà termine l’Universo. Una particolare reazione di fssione produce la liberazione di 1,50 ∙ 102 MeV. Quante fssioni al secondo sono necessarie per produrre una potenza di 3,00 ∙ 108 W? d in cui è formato il Sistema Solare. c in cui si sono formate le galassie. a 2,00 ∙ 10 16 c 2,80 ∙ 10 18 17 d 1,25 ∙ 10 19 b 5,25 ∙10 11 16 b un positrone. Indica quanti neutroni produce la reazione c un neutrone. 88 136 n + 235 92 U → 38 Sr + 54 Xe + neutroni 13 Nella reazione nucleare 74 Be + X → 73 Li, il simbolo X rappresenta: a un protone. 1 0 12 Con il termine «Big Bang» si intende l’evento: a da cui ha avuto origine l’Universo. c sono necessari nella fusione del deuterio. 10 H + 21 H → 42 He d un elettrone. a 11 c 22 e un raggio γ. b 12 d 24 (Gara di 1° livello edizione 2007) Qual è la funzione del moderatore in un reattore nucleare? 17 238 Nella reazione nucleare 238 93 Np → 94 Pu + X la particella X è: a Assorbire i raggi γ. a un protone. b Accelerare i neutroni lenti. b un neutrone. c Rallentare i neutroni veloci. c un elettrone. d Mantenere costante la temperatura del nocciolo. d un positrone. Quale delle seguenti affermazioni è vera? e un fotone. a Ogni particella elementare ha una corrispondente antiparticella. (Gara di 1° livello edizione 2004) b Ogni leptone è un adrone. c Esiste solo un tipo di neutrino. d Tutte le particelle elementari hanno carica elettrica. VERSO l’ESamE Di StatO 1 QuESitO in un’ORa produzione di energia elettrica con reattori nucleari a fissione Nel presente problema analizziamo alcuni aspetti che depongono a favore della produzione di energia elettrica mediante reattori nucleari a fssione. a Energia. Spiega perché la fssione di nuclei pesanti (A ≈ 240) rilascia energia, mentre ciò non accade per nuclei più leggeri (A ≈ 50). b Emissione di CO2. Durante il suo funzionamento, una centrale nucleare emette una frazione piccolissima della CO2 emessa da una centrale a carbone della stessa potenza. Una tipica centrale a carbone genera una potenza elettrica media su base annua di 800 MW con un rendimento del 33%. Per ogni TJ (10 12 J) di energia elettrica prodotta, la centrale emette 95 t di CO2 nell’atmosfera. Calcola la quantità di CO2 emessa in un anno da parte di una centrale a carbone. 1070 ESERCIZI 25 EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi © Peteri / Shutterstock capitolo c Volume del combustibile. Una grande centrale elettrica a carbone brucia ogni anno circa 1,3 Mt di carbone per produrre un’energia termica di circa 9,9·10 16 J. Una centrale nucleare di uguale potenza utilizza annualmente una 235 massa molto minore di 235 92U. L’isotopo 92U corrisponde al 3,75% dell’uranio presente nel reattore e libera circa 200 MeV di energia nella fssione. Stima la massa di uranio 235 92U e la massa totale di uranio utilizzate dalla centrale in 1 anno. 2 QuESitO SullE cOmpEtEnZE nucleare da fissione? in un’ORa a Isotopi per bombe atomiche. All’interno di un reattore nucleare, la cattura di un neutrone da parte dell’uranio 238 239 92U innesca una sequenza di decadimenti che porta alla formazione del plutonio 94Pu, un isotopo impiegato nella costruzione delle bombe atomiche a fssione. Completa lo schema dei decadimenti: 238 92 U+n Z 92 U Y X Np + e– + v̄ 239 94 Pu + … b Scorie nucleari. Uno dei problemi principali dell’impiego del nucleare da fssione è quello delle scorie radioattive. Spiega perché i prodotti di fssione sono radioattivi. © F. Schmidt / Shutterstock c Scorie nucleari. Un tipico reattore produce ogni anno circa 30 t di scorie contenenti uranio e altri isotopi altamente radioattivi, che presentano un’attività iniziale di 2,1·1020 Bq. L’attività si mantiene elevatissima nel tempo: dopo 1 anno scende a circa l’1% di quella iniziale, per ridursi successivamente a un quinto dopo altri 10 anni. Confronta questi dati con l’attività di una intensa sorgente per la terapia contro il cancro (3,7·10 14 Bq). Quali sono i principali problemi connessi alla gestione di queste scorie? 1071 capitolo 25 ESERCIZI EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi d Cesio. Nei primi dieci anni che seguono l’estrazione delle scorie dal reattore, uno degli isotopi con maggiore at137 − tività è il cesio 137 55Cs, che si trasforma in 56Ba a seguito di un decadimento β . Dopo un anno dall’estrazione 17 delle scorie da un reattore, l’attività del cesio è 1,3·10 Bq. Supponi che ogni decadimento rilasci 0,5 MeV di energia nella massa delle scorie. Stima la potenza termica generata dai decadimenti del cesio. RuBRica Di ValutaZiOnE DEl QuESitO SullE cOmpEtEnZE Risposta o giustificazione non risponde punteggio Richiesta 1 sbagliata incompleta completa con errori completa e corretta 4 7 11 15 competenza prevalente a 3 Formalizzare b 2 Formulare ipotesi c 3 Formalizzare d 3 Formalizzare ...... punteggio _ 60 1072 = ...... _ 15 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo studio dell’ Universo © NASA, ESA, J. Hester and A. Loll (Arizona State University) 1 Dalla relatività ristretta alla relatività generale Lo sviluppo della teoria della relatività ristretta da parte di Einstein nel 1905 modifcò profondamente i concetti di spazio e tempo assoluti della fsica newtoniana, unifcandoli nel più generale spazio-tempo quadridimensionale, che analizzeremo nel seguito. In particolare, la costanza della velocità della luce in tutti i sistemi di riferimento implica la modifca del concetto di simultaneità. Le misure del tempo trascorso tra due eventi dipendono infatti dal moto dell’osservatore: non vi è più una misura assoluta del tempo come si supponeva nella meccanica newtoniana. La costanza della velocità della luce e il fatto che essa sia la massima possibile nel vuoto hanno una conseguenza particolarmente importante. Supponiamo infatti che l’osservatore A sia a una distanza d da un oggetto B, il quale emette segnali luminosi che si propagano nel vuoto a velocità c = 299 792 458 m/s. Ciò che sta avvenendo ora nel punto B sarà conosciuto da A solo dopo l’ intervallo di tempo ∆t AB = d/c che la luce impiega per coprire la distanza d, in quanto non esiste alcun segnale che viaggi a una velocità superiore a quella della luce. In un dato istante t l’osservatore A può dunque conoscere unicamente quanto avvenuto a B in un tempo che precede l’istante t di un intervallo di tempo ∆t AB = d/c. Lo stesso fenomeno può essere apprezzato nel momento in cui osserviamo il cielo stellato: quando osserviamo gli oggetti celesti in un dato istante t li vediamo come erano in un istante t p del passato; la distanza temporale tra t e t p cresce in modo direttamente proporzionale con la loro distanza dalla Terra. 1073 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo eseMPio 1 notizie da Philae © ESA/Rosetta/NAVCAM Calcola il tempo necessario per inviare un segnale e ricevere una risposta da parte della sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea attorno alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko (fgura 1) su cui si è posato nel 2014 il lander Philae. Assumi che la cometa disti 510 milioni di km dalla Terra. Figura 1 La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko osservata dalla sonda Rosetta. il ragionamento e la soluzione Per raggiungere la sonda Rosetta, un segnale inviato dalla Terra impiega d 510 ∙ 106 km = 1700 s t = _ = ___________ c 3 ∙ 105 km/s ossia circa 28 min. Per ricevere una risposta dovremo attenderne altrettanti. Questo spiega perché Philae è scesa sulla cometa eseguendo una procedura automatica e non ha potuto essere pilotata in tempo reale da Terra: tra l’istante in cui era necessaria una correzione di rotta e l’ istante in cui la sonda avrebbe ricevuto le istruzioni da Terra sarebbe trascorsa quasi un’ora! La teoria della relatività ristretta è perfettamente compatibile con la teoria del campo elettromagnetico di Maxwell, la quale prevede che ogni variazione del campo si propaghi alla velocità della luce sotto forma di onde elettromagnetiche. Una variazione delle posizioni delle sorgenti del campo elettromagnetico viene rilevata a una certa distanza solo dopo l’ intervallo di tempo che le onde elettromagnetiche generate dalla variazione impiegano a percorrerla. ■ la seconda rivoluzione La relatività ristretta identifca una particolare classe di sistemi di riferimento, quelli inerziali, in cui le leggi della fsica vengono espresse in modo equivalente. Nei sistemi di riferimento non inerziali si possono conservare le leggi del moto, per esempio il secondo principio della dinamica, introducendo le forze fttizie o apparenti. Quelle apparenti sono forze che non vengono prodotte da un’interazione fsica, ma che si osservano in un sistema di riferimento non inerziale a causa dell’accelerazione di questo. L’introduzione della cosiddetta accelerazione centrifuga è un esempio delle modifche da apportare al secondo principio della dinamica nel caso di un sistema di riferimento non inerziale. Il progresso nella comprensione da parte di Einstein dell’ espressione delle leggi fsiche nei sistemi in moto qualsiasi lo portò nel 1915 all’espressione completa della teoria della relatività generale. 1074 CAPITOLO ■ 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Massa inerziale e massa gravitazionale Al fne di comprendere i postulati della relatività generale, è utile discutere due grandezze fsiche, in linea di principio differenti, relative alla proprietà dei corpi nota come massa: la massa inerziale m i e la massa gravitazionale m g . La massa inerziale è la grandezza che misura l’inerzia di un corpo, ossia la sua tendenza a opporsi a variazioni di velocità in conseguenza dell’azione di forze. La massa gravitazionale è legata invece all’attrazione esercitata da altre masse, o meglio è la grandezza che risente del campo gravitazionale presente nella posizione in cui il corpo si trova. Sulla superfcie terrestre il campo gravitazionale è un campo vettoriale di intensità costante pari a g = GM/R 2, dove G è la costante di gravitazione universale di Newton, M è la massa gravitazionale della Terra e R è il raggio della Terra. Quindi ogni corpo è attratto da una forza gravitazionale F di intensità pari al prodotto del campo gravitazionale g per la massa gravitazionale m g : F = mg g Notiamo che questa espressione è formalmente identica a quella della forza peso, tranne che la massa che entra in gioco è appunto la massa gravitazionale dell’oggetto attratto. Se quindi un corpo fosse sottoposto unicamente alla forza gravitazionale appena considerata, esso si muoverebbe verso la Terra con una accelerazione a inversamente proporzionale alla massa inerziale: F a=_ mi Poiché nelle due relazioni precedenti, il termine F è il modulo della stessa forza gravitazionale, si può scrivere mi a = mg g Esperimenti accurati mostrano che la massa inerziale e la massa gravitazionale di un corpo sono la stessa quantità: tale equivalenza è stata verifcata sperimentalmente con un’incertezza pari a una parte su mille miliardi. Per questa ragione si possono semplifcare le due masse e scrivere a=g e concludere che i corpi in caduta libera sono sottoposti tutti alla stessa «accelerazione di gravità» g. ■ sistemi accelerati e gravità Figura 2 Seguendo uno degli «esperimenti mentali» di Einstein, consideriamo un corpo solidale con un sistema in moto accelerato verso l’alto con accelerazione di modulo g. Per un osservatore inerziale, il corpo subisce una spinta verso l’alto pari a Partenza di un missile verso la Stazione Spaziale Internazionale. mentre rispetto al sistema non inerziale il corpo risente di una forza che lo comprime verso il basso della medesima intensità. Lo stesso fenomeno è sperimentato dagli astronauti in partenza verso la Stazione Spaziale Internazionale (fgura 2). La fase iniziale di accelerazione li porta, nel loro sistema di riferimento, a essere schiacciati verso il sedile con una forza pari al prodotto della loro massa per l’ accelerazione del razzo in partenza. Einstein concluse che il sistema in accelerazione verso l’alto produce sui corpi al suo interno lo stesso effetto di © NASA F = mg 1075 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Figura 3 Esempio di come gli effetti di un campo gravitazionale uniforme possono essere simulati mediante opportune accelerazioni del sistema. 23 kg 00 kg A B un campo gravitazionale diretto verso il basso (fgura 3). Analogamente, un corpo in caduta libera sperimenta la cosiddetta «assenza di gravità», come gli astronauti in orbita attorno alla Terra (fgura 4). A partire da considerazioni analoghe a queste (sebbene pensasse ad ascensori invece che a missili o stazioni spaziali orbitanti), Einstein formulò le basi della teoria della relatività generale. © NASA Figura 4 Astronauti in orbita in «assenza di gravità» 2 Cenni di relatività generale La teoria della relatività ristretta modifcò profondamente i concetti di spazio e tempo in conseguenza dell’ applicazione del principio di costanza della velocità della luce e del principio di relatività, ossia di invarianza delle leggi fsiche nei sistemi non inerziali. La misura di una lunghezza o di un intervallo di tempo coinvolgono informazioni relative sia alla posizione nello spazio sia allo stato di moto dell’osservatore, ossia alla variazione della posizione di esso nel tempo. Einstein mostrò dunque che spazio e tempo non sono grandezze indipendenti fra loro ma sono, al contrario, parti di una singola entità, lo spazio-tempo. ■ i princìpi della relatività generale La teoria della relatività generale estende il principio di relatività a tutti i sistemi di riferimento. La descrizione di un fenomeno fsico rispetto a un sistema non inerziale in accelerazione è analoga a quella del medesimo fenomeno in un sistema in cui sia presente un opportuno campo gravitazionale. Su questa considerazione si basa il cosiddetto principio di equivalenza: in una regione limitata dello spazio-tempo è sempre possibile scegliere un sistema di riferimento in modo che la descrizione del moto sia del tutto equivalente a quella che si otterrebbe in presenza di un campo gravitazionale costante. 1076 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Pertanto la gravità si esprime come variazione della struttura dello spazio-tempo in cui il fenomeno fsico avviene. Il principio di equivalenza consente quindi di affermare il cosiddetto principio di relativitˆ generale secondo il quale: tutte le leggi fsiche hanno la stessa espressione in qualsiasi sistema di riferimento. ■ le curve geodetiche e la deflessione della luce Consideriamo il moto della luce che si propaga in linea retta in uno spazio-tempo privo di masse. Essa segue una traiettoria, la linea retta appunto, che congiunge due punti qualsiasi seguendo un percorso che minimizza la distanza spazio-temporale. Se invece prendiamo in considerazione uno spazio-tempo in cui siano presenti delle masse, i princìpi della relatività generale implicano che la luce continui a propagarsi secondo una linea che minimizza la distanza spazio-temporale, ma in uno spazio-tempo curvo. Tali curve si chiamano geodetiche. Ne abbiamo un esempio quando osserviamo le rotte degli aerei che volano da Monaco di Baviera a San Francisco: la rotta di lunghezza minima è un arco che si allontana decisamente dalla linea retta che congiunge le due città sulla carta geografca. La luce percorre una traiettoria di minima distanza anche in presenza di masse. Il campo gravitazionale da esse generato è ora equivalente alla descrizione di uno spazio-tempo incurvato. Si può rappresentare grafcamente questa situazione nel caso di uno spazio-tempo bidimensionale che si incurva grazie alla presenza di una massa, come si curva un telo elastico sul quale sono appoggiati dei pesi (fgura 5). Figura 5 La presenza di masse deforma lo spazio-tempo. La curvatura dello spazio-tempo quadridimensionale, pur non rappresentabile grafcamente, si indaga con il formalismo della matematica: si scopre così che anche la luce viene defessa dalla presenza di masse e si propaga seguendo una curva invece che una linea «retta» (fgura 6). La curvatura delle traiettorie della luce non è una nuova legge fsica, ma è la conseguenza del fatto che lo spazio-tempo è curvo. In ossequio al principio di relatività generale, la luce si propaga sempre lungo le geodetiche dello spazio-tempo, le quali Figura 6 23 kg 00 kg A B In un sistema opportunamente accelerato la luce si propagherebbe in linea curva per un osservatore a esso solidale. 1077 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo sono rettilinee in assenza di masse e curve in presenza di masse che modifcano lo spazio-tempo. In sintesi: non cambiano le leggi della fsica, quanto lo spazio-tempo nel quale esse vengono espresse. Se volessimo descrivere la curvatura della luce utilizzando lo spazio e il tempo newtoniani saremmo portati ad affermare che le masse attraggono anche la luce seppure essa sia priva di massa. Un paradosso che contrasta con la comune intuizione e che è diffcile da osservare perché abbiamo a che fare con campi gravitazionali di debole intensità. Tale fenomeno si chiama defessione della luce in un campo gravitazionale. ■ le geometrie non euclidee La presenza di masse altera dunque la struttura dello spazio-tempo rendendolo uno spazio «curvo». Comprendere a fondo le proprietà geometriche di spazi del genere è assai complicato, per cui ci limitiamo a osservare che uno spazio curvo è uno spazio in cui non vale il quinto postulato di Euclide, secondo il quale due rette parallele non si incontrano mai. Le geometrie non-euclidee, ossia le geometrie in cui non vale il postulato euclideo delle parallele, erano state studiate tra la metà e la fne dell’Ottocento da diversi matematici (Lobacesky, Bolyai, Riemann, Poincaré tra gli altri). In particolare si distinguono tre tipi di geometrie. Le geometrie «piatte» sono quelle in cui vale il principio di Euclide: per un punto esterno a una retta è possibile tracciare una e una sola retta parallela alla prima. Sono di questo tipo gli spazi-tempo quadridimensionali della relatività ristretta. In esse la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre pari a π radianti. Le geometrie ellittiche sono tali per cui per un punto esterno a una retta non è mai possibile tracciare una retta parallela a una retta data che non abbia alcun punto in comune con la prima. Tra le conseguenze di questa scelta si ha che la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre maggiore di π radianti (fgura 7). A P Figura 7 Esempi di geometria ellittica. A Per un punto P non è possibile trovare una retta parallela a una retta r data. B La somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di π. C r A B B Le geometrie iperboliche, infne, sono quelle per cui per un punto esterno a una retta è possibile tracciare infnite rette parallele a essa. In questi spazi la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre minore di π radianti. La rappresentazione della gravità secondo la teoria della relatività generale di Einstein richiede che si descriva lo spazio-tempo facendo uso di geometrie non-euclidee. ■ le prove della relatività generale La teoria della relatività generale ricevette la defnitiva approvazione da parte della comunità scientifca grazie alla previsione teorica e alla relativa conferma sperimentale di alcuni effetti. L’effetto di defessione della luce in un campo gravitazionale fu verifcato da Eddington nel 1919. Durante un’ eclissi di Sole osservò lo spostamento in cielo della posizione di alcune stelle rispetto alle stelle sullo sfondo. Come prevedeva la relatività generale, la luce che passava radente al bordo del Sole veniva deviata da parte di un corpo massivo (fgura 8 alla pagina seguente). 1078 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo S' Figura 8 S S Sole Sole L una Luna A Luna Luna B La posizione di una stella la cui radiazione passa radente al Sole viene vista durante un’ eclissi in una posizione diversa da parte di un osservatore a causa della defessione gravitazionale della luce. La seconda conferma venne dalla descrizione corretta dello spostamento del perielio dell’orbita di Mercurio. Tale fenomeno, osservato già a partire dal 1859, non era descrivibile nell’ambito dello spazio-tempo newtoniano. La descrizione del moto del pianeta su una curva geodetica nello spazio-tempo curvo provocato dalla presenza del Sole rendeva ragione dello spostamento dello stesso (fgura 9). Sole Mercurio Figura 9 Un’ulteriore conferma della teoria della relatività generale venne dall’analisi di due effetti connessi con il fatto che è proprio l’intera struttura quadridimensionale dello spazio-tempo a essere deformata dalla presenza di una massa. Il primo è il cosiddetto redshift gravitazionale, ossia l’ osservazione che l’ emissione di radiazione elettromagnetica da parte di un determinato processo fsico avviene a una frequenza inferiore, e dunque spostata verso il rosso, nelle vicinanze di una sorgente di campo gravitazionale. Tale fenomeno venne verifcato nel secolo scorso, tra la fne degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta, presso l’ Università di Harvard. Il secondo effetto, strettamente legato al primo, è la dilatazione gravitazionale dei tempi dovuta alla presenza di corpi massivi. La dilatazione gravitazionale dei tempi è stata misurata agli inizi degli anni Settanta con l’uso di orologi atomici, misurando la variazione nella misura dei tempi tra gli orologi a Terra e gli orologi posti su un aereo in volo. Notiamo che questo effetto deve essere tenuto in debito conto nei sistemi di localizzazione GPS: infatti il tempo misurato dagli orologi posti nei satelliti in orbita attorno alla Terra è leggermente diverso dal tempo misurato sulla superfcie terrestre. 3 Precessione del perielio dell’orbita di Mercurio. le soluzioni della relatività generale La nuova descrizione della struttura dello spazio-tempo e le sue connessioni con il campo gravitazionale sono ben espresse dalla frase del fsico teorico J. A. Wheeler «La massa dice allo spazio-tempo come curvarsi e lo spazio-tempo indica alle masse come muoversi». Le equazioni della relatività generale esprimono quindi la struttura dello spazio tempo in funzione della quantità di massa-energia presente nella regione di interesse. Dopo la formulazione della relatività molti studiosi iniziarono a cercarne le soluzioni matematiche in caso di diverse concentrazioni di massa. In termini estremamente sintetici, il problema può essere così formulato: note le distribuzioni spaziali 1079 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo delle masse in una data regione di spazio, calcolare le caratteristiche dello spazio-tempo a cui esse danno luogo. Particolare interesse per il nostro studio hanno le soluzioni corrispondenti ai cosiddetti buchi neri di Schwarzschild e di Kerr, le onde gravitazionali e l’applicazione della relatività all’ interno Universo. ■ i buchi neri Una soluzione matematica decisamente innovativa, per quanto sia ormai entrata nel linguaggio comune, è quella relativa ai cosiddetti buchi neri non rotanti. La soluzione esatta delle equazioni di Einstein fu trovata da Schwarzschild nel 1915 per una singola massa sferica non rotante. Per comprendere l’ importanza fsica della soluzione, pensiamo a cosa succede allo spazio-tempo in cui sia presente una elevata densità di massa. Utilizzando per semplicità, ma in modo improprio, il formalismo della meccanica newtoniana calcoliamo qual è il raggio di una distribuzione sferica di massa totale M per la quale la velocità di fuga sia pari a quella della luce. Ricordiamo che la velocità di fuga è la velocità minima per cui un corpo di massa m possa sfuggire indefnitamente da una sorgente sferica di campo gravitazionale avente massa M e raggio R. La velocità di fuga v f si calcola imponendo che sia nulla l’energia meccanica totale E del corpo di massa m: 1 mM _ m v 2f − G _ = 0 2 R dove il primo termine a sinistra dell’ equazione è l’energia cinetica iniziale e il secondo l’energia potenziale gravitazionale del corpo di massa m in corrispondenza della superfcie della massa M. Perché la velocità di fuga sia uguale a quella della luce (v f = c), il raggio R deve essere tale che 1 mM GM _ m c 2 − G _ = 0 ⇒ R = 2 ____ = RS 2 R c2 Figura 10 Rappresentazione grafca di un buco nero. © Alan r / Wikipedia Nessun oggetto può sfuggire all’ attrazione gravitazionale di un buco nero se si trova a una distanza inferiore a R S , neppure la luce: per questo si parla di buco «nero» (fgura 10). R S è detto raggio di Schwarzschild, dal nome del fsico che per primo lo derivò nel 1916 nell’ambito del formalismo della relatività generale. Esso rappresenta il cosiddetto orizzonte degli eventi, dal quale qualsiasi segnale avrebbe un redshift gravitazionale infnito, allungando all’infnito la sua lunghezza d’ onda e rendendo perciò pari a zero la sua energia. Un corpo in caduta verso un buco nero impiegherebbe per l’osservatore esterno un tempo infnito per attraversare l’ orizzonte degli eventi. 1080 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo eseMPio 2 il raggio di schwarzschild La massa del Sole è M S = 1,99 ∙ 1030 kg. ▸ Calcola il corrispondente raggio di Schwarzschild. Ricordando la defnizione di raggio di Schwarzschild, R S = 2 GM/c 2, il valore della costante di gravitazione universale, G = 6,67 ∙ 10−11 m3 ∙ kg−1 ∙ s−2, e quello della velocità della luce, c = 2,997 ∙ 108 m ∙ s−1, si ricava MS 1,99 ∙ 1030 kg R S = 2G ___ = 2 (6,67 ∙ 10−11 m3 ∙ kg−1 ∙ s−2) _____________ = 2 c (2,997 ∙ 108 m ∙ s−1)2 = 2,95 ∙ 103 m ≈ 3 km © NASA and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA) il ragionamento e la soluzione Una soluzione più interessante per l’ astrofsica è la cosiddetta soluzione di Kerr. Essa fu trovata nel 1963 per un corpo massivo sferico rotante. In essa il buco nero è dotato oltre che di massa M anche di momento angolare J diverso da zero. L’ultima orbita stabile fuori dall’orizzonte degli eventi per tale oggetto, ossia quella a minore distanza dallo stesso buco nero, si trova a una distanza inferiore rispetto al buco nero di Schwarzschild. Tale soluzione è importante per l’astrofsica in quanto si ritiene che in natura gli acceleratori di particelle più effcienti siano appunto i buchi neri rotanti. Si ritiene, per esempio, che sia la presenza di tali oggetti a dare origine ai giganteschi getti di materia e radiazione in moto relativistico che si osservano a partire dal centro dei cosiddetti Nuclei Galattici Attivi (fgura 11). Getto relativistico emesso dalla galassia M87. 0 Cumulative period shift (s) –5 le onde gravitazionali Un’altra soluzione delle equazioni di Einstein è rappresentata dalle cosiddette onde gravitazionali. In analogia con le onde elettromagnetiche, emesse da cariche elettriche accelerate, le onde gravitazionali sono generate dalle masse sorgenti del campo gravitazionale in moto accelerato. Si ha una emissione di onde gravitazionali per esempio durante l’esplosione di una stella massiva come supernova. Non abbiamo ancora rilevato in modo diretto le onde gravitazionali, ma vari fenomeni ne danno un’evidenza indiretta. Una delle più importanti è stata fornita dal sistema astrofsico, denominato PSR B1913+16, formato da due stelle di neutroni, fasi fnali dell’evoluzione di stelle massive. Le orbite delle due stelle manifestano variazioni nel tempo in perfetto accordo con quanto prevede la relatività generale nel caso di corpi che perdano energia attraverso irraggiamento di onde gravitazionali. Tale osservazione è valsa il premio Nobel a Hulse e Taylor nel 1993 (fgura 12). I rivelatori di onde gravitazionali sono stati sviluppati a partire dalla fne degli anni Sessanta. I primi rivelatori erano costituiti da una sbarra con massa di circa una tonnellata di metallo pesante con un delicatissimo sistema di elettronica che ne rivelasse le variazioni al passaggio di un’onda gravitazionale (fgura 13). Tali rivelatori erano particolarmente sensibili al passaggio di un’onda gravitazionale della frequenza di qualche kHz, cioè legato a variazioni dell’ordine del millisecondo della disposizione delle masse alla sorgente, come quella attesa nel caso dell’esplosione di una supernova e del relativo collasso a buco nero di massa stellare. Più recentemente sono stati sviluppati rivelatori denominati interferometri e costituiti da un sistema di specchi a distanza di qualche kilometro, opportunamente disposti a rivelare il passaggio di onde gravitazionali. Attualmente sono operativi due interferometri negli Stati Uniti, denominati LIGO, e uno in Italia vicino a Pisa, denominato Virgo (fgura 14 alla pagina seguente). –10 –15 –20 –25 –30 –35 –40 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 Year Figura 12 La previsione e le misure del decadimento del perielio nel sistema PSR B1913+16. © INFN ■ Figura 11 Figura 13 L’antenna risonante AURIGA presso i laboratori di Legnaro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. 1081 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Figura 14 © Philippe Plailly/Eurelios L’ interferometro Virgo del consorzio EGO presso PISA. Data l’intensità debolissima della forza gravitazionale rispetto alle altre forze, la rivelazione diretta delle onde gravitazionali è una sfda tecnologica e scientifca all’avanguardia. ■ l’ Universo Fu lo stesso Einstein a porsi la domanda di quale sarebbe stata la struttura dello spazio-tempo associato a tutte le masse presenti in natura, quello che siamo soliti denominare l’intero Universo. Per rispondere a tale domanda, Einstein ipotizzò che l’Universo fosse isotropo, cioè che le masse in esso siano disposte in modo analogo in tutte le direzioni, e che fosse omogeneo, ossia che non vi siano in essi punti di osservazioni speciali. Quest’ultima ipotesi può essere considerata la generalizzazione della rivoluzione di Copernico per cui la Terra non è più considerata al centro del Sistema Solare e dell’intero Universo. Le due ipotesi di un Universo isotropo e omogeneo costituiscono quello che viene denominato il principio cosmologico. Esso è alla base dell’ applicazione della relatività generale all’Universo. Quando applicò le equazioni della relatività generale all’intero Universo, Einstein si accorse di un problema: poiché la gravità è per natura unicamente attrattiva, un Universo come quello ipotizzato sarebbe stato instabile e destinato a collassare su se stesso dal momento che ogni corpo avrebbe attratto a sé tutti gli altri. Come molti a quel tempo, Einstein era certo che l’Universo fosse statico e identico a se stesso da sempre, per cui egli ipotizzò che vi fosse un termine ulteriore nelle sue equazioni in grado di bilanciare l’effetto attrattivo di tutte le masse dell’Universo. Tale termine fu denominato costante cosmologica. Quando le osservazioni successive dell’allontanamento delle galassie dimostrarono che l’Universo era in effetti un sistema dinamico, Einstein chiamò la costante cosmologica l’errore più rilevante della sua carriera. 4 l’ osservazione di un Universo in evoluzione La scienza procede sia grazie alla formulazione di nuove ipotesi teoriche, come la relatività generale, sia attraverso lo sviluppo di nuove metodologie osservative. Nel caso dello studio dell’Universo quest’ultimo aspetto è stato particolarmente rilevante. Per comprendere infatti quale fosse la corretta descrizione dell’Universo, è stato necessario sviluppare diversi modi per misurare la distanza degli oggetti nel cielo. 1082 CAPITOLO ■ 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo la misura delle distanze in astronomia Prima di addentrarci nello studio della cosmologia, come scienza dell’intero Universo, è importante comprendere come lo stesso «Universo» sia un concetto evolutivo. L’osservazione di stelle e pianeti nel cielo notturno è sempre stata fonte di ispirazione per la creazione delle mitologie cosmogoniche presenti in ogni cultura. L’osservazione del cielo stellato reca però con sé una fondamentale incertezza, che è quella di porre sulla stessa volta celeste oggetti che fsicamente si trovano a distanze diverse (fgura 15). L’evoluzione del concetto di Universo è stata legata alla sempre più precisa determinazione delle distanze degli oggetti celesti. Figura 15 © Image reworked from the Open Source software Stellarium Le costellazioni sono fgure mitologiche date dall’associazione in cielo di stelle poste in realtà a distanza diversa. I metodi che attualmente si usano a questo scopo hanno avuto un profondo impatto nella prima metà del secolo scorso per comprendere le dimensioni e l’età dell’Universo, oltre a introdurne una nuova visione come realtà stessa in evoluzione. La determinazione delle distanze in astronomia si basa su una serie di tecniche diverse che vengono applicate a scale di distanza via via crescenti (fgura 16). Una migliore conoscenza dei fenomeni fsici alla base della metodologia applicata può quindi avere un impatto signifcativo sulla accuratezza delle misurazioni ottenute. Figura 16 I metodi utilizzati per stimare le distanze in astronomia e cosmologia. 109 a.l. 106 a.l. 103 a.l. 1 a.l. Stell ti istan sie d Galas ine sie vic Galas attea Via L ine e vic 10–3 a.l. Relazione di Tully-Fisher olare ma S Siste Radar Candele standard Interpolazione sequenza principale Parallasse Cefeidi nana bianca supernova 1083 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Si ha in un certo senso una catena di osservazioni, i cui anelli sono costituiti da misurazioni a distanze via via crescenti. È importante quindi individuare oggetti astronomici presenti in un dato ambito di distanze e dei quali è nota la distanza con grande accuratezza. Tali oggetti possono essere impiegati per calibrare un metodo di osservazione con il quale si vuole esplorare una scala di distanze maggiore. Le distanze in astronomia si misurano innanzitutto con unità di misura adeguate alla dimensione delle stesse. Introduciamone alcune a partire dall’anno luce, pari alla distanza percorsa dalla luce in un anno. Data la velocità della luce c = 2,997 ∙ 108 m ∙ s−1, il tempo percorso da essa in un anno sarà 1 a.l. = (2,997 ∙ 108 m ∙ s−1)(365 ∙ 24 ∙ 60 ∙ 60 s) = 9,46 ∙ 10 15 m Nel Sistema Solare, per distanze inferiori a circa 10−3 a.l. si usa un metodo basato sul radar. Onde radio, che viaggiano alla velocità della luce, vengono inviate a un corpo celeste e da questo rifesse indietro: misurando il tempo di «andata e ritorno» del segnale inviato si ottiene la distanza del corpo. Dall’interno del Sistema Solare fno a circa 103 a.l., per le stelle vicine, si usa il metodo denominato della parallasse, che consiste nel misurare la variazione apparente della posizione in cielo di una stella a partire da osservazioni fatte dalla Terra a distanza di sei mesi. Mediante opportune relazioni trigonometriche si ricava la distanza dalla stella osservata. Il metodo della parallasse consente di introdurre una nuova misura di distanze denominata parsec (pc) (da parallasse e arco-secondo): 1 parsec è la distanza di una stella la cui parallasse è uguale a 1 secondo d’arco. Stelle distanti Ogni gennaio vediamo questo asd Stella vicina Mentre la Terra orbita intorno al Sole ... Ogni luglio vediamo questo θ ... la posizione della stella vicina sembra spostarsi rispetto alle stelle distanti d 1 AU Figura 17 Metodo della parallasse. Luglio Gennaio Per determinare la distanza in km di 1 pc, consideriamo il triangolo rettangolo in fgura 17, formato da una stella alla distanza di 1 pc, dalla Terra e dal Sole. Le dimensioni note sono: raggio medio dell’ orbita terrestre, 1 AU (Astronomical Unit) = = 149,6 ∙ 106 km, distanza Terra-stella = 1 pc, ampiezza dell’ angolo di parallasse θ = 1″. Dalla relazione 1 AU sen θ = _ d ricaviamo 1 AU d =_ sen θ Sostituendo i valori numerici otteniamo così che 1084 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo 1 AU d = 1 pc = _ = 206 265 AU = 3,09 ∙ 10 13 km sen 1′′ Ricordando che 1 a.l. = 9,46 ∙ 10 12 km, abbiamo la conversione tra parsec e anni luce: 3,09 ∙ 1013 km d = ____________ = 3,26 a.l. 9,46 ∙ 1012 km Poiché gli angoli di parallasse sono piccoli, spesso è possibile utilizzare l’approssimazione sen θ ≈ θ. eseMPio 3 la distanza di sirio La stella più brillante del cielo, Sirio, ha una parallasse di 0,379′′. ▸ Calcola la sua distanza in parsec e in anni luce. la soluzione In parsec: 1 pc d = _ = 2,64 pc 0,379 In anni luce: d = (2,64 pc)(3,26 a.l./pc) = 8,61 a.l. Per misurare distanze a scale maggiori si effettuano misure di intensità I (in W/m2) di una sorgente luminosa. La potenza totale emessa dal corpo celeste, detta anche luminosità intrinseca L 0 (in W = J/s), si distribuisce su una superfcie sferica di raggio crescente, per cui a distanza d l’intensità della radiazione proveniente dal corpo celeste è legata alla sua luminosità intrinseca L 0 e a d dalla relazione Se la luminosità intrinseca L 0 del corpo è nota, misurando l’intensità I si risale alla distanza d. Per utilizzare questo metodo è necessario però individuare le cosiddette candele standard, ossia corpi celesti dei quali è nota la luminosità intrinseca L 0 . Come candele standard si utilizzano alcuni oggetti di cui si sono individuate le proprietà che ne determinano le luminosità intrinseche. All’interno della Via Lattea, la nostra Galassia, si sfrutta il fatto che gli ammassi globulari di stelle sono formati da popolazioni analoghe di stelle. Tali ammassi sono caratterizzati quindi da una luminosità globale analoga. Conoscendo la distanza di un ammasso globulare con il metodo della parallasse, si può determinare opportunamente la distanza dell’ammasso globulare più distante, sapendo che l’intensità luminosa varia secondo la legge dell’ inverso del quadrato della distanza. Tale metodo viene adottato fno a qualche milione di anni luce. A distanze ancora superiori, si utilizza la relazione tra periodo e luminosità delle stelle variabili denominate Cefeidi, scoperte da Henrietta Leavitt nel 1912. Più luminose sono queste stelle, più lungo è il periodo di variazione della loro luminosità (fgura 18). Dal momento che è stato possibile osservare tali stelle fno alle galassie vicine, la scoperta di questa relazione è stata di fondamentale importanza per determinare le dimensioni dell’Universo. Grazie al metodo delle Cefeidi, Edwin Hubble nel 1923 stimò la distanza della Nebulosa M31, ora nota come Galassia di Andromeda. A distanze ancora superiori si utilizza attualmente un altro tipo di candele standard, ossia le cosiddette supernove di tipo Ia associate all’ esplosione di particolari Luminosity (LSun) L0 I = ____2 4π d 30.000 10.000 3000 1000 3 30 10 Period (days) 100 Figura 18 Esempio di Cefeidi. 1085 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo stelle denominate nane bianche. Queste rappresentano un altro stadio dell’evoluzione stellare di masse simili a quelle del Sole. L’utilizzo di tali candele ha arrecato in tempi recenti le prime evidenze di un Universo in accelerazione, come vedremo nel paragrafo 6. ■ Fino agli anni Venti del secolo scorso non si era certi riguardo alla natura delle cosiddette nebulose a spirale. I telescopi di allora, infatti, non erano in grado di risolvere la nebulosità biancastra di questi oggetti, da cui il loro nome, nelle singole stelle componenti, per cui si pensava che esse fossero addensamenti di gas a forma di spirale. Grazie alle osservazioni di Hubble (fgura 19), che per primo osservò una galassia diversa dalla nostra, il dibattito sulla loro natura venne risolto a favore dell’ipotesi che le nebulose a spirale fossero galassie come la Via Lattea. Ne derivava che l’Universo fosse molto più grande di quanto fno ad allora supposto. Fisica quotidiana Immagine di Hubble e i telescopi dell’ osservatorio di Monte Wilson. © Ken Spencer (Wikipedia) L’Universo in espansione Figura 19 la legge di Hubble e l’Universo in espansione L’osservazione di Hubble era il primo passo verso la costruzione dell’Universo moderno. Il suo lavoro continuò nello studio e nella classifcazione dei diversi tipi di galassie (ellittiche, spirali o irregolari). Inoltre Hubble si dedicò all’analisi degli spettri emessi da parte delle diverse galassie. Poiché lo spettro di ogni elemento chimico è caratterizzato da un insieme peculiare di righe spettrali, se tali righe compaiono nello spettro di un oggetto celeste signifca che il corrispondente elemento è presente in esso. Negli spettri delle galassie si osservavano righe simili ma collocate in posizioni diverse. In particolare, in molti di questi spettri si osservava un cosiddetto redshift o spostamento verso il rosso, cioè verso le lunghezze d’ onda maggiori, delle righe caratteristiche. Le implicazioni dello spostamento verso il rosso di tali spettri erano ancora ignote fno alle osservazioni di Hubble. Il redshift z è defnito come la variazione della frequenza osservata λoss rispetto alla frequenza a riposo λ0 di una particolare riga in emissione o in assorbimento (fgura 20): Spettro emesso Figura 20 Il fenomeno dello spostamento verso il rosso delle righe caratteristiche. 1086 Spettro osservato CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo λ oss − λ 0 z = _______ λ0 Nello studio delle onde si era già osservato un fenomeno analogo, nel caso dello spostamento Doppler da parte di sorgenti in moto relativo rispetto all’osservatore. La diminuzione della frequenza osservata rispetto a quella emessa indica un moto relativo di allontanamento della sorgente dall’osservatore. Dunque lo spostamento verso il rosso, ossia verso frequenze minori, poteva essere interpretato come la prova che le galassie fossero in allontanamento dalla Terra. Le osservazioni di Hubble furono di portata rivoluzionaria in quanto egli ipotizzò, a partire dai pochi dati a sua disposizione, che vi fosse una relazione lineare tra la velocità di allontanamento da parte delle Galassie e la loro distanza. In termini moderni la legge oggi detta legge di Hubble (fgura 21) si esprime come v = H0 d dove v è la velocità della galassia in km/s, d è la sua distanza in Mpc e H 0 è la cosiddetta costante di Hubble. Oggi sappiamo che l’Universo potrebbe aver avuto durante la sua evoluzione tassi di espansione diversi e che quindi la costante di Hubble sarebbe cambiata nel corso del tempo. Per questa ragione la costante di Hubble attualmente vale 67 (km/s)/Mpc, per cui v = [67 (km/s)/Mpc] d Le implicazioni di tale legge erano evidenti. Si era in presenza di un Universo non statico, come aveva ipotizzato Einstein, ma dinamico, in espansione. L’Universo, che fno alle prime osservazioni di Hubble si pensava limitato alla nostra Galassia, in realtà era composto da molte galassie le quali si stavano allontanando le une dalle altre, a velocità tanto maggiore quanto maggiore era la distanza relativa. Fu proprio grazie a questa osservazione che Einstein realizzò che l’aver introdotto la costante cosmologica nelle equazioni della relatività era stato un errore. + 1000 Km Velocity 500 Km 0 Figura 21 0 ■ Distance 106 Parsecs 2 x 106 Parsecs La legge di Hubble «al tempo di Hubble». l’ Universo di Friedmann-lemaitre Il problema di un Universo instabile, a causa della natura attrattiva della gravità, era già stato risolto da Friedmann da un punto di vista matematico senza la necessità di introdurre una costante cosmologica. Friedmann ipotizzò che l’instabilità prevista da Einstein veniva meno qualora l’Universo avesse avuto inizio con un’espansione in grado di bilanciare l’attrazione gravitazionale. In tal senso, nelle equazioni di Friedmann l’Universo può avere tre comportamenti a seconda della quantità totale di materia contenuta e della velocità di espansione iniziale. Il contributo rivoluzionario di tale ipotesi risiedeva nel fatto che per la prima volta si ipotizzava un Universo fsico in evoluzione. A soluzioni analoghe, precorrendo il modello del Big Bang, giunse qualche anno dopo Lemaitre che ipotizzò che, se l’Universo attualmente fosse in fase di espansione, allora avrebbe dovuto avere all’ inizio una fase estremamente compatta, da lui chiamata «Atomo primordiale». 1087 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo ■ la densità critica e l’ evoluzione dell’Universo Per comprendere i possibili scenari evolutivi previsti da Friedmann e Lemaitre, consideriamo l’Universo come una sfera di raggio R e densità media ρ, che attrae gravitazionalmente una galassia di massa m posta alla distanza R dal centro della sfera in allontanamento da essa secondo la legge di Hubble. Classicamente, l’energia meccanica totale della galassia è pari a 1 mM E = _ mv2 − G _ 2 R Se tale energia è maggiore di zero, la galassia si allontanerà defnitivamente, se è minore di zero, la galassia (come per un sasso lanciato in alto dalla Terra) ricadrà verso il centro della sfera. Esiste un valore della densità media, denominato densità critica ρ c, per cui l’energia totale è nulla e la galassia giungerà a distanza infnita con velocità pari a zero. Se infatti v = H0 R e 4 M = _ πR 3ρ 3 si ricava 1 2 2 4 π R 3ρ _ H 0R − G _ ___ = 0 2 3 R cioè 1 2 4 _ H = G _ πρ 2 0 3 da cui segue 3H 20 ρc = _ 8πG Dimensioni dell’universo Big Freeze Universo aperto Universo piatto Dimensioni attuali Universo chiuso Tempo Figura 22 Big Bang I tre tipi di destino dell’Universo. Oggi Big Crunch Le soluzioni matematiche dell’Universo di Friedmann-Lemaitre possono essere schematizzate confrontando la densità ρ dell’Universo con la densità critica ρc (fgura 22): • • • se ρ > ρ c : dopo l’iniziale fase di espansione, per effetto della grande densità l’Universo si contrae fno al collasso completo, chiamato «Big Crunch»; se ρ < ρ c : la densità è piccola e l’Universo continua a espandersi indefnitamente; se ρ = ρ c : l’espansione iniziale diminuisce in modo progressivo senza arrestarsi. Il valore della densità critica dell’ Universo si può stimare a partire dalla costante di Hubble: 3H 20 (67 km ∙ s−1 ∙ Mpc−1)2 ρc = _ = 3 ________________________ 8πG 8π (6,67 ∙ 10−11 m3 ∙ kg−1 ∙ s−2) Poiché 1 Mpc = 106 pc = 3,09 ∙ 10 19 km si ottiene 1088 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo ρ c = 8,4 ∙ 10−27 kg ∙ m−3 Tale valore di densità corrisponde circa a un atomo di idrogeno al metro cubo. Ai tre tipi di universo è associata una particolare forma di geometria: • • • se ρ > ρ c l’Universo è chiuso, è destinato a collassare e ha una geometria ellittica; se ρ < ρ c l’Universo è in continua espansione e ha una geometria iperbolica; se ρ = ρ c l’Universo ha una geometria «piatta», simile a quella dello spazio-tempo piatto. la materia oscura 5 La determinazione della densità media dell’Universo, e in particolare del suo destino, è stato uno dei quesiti più importanti nella cosmologia per tutto il Novecento. ■ l’ esistenza della materia oscura Nell’ambito di questa ricerca, un fatto tanto importante quanto inatteso è stata la scoperta della materia oscura, ossia di una forma di massa che esercita attrazione gravitazionale ma che non emette radiazione luminosa di alcun tipo. La sua esistenza era stata proposta negli anni Trenta da Oort e Zwicky per spiegare le distribuzioni delle velocità delle stelle nella nostra Galassia e delle galassie nelle strutture gravitazionali più grandi cui esse appartengono, denominate ammassi di galassie (fgura 23). Figura 23 Una prova più convincente dell’esistenza della materia oscura fu proposta negli anni Settanta del secolo scorso da Vera Rubin. L’astronoma misurò le velocità orbitali delle stelle all’interno di varie galassie e notò che le stelle più lontane orbitavano attorno al centro della galassia con velocità elevate, molto maggiori di quelle che erano previste dalla teoria. Per una data distanza dal centro, la velocità orbitale di una stella è tanto più grande quanto maggiore è la massa della regione di galassia all’interno della sua orbita. Rubin osservò che per rendere conto di velocità orbitali così elevate si doveva ipotizzare che la massa della galassia fosse molto maggiore di quella osservata. Dunque nelle galassie sembrava esistere una qualche forma di materia che esercitava attrazione gravitazionale ma non emetteva né assorbiva radiazione elettromagnetica: la materia oscura (fgura 24). ■ attuali studi sulla materia oscura Oltre al perfezionamento dei metodi ipotizzati nel secolo scorso, la ricerca contemporanea utilizza altri metodi per la determinazione della quantità di materia oscura presente nell’Universo. Tra essi vale la pena di ricordarne almeno due, indicativi delle diverse possibilità attualmente disponibili nell’ astrofsica moderna. Velocitˆ © NASA Ammasso di galassie denominato Coma. B A Distanza Figura 24 Velocità di rotazione delle stelle nelle galassie a spirale. La quantità di materia visibile avrebbe potuto supportare unicamente la curva A. La curva B è quella osservata. 1089 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Figura 25 Immagini del quasar Il fenomeno della defessione della luce da parte di galassie. Terra Quasar Galassia Immagini del quasar Figura 26 Archi gravitazionali prodotte da un ammasso di galassie. © Andrew Fruchter (STScI) et al., WFPC2, HST, NASA Il primo si basa sulla defessione della luce, effetto già previsto nella relatività generale. In tal caso si osservano immagini multiple di una galassia lontana, dovute alla defessione da parte di una grande quantità di massa, come per esempio un ammasso di galassie, presente tra la galassia lontana e l’ osservatore (fgura 25). Tale metodo consente di stimare la massa totale dell’ammasso. La defessione della luce produce a volte spettacolari effetti geometrici come nel caso delle immagini denominate archi gravitazionali (fgura 26). Il Bullet Cluster. La materia ordinaria emette radiazione elettromagnetica (nell’immagine colorata in rosso). La materia oscura stimata per mezzo degli effetti gravitazionali è colorata in azzurro. 1090 © NASA Figura 27 26 CAPITOLO Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo © Max Camenzind, University of Heidelberg Un caso degno di nota è il cosiddetto Bullet Cluster, in cui si osserva un sistema di due ammassi di galassie in interazione (fgura 27 alla pagina precedente). La materia luminosa si concentra al centro dell’ immagine, mentre la materia oscura, stimata attraverso metodi di lente gravitazionale, pare essere disposta ai margini dello stesso, subendo globalmente solo l’effetto delle interazioni gravitazionali e non di quelle elettromagnetiche. Il secondo metodo, di natura più indiretta, è legato allo studio dei modelli di formazione delle strutture cosmiche. Le osservazioni degli ammassi di galassie su grande scala nell’Universo e il loro aggregarsi in strutture ancora più grandi, denominate superammassi di galassie, è infatti riprodotto ai giorni nostri grazie a programmi di simulazione che girano in supercalcolatori (fgura 28). I superammassi si formano a partire dagli effetti gravitazionali attorno agli addensamenti iniziali di materia in un Universo in evoluzione. L’ ipotesi di una determinata quantità di materia oscura è necessaria per riprodurre correttamente le osservazioni delle strutture attuali (fgura 29). Figura 28 Simulazioni della formazione delle strutture cosmiche in un Universo in evoluzione. 60 ˚ 15 0˚ 2dF Galaxy Survey 45 195˚ 0˚ Bi 2. on 0 0˚ 0 0˚ 22 4. 33 5˚ 21 5˚ Li gh 3 t Y .0 ea rs 106688 Galaxies 34 lli Angle on sky 15˚ 180˚ 30˚ 165 ˚ ˚ 1. 0 Figura 29 Struttura a larga scala dell’Universo. ■ la natura della materia oscura Fino a oggi sono stati vari (e vani) i tentativi di identifcare la natura delle particelle che costituiscono la materia oscura. Attualmente sono in corso vari esperimenti che cercano di rivelare le eventuali interazioni, mediante urti elastici, della materia oscura presente nel campo gravitazionale terrestre tramite opportuni rivelatori, posti in laboratori sotterranei per schermarli dalle altre radiazioni di origine cosmica (fgura 30 alla pagina seguente). Analogamente, anche gli esperimenti presso l’acceleratore LHC del CERN di Ginevra stanno cercando l’evidenza di nuove forme di materia che potrebbero essere i candidati per spiegare la materia oscura. 1091 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Un altro metodo, di natura indiretta, consiste nel cercare, con strumenti su satellite o a Terra, i prodotti delle eventuali reazioni delle particelle di materia oscura con se stesse, in un processo denominato di annichilazione. Vi sono alcuni candidati che infatti prevederebbero in tali reazioni l’emissione di radiazione gamma di alta energia. Come vedremo nel prossimo paragrafo, lo studio della materia oscura e di altri fenomeni cosmologici consente attualmente di determinare che © INFN la quantità totale di materia presente nell’ Universo contribuisce a circa il 31,5% della densità critica dell’Universo. Figura 30 L’ esperimento DAMA dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per la ricerca della materia oscura presso i laboratori nazionali del Gran Sasso. 6 gli sviluppi della cosmologia osservativa Come discusso nei paragraf precedenti, Einstein riteneva che l’Universo fosse statico mentre i modelli di Friedmann ipotizzavano, come suggerito da Lemaitre, un momento iniziale di densità di massa-energia tendente all’infnito. Da questo istante tutto lo spazio-tempo si sarebbe espanso secondo la legge di Hubble con una velocità sempre maggiore in tutte le direzioni. La legge di Hubble prevede che l’ Universo si espanda secondo una legge esprimibile con la relazione v = H0 d per cui il parametro di Hubble presenta le dimensioni di t −1. eseMPio 4 l’età dell’Universo Fornisci una stima dell’età dell’Universo usando la legge di Hubble. il ragionamento e la soluzione Considerando una galassia che ora si trovi a distanza d, si può stimare in prima approssimazione che il tempo che è stato necessario per giungere a quella distanza sia stato pari a d t=_ v ossia, per la legge di Hubble, d 1 1 t = __ = __ = ___________ H 0 d H 0 67 km ∙ s−1 ∙ Mpc−1 Essendo 1 Mpc = 3,09 ∙ 10 19 km la relazione precedente diviene 3,09 ∙ 1019 km t = ______ s = 4,61 ∙ 10 17 s 67 km da cui segue 4,61 ∙ 1017 s t = 4,61 ∙10 17 s = ______ = 1,4 ∙ 10 10 anni 365 ∙ 24 ∙ 3600 Per favorire una comprensione intuitiva delle implicazioni della legge di Hubble si ricorre a un’analogia del fenomeno dell’espansione dell’Universo. Consideriamo la superfcie di un palloncino sul quale siano raffgurati degli oggetti (fgura 31 alla pagina seguente): man mano che il palloncino si gonfa lo spazio tra gli oggetti aumenta in tutte le direzioni. L’analogia non è del tutto corretta, perché il palloncino si espande in uno spazio esterno, mentre nel caso dell’Universo è lo stesso spazio-tempo a espandersi. In particolare, qualsiasi distanza tra due punti nello spazio-tempo tende ad aumentare nel tempo secondo la legge di Hubble man mano che l’Universo si espande. 1092 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Figura 31 Un palloncino che si gonfa fornisce una comprensione intuitiva dell’espansione dell’Universo. A questo scopo notiamo che per determinare le distanze in cosmologia si fa uso del cosiddetto lookback time, che corrisponde alla distanza percorsa dalla luce dal momento in cui è stata emessa (fgura 32). Dal momento che però l’Universo è in espansione, tale distanza non corrisponde all’attuale distanza dell’oggetto osservato, che può trovarsi molto più lontano. Tempo Il tempo impiegato dai fotoni per viaggiare dalla galassia a noi si chiama lookback time Oggi Fotoni in viaggio verso la Terra 400 milioni di anni fa Distanza dalla Via Lattea Posizione della Via Lattea ■ Posizione della galassia al tempo della supernova Posizione della galassia oggi Figura 32 Lookback time. il Big Bang L’ipotesi che sia esistito il momento iniziale dell’espansione dell’Universo, nel quale lo spazio era nullo e l’energia tendente all’infnito, risultava talmente ostica da far affermare a Hoyle che esso fosse simile a un Big Bang, un grande scoppio. Da allora questa ironica locuzione viene sistematicamente adottata nel descrivere il modello dell’Universo in espansione come previsto dalle equazioni di Friedmann-Lemaitre. L’ipotesi del destino dell’Universo era invece legata alla quantità totale di materia/energia presente nell’Universo. Anche tenendo conto della materia oscura, fno a pochi anni fa si riteneva che la densità media di energia fosse molto minore della densità critica e che quindi l’Universo avrebbe continuato ad espandersi. Le prove fsiche a supporto della correttezza globale del modello del Big Bang non tardarono ad arrivare. L’espansione osservata da Hubble era certamente una di queste. Essa però poteva essere compatibile anche con un modello di Universo in espansione senza un Big Bang. Tale modello alternativo, detto Universo stazionario, prevedeva la creazione continua di nuova materia all’ interno dello spazio-tempo in espansione senza che vi fosse stato un istante iniziale a densità infnita. 1093 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo ■ Figura 33 Arno Penzias e Robert Wilson. la scoperta del fondo cosmico a microonde Il modello del Big Bang ottenne una prova decisiva grazie alla scoperta di un fenomeno del tutto inatteso. Nel 1964 Arno Penzias e Robert Wilson si accorsero che la grande antenna a microonde che stavano perfezionando presentava un rumore di fondo persistente in tutte le direzioni (fgura 33). Dopo un’ attenta analisi dell’apparato sperimentale, conclusero che il segnale di fondo non era dovuto a cause strumentali ma proveniva dal cielo. La radiazione che essi osservarono era in effetti la traccia di uno stato dell’Universo a una temperatura molto maggiore di quella attuale, come previsto alcuni decenni prima da Gamow all’ interno del modello del Big Bang. La scoperta del fondo a microonde cosmico, o Cosmic Microwave Background (CMB), segnò una svolta decisiva nella comprensione globale dell’ Universo. La radiazione cosmica di fondo ha oggi il massimo d’intensità nella banda delle microonde a causa del cosiddetto redshift cosmologico. Questo fenomeno interessa tutto lo spettro elettromagnetico: aumentando la lunghezza d’onda, l’energia E = hf = hc/λ della radiazione osservata è minore di quella che la radiazione aveva nel momento in cui è stata emessa. In conseguenza di ciò, la distribuzione spettrale dell’energia della radiazione non corrisponde più a quella della temperatura a cui è stata emessa, ma a quella di un corpo nero avente temperatura molto minore. Attualmente la radiazione del Big Bang ha una distribuzione spettrale uguale a quella di un corpo nero a 2,7 K: ciò signifca che tale radiazione è stata emessa quando l’ Universo aveva una temperatura media di 3000 K e una dimensione circa 1000 volte inferiore a quella attuale. Le dimensioni dell’Universo al momento in cui fu emessa la radiazione che osserviamo si possono ricavare dal seguente ragionamento. L’energia e la temperatura della radiazione osservata sono proporzionali alla frequenza dell’onda. La lunghezza d’onda della radiazione osservata varia come l’inverso della frequenza. Per cui una radiazione più «fredda» oggi corrisponde a un «allungamento» della lunghezza d’onda (è esattamente il fenomeno del redshift). Tale allungamento in realtà si applica a tutte le lunghezze, per cui la dimensione dell’ Universo al momento della radiazione era ridotta dello stesso fattore della lunghezza d’ onda osservata. ■ gli studi delle anisotropie della radiazione cosmica di fondo La radiazione cosmica di fondo era la prova decisiva che nella storia dell’ Universo vi fu un istante in cui l’Universo si presentava in uno stato a temperatura molto elevata, a circa 380 000 anni dal Big Bang. Sistematiche campagne osservative svolte mediante satelliti in orbita attorno alla Terra fornirono ulteriori informazioni. Cosmic Microwave Background Spectrum from COBE 400 COBE Data Black Body Spectrum 350 Intensity [MJy/sr] 300 250 200 150 100 50 0 2 Figura 34 Lo spettro del CMB misurato da COBE. 1094 4 6 8 10 12 14 Frequency [1/cm] 16 18 20 22 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo © Mark Halpern, BLAST In particolare, negli anni Novanta il satellite COBE (COsmic Background Explorer) della NASA misurò come la radiazione del CMB fosse perfettamente compatibile in tutte le direzioni con quella emessa da un corpo nero alla temperatura di 2,7 K. Il grafco (fgura 34 alla pagina precedente) mostra la totale corrispondenza tra le misure effettuate (crocette rosse) e lo spettro teorico (linea verde) di un corpo nero a 2,7 K. COBE osservò inoltre alcune anisotropie spaziali nella temperatura del fondo a microonde, ossia scoprì che in alcune direzioni dello spazio lo spettro della radiazione di fondo corrispondeva a una temperatura leggermente diversa da 2,7 K. Queste misure si sarebbero ben presto rivelate decisive per una maggiore comprensione dell’evoluzione dell’Universo. Figura 35 Il volo su pallone stratosferico utilizzato per l’esperimento BOOMERanG. Infatti la misura accurata delle piccolissime variazioni di temperatura della radiazione di fondo consente di stimare la densità totale di massa-energia dell’Universo e quindi di indagare la geometria stessa dell’Universo. Una stima della dimensione angolare delle anisotropie della radiazione cosmica di fondo fu effettuata su una piccola zona di cielo nell’ambito dell’esperimento BOOMERanG, progettato e realizzato da fsici italiani tra il 1998 e il 2003 (fgura 35). I dati di BOOMERanG erano coerenti con l’ipotesi di un Universo piatto, in cui la densità media di energia è uguale alla densità critica. Ma la densità di energia nota dava conto solo di un terzo della densità critica: si poneva quindi il problema di stabilire l’origine della restante densità di massa-energia (fgura 36). © Esperimento BOOMERANG –300 μK –300 –200 –100 0 100 200 300 μK 300 Figura 36 Le anisotropie del CMB come osservate da BOOMERanG. 1095 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Le misure di BOOMERanG furono confermate ed estese a tutto il cielo dal satellite della NASA chiamato WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe). WMAP diede una stima della densità dell’Universo molto prossima alla densità critica (fgura 37). Figura 37 © NASA Le anisotropie del CMB misurate da WMAP. Un ulteriore passo avanti nella misura dei parametri dell’Universo è stata ottenuta nel 2013 grazie ai dati dell’esperimento Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (fgura 38). I risultati di Planck possono essere espressi in termini del parametro Ω, introdotto allo scopo di individuare il peso relativo delle diverse componenti di massa-energia dell’Universo. Per defnizione, è il rapporto tra la densità ρ della componente di massa-energia allo studio e la densità critica ρ c : ρ Ω = __ ρc © ESA Le misure di Planck (fgura 39) hanno consentito di calcolare le seguenti stime: per la materia barionica, ossia la «normale» materia che forma gli atomi, Ω b ≈ 5%, mentre per la materia oscura Ω DM ≈ 26,5%, per un totale di materia pari a Ω M = Ω DM + + Ω b ≈ 31,5%. Dunque la materia corrisponde solo al 31,5% della densità critica. Figura 38 © ESA L’ esperimento Planck dell’ESA. Figura 39 Le anisotropie della radiazione cosmica di fondo osservate da Planck. ■ le supernove Ia e l’accelerazione dell’Universo La scoperta che la massa dell’ Universo spiegava solo poco più del 30% della densità totale di energia fu decisamente un risultato inatteso, che imponeva la necessità di individuare un’ ulteriore componente per la densità di energia dell’Universo. La soluzione del dilemma venne dall’osservazione del comportamento, anch’esso inatteso, delle candele standard utilizzate per la determinazione della distanza delle galassie più lontane. Come abbiamo visto, lo studio delle candele standard si 1096 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo basa sull’assunzione che, a partire da una luminosità iniziale intrinseca L 0 , l’ intensità osservata decresca con la distanza secondo una legge del tipo d −2. Nel 1998 si scoprì invece che alcune supernove di tipo Ia presentavano luminosità inferiori a quelle attese se il tasso di espansione dell’Universo fosse stato pari a quello attuale. Le misure molto accurate vennero effettuate da diversi gruppi in modo indipendente e risultarono concordi nel proporre un Universo in accelerazione (fgura 40). Flat 24 A=0 (0, 1) (0.5, 0.5) (0, 0) (1, 0) (1, 0) 1.5, –0.5) (2, 0) Effective mB 22 Supernova Cosmology Project 20 18 16 Calan/Tololo (Hamuy et al, A.J. 1996) 14 Universo in accelerazione a seguito delle osservazioni delle supernove di tipo Ia. l’ energia oscura Il fenomeno fsico responsabile di tale accelerazione è di natura completamente ignota. Esso contribuisce alla densità di energia dell’Universo ma, invece di frenarne l’espansione, pare in grado di accelerarla man mano che esso si espande. I fsici e i cosmologi hanno denominato questo fenomeno come energia oscura e sono attivamente impegnati a individuarne la natura fsica. La componente di densità dell’energia oscura stimata dalle misure di Planck, insieme alle misure della luminosità delle supernove Ia a distanze cosmologiche, è pari al 68,5% della densità dell’Universo. La natura dell’energia oscura è uno degli enigmi principali della cosmologia attuale. Energia oscura la nucleosintesi primordiale Una ulteriore prova a supporto del modello del Big Bang proviene dalla fsica nucleare. Ancora prima della scoperta del CMB, i fsici elaborarono modelli che descrivevano uno stato dell’Universo a temperature e densità molto maggiori di quelle attuali. Secondo tali modelli, i numeri iniziali di protoni e di neutroni cambiavano nel corso dell’espansione e del conseguente raffreddamento dell’Universo. Per riprodurre l’attuale abbondanza di elementi leggeri come l’ elio, i modelli prevedevano una densità di materia barionica pari al 5% della densità critica, in accordo con le misure sul CMB (fgura 41). Gli elementi più pesanti fno al ferro si sono invece formati dalle reazioni termonucleari all’interno delle diverse generazioni di stelle, a partire dagli elementi primordiali. I nuclei degli elementi più pesanti del ferro si formano in reazioni di fusione che richiedono energia dall’esterno: tale energia è disponibile nelle esplosioni delle supernove associate al collasso delle stelle di generazioni precedenti. 7 il Modello standard per l’evoluzione dell’Universo L’evoluzione dell’Universo a partire dal Big Bang si basa sugli studi teorici e sperimentali più recenti in fsica delle particelle. Per comprenderne i passaggi, il concetto fondamentale è quello di equilibrio radiazione-materia. Fino a quando la radiazione 100 10Ð1 Element Abundance (Relative to Hydrogen) ■ Fisica quotidiana Helium 4 (4He) Deuterium (2H) 10Ð2 10Ð3 10Ð4 10Ð5 Helium (3He) 10Ð6 10Ð7 10Ð8 10Ð9 WMAP Observation ■ Figura 40 10Ð10 10Ð11 10Ð12 10Ð11 10Ð10 10Ð9 10Ð8 10Ð7 Density of Ordinary Matter (Relative to Photons) Figura 41 Le abbondanze chimiche dell’ idrogeno, del deuterio e dell’ elio primordiale. 1097 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo presente nell’Universo ha un’energia suffciente a creare nuove particelle in coppie di materia e antimateria, secondo la nota relazione E = mc 2 della relatività ristretta, il fenomeno opposto, detto di annichilazione, non può far diminuire il numero totale di particelle di materia presenti (fgura 42). Creazione di una particella Fotone gamma Elettrone e e Fotone gamma – + Positrone Annichilazione di una particella Positrone + e Figura 42 e Creazione e annichilazione di una particella. Figura 43 Evoluzione storica dell’Universo. Fotone gamma – Elettrone Fotone gamma La sequenza degli eventi che hanno caratterizzato la storia dell’Universo è rappresentata nella fgura 43. Immediatamente dopo il Big Bang, la temperatura aveva un valore incredibilmente alto, pari a 1032 K. Durante questa prima fase, denominata era di Planck, le tre interazioni fondamentali (gravitazionale, nucleare forte ed elettro-debole) erano unifcate in una singola interazione. Le attuali teorie fsiche non sono in grado di fornire un quadro compiuto dei fenomeni che hanno avuto luogo durante l’era di Planck. Molto rapidamente, circa 10−43 s dopo il Big Bang, la forza di gravità assunse però una identità separata dalle altre interazioni. Nel frattempo e fno a 10−35 s dopo il Big Bang, quando la temperatura aveva assunto il valore di 1028 K, le altre tre interazioni agivano come una singola interazione, le cui caratteristiche sono studiate dal modello noto come Grand Unifed Theory o GUT. In quest’epoca primordiale, denominata appunto era della GUT, tutte le particelle erano indistinguibili, in particolare non vi era distinzione tra quark e leptoni. In quest’epoca avvenne anche un fenomeno peculiare, denominato espansione infazionaria, una espansione esponenziale delle dimensioni dell’Universo che spiegherebbe molte delle osservazioni odierne sull’Universo, tra le quali per esempio la sua isotropia globale. A circa 10−35 s dopo il Big Bang, la forza nucleare forte si separò dalle altre due interazioni, che rimasero indistinguibili fno a circa 10−10 s dopo il Big Bang, quando l’Universo si era raffreddato a 10 15 K. In questa epoca i quark si distinsero dai leptoni. Quark e antiquark iniziarono ad aggregarsi in adroni, quali i protoni e i neutroni e le loro antiparticelle. Quest’epoca viene chiamata era elettrodebole. TEMPERATURA 1032 K 1028 K 1015 K 1012 K 109 K 3000 K 10–43 s 10–35 s 10–10 s 10–4 5 min 380 000 anni TEMPI Era di Planck 1098 Era della GUT Era elettrodebole Era delle particelle Era della nucleosintesi Era dei nuclei Era degli atomi CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo A circa 10−4 s dopo il Big Bang, quando la temperatura era scesa a 10 12 K, rimase solo una piccola frazione di adroni rispetto al numero totale di particelle (dominato dai leptoni: elettroni, positroni e neutrini). Infatti l’energia della radiazione dell’Universo non era più in grado di creare adroni direttamente. Quest’epoca viene chiamata era delle particelle. Man man che la temperatura dell’Universo scendeva, a causa dell’espansione dello stesso, anche il numero dei leptoni iniziò a diminuire, per l’annichilazione tra materia e antimateria, fno a che, circa 5 min dopo il Big Bang, anche il numero di leptoni divenne simile a quello degli adroni. A tale epoca si dà il nome di era della nucleosintesi. Alla temperatura raggiunta in quell’istante di circa 109 K, iniziarono a formarsi i primi nuclei di elio, grazie al fenomeno della nucleosintesi primordiale. Dopo 380 000 anni dal Big Bang, alla fne dell’ epoca successiva, l’ era dei nuclei, la temperatura dell’Universo era scesa ormai a 3000 K e gli elettroni liberi iniziarono a legarsi ai nuclei e a formare i primi atomi neutri. A quest’epoca la radiazione riuscì a essere emessa in tutte le direzioni senza avere più l’energia necessaria a formare nuove particelle. La radiazione del CMB risale a quest’epoca. Successivamente la materia neutra iniziò ad aggregarsi e a formare strutture via via più dense dalle quali successivamente si sarebbero formate le galassie e le stelle che le compongono. 8 nuovi strumenti per lo studio dell’Universo Lo studio della struttura e della composizione dell’Universo è una delle imprese maggiori che la scienza dell’ultimo secolo ha affrontato. La scoperta di un Universo in evoluzione (fgura 44), nato a partire da uno stato a densità e energia infnita, e l’individuazione delle sue componenti, di cui quasi il 95% è di natura ancora ignota ha modifcato drasticamente la nostra comprensione del cosmo. I pianeti, le stelle e le galassie non sono che una minima parte di esso. Tutto questo rende tuttora la cosmologia uno dei campi di ricerca più attivi nella fsica contemporanea, in cui concorrono competenze e metodi di indagine della fsica delle particelle e dell’astronomia. Le domande ancora aperte riguardo all’Universo sono infatti molte. Qual è la natura della materia oscura? Di quali particelle è composta? Cos’è l’energia oscura? Afterglow Light Pattern 375,000 yrs. Dark Energy Accelerated Expansion Dark Ages Development of Galaxies, Planets, etc. Infation WMAP Quantum Fluctuations 1st Stars about 400 million yrs. © NASA Big Bang Expansion 13.77 billion years Figura 44 L’evoluzione dell’Universo. 1099 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Figura 45 © LSST Corporation © NASA Il telescopio JWST. Quali sono le sue proprietà? Come si è evoluto l’Universo nelle sue fasi iniziali? Quando si sono formate le galassie? Per cercare risposte adeguate, le grandi agenzie scientifche internazionali sono all’opera allo scopo di progettare le missioni del futuro per l’osservazione del cielo fno alle distanze più elevate. Alcuni progetti sono già in fase di sviluppo: le loro osservazioni costituiranno la base per la cosmologia del XXI secolo. Il progetto JWST (James Webb Space Telescope, fgura 45) sarà un telescopio orbitante per osservazioni nella banda infrarossa, in grado di osservare, tra l’altro, i primi oggetti luminosi formatisi nella storia dell’ Universo. Si ritiene che i suoi dati aiuteranno a determinare anche il meccanismo di formazione delle galassie e il ruolo della materia oscura in questo processo. Il telescopio denominato LSST (Large Synoptic Survey Telescope, fgura 46) rappresenta una nuova metodologia di ricerca dei fenomeni transienti nell’Universo. Esso realizzerà e analizzerà rapidamente una serie molto elevata di immagini del cielo. In questo modo si potranno trovare nuove supernove Ia allo scopo di studiare sempre meglio la natura dell’ energia oscura. Sempre alla ricerca della natura della materia oscura e dell’energia oscura è dedicato il progetto EUCLID (fgura 47), che utilizzerà fra l’altro il fenomeno delle lenti gravitazionali tramite lo studio delle strutture cosmiche, delle galassie e degli ammassi di galassie fno a redshift pari a 2. Allo studio delle strutture cosmiche è dedicato il progetto del telescopio per raggi X denominato Athena (Advanced Telescope for High Energy Astrophysics, fgura 48). Questo telescopio studierà in modo particolare il contenuto di materia negli ammassi di galassie. Figura 46 © ESA Il telescopio LSST. Figura 47 Figura 48 Il telescopio Athena. 1100 © NASA Il telescopio EUCLID. CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Figura 49 © ESO Nella banda radio sarà invece operativo il sistema di telescopi denominato SKA (Square Kilometer Array, fgura 49), che andrà alla ricerca delle tracce delle prime galassie per comprenderne sia i meccanismi di formazione che la conseguente evoluzione. Si sta progettando poi una missione in grado di realizzare misure ancora più accurate del fondo a microonde. I progetti allo studio potranno individuare nel CMB i residui delle oscillazioni gravitazionali dell’Universo primordiale. Tale, per esempio, è lo scopo del progetto PRISM (Polarized Radiation Imaging and Spectroscopy Mission, fgura 50). Infne il grande telescopio ottico denominato E-ELT (European Extremely Large Telescope, fgura 51) sarà dedicato allo studio delle galassie ad alto redshift e alla ricerca delle prime stelle per comprendere come si sono formati i vari elementi presenti nell’Universo dai quali è sorta successivamente la vita. Quel che è certo è che la ricerca sull’origine dell’Universo e sulla formazione delle strutture cosmiche, dalle prime galassie alle stelle e ai pianeti, continuerà ancora a lungo ad affascinare l’umanità e darà sempre nuovo impulso allo sviluppo di tecnologie e metodologie scientifche all’avanguardia. © Prism Mission Team © SKA Project Development Office and Swinburne Astronomy Productions Il telescopio SKA. Figura 50 La missione PRISM. Figura 51 Il telescopio E-ELT. 1101 La storia di un’idea le teorie sull’Universo da Hubble ai giorni nostri ■ La nascita della cosmologia moderna può farsi risalire ai primi due decenni del Novecento, quando Einstein formulò la teoria della relatività generale (1915) e quando, grazie a grandi progressi nelle tecniche osservative e nella misurazione delle distanze astronomiche, spariva ogni concezione privilegiata dell’uomo nello spazio. Si comprese infatti che non solo né la Terra né il Sole occupano il centro dell’Universo o della nostra galassia (ben lungi dall’essere l’unica) ma anche che il Sole è una stella «normale» che si trova alla periferia di una galassia «normale», una delle tante che popolano l’Universo. Nel 1917 Einstein dette inizio alla cosmologia teorica, applicando la sua teoria gravitazionale per descrivere la struttura dell’Universo. A quell’epoca non si sapeva di moti cosmici su larga scala, e così Einstein ipotizzò che l’Universo fosse un sistema statico. Per ottenerlo, introdusse nelle equazioni la cosiddetta costante cosmologica, un termine equivalente a una forza repulsiva in grado di bilanciare la forza di gravità. Tale termine non corrispondeva a dati osservativi, ed Einstein fnì con l’abbandonarlo. Fu in quell’epoca che si cominciarono a valutare i moti delle altre galassie rispetto alla nostra, in base allo spostamento delle frequenze delle loro righe spettrali rispetto alla posizione misurabile in laboratorio, fenomeno interpretabile come effetto Doppler: vediamo la radiazione di una sorgente che si allontana spostata verso lunghezze d’onda più grandi, ovvero verso il rosso nello spettro del visibile, mentre se una sorgente si avvicina, vediamo la sua radiazione spostata verso lunghezze d’onda più corte, ovvero verso il violetto. Grande sensazione suscitò la scoperta che non solo le galassie sembravano allontanarsi da noi (spostamento verso il rosso), ma che la loro velocità di allontanamento v sembrava crescere con la distanza d, in base alla legge enunciata nel 1929 dall’americano Edwin Hubble: v = Hd, dove 1/H è una costante avente le dimensioni di un tempo che, secondo le stime più recenti, potrebbe avere un valore compreso tra 12 e 20 miliardi di anni, ed è Edwin Hubble, studioso dei moti delle galassie. La Horn Antenna a Holmdel, New Jersey, dove negli anni ’60 Arno Penzias e Robert Wilson portarono avanti le loro ricerche. Dalla cosmologia moderna alla legge di Hubble 1102 interpretabile come una stima dell’età dell’Universo. ■ Modelli di Universo Qualunque modello di Universo deve rendere conto dei dati osservativi e in particolare della legge di Hubble. Ne considereremo due: il modello di Universo in «stato stazionario» e il modello del Big Bang, che negli ultimi decenni ha acquistato molto credito. Nel 1948 i cosmologi Hermann Bondi, Thomas Gold e Fred Hoyle proposero un modello in stato stazionario (in inglese steady-state), senza principio e senza fne e tale che un osservatore in un punto e in un istante qualsiasi avrebbe sempre la stessa visione dell’Universo. Se consideriamo una generica sfera in questo Universo, essa si espande continuamente in base alla legge di Hubble, e la materia vi diviene sempre più rarefatta. Per soddisfare il principio di conservazione della massa (o dell’energia, equivalente alla massa in base alla legge E = mc2) occorre allora ipotizzare che nuova materia venga continuamente «creata» dal nulla. Sembra impossibile da accettare, ma il punto è che il CAPITOLO tasso di creazione di materia capace di soddisfare il modello sarebbe molto basso, di soli 1,5 · 10–16 atomi di idrogeno per anno e per cm3. Poiché nessuno ha mai verifcato i princìpi di conservazione con questo grado di precisione, in linea di principio l’idea-base del modello non si può escludere. ■ il Big Bang I modelli che godono oggi di maggior credito sono quelli basati sull’idea che l’espansione dell’Universo sia dovuta a un’enorme esplosione iniziale, in condizioni di altissima temperatura e densità, detta Big Bang. La loro base teorica poggia sulla relatività generale di Einstein. Già nel 1917 l’olandese Willem De Sitter dimostrò che le equazioni di Einstein ammettevano come soluzione un Universo vuoto in espansione. Negli anni Venti il matematico Aleksandr Fridmann e il cosmologo Georges Lemaître fornirono una famiglia di soluzioni delle equazioni di Einstein che prevedevano la legge di Hubble con H positiva (espansione dell’Universo) o negativa (contrazione). In particolare, se la 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo densità media di materia nell’Universo è minore di un valore «critico», le equazioni prevedono che l’espansione debba durare indefnitamente; se invece la densità media è maggiore della densità critica, si arriverà a un certo punto in cui la gravità prenderà il sopravvento e l’Universo, dopo aver raggiunto una fase massima di espansione, comincerà a contrarsi. ■ la radiazione cosmica di fondo Nel 1946 il fsico George Gamow, ragionando sull’ipotesi del Big Bang, previde che, in seguito all’espansione, l’Universo (con una temperatura iniziale di molti miliardi di gradi) avrebbe dovuto raffreddarsi e, ipotizzando un’età superiore ai 10 miliardi di anni, la radiazione ai nostri giorni avrebbe dovuto trovarsi a una temperatura di pochi kelvin. Nel 1965 due ricercatori dei Bell Laboratories, Arno Penzias e Robert Wilson, lavorando su un’antenna per le telecomunicazioni via satellite, scoprirono un rumore radioelettrico che si rivelò ineliminabile, e che in breve risultò non essere d’origine ter- Mappatura della radiazione di fondo e delle sue variazioni realizzata dal satellite COBE. restre né prodotto da alcuna sorgente celeste localizzata. Nell’interpretazione del loro lavoro da parte dell’astrofsico teorico Robert Dicke, fu proposto che si trattasse della radiazione cosmica di fondo prevista da Gamow, con le stesse caratteristiche della radiazione emessa da un corpo nero alla temperatura di 2,7 K, omogenea e isotropa. Fu una scoperta di incalcolabile valore per la cosmologia, e che portò un decisivo sostegno all’ipotesi del Big Bang, la teoria dell’esplosione iniziale, di cui la radiazione cosmica è da considerarsi il residuo «fossile». ■ Quale destino? Assodato che l’ipotesi più probabile sull’origine dell’Universo sia il Big Bang, non solo a seguito della scoperta di Penzias e Wilson, ma anche di altre conferme indipendenti, non vi è ancora consenso unanime su quale sarà la sua evoluzione, se un’espansione continua (ipotesi che i dati sembrano privilegiare) o un’espansione seguita a un certo punto da contrazione. In quest’ultimo caso si potrebbe avere un collasso dell’Universo su sé stesso, un nuovo Big Bang e così via. Come detto poc’anzi, un parametro critico per scegliere tra le due possibilità è la densità media di materia nell’Universo. Ora, un ruolo potenzialmente importante è giocato dalla cosiddetta «materia oscura», cioè materia che non emette radiazione elettromagnetica e che perciò sfugge ai metodi di indagine non basati su metodi gravitazionali. Non è ancora chiaro da cosa sia costituita questa materia, né quale sia la sua effettiva abbondanza. Dalle risposte a queste domande dipende quale tra i modelli di Big Bang possa essere in grado di descrivere l’evoluzione futura dell’Universo. 1103 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo I concetti fondamentali Dalla relatività ristretta alla relatività generale 1 osservazione degli oggetti celesti Quando osserviamo gli oggetti celesti in un dato istante t li vediamo come erano in un istante t p del passato; la distanza temporale tra t e t p cresce in modo direttamente proporzionale con la loro distanza dalla Terra. È la variazione della frequenza osservata λ oss rispetto alla frequenza a riposo λ 0 di una particolare riga in emissione o in assorbimento. Lo spostamento verso il rosso, ovvero verso frequenze minori, negli spettri delle galassie può essere interpretato come la prova che le galassie sono in allontanamento dalla Terra. legge di Hubble v = H0 d dove v è la velocità della galassia in km/s, d è la sua distanza in Mpc; H 0 = 67 (km/s)/Mpc è la costante di Hubble. Cenni di relatività generale 2 l’evoluzione dell’universo: densità critica Principio di equivalenza In una regione limitata dello spazio-tempo è sempre possibile scegliere un sistema di riferimento in modo che la descrizione del moto sia del tutto equivalente a quella che si otterrebbe in presenza di un campo gravitazionale costante. • Principio di relatività generale • Tutte le leggi fsiche hanno la stessa espressione in qualsiasi sistema di riferimento. • 3H 20 ρc = _ = 8,4 ∙ 10−27 kg ∙ m−3 8πG 5 le soluzioni della relatività generale 3 raggio di schwarzschild 2GM R S = _____ c2 se ρ > ρ c, l’Universo è chiuso, è destinato a collassare e ha una geometria ellittica; se ρ < ρ c, l’Universo è in continua espansione e ha una geometria iperbolica; se ρ = ρ c, l’Universo ha una geometria piatta. la materia oscura La materia oscura è una forma di massa che esercita attrazione gravitazionale ma che non emette radiazione luminosa di alcun tipo. Fino a oggi sono stati vari (e vani) i tentativi di identifcare la natura delle particelle che costituiscono la materia oscura. Rappresenta l’orizzonte degli eventi, dal quale qualsiasi segnale avrebbe un redshift gravitazionale infnito, allungando all’infnito la sua lunghezza d’onda e rendendo pari a zero la sua energia. 6 gli sviluppi della cosmologia osservativa Il parametro Ω è il rapporto tra la densità ρ della componente di massa-energia in esame e la densità critica ρ c: Principio cosmologico L’Universo è isotropo, cioè le masse in esso sono disposte in modo analogo in tutte le direzioni, e omogeneo, ovvero non ci sono punti di osservazione speciali. ρ Ω = __ ρc Dalle misure di Planck si ottiene: 4 l’osservazione di un Universo in evoluzione • • La quantità totale di materia presente nell’Universo contribuisce a circa il Ω M = Ω b + Ω DM ≈ 31,5% della densità critica dell’Universo. La componente di densità dell’energia oscura è pari al 68,5% della densità dell’Universo. Misura delle distanze La determinazione delle distanze in astronomia si basa su una serie di tecniche diverse che vengono applicate a scale di distanza via via crescenti. • • • • fno a 10−3 a.l.: radar; dal Sistema Solare a 103 a.l.: parallasse; all’interno della Via Lattea: ammassi globulari di stelle usati come candele standard; oltre la Via Lattea: metodo delle Cefeidi e supernove di tipo Ia usate come candele standard. redshift λ oss − λ 0 z = _______ λ0 1104 materia barionica: Ω b ≈ 5% materia oscura: Ω DM ≈ 26,5% 7 il modello standard per l’evoluzione dell’Universo Fasi di evoluzione • • • • • • • • t = 0 s: Big Bang 0 < t < 10−43 s: Era di Planck 10−43 < t < 10−35 s: Era della GUT 10−35 < t < 10−10 s: Era elettrodebole 10−10 < t < 10−4 s: Era delle particelle 10−4 s < t < 5 min: Era della nucleosintesi 5 min < t < 380 000 anni: Era dei nuclei 380 000 anni < t: Era degli atomi. ESERCIZI Problemi CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo 1 Dalla relatività ristretta alla relatività generale 1 La stella più vicina alla Terra si chiama Proxima Centauri. Essa si trova a circa 4,22 a.l. dal Sole. ▶ 2 ▪▪▪ La sonda Voyager (nella foto a destra) è stata lanciata nel 1977. Nel 2012 ha superato i confni del Sistema Solare raggiungendo una distanza di 121 AU dal Sole. ▶ 3 ▪▪▪ Calcola a quanti kilometri si trova dalla Terra e a quante AU corrisponde la sua distanza dal Sole. Calcola il tempo necessario perché la sonda trasmetta un segnale alla stazione terreste. © NASA ▪▪▪ eseMPio La Stella Polare si trova a una distanza dal Sole di 325 a.l. ▶ Esprimi questa distanza in AU. la soluzione 1 a.l. è pari a 9,45 ∙ 10 15 m, mentre 1 AU = 1,496 ∙ 10 11 m, dunque 9,45 ∙ 1015 m 1 a.l. = ______________ = 6,32 ∙ 104 AU 1,496 ∙ 1011 m/AU Pertanto la distanza della Stella Polare espressa in AU è d = (325 a.l.)(6,32 ∙ 104 AU/a.l.) = 2,05 ∙ 107 AU 4 ▪▪▪ ▶ 5 ▪▪▪ 7 ▪▪▪ ▶ La distanza del Sole dal centro della Galassia si può stimare in circa 7,9 kpc. Tra quanto tempo potremo vedere lo stato attuale del centro della nostra Galassia? Una stazione spaziale ha la forma di un anello di raggio r = 100 m. Un astronauta che si trovi alla massima distanza dal centro avverte una gravità artifciale pari a g = 5,0 m ∙ s−2. 6 ▪▪▪ Calcola la velocità di rotazione della stazione spaziale. Un astronauta di massa m = 80 kg è in partenza dalla Terra su un razzo con accelerazione pari a 1,8 g. ▶ Calcola la forza di reazione esercitata dal sedile sull’astronauta. eseMPio Un aereo scende in picchiata per far provare l’assenza di gravità ai suoi occupanti. ▶ Calcola a quale accelerazione deve scendere l’aereo. Spiega come si può realizzare tale condizione. la soluzione Per provare l’assenza di gravità nel sistema in caduta libera, l’astronauta deve sentire una forza totale nulla. Per cui la forza non inerziale deve essere pari al suo peso. In questo modo l’accelerazione deve essere pari a g = 9,81 m ∙ s−2, ossia l’aereo deve essere in caduta libera. Ciò non signifca necessariamente che l’aereo effettui una picchiata verticale. Il pilota potrebbe lanciare l’ aereo a grande velocità in una direzione leggermente inclinata verso l’alto e poi ridurre la spinta dei motori rendendola uguale e contraria alla resistenza aerodinamica generata dall’aria. In questo modo l’ aereo e i suoi passeggeri si muoverebbero in caduta libera con la stessa accelerazione g, proprio come un proiettile lanciato. Ciò consentirebbe ai passeggeri di provare l’assenza (apparente) di gravità. 1105 CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo 3 le soluzioni della relatività generale 8 Calcola il raggio di Schwarzschild della Luna (M L = 7,35 ∙ 1022 kg). 9 La massa del Sole è 1,99 ∙ 1030 kg. ▪▪▪ a una massa solare. (Assumi che la massa sia distribuita in modo omogeneo entro il raggio di Schwarzschild). 10 ▪▪▪ 11 ▪▪▪ ▪▪▪ ▶ Calcola il suo raggio di Schwarzschild. ▶ Stima la densità di un buco nero avente massa pari ESERCIZI Stima: ▶ il raggio di Schwarzschild per un buco nero di 106 masse solari; ▶ la densità di massa in esso contenuta. eseMPio Calcola il rapporto delle densità tra un buco nero con massa pari a 10 masse solari e la densità di un buco nero con massa doppia, cioè pari a 20 masse solari. la soluzione In un buco nero tutta la massa M è concentrata entro un raggio di Schwarzschild: 2GM R S = _____ c2 La densità di un buco nero è data dal rapporto fra la sua massa M e il suo volume V: M M M 3 c3 _______ ρ = _ = _____ = ________ = V 4 4 _____ 2GM 3 32 π G 3M 2 _ _ π R 3S π 3 3 ( c2 ) Il rapporto tra le densità vale pertanto ρ___ M 20 2 10 = ____ = 4 ρ 20 ( M 10) Il buco nero con massa minore ha la densità maggiore. 12 ▪▪▪ ▶ 13 ▪▪▪ 16 ▪▪▪ ▶ La sensibilità di un rivelatore di onde gravitazionali si misura in funzione del parametro h = ∆L/L, dato dallo spostamento relativo degli specchi rispetto alla lunghezza dell’interferometro. Gli interferometri attuali hanno dimensioni di circa 3 km e una sensibilità di circa 5 ∙ 1022. Stima lo spostamento relativo degli specchi in termini del raggio dell’atomo di idrogeno (r = 0,5 ∙ 10−10 m). Al passaggio di un’onda gravitazionale, un’antenna risonante dalle dimensioni di 3 m con sensibilità pari a 10−18 assorbe 1 ∙ 10−26 J di energia. Supponi che l’ antenna possa essere schematizzata come un oscillatore armonico. 4 14 ▪▪▪ 15 ▪▪▪ Calcola la costante elastica k dell’antenna. l’osservazione di un Universo in evoluzione Considera una stella che si trova a 10 a.l. dalla Terra. ▶ Calcolane la parallasse. Il metodo della parallasse può essere usato fno a circa 1000 a.l. dalla Terra. ▶ Calcola l’angolo in gradi al quale gli oggetti più lontani vengono visti dalla Terra. eseMPio Calcola la parallasse per la Stella Polare, che dista dalla Terra 325 a.l. la soluzione Poiché 1 pc = 3,26 a.l., la Stella Polare si trova a una distanza 325 a.l. d = _ = 99 pc 3,26 a.l./pc Essendo la parallasse di 1″ proporzionale a 1 AU/d, per una distanza di 99 pc la parallasse è p = (1/99)″ = (1,01 ∙ 10−2)″ 1106 ESERCIZI 17 ▪▪▪ 18 ▪▪▪ 21 ▪▪▪ CAPITOLO 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo Calcola quale sarebbe la parallasse misurata per una stella che si trova a 4,5 anni luce dalla Terra a partire dall’orbita di Marte (delle dimensioni di 227,94 milioni di km). Trascurando l’ effetto di accelerazione dell’Universo, calcola il rapporto tra le intensità luminose di due supernova di tipo Ia, la prima in una galassia a una distanza di circa 0,70 ∙ 109 anni luce, la seconda a una distanza di 0,14 ∙ 109 anni luce. 19 ▪▪▪ La luminosità intrinseca della stella Betelgeuse, che dista 640 a.l., è pari a 135 000 volte la luminosità intrinseca del Sole. ▶ 20 ▪▪▪ Calcola il rapporto tra l’intensità luminosa osservata di Betelgeuse e del Sole. (Ricorda che 1 AU = 15,8 10−6 a.l.) Calcola il rapporto di intensità luminosità osservata tra due variabili Cefeidi di uguale periodo ma poste nella nostra galassia a 10 kpc dal Sole e nella galassia di Andromeda a 780 kpc dal Sole. eseMPio Calcola l’ intensità luminosa del Sole nell’orbita di Marte (R = 227,94 ∙ 106 km) e in quella di Mercurio (R = 57,91 ∙ 106 km) rispetto all’intensità luminosa del Sole nell’orbita terrestre (R = 149,6 ∙ 106 km). la soluzione L’ intensità luminosa I nell’ orbita di un pianeta varia come il rapporto fra la luminosità intrinseca L del Sole e il quadrato della distanza R del pianeta dal Sole: L I ∝ __2 R Per cui il rapporto tra l’ intensità luminosa nell’orbita di Marte rispetto a quella terrestre è L __ I Ma R 2Ma RT 2 r = __ = ____ = ___ = 0,43 (R Ma) IT L __ R 2T Per quanto riguarda Mercurio L __ I Me R 2Me RT 2 r = __ = ____ = ___ = 6,67 (R Me) IT L __ R 2T 22 Calcola la velocità osservata per una galassia a una distanza di 0,5 Gpc dalla Terra. 23 Calcola la distanza alla quale si trova una galassia che osserviamo allontanarsi con una velocità pari a 2,8 ∙ 103 km ∙ s−1. ▪▪▪ ▪▪▪ 25 ▪▪▪ 24 ▪▪▪ Quale sarebbe stata la stima dell’età dell’ Universo se la costante di Hubble avesse assunto un valore doppio rispetto a quello attuale? eseMPio La velocità di recessione di una galassia osservata a una distanza di 33 milioni di anni luce è pari a 800 km/s. ▶ Fornisci una stima della costante di Hubble basandoti su queste informazioni. la soluzione La distanza di 33 milioni di anni luce corrisponde a 33 ∙ 106 a.l. d = __________ = 1,0 ∙ 107 pc = 10 Mpc 3,26 a.l./pc Ricordando la legge di Hubble v = H 0 d, con queste misure il valore di H 0 sarebbe v 800 km/s H 0 = _ = _ = 80 (km/s)/Mpc d 10 Mpc 1107 CAPITOLO 26 ▪▪▪ 26 Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo ESERCIZI eseMPio La riga dell’ elio II viene emessa a una lunghezza d’onda di 1,6405 ∙ 10−7 m. ▶ Calcola la lunghezza d’ onda alla quale tale riga viene osservata se proveniente da una galassia a redshift z = 5. la soluzione Per defnizione il redshift è dato dal rapporto λ oss − λ 0 z = ______ λ0 dove λ oss e λ 0 sono rispettivamente la lunghezza d’onda osservata e quella emessa. Dalla relazione precedente deriva che λ oss 1 + z = ___ λ0 Per z = 5 risulta λ oss = 6 λ 0 = 9,843 ∙ 10−7 m 27 Calcola a quale lunghezza d’onda si osserva la riga del magnesio II (lunghezza d’ onda λ = 2,798 ∙ 10−7 m) per una galassia a redshift pari a 0,2. 28 La riga del carbonio IV viene emessa alla lunghezza d’ onda 1,459 ∙ 10−7 m. ▪▪▪ ▶ 29 ▪▪▪ 30 1108 Calcola la massa totale di un ammasso di galassie il cui raggio stimato sia di 6,2 ∙ 106 anni luce e in cui le galassie orbitino attorno al suo centro alla medesima distanza con una velocità pari a 1350 km/s. 32 La velocità orbitale del pianeta Nettuno è v = 5,4 km/s. ▪▪▪ ▶ La massa totale di una galassia entro un determinato raggio può essere calcolata a partire dalla terza legge di Keplero. ▶ ▪▪▪ Determina il redshift a cui si trova la galassia osservata se tale linea viene rivelata a una lunghezza d’onda di 4,500 ∙ 10−7 m. 31 ▪▪▪ Fai una stima della massa contenuta all’ interno del raggio r, assumendo che le stelle percorrano orbite circolari a distanza r dal centro della galassia. A partire dai risultati dell’ esercizio precedente, calcola la massa totale della galassia contenuta entro il raggio dell’ orbita solare (r = 28 ∙ 103 a.l.) sapendo che il Sole orbita attorno al centro galattico con una velocità pari a 220 km/s. © NASA ▪▪▪ Stima la massa totale contenuta entro l’orbita di Nettuno (r = 30 AU). Physics in English Subject In symbols In words Gauss’ law for a magnetic field The magnetic flux through a closed surface W is zero. The law is often referred to as a statement of the “absence of free magnetic poles”. Generalised Ampere’s law For an electric field that varies with time the circulation of the magnetic field around a closed path γ is equal to the product of the magnetic permeability µ0 of free space and the sum of the currents that penetrate through the surface bounded by the path γ and the displacement current: the product of the permittivity of free space ε0 and the rate of change of electric flux through the surface bounded by the path γ. Faraday-Neumann law When a circuit, whose material does not change over time, is subjected to a constant magnetic field, an electromotive force is induced which is equal to the change in the magnetic flux over time. The induced emf opposes the change in the magnetic flux hence the minus sign. Speed of light The speed of light in a vacuum equals the reciprocal of the square root of the product of the permittivity of free space ε0 and the permeability of free space µ0. Beta velocity Beta is the ratio of the velocity of an object (or an inertial reference frame) v to the speed of light c. Lorentz factor The Lorentz factor is equal to the reciprocal of the square root of the term one minus the square of β. The Lorentz factor is always greater than or equal to one. Time dilation equation An interval of time ∆t measured between two instances in the moving frame equals the product of the Lorentz factor γ and the corresponding time interval ∆t0 as measured in the rest frame. Length contraction formula A distance ∆x measured between two points in the direction of motion of a moving frame equals the distance between the points when the frame is at rest ∆x0 divided by the Lorentz factor γ. Velocity-addition formula (also known as the composition law for velocities) The velocity of a particle in a reference system S is equal to the sum of the velocity u′ of the same particle in the reference system S′, and the velocity v of the reference system S′ with respect to S, divided by the term: one plus the product of the velocity u′ of the particle in the reference system S′, the velocity v of the reference system S′ with respect to S, and the reciprocal of the square of the speed of light. Lorentz transformations For two coordinate systems (unprimed O and primed O′) in standard configuration and with relative velocity v along the common x-axis (a boost in the x-direction), a distance measured along the x-axis in the primed frame x′ equals the product of the Lorentz factor γ and the term: distance in the unprimed frame x minus the product of the relative velocity v between the frames and the elapsed time t in the unprimed frame. For the same coordinate systems O and O′, the elapsed time in the primed frame t′ equals the product of the Lorentz factor γ and the term: elapsed time t in the unprimed frame minus the product of the relative velocity v between the frames, the distance in the unprimed frame x, and the reciprocal of the square of the speed of light. Rest energy The total internal energy of a body at rest is equal to the product of its rest mass m0 (also called invariant mass) and the square of the speed of light. A1 Physics in English Subject In symbols In words Relativistic mass The relativistic mass of an object with nonzero rest mass moving with respect to a given frame of reference is equal to the product of the Lorentz factor γ and the rest mass m0. Total energy The energy of an object with rest mass m0 moving with respect to a given frame of reference is equal to the product of the Lorentz factor γ, the rest mass m0 and the square of the speed of light. For a single particle, γm0 is referred to as the relativistic mass of the object in the given frame of reference. Energy of a photon The energy of a photon is equal to the product of the Planck constant h and the frequency v of its associated electromagnetic wave. Momentum of a photon The momentum of a photon is equal to the ratio of the Planck constant h to the wavelength λ of its associated electromagnetic wave, or the ratio of its energy E to the speed of light. Relativistic Doppler effect For an observer moving directly away from a source the observed frequency of the wave equals the frequency of the wave emitted by the source multiplied by the square root of the term: one minus β over one plus β. Beta is positive for the observer moving away from the source and negative if the observer is moving toward the source. Heisenberg uncertainty principle In describing an elementary particle, the uncertainty in the position (∆x) multiplied by the uncertainty in its momentum (∆px) is approximately equal to Planck’s constant divided by two pi. Radioactive decay For a given sample of a specific radioisotope, the number of atoms present after a period of time t is equal to the initial number of atoms N0 (at time t = 0) multiplied by the exponential function of –λt, where λ is the decay constant for the radioisotope and t is the elapsed time. Half-life The half-life of a substance undergoing decay, i.e. the period of time in which the expected number of entities that have decayed is equal to half the original number, is equal to point six nine three divided by the decay constant λ for the substance; λ being a positive number. READING COMPREHENSION Letture in inglese con esercizi in PDF A2 SOLUZIONI DEI PROBLEMI Soluzioni dei problemi Capitolo 19 Induzione elettromagnetica 1 2 3 4 5 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 24 25 26 27 28 30 31 32 34 35 36 37 39 40 41 42 43 44 45 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 0,65 V 7,8 · 103 V 150 m/s A: 0 V; B: 16,0 V, estremo 2; C: 0 V 3,7 · 10–5 T 1,0 · 10–3 V 250 m 0,85 kg; –9,7 J; +9,7 J 7,3 · 10–4 Wb; 0 Wb; 4,7 · 10–3 Wb 0,7 1,5 m2/s 0,25 V 8,6 · 10–5 T 5,2 Ω 6,4·10–3 Wb 0 Wb; 0,090 Wb; 0,090 Wb 7,7 · 10–3 Wb 0,38 V; 0,43 m2/s 0,14 V 0,46 T 0,16 T 1,6 · 10–5 C Verso orario; verso antiorario Da sinistra a destra; da destra a sinistra Verso orario; verso orario Il lato destro del resistore deve essere quello positivo Da sinistra verso destra Corrente indotta in senso antiorario; nessuna corrente indotta; corrente indotta in senso orario; nessuna corrente indotta Nessuna corrente indotta 1,5 · 109 J 2,5 · 10–2 H 1,6 A – 6,4 V; 0 V; + 3,2 V +420 V; 190 J; 2500 W 2,1 · 10–5 V 0,86 A 2,8 · 10–4 H µ 0 π N1 N2 R22 ___________________ 2R1 0,15 m 0,3 T 9,4 · 10–2 T 3,0 · 105 1,77 A 786 W; 1572 W 5,2 A 38,0 m 50,0 Hz; 240,0 Ω; 60,0 W 2,4 V 1,9 V 36 Ω 8,7 · 10–7 F 2.00 µF; 0.77 A 309,2 Hz 80 Hz 62 0,44 A 63 6,4 · 10–6 F; 9,0 · 10–4 C 64 110 Hz 65 1,11 · 104 Hz; 6,83 · 10–9 F; 6,3 · 103 Ω; 7,0 · 102 Ω 66 82,8 V 68 3,0 W 69 270 Hz 70 29,0 V; – 0,263 A 71 2,7 · 10–5 H 72 3,1 kHz 73 352 Hz; 15,5 A 74 9,2 V 75 1,0 · 10 1 W 76 1:13; 1,8 · 10–2 A; 2,2 W, 2,2 W 77 41 V 78 0,20 A 79 1:22 81 7,0 · 105 W; 7,0 · 10 1 W 82 110 euro 83 192 Ω 84 276 85 2,4 Hz; 15,1 rad/s; 0,62 T 86 Da destra verso sinistra; da sinistra verso destra 87 12 V 88 Verso l’alto 90 3,6 · 10–3 V; 2,0 · 10–3 m2/s 91 – 0,84 A 92 0,40 T 93 0,050 V 94 1,1 · 103 Hz 95 32 A 96 2100 rad/s 97 10,5 V; 19,0 V; 29,6 V 98 2,94 · 10–3 H; 4,84 Ω; 0,163 99 3/2 100 2,6 · 10–5 A 101 72 Ω 102 7,5 · 10–2 Wb; 0,25 A 103 5,3 Ω; 9,6 · 10–3 T; 5,0 · 10–6 Wb; 1,7 mW Capitolo 20 Le equazioni di Maxwell e le onde elettromagnetiche 1 2 3 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 18 19 6,4 · 10 18 m 1,3 · 106 m 8,75 · 105 1,28 s 8,33 min 4,1 · 10 16 m 2,4·109 Hz; 0,063 m 536 giri/s Da 3,62 · 10–12 F a 5,45 · 10–12 F 473 nm; 606 nm 11,118 m 4,76 · 10–11 m 4,4 · 108 Hz 3,41 m; 2,78 m 1,25 m 3,7 · 104 A3 SOLUZIONI DEI PROBLEMI 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 31 32 33 35 36 37 38 40 41 42 43 44 45 46 47 48 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 73 74 1,4 · 104; 1,4 · 104 1,5 · 10 10 Hz 3.8 · 102 W/m2 2·10–6 T 6,81 · 105 N/C; 2,27 · 10–3 T 0,07 N/C 1,7 · 10 11 W 6,8 · 109 J 3,93 · 1026 W 6,25 · 10–9 J 0,477 W/m2; 13,4 N/C; 19,0 N/C 3,1 · 10–5 N; 0 N; 3,1 · 10–5 N; 3,8 · 10–9 N 3 · 10–6 J/m3; 1 · 10–14 kg/(m2 · s) 0,13 s 4,44 · 10–10 Allontanando; 3,1 · 106 m/s 32,0 m/s 4,55 · 10 14 Hz; 4,50 · 10 14 Hz; 4,62 · 10 14 Hz 6,175 · 10 14 Hz; 6,159 · 10 14 Hz 0,55 W/m2; 3,7 · 10–2 W/m2 0,82; 0,18 24 W/m2; 0 W/m2; 18 W/m2 108° 3,5 W/m2; 7,0 W/m2, 4,7 W/m2; 0 W/m2, 2,3 W/m2 206 W/m2 1,52 720 W/m2 55,0° 25,0° 1,4 · 10 17 Hz 990 N/C 4,500 · 107 Hz 1,5 · 10–4 H 183 N/C; 6,1 · 10–7 T 640 Hz 22 W/m2 71,6° 173 W/m2, 2370 W/m2; 8,50 · 10–7, 3,15 · 10–6 T; 173 W/m2, 2370 W/m2 4,8 · 10–5 J 68 N/C 440 N/m 9,1 bit 922 W 3,8 W/m2; 0 W/m2; 0 W/m2; 5,1 W/m2 1,6 · 10–4 N 64 MW/m2 Circa 5600 W 1,7 · 10–4 V 2,2 · 106 T 100 (S̄max – S̄min) ___________________ S̄max + S̄min 75 2,1 · 104 W/m2; 1,1 · 102 W; 17,8 s 76 2,4 W/m2 77 3,3 · 10–10 T Capitolo 21 La relatività ristretta 1 2 3 4 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 A4 72 ore 0,78 2,4 · 108 m/s 2,12 s 4,9 · 10–9 s; 1,5 m 0,999 95 c 4,4 · 10–4 s 16 8,1 km 2,7 · 106 m 1,0 · 103 anni 528 m 7,2·10 10 m; 3,0·102 s 1,8 17 18 19 20 21 22 24 25 26 27 28 29 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 44 45 46 47 48 49 50 51 53 54 55 56 57 58 59 60 62 40,2° 1,05 · 10–3 m; 1,48 · 10–4 m; 4,98 · 10–13 s; 3,53 · 10–12 s 4,0 anni luce 5,1 · 10 15 kg · m/s; 9,7 · 10 15 kg · m/s 5,2·10 13 kg·m/s 1,7 · 107 kg · m/s; 3,0 · 107 kg · m/s 1,0 m 2,6 · 10 13 kg · m/s – 0,406 c 8.7 · 10–30 kg 1,0; 6,6 8,6 · 109 km 6,7 · 105 J; 7,4 · 10–12 kg 1,05 kg 5,0 · 10–13 J 1,1 · 1024 kg/s 1,4 · 10–15 m + 0,80 c 49,7 m/s; 56,3 m/s – 0,13 c 65 ore + 0,31 c + 0,92 c 42 m 1,19 km 2,82 · 108 m/s; 1,8 · 10–16 kg · m/s + 2,82 · 108 m/s; 1,8 · 10–16 kg · m/s 2,6 · 108 m/s 1,8 respiri al minuto 2,83 · 108 m/s 2,3 anni luce 3,27·10–25 kg; 2,30·10–16 kg·m/s 1,1·10 17 m 0,99 c vm = –2,0 m/s 2,9 · 10–12 J; 0,999622 c = (1– 3,8 · 10–4) c 1,7 · 10–13 J c; 0,994 c; 0,200 c; 0,194 c 1,3 · 107 kg · m/s (3,0 m × 1,3 m) 4,3 anni; il secondo gemello (che viaggia a 0,500 c) è più anziano Capitolo 22 Particelle e onde 1 2 3 5 6 7 8 9 10 11 12 14 15 16 17 18 20 21 22 23 24 25 26 27 29 30 31 1,1 · 10–3 m 4,5 · 1030 J 6,3 eV 1,40 · 102 7,0 · 10–19 J 7,7 · 1029 fotoni/s 310 nm 2,5 · 1021 fotoni/(s · m2) 1,26 eV 7,0 eV Oro 3,3 · 103 K 2,56 eV 9,32 · 105 m/s 73 fotoni/s 9,56 · 10–12 m Ninfrarosso = 2,5 · 1023, Nblu = 2,0 · 1021 7760 N/C; 2,59 · 10–5 T 75° 1,0 · 10 13 Hz; infrarosso 2,124 · 10–24 kg · m/s; 2,096 · 10–24 kg · m/s 4,755 · 10–24 kg · m/s 0,1819 nm; 1,092 · 10–15 J; 1,064 · 10–15 J; 2,8 ·10–17 J 9,50 · 10–17 m px = 7,37 · 10–23 kg · m/s, py = 5,82 · 10–23 kg · m/s 8,88 · 10–13 m 3,22 · 106 m/s SOLUZIONI DEI PROBLEMI 32 33 34 35 36 37 38 39 40 42 43 44 45 46 47 48 49 50 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 66 67 68 69 70 3,09 · 10–10 m 3,6 · 10–9 m 1,41 · 103 m/s 2,45 · 103 m/s 1·10–18 m 1830 3,81·10–36 m/s; 8,32·1027 anni 4,8·10–23 kg·m/s 2,5·10–10 m λf = 2,0·10–34 m 1,9 · 10–10 m 1,86 · 104 V 1,10 · 103 m/s 40 2,1 · 10–35 kg · m/s; 4,7 ·10–34 m/s; 2,3 · 10–5 m/s 8,8 · 10–21 kg · m/s 4,0 · 10–6 m/s 8,0% – 0,0144° ≤ θ ≤ + 0,0144° 6,6 · 103 K 1,63 · 10–7 m; 1,84 · 10 15 Hz; ultravioletto 2,10 eV 6,6 · 10–27 kg 2,5 · 10–7 m; 5,6 · 10–10 m 7,77 · 10–13 J 1,3·10–12 m 7,9·10–33 kg 8,8 · 10–5 1,9 · 10–7 m 6,01 · 10–11 m 7,38 · 10–11 m 24 cm 2,1·1024 fotoni; 32 molecole/fotoni 5,0·10 18; 4,4 W/m2 1,0 · 10–8 N; 5,0 · 10–9 N No; verde Capitolo 23 La natura dell’atomo 1 2 3 4 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 21 22 25 26 27 29 30 31 32 34 6,2 · 10–31 m3; 4,2 · 10–45 m3; 7,0 10–13 % 1,5 · 10 14 3,0 km 7,1·10–15 1,7 · 10–13 J – 8,7 · 10–6 eV 7,3 · 10–14 m 16 2.38 · 10–10 m 40,8 eV; 54,4 eV 1,98 · 10–19 J 0,850 eV; 0,0625 –1,51 eV 1,8; 4,3 · 10–11 m, 2,6 · 10–10 m 5 6,56 · 10–7 m; 1,22 · 10–7 m – 0,213 eV 6; 2 I livelli energetici sono 186 volte più grandi di quelli dell’idrogeno 6,59 · 10 15 rev/s; 8,23 · 10 14 rev/s 2 – 0,378 eV 2, 3, 4, 5 1,732 8,436 · 10–34 J · s – 1,51 eV; 2,59 · 10–34 J · s; 2,11 · 10–34 J · s – 0,544 eV; – 0,378 eV; – 0,278 eV n = 2, l = 0, mt = 0, ms = +1/2 n = 2, l = 0, mt= 0, ms = –1/2 n = 2, l = 1, mt = +1, ms = +1/2 n = 2, l = 1, mt = +1, ms = –1/2 n = 2, l = 1, mt = 0, ms= +1/2 n = 2, l = 1, mt = 0, ms = –1/2 n = 2, l = 1, mt = –1, ms = +1/2 n = 2, l = 1, mt = –1, ms = –1/2 35 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 4s2 3d10 4p3 37 50 38 n l m l 39 40 41 42 44 45 46 47 48 49 50 51 52 54 55 56 57 58 59 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 ms 4 3 3 + 1/2 4 3 3 – 1/2 4 3 2 + 1/2 4 3 2 – 1/2 4 3 1 + 1/2 4 3 1 – 1/2 4 3 0 + 1/2 4 3 0 – 1/2 4 3 –1 + 1/2 4 3 –1 – 1/2 4 3 –2 + 1/2 4 3 –2 – 1/2 4 3 –3 + 1/2 4 3 –3 – 1/2 Stronzio, Sr 7.23 · 10–11 m 1,34 · 10–12 m; 1,80% Z = 32, germanio (Ge) 0,50 Carbonio 6,83 · 10–11 m 10 688 V 21 642 V 1,29 · 10–10 m 1,9 · 10 17 fotoni 1,25 · 10–4 J; 3,98 · 10 14 fotoni 2,2 · 10 16 fotoni 56 Circa 21 giorni 0,289 eV; 1,00 · 10–5 m; infrarosso 3,55 · 10–11 m; molibdeno: 7,23 · 10–11 m; argento: 5,74 · 10–11 m 1.07 · 10–14 J 1,08 · 10–14 J; 6,8· 104 eV 4,41 · 10–10 m 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 4s2 3d10 4p6 5s2 4d10 7458 nm; 2279 nm; infrarosso No; sì; no; sì; no 22,8 nm 3,16 · 10–34 J · s; – 3,16 · 10–34 J · s; 2,11 · 10–34 J · s; – 2,11 · 10–34 J · s; 1,05 · 10–34 J · s; – 1,05 · 10–34 J · s; 0 J · s 6 ≤ ni ≤ 20 30,39 nm K = (n2h2)/(8mL2), dove n = 1, 2, 3,… 2,19 · 106 m/s; 1,09 · 106 m/s; sì 375 nm Capitolo 24 Fisica nucleare e radioattività 1 2 4 5 6 7 8 9 8 4,1 · 10–15 m Pt, 117; S, 16; Cu, 34; B, 6; Pu, 145 4,4 · 10–15 m + 1,31 · 10–17 C; 126; 208; 7,1 · 10–15 m; 2,3 · 10 17 kg/m3 35,2 4 2He 120 50Sn A5 SOLUZIONI DEI PROBLEMI 10 11 12 13 14 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 81 82 83 84 85 86 87 88 A6 2,3 · 10 17 kg/m3; 1,2 · 10 10 kg; 80 9,4 · 103 m 0,2424 u 2,9 · 10 16 kg 39,25 MeV 0.008 285 u; 0,009 105 u; trizio 1,741 670 u; 1622,4 MeV; 7,88 MeV/nucleone 2,28 · 10–28 kg 1,76·1025 MeV 1.003 27 u 10,55 MeV; 7,55 MeV; neutrone 35 35 0 16 S → 17 Cl + –1e 14 0 14 C → N + 6 –1e 7 18 0 0 18 18 15 15 15 9F è 9F → 8O + +1e; 8O è 8O → 7N + +1e 4,87 MeV 0,109 MeV 1,38 MeV 238 24 13 92U; 12 Mg; 6C 212 4 4 208 232 228 84Po → 82Pb + 2He; 92U → 90Th + 2He 1,61 · 107 m/s 3; 2 1,82 MeV 1,53 · 10–12 m 3,66 giorni 2,7 giorni 1/16 5,62 · 10–7 s–1 19,9 0,332 2,1 · 10 13 Bq 7,53% 8,00 giorni 2,1 · 10–11 kg 3,7 · 10 10 decadimenti/s 1,29 · 10–3 g 8,01 · 106 m 7,23 giorni 2000 anni 0,70% 2,2·103 anni 3,3 · 109 anni 90,8% 2,9·104 anni; 3,1·104 anni 0,999; 0,755 23 000 anni; 20 000 anni 6900 anni; 900 anni 2,8 · 10–3 J 12 1,6 · 10–3 J 0,85 2,4 · 102 Sv 2,26 · 108 rad 5,0 · 10–4 °C 4,4 · 10 11 s–1 7,90 MeV/nucleone 92; 122; 41 4,88 · 10 10 anni 0,51 MeV β–; β+; γ; α 2,3 · 103 anni 3,7 · 10–6 J 146 decadimenti/min 0,313 MeV Protoni, elettroni, raggi γ, neutroni lenti 184,4 MeV 1,2 · 10–7 g 212 84Po 3,0 · 106 Gy 9,37 giorni 3720 kg 32 eV 0,245 11 giorni Capitolo 25 Energia nucleare e particelle elementari 1 2 3 4 5 6 8 9 10 11 13 14 15 16 17 19 20 21 22 23 24 25 26 28 29 30 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 C γ + 178O → 126C + 42He + 10n 233 233 90Th; 92U 1 4 6 56 14 H; He; 1 2 3Li; 7N; 25Mn 13,6 MeV 4 1 27 4 2He; 1H; 14 Si; 2He 31 1 41 20 S; H; K; 16 1 19 10 Ne 64 30 Zn 2 neutroni 99 41 Nb 3 9,1 · 10–4 184,4 MeV 41 urti 232,785 094 u 2,7 · 106 kg 1,01 · 105x kg 1,8 · 104 kg/s 3,1 · 1024; 1,2 · 103 g; 1,1 g 1229 kg 4,03 MeV 3,3 MeV A = 2, Z = 0, Z1X = 10n neutrone, A1 Y = 21H deuterio; 6,2 MeV 1,1 · 10–4 kg 1,0 · 1022; 8,1 · 109 kg 115,7 MeV 33,9 MeV u, c e t; d̄, s̄, b̄ 815,0 MeV 0,513 MeV; 2,43 · 10–12 m; 2,73 · 10–22 kg · m/s 1,9 · 10–20 kg · m/s; 3,5 · 10–14 m 0,18 MeV u, d, s; u, d, b; u, s, b 20 10 Ne 6,4 · 108 W 8,2 · 10 10 J; 0,48 g 1,3 · 106 kg 3,8 l 156 MeV 1,4 · 10–5 s Capitolo 26 Dalla relatività generale allo studio dell’Universo 1 2 4 5 6 8 9 10 12 13 14 15 17 18 19 20 22 23 24 27 28 30 31 32 3,99 · 10 13 km = 2,67 · 105 UA 16,7 ore 2,58 · 104 anni 22,4 m/s 2195 N 1,01 · 10–1 mm 2,95 · 103 m; 1,85 · 10 16 g/cm3 2,95 · 109 m; 1,85 · 107 kg/m3 3 · 10–8 raggi atomici 2,2 · 109 N/m 0,326″ 9,06 · 10–7 ° 0,724″ 0,04 8,23 · 10–11 1,6 · 10–4 3,35 · 104 km/s 42 Mpc 7 · 109 a.l. 3,358 · 10–7 m 2,1 9,6 · 1040 kg 8,0 · 1044 kg 9,84 · 1029 kg INDICE ANALITICO Indice analitico A adroni, famiglia degli, 1056 alternatore, 816 ammassi di galassie, 1089 Ampère, teorema di, 853 – generalizzato, 854, 856 analizzatore, 873 Anderson, Carl D., 1054, 1056 angolo di Brewster, 875 anno luce, 1084 archi gravitazionali, 1090 arricchimento dell’uranio, 1047 asse di trasmissione, 872 assorbimento, 974 Astronomical Unit (AU), 1084 Athena (Advanced Telescope for High Energy Astrophysics), 1100 atomo, 967 – di idrogeno secondo la meccanica quantistica, 975 – modello di Bohr, 970 – nucleare, 988 attività, 1014, 1016 AU (Astronomical Unit), 1084 autoinduttanza, 813 autoinduzione, 812, 813 B Balmer, serie di, 969 barioni, 1056 barre di controllo, 1048 base, 828 becquerel, 1016 Becquerel, Henri, 1010 Big Bang, 1093, 1103 Bohr, Niels, 970, 988 – modello atomico, 970, 989 – livelli energetici, 972 – orbite, 971 – – energia delle, 971 – – raggi delle, 971 – quantizzazione del momento angolare, 971 – raggio di, 971 bomba atomica, 1046 Born, Max, 948 Bose-Einstein, statistica di, 1026 bosone/i, 1026 – di Higgs, 1059 – famiglia dei, 1056 Bremsstrahlung, 982 Brewster, angolo di, 875 buchi neri, 1080 – di Schwarschild e Kerr, 1080 – non rotanti, 1080 C campo/i – bosonici, 1059 – di materia, 1059 – elettrico variabile nel tempo, 854 – elettromagnetico, 856, 878 – – lontano dall’antenna emettitrice, 858 – elettrostatico – – conservatività, 853 – – equazioni, 853 – – teorema di Gauss, 853 – fermionici, 1059 – magnetico – – indotto, 810 – – variabile nel tempo, 854 – magnetostatico – – equazioni, 853 – – teorema di Ampère, 853 – – teorema di Gauss, 853 candele standard, 1085 catena – CNO, 1051 – pp, 1051 – pp I, 1051 – pp II, 1052 cattura – elettronica, 1013 – K, 1013 celle, 880 – solari, 827 cellulare, 880 CERN, 1059 Chadwick, James, 1005 ciclo CNO, 1052 circuito/i – capacitivo, 818 – impedenza, 820 – in corrente alternata, 817 – induttivo, 819 – RC, 818 – – sfasamento corrente-f.e.m., 818 – resistivo, 817 – rettifcatori, 827 – RL, 819 – – sfasamento corrente-f.e.m., 819 – RLC, 820 cluster, 881 CMB (Cosmic Microwave Background), 1094 COBE (COsmic Background Explorer), 1095 collettore, 828 composizione delle velocità, legge di, 897 Compton, Arthur H., 948 – effetto, 942 – lunghezza d’onda, 943 confnamento magnetico, 1050 conservazione, legge di, 1010 contatore Geiger, 1021 continuo spazio-temporale, 919 contrazione delle lunghezze, 905, 906 coppie, produzione di, 913 corpo nero, 934 – radiazione, 934 corrente/i – alternata, 816, 817 – – generatore, 817 – – potenza, 817 – – – valori effcaci, 817 – di Foucault, 812 – di spostamento, 854, 855 – di tunneling, 951 – indotte, 805 – parassite, 812 COsmic Background Explorer (COBE), 1095 Cosmic Microwave Background (CMB), 1094 cosmologia – moderna, 1102 – osservativa, 1092 costante – cosmologica, 1082, 1102 – di decadimento, 1016 – di Hubble, 1087 – di Planck, 935 – di Rydberg, 969 – di Stefan-Boltzmann, 934 Coulomb, Charles-Augustin, 878 curie, 1016 D datazione – di reperti, 1017 – radiometrica, 1017 de Broglie, Louis, 948 – lunghezza d’onda di, 943, 944 decadimento – costante di, 1016 – radioattivo, 1014 – α , 1011 – β, 1012 – β+, 1013 – β– , 1012 – γ , 1013 densità – critica, 1088 – del nucleo, 1006 – di energia, 815, 862 – – di un’onda elettromagnetica, 862 – di quantità di moto, 865 – – di un’onda elettromagnetica, 865 difetto di massa del nucleo, 1007 dilatazione – gravitazionale dei tempi, 1079 – temporale, 901, 902, 904 diodo – a giunzione p-n, 826 – a semiconduttore, 826 – polarizzazione, 826 – – diretta, 826 – – inversa, 827 – rettifcatore a semionda, 827 Dirac, Paul, 948, 949 dispositivo/i – a semiconduttore, 824 – unidirezionale, 827 Doppler, effetto, 869 dose assorbita, 1022 drogaggio, 825 dualismo onda-corpuscolo, 933 E E-ELT (European Extremely Large Telescope), 1101 effetti biologici delle radiazioni ionizzanti, 1021, 1023 effetto – Compton, 942 – Doppler, 869 – fotoelettrico, 936, 940 – – secondo Einstein, 936 – Zeeman, 976 Einstein, Albert, 916, 948 A7 INDICE ANALITICO elemento/i – combustibili, 1047 – fssile, 1046 – origine, 1053 – tavola periodica, 978, 981 – transuranici, 1044 elettrone/i – guscio, 978 – – numero massimo di elettroni, 980 – livelli energetici, 985 – – transizione da uno superiore a uno inferiore, 985 – modello atomico – – di Bohr, 970 – – di Rutherford, 967 – orbitali, 977 – orbite, 977 – principio di esclusione di Pauli, 978 – sottoguscio, 978 – spettri – – di assorbimento, 974 – – di emissione, 974 emettitore, 828 emissione – indotta, 985 – – di radiazione, 985 – spontanea, 985 – stimolata, 985 – – di radiazione, 985 emivita, 1015 energia/e – a riposo di un corpo, 909 – cinetica relativistica, 910 – delle orbite di Bohr, 971 – densità di, 815 – di ionizzazione, 972 – di legame – – del nucleo, 1007 – – per nucleone, 1009 – – – curva, 1009 – di un fotone, 936 – di un trasformatore, 823 – di un’onda elettromagnetica, 862 – equivalenza tra massa ed, 909 – immagazzinata in un solenoide, 815 – nucleare, 1043 – oscura, 1097 – totale di un corpo, 909 – – quantità di moto, 913 equazione/i – dei campi elettrostatico e magnetostatico, 853 – del trasformatore, 823 – di Maxwell, 853, 855, 856 – di Schrödinger, 975 equivalente di dose, 1023 equivalenza – massa-energia, 909 – principio di, 1076 era – della GUT, 1098 – della nucleosintesi, 1099 – delle particelle, 1099 – di Planck, 1098 – elettrodebole, 1098 espansione infazionaria, 1098 esperimento di Michelson-Morley, 898 esposizione, 1022 estrazione, lavoro di, 937 European Extremely Large Telescope (E-ELT), 1101 eventi, 901 F famiglia/e – degli adroni, 1056 – dei bosoni, 1056 – dei leptoni, 1056 – radioattive, 1020 Faraday, Michael, 878 Faraday-Neumann, legge di, 807, 808 A8 Faraday-Neumann-Lenz, legge di, 856 fattore di qualità, 1023 f.e.m. – cinetica, 806, 807 – – energia, 807 – – fusso magnetico, 807 – di autoinduzione, 814 – di movimento, 807 – di mutua induzione, 813 – indotta, 806 – – in un conduttore in moto, 806 Fermi, Enrico, 949, 1014, 1026, 1044 Fermi-Dirac, statistica di, 1026 fermioni, 1026 fsica – atomica, 1026 – classica, 939 – – diffcoltà interpretative, 939 – delle particelle, 1026 – nucleare, 1005, 1026 fssione, 1046 – nucleare, 1044 fondo cosmico a microonde, 1094 forza – elettromagnetica, 1058 – – indotta, 805 – elettromotrice, v. f.e.m. – gravitazionale, 1058 fotoelettroni, 937 fotoevaporazione, 941 fotone/i, 916, 936, 989 – assorbimento, 974 – – spettri di, 974 – emissione, 974 – – indotta, 985 – – spettri di, 974 – – spontanea, 985 – – stimolata, 985 – energia, 936 – modello atomico di Bohr, 970 – quantità di moto, 942 – X, 983 Foucault, correnti di, 812 Fraunhofer, righe di, 974 frequenza di risonanza, 822 Friedmann-Lemaitre, Universo di, 1087 Frisch, Otto, 1044 funzione d’onda, 945, 977 fusione – nucleare, 1049, 1050 – – energia, 1050 G galassie – ammassi di, 1089 – superammassi di, 1091 Gauss, teorema di – per il campo elettrico, 856 – per il campo elettrostatico, 853 – per il campo magnetico, 856 – per il campo magnetostatico, 853 Geiger, contatore, 1021 Gell-Mann, Murray, 1056 generatore di corrente alternata, 817 geodetiche, 1077 geometrie – ellittiche, 1078 – iperboliche, 1078 – non euclidee, 1078 – «piatte», 1078 giunzione p-n, 826 Glashow, Sheldon, 1014 Global Positioning System (GPS), 903 GPS (Global Positioning System), 903 Grand Unifed Theory (GUT), 1098 gray, 1022 guscio, 978 – numero massimo di elettroni, 980 GUT (Grand Unifed Theory), 1098 – era della, 1098 H Hahn, Otto, 1044 Heisenberg, Werner, 945, 948 – principio di indeterminazione, 945, 946, 949 henry, 813 Higgs, Peter, 1059 – bosone di, 1059 Hilbert, David, 949 Hubble, Edwin, 1102 – costante di, 1087 – legge di, 1086, 1087, 1102 I idrogeno – modello dell’atomo – – secondo Bohr, 970 – – secondo la meccanica quantistica, 975 – spettro a righe, 973 impedenza, 820 induttanza, 813 – di un solenoide, 814 – mutua, 813 induzione – elettromagnetica, 805, 806 – – legge, 807, 808 – mutua, 812, 813 interazione – elettrodebole, 1014 – elettromagnetica, 1056 – forte, 1007 – nucleare – – debole, 1014, 1026, 1056, 1058 – – forte, 1007, 1056, 1058 interferometri, 1081 International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER), 1050 interruttore automatico differenziale, 809 intervallo di tempo – dilatato, 903 – proprio, 903 inversione della popolazione, 985 ionizzazione, energia di, 972 ipotesi – di Planck, 934, 935 – quantistiche, 988 irradiamento, 863 – di un’onda elettromagnetica, 863 isòtopi, 1006 – dell’uranio, 1046 ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), 1050 J James Webb Space Telescope (JWST), 1100 JWST (James Webb Space Telescope), 1100 K Kerr, soluzione di, 1081 L LAI (Location Area Identifer), 881 Large Hadron Collider (LHC), 1059 Large Synoptic Survey Telescope (LSST), 1100 laser (Light Amplifcation by Stimulated Emission of Radiation), 985 – applicazioni in campo medico, 987 Laser Assisted in Situ Keratomileusis (LASIK), 987 LASIK (Laser Assisted in Situ Keratomileusis), 987 lavoro di estrazione, 937 LCD (Liquid Crystal Display), 874 LED (Light-Emitting Diode), 827 legame, energia di – del nucleo, 1007 – per nucleone, 1009 – – curva, 1009 INDICE ANALITICO legge – dell’induzione elettromagnetica, 807, 808 – di composizione delle velocità, 897 – di conservazione, 1010 – di Faraday-Neumann, 807, 808 – di Faraday-Neumann-Lenz, 810, 856 – di Hubble, 1086, 1087, 1102 – di Lenz, 810 – – conservazione dell’energia, 812 – di Malus, 873 – di spostamento di Wien, 935 – di Stefan-Boltzmann, 934 Lenz, legge di, 810 – conservazione dell’energia, 812 leptoni, famiglia dei, 1056 LHC (Large Hadron Collider), 1059 Light-Emitting Diode (LED), 827 Liquid Crystal Display (LCD), 874 livello/i energetico/i – di Bohr, 972 – diagramma, 972 – metastabile, 985 Location Area Identifer (LAI), 881 lookback time, 1093 LSST (Large Synoptic Survey Telescope), 1100 luce, 856, 897 – defessione, 1077, 1078 – visibile, 861 luminosità intrinseca, 1085 lunghezza/e – contrazione delle, 905, 906 – d’onda – – Compton, 943 – – di de Broglie, 943, 944 – – di taglio, 984 – invarianza, 907 – propria, 906 Lyman, serie di, 969 M Maiman, Theodore H., 985 Malus, legge di, 873 Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA), 987 massa – atomica, 1008 – – unità di, 1008 – equivalenza tra energia e, 909 – gravitazionale, 1075 – inerziale, 1075 materia oscura, 1089 – natura, 1091 Maxwell, equazioni di, 853, 855, 856 Maxwell-Boltzmann, statistica di, 1026 meccanica – classica, 948 – quantistica, 945, 948, 975 – – descrizione dell’atomo di idrogeno, 975 – – ipotesi quantistiche, 988 Meitner, Lise, 1044 Mendeleev, Dmitrij, 981 mesoni, 1056 metodo della parallasse, 1084 Michelson-Morley, esperimento di, 898 microonde, 860 microscopio – a scansione a effetto tunnel, 950 – elettronico, 950 – – in trasmissione, 950 misura delle distanze in astronomia, 1083 Mobile Telephone Switching Offce (MTSO), 881 modello atomico – di Bohr, 970, 989 – – atomo di idrogeno, 970 – – – quantizzazione del momento angolare, 971 – di Rutherford, 967 – – protoni, 967 – di Thomson, 967 – planetario, 968 – – contraddizioni, 968 Modello Standard, 1058 – per l’evoluzione dell’Universo, 1097 moderatore, 1047 MOLA (Mars Orbiter Laser Altimeter), 987 momento angolare – di spin, 976 – quantizzazione secondo de Broglie, 974 monitor LCD a colori, 875 moto browniano, 916 MTSO (Mobile Telephone Switching Offce), 881 muone/i, 904, 1056 N nane bianche, 1086 natura ondulatoria dei corpi materiali, 943 nebulose a spirale, 1086 Neddermeyer, Seth H., 1056 neutrino, 1014, 1054 – elettronico, 1054 – muonico, 1054 – tauonico, 1054 neutroni, 1005, 1027 – termici, 1044 nocciolo del reattore, 1047 nucleo, 968 – difetto di massa, 1007 – stabilità, 1007 – struttura, 1005 nucleoni, 1005 nucleosintesi, 1050, 1053 – era della, 1053 – primordiale, 1097 – stellare, 1053 numero – atomico, 978, 1005 – di massa, 1005 – di neutroni, 1005 – massimo di elettroni in un guscio, 980 – quantico, 975 – – azimutale, 975 – – di spin, 976 – – magnetico, 976 – – principale, 975 nuvola elettronica di probabilità, 977 O onda/e – associate alle particelle, 945 – di probabilità, 944, 945 – dualismo onda-corpuscolo, 933 – elettromagnetiche, 853, 856, 857 – – andamento temporale, 858 – – densità di energia, 862 – – densità di quantità di moto, 865 – – energia, 862 – – generazione, 857 – – irradiamento, 863 – – polarizzazione, 871 – – quantità di moto, 862, 865 – funzione d’, 945, 977 – gravitazionali, 1081 – natura ondulatoria dei corpi materiali, 943 – radio, 860 orbitale/i, 977 orbite, 977 – stazionarie, 970 orizzonte degli eventi, 1080 P parallasse, metodo della, 1084 parsec, 1084 particella/e – classifcazione, 1056 – dualismo onda-corpuscolo, 933 – elementari, 1043, 1054 – era delle, 1099 – fsica delle, 1026 – onde associate, 933, 945 – senza massa, 939 Paschen, serie di, 969 Pauli, Wolfgang, 949, 978, 1054 – principio di esclusione, 978 Photorefractive Keratectomy (PRK), 987 pione/i, 1027, 1056 – neutro, 1054 Planck, Max, 935 – costante di, 935 – era di, 1098 – ipotesi di, 934 plasma, 1050 Polarized Radiation Imaging and Spectroscopy Mission (PRISM), 1101 polarizzatore, 873, 872 polarizzazione delle onde elettromagnetiche, 871 – lineare, 871 – per diffusione, 876 – per rifessione, 875 positrone, 1054 postulati della relatività ristretta, 899 potenza, 817 – corrente alternata, 817 – – valori effcaci, 817 pressione di radiazione, 866 – su superfcie assorbente – – dovuta a radiazione incidente perpendicolarmente, 866 – – dovuta a radiazione diffusa, 866 – su superfcie rifettente – – dovuta a radiazione incidente perpendicolarmente, 866 – – dovuta a radiazione diffusa, 866 principio – cosmologico, 1082 – di equivalenza, 1076 – di esclusione di Pauli, 978 – di indeterminazione di Heisenberg, 945, 946, 949 – di invarianza della velocità della luce, 899 – di relatività, 899 – – generale, 1077 PRISM (Polarized Radiation Imaging and Spectroscopy Mission), 1101 PRK (Photorefractive Keratectomy), 987 produzioni di coppie, 913 protoni, 1005 – nel modello atomico di Rutherford, 967 – nel nucleo, 971 Q quanti, 916, 989 – teoria dei, 916 quantità di moto – di un fotone, 942 – di un’onda elettromagnetica, 862, 865 – relativistica, 907, 908 quantizzazione, 935 – del momento angolare secondo de Broglie, 974 quanto, 935, 945 quark, 1056 – bottom, 1058 – charmed, 1058 – colore, 1058 – down, 1057 – strange, 1057 – top, 1058 – up, 1057 R rad, 1022 radiazione/i, 1010 – cosmica di fondo, 1094, 1103 – – anisotropie, 1094 – di corpo nero, 934 – infrarosse, 861 – ionizzanti, 1021 – – effetti biologici, 1021, 1023 – ultraviolette, 861 radioattività, 988, 1005, 1010 – decadimento radioattivo, 1014 A9 INDICE ANALITICO – famiglie radioattive, 1020 raggio/i, 1010 – del nucleo, 1006 – delle orbite di Bohr, 971 – di Bohr, 971 – di Schwarschild, 1080 – X, 861, 981 – – applicazioni in campo medico, 984 – – caratteristici, 982 – – tubo a, 981 – α, 1010 – β, 1010 – γ, 861, 1010 rapporto di trasformazione, 823 reattanza – capacitiva, 818 – induttiva, 819 reattore nucleare, 1046 – ad acqua pressurizzata, 1048 – critico, 1047 – nocciolo, 1047 – subcritico, 1047 – supercritico, 1048 reazione nucleare, 1043 – a catena, 1046 – – controllata, 1046 – – non controllata, 1046 – indotta, 1043 redshift, 1086 – cosmologico, 1094 – gravitazionale, 1079 relatività – del tempo, 901 – della simultaneità, 900 – delle distanze, 905 – generale, 916, 919, 1073, 1076, 1078, 1079 – – princìpi, 1076 – ristretta, 897, 899, 916, 918, 1073 – – postulati, 899 – speciale, 899 rem, 1023 rettifcatore a semionda, 827 righe – di assorbimento, 974 – di emissione, 974 – di Fraunhofer, 974 risonanza – elettrica, 822 – frequenza di, 822 – meccanica, 822 – nei circuiti elettrici, 822 rivelatore – di fumo, 1011 – di particelle, 1021 roengten, 1022 Röntgen, Wilhelm C., 981 Ruska, Ernst, 950 Rutherford, Ernest, 967, 988, 1043 – modello atomico di, 967 Rydberg, costante di, 969 S Salam, Abdus, 1014 salvavita, 809 Scanneling Tunneling Microscope (STM), 950 Schrödinger, Erwin, 945, 948 – equazione di, 975 Schwarschild, raggio di, 1080 Schwarschild e Kerr, buchi neri di, 1080 scorie nucleari, 1047 semiconduttore, 825, 826 – di tipo n, 825 – di tipo p, 826 A10 separatore di fasci, 898 serie – di Balmer, 969 – di Lyman, 969 – di Paschen, 969 sievert, 1023 simultaneità, 900, 1073 sistema/i – accelerati, 1075 – di coordinate, 901 – di riferimento – – inerziali, 899 – – privilegiati, 906 SKA (Square Kilometer Array), 1101 solenoide, 814 – energia immagazzinata, 815 – induttanza, 814 soluzione di Kerr, 1081 sottoguscio, 978 spazio-tempo quadridimensionale, 1073 spettro/i – a righe, 968, 969 – – dell’atomo di idrogeno, 973 – dei raggi X, 982 – di assorbimento, 974 – di emissione, 974 – elettromagnetico, 859 spin, 917, 949, 976 spostamento, corrente di, 854, 855 Square Kilometer Array (SKA), 1101 SRB (Stazione Radio Base), 880 statistica, 1026 – di Bose-Einstein, 1026 – di Fermi-Dirac, 1026 – di Maxwell-Boltzmann, 1026 stato/i – eccitati, 972 – fondamentale, 972, 978 – stazionari, 970 Stazione Radio Base (SRB), 880 Stefan-Boltzmann – costante di, 934 – legge di, 934 stelle, 1050 – formazione, 1050 STM (Scanneling Tunneling Microscope), 950 Strassmann, Fritz, 1044 Super-Kamiokande, 1014 superammassi di galassie, 1091 superfcie – assorbente, 866 – rifettente, 866 supernova Ia, 1085, 1096 T TAC (tomografa assiale computerizzata), 984 taglio, lunghezza d’onda di, 984 tavola periodica degli elementi, 978, 981 telefonia mobile, 880 TEM (Transmission Electron Microscope), 950 tempo – assoluto, 901 – di dimezzamento, 1015 – dilatato, 903 – dilatazione del, 901, 902, 904 – proprio, 903 teorema – di Ampère, 853 – – generalizzato, 854, 856 – di Gauss – – per il campo elettrico, 856 – – per il campo elettrostatico, 853 – – per il campo magnetico, 856 – – per il campo magnetostatico, 853 teoria – dei quanti, 916 – della relatività, 918 Thomson, Joseph J., 967 – modello atomico di, 967 tomografa – a emissione di positroni (PET), 1055 – assiale computerizzata, 984 transistor, 828 – a giunzione bipolare, 828 – base, 828 – collettore, 828 – emettitore, 828 Transmission Electron Microscope (TEM), 950 trasformatore, 823 – energia, 823 – equazione, 823 trasmutazione nucleare, 1011 – indotta, 1043 Treatise on Electricity and Magnetism, 855, 879 tubo a raggi X, 981 tunneling, corrente di, 951 U UHF (Ultra High Frequency), 880 Ultra High Frequency (UHF), 880 unità di massa atomica, 1008 Universo, 1082 – accelerazione dell’, 1096 – di Friedmann-Lemaitre, 1087 – evoluzione dell’, 1088 – in espansione, 1086 – in evoluzione, 1082 – modelli, 1102 – Modello Standard per l’evoluzione dell’, 1097 – stazionario, 1093 uranio, 1044 – arricchimento, 1047 – fssione, 1045, 1046 – isotopi, 1046 V valori effcaci, 817 velocità – composizione relativistica, 914 – della luce, 857, 897, 914 – – nel vuoto, 857 – – principio di invarianza, 899 visori a cristalli liquidi, 874 Volta, Alessandro, 879 von Neumann, Johann, 949 W Weinberg, Steven, 1014 Wien, legge di spostamento di, 935 Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP), 1096 WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe), 1096 Y Yukawa, Hideki, 1056 Z Zeeman, Pieter, 976 – effetto, 976 Zweig, Geoffrey, 1056 PERIODO 7 II 55 5s1 7s1 6d17s2 227,03 89 5d16s2 6d27s2 (261) 104 5d26s2 72 6d37s2 (262) 105 5d3 6s2 73 4d4 5s1 * 178,49 180,95 4d25s2 92,91 41 3d34s2 50,94 23 6d47s2 (266) 106 5d46s2 183,85 74 4d5 5s1 95,94 42 3d54s1 52,00 24 6d57s2 (264) 5d56s2 186,21 75 4d5 5s2 (98) 43 3d54s2 6d67s2 (269) 108 5d6 6s2 190,2 76 4d75s1 101,07 44 3d64s2 55,85 26 f 158,93 6d77s2 (268) 109 5d76s2 192,22 77 4d8 5s1 102,91 45 3d74s2 58,93 27 Simbolo Massa atomica 54,94 25 107 3d64s2 58,85 26 Fe Elementi di transizione d 162,50 (271) 110 5d9 6s1 195,08 78 4d10 5s6 106,42 164,93 (272) 111 5d10 6s1 196,97 79 4d10 5s1 107,87 47 3d10 4s1 3d8 4s2 46 63,55 29 58,69 28 167,26 (277) 112 5d10 6s2 200,59 80 4d10 5s2 112,41 48 3d10 4s2 65,39 30 III IV V 140,91 6d27s2 232,04 238,03 237,05 150,36 (244) 4f 66s2 151,96 (243) 4f 76s2 157,25 (247) (247) (251) 5d14f 76s2 5d14f 86s 4f 10 6s2 (252) 4f 116s2 (257) 4f 126s2 VII VIII 168,93 6p1 74,92 173,04 (289) 114 6p2 207,2 5p2 174,97 6p3 (258) 4f 13 6s2 (259) 4f 14 6s2 (262) 5d14f146s2 35,45 39,95 6p5 Attinidi (210) 5p5 (293) 118 6p6 (222) 5p6 131,29 4p6 83,80 3p6 I 54 Xe 126,90 4p 5 79,90 3p5 Lantanidi (289) 116 6p 4 (209) 5p4 127,60 4p4 78,96 3p 4 20,18 2p6 Bi 84 Po 85 At 86 Rn 208,98 5p3 121,76 4p3 Tl 82 Pb 83 204,36 81 5p1 118,71 4p2 72,61 3p3 In 50 Sn 51 Sb 52 Te 53 114,82 49 4p1 69,72 3p2 2p5 S 17 Cl 18 Ar 32,07 2p 4 P 16 30,97 Si 15 28,09 2p3 F 10 Ne 19,00 O 9 He 4,00 1s2 2 31 Ga 32 Ge 33 As 34 Se 35 Br 36 Kr 3p1 26,98 2p2 13 Al 14 2p1 5f 26d17s2 5f 3 6d17s2 5f 4 6d17s2 5f 66d07s2 5f 76d07s2 5f 76d17s2 5f 8 6d17s2 5f106d07s2 5s116d07s2 5f 126d07s2 5f 136d07s2 5f 146d07s2 5f 146d17s2 231,04 (145) 4f 5 6s2 VI 16,00 N 8 14,01 C 7 12,01 B 6 10,81 5 U 93 Np 94 Pu 95 Am 96 Cm 97 Bk 98 Cf 99 Es 100 Fm 101 Md 102 No 103 Lr 144,24 4f 4 6s2 90 Th 91 Pa 92 5d14f 16s2 4f 3 6s2 * 140,12 p GRUPPO GRUPPO GRUPPO GRUPPO GRUPPO GRUPPO 58 Ce 59 Pr 60 Nd 61 Pm 62 Sm 63 Eu 64 Gd 65 Tb 66 Dy 67 Ho 68 Er 69 Tm 70 Yb 71 Lu 7s2 226,03 88 87 (223) 6s2 6s1 138,91 57 56 137,33 4d15s2 91,22 40 39 47,88 22 3d24s2 88,96 Numero atomico Configurazione elettronica esterna 3d14s2 44,96 21 5s2 87,62 38 37 85,47 4s2 4s1 40,08 20 19 39,10 3s2 24,31 3s1 22,99 12 9,01 11 4 2s2 6,94 2s1 3 I 1,01 1s1 1 6 132,91 5 4 3 2 1 s GRUPPO GRUPPO tavole Tavola periodica degli elementi A11 tavole Proprietà di alcuni isotopi Numero atomico (Z) Elemento Simbolo Numero di massa (A) Massa atomica* 0 (Neutrone) n 1 1,008 665 1 Idrogeno H 1 1,007 825 Deuterio D 2 2,014 102 Trizio T 3 3,016 049 Elio He 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Litio Berillio Boro Carbonio Azoto Ossigeno Fluoro Neon Sodio Li Be B C N O F Ne Na 3 3,016 029 4 4,002 603 7,5 7 7,016 930 EC, g 53,3 giorni 8 8,005 305 2a 6,7 ? 10217 s 9 9,012 183 100 10 10,012 938 19,9 11 11,009 305 80,1 12 12,014 353 b2 1 11 11,011 433 b , EC 12,000 000 98,89 13 13,003 355 14 14,003 242 b2 5730 anni 13 13,005 739 b2 9,96 min 14 14,003 074 99,63 15 15,000 109 0,37 15 15,003 065 b1, EC 16 15,994 915 99,76 18 17,999 159 19 18,998 403 100 18 18,000938 EC 20 19,992 439 22 21,991 384 9,22 1 21,994 435 b , EC, g 100 24 23,990 964 b2, g 26,981 541 14 Silicio Si 28 27,976 928 31 30,975 364 109,77 min 90,51 22,989 770 27 122 s 0,204 22 Al 20,3 min 1,11 23 Alluminio A12 20,2 ms 12 13 S 0,000 14 ø100 92,5 23,985 045 Zolfo 12,33 anni 6,015 123 24 16 0,015 b2 7,016 005 Mg P 10,6 min 99,985 6 Magnesio Fosforo b2 Tempo di dimezzamento (se radioattivo) 7 12 15 Abbondanza (%) o tipo di decadimento† (se radioattivo) 2,602 anni 15,0 ore 78,99 100 92,23 b2, g 31 30,973 763 100 32 31,973 908 b2 32 31,972 072 35 34,969 033 2,62 ore 14,28 giorni 95,0 b2 87,4 giorni tavole Numero atomico (Z) 17 Elemento Cloro Simbolo Numero di massa (A) Cl 35 34,968 853 75,77 37 36,965 903 24,23 40 39,962 383 99,60 18 Argon Ar 19 Potassio K Massa atomica* 39 38,963 708 40 39,964 000 Abbondanza (%) o tipo di decadimento† (se radioattivo) 93,26 b2, EC, g, b1 20 Calcio Ca 40 39,962 591 96,94 26 Ferro Fe 56 55,934 939 91,8 27 Cobalto Co 59 58,933 198 100 60 59,933 820 b2, g 58 57,935 347 68,3 60 59,930 789 26,1 64 63,927 968 63 62,929 599 69,2 64 63,929 766 b2, b1 65 64,927 792 30,8 48,6 28 29 30 36 38 Nichel Rame Zinco Cripton Stronzio Ni Cu Zn Kr Sr Tempo di dimezzamento (se radioattivo) 1,28 ? 109 anni 5,271 anni 0,91 12,7 ore 64 63,929 145 66 65,926 035 27,9 84 83,911 506 57,0 89 88,917 563 b2 3,2 min 92 91,926153 b2 1,84 s 86 85,909 273 9,8 88 87,905 625 82,6 90 89,907 746 b2 2 28,8 anni 94 93,915356 b 39 Ittrio Y 89 89,905 856 100 41 Niobio Nb 98 97,910331 b2 2,86 s 43 Tecnezio Tc 98 97,907 210 b2, g 4,2 ? 106 anni 47 Argento Ag 107 106,905 095 48 Cadmio Cd 50 Stagno 51 Antimonio 53 Iodio I 54 56 Xenon Bario 51,83 109 108,904 754 48,17 114 113,903 361 28,7 Sn 120 119,902 199 Sb 133 132,915237 Xe Ba 32,4 b2 127 126,904 477 100 131 130,906 118 b2, g 132 131,904 15 26,9 136 135,907 22 140 139,921636 137 136,905 82 138 137,905 24 141 140,914406 75,3 s 2,5 min 8,04 giorni 8,9 b2 13,60 s 11,2 71,7 b2 2 18,27 min 144 143,922 73 b 11,9 s 61 Promezio Pm 145 144,912 75 EC, a, g 17,7 anni 76 Osmio Os 191 190,960 94 b2, g 15,4 giorni 192 191,961 49 41,0 197 196,966 56 205 204,974 41 210 209,990 069 79 Oro Au 81 Tallio Tl 100 70,5 b2 1,3 min A13 tavole Numero atomico (Z) Elemento 82 Piombo 83 84 Bismuto Polonio Simbolo Numero di massa (A) Massa atomica* Pb 204 203,973 044 206 205,974 46 24,1 207 206,975 89 22,1 208 207,976 64 52,3 210 209,984 18 a, b2, g 22,3 anni 211 210,988 74 b2, g 36,1 min Bi Po Abbondanza (%) o tipo di decadimento† (se radioattivo) b2, 1,48 2 Tempo di dimezzamento (se radioattivo) 1,4 ? 1017 anni 212 211,991 88 b ,g 10,64 ore 214 213,999 80 b2, g 26,8 min 209 208,980 39 100 211 210,987 26 a, b2, g 2,15 min 212 211,991272 a 60,55 min 210 209,982 86 a, g 138,38 giorni 212 211,988852 a 0,299 ms 214 213,995 19 a, g 164 ms 86 Radon Rn 222 222,017 574 a, b 3,8235 giorni 87 Francio Fr 223 223,019 734 a, b2, g 21,8 min 88 Radio Ra 226 226,025 406 a, g 1,60 ? 10 3 anni 228 228,031 069 b2 5,76 anni 227 227,027 751 a, b2, g 21,773 anni 89 Attinio Ac 90 Torio Th 91 Protoattinio Pa 92 Uranio U 228 228,028 73 a, g 1,9131 anni 231 231,036297 a, b2 25,52 ore 232 232,038 054 100; a, g 1,41 ? 1010 anni 2 234 234,043596 b 24,10 giorni 234 234,043302 b2 6,70 ore 232 232,037 14 a, g 72 anni 233 233,039 629 a, g 1,592 ? 10 5 anni 235 235,043 925 236 236,045 563 238 238,050 786 99,275; a, g 4,468 ? 10 9 anni 239,054 291 2 23,5 min 2 239 0,72; a, g a, g b ,g 7,038 ? 10 8 anni 2,342 ? 10 7 anni 93 Nettunio Np 239 239,052 932 b ,g 2,35 giorni 94 Plutonio Pu 239 239,052 158 a, g 2,41 ? 10 4 anni 95 Americio Am 243 243,061 374 a, g 7,37 ? 10 3 anni 96 Curio Cm 245 245,065 487 a, g 8,5 ? 10 3 anni 97 Berkelio Bk 247 247,070 03 a, g 1,4 ? 10 3 anni 98 Californio Cf 249 249,074 849 a, g 351 anni 99 Einsteinio Es 254 254,088 02 a, g, b2 276 giorni 100 Fermio Fm 253 253,085 18 EC, a, g 3,0 giorni 101 Mendelevio Md 255 255,0911 EC, a 27 min 102 Nobelio No 255 255,0933 EC, a 3,1 min 103 Laurenzio Lr 257 257,0998 a ø35 s * Le masse indicate in questa tabella sono quelle dell’atomo neutro e includono la massa degli elettroni. † La sigla EC significa «cattura elettronica». A14 tavole Dati relativi al Sistema Solare Nome Raggio equatoriale (km) Massa (relativa a quella della Terra) Densità media (kg/m3) Gravità alla superficie (relativa a quella della Terra) Semiasse maggiore dell’orbita ? 106 km Velocità di fuga (km/s) UA Periodo Eccentricità di dell’orbita rivoluzione (anni) Mercurio 2440 0,0553 5430 0,38 57,9 0,387 4,2 0,240 0,206 Venere 6052 0,816 5240 0,91 108,2 0,723 10,4 0,615 0,007 Terra 6370 1 5510 1 149,6 1 11,2 1,000 0,017 Marte 3394 0,108 3930 0,38 227,9 1,523 5,0 1,881 0,093 Giove 71 492 1360 2,53 778,4 5,203 60 11,86 0,048 Saturno 60 268 95,1 690 1,07 1427,0 9,539 36 29,42 0,054 Urano 25 559 14,5 1270 0,91 2871,0 19,19 21 83,75 0,047 Nettuno 24 776 17,1 1640 1,14 4497,1 30,06 24 318 163,7 0,009 A15 tavole Unità di misura che non fanno parte del Sistema Internazionale Grandezza Nome dell’unità Simbolo Equivalenza nel SI lunghezza unità astronomica parsec anno-luce angstrom UA pc a.l. Å 1 UA 1 pc 1 a.l. 1Å 5 1,50 3 1011 m 5 3,09 3 10 16 m 5 9,46 3 10 15 m 5 10210 m intervallo di tempo giorno anno d a 1d 1a 5 8,64 3 10 4 s 5 3,16 3 10 7 s volume litro l, L 1l 5 1023 m 3 angolo piano grado sessagesimale ° 1° 5 p/180 rad velocità kilometro all’ora km/h 1 km/h 5 1/3,6 m/s energia caloria kilowattora elettronvolt cal kWh eV 1 cal 1 kWh 1 eV 5 4,19 J 5 3,60 3 10 6 J 5 1,60 3 10219 J potenza cavallo vapore CV 1 CV 5 7,35 3 10 2 W massa unità di massa atomica u 1u 5 1,66 3 10227 kg pressione bar millimetro di mercurio, torr atmosfera bar mmHg, torr atm 1 bar 5 10 5 Pa 1 mmHg 5 1,33 3 10 2 Pa 1 atm 5 1,01 3 10 5 Pa temperatura grado Celsius °C 1 °C Proprietà fisiche dell’acqua (293 K) Proprietà fisiche dell’aria secca (273 K, 1,01 3 10 5 Pa) Grandezza Valore densità 0,998 3 10 3 kg/m 3 Grandezza Valore velocità del suono 1,48 3 10 3 m/s velocità del suono 3,32 3 10 2 m/s calore specifico (a pressione costante) J 4,18 3 10 3 }} kg ? K calore specifico (a pressione costante) 1,00 3 10 3 J/(kg ? K) calore di fusione (273 K) 3,34 3 10 5 J/kg densità 1,29 kg/m 3 calore di evaporazione (373 K) 2,26 3 10 6 J/kg indice di rifrazione (l 5 589 nm) 1,33 Dati tratti da: Le tavole M • A • F • BI • C, Zanichelli, Bologna 1989 e M. Fazio, SI, MKSA, CGS & Co., Zanichelli, Bologna 1995. A16 51K