caricato da marziabrenpong

John D Cutnell, Kenneth W Johnson, David Young, Shane Stadler - I Problemi della Fisica 3. Induzione e onde elettromagnetiche, Relatività, atomi e nuclei (2015) - libgen.lc

INDICE
Indice
Le stime di Fermi VIII
ELETTROMAGNETISMO
19 Induzione elettromagnetica
1
Forza elettromagnetica indotta e correnti indotte
805
2
La f.e.m. indotta in un conduttore in moto
806
3
La legge dell’induzione elettromagnetica
di Faraday-Neumann
SIMULAZIONE
807
4
La legge di Lenz
810
5
Mutua induzione e autoinduzione
812
6
L’alternatore e la corrente alternata
816
7
I circuiti semplici in corrente alternata
8
Circuiti RLC in corrente alternata
9
La risonanza nei circuiti elettrici
822
10
Il trasformatore
823
11
Dispositivi a semiconduttore
824
ESERCIZI
832
SIMULAZIONE
SIMULAZIONE
Chalkboard videos
▸ 832
Formule in 3 minuti
▸ 882
Chalkboard videos
▸ 883
817
820
20 Le equazioni di Maxwell e le onde
elettromagnetiche
1
Le equazioni dei campi elettrostatico e magnetostatico
853
2
Campi che variano nel tempo
854
3
Le equazioni di Maxwell
4
Le onde elettromagnetiche
5
Lo spettro elettromagnetico
6
Energia e quantità di moto di un’onda elettromagnetica
862
7
L’effetto Doppler
869
8
La polarizzazione delle onde elettromagnetiche
871
Il campo elettromagnetico
878
LA STORIA DI UN’IDEA
COME FUNZIONA?
ESERCIZI
855
SIMULAZIONE
SIMULAZIONE
La telefonia mobile
857
859
880
883
III
INDICE
FISICA MODERNA
21 La relatività ristretta
1
Qual è la velocità della luce?
897
2
I postulati della relatività ristretta
899
3
La relatività del tempo: dilatazione temporale
901
4
La relatività delle distanze: contrazione delle lunghezze
905
Formule in 3 minuti
▸ 921
5
La quantità di moto relativistica
907
Chalkboard videos
▸ 922
6
L’equivalenza tra massa ed energia
909
7
La composizione relativistica delle velocità
914
I FISICI
Albert Einstein
LA STORIA DI UN’IDEA
916
La teoria della relatività
918
922
ESERCIZI
22 Particelle e onde
Formule in 3 minuti
▸ 953
Chalkboard videos
▸ 954
1
Il dualismo onda-corpuscolo
2
La radiazione di corpo nero e l’ipotesi di Planck
3
I fotoni e l’effetto fotoelettrico
4
La quantità di moto di un fotone e l’effetto Compton
942
5
La lunghezza d’onda di de Broglie e la natura ondulatoria
dei corpi materiali
SIMULAZIONE
943
Il principio di indeterminazione di Heisenberg
945
6
LA STORIA DI UN’IDEA
933
SIMULAZIONE
ESERCIZI
IV
934
936
Dalla meccanica classica alla meccanica
quantistica
COME FUNZIONA?
SIMULAZIONE
948
Il microscopio elettronico
950
954
INDICE
23 La natura dell’atomo
1
Il modello atomico di Rutherford
2
Gli spettri a righe
3
Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
4
La quantizzazione del momento angolare secondo de Broglie
974
5
L’atomo di idrogeno secondo la meccanica quantistica
975
6
Il principio di esclusione di Pauli e la tavola periodica degli elementi
978
7
I raggi X
981
8
Il laser
SIMULAZIONE
967
968
SIMULAZIONE
Chalkboard videos
▸ 992
985
SIMULAZIONE
Il modello atomico da Rutherford a Bohr
LA STORIA DI UN’IDEA
970
988
992
ESERCIZI
24 Fisica nucleare e radioattività
1
La struttura del nucleo
1005
2
L’interazione nucleare forte e la stabilità dei nuclei
1007
3
Il difetto di massa del nucleo e l’energia di legame
1007
4
La radioattività
1010
5
Il neutrino
1014
6
Decadimento radioattivo e attività
1014
7
Datazioni radiometriche
1017
8
Famiglie radioattive
1020
9
Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti
1021
Enrico Fermi: dalla fsica atomica alla fsica
nucleare e delle particelle
1026
ESERCIZI
1029
SIMULAZIONE
Formule in 3 minuti
▸ 1028
Chalkboard videos
▸ 1029
Chalkboard videos
▸ 1064
LA STORIA DI UN’IDEA
25 Energia nucleare e particelle elementari
1
Reazioni nucleari indotte
1043
2
Fissione nucleare
1044
3
Reattori nucleari
1046
4
Fusione nucleare
1049
5
Le stelle e la nucleosintesi
1050
6
Particelle elementari
1054
COME FUNZIONA?
ESERCIZI
SIMULAZIONE
Il progetto ITER
1062
1064
V
INDICE
26 Dalla relatività generale allo studio dell’Universo
1
Dalla relatività ristretta alla relatività generale
1073
2
Cenni di relatività generale
1076
3
Le soluzioni della relatività generale
1079
4
L’osservazione di un Universo in evoluzione
1082
5
La materia oscura
1089
6
Gli sviluppi della cosmologia osservativa
1092
7
Il Modello Standard per l’evoluzione dell’Universo
1097
8
Nuovi strumenti per lo studio dell’Universo
1099
LA STORIA DI UN’IDEA
Le teorie sull’Universo da Hubble
ai nostri giorni
1102
ESERCIZI
1105
Physics in English A1
Soluzioni dei problemi A3
Indice analitico A7
Tavole A11
VI
FISICA qUOTIDIANA
Fisica quotidiana
19
Induzione elettromagnetica
23
La natura dell’atomo
▸
▸
▸
▸
▸ Le insegne al neon e i lampioni stradali a vapori
▸
▸
▸
▸
▸
L’interruttore automatico differenziale o salvavita 809
Il microfono a bobina mobile e a magnete mobile 812
I freni elettromagnetici 812
La stimolazione elettrica transcutanea dei nervi
(TENS) 821
I trasformatori 823
Il LED (light-emitting diode) 827
I circuiti rettifcatori 827
Le celle solari 827
I transistor 828
20
Le equazioni di Maxwell e le onde
elettromagnetiche
▸
▸
▸
▸
▸
▸
▸
▸
La ricezione radiofonica e televisiva 859
La ricezione radiofonica AM e FM 860
Il termometro a infrarossi 861
L’effetto serra 863
Il telelaser 870
L’effetto Doppler in astronomia 871
Il visore a cristalli liquidi 874
Gli occhiali Polaroid 875
24
Fisica nucleare e radioattività
▸
▸
▸
▸
I rivelatori di fumo 1011
Le datazioni radiometriche 1017
I rivelatori di radiazioni 1021
Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti
1021
25
Energia nucleare a particelle elementari
▸ La fusione nucleare mediante confnamento
magnetico 1050
▸ La scansione PET
1055
26
Dalla relatività generale allo studio
dell’Universo
21
La relatività ristretta
▸ Il GPS e la relatività ristretta 903
▸ I viaggi nello spazio e la relatività ristretta
▸
▸
▸
▸
▸
▸
di mercurio 968
Le righe di assorbimento nello spettro solare 974
La TAC 984
Il laser 985
L’altimetro a laser 987
La cheratectomia fotorefrattiva (PRK) 987
La chirurgia LASIK 987
904
▸ L’Universo in espansione
▸ Energia oscura 1097
1086
22
Particelle e onde
▸ I dispositivi ad accoppiamento di carica e le fotocamere
digitali 940
▸ I dispositivi di sicurezza per i cancelli automatici 941
▸ La fotoevaporazione e la nascita delle stelle 941
▸ Propulsione spaziale con vele solari 943
VII
Le stime di Fermi
quanti spaghetti contiene
una confezione da 500 g?
Senza contarli e senza disporre di una
bilancia, possiamo fare una stima.
Con un po’ di buonsenso, possiamo
valutare che la massa di uno spaghetto sia compresa fra 1 g e 10 g. Quindi
una confezione contiene al massimo
qualche centinaio di spaghetti, cioè
l’ordine di grandezza del numero di
spaghetti è 100.
■
L’ordine di grandezza
Enrico Fermi sosteneva che un fsico
deve essere in grado di stimare gli ordini di grandezza dei fenomeni naturali e sociali, prima ancora di misurar-
li con precisione o di comprenderli in
profondità.
Saper rispondere alla domanda
«Quanto...?» con una stima del tipo 10,
100, … 1 milione... consente infatti di
inquadrare il fenomeno in esame e di
coglierne alcune caratteristiche importanti. Fermi proponeva spesso ai suoi
allievi problemi del tipo «Quanto...?»
e si aspettava che essi determinassero
soluzioni con un’approssimazione minore di un fattore 10. Considerava
quindi accettabile una stima che fosse
al massimo 10 volte più grande o 10
volte più piccola del valore reale. Per
questa ragione i problemi di questo
tipo sono detti «problemi di Fermi».
■
L’arte della stima
Per risolvere i problemi di Fermi bisogna spesso fare delle ipotesi sui valori
numerici delle grandezze coinvolte,
cioè bisogna fare delle stime numeriche. Una stima è un «tirare a indovinare» basato su dati e ipotesi ragionevoli. è un po’ come misurare a spanne:
il risultato che si ottiene non è preciso,
ma è quanto basta per avere un’idea
del fenomeno.
A volte basta il buonsenso, come
nel caso della massa di uno spaghetto,
Enrico Fermi (Roma 1901-Chicago
1954), vince il premio Nobel per
la fsica nel 1938 per la scoperta della
radioattività indotta dai neutroni lenti.
Arriva a questa scoperta lavorando
sul decadimento radioattivo beta con
un gruppo di giovani ricercatori,
passati alla storia come i ragazzi di via
Panisperna, dal nome della via di Roma
in cui si trovava il loro laboratorio.
I suoi studi teorici lo portano a
elaborare la teoria del decadimento
beta e, in meccanica quantistica, alla
statistica (detta di Fermi-Dirac in suo
onore) che descrive il comportamento
di un tipo di particelle dette fermioni.
Nel 1938 emigra negli Stati Uniti
a causa delle leggi razziali che
VIII
altre volte è necessario reperire dati e
informazioni su grandezze correlate.
In questi casi il web è una miniera di
informazioni. L’unica avvertenza da
tener sempre presente è quella di prestare grande attenzione all’autorevolezza dei siti consultati.
Utilizzando stime numeriche affdabili e un po’ di matematica elementare è quasi sempre possibile rispondere alla domanda «Quanto...?» e
quindi acquisire una conoscenza
quantitativa dei fenomeni in esame.
In ogni capitolo, nella scheda
«L’ordine di grandezza», è proposto
un problema di Fermi relativo agli
argomenti che sono stati trattati. Nella scheda è fornita una possibile modalità di risoluzione, in cui sono
esplicitati:
•
•
•
il modello, cioè i calcoli che devono essere svolti sui dati per ottenere la soluzione;
i numeri, cioè le stime delle grandezze coinvolte;
le fonti, cioè i siti o i libri consultati.
Per favorire una comprensione più
profonda, i risultati sono spesso confrontati con valori di grandezze analoghe tratte dalla vita quotidiana.
coinvolgono la moglie. A Chicago
lavora all’attivazione del primo reattore
nucleare, che permette di produrre
energia in modo controllato a partire
da un processo di fssione,
e successivamente allo sviluppo della
bomba atomica. Nel dopoguerra
si dedica alla ricerca teorica e
sperimentale sulla struttura subatomica.
Enrico Fermi è stato un grande fsico
sia teorico sia sperimentale, dotato di
senso pratico e di una cultura profonda
accompagnata da un rigoroso spirito
critico.
è stato anche un eccezionale maestro:
in Italia ha fondato la scuola che
ha tracciato lo sviluppo della fsica
del secondo Novecento.
capitolo
19
Induzione
elettromagnetica
© Amy Johansson / Shutterstock
Forza elettromagnetica indotta
e correnti indotte
1
La corrente elettrica genera un campo magnetico. Un semplice esperimento mostra
che un campo magnetico può generare una corrente. La fgura 1 raffgura un magnete e un circuito formato da una bobina di flo connessa a un amperometro. Quando
non c’è alcun moto relativo tra il magnete e la bobina, come nella parte A della fgura, l’amperometro indica che non passa corrente. Quando invece il magnete si muove verso la bobina, come nella parte B, si origina una corrente. Mentre il magnete si
avvicina, il campo magnetico che esso crea nella posizione della bobina diventa sempre più intenso: è proprio questo campo variabile a generare la corrente.
Anche quando il magnete si allontana dalla bobina, come nella parte C, si genera
una corrente, ma in verso opposto. Ora il campo magnetico nella posizione della
bobina diventa più debole man mano che il magnete si allontana: ancora una volta è
Figura 1
A Quando non c’è alcun moto relativo
fra la bobina e la calamita,
nella bobina non c’è corrente.
B Si genera una corrente nella bobina
quando la calamita si muove verso
di essa.
C Si genera una corrente anche
quando la calamita si allontana
dalla bobina, ma il verso della corrente
è opposto a quello del caso B .
0
Amperometro
Corrente diretta
verso l'alto
Corrente diretta
verso il basso
I
I
I
B
S
N
S
Calamita
N
I
B
S
N
Bobina
A
B
C
805
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
I
I
Figura 2
Mentre cambia l’area della spira
si generano una f.e.m. indotta
e una corrente.
proprio il campo variabile che genera la corrente.
Nella situazione rappresentata in fgura 1 la corrente si origina anche se il magnete è fermo ed è la bobina a muoversi, perché il campo magnetico nella posizione
della bobina cambia mentre questa si avvicina o si allontana dal magnete. In una
bobina si origina una corrente quando c’è un moto relativo fra la bobina e un magnete.
La corrente nella bobina è detta corrente indotta perché è creata dal campo magnetico variabile. Poiché per produrre una corrente è necessaria una sorgente di
forza elettromotrice (f.e.m.), la bobina stessa si comporta come se fosse una sorgente di f.e.m. Questa forza elettromotrice è detta f.e.m. indotta. Quindi un campo magnetico che cambia nel tempo induce una f.e.m. nella bobina, e la f.e.m. genera una
corrente indotta.
Il fenomeno per cui si genera una f.e.m. indotta mediante un campo magnetico è
detto induzione elettromagnetica.
La fgura 2 mostra un altro modo di indurre una f.e.m. e una corrente in un circuito. Una f.e.m. può essere indotta cambiando l’ area del circuito in un campo magnetico costante. Nella fgura la forma del circuito viene distorta in modo da ridurne
l’area. Mentre l’ area sta cambiando, esistono una f.e.m. e una corrente indotta. Esse
si annullano quando l’ area rimane costante. Se si aumenta l’area del circuito si genera una corrente di verso opposto.
In ciascuno degli esempi precedenti, la f.e.m. indotta origina una corrente indotta
nel circuito. Se il circuito è aperto, per esempio a causa di un interruttore aperto, non
scorre alcuna corrente indotta ma è presente comunque una f.e.m. indotta.
2
→
B
++
+
→
v
L
–––
Sbarretta conduttrice
A
Guida conduttrice
I
+
L
I
I
→
v
–
B
Figura 3
A Quando una sbarretta conduttrice
si muove perpendicolarmente
a un campo magnetico costante, a
causa della forza magnetica appaiono
cariche di segno opposto alle estremità
della sbarretta che danno luogo
a una f.e.m. indotta.
B La f.e.m. indotta genera una
corrente indotta I nel circuito.
806
la f.e.m. indotta in un conduttore
in moto
Quando una sbarretta conduttrice si muove in un campo magnetico in essa si origina
una f.e.m. indotta a causa della forza di Lorentz. Consideriamo la sbarretta metallica
→
di lunghezza L che si muove verso destra, come in fgura 3A, con velocità v costante
→
e perpendicolare al campo magnetico uniforme B . Ogni carica q dentro la sbarretta
→
si muove con la stessa velocità v e risente di una forza di Lorentz di intensità F = qvB.
Mediante la prima regola della mano destra, si vede che gli elettroni liberi in movimento sono spinti verso il fondo della sbarretta e lasciano in alto la stessa quantità
di carica positiva. (Ricordiamo che bisogna invertire il verso stabilito dalla prima
regola della mano destra perché gli elettroni hanno carica negativa.) Le cariche positive e negative si accumulano fno a quando l’attrazione elettrostatica fra esse diventa uguale alla forza magnetica. Quando le due forze si bilanciano si raggiunge
l’equilibrio e non avviene più alcuna separazione di carica.
■
F.e.m. cinetica
Le cariche separate alle estremità del conduttore in moto danno luogo a una f.e.m.
indotta detta f.e.m. cinetica. La f.e.m. esiste fnché la sbarretta si muove. Se la sbarretta si ferma la forza di Lorentz si annulla, con il risultato che l’attrazione elettrostatica riunisce le cariche positive e negative e la f.e.m. sparisce.
La f.e.m. nella sbarretta è analoga a quella fra i terminali di una batteria. Però la
f.e.m. della batteria è prodotta da reazioni chimiche, mentre la f.e.m. cinetica è creata
dall’agente esterno che sposta la sbarretta nel campo magnetico (come la mano
nella fgura 3B).
Si può utilizzare il fatto che le forze elettrica e magnetica si bilanciano all’equilibrio, come in fgura 3, per determinare l’ intensità della f.e.m. cinetica. L’intensità
della forza elettrica che agisce su una carica positiva q nell’estremità superiore della
sbarretta è qE, dove E è l’ intensità del campo elettrico dovuto alle cariche separate.
L’intensità del campo elettrico è uguale al rapporto fra la differenza di potenziale (la
f.e.m. ℰ) alle estremità della sbarretta e la lunghezza L della sbarretta stessa. Quindi
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
la forza elettrica sulla carica q è Eq = (ℰ/L)q. La forza di Lorentz sulla carica è
F = qvB, poiché la carica q si muove perpendicolarmente al campo magnetico. Queste due forze si equilibrano, quindi (ℰ/L)q = qvB, da cui:
→ →
F.e.m. di movimento quando v , B e L sono perpendicolari
ℰ = vBL
(1)
Come ci aspettavamo, ℰ = 0 V quando v = 0 m/s, perché nella sbarretta in quiete non
esiste alcuna f.e.m.
A parità di lunghezza L, velocità maggiori e campi più intensi creano f.e.m. maggiori. Come nelle batterie, ℰ è espressa in volt. Nella fgura 3B la sbarretta striscia su
guide conduttrici che sono parte di un circuito chiuso, in cui L è la distanza fra le
guide. Per effetto della f.e.m., gli elettroni scorrono lungo questo circuito in senso
orario. Cariche positive scorrerebbero in verso opposto, per cui nella fgura la corrente convenzionale I è disegnata con verso antiorario.
■
F.e.m. cinetica ed energia
La f.e.m. di movimento nasce perché una forza magnetica agisce sulle cariche di un
conduttore che si muove in un campo magnetico. Ogni volta che questa f.e.m. genera
una corrente, entra in gioco una seconda forza magnetica.
Nella fgura 3B, per esempio, questa seconda forza nasce perché la corrente I
nella sbarretta è perpendicolare al campo magnetico. La sbarretta risente di una
→
→
forza magnetica F di intensità F = ILB sen 90°. Il verso di F è quello stabilito dalla
→
prima regola della mano destra, è opposto alla velocità v della sbarretta e punta
→
verso sinistra (fgura 4). L’effetto della forza F è quello di rallentare la sbarretta. Per
mantenerla in moto a velocità costante deve agire una forza uguale e contraria,
→
come la forza F mano applicata dalla mano in fgura. Questa forza compie lavoro e
fornisce l’energia dissipata dalla lampadina.
Figura 4
I
+
F
I
F
→
v
I
→
v
→
Fmano
3
B
→
→
I
→
+
→
Fmano
–
Sulla corrente I nella sbarretta
in moto
→
agisce una forza magnetica F
→
con verso opposto alla velocità v
della sbarretta. La sbarretta si muove
a velocità→ costante perché
la forza F mano
bilancia la forza
→
magnetica F .
–
→
x
la legge dell’ induzione
elettromagnetica di Faraday-neumann
SImulAzIone
Induzione elettromagnetica
(PhET, University of Colorado)
Con una serie di brillanti esperimenti, il fsico inglese Michael Faraday (1791-1867)
scoprì attorno al 1830 il fenomeno dell’induzione elettromagnetica e intuì che la
f.e.m. indotta nasce da una variazione del fusso magnetico.
■
F.e.m. cinetica e flusso magnetico
Per comprendere la scoperta di Faraday, analizziamo il caso particolare della f.e.m.
cinetica. La fgura 5A alla pagina seguente mostra una sbarretta di lunghezza L che
si muove di un tratto x 0 attraverso un campo magnetico fra gli istanti t = 0 s e t 0 . In
un istante di tempo successivo t, la sbarretta si trova a una distanza x maggiore, come
mostra parte B della fgura. La velocità della sbarretta ha modulo
x − x0
v = _____
t − t0
807
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
t=0s
t=0s
t0
t
Area = A0
Area = A
L
→
v
→
v
→
B
x0
x
A
Figura 5
A In un tempo t 0 la sbarretta in moto
spazza un’area A 0 = x 0L.
B L’area spazzata in un tempo t
è A = xL.
In entrambe le parti della fgura
le aree sono colorate.
B
Sostituendo questa espressione nell’ equazione ℰ = vBL si ottiene
x − x0
xL − x 0L
ℰ = _____ BL = _____ B
t − t0
t − t0
Come indica la fgura, il termine x 0 L è l’ area A 0 spazzata dalla sbarretta che si muove di un tratto x 0 , mentre xL è l’ area A spazzata nel tratto x. In termini di area, la
f.e.m. diviene:
A − A0
BA − B A 0
ℰ = _____ B = _____
t − t0
t − t0
Il termine BA al numeratore è proprio il fusso del campo magnetico uniforme B
→
attraverso la superfcie piana di area A: Φ(B ) = BA. L’intensità della f.e.m. indotta è
il rapporto fra la variazione del fusso ∆Φ = Φ − Φ 0 e l’ intervallo di tempo ∆t = t − t 0
in cui ha luogo:
Φ − Φ 0 ∆Φ
ℰ = ______ = _
t − t0
∆t
In altri termini: il valore della f.e.m. cinetica è uguale alla velocità di cambiamento
del fusso magnetico. Come vedremo nel il paragrafo 4, per tener conto del verso
della f.e.m. indotta è necessario scrivere la relazione precedente nella forma
ℰ = −∆Φ/∆t.
■
legge dell’induzione elettromagnetica
di Faraday-neumann
Il risultato ottenuto nel caso della f.e.m. cinetica ha validità generale. Attorno al 1840
il tedesco Ernst Neumann (1798-1895) dimostrò infatti la seguente legge:
SImulAzIone
Faraday’s law of induction
Electromagnetic induction
legge dI FArAdAY-neumAnn
La f.e.m. media indotta in un circuito è
→
∆Φ(B )
ℰ=−_
∆t
→
→
(2)
→
dove ∆Φ(B ) = Φ[B (t)] − Φ 0[B (t 0)] è la variazione di fusso magnetico attraverso
una qualsiasi superfcie delimitata dal circuito, e ∆t = t − t 0 è l’ intervallo di tempo in cui avviene questa variazione.
unità di misura: volt (V).
Il valore istantaneo della f.e.m. indotta può essere calcolato valutando il rapporto
∆Φ/∆t quando ∆t tende a zero:
∆Φ(B )
dΦ(B )
ℰ = lim (− _ ) = − _
∆t
dt
∆t→0
Quindi la f.e.m. indotta in un circuito è uguale all’opposto della derivata rispetto al
tempo del fusso magnetico attraverso una superfcie che abbia come bordo il circuito.
808
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
eSemPIo 1 F.e.m. indotta in una bobina
Una bobina piatta ha area 0,020 m2 ed è formata da N = 50 avvolgimenti. All’istante t 0 = 0 s la normale della bobina è parallela (ϕ 0 = 0°) a un campo magnetico costante di intensità 0,18 T. La bobina viene poi ruotata di un angolo ϕ = 60°
in 0,10 s (fgura 6).
Linee di forza
del campo magnetico
Bobina
Figura 6
60˚
Normale
ϕ = 0˚
ϕ = 60˚
Due orientazioni di una bobina
rettangolare (viste in sezione) relative
alle linee del campo magnetico.
Le linee del campo magnetico
che attraversano la bobina sono quelle
corrispondenti all’area azzurra.
▸ Determina la f.e.m. media indotta.
▸ Quale sarebbe la f.e.m. indotta se la bobina fosse riportata alla sua orientazio-
ne iniziale in 0,10 s?
Il ragionamento e la soluzione
▸ Secondo la legge di Faraday-Neumann:
→
→
N [Φ(B ) − Φ 0(B )]
N (BA cos ϕ − BA cos ϕ 0)
ℰ = – ________________ = − ______________________ =
t − t0
t − t0
NBA (cos ϕ − cos ϕ 0)
= − ______________________
t − t0
(50)(0,18 T)(0,020 m2)(cos 60° − cos 0°)
ℰ = − ____________________ = +0,9 V
0,10 s − 0 s
▸ Quando la bobina è riportata nella sua posizione iniziale in 0,10 s, si scambia-
no fra loro i valori di ϕ. Come risultato, la f.e.m. indotta ha la stessa intensità
ma verso opposto: ℰ = −0,9 V .
Un’applicazione della legge di Faraday-Neumann che troviamo nelle nostre abitazioni è un dispositivo di sicurezza noto come interruttore automatico differenziale o
semplicemente salvavita, che protegge dai pericoli delle scosse elettriche.
Il salvavita consiste di un interruttore che blocca il passaggio di corrente nel caso
in cui si crei una f.e.m. indotta in una bobina di controllo (fgura 7 alla pagina seguente). La bobina è avvolta attorno a un anello di ferro attraverso il quale la corrente giunge a un dispositivo, come per esempio l’asciugabiancheria in fgura. Nella
fgura la corrente in ingresso nell’asciugabiancheria è indicata dalle frecce rosse,
quella in uscita dalle frecce verdi. Ciascuna delle correnti genera un campo magnetico che circonda il flo corrispondente. Tuttavia le linee di forza hanno verso opposto perché le due correnti scorrono in verso opposto.
Come mostra la fgura, l’anello di ferro incanala le linee di forza attraverso la
bobina di controllo. Poiché la corrente è alternata, i campi delle correnti rossa e verde cambiano nel tempo ma le linee di forza rosse e verdi hanno sempre verso opposto e quindi i campi si annullano sempre. In conseguenza di ciò il fusso totale attraverso la bobina è sempre nullo, per cui non vi è alcuna f.e.m. indotta. In tal modo,
quando l’ asciugabiancheria funziona correttamente l’interruttore differenziale non
è attivato e quindi non interrompe il passaggio di corrente.
Fisica quotidiana
L’interruttore automatico
differenziale o salvavita
809
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
Figura 7
Interruttore
del circuito
L’asciugabiancheria è connesso
alla presa a muro attraverso
un interruttore differenziale e sta
funzionando normalmente.
Bobina
di controllo
Linee del campo
magnetico
Generatore
di corrente
alternata
Anello di ferro
Interruttore
differenziale
Elemento
sensibile
La situazione cambia in caso di un guasto elettrico, per esempio quando un flo interno entra in contatto con l’involucro metallico dell’ elettrodomestico. Se una persona tocca l’involucro, parte della corrente ne attraversa il corpo e si scarica a terra,
ritornando al generatore di tensione senza passare nel flo di ritorno che attraversa
l’interruttore differenziale. In queste condizioni il fusso totale attraverso la bobina
di controllo non è più nullo e cambia nel tempo perché la corrente è alternata. La
variazione del fusso genera una f.e.m. indotta nella bobina di controllo, che aziona
l’interruttore. L’interruttore differenziale agisce in tempi molto rapidi (meno di un
millisecondo) e interrompe il passaggio di corrente prima che l’intensità raggiunga
un livello pericoloso.
4
la legge di lenz
Il fusso magnetico totale attraverso un circuito è la somma di due contributi: uno è
il fusso del campo magnetico esterno e l’altro è il fusso del campo magnetico indotto, cioè del campo magnetico generato dalla corrente indotta nel circuito.
In generale esistono due versi in cui la corrente indotta può scorrere nel circuito:
per stabilire il verso corretto si usa una regola nota come legge di Lenz, dal nome del
fsico russo Heinrich Lenz (1804-1865).
legge dI lenz
La corrente indotta ha un verso tale da generare un campo magnetico indotto
che si oppone alla variazione del fusso magnetico che l’ha provocata.
Il segno meno della legge di Faraday-Neumann è dovuto proprio alla legge di Lenz,
per questo motivo l’ equazione (2) è detta legge di Faraday-Neumann-Lenz.
La fgura 8A mostra un magnete permanente che si avvicina a una spira. Il fusso
magnetico attraverso la spira è crescente, poiché l’intensità del campo magnetico
nella spira aumenta all’avvicinarsi del magnete. Per opporsi all’aumento del fusso,
il verso del campo magnetico indotto deve essere opposto a quello del campo del
magnete, cioè dev’ essere diretto verso sinistra (fgura 8B). Per generare questo camLinee di forza
del campo magnetico
Figura 8
A Mentre la calamita si muove verso
destra, il fusso magnetico attraverso
la spira cresce.
B La corrente indotta ha il verso del
pollice della mano destra.
810
S
Linee
di forza
indotte
Corrente
indotta
N
A
B
Mano
destra
capitolo
Linee di forza
del campo magnetico
S
Linee
di forza
indotte
Corrente
indotta
19
InduzIone elettromAgnetICA
Figura 9
Mano
destra
N
A Mentre la calamita si muove verso
sinistra, il fusso magnetico attraverso
la spira decresce.
B La corrente indotta ha il verso
del pollice della mano destra.
B
A
po indotto, la corrente indotta deve scorrere nella spira in senso antiorario se vista
dalla parte del magnete.
Consideriamo ora la fgura 9A in cui un magnete si allontana da una spira. Il fusso magnetico attraverso la spira è decrescente, poiché l’ intensità del campo magnetico nella spira diminuisce all’allontanarsi del magnete. In questo caso il campo magnetico indotto si oppone alla diminuzione del fusso se ha lo stesso verso del campo
del magnete, cioè se è diretto verso destra (fgura 9B). Per generare questo campo
indotto, la corrente indotta deve scorrere nella spira in senso orario se vista dalla
parte del magnete.
In generale, la corrente indotta in un circuito in cui c’è una variazione del fusso
→
magnetico ∆Φ(B ) crea:
•
•
un campo magnetico indotto che è opposto al campo magnetico esterno se
→
∆Φ(B ) > 0;
un campo magnetico indotto che ha lo stesso verso del campo magnetico esterno
→
se ∆Φ(B ) < 0.
eSemPIo 2 Cinque posizioni
Problem solving
Campo indotto e campo esterno
La fgura 10 mostra un anello di rame che
attraversa una regione in cui è presente un
campo magnetico uniforme entrante nella
pagina.
Il campo indotto non è sempre
opposto al campo esterno: la legge
di Lenz richiede solo che esso
sia opposto alla variazione
del fusso che genera la f.e.m.
1. Nessuna
corrente
▸ Per ciascuna delle cinque posizioni indica-
2. Corrente
indotta
te stabilisci se esiste una corrente indotta
nell’anello e, in caso affermativo, il suo verso.
Il ragionamento e la soluzione
Posizione 1. Il campo magnetico e il suo
fusso sono nulli. Quindi non c’ è variazione
di fusso e non esistono f.e.m. e corrente indotta.
Posizione 2. Mentre l’anello entra nella regione in cui c’è il campo, il fusso aumenta
e quindi la corrente indotta circola in verso
antiorario, in modo da creare un campo magnetico opposto a quello esterno.
Posizione 3. Nella regione il campo magnetico è costante e la variazione di fusso è nulla. Quindi non si originano né f.e.m. indotta
né corrente indotta.
Posizione 4. Mentre l’anello esce dalla regione in cui c’è il campo, il fusso diminuisce
e quindi la corrente indotta circola in verso
orario, in modo da creare un campo magnetico con lo stesso verso di quello esterno.
Posizione 5. Come nella posizione 1, non c’ è
alcuna corrente indotta perché il campo magnetico e il suo fusso sono nulli.
3. Nessuna
corrente
4. Corrente
indotta
5. Nessuna
corrente
Figura 10
Un anello di rame attraversa una
regione rettangolare in cui c’è un
campo magnetico uniforme diretto
nel verso entrante nella pagina.
La fgura mostra che si origina
una corrente indotta nelle posizioni
2 e 4.
811
19
capitolo
InduzIone elettromAgnetICA
Figura 11
Un microfono a bobina mobile.
La bobina si muove
con la membrana
Suono
N
Membrana
All’amplifcatore
Fisica quotidiana
Il microfono a bobina mobile
e a magnete mobile
Magnete a
barra fsso
All’amplifcatore
La fgura 11 mostra un tipo di microfono detto «a bobina mobile». Quando il suono
raggiunge il microfono, la membrana oscilla in avanti e indietro e la bobina attaccata
si muove con essa. Vicino alla bobina c’è un magnete fsso. Quando la bobina si allontana e si avvicina al magnete, cambia il fusso magnetico che la attraversa. Di
conseguenza nella bobina si genera una f.e.m. indotta. Questo segnale elettrico è
inviato a un amplifcatore e poi ai diffusori acustici.
Nel tipo di microfono detto «a magnete mobile» il magnete è solidale con la
membrana e si muove rispetto a una bobina fssa.
■
legge di lenz e conservazione dell’energia
La legge di Lenz consegue al principio di conservazione dell’energia.
Supponiamo che la corrente indotta scorra in senso opposto a quanto previsto
dalla legge di Lenz, per esempio ipotizziamo che nella situazione della fgura 8 la
corrente indotta generi un campo magnetico diretto verso destra. Questo campo
aumenterebbe la variazione di fusso totale e quindi l’ intensità della corrente indotta. A sua volta, questa creerebbe un campo indotto più grande, che darebbe luogo a
una variazione di fusso più grande: è facile comprendere che tale processo non
avrebbe termine e genererebbe una quantità infnita di energia.
Quindi il principio di conservazione dell’energia determina il verso della corrente indotta.
■
Fisica quotidiana
I freni elettromagnetici
Correnti di Foucault
In un pezzo di materiale conduttore in cui il fusso magnetico cambia nel tempo si originano correnti indotte. Per comprendere tale fenomeno, consideriamo la situazione
dell’esempio 2 ma sostituiamo l’anello con un disco di rame. A causa dell’induzione
elettromagnetica, come nel caso dell’anello anche nel disco scorrono correnti indotte,
chiamate correnti di Foucault, da nome del fsico francese Jean-Bernard-Léon Foucault (1819-1868). Esse circolano in percorsi chiusi. Poiché la resistenza elettrica di un blocco di materiale conduttore è molto piccola, le correnti di Foucault dissipano molta energia per effetto Joule: per questa ragione sono dette correnti parassite.
Nei dispositivi sottoposti a grandi variazioni di fusso magnetico, come nei nuclei
dei motori elettrici, si utilizzano blocchi formati da tante «fettine» di materiale separate da superfci isolanti. In questo modo aumenta la resistenza elettrica totale e diminuisce l’intensità delle correnti parassite. Così facendo si limitano le perdite e si
riduce il riscaldamento dei materiali.
La dissipazione di energia provocata dalle correnti di Foucault è utilizzata per diminuire l’energia cinetica, e quindi la velocità, di mezzi pesanti come camion e pullman.
5
■
mutua induzione e autoinduzione
mutua induzione
Consideriamo le due bobine di fgura 12 alla pagina seguente: la bobina primaria è
connessa a un generatore di tensione alternata, mentre la bobina secondaria è con812
capitolo
19
nessa solo a un voltmetro che misura la f.e.m. indotta. La corrente I p della bobina
primaria crea un campo magnetico che genera un fusso magnetico nella bobina secondaria. Il fusso varia nel tempo perché la corrente I p e il campo che essa genera
cambiano nel tempo. A causa della variazione del fusso si origina una f.e.m. indotta
nella bobina secondaria.
L’effetto per cui una corrente variabile in un circuito induce una f.e.m. in un altro
circuito è detto mutua induzione. Per la legge di Faraday-Neumann, la f.e.m. media
→
ℰ s indotta nella bobina secondaria è proporzionale alla variazione di fusso ∆Φ s(B )
→
attraverso essa. Ma ∆Φ s(B ) è prodotto dalla variazione ∆I p della corrente nella bobina primaria. Quindi è conveniente riscrivere la legge di Faraday-Neumann in una
forma che metta in relazione ℰ s e ∆I p . A questo proposito, notiamo che il fusso
→
magnetico totale attraverso la bobina secondaria è N sΦ s(B ), dove N s è il numero di
→
spire della bobina secondaria e Φ s(B ) è il fusso attraverso una spira. Il fusso totale
è proporzionale al campo magnetico che, a sua volta, è proporzionale alla corrente
→
I p nella bobina primaria. Quindi N sΦ s(B ) ∝ I p. Introducendo la costante di proporzionalità M, detta mutua induttanza, la relazione precedente diviene
InduzIone elettromAgnetICA
Voltmetro
Linee di forza
variabili
prodotte
dalla bobina
primaria
Generatore
di corrente
alternata
– +
Ip
Bobina
primaria
Bobina
secondaria
Figura 12
Una corrente alternata I p che scorre
nella bobina primaria crea un campo
magnetico alternato. Questo campo
variabile induce una f.e.m.
nella bobina secondaria.
→
N sΦ s(B ) = MI p
da cui segue
→
Φ s(B )
M = N s ______
Ip
(3)
Sostituendo questa relazione nella legge di Faraday-Neumann otteniamo:
→
→
∆Φ s(B )
∆[N sΦ s(B )]
∆(M I p)
∆I p
ℰ s = − N s ___ = − ______ = − ______ = − M ___
∆t
∆t
∆t
∆t
F.e.m. media dovuta
alla mutua induzione
∆I p
ℰ s = − M ___
∆t
(4)
La f.e.m. indotta nella bobina secondaria è quindi dovuta alla variazione della corrente nella bobina primaria.
Il valore istantaneo della f.e.m. indotta può essere calcolato valutando il rapporto
∆I p /∆t quando ∆t tende a zero, cioè calcolando la derivata rispetto al tempo della
corrente I p della bobina primaria:
∆I p
dI p
ℰ = lim −M ___ = −M ___
∆t )
dt
∆t→0 (
L’unità di misura della mutua induttanza M è detta henry (H) in onore del fsico
americano Joseph Henry (1797-1878): 1 H = 1 V ∙ s /A. La mutua induttanza è una
misura del grado di accoppiamento magnetico fra le due bobine e dipende dalla geometria delle bobine e dai loro eventuali nuclei ferromagnetici. In genere M ha valori minori di 1 H e spesso ha valori compresi fra il millihenry (1 mH = 1 · 10−3 H) e
il microhenry (1 μH = 1 · 10−6 H).
■
Autoinduzione
Una f.e.m. può essere indotta in una bobina percorsa da corrente a seguito di una
variazione del campo magnetico generato dalla corrente stessa. Per esempio, la fgura 13 mostra una bobina connessa a un generatore di corrente alternata. La corrente alternata crea un campo magnetico variabile che, a sua volta, crea un fusso variabile attraverso la bobina. La variazione di fusso induce una f.e.m. nella bobina
secondo la legge di Faraday-Neumann. Il fenomeno per cui una corrente variabile in
un circuito induce una f.e.m. nello stesso circuito è detto autoinduzione.
Trasformiamo la legge di Faraday-Neumann in modo che la f.e.m. indotta sia
proporzionale alla variazione di corrente nella bobina piuttosto che alla variazione
→
di fusso magnetico. Il fusso magnetico totale Φ(B ) attraverso la bobina è proporzionale al campo magnetico e il campo magnetico è proporzionale alla corrente I,
→
per cui Φ(B ) ∝ I. Inserendo la costante di proporzionalità L, detta autoinduttanza o
→
induttanza della bobina, si ha Φ(B ) = LI, da cui segue
Generatore di
corrente alternata
+
–
I
Linee di
campo magnetico
I prodotte da I
Figura 13
La corrente alternata nella bobina
genera un campo magnetico alternato
che induce una f.e.m. nella bobina.
813
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
→
Φ(B )
L=_
I
(5)
La legge di Faraday-Neumann dà la f.e.m. indotta media:
→
∆Φ(B )
∆(LI)
∆I
ℰ = − _ = − _ = −L _
∆t
∆t
∆t
F.e.m. media dovuta
all’autoinduzione
∆I
ℰ = −L _
∆t
(6)
Il valore istantaneo della f.e.m. indotta può essere calcolato valutando il rapporto
∆I/∆t quando ∆t tende a zero, cioè calcolando la derivata rispetto al tempo della
corrente I nella bobina:
∆I
dI
ℰ = lim −L ___ = −L ___
(
)
∆t
dt
∆t→0
Come la mutua induttanza, L si misura in henry. Il valore di L dipende dalla geometria della bobina e dal materiale al suo interno. Avvolgendo il flo attorno a un nucleo di materiale ferromagnetico, il fusso magnetico e quindi l’induttanza possono
essere aumentati in modo signifcativo.
■
l’ induttanza di un solenoide
L’induttanza di un solenoide con una lunghezza l molto maggiore del diametro può
essere calcolata a partire dall’equazione (5). Il campo magnetico all’interno del solenoide è perpendicolare al piano degli avvolgimenti e ha modulo costante
N
B = μ0 _ I
l
dove N è il numero di avvolgimenti. Quindi il fusso totale è
N
N2
Φ(B ) = NAB = NA μ 0 _ I = A μ 0 __ I
l
l
dove A è l’area della sezione del solenoide. Inserendo questa espressione nella
equazione (5) si ha l’ induttanza del solenoide:
N2
L = μ 0 __ A
l
(7)
eSemPIo 3 Quando cambia la corrente...
Un solenoide lungo 8,0 · 10−2 m e con sezione di area 5,0 · 10−5 m2 contiene 6500
avvolgimenti per metro di lunghezza.
▸ Determina la f.e.m. indotta nel solenoide quando la corrente in esso cambia
da 0 A a 1,5 A nell’intervallo di tempo da 0 s a 0,20 s.
Il ragionamento e la soluzione
Per calcolare la f.e.m. indotta mediante la (6), determiniamo l’induttanza del
solenoide. Il numero N di avvolgimenti è
N = (6500 avv/m)(8,0 · 10−2 m) = 520 avv
L’induttanza del solenoide è
N2
(4π ∙ 10−7 T ∙ m /A)(520)2(5,0 ∙ 10−5 m2)
L = μ 0 __ A = _________________________________
= 2,1 ∙ 10−4 H
l
8,0 ∙ 10−2 m
La f.e.m. indotta nel solenoide è quindi
∆I
(2,1 ∙ 10−4 H)(1,5 A)
ℰ = −L _ = − ________ = − 1,6 ∙ 10−3 V
∆t
0,2 s
814
capitolo
■
19
InduzIone elettromAgnetICA
l’ energia immagazzinata in un solenoide
Un solenoide può immagazzinare energia, come un condensatore. Questa energia
deriva dal lavoro compiuto dal generatore per mantenere una corrente I nel solenoide. Si dimostra che il lavoro totale è W = LI 2/2. Quindi l’ energia immagazzinata da
un solenoide percorso da una corrente I è
1
energia = _ L I 2
2
(8)
L’energia di un solenoide è immagazzinata nel suo campo magnetico fno a quando
scorre la corrente I.
l’Angolo mAtemAtICo
dimostrazione della formula per l’energia immagazzinata in un solenoide
Per la legge di Faraday-Neumann, in un solenoide percorso da una corrente i si origina una f.e.m. indotta ℰ = −L(di/dt). Secondo la legge di Lenz, la f.e.m. indotta è
opposta a quella del generatore in modo da opporsi alla variazione di corrente. Il
generatore deve quindi compiere un lavoro per spingere le cariche attraverso il solenoide contro questa f.e.m. indotta. Indichiamo con dW il lavoro fatto dal generatore
per spingere una carica dQ nel solenoide:
di
dQ di
dW = − dQ ℰ = − dQ −L _ = L _
(
)
dt
dt
Poiché i = dQ/dt, poniamo la formula precedente nella forma:
dW = Li ∙ di
Per calcolare il lavoro totale fatto mentre la corrente cambia da zero fno al suo valore fnale I basta calcolare l’integrale defnito:
I
W=
∫0
I
Li ∙ di = L
1 I 1
i ∙ di = L _ i 2 = _ L I 2
[ 2 ]0 2
∫0
L’induttanza di un solenoide molto lungo è L = μ 0 N 2A/l, dove N è il numero di avvolgimenti, A è l’area della sezione del solenoide e l la sua lunghezza. Quindi l’energia immagazzinata è
1
1 N2
energia = _ L I 2 = _ μ 0 __ A I 2
2
2
l
All’interno del solenoide
N
B = μ0 _ I
l
per cui I = Bl/(μ 0 N). Sostituendo risulta:
1 N2
Bl 2
1
energia = _ μ 0 __ A ___ = __ B 2Al
2
l ( μ 0 N ) 2μ 0
Il termine Al è il volume dell’interno del solenoide, in cui esiste il campo magnetico,
quindi l’energia per unità di volume, o densità di energia, è
energia
1
densità di energia = _ = __ B 2
volume 2μ 0
(9)
Questo risultato è stato ottenuto nel caso particolare di un solenoide, ma vale in
generale in ogni punto in cui esiste un campo magnetico nell’aria, nel vuoto o in un
materiale non magnetico. Possiamo dunque concludere che l’energia può essere immagazzinata in un campo magnetico, proprio come in un campo elettrico.
815
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
l’ alternatore e la corrente alternata
© M. Melford/The Image Bank/Getty Images
6
Figura 14
Alternatori come questi forniscono
energia elettrica producendo
una f.e.m. indotta in accordo
con la legge di Faraday-Neumann
dell’induzione elettromagnetica.
Gli alternatori, come quelli di fgura 14, producono praticamente tutta l’ energia
elettrica mondiale. Un alternatore produce energia elettrica a partire da energia
meccanica, proprio l’opposto di ciò che fa un motore elettrico. In un motore una
corrente elettrica provoca la rotazione di una bobina, compiendo un lavoro meccanico su ogni oggetto attaccato all’ asse della bobina. In un alternatore l’asse è posto
in rotazione da un qualsiasi mezzo meccanico, come un motore o una turbina, e
nella bobina si genera una f.e.m. indotta. Se l’ alternatore è connesso a un circuito
esterno, l’uscita dell’alternatore è una corrente elettrica.
Nella sua forma più semplice, un alternatore consiste di una spira che ruota in un
campo magnetico uniforme, come mostra la fgura 15A. Ciascun estremo della spira
termina con un anello metallico che striscia contro una spazzola di carbone ferma, a
cui è connesso il circuito esterno.
I
I
Spazzola
di carbone
Anelli metallici
(collettori)
Spazzola
di carbone
I
I
→
Figura 15
B
A Questo alternatore consiste di una
bobina (di cui è mostrato solo un
avvolgimento) che viene →
fatta ruotare
in un campo magnetico B
da un agente meccanico esterno.
B La corrente I nasce a causa
della forza magnetica che agisce
sulle cariche in moto.
I
N
A
S
I
La bobina
• posta in rotazione
da un agente meccanico
→
B
θ
→
v
B
Supponiamo che all’istante t = 0 s sia θ = 0° l’ angolo formato dalla normale alla
→
spira e dal campo magnetico costante B (parte B della fgura). Se la spira è mantenuta in rotazione con velocità angolare ω costante attorno al suo asse, l’angolo θ
varia secondo la legge
θ = ωt
In ogni istante, il fusso magnetico attraverso la spira è
→
Φ(B ) = AB cos θ = AB cos (ωt)
dove A è l’area della spira.
Per la legge di Faraday-Neumann la f.e.m. indotta nella spira è
%
+%0
0
–%0
Figura 16
Un generatore di corrente alternata
produce una f.e.m. indotta alternata
in accordo con l’equazione:
ℰ(t) = ℰ 0 sen ωt.
816
→
t
dΦ(B )
d(AB cos ωt)
(10a)
ℰ(t) = − _ = − ____________ = ωAB sen ωt
dt
dt
dove si è usata la regola
d(cos
ωt)
_
= − ω sen ωt
dt
Indicato con ℰ 0 = ωAB il valore massimo della f.e.m. indotta, la relazione precedente diviene
ℰ(t) = ℰ 0 sen ωt
(10b)
La fgura 16 è il grafco dell’equazione (10b) e mostra che la f.e.m. cambia polarità
mentre la bobina ruota.
capitolo
19
Quando un alternatore è connesso a un circuito, genera in esso una corrente che inverte il verso con la stessa frequenza f con cui la f.e.m. cambia polarità. Perciò questo
alternatore è detto generatore di corrente alternata.
■
InduzIone elettromAgnetICA
I
+I0
0
la corrente alternata
Se il circuito esterno connesso all’alternatore ha resistenza totale R, in esso scorre
una corrente alternata
I(t) = I 0 sen ωt
–I0
Figura 17
Andamento della corrente che percorre
un circuito collegato a un alternatore.
2π
T=_
ω
–
+
Dalla prima delle relazione precedenti deriva che la (11a) può essere scritta nella
forma:
I(t) = I 0 sen( 2πft)
T = 2π
ω
(11a)
dove I 0 = ℰ 0 /R è il valore massimo dell’intensità di corrente. La fgura 17 visualizza
l’andamento dell’intensità di corrente [equazione (11a)] in funzione del tempo, che
oscilla fra i valori +I 0 e −I 0 .
La frequenza f e il periodo T dell’oscillazione sono legati alla velocità angolare
ω dell’alternatore dalle relazioni
ω
f=_
2π
t
+
–
+V0
t
0
(11b)
In Italia la frequenza è f = 50 Hz. Il periodo di ogni ciclo è quindi 1/50 s e la polarità
della tensione si inverte due volte ogni ciclo, come indica la fgura 18.
–V0
■
Figura 18
Potenza e valori efficaci in corrente alternata
La potenza rilasciata da un generatore in un circuito in corrente alternata è data da
P = Iℰ, proprio come nel caso di un circuito in corrente continua. Tuttavia, poiché I
ed ℰ dipendono dal tempo, la potenza varia al variare del tempo:
P = (I 0 sen ωt)(ℰ 0 sen ωt) = I 0ℰ 0 sen2 ωt
(12)
– 1
P = _ I 0ℰ 0
2
(13)
–
La fgura 19 mostra il grafco di questa funzione. Si dimostra che il valore medio P
della potenza è la metà del valore massimo, come mostra la fgura:
A partire da questa espressione, si possono introdurre i valori medi della corrente e
della f.e.m., che risultano molto utili quando si ha a che fare con i circuiti in corrente
alternata. L’equazione (13) può essere posta nella forma
ℰ0
– I 0 ____
_ _ = I eff ℰ eff
P = ____
√2 √2
–
+
–
+
Nei casi più comuni, la tensione
alternata è una funzione sinusoidale
del tempo. Nella fgura è indicata
la polarità relativa dei terminali
del generatore durante la parte
positiva e la parte negativa della
funzione seno.
P
I0%0
Potenza
media
1
Ð
2 I0%0
t
(14)
Figura 19
dove I_eff ed ℰ eff sono i valori effcaci di corrente e f.e.m., e sono calcolati dividendo
per √ 2 i corrispondenti valori massimi:
I0
_
I eff = ____
√2
(15)
ℰ0
_
ℰ eff = ____
√2
(16)
In un circuito in corrente alternata,
la potenza P dissipata da un resistore
oscilla fra zero e un valore di picco
I 0ℰ 0 , dove I 0 e ℰ 0 sono
rispettivamente la corrente
e la tensione di picco.
_
In Italia il valore effcace di ℰ è 230 V, quindi il valore massimo è ℰ 0 = 230 √ 2 ≈ 325 V.
7
■
I circuiti semplici in corrente alternata
Il circuito resistivo
SImulAzIone
AC circuit with only one circuit
element
Nei circuiti che contengono solo resistori, la corrente inverte il suo verso ogni volta
in cui si inverte la polarità del generatore ed è proporzionale alla forza elettromotri817
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
R
ce applicata:
ℰ0
I = __ sen(2πft) = I 0 sen(2πft)
R
dove I 0 = ℰ 0 /R è l’ intensità di corrente massima. La resistenza R ha lo stesso valore
per ogni frequenza della corrente alternata.
Il grafco in fgura 20 mostra che f.e.m. e corrente sono in fase. In termini intuitivi ciò signifca che si annullano, raggiungono i loro valori massimi e i loro valori minimi negli stessi istanti.
La legge di Ohm può essere formulata in termini di valori effcaci:
%0 sen 2πft
V(t)
I(t)
ℰ eff = I eff R
1
–T
2
(17)
(18)
t
T
■
Il circuito capacitivo
La fgura 21 mostra gli andamenti di tensione e corrente alternata in un circuito che
contiene solo un condensatore. La corrente raggiunge il suo valore massimo un
quarto di ciclo prima che lo raggiunga la f.e.m. La corrente è sfasata in anticipo di 90°
rispetto alla f.e.m.
Figura 20
La tensione istantanea V e la corrente
I in un circuito puramente resistivo
sono in fase: ciò signifca che
aumentano e diminuiscono di pari
passo.
l’Angolo mAtemAtICo
Sfasamento corrente-f.e.m. in un circuito RC
In un circuito puramente capacitivo vale la relazione fra la capacità C del condensatore, la carica Q sulle armature e la differenza di potenziale V:
Q
V=_
C
In presenza di un generatore di f.e.m. ℰ(t) = ℰ 0 sen(2πft), la legge delle maglie è
Q
ℰ 0 sen(2πft) − _ = 0
C
e quindi la carica presente all’instante t sulle armature è
Q(t) = Cℰ 0 sen(2πft)
La corrente che attraversa il circuito è I(t) = dQ(t)/dt. Quindi
d
d
I(t) = _ [Cℰ 0 sen(2πft)] = Cℰ 0 _ [sen(2πft)] = Cℰ 0 2πf cos(2πft)
dt
dt
La corrente dipende dal tempo secondo il fattore cos(2πft) = sen (2πft + π/2), per
cui è sfasata in anticipo di π/2 = 90° rispetto alla f.e.m.
C
%0 sen 2πft
B
A´
A
C
t
B´
C´
Tensione
Corrente
Figura 21
In un circuito contenente solo
un condensatore, la tensione
istantanea e la corrente non sono in
fase. Al contrario, la corrente anticipa
sulla tensione di un quarto di ciclo,
cioè ha uno sfasamento di +90°.
818
Il fatto che f.e.m. e corrente siano sfasati di 90° ha conseguenze importanti dal punto
di vista dell’energia elettrica, poiché la potenza è il prodotto di corrente e tensione.
Nell’intervallo di tempo fra A e B (o fra A′ e B′) nella fgura 21, la corrente e la
f.e.m. sono entrambe positive. Quindi anche la potenza istantanea è positiva: il generatore sta inviando energia al condensatore. Tuttavia, nell’ intervallo fra B e C (o fra
B′ e C′) la corrente è negativa mentre la f.e.m. è positiva, e quindi la potenza è negativa. Durante questo intervallo di tempo, il condensatore restituisce energia al generatore. Quindi la potenza varia tra valori positivi e negativi in uguali periodi di tempo. In altre parole: il condensatore assorbe e rilascia energia. Di conseguenza la
potenza media, e quindi l’ energia media, utilizzata da un condensatore in un circuito
in corrente alternata è nulla.
Si può dimostrare che i valori effcaci di f.e.m. e corrente sono legati dalla relazione
ℰ eff = X C I eff
(19)
dove X C è detta reattanza capacitiva e si misura in ohm. Se C è la capacità del condensatore, la reattanza capacitiva è
1
XC = _
(20)
2πfC
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
All’aumentare della frequenza, la reattanza capacitiva X C tende a zero. Ciò signifca
che un condensatore offre una resistenza trascurabile al passaggio di corrente alternata di grande frequenza. Al contrario, nel limite di frequenza nulla (cioè corrente
continua) X C diventa infnita e il condensatore si oppone così tanto al moto delle
cariche che non passa corrente nel circuito.
■
Il circuito induttivo
La fgura 22 mostra gli andamenti di tensione e corrente alternata in un circuito che
contiene solo un induttore. La corrente è sfasata in ritardo di 90° rispetto alla tensione.
L
l’Angolo mAtemAtICo
Sfasamento corrente-f.e.m. in un circuito RL
Secondo la legge di Faraday-Neumann dell’induzione elettromagnetica, in un induttore alimentato da una f.e.m. ℰ(t) = ℰ 0 sen(2πft) esiste sempre una f.e.m. indotta
− LdI(t)/dt che si oppone al passaggio di corrente. In un circuito puramente induttivo la legge delle maglie diviene
dI(t)
ℰ(t) − L _ = 0
dt
da cui segue
dI(t)
ℰ 0 sen(2πft) = L _
dt
(21)
L’equazione precedente è un’equazione differenziale lineare. Considerando che
I(0) = 0, la soluzione dell’equazione è la funzione
ℰ0
I(t) = − __ cos(2πft)
2πfL
%0 sen 2πft
Tensione
Corrente
t
Figura 22
La tensione istantanea e la corrente
in un circuito contenente solo
un induttore non sono in fase.
Infatti la corrente ritarda sulla
tensione di un quarto di ciclo, cioè ha
uno sfasamento di −90°.
(22)
Per verifcarlo basta sostituire la (22) nella (21) e constatare che si ha un’identità:
ℰ0
d
ℰ 0 sen(2πft) = L _ − __ cos(2πf )
]
dt [ 2πfL
da cui segue successivamente
Lℰ0 d
ℰ 0 sen(2πft) = − ___ _ cos(2πft)
2πfL dt
ℰ0
ℰ 0 sen(2πft) = − ___ (−2πf ) sen(2πft)
2πf
ℰ 0 sen(2πft) = ℰ 0 sen(2πft)
La corrente dipende dal tempo secondo il fattore −cos(2πft) = sen(2πft − π/2), per
cui è sfasata in ritardo di π/2 = 90° rispetto alla f.e.m.
In un induttore lo sfasamento di 90° fra corrente e tensione porta allo stesso risultato per la potenza media visto per il condensatore: la potenza media, e quindi l’energia media, utilizzata da un induttore in un circuito in corrente alternata è nulla.
Si può dimostrare che i valori effcaci di f.e.m. e corrente sono legati dalla relazione
ℰ eff = X L I eff
(23)
dove X L è detta reattanza induttiva e si misura in ohm. Se L è l’ induttanza del solenoide, la reattanza induttiva è
X L = 2πfL
(24)
All’aumentare della frequenza, la reattanza induttiva X L tende ad aumentare. Ciò
signifca che un induttore offre una grande resistenza al passaggio di corrente alternata di frequenza elevata. Nel limite di frequenza nulla (cioè corrente continua), X L
diventa praticamente nulla e l’induttore non si oppone al passaggio di corrente.
819
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
8
SImulAzIone
Circuiti RLC in corrente alternata
RLC circuit
Il più semplice circuito in corrente alternata contenente un resistore, un condensatore e un induttore è il circuito RLC in serie della fgura 23. Si può dimostrare che la
tensione effcace e la corrente effcace nel circuito RLC in serie sono legate dalla
relazione
ℰ eff = I eff Z
(25)
dove Z è detta impedenza del circuito:
___________
Z = √ R 2 + (X L − X C )2
(26)
L’angolo di sfasamento ϕ fra la corrente e la tensione in un circuito RLC in serie è
tale che
XL − XC
tg ϕ = ______
(27)
R
–
L’angolo di sfasamento ha un ruolo importante nella potenza media P dissipata nel
circuito. Si può infatti dimostrare che
–
(28)
P = I eff ℰ eff cos ϕ
R
C
L
Figura 23
Un circuito RLC in serie contiene
un resistore, un condensatore
e un induttore.
%0 sen 2πft
eSemPIo 4 Calcoliamo il valore efficace
Un circuito RLC in serie contiene un resistore con R = 148 Ω, un condensatore con C = 1,50 μF e un solenoide con
L = 35,7 mH. Il circuito è alimentato da un alternatore con f = 512 Hz ed ℰ eff = 35,0 V.
▸ Calcola il valore effcace della corrente nel circuito.
Il ragionamento
La corrente effcace è legata alla f.e.m. effcace dalla relazione ℰ eff = I eff Z. Basta quindi determinare l’ impedenza Z
del circuito.
I dati e le incognite
dati
Incognita
grandezze
Simboli
Valori
Commenti
Resistenza
R
148 Ω
Capacità
C
1,50 μF
1 μF = 10−6 F
Induttanza
L
35,7 mH
1 mH = 10−3 H
Frequenza
dell’alternatore
f
512 Hz
Valore effcace
della f.e.m.
ℰeff
35,0 V
Valore effcace
della corrente
I eff
Il modello del problema
Sintesi del modello
1 Corrente
Dalla relazione ℰ eff = I eff Z il valore effcace della corrente è
ℰ eff
I eff = __
Z
820
Grandezza da determinare: Z
ℰ eff
I eff = __
Z
(a)
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
2 Impedenza
Secondo la (26) l’impedenza è
ℰ eff
I eff = __
Z
___________
Z = √ R 2 + (X L − X C )2
___________
Z = √ R 2 + (X L − X C )2
Grandezza da determinare: X L e XC
3 reattanza capacitiva e induttiva Sono date dalle relazioni
ℰ eff
I eff = __
Z
1
XC = _
2πfC
X L = 2πfL
___________
Z = √ R 2 + (X L − X C )2
quindi risulta
1
X L − X C = 2πfL − _
2πfC
1
X L − X C = 2πfL − _
2πfC
la soluzione
Combinando i vari passaggi si ottiene algebricamente
1
2
3
↓ __
↓ __________
ℰ eff ↓ _____________________
ℰ eff
ℰ eff
I eff =
Z
Numericamente risulta
=
___________ =
√ R 2 + (X L − X C )2
√
_______
2
1
R 2 + 2πfL − _
(
2πfC )
35,0 V
______________________________________________ = 0,201 A
I eff = _________________________________________________________
2
1
(148 Ω)2 + 2π(512 Hz)(35,7 ∙ 10−3 H) − __________________
−6
[
2π(512 Hz)(1,50 ∙ 10 F) ]
√
© Martin Dohrn/SPL/Photo Researchers, Inc.
Una corrente elettrica alternata a bassa frequenza viene utilizzata nella stimolazione elettrica transcutanea dei nervi (TENS). La TENS è una terapia antidolore
che impiega frequenze comprese fra 40 Hz e 150 Hz. La corrente passa tra due
elettrodi applicati sul corpo e inibisce la trasmissione degli impulsi nervosi che
danno la sensazione del dolore (fgura 24). Si ritiene che questa tecnica agisca sui
canali dei neuroni che controllano il passaggio di ioni sodio attraverso la membrana cellulare.
Fisica quotidiana
La stimolazione elettrica
transcutanea dei nervi (TENS)
Figura 24
Elettrodi
La TENS è applicata all’avambraccio
nel tentativo di limitare
la sintomatologia dolorosa dovuta
a un sospetto danneggiamento
del nervo radiale.
821
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
la risonanza nei circuiti elettrici
9
■
Figura 25
L’oscillazione di una massa attaccata
a una molla è analoga alle oscillazioni
dei campi elettrico e magnetico
che avvengono rispettivamente
nel condensatore e nell’induttore.
Energia
potenziale
Analogie fra risonanza meccanica e risonanza elettrica
Si ha risonanza quando la frequenza della forza esterna applicata a un sistema ha la
stessa frequenza di oscillazione del sistema. La fgura 25 mostra l’analogia tra la risonanza in un circuito elettrico, privo di resistenza, e un sistema meccanico formato da
una massa attaccata a una molla che si muove senza attrito su un piano orizzontale.
Nella parte A la molla, dopo essere stata allungata, viene rilasciata in modo che la velocità iniziale della massa sia v = 0 m/s. Tutta l’energia è immagazzinata sotto forma di
energia potenziale elastica. Quando la massa si muove la sua energia potenziale si trasforma gradualmente in energia cinetica. Nella parte B della fgura la massa transita con
la massima energia cinetica nel punto in cui la molla è a riposo. A causa della sua inerzia,
la massa oltrepassa questa posizione e giunge ferma nella posizione (parte C) in cui la
molla è compressa e tutta la sua energia cinetica si è convertita in energia potenziale
elastica. La parte d è simile alla parte B ma con la velocità in verso opposto.
Nel caso elettrico, la fgura 25A mostra un condensatore carico che è stato appena connesso a un solenoide. In questo istante l’energia è immagazzinata nel campo
→
elettrico E fra le armature del condensatore. Mentre il condensatore si scarica, il
→
campo elettrico diminuisce e aumenta il campo magnetico B attorno al solenoide
creato dalla corrente che lo attraversa. La corrente massima e il campo magnetico
massimo si hanno nell’ istante in cui il condensatore si è completamente scaricato,
come nella fgura 25B. L’energia è ora immagazzinata interamente nel campo magnetico del solenoide. La tensione indotta nel solenoide mantiene una corrente elettrica fno a quando il condensatore si è nuovamente caricato, con polarità opposta
rispetto a quella iniziale, come nella parte C della fgura. Ancora una volta l’ energia
è tutta immagazzinata nel campo elettrico fra le armature. Nella parte d si ripete la
parte B ma con versi opposti del campo elettrico e della corrente.
Posizione
in cui la molla
• a riposo
→
+
+
+
+
v = 0 m/s
E
A
–
–
–
–
Energia
potenziale
v = 0 m/s
Posizione
in cui la molla
• a riposo
→
–
–
–
–
E
+
+
+
+
C
Energia
cinetica
vmax
Imax
B
Energia
cinetica
→
B
vmax
→
B
Imax
D
■
la frequenza di risonanza
In un circuito in corrente alternata si ha quindi il fenomeno della risonanza perché
l’energia tende a circolare fra il campo elettrico del condensatore e il campo magnetico dell’induttore. La corrente effcace in un circuito RLC è I eff = ℰ eff /Z: per una
data tensione, la corrente è massima quando l’impedenza
___________
Z = √ R 2 + (X L − X C )2
è minima. Ciò avviene quando
1
X L − X C = 2π f 0L − _______ = 0
2π f 0C
cioè per la frequenza di risonanza
1
_
f 0 = ______
(29)
2π √ LC
Notiamo che la frequenza di risonanza dipende dall’ autoinduttanza e dalla capacità
ma non dalla resistenza. Alla frequenza di risonanza, l’induttanza del circuito è puramente resistiva, Z = R: la f.e.m. e la corrente sono in fase.
822
capitolo
19
10 Il trasformatore
InduzIone elettromAgnetICA
Fisica quotidiana
Un trasformatore è un dispositivo per aumentare o diminuire una tensione alternata. Per esempio, il caricabatterie del telefono cellulare contiene un trasformatore che
riduce la tensione dai 220 V della rete a un valore molto più basso, generalmente
attorno ai 3 V.
La fgura 26 mostra lo schema di un trasformatore, che consiste in un nucleo di
ferro sul quale sono avvolte due bobine: una bobina primaria con N p avvolgimenti e
una bobina secondaria con N s avvolgimenti. Solo la bobina primaria è connessa a un
generatore di tensione alternata.
Figura 26
Interruttore
Bobina
secondaria
(Ns avvolgimenti)
Ip
Generatore +
Bobina
di corrente
primaria
alternata – (Np avvolgimenti)
Linee di forza
del campo magnetico
I trasformatori
Simbolo
del trasformatore
Un trasformatore consiste
di una bobina primaria e di una bobina
secondaria avvolte attorno a un nucleo
di ferro. Il fusso magnetico variabile
prodotto dalla corrente della bobina
primaria induce una f.e.m.
nella bobina secondaria. A destra è
riportato il simbolo del trasformatore.
Nucleo di ferro
La corrente alternata nella bobina primaria genera un campo magnetico variabile
nel nucleo di ferro, che amplifca il campo magnetico e ne convoglia le linee di forza
attraverso la bobina secondaria. Poiché il campo magnetico varia nel tempo, nella
bobina secondaria la f.e.m. indotta ℰ s nasce per mutua induzione:
→
∆Φ(B )
ℰ s = − N s ______
∆t
Nella bobina primaria la f.e.m. indotta ℰ p è dovuta all’autoinduzione:
→
∆Φ(B )
ℰ p = − N p ______
∆t
→
Il termine ∆Φ(B )/∆t è lo stesso in entrambe le equazioni perché le bobine sono attraversate dallo stesso fusso. Dividendo membro a membro le due equazioni si ottiene
ℰ s ___
Ns
__
=
ℰp Np
In un trasformatore di alta qualità la resistenza delle bobine è trascurabile, per cui
le f.e.m. indotte ℰs ed ℰp sono praticamente uguali alle differenze di potenziale Vs
e Vp ai capi delle bobine. La relazione ℰs / ℰp = Ns /Np è detta equazione del trasformatore ed è normalmente scritta in funzione della tensione ai capi di ciascuna
bobina:
Equazione del trasformatore
Vs ___
Ns
___
=
Vp N p
(30)
Il rapporto N s /N p è detto rapporto di trasformazione.
La facilità con cui i trasformatori possono cambiare il valore della tensione è
una delle principali ragioni per cui si preferisce la corrente alternata a quella continua.
■
energia di un trasformatore
La tensione nella bobina secondaria può essere maggiore o minore di quella nella
primaria, ma l’energia non è creata né distrutta dal trasformatore. Nel caso ideale, le
perdite di energia all’interno del trasformatore sono trascurabili. Quindi l’energia
823
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
che scorre nella bobina secondaria è uguale all’energia che scorre nella bobina pri–
–
maria. La potenza media Pp inviata al primario è uguale alla potenza media Ps invia–
–
–
ta al secondario: Pp = Ps . Ma P = IV e quindi I pVp = I sVs
I s ___
Vp ___
Np
__
=
=
I p Vs N s
(31)
Notiamo che Vs /Vp è uguale al rapporto di trasformazione N s /N p, mentre I s /I p è
uguale al rapporto inverso N p /N s. Quindi un trasformatore che incrementa la tensione nello stesso tempo diminuisce l’intensità di corrente, e un trasformatore che diminuisce la tensione aumenta l’ intensità di corrente. Tuttavia la potenza rimane in–
–
variata perché Pp = Ps .
I trasformatori svolgono un ruolo importante nella trasmissione di potenza elettrica dalle centrali agli utenti fnali. Ogni volta che viene trasmessa elettricità, nelle
linee di trasmissione si verifcano alcune perdite a causa dell’effetto Joule. Poiché la
resistenza di un flo è proporzionale alla sua lunghezza, più lungo è il flo maggiori
sono le perdite di energia. Le compagnie elettriche riducono tali perdite impiegando
trasformatori che aumentano la tensione e riducono la corrente inviata. Una corrente minore signifca una minore perdita, perché P = I 2R, dove R è la resistenza dei fli
di trasmissione.
Linea ad alta tensione
Trasformatore
Centrale
elettrica
Trasfomatore Trasfomatore
(sottostazione)
10 000 V
220 000 V
Figura 27
I trasformatori hanno un ruolo chiave
nella trasmissione dell’energia
elettrica.
10 000 V
220 V
La fgura 27 mostra uno schema della distribuzione di energia elettrica. La centrale produce una tensione di 10000 V. Questa tensione è aumentata fno a
220000 V: le linee ad alta tensione trasportano l’energia per lunghe distanze.
All’arrivo in una città, la tensione è ridotta a 10000 V. Per l’uso domestico essa
viene ulteriormente ridotta a 220 V da un altro trasformatore e poi distribuita
nelle abitazioni.
11 dispositivi a semiconduttore
I dispositivi a semiconduttore come i diodi e i transistor sono largamente utilizzati
nella moderna elettronica. La fgura 28 alla pagina seguente mostra un sistema audio in cui piccole tensioni alternate, generate da un lettore cd, da una radio FM e da
un registratore a cassette, sono amplifcate in modo che possano pilotare i diffusori.
Il circuito elettrico che effettua l’amplifcazione utilizza un generatore di tensione
continua. Nei dispositivi portatili la sorgente di energia è una semplice batteria. Nei
dispositivi fssi, invece, la sorgente di energia è un circuito elettrico separato contenente diodi e altri elementi circuitali. Come vedremo, i diodi convertono la tensione
alternata a 50 Hz della presa di casa nella tensione in corrente continua necessaria
ai transistor dell’amplifcatore.
824
capitolo
19
Figura 28
Registratore a cassette
In un normale impianto audio, i diodi
sono usati nell’alimentatore per
ottenere corrente continua a partire
dalla corrente alternata fornita dalla
presa elettrica. Questa corrente
continua alimenta i transistor presenti
nell’amplifcatore che aumentano
le piccole tensioni alternate prodotte
dal lettore CD e dalle altre sorgenti.
Tensione alternata di 50 Hz
proveniente dalla presa
Tensione
continua Alimentatore
Radio FM
InduzIone elettromAgnetICA
Diodi
Amplifcatore
Transistor
Altoparlante
Lettore CD
■
Semiconduttori di tipo n e di tipo p
Elettrone dello
Atomo di silicio strato esterno
I diodi e i transistor sono costruiti con materiali semiconduttori, come il silicio e il
germanio. Questi materiali non sono puri, perché a essi vengono aggiunte piccole
quantità di altri atomi (circa una parte per milione), detti «impurità», che ne modifcano la conducibilità.
Per esempio, la fgura 29A mostra una schiera di atomi che rappresenta la struttura cristallina del silicio puro. Ciascun atomo di silicio ha quattro elettroni negli
strati più esterni. Gli elettroni non sono liberi di muoversi nel metallo perché ciascuno di essi forma legami con gli elettroni degli atomi vicini. Per questa ragione il silicio e il germanio non sono buoni conduttori di elettricità. È possibile tuttavia aumentare la loro conducibilità aggiungendo piccole quantità di impurità, come atomi
di fosforo o di arsenico, che hanno cinque elettroni negli strati più esterni. Così,
quando un atomo di fosforo sostituisce un atomo di silicio nel cristallo, solo quattro
dei suoi cinque elettroni più esterni sono coinvolti nei legami della struttura cristallina, mentre il quinto elettrone è relativamente libero di muoversi attraverso il cristallo, come mostra la parte B della fgura. Gli elettroni mobili permettono al semiconduttore di condurre l’elettricità.
Il processo che consiste nell’aggiungere impurità si chiama drogaggio. Un semiconduttore drogato con impurità che apportano elettroni mobili è detto semiconduttore di tipo n (fgura 30), perché le cariche mobili hanno segno negativo. Notiamo
che un semiconduttore di tipo n è comunque elettricamente neutro perché contiene
un uguale numero di cariche positive e negative.
È possibile drogare un cristallo di silicio anche con atomi che hanno solo tre elettroni negli strati più esterni, per esempio boro o gallio. Poiché manca il quarto elettrone, c’è una «lacuna» nel reticolo cristallino vicino all’atomo di boro, come mostra
la fgura 29C. Un elettrone può spostarsi verso questa lacuna da un vicino atomo di
silicio: perciò la regione intorno al boro acquista un elettrone e diventa carica negativamente. Naturalmente l’elettrone che si è spostato lascia dietro di sé un’altra lacuna. Quest’ultima è carica positivamente, perché nasce dalla rimozione di un elettrone vicino a un atomo di silicio.
Lacune
mobili
positive
Cariche
negative
fsse
+
+
–
–
–
–
+
+
+
+
–
–
–
–
+
+
+
+
–
–
–
–
+
+
Tipo p
Tipo n
A
Materiale puro
LÕelettrone
non legato
diffonde nel
cristallo
B Semiconduttore tipo n
Atomo di
fosforo legato
(carico positivamente)
La lacuna
positiva
diffonde
nel cristallo
Atomo di
boro legato
(carico positivamente)
C Semiconduttore tipo p
Figura 29
Un cristallo di silicio ( A ) puro, cioè
non drogato, ( B ) drogato con atomi
di fosforo per produrre un
semiconduttore di tipo n e ( C )
drogato con atomi di boro per produrre
un semiconduttore di tipo p.
Elettroni
mobili
negativi
Cariche
positive
fsse
Figura 30
Un semiconduttore di tipo p
e un semiconduttore di tipo n.
825
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
La grande maggioranza di atomi nel reticolo è costituita da atomi di silicio, e così la
lacuna è quasi sempre vicina a un altro atomo di silicio. Di conseguenza un elettrone
può spostarsi in questa lacuna da uno degli atomi vicini, con il risultato che la lacuna
si muove da un atomo all’ altro, e nel cristallo si ha lo spostamento di una lacuna
carica positivamente.
Grazie alle lacune il semiconduttore può condurre elettricità. In questo caso le
cariche mobili sono positive. Un semiconduttore drogato con impurità che introducono lacune mobili cariche positivamente è detto semiconduttore di tipo p (fgura
30).
■
Il diodo a semiconduttore
Un diodo a giunzione p-n è un dispositivo formato da un semiconduttore p e da un
semiconduttore n. La giunzione p-n fra i due materiali è fondamentale per la funzionalità dei diodi e dei transistor.
Figura 31
Strati di carica
Nella giunzione fra i semiconduttori
p e n, ( A ) elettroni e lacune mobili
si combinano fra loro e ( B ) creano
uno strato di carica positiva e uno di
carica negativa. Il campo elettrico
→
prodotto dagli strati di carica è E .
+
+
Ð
Ð
+
Ð
Ð
+
+
Ð
+
+
Ð
Ð
+
Ð
Ð
+
+
Ð
+
Ð
+
Ð
Ð
+
Tipo p
Tipo n
Ð
+
+
Ð
→
E
Ð
+
Ð
+
→
E
Ð
+
+
Ð
→
E
Ð
Ð
+
+
Tipo p
Tipo n
A
B
La fgura 31A mostra un semiconduttore p e uno n uniti insieme a formare un diodo.
Gli elettroni mobili dal semiconduttore n e le lacune mobili dal semiconduttore p
fuiscono attraverso la giunzione e si ricombinano. Tale processo lascia il semiconduttore n con uno strato di carica positiva e il semiconduttore p con uno strato di
carica negativa, come mostra la parte B della fgura. Gli strati carichi sui due lati
→
della giunzione creano un campo elettrico E simile a quello di un condensatore piano. Questo campo elettrico tende a opporsi a ogni ulteriore movimento di cariche
attraverso la giunzione, e quindi il fusso di cariche cessa velocemente.
Supponiamo ora che una batteria sia connessa alla giunzione p-n, come in fgura
32A, in cui il terminale negativo della batteria è connesso al semiconduttore n e il
terminale positivo è connesso al semiconduttore p. In questa situazione, detta polarizzazione diretta, nel circuito circola corrente. Il terminale negativo della batteria
respinge gli elettroni mobili nel semiconduttore n e questi si muovono verso la giunzione. In modo simile, il terminale positivo respinge le lacune del semiconduttore p
e queste si muovono verso la giunzione. Nella giunzione gli elettroni si ricombinano
con le lacune. Nello stesso tempo il terminale negativo fornisce nuovi elettroni al
semiconduttore n e il terminale positivo estrae elettroni dal semiconduttore p, fornendo a esso nuove lacune. In tal modo si mantiene un fusso continuo di cariche e
quindi una corrente elettrica.
Tipo p
Tipo n
+
–
+
+
–
+
–
+
Tipo n
–
–
–
–
–
+
+
I
Tipo p
–
+
–
+
+
+
+
+
+
+
–
–
Figura 32
A In caso di polarizzazione diretta
attarverso il diodo passa una corrente
apprezzabile.
B In caso di polarizzazione inversa
nel diodo non passa praticamente
corrente.
826
+
–
I
–
+
Corrente
convenzionale
A Polarizzazione diretta
–
–
B Polarizzazione inversa
–
capitolo
19
Nella fgura 32B la polarità della batteria è invertita, e la giunzione è in uno stato
detto polarizzazione inversa. La batteria forza gli elettroni nel semiconduttore n e le
lacune nel semiconduttore p, allontanandoli dalla giunzione. Come risultato il potenziale attraverso la giunzione è opposto a quello della batteria, e solo una piccolissima corrente può attraversare il diodo.
Il diodo quindi è un dispositivo unidirezionale perché consente il passaggio di
corrente elettrica solo in una direzione.
Il grafco di fgura 33 mostra la dipendenza della corrente dall’intensità e dalla
polarità della tensione applicata a un diodo a giunzione p-n. Il valore esatto della
corrente dipende dalla natura del semiconduttore e dalla quantità di drogaggio.
Nella fgura è mostrato anche il simbolo per il diodo. La punta della freccia indica
il verso della corrente convenzionale nel diodo nel caso di polarizzazione diretta.
Nel caso di polarizzazione inversa, il potenziale positivo è dall’altro lato della
freccia.
Un tipo di diodo è il LED, acronimo di light-emitting diode, cioè diodo a emissione di luce. I LED sono molto comuni nei dispositivi elettronici, come i computer e i sistemi stereofonici, e sono in grado di emettere luce di qualsiasi colore,
rimpiazzando, così, le lampadine a flamento. Un LED emette quando è polarizzato in modalità diretta e gli elettroni e le lacune si ricombinano nella giunzione p-n.
I LED in commercio sono in genere composti da gallio drogato con arsenico o
fosforo.
I diodi sono dispositivi unidirezionali usati comunemente nei circuiti rettifcatori,
che convertono corrente alternata in corrente continua. La fgura 34, per esempio,
mostra un circuito in cui una corrente fuisce in una resistenza R solo quando il generatore alternato alimenta il diodo con polarizzazione diretta. Poiché la corrente
scorre solo durante metà di ogni ciclo del generatore, il circuito è detto rettifcatore a
semionda.
Tensione
del generatore
InduzIone elettromAgnetICA
I(mA)
30
Polarizzazione
inversa
Polarizzazione
diretta
20
10
–
–1,0
+
–
+
–0,5
+0,5 +1,0
V (volt)
Figura 33
La caratteristica tensione-corrente
di un tipico diodo a giunzione p-n.
Fisica quotidiana
Il LED (light-emitting diode)
Fisica quotidiana
I circuiti rettifcatori
Tensione
d’uscita
Diodo
Con il condensatore
Tempo
C
R
Un grafco della tensione di uscita attraverso il resistore mostra che è presente solo
la semionda positiva di ogni ciclo. Se si aggiunge un condensatore in parallelo al resistore, come riportato nella fgura, il condensatore si carica e impedisce che la tensione si annulli durante due semicicli positivi successivi.
Quando un circuito come quello di fgura 34 include un condensatore e anche un
trasformatore per ottenere la tensione voluta, il circuito forma un alimentatore.
Nel sistema audio visto in fgura 28 l’alimentatore riceve una tensione alternata
da 50 Hz dalla presa a muro e fornisce una tensione continua che è usata dai transistor dell’amplifcatore.
■
Senza
il condensatore
Tempo
Figura 34
Un circuito rettifcatore a semionda,
insieme a un condensatore
e a un trasformatore (non mostrato),
costituisce un alimentatore in corrente
continua perché il rettifcatore
converte la tensione alternata
in tensione continua.
Celle solari
Le celle solari usano giunzioni p-n per convertire la luce solare direttamente in elettricità, come mostra la fgura 35 alla pagina seguente. La cella solare nella fgura
consiste di un semiconduttore p che circonda un semiconduttore n. Nei lati della
→
giunzione si formano due strati di cariche opposte che creano un campo elettrico E
diretto dallo strato n allo strato p. La copertura esterna dello strato p è così sottile
che la luce solare penetra negli strati di carica e ionizza alcuni atomi presenti in essi.
Nel processo di ionizzazione l’energia della luce solare rimuove un elettrone da
un atomo e lascia una lacuna positiva. Come mostra la fgura, il campo elettrico negli
Fisica quotidiana
Le celle solari
827
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
strati di carica allontana gli elettroni e le lacune dalla giunzione. Gli elettroni si muovono verso la parte n e le lacune verso la parte p. Come risultato la luce solare fa sì
che nella cella solare nascano un terminale positivo e uno negativo, simili ai terminali di una batteria.
Una cella solare produce una corrente molto piccola: per questa ragione le celle solari sono sempre montate su pannelli di grandi dimensioni, come quelli di fgura 36.
Tipo p
+
→
E
Ð
Tipo n
Terminale +
+ = Lacuna
Terminale Ð
Strati
di carica
Ð = Elettrone
Figura 35
© RGamma Press, Inc.
Una cella solare formata da una
giunzione p-n. Quando la luce solare
incide su di essa, la cella solare
agisce come una batteria
con i terminali + e −.
Figura 36
La propulsione del prototipo Helios
è garantita dall’energia solare. Le celle
solari sono montate sulle ali.
■
Fisica quotidiana
I transistor
Tipo p
Tipo n
Tipo p
Transistor p-n-p
Tipo n
Tipo p
Tipo n
Transistor n-p-n
Figura 37
Esistono due tipi di transistor con
giunzioni bipolari: p-n-p e n-p-n.
transistor
Esistono vari tipi di transistor. Un tipo è il transistor a giunzione bipolare, che consiste di due giunzioni p-n formate da tre strati di semiconduttori drogati. Come indica la fgura 37, ci sono transistor p-n-p e n-p-n. In entrambi i casi la zona centrale è
molto sottile rispetto alle due zone esterne.
Il transistor è molto utilizzato nei circuiti per amplifcare piccole tensioni e ha lo
stesso ruolo di una valvola in una conduttura: come un piccolo cambiamento nell’apertura della valvola provoca una grande variazione nel fusso d’acqua attraverso la
conduttura, così una piccola variazione nella tensione in ingresso provoca una grande variazione nella tensione d’uscita del transistor.
La fgura 38 mostra un transistor p-n-p connesso a due batterie, indicate con
VE e VC. Le tensioni VE e VC sono applicate in modo tale che la giunzione p-n
sulla sinistra ha una polarizzazione diretta mentre la giunzione p-n sulla destra ha
una polarizzazione inversa. La tensione VC è in genere molto più grande della
tensione VE per una ragione che discuteremo in seguito. La fgura mostra anche i
simboli e la nomenclatura delle tre parti di un transistor: l’emettitore, la base e il
collettore. La freccia punta nel verso della corrente convenzionale attraverso l’emettitore.
Il terminale positivo di VE spinge gli elettroni mobili nel materiale n dell’ emettiGiunzione con
polarizzazione diretta
Emettitore
Giunzione con
polarizzazione inversa
Base
Tipo p
Tipo n
Collettore
Tipo p
Emettitore
Figura 38
Un transistor p-n-p e i voltaggi
di polarizzazione V E e V C . Nel simbolo
per il transistor p-n-p l’emettitore
è rappresentato da una freccia
che indica il verso della corrente
convenzionale attraverso l’emettitore.
828
Collettore
IC
IB
IE
VE
+ Ð
+
VC
Base
Ð
Simbolo del
transistor p-n-p
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
tore verso la giunzione emettitore-base. Tale giunzione è polarizzata in modalità diretta e così le lacune penetrano con facilità nella base, dove risentono della forte
infuenza di VC e sono attratte dal suo terminale negativo. Siccome la base è molto
sottile (circa 10−6 m), circa il 98% delle lacune attraversa la base e va verso il collettore. Il rimanente 2% si ricombina con gli elettroni liberi nella base e origina una
piccola corrente di base I B . Come mostra la fgura, le lacune in moto nell’emettitore
e nel collettore formano correnti indicate con I E e I C . La legge dei nodi applicata alla
giunzione stabilisce che I C = I E − I B .
Poiché la corrente di base I B è piccola, la corrente del collettore è determinata
quasi totalmente da quella dell’emettitore (I C = I E − I B < I E). Ciò signifca che una
variazione di I E causa una variazione di I C quasi della stessa entità. Inoltre, una variazione consistente di I E può essere causata da una piccola variazione della tensione
VE che garantisce la polarizzazione diretta. Ce lo dimostra la fgura 33, dove notiamo
com’ è ripida la curva corrente-tensione per una giunzione p-n: piccole variazioni
nella tensione della polarizzazione diretta danno luogo a grandi variazioni della corrente.
Base
Emettitore
Tipo p
Figura 39
Collettore
Tipo n
Il transistor p-n-p della fgura
amplifca la tensione di un piccolo
generatore e produce una tensione
più grande attraverso la resistenza R.
Tipo p
R
+
–
–
+
VE
VC
Tensione
del generatore
Tensione
d’uscita
Tempo
Con l’aiuto della fgura 39 si comprende perché una piccola variazione nella tensione d’ingresso porta a una grande variazione della tensione d’uscita. La fgura mostra
un generatore connesso in serie con la batteria VE e una resistenza R in serie con il
collettore. La tensione del generatore potrebbe essere fornita da varie altre sorgenti,
come per esempio un lettore cd, mentre la resistenza R potrebbe rappresentare un
diffusore acustico. Il generatore introduce piccole variazioni nella polarizzazione diretta della giunzione emettitore-base e quindi provoca grandi variazioni nella corrente I C che lascia il collettore e attraversa la resistenza R. Come risultato, la tensione d’uscita attraverso R è la versione amplifcata della tensione d’ingresso fornita
dal generatore.
Il funzionamento di un transistor n-p-n è simile a quello di un transistor p-n-p.
La principale differenza è che la tensione di polarizzazione e il verso della corrente
sono invertiti.
L’ aumento di potenza elettrica all’uscita del transistor non è dovuto al transistor
ma è fornito dalla sorgente esterna VC. Il transistor funziona come una valvola automatica e si limita a far sì che i deboli segnali del generatore controllino la potenza
prelevata dalla sorgente VC e inviata alla resistenza R.
Oggi è possibile costruire circuiti formati da miliardi di transistor, diodi e resistori su sottili wafer di silicio con dimensioni inferiori a un centimetro (fgura 40). Questi circuiti integrati sono alla base del funzionamento di dispositivi elettronici come
computer, telefoni cellulari e orologi.
© ORGA Card Systems, Inc.
Tempo
Figura 40
I chip di circuiti integrati sono
realizzati su wafer di materiale
semiconduttore. La foto mostra un
wafer contenente molti chip e alcune
smart card contenenti chip.
829
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
l’ ordine di grandezza
© Gabriel Moisa / Shutterstock
Quanta energia si produrrebbe ogni giorno se l’1%
degli italiani pedalasse per 10 minuti su una cyclette
collegata a un generatore di tensione?
Per calcolare l’energia che l’1% degli italiani riuscirebbe a produrre pedalando
per 10 minuti al giorno su una cyclette collegata a un generatore
di tensione, bisogna moltiplicare la quantità di energia accumulata da ciascun
pedalatore per il numero dei pedalatori.
Il modello
(energia prodotta pedalando dall’ 1% degli italiani) =
(percentuale degli italiani considerata) (popolazione
italiana) (energia media prodotta pedalando la speciale
cyclette per 10 minuti)
I numeri
▸ Popolazione italiana = 60 782 668 abitanti =
= 6 ∙ 107 abitanti
▸ Energia media prodotta pedalando la speciale
cyclette per 10 minuti =
= (potenza prodotta mediamente dalla speciale cyclette)
(durata dell’allenamento in secondi) =
= (200 W) (600 s) = 1,2 ∙ 105 J = 0,03 kW ∙ h
energia prodotta pedalando dall’1% degli italiani =
(1/100) (6 ∙ 107 ab) (0,03 kW ∙ h) = 2 ∙ 104 kW ∙ h =
= 20 MW ∙ h
1
L’ordine di grandezza è: 10 MW ∙ h
Quante ore dovresti pedalare,
se fossi ben allenato,
per produrre un decimo
dell’energia elettrica che
consumi quotidianamente?
un paragone Pedalando per 10 minuti, mezzo milione
di italiani produrrebbe una quantità di energia elettrica
per la quale sarebbe stato necessario bruciare la
seguente quantità di petrolio:
(energia elettrica prodotta) (quantità di petrolio per
unità di energia elettrica) =
= (20 MW ∙ h) (7,7 ∙ 10−8 kg/J) =
= [(20 ∙ 106) (3,6 ∙ 103) J] (7,7 ∙ 10−8 kg/J) =
= (7 ∙ 1010 J) (7,7 ∙ 10−8 kg/J) = 5 ∙ 103 kg = 5 tonnellate
le fonti
Il risultato
Stima l’ordine
di grandezza
L’energia elettrica che l’ 1% degli italiani riuscirebbe a
produrre ogni giorno pedalando per 10 minuti su una
speciale cyclette collegata a un generatore di tensione è
circa 20 MW ∙ h.
∙ Popolazione italiana: Statistiche demografiche ISTAT
(http://demo.istat.it/pop2014/index.html)
∙ Energia media prodotta pedalando la speciale cyclette per
10 minuti: The New York Times
(www.nytimes.com/2008/09/25/fashion/25gym.html)
Il modello
(durata del tuo allenamento) = (1/10) (consumo quotidiano medio di energia
elettrica di un italiano) / (potenza ricavabile dalla cyclette con la pedalata
di una persona allenata)
I numeri
Consumo quotidiano medio di energia elettrica di un italiano =
= (1/365) (energia elettrica consumata annualmente in Italia) / (popolazione
italiana) = (1/365) (3,2 ∙ 1011 kW ∙ h) / (6 ∙ 107 ab) = 15 kW ∙ h = 5,4 ∙ 107 J
Potenza ricavabile dalla cyclette con la pedalata di una persona allenata = 400 W
Il risultato
Durata dell’allenamento = .................. h
le fonti
∙ Energia elettrica consumata annualmente in Italia:
IEA, International Energy Agency: Key world energy statistics, pag. 52
www.iea.org/publications/freepublications/publication/keyword2014.pdf
∙ Potenza ricavabile dalla cyclette con la pedalata di una persona allenata:
Pedal Power Generator
www.los-gatos.ca.us/davidbu/pedgen.html
830
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
I concetti fondamentali
2
la f.e.m. indotta in un conduttore
in moto
6
F.e.m. cinetica ℰ indotta in una sbarretta conduttrice
→
di lunghezza L, in moto con velocità v in un campo magnetico B
(L, v e B sono mutuamente perpendicolari):
l’alternatore e la corrente alternata
F.e.m. di un alternatore (spira di area A che ruota con
velocità
→
angolare ω in un campo magnetico uniforme B ):
ℰ = ℰ0 sen ωt = ωAB sen ωt
Corrente in un circuito di soli resistori:
ℰ = vBL
3
ℰ0
I(t) = I 0 sen ωt = __ sen ωt
R
Valori effcaci per correnti e tensioni sinusoidali
(con I 0 e ℰ0 valori di picco):
la legge dell’induzione elettromagnetica
di Faraday-neumann
I0
_
I eff = ____
√2
∆Φ
ℰ=−_
∆t
Potenza media in un circuito in corrente alternata:
–
P = I eff ℰeff
ℰ = f.e.m. media indotta nel circuito considerato
∆Φ = variazione di fusso magnetico attraverso una superfcie
delimitata dal circuito
∆t = intervallo di tempo in cui avviene la variazione ∆Φ
7
4
I circuiti semplici in corrente alternata
reattanza capacitiva: in un circuito in corrente alternata di
frequenza f, la tensione effcace sulle armature di un condensatore
di capacità C vale (X C = reattanza capacitiva)
legge di lenz
La corrente indotta ha un verso tale da generare un campo
magnetico indotto che si oppone alla variazione di fusso
magnetico che l’ha provocata.
5
ℰ0
_
ℰeff = ____
√2
ℰeff = XC I eff
1
XC = _
2πfC
reattanza induttiva: in un circuito in corrente alternata di frequenza
f, la tensione effcace in un induttore di induttanza L vale
(X L = reattanza induttiva)
mutua induzione e autoinduzione
ℰeff = X L I eff
Per effetto della mutua induzione, la f.e.m. media ℰs
indotta nella bobina secondaria da una variazione
di corrente ∆I p nella bobina primaria nel tempo ∆t vale
(M = mutua induttanza fra le bobine)
8
∆I p
ℰs = − M ___
∆t
X L = 2πfL
Circuiti RLC in corrente alternata
Impedenza: quando un resistore, un condensatore e un induttore
sono connessi in serie si ha (Z = impedenza)
___________
Z = √ R 2 + (X C − X L )2
ℰeff = Z I eff
Per effetto dell’autoinduzione, la variazione di corrente ∆I
in una bobina induce nella stessa bobina una f.e.m. media
(L = induttanza della bobina)
L’angolo di sfasamento ϕ tra corrente e tensione è tale che
∆I
ℰ = −L _
∆t
XL − XC
tg ϕ = ______
L
Per un solenoide lungo l, con N avvolgimenti di area A,
valgono le relazioni
La potenza media dissipata sul resistore vale
N2
L = μ 0 __ A
l
–
P = I eff ℰeff cos ϕ
1
energia = _ L I 2
2
→
In ogni punto dello spazio in cui esiste un campo magnetico B
la densità di energia (energia immagazzinata per unità di volume)
è espressa dalla relazione
1
densità di energia = ___ B 2
2 μ0
10
trasformatore
In un trasformatore con N p avvolgimenti nella bobina primaria e
N s avvolgimenti nella bobina secondaria, le tensioni V s e V p ai capi
delle bobine sono tali che (N s /N p = rapporto di trasformazione)
Vs ___
Ns
___
=
Vp N p
831
capitolo
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
Problemi
CHAlKBoArd VIdeoS
(Esercizi risolti in inglese)
1
Forza elettromagnetica indotta e correnti
indotte
2
la f.e.m. indotta in un conduttore in moto
1
L’ apertura alare di un Boeing 747 è 59 m. L’aereo vola
orizzontalmente a 220 m/s. La componente verticale
del campo magnetico terrestre è 5,0 ∙ 10−5 T.
▪▪▪
▶
2
▪▪▪
3
6
▶
Per ciascuna barretta, calcola la f.e.m. di movimento
e indica quale delle estremità (1 o 2) è positiva.
z
Calcola la f.e.m. indotta nelle ali.
→
vC
Se il cavo si fosse mosso perpendicolarmente al campo magnetico terrestre, quale sarebbe stata la f.e.m.
generata fra i suoi estremi?
Fra due conduttori non a contatto scocca una scintilla
elettrica se fra di loro esiste una differenza di potenziale abbastanza grande. Per produrre una scintilla in uno
strato d’ aria di 1,0 ∙ 10−4 m è necessaria una differenza
di potenziale di circa 940 V. Supponi che la lampadina
di fgura 3B sia sostituita da due terminali posti a quella distanza.
▶
▪▪▪
La fgura mostra tre barrette identiche A, B e C che si
muovono su piani diversi. Un campo magnetico costante di 0,45 T è diretto lungo l’asse y. La lunghezza di
ciascuna barretta è L = 1,3 m e le velocità hanno modulo v A = v B = v C = 2,7 m/s.
Nel 1996 la NASA lanciò la missione Tethered, in cui lo
Shuttle Atlantis doveva trascinare un cavo lungo
2,0 ∙ 104 m per generare f.e.m. indotta. Lo shuttle aveva
una velocità orbitale di 7,6 ∙ 103 m/s e si muoveva in un
campo magnetico terrestre di intensità 5,1 ∙ 10−5 T.
▶
▪▪▪
4
▪▪▪
→
vB
2
1
2
→
2
→
vA
1
x
5
▪▪▪
Con quale velocità si dovrebbe muovere la sbarretta
in un campo magnetico di 4,8 T per provocare una
scintilla fra i terminali?
1
Una barra di alluminio, di lunghezza pari a 0,80 m, è mantenuta parallela alla direzione est-ovest e lasciata cadere
da un ponte. Poco prima di raggiungere il fume sottostante, la sua velocità è di 22 m/s e la forza elettromagnetica
indotta lungo la sua lunghezza è 6,5 ∙ 10−4 V. Assumendo
che la componente orizzontale del campo magnetico terrestre in prossimità della barra punti verso nord:
▶
determina quanto vale la componente orizzontale
del campo magnetico terrestre;
▶
stabilisci quale estremità della barra, verso est o verso ovest, è positiva.
eSemPIo
Due barrette di alluminio, lunghe a = 30 cm e b = 40 cm, sono saldate
a 90° tra loro in modo da formare un proflo a «L». Questo proflo viene trascinato a velocità costante v = 10 m/s attraverso un campo magnetico B = 0,15 T che ha direzione perpendicolare al piano che contiene il proflo stesso.
▶
Quali sono la massima e la minima f.e.m. che si possono ottenere agli
estremi del proflo?
→
→
v
v
b
la soluzione
La f.e.m. cinetica indotta in una barretta di lunghezza L,
che si muove
→
→
con velocità v perpendicolare a un campo magnetico B costante, è
B
a
A
ℰ = vBL sen θ
dove θ è l’angolo che la barretta forma con la direzione della velocità
[generalizzazione dell’ equazione (1)].
L’area ∆A spazzata dalla barretta in un intervallo di tempo ∆t, nel suo moto attraverso il campo magnetico, è
∆A = vL sen θ ∆t
da cui segue
∆A
_ = vL sen θ
∆t
832
y
B
ESERCIZI
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
La f.e.m. di movimento può quindi essere scritta come
∆A
ℰ=_B
∆t
Questa formula è valida per oggetti di qualsiasi forma (quindi anche per un proflo a «L») perché in essa entra in gioco
l’area spazzata e non la forma dell’oggetto.
Poiché ℰ è proporzionale a ∆A, i valori minimo e massimo della f.e.m. indotta ottenibili con il proflo a «L» sono quelli
che, a parità di v, si generano quando l’area spazzata è rispettivamente minima e massima. Il minimo si ha quando la
velocità v del proflo risulta perpendicolare al cateto minore a, mentre il massimo si ha quando la velocità v è perpendicolare all’ipotenusa c.
Il cateto minore vale a = 30 cm = 0,30 m, perciò si ha
∆A
_
= av = (0,30 m)(10 m/s) = 3,0 m2/s
( ∆t )min
∆A
B = (3,0 m2/s)(0,15 T) = 0,45 V
ℰmin = _
( ∆t )min
L’ ipotenusa vale
_____
c = √ (30 cm)2 + (40 cm)2 = 0,50 m
e perciò si ha:
∆A
_
= cv = (0,50 m)(10 m/s) = 5,0 m2/s
( ∆t )max
∆A
B = (5,0 m2/s)(0,15 T) = 0,75 V
ℰmax = _
( ∆t )max
7
▪▪▪
La fgura mostra un tipo di fussometro che può essere
usato per misurare la velocità del sangue in un vaso suffcientemente esposto, per esempio durante un intervento chirurgico. Il sangue può essere considerato
come un conduttore in moto. Quando scorre perpendicolarmente rispetto a un campo magnetico, come in fgura, si possono usare elettrodi per misurare la piccola
differenza di potenziale che si origina attraverso il vaso.
Supponi che la velocità del sangue sia 0,30 m/s e che il
diametro del vaso sia 5,6 mm.
▶
Quale tensione misurano gli elettrodi in un campo di
intensità 0,60 T?
Elettrodo
▶
9
▪▪▪
Qual è la lunghezza minima delle guide perché la
lampadina stia accesa per mezzo secondo?
Una bacchetta conduttrice scivola giù senza attrito lungo due binari verticali di rame alla velocità costante di
5,8 m/s, perpendicolarmente a un campo magnetico di
0,80 T. La resistenza della bacchetta e dei binari è trascurabile. La bacchetta, lunga 1,3 m, mantiene sempre
un contatto elettrico con i binari. Un resistore da 0,75 Ω
viene collegato alle estremità superiori dei binari.
▶
Qual è la massa della bacchetta?
▶
Trova quanto varia l’energia potenziale gravitazionale in 0,20 s.
▶
Trova l’energia elettrica dissipata nel resistore in
0,20 s.
R
Sangue
I
→
F
Elettrodo
8
▪▪▪
Supponi che la lampadina della fgura 3B dissipi una
potenza di 60,0 W e abbia una resistenza di 240 Ω. Il
campo magnetico ha intensità 0,40 T e la lunghezza
della sbarretta è 0,60 m. La sola resistenza nel circuito
è quella della lampadina.
I
→
B
→
P
833
capitolo
3
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
la legge dell’induzione elettromagnetica
di Faraday-neumann
t = 0 s la normale alla spira è perpendicolare al campo
magnetico. All’istante t = 0,010 s la normale forma un
angolo di 45° con il campo perché la spira ha ruotato di
un ottavo di giro. Nella spira viene indotta una f.e.m.
media di 0,065 V.
Nei problemi che seguono si assume che il fusso magnetico
sia positivo.
10
▪▪▪
Una casa ha un pavimento di area 112 m2 e una parete
esterna di 28 m2. Il campo magnetico terrestre in quel
punto ha una componente orizzontale di 2,6 ∙ 10−5 T
che punta verso nord e una componente verticale di
4,2 ∙ 10−5 T che punta verso il basso.
▶
Determina il fusso magnetico attraverso la parete se
questa è orientata a nord.
▶
Determina il fusso magnetico attraverso la parete se
questa è orientata a est.
▶
11
▪▪▪
▶
15
▪▪▪
16
Calcola il fusso magnetico attraverso il pavimento.
La fgura mostra due superfci con→la stessa area immerse in campo magnetico uniforme B orientato parallelamente al piano yz come indicato.
▶
Una bobina è formata da 12 spire. Il fusso attraverso
una di queste passa da 4,0 Wb a 9,0 Wb in 0,050 s. La
corrente media indotta in tutta la bobina è 230 A.
▶
▪▪▪
Calcola il rapporto Φ xz /Φ xy dei fussi magnetici attraverso le due superfci.
z
Calcola l’intensità del campo magnetico.
Qual è la resistenza della bobina?
Un campo magnetico passa attraverso una bobina e il
suo valore cambia come mostrato in fgura. La direzione del campo rimane tuttavia costante. Nel grafco sono
indicati tre intervalli di tempo: 0-3,0 s, 3,0-6,0 s e 6,09,0 s. La bobina consiste in 50 avvolgimenti di cavo e ha
un’area di 0,15 m2. Il campo magnetico è orientato parallelamente alla normale alla bobina (ϕ = 0°).
▶
Determina la f.e.m. indotta in ogni intervallo.
▶
Il cavo ha una resistenza di 0,50 Ω.
▶
Determina la corrente indotta nel primo e nell’ ultimo intervallo.
→
B
0,40
B (T)
35˚
y
x
12
▪▪▪
13
▪▪▪
0
Una spira è formata da un solo avvolgimento di flo. La
normale alla spira è parallela a un campo magnetico
uniforme e costante nel tempo di 1,7 T. Mentre la sua
area A viene ridotta nella spira si origina una f.e.m. indotta di 2,6 V.
▶
17
▪▪▪
Qual è la velocità ∆A/∆t (in m2/s) con cui cambia l’area della spira?
14
▪▪▪
834
Una spira circolare (950 avvolgimenti, raggio 0,060 m)
ruota in un campo magnetico uniforme. All’istante
6,0
9,0
t (s)
Quanto vale la variazione ∆Φ del fusso magnetico
che passa attraverso la spira quando, partendo dalla
posizione illustrata in fgura, al semicerchio viene fatta compiere metà di una rivoluzione.
B (entrante nella pagina)
r
18
B
3,0
→
Calcola l’intensità media della f.e.m. indotta nella
spira.
A
0
Una spira ha la forma mostrata in fgura. La parte superiore del cavo è piegata in modo da formare un semicerchio di raggio r = 0,20 m. La normale al piano della
spira è parallela a un campo magnetico costante
(ϕ = 0°) di 0,75 T.
▶
Una spira rettangolare con lati di 0,20 m e 0,35 m giace
in un piano perpendicolare a un campo magnetico costante (parte A della fgura). Il campo magnetico è
0,65 T ed è parallelo alla normale alla superfcie della
spira. In 0,18 s, metà della spira è ripiegata verso l’altra,
come indica la parte B della fgura.
▶
0,20
▪▪▪
Una spira rettangolare si muove verso il basso della pagina con velocità 0,020 m/s (fgura riportata alla pagina
seguente). La spira sta uscendo da una regione in cui
c’è un campo magnetico uniforme di 2,4 T. All’ esterno
della regione il campo magnetico è nullo.
ESERCIZI
▶
capitolo
Qual è la variazione di fusso magnetico durante
2,0 s?
▶
19
Determina l’intensità della f.e.m. media indotta nel
triangolo ABC durante un intervallo di 6,0 s dopo
che la barretta ha superato il punto A.
→
→
B (entrante nella pagina)
B
(uscente
dalla pagina)
B
A
0,080 m
19
▪▪▪
▶
20
▪▪▪
23
▪▪▪
→
v
21
▪▪▪
Una spira rettangolare di dimensioni 0,35 m e 0,55 m è
posta in un campo magnetico uniforme di 2,1 T. Il campo magnetico è inclinato di 65° rispetto alla normale al
piano della spira.
▶
InduzIone elettromAgnetICA
Se il campo magnetico decresce fno a zero in 0,45 s,
qual è la f.e.m. indotta media nella spira?
Se l’ intensità del campo magnetico rimane 2,1 T,
qual è la velocità ∆A/∆t con cui deve cambiare l’area
della spira per avere la stessa f.e.m. indotta?
Una barretta di rame scivola su due guide conduttrici
che formano tra loro un angolo di 19°. La barretta si
muove verso destra con velocità costante 0,60 m/s. Un
campo magnetico uniforme di 0,38 T è perpendicolare
al piano del foglio (fgura a fanco in alto).
22
90˚
v = 0,60 m/s
C
Una bobina con 1850 avvolgimenti è inserita in un circuito con la resistenza totale di 45,0 Ω. L’area di ciascun avvolgimento è 4,70 ∙ 10−4 m2. La bobina è spostata
da una regione in cui il campo magnetico è nullo a una
regione in cui il campo magnetico è presente, mantenendo la normale alla bobina parallela al campo magnetico. La carica indotta che fuisce nel circuito è
8,87 ∙ 10−3 C.
▶
▪▪▪
19˚
Determina l’intensità del campo magnetico.
Una bobina piatta ha un’area di 1,5 ∙ 10−3 m2, è fatta da
50 avvolgimenti e ha una resistenza di 140 Ω. Si trova in
un campo magnetico in posizione tale che la normale
alla bobina è parallela al campo magnetico. La bobina
viene poi ruotata di 90°, in modo che la normale risulti
perpendicolare al campo magnetico. Mentre viene ruotata, una carica di 8,5 ∙ 10−5 C fuisce nella bobina.
▶
Quanto vale il campo magnetico?
eSemPIo
Una spira di rame, a forma di settore circolare ad angolo retto di raggio r, ruota, con velocità angolare ω costante e periodo T, attorno a un punto che si trova al confne tra una zona in cui è presente un campo magnetico uniforme B e una
zona in cui il campo B è nullo (fgure A e B).
▶
Qual è l’andamento della f.e.m. indotta nella spira?
A
B
C
D
E
F
835
capitolo
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
la soluzione
Per la legge di Faraday-Neumann, la f.e.m. indotta è pari alla variazione del fusso magnetico attraverso la superfcie
delimitata dalla spira. La variazione di fusso si ha quando la spira entra ed esce dalla zona in cui è presente il campo B.
Se al tempo t = 0 s la spira ha i lati paralleli agli assi x e y (fgura A), allora il fusso di B è nullo. Al tempo t la spira ha
ruotato di un angolo
2π
α = ωt = _ t
T
e quindi un settore della spira di area
1
1 2π
t
A(t) = _ α r 2 = _ _ t r 2 = π r 2 _
(
)
2
2 T
T
è entrato nella zona in cui è presente il campo B (fgura C). Pertanto il fusso di B al tempo t è
t
Φ(t) = A(t) B = π r 2 _ B
T
Quando α = π/2, vale a dire al tempo t = T/4, la spira è tutta interna alla zona dove è presente il campo B (fgura d) e
fno al momento in cui l’ angolo non arriva al valore α = π, cioè al tempo t = T/2, il fusso rimane costante al suo valore
massimo (fgura e):
T
B
Φ max = Φ _ = π r 2 _
( 4)
4
Tra α = π e α = 3π/2, vale a dire tra t = T/2 e t = 3T/4, la spira inizia a uscire dal campo e il fusso diminuisce (fgura F):
T
T
Φ(t) = Φ max − Φ t − _ = Φ max − A t − _ B =
(
(
2)
2)
B
T B
3 t
= π r 2 _ − π r 2 t − _ _ = π r 2B _ − _
(
(4 T )
4
2) T
Tra α = 3π/2 e α = 2π, vale a dire tra t = 3T/4 e t = T, la spira si trova fuori dal campo e il fusso è nullo: Φ(t) = 0.
Riassumendo, nell’ intervallo di tempo T impiegato dalla spira per effettuare un giro completo si ha
⎧
t
π r 2B _ se 0 < t < T/4
T
1
π r 2B _ se T/4 < t < T/2
4
Φ(t) = ⎨
3 t
π r 2B _ − _ se T/2 < t < 3T/4
4 T
⎪
⎪
⎩ 0 se 3T/4 < t < T
La f.e.m. indotta è data dalla legge di Faraday-Neumann
dΦ(t)
ℰ(t) = − _
dt
per cui si ha
⎧
⎪
⎪
ℰ(t) = ⎨
1
− π r 2B _
T
0
se 0 < t < T/4
se T/4 < t < T/2
1
π r 2B _
T
se T/2 < t < 3T/4
⎩ 0 se 3T/4 < t < T
836
ESERCIZI
24
▪▪▪
Un solenoide ha una sezione di area 6,0 ∙ 10−4 m2, è formato da 400 avvolgimenti ed è percorso da una corrente di 0,40 A. Una bobina con 10 spire è avvolta strettamente attorno al solenoide. I terminali della bobina
sono connessi a un resistore da 1,5 Ω. A causa dell’apertura di un interruttore, la corrente si annulla in
0,050 s.
▶
4
25
▪▪▪
capitolo
InduzIone elettromAgnetICA
rente attraversa l’amperometro quando la bobina è
mossa:
27
▪▪▪
Determina la corrente media indotta nella bobina.
la legge di lenz
La fgura mostra una spira piatta di rame su un tavolo
(non mostrato) e connessa a una batteria attraverso un
interruttore chiuso. La corrente I nella spira genera un
campo magnetico di cui sono mostrate alcune linee di
forza. L’interruttore viene aperto e la corrente si annulla. Sul tavolo ci sono anche due spire conduttrici più
piccole A e B non connesse ad alcuna batteria.
▶
19
▶
verso sinistra?
▶
verso destra?
Un flo rettilineo molto lungo giace su un tavolo e conduce una corrente I (fgura). Una piccola spira viene
spostata sopra il tavolo in direzione perpendicolare al
flo. Determina il verso della corrente mentre la spira
passa
▶
sopra la zona 1;
▶
sopra la zona 2.
Piano del tavolo
1
I
Determina il verso (orario o antiorario visto da sopra
il tavolo) della corrente indotta nelle spire A e B.
2
Linee del campo magnetico
28
Interruttore
▪▪▪
I
A
B
I
A partire dalla posizione mostrata in fgura, un pezzo
semicircolare di flo ruota compiendo una mezza rivoluzione nella direzione indicata.
▶
Quale estremità del resistore, sinistra o destra, è positiva? (Spiega.)
→
B (entrante nella pagina)
+
Ð
r
Anello di rame
26
▪▪▪
29
▪▪▪
Supponi che la calamita di fgura 1 sia ferma mentre la
bobina sia libera di muoversi. Con quale verso la cor-
eSemPIo
Due avvolgimenti di flo conduttore, entrambi levogiri, sono inseriti uno dentro l’altro. Quello più grande (blu in fgura) è collegato con un alimentatore, mentre quello
più interno è chiuso su se stesso.
▶
+
Ð
Descrivi che cosa accade quando si chiude l’interruttore e quando poi lo si riapre.
la soluzione
Alla chiusura dell’ interruttore la corrente inizia a scorrere nell’avvolgimento esterno. La corrente non raggiunge subito il suo valore massimo, ma genera un campo
magnetico crescente all’ interno dell’ avvolgimento stesso.
Il campo dell’ avvolgimento esterno attraversa anche l’avvolgimento interno e produce una variazione del fusso attraverso di esso.
Per la legge di Lenz, l’ avvolgimento interno genera una f.e.m. indotta, il cui effetto è quello di originare una corrente
che si oppone alla variazione del fusso. Poiché il fusso attraverso l’avvolgimento esterno è prodotto da una corrente
che gira in senso levogiro, la corrente dell’ avvolgimento interno circola inizialmente in senso opposto, cioè destrogiro.
Quando la corrente nell’ avvolgimento esterno arriva al suo valore massimo, allora il fusso attraverso l’avvolgimento
interno cessa di aumentare e la corrente indotta scompare.
Alzando l’ interruttore la corrente che circola nell’avvolgimento esterno si interrompe quasi di colpo e così fa il campo
magnetico. In questo modo il fusso prodotto dall’avvolgimento esterno attraverso l’avvolgimento interno svanisce.
Per la legge di Lenz, l’ avvolgimento esterno si oppone alla variazione di fusso e produce ora una corrente che circola
in senso levogiro.
837
capitolo
30
▪▪▪
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
La fgura mostra un flo diritto in cui passa una corrente
I. Al di sopra del flo c’ è una spira rettangolare che contiene un resistore R.
▶
Spiega perché il moto del magnete in A è ritardato sia
quando è sopra sia quando è sotto all’anello. Disegna
le correnti indotte nell’anello.
Se la corrente I diminuisce nel tempo, qual è il verso
della corrente indotta attraverso il resistore R: da sinistra a destra o da destra a sinistra?
▶
Spiega perché il moto del magnete non è alterato
dall’anello nella situazione B.
▶
R
S
S
N
N
I
31
▪▪▪
La fgura mostra un campo magnetico uniforme, posto
perpendicolarmente al piano del foglio, che riempie
l’ intera regione a sinistra dell’ asse y. A destra dell’asse
y non c’è campo magnetico. Un triangolo rigido ABC
fatto di flo di rame ruota in senso antiorario intorno
all’origine nel punto C. Indica qual è il verso (orario o
antiorario) della corrente indotta quando il triangolo
attraversa l’ asse:
▶
+y;
▶
−x;
▶
−y;
▶
+x.
A
5
34
▪▪▪
mutua induzione e autoinduzione
Il campo magnetico terrestre immagazzina energia.
L’intensità massima del campo terrestre è 7,0 ∙ 10−5 T.
▶
35
▪▪▪
Giustifca la risposta per ognuno dei casi.
→
B (entrante
nella pagina)
y
B
Calcola l’energia magnetica massima immagazzinata nella regione di spazio sopra una città (area
5,0 ∙ 108 m2, altezza 1500 m).
Due bobine sono poste una vicino all’altra. Inizialmente una corrente di 2,5 A scorre in una bobina mentre
nell’altra non c’è corrente. La corrente è poi azzerata
in un intervallo di 3,7 ∙ 10−2 s. Durante questo intervallo,
la f.e.m. media indotta nell’altra bobina è 1,7 V.
▶
Qual è la mutua induttanza delle due bobine?
A
36
▪▪▪
C
B
x
Durante un intervallo di 72 ms nella bobina primaria
cambia la corrente. Questo cambiamento provoca una
corrente di 6,0 mA nella bobina secondaria, che fa parte di un circuito con una resistenza di 12 Ω. La mutua
induttanza fra le due bobine è 3,2 mH.
▶
37
32
▪▪▪
Una spira circolare è appoggiata su un tavolo. Un flo
rettilineo molto lungo giace su un diametro della spira
come mostra la fgura. La corrente I nel flo sta diminuendo.
▶
Qual è il verso della corrente indotta, se ce n’ è una?
▪▪▪
Qual è la variazione della corrente primaria?
La corrente attraverso un induttore da 3,2 mH varia nel
tempo come mostrato nel grafco. Trova la f.e.m. media
indotta durante i seguenti intervalli di tempo:
▶
0,0-2,0 ms;
▶
2,0-5,0 ms;
▶
5,0-9,0 ms.
Piano del tavolo
4,0
I (A)
I
33
▪▪▪
838
La fgura a fanco in alto mostra un magnete che cade
attraverso un anello metallico. Nella parte A l’ anello è
intero, mentre in B l’ anello è tagliato.
0
0
2,0
5,0
t (ms)
9,0
ESERCIZI
38
▪▪▪
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
eSemPIo
Due avvolgimenti vicini, uno primario (P) e uno secondario (S), hanno
rispettivamente N P = 30 spire e N S = 75 spire. Se l’avvolgimento P è attraversato da una corrente I P = 1,8 A, allora genera un campo magnetico che
attraversa l’avvolgimento S e dà origine a un fusso, per ciascuna spira di
S, pari a Φ S1 = 3,6 ∙ 10−5 Wb.
▶
Determina la mutua induttanza tra i due avvolgimenti.
▶
Calcola il fusso Φ P1 per ciascuna spira di P se la stessa corrente di 1,8 A,
che prima scorreva in P, ora è fatta scorrere in S.
P
S
la soluzione
Il coeffciente di mutua induzione tra due avvolgimenti è la costante
di proporzionalità tra il fusso prodotto in uno dei due dalla corrente che
fuisce nell’ altro.
Nel nostro caso abbiamo come dato iniziale la corrente I P nel circuito P e sappiamo che nel circuito S si ha un fusso
complessivo Φ S = N S Φ S1 . Allora
▶
MI P = Φ S = N S Φ S1
da cui segue
N S Φ S1 (75 spire)(3,6 ∙ 10−5 Wb/spira)
M = ______ = _______________ = 1,5 ∙ 10−3 H
IP
1,8 A
La mutua induttanza esprime una proprietà del sistema formato dai due circuiti, pertanto è simmetrico nello scambio
di essi. Ciò vuol dire che M è anche il coeffciente di proporzionalità tra la corrente che circola nell’avvolgimento S e il
fusso che questa produce nell’ avvolgimento P:
▶
MI S = Φ P = N P Φ P1
da cui segue
MIS
Φ P1 = ____
NP
Nel caso in esame, nel circuito S scorre la stessa corrente che prima alimentava il circuito P, ossia I S = I P . Sostituendo
nella relazione precedente si ottiene
IP
1,8 A
Φ P1 = M ____ = (1,5 ∙ 10–3 H) ∙ __ = 9,0 ∙ 10−5 Wb
NP
30
39
▪▪▪
▶
40
▪▪▪
41
Se la corrente passa da 12 A a 0 A in 75 ms, quanto
vale la f.e.m. indotta nel solenoide?
▶
Quanta energia elettrica viene immagazzinata nel
solenoide?
▶
A che ritmo viene rimossa l’ energia elettrica dal solenoide quando la corrente arriva a 0 A in 75 ms?
(Nota che il ritmo a cui viene rimossa l’energia è la
potenza.)
42
▪▪▪
43
▪▪▪
Trova la f.e.m. indotta nel toroide quando la corrente
passa da 2,5 A a 1,1 A in 0,15 s.
Fra le armature di un condensatore di 3,0 μF c’è una
differenza di potenziale di 35 V.
44
▪▪▪
Qual è la mutua induttanza del sistema?
La bobina 1 è una bobina circolare piatta con N 1 avvolgimenti di raggio R 1 . Nel suo centro sta una bobina
molto più piccola con N 2 avvolgimenti di raggio R 2 . I
piani delle bobine sono paralleli. La bobina 2 è così piccola che il campo magnetico della bobina 1 è uniforme
in tutta la sua area.
▶
6
Quale deve essere la corrente in un solenoide da
5,0 mH perché questo immagazzini la stessa energia
del condensatore?
Un solenoide molto lungo ha 1750 avvolgimenti per
metro e un raggio di 0,0180 m. Una bobina con 125 spire è avvolta attorno al solenoide.
▶
Un lungo solenoide (area trasversale = 1,0 ∙ 10−6 m2, numero di avvolgimenti per unità di lunghezza = 2400 avvolgimenti/m) viene piegato a forma di toroide. Assumi
che il diametro del solenoide sia piccolo rispetto al raggio del toroide, che è 0,050 m.
▶
▪▪▪
▶
Una corrente costante I = 12 A scorre inizialmente in
un solenoide di induttanza L = 2,6 H. La corrente viene
poi ridotta a zero in un certo lasso di tempo.
Esprimi la mutua induttanza in termini di μ 0 , N 1 , N 2 ,
R1 e R2.
l’alternatore e la corrente alternata
Un generatore ha una bobina quadrata formata da 248
avvolgimenti. La bobina ruota a 79,1 rad/s in un campo
839
capitolo
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
menti di area 0,015 m2 ciascuno. I due generatori hanno
lo stesso numero di avvolgimenti e ruotano alla stessa
velocità angolare.
magnetico di 0,170 T. La tensione di picco del generatore è 75,0 V.
▶
Qual è la lunghezza di un lato della bobina?
▶
45
▪▪▪
46
▪▪▪
Un generatore usa un campo magnetico di 0,10 T e ha
una bobina con avvolgimenti di area 0,045 m2 ciascuno.
Un secondo generatore ha una bobina con avvolgi-
Quale campo magnetico deve usare il secondo generatore per avere la stessa f.e.m. di picco del primo
generatore?
eSemPIo
Un alternatore genera una tensione alternata con frequenza f = 60,0 Hz. La
bobina è formata da N = 550 spire, ciascuna delle quali ha un’area
A s = 0,012 m2, e ruota in un campo magnetico B = 0,020 T.
▶
Qual è il valore della tensione effcace prodotta dall’alternatore?
In un alternatore, il valore massimo della f.e.m indotta è ℰmax = ωAB, dove ω
è la velocità angolare della bobina, A è l’area complessiva delle spire che
formano la bobina e B è il campo magnetico in cui è immersa la bobina.
Quindi abbiamo, con i dati del problema:
ω = 2πf = 2 (3,14) (60,0 Hz) = 377 rad/s
A = NA s = 550 (0,012 m2) = 6,60 m2
© pieceseco.com
la soluzione
per cui
ℰmax = ωAB = (377 rad/s)(6,60 m2)(0,020 T) = 50 V
Il valore effcace si ottiene dal valore massimo:
ℰ max _
50 V
_=
= 35 V
ℰ eff = ____
√ 2 1,41
47
▪▪▪
Un generatore, avente f.e.m. massima ℰ max = 4500 V e
frequenza f = 60,0 Hz, contiene una bobina di 150 spire, con un’ area per spira pari a A s = 0,85 m2.
▶
48
▪▪▪
▪▪▪
50
51
▪▪▪
▶
53
▪▪▪
Supponendo che ogni avvolgimento sia quadrato, determina la lunghezza del flo con cui è fatta la bobina.
Una lampadina a incandescenza è alimentata da una
presa a 120 V. La corrente nel flamento varia nel tempo secondo la legge
I = (0,707 A) sen [(314 Hz) t]
▶
Qual è la frequenza della corrente alternata?
▶
Calcola la resistenza del flamento.
La corrente alternata in un circuito ha il valore di picco
di 2,50 A.
▶
Qual è la potenza media dissipata dalla lampadina?
Determina il suo valore effcace.
Il valore effcace della corrente in una fotocopiatrice è
6,50 A e la resistenza è 18,6 Ω. Calcola:
▶
la potenza media della fotocopiatrice;
▶
la potenza di picco della fotocopiatrice.
La potenza media utilizzata da un diffusore è 55 W.
Supponi che il diffusore si comporti come un resistore
da 4,0 Ω.
▶
840
Un generatore usa una bobina con 100 avvolgimenti e
un campo magnetico di 0,50 T. La frequenza del generatore è 60,0 Hz e la f.e.m. ha un valore effcace di
120 V.
Qual è il numero minimo di avvolgimenti (ciascuno
di area 0,022 m2) che dovrebbe avere la bobina per
produrre una f.e.m. effcace di 120,0 V?
▶
▪▪▪
Quanto deve valere il campo magnetico perché la
bobina ruoti?
L’ intensità massima del campo magnetico terrestre è
circa 6,9 ∙ 10−5 T in prossimità del polo sud magnetico.
In linea di principio, questo campo magnetico potrebbe
essere utilizzato con una bobina rotante per generare
corrente elettrica alternata a 60,0 Hz.
▶
49
52
▪▪▪
Calcola il valore di picco della corrente alternata che
scorre nel diffusore.
54
▪▪▪
La bobina di un generatore ha un raggio di 0,14 m e il
flo di cui è costituita ha una lunghezza di 5,7 m. Il campo magnetico del generatore è 0,20 T e la bobina ruota
con velocità angolare di 30 rad/s.
▶
7
55
▪▪▪
Qual è la massima f.e.m. di questo generatore?
I circuiti semplici in corrente alternata
Quale tensione è necessaria per creare una corrente di
35 mA in un circuito contenente solo un condensatore
da 0,86 μF quando la frequenza è 3,4 kHz?
ESERCIZI
▶
Determine the equivalent capacitance of the two capacitors.
Qual è la reattanza quando la frequenza è 870 Hz?
▶
Find the current in the circuit.
▶
58
▪▪▪
61
▪▪▪
Una bobina da 0,047 H è collegata ai terminali di un
generatore da 2,1 V che eroga una corrente effcace di
0,023 A.
59
Due condensatori uguali sono connessi in parallelo a
un generatore che ha una frequenza di 610 Hz con una
tensione di 24 V. La corrente nel circuito è 0,16 A.
▪▪▪
▶
Qual è la capacità di ciascun condensatore?
A circuit consists of a 3.00 μF and a 6.00 μF a capacitor connected in series across the terminals of a 510 Hz
generator. The voltage of the generator is 120 V.
Calcola la frequenza del generatore.
A quale frequenza (in Hz) la reattanza di una bobina
da 52 mH è uguale a quella di un condensatore da
76 μF?
60
▪▪▪
eSemPIo
La media geometrica della reattanza di un condensatore e della reattanza di un solenoide vale R = 100 Ω. Alla frequenza
f 0 = 500 Hz le due reattanze sono uguali.
▶
Determina i valori della capacità C e dell’induttanza L.
la soluzione
La media_geometrica di due numeri a e b è defnita come
m geo = √ ab , quindi la media geometrica delle due reattanze è
____
R = √ XC XL
da cui segue
XC X L = R 2
© abul basher azad / Shutterstock
57
InduzIone elettromAgnetICA
La reattanza di un condensatore è 68 Ω quando la corrente alternata ha una frequenza di 460 Hz.
▶
▪▪▪
19
© Jilek / Shutterstock
56
▪▪▪
capitolo
Esplicitando la frequenza f si ha
1
2πfL _ = R 2
2πfC
⇒
L
_ = R2
C
Imponendo XC = X L alla frequenza f 0 si ha
1
2πf 0 L = ____
2π f 0C
⇒
1
LC = __2
(2πf 0)
Moltiplicando tra loro, membro a membro, le due equazioni ricavate otteniamo
1
L 2 = R 2 __2
(2πf 0)
da cui segue
R
100 Ω
L = ____ = ___________ = 3,2 ∙ 10−2 H = 32 mH
2π f 0 2 (3,14) (500 Hz)
e, tenendo conto che C = 1/[L(2πf 0)2], si ricava
1
1
C = __2 = ____________
= 3,2 ∙ 10−6 F = 3,2 μF
L (2πf 0) (3,2 ∙ 10−2 H)[ 2 (3,14) (500 Hz)]2
62
▪▪▪
Una bobina da 8,2 mH è connessa a un generatore di
corrente alternata (10,0 Veff , 620 Hz).
▶
63
▪▪▪
64
▪▪▪
Determina il valore massimo dell’intensità di corrente erogata dal generatore.
▶
Un condensatore è connesso a un generatore in corrente alternata di frequenza 750 Hz e tensione massima di
140 V. La corrente effcace nel circuito è 3,0 A.
▶
Qual è la capacità del condensatore?
▶
Qual è la massima carica che si accumula su un’armatura del condensatore?
Un circuito consiste in un resistore da 100 Ω messo in
serie con un condensatore da 8,0 μF. Tale circuito viene
connesso tra i terminali di un generatore, la cui tensione è fssa.
65
▪▪▪
Determina la frequenza alla quale la corrente nel circuito ha un valore pari alla metà di quello corrispondente a frequenze molto alte.
Una bobina da 30,0 mH ha una reattanza di 2,10 ∙ 103 Ω.
▶
Qual è la frequenza della corrente alternata che passa attraverso la bobina?
841
capitolo
67
▪▪▪
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
▶
Qual è la capacità del condensatore che ha la stessa
reattanza alla stessa frequenza?
8
▶
Se la frequenza è triplicata, e quindi le due reattanze
non sono più uguali, qual è la nuova reattanza della
bobina?
▪▪▪
▶
E quale quella del condensatore?
66
Circuiti RLC in corrente alternata
Un circuito RLC in serie è composto da una resistenza
di 275 Ω, una reattanza induttiva di 648 Ω e una reattanza capacitiva di 415 Ω. La corrente nel circuito è
0,23 A.
▶
Qual è la tensione?
eSemPIo
Un solenoide da 84,0 mH è posto in serie a un condensatore da 5,80 μF. Trascura la
resistenza R. La serie è alimentata da un generatore con frequenza f = 375 Hz e la
tensione effcace sul condensatore è 2,20 V. Trascura la resistenza R.
▶
5,80 μF
84,0 mH
2,20 V
Calcola la tensione effcace sul solenoide.
la soluzione
L’ impedenza del circuito è
_
Z = √ (XC – XL)2 = |X C − X L |
f = 375 Hz
e il valore effcace della corrente che lo attraversa è
ℰ eff
I eff = __
Z
La tensione effcace sul condensatore è proporzionale a XC :
ℰ eff
ℰ eff
VC eff = X C I eff = X C __ = X C __
Z
|X C − X L |
Analogamente, la tensione effcace sul solenoide è proporzionale a X L :
ℰ eff
ℰ eff
VL eff = X L I eff = X L __ = X L __
Z
|X C − X L |
Ricordando le relazioni XC = 1/(2πfC) e X L = 2πfL, dal rapporto tra le due tensioni si ottiene
VL eff X
2πfL
L
_
= _ = ______ = (2πf )2LC
VC eff X C
1
_
2πfC
e quindi
VL eff = VC eff (2πf )2LC
Sostituendo i valori numerici risulta
VL eff = (2,20 V) [2 (3,14)(375 Hz)]2 (84,0 ∙ 10−3 H)(5,80 ∙ 10−6 F) = 5,94 V
68
▪▪▪
▶
69
▪▪▪
70
Calcola la potenza erogata al circuito.
A quale frequenza la corrente diventa la metà di
quella che passa nel circuito quando la frequenza è
molto elevata?
Un circuito RLC in serie contiene un condensatore
(C = 6,60 μF), una bobina (L = 7,20 mH) e un generatore (tensione di picco = 32,0 V, f = 1,50 ∙ 103 Hz).
Quando t = 0 s, la tensione è nulla e diventa massima
un quarto di periodo più tardi.
▶
842
▶
Determina il valore istantaneo della tensione ai capi della combinazione bobina/condensatore quando
Qual è il valore istantaneo della corrente quando
t = 1,20 ∙ 10−4 s?
Suggerimento: in assenza di resistori, lo sfasamento della corrente rispetto alla tensione è quello dell’elemento di circuito che in quel momento ha l’induttanza
maggiore.
Un circuito consiste di una resistenza di 85 Ω in serie
con un condensatore da 4,0 μF, connessi a un generatore in corrente alternata di tensione fssata.
▶
▪▪▪
t = 1,20 ∙ 10−4 s.
Una resistenza di 2700 Ω e un condensatore da 1,1 μF
sono connessi in serie a un generatore (60 Hz, 120 V).
9
71
▪▪▪
la risonanza nei circuiti elettrici
La frequenza di risonanza di un circuito RLC in serie è
690 kHz. La capacità è 2,0 ∙ 10−9 F.
▶
72
▪▪▪
Qual è il valore dell’induttanza?
La frequenza di risonanza di un circuito RLC in serie è
9,3 kHz. La capacità e l’induttanza vengono triplicate.
▶
Qual è la nuova frequenza di risonanza?
ESERCIZI
Un resistore da 10,0 Ω, un condensatore da 12,0 μF e
un induttore da 17,0 mH sono connessi in serie con un
generatore da 155 V.
▶
A quale frequenza si ha la massima corrente?
▶
Qual è il massimo valore della corrente effcace?
77
▪▪▪
10
Il trasformatore
74
Le batterie in un lettore CD sono ricaricate da un caricabatterie che consiste in un trasformatore con rapporto di trasformazione 1:13. La presa fornisce una tensione di 120 V.
▪▪▪
▶
75
▪▪▪
76
80
▶
Quanto vale la corrente che arriva dalla presa a
muro?
▶
Trova la potenza media fornita dalla presa a muro e
la potenza media inviata alle batterie.
Un trasformatore, che consiste in due bobine avvolte
intorno a una struttura di ferro, è connesso a un generatore e a un resistore come mostra la fgura. La bobina
primaria ha 11 avvolgimenti, mentre quella secondaria
ne ha 18. La massima tensione ai capi del resistore è
67 V.
▶
Quanto vale la massima f.e.m. del generatore?
Qual è la tensione nella bobina secondaria del trasformatore?
Calcola la potenza utilizzata dal dispositivo.
R
78
Le batterie ricaricabili di un laptop hanno bisogno di
una tensione molto inferiore a quella che le prese a
muro forniscono. Per questo motivo, un trasformatore
viene inserito nella presa a muro per produrre la tensione necessaria a ricaricare le batterie. Le batterie
sono da 9,0 V e la corrente usata per ricaricarle è
235 mA. La presa a muro fornisce una tensione di
120 V.
▶
▪▪▪
InduzIone elettromAgnetICA
La bobina secondaria di un trasformatore alimenta un
dispositivo. Il rapporto di trasformazione è 50:1. La bobina primaria è alimentata da una presa a 120 V. Nella
bobina secondaria scorre una corrente di 1,7 ∙ 10−3 A.
▶
▪▪▪
19
▪▪▪
Un trenino elettrico è alimentato con un trasformatore
avente rapporto di trasformazione 1:8. Mentre il trenino si muove la corrente che scorre nella bobina secondaria è 1,6 A.
▶
79
▪▪▪
Determina il rapporto di trasformazione.
Qual è la corrente nella bobina primaria?
I campanelli elettrici di molte abitazioni funzionano a
10,0 V. Per ottenere questa tensione si usano trasformatori che operano con la tensione di rete 220 V.
▶
Qual è il rapporto N s /N p?
eSemPIo
Un trasformatore è progettato per ridurre la tensione effcace di rete da 230 V a
12 V e fornire una potenza di 50 W. Il circuito primario è formato da 725 spire. Si
vuole che la corrente nel trasformatore non superi il valore di 2,5 A per millimetro
quadrato di sezione.
▶
Calcola il diametro del flo di rame da usare per il circuito primario e per quello
secondario.
la soluzione
L’equazione del trasformatore ideale dà il rapporto tra le tensioni effcaci e il numero di spire rispettivamente dei circuiti primario e secondario:
© Wikipedia
73
▪▪▪
capitolo
Vs ___
Ns
___
=
Vp N p
da cui segue
Vs
N s = N p ___
Vp
Sostituendo i valori numerici risulta
12 V
N s = 725 _ = 38 spire
230 V
La potenza P assorbita dal circuito secondario deve essere la stessa del primario. Considerando i valori effcaci di tensione e di corrente si ha
P = I eff ℰeff = I s Vs = I p V p = 50 W
843
capitolo
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
da cui ricaviamo i valori di corrente:
P
50 W
I p = __ = _ = 0,22 A
Vp 230 V
P 50 W
I s = __ = _ = 4,2 A
Vs 12 V
Se la densità di corrente nel trasformatore non deve superare il valore J max = 2,5 A/mm2, le sezioni dei fli di rame dei
circuiti primario e secondario devono essere rispettivamente
Ip
0,22 A
A p > __ = _______2 = 0,088 mm2
J max 2,5 A/mm
Is
4,2 A
A s > __ = _______2 = 1,7 mm2
J max 2,5 A/mm
Tali sezioni corrispondono ai diametri
______
__
Ap
0,088 mm2
__
dp = 2
= 2 ______ = 0,33 mm
π
3,14
______
__
As
1,7 mm2
d s = 2 __ = 2 ______ = 1,5 mm
π
3,14
√
√
√
√
Il flo del circuito secondario a bassa tensione deve essere più spesso di quello del circuito primario ad alta tensione
perché in esso scorre una corrente di intensità maggiore.
81
▪▪▪
Una centrale elettrica produce una potenza di
1,2 ∙ 106 W che deve essere inviata a una piccola città
distante 7,0 km. Ciascuno dei due fli di trasmissione ha
una resistenza di 5,0 ∙ 10−2 Ω per kilometro.
82
83
▪▪▪
85
Un trasformatore con rapporto 100:1 innalza il voltaggio prima che l’ energia sia trasmessa. Quanta potenza viene dissipata in questo caso?
0
Una stufa elettrica funziona 9 ore al giorno nel mese di
gennaio (31 giorni). Attraverso l’elemento riscaldatore
di 5,3 Ω scorre una corrente di 25 A. Il costo dell’elettricità è 0,12 €/kWh.
Calcola la spesa totale del mese.
0,21 s
86
▪▪▪
la frequenza f del generatore in hertz.
t
87
▪▪▪
La bobina di un generatore ha 500 avvolgimenti ciascuno di area 1,2 ∙ 10−2 m2. La bobina è posta in un campo
magnetico di 0,13 T e ruota con una velocità angolare
di 34 rad/s.
▶
88
▪▪▪
Determina il verso della corrente nell’amperometro
nelle parti B e C della fgura. Fornisci una spiegazione
del risultato.
Qual è la f.e.m. indotta nella bobina nell’istante in
cui la normale alle spire forma un angolo di 27° con
il campo magnetico?
Indica direzione e verso del campo elettrico fra le armature del condensatore mostrato in fgura mentre il
campo magnetico sta diminuendo.
→
B (uscente dalla pagina)
Quanti avvolgimenti ha la bobina 2?
La fgura a fanco in alto mostra l’andamento della
f.e.m. prodotta da un generatore in funzione del tempo.
La bobina del dispositivo è formata da 150 spire ciascuna di area 0,020 m2. Determina:
0,84 s
Supponiamo che i poli della calamita in fgura 1 siano
scambiati fra loro.
▶
Calcola la resistenza della lampada.
Due bobine risentono della stessa variazione di fusso
magnetico in ciascun avvolgimento. La f.e.m. indotta
nella bobina 1, che ha 184 avvolgimenti, è 2,82 V. La
f.e.m. indotta nella bobina 2 è 4,23 V.
0,63 s
0,42 s
–28 V
Una caffettiera elettrica e una lampada sono connesse
in parallelo alla stessa presa a 120 V. Insieme utilizzano
una potenza di 111 W. La resistenza della caffettiera è
4,0 ∙ 102 Ω.
▶
844
F.e.m.
▶
▶
▪▪▪
l’intensità del campo magnetico.
+28 V
▶
84
▶
Calcola la potenza dissipata in calore nei fli se l’energia elettrica è trasferita a 1200 V.
▶
▪▪▪
la velocità angolare ω in rad/s.
▶
Problemi finali
▪▪▪
▶
Condensatore
ESERCIZI
89
▪▪▪
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
eSemPIo
Un avvolgimento di N = 25 spire, ciascuna di area
A = 40 cm2, è posto tra le espansioni polari di un elettromagnete. Quando l’ elettromagnete non è attivato, il campo
magnetico che attraversa l’ avvolgimento ha un valore iniziale B i = 0,01 T. Aumentando opportunamente la corrente
nell’elettromagnete, si fa crescere linearmente questo campo, in un intervallo di tempo ∆t = 0,10 s, fno al valore fnale
B f = 0,15 T. L’ avvolgimento ha resistenza R = 4,5 Ω. Trascura gli effetti di autoinduzione dell’avvolgimento. Nell’intervallo ∆t calcola i valori
→
B
▶
di f.e.m. indotta;
▶
dell’intensità di corrente che circola;
▶
della carica che attraversa l’ avvolgimento;
▶
dell’energia dissipata dalla resistenza;
▶
Stabilisci come cambiano queste quantità se viene dimezzato l’intervallo di tempo in cui il campo è portato dal valore
B i al valore B f .
la soluzione
▶
La f.e.m. è indotta dalla variazione di fusso del campo magnetico è
Φf − Φi
∆Φ
ℰ = − _ = − ______
∆t
∆t
▶ Il valore iniziale del fusso è Φ i = NAB i, mentre il valore fnale è Φ f = NAB f , quindi
Bf − Bi
ℰ = − NA ______ =
∆t
0,15 T − 0,01 T
= − 25 (40 ∙ 10−4 m2) ____________ = − 0,14 V
0,10 s
▶
L’intensità di corrente che circola nell’ avvolgimento è
Bf − Bi 1
ℰ
I = _ = − NA ______ _ =
R
∆t R
− 0,14 V
= _ = − 0,031 A
4,5 Ω
▶
La carica totale che attraversa l’ avvolgimento nell’intervallo ∆t è
Bf − Bi
Q = I∆t = − NA _ =
R
= (− 0,031 A)(0,10 s) = −3,1 ∙ 10−3 C
▶
L’energia dissipata dalla resistenza è
Bf − Bi
Bf − Bi
[NA(B f − B i)]2
E = ℰQ = − NA ______ − NA _ = ____ =
(
∆t )(
R )
R ∆t
= (−0,14 V)(−3,1 ∙ 10−3 C) = 4,3 ∙ 10−4 J
▶ La f.e.m. indotta, l’ intensità di corrente e l’energia dissipata sono inversamente proporzionali a ∆t, mentre la carica
che passa attraverso l’ avvolgimento non dipende da ∆t. Se la durata della variazione del campo magnetico viene dimezzata, cioè se il campo magnetico varia della stessa quantità ∆Φ in un intervallo di tempo ∆t′ = ∆t/2, avremo
∆Φ
∆Φ
ℰ′ = − _ = − _ = 2ℰ
∆t′
∆t/2
ℰ′ 2ℰ
I′ = _ = _ = 2I
R
R
Q′ = Q
E′ = ℰ′Q = 2ℰQ = 2E
845
19
capitolo
90
▪▪▪
91
▪▪▪
▶
Determina l’ intensità della f.e.m. indotta nella spira.
▶
Supponi che l’area della spira possa essere aumentata o diminuita. Se il campo magnetico aumenta
come nel caso della domanda precedente, a quale
tasso (in m2/s) l’area dovrebbe cambiare nell’istante
in cui B = 1,8 T perché la f.e.m. indotta sia zero?
La fgura mostra una spira di rame formata da due semicerchi uniti da sezioni diritte di flo. Nella parte A
della fgura, la spira e la linea tratteggiata giacciono sullo stesso piano. Il semicerchio minore, di raggio 0,20 m,
inizia a ruotare alla velocità angolare ω = 1,5 rad/s intorno alla linea tratteggiata, fno a trovarsi in posizione
perpendicolare rispetto al semicerchio maggiore, come
mostra la parte B della fgura. Un campo magnetico
uniforme e costante nel tempo B = 0,35 T è diretto verso l’ alto, perpendicolarmente al piano della spira. La
resistenza della spira è 0,025 Ω.
Determina la corrente media I indotta nella spira
mentre essa cambia forma, passando dalla situazione
illustrata in A a quella illustrata in B. (Ricorda di inserire il segno nella risposta.)
ω
▪▪▪
94
▪▪▪
95
▪▪▪
96
B
Qual è la minima intensità di corrente che si dovrebbe fornire a un impianto di riscaldamento elettrico a
240 V per ottenere la stessa quantità di energia?
Due barrette conduttrici lunghe 0,68 m ruotano alla
stessa velocità in sensi opposti in un piano perpendicolare a un campo magnetico di 4,7 T. Come mostra la fgura, le estremità delle sbarrette si avvicinano fno a
1 mm durante la rotazione. Le estremità fsse sono connesse mediante un flo e quindi hanno lo stesso potenziale elettrico. Perché scocchi una scintilla di 1 mm in
aria è necessaria una differenza di potenziale di
4,5 ∙ 103 V.
▶
Qual è la velocità angolare (in rad/s) delle sbarrette
quando scocca una scintilla fra le loro estremità in
moto?
Distanza di 1 mm
→
B (entrante
nella pagina)
Trova il valore del campo magnetico.
Le parti A e B in fgura mostrano lo stesso campo magnetico B uniforme e costante (nel tempo), diretto perpendicolarmente dentro il foglio al di sopra di una regione rettangolare. Al di fuori di questa regione non c’è
campo. In fgura è mostrata anche una spira rettangolare (un solo avvolgimento) che giace sul piano del fo-
Filo
97
▪▪▪
B (entrante nella pagina)
→
v
L
A
98
▪▪▪
→
v
C
B
Un resistore da 16,0 Ω, un condensatore da 4,10 μF e
un induttore da 5,30 mH sono connessi in serie con un
generatore (15,0 V, 1350 Hz).
▶
→
846
Se R = 16 Ω e L = 4,0 mH, trova la frequenza alla quale
la corrente è la metà del suo valore a frequenza zero.
Per risparmiare sul riscaldamento, un agricoltore tiene
un contenitore con 660 kg di acqua dentro una serra.
Durante un giorno invernale, l’acqua è riscaldata dal
sole a 10,0 °C. Durante la notte l’acqua ghiaccia a
0,0 °C in nove ore e rilascia calore latente nella serra.
▶
▪▪▪
Quanto vale il valore medio della f.e.m. indotta nella
spira nella parte B?
Un circuito in serie contiene solo un resistore e un induttore. La tensione V del generatore è fssa.
▶
Una bobina conduttrice con 2100 avvolgimenti è connessa a un galvanometro e la resistenza totale del circuito è 45,0 Ω. L’area di ogni avvolgimento è 4,70 ∙ 10−4 m2.
Questa bobina viene spostata da una regione dove il
campo magnetico è zero a una dove è diverso da zero.
La normale alla spira viene mantenuta parallela al
campo magnetico e viene misurata una quantità di carica indotta a circolare nel circuito pari a 8,87 ∙ 10−3 C.
▶
93
▶
ω
A
92
glio. Nella parte A, il lato lungo L della spira si trova a
un’estremità della regione, mentre nella parte B è il
lato corto C a trovarsi all’estremità. Sappiamo che
L/C = 3,0. In entrambe le parti della fgura, la spira viene spinta dentro il campo con la stessa velocità v fnché
si trova completamente all’interno della regione con il
campo. Il valore medio della f.e.m. indotta nella spira
nella parte A è 0,15 V.
Un campo magnetico attraversa una spira la cui area è
0,018 m2. La direzione del campo magnetico è parallela
alla normale alla spira e l’ intensità del campo sta crescendo al tasso di 0,20 T/s.
▶
▪▪▪
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
Calcola la differenza di potenziale ai capi di ciascun
elemento di circuito.
Un circuito RLC in serie contiene un condensatore da
5,10 μF e un generatore da 11,0 V. Alla frequenza di
risonanza 1,30 kHz la potenza rilasciata al circuito è
25,0 W. Calcola:
▶
il valore dell’induttanza.
▶
il valore della resistenza.
▶
il fattore di potenza quando la frequenza del generatore è 2,31 kHz.
ESERCIZI
99
▪▪▪
▪▪▪
▪▪▪
102
103
Un flo di rame (ρrame = 1,7 ∙ 10−8 Ω ∙ m) lungo l = 157 m
di sezione S = 0,5 mm2 viene utilizzato per costruire un
solenoide di lunghezza L = 30 cm, formato da N = 1000
spire. Ai capi del solenoide viene applicata una d.d.p.
V = 12 V. Calcola:
▶
la resistenza del flo e la corrente che percorre il solenoide;
▶
il campo magnetico B all’interno del solenoide.
All’interno del solenoide si trova una piccola spira rettangolare di lati a = 2 cm e b = 3 cm, posta in modo tale
che la normale alla spira forma un angolo ϕ = 30° con
la direzione dell’asse del solenoide. Calcola:
Trova la corrente media indotta nella bobina.
Un generatore è connesso in serie a un resistore e a un
induttore da 0,021 H. Quando la frequenza del generatore è fssata a 177 Hz, la tensione effcace agli estremi
dell’ induttore è 2,6 V.
▶
InduzIone elettromAgnetICA
(Esame di Fisica, corso di laurea in Scienze biologiche,
Università di Genova, 2004-2005)
Un solenoide ha un’ area trasversale pari a 6,0 ∙ 10−4 m2,
è composto da 400 avvolgimenti per metro e trasporta
una corrente di 0,53 A. Una bobina da 10 avvolgimenti
è avvolta stretta intorno alla circonferenza del solenoide. I terminali della bobina sono connessi a un resistore
da 1,2 Ω. All’ improvviso, l’ interruttore viene aperto e
la corrente nel solenoide si azzera in 0,050 s.
▶
101
Se il condensatore fosse invece stato aggiunto in parallelo, di quanto sarebbe aumentata la corrente fornita dal generatore?
19
posto in un campo magnetico B = 1 T uniforme, orientato nella→ stessa direzione del solenoide. Calcolare il
fusso di B attraverso il solenoide e la corrente indotta
quando la direzione del campo viene invertita in un
tempo t = 0,2 s.
Un condensatore di capacità C 1 è connesso ai terminali di un generatore. Senza cambiare la tensione o la frequenza del generatore, un secondo condensatore di
capacità C 2 viene aggiunto in serie al primo. Il risultato
è che la corrente fornita dal generatore cala di un fattore pari a 3.
▶
100
capitolo
Determina la resistenza del resistore in questo circuito.
Un solenoide è costituito da N = 60 spire di raggio
r = 2 cm, possiede una resistenza totale R = 3 Ω ed è
→
▶
il fusso di B attraverso la spira rettangolare;
▶
la f.e.m. indotta nella spira se la corrente che percorre il solenoide viene portata a zero in un tempo
∆t = 3 ms.
(Esame di Fisica, corso di laurea in Scienze biologiche,
Università di Genova, 2000-2001)
domande
1
Supponi che la calamita e la bobina della fgura 1 si
muovano con la stessa velocità rispetto al terreno. Si
originerebbe una f.e.m. indotta nella bobina?
2
Un fulmine può indurre una corrente in un dispositivo
elettrico anche se non lo colpisce direttamente. Perché?
3
Considera gli avvolgimenti di flo della fgura 2. La legge di Lenz prevede il verso della corrente che si origina
in essi quando vengono tirati come indicato?
4
Quando l’ interruttore del circuito in fgura viene chiuso, nella bobina scorre una corrente e l’anello metallico
si muove. In quale verso?
Nucleo
di ferro
5
I capi di un flo rettilineo molto lungo sono connessi ai
terminali di un generatore in corrente alternata e si misura l’intensità di corrente. Il flo viene poi disconnesso,
avvolto a formare una bobina con molte spire e quindi
riconnesso al generatore. In quale delle due situazioni
il generatore fornisce la corrente più intensa?
6
È possibile che due circuiti RLC in serie abbiano la
stessa frequenza di risonanza avendo:
valori diversi di R?
▶
valori diversi di C e L?
7
Discuti il fenomeno dell’induzione elettromagnetica.
8
Dimostra l’espressione della legge di Faraday-Neumann.
9
Enuncia la legge di Lenz, spiegandone il signifcato alla
luce del principio di conservazione dell’energia.
10
Nell’ambito delle correnti alternate, spiega il signifcato di valore effcace di una corrente o di una forza
elettromotrice.
11
Descrivi in quali modi può essere variato il fusso di un
campo magnetico.
Anello metallico
Interruttore
Bobina
+ –
Batteria
▶
847
capitolo
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
test
1
2
Una spira conduttrice è posta in un campo magnetico
che è perpendicolare al suo asse. Quale delle seguenti
azioni non genera una corrente indotta nella spira?
6
La corrente in un solenoide passa da 1,2 A a 0,6 A in
1 s. Quale delle seguenti affermazioni relative all’ induttanza del solenoide è vera?
a Ruotare la spira attorno al suo asse.
a Rimane invariata.
b Aumentare l’ intensità del campo magnetico.
b Aumenta di un fattore 2.
c Diminuire l’ intensità del campo magnetico.
c Aumenta di un fattore 4.
d Diminuire l’ area della spira.
d Diminuisce di un fattore 2.
Un’asta conduttrice si muove verso sinistra a velocità
→
costante v su due guide conduttrici, come mostra la fgura. La presenza di un campo magnetico costante genera la corrente indotta indicata. Come è diretto il
campo magnetico?
7
Un solenoide con una resistenza di 0,15 Ω ha un’ induttanza di 0,083 H. Una batteria da 5,0 V è connessa agli
estremi del solenoide. La corrente nel solenoide raggiunge il suo valore massimo. Quanta energia è immagazzinata dal solenoide?
a Verso destra.
a 92 J
c 16 J
b Verso sinistra.
b 46 J
d 4,1 J
c Uscente dalla pagina.
8
d Entrante nella pagina.
I
→
v
Un alternatore ha una bobina circolare con 275 avvolgimenti e un raggio di 0,045 m. La bobina ruota in un
campo magnetico di 0,500 T, come mostra la fgura. A
quale velocità angolare deve ruotare la bobina perché
la f.e.m. massima sia 175 V?
a 28 rad/s
c 130 rad/s
b 59 rad/s
d 200 rad/s
R
I
3
4
Una spira circolare di rame è posta perpendicolarmente a un campo magnetico di 0,50 T. Per effetto di forze
esterne, l’area della spira diminuisce con un tasso di
1,26 ∙ 10−3 m2/s. Qual è la f.e.m. indotta nella spira?
a 3,1 ∙ 10−4 V
c 1,2 ∙ 10−3 V
b 6,3 ∙ 10−4 V
d 7,9 ∙ 10−3 V
a 0,054 s
b 0,13 s
5
9
Un campo magnetico è perpendicolare a una bobina
composta da 120 avvolgimenti rettangolari di lati
0,15 m e 0,30 m. Quando il campo magnetico cambia da
0,1 T a 1,5 T in un intervallo di tempo ∆t, nella bobina
si origina una f.e.m. di −1,2 V. Determina ∆t.
In un asciugacapelli di potenza 1500 W scorre una corrente che varia nel tempo secondo la legge
I(t) = (17,7 A) sen [(120 Hz) πt]
La frequenza e il valore effcace della corrente sono rispettivamente:
c 1,6 s
a 120 Hz 12,5 A
c 60 Hz 12,5 A
d 6,3 s
b 120 Hz 17,7 A
d 60 Hz 17,7 A
I due solenoidi mostrati in fgura hanno l’asse in comune. È noto che la mutua induttanza è 6,0 mH. La corrente nel solenoide 1 cambia con un tasso di 3,5 A/s.
Qual è la f.e.m. indotta nel solenoide 2?
10
Un ferro da stiro è alimentato da una f.e.m.
ℰ(t) = (220 V) sen [(100 Hz) πt]
In esso scorre una corrente
I(t) = (10 A) sen [(100 Hz) πt]
Qual è la potenza dissipata dal ferro?
Solenoide 1
a 5,8 ∙ 10−4 V
−3
b 1,7 ∙ 10 V
848
Solenoide 2
c 2,1 ∙ 10−2 V
d 1,5 ∙ 10−1 V
11
a 2,2 kW
c 1,1 kW
b 1,6 kW
d 500 W
Una batteria è connessa a un circuito: dopo pochi istanti la corrente si annulla. Quando lo stesso circuito è alimentato da un alternatore, la corrente oscilla. Puoi
concludere che nel circuito sono presenti:
ESERCIZI
capitolo
19
a solo resistori.
b solo condensatori.
InduzIone elettromAgnetICA
a
i(t)
b
i(t)
c
i(t)
c solo induttori.
d induttori e resistori ma non condensatori.
12
t1
Quando la frequenza di un circuito in corrente alternata diminuisce, la corrente nel circuito aumenta. Puoi
concludere che nel circuito sono presenti:
t
t1
a solo resistori.
e
i(t)
c solo induttori.
t1
d induttori e resistori ma non condensatori.
13
t1
t
t
Quale delle seguenti affermazioni relativa a un circuito
RLC in serie è vera?
a A basse frequenze l’ impedenza è dominata dalla
reattanza capacitiva.
b Ad alte frequenze l’ impedenza è dominata dalla
resistenza.
(Gara di 1° livello edizione 2007)
17
c L’ impedenza dipende solo da C e L.
d L’ impedenza è indipendente dalla frequenza.
14
t
t1
d
i(t)
b solo condensatori.
t
Tre spire conduttrici sono disposte come in fgura con
l’asse in comune. Una corrente I viene vista dall’ osservatore scorrere in verso antiorario nella spira centrale
→
mentre questa si muove a velocità v verso l’ osservatore; le spire 1 e 2 sono ferme.
2
Un circuito RLC in serie è formato da un induttore da
6,00 mH e da un condensatore da 2,50 μF. Qual è la
frequenza di risonanza del circuito?
I
1
a 11,9 Hz
→
v
2
b 1,06 ∙ 10 Hz
c 1,30 ∙ 103 Hz
d 3,03 ∙ 104 Hz
15
Un trasformatore ha 450 avvolgimenti nel primario e
30 nel secondario. Quale delle seguenti affermazioni
relative a esso è vera?
Allora l’osservatore vedrà:
a Il rapporto di trasformazione è 15.
a correnti indotte che scorrono nelle spire 1 e 2 in
verso orario.
b Vs /Vp = 15.
c I s /I p = 0,067.
b correnti indotte che scorrono nelle spire 1 e 2 in
verso antiorario.
d La potenza rilasciata dal secondario è praticamente
uguale alla potenza rilasciata dal primario.
16
c una corrente indotta che scorre nella spira 1 in verso orario e una nella 2 in verso antiorario.
Una calamita viene fatta passare a velocità costante attraverso una spira formata da un flo metallico, come
mostrato in fgura.
d una corrente indotta che scorre nella spira 1 in verso antiorario e una nella 2 in verso orario.
S
e una corrente indotta che scorre nella spira 1 in verso
antiorario mentre nella spira 2 non scorre corrente.
N
(Gara di 1° livello edizione 2005)
Sia t 1 l’istante di tempo in cui il punto centrale della
calamita attraversa il piano della spira. Quale dei seguenti grafci rappresenta meglio la relazione che esiste
tra la corrente elettrica indotta nella spira e il tempo?
Due solenoidi A e B,
vuoti al loro interno,
sono collegati con un
flo, come mostrato in
fgura. Due barre magnetizzate, 1 e 2, sono
sospese appena sopra i
due solenoidi.
Nota: In una vista dall’ alto della spira la corrente indotta si considera positiva se circola in senso antiorario,
come mostrato in fgura.
Se il polo nord del magnete 1 è lasciato cadere verso il solenoide A,
18
i>0
Magnete 1
Magnete 2
N
S
Solenoide A
Solenoide B
849
capitolo
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
simultaneamente il polo sud del magnete 2 sarà:
glio l’intensità della corrente indotta nella spira in funzione del tempo, tra l’istante in cui la spira inizia a entrare nella regione di campo magnetico e quello in cui
ne esce completamente?
a attratto verso il solenoide B da una forza magnetica.
b respinto via dal solenoide B da una forza magnetica.
c attratto verso il solenoide B da una forza elettrica.
d respinto via dal solenoide B da una forza elettrica.
e non infuenzato dalla presenza del solenoide B.
(Gara di 1° livello edizione 2004)
Un diodo è un dispositivo che, in prima approssimazione, si comporta come un conduttore di resistenza trascurabile quando è collegato in modo diretto come nella fgura A, ma assume resistenza infnita quando è
collegato in modo diverso (fgura B). Se la resistenza
interna del generatore e dell’ amperometro A sono trascurabili, quanto vale la corrente indicata dallo strumento, nel circuito seguente?
A
+
+
–
–
A
D3
12 V
–
B
I
I
t
200 Ω
t
t
D2
200 Ω
+
c
b
a
I
200 Ω
200 Ω
19
d
I
I
e
t
t
D1
(Gara di 2° livello edizione 2003)
20
Un trasformatore viene adoperato per alimentare correttamente una lampadina da 24 W, 6 V, utilizzando
una tensione con un valore effcace di 240 V, come in
fgura. Si suppone che il trasformatore abbia un rendimento del 100%. Quale delle seguenti affermazioni
non corretta?
(Gara di 2° livello edizione 2003)
22
a di riacquistare lo stesso valore 50 volte al secondo.
b di riacquistare lo stesso valore 50 volte al minuto.
a La tensione è alternata.
c di valere al massimo 50 A.
b Il valore effcacie della corrente nel circuito secondario è 4 A.
d di essere continua e valere al massimo 50 C/s.
e di alternare valori negativi e positivi arbitrari.
c Il valore effcacie della corrente nel circuito primario è 0,1 A.
(Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina e
Chirurgia, 2005-2006)
d La resistenza della lampadina è 1,5 Ω.
e Il rapporto fra il numero di spire nel circuito primario e in quello secondario del trasformatore è 10:1.
240 V
La corrente alternata a 50 Hz che fuisce dalla rete italiana nelle nostre case ha la proprietà:
6V
24 W
23
Se avvicino rapidamente una potente calamita a una
spira formata da un flo di rame chiuso a cerchio, si può
notare che:
a nella spira viene indotta una circolazione di corrente elettrica.
b la spira si illumina.
c la spira si deforma trasformandosi in un’ellisse molto stretta e lunga.
(Gara di 1° livello edizione 2013)
21
850
Una spira circolare metallica scende verticalmente a
velocità costante e attraversa una regione in cui si trova
un campo magnetico orizzontale e uniforme; durante il
moto l’asse della spira si mantiene parallelo al campo
magnetico. Quale dei grafci seguenti rappresenta me-
d il rame dapprima neutro acquista una forte carica
elettrica indotta.
e la spira inizia a ruotare con velocità costante intorno a un suo diametro.
(Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina
Veterinaria, 2006-2007)
ESERCIZI
capitolo
19
InduzIone elettromAgnetICA
VerSo l’eSAme dI StAto
1 QueSIto
In un’orA
un avvolgimento chiuso attorno a un solenoide
Un avvolgimento chiuso su se stesso circonda un solenoide lungo e sottile come
mostrato in fgura A. Il solenoide è lungo L = 60 cm e ha una sezione Ssol = 5,0 cm2
con Nsol = 800 spire, mentre l’avvolgimento ha Navv = 30 spire con sezione
Savv = 120 cm2. Le spire di entrambi sono avvolte nel medesimo senso.
a Nel solenoide scorre una corrente i0 = 0,80 A. Calcola l’intensità del campo
magnetico nel solenoide e descrivi la sua confgurazione spaziale.
b Calcola il fusso attraverso l’avvolgimento.
c Che cosa accade se si aumenta linearmente i da i0 a i1 = 5,0 A in ∆t = 0,05 s?
d Calcola la f.e.m. indotta nell’avvolgimento.
e Calcola la mutua induttanza tra l’avvolgimento e il solenoide.
f
Che cosa accade se si scambiano i ruoli tra avvolgimento e solenoide e si fa
variare dall’esterno la corrente nell’avvolgimento, chiudendo su se stesso il solenoide?
A
[~1,3 mT; ~2,0 μWb; ~2,5 mV; 25 μH]
2 QueSIto Sulle ComPetenze
giochiamo al tecnico del suono
In un’orA
I microfoni dinamici sono microfoni che utilizzano il fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Fra questi, consideriamo il microfono a bobina mobile e il microfono a nastro.
a Facendo riferimento allo schema di fgura B, illustra il principio di funzionamento di un microfono a bobina
mobile.
b Per una buona resa sonora, ha importanza la massa del blocco membrana-bobina? Spiega.
c Il funzionamento del microfono può essere infuenzato da campi elettrici esterni? E da campi magnetici?
d Il microfono a nastro (fgura C) consiste di un sottile nastro di alluminio, con massa inferiore al milligrammo,
posto tra le espansioni polari di un magnete permanente. Il nastro opera sia come membrana che oscilla sotto
l’azione dell’onda sonora incidente, sia come elemento che genera il segnale elettrico per effetto dell’induzione
elettromagnetica. Immagina di voler registrare un segnale sonoro caratterizzato da variazioni improvvise e rapidissime: quale microfono sceglieresti? Spiega.
e Rilevi che un circuito RLC (R = 0,4 Ω, L = 37 mH, C = 34 nF) entra in risonanza quando viene alimentato con il
segnale di un microfono che è sottoposto a suono di frequenza fr. Calcola fr.
[circa 4,5 kHz]
S
d’uscita
Magnete permanente
N
S
Diaframma
Diaframma
N
Tensione
Magnete permanente
N
Bobina
mobile
Tensione
dÕuscita
S
N
B
S
C
851
capitolo
19
ESERCIZI
InduzIone elettromAgnetICA
ruBrICA dI VAlutAzIone del QueSIto Sulle ComPetenze
risposta o giustificazione
non risponde
Punteggio
richiesta
1
sbagliata
incompleta
completa con
errori
completa e
corretta
4
7
11
15
Competenza prevalente
a
1 Osservare e identifcare
b
2 Formulare ipotesi
c
2 Formulare ipotesi
d
2 Formulare ipotesi
e
3 Formalizzare
......
Punteggio _
75
852
=
......
_
15
capitolo
20
Le equazioni di maxwell
e le onde
elettromagnetiche
© James Doss / Shutterstock
1
Le equazioni dei campi elettrostatico
e magnetostatico
Nei capitoli precedenti abbiamo visto le equazioni che regolano il comportamento
del campo elettrico e del campo magnetico in condizioni statiche, cioè quando i campi non dipendono dal tempo.
Equazioni dEi campi ELEttrostatico E magnEtostatico
→
• Campo elettrostatico E
QT
→
Φ S (E ) = ___
ε0
Teorema di Gauss
Conservatività del campo
→
Γγ (E ) = 0
(1)
(2)
→
• Campo magnetostatico B
Teorema di Gauss
Teorema di Ampère
→
Φ S (B ) = 0
→
Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j
(3)
(4)
j
La prima coppia di equazioni stabilisce le caratteristiche del campo elettrico a partire dalle sue sorgenti: le cariche elettriche. In modo analogo, la seconda coppia di
equazioni determina le proprietà del campo magnetico a partire dalle sue sorgenti:
le correnti elettriche. Notiamo che il campo elettrico non è presente nelle equazioni
che determinano il campo magnetico e viceversa: i due campi sono entità distinte,
non collegate fra loro.
853
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
2
campi che variano nel tempo
Quando il campo magnetico varia nel tempo varia anche il suo fusso attraverso una
superfcie S e nel bordo γ di S si origina una f.e.m. indotta data dalla legge di Faraday-Neumann-Lenz:
→
∆Φ(B )
ℰ = − ______
∆t
Come già visto, la f.e.m. è il lavoro per unità di carica necessario per spostare una
carica q lungo la curva γ:
L
ℰ=_
q
→
Suddividiamo la curva in trattini ∆s k così piccoli da poter essere considerati rettilinei
→
e tali che in ciascuno di essi la forza F k sulla carica rimanga costante. Il lavoro ele→
→
→
mentare ∆L k per spostare una carica q lungo il tratto ∆s k è ∆L k = F k ∙ ∆s k . Il lavoro
totale per spostare la carica q lungo l’intera curva γ è
→
→
L = ∑ ∆L k = ∑ F k ∙ ∆s k
k
quindi la f.e.m. è
k
→
→
→
∑ F k ∙ ∆s k
F
L
k
k
→
_
_
_
ℰ= =
=∑
∙ ∆s k
q
q
q
k
→
→
→
→
→
Il rapporto F k /q è il campo elettrico E k indotto nel tratto ∆s k della curva: E k = F k /q .
Quindi
→
Fk →
→
→
ℰ = ∑ _ ∙ ∆s k = ∑ E k ∙ ∆s k
q
k
k
Il membro di destra è la circuitazione del campo elettrico indotto lungo la curva γ:
→
→
→
Γγ (E ) = ∑ E k ∙ ∆s k
k
Quindi la legge di Faraday-Neumann-Lenz può essere posta nella forma
→
∆Φ(B )
Γγ (E ) = − ______
∆t
→
(5)
La circuitazione del campo elettrico indotto è diversa da zero: quindi il campo elettrico indotto non è un campo conservativo. La legge di Faraday-Neumann-Lenz è
una generalizzazione dell’equazione (2), a cui si riduce quando il fusso magnetico è
costante nel tempo.
■
il teorema di ampère generalizzato
Secondo la legge di Faraday-Neumann-Lenz una variazione di fusso magnetico genera un campo elettrico indotto. Mosso da considerazioni di simmetria fra i campi,
attorno al 1860 James Clerk Maxwell (1831-1879) suggerì che anche una variazione
di fusso del campo elettrico genera un campo magnetico. Quindi le sorgenti di campo non sono solo le correnti elettriche ma anche le variazioni di fusso elettrico. Per
tener conto di questo nuovo contributo Maxwell propose la seguente generalizzazione del teorema di Ampère:
→
∆Φ(E )
Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______
( j
∆t )
→
(6)
dove il fusso del campo elettrico è calcolato attraverso una superfcie avente come
→
bordo la curva γ. Il termine ε 0 ∆Φ(E ) /∆t è detto corrente di spostamento e ha le dimensioni di una corrente, anche se non si tratta di una corrente di cariche elettriche.
Grazie alla corrente di spostamento, le equazioni (5) e (6) manifestano una parziale simmetria fra i campi elettrico e magnetico.
854
20
capitolo
■
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
La corrente di spostamento
Maxwell propose l’esistenza della corrente di spostamento con un ragionamento
analogo al seguente.
Durante la carica in un circuito RC scorre una corrente I che crea un campo
→
magnetico B . Consideriamo una circonferenza γ come quella rappresentata in fgu→
ra 1. Secondo il teorema di Ampère, Γγ(B ) = μ 0 I, dove I è la corrente concatenata
con γ. Consideriamo tre superfci aventi come bordo la stessa circonferenza γ. Se→
condo il teorema di Ampère, nei casi a e c la circuitazione del campo B lungo γ è
diversa da zero, perché la corrente I attraversa la superfcie e quindi è concatenata
→
a γ. Al contrario, nel caso B risulta Γγ(B ) = 0 perché I non è concatenata a γ. Secondo Maxwell, l’unico modo per superare questa diffcoltà è individuare anche nel
caso B una «corrente» che genera il campo magnetico.
I
I
I
γ
I
I
γ
R
γ
R
–
+
R
–
A
I
+
B
Consideriamo una superfcie gaussiana come quella mostrata in fgura 2. All’ esterno
del condensatore il campo elettrico è nullo, mentre all’interno è uniforme e perpendicolare alle basi del cilindro. Il fusso del campo elettrico attraverso il cilindro è
→
Q
Φ 1(E ) = __
ε0
–
+
C
Figura 1
Schema di un circuito RC in cui scorre
una corrente→ I che crea un campo
magnetico B .
dove Q è la carica sull’armatura. Poiché la carica elettrica si conserva, ogni cambiamento di Q è dovuto alla corrente I del circuito: ∆Q = I∆t. In un piccolo intervallo
di tempo ∆t la carica sull’armatura passa dal valore Q al valore Q + I∆t e quindi il
fusso diventa
→
Q + I∆t
Φ 2(E ) = __
ε0
I
Pertanto risulta
I
→
→
→
Q + I∆t Q I∆t
∆Φ(E ) = Φ 2(E ) − Φ 1(E ) = __ − __ = __
ε0
ε0 ε0
da cui segue
→
∆Φ(E )
ε 0 ______ = I
∆t
La corrente di spostamento all’interno del condensatore è quindi uguale alla corrente di conduzione che scorre nel circuito. Questo signifca che la circuitazione del
campo magnetico lungo una curva chiusa γ è la stessa indipendentemente dal tipo di
corrente, di conduzione o di spostamento, concatenata a γ.
3
Figura 2
All’interno del condensatore,
la corrente di spostamento è uguale
alla corrente di conduzione che scorre
nel circuito.
Le equazioni di maxwell
Dopo aver generalizzato il teorema di Ampère ai campi variabili nel tempo, Maxwell
pubblica nel 1873 la sua opera fondamentale, il Treatise on electricity and magnetism,
in cui compaiono le equazioni, dette in seguito equazioni di Maxwell, che regolano il
comportamento dei campi elettrico e magnetico:
855
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Equazioni di maxwELL
QT
→
Φ S (E ) = ___
ε0
Teorema di Gauss
(1)
→
∆Φ(B )
Γγ (E ) = − ______
∆t
→
Legge di Faraday-Neumann-Lenz
(5)
→
Φ S (B ) = 0
Teorema di Gauss
Teorema di Ampère generalizzato
(3)
→
∆Φ(E )
Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______
( j
∆t )
→
(6)
La seconda e la quarta equazione esprimono un legame profondo tra il campo elet→
→
trico e il campo magnetico. Ciò signifca che E e B non sono più indipendenti come
nel caso statico, ma sono aspetti diversi di un unico ente fsico, il campo elettromagnetico, che si manifesta nei fenomeni elettromagnetici.
Le equazioni di Maxwell, unite al principio di conservazione della carica elettrica
e alla forza di Lorentz, consentono di affrontare con successo lo studio dei fenomeni
elettromagnetici: per questa ragione sono considerate uno dei capisaldi della fsica
classica.
■
La previsione dell’esistenza di onde elettromagnetiche
Attorno al 1870 Maxwell fu in grado di prevedere l’ esistenza di un fenomeno allora
sconosciuto: le onde elettromagnetiche. In termini intuitivi, il ragionamento di Maxwell fu il seguente.
Un campo elettrico variabile genera un campo magnetico variabile (teorema di
Ampère generalizzato), il quale a sua volta genera un campo elettrico variabile (legge di Faraday-Neumann-Lenz) e così via. L’ oscillazione di un campo elettrico, cioè
la variazione della sua intensità in un punto al variare del tempo, genera l’oscillazione di un campo magnetico in punti vicini e così via: l’ oscillazione si propaga nello
spazio sotto forma di onda elettromagnetica.
Diversamente dalle onde meccaniche che si propagano solo in un mezzo elastico,
le onde elettromagnetiche si propagano anche nello spazio vuoto, privo di materia.
Nelle onde elettromagnetiche infatti non oscilla un mezzo materiale, ma le intensità
dei campi elettrico e magnetico variano nello spazio e nel tempo, come vedremo nel
paragrafo seguente.
Oltre a prevederne l’ esistenza, Maxwell dimostrò che le onde elettromagnetiche
si propagano nel vuoto con una velocità
1
___
v = _____
ε
√ 0 μ0
dove ε0 e μ0 sono rispettivamente le costante dielettrica del vuoto e la permeabilità
magnetica del vuoto. Sostituendo i loro valori nella espressione precedente si ottiene
che la velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto è numericamente uguale alla
velocità della luce c:
1
______________________ = 3,00 ∙ 108 m/s
v = ___________________________
−12
2
√ (8,85 ∙ 10 C /N ∙ m2)(4π ∙ 10−7 T ∙ m /A)
Quindi
1
___
c = _____
ε
√ 0 μ0
(7)
Questo risultato non può essere una coincidenza, ma suggerisce una conclusione di
importanza fondamentale: la luce è costituita da onde elettromagnetiche.
L’esistenza delle onde elettromagnetiche fu dimostrata sperimentalmente dal
tedesco Heinrich Hertz (1857-1894) nel 1888.
856
capitolo
■
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
La velocità della luce
Le prime misure suffcientemente accurate della velocità della luce sono effettuate
dal francese Jean-Bernard-Léon Foucault (1819-1868) con il metodo dello specchio
rotante, perfezionato dall’americano Albert Michelson (1852-1931).
Se la velocità angolare dello specchio rotante a otto lati di fgura 3 ha il valore
corretto, la luce rifessa da un lato viaggia verso lo specchio fsso, si rifette su di esso
e poi si rifette su un altro lato dello specchio rotante, che la invia al rilevatore. La
minima velocità angolare deve essere tale che un lato dello specchio ruoti per un
ottavo di giro nel tempo che la luce impiega a percorrere il cammino fra gli specchi.
Nel 1926, durante uno dei suoi esperimenti, Michelson mise lo specchio fsso a una
distanza di 35 km dallo specchio rotante e ottenne il valore
Osservatore
Specchio
rotante
a sezione
ottagonale
c = (2,997 96 ± 0,000 04) ∙ 108 m/s
Oggi la velocità della luce è nota con un grado di accuratezza tale che viene usata
per defnire il metro. Come già visto, la velocità della luce è defnita come
Velocità della luce nel vuoto
c = 299 792 458 m/s
Specchio
fsso
35 km
Sorgente
luminosa
Figura 3
Fra il 1878 e il 1931 Michelson
utilizzò uno specchio rotante con otto
lati per misurare la velocità della luce.
La fgura mostra una versione
semplifcata del dispositivo.
ma il valore approssimato 3,00 ∙ 108 m/s è suffciente per la maggior parte dei calcoli.
4
Le onde elettromagnetiche
simuLazionE
Electromagnetic wave
■
La generazione di onde elettromagnetiche
La fgura 4 illustra un modo di produrre onde elettromagnetiche. Il dispositivo
consiste di due fli metallici rettilinei che sono connessi ai terminali di un alternatore e funzionano come antenna. La differenza di potenziale fra i terminali varia
nel tempo in maniera sinusoidale con un periodo T. La parte a della fgura mostra
l’istante t = 0 s, quando agli estremi del flo non c’è carica e nel punto P vicino
all’antenna non c’è alcun campo elettrico. Al passare del tempo, l’estremità superiore del flo si carica positivamente e quella inferiore negativamente. Un quarto
di ciclo più tardi (t = T/4) le cariche raggiungono il loro valore massimo, come
→
mostra la parte B della fgura. Il corrispondente campo elettrico E nel punto P
è rappresentato dalla freccia rossa ed è aumentato fno al suo massimo valore nella direzione verso il basso (*). La parte B mostra anche che il campo elettrico
creato in istanti di tempo precedenti (la freccia nera) non è scomparso ma si è
mosso verso destra. Questo è il punto cruciale: il campo elettrico non viene rilevato istantaneamente nei punti lontani. Esso è creato prima vicino ai fli e poi, come
l’onda che si genera quando un sasso viene gettato in uno stagno, si muove verso
l’esterno in tutte le direzioni. Per chiarezza la fgura mostra solo il campo elettrico
che si muove verso destra.
Le parti c-d-E della fgura 4 mostrano il campo elettrico nel punto P (freccia
rossa) in istanti di tempo successivi durante un ciclo del generatore. In ciascuna parte, i campi generati precedentemente (frecce nere) continuano a propagarsi verso
destra. Nella parte E della sequenza è stato disegnato un periodo completo congiungendo le punte dei vettori campo elettrico per dimostrare che il campo cambia in
modo sinusoidale.
→
Le correnti nel flo di fgura 4 generano anche un campo magnetico B .
La fgura 5 alla pagina seguente mostra che, quando la corrente è diretta verso
l’alto, il campo magnetico nel punto P è diretto nel verso entrante nella pagina.
Mentre la corrente oscilla, il campo magnetico oscilla con essa. Il campo magnetico
creato si propaga verso l’esterno sotto forma di onda, come fa il campo elettrico.
(*) La direzione e il verso del campo elettrico si ottengono immaginando una carica di prova positiva in P e
determinando la direzione e il verso in cui sarebbe spinta dalla carica presente sui fli.
P
A
t=0s
+
+
P
B
–
–
→
E
P
C
t = 14T
t = 24 T
–
–
D
P
t = 34T
+
+
E
P
t=T
Figura 4
In fgura le frecce rosse
rappresentano
→
il campo elettrico E prodotto nel punto
P dalla carica che oscilla nell’antenna
all’ istante di tempo indicato. Le frecce
nere rappresentano il campo elettrico
creato negli istanti di tempo
precedenti. Per semplicità sono
mostrati solo i campi che si propagano
verso destra.
857
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Notiamo che il campo magnetico nella fgura 5 (pagina seguente) è perpendicolare
alla pagina, mentre il campo elettrico nella fgura 4 giace nel piano della pagina. In
ogni punto i campi elettrico e magnetico creati dall’antenna sono perpendicolari fra
loro. Inoltre entrambi i campi sono perpendicolari alla direzione di propagazione.
Questi campi elettrici e magnetici fra loro perpendicolari che si propagano insieme
nello spazio alla velocità c = 3,00 ∙ 108 m/s costituiscono un’onda elettromagnetica.
I
→
B
P
■
I
Figura 5
La corrente I oscillante nell’antenna
→
crea un campo magnetico B nel punto
P che è tangente alla circonferenza
centrata sul flo. Il campo è diretto
come in fgura quando la corrente
scorre verso l’alto, mentre è diretto
nel verso opposto quando la corrente
scorre verso il basso.
i campi lontano dall’ antenna emettitrice
I campi variabili generati vicino all’antenna si propagano con il meccanismo che
abbiamo visto nel paragrafo precedente: l’oscillazione di un campo elettrico genera
l’oscillazione di un campo magnetico in punti vicini [equazione (6)], che genera a
sua volta l’oscillazione di un campo elettrico (5) in punti vicini e così via. L’onda si
propaga in questo modo nello spazio.
La fgura 6 mostra un’ «istantanea» dell’onda elettromagnetica molto lontana
dall’antenna. Per semplicità è stata rappresentata solo la parte dell’onda che viaggia
lungo il verso positivo dell’ asse x. Dal disegno risulta chiaro che un’onda elettromagnetica è un’onda trasversale perché i campi elettrico e magnetico sono entrambi
perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda.
y
→
E
Verso
di propagazione
dell’onda
x
Figura 6
Le onde elettromagnetiche molto →
lontane
dall’antenna. Notiamo che E
→
e B sono perpendicolari fra loro e sono
anche perpendicolari alla direzione di
propagazione dell’onda.
→
z
■
B
andamento temporale di un’ onda elettromagnetica
Si possono generare onde elettromagnetiche anche senza un’antenna. In generale,
ogni carica elettrica che viene accelerata emette un’onda elettromagnetica, indipendentemente dal fatto che si muova in un flo. Nel caso di una corrente alternata,
un elettrone oscilla con moto armonico lungo il flo ed è un esempio di carica accelerata.
E (t)
B (t)
+E0
+B0
1T
2
ÐE0
t
1T
2
T
t
ÐB0
T = 1/f
Figura 7
L’ andamento dei campi elettrico
e magnetico di un’onda
elettromagnetica in un punto fssato
dello spazio. La frequenza f è uguale
alla frequenza della corrente alternata
nell’antenna emittente. Il periodo T
è l’ inverso della frequenza f.
858
T
T = 1/f
La frequenza di un’onda elettromagnetica è determinata dalla frequenza di oscillazione delle cariche elettriche nella sorgente dell’ onda. Più precisamente, come mostra la fgura 7, in ogni punto dello spazio i campi elettrico e magnetico di un’ onda elettromagnetica oscillano in fase con la stessa frequenza f, uguale alla frequenza dell’alternatore con cui è alimentato il circuito dell’antenna emittente.
I segnali radiofonici e televisivi sono formati da onde elettromagnetiche. Quando
le onde raggiungono un’antenna ricevente, interagiscono con le cariche elettriche
presenti nei fli dell’antenna. Si può utilizzare il campo elettrico o il campo magnetico delle onde. Per utilizzare al meglio il campo elettrico dell’onda, i fli
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
dell’antenna devono essere paralleli al campo elettrico come mostra la fgura 8. Il
campo elettrico agisce sugli elettroni del flo e li forza a oscillare avanti e indietro
lungo il flo. Si genera quindi una corrente alternata nell’antenna e nel circuito a
) e l’induttore nel
essa connesso. Un condensatore a capacità variabile C (
circuito consentono di selezionare la frequenza dell’onda elettromagnetica desiderata. Cambiando in modo opportuno il valore della capacità si può uguagliare
la frequenza di risonanza f0 del circuito alla frequenza dell’onda. In condizioni di
risonanza la corrente nell’induttore è massima. Per effetto della mutua induttanza, questa corrente genera una tensione massima nella seconda bobina della fgura. La tensione viene poi amplifcata dai rimanenti circuiti della radio o del televisore.
Verso
di propagazione
dell’onda
Fisica quotidiana
La ricezione radiofonica
e televisiva
Figura 8
Antenna a flo
→
E
Un’ onda radio può essere rilevata
mediante un’antenna ricevente a flo
che è parallela al campo elettrico
dell’ onda. Il campo magnetico
dell’ onda radio è stato omesso per
semplicità.
Ai circuiti
dell’amplifcatore
audio/video
L
C
Per rilevare il campo magnetico di un’onda radio bisogna usare un’antenna a forma di spira, come quella di fgura 9. La ricezione è ottimale quando la normale al
piano della spira è parallela al campo magnetico. In tal modo, al variare del campo magnetico c’è una grande variazione del fusso magnetico attraverso la spira
che genera una corrente indotta. Anche in questo caso la frequenza di risonanza
della combinazione condensatore-induttore può essere variata per adeguarla a
quella dell’onda elettromagnetica desiderata. La fgura 10 mostra i due tipi di
antenna.
Verso
di propagazione
dell’onda
Figura 9
Antenna a spira
→
B
L
Mediante un’antenna ricevente
a forma di spira si può rilevare
il campo magnetico di un’onda radio
trasmessa. Per avere una buona
ricezione, la normale al piano della
spira deve essere parallela al campo
magnetico. Per semplicità il campo
elettrico dell’ onda non è stato
disegnato.
Ai circuiti
dell’amplifcatore
audio/video
C
Normale
Lo spettro elettromagnetico
Come ogni onda periodica, un’onda elettromagnetica ha una frequenza f e una lunghezza d’onda λ che sono legate alla velocità v di propagazione dell’onda dalla relazione v = f λ. Per onde che si propagano nel vuoto o, con buona approssimazione,
nell’aria la velocità è v = c, per cui c = f λ.
La serie ordinata di frequenze o lunghezze d’onda delle onde elettromagnetiche
è detta spettro elettromagnetico. La fgura 11 alla pagina seguente mostra lo spettro
elettromagnetico in un enorme intervallo di frequenze, da meno di 104 Hz a più di
1024 Hz. Mediante la relazione c = f λ si può determinare il corrispondente intervallo
di lunghezze d’onda riportato nella fgura.
Storicamente, alle regioni dello spettro sono stati assegnati nomi come onde radio e onde infrarosse. Anche se il confne fra regioni adiacenti è indicato in fgura con
una linea verticale, in realtà questo confne non è netto e le regioni spesso di sovrappongono.
© Peter Barritt / Alamy
5
Figura 10
Questa nave da crociera usa antenne
sia a flo sia a spira per comunicare
con altre imbarcazioni e con
la capitaneria.
859
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Figura 11
AM
FM Microonde
Lo spettro elettromagnetico.
10 4
10 8
10 12
10 16
10 20
10 24
Frequenza (Hz)
Onde radio
10 4
1
Infrarosso
10 –4
Ultravioletto
10 –8
4,0 · 1014
7,5 · 10–7
simuLazionE
Onde radio e campi elettromagnetici
(PhET, University of Colorado)
Fisica quotidiana
La ricezione radiofonica AM e FM
■
Raggi X
Raggi gamma
10 –12
10 –16
7,9 · 1014
Rosso
Luce visibile
Lunghezza
d’onda (m)
Violetto
Frequenza (Hz)
Lunghezza
d’onda (m)
3,8 · 10–7
onde radio
Le onde radio (lunghezze d’onda comprese fra qualche decina di kilometri e 30 cm)
sono utilizzate per le trasmissioni radiofoniche e televisive e sono generate da circuiti oscillanti.
Come abbiamo già visto, la diffrazione è il fenomeno per cui le onde sono in grado di aggirare un ostacolo. La diffrazione è tanto maggiore quanto più grande è la
lunghezza d’onda. Come mostra la fgura 11, le onde radio AM hanno una lunghezza d’ onda molto maggiore, e quindi una maggior capacità di aggirare ostacoli come
per esempio alture o edifci, rispetto alle onde radio FM. Ciò spiega perché la ricezione delle radio FM è più disturbata rispetto a quella delle radio AM.
■
microonde
Le microonde (lunghezze d’onda comprese fra 30 cm e 1 mm) conoscono vari usi,
per esempio nella telefonia mobile: un telefono cellulare emette onde con una frequenza di circa 900 MHz, cioè con una lunghezza d’onda di 30 cm.
Il forno a microonde (fgura 12) genera onde elettromagnetiche di frequenza
2,45 GHz, cioè con lunghezza d’ onda di circa 12 cm. Le molecole d’acqua presenti
nei cibi sono messe in rotazione dal campo elettrico dell’onda e quindi acquistano
energia che trasferiscono ai cibi aumentandone la temperatura.
Figura 12
Lame rotanti
Microonde
Generatore
di microonde
Un forno a microonde. Le lame rotanti
rifettono le microonde in tutte le parti
del forno.
Anche i radar emettono microonde che sono rifesse da oggetti metallici. Misurando
l’intervallo di tempo fra l’emissione e l’ arrivo dell’ onda rifessa si determina con
grande precisione la distanza dell’oggetto che l’ha rifessa.
860
capitolo
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
radiazioni infrarosse
Le radiazioni infrarosse (lunghezze d’onda comprese fra 1 mm e 750 nm) sono generate dalla vibrazione e dalla rotazione delle molecole all’interno di un materiale.
Quando le radiazioni infrarosse sono assorbite dalla nostra pelle sentiamo una sensazione di calore. Esistono sistemi che consentono di visualizzare le radiazioni infrarosse emesse da un corpo: mediante un opportuno codice è possibile associare a ogni
temperatura un particolare colore e realizzare fotografe come quella mostrata in
fgura 13.
Un termometro a infrarossi, come quello mostrato in fgura 14, rileva la temperatura del corpo misurando la quantità di radiazione infrarossa emessa dal timpano
e dai tessuti circostanti. L’orecchio è uno degli organi più adatti alla misurazione
della temperatura corporea perché è vicino all’ipotalamo, l’area del cervello che
regola la temperatura del corpo. L’orecchio inoltre non viene raffreddato o riscaldato durante le normali funzioni corporee come mangiare, bere o respirare. Quando la
sonda del termometro viene inserita nel canale uditivo la radiazione infrarossa incide sul sensore, che si scalda e cambia la sua resistenza. Questa variazione è misurata
da un circuito elettronico, che calcola la temperatura corporea e mostra il risultato
su un display digitale.
■
25
˚C
20
Figura 13
Le radiazioni infrarosse, rilevate
mediante opportune telecamere,
danno informazioni sulla temperatura
della sorgente che le ha emesse.
Fisica quotidiana
Il termometro a infrarossi
Sonda
Timpano
Radiazione
infrarossa
radiazioni ultraviolette
Le radiazioni ultraviolette (lunghezze d’onda comprese fra 380 nm e 10 nm) penetrano negli strati superfciali della nostra pelle e attivano molte reazioni chimiche
fondamentali per la nostra salute, come per esempio la produzione di vitamina D e
di melanina, che è il pigmento che ci conferisce l’abbronzatura. L’esposizione eccessiva alla radiazione ultravioletta è però dannosa perché può provocare malattie degenerative della pelle, come tumori o patologie del cristallino.
Il Sole emette intensamente nell’ultravioletto nelle bande UV-A (400-315 nm),
UV-B (315-280 nm) e UV-C (280-10 nm). L’atmosfera terrestre assorbe quasi tutta
la banda UV-B: quindi per esporsi al sole è bene usare una crema con un fltro
UV-A.
■
30
radiazione visibile o luce
La porzione più familiare dello spettro elettromagnetico è quella che percepiamo
come luce visibile (lunghezze d’onda comprese fra 750 nm e 380 nm). Il sistema occhio-cervello associa luce di diverse lunghezze d’onda a colori diversi. La lunghezza
d’onda di 750 nm nel vuoto è approssimativamente la più grande lunghezza d’onda
della luce rossa, mentre 380 nm nel vuoto è approssimativamente la più piccola lunghezza d’onda della luce viola. Fra questi due limiti si trovano tutti gli altri colori,
come indica la fgura 11.
■
35
© NASA/IPAC
■
20
Figura 14
Un termometro a infrarossi misura
la temperatura corporea determinando
la quantità di radiazione infrarossa
emessa dal timpano e dai tessuti
limitrof.
raggi x
I raggi X (lunghezze d’onda comprese fra 10 nm e 0,001 nm, ossia 10−12 m) sono
emessi durante le violente decelerazioni di elettroni ad alta velocità all’interno di
metalli pesanti. Sono diffusamente impiegati in medicina perché attraversano i tessuti molli ma sono assorbiti dalle ossa.
Poiché hanno lunghezze d’onda comparabili con le distanze interatomiche, i raggi X sono usati in cristallografa per studiare i reticoli cristallini.
■
raggi gamma
I raggi gamma (lunghezze d’onda minori di 0,001 nm, cioè 10−12 m) sono radiazioni
emesse nei decadimenti nucleari. Si tratta di radiazioni molto penetranti che trovano
largo impiego per esempio nella sterilizzazione di strumenti chirurgici, perché uccidono i batteri su cui incidono. I raggi gamma sono usati anche nella radioterapia dei
tumori perché danneggiano il DNA delle cellule neoplastiche.
861
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Per avere un’idea delle diverse emissioni che uno stesso oggetto può produrre nelle
varie zone dello spettro elettromagnetico, nella fgura 15 sono mostrate quattro immagini della Nebulosa del Granchio corrispondenti a emissioni in diverse porzioni
dello spettro.
© NASA
■
Raggi X
© Mount Stromlo and Siding Spring Observatories/ Researchers
A
onde o particelle?
Come già visto, il modello ondulatorio della luce trova sostegno negli esperimenti di
interferenza e diffrazione. Tuttavia esistono esperimenti, che vedremo in seguito, nei
quali la luce si comporta come se fosse formata da particelle discrete. Oggi si ritiene
che, come le altre onde elettromagnetiche, la luce abbia una doppia natura: a seconda del particolare esperimento che si esegue, manifesta comportamento ondulatorio
o comportamento corpuscolare.
6
■
B
Visibile
Energia e quantità di moto di un’onda
elettromagnetica
densità di energia di un’onda elettromagnetica
Come le onde nell’ acqua e le onde sonore, anche le onde elettromagnetiche trasportano energia. L’ energia è trasportata dai campi elettrici e magnetici che formano
l’onda.
La densità di energia totale u di un’onda elettromagnetica nel vuoto è la somma
della densità di energia elettrica e magnetica:
1
1
u = _ ε 0 E 2 + __ B 2
2
2μ 0
(8a)
© K. Chambers/NSF/UH-IFA
In un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto o nell’aria il campo elettrico
e il campo magnetico trasportano la stessa quantità di energia per unità di volume.
Poiché
1
1
_
ε 0 E 2 = __ B 2
2
2μ 0
Infrarosso
© NRAO/AUI/NSF/Photo Researchers
C
è possibile riscrivere l’ equazione (8a) per la densità totale di energia in una delle
due forme equivalenti
u = ε0 E2
(8b)
1
u = __ B 2
μ0
(8c)
Esiste un’importante relazione fra i campi elettrico e magnetico. Per determinarla,
uguagliamo la densità di energia elettrica alla densità di energia magnetica:
D
Onde radio
Figura 15
Quattro fotografe della Nebulosa
del Granchio, che è ciò che rimane
di una stella che si è trasformata
in supernova nel 1054. Dista 6300
anni luce dalla Terra. Le immagini
sono prese in differenti parti dello
spettro elettromagnetico.
862
1
1
1
_
ε E 2 = __ B 2 oppure E 2 = __ B 2
2 0
2μ 0
ε0 μ0
_
Secondo l’equazione (7), c = 1/√ ε 0 μ 0 , da cui E 2 = c 2B 2. Quindi le intensità del campo elettrico e del campo magnetico di un’ onda elettromagnetica sono legate dalla
relazione
E = cB
(9)
In un’onda elettromagnetica i campi elettrico e magnetico oscillano nel tempo in
modo sinusoidale, per cui le equazioni (8a-c) danno la densità di energia istantanea
dell’onda. Per determinare il valore medio u– della densità di energia bisogna calcolare i valori medi di E 2 e B 2. Nel capitolo precedente abbiamo affrontato una situazione analoga nel caso della corrente alternata e abbiamo introdotto il concetto di
valore effcace di una grandezza variabile nel tempo. Con una procedura analoga si
trova che i valori effcaci E eff e B eff dei campi elettrico e magnetico sono legati ai ri-
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
spettivi valori massimi E 0 e B 0 dalle relazioni
1
_ E0
E eff = ____
√2
e
1
_ B0
B eff = ____
√2
Le equazioni (8a-c) danno quindi la densità media di energia se interpretiamo i simboli E e B come valori effcaci e non istantanei dei campi.
L’energia trasportata dalle onde elettromagnetiche nelle regioni infrarossa e visibile dello spettro ha un ruolo chiave nell’effetto serra, che è una delle cause del
riscaldamento globale. Gran parte delle radiazioni infrarosse che provengono dal
Sole non raggiungono la superfcie terrestre perché il diossido di carbonio e l’acqua
presenti nell’atmosfera le rifettono nello spazio. Al contrario, le radiazioni visibili
raggiungono la superfcie terrestre e la riscaldano. Inoltre un fusso di calore giunge
alla superfcie dall’interno della Terra. La superfcie terrestre a sua volta irradia radiazioni infrarosse che, se non incontrano ostacoli, trasportano energia nello spazio.
Tuttavia il diossido di carbonio e l’acqua presenti nell’ atmosfera rifettono le radiazioni infrarosse indietro verso la Terra, proprio come rifettono le radiazioni provenienti dal Sole. In tal modo la loro energia è intrappolata, proprio come avviene in
una serra, e la Terra si riscalda.
Fisica quotidiana
L'effetto serra
EsEmpio 1 relazione tra campo elettrico e campo magnetico
La luce solare entra nell’ alta atmosfera con un campo elettrico di valore effcace
E eff = 720 N/C. Calcola:
▸ la densità di energia totale media di questa radiazione.
▸ il valore effcace del campo magnetico della luce solare.
il ragionamento e la soluzione
▸ Per l’equazione (8b) la densità di energia totale media è
u– = ε 0 E 2eff = (8,85 ∙ 10−12 C2/N ∙ m2)(720 N/C)2 = 4,6 ∙ 10−6 J/m3
▸ Dall’equazione (9) si ha che il valore effcace del campo magnetico è
E eff
720 N/C
= 2,4 ∙ 10−6 T
B eff = __ = ________
c
3,0 ∙ 108 m/s
■
irradiamento di un’ onda elettromagnetica
Mentre un’onda elettromagnetica si sposta nello spazio trasporta energia da una
regione a un’altra. L’energia trasportata è determinata dall’ irradiamento dell’onda.
irradiamEnto
L’irradiamento S di un’onda elettromagnetica è il rapporto fra la potenza elettromagnetica che attraversa perpendicolarmente una superfcie e l’area della
superfcie.
Esiste un legame fra l’irradiamento S e la densità di energia u dell’onda. Per dimostrarlo, scriviamo l’irradiamento S come il rapporto fra la potenza P che attraversa
perpendicolarmente una superfcie e l’area A di questa superfcie: S = P/A. La potenza è uguale all’energia totale per unità di tempo che attraversa la superfcie:
P = energia totale/t. Combinando queste relazioni si ha
P energia totale
S = _ = ___________
A
tA
Consideriamo ora la fgura 16, alla pagina seguente, la quale mostra un’ onda elettromagnetica che si propaga lungo l’asse x. In un tempo t l’ onda percorre la distanza ct
attraversando l’area A. Quindi l’onda attraversa il volume ctA. L’energia totale
863
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Figura 16
ct
y
In un intervallo di tempo t, un’onda
elettromagnetica percorre una distanza
ct lungo l’ asse x e attraversa
la superfcie di area A.
Area = A
→
E
c
x
→
z
B
(elettrica e magnetica) contenuta in questo volume è
energia totale = (densità di energia totale)(volume) = uctA
Perciò l’irradiamento e la densità di energia di un’ onda elettromagnetica sono legati dalla relazione
uctA
S = _ = cu
tA
(10)
Sostituendo una alla volta le equazioni (8a-c) nell’equazione (10) si dimostra che
l’irradiamento di un’ onda elettromagnetica dipende dai campi elettrico e magnetico
secondo le relazioni equivalenti
1
c
S = cu = _ c ε 0 E 2 + __ B 2
2
2μ 0
(11a)
S = cε 0 E 2
(11b)
c
S = __ B 2
μ0
(11c)
L’irradiamento medio si ottiene sostituendo nelle relazioni precedenti i valori effcaci dei campi elettrico e magnetico.
problem solving
potenza e irradiamento
I concetti di potenza e irradiamento
sono simili ma pur sempre distinti.
L’ intensità è il rapporto fra la
potenza che attraversa
perpendicolarmente una superfcie
e l’ area della superfcie.
EsEmpio 2 una sorgente puntiforme di luce
La fgura 17 mostra una sorgente puntiforme che emette luce uniformemente
in ogni direzione. Alla distanza di 2,50 m dalla sorgente il valore effcace del
campo elettrico è 19,0 N/C. Supponiamo che la luce non sia rifessa dagli oggetti
dell’ambiente.
▸ Determina la potenza media emessa dalla sorgente.
Sfera immaginaria
Eeff = 19,0 N/C
Sorgente
luminosa
r = 2,50 m
Figura 17
A una distanza di 2,50 m dalla
sorgente luminosa, il valore effcace
del campo elettrico della luce
è 19,0 N/C.
il ragionamento e la soluzione
La sorgente emette in modo uniforme in tutte le direzioni, quindi l’irradiamento
è lo stesso in tutti i punti dell’immaginaria superfcie sferica di fgura 17. Inoltre,
la luce attraversa la superfcie perpendicolarmente. L’irradiamento medio sulla
864
capitolo
superfcie sferica è
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
–
S = c ε 0 E 2eff =
= (3,00 ∙ 108 m/s)[8,85 ∙ 10−12 C2/(N ∙ m2)](19,0 N/C)2 = 9,58 ∙ 10−1 W/m2
La potenza media irradiata dalla sorgente puntiforme è il prodotto fra l’irradiamento medio sulla superfcie sferica di raggio r = 2,50 m e l’area della superfcie:
– –
P = S (4π r 2) =
= (9,58 ∙ 10−1 W/m2)[4π(2,50 m)2] = 75,3 W
■
La quantità di moto di un’ onda elettromagnetica
Nei capitoli di meccanica, abbiamo visto che una particella in moto possiede sia un’energia cinetica sia una quantità di moto. Un’onda elettromagnetica trasporta energia,
per cui è lecito chiedersi se sia possibile associare a essa anche una quantità di moto.
La quantità di moto è una grandezza vettoriale; per una particella ha la stessa direzione della velocità e le sue unità sono kg ∙ m/s. Come discusso nel paragrafo precedente, per le onde la grandezza signifcativa non è tanto l’energia quanto la densità di
energia, cioè l’energia per unità di volume trasportata dall’onda. Per analogia, vogliamo defnire la grandezza fsica densità di quantità di moto, cioè la quantità di moto per
unità di volume che caratterizza l’onda e che ha come unità di misura i (kg ∙ m/s)/m3.
■
La densità di quantità di moto di un’ onda
elettromagnetica
→
→
In un’onda elettromagnetica il vettore E e il vettore B sono entrambi perpendicola→ →
ri alla direzione dell’ onda, per cui il prodotto vettore E ×B ha la stessa direzione e lo
stesso verso di propagazione dell’onda.
→
→
La relazione tra i moduli di E e di B , E = cB, stabilisce che il modulo del prodot→ →
to vettore E ×B è E(E/c) = E 2/c. In termini dell’ irradiamento, S = cε 0 E 2, si ha
→
E 2 ___
S
__
= 2
c
c ε0
→
→
Introduciamo la grandezza P = ε 0 (E ×B ) che ha modulo S/c 2, direzione e verso di
propagazione dell’onda e unità di misura
S
J/(s ∙ m2)
__
= ________
= J ∙ s/m4 = (kg ∙ m2/s2)(s/m4) = (kg ∙ m/s)/m3
2
[c ]
(m/s)2
Queste sono le unità di misura di una quantità di moto (kg ∙ m/s) per unità di volume
→
(m3), cioè sono le unità di misura di una densità di quantità di moto. Il fatto che P sia
diretto come l’onda stessa e che la sua unità di misura sia quella corretta, ne fanno
un valido candidato per rappresentare la densità di quantità di moto trasportata da
un’onda. Inoltre, abbiamo visto che la densità totale di energia di un’onda elettro→
magnetica è u = ε 0 E 2, per cui il modulo del vettore P è P = ε 0 EB = ε 0 E 2/c = u/c.
Defniamo pertanto la densità di quantità di moto trasportata da un’onda elettromagnetica:
dEnsità dELLa quantità di moto trasportata da un’onda
ELEttromagnEtica
La densità di quantità di moto trasportata da un’onda elettromagnetica è
→
→
→
→
P = ε 0 (E × B )
P ha stessa direzione e stesso verso di propagazione dell’onda e modulo è pari a
u
P=_
c
dove u è la densità di energia dell’onda.
865
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
■
A
c · Δt
Figura 18
Un fusso di radiazione
elettromagnetica colpisce
perpendicolarmente una superfcie
assorbente di area A durante
un intervallo di tempo ∆t. Il volume
che occupa la radiazione è V = cA∆t.
La pressione di radiazione
Se le onde elettromagnetiche trasportano quantità di moto, allora danno origine a
una pressione quando vengono assorbite o rifesse da una superfcie, esattamente
come le molecole di un gas generano l’ ordinaria pressione quando urtano contro
una superfcie cambiando la loro quantità di moto.
Consideriamo, per esempio, una radiazione elettromagnetica che incide perpendicolarmente su una parete e ammettiamo che quest’ultima la assorba completamente. In un intervallo di tempo ∆t la quantità di moto che l’onda trasferisce alla
parete è pari a ∆q = PcA∆t, che è contenuta nel volume di base A e altezza c∆t (fgura 18). Ricordando che la pressione è la forza per unità di superfcie, cioè p = F/A,
e che la forza è legata alla variazione della quantità di moto dalla relazione
F = ∆q/∆t, si ha
PcA∆t
_
∆t
F
∆q
1
_
_
_
_______
p= =
=
= Pc
A ∆t A
A
Sostituendo P = u/c, si ottiene che la pressione di radiazione che si esercita sulla
parete è
Pressione di radiazione
su superfcie assorbente
dovuta a radiazione incidente
perpendicolarmente
p=u
Vale a dire che, nel caso di incidenza perpendicolare della radiazione su una superfcie assorbente, la pressione di radiazione è uguale alla densità di energia u trasportata dall’onda.
Nel caso in cui la superfcie sia perfettamente rifettente, la radiazione rifessa ha
una quantità di moto uguale e opposta a quella incidente, per cui
∆q = PcA∆t − (−PcA∆t) = 2PcA∆t
e pertanto la pressione di radiazione sulla superfcie è
Pressione di radiazione
su superfcie rifettente
dovuta a radiazione incidente
perpendicolarmente
p = 2u
Se la radiazione incide trasversalmente sulla parete, occorre tener conto dell’angolo
di incidenza: maggiore è l’ angolo di incidenza θ e minore è la quantità di moto trasferita. Come nel caso delle particelle, la quantità di moto trasferita è proporzionale
a cos θ, così nel caso di superfcie assorbente la pressione di radiazione è p = u cos θ,
mentre nel caso di superfcie rifettente è p = 2u cos θ.
Infne, se la radiazione incidente su una parete proviene da tutte le direzioni in
modo casuale, allora si ha una situazione analoga a quella di un gas contenuto in un
recipiente, dove la pressione è prodotta dagli urti di molecole proveniente da ogni
direzione. Effettuando una media su tutte le direzioni possibili nello spazio, in analogia con quanto visto nel paragrafo della teoria cinetica, si ottiene un fattore 1/3
dovuto alla tridimensionalità dello spazio stesso. In defnitiva abbiamo:
866
Pressione di radiazione
su superfcie assorbente
dovuta a radiazione diffusa
1
p = _u
3
Pressione di radiazione
su superfcie rifettente
dovuta a radiazione diffusa
2
p = _u
3
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
EsEmpio 3 La pressione di radiazione
Su una parete nera incide una luce diffusa con irradiamento S = 1000 W/m2, che
corrisponde a un’ illuminazione molto forte.
▸ Qual è il valore della pressione di radiazione sulla superfcie?
il ragionamento e la soluzione
La densità di energia si ottiene come rapporto tra l’irradiamento e la velocità
della luce
S 1000 W/m2
= 3,0 ∙ 10−6 J/m3
u = _ = __________
c 3,0 ∙ 108 m/s
Applicando la relazione p = (2/3)u, la pressione di radiazione vale
1
1
p = _ u = _ (3,0 ∙ 10−6 J/m3) = 1,0 ∙ 10−6 J/m3 = 1,0 ∙ 10−6 Pa
3
3
Notiamo che la pressione di radiazione è ben 10 ordini di grandezza inferiore
alla pressione atmosferica, che è circa 1,0 ∙ 105 Pa.
EsEmpio 4 polvere di cometa
La coda di una cometa è un effetto della pressione di radiazione esercitata dalla
radiazione solare sulle particelle di polvere che si staccano dal corpo solido e che
compongono la coda stessa.
▸ Determina in quale caso un granello di polvere che si stacca dalla cometa
rimane nei pressi di questa e in quale caso il granello si allontana sempre più,
spinto via dalla radiazione solare. Considera granelli di un materiale avente
densità media ρ = 2,0 ∙ 103 kg/m3. Il Sole ha una massa M S = 1,99 ∙ 1030 kg e la
potenza media che irradiata è W S = 3,9 ∙ 1026 W.
il ragionamento e la soluzione
Per semplicità consideriamo granelli di forma sferica con raggio r. Sicuramente
una parte della radiazione solare è rifessa, altrimenti la coda sarebbe invisibile.
Approssimiamo questo fatto con un effetto di totale rifessione.
Figura 19
→
Frad
→
FG
Un granello di polvere staccatosi
da una cometa è sottoposto a→due
forze radiali rispetto al Sole. F G è la→
forza di attrazione gravitazionale e F rad
è la forza generata dalla pressione
di radiazione.
Un granello di polvere è sottoposto a due forze radiali rispetto al Sole, aventi
→
stessa direzione ma verso opposto: l’attrazione gravitazionale F G, diretta verso il
→
Sole, e la forza F rad generata dalla pressione di radiazione, diretta in verso opposto (fgura 19). Si possono verifcare le seguenti situazioni:
• se F G > F rad il granello orbita attorno al Sole come la cometa, rimanendo vicino a essa e non si forma alcuna coda;
• se F G < F rad si forma la coda perché il granello viene allontanato radialmente
rispetto al Sole.
Consideriamo quindi le due forze agenti sul granello, trascurando per semplicità
l’attrazione da parte della cometa.
Un granello di raggio r intercetta una quantità di radiazione proporzionale alla
867
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
sua sezione A = πr 2. La forza dovuta alla pressione di radiazione è F rad = pA. Ricordando che la relazione tra la pressione di radiazione p e la densità di energia
u trasportata dall’onda è p = 2u, si ha
F rad = pA = 2uA = 2πur 2
(a)
S
u=_
c
(b)
La densità di energia u è
dove S è l’irradiamento della radiazione solare e c la velocità della luce.
Alla distanza R dal Sole l’irradiamento vale
WS
S = ____2
4π R
(c)
essendo W S la potenza irradiata dal Sole. Combinando le relazioni (a), (b) e (c)
otteniamo la forza sul granello di polvere dovuta alla radiazione solare:
WS r2 1 WS r2
F rad = 2πur 2 = 2π ____2 __ = _ __ __2
4π R c 2 c R
La forza di attrazione gravitazionale del Sole sul granello di polvere alla distanza
R è data da
MS m
F G = G _____
R2
dove G = 6,67 ∙ 10−11 N ∙ m2/kg2 è la costante di gravitazione, M S è la massa del
Sole e m quella del granello di polvere.
Per granelli sferici di raggio r, la massa m è legata alla densità ρ e al volume
V = (4/3)πr 3 dalla relazione
4
m = ρV = _ ρπr 3
3
per cui
MS m
MS _
4
4
r2
3
_____
_
__
=
G
ρπ
r
=
πG
M
ρr
F G = G _____
S
3
R2
R2 3
R2
Il rapporto tra la forza di gravità e quella dovuta alla pressione di radiazione non
dipende dalla distanza del granello dal Sole perché entrambe hanno moduli che
dipendono dall’ inverso del quadrato della distanza. Invece questo rapporto è
proporzionale alla dimensione r del granello di polvere; infatti
4
r2
_
πG M S ρr __2
3
F G __
R
8 Gc M S ρ
r
___
=
= _ π _______ r = __
2
F rad
3
W
r
W
1 __S __
r
S
0
_
2 c R2
dove abbiamo introdotto la costante
3 WS
r 0 = ___________ =
8 πGc M S ρ
3 (3,9 ∙ 1026 W)
=
= ______________________________________________________________
8 (3,14)(6,67 ∙ 10−11 N ∙ m2/kg2)(3,0 ∙ 108 m/s)(1,99 ∙ 1030 kg)(2,0 ∙ 103 kg/m3)
= 5,8 ∙ 10−7 m ≈ 0,6 μm
I fattori numerici che compaiono in r 0 non sono esatti a causa delle approssimazioni fatte, ma servono a dare un ordine di grandezza delle dimensioni del
granello di polvere che forma la cometa.
868
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
In defnitiva
F G __
r
r
___
= =_
F rad r 0 0,6 μm
Concludiamo che:
• se r > 0,6 μm allora F G > F rad e quindi la forza di attrazione del Sole è maggiore, per cui il granello che si stacca dalla cometa non viene spazzato via dalla
radiazione solare ma rimane a formare la chioma della cometa;
• se r < 0,6 μm allora F G < F rad e in questo caso la pressione di radiazione spingerà sempre più lontano il granello, che entrerà a far parte della coda della
cometa.
7
L’effetto doppler
Abbiamo già analizzato l’effetto Doppler che le onde sonore presentano quando la
sorgente sonora o il ricevitore o entrambi sono in moto rispetto al mezzo in cui avviene la propagazione, per esempio l’ aria. L’effetto consiste nell’aumento o nella
diminuzione della frequenza rilevata rispetto a quella emessa. Quando la sorgente è
in moto si ha un effetto Doppler diverso da quando è in moto l’osservatore.
Anche le onde elettromagnetiche presentano l’ effetto Doppler, ma rispetto alle
onde sonore ci sono due importanti differenze.
La prima è che le onde sonore hanno bisogno di un mezzo come l’aria per propagarsi ed è importante il moto della sorgente, dell’ osservatore e delle onde rispetto
al mezzo in cui avviene la propagazione. Nell’effetto Doppler delle onde elettromagnetiche il moto rispetto al mezzo non ha alcun ruolo, perché queste onde non richiedono un mezzo materiale per propagarsi.
La seconda differenza è che nelle equazioni dell’effetto Doppler la velocità del
suono ha un ruolo importante e dipende dal sistema di riferimento rispetto al quale
è misurata: per esempio, la velocità del suono rispetto all’ aria in movimento è diversa da quella rispetto all’ aria in quiete. Come vedremo meglio in seguito, le onde
elettromagnetiche si comportano in modo differente. La velocità a cui esse si propagano ha sempre lo stesso valore, indipendentemente dal fatto che sia misurata rispetto a un osservatore in quiete o a uno in moto a velocità costante.
Per queste due ragioni l’effetto Doppler per le onde elettromagnetiche è lo stesso sia che si muova la sorgente delle onde sia che si muova l’osservatore. È importante solo il moto relativo fra sorgente e osservatore.
Quando le onde elettromagnetiche, la sorgente e l’osservatore si muovono lungo
la stessa direzione nel vuoto o, con buona approssimazione, in aria, l’equazione che
regola l’effetto Doppler è
v rel
f o = f s 1 ± __
se v rel << c
(12)
(
c )
dove f o è la frequenza osservata e f s è la frequenza emessa dalla sorgente, v rel è la velocità relativa fra osservatore e sorgente e c è la velocità della luce nel vuoto. L’equazione (12) si applica solo se v rel è molto più piccola di c (v rel << c). È importante ricordare che v rel è la velocità relativa fra osservatore e sorgente. Per esempio, se la
sorgente si muove verso est a 28 m/s rispetto alla Terra mentre l’osservatore si muove verso est a 22 m/s, il valore di v rel è 28 m/s − 22 m/s = 6 m/s.
Poiché v rel è una velocità relativa, non ha segno. Si tiene conto del verso del moto
relativo scegliendo il segno + o il segno − nell’equazione (12) nel modo seguente:
•
•
si sceglie il segno + quando sorgente e osservatore si avvicinano;
si sceglie il segno − quando sorgente e osservatore si allontanano.
Riprendendo l’esempio precedente, supponiamo che la sorgente si sposti a 28 m/s
verso est. L’osservatore viaggia avanti rispetto alla sorgente e si sposta a 22 m/s verso est. La sorgente e l’osservatore si avvicinano, in quanto la sorgente sta raggiungendo l’osservatore, e quindi nell’ equazione (12) si deve scegliere il segno +.
869
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Supponiamo ora che l’osservatore si sposti a 34 m/s verso est, cioè con una velocità
maggiore di quella della sorgente. Adesso osservatore e sorgente si stanno allontanando e quindi si deve scegliere il segno −.
EsEmpio 5 due auto fra le onde
La Polizia stradale usa apparecchi telelaser per rilevare la velocità delle automobili. La fgura 20 mostra un’ auto che si
sta avvicinando a un’auto della Polizia ferma. Un telelaser emette onde elettromagnetiche che sono rifesse dall’auto
che si muove. L’onda rifessa arriva alla Polizia con una frequenza (misurata dall’apparecchio a bordo) che è diversa
da quella emessa. Un tipo di telelaser emette onde di frequenza 8,0 ∙ 109 Hz. L’auto si muove verso la Polizia alla velocità di 39 m/s.
▸ Qual è la differenza tra la frequenza delle onde rifesse verso la Polizia e la frequenza di emissione?
Fisica quotidiana
Il telelaser
Figura 20
Onde
elettromagnetiche
rifesse
Un telerilevatore laser nell’ auto della Polizia
emette onde elettromagnetiche che sono
rifesse dall’ auto in movimento. Le frequenze
delle onde emesse e delle onde rifesse sono
diverse a causa dell’ effetto Doppler.
Onde
elettromagnetiche
emesse dalla polizia
il ragionamento
Mentre si muove verso la radiazione emessa dal telelaser, l’auto intercetta un numero di creste d’ onda al secondo
maggiore di quanto farebbe se fosse ferma. Per questa ragione l’auto «osserva» una frequenza f o che è maggiore della
frequenza f s emessa dal telelaser. L’auto rifette le onde verso l’auto della Polizia. In realtà, l’auto diventa una sorgente mobile di onde radio che sono emesse con frequenza f o . Poiché l’ auto si muove verso la Polizia, le creste rifesse
arrivano alla Polizia con una frequenza f o′ maggiore di f o . Ci sono così due cambiamenti di frequenza dovuti all’effetto
Doppler, uno associato a f o e l’altro a f o′. Useremo l’equazione (12) per determinare queste frequenze.
i dati e le incognite
dati
grandezze
simboli
Valori
Frequenza emessa dal
telelaser
fs
8,0 ∙ 109 Hz
Velocità relativa fra le
due automobili
incognita
Differenza di frequenza
v rel
f o′ − f s
39 m/s
commenti
La velocità relativa è
uguale a quella dell’ auto, perché l’auto della
Polizia è ferma
La «o» a pedice indica
che f o′ è la frequenza rilevata dall’ «osservatore»
(l’auto della Polizia)
il modello del problema
sintesi del modello
1 differenza di frequenza
La differenza richiesta è f o′ − f s , dove f s è la frequenza nota emessa dal telelaser,
f o′ è la frequenza incognita della radiazione che arriva alla Polizia dopo la rifessione sull’auto in moto. Le frequenze f o′ e f o osservate dall’ auto in moto sono
legate dalla relazione (12):
v rel
f o′ = f o 1 + __
(
c )
dove v rel è la velocità relativa fra le due auto. Abbiamo scelto il segno + perché
870
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
le due auto si stanno avvicinando. Con questa espressione per f o′, la differenza
richiesta è
v rel
f o′ − f s = f o 1 + __ − f s
(
c )
Grandezza da determinare: f o
v rel
f o′ − f s = f o 1 + __ − f s
(
c )
(a)
v rel
f o′ − f s = f o 1 + __ − f s
(
c )
(a)
2 Frequenza dell’onda «osservata» dall’auto in moto
Il telelaser invia una radiazione di frequenza f s . Mentre l’ auto si avvicina «osserva» una radiazione di frequenza f o maggiore di f s . La relazione tra queste
frequenze è data dall’equazione (12):
v rel
f o = f s 1 + __
(
c )
v rel
f o = f s 1 + __
(
c )
(b)
Anche in questo caso è stato scelto il segno + perché l’auto in moto e l’auto
della polizia si stanno avvicinando.
La soluzione
Combinando i passaggi precedenti si ottiene algebricamente
1
↓
f′ − f = f
o
s
2
v
v rel
v rel
↓
rel
__
− f s = f s 1 + __ 1 + __ − f s =
o 1 +
(
(
c )
c )(
c )
2v rel
v rel 2
v rel
v rel
− f s = f s __ 2 + __
= f s 1 + __ + __
[
]
(
)
(
)(
c
c
c
c )
Il valore numerico di v rel /c è (39 m/s)/(3,0 ∙ 108 m/s) = 13 ∙ 10−8. Poiché è molto più piccolo di 2, il termine (2 + v rel /c) è
praticamente uguale a 2. Quindi la differenza richiesta è
v rel
39 m/s
= 2,1 ∙ 103 Hz
f o′ − f s = 2 f s __ = 2 (8,0 ∙ 109 Hz) ______
( c )
(3,0 ∙ 108 m/s)
L’effetto Doppler delle onde elettromagnetiche offre un potente strumento agli
astronomi. Per esempio, in un capitolo precedente abbiamo visto come gli astronomi
abbiano identifcato un buco nero supermassivo al centro della galassia M87 usando
il telescopio Hubble. Essi hanno puntato il telescopio su regioni opposte rispetto al
centro della galassia. Analizzando la luce emessa da queste regioni sono stati in grado mediante l’effetto Doppler di determinare che un lato della galassia si allontana
dalla Terra mentre l’altro lato si avvicina. In altre parole, la galassia sta ruotando. Le
velocità di allontanamento e di avvicinamento consentono agli astronomi di determinare la velocità di rotazione della galassia; l’esempio considerato in quel capitolo
mostra come dal valore di questa velocità si risale all’individuazione di un buco nero.
Gli astronomi misurano frequentemente l’effetto Doppler della luce che giunge
sulla Terra da parti remote dell’Universo. Attraverso questi studi hanno determinato le velocità con cui gli oggetti celesti luminosi si stanno allontanando dalla Terra.
8
■
Fisica quotidiana
L’effetto Doppler in astronomia
La polarizzazione delle onde
elettromagnetiche
polarizzazione lineare
Una delle caratteristiche principali delle onde elettromagnetiche è che sono onde
trasversali e a causa di ciò possono essere polarizzate. Il concetto di polarizzazione è
871
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Direzione
di vibrazione
della corda
Direzione
di propagazione
dell’onda
A
B
Figura 21
Un’ onda trasversale è polarizzata
linearmente quando le sue oscillazioni
hanno luogo sempre lungo una
direzione.
Un’ onda linearmente polarizzata su
una corda può attraversare una
fenditura che è parallela alla direzione
di vibrazione della corda ( A ), ma non
può passare attraverso una fenditura
che è perpendicolare alla direzione
di vibrazione ( B ).
illustrato nella fgura 21, mostrando un’ onda trasversale che si propaga su una corda
verso una fenditura. L’ onda è polarizzata linearmente: ciò signifca che vibra lungo
una sola direzione, detta direzione di polarizzazione. Nella parte a della fgura la
direzione di polarizzazione è verticale e parallela alla fenditura, che quindi è attraversata dall’onda con facilità. Quando invece la fenditura è perpendicolare alla direzione di polarizzazione, come nella parte B, l’ onda non può passare perché la fenditura impedisce alla corda di oscillare.
Nel caso di onde longitudinali, come le onde sonore, la nozione di polarizzazione
non ha nessun signifcato. In un’ onda longitudinale la direzione di polarizzazione è
anche quella di propagazione, per cui l’ orientazione della fenditura non ha alcun
effetto sull’onda.
In un’onda elettromagnetica, come quella vista in fgura 6, il campo elettrico
oscilla lungo l’asse y, mentre il campo magnetico oscilla lungo l’asse z. Quindi l’onda è polarizzata linearmente, con la direzione di polarizzazione che per convenzione
scegliamo uguale a quella in cui oscilla il campo elettrico. Se l’onda è un’onda radio
emessa da un’antenna a flo rettilineo, la direzione di polarizzazione è determinata
dall’orientazione dell’ antenna.
La luce visibile emessa da una lampadina a incandescenza è invece formata da
onde elettromagnetiche completamente non polarizzate. In questo caso le onde
sono emesse da un gran numero di atomi del flamento incandescente della lampadina. Quando l’ elettrone di un atomo oscilla, l’atomo si comporta come un’antenna
in miniatura che irradia luce per un brevissimo intervallo di tempo, circa 10−8 s. Tuttavia le direzioni di queste antenne atomiche cambiano in modo casuale per effetto
degli urti a livello atomico. La luce non polarizzata quindi consiste di molte onde
diverse, emesse in brevissimi brillamenti da parte di «antenne atomiche», ciascuna
con la propria direzione di polarizzazione.
La fgura 22 confronta luce polarizzata e luce non polarizzata. Nel caso di luce
non polarizzata, le frecce mostrano le direzioni casuali di polarizzazione delle singole onde che formano la luce.
Figura 22
Direzione di oscillazione
del campo elettrico
Nella luce polarizzata il campo
elettrico delle onde elettromagnetiche
oscilla lungo una data direzione.
La luce non polarizzata consiste
di brevi impulsi di onde
elettromagnetiche emesse da atomi
diversi. Le direzioni dei campi elettrici
di questi impulsi sono perpendicolari
alla direzione di propagazione
dell’onda ma sono distribuite a caso
attorno a essa.
Direzione di
propagazione
dell’onda
Intensità
della luce non
polarizzata = S
Asse di
trasmissione
Materiale
polarizzatore
Luce polarizzata
■
Intensità
della luce
polarizzata = 1 S
2
Figura 23
Con l’ aiuto di un foglio di materiale
polarizzatore, si produce luce
polarizzata a partire da luce non
polarizzata. L’asse di trasmissione
del materiale è la direzione
di polarizzazione della luce che passa
attraverso il materiale.
872
Direzione
di propagazione
dell’onda
Direzioni casuali
di oscillazione dei campi elettrici
Direzione
di propagazione
dell’onda
Luce non polarizzata
i polarizzatori
La luce polarizzata può essere prodotta a partire da luce non polarizzata utilizzando
particolari materiali, uno dei quali è disponibile sul mercato con il nome di Polaroid.
Questi materiali consentono di essere attraversati solo dalla componente del campo
elettrico in una particolare direzione, mentre assorbono le componenti del campo
perpendicolari a questa direzione.
Come mostra la fgura 23, la direzione di polarizzazione che riesce ad attraversare il materiale si dice asse di trasmissione. Indipendentemente dall’orientazione di
questo asse, l’irradiamento della luce polarizzata trasmessa è la metà di quello della
luce incidente non polarizzata. La ragione di ciò è che la luce non polarizzata contiene tutte le direzioni di polarizzazione. Inoltre il campo elettrico lungo ciascuna direzione può essere scomposto in una componente parallela e una perpendicolare
all’asse di trasmissione, con il risultato che le componenti medie parallela e perpendicolare all’asse sono uguali. Quindi il materiale polarizzatore assorbe tanto campo
elettrico, e magnetico, quanto ne trasmette.
20
capitolo
■
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Legge di malus
Dopo aver prodotto luce polarizzata mediante un materiale polarizzatore, è possibile usare un secondo materiale polarizzatore per cambiare la direzione di polarizzazione e contemporaneamente modifcare l’intensità della luce.
Nella fgura 24 il primo materiale è detto polarizzatore mentre il secondo è detto
analizzatore. L’asse di trasmissione dell’analizzatore è orientato secondo un angolo
θ rispetto all’asse di trasmissione del polarizzatore. Se il modulo del campo elettrico
della luce polarizzata incidente sull’analizzatore è E, il modulo del campo che attraversa l’analizzatore è la componente parallela all’asse di trasmissione, cioè E cos θ.
Di conseguenza l’irradiamento medio della luce polarizzata che attraversa l’analizzatore è proporzionale a cos2 θ. Quindi sia la direzione di polarizzazione sia l’irradiamento della luce trasmessa possono essere variati ruotando l’asse di trasmissione
–
dell’analizzatore rispetto a quello del polarizzatore. L’ irradiamento medio S della
luce che esce dall’analizzatore è dunque:
LEggE di maLus
– –
S = S 0 cos2 θ
–
dove S 0 è l’irradiamento medio della luce che entra nell’analizzatore.
problem solving
L’effetto del polarizzatore
Ricorda che quando luce
non polarizzata incide su un
polarizzatore, solo metà della luce
incidente viene trasmessa, mentre
l’ altra metà viene assorbita
dal polarizzatore.
(13)
Tale relazione è detta legge di Malus, dal nome dell’ingegnere francese
Étienne-Louis Malus (1775-1812).
Quando θ = 90°, gli assi di trasmissione del polarizzatore e dell’analizzatore sono
perpendicolari: perciò non viene trasmessa alcuna luce.
Figura 24
E cos θ
E
Luce
non polarizzata
Polarizzatore
Mediante due fogli di materiale
polarizzatore, detti polarizzatore
e analizzatore, si può modifcare
la direzione e l’ intensità della luce
che raggiunge la fotocellula. Basta
cambiare l’angolo θ fra gli assi
di trasmissione del polarizzatore
e dell’ analizzatore.
θ
Analizzatore
Fotocellula
E
90˚
E cos θ
θ
EsEmpio 6 passa o non passa?
Supponiamo di inserire un terzo foglio di materiale polarizzatore fra il polarizzatore e l’analizzatore di fgura 24. Gli assi di trasmissione di questi ultimi sono
perpendicolari fra loro.
▸ La luce raggiunge la fotocellula?
il ragionamento e la soluzione
La risposta è sì, anche se polarizzatore e analizzatore hanno gli assi di trasmissione perpendicolari fra loro (fgura 25a). Per comprenderne il motivo notiamo
che, se la luce passa attraverso l’analizzatore, deve avere una componente del
campo elettrico parallela al suo asse di trasmissione. Se il terzo foglio non è inserito tale componente non esiste. Ma se il foglio è inserito questa componente
c’è, come mostrano le parti B e c della fgura. La parte B mostra che il campo
elettrico E della luce che esce dal polarizzatore forma un angolo θ con l’asse di
trasmissione del terzo foglio. La componente del campo parallela all’asse di tra873
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
smissione è E cos θ e attraversa il foglio. La parte c mostra che il campo (E cos θ)
incidente sull’ analizzatore ha una componente parallela all’asse di trasmissione
dell’analizzatore, precisamente (E cos θ) sen θ. Tale componente attraversa l’analizzatore e quindi la luce raggiunge la fotocellula.
La luce raggiunge la fotocellula quando l’ angolo θ è compreso fra 0° e 90°.
Se l’angolo è 0° o 90° la luce non giunge alla fotocellula.
Figura 25
θ
A La luce raggiunge la fotocellula
quando un foglio di materiale
polarizzatore è inserito fra
il polarizzatore e l’analizzatore che
hanno gli assi di trasmissione
perpendicolari.
B La componente del campo elettrico
parallela all’ asse di trasmissione del
foglio inserito è E cos θ.
C La luce incidente sull’analizzatore
ha una componente E cos θ sen θ
parallela al suo asse di trasmissione.
Luce
Foglio
di polarizzatore
inserito
A
E cos θ
θ
E
E cos θ
θ
B
Fisica quotidiana
Il visore a cristalli liquidi
Segmento
ÇaccesoÈ
RM
MÐ
8
9
5
6
X
2
3
Ð
M+
C
■
C
i visori Lcd
I visori a cristalli liquidi (LCD, liquid crystal display) sono comunemente usati nelle
calcolatrici tascabili e nei telefoni cellulari. Il visore consiste di lettere e numeri neri
su sfondo grigio chiaro, come mostra la fgura 26: ogni lettera o numero è formato
da segmenti di cristalli liquidi che sono stati «accesi» e appaiono neri.
Questi segmenti costituiti da cristalli liquidi sono inseriti fra due elettrodi trasparenti, come mostra la fgura 27. Quando si applica una differenza di potenziale agli
Tensione
+ –
Luce
incidente
CE
+
Figura 26
I visori a cristalli liquidi (LCD) usano
segmenti di cristalli liquidi per formare
i numeri.
Elettrodo
Elettrodo
trasparente
trasparente
Cristallo liquido
A
Luce
incidente
ON
Nessuna tensione
Figura 27
Un cristallo liquido nel suo stato ( A )
«acceso» e ( B ) «spento».
874
(E cos θ) sen θ
B
OFF
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
elettrodi, si dice che i cristalli liquidi sono «accesi». La parte a della fgura mostra che
la luce incidente polarizzata linearmente attraversa i cristalli liquidi «accesi» senza
che sia modifcata la direzione della sua polarizzazione. Quando non vi è una differenza di potenziale fra gli elettrodi, come nella parte B, i cristalli liquidi sono «spenti» e ruotano di 90° la direzione di polarizzazione.
Un segmento completo è formato anche da un sistema polarizzatore-analizzatore con assi di trasmissione perpendicolari fra loro, come mostra la fgura 28. Il polarizzatore produce luce polarizzata a partire da luce incidente non polarizzata. Quando il segmento del visore è acceso, come in fgura 28, la luce polarizzata esce dal
polarizzatore ma viene assorbita dall’analizzatore perché è polarizzata perpendicolarmente all’asse di trasmissione dell’analizzatore. Poiché dall’analizzatore non esce
alcuna luce, un osservatore vede un segmento nero su uno sfondo grigio chiaro, come
in fgura 26. Quando il segmento è spento, i cristalli liquidi ruotano di 90° la direzione di polarizzazione della luce, che è così parallela all’ asse dell’analizzatore. La luce
ora passa attraverso l’analizzatore e raggiunge l’ occhio dell’osservatore. La luce
uscente dal segmento è però stata progettata in modo da avere lo stesso colore e la
stessa intensità dello sfondo del visore, per cui il segmento è indistinguibile dallo
sfondo.
Tensione
+ –
Figura 28
Un LCD contiene una combinazione
polarizzatore-analizzatore con gli assi
di trasmissione perpendicolari fra loro.
Quando il segmento LCD è «acceso»
mediante una differenza di potenziale
attraverso l’analizzatore non passa
luce e l’ osservatore vede un segmento
nero.
L’occhio vede
un segmento nero
Polarizzatore
Analizzatore
ON
I monitor LCD a colori sono ormai comunemente utilizzati nei televisori e nei
computer perché occupano meno spazio e pesano molto meno dei tradizionali
tubi a raggi catodici. Un monitor LCD, come per esempio quello di fgura 29, usa
migliaia di segmenti LCD disposti in una matrice. Per riprodurre i colori, sono
raggruppati insieme tre segmenti a formare un pixel. Opportuni fltri colorati fanno sì che in ogni pixel un segmento produca il rosso, uno il verde e uno il blu.
L’occhio mescola poi i colori di tutti i pixel e restituisce i colori composti. Variando l’intensità dei colori rosso, verde e blu il pixel può generare l’intero spettro dei
colori.
polarizzazione per riflessione
Fisica quotidiana
Consideriamo un fascio di luce che incide su una superfcie non metallica. Se l’angolo d’incidenza è diverso da zero, il fascio rifesso è parzialmente polarizzato nella
direzione parallela alla superfcie. Per verifcarlo basta osservare la superfcie di un
lago con un paio di occhiali Polaroid, le cui lenti sono polarizzatori con asse di trasmissione verticale (fgura 30 alla pagina seguente).
L’irradiamento della luce trasmessa dalle lenti è minimo quando gli occhiali sono
indossati in modo normale, cioè con l’asse di trasmissione perpendicolare al terreno.
Questo signifca che la luce rifessa dal lago è parzialmente polarizzata in direzione
orizzontale.
Si dimostra che la luce rifessa è totalmente polarizzata per un particolare angolo
d’incidenza, detto angolo di Brewster θ B dal nome del fsico scozzese David Brewster (1781-1868). Il valore dell’ angolo di Brewster si calcola mediante la seguente
relazione:
n2
tg θ B = __
n1
(14)
Gli occhiali Polaroid
© Simon Marcus / Corbis
■
Figura 29
Vuoi vedere una tua fotografa? Guarda
il display LCD del tuo telefono
cellulare.
875
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
© Diane Schiumo / Fundamental Photographs
Quando gli occhiali Polaroid hanno
gli assi di trasmissione paralleli ( A ) la
luce trasmessa è meno intensa a
causa del maggior assorbimento da
parte della plastica scura. Tuttavia,
quando gli assi sono perpendicolari fra
loro ( B ) l’intensità della luce
trasmessa si annulla a causa degli
effetti di polarizzazione.
A
© Diane Schiumo / Fundamental Photographs
Figura 30
B
dove n 1 è l’indice di rifrazione del materiale in cui si propaga il raggio rifesso e n 2 è
l’indice di rifrazione del materiale in cui si propaga il raggio rifratto. Come mostra la
fgura 31, quando l’angolo d’incidenza è uguale all’angolo di Brewster, il raggio rifesso e il raggio rifratto sono perpendicolari fra loro.
Figura 31
Quando il fascio di luce non
polarizzata incide su una superfcie
non metallica con l’angolo di Brewster
θ B , il fascio rifesso è totalmente
polarizzato in una direzione parallela
alla superfcie. Il raggio rifesso
e il raggio rifratto sono perpendicolari
fra loro.
Luce rifessa
polarizzata
Luce incidente
non polarizzata
θB
θB
n1
θ2
■
90˚
n2
Luce
rifratta
parzialmente
polarizzata
polarizzazione per diffusione
La luce polarizzata ha origine anche dalla diffusione della luce da parte delle molecole dell’atmosfera. La fgura 32 mostra la luce diffusa da una singola molecola atmosferica. Il campo elettrico della radiazione solare non polarizzata fa oscillare gli elettroni
delle molecole in direzione perpendicolare a quella in cui la luce si propaga. A loro
volta gli elettroni irradiano onde elettromagnetiche in varie direzioni, come mostra la
fgura. La luce emessa in avanti (A) è non polarizzata, proprio come la luce incidente.
Ma la luce C emessa perpendicolarmente alla direzione della luce incidente è polarizzata. La luce emessa nelle direzioni intermedie (B) è parzialmente polarizzata.
Molecola
Luce
non polarizzata
A
B
Luce
parzialmente
polarizzata
Luce
non polarizzata
C
Figura 32
Nella diffusione da parte delle
molecole dell’atmosfera la luce solare
non polarizzata diventa parzialmente
polarizzata.
876
Luce
polarizzata
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
L’ordine di grandezza
per calcolare quanta energia solare investe l’italia ogni anno, bisogna moltiplicare
l’ energia media quotidiana che investe ogni metro quadrato del suolo italiano
per la superficie totale del nostro paese.
= 4,6 ∙ 1014 kW ∙ h =
il modello
(energia solare annua che investe l’Italia) = 365
(irraggiamento solare medio quotidiano del territorio
italiano per m2) (superficie del territorio italiano)
i numeri
il risultato
energia solare annua che investe l’Italia =
= 3,65 ∙ 102 (4,2 kW ∙ h/m2) (3,2 ∙ 1011 m2) =
qual è la percentuale
del territorio italiano che
bisognerebbe coprire con
moduli fotovoltaici per
soddisfare il fabbisogno
annuo di energia elettrica
dell’italia?
= 4,6 ∙ 105 TW ∙ h
L’ ordine di grandezza è: 105 TW ∙ h
L’ energia solare che investe ogni anno l’ Italia ammonta
a 4,6 ∙ 105 TW ∙ h.
Irraggiamento solare medio quotidiano del territorio
italiano per m2 =
= (potenza istantanea media che colpisce l’unità di
superficie) (numero di secondi in 1 giorno) =
= (1,68 ∙ 102 J/s ∙ m2) (8,64 ∙ 104 s) = 1,5 ∙ 107 J/m2 =
= 4,2 kW ∙ h/m2
Superficie del territorio italiano =
= 324 000 km2 ≈ 3,2 ∙ 1011 m2
stima l’ordine
di grandezza
© Craig Hanson / Shutterstock
Quanta energia solare investe ogni anno l’Italia?
un paragone Considerando che il consumo annuo di
energia elettrica in Italia è di circa 3,3 ∙ 102 TW ∙ h,
l’ energia solare che investe l’ Italia è 1400 volte
superiore alla quantità consumata. Purtroppo, però,
convertire l’ energia solare che investe il territorio in
energia elettrica effettivamente utilizzabile non è facile.
Le fonti
∙ Potenza istantanea media che colpisce la superficie:
IPCC, Intergovernal Panel on Climate Change
(www.grida.no/climate/ipcc_tar/wg1/041.htm#121)
∙ Superficie del territorio italiano: Atlante, Zanichelli
il modello
(percentuale di territorio coperta da moduli fotovoltaici) = (superficie di
moduli fotovoltaici necessaria per soddisfare la domanda di energia elettrica) /
(superficie del territorio italiano)
i numeri
Superficie di moduli fotovoltaici necessaria per soddisfare la domanda
di energia elettrica =
= (energia elettrica consumata annualmente in Italia) / [(irraggiamento solare
medio annuo italiano) (efficienza dei moduli fotovoltaici)]
Energia elettrica consumata annualmente in Italia = 3,2 ∙ 102 TW ∙ h
Efficienza dei moduli fotovoltaici = 13%
il risultato
Percentuale di territorio coperta da moduli fotovoltaici = .................. %
Le fonti
∙ Energia elettrica consumata annualmente in Italia:
IEA, International Energy Agency, Key world energy statistics, pag. 52
(www.iea.org/publications/freepublications/publication/keyword2014.pdf)
∙ Efficienza dei moduli fotovoltaici:
Energia: la promessa che viene dal Sole, Le Scienze, 453, maggio 2006
877
La storia di un’idea
il campo elettromagnetico
■
conoscenze intorno
al 1820
Al principio del 1820 esistevano tre
scienze distinte dei fenomeni elettromagnetici: elettrostatica, magnetismo
e «galvanismo».
Dopo i pionieristici lavori dell’ americano Benjamin Franklin fu il
francese Charles-Augustin Coulomb,
con una serie di memorie negli anni
1780, a dimostrare la validità della legge dell’inverso del quadrato della distanza per l’interazione tra cariche
elettriche.
L’elettrostatica fu in seguito portata ad alto grado di perfezione matematica da Siméon-Denis Poisson, il
quale negli anni 1820 completò anche
una teoria matematica dei fenomeni
magnetici. I fenomeni legati alla corrente elettrica traevano origine dal
nome di Luigi Galvani, scopritore intorno al 1780 dell’ elettricità animale;
fu Alessandro Volta, tuttavia, a rendersi conto della natura elettrica del
galvanismo e a giungere nel 1800
all’invenzione della pila.
Molti, tra cui lo stesso Volta, assegnavano alla corrente una natura simile all’elettricità statica.
Schizzi di apparati sperimentali utilizzati
da Charles-Augustin Coulomb.
878
■
da oersted
a Faraday
Nel 1820 il danese Christian Oersted, guidato dall’idea romantica
dell’unità e dell’interconvertibilità
delle manifestazioni della «forza» in
natura, scopre che un flo percorso
da corrente è in grado di deviare un
ago magnetico posto nelle sue vicinanze, in misura proporzionale
all’intensità della corrente. È il primo passo dell’«abbraccio» tra elettricità e magnetismo.
Dopo pochi mesi il francese André-Marie Ampère espone una teoria
dell’interazione tra fli percorsi da corrente nella quale dimostra che è possibile spiegare i fenomeni conosciuti
mediante forze elementari dirette lungo la congiungente gli elementi di flo
che le generano e che si propagano in
misura proporzionale all’inverso del
quadrato della distanza. L’ipotesi-base
di Ampère è l’equivalenza tra un magnete e una spira percorsa da corrente:
in questa visione il magnetismo è un
fenomeno derivato, riconducibile
all’azione di correnti.
Nel 1821 l’inglese Michael Faraday si rende conto che un ago ma-
gnetico spostato intorno a un flo
percorso da corrente viene da questa fatto ruotare in modo continuo.
Pur ammirando la teoria di Ampère,
Faraday si convince che in elettromagnetismo l’interazione primaria
non è rettilinea, ma rotazionale. In
quell’anno elabora il concetto secondo cui un flo percorso da corrente è circondato da una linea di
forza magnetica: quello di linea di
forza sarà lo strumento concettuale
base per le sue ricerche.
Nel 1831 scopre l’induzione elettromagnetica, cioè che una variazione di corrente in un circuito induce
una corrente in un altro circuito. Pochi mesi dopo ripete l’esperimento
sostituendo il circuito primario con
un magnete e osservando che una
corrente transitoria insorge ogni
volta che il magnete viene avvicinato o allontanato dal circuito secondario.
Da una parte Faraday aveva in
questo modo accertato la produzione di correnti elettriche a partire dal
magnetismo; dall’altra dai suoi esperimenti emergeva una sorta di identità di azione tra magneti e circuiti
percorsi da corrente.
Ritratto di Michael Faraday al lavoro nel suo laboratorio.
capitolo
Ciò lo indusse a rifettere sul fatto che
un conduttore sottoposto all’induzione doveva venirsi a trovare in qualche stato di tensione, cui dette il nome
di «stato elettrotonico», senza riuscire
a entrare in maggior dettaglio. Nel
1834 scoprì l’autoinduzione (cioè che
l’induzione agisce anche sul circuito
primario) e nel 1845 dimostrò la rotazione del piano di polarizzazione della luce sotto l’azione di un magnete,
mostrando il legame tra magnetismo
e luce. Infne, nel 1852 riassunse in un
importante lavoro la sua teoria sul
comportamento delle linee di forza.
■
dall’azione a distanza
al campo
Nel Settecento e nei primi decenni
dell’Ottocento l’idea newtoniana che
i corpi interagissero direttamente per
mezzo di «azioni a distanza» dominò
la fsica. Profonde modifche a questa
concezione giunsero dalla teoria ondulatoria della luce di Jean Augustin
Fresnel e dalla teoria della propagazione del calore di Jean-Baptiste
Fourier.
In entrambi i casi, all’azione diret-
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
ta a distanza veniva sostituita una
propagazione indiretta di effetti trasportati da un mezzo non necessariamente specifcato. Nella teoria di Fourier, in particolare, l’ idea sottostante è
la propagazione di un fusso di calore
Q dovuto a una differenza di temperatura I: Q = kI, dove la quantità
dell’ effetto Q è proporzionale all’intensità I, ovvero al «motore» che produce l’effetto. La relazione quantità-intensità si prestava a spiegare la
propagazione non solo del calore, ma
anche di altre entità, come la forza,
identifcata come un fusso di materia
in moto. Questa possibilità fu sfruttata da William Thomson (il futuro Lord
Kelvin), il quale nel 1845-51 costruì
una teoria dell’elettrostatica basata
sulle analogie matematiche con la teoria di Fourier.
Ma soprattutto fu sfruttata da James Clerk Maxwell, il quale, partendo
dalle raffgurazioni e dal comportamento fsico delle linee di forza di Faraday, giunse, con una serie di lavori
tra il 1854 e il 1868, alla moderna teoria dell’elettromagnetismo basata sul
concetto di campo, «quella parte di
spazio che contiene e circonda i corpi
nella condizione elettrica o magneti-
Alessandro Volta dimostra il funzionamento della pila a Napoleone
in un dipinto di Giuseppe Bertini.
ca», nel quale le interazioni elettromagnetiche si propagano «senza supporre l’esistenza di forze capaci di agire
direttamente a distanze sensibili», e
che ha sede in un mezzo unico per fenomeni elettromagnetici e luce (l’etere).
Così Maxwell scriveva nel 1865:
«La teoria che io propongo, quindi,
può essere chiamata teoria del campo
elettromagnetico, perché riguarda lo
spazio nelle vicinanze dei corpi elettrici e magnetici e può essere chiamata una teoria dinamica perché essa
suppone che in questo spazio si trovi
della materia in movimento, attraverso cui si producono i fenomeni elettromagnetici osservati».
Nella sua opera l’abbraccio tra
elettricità e magnetismo è ormai completo: una variazione di corrente induce un campo magnetico e viceversa.
A colpi di induzione elettrica e magnetica la perturbazione si propaga
sotto forma di onde a una velocità c
pari a quella della luce, identifcata fn
dal 1862 da Maxwell come fenomeno
elettromagnetico.
La sintesi della sua teoria fu pubblicata nel 1873 nell’ ostico Treatise on
Electricity and Magnetism, le cui
equazioni furono in seguito rese più
accessibili da altri scienziati quali l’ olandese Hendrik Lorentz e il tedesco
Heinrich Hertz, il quale rivelò sperimentalmente alla fne del 1887 le
onde elettromagnetiche previste dalla
teoria di Maxwell.
Pochi anni dopo Einstein avrebbe
mostrato che i fenomeni elettromagnetici non avevano bisogno di alcun
mezzo per propagarsi.
Oggi il concetto di campo è divenuto così familiare (si pensi alla desolata constatazione «non c’ è campo»)
che si tende a darlo per scontato, dimenticando la rivoluzione che la sua
nascita rappresentò per la fsica.
879
come funziona?
La telefonia mobile
© Wikipedia
Sfogliando la sezione di cronaca di un
giornale, può capitare di leggere che,
per stabilire la presenza sul luogo del
delitto di un potenziale colpevole, la
polizia verifchi se il cellulare dell’indagato abbia o meno «agganciato la
cella» nei pressi della scena del crimine. Cosa vuol dire?
La telefonia mobile è un sistema di
telecomunicazione che, per la trasmissione del segnale, utilizza onde radio
ad alta frequenza tra i 300 e i 3000
MHz (Ultra High Frequency, UHF),
ossia onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda compresa tra 0,1 e 1 m.
Quando parliamo, il telefono trasforma la voce in segnale elettrico che
viene quindi trasmesso tramite onde
radio e infne convertito di nuovo in
suono nel telefono del ricevente. Nei
cellulari moderni, l’onda sonora prodotta dalla voce e convertita in segnale elettrico analogico viene prima digitalizzata (ovvero trasformata in bit)
e quindi trasmessa.
Le prime reti di telefonia mobile
erano costituite da un singolo trasmettitore che garantiva la copertura
di un’area circostante più o meno ampia e con un bacino di utenti limitato.
I telefoni erano ingombranti e pesanti
(fgura a), e, quando l’utente usciva
dall’area di copertura del trasmettitore, era necessario richiamare per collegarsi al trasmettitore della nuova
area. Per rendere i telefonini davvero
portatili era dunque necessario che le
antenne diventassero relativamente
compatte e che i dispositivi assorbissero poca energia dalla batteria. I cellulari moderni soddisfano questi requisiti, ma ciò implica che sono in
grado di inviare e ricevere un segnale
solo entro un raggio d’azione molto
piccolo.
I cellulari necessitano quindi di ripetitori di segnale distribuiti sul terri-
torio, detti Stazioni Radio Base
(SRB), che fungono sia da trasmettitori (diffondendo le onde radio) che
da ricevitori (interpretando le onde
radio). A questo scopo il territorio
viene suddiviso in aree esagonali
chiamate celle (da qui il nome cellulare), ognuna equipaggiata con la sua
antenna installata su tralicci (in città
le antenne vengono posizionate più in
basso, tipicamente sui tetti degli edifci) che garantisce una copertura di
circa 30 km. La forma geometrica esagonale permette di coprire un’area
senza lasciare zone scoperte o sovrapposizioni tipiche delle celle circolari, e
creando una suddivisione che assomiglia nel complesso a quella di un alveare (fgura B).
Quando accendiamo il cellulare,
quindi, per prima cosa comincia la ricerca di frequenze speciali che permettano la comunicazione tra il telefono stesso e l’antenna situata nella
cella dove ci troviamo. Il messaggio
«Nessun servizio» indica che questo
primo passaggio è fallito.
Se la stazione base viene trovata, il
telefono trasmette una richiesta di registrazione in modo che il Mobile Te-
© Samsung
Celle
Figura a In alto, Martin Cooper,
considerato il padre della telefonia mobile,
con l’apparecchio utilizzato, nel 1973,
per la prima chiamata pubblica da un
telefono portatile in una via di New York.
In basso, un moderno telefono cellulare.
880
Stazione radio
Figura B Suddivisione del territorio in celle.
capitolo
lephone Switching Offce (MTSO)
tenga traccia della posizione nel suo
database: questo permette di raggiungere rapidamente il telefono all’occorrenza. In caso di chiamata, infatti,
il MTSO controlla a quale cella sia
agganciato il cellulare, sceglie una
coppia di frequenze che verranno usate per la comunicazione (una per la
ricezione e una per la trasmissione), le
comunica al telefono e la conversazione può iniziare.
Poiché le celle sono univocamente
identifcate da un codice di riferimento detto LAI (Location Area Identifer), è possibile ricostruire la posizione di ogni possessore di cellulare sulla
base dell’“aggancio alla cella” del dispositivo.
Un ruolo fondamentale del MTSO
è anche quello di verifcare la potenza
del segnale in ricezione. Avvicinandosi ai confni della cella, infatti, il segnale diminuisce e il MTSO trasferisce
automaticamente la connessione a
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Cluster
Figura d Raggruppamento delle celle in cluster.
un’altra stazione base, senza interrompere la telefonata, permettendo
quindi la comunicazione anche quando si è in movimento (fgura c).
Mobile Telephone
Switching Offce (MTS0)
Cell site
Cell site
Cell site
Cell site
Figura c Schema di funzionamento del MTSO.
Oltre alla copertura geografca, il
sistema a celle permette di risolvere
anche un altro problema: c’è infatti un
numero limitato di frequenze radio
disponibili per la rete cellulare. L’uso
di un sistema a celle permette il «riuso
delle frequenze»: l’insieme di tutte le
frequenze della telefonia mobile viene infatti distribuito in modo che a
ciascuna cella sia associato un sottoinsieme di frequenze ma che celle adiacenti abbiano frequenze diverse per
evitare problemi di interferenza. Le
frequenze disponibili vengono distribuite in un gruppo (cluster) di celle
(7-9 celle o 19-21 celle) e poi ripetute
negli altri cluster (fgura d).
In particolare in aree molto popolate come le città, una rete più densa e
con celle e antenne di dimensione minore assicura la disponibilità di frequenze per tutti. In questo caso, inoltre, la potenza di trasmissione di ogni
stazione radio base e degli stessi cellulari può essere inferiore (esiste di norma un minimo standard), diminuendo
così anche il rischio di inquinamento
elettromagnetico.
881
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
I concetti fondamentali
1
Le equazioni dei campi elettrostatico
e magnetostatico
→
Equazioni del campo elettrostatico E
Teorema di Gauss
5
Formule in 3 minuti
L’effetto Doppler
Lo spettro elettromagnetico
La frequenza f e la lunghezza d’onda λ di un’onda elettromagnetica
nel vuoto sono legate dalla relazione
c=fλ
Conservatività del campo
QT
→
Φ S (E ) = ___
ε0
L’insieme delle onde elettromagnetiche, ordinate in funzione di f
o di λ, formano lo spettro elettromagnetico. La luce visibile
è compresa tra 380 nm (violetto) e 750 nm (rosso).
→
Γγ (E ) = 0
→
Equazioni del campo magnetostatico B
Teorema di Ampère
Teorema di Gauss
→
6
Energia e quantità di moto di un’onda
elettromagnetica
→
Φ S (B ) = 0
Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j
densità di energia totale nel vuoto
j
1
1
u = _ ε 0 E 2 + __ B 2
2
2μ 0
2
campi che variano nel tempo
irradiamento S di un’onda elettromagnetica nel vuoto
Il campo elettrico indotto non è conservativo per la legge
di Faraday-Neumann-Lenz. Le sorgenti di campo non sono solo
le correnti elettriche, ma anche le variazioni di fusso elettrico,
come stabilisce il teorema di Ampère generalizzato
S = cu
densità della quantità di moto trasportata da un’onda
elettromagnetica
→
→
∆Φ(E )
Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______
( j
∆t )
→
p=u
p = 2u
(superfcie assorbente)
(superfcie rifettente)
pressione di radiazione dovuta a radiazione diffusa
Legge di Faraday-neumann-Lenz
→
→
∆Φ(B)
Γγ (E ) = −______
∆t
QT
→
Φ S (E ) = ___
ε0
u
P=_
c
→
pressione di radiazione dovuta a radiazione incidente
perpendicolarmente
Le equazioni di maxwell
teorema di gauss
→
P = ε 0 (E × B )
corrente di spostamento
3
E = cB
1
p = _u
3
2
p = _u
3
(superfcie assorbente)
(superfcie rifettente)
teorema di gauss
→
Φ S (B ) = 0
7
teorema di ampère generalizzato
→
∆Φ(E )
Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______
( j
∆t )
→
4
Le onde elettromagnetiche
Un’onda elettromagnetica consiste di campi elettrici e campi
magnetici oscillanti perpendicolari fra loro. L’onda è trasversale
perché i campi sono perpendicolari alla direzione di propagazione
dell’onda. Le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto
alla velocità della luce
882
L’effetto doppler
Quando le onde elettromagnetiche, la sorgente e l’osservatore si
muovono lungo la stessa direzione nel vuoto, l’effetto Doppler è dato da
v rel
f o = f s 1 ± __
(
c )
se
v rel << c
dove f o è la frequenza osservata, f s la frequenza emessa dalla
sorgente e v rel la velocità relativa fra osservatore e sorgente. Il segno
+ vale per sorgente e osservatore in avvicinamento.
8
La polarizzazione delle onde
elettromagnetiche
–
1
___
c = _____
√ ε0 μ0
Legge di malus: S è l’irradiamento medio della luce che esce
–
dall’analizzatore, S 0 l’irradiamento medio della luce polarizzata
incidente sull’analizzatore e θ l’angolo fra gli assi di trasmissione
ε 0 = costante dielettrica del vuoto
μ 0 = permeabilità magnetica del vuoto
– –
S = S 0 cos2 θ
ESERCIZI
problemi
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
chaLKBoard VidEos
(Esercizi risolti in inglese)
4
Le onde elettromagnetiche
1
Quando guardi la stella Polare la stai vedendo com’era
680 anni fa.
▪▪▪
▶
2
▪▪▪
4
▪▪▪
stanza fra i due è uguale a quello che le onde elettromagnetiche impiegano per arrivare alla Terra.
▶
Due specchi paralleli sono posizionati fra due colline.
Un cacciatore spara un colpo di fucile vicino a uno di
essi. La velocità del suono è 343 m/s.
3
Quanto dista dalla Terra?
Quanto è distante l’astronave dalla Terra?
▪▪▪
Due astronauti sono nella nave spaziale a una distanza
di 1,5 m fra loro. La loro conversazione è inviata alla
Terra mediante onde elettromagnetiche. Il tempo che
impiegano le onde sonore per coprire a 343 m/s la di-
▶
Quante volte il bagliore dello sparo viaggia da uno
specchio all’altro prima che arrivi il suono sull’altra
collina?
EsEmpio
Aldebaran è la stella più luminosa della costellazione del Toro e dista
6,30 ∙ 10 14 km dalla Terra.
Quanti anni impiega la sua luce a giungere fno a noi?
© Palomar Observatory / Wikipedia
▶
La soluzione
Nello spazio la luce viaggia alla velocità c = 3,00 ∙ 108 m/s =
= 3,00 ∙ 105 km/s. Pertanto il tempo che la luce impiega ad arrivare
fno a noi è
distanza 6,30 ∙ 1014 km
= 2,10 ∙ 109 s
t = _ = ____________
c
3,00 ∙ 105 km/s
Poiché 1 anno è pari a
(365,25 giorni)(86 400 s/giorno) = 3,16 ∙ 107 s
allora
5
▪▪▪
6
▪▪▪
7
▪▪▪
2,10 ∙ 109 s
t = __________
= 66,5 anni
3,16 ∙ 107 s/anno
L’equazione y = A sen (2πft − 2πx/λ) è la rappresentazione matematica di un’ onda che oscilla lungo y e si
propaga lungo il verso positivo di x. Supponi che y sia
il campo elettrico di un’ onda elettromagnetica che si
propaga nel vuoto. Il valore massimo del campo elettrico è 156 N/C e la frequenza è 1,50 ∙ 108 Hz. Traccia il
grafco dell’ intensità del campo elettrico rispetto alla
posizione usando per x i valori 0 m; 0,50 m; 1,00 m;
1,50 m; 2,00 m. Traccia questi grafci per:
▶
t = 0 s.
▶
per un istante di tempo uguale a un quarto del periodo.
8
▪▪▪
In astronomia le distanze sono spesso espresse in anni-luce. Un anno-luce è la distanza percorsa dalla luce
in un anno. La stella più vicina dopo il Sole è Alpha
Centauri e dista 4,3 anni-luce.
▶
9
▪▪▪
In un’onda elettromagnetica, il campo elettrico è rappresentato matematicamente da
E = E 0 sen [(1,5 ∙ 10 10 s−1) t − (5,0 ∙ 10 1 m−1) x]
dove E 0 è il massimo valore del campo.
▶
Qual è la frequenza dell’onda?
▶
Quest’onda e l’onda che deriva da una sua rifessione possono formare un’onda stazionaria?
▶
Quanto sono separati fra loro i nodi adiacenti nell’onda stazionaria?
La distanza fra la Terra e la Luna è 3,85 ∙ 108 m.
▶
Calcola il tempo che impiega un’onda radio a coprire
tale distanza.
Durante un brillamento solare sono emessi raggi X. La
distanza Terra-Sole è 1,50 ∙ 10 11 m.
▶
Quanti minuti impiegano i raggi X a raggiungere la
Terra?
Esprimi questa distanza in metri.
10
▪▪▪
La distanza fra lo specchio e la sorgente di luce nell’esperimento originario di Michelson era 35 km (fgura 3).
▶
Calcola la minima velocità angolare (in giri/secondo)
dello specchio rotante.
883
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
▶
Le stazioni radio FM trasmettono con frequenze comprese fra 88,0 MHz e 108 MHz. Supponi che l’induttanza della fgura 8 sia L = 6,00 ∙ 10−7 H.
11
▪▪▪
▶
Determina l’intervallo di valori di capacità necessari
perché l’ antenna riceva tutti i segnali inviati da quelle stazioni radio.
13
▪▪▪
Un camionista comunica via radio alla frequenza di
26,965 MHz.
▶
14
© hin255 / Shutterstock
15
12
▪▪▪
17
▪▪▪
▪▪▪
16
Calcola la lunghezza d’ onda nel vuoto:
▶
Qual è la lunghezza d’onda nel vuoto di questi raggi X?
In una determinata onda radio UHF, la distanza più
piccola tra le posizioni in cui i campi elettrico e magnetico sono nulli è 0,34 m.
▶
▪▪▪
Determina la lunghezza d’onda dell’onda elettromagnetica usata. Ricorda che la velocità della luce è
c = 2,9979 ∙ 108 m/s.
Nell’uffcio di un dentista viene fatta la lastra di un
dente usando i raggi X, che hanno una frequenza di
6,30 ∙ 10 18 Hz.
▶
Lo spettro elettromagnetico
della luce arancione (frequenza 4,95 ∙ 10 14 Hz).
Esprimi i risultati in nanometri.
▪▪▪
5
ESERCIZI
Determina la frequenza di questa onda radio UHF.
Le onde radio FM hanno frequenze comprese nell’intervallo 88,0-108,0 MHz.
▶
della luce blu (frequenza 6,34 ∙ 10 14 Hz);
Determina il corrispondente intervallo di lunghezze
d’onda.
EsEmpio
La corrente di rete oscilla a 50,0 Hz.
▶
Qual è la lunghezza d’ onda delle radiazioni emesse dai cavi in cui
scorre?
Usiamo la relazione tra frequenza e lunghezza d’onda, f λ = c, per ricavare
c
λ=_
f
Sostituendo i valori numerici si ottiene
© Africa Studio / Shutterstock
La soluzione
3,00 ∙ 108 m/s
λ = ______ = 6,00 ∙ 106 m ≈ 6000 km
50,0 Hz
18
▪▪▪
▶
19
▪▪▪
▪▪▪
21
▪▪▪
Quante lunghezze d’onda ci sono in un singolo impulso?
6
22
▪▪▪
Quante lunghezze d’onda ci sono ora in un impulso?
Le onde elettromagnetiche possono formare onde stazionarie come le onde elastiche su una corda. In una
scatola metallica in cui si sono formate onde stazionarie, la distanza fra un nodo e un antinodo è 0,50 cm.
▶
Quante lunghezze d’ onda di questa luce corrispondono alla larghezza del pollice, circa 2,0 cm?
Un certo tipo di laser ha una frequenza di 5,2 ∙ 10 14 Hz.
La luce, tuttavia, appare in una serie di brevi impulsi,
ognuno della durata di 2,7 ∙ 10−11 s.
▶
884
Quanto è lunga ogni asta?
▶
L’occhio umano ha la maggiore sensibilità per la luce
di 5,5 ∙ 10 14 Hz nella zona giallo-verde dello spettro.
▶
20
La luce passa attraverso una piscina d’acqua. La frequenza della luce rimane la stessa ma la velocità della
luce rallenta a 2,3 ∙ 108 m/s.
Alcuni televisori portatili usano un’antenna a due baff,
che consiste in una coppia di aste metalliche. La lunghezza di ciascuna asta è regolata per essere un quarto
della lunghezza d’ onda di un’onda elettromagnetica di
frequenza 60,0 MHz.
Qual è la frequenza delle onde?
Energia e quantità di moto di un’onda
elettromagnetica
A laser emits a narrow beam of light. The radius of
the beam is 1.0 ∙ 10−3 m, and the power is 1.2 ∙ 10−3 W.
▶
What is the intensity of the laser beam?
ESERCIZI
23
▪▪▪
24
25
▪▪▪
26
30
▪▪▪
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
ste onde ha un valore effcace E eff = 2,0 ∙ 109 N/C.
▶
Qual è la massima intensità del campo magnetico
dell’ onda?
Un laser industriale è utilizzato per forare il metallo.
–
L’ irradiamento medio della luce è S = 1,23 ∙ 109 W/m2.
Qual è il valore effcace:
▶
del campo elettrico?
▶
del campo magnetico delle onde elettromagnetiche
emesse dal laser?
27
▪▪▪
28
▪▪▪
Qual è il valore effcace del campo elettrico di questa
radiazione?
Un laser al neodimio emette brevi impulsi di onde elettromagnetiche molto intense. Il campo elettrico di que-
29
Qual è la massima energia che può raccogliere un
pannello solare di 25 m × 54 m in un’ora?
La distanza media Terra-Sole è 1,50 ∙ 10 11 m. L’ irradiamento medio della radiazione solare nell’alta atmosfera è 1390 W/m2. Il Sole irradia uniformemente in tutte
le direzioni.
▶
▪▪▪
Calcola la potenza media di ciascun impulso che attraversa una superfcie di 1,6 ∙ 10−5 m2 perpendicolare
al fascio laser.
L’irradiamento medio della luce solare nell’ alta atmosfera è 1390 W/m2.
▶
La radiazione di microonde rilasciata durante il Big
Bang ha una densità di energia di 4 ∙ 10−14 J/m3.
▶
▪▪▪
20
L’intensità massima del campo elettrico in un’onda
elettromagnetica è 6,0 ∙ 102 N/C.
▶
▪▪▪
capitolo
Calcola la potenza totale irradiata dal Sole.
Un laser a ioni di argon emette un fascio di luce cilindrico di potenza media 0,750 W.
▶
Quanta energia è contenuta in 2,5 m di fascio?
EsEmpio
Una lampadina irradia onde elettromagnetiche distribuite dall’infrarosso
al visibile, emettendo in totale una potenza P = 30 W.
Quali sono i valori effcaci del campo elettrico e del campo magnetico a
10 m di distanza se l’ irradiamento è lo stesso in ogni direzione?
La soluzione
Se l’ irradiamento è isotropo, ossia lo stesso in ogni direzione, il suo valore
sommato su tutti i tipi di radiazione e mediato nel tempo, a distanza R
dalla lampadina, è
P
– P
S = _ = ____2
A 4π R
© Chones / Shutterstock
▶
in quanto la potenza emessa si distribuisce uniformemente su una superfcie sferica di raggio R avente area A = 4πR 2.
Per determinare il valore del campo elettrico usiamo il valore medio dell’irradiamento, che deve essere calcolato usando il valore effcace del campo:
–
S = c ε 0 E 2eff
dove c è la velocità della luce ed ε 0 è la costante dielettrica del vuoto. Da questa relazione si ricava
__
__
__
–
S
1 ____
P
1
P
__
__
_
E eff =
=
=
k _
2
cε0
c ε 0 4π R
R
c
√
√
√
dove k = 1/(4πε 0) = 9,0 ∙ 109 N ∙ m2/C2. Sostituendo i valori numerici otteniamo
______________________
1
30 W
= 3,0 N/C
E eff = _ (9,0 ∙ 109 N ∙ m2/C2) _____
10 m
3,0 ∙ 108 m/s
√
Per calcolare il campo magnetico utilizziamo la relazione E = cB che, riferita ai valori effcaci, fornisce
E eff
3,0 N/C
B eff = __ = _______
= 1,0 ∙ 10−8 T
c
3,0 ∙ 108 m/s
31
▪▪▪
Una lampadina emette luce in modo uniforme in tutte
le direzioni. La potenza media emessa è 150,0 W. Alla
distanza di 5,00 m dalla lampadina, determina
▶
il valore massimo del campo elettrico.
▶
l’intensità media della luce;
Una particella stazionaria di carica q = 2,6 ∙ 10−8 C è
posta in un fascio laser (un’onda elettromagnetica) la
cui intensità è 3,7 ∙ 103 W/m2. Determina
▶
il valore quadratico medio del campo elettrico;
▶
32
▪▪▪
la forza elettrica esercitata sulla carica;
885
capitolo
▶
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
la forza magnetica esercitata sulla carica.
36
4
Se la carica si muove alla velocità di 3,7 ∙ 10 m/s, perpendicolarmente al campo magnetico dell’onda elettromagnetica, trova
▶
la forza elettrica esercitata sulla particella;
▶
la forza magnetica esercitata sulla particella.
▪▪▪
▪▪▪
34
▪▪▪
L’ irradiamento medio della luce solare che incide sulla
superfcie terrestre è circa 1 kW/m2. Calcola
▶
la densità di energia;
▶
la densità di quantità di moto trasportata dalla luce
solare.
La pressione della radiazione solare varia con l’inverso
del quadrato della distanza dal Sole.
▶
35
▪▪▪
39
37
▪▪▪
38
▪▪▪
Un’onda elettromagnetica incide perpendicolarmente
su una sezione di 1,30 cm2 di parete. Il valore effcace
del campo magnetico dell’ onda è 6,80 ∙ 10−4 T.
▶
▪▪▪
Dimostralo.
Il raggio di Mercurio è 2,44 ∙ 106 m e la sua distanza
media dal Sole è 5,79 ∙ 10 10 m. Il Sole irradia uniformemente in tutte le direzioni.
▶
7
33
Quanto tempo impiega l’ onda per trasportare sulla
parete un’ energia di 1850 J?
ESERCIZI
Quale frazione dell’energia irradiata dal Sole è intercettata dal pianeta Mercurio?
L’effetto doppler
Una galassia emette luce con una lunghezza d’ onda di
434,1 nm. Sulla Terra la lunghezza d’onda di questa
luce è 438,6 nm.
▶
Stabilisci se la galassia si sta avvicinando o allontanando dalla Terra.
▶
Calcola la velocità della galassia relativa alla Terra.
Un rapinatore viaggia a forte velocità e supera un’auto
della Polizia che si sposta a 25 m/s. Il telerilevatore laser
della Polizia emette onde elettromagnetiche di frequenza 7,0 ∙ 109 Hz. L’auto del rapinatore rifette le
onde verso l’auto della Polizia che misura una frequenza minore di 320 Hz rispetto a quella inviata.
▶
Calcola la velocità del rapinatore rispetto al terreno.
EsEmpio
Nello spettro delle onde elettromagnetiche emesse dall’idrogeno neutro, ha particolare importanza la cosiddetta «riga
a 21 cm», la cui lunghezza d’ onda è stata misurata con estrema precisione e risulta essere λ = 0,211 061 140 541 3 m. La
radiazione di questa lunghezza d’onda è largamente usata in astronomia, in quanto attraversa le polveri interstellari,
che sono invece opache alla luce visibile. Ciò rende possibile rilevare il moto relativo dell’idrogeno delle nubi interstellari, misurando lo spostamento Doppler della radiazione che esso emette.
▶
Determina qual è la variazione di frequenza per ogni kilometro al secondo di velocità relativa.
La soluzione
La frequenza della radiazione emessa dall’idrogeno neutro (sorgente) si ottiene a partire dalla lunghezza d’onda
c 2,997 96 ∙ 108 m/s
f s = _ = _________ = 1,4204 ∙ 109 Hz = 1,4204 GHz
0,211 06 m
λ
Si tratta pertanto di radiofrequenza. L’equazione che regola l’effetto Doppler è
v rel
f o = f s 1 ± __
(v rel << c)
(
c )
dove f o è la frequenza osservata, f s è la frequenza emessa dalla sorgente (idrogeno neutro), v rel è la velocità relativa fra
osservatore e sorgente, c è la velocità della luce nel vuoto. Essendo lo spostamento Doppler f o − f s , la variazione relativa di frequenza è
fo − fs
v rel
∆f
__ = _____
= ± __
fs
fs
c
Ponendo v rel = 1,000 km/s = 1000 m/s, si ha la variazione relativa di frequenza per ogni chilometro al secondo di velocità relativa
∆f
± 1000 m/s
rel
__ = ± v__
= _________
= ± 3,34 ∙ 10−6
fs
c
2,997 96 ∙ 108 m/s
Da questa otteniamo la variazione di frequenza per ogni kilometro al secondo di velocità relativa:
v rel
∆f = ± __ f s = (± 1,4204 ∙ 109 Hz)(3,34 ∙ 10−6) = ± 4,74 ∙ 103 Hz = ± 4,74 kHz
c
886
ESERCIZI
40
▪▪▪
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
La fgura mostra tre situazioni (a, B e c) nelle quali un
osservatore e una sorgente di onde elettromagnetiche
si muovono lungo la stessa linea. In ognuno dei casi, la
sorgente emette un’ onda di frequenza 4,57 ∙ 10 14 Hz. Le
frecce indicano i vettori velocità dell’osservatore e della sorgente rispetto al suolo, dove la velocità vale
v = 1,50 ∙ 106 m/s.
▶
44
▪▪▪
La fgura mostra tre coppie polarizzatore/analizzatore.
Il fascio di luce incidente in ogni coppia è non polarizzato e ha la stessa intensità media di 48 W/m2. Trova
l’intensità media del fascio trasmesso in ogni caso mostrato in fgura.
Calcola la frequenza osservata in ognuna delle tre
situazioni.
Osservatore
Raggio
incidente
Sorgente
Raggio
trasmesso
2
A
A
2
B
30,0°
30,0°
30,0°
60,0°
C
41
▪▪▪
Una galassia ruota su se stessa e contemporaneamente
si allontana dalla Terra. Come mostra la fgura, il centro
galattico si allontana a una velocità di u G = 1,6 ∙ 106 m/s
dalla Terra. Rispetto al centro la velocità tangenziale è
v T = 0,4 ∙ 106 m/s nei punti A e B equidistanti dal centro.
Misurate sulla Terra, le frequenze emesse dalla zona A
e dalla zona B differiscono di 6,200 ∙ 10 14 Hz. Calcola le
frequenze effettivamente misurate che provengono:
▶
dalla zona A;
▶
dalla zona B.
B
60,0°
C
45
uG
▪▪▪
vT
A
vT
Una luce polarizzata lungo la direzione verticale incide
su un foglio di materiale polarizzato. Solo il 90%
dell’intensità della luce passa attraverso il foglio e colpisce un secondo foglio di materiale polarizzato. La
luce non passa attraverso questo secondo foglio.
▶
B
46
Terra
La fgura mostra una luce che incide su un polarizzatore il cui asse di trasmissione è parallelo all’asse z.
Il polarizzatore viene ruotato in senso orario di un
angolo α. L’intensità media della luce incidente è
7,0 W/m2.
▶
42
▪▪▪
43
▪▪▪
La polarizzazione delle onde
elettromagnetiche
▶
Qual è l’irradiamento della luce che attraversa il polarizzatore?
▶
Se l’analizzatore è posto a un angolo θ = 75° rispetto
al polarizzatore, qual è l’ irradiamento della luce che
raggiunge la fotocellula?
▶
65°.
α = 0°
Luce incidente
α = 35°
(a) Non polarizzata
(b) Polarizzata parallela allÕasse z
(c) Polarizzata parallela allÕasse y
z
y
Un fascio di luce polarizzata linearmente incide su un
polarizzatore. Determina il rapporto fra irradiamento
trasmesso e irradiamento incidente, quando l’angolo fra
l’asse di trasmissione e il campo elettrico incidente è:
25°;
Determina l’intensità media della luce trasmessa in
ognuno dei sei casi elencati nella tabella.
Intensitˆ della luce trasmessa
Un fascio di luce non polarizzata con un irradiamento
di 1,10 W/m2 incide sul polarizzatore di fgura 24.
▶
Che angolo forma l’asse di trasmissione del secondo
foglio con la verticale?
Galassia
▪▪▪
8
30,0°
x
Luce
incidente
47
▪▪▪
Luce
trasmessa
Per ciascuno dei tre polarizzatori in fgura (pagina seguente) è mostrato l’angolo che l’asse di trasmissione
887
capitolo
20
forma con la verticale. Il fascio incidente non è polarizzato e ha un irradiamento di 1260,0 W/m2.
Verticale
θ1
θ2
Fascio trasmesso
θ3
▶
48
▪▪▪
Fascio
incidente
49
Qual è l’irradiamento del fascio trasmesso attraverso i tre polarizzatori quando θ 1 = 19,0°, θ 2 = 55,0° e
θ 3 = 100,0°?
Un raggio di luce si rifette su un vetro. Quando incide
con un angolo di 56,7° la luce rifessa è polarizzata in
direzione orizzontale.
▶
▪▪▪
ESERCIZI
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Qual è l’indice di rifrazione del vetro?
EsEmpio
Una radiazione non polarizzata di intensità
S 0 = 16 W/m2 attraversa quattro polarizzatori ideali
i cui assi di trasmissione sono inclinati di 30° ciascuno rispetto al precedente.
▶
Qual è l’ intensità che emerge dal quarto polarizzatore?
▶
Come cambia l’ intensità emergente se sono rimossi i due polarizzatori centrali?
30°
1
2
60°
3
90°
4
La soluzione
▶
Passato il primo polarizzatore, la luce, inizialmente non polarizzata, emerge polarizzata linearmente, ma la sua intensità si è ridotta alla metà di quella che ha colpito il polarizzatore:
1
S1 = _ S0
2
(dopo il 1° polarizzatore)
Il secondo polarizzatore ha l’ asse di trasmissione a 30° rispetto al primo polarizzatore, quindi, per la legge di Malus,
l’ intensità trasmessa è
3
3
S 2 = S 1 (cos 30°)2 = _ S 1 = _ S 0
4
8
(dopo il 2° polarizzatore)
Ora la luce è polarizzata nella direzione dell’asse del secondo polarizzatore. Incontra il terzo polarizzatore, che è a 30°
rispetto al secondo, per cui, applicando ancora la legge di Malus, si ha
3
9
S 3 = S 2 (cos 30°)² = _ S 2 = _ S 0
4
32
(dopo il 3° polarizzatore)
La luce è adesso polarizzata nella direzione dell’asse del terzo polarizzatore. Incontra il quarto polarizzatore, che è
sempre a 30° rispetto al precedente, per cui ancora una volta si ha
3
27
S 4 = S 3 (cos 30°)² = _ S 3 = _ S 0
4
128
(dopo il 4° polarizzatore)
In defnitiva
27
S 4 = _ (16 W/m2) = 3,4 W/m2
128
▶
50
▪▪▪
51
888
▶
L’irradiamento della luce che raggiunge la fotocellula
di fgura 25a è 110 W/m2 quando θ = 23°.
▶
▪▪▪
Se rimuoviamo il secondo e il terzo polarizzatore, allora i polarizzatori che rimangono hanno gli assi di trasmissione a
90°, per cui la luce che attraversa il primo polarizzatore non può attraversare l’ultimo e l’intensità trasmessa è nulla.
Quale sarebbe l’ irradiamento se l’analizzatore fosse
rimosso?
Un fascio di luce incide dall’aria sulla superfcie di un
liquido. L’angolo d’ incidenza è 53,0° e l’angolo di rifrazione è 34,0°.
52
▪▪▪
A quale angolo d’incidenza la luce rifessa è totalmente polarizzata?
Quando la luce incide da sopra sulla superfcie di separazione di due mezzi, il valore dell’angolo di Brewster
è 65,0°.
▶
Qual è l’angolo di Brewster quando la luce incide
sulla stessa superfcie, però da sotto?
ESERCIZI
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
problemi fnali
▶
Calcola l’angolo fra gli assi di trasmissione del polarizzatore e dell’analizzatore.
53
Qual è la frequenza di raggi X con lunghezza d’onda di
2,1 nm?
54
L’ intensità massima del campo magnetico di un’onda
elettromagnetica è 3,3 ∙ 10−6 T.
▶
Determina le intensità dell’onda per i due valori del
campo elettrico.
Qual è la massima intensità del campo elettrico
dell’ onda?
▶
Qual è il valore del campo magnetico associato al
campo elettrico?
▶
Determina l’intensità dell’onda per ogni valore del
campo magnetico.
▪▪▪
▪▪▪
▶
55
▪▪▪
Due onde radio vengono usate da un cellulare. Per ricevere una chiamata, il telefono rileva l’onda emessa, a
una certa frequenza, dalla stazione di trasmissione. Per
inviare un messaggio, il telefono emette la sua onda a
una diversa frequenza. La differenza tra queste due frequenze è fssa per tutti i canali usati nelle operazioni
del cellulare. Supponi che la lunghezza d’onda dell’onda emessa dalla stazione di trasmissione sia 0,34339 m,
mentre quella emessa dal cellulare sia 0,36205 m.
▶
56
▪▪▪
57
58
59
Calcola i valori effcaci del campo elettrico e magnetico.
Supponi che l’ auto della Polizia di fgura 20 si muova
verso destra a 27 m/s e l’ altra auto sopraggiunga alla
velocità di 39 m/s rispetto al terreno. Il telerilevatore
laser ha una frequenza di 8,0 ∙ 109 Hz.
▶
▪▪▪
Quale deve essere il valore dell’autoinduttanza perché
questa stazione sia ricevuta dall’apparecchio radio?
Nel futuro, l’ energia per il funzionamento di una stazione spaziale orbitante potrà essere inviata dalla Terra
mediante un fascio di onde elettromagnetiche. Supponiamo che il fascio abbia una sezione di 135 m2 e una
potenza media di 1,20 ∙ 104 W.
▶
▪▪▪
62
▪▪▪
63
▪▪▪
▶
Qual è l’intensità della luce che raggiunge la fotocellula?
θ
Luce
Le onde elettromagnetiche inviate da una chiamata
con un telefono cellulare verso un’automobile hanno
un campo magnetico effcace di 1,5 ∙ 10−10 T. Le onde
attraversano perpendicolarmente un fnestrino aperto
di area 0,20 m2.
64
▪▪▪
65
66
Qual è la costante elastica della molla?
Un laptop comunica con un router wireless tramite un
segnale radio. Il router è connesso tramite un cavo direttamente a Internet. Il laptop si trova a 10,5 m dal
router e sta scaricando testi e immagini alla velocità
media di 260 Mbps (Megabit al secondo).
▶
▪▪▪
Calcola il valore effcace del campo elettrico del fascio trasmesso.
Un oggetto carico positivamente con una massa di
0,285 kg oscilla all’estremità di una molla, generando
onde radio ELF (Extremely Low Frequency) che hanno lunghezza d’onda 4,80 ∙ 107 m. La frequenza di queste onde radio è la stessa frequenza alla quale sta oscillando l’oggetto.
▶
▪▪▪
Quanta energia attraversa il fnestrino in una chiamata di 45 s?
Un fascio di luce polarizzata con un irradiamento medio di 15 W/m2 attraversa un polarizzatore. L’ asse di
trasmissione forma un angolo di 25° con la direzione di
polarizzazione.
▶
Calcola la differenza tra la frequenza delle onde rifesse dall’auto verso la Polizia e la frequenza originaria.
Supponi che della luce non polarizzata di intensità
230 W/m2 cada sul polarizzatore mostrato in fgura e
che l’angolo θ valga 30,0°.
Il valore del campo elettrico di un’onda elettromagnetica aumenta da 255 N/C a 945 N/C.
▶
Una stazione radio AM trasmette onde di frequenza
1400 kHz. Il valore della capacità della fgura 8 è
8,4 ∙ 10−11 F.
▶
▪▪▪
Usando il valore di 2,9979 ∙ 108 m/s per la velocità
della luce, determina la differenza tra le due frequenze usate nelle operazioni del cellulare.
61
▪▪▪
In media, quanti bit vengono scaricati dal laptop nel
tempo impiegato dal segnale wireless a viaggiare dal
router al laptop?
La potenza irradiata dal Sole è 3,9 ∙ 1026 W. La Terra
orbita attorno al Sole a una distanza media di
1,50 ∙ 10 11 m. L’asse terrestre è inclinato di 27° rispetto
al piano dell’orbita (fgura), per cui la luce solare non
incide perpendicolarmente sull’equatore.
Asse di rotazione
27˚
Polarizzatore
60
▪▪▪
Inserto
Analizzatore
Fotocellula
Nel dispositivo polarizzatore-analizzatore di fgura 24
il 90,0% dell’irradiamento della luce che incide sull’analizzatore viene assorbito.
Luce solare
Q
Equatore
889
capitolo
▶
67
▪▪▪
20
ESERCIZI
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Quale potenza incide su 0,75 m2 di un terreno pianeggiante nel punto Q sull’ equatore?
La fgura mostra quattro fogli di materiale polarizzato,
ognuno con un asse di trasmissione orientato in modo diverso. La luce, che è polarizzata nella direzione
verticale, incide da sinistra e ha un’ intensità media di
27 W/m2. Determina l’ intensità media della luce che
esce a destra nella fgura
▶
quando solo il foglio A viene rimosso;
▶
quando solo il foglio B viene rimosso;
▶
quando solo il foglio C viene rimosso;
▶
quando solo il foglio D viene rimosso.
Verticale
30˚
Orizzontale
▶
70
▪▪▪
Calcola l’irradiamento sulla superfcie solare (raggio
del Sole 7 ∙105 km).
La fgura mostra una vista dall’alto dei pannelli solari
di un satellite per telecomunicazioni. La linea tratteggiata è la normale ai pannelli solari. La luce solare incide sui pannelli con un angolo θ rispetto alla normale.
Quando θ = 65°, sui pannelli incide una potenza di
2600 W.
▶
Qual è la potenza quando θ = 25°?
Normale
60˚
θ
Luce solare
Luce
A
68
▪▪▪
69
72
▪▪▪
C
D
I pannelli solari di un satellite per telecomunicazioni
hanno una superfcie di 35 m2. Il satellite orbita attorno
alla Terra ed è sottoposto a un irradiamento solare di
1,4 kW/m2. Supponi che i pannelli assorbano totalmente la radiazione incidente.
▶
▪▪▪
B
71
▪▪▪
Calcola la massima forza che la radiazione solare
esercita sui pannelli del satellite.
Alla distanza di 1 UA dal Sole (1,5 ∙ 108 km) l’ irradiamento della luce solare è circa 1,4 kW/m2.
Una bobina piatta viene usata con un circuito LC come
antenna ricevente. La bobina ha raggio 0,35 m e consiste in 450 avvolgimenti. L’onda radio trasmessa ha una
frequenza di 1,2 MHz. Il campo magnetico dell’ onda è
parallelo alla normale alla bobina e ha un valore massimo di 2,0 ∙ 10−13 T.
▶
Usando la legge di Faraday dell’induzione elettromagnetica e il fatto che il campo magnetico varia da
zero al suo valore massimo in un quarto del periodo
dell’onda, trova il valore della f.e.m. media indotta
nell’antenna in questo intervallo di tempo.
EsEmpio
Osserva il rifesso di una fnestra su un pavimento coperto di cera indossando occhiali polaroid (fgura a). Se ti metti
quasi sdraiato per terra vedi bene il rifesso; man mano che ti alzi il rifesso tende a svanire. Quando i tuoi occhi sono a
circa 110 cm d’ altezza, il rifesso della parte centrale della fnestra sul pavimento è sostanzialmente svanito. La distanza
tra te e la fnestra è d = 3,4 m.
▶
Qual è approssimativamente l’ indice di rifrazione della cera?
A
La soluzione
La fnestra è una sorgente di luce estesa e i raggi che provengono dalla fnestra e producono il rifesso colpiscono il pavimento in molti punti (fgura B alla pagina seguente).
890
ESERCIZI
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Finestra
Polaroid
h
d
B
La parte centrale della fnestra si rifette però nei pressi della metà del pavimento tra te e la fnestra. Possiamo approssimare la rifessione usando solo la parte centrale (fgura c).
Finestra
Polaroid
θB
h
h
θB
θB
d/2
d/2
C
Il fatto che si veda scomparire il rifesso, signifca che l’angolo del triangolo rettangolo con i cateti h e d/2 è pressappoco l’angolo di Brewster, in corrispondenza del quale la radiazione rifessa è totalmente polarizzata. Pertanto
d/2 1 d
tg θ B ≈ _ = _ _
h
2h
Usando anche l’equazione tg θB = n 2 /n 1 , dove gli indici di rifrazione n 2 e n 1 sono rispettivamente quello della sostanza
su cui il raggio si rifette (la cera) e quello della sostanza da cui proviene il raggio (l’aria), si ha
n2
1d
_
_ ≈ __
2 h n1
Poiché n 1 ≈ 1, otteniamo in defnitiva che l’indice di rifrazione della cera è approssimativamente
1 d 1 3,4 m
n 2 ≈ _ _ ≈ _ _ = 1,5
2 h 2 1,10 m
73
▪▪▪
Un telescopio a raggi γ intercetta la radiazione γ proveniente da una magnetar, una stella che presenta un
campo magnetico incredibilmente grande. La radiazione ricevuta dura 0,24 s e rilascia 8,4 ∙ 10−6 J di energia
perpendicolarmente all’ area superfciale di 75 m2 del
rivelatore del telescopio. La magnetar si trova a circa
4,5 ∙1020 m (circa 50 000 anni luce) di distanza dalla
Terra e ha un raggio di 9,0 ∙ 103 m.
▶
Trova il valore quadratico medio del campo magnetico dal raggio gamma sulla superfcie della magnetar,
assumendo che la radiazione venga emessa in modo
uniforme in tutte le direzioni.
74
▪▪▪
Supponi che la luce che cade sul polarizzatore in fgura
–
sia parzialmente polarizzata (intensità media Spol) e
E cos θ
E
Luce non
polarizzata
Polarizzatore
E cos θ
θ
Analizzatore
90°
θ
Fotocellula
E
891
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
–
parzialmente non polarizzata (intensità media Sno pol).
–
–
L’intensità totale incidente è Spol + Sno pol e la percentua–
–
–
le di polarizzazione è 100 Spol/(Spol + Sno pol). Quando il
polarizzatore viene ruotato, l’ intensità di luce che arri–
va alla fotocellula varia da un minimo Smin a un massi–
mo Smax .
▶
75
▪▪▪
che la parte di gamba non riceva né rilasci altra energia oltre quella irradiata su di essa, quanto impiega la
sua temperatura ad aumentare di 2,0 °C?
76
Dimostra che la percentuale di polarizzazione può
–
–
–
–
essere espressa come 100 (Smax − Smin)/(Smax + Smin).
Una lampada emette radiazione infrarossa con un campo elettrico effcace di 2800 N/C.
▶
Qual è l’ irradiamento medio?
▶
La radiazione è inviata sulla gamba di un paziente
attraverso un foro circolare di raggio 4,0 cm. Qual è
la potenza media trasmessa alla gamba?
▶
La parte di gamba irradiata ha una massa di 0,28 kg
e un calore specifco di 3500 J/(kg ∙ °C). Supponendo
ESERCIZI
L’intensità della luce proveniente da un polarizzatore è
9,6 W/m2. Incide su un analizzatore, orientato a un angolo di 60° rispetto al polarizzatore. A che valore si riduce l’intensità dopo aver attraversato anche l’ analizzatore?
(Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie,
Università degli Studi di Torino, 2004-2005)
77
Le onde radio ricevute da un apparecchio hanno
E = 10−1 V/m. Assumendo che l’onda sia piana, calcola
l’ampiezza del campo magnetico.
(Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie,
Università degli Studi di Torino, 2004-2005)
domande
1
Quale dei seguenti concetti si applica sia alle onde sonore sia alle onde elettromagnetiche: intensità, polarizzazione?
2
Un’antenna trasmittente è posta nell’origine di un sistema di assi x, y, z e invia un’ onda elettromagnetica
il cui campo elettrico oscilla lungo l’ asse y. L’ onda si
propaga lungo l’ asse x. Per ricevere l’onda sono disponibili tre antenne a spira collocate rispettivamente una
nel piano xy, una nel piano xz e una nel piano yz. Quale antenna riceve l’ onda?
3
4
Un astronomo misura la variazione Doppler della frequenza emessa da una stella. A partire da questa misura può stabilire se la stella si sta avvicinando o allontanando dalla Terra?
C’è una reale differenza fra polarizzatore e analizzatore? In altri termini: possono essere usati uno al posto
dell’altro?
5
La legge di Malus è applicata al dispositivo della fgura
24, in cui il polarizzatore è fsso mentre l’analizzatore
è ruotato di un angolo θ. La legge di Malus si può applicare anche nel caso in cui l’analizzatore è fsso e il
polarizzatore ruota?
6
In un giorno di sole sei sulle sponde di un lago e indossi
gli occhiali Polaroid. Quando ti sdrai su un fanco, i tuoi
occhiali sembrano funzionare male. Perché?
7
Analizza il ruolo di unifcazione e di sintesi svolto per
l’elettromagnetismo dalle equazioni di Maxwell.
8
Che cosa s’intende per corrente di spostamento?
9
Illustra l’effetto Doppler per le onde elettromagnetiche.
10
Illustra le caratteristiche dei raggi X e dei raggi gamma.
11
Descrivi il fenomeno della polarizzazione delle onde
elettromagnetiche.
test
1
892
Quali delle seguenti equazioni devono essere modifcate nel caso di campi variabili nel tempo?
D. Teorema di Ampère.
A. Teorema di Gauss per il campo E.
b A e C.
B. Conservatività del campo E.
c B e C.
C. Teorema di Gauss per il campo B.
d B e D.
a A e B.
ESERCIZI
2
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Quale, fra le seguenti, è una forma equivalente
alla leg→
ge di Faraday-Neumann-Lenz ℰ = − ∆Φ(B )/∆t?
8
→
∆Φ(B )
a Γγ (E ) = − ______
∆t
→
a 2, 3, 4, 5, 6, 1.
→
→
∆Φ(E )
b Γγ (B ) = − ______
∆t
b 2, 5, 4, 1, 6, 3.
c 2, 5, 4, 6, 1, 3.
→
d 3, 1, 6, 4, 5, 2.
→
∆Φ(E )
c Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______
( j
∆t )
9
→
d Φ S (B ) = 0
3
Quale fra le seguenti non è un’equazione di Maxwell?
b Vi, B, V, G, R.
c B, V, G, R, Vi.
d G, R, Vi, V, B.
→
b Φ S (B ) = 0
→
∆Φ(E )
c Γγ (B ) = μ 0 ∑ I j + ε 0 ______
( j
∆t )
QT
→
d Φ S (E ) = ___
ε0
→
4
10
b 0,321 m
Indicate con Y la corrente di conduzione concatenata
alla curva chiusa γ e con X la corrente di spostamento
che attraversa una superfcie di bordo γ, il teorema di
Ampère generalizzato si scrive:
c 0,642 m
d 1,22 m
11
∆(X + Y)
a Фγ (B ) = − _
∆t
Y + ε 0 ∆X
→
b Γγ (E ) = μ 0 ______
(
)
∆t
b 0,89 W/m2
c Γγ (E ) = μ 0 (Y + X )
c 83 W/m2
d 120 W/m2
→
Quale delle seguenti affermazioni relative alle onde
elettromagnetiche è falsa?
Il campo elettrico di un’onda elettromagnetica ha il valore massimo di 10 N/C. Qual è il valore effcace del
campo magnetico dell’onda?
a Si propagano nel vuoto.
a 1,4 ∙ 10−8 T
12
b 2,4 ∙ 10−8 T
b Sono onde longitudinali.
c 3,3 ∙ 10−7 T
c Trasferiscono energia nello spazio.
d 1,4 ∙ 10−6 T
d Sono state previste da Maxwell.
6
c Una corrente continua.
Un astronomo osserva l’emissione di atomi di ossigeno in una galassia distante e misura una frequenza
di 5,710 ∙ 10 14 Hz. In laboratorio quella stessa emissione ha una frequenza di 5,841 ∙ 10 14 Hz. Qual è il
valore della velocità della galassia rispetto alla Terra? (c = 2,9979 ∙ 108 m/s)
d Una corrente alternata.
a Si allontana a 6,724 ∙ 106 m/s.
Quali delle seguenti non sono onde elettromagnetiche?
b Si avvicina a 6,724 ∙ 106 m/s.
a Onde radio.
d Si avvicina a 4,369 ∙ 104 m/s.
Quale fra le seguenti non è una sorgente di onde elettromagnetiche?
13
a Un elettrone che sta decelerando.
b Un protone che si muove di moto armonico.
7
Il campo elettrico di un’onda elettromagnetica ha il valore massimo di 250 N/C. Qual è l’irradiamento medio
dell’onda?
a 0,66 W/m2
→
∆Φ(Y + X)
d Γγ (E ) = − ______
∆t
Un telefono cellulare emette onde elettromagnetiche
con frequenza di 935 MHz. Qual è la loro lunghezza
d’onda?
a 0,0106 m
→
5
Ordina per lunghezze d’onda crescenti i colori visibili:
Blu (B), Verde (V), Rosso (R), Violetto (Vi), Giallo
(G).
a R, G, V, B, Vi.
→
∆Γ(B )
a Φγ (E ) = − ______
∆t
→
Ordina per frequenze crescenti le seguenti onde elettromagnetiche: 1, raggi X; 2, onde radio; 3, raggi gamma; 4, luce visibile; 5, infrarossi; 6, ultravioletti.
b Onde sonore.
c Microonde.
d Raggi X.
c Si allontana a 4,369 ∙ 104 m/s.
14
Un fascio di luce non polarizzata con irradiamento S 0
passa attraverso due polarizzatori. Gli assi di trasmissione dei polarizzatori formano un angolo di 60° (fgu-
893
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
ra). Qual è l’ irradiamento del fascio trasmesso?
18
a 0
ESERCIZI
Che cosa distingue le onde elettromagnetiche luminose
da quelle radio?
b S 0 /2
a L’intensità.
c S 0 /4
b La lunghezza d’onda.
d S 0 /8
c L’energia trasportata in un secondo.
d La distanza a cui possono arrivare.
(Concorso a borse di studio per l’ iscrizione ai corsi di
laurea della classe «Scienze e Tecnologie Fisiche» della
SIF, 2006-2007)
60˚
19
S0
St
15
a Un fascio di radiazione X, quando attraversa la materia e non interagisce, aumenta la sua velocità di
propagazione.
Un raggio di luce incide su una lastra di plastica secondo l’ angolo di Brewster. L’ angolo di rifrazione è 35,0°.
Quanto vale l’angolo di Brewster?
b Un fascio di radiazione X, quando attraversa la materia e non interagisce, diminuisce la sua velocità di
propagazione.
a 35,0°
c Un’onda elettromagnetica di lunghezza d’onda
uguale a 104 Å può essere una radiazione X.
b 43,5°
c 46,5°
16
Con riferimento alla radiazione X, indica quale tra le
seguenti affermazioni è giusta [1 Å (angstrom) =
= 10−10 m].
d 55,0°
d Un’onda elettromagnetica di lunghezza d’onda
uguale a 0,1 Å può essere una radiazione X.
Sia la radiazione ultravioletta sia gli ultrasuoni possono:
e La velocità di propagazione della radiazione X nel
vuoto è tanto maggiore quanto maggiore è la sua
energia.
a trasportare energia anche nel vuoto.
(Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina e
Chirurgia, 2001-2002)
b essere polarizzati.
c produrre fotoemissioni di elettroni dai metalli.
d dar luogo a diffrazione e interferenza.
e viaggiare alla velocità della luce.
(Gara di 1° livello edizione 2003)
17
I segnali radio della sonda spaziale Voyager 1 hanno
continuato a essere ricevuti sulla Terra anche quando la
sonda era ben oltre l’orbita di Nettuno. La potenza della
trasmissione è P = 23 W. Supponendo che l’antenna direzionale emetta la radiazione in un cono equivalente a
10−4 di semisfera, e considerando una distanza sonda-Terra d = 50 UA (la sonda fu lanciata il 5 settembre
1977; attualmente, secondo stime elaborate dalla NASA,
la sonda potrebbe trovarsi a una distanza dalla Terra di
circa 80 UA), calcola la potenza ricevuta sulla Terra da
un’antenna parabolica avente diametro D = 40 m.
Nota: 1 UA ≈ 1,5 ∙ 10 11 m.
(Gara di 2° livello edizione 2004)
894
20
Che cosa sono i raggi infrarossi?
a Sono raggi di natura elastica, come il suono, ma con
frequenza diversa.
b Sono raggi di natura elettromagnetica, che in assenza di dispositivi speciali non possono essere visti
dall’occhio umano normale.
c Sono i raggi luminosi che danno origine alla nostra
(umana) sensazione del colore violetto.
d Non sono onde elettromagnetiche, ma di altra
natura.
e Sono ultrasuoni.
(Prova di ammissione al corso di laurea in Odontoiatria
e Protesi Dentaria, 1999-2000)
ESERCIZI
capitolo
20
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
VErso L’EsamE di stato
1 quEsito
in un’ora
telecomunicazioni in città
Si vuole costruire un’antenna per telecomunicazioni che possa raggiungere tutte le zone di una
città a pianta circolare di raggio R (~3,6 km) in
ogni zona con un’intensità diretta media di almeno Smin (~5 mW/m2). In prima approssimazione
non si considerino gli effetti di rifessione al suolo
delle onde e si consideri che l’onda emessa sia
sferica (fgura a).
Si può costruire un’unica a grossa antenna al centro della città, oppure suddividere la città in celle
esagonali, approssimativamente circolari, e coprire ciascuna di esse con una piccola antenna.
Il costo di costruzione di un’unica grossa antenna
è circa confrontabile col costo di sette piccole antenne, per cui le alternative da prendere in considerazione sono quelle mostrate in fgura B.
Nel caso delle sette piccole antenne, ognuna deve
trasmettere su una frequenza diversa dalle altre,
per evitare interferenze reciproche. Per questa
ragione, nel calcolare la potenza che arriva in un
dato punto, occorre trattare singolarmente ciascuna cella e non tenere conto delle onde provenienti dalle antenne delle altre celle.
Se si vuole costruire l’antenna grande al centro
della città, la massima distanza che si può avere
tra l’emettitore dell’antenna e l’edifcio più vicino è dG = 80 m.
A
Antenna unica
Sette celle
B
a Determina la potenza minima che deve trasmettere la singola antenna e ciascuna delle antenne piccole.
b Quale sistema consuma nel complesso più energia?
c Calcola l’intensità effcace del campo elettrico prodotto dall’antenna grande nei pressi dell’edifcio più vicino
all’antenna. La massima intensità di campo elettrico considerata di nessun rischio è 6 V/m. Il valore del campo
nell’edifcio più vicino all’antenna è entro questo limite?
d A quale distanza si dovrebbero trovare gli edifci nei pressi delle antenne più piccole per avere la stessa intensità di campo elettrico?
e Qual è il valore del campo magnetico dell’onda nell’edifcio più vicino all’antenna?
[810 W, 90 W; ~ 2 V/m; ~ 27 m ; ~ 6,5 nT]
2 quEsito suLLE compEtEnzE
alla scoperta della nostra stella
in un’ora
L’irradiamento medio del Sole sull’alta atmosfera terrestre è1,36 kW/m2. La luce del Sole impiega circa 8ʹ 20ʹʹ per
raggiungere la Terra.
a Calcola la potenza irraggiata dal Sole.
Nella sonda SOHO (SOlar and Heliospheric Observatory), lo strumento MDI è stato progettato per rilevare la velocità della fotosfera solare lungo la direzione di vista mediante effetto Doppler.
b La ricostruzione grafca in falsi colori di fgura c alla pagina seguente riporta i risultati di un’osservazione della
rotazione solare. Illustra le informazioni contenute in essa (il segno « – » indica velocità verso la Terra).
895
capitolo
20
ESERCIZI
LE Equazioni di maxwELL E LE ondE ELEttromagnEtichE
Single Dopplergram
(30-MAR-96 19:54:00)
–2000
–1500
–1000
–500
0
500
1000
1500
2000
Velocity (m/s)
SOI/MDI
© NASA
© NASA
–2500
C
Stanford Lockeed Istitute for Space Research
D
c Nel caso della maggiore velocità di avvicinamento, esprimi il rapporto fo/fs tra la frequenza osservata fo e la frequenza emessa fs.
d L’immagine di fgura d è stata registrata da SOHO durante una fase di intensa attività superfciale, durante la
quale i gas ionizzati che formano gli archi hanno raggiunto temperature di 1 milione di K. L’immagine è stata
ripresa mediante un fltro che fa passare solo radiazioni elettromagnetiche aventi una lunghezza d’onda di
171 Å (1 Å = 10–10 m). Stabilisci in quale parte dello spettro elettromagnetico si colloca tale emissione. Un
osservatore avrebbe visto questo spettacolare fenomeno?
e La luce del Sole ha una direzione di polarizzazione ben defnita? Spiega.
[3,8 · 1026 W; 1 + 8 · 10–6]
ruBrica di VaLutazionE dEL quEsito suLLE compEtEnzE
risposta o giustificazione
non risponde
punteggio
richiesta
1
sbagliata
incompleta
completa con
errori
completa e
corretta
4
7
11
15
competenza prevalente
a
3 Formalizzare
b
2 Formulare ipotesi
c
3 Formalizzare
d
2 Formulare ipotesi
e
2 Formulare ipotesi
......
punteggio _
75
896
=
......
_
15
capitolo
21
La relatività ristretta
© NASA, STS-41B
1
■
Qual è la velocità della luce?
La luce e la legge di composizione delle velocità
Secondo la teoria di Maxwell, la luce è un’onda elettromagnetica che si propaga nel
vuoto alla velocità c = 3,00 ∙ 108 m/s. Inoltre, la velocità della luce c è indipendente
dalla velocità della sorgente che emette la luce e dal moto relativo tra sorgente e
osservatore.
Questa previsione è inconciliabile con la legge di composizione delle velocità,
per la quale, quando un corpo è soggetto a due movimenti contemporanei con velo→
→
→
→
→
cità rispettivamente v 1 e v 2 , la velocità totale è v = v 1 + v 2 . Consideriamo infatti la
situazione di fgura 1, in cui una persona su un furgone in moto a 15 m/s emette un
fascio di luce in avanti. Secondo la meccanica classica, per l’osservatore in quiete il
fascio si propaga alla velocità c + 15 m/s, mentre per la persona sul furgone la velocità del fascio di luce emesso è c. Al contrario, la teoria di Maxwell prevede che per
entrambe le persone il fascio si propaghi alla velocità c.
c
Figura 1
15 m/s
Osservatore
a terra
Sia la persona sul furgone
sia l’osservatore a terra ottengono dalla
misura della velocità della luce
il valore c, indipendentemente
dalla velocità del furgone.
Alla fne del XIX secolo i fsici ritenevano che la meccanica classica fosse una teoria
fsica corretta in virtù dell’enorme numero di conferme sperimentali ottenute. Quindi la soluzione del problema doveva essere cercata in un’opportuna modifca della
teoria di Maxwell.
897
capitolo
21
La reLatività ristretta
S
In analogia con le onde elastiche, si ipotizzò che le onde elettromagnetiche si propaghino in un mezzo elastico, l’etere, che pervade tutto lo spazio. In base a questa
ipotesi, le equazioni di Maxwell descrivono la propagazione della luce nell’etere e
quindi prevedono che la velocità c della luce sia costante rispetto all’etere. Un osservatore in moto rispetto all’etere dovrebbe misurare una velocità della luce minore o
maggiore di c, a seconda che si muova nello stesso verso della luce o in verso opposto. L’etere sarebbe quindi il sistema di riferimento assoluto rispetto al quale descrivere il moto di tutti gli altri sistemi di riferimento. In particolare, la Terra si muove
rispetto all’etere e quindi si riteneva possibile rilevare sulla Terra il «vento d’etere»,
dovuto al moto relativo del nostro pianeta rispetto all’etere (fgura 2).
c
A
A
v
S
c
v
c–v
B
A
v
S
v
c
c+v
C
Figura 2
A In un sistema S fermo rispetto
all’etere viene emesso un fascio di
luce. Rispetto all’etere, e quindi a S,
la velocità della luce è c. B Il sistema
A è in moto con velocità v rispetto
all’etere. Se il fascio di luce è diretto
nello stesso verso di v, la velocità
della luce nel sistema A è c − v.
C Se nel sistema in movimento A
il fascio di luce è diretto in verso
opposto a v, la velocità della luce
nel sistema A è c + v.
■
L’esperimento di Michelson-Morley
Durante gli anni 1883-1887, i fsici americani A.A. Michelson ed E.W. Morley condussero una serie di famosi esperimenti al fne di rilevare il moto della Terra rispetto
all’etere. Essi utilizzarono un interferometro messo a punto dallo stesso Michelson e
schematizzato in fgura 3 (pagina seguente). Una sorgente di luce monocromatica
illumina una lamina semi-rifettente (costituita da una lastra di vetro ricoperta su un
lato da un sottile strato di argento), detta separatore di fasci poiché divide il fascio
incidente in due fasci separati. Il fascio A si rifette su uno specchio che può essere
opportunamente calibrato, riattraversa la lamina e raggiunge l’obiettivo. Il fascio B
si rifette su uno specchio fsso e viene in parte rifesso nell’obiettivo dalla lamina
semi-rifettente. Notiamo che il fascio B attraversa due volte una lamina di compensazione, in modo che il suo cammino L sia identico a quello del fascio A, che ha attraversato per due volte la lastra di vetro dello stesso spessore. Un osservatore guarda la sovrapposizione dei due fasci A e B e vede la loro fgura di interferenza.
Se l’interferometro è fermo rispetto all’etere, i due fasci interferiscono costruttivamente, perché i cammini e i tempi di percorrenza dei due fasci sono uguali. Ma
l’interferometro è solidale con la Terra, che si muove rispetto all’etere: ciò dovrebbe
far sì che i tempi di percorrenza dei due fasci siano diversi. Supponiamo che il sistema si muova rispetto all’etere con velocità v nella direzione dello specchio di destra.
I fasci A e B percorrono lo stesso cammino dalla sorgente di luce alla lamina semi-rifettente: quindi le eventuali differenze nascono nei tragitti fra la lamina semi-rifettente e gli specchi. Per semplicità trascuriamo gli effetti dovuti al doppio passaggio
attraverso le lamine. Il fascio B si propaga all’andata con velocità c − v e al ritorno
con velocità c + v. Quindi per coprire la distanza 2L impiega un intervallo di tempo
L
L
2Lc
∆t B = _ + _ = _____
c − v c + v c2 − v2
Il fascio A si propaga in direzione perpendicolare a quella della velocità del sistema.
Nell’intervallo di tempo ∆t 1 che il fascio impiega per andare dalla lamina allo specchio, il sistema è avanzato di un tratto v∆t 1 . Lungo la direzione PR di propagazione,
la luce si muove con velocità c, quindi PR = c∆t 1 (fgura 4 alla pagina seguente).
Applicando il teorema di Pitagora al triangolo rettangolo PQR, otteniamo
(c∆t 1)2 = L 2 + (v∆t 1)2
ossia
(c 2 − v 2)(∆t 1)2 = L 2
da cui segue
L
_____
∆t 1 = _______
2
√ c − v2
Per tornare indietro il fascio A impiega lo stesso tempo. Quindi l’intervallo di tempo
totale ∆t A è
2L
_____
∆t A = _______
√ c2 − v2
I tempi di percorrenza ∆t A e ∆t B dei due fasci sono diversi: ∆t B > ∆t A . La differenza
∆t B − ∆t A dipende dalla velocità v del sistema rispetto all’etere. Nell’oculare è visibile una fgura di interferenza che dipende da questa differenza.
Il sistema viene ora ruotato di 90°, in modo che il fascio A si propaghi nella stessa
898
capitolo
direzione della velocità del sistema rispetto all’etere. Così facendo i tempi di percorrenza dei due fasci si scambiano fra loro e ci si aspetta che cambi la fgura di interferenza da essi formata. In realtà, non si osserva alcuna variazione della fgura di interferenza. Gli esperimenti di Michelson e Morley evidenziano in modo conclusivo che
gli ipotetici effetti dovuti alla presenza dell’etere non esistono: quindi la teoria
dell’etere non è in grado di descrivere i fenomeni luminosi.
21
La reLatività ristretta
Specchio
di calibrazione
L
Fascio A
Sottile strato
di argento
i postulati della relatività ristretta
2
Al fne di superare le diffcoltà incontrate nel rendere compatibili meccanica ed elettromagnetismo, nel 1905 Albert Einstein (1879-1955) formulò la teoria della relatività ristretta (detta anche relatività speciale) a partire da due ipotesi fondamentali, o
postulati, riguardanti il comportamento dei fenomeni naturali.
L
Sorgente
di luce
Fascio B
Separatore
di fasci
Lastra
di compensazione
Fascio A
Fascio B
Specchio
fsso
i POstULati DeLLa reLatività ristretta
1. Principio di relatività. Le leggi fsiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
2. Principio di invarianza della velocità della luce. La velocità della luce nel
vuoto, misurata in qualsiasi sistema inerziale, ha sempre lo stesso valore c, indipendentemente dalla velocità relativa tra la sorgente di luce e l’osservatore.
Figura 3
Lo schema di funzionamento
dell’interferometro di Michelson.
Gli specchi sono perpendicolari
fra loro e la lamina semi-rifettente
è inclinata di 45° rispetto a essi.
R
cΔ
t1
La teoria è detta relatività «ristretta» perché limita il suo campo di applicabilità ai
soli sistemi inerziali. Come è noto, un sistema di riferimento è inerziale se in esso è
valida la legge d’inerzia di Newton. Sistemi di riferimento accelerati o in rotazione
non sono sistemi di riferimento inerziali.
Il sistema di riferimento solidale con la Terra in fgura 5 non è precisamente inerziale, in quanto è soggetto a un’accelerazione centripeta dovuta al fatto che la Terra
ruota intorno al proprio asse e compie un moto di rivoluzione attorno al Sole. Nella
maggior parte delle situazioni, tuttavia, gli effetti di tali accelerazioni sono piccoli e
possono essere trascurati. Nei casi in cui si può considerare inerziale il sistema a
Terra è inerziale anche quello posto sull’aereo, in quanto l’aereo si muove con velocità costante rispetto alla Terra.
Non è diffcile accettare il principio di relatività. Per esempio, in fgura 5 ciascun
osservatore, usando il proprio sistema di riferimento, può eseguire misure sul moto
dello Shuttle. In accordo con il principio di relatività, entrambi gli osservatori ottengono dati compatibili con le leggi del moto di Newton. Analogamente, entrambi gli
osservatori convengono che il comportamento dei dispositivi elettronici presenti
sullo Shuttle è descritto dalle leggi dell’elettromagnetismo. Secondo il principio di
relatività, tutti i sistemi di riferimento inerziali sono equivalenti ai fni della formulazione delle leggi fsiche.
Dal momento che le leggi della fsica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali, non esiste alcun esperimento in grado di distinguere un sistema inerziale
fermo da un altro in movimento a velocità costante. Per esempio, un passeggero
all’interno di un aereo (fgura 5) non può stabilire mediante un esperimento se l’ae-
Obiettivo
P
v Δt1
L
Q
Figura 4
Mentre il fascio A viaggia dalla lamina
allo specchio lungo il cammino PR,
il sistema si muove di un tratto PQ.
y«
Orologio
x«
y
Sistema di riferimento aereo
Orologio
x
Sistema di riferimento terrestre
Figura 5
Usando un sistema di riferimento
«terrestre», un osservatore posto sulla
Terra registra la posizione e l’istante
di un evento (il decollo dello Shuttle).
Allo stesso modo, un osservatore
situato su un aeroplano usa
un sistema di riferimento «aereo»
per descrivere l’evento.
899
capitolo
21
La reLatività ristretta
reo si muove a velocità costante oppure è fermo rispetto alla Terra. Non è quindi
possibile individuare un particolare sistema di riferimento inerziale «fermo in assoluto» e neppure assegnare una «velocità assoluta» a un oggetto. Secondo Einstein,
possono essere misurate e hanno signifcato fsico solo le velocità relative fra i corpi,
non le loro velocità assolute.
Se il principio di relatività sembra plausibile, quello di invarianza della velocità
della luce va contro il senso comune. Per esempio, nella situazione illustrata in fgura 1 entrambi gli osservatori misurano la stessa velocità c per la luce emessa dalla
torcia elettrica. Questa proprietà della luce, sempre confermata a partire dagli esperimenti di Michelson e Morley, impone una revisione critica non solo della legge di
composizione delle velocità, ma anche del concetto classico di tempo assoluto.
■
Figura 6
A Il treno si muove con velocità v
e alle sue estremità vi sono due
lampade, una rossa e una verde, che
si accendono contemporaneamente.
L’osservatore O 1 è fermo rispetto al
treno, mentre l’osservatore O 2 è fermo
rispetto a Terra. La velocità della luce
emessa dalle due lampade è la stessa
sia per l’osservatore sul treno
sia per l’osservatore a Terra.
B La luce rossa impiega un tempo t R
per raggiungere l’osservatore O 2 e
quindi per O 2 la lampada rossa si è
accesa quando il treno è nella
posizione raffgurata. In tale istante
la distanza della lampada rossa da O 2
è L 2 + vt R, maggiore della distanza
della lampada verde, L 2 − vt V.
900
La relatività della simultaneità
Una delle prime conseguenze dei postulati della relatività è quella di mostrare l'inadeguatezza della nostra nozione intuitiva di simultaneità. Se due eventi avvengono
contemporaneamente nello stesso punto dello spazio, essi appaiono simultanei a
qualunque osservatore in moto inerziale rispetto a essi. Per esempio, se un atomo di
carbonio e uno di ossigeno urtano e contemporaneamente si uniscono a formare una
molecola di ossido di carbonio, tale simultaneità viene rilevata da qualsiasi osservatore inerziale, indipendentemente dal suo stato di moto rispetto a essi.
Ma le cose non sono così semplici nel caso in cui gli eventi avvengano in posizioni distinte dello spazio. Infatti il concetto di simultaneità di due eventi che non avvengono nella stessa posizione non è compatibile con il postulato che la velocità
della luce sia la stessa per ogni osservatore inerziale. Per mostrare ciò, analizziamo
l’esempio del treno che fu introdotto dallo stesso Einstein. Si tratta di un esperimento ideale, perché la velocità effettiva di un treno è così lontana dalla velocità della
luce che gli effetti concreti sono tanto piccoli da essere praticamente non rilevabili.
Consideriamo due osservatori: l’osservatore O 1 è sul treno, esattamente a metà,
mentre l’osservatore O 2 è sulla banchina della stazione. Il treno si muove con velo→
cità v verso destra. Agli estremi del treno vi sono due lampade, una rossa e una verde
che, inizialmente spente, a un certo punto si accendono. Supponiamo che sia l’osservatore O 1 sul treno sia l’osservatore O 2 fermo sulla banchina ricevano la luce delle
due lampade nello stesso istante e che ciò avvenga proprio mentre transitano uno
davanti all’altro (fgura 6a).
L’osservatore O 1 sa di essere a metà del treno e dunque alla stessa distanza L 1 da
ciascuna delle due lampade. Poiché nel suo sistema di riferimento le due lampade
sono in quiete, deduce che le lampade si sono accese nello stesso istante, esattamente t 1 = L 1 /c secondi prima di avere visto la luce provenire da esse. Dunque per O 1
l’accensione delle lampade è stata simultanea.
Al contrario, per l’osservatore O 2 l’accensione delle due lampade non è stata simultanea. Seguiamo il suo ragionamento.
L1
L1
→
v
O1
O2
a
→
v
O1
L2 + vtR
B
O2
L2 – vtR
capitolo
21
La reLatività ristretta
Supponiamo che la luce rossa abbia impiegato un tempo tR per raggiungermi. Ciò
implica che la luce si sia accesa quando il treno era nella posizione indicata in fgura
6B. In quella posizione la lampada rossa era più lontana da me rispetto alla lampada
verde. In quell’istante la lampada rossa e quella verde distavano da me rispettivamente dR = L2 + vtR e dV = L2 − vtV , dove L2 è la metà del treno misurata nel mio sistema di riferimento. Poiché la luce si propaga con la stessa velocità c in tutti i sistemi
di riferimento inerziali, concludo che la lampada rossa si deve essere accesa prima di
quella verde. Se le lampade si fossero accese simultaneamente in quella posizione,
avrei visto prima la luce verde in quanto la lampada verde era più vicina a me di
quella rossa.
Rimarchiamo il punto fondamentale dell’argomentazione dell’osservatore O 2 .
Egli ha ricevuto simultaneamente la luce dalle due lampade proprio nell’istante in
cui era alla stessa distanza da esse, eppure, applicando le leggi della fsica e tenendo
presente il principio di invarianza della velocità della luce, conclude che le accensioni delle due lampade non sono state simultanee.
Dunque eventi che avvengono in punti diversi dello spazio e che sono contemporanei per un osservatore, a causa dell’invarianza della velocità della luce, possono
non esserlo per un altro osservatore. Sulla base di argomentazioni di questo tipo,
Einstein concluse che non esiste la simultaneità assoluta, prevista dalla dinamica
newtoniana, ma che la simultaneità è un concetto relativo:
stabilire la simultaneità o meno di due eventi in punti diversi dipende dallo stato
di moto dell’osservatore.
3
■
La relatività del tempo: dilatazione
temporale
Gli eventi
Nella teoria della relatività ristretta, il decollo dello Shuttle rappresentato in fgura
5 è un «evento» fsico che accade in un certo punto dello spazio in un certo istante.
Nella fgura il decollo viene visto da due osservatori, uno sulla Terra e uno su un
aeroplano in volo a velocità costante rispetto alla Terra. Per registrare l’evento,
ciascun osservatore usa un sistema di riferimento, che consiste in un sistema di assi
x, y, z (chiamato sistema di coordinate) e un orologio. I sistemi di coordinate servono
per stabilire dove avviene l’evento e l’orologio per specifcare quando. Ciascun osservatore è fermo rispetto al proprio sistema di riferimento.
■
Dilatazione temporale
L’esperienza comune sembra indicare che esista un tempo assoluto, che scorre allo
stesso modo in tutti i sistemi di riferimento. Al contrario, la relatività ristretta rivela,
per esempio, che nelle misure eseguite da un osservatore a Terra il tempo di un astronauta scorre più lentamente rispetto al proprio. Possiamo capire come nasca questo
curioso effetto con l’aiuto dell’orologio illustrato in fgura 7, che usa un impulso luminoso come marcatempo.
Un breve impulso di luce viene emesso da una sorgente, rifesso da uno specchio
e infne raccolto da un rivelatore posto in prossimità della sorgente. Ogni volta che
l’impulso raggiunge il rivelatore, viene registrato un «tic» su un nastro di carta, viene
emesso un altro impulso luminoso e il ciclo si ripete. In questo modo, l’intervallo di
tempo fra «tic» successivi è legato a un evento iniziale (l’emissione del segnale) e a
uno fnale (la sua rivelazione). La sorgente e il rivelatore sono così vicini da poter
supporre che i due eventi avvengano nello stesso punto dello spazio.
Supponiamo di costruire due orologi identici: uno viene lasciato sulla Terra e l’altro
è portato a bordo di un velivolo spaziale che si muove con velocità costante rispetto a
Terra. L’astronauta è fermo rispetto all’orologio posto sul velivolo e quindi vede l’im-
Specchio
Impulso
luminoso
Registratore
a nastro di carta
Sorgente
di luce
Rivelatore
«Tic»
Figura 7
Un orologio a luce.
901
capitolo
21
La reLatività ristretta
pulso luminoso muoversi lungo la traiettoria «verticale» mostrata in fgura 8a. Per
l’astronauta ∆t0 = 2D/c è l’intervallo di tempo fra due «tic» successivi del proprio orologio, ovvero l’intervallo fra i corrispondenti eventi iniziale e fnale. Un osservatore a
Terra, tuttavia, non misura ∆t0 come intervallo di tempo fra gli stessi eventi.
Dal momento che il velivolo si sta muovendo, per l’osservatore a Terra l’impulso
luminoso segue la traiettoria «diagonale» mostrata nella parte B della fgura. Questo
percorso è più lungo di quello osservato dall’astronauta. Ma la luce viaggia alla stessa velocità c per entrambi gli osservatori, in accordo con il principio di invarianza
della velocità della luce. Di conseguenza, l’osservatore a Terra misura un intervallo
di tempo ∆t tra i due eventi che è maggiore rispetto all’intervallo ∆t0 misurato dall’astronauta. In altre parole, l’osservatore a Terra, usando il proprio orologio per valutare il comportamento di quello dell’astronauta, ottiene che l’orologio dell’astronauta scandisce il tempo lentamente. Questo sorprendente risultato della relatività
ristretta è noto come dilatazione temporale.
Δt0
Figura 8
A L’astronauta misura l’intervallo
di tempo ∆t 0 fra «tic» successivi
del proprio orologio a luce.
B Un osservatore a Terra guarda
l’orologio dell’astronauta e vede
che l’impulso luminoso percorre
una distanza maggiore fra i «tic»
rispetto a quanto accade nella parte
A . Di conseguenza, l’osservatore
a Terra misura un intervallo di tempo
fra i «tic» ∆t che è maggiore rispetto
a ∆t 0.
D
Astronauta
A
s
D
L
s
L
Inizio dell’evento
Δt
Fine dell’evento
Osservatore a Terra
B
L’intervallo di tempo ∆t che l’osservatore a Terra misura in fgura 8B può essere
determinato come segue. Mentre l’impulso luminoso viaggia dalla sorgente al rivelatore, il velivolo spaziale percorre una distanza 2L = v∆t verso destra, dove v è la
velocità del velivolo rispetto a Terra. Dalla fgura si può notare che la luce percorre
una distanza complessiva pari a 2s durante l’intervallo di tempo ∆t. Applicando il
teorema di Pitagora, si ottiene che
________
_____
v∆t 2
2
2
2s = 2√ D + L = 2 D 2 + _
( 2 )
√
Ma la distanza 2s è anche uguale alla velocità della luce moltiplicata per l’intervallo
di tempo ∆t, ovvero 2s = c∆t. Quindi
________
v∆t 2
c∆t = 2 D 2 + _
( 2 )
√
Elevando al quadrato e ricavando ∆t si ottiene
2D
1
_____
∆t = _ _________
c
v2
1 − __2
c
√
Ma 2D/c = ∆t 0 , ovvero l’intervallo di tempo fra «tic» successivi dell’orologio sul velivolo, misurato dall’astronauta. Con questa sostituzione, l’equazione per ∆t può essere espressa come
Dilatazione temporale
902
∆t 0
_____
∆t = _________
v2
1 − __2
c
√
(1)
capitolo
21
La reLatività ristretta
I simboli contenuti in questa formula sono così defniti:
•
∆t 0 = intervallo di tempo proprio, ovvero l’intervallo tra due eventi misurato da
un osservatore a riposo rispetto ai due eventi, per cui essi avvengono nello stesso
punto dello spazio;
• ∆t = intervallo di tempo «dilatato», ovvero l’intervallo tra due eventi misurato
da un osservatore in movimento rispetto ai due eventi, per cui essi avvengono in
punti differenti dello spazio;
• v = velocità relativa tra i due osservatori;
• c = velocità della luce nel vuoto.
______
Per velocità inferiori rispetto a c, il termine √ 1 − v 2/c 2 nell’equazione (1) è inferiore
a 1, e l’intervallo di tempo ∆t è maggiore rispetto a ∆t 0 .
eseMPiO 1 Due orologi a velocità diverse
Il velivolo spaziale della fgura 8 si muove rispetto a Terra alla velocità costante
v = 0,92 c, pari al 92% della velocità della luce. L’astronauta misura, per l’intervallo fra due «tic» successivi del suo orologio, il valore ∆t 0 = 1,0 s.
▸ Quanto vale l’intervallo di tempo ∆t fra due «tic» successivi dello stesso oro-
logio misurato da un osservatore posto a Terra?
il ragionamento e la soluzione
L’orologio sul velivolo spaziale si muove rispetto a un osservatore posto a Terra,
che quindi misura un intervallo ∆t fra i «tic» maggiore rispetto all’astronauta, in
quiete rispetto all’orologio. L’intervallo dilatato è
∆t 0
1,0 s
_____ = ___________
_______ = 2,6 s
∆t = _________
2
0,92 c 2
v
1− _
1 − __2
( c )
c
√
√
Per l’osservatore posto a Terra, l’astronauta sta usando un orologio che scandisce il tempo lentamente, dal momento che l’osservatore a Terra misura un tempo
fra «tic» più lungo (2,6 s) di quello misurato dall’astronauta (1,0 s).
I velivoli spaziali attuali non viaggiano alla stessa velocità di quello incontrato nell’esempio 1. Tuttavia esistono situazioni in cui trascurare la dilatazione temporale potrebbe dar luogo a errori apprezzabili. Il GPS (Global Positioning System), per esempio, usa orologi atomici particolarmente stabili e accurati, posti su ciascuno dei 24
satelliti in orbita intorno alla Terra alla velocità di circa 4000 m/s. Questi orologi
permettono di misurare il tempo che le onde elettromagnetiche impiegano per viaggiare da un satellite a un ricevitore sulla superfcie terrestre. Conoscendo la velocità
della luce e il tempo corrispondente a tre o più satelliti, è possibile localizzare la
posizione del ricevitore. Per assicurare la precisione richiesta dall’uso del GPS, la
stabilità degli orologi deve essere migliore di una parte su 10 13.
Usando l’equazione (1) e la velocità dei satelliti utilizzati dal GPS, si può calcolare la differenza tra il tempo dilatato e il tempo proprio come frazione di quest’ultimo
e paragonare il risultato con la stabilità richiesta per gli orologi del GPS:
Fisica quotidiana
Il GPS e la relatività ristretta
∆t
− ∆t 0 _________
1
1
1
_
_____________ − 1 = _____
= _____2 − 1 = __________________
2
∆t 0
1,1
∙
1010
4000 m/s
v
1 − ________
1 − __2
(3,00 ∙ 108 m/s)
c
√
√
Il risultato ottenuto è circa mille volte più grande della stabilità richiesta per gli orologi del GPS. Per questo motivo, trascurare la dilatazione temporale causerebbe un
errore sulla posizione del ricevitore equivalente a quella causata da un orologio dotato di una stabilità un migliaio di volte inferiore.
903
capitolo
21
La reLatività ristretta
Problem solving
intervallo di tempo proprio
eseMPiO 2 turismo spaziale
Affrontando una dilatazione
temporale, si può decidere qual è
l’intervallo di tempo proprio nel
modo seguente: (a) si individuano
i due eventi che defniscono
l’intervallo; (b) si determina
il sistema di riferimento in cui i due
eventi avvengono nello stesso punto
dello spazio. Un osservatore fermo
rispetto a questo sistema misura
l’intervallo di tempo proprio ∆t 0.
Dopo il Sole, la stella più vicina
alla Terra è Alpha Centauri, che
dista 4,3 anni luce. Ciò signifca
che per un osservatore sulla Terra
la luce impiega 4,3 anni per raggiungere la stella. Supponi che la
Terra e Alpha Centauri siano ferme l’una rispetto all’altra.
▸ Se una nave spaziale parte in
direzione di Alpha Centauri e
viaggia alla velocità v = 0,95 c
relativa alla Terra, quanto tempo impiegano i passeggeri, secondo il loro orologio, per giungere a destinazione?
Fisica quotidiana
I viaggi nello spazio e la relatività
ristretta
il ragionamento e la soluzione
© NASA
I passeggeri della nave spaziale misurano con il loro orologio l’intervallo di tempo proprio
L’astronauta David A. Wolf mentre lavora
∆t 0 fra i due eventi «partenza» e
sulla Stazione Spaziale Internazionale durante
«arrivo» che avvengono nello stesun periodo di attività extraveicolare.
so posto, la base della nave spaziale. Per un osservatore sulla Terra gli eventi avvengono in punti differenti dello
spazio, quindi egli misura l’intervallo di tempo dilatato:
spazio percorso 4,3 anni luce
∆t = ___________ = ___________ = 4,5 anni
velocità
0,95 c
La durata del viaggio per i passeggeri è
_______
_____
v2
0,95 c 2
__
∆t 0 = ∆t 1 − 2 = (4,5 anni) 1 − _ = 1,4 anni
( c )
c
√
√
In questo modo i passeggeri saranno invecchiati soltanto di 1,4 anni quando raggiungeranno Alpha Centauri, e non 4,5 anni come calcolato da un osservatore
situato sulla Terra.
■
verifica della dilatazione temporale
Un’impressionante conferma della dilatazione temporale fu ottenuta nel 1971 da
J.C. Hafele e R.E. Keating. Essi trasportarono orologi atomici al cesio di elevata
precisione su aeroplani in viaggio intorno alla Terra. Dal momento che la velocità di
un jet è decisamente inferiore a c, l’effetto della dilatazione temporale è estremamente ridotto. Tuttavia, gli orologi atomici avevano una precisione di circa un miliardesimo di secondo e quindi l’effetto poteva essere misurato. Gli orologi rimasero in
volo per 45 ore e il tempo da essi misurato venne confrontato con orologi atomici di
riferimento posti a Terra. I risultati sperimentali evidenziarono che, entro gli errori
di misura, i tempi misurati dagli orologi posti sugli aerei erano differenti da quelli
misurati a Terra, esattamente in accordo con le previsioni della relatività.
Il comportamento di particelle subatomiche chiamate muoni fornisce un’ulteriore conferma della dilatazione temporale. Queste particelle vengono create nell’alta
atmosfera, a circa 10 000 m di altitudine. Osservati a riposo, i muoni vivono soltanto
2,2 ∙ 10−6 s circa prima di decadere. Con una vita così breve, queste particelle non
avrebbero alcuna possibilità di raggiungere la superfcie terrestre, anche se viaggias904
capitolo
21
La reLatività ristretta
sero a velocità prossime a quelle della luce. Tuttavia, si verifca che un gran numero
di muoni raggiunge effettivamente la Terra. L’unica possibilità affnché questo accada è che essi abbiano una vita più lunga in conseguenza della dilatazione temporale,
come viene illustrato nell’esempio 3.
eseMPiO 3 avere il tempo per arrivare sulla terra
La vita media di un muone a riposo è di 2,2 ∙ 10−6 s. Un muone creato nell’alta
atmosfera, migliaia di metri sopra il livello del mare, viaggia verso la Terra a una
velocità v = 0,998 c. Determina:
Problem solving
tempo proprio e tempo dilatato
L’intervallo di tempo proprio ∆t 0
è sempre inferiore rispetto
all’intervallo di tempo dilatato ∆t.
▸ la durata della vita media di un muone per un osservatore posto a Terra;
▸ la distanza da esso percorsa prima di decadere.
il ragionamento e la soluzione
▸ Gli eventi da considerare sono la creazione e il decadimento del muone.
Quando il muone è fermo, i due eventi avvengono nello stesso punto dello
spazio e quindi la vita media del muone (a riposo), di 2,2 ∙ 10−6 s, è un intervallo di tempo proprio ∆t 0 .
Quando il muone si muove a una velocità v = 0,998 c rispetto a Terra, un
osservatore terrestre misura una durata della vita del muone pari a
∆t 0
2,2 ∙ 10−6 s
_____ = ________________
_______ = 35 ∙ 10−6 s
∆t = _________
0,998 c 2
v2
1− _
1 − __2
( c )
c
√
√
▸ La distanza percorsa dal muone prima di decadere è
x = v∆t = (0,998)(3,00 ∙ 108 m/s)(35 ∙ 10−6 s) = 1,0 ∙ 104 m
In questo modo, la durata più lunga della vita del muone gli fornisce un
tempo suffciente per raggiungere la superfcie terrestre. Se la sua vita durasse effettivamente 2,2 ∙ 10−6 s, un muone percorrerebbe solo 660 m prima di
decadere e non potrebbe raggiungere la Terra.
4
La relatività delle distanze: contrazione
delle lunghezze
A causa della dilatazione temporale, osservatori in moto con velocità relativa costante misurano differenti intervalli di tempo tra eventi. L’esempio 2 del paragrafo
precedente mette in evidenza che un viaggio dalla Terra ad Alpha Centauri alla velocità v = 0,95 c dura 4,5 anni per un orologio situato sulla Terra, ma soltanto 1,4 anni
per un orologio
posto a bordo del razzo. Questi intervalli di tempo sono diversi per
______
il fattore √ 1 − v 2/c 2 .
Dal momento che la durata del viaggio è differente, ci si potrebbe chiedere se gli
osservatori misurino distanze differenti fra la Terra e Alpha Centauri. La risposta,
per la relatività ristretta, è affermativa. In effetti, entrambi gli osservatori sono d’accordo sulla velocità relativa, pari a v = 0,95 c, tra il razzo e la Terra. Poiché la velocità
si ottiene dividendo la distanza per il tempo impiegato e l’intervallo di tempo per i
due osservatori è diverso, ne consegue che anche la distanza dev’essere differente,
visto che la velocità relativa è la stessa. In questo modo, per l’osservatore a Terra la
distanza di Alpha Centauri è L 0 = v∆t = (0,95 c)(4,5 anni) = 4,3 anni luce. D’altro
lato, per un osservatore a bordo del razzo la distanza è soltanto L = v∆t 0 =
= (0,95 c)(1,4 anni) = 1,3 anni luce. L’osservatore che misura il tempo più breve misura anche la distanza più corta. Questa contrazione della distanza tra due punti è un
esempio del fenomeno conosciuto come contrazione delle lunghezze.
905
capitolo
21
La reLatività ristretta
La relazione tra le distanze misurate da due osservatori in moto relativo a velocità
costante può essere ottenuta con l’aiuto della fgura 9. La parte a della fgura mostra
la situazione dal punto di vista dell’osservatore terrestre. Egli valuta che la durata
del viaggio sia ∆t, la distanza sia L 0 e la velocità relativa sia pari a v = L 0 /∆t. La parte B della fgura illustra la situazione dal punto di vista del passeggero, per cui il
razzo è fermo, mentre la Terra e Alpha Centauri appaiono in movimento con velocità v. Egli ritiene che la distanza percorsa sia L, la durata del viaggio sia ∆t 0 e la velocità relativa v = L /∆t 0 . Poiché la velocità relativa è identica per i due osservatori, ne
consegue che v = L /∆t 0 = L 0 /∆t. Usando questo risultato e l’equazione (1) per la
dilatazione temporale, otteniamo la seguente relazione tra L e L 0 :
Contrazione delle lunghezze
L = L0
√
_____
v2
1 − __2
c
(2)
La lunghezza L 0 viene detta lunghezza propria: è la distanza tra due punti misurata
da un______
osservatore in quiete rispetto a essi. Dal momento che v è minore di c, il termine √ 1 − v 2/c 2 è minore di 1 e L è minore di L 0 . È importante sottolineare che la
contrazione delle lunghezze avviene solo lungo la direzione del moto: le dimensioni
perpendicolari alla direzione del movimento non subiscono alcuna contrazione,
come discusso in seguito.
Δt0
v
Δt
Alpha
Centauri
v
Terra
v
L0
L
A
B
Figura 9
A Misurata da un osservatore sulla
Terra, la distanza di Alpha Centauri
è L 0 e la durata del viaggio ∆t.
B Per il passeggero a bordo del razzo
la Terra e Alpha Centauri si muovono
con velocità v rispetto al velivolo.
Egli misura una distanza e una durata
del viaggio pari a L e ∆t 0
rispettivamente, valori entrambi
inferiori a quelli ottenuti nella parte A .
eseMPiO 4 La contrazione di un velivolo
Un astronauta, usando un regolo graduato fermo rispetto al suo razzo di forma
cilindrica, misura una lunghezza e un diametro del velivolo pari rispettivamente
a 82 m e 21 m. Il razzo si muove a una velocità costante v = 0,95 c rispetto alla
Terra, come in fgura 9.
▸ Quali sono le dimensioni del velivolo misurate da un osservatore terrestre?
il ragionamento e la soluzione
Problem solving
Lunghezza propria e lunghezza
contratta
La lunghezza propria del razzo è L 0 = 82 m, mentre un osservatore terrestre
misura una lunghezza
_______
_____
2
v
0,95 c 2
L = L 0 1 − __2 = (82 m) 1 − _ = 26 m
( c )
c
La lunghezza propria L 0 è sempre
maggiore rispetto alla lunghezza
contratta L
Sia l’astronauta sia l’osservatore situato sulla Terra misurano lo stesso valore per
il diametro del velivolo perché è perpendicolare alla direzione del moto.
√
■
√
Non esistono sistemi di riferimento privilegiati
Occupandosi di effetti relativistici, è opportuno individuare con attenzione l’intervallo di tempo proprio e la lunghezza propria.
Il tempo proprio tra due eventi ∆t 0 è l’intervallo misurato da un osservatore che
è fermo rispetto agli eventi, ovvero che li vede accadere nello stesso punto dello spazio. Ogni altro osservatore posto su un sistema inerziale in movimento misurerà un
intervallo di tempo più lungo.
906
capitolo
21
La reLatività ristretta
La lunghezza propria L 0 di un oggetto è la lunghezza misurata da un osservatore
fermo rispetto all’oggetto. Ogni altro osservatore posto su un sistema inerziale in
movimento misurerà una lunghezza inferiore.
L’osservatore che misura il tempo proprio potrebbe non essere lo stesso che misura la lunghezza propria. Per esempio, la fgura 9 mostra che l’astronauta misura il
tempo proprio ∆t 0 per la durata del viaggio dalla Terra ad Alpha Centauri, mentre
l’osservatore terrestre misura la lunghezza (o distanza) propria L 0 .
Il termine «proprio» per il tempo o per la lunghezza non signifca affatto che tali
quantità siano quelle corrette o da preferirsi. Se così fosse, l’osservatore che ottenesse
questi valori si troverebbe in un sistema di riferimento privilegiato per quanto riguarda
le misure delle corrispondenti grandezze, ma ciò è in contrasto con il principio di relatività, secondo il quale non esiste alcun sistema di riferimento inerziale privilegiato.
Quando due osservatori sono in moto uno rispetto all’altro a velocità costante, ciascuno di essi afferma che l’orologio dell’altro scandisce il tempo più lentamente, e che le
lunghezze degli oggetti dell’altro, nella direzione del movimento, risultano contratte.
■
L’invarianza delle lunghezze perpendicolari al moto
Le lunghezze in direzioni perpendicolari al moto relativo tra due osservatori rimangono invariate perché un loro cambiamento romperebbe la simmetria tra i due osservatori.
Per convincerci di questo punto, supponiamo che il moto relativo dia origine
all’accorciamento di una lunghezza perpendicolare alla direzione del moto, come
capita per il moto relativo nella direzione parallela al moto. Se così fosse, un oggetto
di altezza h 0 , a riposo in un sistema di riferimento, sarebbe più corto se visto da un
altro sistema di riferimento in moto relativo col precedente.
Consideriamo infatti due osservatori, ciascuno con un righello di altezza h 0 tenuto perpendicolare rispetto alla direzione del moto, che si muovono uno incontro
all’altro. L’osservatore O 1 vede arrivare verso di sé l’altro righello: per effetto della
contrazione, misura un’altezza h 1 = kh 0 minore di h 0 , dove k < 1 è una costante che
dipende soltanto dalla velocità relativa tra i due sistemi. Quando i due osservatori si
incontrano, per un istante i due righelli si trovano affancati, ma uno risulterebbe più
corto dell’altro. Ciò distinguerebbe in assoluto il suo moto, in contraddizione con il
postulato di equivalenza dei due sistemi inerziali, secondo il quale non si può rilevare un moto assoluto. Lo stesso discorso si riproporrebbe se l’altezza del righello aumentasse. Perciò l’unico modo per avere equivalenza tra i due sistemi è che si mantengano invariate le lunghezze perpendicolari al moto.
Questo ragionamento non si può applicare alle lunghezze nella direzione del moto,
perché in questo caso, quando i due righelli si incontrano, l’incrocio tra questi non è
istantaneo. Per misurare la lunghezza del righello in moto, un osservatore deve rilevare l’intervallo di tempo proprio di passaggio ∆t0 dei suoi estremi. Il tempo di passaggio
è diverso nei due sistemi di riferimento e la simmetria richiesta tra i due osservatori si
mantiene proprio in virtù della contrazione delle lunghezze nella direzione del moto.
5
La quantità di moto relativistica
La legge di conservazione della quantità di moto stabilisce che la quantità di moto
totale di un sistema isolato rimane costante nel tempo. La conservazione della quantità di moto è una legge fsica e quindi, in accordo con il principio di relatività, è valida in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Ovvero, se la quantità di moto totale si
conserva in un determinato sistema di riferimento inerziale, si conserva anche in
tutti gli altri.
Come esempio di conservazione della quantità di moto, immaginiamo che un
gruppo di persone stia osservando l’urto tra due bocce su un tavolo da biliardo privo
di attrito. Una persona è ferma accanto al tavolo e un’altra si muove a fanco del tavolo con velocità costante. Poiché le due bocce costituiscono un sistema isolato, il principio di relatività richiede che per ciascun osservatore la quantità di moto totale sia la
907
21
La reLatività ristretta
→
stessa prima, durante e dopo l’urto. Nella dinamica classica la quantità di moto q di
→ →
→
un corpo è defnita come il prodotto tra la sua massa m e la sua velocità v : q = m v .
Questa defnizione risulta adeguata quando le velocità in gioco sono sensibilmente
inferiori alla velocità della luce.
Quando invece le velocità sono prossime a c, l’analisi dell’urto dimostra che la
quantità di moto totale defnita come prodotto di massa e velocità non si conserva in
tutti i sistemi di riferimento inerziali. La legge di conservazione vale se la quantità di
→
moto relativistica, generalmente indicata con p , è defnita nel modo seguente:
5,0
4,0
3,0
2,0
Quantità di moto relativistica
=
Quantità di moto non relativistica
1
1 – v2/c2
capitolo
Quantità di moto relativistica
1,0
0,2c
0,4c
0,6c
Velocità, v
0,8c
c
Figura 10
In questo grafco è riportato l’aumento
del rapporto tra i moduli delle quantità
di moto relativistica e classica quando
la velocità del corpo si avvicina alla
velocità della luce.
→
mv
_____
p = _________
v2
1 − __2
c
→
√
(3)
La quantità di moto relativistica totale di un sistema isolato si conserva in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Dall’equazione (3) si può notare ______
che le quantità di moto relativistica e non relativistica sono diverse per il fattore √ 1 − v 2/c 2 , lo stesso che è presente nelle equazioni per la dilatazione temporale e per la contrazione delle lunghezze. Poiché tale fattore è inferiore a 1 e nell’equazione (3) compare al denominatore, si può dedurre
che la quantità di moto relativistica è sempre maggiore rispetto a quella classica.
Per illustrare come le due quantità differiscono al crescere della velocità, la fgura 10
mostra l’andamento del rapporto tra i moduli delle quantità di moto (relativistica/classica) in funzione della velocità v. Secondo l’equazione (3), tale rapporto vale proprio
1
_________
_____
v2
1 − __2
c
Il grafco rende evidente che per velocità ordinarie, come quelle di un’auto o di un
aereo, le quantità di moto relativistica e classica sono quasi uguali, in quanto il loro
rapporto è circa 1. Di conseguenza, a velocità molto minori di quella della luce, per
descrivere un urto può essere usata sia la quantità di moto classica sia quella relativistica. Quando invece la velocità del corpo è paragonabile a quella della luce, la
quantità di moto relativistica risulta sensibilmente maggiore di quella classica e il
suo utilizzo diventa necessario.
√
Acceleratore
di particelle
eseMPiO 5 Usiamo l’acceleratore di stanford
L’acceleratore di particelle dell’Università di Stanford (fgura 11) è lungo 3 km
e accelera gli elettroni fno a velocità pari a 0,999 999 999 7 c.
▸ Determina il modulo della quantità di moto relativistica che un elettrone pos-
siede all’uscita dall’acceleratore e paragonalo con il corrispondente valore
non relativistico.
il ragionamento e la soluzione
Il modulo della quantità di moto relativistica dell’elettrone può essere ricavato
dall’equazione (3), ricordando che la massa m dell’elettrone è 9,11 ∙ 10−31 kg:
© Bill Marsh / Photo Researchers, Inc.
mv
(9,11 ∙ 10−31 kg)(0,999 999 999 7 c)
_____ = ________________
_______
p = _________
= 1 ∙ 10−17 kg ∙ m/s
2
2
0,999
999
999
7
c
v
1 − _______________
1 − __2
(
)
c
c
√
√
Tale valore coincide con quello misurato sperimentalmente. La quantità di moto
relativistica è maggiore di quella non relativistica per il fattore
Figura 11
L’acceleratore lineare di Stanford,
lungo 3 km, accelera gli elettroni
fno a velocità molto vicine a quella
della luce.
908
1
1
_________
_____ = ________________
_______ = 4 ∙ 104
2
0,999 999 999 7 c 2
v
1 − _______________
1 − __2
(
)
c
c
√
√
capitolo
La reLatività ristretta
L’equivalenza tra massa ed energia
6
■
21
L’energia totale di un corpo
Uno dei risultati più sorprendenti della relatività ristretta è l’equivalenza tra massa
ed energia, nel senso che un aumento o una diminuzione di massa può essere visto
in modo equivalente come un guadagno o una perdita di energia.
Consideriamo, per esempio, un corpo di massa m in moto a velocità v. Einstein
ha dimostrato che l’energia totale E dell’oggetto in movimento è legata alla sua
massa e alla sua velocità tramite la seguente relazione:
Energia totale di un corpo
mc2
_____
E=_
v2
1 − __2
c
(4)
√
Per comprendere meglio l’equazione (4), consideriamo il caso particolare in cui il
corpo è fermo. Quando v = 0 m/s, l’energia totale viene detta energia a riposo E 0 , e
l’equazione (4) si riduce all’ormai famosa equazione di Einstein:
Energia a riposo di un corpo
E 0 = mc 2
(5)
L’energia a riposo rappresenta l’energia «equivalente» alla massa di un oggetto fermo. Come viene mostrato nell’esempio 6, una massa anche piccola ha per equivalente un’enorme quantità di energia.
eseMPiO 6 Una lampadina accesa per milioni di anni!
Figura 12
Una pallina da golf di 0,046 kg è posta sul
green, come in fgura 12.
L’energia a riposo di una pallina
da golf è suffciente per mantenere
accesa una lampadina da 75 W
per un tempo lunghissimo.
▸ Se fosse possibile utilizzare l’energia a
riposo della pallina per alimentare una
lampadina da 75 W, per quanto tempo
rimarrebbe accesa la lampadina?
Energia a riposo
il ragionamento
La potenza media che alimenta la lampadina è 75 W = 75 J/s. Quindi il tempo durante il quale la lampadina rimane accesa è pari all’energia totale fornita divisa
per l’energia al secondo (ovvero la potenza) con cui viene alimentata. Questa
energia proviene dall’energia a riposo della pallina da golf, che è uguale alla sua
massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato.
i dati e le incognite
Dati
incognita
Grandezze
simboli
valori
Massa della pallina
da golf
m
0,046 kg
Potenza media
che alimenta
la lampadina
ø
P
Commenti
75 W
Tempo di accensione
∆t
della lampadina
909
capitolo
21
La reLatività ristretta
il modello del problema
sintesi del modello
1 Potenza
–
La potenza media P è uguale all’energia fornita alla lampadina divisa per l’in–
tervallo di tempo ∆t , ovvero P = energia /∆t. In questo caso l’energia proviene
–
dall’energia a riposo E 0 della pallina da golf, quindi P = E 0 /∆t, da cui segue
E0
∆t = __
–
P
Grandezza da determinare: E 0
E0
∆t = __
–
P
L’energia a riposo E 0 è l’energia totale della pallina da golf ferma sul green; per
la (5) vale
E0
∆t = __
–
P
(a)
2 energia a riposo
E 0 = mc 2
(b)
E 0 = mc 2
La soluzione
Combinando i passaggi si ottiene algebricamente
1
2
↓ __
E 0 ↓ ___
mc2
∆t = – = –
P
P
Numericamente risulta
m c 2 ________________
(0,046 kg)(3,0 ∙ 108 m/s)2
= 5,5 ∙ 1013 s
∆t = ___
– =
75 W
P
Espresso in anni (1 anno = 3,2 ∙ 107 s), questo tempo equivale a
1 anno
(5,5 ∙ 10 13 s) ______
= 1,7 ∙ 106 anni
(3,2 ∙ 107 s)
ovvero 1,7 milioni di anni!
■
energia cinetica relativistica
Quando un corpo viene accelerato da fermo fno a una velocità v, esso acquista energia cinetica, che si va ad aggiungere alla sua energia a riposo. L’energia totale E è la
somma tra l’energia a riposo E 0 e l’energia cinetica K, ovvero E = E 0 + K. Quindi
l’energia cinetica è la differenza tra l’energia totale del corpo e la sua energia a riposo. Usando le equazioni (4) e (5) possiamo scrivere l’energia cinetica nel modo seguente:
⎛
⎞
1
_____ − 1
K = E − E 0 = mc 2 _
2
v
1 − __2
⎝
⎠
c
⎜
√
⎟
(6)
Questa è l’espressione corretta dal punto di vista relativistico per l’energia cinetica
di un corpo di massa m in moto con velocità v.
Apparentemente l’equazione (6) non ha nulla a che vedere con l’energia cinetica
classica. Tuttavia, per velocità molto inferiori a quella della luce (v << c), l’espressione relativistica per l’energia cinetica si riduce proprio a K = mv 2/2. Per verifcarlo,
cominciamo a porre la frazione dell’equazione (6) nella forma
910
capitolo
1
1
v__ 2 −1/2
_
_____ = ____________
=
1
−
1/2
[
(c) ]
v 2
v2
1 − __
1 − __2
[
(c) ]
c
√
21
La reLatività ristretta
(7)
Un importante risultato dell’analisi matematica dimostrato da Newton stabilisce
che, quando |x| < 1, il binomio (1 − x)n può essere approssimato con la somma
n(n − 1)
(1 − x)n = 1 − nx + _ x 2 + ...
2
(8)
e che l’approssimazione è tanto migliore quanto più piccolo è x. Il membro di destra
dell’equazione (7) può essere posto nella forma (1 − x)n in cui x = v 2/c 2 e n = −1/2.
Quindi
v 2 −1/2
1 v2
3 v2 2
1 − __
= 1 + _ __2 + _ __2 + ...
2 (c ) 8 (c )
[
(c) ]
Nel moto di oggetti macroscopici, il termine v 2/c 2 è sempre molto piccolo. Per esempio, la fantastica velocità di 3000 km/s dà luogo a un termine v 2/c 2 = 0,01. In questo
caso, il secondo termine dello sviluppo vale
1 __
v2
_
= 5,0 ∙ 10−5
2 (c 2)
mentre il terzo termine ha un valore decisamente molto inferiore
3 __
v2 2
_
= 3,8 ∙ 10−9
8 (c 2)
I termini successivi sono ancora più piccoli, quindi se v << c possiamo trascurare il
terzo termine dello sviluppo e tutti i successivi rispetto ai primi due. Sostituendo tali
termini nell’equazione (6) si ottiene
1 v2
1
K ≈ m c 2 1 + __ __2 − 1 = __ m v 2
(
) 2
2c
che è l’espressione classica dell’energia cinetica. Tuttavia, l’equazione (6) fornisce
l’energia cinetica corretta per qualsiasi velocità e deve essere usata per velocità prossime a quella della luce.
eseMPiO 7 Un elettrone ultraveloce
In un acceleratore di particelle un elettrone (m = 9,109 ∙ 10−31 kg) è accelerato da
fermo fno a una velocità di 0,9995 c. Calcola
▸ l’energia a riposo dell’elettrone.
▸ la sua energia totale;
▸ la sua energia cinetica in milioni di elettronvolt (MeV).
il ragionamento e la soluzione
▸ L’energia a riposo dell’elettrone è
E 0 = mc 2 = (9,109 ∙ 10−31 kg)(2,998 ∙ 108 m/s)2 = 8,187 ∙ 10−14 J
Poiché 1 eV = 1,602 ∙ 10−19 J, l’energia a risposo dell’elettrone è
1 eV
=
E 0 = (8,187 ∙ 10−14 J) _______
(1,602 ∙ 10−19 J)
= 5,11 ∙ 105 eV = 0,511 MeV
911
capitolo
21
La reLatività ristretta
▸ L’energia totale di un elettrone in moto a una velocità v = 0,9995 c è
mc2
(9,109 ∙ 10−31 kg)(2,998 ∙ 108 m/s)2
_____ = ______________________________
___________
E=_
=
2
v
0,995
c 2
__
______
1− 2
1−
( c )
c
√
√
= 8,19 ∙ 10−13 J = 5,1 MeV
▸ L’energia cinetica è la differenza tra l’energia totale e quella a riposo:
K = E − E 0 = 8,19 ∙ 10−13 J − 8,2 ∙ 10−14 J = 7,37 ∙ 10−13 J = 4,6 MeV
Per confronto, se l’energia cinetica fosse stata calcolata con la formula
mv 2/2 si sarebbe ottenuto un valore di soli 0,26 MeV.
Vista l’equivalenza tra massa ed energia, ogni variazione di una di queste grandezze
è accompagnata da una corrispondente variazione dell’altra. Per esempio, la vita
sulla Terra dipende dall’energia elettromagnetica proveniente dal Sole. Dal momento che il Sole rilascia energia (fgura 13), si deve verifcare un calo nella sua massa.
L’esempio 8 illustra come determinare tale diminuzione.
Figura 13
© Leon Golub/ Photo Researchers
© Mark Marten / NASA / Photo Researchers
Il Sole emette un largo spettro
di energia elettromagnetica. Queste
fotografe sono state ottenute
utilizzando le regioni dello spettro
elettromagnetico in esse indicate.
Immagine nel visibile
Immagine ai raggi X
eseMPiO 8 il sole sta dimagrendo...
Il Sole irradia energia elettromagnetica con potenza 3,92 ∙ 1026 W. La massa del
Sole è M S = 1,99 ∙ 1030 kg.
▸ Quanto varia la massa solare per ogni secondo di irradiamento?
▸ Quale frazione di tale massa va perduta in un periodo pari alla vita media di
un uomo (75 anni)?
il ragionamento
Poiché 1 W = 1 J/s, la quantità di energia elettromagnetica irradiata in 1 s è pari
a 3,92 ∙ 1026 J. Quindi, ogni secondo l’energia a riposo del Sole diminuisce di tale
quantità. La variazione ∆E 0 nell’energia a riposo del Sole è legata al cambio
della sua massa ∆m dalla formula ∆E 0 = (∆m)c 2.
La soluzione
▸ Per ogni secondo di irraggiamento del Sole, la variazione della sua massa è
∆E 0 __________
3,92 ∙ 1026 J
=
= 4,36 ∙ 109 kg
∆m = ____
c2
(3,00 ∙ 108 m/s)2
912
capitolo
21
La reLatività ristretta
Ogni secondo il Sole perde oltre 4 miliardi di kilogrammi della sua massa.
▸ La quantità di massa persa dal Sole in 75 anni è
3,16 ∙ 107 s
∆m = (4,36 ∙ 109 kg/s) _______ (75 anni) = 1,0 ∙ 10 19 kg
( 1 anno )
Benché sia una massa considerevole, essa rappresenta soltanto una minuscola frazione della massa complessiva del Sole:
∆m
1,0 ∙ 1019 kg
___ = __________
= 5,0 ∙ 10−12
m S 1,99 ∙ 1030 kg
Ogni variazione nell’energia a riposo di un sistema produce un cambio nella massa
del sistema stesso secondo la formula ∆E 0 = (∆m)c 2. Non ha importanza il tipo di
energia che subisce la variazione (elettromagnetica, potenziale, termica e così via).
Sebbene ogni variazione di energia produca una variazione di massa, nella maggior
parte dei casi tale cambio è troppo piccolo per essere riscontrato. Per esempio, utilizzando 4186 J di calore per aumentare di 1 °C la temperatura di 1 kg d’acqua, la variazione di massa corrispondente è solo
∆E 0 __________
4186 J
∆m = ____
=
= 4,7 ∙ 10−14 kg
2
c
(3,00 ∙ 108 m/s)2
È anche possibile trasformare la materia in «altre» forme di energia. Come vedremo,
per esempio, il positrone ha la stessa massa di un elettrone, ma carica elettrica opposta. Se queste due particelle materiali urtano, si annichilano e viene prodotto un
lampo di radiazione elettromagnetica. La materia viene così trasformata in onde
elettromagnetiche, la cui energia complessiva equivale all’energia totale delle due
particelle che si sono urtate. La tecnica di diagnostica medica nota come tomografa
a emissione di positroni, o PET, utilizza l’energia elettromagnetica prodotta quando
un positrone e un elettrone si annichilano.
Accade anche che la radiazione elettromagnetica si trasformi in materia. In un
esperimento, può avvenire che un’onda elettromagnetica dotata di energia molto
elevata, ovvero un raggio gamma, passi in prossimità di un nucleo atomico. Se il raggio gamma ha energia suffciente, può creare un elettrone e un positrone. Il raggio
gamma scompare e al suo posto compaiono le due particelle materiali. Il nucleo
nelle cui vicinanze è avvenuta la reazione assorbe una parte della quantità di moto,
ma per il resto rimane invariato. I processi in cui un raggio gamma si trasforma in
due particelle sono noti come produzioni di coppie.
■
relazione tra energia totale e quantità di moto
È possibile ricavare un’utile relazione tra l’energia totale E e la quantità di moto p
relativistiche. Scriviamo l’equazione (3) nella forma
m
p
_
_____ = _
2
v
v
1 − __2
c
√
Utilizzando tale formula, l’equazione (4) per l’energia totale diventa
mc2
pc2
_____ = __
E=_
v
v2
1 − __2
c
√
ovvero
v_ _
pc
=
c E
913
capitolo
21
La reLatività ristretta
Sostituendo questa espressione per v/c nell’equazione (4) si ottiene
mc2
mc2
_____ = _________
______
E=_
v2
p 2c 2
1 − __2
1 − ____
c
E2
√
√
ovvero
m 2c 4
E 2 = ____
p 2c 2
1 − ____
E2
Se ricaviamo E 2 da questa espressione risulta che
E 2 = p 2c 2 + m 2c 4
■
(9)
La velocità della luce è la massima
velocità possibile
Una delle più importanti conseguenze della teoria della relatività ristretta è che gli
oggetti dotati di massa non possono raggiungere la velocità della luce nel vuoto.
Quindi, la velocità della luce rappresenta la più alta velocità possibile.
Consideriamo infatti l’equazione (6), che fornisce l’energia cinetica di un______
oggetto
in movimento. Quando v si avvicina alla velocità della luce c, il termine √ 1 − v 2/c 2
presente al denominatore tende a zero. Di conseguenza l’energia cinetica tende a
diventare infnitamente grande. Tuttavia, come sappiamo dal teorema dell’energia cinetica, è necessario un lavoro infnito per fornire al corpo un’energia cinetica infnita. Dal momento che è impossibile compiere un lavoro infnito, concludiamo che gli oggetti dotati di massa non possono raggiungere la velocità della
luce c.
7
La composizione relativistica
delle velocità
Consideriamo la situazione illustrata in fgura 14, in cui un furgone si muove con
velocità costante v 1 = +15 m/s e un passeggero lancia in avanti una pallina da tennis
alla velocità v 2 = +8,0 m/s rispetto al furgone. Secondo la dinamica classica, un osservatore a Terra vede la pallina avvicinarsi alla velocità
v = v 2 + v 1 = +8,0 m/s + 15 m/s = +23 m/s
v2 = +8,0 m/s
Figura 14
v1 = +15 m/s
Il furgone si avvicina all’osservatore
fermo rispetto a terra a una velocità
relativa v 1 = +15 m/s. La velocità
della pallina da tennis rispetto
al furgone è v 2 = +8,0 m/s.
Osservatore
a terra
Secondo la relatività ristretta questa previsione non è corretta. Infatti, se la velocità
del furgone è suffcientemente vicina a quella della luce, dall’equazione v = v 1 + v 2
deriva che l’osservatore a terra vede la palla muoversi a una velocità superiore a
quella della luce. Ciò non è possibile, dal momento che nessun oggetto dotato di
massa può muoversi più velocemente della luce.
La legge relativistica di composizione delle velocità è la seguente:
Composizione delle velocità
914
v1 + v2
v = _______
v1 v2
1 + ____
c2
(10)
capitolo
21
La reLatività ristretta
dove i simboli hanno il seguente signifcato:
•
•
•
v = velocità di un oggetto rispetto al sistema di riferimento S;
v 1 = velocità dell’oggetto rispetto al sistema di riferimento S′;
v 2 = velocità del sistema S′ rispetto al sistema S.
Le velocità possono avere valori positivi o negativi a seconda che abbiano verso
coincidente od opposto rispetto a quello scelto come «positivo». L’equazione (10)
differisce dalla formula non relativistica (v = v 1 + v 2) per il denominatore
v 1v 2
1+_
c2
che tiene conto degli effetti della dilatazione temporale e della contrazione delle
lunghezze. Quando v 1 e v 2 sono piccole rispetto a c, si ha
v 1v 2
1+_
≈1
c2
e la formula per la composizione delle velocità si riduce a v ≈ v 1 + v 2 .
eseMPiO 9 Mai più veloce della luce!
Immaginiamo che un’astronave si avvicini a un pianeta alla velocità v 2 = +0,8 c.
Dall’astronave è lanciato verso il pianeta un razzo di segnalazione con una velocità v 1 = +0,5 c rispetto all’astronave.
▸ Qual è la velocità v del razzo rispetto a un osservatore in quiete sul pia-
neta?
il ragionamento e la soluzione
L’osservatore che si trova sul pianeta non vede il razzo avvicinarsi alla velocità
v = 0,5 c + 0,8 c = 1,3 c ma alla velocità
v1 + v2
0,5 c + 0,8 c
v = _______ = ________________ = 0,93 c
v
v
(0, 5 c)(0,8 c)
1
2
1 + ___________
1 + ___
2
c
c2
v1 = +c
v2
Figura 15
Osservatore
a terra
La velocità della luce emessa
dalla torcia è c sia rispetto al furgone
sia rispetto all’osservatore a terra.
La formula per la composizione delle velocità è consistente con il principio di invarianza della velocità della luce. Esaminiamo la fgura 15, in cui una persona, a bordo
di un furgone che si muove a velocità v 2 rispetto a terra, tiene in mano una torcia
accesa. La velocità della luce rispetto alla torcia è v 1 = +c. La velocità della luce v per
un osservatore fermo rispetto a terra è fornita dalla formula di addizione delle velocità:
v1 + v2
c + v2
(c + v 2) c
v = __________ = _________ = _______ = c
c + v2
v1 v2
c v2
1 + ______
1 + ____
2
2
c
c
dove v 2 è la velocità del furgone rispetto al terreno.
In tal modo, la composizione relativistica delle velocità indica che la persona a
terra e quella sul furgone misurano la stessa velocità della luce c, indipendentemente dalla loro velocità relativa. Questo è proprio ciò che afferma il principio di invarianza della velocità della luce.
915
i fisici
albert einstein
Albert Einstein nacque nella città tedesca di Ulm il 14 marzo 1879. Manifestò spiccati interessi scientifci fn da
ragazzo. Completati gli studi secondari in Svizzera, si laureò in fsica al Politecnico di Zurigo nel 1900. L’anno
dopo divenne cittadino svizzero e nel
1902, non riuscendo a trovare una posizione accademica, si impiegò all’Uffcio Brevetti di Berna.
■
L’Annus mirabilis
(1905): dalla relatività
ristretta alla relatività
generale
Il decennio 1895-1905 fu segnato da
grandi scoperte, come i raggi X, la radioattività e l’elettrone. Nel 1900 il
tedesco Max Planck spiegò lo spettro
del corpo nero, dando origine alla teoria dei quanti.
Nel 1905 Einstein lasciò la sua prima impronta nella fsica degli anni a
venire con tre articoli fondamentali.
Tutti e tre partivano dall’esigenza di
rimuovere delle incongruenze nel
modo di trattare certi fenomeni che
portò Einstein a guardare con occhio
nuovo ai fondamenti della fsica,
pronto a metterli in discussione.
Einstein a Vienna nel 1921.
916
Nel primo lavoro Einstein ipotizzava che la luce potesse avere una duplice natura, corpuscolare e ondulatoria,
e che in certi fenomeni prevalesse il
primo aspetto, ovvero quello di un insieme di «quanti di luce», battezzati in
seguito fotoni. Einstein applicò l’ipotesi a fenomeni come l’effetto fotoelettrico, cioè l’estrazione di elettroni dalla
superfcie di un metallo da parte di radiazione di data lunghezza d’onda. La
sua spiegazione fu confermata sperimentalmente dall’americano Millikan
nel 1916, e fu la motivazione principale
del premio Nobel che Einstein ricevette per l’anno 1921.
Tema del secondo articolo è il
moto di particelle minutissime in sospensione in un liquido, detto moto
browniano (scoperto nel 1827 dal botanico scozzese Robert Brown). Einstein ne costruì la teoria, considerando le particelle soggette agli urti
dovuti all’agitazione termica delle
molecole del liquido. La teoria fu verifcata nel 1909 dal francese Jean-Baptiste Perrin e contribuì all’affermazione dell’ipotesi della natura
atomica della materia.
Nel terzo articolo vedeva la luce la
teoria della relatività ristretta, mentre
la teoria della relatività generale fu
una creazione molto più lunga e complessa, durata dal 1907 al 1915 (vedi la
scheda relativa al tema). Dal 1909 Einstein fu chiamato a ricoprire importanti cattedre universitarie e fnì con
lo stabilirsi a Berlino nel 1914.
La conferma delle previsioni teoriche della relatività generale ottenute
dalle misure compiute durante un’eclissi totale di Sole nel 1919 decretarono di colpo la nascita della fama mondiale di Einstein.
■
«Dio non gioca a dadi
col mondo»: la teoria
dei quanti
Se la relatività fu la creazione d’un
solo uomo, la teoria dei quanti, l’altra
rivoluzione che caratterizzò la fsica
del Novecento, fu la creazione di
molti.
L’anno successivo al lavoro sul
quanto di luce, Einstein produsse una
teoria quantistica che spiegava per la
prima volta l’andamento dei calori
specifci dei solidi con la temperatura,
problema che aveva rappresentato un
ostacolo insormontabile per la fsica
classica. Nel 1916 scrisse un fonda-
Einstein nell’osservatorio a lui dedicato, realizzato dall’architetto Mendelsohn
a Potsdam nel 1924.
capitolo
mentale lavoro sull’interazione tra
radiazione e materia che ebbe un ruolo di rilievo nello sviluppo della teoria
quantistica della radiazione. Da questo flone di sviluppi sarebbero scaturite invenzioni come il laser (anni ’60)
che oggi troviamo in molti oggetti
d’uso comune, come stampanti o lettori di CD.
A quarantasei anni, Einstein diede il suo ultimo contributo alla teoria
dei quanti, elaborando alcune idee
del fsico indiano Satyendra N. Bose e
costruendo la teoria del comportamento statistico di un insieme di particelle aventi, come si dice, spin intero
(statistica di Bose-Einstein).
Einstein non partecipò alla costruzione della meccanica quantistica propriamente detta, sviluppatasi
tra il 1925 e il 1927. Già da qualche
anno manifestava disagio per l’intrinseco carattere probabilistico della teoria dei quanti, disagio che
espresse proprio con la frase «Dio
non gioca a dadi col mondo», e che lo
portò a un intenso dibattito sui fondamenti della fsica col danese Niels
Bohr. Einstein avrebbe in seguito insistito nell’affermare l’incompletezza
della meccanica quantistica, che se-
condo lui non rappresentava quella
costruzione defnitiva oramai largamente accettata come tale dalla comunità dei fsici.
■
Pensatore e pacifista
Nel dicembre 1932, poco prima
dell’avvento di Hitler al potere, Einstein lasciò Berlino e la Germania per
trasferirsi negli Stati Uniti all’Institute for Advanced Study di Princeton.
Nell’ultima parte della vita si dedicò alla «teoria di campo unifcato»,
che si poneva gli obiettivi di risolvere
il dualismo onda-particella e di descrivere un unico campo che, in casi
particolari, potesse scindersi nel campo gravitazionale e in quello elettromagnetico. I risultati furono insoddisfacenti ed Einstein divenne sempre
più isolato rispetto al tumultuoso sviluppo della fsica.
Einstein è stato fautore di una fsica «dei princìpi», nella quale l’ipotesi
flosofca di fondo è che la natura obbedisca a princìpi semplici e universali: il caso tipico di tali teorie è la
termodinamica, alla cui struttura Einstein si ispirò per la relatività ristretta. Le teorie «dei princìpi» si contrap-
Einstein insieme al premio Nobel indiano per
la letteratura Rabindranath Tagore, a Berlino nel 1930.
21
La reLatività ristretta
pongono alle teorie «costruttive»,
nelle quali vengono costruiti modelli
apposta per spiegare intere classi di
fenomeni e continuamente vengono
aggiunte ipotesi ad hoc per rendere
conto delle incongruenze. Ne sono un
esempio le teorie ottocentesche nelle
quali vengono ipotizzate proprietà
particolari dell’etere e della materia
per rendere conto dei fenomeni ottici
ed elettromagnetici osservati.
La celebrità rese Einstein un personaggio pubblico. Le sue prese di
posizione furono improntate al pacifsmo e a spirito libertario. Nel 1939,
su iniziativa dell’ungherese Leo Szilard, Einstein frmò una lettera al presidente degli Stati Uniti Roosevelt
allo scopo di richiamarne l’attenzione sulle potenzialità belliche delle recenti scoperte in fsica nucleare, incluse le ricerche di Enrico Fermi, da
poco emigrato negli Stati Uniti. L’ultimo pronunciamento pubblico fu la
frma di un manifesto contro il riarmo
nucleare.
Einstein si sposò due volte, ed
ebbe due fgli dalla prima moglie.
Morì il 18 aprile 1955. Le sue ceneri
vennero disperse in un luogo tenuto
segreto.
Einstein durante un’apparizione televisiva del 1950 in cui si pronuncia
contro l’uso delle armi atomiche.
917
La storia di un’idea
La teoria della relatività
■
La relatività ristretta
Nella meccanica di Galilei-Newton, la
→
→
→
velocità v di un corpo diviene v + V
(trasformazione galileiana) se passiamo da un sistema di riferimento inerziale a un altro, in moto rispetto al
→
primo con velocità uniforme V . Le
leggi del moto sono invarianti per trasformazioni di questo tipo (invarianza
galileiana). Nell’elettromagnetismo di
Maxwell, invece, la velocità c della
luce nel vuoto è una costante universale. Negli ultimi decenni dell’Ottocento sembrava così che le leggi
dell’elettromagnetismo dovessero valere esattamente solo in un sistema di
riferimento assoluto, identifcato con
l’«etere». Era dunque una questione di
primaria importanza dimostrarne l’esistenza trovando traccia del moto della Terra rispetto all’etere, ovvero del
cosiddetto «vento d’etere». Inoltre, le
equazioni di Maxwell non erano invarianti per trasformazioni galileiane del
sistema di riferimento. Sembravano
dunque esservi profonde differenze
nei princìpi-base cui obbedivano meccanica ed elettromagnetismo.
Per tutto il XIX secolo si era creduto all’ipotesi di Fresnel del trasci-
Il fsico olandese
Hendrik A. Lorentz.
918
namento parziale dell’etere da parte
dei corpi in moto, confermata da vari
esperimenti, accurati tutti al primo ordine in v/c (ovvero capaci di rivelare
effetti che dipendono dalla prima potenza del piccolissimo rapporto v/c,
nel quale v è la velocità del corpo rispetto all’etere). L’ipotesi spiegava
l’assenza del «vento d’etere» nel moto
terrestre (in tal caso v è la velocità
della Terra). Tuttavia, neanche gli
esperimenti condotti nel 1881 e nel
1887 dall’americano Albert A. Michelson, accurati al secondo ordine in
v/c, avevano mostrato traccia del
moto della Terra rispetto all’etere. Nel
1892 l’olandese Hendrik A. Lorentz
giustifcò questo risultato con l’ipotesi
ad hoc che il moto rispetto all’etere
facesse contrarre i corpi nella direzione del moto di un fattore pari a
______
√ 1 − v 2/c 2
L’ipotesi di Lorentz era di tipo dinamico, scaturiva cioè da un’interazione tra
l’etere e le cariche elettriche da cui si
supponeva formata la materia.
Nel suo lavoro del 1905 Einstein
affrontò il problema in modo originale, discutendo la questione da un punto di vista cinematico. Egli dimostrò
Einstein e Lorentz a Leiden nel 1921.
che la nozione di simultaneità tra due
eventi dipende dal sistema di riferimento in cui ci si trova: due eventi simultanei per un osservatore in un sistema di riferimento, come un
osservatore sulla banchina di una stazione ferroviaria, non lo sono per un
altro osservatore che si trova su un
treno che passa lungo la banchina. Ne
scaturiva la teoria, semplice ed elegante, della relatività ristretta, basata
sui seguenti postulati: 1) tutte le leggi
fsiche (non solo quelle della meccanica) hanno la stessa forma in ogni riferimento inerziale; 2) la velocità della
luce c nel vuoto è una costante in tutti
i sistemi di riferimento.
Veniva così rimossa l’incongruenza tra le leggi di trasformazione di coordinate valide per i fenomeni meccanici e quelle valide per i fenomeni
elettromagnetici; esse non erano più
le trasformazioni galileiane, ma le cosiddette «trasformazioni di Lorentz».
La contrazione dei corpi nella direzione del moto scaturiva in maniera naturale dal riesame dei concetti fondamentali e non doveva essere aggiunta
come ipotesi ad hoc. Lo stesso accadeva per la forza alla quale era soggetta una carica in un campo elettro-
capitolo
magnetico (forza di Lorentz): nella
relatività einsteiniana essa scaturiva
in modo naturale dalle leggi di trasformazione dell’equazione del moto
di una carica elettrica. Un’altra conseguenza era la dilatazione dei tempi: se
t 0 è un intervallo di tempo misurato in
un riferimento in ______
quiete, esso apparirà pari a t = t 0 /√ 1 − v 2/c 2 in un riferimento in moto rispetto al primo con
velocità v. In un successivo lavoro del
1905 Einstein derivava per la prima
volta, come conseguenza della relatività, la formula che dà l’equivalenza
tra massa m ed energia E:
E = mc
2
classica per velocità piccole rispetto a
quella della luce, ovvero in tutti i casi
in cui si può trascurare v/c rispetto
all’unità.
Nel 1908 il matematico Hermann
Minkowski dette un’esposizione della
relatività mettendo sullo stesso piano le
coordinate spaziali e la coordinata temporale, dando così origine, in una sorta
di fusione tra spazio e tempo, al cosiddetto continuo spazio-temporale, come
alla sede geometricamente più appropriata per descrivere i fenomeni fsici.
■
«il pensiero più felice
della mia vita»:
la relatività generale
Il valore della velocità della luce nel
vuoto è anche il massimo valore di velocità al quale può propagarsi un segnale. Ne segue un importante cambiamento rispetto alla meccanica
newtoniana: mentre in questa teoria la
propagazione della forza è istantanea,
dalla relatività ristretta in poi si è dovuto tener conto del fatto che un’interazione può al massimo propagarsi
alla velocità c.
Va infne osservato che la meccanica cui dà luogo la teoria della relatività ristretta si riduce alla meccanica
Meditando su come includere la gravitazione nella teoria della relatività,
nel 1907 occorse ad Einstein quello
che avrebbe chiamato in seguito «il
pensiero più felice della mia vita»: un
uomo che cade dal tetto di una casa
non sente il proprio peso. Si potrebbe
dire che un uomo a cui accada ciò abbia cose più urgenti di cui preoccuparsi, ma l’eccezionale signifcato fsico di
questa intuizione era che il moto uniformemente accelerato era equivalente all’effetto prodotto da un campo
Hermann Minkowski, teorico
del continuo spazio-temporale.
Negativo dell’eclissi solare fotografata
da Arthur Eddington nel 1919.
21
La reLatività ristretta
gravitazionale.
Cominciava un periodo di diffcile
transizione dal particolare al generale,
al termine del quale, sul fnire del
1915, Einstein pervenne all’enunciato
fnale della sua teoria della relatività
generale, che si presentava come una
teoria del continuo spazio-temporale
in presenza di gravitazione. In essa le
proprietà geometriche dello spazio-tempo a quattro dimensioni non
sono costanti, ma dipendono dalla distribuzione delle masse che vi si trovano e dal loro moto. La teoria newtoniana della gravitazione può essere
considerata come un caso limite della
relatività generale.
La nuova teoria prevedeva tre effetti. Uno era il corretto valore per
l’anomala velocità di precessione del
perielio di Mercurio (nota da un’ottantina d’anni, e inspiegabile con la
legge di gravitazione universale di
Newton). Un altro era lo spostamento verso il rosso della radiazione
elettromagnetica emessa da una sorgente che passa da una regione a più
basso a una regione a più alto potenziale gravitazionale. Il terzo effetto
era l’incurvamento dei raggi luminosi che passano vicino al bordo di una
massa come quella del Sole. Esso fu
misurato da due spedizioni mandate a
osservare l’eclisse totale di Sole del 29
maggio 1919: una di queste era guidata
dallo scienziato britannico Arthur S.
Eddington il quale, nella riunione della Royal Society di Londra del 6 novembre 1919, annunciò che la relatività generale di Einstein era confermata.
L’indomani il Times dette la notizia e
Einstein divenne di colpo una celebrità mondiale.
Le previsioni della teoria della relatività ristretta e generale hanno retto a tutte le verifche sperimentali e
rappresentano uno dei capisaldi della
fsica moderna.
919
capitolo
21
La reLatività ristretta
L’ordine di grandezza
Quale massa bisognerebbe convertire in energia
per sviluppare la potenza necessaria a far decollare
uno Space Shuttle?
© Bill Howe / Alamy
Per calcolare quanta massa bisognerebbe convertire in energia per avere
a disposizione la potenza necessaria a far decollare uno space shuttle, bisogna
dividere l’energia sviluppata durante il lancio dello space shuttle per la velocità
della luce elevata al quadrato.
il modello
(massa da convertire in energia) = (energia che occorre
spendere per mandare in orbita uno Space Shuttle) /
(velocità della luce)2
i numeri
▸ Energia che occorre spendere per mandare in orbita
uno Space Shuttle = 1,16 ∙ 1013 J
Un paragone Questa massa è un ordine di grandezza
inferiore rispetto alla massa di una zanzara. Questo
significa che, se potessimo convertire in modo completo
massa in energia, per mandare in orbita uno Space
Shuttle non dovremmo bruciare tremila tonnellate di
carburante ma basterebbe convertire in energia un’ala
di farfalla.
▸ Velocità della luce = 3 ∙ 108 m/s
il risultato
massa da convertire in energia =
= (1,16 ∙ 1013 J) / (3 ∙ 108 m/s)2 =
Le fonti
= 1,3 ∙ 10−4 kg
L’ordine di grandezza è: 10−4 kg
La massa che bisognerebbe convertire in energia per
produrre la potenza necessaria a far decollare uno
Space Shuttle è pari a 1,3 ∙ 10−4 kg.
stima l’ordine
di grandezza
∙ Energia che occorre spendere per mandare in orbita uno
Space Shuttle: Marc G. Millis, Energy considerations of
hypothetical space drives, American Institute of Aeronautics
and Astronautics
(http://ntrs.nasa.gov/archive/nasa/casi.ntrs.nasa.gov/
20070031912.pdf)
il modello
(frazione di energia) = (energia ottenuta convertendo una massa uguale a quella
del tuo corpo) / (energia primaria consumata annualmente sulla Terra)
i numeri
se potessi convertire
in energia una massa uguale
a quella del tuo corpo, quale
frazione dell’energia primaria
consumata annualmente
sulla terra ne ricaveresti?
Energia ottenuta convertendo una massa uguale a quella del tuo corpo = (massa
del tuo corpo) (velocità della luce)2
Energia primaria consumata annualmente sulla Terra = 5 ∙ 1020 J
il risultato
Frazione di energia = .................. %
Le fonti
∙ Energia primaria consumata annualmente sulla Terra:
US Energy Information Administration, International Energy Outlook 2014
(www.eia.gov/forecast/ieo/pdf/0484(2014).pdf)
920
capitolo
I concetti fondamentali
1
Qual è la velocità della luce?
Secondo la teoria di Maxwell, la luce è un’onda elettromagnetica
che si propaga nel vuoto alla velocità c = 3,00 ∙ 108 m/s.
Essa è indipendente dalla velocità della sorgente che la emette
e dal moto relativo tra sorgente e osservatore.
5
La reLatività ristretta
Formule in 3 minuti
E = mc2
Dilatazione del tempo e contrazione delle lunghezze
La quantità di moto relativistica
Un corpo di massa m, in moto con una velocità v, prossima a c,
possiede una quantità di moto relativistica
→
mv
→
_____
p = _________
v2
1 − __2
c
esperimento di Michelson-Morley: prova che gli ipotetici effetti
dovuti alla presenza dell’etere, nella descrizione dei fenomeni
luminosi, non esistono.
2
21
√
i postulati della relatività ristretta
Postulati della relatività ristretta
1. Principio di relatività. Le leggi fsiche sono le stesse in tutti
i sistemi di riferimento inerziali.
2. Principio di invarianza della velocità della luce. La velocità della
luce nel vuoto, misurata in qualsiasi sistema inerziale, ha sempre lo
stesso valore c, indipendentemente dalla velocità relativa
fra la sorgente di luce e l’osservatore.
6
L’equivalenza tra massa ed energia
energia totale: energia e massa sono equivalenti; l’energia totale
di un oggetto avente massa m, in moto con una velocità v, è
mc2
_____
E=_
v2
1 − __2
c
√
La relatività della simultaneità
Stabilire la simultaneità o meno di due eventi in punti diversi
dipende dallo stato di moto dell’osservatore.
energia a riposo E0: equivale all’energia totale di un corpo fermo
3
E 0 = mc 2
La relatività del tempo:
dilatazione temporale
sistema di riferimento: per registrare un evento fsico un osservatore
usa un sistema di riferimento, costituito da un sistema di coordinate
e un orologio.
intervallo di tempo proprio ∆t 0 tra due eventi: è l’ intervallo di tempo misurato da un osservatore fermo rispetto agli eventi, che quindi
li vede accadere nello stesso punto dello spazio.
intervallo di tempo dilatato: un osservatore in moto rispetto agli
eventi, che vede accadere gli eventi in punti differenti dello spazio,
misura un intervallo di tempo dilatato
∆t 0
_____
∆t = _________
v2
1 − __2
c
energia cinetica: l’energia totale di un corpo è la somma della sua
energia a riposo e della sua energia cinetica K. Quindi
⎛
⎞
1
_____ − 1
K = E − E 0 = mc 2 _
2
v
1 − __2
⎝
⎠
c
⎜
E 2 = p 2c 2 + m 2c 4
velocità «limite»: un corpo di massa m non può raggiungere
la velocità della luce, che è quindi una velocità «limite».
dove v è la velocità relativa tra l’osservatore che misura ∆t 0
e l’osservatore che misura ∆t.
La relatività delle distanze:
contrazione delle lunghezze
Lunghezza propria L 0 di un segmento: è quella misurata
da un osservatore fermo rispetto gli estremi del segmento.
Lunghezza contratta: un osservatore in moto con una velocità
relativa v nella stessa direzione del segmento, misura
una lunghezza contratta
L = L0
√
_____
v2
1 − __2
c
La contrazione si verifca solo lungo la direzione del moto relativo.
Le dimensioni perpendicolari alla direzione del moto
non subiscono contrazioni.
⎟
energia totale e quantità di moto: l’energia totale E e la quantità
di moto p relativistiche di un corpo di massa m sono legate
dalla relazione
√
4
√
7
La composizione relativistica
delle velocità
Per corpi in moto lungo la stessa direzione la formula
per la composizione delle velocità è
v1 + v2
v = _________
v1 v2
1 + ____
c2
dove v è la velocità di un oggetto rispetto al sistema
di riferimento S, v 1 è la velocità dell’oggetto rispetto
al sistema di riferimento S′ e v 2 è la velocità
del sistema S′ rispetto al sistema S.
921
capitolo
21
ESERCIZI
La reLatività ristretta
Problemi
CHaLKBOarD viDeOs
(Esercizi risolti in inglese)
▶
3
La relatività del tempo: dilatazione
temporale
1
Un velivolo ha una velocità di 0,75 c rispetto a Terra. I
passeggeri misurano 37,0 ore per l’intervallo di tempo
tra due eventi accaduti sulla Terra.
3
▪▪▪
▶
▪▪▪
Quale durata avrebbero misurato per lo stesso intervallo se la velocità del loro veicolo fosse stata 0,94 c
rispetto a Terra?
4
2
▪▪▪
5
▪▪▪
Un’antenna radio sta ruotando e, misurata da Terra,
compie una rivoluzione ogni 25 s. Gli strumenti a bordo
di una navicella spaziale che si sta muovendo rispetto
alla Terra con velocità v, misurano invece una rivoluzione ogni 40 s.
Un agente a bordo di una «volante della polizia intergalattica» accende un lampeggiante rosso e osserva che
emette un fash ogni 1,5 s. Una persona sulla Terra misura un periodo tra i fash di 2,5 s.
▶
▪▪▪
Quanto vale il rapporto v/c tra la velocità v e la velocità della luce nel vuoto c?
A quale velocità sta viaggiando la «volante della polizia» rispetto a Terra?
Un oggetto di 6,00 kg oscilla all’estremità di una molla
con costante elastica 88,0 N/m. Un osservatore sta viaggiando alla velocità di 1,90 ∙ 108 m/s relativamente all’ estremità fssa della molla.
▶
Qual è il periodo di oscillazione misurato dall’ osservatore?
eseMPiO
Un’astronave si allontana dalla Terra a velocità costante. Alla partenza il suo orologio di bordo era sincronizzato con il
tempo UTC. L’ astronave manda un segnale orario alla Terra. Dopo che è passato un anno sulla Terra, l’astronave è in
ritardo di un’ ora sul tempo UTC.
▶
Qual è la velocità dell’ astronave?
La soluzione
Il tempo dell’ astronave rilevato dalla Terra ritarda di un fattore che dipende dalla velocità:
∆t 0
_____ ⇒
∆t = _________
v2
1 − __2
c
√
∆t _________
1
_
= _____
∆t 0
v2
1 − __2
c
√
dove ∆t e l’intervallo di tempo rilevato sulla Terra rispetto al tempo ∆t 0 dell’orologio dell’astronave. Possiamo fare uso
della seguente approssimazione
1
v 2 −1/2
1 __
v2
_
_
_____ = 1 − __
≈
1
+
2 (c 2)
(c) ]
v2 [
1 − __2
c
√
che è valida per velocità v non troppo vicine a c.
Nel nostro caso, la differenza tra ∆t 0 e ∆t è un’ ora in un anno e poiché 1 anno = 8766 ore, si ha
∆t _
8766
_
=
= 1,000114 = 1 + 0, 000114 = 1 + 1,14 ∙ 10−4
∆t 0 8765
Allora dovrà valere l’ uguaglianza
1 v2
1 + _ __2 = 1 + 1,14 ∙ 10−4
2 (c )
ovvero
1 __
v2
_
= 1,14 ∙ 10−4
2 (c 2)
da cui si ricava
________
v_
= √ 2 (1,14 ∙ 10−4) = 1,5 ∙ 10−2
c
Infne
v = c(1,5 ∙ 10−2) = (3,00 ∙ 108 m/s)(1,5 ∙ 10−2) = 4,5 ∙ 106 m/s
922
ESERCIZI
6
▪▪▪
7
▪▪▪
Una particella chiamata pione possiede una vita breve,
dopo la quale decade in altre particelle. Supponi che un
pione si muova alla velocità di 0,990 c e che un osservatore nel laboratorio misuri per il pione una vita di
3,5 ∙ 10−8 s.
▶
Qual è la durata della vita del pione per un ipotetico
osservatore che si muova con esso?
▶
Per questo ipotetico osservatore, di quanto si sposta
il pione nel laboratorio prima di decadere?
Devi progettare una missione spaziale in cui un’astronave viaggia a velocità costante per sei mesi, valore misurato con un orologio a bordo del velivolo, e poi torna
con la stessa velocità.
▶
8
▪▪▪
capitolo
9
12
▪▪▪
Mentre sulla Terra la coltura ha prodotto 256 batteri,
quanti se ne trovano su quella situata sul razzo, secondo l’osservatore terrestre?
10
▪▪▪
16
▪▪▪
La relatività delle distanze: contrazione
delle lunghezze
Un turista cammina alla velocità di 1,3 m/s su una stradina lunga 9,0 km che fancheggia un vecchio canale.
Qual è la distanza misurata dai viaggiatori a bordo
dell’UFO?
Per un orologio posto a bordo della navicella, quanto
durerà il viaggio?
Esprimi la risposta in anni (1 anno = 3,16 ∙ 107 s).
13
▪▪▪
Un’astronave sfreccia nel cielo a una velocità di 0,90 c
rispetto alla Terra. Un osservatore terrestre misura una
lunghezza dell’astronave, lungo la direzione del suo
moto, pari a 230 m.
▶
14
▪▪▪
15
▪▪▪
4
Se la velocità della luce nel vuoto valesse 3,0 m/s,
quanto sarebbe lunga la stradina per il turista?
La distanza fra la Terra e il centro della nostra galassia
misurata da un osservatore terrestre è di circa 23 000
anni luce (1 anno luce = 9,47 ∙ 10 15 m). Una navicella
spaziale affronta questo viaggio a una velocità di
0,9990 c.
▶
Osservato sulla Terra, un certo tipo di batterio si riproduce raddoppiando la propria popolazione in 24,0 ore.
Vengono preparate due colture di questo batterio, costituite entrambe inizialmente da un esemplare. Una è
lasciata sulla Terra è l’ altra è messa su un razzo che si
muove rispetto a Terra con una velocità pari a 0,866 c.
▶
La reLatività ristretta
Supponi che la distanza in linea retta fra New York e
San Francisco sia 4,11 ∙ 106 m (ignora la curvatura della
Terra). Un UFO sta volando tra le due città alla velocità di 0,75 c rispetto alla Terra.
▶
Determina (in secondi) la differenza tra la durata del
viaggio registrata da un orologio terrestre e da uno
posto sul velivolo spaziale.
Suggerimento: quando
v << c, si può usare la seguente
______
approssimazione √ 1 − v 2/c 2 ≈ 1 − (1/2)v 2/c 2.
▪▪▪
11
▪▪▪
Qual è la velocità dell’ astronave per la quale la durata del viaggio complessivo misurata sulla Terra è 100
anni? Esprimi la risposta in funzione di c con 5 cifre
signifcative.
Un astronauta viaggia alla velocità di 7800 m/s rispetto
a Terra, una velocità molto piccola rispetto a c. Per un
orologio situato sulla Terra, la missione spaziale dura
15 giorni.
▶
▶
21
Quanto vale per questo osservatore la lunghezza
dell’astronave una volta che è atterrata?
Un marziano si sta allontanando da Marte a bordo di
una navicella, dirigendosi verso Venere. Lungo la strada, passa vicino alla Terra alla velocità v = 0,80 c rispetto alla Terra stessa. Assumi che i tre pianeti non si muovano uno rispetto all’altro durante il viaggio. La
distanza tra Marte e Venere misurata dalla Terra è
1,20 ∙ 10 11 m.
▶
Qual è la distanza tra Marte e Venere misurata dal
marziano?
▶
Quanto dura il viaggio (in secondi) secondo il marziano?
Due astronavi, A e B, stanno esplorando un nuovo pianeta. Rispetto a questo pianeta, l’astronave A viaggia
alla velocità di 0,60 c, mentre l’astronave B viaggia a
0,90 c.
▶
Quanto vale il rapporto DA /D B tra i diversi diametri
del pianeta misurati dalle due astronavi, in direzione
parallela al suo moto?
eseMPiO
I protoni che fanno parte dei raggi cosmici attraversano il Sistema Solare a velocità prossime alla velocità della luce. Un
protone attraversa l’ intera orbita della Terra (L 0 ≈ 2,0 UA ≈ 3,0 ∙ 10 11 m) nel tempo proprio ∆t 0 = 1,20 s.
▶
Qual è la differenza percentuale tra la velocità della luce e la velocità del protone?
La soluzione
Possiamo intuire che la velocità dei protoni è prossima a quella della luce valutando il tempo proprio (1,20 s) che impiegano per coprire una distanza che, nel nostro sistema di riferimento, è 1,0 UA. Poiché la velocità del protone è assai
vicina a c, possiamo approssimarla con c per calcolare l’ampiezza dell’orbita terrestre dal punto di vista del protone:
L ≈ c∆t 0 ≈ (3,00 ∙ 108 m/s)(1,20 s) = 3,6 ∙ 108 m
923
capitolo
21
ESERCIZI
La reLatività ristretta
La relazione tra l’ ampiezza dell’orbita terrestre L 0 nel Sistema Solare e quella L nel sistema del protone è data da
L = L0
da cui
L
__
=
L0
√
_____
v2
1 − __2 ⇒
c
√
_____
v2
1 − __2
c
L 2
v2
__
= 1 − __2 ⇒
( L 0)
c
v_
=
c
√
_
L 2
1 − __
( L 0)
Se usiamo la seguente approssimazione, valida per L/L 0 piccolo,
L 2
1 − __
[
( L 0) ]
1/2
1 L 2
≈ 1 − _ __
2 ( L 0)
otteniamo
v_
1 L 2
≈ 1 − _ __
c
2 ( L 0)
La differenza percentuale tra la velocità della luce e quella del protone si ottiene dalla differenza relativa tra le due
velocità:
c_
−v
v 1 L 2
= 1 − _ ≈ _ __
c
c 2 ( L 0)
Sostituendo i valori numerici si ha
2
v 1 L 2 1 3,6 ∙ 108 m
1
2
1 − _ ≈ _ __ = _ ___________
= _ (1,2 ∙ 10−3)
c 2 ( L 0) 2 (3,0 ∙ 1011 m) 2
e quindi
(1 − v/c)% = 0,5 (1,44 ∙ 10−6) 100 = 0,000 072%
17
▪▪▪
di questo viaggio un valore di 6,5 anni luce.
Su una navicella spaziale è stata costruita una rampa
con un’inclinazione di 30,0°, come mostra la fgura. Un
razzo passa vicino alla stazione spaziale con velocità
relativa 0,730 c in direzione parallela al lato x della
rampa.
▶
Qual è il valore dell’ angolo della rampa per una persona a bordo del razzo?
▶
5
20
▪▪▪
y0
30,0°
18
▪▪▪
In laboratorio viene creata una particella instabile, dotata di energia molto elevata, che si muove a una velocità di 0,990 c. Rispetto al sistema di riferimento del
laboratorio, la particella percorre 1,05 ∙ 10−3 m prima di
decadere.
▶
▶
19
▪▪▪
924
90,0°
x0
Quanto valgono la distanza propria e la distanza
misurata da un ipotetico osservatore solidale con la
particella?
Considerando il tempo di vita della particella, determina anche la durata propria e la durata dilatata.
Un esploratore spaziale compie un viaggio verso una
stella distante, immobile rispetto a noi a una velocità di
0,70 c rispetto alla Terra. Egli misura per la lunghezza
21
▪▪▪
La quantità di moto relativistica
Una navicella spaziale si sta avvicinando alla Terra a
una velocità di 0,85 c. La massa della navicella è di
2,0 ∙ 107 kg. Determina:
▶
il modulo della quantità di moto classica della navicella;
▶
il modulo della quantità di moto relativistica della
navicella.
Una navicella ha una quantità di moto non relativistica
(o classica) pari a 2,6 ∙ 10 13 kg ∙ m/s. La navicella si muove a una velocità tale che il pilota misura un intervallo
di tempo proprio tra due eventi pari alla metà dell’ intervallo di tempo dilatato.
▶
22
▪▪▪
Quanto sarebbe lungo (in anni luce) lo stesso viaggio
per un esploratore in moto alla velocità di 0,90 c rispetto alla Terra?
Trova la quantità di moto relativistica della navicella.
Un jet ha una massa di 1,2 ∙ 105 kg e vola a una velocità
di 140 m/s.
▶
Determina il modulo della sua quantità di moto.
▶
Se la velocità della luce nel vuoto fosse di 170 m/s,
quanto varrebbe il modulo della quantità di moto del
jet?
ESERCIZI
23
▪▪▪
capitolo
21
La reLatività ristretta
eseMPiO
Il muone è una copia più massiccia e instabile dell’elettrone. La massa del muone è 207 volte quella dell’elettrone. Qual
è il rapporto tra le velocità delle due particelle se entrambe hanno la stessa quantità di moto e l’elettrone si muove a
▶
2,90 ∙ 106 m/s;
▶
2,90 ∙ 108 m/s.
La soluzione
▶
In questo caso l’elettrone è molto lento rispetto alla velocità della luce, infatti
v_ ____________
2,90 ∙ 106 m/s
=
≈ 10−2
c 3,00 ∙ 108 m/s
Possiamo quindi usare l’ approssimazione classica della quantità di moto dell’elettrone p e = m e v e , dove m e è la massa
dell’ elettrone e v e la sua velocità. Poiché il muone ha una massa m μ maggiore dell’elettrone, si muove ancor più lentamente rispetto a esso, per cui la formula classica è ancora utilizzabile: p μ = m μ v μ. Dall’ipotesi che sia p e = p μ ricaviamo
me ve = mμ vμ
da cui segue
ve m
μ
__
= ___ = 207
vμ me
▶
In questo caso la velocità dell’ elettrone è vicina alla velocità della luce, per cui per determinare la quantità di moto
dell’elettrone usiamo la relazione
me ve
_______
p e = __________
ve 2
1 − __
(c)
Il muone, essendo molto più massiccio ha una velocità molto più bassa, per cui possiamo continuare a usare la formula
classica p μ = m μ v μ . Possiamo controllare la correttezza di questa scelta, calcolando la velocità del muone.
Dall’ ipotesi che sia p e = p μ ricaviamo ora
√
me ve
_______
p μ = m μ v μ = __________
ve 2
1 − __
(c)
√
⇒
me
ve
_______
v μ = _ __________
mμ
ve 2
1 − __
(c)
√
Sostituendo i valori numerici risulta
1
2,90 ∙ 108 m/s
v μ = _ ____________
_______ = 5,47 ∙ 106 m/s
2
207
2,90 ∙ 108 m/s
1 − ____________
(3,00 ∙ 108 m/s)
√
Questo valore è molto inferiore alla velocità della luce e conferma il fatto che per il muone sia possibile usare la formula della quantità di moto classica. Infne
v e ____________
2,90 ∙ 108 m/s
__
=
= 53
v μ 5,47 ∙ 106 m/s
che è circa quattro volte inferiore a quello del caso precedente.
24
▪▪▪
Una donna è alta 1,60 m, ha una massa di 55 kg e si
muove a fanco di un osservatore parallelamente alla
sua altezza. L’ osservatore misura per la donna una
quantità di moto pari a 2,0 ∙ 10 10 kg ∙ m/s.
▶
25
▪▪▪
Quanto vale l’ altezza della donna per l’osservatore?
Una navicella spaziale possiede una quantità di moto
classica di modulo 1,3 ∙ 10 13 kg ∙ m/s. La velocità della
navicella è tale che il suo pilota misura un intervallo di
tempo proprio tra due eventi pari alla metà di quello
dilatato.
▶
26
▪▪▪
Determina la quantità di moto relativistica della navicella.
Una particella instabile ferma si spezza improvvisamente in due parti. Nessuna forza esterna agisce sulla
particella o sui suoi frammenti. Uno di essi ha una velocità di + 0,800 c e una massa di 1,67 ∙ 10−27 kg, l’ altro
ha una massa di 5,01 ∙ 10−27 kg.
▶
Quanto vale la velocità del frammento di massa maggiore?
925
capitolo
6
27
▪▪▪
28
30
▪▪▪
ESERCIZI
La reLatività ristretta
L’ equivalenza tra massa ed energia
Radium is a radioactive element whose nucleus emits
an α particle (a helium nucleus) with a kinetic energy
of about 7.8 ∙ 10−13 J (4.9 MeV).
▶
▪▪▪
21
29
▪▪▪
To what amount of mass is this energy equivalent?
Determina il rapporto tra le energie cinetiche relativistica e non relativistica (classica) per una particella
avente una velocità di:
▶
1,00 ∙ 10−3 c;
▶
0,970 c.
Supponi che un litro di benzina produca 2,9 ∙ 107 J di
energia e che tale energia sia suffciente per far percorrere a un’auto 8,5 km. Una piccola caramella ha una
massa di 325 mg.
▶
Se fosse possibile convertire completamente tale
massa in energia termica, quanti kilometri potrebbe
percorrere l’auto con una caramella?
eseMPiO
Nell’atomo di idrogeno, in media, l’elettrone si muove in una zona in cui il potenziale elettrico generato dal protone del
nucleo è V H = 13,6 V. Una mole di protoni e una mole di elettroni inizialmente separati si combinano a formare atomi
di idrogeno.
▶
Calcola la frazione di massa che viene convertita in radiazione nel processo.
La soluzione
Consideriamo una mole di protoni e una mole di elettroni. Se i protoni e gli elettroni sono molto lontani tra loro, possiamo trascurare le energie di interazione e la massa complessiva è quella delle particelle separate, cioè un numero di
Avogadro di elettroni più un numero di Avogadro di protoni.
Quando gli elettroni si combinano con i protoni, l’energia potenziale di ciascuna coppia p-e scende di un valore
∆u = −eV H
dove e è la carica elementare; numericamente risulta
∆u = –(1,60 ∙ 10−19 C)(13,6 V) = −2,2 ∙ 10−18 J
Pertanto una mole di elettroni e una mole di protoni che si combinano hanno un’energia di legame totale
∆E = N A ∆u = −N A eV H
Per convertire questa energia di legame in diminuzione in massa usiamo la relazione
∆E = –c 2 ∆M
Da queste due relazioni si ricava
N A e V H __________________________
∆E _______
(6,02 ∙ 1023)(1,60 ∙ 10−19 C)(13,6 V)
=
=
=
∆M = ___
2
2
c
c
(3,00 ∙ 108 m/s)2
= 14,7 ∙ 10−12 kg = 14,7 ng
La massa di una mole di protoni ed elettroni è circa M = 1 g, per cui la frazione di massa che si converte in energia è
∆M
_ = 14,7 ∙ 10−9
M
ossia nell’ordine di 10–8.
31
▪▪▪
Quattro kilogrammi d’ acqua sono riscaldati da 20,0 °C
a 60,0 °C.
▶
▶
32
▪▪▪
33
▪▪▪
926
Quanto calore è necessario per tale trasformazione?
[Calore specifco dell’ acqua ≡ 4186 J/(kg ∙ °C)].
A quale ritmo (in kg/s) il quasar perde massa a causa
di tale irraggiamento?
▪▪▪
35
A quale distanza devono essere posti due elettroni perché la loro massa totale sia il doppio di quella posseduta quando si trovano a una distanza infnita?
7
La composizione relativistica delle velocità
36
La navicella spaziale Enterprise 1 si allontana dalla Terra alla velocità, per un osservatore terrestre, di +0,65c.
In un anno di attività, quanto diminuisce la massa del
combustibile nucleare a causa dell’utilizzo di energia
da parte del reattore?
Quanto lavoro deve essere compiuto su un elettrone
per accelerarlo da fermo fino a una velocità di
0,990 c?
Si ritiene che i quasar siano nuclei di galassie in formazione. Supponi che un quasar irradi energia elettromagnetica al ritmo di 1,0 ∙ 1041 W.
▶
Di quanto aumenta la massa dell’acqua?
Un reattore nucleare genera 3,0 ∙ 109 W di potenza.
▶
34
▪▪▪
▪▪▪
ESERCIZI
capitolo
Una navicella gemella, Enterprise 2, precede Enterprise 1 e si allontana anch’ essa dalla Terra lungo la stessa
direzione. La velocità di Enterprise 2 rispetto a Enterprise 1 è di +0,31 c.
▶
37
▪▪▪
39
▪▪▪
▶
▶
la tua velocità è 25 m/s e la velocità del camion è
35 m/s;
▶
la tua velocità è 5,0 m/s e la velocità del camion è
55 m/s.
40
▪▪▪
41
Le velocità appena proposte sono misurate rispetto
alla strada.
38
▪▪▪
Le astronavi del futuro potrebbero essere alimentate
da un motore a propulsione ionica, in cui gli ioni vengono espulsi dal retro per spingere in avanti l’astronave.
In un motore del genere, gli ioni dovrebbero essere
espulsi alla velocità di 0,80 c rispetto all’astronave.
Supponi che l’ astronave si stia allontanando dalla Terra alla velocità di 0,75 c rispetto alla Terra stessa.
▶
42
Qual è la velocità degli ioni rispetto alla Terra?
Assumi che l’astronave stia viaggiando nel verso positivo e assegna i segni corretti alle velocità.
43
▪▪▪
Qual è la velocità del veicolo rispetto alla navicella?
La galassia A si allontana da noi con una velocità di
0,75 c. La galassia B si allontana in verso opposto con
una velocità di 0,55 c. Supponi che la Terra e le galassie
si muovano a velocità costante, in modo che possano
essere considerate dei sistemi di riferimento inerziali.
▶
▪▪▪
Quale intervallo di tempo misurerebbero se la loro
astronave avesse una velocità di 0,94 c rispetto alla
Terra?
Una navicella spaziale, avvicinandosi alla Terra, lancia
un veicolo esplorativo. Dopo il lancio, un osservatore
terrestre vede la navicella avvicinarsi alla velocità di
0,50 c e il veicolo esplorativo alla velocità di 0,70 c.
▶
▪▪▪
La reLatività ristretta
Un’astronave viaggia alla velocità di 0,80 c rispetto alla
Terra. Gli astronauti misurano 37,0 ore di intervallo
temporale tra due eventi sulla Terra.
Qual è la velocità di Enterprise 2 per un osservatore
terrestre?
Stai viaggiando lungo una strada a due corsie e un camion sta procedendo verso di te nell’altra corsia. Supponi che la velocità della luce nel vuoto sia c = 65 m/s.
Determina la velocità del camion rispetto a te quando:
21
Qual è la velocità della galassia A per un osservatore
posto sulla galassia B?
L’equipaggio di un razzo che si sta allontanando dalla
Terra lancia un mezzo di salvataggio, la cui lunghezza,
misurata dall’ equipaggio, è di 45 m. Il mezzo viene lanciato verso la Terra a una velocità di 0,55 c rispetto al
razzo. Dopo il lancio, la velocità del razzo rispetto a Terra è di 0,75 c.
▶
Qual è la lunghezza del mezzo di salvataggio per un
osservatore terrestre?
eseMPiO
I nuclei di una sostanza radioattiva emettono elettroni con velocità mediamente comprese tra 0,50 c e 0,90 c. Supponi
questi nuclei vengano accelerati in laboratorio fno a 0,40 c.
▶
Calcola la velocità, rispetto al laboratorio, degli elettroni che sono rilevati nei due versi della direzione di moto dei
nuclei.
La soluzione
Gli elettroni possono essere emessi sia con verso concorde a quello dei nuclei, nel qual caso la loro velocità si somma a
quella del nucleo, sia con verso discorde, nel qual caso la loro velocità si sottrae. Poiché le velocità in gioco sono molto
alte, per determinare come si compongono dobbiamo usare la formula relativistica:
vn ± ve
v = ________
vn ve
1 ± ____
c2
dove v è la velocità dell’ elettrone riferita al laboratorio, v n = 0,4 c è la velocità del nucleo rispetto al laboratorio e v e è
la velocità dell’ elettrone rispetto al nucleo.
Caso di elettrone emesso con verso concorde a quello del nucleo:
0,40 c + 0,90 c
v e max = _________________ = 0,96 c
(0,40 c)(0,90 c)
1 + _____________
c2
0,40 c + 0,50 c
v e min = _________________ = 0,75 c
(0,40 c)(0,50 c)
1 + _____________
c2
Perciò nella direzione del moto dei nuclei gli elettroni avranno velocità mediamente comprese tra 0,75 c e 0,96 c.
Caso di elettrone emesso con verso discorde a quello del nucleo:
927
capitolo
21
ESERCIZI
La reLatività ristretta
0,40 c − 0,90 c
v e max = _________________ = −0,78 c
(0,40 c)(0,90 c)
1 − _____________
c2
0,40
c
−
0,50
c
v e min = _________________ = −0,13 c
(0,40 c)(0,50 c)
1 − _____________
c2
Perciò nella direzione opposta al moto dei nuclei gli elettroni avranno velocità mediamente comprese tra 0,13 c e
0,78 c.
44
▪▪▪
▶
45
▪▪▪
46
▪▪▪
stella distante che si trova in una posizione fssa rispetto alla Terra. Il viaggiatore misura una distanza percorsa pari a 3,8 anni luce.
Due astronavi identiche sono in costruzione. La lunghezza di entrambe è pari a 1,50 km. Dopo essere state
lanciate, l’astronave A si allontana con una velocità
costante di 0,850 c rispetto alla Terra, mentre l’astronave B segue nella stessa direzione ma alla velocità costante di 0,500 c rispetto alla Terra.
Determina quanto è lunga l’ astronave A per un passeggero che effettua la misura stando a bordo dell’astronave B, e viceversa.
Due particelle atomiche si avvicinano una all’altra in
uno scontro frontale. Ogni particella ha una massa pari
a 2,16 ∙ 10−25 kg. La velocità di ogni particella è
2,10 ∙ 108 m/s quando è misurata da un osservatore che
si trova nel laboratorio dove avviene lo scontro.
▶
Qual è la velocità di una particella vista dall’altra
particella?
▶
Determina la quantità di moto relativistica di una
particella osservata dall’ altra particella.
Due particelle si avvicinano dando luogo a un urto
frontale. Ciascuna particella ha una massa di
2,16 ∙ 10−25 kg. La velocità di entrambe le particelle rispetto al sistema di riferimento del laboratorio è di
2,10 ∙ 108 m/s.
▶
Quanto vale la velocità relativa tra le particelle?
▶
Determina la quantità di moto di una particella in un
sistema di riferimento solidale con l’altra.
▶
51
▪▪▪
52
▪▪▪
53
47
48
▪▪▪
54
▪▪▪
A quale velocità deve muoversi un regolo lungo un
metro per fare in modo che la sua lunghezza osservata
si riduca a mezzo metro?
Supponi di viaggiare a bordo di una navicella in moto
rispetto alla Terra a una velocità di 0,975 c e di respirare
8,0 volte al minuto.
▶
A quale velocità la quantità di moto relativistica di una
particella è il triplo di quella non relativistica?
50
Un viaggiatore spaziale che si muove alla velocità di
0,70 c rispetto alla Terra compie un viaggio fno a una
▪▪▪
928
la massa;
▶
la quantità di moto relativistica fnale dello ione.
Considera l’esempio del treno discusso nel paragrafo
«La relatività della simultaneità».
Dimostra che per la fsica newtoniana l’accensione
delle due lampade è simultanea anche per l’ osservatore O2 .
Una navicella viaggia, con velocità costante, dalla Terra
verso un pianeta che orbita intorno a una stella. Quando la navicella arriva sono passati 15 anni sulla Terra e
9,2 anni a bordo della navicella.
Quanto dista (in metri) il pianeta secondo un osservatore che si trova sulla Terra?
Un grosso oggetto di vetro ha la forma di un cubo, il cui
lato misura 0,15 m secondo un osservatore che si trova
fermo rispetto all’oggetto stesso. Un osservatore si sta
spostando a velocità elevata parallelamente a un lato
del cubo; egli sa che la massa dell’oggetto è 2,9 kg e
determina che la sua densità è 7800 kg/m3, maggiore
della densità del vetro.
▶
Qual è la velocità (in funzione di c) dell’osservatore
in movimento?
55
Partendo da fermi, due pattinatori, un uomo e una donna, si spingono a vicenda su una superfcie liscia di
ghiaccio, dove l’attrito è trascurabile. La donna, di massa 54 kg, si sposta alla velocità di +2,5 m/s rispetto al
ghiaccio. La massa dell’uomo è 88 kg. Assumendo che
la velocità della luce sia 3,0 m/s, in modo che la quantità di moto possa essere utilizzata, trova la velocità di
rinculo dell’uomo rispetto al ghiaccio.
56
Un elettrone, inizialmente fermo, viene accelerato tramite una differenza di potenziale pari a 1,8 ∙ 107 V. La
▪▪▪
Qual è il tuo ritmo respiratorio per un osservatore
terrestre?
49
▪▪▪
▶
▶
Problemi fnali
▪▪▪
La velocità di uno ione in un acceleratore di particelle
raddoppia da 0,460 c a 0,920 c. La quantità di moto relativistica iniziale dello ione è 5,08 ∙ 10−17 kg ∙ m/s. Determina:
▶
▪▪▪
Quale sarebbe la distanza di questo stesso viaggio (in
anni luce) misurata da un viaggiatore che si muove
alla velocità di 0,90 c rispetto alla Terra?
▪▪▪
ESERCIZI
capitolo
massa dell’ elettrone è 9,11 ∙ 10−31 kg e la carica negativa
dell’ elettrone vale 1,60 ∙ 10−19 C.
57
▪▪▪
▶
Qual è l’ energia cinetica relativistica (in joule)
dell’elettrone?
▶
Calcola la velocità dell’ elettrone in funzione di c.
Un elettrone e un positrone hanno la stessa massa di
9,11 ∙ 10−31 kg. Dopo un urto si annichilano, dando luogo soltanto a radiazione elettromagnetica.
▶
58
▪▪▪
61
▪▪▪
Se ciascuna particella si muove prima dell’ urto a una
velocità di 0,20 c rispetto al laboratorio, determina
l’energia della radiazione elettromagnetica.
Un incrociatore intergalattico ha due tipi di armi: un
laser e un cannone che spara ioni a una velocità di
0,950 c rispetto all’incrociatore. Avvicinandosi a un
velivolo alieno con una velocità di 0,800 c rispetto a
esso, il comandante aziona entrambi i tipi di armi. A
21
La reLatività ristretta
quale velocità gli alieni vedono:
59
▪▪▪
▶
avvicinarsi il raggio laser?
▶
avvicinarsi gli ioni?
▶
il raggio laser allontanarsi dall’incrociatore?
▶
gli ioni allontanarsi dall’incrociatore?
Un oggetto possiede un’energia totale di 5,0 ∙ 10 15 J e
un’energia cinetica di 2,0 ∙ 10 15 J.
▶
60
▪▪▪
Quanto vale la sua quantità di moto relativistica?
Un rettangolo ha le dimensioni di 3,0 m e 2,0 m se misurate da un osservatore fermo rispetto a esso. Muovendosi lungo uno dei lati del rettangolo, esso appare
come un quadrato.
▶
Quali dimensioni possiede il rettangolo per un osservatore in moto alla stessa velocità, ma lungo l’ altro
lato?
eseMPiO
Un nucleo di radio (Ra) emette particelle α con energia cinetica K = 7,8 ∙ 10−13 J. La massa di una particella α è
m α = 6,64 ∙ 10−27 kg. Supponendo che la particella α venga emessa con direzione e verso concordi a quelli di un nucleo
che si sta muovendo a velocità v Ra = 2,8 ∙ 108 m/s, calcola:
▶
la velocità della particella α;
▶
l’energia della particella α.
La soluzione
▶ Per calcolare la velocità della particella α rispetto al nucleo che la emette, usiamo la formula classica dell’ energia
cinetica, cioè K = mv 2/2, valida per velocità piccole rispetto a c; otteniamo
___________
___
2K
2(7,8 ∙ 10−13 J)
___
vα0 =
= ____________
= 1,53 ∙ 107 m/s
mα
6,64 ∙ 10−27 kg
√
√
Questa velocità è abbastanza bassa da giustifcare l’uso della formula classica; infatti
v__
1,53 ∙ 107 m/s
α0
= ____________
= 0,051 ⇒ v α 0 = 0,051 c << c
c
3,00 ∙ 108 m/s
Se la particella α viene emessa con direzione e verso concordi a quelli del nucleo, la sua velocità è la composizione
delle velocità del nucleo e della particella rispetto al nucleo. Poiché la velocità di quest’ultimo è molto alta, prossima a
c, dobbiamo usare la formula relativistica:
v Ra + v α 0
v α = ________
v Ra v α 0
1 + ____
c2
Conviene esprimere v Ra in funzione di c:
v__
2,8 ∙ 108 m/s
Ra
= ____________
= 0,93 ⇒ v Ra = 0,93 c
c
3,0 ∙ 108 m/s
Si ha quindi
0,93 c + 0,051 c
v α = _________________ ≈ 0,94 c
(0,93 c)(0,051 c)
1 + _____________
c2
cioè la velocità del nucleo è così elevata che la particella alfa si muove sostanzialmente con la stessa velocità del nucleo
(la differenza è meno dello 0,6%).
▶
A questa velocità per calcolare l’energia cinetica della particella α dobbiamo usare la formula relativistica:
929
capitolo
21
ESERCIZI
La reLatività ristretta
⎛
⎞
1
_______ − 1 =
K = m α c 2 __________
2
vα
1− _
(c)
⎝
⎠
⎜
⎟
√
⎛
⎞
1
_______ − 1 =
= (6,64 ∙ 10−27 kg)(3,0 ∙ 108 m/s)2 __________
2
0,94
c
1− _
( c )
⎝
⎠
⎜
⎟
√
= (6,64 ∙ 10−27 kg)(3,0 ∙ 108 m/s)2(1,93) = 1,2 ∙ 10−9 J
62
▪▪▪
Due gemelli di 19 anni lasciano la Terra e viaggiano
verso un pianeta distante 12,0 anni luce. Assumi che la
Terra e il pianeta siano fermi uno rispetto all’altra. I
gemelli partono nello stesso momento su due astronavi
diverse. Un gemello viaggia alla velocità di 0,900 c,
mentre l’ altro viaggia a 0,500 c.
▶
In base alla teoria della relatività ristretta, che differenza di età avranno i due gemelli quando si incontreranno?
▶
Quale dei due gemelli sarà più anziano?
Domande
1
La velocità della luce in acqua è c/n, dove n = 1,33 è
l’ indice di rifrazione dell’ acqua. Quindi la velocità della luce in acqua è minore di c. Perché questo fatto non
viola il postulato sulla velocità della luce?
2
La Terra compie una rotazione intorno al proprio asse
in un giorno. Per un osservatore che vede la Terra da un
sistema di riferimento inerziale posto nello spazio, procede più lentamente un orologio situato al polo Nord o
uno posto all’ equatore? Per quale motivo? (Trascura il
moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole).
3
Supponi di essere a un passaggio a livello e di osservare
il passaggio di un treno. Tu e un passeggero sul treno
state osservando un orologio posto sul treno. Chi di
voi misura l’intervallo di tempo proprio? Chi misura
la lunghezza propria della carrozza? Chi misura la distanza propria tra le traversine dei binari? Giustifca la
risposta.
4
5
Spesso le masse delle particelle elementari, come l’elettrone e il protone, sono espresse in unità di energia,
come i MeV (milioni di elettronvolt). Perché è possibile fare ciò?
La luce, in acqua, si muove a una velocità di
2,26 ∙ 108 m/s. Una particella elementare dotata di mas-
sa si può muovere in acqua a una velocità superiore.
In che senso, dunque, si può affermare che la velocità
della luce rappresenta per le particelle materiali una
velocità «limite»?
6
Se invece di 3,0 ∙ 108 m/s la velocità della luce fosse infnita, gli effetti della dilatazione temporale e della contrazione delle lunghezze sarebbero osservabili? Spiega,
usando le equazioni riportate nel testo a supporto del
tuo ragionamento.
7
Enuncia e spiega brevemente i due postulati della relatività ristretta.
8
Illustra come è possibile dimostrare l’esistenza del fenomeno noto come dilatazione dei tempi.
9
Dai la defnizione di intervallo di tempo proprio, intervallo di tempo dilatato, lunghezza propria e lunghezza
contratta.
10
Illustra l’equivalenza relativistica tra massa ed energia.
11
Scrivi l’espressione della quantità di moto relativistica e mostra come, da essa, si possa ottenere la formula
della quantità di moto che si utilizza in meccanica classica.
test
1
L’ esperimento di Michelson-Morley:
a indica che la velocità della luce è la stessa in tutti i
sistemi di riferimento inerziali.
b dimostra il fenomeno della dilatazione temporale.
930
c verifca che l’interferenza può essere costruttiva o
distruttiva.
d conferma l’equivalenza tra massa ed energia.
ESERCIZI
2
3
capitolo
deve registrare le coordinate degli estremi dell’ asta:
a
b
c
d
b nello stesso istante di tempo rispetto a un orologio
fermo a Terra.
a nello stesso istante di tempo rispetto a un qualsiasi
orologio che non sia in moto con l’asta.
l’evento accade a t = 2,3 s.
la velocità iniziale del blocco è 6 m/s.
si conserva la quantità di moto totale dei due blocchi.
il secondo blocco si muove dopo l’urto.
c nello stesso istante di tempo rispetto a un orologio
solidale con l’asta.
d in istanti di tempo diversi rispetto a un orologio solidale con l’asta.
Una conseguenza dei postulati della relatività è che:
L’intervallo di tempo proprio tra due eventi:
a è il più lungo intervallo di tempo che ogni osservatore inerziale misura fra quegli eventi.
b è il più breve intervallo di tempo che ogni osservatore inerziale misura fra quegli eventi.
c dipende dalla velocità dell’ osservatore.
d dipende dalla scelta del sistema di riferimento.
5
La reLatività ristretta
In un laboratorio, un blocco di 4 kg si muove a 6 m/s.
All’ istante t = 2,3 s, il blocco ha un urto anelastico con
un altro blocco. In ogni sistema di riferimento inerziale:
a non esistono sistemi inerziali.
b le leggi di Newton sono le stesse in tutti i sistemi di
riferimento.
c non esiste un sistema di riferimento assoluto.
d il valore di ogni grandezza fsica dipende dal sistema di riferimento inerziale in cui è misurata.
4
21
9
10
11
Due palloncini gonfati con elio sono rilasciati nello
stesso istante da un bambino nei due punti A e B (fgura). Quale delle seguenti affermazioni è vera relativamente a un osservatore O che si muove a velocità costante lungo x?
a O vede sempre i palloncini partire simultaneamente.
b O vede partire prima l’ uno o l’ altro a seconda della
sua velocità e della sua distanza da A.
c O vede sempre partire prima il palloncino A.
d O vede sempre partire prima il palloncino B.
12
13
y
Un’astronave sorvola un campo di calcio lungo 115 m
alla velocità di 0,500 c. Qual è la lunghezza del campo
misurata dall’astronave?
a 91 m
c 115 m
b 100 m
d 132 m
La massa del protone è 1,673 ∙ 10−27 kg. Qual è la quantità di moto di un protone in un sistema di riferimento
in cui ha velocità 0,93 c?
a 1,3 ∙ 10−18 kg ∙ m/s
c 5,9 ∙ 10−24 kg ∙ m/s
b 4,7 ∙ 10−19 kg ∙ m/s
d 1,6 ∙ 10−27 kg ∙ m/s
La quantità di moto relativistica di un protone è 1,60
volte più grande della sua quantità di moto classica.
Qual è la velocità del protone?
a 2,94 ∙ 108 m/s
c 2,61 ∙ 108 m/s
b 2,76 ∙ 108 m/s
d 2,34 ∙ 108 m/s
L’energia totale di un elettrone (m e c 2 = 0,51 MeV) che
viaggia a 0,98 c è:
a 0,25 MeV
c 0,76 MeV
b 0,51 MeV
d 2,6 MeV
Qual è l’energia a riposo di una caramella di 1 grammo?
a 9 ∙ 108 J
11
b 9 ∙ 10 J/c
A
B
x
6
Un’astronave impiega 3 giorni di tempo proprio per
trasferirsi a velocità v costante tra due stazioni spaziali.
Nella stazione d’ arrivo il viaggio dell’astronave dura 4
giorni. Qual è il valore di v misurato sulla stazione di
arrivo?
a 1,98 ∙ 108 m/s
b 2,24 ∙ 108 m/s
7
d 9 ∙ 10 13 J
Due razzi A e B si avvicinano con velocità 0,5 c relative
a un osservatore sulla Terra (fgura). Qual è la velocità
di A rispetto a B?
a c
0,5c
0,5c
A
b 0,8 c
c 0,6 c
B
Osservatore inerziale
d 0,2 c
c 2,51 ∙ 108 m/s
d 2,99 ∙ 108 m/s
La vita media di un muone a riposo è 2,2 ∙ 10−6 s. Il muone si muove a 0,6 c rispetto a un osservatore a Terra.
Quanti metri percorre nel sistema di riferimento terrestre prima di decadere?
a 290 m
b 360 m
8
14
c 9 ∙ 10 11 J
2
c 500 m
d 600 m
Per misurare la lunghezza propria di un’asta che si
muove rispetto alla superfcie terrestre un osservatore
15
Gli astronomi sulla Terra misurano le velocità delle galassie A e B, che si allontanano dalla Terra lungo la
stessa retta. Qual è la velocità della galassia A misurata
da un astronomo della galassia B?
a 1,42 c
0,82c
0,60c
b 0,95 c
c 0,82 c
d 0,22 c
Terra
Galassia A
Galassia B
931
capitolo
21
ESERCIZI
La reLatività ristretta
versO L’esaMe Di statO
1 QUesitO
iN UN’Ora
Un'astronave in viaggio nello spazio
Un’astronave si sta allontanando dalla Terra alla velocità v = 0,2c. A causa di un guasto all’antenna, che gli astronauti impiegano 2,0 ore per riparare, le trasmissioni verso Terra vengono interrotte.
a Calcola quanto dura l’interruzione misurata dalla Terra.
b Calcola dopo quanto tempo terrestre gli orologi dell’astronave segnano un ritardo di 5 s.
c La distanza, misurata dalla Terra, dalla quale l’astronave ricomincia a trasmettere è 12 milioni di km. Calcola
quanto tempo impiega il segnale emesso dall’astronave per raggiungere la Terra.
d Quando è stata assemblata nella base terrestre, l’astronave era lunga 85 m. Calcola la lunghezza dell’astronave
misurata da una base su Marte, sopra la quale l’astronave transita con velocità 0,4c.
e Durante il transito sopra la base marziana, l’equipaggio dell’astronave misura la lunghezza della pista di atterraggio e ottiene il valore 2,5 km. Quanto è lunga la pista nel riferimento marziano?
[2,1 ore; 247 s; 40 s; 78 m; 2,7 km]
2 QUesitO sULLe COMPeteNZe
sonde di von Neumann
iN UN’Ora
Forse l’unica forma di espansione nello spazio da parte dell’umanità si realizzerà per mezzo delle cosiddette sonde
di Von Neumann, automi in grado di autoreplicarsi utilizzando il materiale raccolto nello spazio.
Immaginiamo che nel futuro prossimo si riesca a progettare una sonda di Von Neumamm in grado di assemblare
una sonda identica e di lanciarla nello spazio con velocità v0 = 3000 km/s = 0,01c rispetto a se stessa e nella sua
stessa direzione di moto. Chiamiamo sonda 0 la prima sonda, costruita in orbita attorno alla Terra e lanciata verso
il centro della Galassia a velocità v0 . La massa di ciascuna sonda è m = 1200 kg.
a Calcola le velocità della sonda 1 e della sonda 2 rispetto alla Terra.
b La velocità della sonda 100 rispetto alla Terra dovrebbe essere pari a c. Spiega perché ciò non accade.
c Di fatto la sonda 100 si muove circa a velocità 0,766c rispetto alla Terra. A quale velocità rispetto alla Terra si
muoverà la sonda 101?
d La sonda che arriva a superare il 99% della velocità della luce è la sonda 265. Di quanto aumenta, rispetto alla
Terra, la velocità della sonda successiva?
e Calcola l’energia cinetica, rispetto alla Terra, della sonda 1 e della sonda 265.
[6000 km/s e 9000 km/s; 0,770c; aumenta di circa 0,0002c = 60 km/s; 5,4·10 15 J e 6,6·1020 J]
rUBriCa Di vaLUtaZiONe DeL QUesitO sULLe COMPeteNZe
risposta o giustificazione
Non risponde
Punteggio
richiesta
1
sbagliata
incompleta
completa con
errori
completa e
corretta
4
7
11
15
Competenza prevalente
a
3 Formalizzare
b
2 Formulare ipotesi
c
3 Formalizzare
d
3 Formalizzare
e
3 Formalizzare
......
Punteggio _
75
932
=
......
_
15
capitolo
22
Particelle
e onde
© Georgy Shafeev / Shutterstock
1
Schermo
Il dualismo onda-corpuscolo
La capacità di dar luogo a fenomeni di interferenza è una caratteristica essenziale
delle onde. Per esempio, nell’ esperimento della doppia fenditura di Young la fgura
a frange chiare e scure è formata dall’interferenza tra le onde luminose provenienti
dalle due fenditure.
Una delle scoperte più sorprendenti della fsica del Novecento è che anche le particelle possono comportarsi come onde e manifestare fenomeni di interferenza. Per
esempio, la fgura 1 presenta una versione dell’esperimento di Young in cui un fascio
di elettroni viene diretto su una doppia fenditura. In questo esperimento lo schermo,
come quello televisivo, si illumina nei punti in cui viene colpito dagli elettroni.
Se gli elettroni si comportassero come particelle, sullo schermo si formerebbero
le immagini delle due fenditure (fgura 1A). In realtà sullo schermo si vede una serie
di frange chiare e scure (fgura 1B) simili a quelle ottenute con onde luminose nell’esperimento di Young. La fgura a frange dimostra che gli elettroni producono i fenomeni di interferenza tipici delle onde.
Questo comportamento non può essere spiegato, come nel caso dei fenomeni
elettrici, considerando l’ elettrone come una piccolissima particella. La conclusione
sembra inevitabile: l’elettrone manifesta una doppia natura, con caratteristiche sia
corpuscolari sia ondulatorie.
Nei primi anni del Novecento i fsici scoprirono altri fenomeni che mettevano in
dubbio le certezze acquisite dalla fsica classica. Particolari esperimenti sull’interazione tra luce e materia portavano a ritenere che le onde elettromagnetiche possano
esibire comportamenti simili a particelle. Apparve quindi chiaro che il dualismo
onda-corpuscolo è un aspetto essenziale della natura:
le onde possono manifestare caratteristiche corpuscolari e le particelle possono
esibire proprietà ondulatorie.
Fenditura
doppia
Immagine
della fenditura doppia
Fascio
di elettroni
A
Schermo
Fenditura
doppia
Fascio
di elettroni
B
Figura 1
A Se gli elettroni si comportassero
come particelle, senza esibire
proprietà ondulatorie, essi
passerebbero attraverso l’ una o l’altra
delle due fenditure prima di colpire lo
schermo, dando luogo a un’immagine
che riproduce fedelmente le due
fenditure.
B In realtà, lo schermo presenta una
struttura a frange chiare e scure,
simile a quella prodotta quando viene
utilizzato un raggio di luce e si osserva
interferenza tra le onde luminose
provenienti dalle due fenditure.
933
capitolo
22
PArtIcelle e onde
Il paragrafo 2 inizia la storia del dualismo onda-corpuscolo analizzando le onde elettromagnetiche irradiate da un corpo nero ideale. È un inizio appropriato, in quanto
costituisce il primo anello in una serie di esperimenti che portarono all’attuale comprensione del dualismo onda-corpuscolo.
la radiazione di corpo nero
e l’ipotesi di Planck
2
Tutti i corpi, qualunque sia la loro temperatura, emettono continuamente onde elettromagnetiche. Per determinare le caratteristiche di questa emissione, alla fne
dell’Ottocento i fsici iniziano a studiare in modo sistematico le proprietà di emissione della radiazione elettromagnetica da parte di un corpo nero.
Come abbiamo già visto, un corpo nero è un qualsiasi oggetto che assorbe tutta
la radiazione elettromagnetica che lo colpisce. Per effettuare misure in laboratorio si
realizza un corpo nero mediante una cavità, le cui pareti sono mantenute a temperatura uniforme e costante. Le pareti assorbono e riemettono le radiazioni elettromagnetiche di tutte le lunghezze d’onda. Attraverso un foro si analizza la radiazione
nella cavità: per mezzo di opportuni strumenti, si misura l’ energia presente per ogni
lunghezza d’onda.
In questo modo si ottengono le curve di distribuzione dell’energia nella radiazione di corpo nero di fgura 2, che confermano quanto previsto dalla termodinamica:
SIMUlAZIone
la distribuzione dell’ energia nella radiazione di corpo nero non dipende dal
materiale di cui è costituito ma solo dalla temperatura delle pareti.
La radiazione di corpo nero
(PhET, University of Colorado)
Intensità (unità arbitrarie)
3,0
Figura 2
La radiazione elettromagnetica emessa
da un corpo nero ideale ha
un’intensità per unità di lunghezza
d’ onda che varia con la lunghezza
d’ onda nel modo indicato in fgura.
A temperature più elevate, l’intensità
spettrale è maggiore e il massimo
si verifca a lunghezze d’onda inferiori.
8000 K
2,5
6000 K
2,0
1,5
5000 K
1,0
4000 K
0,5
3000 K
0
10
5
15
20
25
Visibile
■
30
λ (10–7 m)
caratteristiche della radiazione di corpo nero
Analizzando le curve sperimentali, si notano due importanti caratteristiche della
radiazione di corpo nero.
1. All’aumentare della temperatura del corpo nero, aumenta l’area sottesa dalla curva. Poiché questa è proporzionale all’ energia totale emessa, ne deriva che un corpo
nero irradia tanta più energia quanto più è elevata la sua temperatura. Si dimostra
infatti che vale la legge di Stefan-Boltzmann, secondo la quale
un corpo nero a temperatura assoluta T irradia in 1 s da 1 m2 di superfcie un’energia totale:
E = σT 4
dove σ = 5,67 ∙ 10 J/(s ∙ m ∙ K ) è detta costante di Stefan-Boltzmann.
−8
2
4
2. All’aumentare della temperatura assoluta T del corpo nero, la lunghezza d’onda
λ max per la quale si ha il massimo dell’energia irradiata si sposta verso lunghezze
934
capitolo
22
PArtIcelle e onde
d’onda minori, secondo quanto stabilisce la legge di spostamento di Wien:
λ max T = 2,90 ∙ 10−3 m ∙ K
Intensità (unità arbitrarie)
Per esempio, la luminosità dei corpi molto caldi è dovuta al fatto che essi emettono
onde elettromagnetiche nella regione del visibile. Il Sole, che ha una temperatura
superfciale di circa 6000 K, appare giallo, mentre la stella Betelgeuse (2900 K) si
presenta rossa-arancione.
A temperature più basse gli oggetti emettono solo debolmente nel visibile e, di
conseguenza, non appaiono più luminosi. Di certo il corpo umano, a soli 310 K, non
emette una luce suffciente per essere visto nel buio a occhio nudo. Ma il corpo umano emette, in effetti, onde elettromagnetiche nella regione degli infrarossi, che possono essere rivelati da uno strumento a essi sensibile (fgura 3).
2,0
1,5
0,5
0
Visibile
■
Figura 3
310 K
1,0
100
200
300
400
λ (10–7 m)
La distribuzione della radiazione
emessa da un corpo nero di 310 K.
La quantità di energia emessa
nel visibile (4,5-7 ∙ 10−7 m)
è assolutamente trascurabile rispetto
a quella emessa nell’ infrarosso.
l’ ipotesi di quantizzazione di Planck
Negli ultimi anni dell’Ottocento i fsici cercarono di derivare la distribuzione di corpo nero utilizzando le equazioni di Maxwell, ma si scontrarono con diffcoltà insormontabili. Infatti le leggi della fsica classica prevedono la cosiddetta «catastrofe ultravioletta», cioè che, a una fssata temperatura, l’ energia irradiata aumenti
all’aumentare della frequenza, e quindi al diminuire della lunghezza d’onda, contrariamente a quanto mostrano le curve sperimentali e a quanto impone il principio di
conservazione dell’energia.
Nel 1900 il fsico tedesco Max Planck (1858-1947) affrontò il problema in modo
radicalmente nuovo e riuscì a derivare l’espressione analitica della distribuzione di
corpo nero assumendo la seguente ipotesi:
l’interazione fra radiazione e materia avviene per scambio di pacchetti discreti
di energia, detti quanti.
Planck fece uso di un modello in cui il corpo nero è composto da un gran numero di
oscillatori atomici, ciascuno dei quali emette e assorbe onde elettromagnetiche. Per
ottenere l’accordo tra curve teoriche e sperimentali, Planck ipotizzò che l’energia E
di un oscillatore atomico (*) avesse solo i valori discreti E = hf, 2hf, 3hf e così via.
In altre parole, egli suppose che:
E = nhf
con n = 1, 2, 3, ...
(1)
dove n è un numero naturale, f è la frequenza della radiazione e h una costante.
Oggi sappiamo che h, detta costante di Planck, è una delle costanti fondamentali
della fsica e vale
h = 6,626 068 76 ∙ 10−34 J ∙ s
L’idea radicalmente nuova di Planck è che l’energia di un oscillatore atomico non è
una grandezza continua, cioè in grado di assumere qualsiasi valore, ma è quantizzata,
cioè può assumere solo valori discreti (hf, 2hf, 3hf ecc.).
La conservazione dell’energia richiede che l’ energia trasportata dalle onde
elettromagnetiche sia uguale a quella persa dagli oscillatori atomici del modello di
(*) Attualmente è noto che l’energia di un oscillatore armonico vale E = (n + 1/2)hf, ma il termine aggiuntivo
1/2 non è fondamentale per la nostra discussione.
935
capitolo
22
PArtIcelle e onde
Planck. Supponiamo, per esempio, che un oscillatore con energia 3hf emetta un’onda elettromagnetica. Secondo la fsica classica, l’energia dell’onda emessa può assumere un qualsiasi valore tra 0 e 3hf. Al contrario, nel modello di Planck l’energia
dell’onda può essere solo uno di questi valori: hf, 2hf, 3hf.
Lo stesso Planck riteneva che la sua ipotesi fosse solo un artifcio di calcolo ma
che la sua base fsica, cioè la quantizzazione dell’ energia, non fosse fondata. In realtà, in pochi anni fu chiaro che la sua ipotesi era destinata a cambiare la nostra visione
del mondo fsico.
3
SIMUlAZIone
Photoelectric effect
■
I fotoni e l’effetto fotoelettrico
l’ ipotesi del fotone
Nel modello di corpo nero di Planck lo scambio di energia tra radiazione e materia
è quantizzato, ma la radiazione è interpretata ancora classicamente come un insieme
di onde elettromagnetiche. Nel 1905 Einstein ipotizzò che la luce di frequenza f possa essere considerata come un insieme di pacchetti di energia, i fotoni, ognuno dei
quali ha un’energia:
SIMUlAZIone
Energia di un fotone
Effetto fotoelettrico
(PhET, University of Colorado)
E = hf
(2)
dove h è la costante di Planck.
Secondo questa ipotesi, un fascio di luce di frequenza f è costituito da un fusso di
particelle, ciascuna delle quali porta un’energia hf. Aumentando l’intensità della
luce, aumenta il numero di fotoni del fascio ma rimane invariata l’energia di ciascuno di essi.
eSeMPIo 1 Quanti fotoni spara una lampadina?
Un LED da 6 W converte energia elettrica in energia luminosa con un rendimento pari a circa il 21%. Supponiamo che la luce sia verde (lunghezza d’onda
nel vuoto = 555 nm).
▸ Determina il numero di fotoni emessi dal LED ogni secondo.
Il ragionamento e la soluzione
Il numero di fotoni emessi al secondo può essere ottenuto dividendo la quantità
di energia luminosa emessa ogni secondo per l’ energia E di un fotone. L’energia
del singolo fotone vale E = hf. La frequenza f del fotone è legata alla sua lunghezza d’onda λ, ovvero f = c/λ.
Poiché f = c/λ, l’energia di un fotone con λ = 555 nm è
Luce
Collettore
(positivo)
Fototubo
(sotto vuoto) Piastra
metallica
(negativa)
hc (6,63 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s)
= 3,58 ∙ 10−19 J
E = hf = _ = ___________________________
λ
555 ∙ 10−9 m
Fotoelettroni
Ogni secondo un LED da 6 W con un rendimento del 21% emette 0,21 ∙ (6,0 J/s) ≈
≈ 1,3 J/s di energia luminosa. Quindi
energia luminosa emessa al secondo
numero di fotoni = ___________
=
energia di un fotone
emessi al secondo
Ð
+
V
1,3 J/s
= ______
= 3,6 ∙ 1018 fotoni/s
3,58 ∙ 10−19 J/fotone
Amperometro
Figura 4
Nell’ effetto fotoelettrico, una
superfcie metallica emette elettroni
quando è illuminata da un fascio
di luce di frequenza suffcientemente
elevata. Questi fotoelettroni possono
essere raccolti su una piastra positiva,
producendo una corrente.
936
■
l’ effetto fotoelettrico secondo einstein
Einstein utilizzò l’ipotesi del fotone per spiegare le caratteristiche dell’effetto fotoelettrico, studiato sistematicamente negli ultimi anni dell’Ottocento dal fsico tedesco Philipp Lenard (1862-1947). La fgura 4 mostra l’apparato sperimentale: un fa-
scio di luce incide su una placca metallica, racchiusa all’ interno di un tubo in cui è
stato praticato il vuoto. La superfcie del metallo emette elettroni, che si muovono
verso un elettrodo positivo, chiamato collettore, e producono una corrente di elettroni rilevabile con un amperometro. Tali elettroni, prodotti con l’ausilio della luce,
vengono chiamati fotoelettroni.
Secondo Einstein, quando la luce colpisce un metallo un fotone può cedere la
propria energia a un elettrone del metallo. Se il fotone ha energia suffciente per
compiere il lavoro necessario a estrarre l’elettrone dal metallo, l’elettrone viene
emesso.
Il lavoro minimo W 0 per estrarre un elettrone è detto lavoro di estrazione e dipende dal metallo utilizzato. Se un fotone ha un’ energia superiore a W 0 , l’energia in
eccesso appare come energia cinetica dell’ elettrone espulso. Quindi, gli elettroni
meno legati sono quelli che vengono espulsi con l’energia cinetica massima K max .
Einstein applicò il principio di conservazione dell’ energia e propose la seguente relazione per le grandezze coinvolte nell’effetto fotoelettrico:
hf = K max + W 0
(3)
dove hf è l’energia del fotone, K max l’energia cinetica massima del fotoelettrone e
W 0 il lavoro di estrazione del metallo.
In base a questa equazione
22
PArtIcelle e onde
Kmax degli elettroni emessi
capitolo
f0
Frequenza della luce f
Figura 5
I fotoni possono espellere gli elettroni
da un metallo quando la frequenza
della luce supera un valore minimo f 0 .
Per frequenze superiori, gli elettroni
emessi hanno un valore massimo
di energia cinetica K max che dipende
linearmente dalla frequenza, come
mostra il grafco.
K max = hf − W 0
La fgura 5 mostra il grafco di K max in funzione della frequenza f. Il grafco è una
retta che incontra l’asse x per f = f 0 , detta frequenza di soglia. Quando la luce ha
questa frequenza, gli elettroni «si staccano» dal metallo con energia cinetica nulla
(K max = 0 J). Per l’equazione (3), quando K max = 0 J l’ energia hf 0 del fotone incidente è uguale al lavoro di estrazione del metallo: hf 0 = W 0 .
Il concetto di fotone permette di spiegare una caratteristica dell’effetto fotoeletrico:
si ha emissione di fotoelettroni da parte di un metallo solo se la frequenza della
luce incidente è superiore a un valore di soglia f 0 che dipende dal metallo.
SIMUlAZIone
Luce dagli atomi
(PhET, University of Colorado)
Se la frequenza è inferiore alla frequenza di soglia, nessun elettrone viene emesso,
anche se il fascio di luce ha un’intensità enorme.
eSeMPIo 2 l’effetto fotoelettrico per una superficie di argento
Il lavoro di estrazione dell’argento è W 0 = 4,73 eV.
▸ Determina la frequenza minima che la luce deve possedere per estrarre elet-
troni dalla sua superfcie.
Il ragionamento e la soluzione
Problem solving
lavoro di estrazione
Il lavoro di estrazione di un metallo
è l’energia minima richiesta per
espellere un elettrone dal metallo
stesso. Un elettrone che ha ricevuto
questa energia minima possiede
un’ energia cinetica nulla.
Poiché 1 eV = 1,60 ∙ 10−19 J, il lavoro di estrazione espresso in joule è
1,60 ∙ 10−19 J
W 0 = (4,73 eV) ______ = 7,57 ∙ 10−19 J
(
)
1 eV
La frequenza minima f 0 è la frequenza per cui l’energia del fotone è uguale al
lavoro di estrazione W 0 del metallo, in modo che l’elettrone si stacca con energia
cinetica nulla. Usando l’equazione (3) otteniamo
hf 0 = K max + W 0
⇒
W0
7,57 ∙ 10−19 J
f 0 = __ = ___________
= 1,14 ∙ 1015 Hz
h
6,63 ∙ 10−34 J ∙ s
che corrisponde a una lunghezza d’onda λ0 = 263 nm, nella regione ultravioletta
dello spettro.
937
capitolo
22
PArtIcelle e onde
eSeMPIo 3 la massima velocità dei fotoelettroni
Luce con una lunghezza d’ onda di 95 nm colpisce una superfcie di selenio, che ha un lavoro di estrazione di 5,9 eV.
Gli elettroni emessi hanno un’energia cinetica diversa da zero.
▸ Determina la massima velocità con cui gli elettroni vengono espulsi.
Il ragionamento
La velocità massima degli elettroni espulsi è collegata alla loro energia cinetica. La conservazione dell’energia stabilisce che tale energia cinetica massima è legata al lavoro di estrazione dalla superfcie e all’energia dei fotoni incidenti.
Il lavoro di estrazione è noto. L’energia dei fotoni può essere ricavata dalla frequenza della luce, che è legata alla sua
lunghezza d’onda.
I dati e le incognite
dati
Incognita
Grandezze
Simboli
Valori
commenti
Lunghezza d’onda
della luce
λ
95 nm
1 nm = 1 ∙ 10−9 m
Lavoro di estrazione
del selenio
W0
5,9 eV
Da convertire in joule
Velocità massima
dei fotoelettroni
v max
Sintesi del modello
1 energia cinetica e velocità
L’energia cinetica massima K max dei fotoelettroni è K max = (1/2)m v 2max, da cui si
ottiene l’equazione
v max =
√
__
2K max
__
m
Grandezza da determinare: K max
v max =
√
__
2K max
__
m
√
__
2K max
__
m
(a)
dove m è la massa dell’elettrone, che vale m = 9,11 ∙ 10−31 kg.
2 conservazione dell’energia
Dal principio di conservazione dell’ energia [equazione (3)]
hf = K max + W 0
v max =
(a)
ricaviamo
K max = hf − W 0
Grandezza da determinare: f
K max = hf − W 0
(b)
3 relazione tra frequenza e lunghezza d’onda
Sappiamo che f λ = c, da cui segue
v max =
c
f=_
λ
√
__
2K max
__
m
K max = hf − W 0
c
f=_
λ
938
(a)
(b)
(c)
capitolo
22
PArtIcelle e onde
la soluzione
Combinando i vari passaggi si ottiene algebricamente
1
↓
v max =
Numericamente risulta
vmax =
√
√
2
___
↓
2
K
max
___
=
m
√
3
_______
↓
2(hf
−
W
)
0
________
=
m
√
________
c
2 h _ − W0
(
)
λ
_________
m
___________________________________________
3,00 ∙ 108 m/s
1,60 ∙ 10−19 J
2 (6,63 ∙ 10−34 J ∙ s) ____________
− (5,9 eV) ______
−9
[
]
1 eV
95 ∙ 10 m
__________________________________________________
9,11 ∙ 10−31 kg
= 1,6 ∙ 10−6 m/s
Si noti che nel calcolo abbiamo convertito il lavoro di estrazione da elettronvolt a joule (1 eV = 1,60 ∙ 10−19 J).
Un altro aspetto interessante dell’ effetto fotoelettrico è che
l’energia cinetica massima dei fotoelettroni espulsi non varia quando l’intensità
della luce aumenta ma rimane costante la sua frequenza.
Quando aumenta l’intensità, aumenta il numero di fotoni al secondo che colpiscono
il metallo e quindi vengono emessi più elettroni ogni secondo. Tuttavia, dal momento che la frequenza di ogni fotone è la stessa, la sua energia non cambia. Quindi gli
elettroni espulsi hanno sempre la stessa energia cinetica massima.
■
difficoltà interpretative della fisica classica
La fsica classica non è in grado di spiegare le caratteristiche dell’effetto fotoelettrico. Se la luce si comportasse come un’ onda elettromagnetica, il suo campo elettrico
dovrebbe mettere in oscillazione gli elettroni di un metallo fno a strapparli dalla
superfcie quando l’ampiezza dell’oscillazione è suffcientemente grande. Tuttavia,
se le cose stessero così, luce di maggiore intensità emetterebbe fotoelettroni con
un’energia cinetica maggiore, un effetto che gli esperimenti non rivelano. Inoltre, nel
modello a onde elettromagnetiche, occorrerebbe un tempo relativamente lungo a
una luce di bassa intensità per far acquistare agli elettroni un’ampiezza di oscillazione suffciente a essere liberati dal metallo. Gli esperimenti mostrano invece che anche luce di intensità molto debole estrae gli elettroni quasi istantaneamente, a patto
che la frequenza della luce sia maggiore della frequenza di soglia f 0 .
Il fallimento del modello a onde elettromagnetiche nell’interpretazione dell’effetto fotoelettrico non signifca che tale modello debba essere abbandonato. Tuttavia, si deve riconoscere che esso non rende conto di tutte le caratteristiche della luce.
Il modello a fotoni fornisce, da parte sua, un importante contributo alla comprensione del modo in cui la luce interagisce con la materia.
■
Una particella senza massa
Dal momento che un fotone ha energia, esso è in grado di estrarre un elettrone dalla
superfcie di un metallo quando interagisce con esso. Tuttavia un fotone è diverso da
una normale particella. Questa ha una massa e può viaggiare a velocità prossime, ma
non uguali, alla velocità della luce. Un fotone, al contrario, si muove alla velocità
della luce nel vuoto e non può mai essere fermo. L’energia di un fotone è interamente cinetica, visto che è privo di massa e quindi di energia a riposo.
Per mostrare che un fotone non ha massa, riscriviamo l’ equazione per l’energia
totale E di un corpo
mc2
_____
E=_
v2
1 − __2
c
√
939
capitolo
22
PArtIcelle e onde
nel modo seguente:
E
√
_____
v2
1 − __2 = m c 2
c
______
Il termine √ 1 − v 2/c 2 è nullo visto che un fotone viaggia alla velocità della luce, v = c.
Dal momento che l’energia E di un fotone è fnita, il membro di sinistra dell’equazione precedente è nullo. Quindi anche il membro di destra deve essere nullo e,
poiché c 2 ≠ 0, deve essere m = 0 kg, cioè il fotone risulta privo di massa.
■
Fisica quotidiana
I dispositivi ad accoppiamento di
carica e le fotocamere digitali
Applicazioni dell’ effetto fotoelettrico
Una delle applicazioni più interessanti e utili dell’effetto fotoelettrico è il dispositivo
ad accoppiamento di carica (CCD). Una «matrice» di tali dispositivi viene usata al
posto della pellicola nelle fotocamere digitali (fgura 6) per ottenere immagini sotto
forma di «mappa elettronica». Le matrici CCD vengono usate anche nelle videocamere digitali e negli scanner e forniscono agli astronomi l’ opportunità di catturare
spettacolari immagini di pianeti e di stelle.
Fotone
di luce
incidente
Silicio
semiconduttore
Pixel
Elettrone
Biossido
di silicio
isolante
Elettrodi
Registro
a scorrimento
orizzontale
Riga 1
Riga 2
Riga 3
Processore
di segnale analogico
Convertitore
analogico-digitale
Rappresentazione
digitale dell’immagine
Figura 7
Una matrice CCD può essere usata per
catturare immagini fotografche
utilizzando l’effetto fotoelettrico.
940
A
© Ross Woodhall/Taxi/Getty Images
A Le fotocamere digitali come questa
per catturare le immagini usano una
«matrice» di dispositivi ad
accoppiamento di carica al posto della
pellicola.
B Le immagini ottenute con una
fotocamera digitale possono essere
facilmente riversate su un computer
e spedite agli amici via Internet.
© Yoshikazu Tsuno/AFP/Getty Images
Figura 6
B
Per l’uso in luce visibile, una matrice CCD è formata da uno strato semiconduttore
di silicio, da uno isolante di biossido di silicio e da un certo numero di elettrodi, come
mostrato in fgura 7. La matrice è suddivisa in piccole parti, o pixel, sedici dei quali
vengono mostrati nella fgura. Ogni pixel cattura una piccola porzione dell’immagine. Le fotocamere digitali possono avere oltre dieci milioni di pixel: maggiore è il
numero di pixel, migliore è la risoluzione della fotografa.
L’ingrandimento nella fgura 7 evidenzia un singolo pixel. I fotoni della luce incidente colpiscono il silicio e producono elettroni per effetto fotoelettrico. Si può
supporre che venga emesso un elettrone ogni volta che un fotone interagisce con un
atomo di silicio. Gli elettroni non abbandonano il silicio, ma vengono intrappolati
all’interno del pixel a causa del potenziale positivo applicato agli elettrodi posti sotto lo strato isolante. Quindi, il numero di elettroni emessi e intrappolati è proporzionale al numero di fotoni che incidono sul pixel. In questo modo, ogni pixel della
matrice CCD accumula elettroni in maniera corrispondente all’intensità della luce
in quel punto dell’ immagine. L’informazione riguardante i colori viene ottenuta utilizzando fltri rossi, verdi e blu o un sistema di prismi che separino i colori. Gli astronomi usano matrici CCD non solo nel visibile, ma anche in altre regioni dello spettro
elettromagnetico.
Oltre a intrappolare i fotoelettroni, gli elettrodi posti sotto ai pixel vengono usati
per rilevare la mappa elettronica dell’ immagine. Variando il potenziale positivo a
essi applicato, è possibile fare in modo che tutti gli elettroni intrappolati in una riga
di pixel si spostino nella riga successiva. In questo modo, per esempio, la riga 1 in fgura 7 viene trasferita alla riga 2, la 2 alla 3 e la 3 all’ ultima, che svolge un compito
particolare. Essa costituisce un «registro a scorrimento orizzontale», in cui i contenuti di ciascun pixel vengono spostati, uno alla volta, sulla destra e registrati da un
processore di segnali analogici. Tale processore legge il numero variabile di elettroni
di ciascun pixel come una sorta di onda ad ampiezza variabile. Dopo il successivo
scorrimento di righe, viene letta l’informazione sulla riga successiva e così via. Il segnale in uscita dal processore viene inviato a un convertitore analogico-digitale, che
capitolo
produce una rappresentazione digitale dell’ immagine in termini di 0 e 1 che i computer sono in grado di riconoscere.
Un’altra applicazione dell’effetto fotoelettrico è legata al fatto che i fotoelettroni
in movimento (fgura 4) producono una corrente, la cui intensità varia al variare
dell’intensità della luce incidente. Le saracinesche e i cancelli automatici sono dotati di un dispositivo di sicurezza che impedisce la loro chiusura quando è presente un
ostacolo (una persona, un veicolo ecc.).
Come illustrato in fgura 8, un’unità trasmittente invia un fascio (invisibile) di
infrarossi attraverso il vano di apertura della saracinesca. Il fascio viene raccolto da
un’unità ricevente dotata di un fotodiodo, che è un tipo di giunzione p-n. Quando i
fotoni infrarossi colpiscono il fotodiodo, in esso vengono liberati alcuni elettroni il
cui moto produce un aumento della corrente circolante nel fotodiodo. Una persona
che intercetta il fascio impedisce momentaneamente alla luce di raggiungere l’unità
ricevente e la corrente nel fotodiodo diminuisce. La variazione di corrente viene rilevata da un dispositivo elettronico, che blocca immediatamente la discesa della saracinesca e ne provoca la risalita.
Osserviamo ora la spettacolare fotografa di fgura 9. Essa mostra la zona centrale della nebulosa dell’ Aquila, una gigantesca fucina di stelle distante circa 7000 anni
luce dalla Terra. La foto è stata scattata dal telescopio spaziale Hubble e rivela torreggianti nubi di gas molecolare e polvere, in cui si manifesta con evidenza l’energia
trasportata dai fotoni. Queste nubi si estendono per più di un anno luce dalla base
alla sommità e costituiscono una «culla» di stelle.
Una stella inizia a formarsi all’interno della nube quando la forza gravitazionale
riunisce una quantità di gas suffciente a formare una «palla» ad alta densità. Quando tale sfera gassosa diventa suffcientemente densa, si innescano nella sua parte
centrale le reazioni di fusione termonucleare e la stella comincia a splendere di luce
propria.
Le stelle appena formate sono nascoste all’interno della nube e non possono
essere viste dalla Terra. Tuttavia, il processo di fotoevaporazione permette agli astronomi di osservare molte delle regioni ad alta densità in cui le stelle si stanno formando. La fotoevaporazione è il processo in cui fotoni ultravioletti (UV) ad alta energia
© NASA
Una stella
appena nata
sulla superfcie
di un EGG
22
PArtIcelle e onde
Fisica quotidiana
I dispositivi di sicurezza
per i cancelli automatici
Raggio di luce
infrarossa
Unità
ricevente
Unità
trasmittente
Figura 8
Quando un ostacolo impedisce
al fascio di infrarossi di raggiungere
il ricevitore, la corrente diminuisce
di colpo. Questo calo di corrente viene
rilevato da un circuito elettronico che
blocca il movimento verso il basso
della saracinesca e subito dopo
la fa risalire.
Fisica quotidiana
La fotoevaporazione e la nascita
delle stelle
Figura 9
La zona centrale della nebulosa
dell’ Aquila (situata a circa 7000 anni
luce dalla Terra), fotografata dal
telescopio spaziale Hubble.
941
capitolo
22
PArtIcelle e onde
provenienti da stelle calde esterne alla nube la riscaldano, un po’ come i fotoni delle
microonde riscaldano il cibo contenuto nel relativo forno. La fgura 10A è una riproduzione della parte superiore sinistra della fotografa riportata in fgura 9 e mostra
flamenti di gas in fotoevaporazione dalla nube, illuminata dalle stelle poste oltre il
margine superiore della foto.
Il processo di fotoevaporazione porta allo scoperto globuli di gas più densi delle
zone circostanti. Questi vengono chiamati «globuli gassosi in evaporazione» (EGG)
e sono appena più estesi del nostro sistema solare. La fgura 10B mostra che tali
globuli schermano dai fotoni ultravioletti il gas e la polvere che si trovano dietro di
essi, creando le protuberanze a forma di dita che si osservano sulla superfcie della
nube. Gli astronomi ritengono che alcuni di questi EGG contengano al loro interno
giovani stelle. In alcuni casi, il gas viene tanto diradato dal riscaldamento da mostrare una stella appena formata sulla superfcie di un globulo (parte evidenziata dal
cerchio nella fgura 9).
Figura 10
A È qui riportato il particolare in alto
a sinistra della fotografa di fgura 9.
La fotoevaporazione produce
protuberanze a forma di dita sulla
superfcie delle nubi gassose nella
nebulosa dell’ Aquila. Sul culmine
di tali protuberanze si trovano zone
ad alta densità chiamate «globuli
gassosi in evaporazione» (EGG).
B Il disegno illustra la
fotoevaporazione visibile nella
fotografa della parte A.
Emissione di gas
© NASA
Nube
di gas
A
4
Elettrone che
si allontana
Elettrone
a riposo
θ
Fotone X
incidente
Fotone X diffuso
Figura 11
In un esperimento eseguito da Arthur
H. Compton, un fotone X urta
un elettrone fermo. Il fotone diffuso
e l’ elettrone si allontano lungo
direzioni differenti.
942
EGG
«Dita» contenenti
EGG al loro culmine
B
Fotoni UV
la quantità di moto di un fotone
e l’effetto compton
Einstein propose l’ ipotesi del fotone nel 1905, ma solo nel 1923 essa cominciò a essere universalmente accettata, quando il fsico americano Arthur H. Compton (18921962) la utilizzò per spiegare i risultati sperimentali delle sue ricerche sulla diffusione dei raggi X da parte degli elettroni della grafte.
I raggi X sono onde elettromagnetiche ad alta frequenza e, come la luce, sono
composti da fotoni. La fgura 11 visualizza ciò che accade quando un fotone X colpisce un elettrone in un pezzo di grafte. Compton osservò quello che da allora è detto
effetto Compton: il fotone diffuso ha una frequenza f ′ inferiore alla frequenza f del
fotone incidente, segno che il fotone perde energia nell’urto. Inoltre, scoprì che la
differenza tra le due frequenze dipende dall’angolo θ di cui il fotone viene deviato.
L’interazione tra un fotone e un elettrone può essere analizzata come urto elastico tra due corpi, durante il quale si conservano l’ energia cinetica e la quantità di
moto totali. Si suppone che l’elettrone sia inizialmente fermo e sostanzialmente libero, ovvero non vincolato agli atomi del materiale cui appartiene. In base al principio di conservazione dell’energia si ha
hf = hf ′ + K
(4)
dove si è usata la relazione (2), E = hf, per le energie dei fotoni. Ne deriva che
hf ′ = hf − K, cioè che l’ energia e la corrispondente frequenza f ′ del fotone diffuso
sono inferiori a quelle del fotone incidente, proprio come osservato da Compton.
Poiché λ′ = c/f ′, la lunghezza d’ onda del raggio X diffuso è maggiore rispetto a quella del raggio X incidente.
Per un elettrone inizialmente fermo, la conservazione della quantità di moto totale richiede che
capitolo
quantità di moto
quantità di moto
quantità di moto
=
+
del fotone incidente del fotone diffuso
dell’ elettrone
22
PArtIcelle e onde
(5)
Per ottenere un’espressione per il modulo p della quantità di moto di un fotone, ricordiamo che l’energia e la quantità di moto di una particella sono legate dalla relazione
E2 = p2c2 + m2c4. Un fotone ha massa nulla (m = 0 kg), quindi la sua quantità di moto è
Luce
solare
E
p=_
c
Poiché E = hf e c = λf, la quantità di moto di un fotone di frequenza f è
E hf h
p=_=_=_
c λf λ
(6)
Usando le equazioni (4), (5) e (6) Compton mostrò che la differenza tra la lunghezza
d’onda λ′ del fotone diffuso e la lunghezza d’onda λ del fotone incidente è legata
all’angolo di diffusione θ dalla relazione
h
λ′ − λ = _ (1 − cos θ)
mc
Figura 12
La luce solare che colpisce la vela
solare fornisce la propulsione per
questa navicella interstellare.
(7)
In questa equazione m è la massa dell’elettrone. La quantità h/(mc) viene chiamata
lunghezza d’onda Compton dell’elettrone e ha il valore h/(mc) = 2,43 ∙ 10−12 m. Dal
momento che cos θ è compreso tra +1 e −1, la variazione di lunghezza d’onda λ′ − λ
può andare da 0 a 2h/(mc), a seconda del valore di θ, un fatto che Compton aveva
osservato.
Nell’effetto Compton l’elettrone rimbalza poiché acquista una parte della quantità di moto del fotone. In linea di principio, dunque, la quantità di moto che i fotoni
possiedono potrebbe essere usata per far muovere altri oggetti. La fgura 12 mostra
un sistema di propulsione in via di studio per i viaggi ai confni del Sistema Solare
che utilizza una larga vela. L’idea è che la luce solare, colpendo la vela, crei una forza in grado di spingere la navicella lontano dal Sole, nello stesso modo in cui il vento
muove una barca a vela.
Propulsione spaziale
con vele solari
onde o particelle?
L’effetto fotoelettrico e l’effetto Compton forniscono una chiara evidenza del fatto
che la luce può manifestare caratteristiche corpuscolari attribuibili ai pacchetti di
energia chiamati fotoni. D’altro canto, l’interferenza e la diffrazione sono fenomeni
in cui la luce si comporta come un’onda. Dobbiamo concludere che la luce si comporta come un fascio di particelle in alcuni esperimenti e come un’onda in altri?
La risposta è affermativa: i fsici sono ormai convinti che questo dualismo onda-corpuscolo sia una proprietà intrinseca della luce. La luce costituisce un fenomeno ben più interessante e complesso di un semplice fascio di particelle o di un’onda
elettromagnetica.
5
la lunghezza d’ onda di de Broglie e
la natura ondulatoria dei corpi materiali
Nel 1923 il fsico francese Louis de Broglie (1892-1987) avanzò la sorprendente ipotesi che le particelle materiali possano manifestare un comportamento di tipo ondulatorio. Egli suppose che tutti i corpi materiali in movimento abbiano associata una
lunghezza d’onda (fgura 13) e che questa sia data dalla stessa relazione (equazione
6) che vale per un fotone:
Lunghezza d’onda di de Broglie
h
λ=_
p
(8)
dove h è la costante di Planck e p è il modulo della quantità di moto relativistica
della particella.
© David Schraf/SPL/Photo Researchers, Inc.
■
Fisica quotidiana
Figura 13
Sia una particella in moto sia un’onda
possiedono energia, quantità di moto
e lunghezza d’ onda. La fotografa
mostra un notevole ingrandimento del
moscerino della frutta, ottenuto con
un microscopio elettronico. Questo
microscopio utilizza elettroni al posto
della luce. La risoluzione dei dettagli
è eccezionale perché la lunghezza
d’ onda di un elettrone può risultare
molto inferiore rispetto a quella della
luce visibile. I colori sono frutto
di un’elaborazione grafca.
943
© Edwin Jones, University of South Carolina
© Wollan, Shull and Marhey
capitolo
22
PArtIcelle e onde
Oggi λ è nota come lunghezza d’onda di de Broglie della particella.
Una conferma dell’ ipotesi di de Broglie giunse nel 1927 dagli esperimenti dei fsici americani Clinton J. Davisson (1881-1958) e Lester H. Germer (1896-1971) e,
indipendentemente, da quelli del fsico inglese George P. Thomson (1892-1975). Davisson e Germer inviarono un fascio di elettroni su un cristallo di nichel e osservarono una fgura di diffrazione. La lunghezza d’onda degli elettroni ricavabile da tale
fgura coincideva con quella prevista dall’ ipotesi di de Broglie, λ = h/p. Più recentemente, è stata svolta l’ esperienza di Young con la doppia fenditura utilizzando gli
elettroni e si è ottenuta l’interferenza illustrata nella fgura 15.
Anche altre particelle diverse dagli elettroni possono manifestare proprietà ondulatorie. Per esempio, si usa la diffrazione di neutroni per studiare le strutture dei
cristalli. La fgura 14 paragona le fgure di diffrazione da parte di un cristallo di sale
(NaCl) ottenibili con neutroni e con raggi X.
Sebbene ogni particella in movimento possieda una lunghezza d’onda di de Broglie,
gli effetti di tale lunghezza d’onda sono osservabili solo nel caso di particelle la cui massa sia molto piccola, dell’ordine, per esempio, di quella dell’elettrone o del neutrone.
A
eSeMPIo 4 Un elettrone e una pallina da tennis a confronto
Determina la lunghezza d’onda di de Broglie:
▸ di un elettrone (massa = 9,1 ∙ 10−31 kg) in moto a una velocità di 6 ∙ 106 m/s;
B
▸ di una pallina da tennis (massa = 0,06 kg) in moto a una velocità di 13 m/s.
Figura 14
Il ragionamento e la soluzione
Figura di diffrazione con i neutroni
( A ) e con i raggi X ( B ) da parte di
un cristallo di cloruro di sodio (NaCl).
Le velocità sono piccole rispetto a quella della luce, quindi possiamo ignorare gli
effetti relativistici ed esprimere la quantità di moto come il prodotto tra la massa
e la velocità.
▸ Dall’equazione (8) otteniamo
h
h
6,63 ∙ 10−34 J ∙ s
= 1,2 ∙ 10−10 m
λ = _ = _ = ___________________
p mv (9,1 ∙ 10−31 kg)(6,0 ∙ 106 m/s)
Una lunghezza d’onda di de Broglie di 1,2 ∙ 10−10 m è più o meno uguale alle
distanze interatomiche di un solido, come il cristallo di nichel usato da Davisson e Germer, e, quindi, porta agli effetti di diffrazione osservati.
▸ Un calcolo simile a quello precedente mostra che la lunghezza d’onda di de
Broglie di una pallina da tennis è λ = 8,5 ∙ 10−34 m. Questa lunghezza d’onda
è notevolmente piccola, anche se paragonata con le dimensioni di un atomo
(10−10 m) o di un nucleo (10−14 m). Quindi il rapporto λ/d tra questa lunghezza
d’onda e la larghezza d di un’ apertura ordinaria, come una fnestra, è così
piccolo che non è possibile osservare la diffrazione di una pallina da tennis da
parte di una fnestra.
■
SIMUlAZIone
Interferenza quantistica
(PhET, University of Colorado)
944
onde di probabilità
L’equazione di de Broglie per la lunghezza d’ onda di una particella non offre alcuno
spunto per capire di che tipo sia l’ onda associata a una particella materiale. Per avere una prima idea della natura di tale onda, rivolgiamo l’ attenzione alla fgura 15
(pagina seguente). La parte A mostra la fgura a frange su uno schermo ottenuta
eseguendo un esperimento di Young con la doppia fenditura con l’utilizzo di elettroni al posto della luce. Le frange chiare hanno luogo nei punti in cui le onde provenienti dalle fenditure interferiscono costruttivamente, mentre le frange scure corrispondono a zone in cui le onde interferiscono distruttivamente.
Quando un elettrone passa attraverso la doppia fenditura e colpisce lo schermo, il
punto di arrivo diventa luminoso; le parti B, c e d della fgura 15 illustrano il modo in
cui questi punti diventano sempre più numerosi al passare del tempo. Con l’accumular-
capitolo
si degli elettroni sullo schermo, i punti luminosi fniscono per formare la fgura a frange
evidente nella parte d. Le frange luminose si verifcano dove esiste un’alta probabilità
che gli elettroni colpiscano lo schermo, quelle scure dove la probabilità è bassa.
È questa la chiave per comprendere che cosa sono le onde associate alle particelle. Le onde associate alle particelle sono onde di probabilità, il cui valore in un determinato punto dello spazio fornisce un’indicazione della probabilità di trovare la
particella in tale punto. Nella zona in cui è situato lo schermo, l’andamento della
probabilità associato con le onde dà luogo alla fgura a frange. Il fatto che non siano
visibili frange nella parte B della fgura non signifca che lì non siano presenti onde
di probabilità; semplicemente sono troppo pochi gli elettroni che hanno colpito lo
schermo e la fgura non è ancora riconoscibile.
La distribuzione di probabilità che porta alle frange della fgura 15 è analoga a
quella dell’intensità luminosa responsabile delle frange nell’originario esperimento di
Young. Si è dimostrato che l’intensità della luce è proporzionale al quadrato dei campi elettrico o magnetico associati all’onda. In modo analogo, nel caso delle onde associate alle particelle la probabilità è proporzionale al quadrato del modulo di una grandezza ψ (lettera greca «psi»), che viene chiamata funzione d’onda della particella.
Nel 1925 il fsico austriaco Erwin Schrödinger (1887-1961) e il fsico tedesco Werner Heisenberg (1901-1976) svilupparono in maniera indipendente due formulazioni
teoriche per calcolare la funzione d’onda. Essi fondarono così una nuova branca
della fsica chiamata meccanica quantistica. Il termine quanto si riferisce al fatto che
su scala atomica, laddove occorre considerare le onde associate alle particelle,
l’energia è quantizzata, in modo che solo certe particolari energie sono permesse.
La meccanica quantistica è essenziale per capire la struttura atomica e i fenomeni a essa collegati e l’equazione di Schrödinger per il calcolo della funzione d’onda
è ormai largamente usata. Esploreremo la struttura dell’atomo basata sulle idee della meccanica quantistica nel prossimo capitolo.
6
Il principio di indeterminazione
di Heisenberg
In base a quanto visto nel paragrafo precedente, le frange chiare della fgura 15 corrispondono ai punti in cui la probabilità che un elettrone colpisca lo schermo è alta.
Dal momento che è presente un certo numero di frange chiare, ciò signifca che esiste un certo numero di punti dello schermo in cui tale probabilità è diversa da zero.
Non possiamo prevedere esattamente quale punto dello schermo verrà colpito
dal singolo elettrone. Tutto ciò che possiamo fare è indicare la probabilità che l’elettrone vada a fnire in un determinato punto. Non è più possibile affermare, come
suggerito dalle leggi di Newton, che il singolo elettrone, inviato contro la doppia
fenditura, procede lungo una determinata traiettoria e colpisce lo schermo.
Questo semplice modello non funziona quando una particella di dimensioni paragonabili a quelle di un elettrone passa attraverso una coppia di fenditure ravvicinate. Poiché in tali circostanze diventa importante la natura ondulatoria delle particelle, si perde la possibilità di prevedere il percorso seguito dal singolo elettrone.
Solo il comportamento medio di un elevato numero di particelle risulta prevedibile,
mentre il comportamento della singola particella non è determinabile a priori.
Per analizzare più chiaramente la natura di questa indeterminazione, consideriamo degli elettroni inviati attraverso una fenditura singola, come in fgura 16 (pagina
seguente). Dopo che un numero suffciente di elettroni avrà colpito lo schermo,
emergerà una fgura di diffrazione. La fgura che riguarda gli elettroni consiste in
un’alternanza di frange chiare e scure ed è analoga a quella associata alla diffrazione
della luce. La fgura 16 riproduce la fenditura e le prime frange scure da entrambi i
lati della frangia chiara centrale. La frangia centrale è chiara perché in tutta la zona
compresa tra le frange scure gli elettroni colpiscono lo schermo. Trascurando gli elettroni che colpiscono lo schermo al di fuori della frangia centrale, l’apertura angolare
con cui gli elettroni vengono diffratti è fornita dall’ angolo θ riportato nella fgura.
22
PArtIcelle e onde
Fenditura
doppia
Elettroni
in movimento
A
B
Dopo 100 elettroni
C
Dopo 3000 elettroni
D
Dopo 70 000 elettroni
Figura 15
In questa versione dell’ esperimento
di Young che utilizza elettroni,
la caratteristica fgura a frange diventa
evidente solo dopo che un numero
suffciente di elettroni ha colpito
lo schermo (da A. Tonomura, J. Endo,
T. Matsuda, T. Kawasaki e H. Ezawa,
Am. J. Phys. 57 (2): 117, Feb 1989).
945
capitolo
22
PArtIcelle e onde
Figura 16
Quando un numero suffciente
di elettroni passa attraverso una
fenditura singola e colpisce uno
schermo, viene prodotta una fgura
a frange chiare e scure (qui viene
mostrata solo la frangia centrale).
Questa fgura è dovuta alla natura
ondulatoria dell’elettrone ed è analoga
a quella prodotta dalle onde luminose.
Prima frangia scura
Elettroni
in movimento
Punto medio
della frangia
chiara centrale
d
Δpx
θ
θ
py
θ
py
Fenditura
singola
Prima frangia scura
Schermo
Per giungere nei punti appartenenti all’intervallo della frangia centrale alcuni elettroni devono aver acquisito una componente della quantità di moto lungo l’asse x, nonostante siano pervenuti sulla fenditura viaggiando lungo l’asse y e quindi siano privi di
una quantità di moto iniziale lungo l’asse x. La fgura mostra che la componente x
della quantità di moto acquisita può valere al massimo ∆px . Il simbolo ∆px corrisponde alla differenza tra il massimo valore della quantità di moto acquisita dall’elettrone
dopo il passaggio attraverso la fenditura e il suo valore nullo prima di attraversarla.
∆px rappresenta quindi l’indeterminazione nella componente x della quantità di
moto, in quanto tale componente può assumere tutti i valori compresi tra zero e ∆px .
È possibile collegare ∆p x con la larghezza d della fenditura. Per farlo, supponiamo che l’equazione sen θ = mλ/d, m = 1, 2, 3 ..., applicabile alle onde luminose, sia
utilizzabile anche per particelle con lunghezza d’onda di de Broglie λ. Tale equazione scritta per m = 1, sen θ = λ/d, specifca l’angolo θ che localizza la prima frangia
scura. Se θ è piccolo, allora sen θ ≈ tg θ. Inoltre, la fgura 16 indica che tg θ = ∆p x /p y ,
dove p y è la componente y della quantità di moto dell’elettrone. Quindi ∆p x /p y ≈ λ/d.
Ma p y = h/λ secondo l’equazione di de Broglie, in modo che
∆
px ∆
px λ
___
= ___ ≈ _
py
h/λ d
Di conseguenza
h
∆p x ≈ _
d
(9)
in cui si nota che minore è la larghezza della fenditura, maggiore risulta l’indeterminazione nella componente x della quantità di moto dell’elettrone.
Fu Heisenberg il primo a ipotizzare che l’ indeterminazione ∆p x nella componente x della quantità di moto sia collegata all’indeterminazione nella componente x
della posizione dell’ elettrone che attraversa la fenditura. Siccome l’elettrone può
attraversare la fenditura di larghezza d in un suo punto qualsiasi, l’indeterminazione
nella componente x della posizione dell’ elettrone è ∆x = d. Sostituendo ∆x a d
nell’equazione (9) si ottiene che ∆p x ≈ h/∆x, ovvero (∆p x)(∆x) ≈ h.
Il risultato ottenuto nel caso di un esperimento di diffrazione può essere generalizzato e assume la forma di principio, noto come principio di indeterminazione di
Heisenberg.
PrIncIPIo dI IndeterMInAZIone dI HeISenBerG
h
Quantità di moto e posizione (∆p x)(∆x) ≥ _
4π
(10)
dove ∆x è l’indeterminazione nella componente x della posizione di una particella e ∆p x è l’indeterminazione nella componente x della quantità di moto
della particella.
h
(11)
Energia e tempo
(∆E)(∆t) ≥ _
4π
946
capitolo
22
PArtIcelle e onde
dove ∆E è l’indeterminazione nell’energia di una particella che si trova in un
determinato stato e ∆t è l’indeterminazione nell’ intervallo di tempo durante il
quale la particella permane in quello stato.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg fssa alcuni limiti alla precisione con cui
posizione e quantità di moto di una particella possono essere contemporaneamente
specifcati. Tali limiti non sono semplicemente dovuti a tecniche di misurazione poco
precise: essi sono limiti fondamentali imposti dalla natura e non è possibile «aggirarli».
L’equazione (10) indica che ∆p x e ∆x non possono essere entrambe arbitrariamente piccole. Se una delle due è piccola, l’altra deve essere grande, in modo che il
loro prodotto sia maggiore o uguale a h/4π. Per esempio, se la posizione di una particella è esattamente nota, in modo che ∆x sia zero, allora ∆p x risulta avere un valore
«infnitamente grande» e quindi la quantità di moto della particella è completamente indeterminata. Al contrario, se supponiamo che ∆p x sia zero, allora è ∆x che assume un valore «infnitamente grande» e la posizione della particella è del tutto indeterminata. In altre parole, il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma
che è impossibile specifcare contemporaneamente con precisione assoluta sia la
quantità di moto sia la posizione di una particella.
Esiste un principio di indeterminazione anche a proposito dell’energia e del tempo, come espresso nell’equazione (11). Il prodotto delle indeterminazioni nell’energia ∆E di una particella in un certo stato e nell’ intervallo di tempo ∆t durante il
quale la particella rimane in quello stato è maggiore o uguale a h/4π. Quindi l’indeterminazione nell’energia di una particella in un certo stato è tanto maggiore quanto più brevemente la particella si mantiene in tale stato.
eSeMPIo 5 Piccole e grandi masse
Supponiamo che la posizione di un corpo lungo la direzione x sia nota con
precisione tale da comportare un’indeterminazione nella posizione pari solo a
∆x = 1,5 ∙ 10−11 m.
▸ Determina la minima indeterminazione nella quantità di moto del corpo.
▸ Stabilisci la corrispondente minima indeterminazione nella velocità del corpo
Problem solving
osservazione sul principio di
indeterminazione di Heisenberg
Il principio di indeterminazione
di Heisenberg afferma che il
prodotto tra ∆p x e ∆x è maggiore
o uguale a h/4π.
L’indeterminazione minima si ha
quando tale prodotto vale h/4π.
nel caso in cui esso sia un elettrone (massa = 9,1 ∙ 10−31 kg).
▸ Esegui lo stesso calcolo nel caso in cui il corpo sia una pallina da ping-pong
di massa 2,2 ∙ 10−3 kg.
Il ragionamento e la soluzione
▸ La minima indeterminazione nella componente x della quantità di moto è
h
6,63 ∙ 10−34 J ∙ s
= 3,5 ∙ 10−24 kg ∙ m/s
∆p x = _ = _____________
4π∆x 4π (1,5 ∙ 10−11 m)
▸ Dal momento che ∆p x = m∆v x , la minima indeterminazione sulla velocità
dell’elettrone è
∆p x 3,5 ∙ 10−24 kg ∙ m/s
= 3,8 ∙ 106 m/s
∆v x = ___ = _______________
m
9,1 ∙ 10−31 kg
Quindi la piccola indeterminazione nella componente x della posizione
dell’elettrone dà luogo a un’elevata indeterminazione sulla sua velocità.
▸ L’indeterminazione nella velocità della pallina da ping-pong è
∆p x 3,5 ∙ 10−24 kg ∙ m/s
∆v x = ___ = _______________
= 1,6 ∙ 10−21 m/s
m
2,2 ∙ 10−3 kg
Visto che la massa della pallina da ping-pong è relativamente grande, la piccola indeterminazione nella componente x della sua posizione dà luogo a
un’indeterminazione nella sua velocità molto minore di quella dell’elettrone. Quindi, al contrario di quanto avviene per l’elettrone, possiamo sapere
contemporaneamente dove si trova la palla e a che velocità si sta muovendo,
con una precisione decisamente alta.
947
La storia di un’idea
dalla meccanica classica
alla meccanica quantistica
■
Successi e difficoltà
della «vecchia teoria
dei quanti»
Tra il 1900 e il 1925 la «vecchia teoria
dei quanti» conseguì molti successi,
tra cui le leggi del corpo nero di Planck e dell’ effetto fotoelettrico di Einstein, l’ andamento dei calori specifci
con la temperatura, la spiegazione degli spettri atomici con la teoria di
Bohr-Sommerfeld. C’ erano però
ostacoli insormontabili: gli spettri di
atomi appena un po’ più complessi
dell’idrogeno, come l’ elio, o il comportamento delle righe spettrali in
campi magnetici qualsiasi.
Lo schema teorico della «vecchia
teoria dei quanti» prestava il fanco a
diverse critiche: essa imponeva «condizioni di quantizzazione» a grandezze classiche, il che appariva arbitrario,
né si era riusciti a trovare un principio-guida dal quale queste condizioni
scaturissero in modo naturale. Era una
sorta di ibrido, in cui si considerava valida la meccanica classica per descrivere gli stati stazionari, mentre nelle
transizioni da uno stato all’altro si applicavano condizioni quantistiche.
Molte erano le cose da comprendere, come l’apparente casualità dei
Louis de Broglie ebbe per primo
l’idea di onda associata a una particella.
948
fenomeni atomici e subatomici. Perché un atomo di una sostanza radioattiva decade e un altro atomo identico
rimane stabile molto più a lungo? Se
più atomi sono in uno stato eccitato,
come fa uno di loro a «sapere» di dover tornare allo stato fondamentale?
Nel 1916 Einstein affrontò il problema introducendo il concetto di «probabilità di transizione» di un atomo
per unità di tempo. Pur non potendo
spiegare il comportamento casuale di
atomi e molecole, Einstein ebbe il merito di comprendere che esso andava
posto nel quadro della teoria dei
quanti, nella quale fece il suo ingresso
il concetto di probabilità.
■
la meccanica
quantistica
Nel 1923 l’ipotesi del fotone (indice
di un comportamento corpuscolare
della luce) ottenne una decisiva conferma sperimentale da parte dell’ americano Arthur Compton. Nel 192324 il francese Louis de Broglie
introdusse il concetto di «onda associata» a una particella, ipotizzando
che, così come un’onda luminosa può
mostrare proprietà corpuscolari, una
particella di massa m e velocità v può
comportarsi come un’onda di lunghezza λ = h/mv, dove h è la costante
di Planck. h vale «solo» 6,63 ∙ 10−34 J ∙ s
e la sua piccolezza spiega perché la fsica classica funziona benissimo per
oggetti macroscopici. Gli effetti quantistici, infatti, si fanno sentire nell’ infnitamente piccolo, quando le lunghezze delle onde associate ai corpuscoli
diventano confrontabili con le distanze in gioco. L’intuizione di de Broglie
venne confermata da esperimenti successivi nei quali fascetti di elettroni
produssero fgure di interferenza e di
diffrazione.
Nel 1926 l’ austriaco Erwin Schrödinger gettò le basi della cosiddetta
«meccanica ondulatoria», un modo di
descrivere i sistemi quantistici basato
sulla conoscenza della cosiddetta
«funzione d’onda» ψ.
Poco dopo Max Born propose che
l’onda ψ agisse come una sorta di
campo-guida per le particelle e che
in particolare il modulo quadrato di
ψ moltiplicato per il volumetto elementare dv desse la probabilità di
trovarvi la particella eseguendo una
misura. Circa un anno prima, sfruttando alcune intuizioni di Werner
Heisenberg, Born, Pascual Jordan e
lo stesso Heinsenberg avevano pro-
Paul Dirac, premio Nobel per la fsica nel 1933, ipotizzò anche l’esistenza
dei positroni (anti-elettroni), poi verifcata sperimentalmente.
capitolo
posto la cosiddetta «meccanica delle
matrici».
Una terza formulazione della
nuova meccanica giunse nel 1925 dal
britannico Paul Dirac. Nella meccanica delle matrici vengono trattate
solo grandezze fsiche osservabili,
come ampiezze di transizione e frequenze di righe spettrali. A ciascuna
osservabile è associata un’entità matematica detta «operatore», rappresentabile con una matrice (una tabella di numeri); i risultati delle misure
di quell’osservabile possono assumere, con certe probabilità, solo i valori
di una determinata equazione. Sul fnire del 1926 Dirac e Jordan mostrarono l’equivalenza delle varie formulazioni della meccanica quantistica, i
cui fondamenti fsico-matematici furono chiariti nel 1926-27 in un celebre corso tenuto a Gottinga dai matematici David Hilbert e Johann von
Neumann.
■
Un nuovo modo
di pensare
La meccanica quantistica ha cambiato
il modo di pensare dei fsici. In fsica
classica si riteneva che qualunque
grandezza fosse misurabile con preci-
sione grande a piacere, limitata solo
dall’ inadeguatezza degli strumenti o
della tecnica di misurazione. In fsica
quantistica si accetta che vi siano coppie di grandezze impossibili da misurare con precisione arbitrariamente
grande. Posizione e velocità sono un
esempio: se ∆x è l’ incertezza sulla posizione di una particella e ∆p è l’ incertezza sulla sua quantità di moto
p = mv, vale la relazione ∆x∆p ≥ h/4π.
È questa l’essenza del principio di
indeterminazione, formulato da Heisenberg nel 1927. Intuitivamente, lo si
può concepire pensando che se vogliamo conoscere la posizione di un
elettrone, dobbiamo «illuminarlo»
con radiazione elettromagnetica di
lunghezza d’onda opportuna; così facendo, il fotone che colpisce l’elettrone gli comunica una certa quantità di
moto che determinerà l’incertezza su
p. Più è corta la lunghezza d’onda λ
del fotone, e maggiore è la precisione
della misura di posizione, ma contemporaneamente maggiore è la
quantità di moto comunicata dal fotone (p = h/λ) e quindi l’imprecisione
sulla misura di velocità. Secondo il
concetto di «complementarità» coniato da Niels Bohr, posizione e velocità sono «variabili complementari»,
Wolfgang Pauli ebbe il premio Nobel nel 1945 per la sua enunciazione del principio
di esclusione, che permette di interpretare la tavola periodica degli elementi.
22
PArtIcelle e onde
cioè corrispondono a concetti che,
benché contraddittori (onda e corpuscolo), sono entrambi necessari per
descrivere il fenomeno osservato. Né
il fenomeno, né lo strumento d’osservazione possiedono realtà fsica autonoma; ciò che descriviamo è l’insieme dei due.
Si può misurare simultaneamente
con precisione arbitrariamente grande solo ciò che non è complementare.
Le relazioni causa-effetto della meccanica classica vengono soppiantate
da previsioni degli eventi in termini
di probabilità e statistica: le proprietà
ondulatorie della materia rappresentano, in accordo col principio di indeterminazione, l’impossibilità di prevedere il moto delle particelle con
precisione, anche conoscendo le forze in gioco. Trascurabile per i corpi
macroscopici, questo aspetto domina
su scala molecolare, atomica e subatomica.
Nel 1924 l’austriaco Wolfgang
Pauli aggiunse un nuovo numero
quantico (detto di spin) all’insieme
che descriveva gli elettroni in un atomo, e nel 1925 enunciò il cosiddetto
«principio di esclusione», secondo il
quale in un atomo non possono esistere due elettroni con gli stessi numeri quantici. Il principio di esclusione si rivelò decisivo per comprendere
le proprietà degli elementi e la struttura della tavola periodica.
Tra il 1925 e il 1927 la meccanica
quantistica segnò una svolta in fsica.
Non solo era in grado di riottenere i
successi della «vecchia teoria dei
quanti», ma riusciva là dove la vecchia
teoria falliva, sistemando in un quadro organico le conoscenze di fsica
atomica e molecolare. Fu un’epoca di
grandi scoperte a portata di mano,
una sorta di «età dell’oro» secondo
Dirac e Heisenberg, ovvero «gli anni
delle vacche grasse», nella dizione più
pratica e prudente di Enrico Fermi.
949
come funziona?
Il microscopio elettronico
dezza superiore, arrivando a distinguere i singoli atomi.
Esistono due famiglie di microscopi
elettronici: in trasmissione e a scansione. Entrambe impiegano un fascio
di elettroni diretto sul campione, ma i
metodi con cui le immagini vengono
prodotte e ingrandite sono sostanzialmente diverse.
In un microscopio elettronico in
trasmissione (Transmission Electron
Microscope, TEM), un fascio di elettroni viene sparato ad altissima velocità contro un campione molto sottile (circa 100 nm) del materiale da
analizzare e viene quindi studiata la
parte del fascio trasmessa oltre il
campione. I progressi dell’ottica elet© Luca Tible
Usando un microscopio ottico, riusciamo a osservare oggetti con dimensioni dell’ordine di poche centinaia di
nanometri, come batteri (~2 μm), virus (~50 nm) o flamenti di DNA (~2
nm). Questo è possibile non tanto per
la capacità di ingrandimento del microscopio, quanto grazie al suo potere
risolutivo. Il potere risolutivo di un
microscopio, ovvero la sua capacità di
distinguere due punti molto vicini, è
inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda della radiazione che
viene utilizzata. Per questo motivo, se
invece di sfruttare la luce come sorgente di radiazioni si usa un fascio di
elettroni, è possibile raggiungere una
risoluzione di parecchi ordini di gran-
Sorgente di elettroni
Condensatore
tronica hanno spinto la risoluzione
dai 10 nm del primo TEM (costruito
dal fsico tedesco Ernst Ruska nel
1932) ai soli 0,05 nm degli strumenti
attuali.
Le lenti di questo microscopio, invece che essere di vetro come nei microscopi ottici, sono lenti magnetiche
costituite da avvolgimenti metallici
attorno a nuclei ferromagnetici che
producono un campo magnetico fno
a 1 T. Un tale campo magnetico è in
grado di deviare la traiettoria degli
elettroni, concentrando il fascio di
elettroni sul campione. Dopo l’urto
con gli atomi del bersaglio, queste lenti permettono di ingrandire l’immagine e focalizzare gli elettroni sull’obiettivo (fgura A).
Ciò che si vede alla fne sul rivelatore è un’immagine ottica in cui i chiaro-scuri sono proporzionali alla quantità di elettroni trasmessi attraverso la
corrispondente zona del campione.
Il microscopio a scansione a effetto
tunnel (Scanneling Tunneling Microscope, STM) è tra gli strumenti più
utilizzati per studiare la materia alla
nanoscala (fgura B).
Una punta estremamente acuminata (fgura c) viene avvicinata alla superfcie a una distanza inferiore al na-
Campione
© Erwin Rossen, Eindhoven University of Technology (2006)
Lente obiettivo
Proiettore
Figura A
Schermo
950
Schema delle parti
principali di un TEM.
Le linee gialle
rappresentano le
traiettorie degli
elettroni, deviate e
focalizzate dalle lenti
magnetiche.
Figura B Immagine STM di una superfcie
di oro di 150 nm2. Le porzioni più chiare
corrispondono a zone più alte, mentre
quelle più scure sono zone più basse.
© Swiss Nanoscience Institute
capitolo
Figura c Leva micrometrica su cui è fssata la punta, la cui estremità è costituita da pochi
atomi.
Punta
Campione
© Luca Tible
Corrente di tunneling
Figura d Schema di funzionamento del STM. In basso è mostrato il dettaglio atomico della
regione fra punta e campione.
22
PArtIcelle e onde
nometro e viene poi fatta scorrere
«riga per riga», scansionando l’area di
superfcie che si vuole analizzare. L’estensione dell’area da scansionare
può variare da qualche centinaio di
micrometri a poche decine di nanometri.
La punta è fssata su speciali attuatori piezoelettrici che sono in grado di
muoverla con precisione sub-nanometrica. Un piezoelettrico è un materiale la cui lunghezza varia al variare
della tensione applicata: in questo
modo è possibile modifcare con continuità e precisione la posizione della
punta rispetto alla superfcie tramite
un segnale elettrico.
Per iniziare la misura, si applica una
piccola differenza di potenziale fra la
punta e il campione e si avvicina la
punta alla superfcie, a circa 1 nm.
Quando la distanza fra punta e campione diventa molto piccola, la barriera di potenziale che gli elettroni devono superare diventa molto stretta. La
probabilità che un elettrone possa attraversare la barriera per effetto tunnel diventa allora suffcientemente
grande da determinare una corrente,
detta corrente di tunneling, piccolissima (dell’ordine del nA) ma misurabile.
Durante la scansione, la punta registra
l’altezza della superfcie rispetto a una
quota fssa, permettendo di ricostruire
la forma della superfcie (fgura d).
Mantenendo la quota costante e
monitorando le variazioni di corrente
si possono quindi ottenere informazioni sui valori locali della distanza
punta-superfcie. Questa modalità è
però rischiosa perché, in caso di superfci particolarmente irregolari, la
punta corre il rischio di subire degli
urti e di danneggiarsi. Per questo motivo si opera quasi sempre in maniera
inversa: durante la scansione, la punta
viene alzata o abbassata in modo da
mantenere costante la corrente di
tunneling.
951
capitolo
22
PArtIcelle e onde
l’ ordine di grandezza
© Troy Kellogg / Shutterstock
Quanti fotoni ci investono durante una radiografia?
Per calcolare il numero di fotoni che ci investe durante una radiografia,
dobbiamo moltiplicare la potenza del fascio di raggi X per il tempo di esposizione
caratteristico di una radiografia e dividere questa quantità per l’energia media
trasportata da un singolo fotone.
Il modello
(numero di fotoni) = (potenza del fascio di raggi X)
(tempo di esposizione al fascio) / (energia media
trasportata da un fotone)
I numeri
▸ Potenza del fascio di raggi X = 6 W
▸ Tempo di esposizione al fascio = 8 ∙ 10−2 s
▸ Energia media trasportata da un fotone =
= (costante di Planck) (frequenza media dei raggi X) =
= (costante di Planck) (velocità della luce) / (lunghezza
d’onda media dei raggi X) =
= (6,6 ∙ 10−34 J ∙ s) (3 ∙ 108 m/s) / (2 ∙ 10−11 m) =
= 10−14 J < 60 keV
Il risultato
numero di fotoni = (6 W) (8 ∙ 10−2 s) / (10−14 J) =
= 5 ∙ 10 13 fotoni
L’ordine di grandezza è: 1014 fotoni
Stima l’ordine
di grandezza
Qual è il limite massimo di
lampade solari a cui una
persona adulta può sottoporsi
nel corso di un anno?
Durante una normale radiografia siamo investiti da 50
mila miliardi di fotoni.
Un paragone Nel corso di dieci minuti di tintarella,
siamo bombardati da circa 3 ∙ 1023 fotoni, una quantità
di particelle 10 miliardi di volte più grande di quelle di
una radiografia. Questo significa che non conta tanto
il numero dei fotoni dal quale si è investiti, quanto la
lunghezza d’onda della radiazione: dieci minuti passati
sotto il sole senza crema protettiva possono causarci
una scottatura, ma un minuto di raggi X sarebbe letale
per qualsiasi essere vivente.
le fonti
∙ Potenza del fascio di raggi X: F. Mazzucato, Anatomia
radiologica, Piccin Editore, 2006
∙ Tempo di esposizione al fascio: F. Mazzucato, Anatomia
radiologica, Piccin Editore, 2006
∙ Lunghezza d’onda media dei raggi X: F. Mazzucato,
Anatomia radiologica, Piccin Editore, 2006
Il modello
(numero massimo di lampade solari) = [(energia massima annua dovuta a raggi UV
che può assorbire una persona adulta) / (energia massima che investe ogni secondo
la superficie corporea)] / (durata media di una seduta abbronzante)
I numeri
Energia massima annua dovuta a raggi UV che può assorbire una persona adulta =
= 2,7 ∙ 104 J
Energia massima che investe ogni secondo la superficie corporea =
= (potenza massima erogabile da una lampada abbronzante) (superficie corporea
di una persona adulta) = (0,3 W/m2) (1,8 m2) = 0,54 W = 0,54 J/s
Durata media di una seduta abbronzante = 15 min = 900 s
Il risultato
Numero massimo di lampade solari = ..................
le fonti
∙ Energia massima annua dovuta a raggi UV che può assorbire una persona adulta:
Scientific Committee on Consumer Product - SCCP, European Commission, 2006
(http://ec.europa.eu/health/ph_risk/committees/04_sccp/docs/sccp_o_031b.pdf)
∙ Energia massima che investe ogni secondo la superficie corporea:
Scientific Committee on Consumer Product - SCCP, European Commission, 2006
(http://ec.europa.eu/health/ph_risk/committees/04_sccp/docs/sccp_o_031b.pdf)
952
capitolo
22
Formule in 3 minuti
I concetti fondamentali
1
Il dualismo onda-corpuscolo
Il dualismo onda-corpuscolo si riferisce al fatto che un’onda può
manifestare proprietà corpuscolari e una particella può evidenziare
caratteristiche ondulatorie.
2
4
legge di Stefan-Boltzmann: un corpo nero a temperatura assoluta T
irradia in 1 s da 1 m2 di superfcie una energia totale
E = σT 4
σ = costante di Stefan-Boltzmann =
= 5,67 ∙ 10−8 J/(s ∙ m2 ∙ K4)
E = nhf
h = costante di Planck
λ = lunghezza d’onda del fotone
effetto compton: corrisponde alla diffusione di un fotone da parte
di un elettrone di un determinato materiale. Il fotone diffuso
ha una frequenza (e quindi un’energia) inferiore rispetto
al fotone incidente.
Variazione della lunghezza d’onda nell’effetto compton:
la differenza fra la lunghezza d’onda λ′ del fotone diffuso
e la lunghezza d’onda λ del fotone incidente è legata all’angolo
di diffusione θ dalla relazione
h
λ′ − λ = _ (1 − cos θ)
mc
dove m è la massa dell’elettrone. La quantità h/(mc) è detta
lunghezza d’onda Compton dell’elettrone.
5
la lunghezza d’onda di de Broglie e la
natura ondulatoria dei corpi materiali
con n = 1, 2, 3, ...
lunghezza d’onda di de Broglie di una particella
h = costante di Planck = 6,626 068 76 ∙ 10−34 J ∙ s
f = frequenza di vibrazione dell’oscillatore
3
la quantità di moto di un fotone
e l’effetto compton
h
p=_
λ
Ipotesi di quantizzazione di Planck: rende conto della distribuzione
della radiazione emessa da un corpo nero supponendo che
l’interazione fra radiazione e materia avvenga per scambio
di pacchetti discreti di energia, detti quanti.
energie degli oscillatori atomici: Planck ipotizzò che un corpo nero
sia costituito da oscillatori atomici che possono avere solo energie
quantizzate espresse da
E = hf
Il principio di indeterminazione
Quantità di moto di un fotone: il modulo della quantità di moto
di un fotone vale
la radiazione di corpo nero
e l’ ipotesi di Planck
corpo nero: è un qualsiasi oggetto che, a temperatura costante, assorbe tutta la radiazione elettromagnetica che lo colpisce. La distribuzione dell’energia nella radiazione di corpo nero non dipende dal
materiale di cui è costituito ma solo dalla temperatura delle pareti.
PArtIcelle e onde
I fotoni e l’effetto fotoelettrico
energia di un fotone: la radiazione elettromagnetica è formata da
fotoni, che sono pacchetti di energia. L’energia di un fotone è
E = hf
dove h è la costante di Planck e f è la frequenza del fotone.
h
λ=_
p
dove h è la costante di Planck e p è il modulo della quantità di
moto relativistica della particella. A causa della sua lunghezza
d’onda, una particella può manifestare caratteristiche ondulatorie.
6
Il principio di indeterminazione
di Heisenberg
Un fotone non ha massa e viaggia sempre alla velocità
della luce nel vuoto.
Fissa dei limiti alle possibilità di conoscere il comportamento di una
particella. È espresso dalla relazione (quantità di moto e posizione)
effetto fotoelettrico e lavoro di estrazione: l’effetto fotoelettrico
è il fenomeno in cui la luce colpisce la superfcie di un metallo
estraendone elettroni. Il lavoro di estrazione W 0 di un metallo
è il minimo lavoro necessario per estrarre un elettrone dal metallo.
h
(∆p x)(∆x) ≥ _
4π
•
•
caratteristiche dell’effetto fotoelettrico
Un metallo emette fotoelettroni solo se la frequenza della luce incidente è superiore a un valore soglia f 0 che dipende dal metallo.
L’energia cinetica massima dei fotoelettroni espulsi non varia
quando l’intensità della luce aumenta ma rimane costante la sua
frequenza.
conservazione dell’energia ed effetto fotoelettrico: gli elettroni
emessi dal metallo possono avere un’energia cinetica massima K max
lagata all’energia hf del fotone incidente e al lavoro di estrazione
W 0 del metallo:
hf = K max + W 0
dove ∆x è l’ indeterminazione nella componente x della posizione
di una particella e ∆p x è l’ indeterminazione nella componente x
della quantità di moto della particella.
Oppure può essere espresso dalla relazione (energia e tempo)
h
(∆E)(∆t) ≥ _
4π
dove ∆E è l’indeterminazione nell’energia della particella quando
si trova in un determinato stato e ∆t è l’indeterminazione
nell’intervallo di tempo durante il quale la particella permane
in quello stato.
953
capitolo
22
ESERCIZI
PArtIcelle e onde
Problemi
cHAlKBoArd VIdeoS
(Esercizi risolti in inglese)
1
Il dualismo onda-corpuscolo
2
la radiazione di corpo nero e l’ipotesi
di Planck
▶
I fotoni e l’ effetto fotoelettrico
1
L’Universo è permeato da una radiazione elettromagnetica emessa nelle prime fasi della sua vita. Gli astronomi hanno misurato la distribuzione con grande precisione e hanno scoperto che è identica alla distribuzione
di radiazione da parte di un corpo nero a temperatura
2,7 K.
▪▪▪
4
▪▪▪
La superfcie di Betelgeuse può essere considerata un
corpo nero sferico di raggio 1,93 ∙ 10 11 m e temperatura
3600 K.
2
▪▪▪
3
Calcola la lunghezza d’onda alla quale si ha il massimo di emissione.
▶
Calcola l’energia irradiata da Betelgeuse in 1 s.
Ultraviolet light with a frequency of 3.00 ∙ 10 15 Hz
strikes a metal surface and ejects electrons that have a
maximum kinetic energy of 6.1 eV.
3
▪▪▪
▶
What is the work function (in eV) of the metal?
eSeMPIo
All’interno di un forno per ceramica la temperatura è
900 °C.
▶
Qual è la potenza della radiazione che esce da una apertura rettangolare di lati 2,0 cm × 3,0 cm praticata sullo
sportello?
la soluzione
© Protoco.com
Un piccolo foro sullo sportello del forno è un emettitore
di radiazione assimilabile a un corpo nero.
La potenza emessa da una superfcie di area A alla temperatura assoluta T è data dalla legge di Stefan-Boltzman:
P = eσT 4A
dove σ = 5,67 ∙ 10 J/(s∙m ∙K ) è la costante di Stefan-Boltzman ed e è l’emissività della superfcie.
Nel nostro caso, avendo ipotizzato che la sorgente sia un corpo nero, e = 1; inoltre
−8
2
4
A = (2,0 cm)(3,0 cm) = 6,0 cm2 = 6,0 ∙ 10−4 m2
T = 900 °C = 1173 K
Pertanto la potenza emessa è
P = [5,67 ∙ 10−8 J/(s∙m2∙K4)](1173 K)4 (6,0 ∙ 10−4 m2) = 64 W
5
▪▪▪
Una stazione radio AM trasmette un’onda elettromagnetica con frequenza 665 kHz, mentre una stazione
radio FM trasmette a frequenza 93,1 MHz.
▶
6
▪▪▪
Quanti fotoni AM servono per avere un’ energia totale pari a quella del fotone FM?
8
▪▪▪
9
▪▪▪
Due sorgenti emettono onde elettromagnetiche. La
sorgente B emette una lunghezza d’onda tripla rispetto alla sorgente A. Ogni fotone della sorgente A ha
un’ energia di 2,1 ∙ 10−18 J.
▶
Calcola l’ energia di un fotone della sorgente B.
▪▪▪
Una sorgente radio in FM trasmette a una frequenza di
98,1 MHz. La potenza irradiata dall’antenna è di
5,0 ∙ 104 W.
▶
954
Quanti fotoni al secondo emette l’ antenna?
▶
▪▪▪
Determina la lunghezza d’onda (in nm) di un fotone
ultravioletto di energia 6,4 ∙ 10−19 J.
La luce solare investe la superfcie terrestre con un’ intensità media di 680 W/m2.
▶
10
7
La luce ultravioletta è responsabile dell’abbronzatura.
Supponendo che tutti i fotoni di luce abbiano la stessa lunghezza d’onda (nel vuoto) di 730 nm, determina il numero di fotoni al secondo e al metro quadrato
che colpiscono la Terra.
Una radiazione di una determinata lunghezza d’ onda
provoca l’emissione di elettroni con un’energia cinetica massima di 0,68 eV da un metallo il cui lavoro di
estrazione è pari a 2,75 eV.
▶
Calcola la massima energia cinetica (in eV) dei foto-
ESERCIZI
capitolo
elettroni emessi da un metallo il cui lavoro di estrazione è 2,17 eV quando è illuminato con la stessa
radiazione.
11
▪▪▪
13
PArtIcelle e onde
Una radiazione con lunghezza d’onda 230 nm illumina una superfcie metallica ed emette elettroni che
hanno una velocità massima di 4,48 ∙ 105 m/s.
▶
Una luce ultravioletta con frequenza 3,00 ∙ 10 15 Hz colpisce una superfcie metallica ed espelle elettroni che
hanno un’ energia cinetica massima di 5,4 eV.
▶
▪▪▪
12
▪▪▪
22
Qual è il lavoro di estrazione (in eV) del metallo?
Di quale dei seguenti metalli si tratta (il valore tra parentesi è il lavoro di estrazione): potassio
(2,24 eV), calcio (2,71 eV), uranio (3,63 eV), alluminio (4,08 eV) o oro (4,82 eV)?
eSeMPIo
Una sorgente monocromatica di potenza P 0 = 1,00 W emette luce di lunghezza d’onda λ = 580 nm in tutte le direzioni.
▶
A quale distanza deve essere posta una monetina di raggio r = 1,00 cm per essere colpita, in media, da 1 fotone ogni
millisecondo?
la soluzione
Essendo data la lunghezza d’ onda della luce emessa dalla sorgente monocromatica, la sua frequenza è
c
f=_
λ
L’ energia di un fotone di tale frequenza risulta
c
E = hf = h _
λ
Se sulla monetina arriva un fotone ogni millisecondo, signifca che essa riceve la potenza
1
1
1 c
P = _ E = _ hf = _ h _
∆t
∆t
∆t λ
dove ∆t = 1,00 ms = 1,00 ∙ 10−3 s. A tale potenza corrisponde l’intensità
P 1 c 1
1 c 1
I = _ = _ h _ _ = _ h _ ___2
A ∆t λ A ∆t λ π r
essendo A = πr² l’ area della monetina.
La potenza emessa dalla sorgente, ricevuta a una distanza D, si è distribuita su una superfcie sferica di raggio D, per cui
ha intensità pari a
P0
I = ____2
4π D
Uguagliando le due espressioni per l’intensità si ottiene
P0
1 _
c 1
_
h ___ = ____
∆t λ π r 2 4π D 2
⇒
D=r
√
__
∆t
P0 λ
____
4 hc
Utilizzando per la costante di Planck il valore h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s e inserendo i valori numerici, calcoliamo la distanza
alla quale posizionare la moneta:
__________________________
(1,00 ∙ 10−3 s)(1,00 W)(580 ∙ 10−9 m)
−2
= 2,70 ∙ 105 m = 270 km
D = (1,00 ∙ 10 m) _______________________________
4 (6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s)
√
14
▪▪▪
Il flamento di una lampada alogena irradia la maggior
quantità di energia a una frequenza di 3,4 ∙ 10 14 Hz.
Supponi che si comporti come un corpo nero.
▶
16
▪▪▪
Calcola la sua temperatura.
La massima lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica che provoca l’emissione di elettroni da una
barretta di platino è 196 nm. Una radiazione di lunghezza d’onda 141 nm colpisce la barretta.
▶
15
▪▪▪
La massima lunghezza d’ onda con cui un’onda elettromagnetica può emettere elettroni da una determinata
superfcie metallica è di 485 nm.
▶
Calcola il lavoro di estrazione W 0 del metallo in elettronvolt.
17
▪▪▪
Calcola la massima velocità degli elettroni emessi.
Il gufo ha una buona visione notturna, in quanto i suoi
occhi sono in grado di rivelare la luce fno a un’ intensità di 5,0 ∙ 10−13 W/m2.
▶
Qual è il minimo numero di fotoni al secondo che
955
capitolo
22
ESERCIZI
PArtIcelle e onde
l’occhio di un gufo riesce a rivelare se il diametro
della sua pupilla è 8,5 mm e la luce ha una lunghezza
d’ onda di 510 nm?
18
▪▪▪
19
▪▪▪
protone fno a una distanza di 1,58 m dalla carica. Supponi che l’energia potenziale elettrostatica persa dal
sistema venga acquisita da un fotone che viene emesso
durante il processo.
Un protone si trova a 0,420 m da una carica puntiforme
di 18,30 µC. La forza elettrica repulsiva fa muovere il
▶
Quanto vale la sua lunghezza d’onda?
eSeMPIo
In un esperimento sull’ effetto fotoelettrico viene utilizzata una lastra di zinco irraggiata con luce ultravioletta di frequenza f = 2,00 ∙ 10 15 Hz. Con questo tipo di radiazione vengono emessi elettroni che raggiungono il collettore, anche
se questo è tenuto a un potenziale negativo, fno a un valore minimo di −4,00 V.
▶
Qual è il lavoro di estrazione dello zinco?
la soluzione
I fotoni che formano la radiazione di frequenza f = 2,00 ∙ 10 15 Hz hanno un’energia
E = hf
dove
h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s
è la costante di Planck. Per risolvere questo esercizio è conveniente esprimere la costante di Planck in elettronvolt,
poiché è l’ unità di misura tipica dei fenomeni su scala atomica. Essendo
1 eV = 1,6022 ∙ 10−19 J
si ha
6,626 ∙ 10−34 J ∙ s
h = ____________
= 4,136 ∙ 10−15 eV ∙ s
1,6022 ∙ 10−19 J/eV
Quindi l’energia di un fotone di frequenza f = 2,00 ∙ 10 15 Hz è
E = (4,136 ∙ 10−15 eV ∙ s)(2,00 ∙ 10 15 s−1) = 8,27 eV
Se alcuni elettroni emessi dallo zinco riescono a superare un potenziale negativo di −4,00 V, signifca che possiedono
un’energia cinetica iniziale almeno pari a +4,00 eV. Per determinare il lavoro di estrazione utilizziamo la relazione
hf = E = K max + W 0
dove K max è l’energia cinetica massima degli elettroni emessi e W 0 è il lavoro di estrazione dello zinco; quindi
W 0 = E − K max = 8,27 eV − 4,00 eV = 4,27 eV
Il lavoro di estrazione dello zinco è 4,27 eV.
20
▪▪▪
Un piatto di vetro ha una massa di 0,50 kg e calore specifco di 840 J/(kg ∙ °C). La lunghezza d’onda della luce
infrarossa è 6,0 ∙ 10−5 m, mentre quella della luce blu è
4,7 ∙ 10−7 m.
▶
21
▪▪▪
956
Trova il numero di fotoni infrarossi e il numero di fotoni blu necessari per aumentare la temperatura del
piatto di vetro di 2,0 °C, assumendo che tutti i fotoni
vengano assorbiti dal vetro.
4
22
▪▪▪
la quantità di moto di un fotone
e l’effetto compton
In un esperimento di diffusione Compton, il raggio X
incidente e quello diffuso da un elettrone inizialmente
fermo hanno lunghezze d’onda rispettivamente di
0,2685 nm e 0,2703 nm.
▶
18
Un laser emette 1,30 ∙ 10 fotoni al secondo in un raggio di luce avente un diametro di 2,00 mm e una lunghezza d’onda di 514,5 nm. Determina l’intensità media:
23
▪▪▪
Calcola l’angolo di diffusione θ, mostrato in fgura
11.
Una sorgente di luce emette fotoni con quantità di
moto 2,3 ∙ 10−29 kg ∙ m/s.
▶
del campo elettrico;
▶
Qual è la frequenza dei fotoni?
▶
del campo magnetico per l’ onda elettromagnetica
che costituisce il raggio.
▶
A quale regione dello spettro elettromagnetico appartengono?
ESERCIZI
24
▪▪▪
capitolo
Un fascio di raggi X con lunghezza d’onda 0,3120 nm è
diffuso dagli elettroni liberi della grafte. L’angolo di
diffusione della fgura 11 è θ = 135,0°. Calcola il modulo della quantità di moto:
▶
del fotone incidente;
▶
del fotone diffuso.
25
Un fotone X incidente di lunghezza d’onda 0,2750 nm
collide con un elettrone inizialmente fermo. Il fotone è
diffuso a un angolo θ = 180,0° con una lunghezza d’onda di 0,2825 nm.
▶
28
▪▪▪
PArtIcelle e onde
di moto per calcolare la quantità di moto acquisita
dall’elettrone.
26
▪▪▪
Suggerimento: per una maggior precisione, considera
h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s e c = 2,998 ∙ 108 m/s.
▪▪▪
22
Il fotone X rivelato a un angolo di diffusione θ = 163°
ha una lunghezza d’onda di 0,1867 nm. Determina:
▶
la lunghezza d’onda del fotone incidente;
▶
l’energia del fotone incidente;
▶
l’energia del fotone diffuso;
▶
l’energia cinetica dell’elettrone.
Suggerimento: per una maggior precisione, considera
h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s e c = 2,998 ∙ 108 m/s.
27
▪▪▪
Applica il principio di conservazione della quantità
Qual è la massima variazione di lunghezza d’ onda che
un fotone subisce per diffusione Compton da una molecola di azoto (N2)?
eSeMPIo
Un fascio di raggi X incide contro un bersaglio di grafte. I raggi
X che emergono con un angolo di 30° rispetto alla direzione dei
raggi X incidenti hanno un’ energia di 100,0 keV.
▶
Fascio di raggi X
incidente
Qual è l’energia (in keV) dei raggi X che incidono sul bersaglio di grafte?
30˚
Fascio
di raggi X
uscente
Suggerimento: per una maggior precisione di calcolo, considera
h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s e c = 2,998 ∙ 108 m/s.
Grafte
la soluzione
La variazione della lunghezza d’ onda di un fotone ad alta energia che collide con un elettrone della grafte si ottiene con la formula
h
λ′ − λ = _ (1 − cos θ)
mc
dove λ è la lunghezza d’ onda del fotone incidente e λ′ quella del fotone diffuso; m è la massa dell’elettrone e
h
_
= 2,43 ∙ 10−12 m
mc
è una costante, con le dimensioni di una lunghezza, che prende il nome di lunghezza d’onda Compton dell’elettrone;
θ è l’angolo di diffusione del fotone.
Nel nostro caso θ = 30°, per cui
λ′ − λ = (2,43 ∙ 10−12 m)(1 − cos 30°) = 3,26 ∙ 10−13 m
Ricordando che 1 eV = 1,6022 ∙ 10−19 J, calcoliamo l’ energia dei raggi X diffusi:
E′ = 100,0 keV = (100,0 ∙ 103 eV)(1,6022 ∙ 10−19 J) = 1,602 ∙ 10−14 J
In base alla relazione di Einstein, E′ = hf ′, ricaviamo
E′
f′ = _
h
dove h è la costante di Planck: h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s.
Per calcolare la lunghezza d’ onda λ′ usiamo la relazione
c
λ′ = _ =
f′
c
hc
__
=_=
E′
E′
_
h
(6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)(2,998 ∙ 108 m/s)
= 1,24 ∙ 10−11 m
= _____________________________
1,602 ∙ 10−14 J
957
capitolo
22
ESERCIZI
PArtIcelle e onde
Dalla relazione λ′ − λ = 3,26 ∙ 10−13 m ricaviamo
λ = λ′ − 3,26 ∙ 10−13 m = 1,24 ∙ 10−11 m – 3,26 ∙ 10−13 m = 1,207 ∙ 10−11 m
Quindi l’energia dei raggi X incidenti vale
hc (6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)(2,998 ∙ 108 m/s)
= 1,646 ∙ 10−14 J
E = _ = _____________________________
λ
1,207 ∙ 10−11 J
Per ottenere il valore dell’ energia in keV basta tenere presente che 1 eV = 1,6022 ∙ 10−19 J e quindi
1,646 ∙ 10−14 J
E = ____________
= 1,027 ∙ 105 eV = 102,7 keV
1,6022 ∙ 10−19 J/eV
29
▪▪▪
Nell’ effetto Compton si applica la conservazione della
quantità di moto per cui la quantità di moto totale del
fotone e dell’ elettrone è la stessa prima e dopo lo scattering. Supponi che il fotone incidente, avente una lunghezza d’onda di 9,00 ∙ 10−12 m, si muova nella direzione +x e che il fotone diffuso emerga con un angolo
θ = 90° nella direzione –y.
▶
30
▪▪▪
Trova le componenti x e y della quantità di moto
dell’elettrone diffuso.
La fgura mostra come funziona la misura dell’ effetto
Compton. Data una lunghezza d’onda fssa incidente λ,
viene misurata una lunghezza d’onda del fotone diffuso λ 1 quando l’ angolo di diffusione vale θ 1 = 30,0°,
mentre viene misurata una lunghezza d’onda λ 2 per un
angolo di diffusione pari a θ 2 = 60,0°.
▶
Trova la differenza tra le due lunghezze d’onda,
λ2 − λ1.
▶
34
A quale velocità deve muoversi un neutrone (massa =
= 1,67 ∙ 10−27 kg) per avere una lunghezza d’ onda di de
Broglie di 0,282 nm?
35
A quale velocità deve muoversi un protone per avere
la stessa lunghezza d’onda di de Broglie di un elettrone
in moto con una velocità di 4,50 ∙ 106 m/s?
36
Un batterio (massa = 2 ∙ 10−15 kg) nel sangue si muove
alla velocità di 0,33 m/s.
▪▪▪
▪▪▪
▪▪▪
▶
Un elettrone e un protone hanno la stessa velocità.
Ignora gli effetti relativistici e determina il rapporto
λ e /λ p delle loro lunghezze d’onda di de Broglie.
38
Le onde con lunghezza d’onda più grande diffrangono
più di quelle con lunghezza d’onda più piccola.
▪▪▪
Elettrone
che si allontana
ϕ
▶
A quale velocità una persona di 65,0 kg deve passare attraverso una porta per diffrangere nello stesso
modo di un’onda sonora di frequenza 128 Hz? (La
velocità del suono è 343 m/s.)
▶
Alla velocità calcolata nel punto precedente, quanto tempo (in anni) impiegherebbe questa persona a
compiere un metro?
+x
θ
Fotone X
incidente
Fotone X diffuso
31
▪▪▪
Un fotone di lunghezza d’ onda 0,45000 nm colpisce
un elettrone libero inizialmente fermo. Il fotone viene
spinto indietro.
▶
32
▪▪▪
5
39
▪▪▪
Qual è la velocità di rinculo dell’ elettrone dopo la
collisione?
Un fotone di un raggio X viene diffuso a un angolo
θ = 180,0° da un elettrone inizialmente fermo. Dopo la
diffusione, l’elettrone ha una velocità di 4,67 ∙ 106 m/s.
▶
In un esperimento di Young con doppia fenditura, con
l’utilizzo di elettroni al posto della luce, l’angolo che
defnisce le frange luminose del primo ordine è
θ A = 1,6 ∙ 10−4 gradi quando la quantità di moto dell’elettrone vale p A = 1,2 ∙ 10−22 kg ∙ m/s.
▶
Determina la lunghezza d’ onda del fotone incidente.
la lunghezza d’onda di de Broglie
e la natura ondulatoria dei corpi materiali
40
▪▪▪
▪▪▪
958
Un fotone ha la stessa quantità di moto di un elettrone
in movimento a una velocità di 2,0 ∙ 105 m/s.
Usando la stessa doppia fenditura, quale dovrebbe
essere la quantità di moto p B affnché l’angolo che
defnisce le frange luminose del primo ordine sia
θ B = 4,0 ∙ 10−4 gradi?
Una particella ha una lunghezza d’onda di de Broglie
di 3,6 ∙ 10−10 m.
▶
33
Qual è la lunghezza d’onda di de Broglie di questo
batterio?
37
▪▪▪
+y
Elettrone
a riposo
Calcola la lunghezza d’onda del fotone.
Se la sua energia cinetica raddoppia, qual è la nuova
lunghezza d’onda di de Broglie assumendo che gli
effetti relativistici possano essere trascurati?
ESERCIZI
41
▪▪▪
capitolo
22
PArtIcelle e onde
eSeMPIo
Per mezzo di tecniche di raffreddamento laser è possibile portare atomi di rubidio (massa atomica 85,5 uma) alla temperatura di un milionesimo di kelvin.
▶
Qual è l’ ordine di grandezza della lunghezza d’onda di de Broglie per questi atomi?
la soluzione
L’ordine di grandezza dell’ energia cinetica E di questi atomi è kT, dove T è la temperatura assoluta e k = 1,38 ∙ 10−23 J/K
è la costante di Boltzmann. La defnizione di energia cinetica fornisce
1
1 p2
E = _ m v 2 = _ __
2
2m
dove p = mv è la quantità di moto dell’atomo di rubidio e m la sua massa. Allora
_
1 __
p2
_
= kT ⇒ p = √ 2 mkT
2m
La lunghezza d’ onda di de Broglie è λ = h/p, essendo h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s la costante di Planck. Sostituendo la relazione
appena trovata per p si ha
h
h
_
λ=_=_
p √ 2 mkT
dove la massa atomica del rubidio vale
m = 85,5 uma = 85,5 (1,66 ∙ 10−27 kg) = 1,42 ∙ 10−25 kg
Sostituendo i valori numerici otteniamo
6,6 ∙ 10−34 J ∙ s
______________________________ =
λ = _____________________________________
√ 2 (1,42 ∙ 10−25 kg)(1,38 ∙ 10−23 J/K)(1,0 ∙ 10−6 K)
= 3,3 ∙ 10−7 m ≈ 0,3 µm
che è circa 103 volte maggiore delle dimensioni dell’ atomo stesso.
42
▪▪▪
La particella A è ferma e la particella B si scontra frontalmente con essa. La collisione è completamente anelastica per cui le due particelle rimangono attaccate
dopo la collisione e procedono insieme con la stessa
velocità. Le masse delle due particelle sono diverse e
non ci sono forze esterne che agiscono su di loro. La
lunghezza d’onda di de Broglie della particella B prima della collisione è 2,0 ∙ 10−34 m.
▶
43
▪▪▪
44
▪▪▪
45
▪▪▪
46
▪▪▪
6
47
▪▪▪
48
▪▪▪
Determina il rapporto tra la lunghezza d’onda del
fotone e la lunghezza d’onda di de Broglie della particella.
l principio di indeterminazione
di Heisenberg
Un corpo si muove su una linea lunga 2,5 m, ma la sua
posizione non è nota.
▶
Determina la minima indeterminazione nella quantità di moto del corpo.
▶
Determina la minima indeterminazione nella velocità del corpo nel caso sia una palla da golf (massa
= 0,045 kg).
▶
Esegui lo stesso calcolo nel caso di un elettrone.
Calcola la differenza di potenziale V.
Un fascio di elettroni e un fascio di luce rossa
(λ = 661 nm) producono su uno schermo una fgura di
diffrazione da fenditura singola in cui la larghezza della
frangia luminosa centrale è identica. La distanza tra lo
A quale velocità si muovono gli elettroni?
L’energia cinetica di una particella è uguale all’energia
di un fotone. La particella si muove al 5,0% della velocità della luce.
▶
Qual è la nuova lunghezza d’onda di de Broglie?
In un tubo catodico televisivo gli elettroni vengono accelerati da fermi attraverso una differenza di potenziale V. Subito prima che colpisca lo schermo, un elettrone ha una lunghezza d’ onda di de Broglie pari a
0,900 ∙ 10−11 m.
▶
▶
Qual è la lunghezza d’ onda di de Broglie dell’oggetto che si è formato dopo la collisione?
Una particella ha una lunghezza d’onda di de Broglie
di 2,7 ∙ 10−10 m. In seguito la sua energia cinetica raddoppia. Ignora gli effetti relativistici.
▶
schermo e la fenditura è la stessa in entrambi i casi e
molto maggiore della larghezza della fenditura.
Un elettrone è intrappolato all’interno di una sfera
avente il diametro di 6,0 ∙ 10−15 m (all’incirca le dimen-
959
capitolo
22
ESERCIZI
PArtIcelle e onde
sioni di un nucleo di ossigeno).
▶
49
▪▪▪
51
Quanto vale la minima indeterminazione nella quantità di moto dell’ elettrone?
50
▪▪▪
Nei polmoni sono presenti piccole sacche d’aria chiamate alveoli. Il diametro medio di una di queste sacche
è 0,25 mm. Considera una molecola di ossigeno (massa
= 5,3 ∙ 10−26 kg) intrappolata in una sacca.
▶
▪▪▪
cità della molecola di ossigeno?
L’indeterminazione minima ∆y nella posizione y di
una particella è uguale alla sua lunghezza d’onda di de
Broglie.
▶
Quanto vale la minima indeterminazione nella velo-
Assumendo che gli effetti relativistici possano essere
ignorati, determina l’indeterminazione minima nella
velocità della particella, ∆v y , esprimendola come percentuale della velocità: ∆v y% = (∆v y /v y) 100.
eSeMPIo
Un atomo eccitato emette un fotone di energia E = 3,0 eV in un tempo ∆t dell’ordine di 10−8 s.
▶
Qual è l’ indeterminazione percentuale dell’energia del fotone emesso?
Un nucleo eccitato emette invece un fotone γ di energia E = 0,8 MeV in un tempo ∆t dell’ordine di 10−20 s.
▶
Qual è l’indeterminazione percentuale dell’ energia del fotone γ emesso?
la soluzione
La relazione di indeterminazione, ∆E ∆t ≈ h/(4π), stabilisce che se un processo avviene in un intervallo di tempo ∆t,
allora l’ incertezza sull’ energia del processo è
h
∆E ≈ _
4π ∆t
Nel caso dell’ atomo
▶
6,626 ∙ 10−34 J ∙ s ________
1
5 ∙ 10−27 J
________
∆E ≈ ______________
=
= 3 ∙ 10−8 eV
4 (3,14)(10−8 s) 1,6 ∙ 10−19 J/eV 1,6 ∙ 10−19 J/eV
Quindi
∆E
3 ∙ 10−8 eV
_% ≈ _
100 = (1 ∙ 10−8)100 = 1 ∙ 10−6 %
E
3,0 eV
▶
Nel caso del nucleo
6,626 ∙ 10−34 J ∙ s ________
1
5 ∙ 10−15 J
∆E ≈ ______________
= ________
= 3 ∙ 104 eV
−20
−19
4 (3,14)(10 s) 1,6 ∙ 10 J/eV 1,6 ∙ 10−19 J/eV
Quindi
∆E
3 ∙ 104 eV
_ % ≈ _________
100 = (4 ∙ 10−2)100 = 4%
E
0,8 ∙ 106 eV
52
▪▪▪
Un fascio di particelle attraversa una fenditura larga
0,200 mm (fgura 16). La lunghezza d’ onda di de Broglie di ciascuna particella è 633 nm. Dopo aver attraversato la fenditura, il fascio di particelle si allarga con
una determinata apertura angolare.
▶
stella può essere considerata un corpo nero.
▶
54
▪▪▪
Usa il principio di indeterminazione di Heisenberg
per determinare la minima apertura.
Problemi finali
53
▪▪▪
960
Gli astronomi hanno analizzato la distribuzione della radiazione della stella Procione (α Canis Minor) e
hanno determinato che il massimo di emissione si ha
alla lunghezza d’onda 440 nm. La superfcie di una
55
▪▪▪
Calcola la temperatura superfciale di Procione.
L’energia di dissociazione di una molecola è l’ energia
necessaria per separare la molecola nei singoli atomi.
L’energia di dissociazione per la molecola di cianogeno è 1,22 ∙ 10−18 J. Supponi che tale energia venga fornita da un singolo fotone.
▶
Determina la lunghezza d’onda del fotone.
▶
Determina la frequenza del fotone.
▶
A quale regione dello spettro elettromagnetico appartiene il fotone?
Il magnesio ha un lavoro di estrazione di 3,68 eV. Radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d’onda 215 nm
colpiscono una superfcie di magnesio.
ESERCIZI
▶
56
▪▪▪
57
58
▪▪▪
59
60
▪▪▪
65
62
la lunghezza d’ onda di un fotone da 5,0 eV;
▶
la lunghezza d’ onda di de Broglie di un elettrone da
5,0 eV.
La lunghezza d’ onda di de Broglie di un protone in un
acceleratore di particelle è 1,30 ∙ 10−14 m.
63
Trova la lunghezza d’ onda di de Broglie di un elettrone
con una velocità di 0,88 c. Tieni conto degli effetti relativistici.
64
▪▪▪
Una particella subatomica creata in un esperimento
esiste in un certo stato per un tempo ∆t = 7,4 ∙ 10−20 s
prima di decadere in un altro stato.
Applica sia il principio di indeterminazione di Heisenberg sia il principio di equivalenza tra energia e
massa per determinare l’ indeterminatezza minima
nella misura della massa di questa particella.
Calcola il rapporto P S /P B fra la potenza emessa dal
Sole e da Betelgeuse.
Calcola la lunghezza d’onda della luce incidente.
Un elettrone viene accelerato a partire da fermo attraverso una differenza di potenziale di 418 V.
▶
Determina l’energia cinetica (in joule) del protone.
PArtIcelle e onde
Un fascio di luce incide su una superfcie di sodio, il cui
lavoro di estrazione vale 2,3 eV. La massima velocità
dei fotoelettroni emessi è di 1,2 ∙ 106 m/s.
▶
▪▪▪
22
Il Sole ha una temperatura superfciale che è il 61%
superiore a quella di Betelgeuse, che però ha un raggio
277 volte maggiore. Le superfci di entrambe si comportano come un corpo nero.
▶
▪▪▪
▶
▶
▪▪▪
61
▪▪▪
Calcola la massa della particella.
Calcola:
▶
▪▪▪
Determina la massima energia cinetica degli elettroni emessi. Esprimi la risposta in elettronvolt.
Una particella ha una velocità di 1,2 ∙ 106 m/s. La sua
lunghezza d’onda di de Broglie è 8,4 ∙ 10−14 m.
▶
▪▪▪
capitolo
Calcola la sua lunghezza d’onda di de Broglie fnale,
tenendo conto che la sua velocità fnale è molto inferiore alla velocità della luce.
L’energia cinetica media di un atomo di un gas perfetto
monoatomico è
– 3
E = _ kT
2
dove k = 1,38 ∙ 10−23 J/K e T è la temperatura del gas in
kelvin.
▶
Determina la lunghezza d’onda di de Broglie di un
atomo di elio (massa = 6,65 ∙ 10−27 kg) che possiede l’energia cinetica media a temperatura ambiente
(293 K).
eSeMPIo
In una lastra metallica è stato praticato un foro delle dimensioni di un centinaio di diametri atomici, vale a dire di diametro D ≈ 1,5 ∙ 10−8 m. Questa lastra è irraggiata prima con un fascio di protoni e poi con un fascio di raggi X, i quali
hanno tutti la stessa energia E = 75 eV.
▶
Qual è l’immagine dello spot prodotto su uno schermo a distanza 1,0 m dalla lastra dalle particelle di ciascuno dei due
fasci che passano attraverso il foro?
la soluzione
I raggi X sono onde elettromagnetiche e quando attraversano un foro subiscono una diffrazione. Anche le particelle che
attraversano il foro subiscono una diffrazione, perché hanno un’onda associata, la cui lunghezza d’onda è data dalla
relazione di de Broglie, λ = h/p.
Abbiamo visto in ottica che, quando un’onda di lunghezza d’onda λ passa attraverso un foro di diametro D, forma una
fgura di diffrazione, la cui parte centrale, che comprende la maggior parte dell’ intensità dell’onda, ha un’apertura angolare θ min = 1,22 λ/D.
Il diametro d dello spot che si forma a distanza L è approssimativamente
λ
d ≈ L θ min = 1,22 L _
D
Utilizziamo questa formula in tutti i casi, usando per i protoni la lunghezza d’onda di de Broglie e per i raggi X la lunghezza d’onda classica.
La quantità di moto p è legata all’energia cinetica E dalla relazione
_
p = √ 2mE
per cui
h
h
_
λ=_=_
p √2 mE
961
capitolo
22
ESERCIZI
PArtIcelle e onde
L’ energia espressa in joule è
E = 75 eV = (75 eV)(1,602 ∙ 10−19 J/eV) = 1,2 ∙ 10−17 J
e la massa del protone è
m p = 1,67 ∙ 10−27 kg
pertanto
h
6,626 ∙ 10−34 J ∙ s
__ = _______________________
__________________ = 3,3 ∙ 10−12 m
λp = _____
√ 2 m p E √ 2 (1,67 ∙ 10−27 kg)(1,2 ∙ 10−17 J)
Lo spot prodotto dal fascio di protoni a distanza L = 1,0 m ha quindi un diametro pari a
λp
3,3 ∙ 10−12 m
d p ≈ 1,22 L __ = 1,22 (1,0 m) ___________
= 2,6 ∙ 10−4 m
D
1,5 ∙ 10−8 m
I raggi X sono formati da fotoni per i quali energia e frequenza sono legate dalla relazione E = hf, da cui f = E/h. Poiché
frequenza e lunghezza d’ onda sono legate dalla relazione f = c/λ, abbiamo in defnitiva
hc
λ=_
E
Inserendo i dati numerici si ha
(6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s)
λ X = ____________________________
= 1,7 ∙ 10−8 m
1,2 ∙ 10−17 J
I raggi X hanno una lunghezza d’onda confrontabile con le dimensioni del foro e pertanto la diffrazione è in questo caso
molto grande. Il diametro dello spot sullo schermo è circa
λX
1,7 ∙ 10−8 m
= 1,4 m
d X ≈ 1,22 L __ = 1,22 (1,0 m) ___________
D
1,5 ∙ 10−8 m
I raggi X sono dunque completamente diffratti dal passaggio attraverso il foro.
66
▪▪▪
razione di 9,8 ∙ 10−6 m/s2, che è un milione di volte
inferiore all’accelerazione di gravità sulla superfcie della Terra. Assumi che nessuna altra forza agisca sulla vela e che tutti i fotoni incidenti vengano
rifessi.
In una lastra metallica è stato praticato un foro avente
raggio 1,2 ∙ 10−7 m. Un fascio di elettroni aventi energia
120 eV incide sulla lastra in direzione perpendicolare.
▶
Calcola la larghezza dello spot prodotto su uno
schermo posto a 1,4 m dalla lastra dagli elettroni.
▶
67
▪▪▪
68
▪▪▪
Si vuole sciogliere un blocco di ghiaccio di 2,0 kg a 0 °C,
convertendolo in acqua a 0 °C.
▶
Quanti fotoni (lunghezza d’ onda = 620 nm) devono
essere assorbiti?
▶
In media, un fotone quante molecole di H2O converte da ghiaccio ad acqua?
Alcuni scienziati hanno suggerito la possibilità di costruire un’astronave con particolari vele in modo che
possa essere spinta da raggi laser. Supponi che queste
vele siano costruite con un materiale altamente rifessivo abbastanza sottile da far sì che 1 m2 di vela abbia
una massa di appena 3,0 ∙ 10−3 kg. La vela dovrebbe essere spinta da una fascio laser di luce ultravioletta
(λ = 225 nm) che colpisce la superfcie perpendicolarmente.
▶
962
Usa il teorema dell’impulso per determinare il
numero di fotoni per secondo che devono colpire
ogni metro quadrato di vela per fornire un’accele-
69
▪▪▪
70
Determina l’intensità (potenza per unità di area) che
il fascio laser deve avere quando colpisce la vela.
Un raggio di luce visibile ha una lunghezza d’ onda di
395 nm e colpisce perpendicolarmente una determinata superfcie. L’intensità del fascio è tale che 3,0 ∙ 10 18
fotoni colpiscono la superfcie ogni secondo.
▶
Calcola la forza media applicata dal fascio sulla superfcie quando essa è rifettente.
▶
Calcola la stessa forza quando la superfcie è nera.
L’energia necessaria per rimuovere un elettrone dal
sodio metallico è di 2,28 eV.
▶
La luce rossa (λ = 678 nm) produce effetto fotoelettrico nel sodio?
▶
A quale colore corrisponde la lunghezza d’ onda di
soglia?
(Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie,
Università degli studi di Torino, 2004-2005)
ESERCIZI
domande
capitolo
Quando un numero suffciente di fotoni di luce visibile
colpisce una pellicola fotografca, essa risulta «esposta».
Un fotone di un raggio X ha energia maggiore rispetto
a un fotone di luce visibile. Tuttavia, la maggior parte
delle pellicole non risulta «esposta» quando passa attraverso un controllo di sicurezza ai raggi X in un aeroporto. Che cosa si può ricavare da questa osservazione
a proposito del numero di fotoni emessi dal dispositivo
di controllo ai raggi X?
2
La radiazione di una determinata lunghezza d’onda
provoca l’emissione di elettroni dalla superfcie di un
certo metallo, ma non da quella di un altro metallo.
Come può accadere?
3
Nell’ effetto fotoelettrico, supponiamo di aumentare
l’intensità della luce lasciando costante la frequenza.
La frequenza è maggiore rispetto alla frequenza di soglia f 0 . Stabilisci se le seguenti grandezze aumentano,
diminuiscono o rimangono costanti, motivando la tua
scelta: (a) la corrente nel circuito; (b) il numero di elettroni al secondo emessi dalla superfcie metallica; (c)
la massima energia cinetica; (d) la massima quantità
di moto; (e) la minima lunghezza d’onda di de Broglie
che un elettrone può avere.
4
5
Un fotone può subire diffusione Compton da parte
di una molecola di azoto, allo stesso modo di quanto
avviene con un elettrone. Tuttavia, la variazione della
lunghezza d’ onda del fotone è molto inferiore rispetto a quella dell’elettrone. Perché questo succede? Usa
l’equazione (7) per una molecola di azoto anziché per
un elettrone.
La fotografa mostra un dispositivo chiamato radiometro. Le quattro palette rettangolari sono nere da un
lato e rifettenti dall’altro. Esposto alla luce, il gruppo
di palette ruota, nella direzione che va dalla parte nera
a quella rifettente. Sono gli urti dei fotoni con i due lati
PArtIcelle e onde
delle palette che provocano la rotazione? Spiega il tuo
ragionamento.
© Sargent-Welsch Scientific Company
1
22
6
Nella fgura 1 sostituisci gli elettroni con protoni
aventi la stessa velocità. Con l’ aiuto dell’ equazione
sen θ = mλ/d, m = 0, 1, 2, 3, ... per le frange luminose dell’esperienza di Young con la doppia fenditura e
dell’equazione (8), stabilisci se la separazione angolare
tra le frange aumenta, diminuisce o rimane la stessa di
quella osservabile con gli elettroni.
7
Introduci il concetto di corpo nero ed esponi l’ ipotesi
di Planck dei quanti.
8
Spiega in che cosa consiste l’effetto fotoelettrico e descrivi i limiti dell’interpretazione fornita dalla fsica
classica.
9
Illustra l’interpretazione che diede Einstein nel 1905
dell’effetto fotoelettrico.
10
Enuncia, nelle due forme in cui si può esprimere, e
commenta il principio di indeterminazione di Heisenberg.
11
Illustra la lunghezza d’onda di de Broglie e la dualità
onda-particella della materia.
test
1
Completa l’enunciato della legge di Stefan-Boltzmann:
«un corpo nero a temperatura assoluta T irradia in 1 s
da 1 m2 di superfcie un’ energia totale
quale si ha il massimo dell’energia irradiata dalla relazione:
a E = σT
4
b E = kT
4
a λ maxT = 2,90 ∙ 10−3 m ∙ K
con
σ = 5,67 ∙ 10 J/(s ∙ m ∙ K )
b λ max /T = 2,90 ∙ 10−3 m ∙ K−1
con
−23
c T = (2,90 ∙ 10−3 m ∙ K) λ max
−8
k = 1,38 ∙ 10
2
4
J/K
c E = σkT 4 con k = 1,38 ∙ 10−23 J/K e
σ = 5,67 ∙ 10−8 J/(s ∙ m2 ∙ K4)
d E = σT −4 con σ = 5,67 ∙ 10−8 J/(s ∙ m2 ∙ K4)
2
Secondo la legge di Wien, la temperatura assoluta T del
corpo nero è legata alla lunghezza d’ onda λ max per la
d λ max = (2,90 ∙ 10−3 m ∙ K) T
3
Il grafco a pagina seguente mostra la distribuzione
della radiazio-ne emessa da un corpo nero di temperatura T1 . Se il corpo nero è portato a una temperatura T2 maggiore:
963
capitolo
22
ESERCIZI
PArtIcelle e onde
a la distribuzione rimane invariata.
9
b la distribuzione cambia ma il massimo rimane alla
stessa lunghezza d’ onda.
a la dilatazione dei tempi.
b la contrazione delle lunghezze.
c il massimo si sposta verso lunghezze d’ onda minori.
c la natura corpuscolare della luce.
d il massimo si sposta verso lunghezze d’onda maggiori.
d la natura ondulatoria delle particelle.
Intensità
10
T1
−32
11
b Frequenza.
c Energia cinetica.
E = 2,72 ∙ 10−25 J
kg ∙ m/s
E = 2,72 ∙ 10−25 J
c p = 4,27 ∙ 10−33 kg ∙ m/s
E = 1,28 ∙ 10−24 J
d p = 4,27 ∙ 10−33 kg ∙ m/s
E = 5,79 ∙ 10−24 J
b p = 1,73 ∙ 10
Quale delle seguenti grandezze è la stessa per tutti i
fotoni nel vuoto?
a Lunghezza d’ onda.
Un fotone di frequenza f e lunghezza d’onda λ interagisce con un elettrone inizialmente fermo. Quale delle
seguenti affermazioni è vera?
a Il fotone è assorbito.
d Velocità.
5
Un telefono cellulare trasmette microonde con una frequenza di 1930 Hz. Quali sono la quantità di moto p e
l’energia E dei fotoni emessi?
a p = 8,73 ∙ 10−32 kg ∙ m/s
Lunghezza d’onda
4
L’effetto Compton dimostra:
b Il fotone guadagna energia e la sua frequenza fnale
è maggiore di f.
L’ energia di un fotone di un fascio di luce di lunghezza
d’ onda 450 nm è:
c Il fotone perde energia e la sua frequenza fnale è
minore di f.
a 2,0 J
d Il fotone perde energia e la sua lunghezza d’ onda
fnale è minore di λ.
b 2,0 eV
c 2,5 eV
d 2,8 eV
6
12
a inversamente proporzionale alla costante di Planck.
Un laser emette fotoni di 2,5 eV con una potenza di
10−3 W. Quanti fotoni emette ogni secondo?
b inversamente proporzionale alla quantità di moto
della particella.
(1 eV = 1,6 ∙ 10−19 J)
c direttamente proporzionale alla massa della particella.
a 4,0 ∙ 10 14
d direttamente proporzionale all’energia della particella.
b 2,5 ∙ 10 15
c 4,0 ∙ 10
18
d 1,0 ∙ 1021
7
13
Il lavoro di estrazione per l’ oro è 4,8 eV. Qual è la minima frequenza che la luce deve avere per estrarre fotoelettroni da una superfcie d’ oro?
a 7,3 ∙ 10 14 Hz
b 1,2 ∙ 10 15 Hz
c 3,8 ∙ 10 16 Hz
14
d 6,5 ∙ 10 17 Hz
8
Un fascio di luce con lunghezze d’onda comprese fra
380 nm e 750 nm incide su una superfcie di piombo. Il
lavoro di estrazione per il piombo è 4,14 eV. Quale delle seguenti affermazioni è vera?
a Non sono emessi fotoelettroni.
b Sono emessi fotoelettroni con energia cinetica minore di 1,21 eV.
c Sono emessi fotoelettroni con energia cinetica compresa tra 1,21 eV e 1,83 eV.
d Sono emessi fotoelettroni con energia cinetica maggiore di 1,83 eV.
964
La lunghezza d’onda di de Broglie di una particella è:
15
L’energia cinetica (non relativistica) di un neutrone
(m = 1,67 ∙ 10−27 kg) con lunghezza d’onda di de Broglie
0,10 nm è:
a 6,6 ∙ 10−19 J
c 2,6 ∙ 10−20 J
b 1,3 ∙ 10−20 J
d 6,3 ∙ 10−20 J
Se la costante di Planck fosse 660 J ∙ s, quale sarebbe la
minima indeterminazione sulla posizione di un giocatore di basket di 120 kg che si muove a 3,5 m/s?
a 0,25 m
c 0,065 m
b 0,13 m
d 0,032 m
È noto che la componente x della velocità di un elettrone (m = 9,11 ∙ 10−31 kg) è compresa tra 100 m/s e
300 m/s. Quale delle seguenti affermazioni sulla sua
posizione x è vera?
a La massima incertezza è circa 106 m.
b La minima incertezza è circa 6 ∙ 10−7 m.
c La massima incertezza è circa 6 ∙ 10−7 m.
d L’incertezza è circa 3 ∙ 10−36 m.
ESERCIZI
16
capitolo
Cinque gruppi di studenti effettuano un esperimento in
cui un fascio di luce monocromatica incide su una superfcie metallica dalla quale vengono emessi elettroni.
Partendo tutti dalla stessa situazione, ogni gruppo prova a cambiare l’ intensità del fascio (I) e la lunghezza
d’ onda della luce (λ), osservando che in tutti i casi si
continua a osservare l’ emissione di elettroni.
Quale gruppo registra un aumento del numero di elettroni emesso per unità di tempo e contemporaneamente una diminuzione della loro energia cinetica
media?
Variazione di λ
20
aumento del 20%
b diminuzione del 10%
invariata
c invariata
diminuzione del 10%
d aumento del 20%
diminuzione del 10%
e aumento del 10%
diminuzione del 20%
Si consideri una situazione in cui un fascio di luce, incidendo sulla superfcie di un metallo, provoca l’ emissione di elettroni (questo avviene se nella radiazione sono
presenti componenti con frequenza superiore a un certo valore di soglia, tipico del metallo). Si varia la durata
dell’illuminazione, ma non l’intensità del fascio di luce.
Quale grafco rappresenta meglio la dipendenza funzionale tra il numero di elettroni emessi e la durata
dell’illuminazione?
a
N
3,5 ∙ 10 19 fotoni/s
3,0 ∙ 10 19 fotoni/s
2,5 ∙ 10 19 fotoni/s
2,0 ∙ 10 19 fotoni/s
1,5 ∙ 10 19 fotoni/s
t
d
e
N
t
21
(Gara di 1° livello edizione 2005)
18
c
N
t
N
Supponendo che il sodio emetta luce monocromatica
di lunghezza d’ onda λ = 5,89 ∙ 10−7 m, quanti fotoni al
secondo verranno emessi da una lampada al sodio che
ha una potenza di emissione luminosa P = 10 W?
a
b
c
d
e
b
N
t
(Gara di 1° livello edizione 2008)
17
PArtIcelle e onde
(Gara di 1° livello edizione 2013)
Variazione di I
a diminuzione del 20%
22
t
La superfcie di un certo metallo viene investita da un
fascio luminoso di frequenza opportuna f ed emette elettroni. La velocità massima e l’energia cinetica massima
degli elettroni emessi sono rispettivamente v ed E. Se la
stessa superfcie viene investita da un fascio luminoso
della stessa frequenza, ma di intensità luminosa doppia,
quali tra le seguenti affermazioni sono corrette?
Fotoni con un’ energia di 7,9 eV incidono su una lastra
di zinco, provocando l’ emissione di elettroni, la cui
energia cinetica ha un valore massimo di 4,0 eV. Il lavoro di estrazione dello zinco
1. Viene emesso un numero doppio di elettroni al secondo.
a è 11,9 eV
3. L’energia cinetica degli elettroni più veloci vale 2E.
b è 7,9 eV
a Solo la 1.
d Solo la 1 e la 2.
b Solo la 2.
e Tutte e tre.
2. La velocità degli elettroni più veloci vale 2v.
c è 4,0 eV
d è 3,9 eV
c Solo la 3.
e non può essere determinato con i dati a disposizione.
(Gara di 1° livello edizione 2014)
(Gara di 1° livello edizione 2011)
22
19
L’ elettrone di un atomo di idrogeno che si trova allo
stato eccitato con numero quantico principale n = 2,
decade al livello fondamentale (n = 1) ed emette un
fotone. Sapendo che l’ energia di ionizzazione di un
atomo di idrogeno è 13,6 eV, quanto vale, approssimativamente, l’energia del fotone emesso?
a 5,4 ∙ 10−19 J
b 1,6 ∙ 10−18 J
c 5,4 ∙ 10−18 J
d 2,2 ∙ 10−18 J
e 7,4 ∙ 10−18 J
(Gara di 1° livello edizione 2012)
Che cos’è un fotone?
a Lo stato energetico di un elettrone legato a un nucleo.
b La quantità di energia espressa dal prodotto della
costante di Planck per la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica.
c La minima energia di un elettrone legato a un nucleo.
d Il quanto di energia associato a un’onda elettromagnetica.
(Concorso a borse di studio per l’ iscrizione ai corsi di
laurea della classe «Scienze e Tecnologie Fisiche» della
SIF, 2006-2007)
965
capitolo
22
ESERCIZI
PArtIcelle e onde
VerSo l’eSAMe dI StAto
1 QUeSIto
In Un’orA
confronto fra fotoelettroni
Un fascio di luce incide su una superfcie metallica.
a Spiega che cosa si intende per lavoro di estrazione di un metallo e quale condizione deve realizzarsi affnché il
metallo rilasci fotoelettroni.
b Il lavoro di estrazione per l’oro è 5,1 eV, mentre quello per l’uranio è 3,6 eV. Quale dei due metalli emette elettroni con l’energia più grande quando viene irraggiato con radiazioni elettromagnetiche aventi lunghezza d’onda
di 160 nm?
c Il lavoro di estrazione del bario è 2,7 eV. Stabilisci quali colori sono in grado
di far emettere fotoelettroni dal bario (v. tabella).
Se una radiazione elettromagnetica di alta frequenza incide su una lastra metallica, i fotoni possono essere diffusi dagli elettroni mediante effetto Compton. Calcola la variazione di lunghezza d’onda di un fotone da 15 keV dopo
una defessione di 180° subita da parte di un elettrone (me = 9,11 · 10-31 kg).
d Calcola la velocità di un elettrone la cui lunghezza d’onda di de Broglie è
2,0 · 10-10 m. Si tratta di un elettrone relativistico?
colore
lunghezza d’onda
Viola
380-450 nm
Blu
450-495 nm
Verde
495-570 nm
Giallo
570-590 nm
Arancione
590-620 nm
Rosso
620-750 nm
[4,86·10-12 m; circa 3,6 km/s]
2 QUeSIto SUlle coMPetenZe
Alla scoperta di Antares
In Un’orA
Antares è la stella più luminosa dello Scorpione, una costellazione visibile
verso sud, sopra l’orizzonte, durante le notti estive.
a Spiega in quale senso Antares, come tutte le altre stelle, può essere considerata un corpo nero.
b Il massimo dell’energia irradiata da Antares corrisponde alla lunghezza
d’onda di circa 800 nm. Calcola la temperatura superfciale di Antares.
© aam.8mag.net
c Spiega come puoi individuare Antares fra le stelle presenti nella foto
a fanco.
d Antares ha un raggio di circa 1,2 · 109 km. Stima la sua luminosità assoluta,
ossia la potenza totale che irraggia nello spazio.
[Circa 3600 K; 1,7·1032 W]
rUBrIcA dI VAlUtAZIone del QUeSIto SUlle coMPetenZe
risposta o giustificazione
non risponde
Punteggio
richiesta
1
sbagliata
incompleta
completa con
errori
completa e
corretta
4
7
11
15
competenza prevalente
a
2 Formulare ipotesi
b
3 Formalizzare
c
1 Osservare
d
3 Formalizzare
......
Punteggio _
60
966
=
......
_
15
capitolo
23
La natura
dell’ atomo
© Fraunhofer IIS
1
Il modello atomico di Rutherford
Un atomo contiene un piccolo nucleo carico positivamente (raggio ≈ 10−15 m), che è
circondato a distanze relativamente elevate (raggio ≈ 10−10 m) da un certo numero di
elettroni, come mostra la fgura 1. L’atomo è elettricamente neutro perché il nucleo
contiene un numero di protoni (ciascuno con carica +e) uguale al numero di elettroni (ciascuno con carica −e). Questo modello di atomo è il frutto di un’idea recente.
Nei primi anni del Novecento, infatti, un modello adottato, dovuto al fsico inglese
Joseph J. Thomson (1856-1940), descriveva l’atomo in maniera diversa: una struttura
senza nucleo centrale, con la carica positiva uniformemente distribuita al suo interno, a formare una sorta di «panettone» in cui gli elettroni negativi erano disseminati
come la relativa «uvetta».
Nel 1911 il fsico neozelandese Ernest Rutherford (1871-1937) pubblicò alcuni
risultati sperimentali che il modello «a panettone» non era in grado di spiegare.
Come indica la fgura 2 alla pagina seguente, Rutherford e i suoi collaboratori inviarono un fascio di particelle α contro una sottile lamina d’oro. Le particelle α, che
vengono emesse da alcuni materiali radioattivi, sono cariche positivamente (essendo
nuclei di elio, fatto all’epoca non risaputo).
Secondo il modello di Thomson, le uniche particelle presenti nell’atomo, gli elettroni, hanno massa troppo piccola rispetto alle particelle α per defetterle in modo
apprezzabile. Quindi le particelle α dovrebbero attraversare la lamina senza subire
grandi deviazioni. Usando uno schermo al solfuro di zinco, che emette un piccolo
lampo di luce quando viene colpito da una particella α, Rutherford e i suoi collaboratori furono in grado di determinare che non tutte le particelle α passavano indisturbate attraverso la lamina. Al contrario, alcune di esse venivano deviate ad angoli molto grandi, persino all’indietro. Lo stesso Rutherford affermò: «Era incredibile,
quasi come se aveste sparato un proiettile da artiglieria contro una pezza di stoffa e
l’aveste visto ritornare verso di voi». Rutherford concluse che la carica positiva, an-
Elettrone
negativo
–
–
–
–
+
–
–
–
–
Nucleo
positivo
Figura 1
Nel modello atomico di Rutherford
un piccolo nucleo carico positivamente
è circondato a distanze relativamente
grandi da un certo numero di elettroni.
967
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
Lamina
d’oro
Schermo
ziché essere distribuita uniformemente all’ interno dell’ atomo, è concentrata in una
piccola regione che chiamò nucleo.
Se gli elettroni fossero fermi, sarebbero attratti verso il centro dalla forza elettrica dovuta alla carica nucleare e quindi cadrebbero sul nucleo. Evidentemente gli
elettroni devono essere in qualche modo in movimento intorno al nucleo, come i
pianeti che ruotano intorno al Sole. In effetti, il modello nucleare viene anche chiamato talvolta «modello planetario». Le dimensioni dell’ atomo, tuttavia, sono tali da
contenere al suo interno, in percentuale, molto più spazio vuoto del nostro Sistema
Solare.
Sorgente di
particelle α
eSemPIo 1 Gli atomi sono fatti di vuoto...
Figura 2
Un esperimento di diffusione Çtipo
RutherfordÈ, in cui alcune particelle α
vengono diffuse da una sottile lamina
d’ oro. L’ intero apparato si trova
all’ interno di una camera a vuoto (non
mostrata).
SImuLaZIone
L'esperimento di Rutherford
(PhET, University of Colorado)
Nel modello planetario dell’atomo il nucleo (raggio ≈ 10−15 m) corrisponde
al Sole (raggio ≈ 7 ∙ 108 m). Gli elettroni orbitano intorno al nucleo (raggio ≈
≈ 10−10 m) come la Terra orbita intorno al Sole (raggio ≈ 1,5 ∙ 10 11 m).
▸ Se le distanze nel Sistema Solare avessero le stesse proporzioni di quelle di
un atomo, la Terra si troverebbe più vicina o più lontana dal Sole, rispetto alla
sua effettiva posizione?
Il ragionamento e la soluzione
Il raggio di un’ orbita elettronica è centomila volte più grande del raggio del
nucleo:
1 ∙ 10−10 m
_________
= 105
1 ∙ 10−15 m
Se il raggio dell’orbita terrestre fosse centomila volte quello del Sole, l’orbita
terrestre avrebbe un raggio di:
(7 ∙ 108 m) ∙ 105 = 7 ∙ 10 13 m
Questo valore è più di quattrocento volte maggiore del raggio dell’orbita terrestre (1,5 ∙ 10 11 m), quindi la Terra sarebbe molto più distante dal Sole. In effetti,
sarebbe oltre dieci volte più distante di Plutone, la cui orbita ha un raggio medio
di 6 ∙ 10 12 m. Questo signifca che un atomo contiene, in percentuale, molto più
spazio vuoto del nostro Sistema Solare.
Il modello planetario coglie alcuni aspetti importanti della struttura atomica ma presenta anche notevoli contraddizioni. Per esempio, un elettrone in moto lungo una
linea curva possiede un’accelerazione centripeta, come analizzato in Meccanica.
Quando accelera, un elettrone irradia onde elettromagnetiche che trasportano energia. Perdendo continuamente energia, gli elettroni dovrebbero cadere con moto spiraliforme verso il centro fnendo per collassare sul nucleo. Ma la materia è stabile,
quindi tale collasso non avviene.
Perciò il modello planetario, pur fornendo una descrizione più realistica rispetto
a quella del modello «a panettone», è in grado di raccontare soltanto una parte della
realtà.
2
Fisica quotidiana
Le insegne al neon e i lampioni
stradali a vapori di mercurio
968
Gli spettri a righe
Tutti i corpi emettono onde elettromagnetiche. Nel caso di un solido, come il flamento caldo di una lampadina, queste onde coprono un intervallo continuo di lunghezze d’onda, alcune delle quali appartengono alla regione visibile dello spettro.
L’intervallo continuo di lunghezze d’ onda è caratteristico dei raggruppamenti di
atomi che formano i solidi. Al contrario gli atomi singoli, privi delle forti interazioni
presenti in un solido, emettono soltanto determinate lunghezze d’onda e non uno
spettro continuo. Queste lunghezze d’onda sono caratteristiche dell’atomo e forni-
capitolo
scono importanti indizi sulla sua struttura. Per studiare il comportamento dei singoli atomi vengono usati gas a bassa pressione in cui gli atomi si trovano relativamente
distanti l’uno dall’altro.
È possibile far sì che un gas a bassa pressione racchiuso in un tubo emetta onde
elettromagnetiche applicando una differenza di potenziale suffcientemente elevata
ai capi di due elettrodi posti all’interno del tubo. Con uno spettroscopio a reticolo di
diffrazione come quello della fgura 3, le lunghezze d’onda emesse dal gas possono
essere separate in una serie di frange chiare detta spettro a righe.
La fgura 4 mostra la regione visibile dello spettro a righe per il neon e per il
mercurio: le particolari lunghezze d’ onda emesse da questi elementi conferiscono
alle insegne al neon e ai lampioni stradali a vapori di mercurio i loro caratteristici
colori.
23
La natuRa deLL’atomo
Sorgente
di luce
Fenditura
Lenti
collimate
θ
Reticolo
Telescopio
Figura 3
Uno spettroscopio a reticolo
di diffrazione.
© Courtesy Bausch 6 Lomb
Neon (Ne)
Mercurio (Hg)
Spettro di assorbimento del Sole (righe di Fraunhofer)
Lo spettro a righe più semplice è quello dell’atomo di idrogeno (fgura 5). La serie
di righe presenti nella regione del visibile è nota come serie di Balmer, in onore di
Johann J. Balmer (1825-1898) che trovò una formula empirica in grado di fornire i
valori delle lunghezze d’onda osservate. L’equazione viene riportata qui di seguito,
insieme alle formule analoghe riguardanti la serie di Lyman per lunghezze d’onda
inferiori e la serie di Paschen per lunghezze d’onda superiori, che sono pure riportate in fgura:
Serie di Lyman
1
1 1
_
= R __2 − __2
con n = 2, 3, 4, ...
(1 n )
λ
(1)
Serie di Balmer
1
1 1
_
= R __2 − __2
con n = 3, 4, 5, ...
(2 n )
λ
(2)
Serie di Paschen
1
1 1
_
= R __2 − __2
con n = 4, 5, 6, ...
(3 n )
λ
(3)
Figura 4
Lo spettro a righe per il neon e per
il mercurio, insieme allo spettro solare.
Le righe scure nello spettro del Sole,
tre delle quali sono indicate da frecce,
vengono chiamate righe di Fraunhofer.
In queste formule il termine costante R ha il valore R = 1,097 ∙ 107 m−1 e si chiama
costante di Rydberg. Un aspetto essenziale di ciascun gruppo di righe è che sono
presenti valori limite sia per le lunghezze d’onda inferiori sia per le lunghezze d’onda superiori, con righe sempre più ravvicinate man mano che ci si avvicina al limite
relativo alle lunghezze d’onda inferiori. La fgura 5 riporta i limiti per ciascuna serie
e l’esempio 2 li determina nel caso della serie di Balmer.
1875 nm
820 nm
656 nm
365 nm
91 nm
122 nm
Lunghezza d’onda λ
Figura 5
Serie di Lyman
Serie di Balmer
Serie di Paschen
Lo spettro a righe dell’ idrogeno
atomico. Solo la serie di Balmer
appartiene alla regione visibile dello
spettro elettromagnetico.
969
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
eSemPIo 2 Grandi e piccole lunghezze d’ onda
Considerando la serie di Balmer, determina la lunghezza d’ onda
▸ più grande.
▸ più piccola.
Il ragionamento e la soluzione
▸ La lunghezza d’ onda massima si ha quando nell’ equazione (2) n ha il valore
minimo n = 3:
1
1 1
1 1
__
= R __2 − __2 = (1,097 ∙ 107 m−1) __2 − __2 = 1,524 ∙ 106 m-1
(2 n )
(2 3 )
λ max
⇒
λmax = 656 nm
▸ La lunghezza d’ onda minima si ha quando n ha valori molto elevati, in modo
che il termine 1/n 2 sia sostanzialmente nullo:
1
1
__
= (1,097 ∙ 107 m−1) __2 − 0 = 2,743 ∙ 106 m−1
(2
)
λ max
⇒
3
λmin = 365 nm
Il modello di Bohr dell’ atomo di idrogeno
© Margrethe Bohr Collection/Photo Researchers, Inc.
Nel 1913 il grande fsico danese Niels Bohr (1885-1962; fgura 6) formulò il primo
modello atomico in grado di derivare tutte e tre le formule per le righe dell’idrogeno. Egli utilizzò il modello atomico di Rutherford e combinò le nuove idee quantistiche di Planck e di Einstein con la tradizionale descrizione di una particella che si
muove di moto circolare uniforme.
■
Le caratteristiche del modello di Bohr
Accettando l’idea di Planck relativa ai livelli di energia quantizzati, Bohr ipotizzò che:
Figura 6
Mettendo insieme idee di fsica
classica e moderna, Niels Bohr fu
in grado di ricavare valori quantizzati
per i livelli energetici dell’elettrone
in un atomo di idrogeno. Qui Bohr
(a sinistra) è in compagnia di un altro
famoso fsico, Max Planck.
Elettrone
–
Fotone
Nucleo
+
Ef
in un atomo di idrogeno l’energia totale (energia cinetica dell’elettrone più
energia potenziale) può assumere solo ben determinati valori.
I livelli di energia permessi corrispondono a orbite differenti per l’elettrone in moto
intorno al nucleo, con le orbite più ampie corrispondenti a valori più alti dell’energia
totale. La fgura 7 mostra due di queste orbite. Inoltre, secondo Bohr:
quando un elettrone si muove su un’orbita permessa non irradia onde elettromagnetiche.
Per questo motivo, le orbite vengono chiamate orbite stazionarie o stati stazionari.
Bohr valutò necessaria questa ipotesi perché, secondo le leggi dell’elettromagnetismo, l’elettrone avrebbe dovuto perdere energia per irraggiamento e quindi cadere
sul nucleo.
Utilizzando il concetto di fotone, Bohr ipotizzò che:
Ei
Figura 7
Nel modello di Bohr, un fotone
è emesso quando l’elettrone passa
da un’orbita più esterna, caratterizzata
da un’energia più alta (energia = E i),
a una più interna dotata di energia più
bassa (energia = E f).
970
un fotone è emesso solo quando l’elettrone cambia il proprio stato, passando
da un’ orbita più lontana dal nucleo (con un’energia superiore) a un’altra più
vicina (con energia inferiore)
come indicato nella fgura 7. Un elettrone si può trovare in un’ orbita più esterna
perché, per esempio, ha assorbito energia durante un urto fra atomi. Quando un
elettrone passa da un’ orbita iniziale con energia E i a un’orbita fnale con energia
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
inferiore E f , per il principio di conservazione dell’energia il fotone emesso ha un’energia:
hf = E i − E f
(4)
dove f è la sua frequenza e h è la costante di Planck. Mediante tale relazione Bohr
determinò la frequenza f e quindi la lunghezza d’onda λ = c/f delle emissioni dell’idrogeno. Prima, tuttavia, dovette ricavare un’espressione per le energie E i ed E f .
■
Le energie e i raggi delle orbite di Bohr
SImuLaZIone
Un elettrone di massa m in moto con velocità v su un orbita circolare di raggio r ha
un’energia totale uguale alla somma della sua energia cinetica e dell’energia potenziale elettrica U E . Se il nucleo contiene Z protoni (*) e ha carica elettrica +Ze, l’ energia potenziale elettrica dell’elettrone è U E = (−e)(+kZe/r), dove la costante k
vale k = 8,988 ∙ 109 N ∙ m2/C2. Di conseguenza, l’energia totale E dell’ atomo è
1
kZ e 2
E = _ m v 2 − ____
2
r
Modelli di atomo di idrogeno
(PhET, University of Colorado)
(5)
Sull’elettrone in moto circolare uniforme agisce una forza centripeta di modulo
mv 2/r che, come indicato in fgura 8, è garantita dalla forza elettrostatica di attrazio→
ne F che il nucleo esercita sull’elettrone. Per la legge di Coulomb, F = kZe 2/r 2, quindi mv 2/r = kZe 2/r 2, ovvero
kZ e 2
m v = ____
r
2
v
Figura 8
Nel modello di Bohr, l’elettrone
si muove di moto circolare uniforme
attorno
al nucleo. La forza centripeta
→
F corrisponde alla forza elettrostatica
di attrazione esercitata dalla carica
positiva del nucleo sull’elettrone.
(8)
Ricavando v n e sostituendola nell’ equazione (6) si ottiene la seguente espressione
per il raggio r n dell’ennesima orbita di Bohr:
h2
n2
__
r n = _______
2
2
(4π mk e ) Z
n=3
r3
con n = 1, 2, 3, ...
(9)
n=2
n=1
Con h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s, m = 9,109 ∙ 10−31 kg, k = 8,988 ∙ 109 N ∙ m2/C2 ed e = 1,602 ∙ 10−19 C,
la formula precedente mostra che
Raggi delle orbite
di Bohr (metri)
n2
r n = (5,29 ∙ 10−11 m) __
Z
F
→
il momento angolare L è quantizzato e può assumere solo determinati valori
discreti che sono multipli interi della costante di Planck divisa per 2π:
con n = 1, 2, 3, ...
→
Elettrone –e
(7)
Per poter utilizzare l’equazione (7) occorre conoscere il valore del raggio r. Per determinarlo, Bohr fece un’ipotesi riguardante il momento angolare L = mvr dell’elettrone:
h
L n = mv n r n = n _
2π
r
(6)
Mediante questa relazione si può eliminare il termine mv 2 dall’equazione (5), ottenendo
1 kZ e 2 kZ e 2
1 kZ e 2
E = _ ____ − ____ = − _ ____
2 r
r
2 r
+Ze
con n = 1, 2, 3, ...
r2
r1
(10)
Quindi nell’atomo di idrogeno (Z = 1) l’orbita di Bohr più vicina al nucleo ha un
raggio r 1 = 5,29 ∙ 10−11 m, detto raggio di Bohr. La fgura 9 mostra le prime tre orbite
di Bohr per l’atomo di idrogeno.
(*) Per l’idrogeno il numero Z dei protoni è Z = 1, ma qui considereremo anche situazioni in cui Z è maggiore
di 1.
Figura 9
La prima orbita di Bohr per l’ atomo
di idrogeno ha un raggio
r 1 = 5,29 ∙ 10−11 m. La seconda
e la terza orbita hanno raggi
rispettivamente r 2 = 4r 1 e r 3 = 9r 1.
971
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
L’espressione per il raggio di un’ orbita di Bohr può essere sostituita nell’equazione
(7) per ottenere l’energia totale dell’ ennesima orbita:
2π 2m k 2e 4 ___
Z2
E n = − ________
con n = 1, 2, 3, ...
2
(
) n2
h
(11)
Sostituendo i valori di h, m, k ed e in questa espressione si ottiene
Livelli energetici
di Bohr (joule)
Z2
E n = −(2,18 ∙ 10−18 J) ___2 con n = 1, 2, 3, ...
n
(12)
Spesso le energie degli atomi sono espresse in elettronvolt anziché in joule. Visto che
1,60 ∙ 10−19 J = 1 eV, l’ equazione (12) può essere riscritta nel modo seguente:
Livelli energetici di
Bohr (elettronvolt)
■
Energia totale E
n = ∞ (elettrone
espulso dall’atomo)
0
–0,54 eV
–0,85 eV
n=5
n=4
–1,51 eV
n=3
–3,40 eV
n=2
–13,6 eV
n=1
(livello fondamentale)
Stati
eccitati
Figura 10
Il diagramma dei livelli energetici per
l’atomo di idrogeno.
Z2
E n = −(13,6 eV) ___2 con n = 1, 2, 3, ...
n
(13)
I diagrammi dei livelli energetici
È utile rappresentare i valori dell’energia forniti dall’equazione (13) in un diagramma dei livelli energetici, simile a quello di fgura 10 relativo all’atomo di idrogeno
(Z = 1). Il livello energetico più alto corrisponde, nell’equazione (13), a n = ∞ e a
un’energia di 0 eV. Questa è l’energia dell’atomo quando l’elettrone è fermo e libero dall’infuenza del nucleo (r = ∞). Al contrario, il livello più basso corrisponde a
n = 1 e ha un’energia di −13,6 eV. Tale livello viene chiamato stato fondamentale,
per distinguerlo dagli altri livelli che vengono defniti stati eccitati. Si può notare
che i livelli energetici degli stati eccitati risultano sempre più ravvicinati al crescere
di n.
L’elettrone di un atomo di idrogeno a temperatura ambiente passa la maggior
parte del tempo nello stato fondamentale. Per far passare l’elettrone dallo stato fondamentale (n = 1) al livello più eccitato (n = ∞) occorre fornirgli 13,6 eV di energia
(in questo caso l’ elettrone viene espulso dall’ atomo e si ottiene uno ione idrogeno
positivo H+). Questa è la minima energia necessaria per espellere l’ elettrone e viene
chiamata energia di ionizzazione. Quindi, il modello di Bohr prevede per l’atomo di
idrogeno un’energia di ionizzazione di 13,6 eV, in eccellente accordo con i dati sperimentali.
Il modello di Bohr non può essere applicato al caso di più elettroni orbitanti intorno al nucleo, perché non tiene conto della forza elettrostatica fra gli elettroni.
Tuttavia consente di descrivere con suffciente precisione gli spettri di ioni che hanno
un solo elettrone in orbita attorno al nucleo.
eSemPIo 3 Rimozione dell’ultimo elettrone
Un atomo di litio (Li) ha tre elettroni in orbita intorno al nucleo, che contiene
tre protoni (Z = 3). Considera uno ione litio doppiamente positivo (Li2+), realizzabile rimuovendo due elettroni dall’atomo e lasciandone soltanto uno in orbita
intorno al nucleo.
▸ Calcola l’energia di ionizzazione necessaria per rimuovere anche l’ultimo
elettrone dal Li2+.
Il ragionamento e la soluzione
I livelli energetici del Li2+ si possono ricavare dall’ equazione (13) con Z = 3:
32
E n = −(13,6 eV) __2
n
972
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
Perciò l’energia del livello fondamentale (n = 1) vale:
Energia totale E
32
E 1 = −(13,6 eV) __2 = −122 eV
1
Il modello di Bohr prevede che per rimuovere l’ elettrone dal Li2+ siano necessari 122 eV, in pieno accordo con il dato sperimentale (122,4 eV).
■
n
n
n
n
0
–0,54 eV
–0,85 eV
–1,51 eV
Serie
di Balmer
Dopo aver determinato le energie dei livelli dell’ atomo di idrogeno, mediante
l’equazione (4) hf = E i − E f , è possibile determinare la costante di Rydberg in termini di costanti fondamentali. Ricordando infatti che f = c/λ e che E i ed E f sono date
dall’equazione (11), si ottiene il risultato seguente:
1 ________
2π 2m k 2e 4 2 __
1 __
1
_
=
Z
− 2
con n i , n f = 1, 2, 3, ... e n i > n f
3
2
λ
(n f n i )
hc
∞
5
4
3
n=2
–3,40 eV
Lo spettro a righe dell’atomo di idrogeno
=
=
=
=
(14)
Con i valori noti di h, m, k, e e c si ricava che 2π 2mk 2e 4/(h 3c) = 1,097 ∙ 107 m−1, in
accordo con la costante di Rydberg R che compare nelle equazioni (1)-(3). L’accordo tra i valori teorici e quelli sperimentali della costante di Rydberg fu uno dei maggiori successi della teoria di Bohr.
Con Z = 1 e nf = 1, l’equazione (14) corrisponde all’equazione (1) per la serie di
Lyman. Quindi il modello di Bohr mostra che la serie di Lyman si ottiene quando
gli elettroni compiono transizioni da livelli energetici eccitati con ni = 2, 3, 4, ... al
livello fondamentale per cui nf = 1. La fgura 11 mette in evidenza queste transizioni. Si può notare che la lunghezza d’onda massima per la serie di Lyman corrisponde alla transizione da ni = 2 a nf = 1, in quanto la variazione di energia è la minima
possibile.
Quando un elettrone passa dal livello più eccitato, per cui ni = ∞, al livello
fondamentale con nf = 1 viene invece emessa la lunghezza d’onda minima, poiché la variazione di energia è la massima possibile. Dal momento che i livelli
energetici eccitati sono sempre più ravvicinati, le righe della serie risultano sempre più addensate verso il limite della lunghezza d’onda minima, come si può
vedere in fgura 5. La fgura 11 mostra anche le transizioni fra i livelli per la serie
di Balmer, in cui ni = 3, 4, 5, ... e nf = 2. Nella serie di Paschen (fgura 5) ni = 4, 5, 6, ...
e nf = 3. Il prossimo esempio si occupa ancora dello spettro a righe dell’atomo di
idrogeno.
eSemPIo 4 transizioni infrarosse
Nello spettro a righe dell’ atomo di idrogeno è presente anche un insieme di
linee note come serie di Brackett. Queste righe vengono prodotte quando gli
elettroni, eccitati a energie molto elevate, compiono transizioni verso il livello
con n = 4.
▸ Determina la massima lunghezza d’onda di questa serie.
▸ Determina la lunghezza d’onda corrispondente alla transizione da n i = 6 a
n f = 4.
▸ Facendo riferimento allo spettro elettromagnetico, identifca la regione dello
spettro corrispondente alle righe della serie.
Il ragionamento e la soluzione
n=1
–13,6 eV
Serie di Lyman
Figura 11
Nello spettro dell’ atomo di idrogeno
e righe delle serie di Lyman e Balmer
corrispondono a transizioni
elettroniche da livelli di energia più
elevata a livelli di energia più bassa,
come mostrato in fgura.
Problem solving
osservazione sullo spettro
dell’ idrogeno
Nello spettro a righe dell’atomo
di idrogeno, tutte le righe di una
certa serie (per esempio quella
di Brackett) sono caratterizzate
da un unico valore del numero
quantico n f per il livello energetico
inferiore, verso cui l’elettrone
compie la transizione. Ogni riga
della serie, tuttavia, corrisponde
a un diverso valore del numero
quantico n i , relativo al livello
energetico superiore, da cui
l’elettrone compie la transizione.
▸ La massima lunghezza d’ onda corrisponde alla transizione in cui la variazione
di energia è minima, ovvero quella per cui n i = 5 e n f = 4. Usando l’ equazione
973
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
(14) con Z = 1, n i = 5 e n f = 4, si ottiene che
1
1 1
_
= (1,097 ∙ 107 m−1)(12) __2 − __2 = 2,468 ∙ 105 m−1
(4 5 )
λ
⇒
λ = 4051 nm
▸ Con un calcolo simile al precedente:
1
1 1
_
= (1,097 ∙ 107 m−1)(12) __2 − __2 = 3,809 ∙ 105 m−1
(4 6 )
λ
⇒ λ = 2625 nm
▸ In base allo spettro elettromagnetico queste righe fanno parte della
regione infrarossa dello spettro.
■
Fisica quotidiana
Le righe di assorbimento nello
spettro solare
Spettri di emissione e spettri di assorbimento
Le varie righe nello spettro dell’atomo di idrogeno vengono prodotte quando gli
elettroni compiono transizioni da livelli energetici superiori a livelli inferiori, emettendo un fotone. Di conseguenza le righe spettrali vengono dette righe di emissione
e il loro insieme spettro di emissione.
Gli elettroni possono compiere transizioni anche in senso opposto, da livelli inferiori a livelli superiori, con un processo chiamato assorbimento. In questo caso un
atomo assorbe un fotone che possiede proprio l’energia necessaria per provocare la
transizione. Così, se fotoni con un intervallo continuo di lunghezze d’onda passano
attraverso un gas e vengono poi analizzati mediante uno spettroscopio a reticolo,
nello spettro continuo appaiono una serie di righe di assorbimento scure. Le righe
scure riguardano le lunghezze d’onda che sono state eliminate dal processo di assorbimento.
La fgura 4 mostra le righe di assorbimento nello spettro solare. In questo caso
esse sono chiamate righe di Fraunhofer, dal nome del loro scopritore. Sono dovute
agli atomi costituenti gli strati più esterni e freddi del Sole, che assorbono parte
della radiazione proveniente dall’interno. La parte interna del Sole risulta troppo
calda per possedere atomi stabili e quindi emette uno spettro continuo di lunghezze d’onda.
Il modello di Bohr fornisce numerose indicazioni per interpretare la struttura
atomica. Tuttavia, si tratta di un modello molto semplifcato che è stato sostituito
dalla descrizione più dettagliata fornita dalla meccanica quantistica (paragrafo 5) e
dall’equazione di Schrödinger.
4
La quantizzazione del momento
angolare secondo de Broglie
Fra le ipotesi che fece Bohr elaborando il suo modello per l’atomo di idrogeno,
forse la più originale è la quantizzazione del momento angolare dell’elettrone
[equazione (8)]. Per quale motivo il momento angolare deve possedere solo valori
corrispondenti a multipli interi della costante di Planck divisa per 2π? Nel 1923,
dieci anni dopo il lavoro di Bohr, de Broglie notò che la sua teoria riguardante la
lunghezza d’onda di una particella in movimento poteva fornire la risposta a questa domanda.
Secondo de Broglie, l’elettrone nel suo moto intorno al nucleo va visto anche
come un’ onda. Su una corda elastica si possono formare onde stazionarie quando la
distanza percorsa dall’ onda in un tragitto completo di andata e ritorno lungo la corda equivale a un numero intero di lunghezze d’onda. Il percorso complessivo per
974
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
un’orbita di Bohr di raggio r è uguale alla circonferenza dell’orbita, ovvero a 2πr.
Per i motivi sopra esposti, la condizione per l’esistenza di onde stazionarie associate
all’elettrone deve essere
2πr = nλ
con n = 1, 2, 3, ...
dove n è il numero di lunghezze d’ onda contenute nella circonferenza. Ma la lunghezza d’onda di de Broglie dell’ elettrone è λ = h/p, dove p è il modulo della quantità di moto dell’elettrone. Per un elettrone non relativistico, p = mv e la condizione
per l’esistenza di onde stazionarie associate all’elettrone diventa 2πr = nh/(mv), da
cui segue
nh
mvr = _
2π
con n = 1, 2, 3, ...
che corrisponde proprio all’ipotesi di Bohr per il momento angolare dell’elettrone.
Come esempio, la fgura 12 illustra l’onda stazionaria associata a un’ orbita di Bohr
per cui 2πr = 4λ.
L’ interpretazione di de Broglie dell’ipotesi di Bohr sulla quantizzazione del momento angolare mette in risalto un fatto importante, ovvero che la natura ondulatoria delle particelle riveste un ruolo cruciale nella struttura atomica. In effetti, la formulazione teorica della meccanica quantistica comprende l’equazione di
Schrödinger per determinare la funzione d’onda ψ (lettera greca «psi»), che rappresenta l’onda associata a una particella. Il prossimo paragrafo si occupa della struttura atomica descritta dalla meccanica quantistica, una descrizione che va ben oltre il
modello di Bohr. La formula di Bohr per i livelli energetici [equazione (11)] può
essere utilizzata quando intorno al nucleo è presente un solo elettrone, mentre la
formulazione della meccanica quantistica può essere applicata, in linea di principio,
ad atomi che contengono un numero arbitrario di elettroni.
λ
Nucleo
r
Figura 12
5
L’atomo di idrogeno secondo
la meccanica quantistica
La descrizione dell’atomo di idrogeno fornita dalla meccanica quantistica e dall’equazione di Schrödinger differisce in numerosi punti dal modello di Bohr. Tale modello usa un solo numero intero n per individuare le varie orbite elettroniche e le
corrispondenti energie. Essendo un intero, n può assumere solo valori «quantizzati»
e viene chiamato numero quantico. La meccanica quantistica, invece, associa a ogni
stato dell’atomo di idrogeno quattro differenti numeri quantici, qui di seguito descritti.
Louis de Broglie suggerì che le onde
stazionarie sono in grado di spiegare
l’ ipotesi di Bohr sul momento
angolare. Qui è illustrata un’onda
stazionaria in cui sono necessarie
quattro lunghezze d’ onda di de Broglie
per coprire l’intera circonferenza
di un’orbita di Bohr.
1. Il numero quantico principale n. Come nel modello di Bohr, questo numero determina l’energia totale dell’atomo e può assumere solo valori interi: n = 1, 2, 3, ... In
effetti, l’equazione di Schrödinger prevede (*) che l’energia dell’atomo di idrogeno
sia identica a quella ottenuta con il modello di Bohr: E n = −(13,6 eV) Z 2/n 2.
2. Il numero quantico azimutale l. Questo numero determina il momento angolare
dell’elettrone associato al suo moto orbitale. Il valore che l può assumere è legato al
valore di n e risultano permessi soltanto i valori seguenti:
l = 0, 1, 2, ..., (n − 1)
Per esempio, se n = 1, il numero quantico azimutale può assumere solo il valore l = 0,
ma se n = 4 i valori di l permessi sono l = 0, 1, 2, 3. Il modulo L del momento angolare dell’elettrone è
_ h
L = √ l(l + 1) _
(15)
2π
(*) Tale previsione richiede che siano trascurati gli effetti relativistici, le interazioni fra atomi, e che l’atomo di
idrogeno non si trovi in presenza di un campo magnetico esterno.
975
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
3. Il numero quantico magnetico m l . Il termine «magnetico» è legato al fatto che
questo numero quantico si riferisce all’ effetto prodotto sui livelli energetici da un
campo magnetico esterno applicato all’atomo. Tale effetto, scoperto dal fsico olandese Pieter Zeeman (1865-1943), è noto come effetto Zeeman. Quando non è presente alcun campo magnetico esterno, m l non riveste alcun ruolo nel calcolo dell’ energia. In caso contrario, il numero quantico magnetico determina la componente del
momento angolare lungo una particolare direzione, che di solito viene indicata con
z. Il valore che m l può assumere è legato al valore di l. Infatti sono permessi soltanto
i seguenti valori positivi e negativi:
m l = −l, ..., −2, −1, 0, +1, +2, ..., +l
Per esempio, se il numero quantico azimutale è l = 2, il numero quantico magnetico
può assumere i valori m l = −2, −1, 0, +1, +2. La componente L z del momento angolare nella direzione z vale
h
Lz = ml _
2π
(16)
4. Il numero quantico di spin m s . Questo numero è legato al fatto che l’elettrone
possiede una proprietà intrinseca chiamata «momento angolare di spin». In maniera
approssimativa, possiamo immaginare che l’elettrone ruoti su se stesso mentre orbita intorno al nucleo, un po’ come la Terra ruota su se stessa nella sua orbita intorno
al Sole. Esistono due possibili valori per il numero quantico di spin dell’elettrone:
1
ms = + _
2
o
1
ms = − _
2
Le locuzioni «spin in su» e «spin in giù» vengono talvolta usate per riferirsi al verso
del momento angolare di spin associato al valore di m s .
La tabella 1 riassume i quattro numeri quantici necessari per descrivere ciascuno
degli stati dell’ atomo di idrogeno. Un insieme di valori per n, l, m l e m s corrisponde
a un determinato stato. Al crescere del numero quantico principale n, il numero
delle possibili combinazioni dei quattro numeri quantici aumenta rapidamente.
tabella 1 ▪ I numeri quantici per l’ atomo di idrogeno
nome
Simbolo
Valori permessi
Numero quantico principale
n
1, 2, 3, ...
Numero quantico azimutale
l
0, 1, 2, ..., (n − 1)
Numero quantico magnetico
ml
−l, ..., −2, −1, 0, +1, +2, ..., +l
Numero quantico di spin
ms
−1/2, +1/2
eSemPIo 5 Combiniamo i numeri quantici
Determina il numero di stati possibili per l’atomo di idrogeno quando il numero
quantico principale vale:
▸ n = 1;
▸ n = 2.
Il ragionamento e la soluzione
Ciascuna diversa combinazione dei quattro numeri quantici riassunti nella tabella 1 corrisponde a uno stato differente. Cominciamo dal valore di n e determiniamo i valori permessi di l. Poi, per ciascun l, calcoliamo i valori possibili di
m l . Infne, m s può assumere i valori +1/2 o −1/2 per ciascun gruppo di valori di
n, l e m l .
976
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
▸ La tabella seguente mostra i possibili valori di l, m l e m s quando n = 1. Quindi
sono possibili due stati diversi. In assenza di un campo magnetico esterno,
questi due stati hanno la stessa energia, dal momento che hanno lo stesso valore di n.
n = 1 → l = 0 → ml = 0
n
Stato
l
ml
ms
ms = + —21
1
0
0
+ 1—2
ms = – 1—2
1
0
0
– 1—2
▸ Quando n = 2, esistono otto possibili combinazioni per i valori di n, l, m l e m s ,
come mostrato nella tabella seguente:
n
Stato
l
ml
ms
ms = + 1—2
2
1
+1
+ 1—2
ms = – 1—2
2
1
+1
– 1—2
ms = + 1—2
2
1
0
+ —2
ms = – 1—2
2
1
0
– 1—2
ms = + 1—2
2
1
–1
+ —2
ms = – 1—2
2
1
–1
– 1—2
ms = + 1—2
2
0
0
+ —2
ms = – 1—2
2
0
0
– 1—2
ml = +1
l=1
n=2
ml = 0
1
1
ml = –1
l=0
ml = 0
1
Avendo lo stesso valore di n, questi otto stati hanno la stessa energia quando non è presente un campo magnetico esterno.
■
dalle orbite agli orbitali
Secondo il modello di Bohr l’ennesima orbita è una circonferenza di raggio r n e ogni
volta che viene misurata la posizione dell’elettrone nell’ orbita esso risulta esattamente a una distanza r n dal nucleo. La meccanica quantistica ha mostrato che questa
è solo un’approssimazione.
Supponiamo che un atomo si trovi in uno stato quantomeccanico con n = 1: se
eseguiamo una serie di misure della posizione dell’elettrone rispetto al nucleo troviamo che tale posizione è indeterminata, nel senso che esiste una probabilità non
nulla di trovare l’elettrone a volte molto vicino al nucleo, a volte molto lontano o in
posizioni intermedie. La probabilità è determinata dalla funzione d’onda ψ. Possiamo realizzare un’immagine tridimensionale dei nostri risultati disegnando un punto in corrispondenza di ciascuna posizione dell’elettrone: la probabilità di trovare
l’elettrone è più alta dove si addensano più punti. Dopo un suffciente numero di
misure, emerge una rappresentazione grafca dello stato quantomeccanico detta
orbitale.
La fgura 13 mostra la distribuzione spaziale della posizione di un elettrone per
uno stato in cui n = 1, l = 0, m l = 0. L’immagine è stata ottenuta con un numero di
misure così elevato che i singoli punti non risultano più visibili e formano una sorta
di «nuvola» di probabilità la cui densità varia gradatamente da punto a punto. Le
Distanza
più probabile
per l’elettrone
n=1
l=0
ml = 0
Figura 13
La nuvola elettronica di probabilità
per il livello fondamentale
(n = 1, l = 0, m l = 0) dell’ atomo
di idrogeno.
977
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
n=2
l=0
ml = 0
a
n=2
l=1
ml = 0
B
Figura 14
La nuvola elettronica di probabilità per
i livelli ( A ) n = 2, l = 0, m l = 0 e ( B )
n = 2, l = 1, m l = 0 dell’ atomo
di idrogeno.
l=2
n=5
l=0
Eccezione
Energia
più alta
l=1
l=2
n=4
l=0
Eccezione
l=1
n=3
l=0
l=1
n=2
l=0
n=1
l=0
Energia
più bassa
Figura 15
Quando in un atomo è presente
più di un elettrone, l’energia totale
di un determinato stato dipende
sia dal numero quantico principale n
sia dal numero quantico azimutale l.
L’ energia aumenta all’aumentare
di n (con qualche eccezione) e,
per n fssato, all’ aumentare di l.
Per chiarezza, i livelli con n
superiore a 5 non sono riportati.
978
regioni più dense corrispondono a zone in cui la probabilità di trovare l’elettrone è
alta, mentre le regioni meno dense corrispondono a zone in cui la probabilità di trovare l’elettrone è bassa. In fgura 13 è anche riportato il raggio corrispondente al
valore massimo della densità di probabilità. Tale raggio è in perfetto accordo con il
valore di 5,29 ∙ 10−11 m ottenuto per la prima orbita di Bohr.
Le nuvole di probabilità relative al caso n = 2 (fgura 14) sono differenti rispetto
a quelle per n = 1. Inoltre, in questo caso le nuvole possono avere più forme diverse,
perché con n = 2 il numero quantico azimutale può valere l = 0 o l = 1. Sebbene l’energia di uno stato atomico dell’ idrogeno non dipenda da l, il valore di l ha un effetto signifcativo sulla forma della nuvola di probabilità. La fgura 14a mostra tale
nuvola per n = 2, l = 0, m l = 0. La parte B della fgura evidenzia che quando n = 2,
l = 1, m l = 0 la nuvola ha una forma a due lobi con il nucleo al centro. Per valori di n
superiori, la nuvola di probabilità assume forme via via più complicate e distribuite
su regioni più ampie.
La descrizione della posizione di un elettrone in un atomo fornita dalla nuvola di
probabilità è molto diversa dall’orbita del modello di Bohr. La ragione fondamentale di questa differenza è da ricercarsi nel principio di indeterminazione di Heisenberg. Se l’elettrone percorresse un’ orbita fssa, l’incertezza della sua distanza dal
nucleo sarebbe nulla e l’incertezza sulla sua quantità di moto sarebbe infnita. Quindi l’elettrone non avrebbe la velocità giusta per stare sull’ orbita.
6
Il principio di esclusione di Pauli
e la tavola periodica degli elementi
Gli atomi di ciascun elemento contengono un numero di elettroni uguale al numero
atomico Z dell’elemento. Oltre a essere attratti dal nucleo, gli elettroni si respingono
reciprocamente. Questa repulsione fornisce un contributo all’energia totale di un
atomo dotato di più elettroni. Di conseguenza, la formula (13) per l’energia dell’atomo con un solo elettrone E n = −(13,6 eV) Z 2/n 2 non è valida nel caso di atomi
neutri. Tuttavia, l’approccio più semplice alla descrizione di un atomo dotato di più
elettroni utilizza ancora i quattro numeri quantici n, l, m l e m s .
I calcoli dettagliati della meccanica quantistica rivelano che l’energia di ogni stato di un atomo a più elettroni dipende sia dal numero quantico principale n sia dal
numero quantico azimutale l. La fgura 15 mostra che l’ energia normalmente aumenta al crescere di n ma, come si può notare, esistono alcune eccezioni. Inoltre, per
un dato n l’energia aumenta al crescere di l.
In un atomo a più elettroni, si dice che tutti gli elettroni aventi lo stesso valore di n stanno nello stesso guscio (in inglese shell). Gli elettroni con n = 1 sono
in un guscio chiamato talvolta guscio K, quelli con n = 2 sono in un altro guscio
chiamato guscio L, quelli con n = 3 appartengono a un terzo guscio (guscio M) e
così via. Si dice anche che gli elettroni aventi gli stessi valori di n e di l appartengono allo stesso sottoguscio. Il guscio n = 1 consiste di un singolo sottoguscio
l = 0. Il guscio n = 2 possiede due sottogusci, uno con l = 0 e l’altro con l = 1. In
modo analogo, il guscio con n = 3 ha tre sottogusci, uno con l = 0, uno con l = 1 e
uno con l = 2.
Gli elettroni di un atomo a temperatura ambiente stanno per la quasi totalità del
tempo nel livello energetico più basso possibile. Lo stato di minima energia di un
atomo viene detto stato fondamentale. Tuttavia, quando un atomo a più elettroni è
nello stato fondamentale non tutti i suoi elettroni appartengono al guscio n = 1, in
quanto devono obbedire a un principio scoperto dal fsico austriaco Wolfgang Pauli
(1900-1958).
PRInCIPIo dI eSCLuSIone dI PauLI
In un atomo due elettroni non possono avere lo stesso insieme di valori dei
quattro numeri quantici n, l, m l e m s .
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
Supponiamo che in un atomo due elettroni abbiano gli stessi valori di tre numeri
quantici: n = 3, ml = 1 e ms = −1/2. In base al principio di esclusione, non è possibile che entrambi abbiano, per esempio, l = 2, poiché in questo caso avrebbero gli
stessi numeri quantici. Gli elettroni devono possedere un valore diverso per l (per
esempio l = 1 e l = 2) e, di conseguenza, devono trovarsi in un sottoguscio differente. Con l’aiuto del principio di esclusione di Pauli, è possibile determinare quali
livelli energetici risultino occupati dagli elettroni di un atomo nello stato fondamentale.
eSemPIo 6 Il principio di esclusione di Pauli al lavoro
Considera i livelli energetici della fgura 15. Stabilisci quali livelli risultano occupati dagli elettroni nei seguenti stati fondamentali:
▸ idrogeno (1 elettrone);
▸ elio (2 elettroni);
▸ litio (3 elettroni);
▸ berillio (4 elettroni);
▸ boro (5 elettroni).
Figura 16
H
l=1
n=2
l=0
n=1
l=0
He
Li
Be
B
Energia
più alta
Energia
più bassa
Gli elettroni dello stato fondamentale
di un atomo riempiono i livelli
energetici disponibili «dal basso verso
l’ alto», vale a dire a partire da quelli
con energia più bassa, in accordo con
il principio di esclusione di Pauli.
La successione dei livelli in fgura
si riferisce a un singolo atomo.
Il ragionamento e la soluzione
▸ Come indicato dal simbolo in fgura 16, l’elettrone dell’ atomo di idrogeno
▸
▸
▸
▸
(H) è nel sottoguscio n = 1, l = 0, che ha la minima energia possibile.
Nell’elio (He) è presente un secondo elettrone: entrambi gli elettroni possono
avere i numeri quantici n = 1, l = 0, m l = 0. Tuttavia, in accordo con il principio
di esclusione di Pauli, ogni elettrone deve avere un numero quantico di spin
differente, m s = +1/2 per un elettrone e m s = −1/2 per l’ altro: la fgura mostra
entrambi gli elettroni nel livello di energia più basso.
Il terzo elettrone presente nell’atomo di litio (Li) violerebbe il principio di
esclusione se si trovasse nel sottoguscio con n = 1, l = 0, indipendentemente
dal valore di m s . Così, il sottoguscio con n = 1, l = 0 risulta pieno quando è
occupato da due elettroni. In questo caso il successivo livello a energia più
bassa disponibile è il sottoguscio con n = 2, l = 0, ed è qui che si trova il terzo
elettrone dell’atomo di litio (fgura 16).
Nell’atomo di berillio (Be), il quarto elettrone si trova nel sottoguscio con
n = 2, l = 0 insieme con il terzo. Ciò è possibile, in quanto il terzo e il quarto
elettrone possono avere differenti valori di m s .
A partire dalla situazione già analizzata, il quinto elettrone dell’atomo di
boro (B) non può inserirsi nei sottogusci con n = 1, l = 0 o con n = 2, l = 0
senza violare il principio di esclusione. Quindi il quinto elettrone si trova nel
sottoguscio con n = 2, l = 1, che rappresenta il successivo livello a energia più
bassa disponibile, come mostrato in fgura 16. Per questo elettrone, m l può valere −1, 0 o +1 e m s può valere +1/2 o −1/2. In assenza di un campo magnetico
esterno, però, ognuna di queste sei possibilità corrisponde allo stesso valore
dell’energia.
979
capitolo
23
Sottoguscio
La natuRa deLL’atomo
l=2
10
l=0
2
l=1
6
l=2
10
l=0
2
l=1
6
l=0
2
l=1
6
n=2
l=0
2
n=1
l=0
2
n=5
n=4
n=3
■
Massimo
numero di
elettroni nel
sottoguscio
Energia
più alta
Energia
più bassa
Figura 17
Il massimo numero di elettroni
che può contenere il sottoguscio
con numero quantico azimutale l
è 2(2l + 1).
Il numero massimo di elettroni in un guscio
A causa del principio di esclusione di Pauli, esiste un numero massimo di elettroni che possono essere contenuti in un livello energetico o sottoguscio. L’esempio
6 mostra che il sottoguscio n = 1, l = 0 può contenere al massimo due elettroni. Il
sottoguscio n = 2, l = 1 può contenere sei elettroni, perché con l = 1 esistono tre
possibilità per ml (−1, 0, +1) e per ognuna di esse ms può assumere il valore +1/2
o −1/2.
In generale, m l può avere i valori 0, ±1, ±2, ..., ±l, con 2l + 1 possibilità. Poiché
ognuna di tali possibilità può essere combinata con i due valori di m s , il numero totale di differenti combinazioni per m l e m s è 2(2l + 1). È dunque questo il massimo
numero di elettroni che può contenere il sottoguscio con numero quantico azimutale l, come viene riassunto nella fgura 17.
Per motivi storici, esiste una convenzione largamente usata secondo la quale
ciascun sottoguscio di un atomo viene indicato con una lettera minuscola anziché
con il valore del suo numero quantico azimutale. Per esempio, un sottoguscio l = 0
viene chiamato sottoguscio s. I sottogusci l = 1 e l = 2 sono noti rispettivamente
come sottoguscio p e sottoguscio d. Valori più elevati di l (3, 4, ...) sono nominati
secondo la sequenza alfabetica, a partire dalle lettere f e g, come indicato nella
tabella 2.
Questa convenzione è usata all’interno di una notazione abbreviata che riporta simultaneamente il numero quantico principale n, il numero quantico azimutale l
e il numero di elettroni nel sottoguscio corrispondente. Un esempio di questa notazione è il seguente:
numero di eletttroni
del sottoguscio = 5
2p5
tabella 2 ▪ Convenzione per le lettere
usate in riferimento al numero
quantico azimutale
numero quantico
azimutale
Lettera
0
s
1
p
2
d
3
f
4
g
5
h
980
n=2
l=2
Nell’esempio 6 abbiamo visto che la confgurazione elettronica del boro ha due elettroni nel sottoguscio con n = 1 e l = 0, due nel sottoguscio con n = 2 e l = 0 e uno in
quello con n = 2 e l = 1. Nella notazione abbreviata tale confgurazione è espressa
come 1s22s22p1. La tabella 3 fornisce, in notazione abbreviata, la confgurazione elettabella 3 ▪ Confgurazione elettronica degli atomi nello stato fondamentale
elemento
numero di elettroni
Configurazione elettronica
Idrogeno (H)
1
1s1
Elio (He)
2
1s2
Litio (Li)
3
1s22s1
Berillio (Be)
4
1s22s2
Boro (B)
5
1s22s22p1
Carbonio (C)
6
1s22s22p2
Azoto (N)
7
1s22s22p3
Ossigeno (O)
8
1s22s22p4
Fluoro (F)
9
1s22s22p5
Neon (Ne)
10
1s22s22p6
Sodio (Na)
11
1s22s22p63s1
Magnesio (Mg)
12
1s22s22p63s2
Alluminio (Al)
13
1s22s22p63s23p1
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
tronica dello stato fondamentale per i primi tredici elementi della tavola periodica.
I primi cinque casi sono quelli analizzati nell’esempio 6.
■
La tavola periodica degli elementi
Nella tavola periodica degli elementi ogni casella riporta spesso la confgurazione
elettronica dello stato fondamentale, come indicato nella fgura 18 per l’ argon. Per
ragioni di spazio, viene riportata solo la confgurazione del livello più esterno e incompleto, usando la notazione abbreviata appena discussa.
Simbolo
per l’argon
Confgurazione
elettronica esterna
18
Numero
atomico
39,948
Massa
atomica
Ar
Figura 18
Le informazioni su un elemento contenute
nella tavola periodica comprendono spesso
la confgurazione elettronica più esterna
dello stato fondamentale.
3p6
In origine la tavola periodica fu sviluppata dal chimico russo Dmitrij Mendeleev
(1834-1907), che si basò sul fatto che certi gruppi di elementi manifestano le stesse
proprietà dal punto di vista chimico. Esistono otto di questi gruppi, oltre agli elementi di transizione nella parte centrale della tavola contenente la serie dei lantanidi e quella degli attinidi. Le analoghe proprietà chimiche all’interno di un gruppo
possono essere spiegate sulla base dell’identica confgurazione elettronica del livello
più esterno. Così, la meccanica quantistica e il principio di esclusione di Pauli forniscono una spiegazione per il comportamento chimico dei vari atomi. La tavola periodica completa può essere consultata nella parte fnale del volume.
Targhetta
metallica
Generatore +
ad alta
V
tensione –
Filamento
riscaldato
Elettroni
Alimentatore
per il flamento
I raggi X
7
Raggi X
Figura 19
I raggi X furono scoperti dal fisico tedesco Wilhelm C. Röntgen (1845-1923).
Questo tipo di radiazione elettromagnetica si origina quando elettroni accelerati attraverso una differenza di potenziale elevata colpiscono una targhetta metallica, per esempio di molibdeno o di platino. La targhetta si trova all’interno di
un tubo di vetro a vuoto, come riportato in figura 19. L’esempio 7 analizza la
relazione tra la lunghezza d’onda dei raggi X e la velocità degli elettroni che
urtano la targhetta.
In un tubo a raggi X gli elettroni, dopo
essere stati emessi da un flamento
riscaldato e accelerati attraverso una
differenza di potenziale elevata,
colpiscono una targhetta metallica.
I raggi X vengono prodotti quando
gli elettroni interagiscono con
la targhetta.
eSemPIo 7 energia e velocità
I raggi X più energetici prodotti da un tubo a raggi X hanno una lunghezza d’onda di 1,20 ∙ 10−10 m.
▸ Calcola la velocità degli elettroni di fgura 19 subito prima di colpire la targhetta. Effettua i calcoli non tenendo in
considerazione gli effetti relativistici.
Il ragionamento
L’energia cinetica dell’elettrone determina l’energia di ciascun fotone, che è direttamente proporzionale alla frequenza del fotone stesso. Ma la frequenza è inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda. Quindi la velocità di un
elettrone che urta la targhetta si determina a partire dalla lunghezza d’onda dei raggi X più energetici.
I dati e le incognite
Grandezze
Simboli
Valori
Dati
Lunghezza d’ onda del
fotone X
λ
1,20 ∙ 10−10 m
Incognita
Velocità dell’elettrone
prima dell’urto
v
Commenti
981
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
Il modello del problema
Sintesi del modello
1 energia cinetica
L’energia cinetica K di un elettrone non relativistico è
1
K = _ mv2
2
dove m è la massa e v è la velocità massima dell’ elettrone. Esplicitando in funzione di v si ha l’equazione:
__
2K
v= _
Grandezze da determinare: K
m
√
v=
√
__
2K
_
m
(a)
2 energia di un fotone
L’energia del fotone è E = hf, dove h è la costante di Planck e f è la frequenza
del fotone. L’energia necessaria per produrre un fotone X deriva dall’energia
cinetica K dell’elettrone che colpisce la targhetta. Il fotone X ha la massima
energia possibile quando tutta l’energia cinetica K viene utilizzata per produrre
il fotone, in modo che K = E. Quindi:
K = hf
v=
√
__
2K
_
m
K = hf
Grandezze da determinare: f
3 Relazione tra frequenza e lunghezza d’onda
I raggi X sono onde elettromagnetiche che viaggiano alla velocità c della luce
nel vuoto; quindi la velocità è legata alla frequenza f e alla lunghezza d’onda λ
dalla relazione c = f λ. Ricavando la frequenza si ottiene:
v=
c
f=_
λ
√
__
2K
_
m
K = hf
Le variabili nel membro di destra dell’equazione sono note, quindi possiamo
sostituirle nell’equazione (b) per l’energia cinetica, come mostrato nella colonna a fanco.
(a)
(b)
(a)
(b)
c
f=_
λ
La soluzione
Combinando i vari passaggi si ottiene algebricamente
2
1
↓
v=
√
__ ↓
2K
_ =
m
3
√
__
↓
2(hf
_) =
m
√
_____
c
2h _
λ
_____
=
m
√
__
2hc
_
mλ
Numericamente, la velocità degli elettroni è data da
v=
√
__
2hc
_ =
mλ
■
√
________________________
2(6,63 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s)
____________________________
= 6,03 ∙ 107 m/s
(9,11 ∙ 10−31 kg)(1,20 ∙ 10−10 m)
Lo spettro dei raggi X
Un grafco dell’intensità radiante spettrale per i raggi X in funzione della lunghezza
d’onda risulta simile a quello della fgura 20 (a pagina seguente) e consiste di picchi
pronunciati sovrapposti a uno spettro continuo. I picchi marcati vengono chiamati
righe caratteristiche o raggi X caratteristici, in quanto sono tipici del materiale di cui
è costituita la targhetta. Lo spettro continuo è noto come Bremsstrahlung (termine
982
tedesco che sta per «radiazione di frenamento») e viene emesso quando gli elettroni
decelerano, ovvero frenano negli urti con gli atomi della targhetta.
Nella fgura 20 le righe caratteristiche sono indicate con Kα e Kβ perché riguardano
il guscio K, con n = 1, dell’atomo del metallo. Se un elettrone dotato di energia suffciente colpisce la targhetta, può essere in grado di espellere un elettrone del guscio K.
Un elettrone dei gusci più esterni può di conseguenza cadere nel guscio K, emettendo
nel processo un fotone X. L’esempio 8 mostra che, all’interno di un tubo a raggi X, è
necessaria un’elevata differenza di potenziale per far sì che gli elettroni che colpiscono
la targhetta abbiano l’energia suffciente per produrre i raggi X caratteristici.
23
La natuRa deLL’atomo
Intensità dei raggi X
per unità di lunghezza d’onda
capitolo
Kα
Righe
caratteristiche
Bremsstrahlung
Kβ
λ0
0,02
0,04
0,06
0,08
0,10
Lunghezza d’onda (nm)
eSemPIo 8 modello di Bohr ed espulsione di un elettrone
Figura 20
A rigore, il modello di Bohr non può essere applicato al caso di atomi con più
elettroni. Tuttavia esso fornisce stime numeriche ragionevoli nel caso dei raggi X.
Quando una targhetta di molibdeno
viene bombardata da elettroni
accelerati attraverso una differenza
di potenziale di 45 000 V, è prodotto
lo spettro di raggi X qui riportato.
Le scale sull’ asse verticale non sono
rispettate.
▸ Utilizzalo per valutare la minima energia cinetica che un elettrone deve avere
per espellere un elettrone del guscio K di un atomo di platino (Z = 78).
Il ragionamento e la soluzione
Nel modello di Bohr l’energia di un elettrone del guscio K è En = −(13,6 eV) Z2/n2
con n = 1. Nel guscio K ognuno dei 2 elettroni esercita sull’altro una forza repulsiva che, in modo approssimato, compensa la forza attrattiva di un protone
del nucleo. Quindi un elettrone del guscio K risente di una forza attrattiva netta
uguale a quella esercitata da Z − 1 protoni. L’energia di un elettrone K è
(Z − 1)2
(78 − 1)2
________
E 1 = −(13,6 eV) _______
=
−(13,6
eV)
= −8,1 ∙ 104 eV
n2
12
Per portare l’elettrone del guscio K al livello 0 eV, la minima energia richiesta
per l’elettrone incidente è di 8,1 ∙ 104 eV. Un elettronvolt è l’energia cinetica acquistata da un elettrone che viene accelerato da fermo attraverso una differenza
di potenziale di 1 V. Quindi ai capi del tubo a raggi X deve essere applicata una
differenza di potenziale di 81 000 V, cioè 81 kV.
Problem solving
Livelli energetici dei raggi X
L’equazione (13) per i livelli
energetici di Bohr
(E n = −(13,6 eV)Z 2/n 2, con n = 1)
può essere usata in prima
approssimazione per i livelli
energetici coinvolti nella
produzione di raggi X del tipo Kα .
In questa equazione, tuttavia,
il numero atomico Z deve essere
diminuito di uno, per tenere
approssimativamente conto
della schermatura prodotta da un
elettrone del guscio K sull’altro.
La riga Kα in fgura 20 si forma quando un elettrone del livello n = 2 cade nella lacuna creata dall’elettrone incidente nel livello n = 1. In modo analogo, la riga Kβ si
forma quando un elettrone del livello n = 3 cade nel livello n = 1. L’esempio 9 permette di fare una stima per la lunghezza d’onda del raggio Kα del platino.
eSemPIo 9 Calcolo della lunghezza d’onda della riga Kα
Usa il modello di Bohr e considera la lunghezza d’ onda della riga Kα nello spettro X del platino (Z = 78).
▸ Stima la lunghezza d’onda della riga Kα .
Il ragionamento e la soluzione
Un fotone Kα è emesso quando un elettrone passa dallo stato n i = 2 a uno stato
n f = 1. Come nell’esempio 8, usiamo per Z il valore 77 anziché 78, per tenere
approssimativamente conto dell’effetto schermante dell’ elettrone del guscio K,
che neutralizza la forza attrattiva di un protone. Usando l’equazione (14) otteniamo che
1
1 1
−11
_
= (1,097 ∙ 107 m−1)(78 − 1)2 __2 − __2 = 4,9 ∙ 10 10 m−1 ⇒ λ = 2,0 ∙ 10 m
(1 2 )
λ
La stima è molto buona: infatti il valore sperimentale è 1,9 ∙ 10−11 m.
983
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
■
La lunghezza d’onda di taglio
Un altro aspetto interessante dello spettro di raggi X in fgura 20 è la brusca caduta
in corrispondenza della lunghezza d’onda λ 0 dalla parte delle lunghezze d’onda corte tipiche della Bremsstrahlung. Questo valore di soglia è indipendente dal materiale di cui è costituita la targhetta e dipende dall’ energia degli elettroni incidenti. Ciascuno di essi, quando viene decelerato dalla targhetta di metallo in un tubo a raggi
X, non può cedere un’ energia superiore alla sua energia cinetica. Quindi un fotone
X emesso può possedere, al massimo, un’energia uguale all’energia cinetica K
dell’elettrone e una frequenza f = K/h, dove h è la costante di Planck.
Ma l’energia cinetica acquisita da un elettrone accelerato da fermo attraverso la
differenza di potenziale V applicata ai capi del tubo è eV: quindi la massima frequenza del fotone è f 0 = (eV)/h. Visto che f 0 = c/λ 0 , una frequenza massima corrisponde a una lunghezza d’ onda minima, che è la lunghezza d’onda di taglio λ 0 :
hc
λ0 = _
eV
(17)
Sorgente di raggi X
In fgura 20, per esempio, la differenza di potenziale riportata è di 45 000 V, che
corrisponde a una lunghezza d’onda di taglio:
(6,63 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,00 ∙ 108 m/s)
λ 0 = ___________________________
= 2,8 ∙ 10−11 m
(1,60 ∙ 10−19 C)(45 000 V)
Rivelatore
■
B
Figura 21
A Nella TAC, un fascio collimato
di raggi X viene inviato con differenti
orientazioni attraverso un paziente.
B Un paziente in una macchina
per la TAC.
applicazioni mediche dei raggi X
La medicina cominciò a usare i raggi X con fnalità diagnostiche subito dopo la loro
scoperta. Durante l’esecuzione di una radiografa, un fascio di raggi X attraversa una
parte del corpo del paziente e poi incide su una lastra fotografca. La radiografa registra l’immagine delle ombre provocate dall’assorbimento dei raggi X da parte degli organi e dei tessuti: maggiore è l’ assorbimento dei raggi X, come nel caso delle
ossa, più chiara è la porzione di radiografa. Pur essendo estremamente utili, queste
immagini presentano un limite: l’ immagine sulla pellicola è la sovrapposizione di
tutte le «ombre» prodotte mentre la radiazione passa attraverso i vari strati consecutivi del corpo. Non è quindi facile individuare a quale strato del corpo corrisponda
una determinata parte dell’immagine.
La tecnica nota come TAC (tomografa assiale computerizzata) permette di ottenere immagini relative a sezioni perpendicolari all’asse principale del corpo. Alcuni
fasci collimati di raggi X attraversano simultaneamente il paziente e sono registrati
da rivelatori, come mostra la fgura 21. Con la TAC è possibile ruotare la sorgente
Fisica quotidiana
Figura 22
Queste TAC tridimensionali mostrano
un’ immagine del cranio e del cervello
( A ) e del bacino e di parte della spina
dorsale ( B ), compresi i dischi
intervertebrali.
984
A
B
© Collection CNRI/Phototake
La TAC
© GJLP/Phototake
© Laurent/American Hospital of Paris
a
dei raggi X in modo che i fasci collimati possano essere inviati attraverso il paziente
da direzioni differenti, il che costituisce un notevole passo avanti rispetto alle tecniche convenzionali.
Le intensità registrate dipendono dalla natura dei tessuti attraverso cui i raggi sono
passati. A partire dalle intensità registrate e dalle direzioni di arrivo, un programma
ricostruisce prima un’immagine bidimensionale ad alta risoluzione delle parti di tessuto attraverso il quale è transitato il fascio e poi fornisce una ricostruzione tridimensionale dell’interno del corpo del paziente (fgura 22 alla pagina precedente).
La TAC non ha soltanto applicazioni biomediche, come mostra la fgura 23.
23
La natuRa deLL’atomo
© AP/Wide World Photos
capitolo
Figura 23
8
■
Il laser
L’ emissione stimolata di radiazione
Quando un elettrone compie una transizione da un livello energetico superiore a
uno inferiore viene emesso un fotone. Tale processo può essere di due tipi: spontaneo o indotto.
Nell’emissione spontanea (fgura 24a) il fotone viene emesso, in una direzione
qualsiasi, senza l’intervento di perturbazioni esterne.
Nell’emissione stimolata o indotta (fgura 24B) un fotone incidente spinge l’elettrone a compiere una transizione fra due livelli. Per produrre l’emissione, tuttavia,
il fotone incidente deve possedere un’energia uguale alla differenza di energia tra i
livelli, ovvero E i − E f . L’emissione stimolata è simile a un processo di risonanza, in
cui il fotone incidente «eccita» l’elettrone proprio alla frequenza cui esso risponde
maggiormente, provocando la transizione fra i livelli. Questa frequenza è fornita
dall’equazione (4), f = (E i − E f)/h.
Le caratteristiche principali dell’emissione stimolata sono:
•
•
•
La maggior parte delle persone
conosce i raggi X utilizzati in ambito
medico o dentistico. Qui il radiologo
Steven Sirr illustra alla violinista
Desiree Ruhstrat la procedura a raggi X
chiamata tomografa assiale
computerizzata (TAC) in un’analisi
del suo violino. La TAC è in grado
di rivelare difetti, fornire informazioni
sulla struttura degli strumenti ed
evidenziare particolari caratteristiche
che possono essere d’ ausilio
nell’ identifcazione di strumenti
perduti o rubati.
SImuLaZIone
I laser
(PhET, University of Colorado)
in ogni processo elementare si ha un fotone in ingresso e due in uscita (fgura
24B);
il fotone emesso procede nella stessa direzione del fotone incidente;
il fotone emesso ha la stessa frequenza ed è in fase con il fotone incidente.
Figura 24
E i (Livello energetico più alto)
Fotone
E f (Livello energetico
più basso)
a Emissione spontanea
■
Ei
Fotone
incidente
Fotone
Fotone
Ef
B Emissione stimolata
Il laser
Nel 1960 il fsico Theodore H. Maiman (1927-2007) costruisce un dispositivo che
emette luce sfruttando il fenomeno dell’emissione stimolata: il laser (acronimo di
Light Amplifcation by Stimulated Emission of Radiation, cioè «amplifcazione della
luce per emissione stimolata di radiazione»).
Per il funzionamento del laser è essenziale che vi sia una sorgente di energia
esterna in grado di mantenere un’inversione della popolazione elettronica (fgura
25 alla pagina seguente), cioè uno stato in cui molti elettroni occupano livelli energetici più alti rispetto a quello di energia minima. L’ inversione utilizzata in un laser
riguarda un livello energetico superiore metastabile, nel senso che gli elettroni tendono a rimanere in tale stato per un periodo di tempo sensibilmente più lungo rispetto a quello caratteristico di un normale stato eccitato (per esempio, 10−3 s rispet-
A L’ emissione spontanea di un fotone
si verifca quando l’ elettrone compie
una transizione da un livello superiore
a uno inferiore senza l’ intervento di
sollecitazioni esterne. In questo caso
il fotone viene emesso in una direzione
qualsiasi.
B L’ emissione stimolata avviene
quando un fotone incidente dotato
di energia appropriata spinge
l’ elettrone a cambiare livello
energetico. Il fotone emesso viaggia
nella stessa direzione del fotone
incidente.
Fisica quotidiana
Il laser
985
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
Figura 25
A Di norma, a temperatura ambiente
la maggior parte degli elettroni si trova
nel livello energetico più basso o stato
fondamentale.
B Se una fonte di energia esterna
eccita gli elettroni portandoli
a un livello superiore, si può verifcare
un’inversione della popolazione,
in cui si trovano più elettroni
nel livello energetico più alto che
in quello più basso.
Ei
Ei
Ef
Ef
B Inversione della popolazione
a Popolazione normale
to a 10−8 s). La presenza di uno stato metastabile è essenziale, poiché in questo modo
c’è più tempo per favorire l’inversione della popolazione.
La fgura 26 mostra lo schema del laser elio-neon. L’inversione della popolazione è garantita da una scarica che attraversa una miscela di elio (15%) e neon (85%)
contenuta in un tubo a bassa pressione. Il processo di funzionamento inizia quando
un atomo, per emissione spontanea, emette un fotone in direzione parallela all’asse
del tubo. Il fotone, per emissione stimolata, provoca l’emissione di due fotoni nella
stessa direzione da parte di un altro atomo. Questi due fotoni, a loro volta, eccitano
altri due atomi, dando luogo a quattro fotoni; da quattro si passa a otto e così via. I
fotoni emessi sono mantenuti all’interno del tubo mediante due specchi argentati
posti alle estremità, uno dei quali, tuttavia, è solo parzialmente argentato, in modo
che alcuni fotoni possano uscire dal tubo e formare il raggio laser. Quando l’emissione stimolata riguarda soltanto una coppia di livelli energetici, come nel caso del laser
elio-neon, il fascio in uscita è altamente monocromatico.
Elevata differenza
di potenziale
Figura 26
Una rappresentazione schematica
di un laser elio-neon. L’ingrandimento
mostra l’emissione stimolata che
avviene quando un elettrone di un
atomo di neon è sollecitato a cambiare
il proprio livello energetico,
da uno superiore a uno inferiore.
Specchio
totalmente
rifettente
Elio
Neon
Metastabile
Fotone
20,61 eV
20,66 eV
18,70 eV
Stato
fondamentale
Figura 27
Sono qui riportati i livelli energetici
coinvolti nel funzionamento di un laser
elio-neon.
986
Specchio
parzialmente
argentato
Un raggio laser è anche eccezionalmente collimato. La larghezza è determinata
dalle dimensioni dell’apertura d’ uscita del fascio e l’ allargamento risulta molto ridotto, dovuto soltanto alla diffrazione prodotta dall’ apertura stessa. La divergenza
del raggio laser è limitata perché i fotoni emessi all’interno del tubo a un angolo
anche piccolo rispetto al suo asse vengono rifessi lateralmente dalle estremità argentate (fgura 26), che sono attentamente calibrate in modo da risultare perpendicolari all’asse del tubo. Visto che la potenza di un raggio laser può essere concentrata in una regione limitata, la sua intensità, ovvero la potenza per unità di area, può
risultare decisamente alta.
La fgura 27 mostra i livelli energetici coinvolti nel funzionamento di un laser
elio-neon. Per una coincidenza, l’ elio e il neon possiedono stati metastabili quasi
identici, collocati rispettivamente 20,61 eV e 20,66 eV al di sopra del livello fondamentale. La scarica ad alto potenziale prodotta attraverso la miscela gassosa eccita
gli elettroni dell’ atomo di elio verso lo stato a 20,61 eV. In seguito, quando un atomo
eccitato di elio compie un urto anelastico contro un atomo di neon, i 20,61 eV di
energia, insieme a 0,05 eV di energia cinetica, passano a un elettrone dell’atomo di
neon. Di conseguenza tale elettrone compie una transizione verso lo stato a 20,66 eV.
In questo modo si attua un’ inversione di popolazione nel neon tra il livello metasta-
bile e un livello energetico che si trova 18,70 eV sopra lo stato fondamentale. Quando il laser è in funzione, l’emissione stimolata provoca una caduta degli elettroni del
neon dal livello a 20,66 eV a quello a 18,70 eV. La variazione di energia di 1,96 eV
corrisponde a una lunghezza d’onda di 633 nm, che si trova nella parte rossa dello
spettro visibile.
Oggi esistono molti tipi di laser, che generano fasci con intensità che va dai milliwatt ai megawatt. I laser sono usati fra l’altro per riprodurre la musica nei lettori di
compact disc, per saldare la carrozzeria delle auto, per trasmettere conversazioni
telefoniche e per altre forme di comunicazioni a grande distanza, per studi di struttura molecolare e per misure accurate di distanza nei rilevamenti.
Per esempio, la fgura 28 mostra una mappa topografca tridimensionale di Marte ottenuta con il Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA) posto sulla navicella Mars
Global Surveyor. La mappa è stata costruita a partire da 27 milioni di rilevamenti
altimetrici, ottenuti inviando verso Marte impulsi laser e misurando per ciascuno di
essi il relativo tempo di ritorno.
■
23
La natuRa deLL’atomo
© NASA
capitolo
Figura 28
Una mappa topografca
tridimensionale di Marte. In colore
sono riportate le varie altezze, dalla
più grande (bianco) alle più piccole
(nell’ordine rosso, giallo, verde,
blu e porpora).
applicazioni del laser in campo medico
Una delle specialità mediche in cui il laser ha portato signifcativi contributi è l’oftalmologia, che si occupa di struttura, fsiologia e malattie dell’occhio. Una tecnica nota
come cheratectomia fotorefrattiva o PRK (dall’inglese photorefractive keratectomy)
corregge i difetti della vista mediante un laser che asporta piccole zone di tessuto
della cornea. Normalmente la cornea ha la forma di una cupola: se la curvatura è
troppo pronunciata, i raggi di luce vengono messi a fuoco prima della retina, dando
luogo alla miopia. Come mostrato in fgura 29a, il laser asporta un po’ di tessuto
dalla parte centrale della cornea, rendendola più appiattita e aumentando la distanza focale dell’occhio.
D’altro canto, se la curvatura della cornea è ridotta, i raggi di luce convergono
verso un fuoco posto oltre la retina e ciò dà luogo alla presbiopia. Come illustra la
parte B della fgura, in questo caso la parte centrale della cornea viene schermata,
mentre il laser asporta una parte del suo tessuto periferico. In tal modo la curvatura
della cornea viene accentuata, diminuendo la distanza focale dell’occhio e permettendo ai raggi luminosi di essere focalizzati sulla retina.
La cheratomileusi in situ laser-assistita, LASIK (laser assisted in situ keratomileusis), è una procedura chirurgica che utilizza una lama motorizzata nota come microcheratomo per tagliare parzialmente uno strato sottile (fap, spesso circa 0,2 mm)
della parte frontale della cornea (fgura 30). Questo strato viene sollevato lateralmente per permettere al laser di rimodellare la cornea vaporizzando parte del tessuto. In seguito, lo strato sollevato viene rimesso al suo posto senza bisogno di punti di
sutura.
Flap corneale
Cornea
Impulsi
laser
Fisica quotidiana
L’altimetro a laser
Fisica quotidiana
La cheratectomia fotorefrattiva
(PRK)
Tessuto
rimosso
Tessuto
rimosso
Impulsi
laser
Impulsi
laser
Schermo
protettivo
Tessuto
rimosso
a
B
Figura 29
A Nella correzione della miopia
mediante chirurgia PRK, il laser
vaporizza parte del tessuto (linea
tratteggiata) al centro della cornea,
rendendola più piatta.
B Nella correzione della presbiopia
mediante chirurgia PRK, il laser
vaporizza parte del tessuto nella
regione periferica della cornea,
accentuandone la curvatura.
Figura 30
Tessuto rimosso
Nella correzione della miopia mediante
chirurgia LASIK, il laser vaporizza parte
del tessuto della cornea (linea
tratteggiata), rendendola più piatta.
Nella PRK e nella LASIK viene utilizzato un raggio a impulsi che proviene da un
laser a eccimeri, il quale produce una lunghezza d’ onda di 193 nm. La cornea assorbe con facilità questa lunghezza d’onda e quindi possono essere usati impulsi di
bassa intensità, che permettono di rimuovere il tessuto corneale in maniera precisa
e controllabile. Normalmente, ogni impulso rimuove da 0,1 µm a 0,5 µm di tessuto,
senza danneggiare gli strati adiacenti.
Fisica quotidiana
La chirurgia LASIK
987
La storia di un’idea
Il modello atomico
da Rutherford a Bohr
■
dalla radioattività
all’atomo nucleare
Nel 1898 il fsico inglese d’origine neozelandese Ernest Rutherford osservò che vi erano due tipi di radioattività (scoperta all’inizio del 1896 da
Henri Becquerel), cui dette i nomi di
α e β. Negli anni successivi si comprese che quest’ultima era costituita
da elettroni, mentre la radiazione α
era formata da particelle aventi massa simile a quella dell’elio e carica
positiva pari a due volte quella
dell’elettrone. Con i suoi collaboratori, in particolare Hans Geiger,
Rutherford si concentrò sullo studio
della defessione di particelle α da
parte di sottili fogli metallici, pervenendo nel 1909 alla scoperta sensazionale che gli atomi di sottili fogli
d’oro (o di platino) defettevano talora le particelle α di angoli molto
grandi e, in qualche caso (in media
una volta su ottomila), perfno le respingevano all’indietro.
Rutherford commentò così: «Fu
proprio il più incredibile evento che
sia mai accaduto nella mia vita. Era
come se sparando una granata da 15
pollici contro un pezzo di carta velina, quella tornasse indietro e vi col-
pisse». Infatti a quell’epoca si pensava che gli atomi fossero costituiti da
un insieme di elettroni immersi in
una distribuzione costante di elettricità positiva (modello di Thomson) e
questa confgurazione non poteva
spiegare l’effetto scoperto da
Rutherford e collaboratori. Che
cosa defetteva così tanto le particelle α o le faceva addirittura tornare
indietro?
Nel 1911 Rutherford introdusse
un’ipotesi di modello atomico nel
quale al centro dell’atomo c’è un
piccolo nucleo dotato di carica positiva, in cui è concentrata quasi tutta
la massa dell’atomo. Attorno a esso
gli elettroni ruotano su orbite chiuse.
Il modello rappresentava dunque
l’atomo come un sistema solare.
Esso spiegava molto bene gli esperimenti di defessione delle particelle
α (era proprio il massiccio nucleo
atomico a deviarle), ma aveva un
grave difetto. Secondo le equazioni
dell’elettromagnetismo, una carica
elettrica in moto accelerato irradia
energia, e così gli elettroni, che nel
modello si muovevano di moto circolare attorno al nucleo, avrebbero
dovuto in tempi brevissimi perdere
Ernest Rutherford in laboratorio: gli esperimenti sulla defessione delle particelle α
lo portarono a formulare nel 1911 una prima ipotesi di modello atomico.
988
la loro energia per irraggiamento e
cadere sul nucleo. Il modello atomico di Rutherford era quindi instabile, e ciò contraddiceva l’evidente stabilità della materia. E a questo
punto, come si fa nei «gialli», occorre
fare un passo indietro.
■
Prime ipotesi
quantistiche
Nel dicembre del 1900, nell’ambito
di ricerche teoriche sul cosiddetto
«corpo nero» (un corpo che, a qualunque temperatura, assorbe tutta la
radiazione elettromagnetica che vi
incide sopra) il tedesco Max Planck
aveva avanzato l’ardita ipotesi, rivoluzionaria per quell’epoca, secondo
cui l’energia E di un oscillatore di
frequenza f non variava con continuità, ma era «quantizzata», cioè poteva assumere solo valori discreti pari
a multipli della quantità hf, dove h è
una costante che da Planck prese il
nome.
In uno dei suoi fondamentali lavori del 1905, facendo seguito all’ipotesi
di Planck, Albert Einstein introdusse
la congettura che la luce non abbia
solo proprietà ondulatorie, ma manifesti anche proprietà corpuscolari,
Niels Bohr è il primo ad applicare
alla struttura atomica l’ipotesi dei quanti.
capitolo
cioè si comporti come se fosse costituita da «pacchetti» di energia E pari a
E = hf
dove f è la frequenza della luce e h è
la costante di Planck. Nel caso della
luce, i pacchetti o «quanti» di energia
avrebbero preso il nome di «fotoni».
Einstein ipotizzò che questo comportamento valesse anche nell’assorbimento e nell’emissione della luce
da parte della materia, e mostrò in
seguito che ai fotoni può essere associata una quantità di moto pari a hf/c
(c è la velocità della luce), proprio
come accade per delle particelle.
Con l’ipotesi del fotone, Einstein
spiegò i risultati delle misure relative
all’effetto fotoelettrico. L’anno successivo Einstein applicò per la prima
volta l’ipotesi dei quanti al comportamento della materia, con la sua teoria quantistica del calore specifco
dei solidi, che risolse un antico problema, spiegando perché il calore
specifco a volume costante tende a
zero al tendere a zero della temperatura.
Dal 30 ottobre al 3 novembre 1911
si tenne a Bruxelles il primo dei convegni Solvay (dal nome dell’industriale belga Ernest Solvay, che ne fu
il fnanziatore), dedicato al tema «la
teoria della radiazione e i quanti».
Esso fu essenziale nel diffondere l’interesse per la teoria dei quanti nella
comunità scientifca internazionale,
specialmente al di fuori della Germania.
■
I quanti applicati
all’ atomo: il modello
di Bohr
Nessuno aveva ancora pensato di applicare l’ipotesi dei quanti alla struttura degli atomi. Il primo fu il giovane fsico danese Niels Bohr, il quale
nel 1913, di ritorno da un periodo in
Inghilterra presso il laboratorio di
Rutherford, propose l’esistenza di
orbite elettroniche «stazionarie». Ciò
signifca che nel percorrere queste
orbite gli elettroni non emettono
energia, come invece voleva la teoria
classica. Bohr riteneva che un elettrone, se eccitato da una perturbazione esterna, potesse passare
dall’orbita di energia minima (stato
fondamentale) a uno stato eccitato,
ovvero a un’orbita più esterna e più
energetica. Tornando allo stato fondamentale, l’elettrone emette un fotone di energia pari a ∆E = hf, dove
Primo convegno Solvay a Bruxelles nel 1911. Tra i partecipanti: Hendrik Lorentz,
Marie Curie, Max Planck, Albert Einstein ed Ernest Rutherford.
23
La natuRa deLL’atomo
∆E è la differenza di energia tra gli
stati iniziale e fnale e f la frequenza
della radiazione elettromagnetica
emessa.
Applicando in questo modo l’idea dei quanti di energia al modello
di Rutherford, Bohr riuscì a ottenere
un’espressione per i livelli energetici
dell’atomo di idrogeno e a spiegare
molte caratteristiche del suo spettro,
cioè dell’insieme di frequenze emesse nelle transizioni tra i vari stati atomici.
Nel 1914 i tedeschi James Franck e
Gustav L. Hertz dimostrarono sperimentalmente la validità della relazione ∆E = hf per una riga spettrale di
un atomo. Tra il 1913 e il 1914 Henry
Moseley iniziò lo studio degli spettri
di raggi X impiegando la teoria di
Bohr e ottenendo notevoli successi,
così come poi mostrarono studi successivi, condotti con una versione modifcata della teoria di Bohr da Arnold
Sommerfeld.
Questi nel 1916 rimpiazzò il moto
circolare degli elettroni atomici con
orbite ellittiche e introdusse quindi
la necessità di due numeri quantici, i
semiassi dell’ellisse, al posto del solo
raggio dell’orbita, come aveva fatto
Bohr.
Sommerfeld inoltre usò le correzioni suggerite dalla teoria della relatività ristretta, riuscendo così a
spiegare la cosiddetta «struttura
fne» delle righe spettrali dell’atomo
di idrogeno e gli spettri degli atomi
idrogenoidi (con un solo elettrone
nello strato più esterno).
Il modello atomico proposto da
Bohr fu il cardine della cosiddetta
«vecchia teoria dei quanti», che raccolse notevoli successi nei primi due
decenni del Novecento, prima di essere rimpiazzata da una concezione
totalmente nuova della fsica rappresentata dalla «meccanica quantistica».
989
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
© Desiree Walstra 7 Shutterstock
L’ ordine di grandezza
Il 99% del corpo umano è fatto di idrogeno, ossigeno
e carbonio. Ci sono però anche altri elementi chimici come
ferro, nichel, stagno, uranio, argento e, addirittura, oro.
Quanti atomi d’oro ci sono nel corpo di una persona adulta?
Per calcolare il numero degli atomi d'oro presenti nel corpo di una persona adulta,
bisogna calcolare il rapporto tra la massa totale degli atomi d'oro e la massa atomica
dell'oro.
Il modello
un paragone Gli atomi sono talmente piccoli che,
(numero di atomi d’oro in una persona adulta) = (massa
degli atomi d’oro presenti) / (massa atomica dell’oro)
I numeri
▸ Massa degli atomi d’oro =
= (massa di una persona adulta) (percentuale di oro
nella massa di una persona adulta) =
= (70 kg) (0,000 014%) = 9,8 ∙ 10−6 kg = 10−5 kg
▸ Massa atomica dell’oro =
= 196,9665 u = 196,9665 (1,660 53 ∙ 10−27 kg) =
= 3,3 ∙ 10−25 kg
anche solo nei pochi centesimi di grammo d’oro che
sono presenti in una persona adulta, se ne stima
una quantità molto grande. Per rendersi conto della
grandezza di questo numero, confrontiamolo con il
numero di chicchi di riso prodotti nel 2007. Secondo
la FAO la produzione mondiale di riso nel 2007 è
stata di circa 5 ∙ 1011 kg = 5 ∙ 1014 g. Se per semplicità
supponiamo che un chicco di riso abbia una massa di
1 g, nel 2007 sono stati prodotti circa 5 ∙ 1014 chicchi
di riso. Ciò significa che il tuo corpo contiene un
numero di atomi d’oro uguale al numero di chicchi
prodotti nel mondo in centomila anni di raccolti.
Il risultato
numero di atomi d’oro in una persona adulta =
10−5 kg
= ______
= 0,3 ∙ 1020 = 3 ∙ 1019 atomi
3,3 ∙ 10−25 kg
L’ordine di grandezza è: 1019 atomi
Nel corpo di una persona adulta (massa = 70 kg) ci
sono all’incirca 3 ∙ 1019 atomi d’oro.
Stima l’ordine
di grandezza
Le fonti
∙ Percentuale della massa di una persona dovuta agli atomi
d’ oro: G. Rindi, E. Manni, Fisiologia umana, Utet, 2006
∙ Massa atomica dell’ oro:
Tavola periodica degli elementi
(www.periodni.com/it/au.html)
Il modello
(lunghezza della collana di atomi d’oro in kilometri) = (numero di atomi d’ oro
presenti nel tuo corpo) (diametro di un atomo d’ oro)
I numeri
Quanti kilometri sarebbe
lunga una collana fatta con
gli atomi d’oro del tuo corpo?
Numero di atomi d’oro presenti nel tuo corpo =
= (massa del tuo corpo) (percentuale della tua massa dovuta agli atomi d’ oro) /
(massa atomica dell’ oro) = (massa del tuo corpo) (0,000 014%) (3,3 ∙ 10−25 kg)
Diametro di un atomo d’ oro = 3,6 ∙ 10−10 m
Il risultato
Lunghezza della collana di atomi d’ oro = .................. km
Le fonti
∙ Diametro di un atomo d’oro: Tavola periodica degli elementi
(www.periodni.com/it/au.html)
990
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
I concetti fondamentali
1
Il modello atomico di Rutherford
Z2
E n = −(13,6 eV) ___2 con n = 1, 2, 3, ...
n
Nel 1911 Rutherford propone un modello planetario dell’atomo,
in cui un piccolo nucleo carico positivamente è circondato,
a distanze relativamente grandi, da elettroni. Gli atomi sono neutri
perché la carica negativa totale degli elettroni atomici uguaglia
la carica positiva dei nuclei.
2
Lunghezza d’onda dello spettro a righe dell’atomo di idrogeno:
il modello di Bohr giustifca pienamente lo spettro a righe
descritto nel paragrafo 2.
Gli spettri a righe
4
Spettro a righe: è costituito da un insieme discreto di lunghezze
d’onda elettromagnetiche emesse dagli atomi di un gas a bassa
pressione, sottoposto a una differenza di potenziale suffcientemente
elevata. Alcuni gruppi di tali lunghezze d’onda vengono defniti serie.
Louis de Broglie propose che l’elettrone in un’orbita circolare
di Bohr debba essere considerato come un’onda.
Serie nello spettro dell’atomo di idrogeno: le prime tre serie
fondamentali sono individuate dalle seguenti equazioni
5
Serie di Lyman
1
1 1
_
= R __2 − __2
con n = 2, 3, 4, ...
(1 n )
λ
Serie di Balmer
1
1 1
_
= R __2 − __2
con n = 3, 4, 5, ...
(2 n )
λ
Serie di Paschen
3
Il modello di Bohr dell’atomo
di idrogeno
Il modello atomico di Bohr vale per atomi o ioni con un solo elettrone
orbitante attorno a un nucleo contenente Z protoni. L’elettrone
percorre orbite circolari dette orbite stazionarie.
emissione di fotoni: avviene quando un elettrone cambia orbita,
passando da una a energia più elevata E i a una con energia
inferiore E f . La frequenza del fotone emesso è tale che
(h = costante di Planck)
L’atomo di idrogeno secondo
la meccanica quantistica
numeri quantici: la meccanica quantistica descrive l’atomo
di idrogeno in termini di quattro numeri quantici:
•
•
•
•
numero quantico
numero quantico
numero quantico
+1, +2, ..., +l)
numero quantico
principale n (n = 1, 2, 3, ...)
azimutale l (l = 0, 1, 2, ..., n − 1)
magnetico m l (m l = −l, ..., −2, −1, 0,
di spin m s (m s = + 1/2, − 1/2)
moto dell’elettrone: secondo la meccanica quantistica non è vero
che un elettrone si muove lungo un’orbita circolare; si può parlare
soltanto della probabilità di trovarlo a una certa distanza dal nucleo.
1
1 1
_
= R __2 − __2
con n = 4, 5, 6, ...
(3 n )
λ
R = costante di Rydberg = 1,097 ∙ 107 m−1
La quantizzazione del momento angolare
secondo de Broglie
6
Il principio di esclusione di Pauli
e la tavola periodica degli elementi
Principio di esclusione di Pauli: in un atomo due elettroni non
possono avere lo stesso insieme di valori dei quattro numeri
quantici. Questo principio determina il modo in cui gli elettroni
di un atomo a più elettroni si distribuiscono in gusci (determinati
da n) e in sottogusci (determinati da l).
tavola periodica degli elementi: trova piena giustifcazione in base
al principio di esclusione di Pauli.
7
I raggi X
hf = E i − E f
Spettro dei raggi X: contiene righe (o picchi) pronunciati,
sovrapposti a un intervallo continuo di lunghezze d’onda; la riga K α
corrisponde al salto di un elettrone dal livello n = 2 al livello n = 1;
la riga K β al salto di un elettrone da n = 3 a n = 1.
momento angolare orbitale dell’elettrone: il suo modulo può avere
solo i seguenti valori discreti
Lunghezza d’onda di taglio (V = differenza di potenziale
ai capi del tubo a raggi X):
h
Ln = n _
2π
hc
λ0 = _
eV
con n = 1, 2, 3, ...
Raggio ed energia totale dell’orbita: il raggio r n dell’orbita n-esima
e l’energia totale associata E n hanno i seguenti valori discreti
2
n
r n = (5,29 ∙ 10−11 m) __
Z
con n = 1, 2, 3, ...
8
Il laser
emissione stimolata: le onde elettromagnetiche prodotte dal laser
sono coerenti e possono essere collimate in un raggio di apertura
molto ridotto.
991
capitolo
23
ESERCIZI
La natuRa deLL’atomo
Problemi
CHaLKBoaRd VIdeoS
(Esercizi risolti in inglese)
Nota: svolgendo i problemi che seguono, ignora gli effetti relativistici.
1
Il modello atomico di Rutherford
1
Il nucleo dell’ atomo di idrogeno ha un raggio di
1 ∙ 10−15 m. L’elettrone normalmente è a una distanza di
5,3 ∙ 10−11 m dal nucleo. Supponi che l’ atomo di idrogeno sia una sfera di raggio 5,3 ∙ 10−11 m. Determina:
▪▪▪
2
▪▪▪
▶
il volume dell’ atomo;
▶
il volume del nucleo;
▶
la percentuale del volume dell’ atomo occupata dal
nucleo.
5
Supponi di costruire un modello in scala dell’ atomo di
idrogeno in cui il nucleo è una pallina da tennis di raggio 3,0 cm.
▶
4
▪▪▪
Il nucleo di un atomo di idrogeno è costituito da un
singolo protone di raggio 1 ∙ 10−15 m. L’ elettrone orbita
normalmente a distanza 5,3 ∙ 10−11 m dal nucleo.
▶
▪▪▪
3
▪▪▪
Qual è il rapporto tra la densità del nucleo di idrogeno e la densità dell’ intero atomo?
A quanti kilometri di distanza dovrebbe trovarsi
l’elettrone?
In un esperimento di diffusione tipo Rutherford, ogni
atomo di una sottile lamina di oro può essere considerato un possibile bersaglio con una certa sezione circolare. Delle particelle α vengono sparate contro questo
bersaglio, in cui il nucleo rappresenta il centro. Il rapporto tra l’area trasversale del nucleo di oro e l’area
trasversale dell’atomo è 2,6 ∙ 10−7. Il raggio dell’atomo
di oro è 1,4 ∙ 10−11 m.
▶
Qual è il raggio del nucleo di oro?
eSemPIo
Nel suo storico esperimento, Rutherford studiò la defessione delle particelle α da 6,5 MeV da parte di atomi di oro,
scoprendo che molte particelle venivano diffuse a grandi angoli. Possiamo schematizzare l’esperimento e ipotizzare che
le particelle α urtassero un piccolo oggetto solido, più o meno come un proiettile di gomma urta una palla da biliardo
(anche se di fatto la diffusione è dovuta alla forza repulsiva coulombiana tra il nucleo e le particelle α). Il diametro di
un nucleo di oro è circa 1,5 ∙ 10−14 m.
▶
Stabilisci se durante l’esperimento si sono verifcati consistenti effetti di diffrazione, confrontando la lunghezza d’onda di
de Broglie e le dimensioni del nucleo.
α
Lamina di oro
La soluzione
Una particella α è un nucleo di elio e la sua massa è circa
m α ≈ 4,0 uma = 4,0 (1,66 ∙ 10−27 kg) = 6,6 ∙ 10−27 kg
La lunghezza d’onda di de Broglie di una particella che ha quantità di moto p è
h
λ=_
p
dove h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s è la costante di Planck. Se E è l’energia cinetica, abbiamo
1
1 p2
E = _ m v 2 = _ __
2
2m
da cui segue
992
_
p = √ 2 mE
ESERCIZI
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
Quindi
h
_
λ = ____
√ 2 mE
Convertiamo in joule l’energia della particella α:
E = 6,5 MeV = 6,5 ∙ 106 eV = (6,5 ∙ 106 eV)(1,6 ∙ 10−19 J/eV) = 1,0 ∙ 10−12 J
Perciò la lunghezza d’onda di de Broglie di una particella α da 6,5 MeV è
6,626 ∙ 10−34 J ∙ s
__________________ = 5,7 ∙ 10−15 m
λ = ______________________
√ 2 (6,6 ∙ 10−27 kg)(1,0 ∙ 10−12 J)
Le dimensioni del nucleo sono
d ≈ 1,5 ∙ 10−14 m ≈ 2,6 λ
La lunghezza d’onda della particella è inferiore alle dimensioni del nucleo, per cui possiamo escludere che nell’esperimento si siano presentati effetti diffrattivi consistenti. In prima approssimazione, nell’urto con il nucleo la particella α
si comporta dunque come una particella e non come un’onda.
6
▪▪▪
In un esperimento di diffusione alla Rutherford un nucleo bersaglio ha un diametro di 1,4 ∙ 10−14 m. La particella α incidente ha massa 6,64 ∙ 10−27 kg.
▶
7
▪▪▪
8
▪▪▪
Calcola l’ energia cinetica di una particella α avente
la lunghezza d’ onda di de Broglie uguale al diametro
del nucleo bersaglio.
Il nucleo di un atomo di rame contiene 29 protoni e ha
un raggio di 4,8 ∙ 10−15 m.
▶
13
▪▪▪
Calcola il lavoro (in elettronvolt) compiuto dalla forza
elettrica quando un protone è portato, partendo da fermo, dall’infnito fno alla superfcie del nucleo di rame.
Gli spettri a righe
3
Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
9
Usando il modello di Bohr, considera l’energia dell’ennesima orbita di un atomo di berillio tre volte ionizzato
(Be3+, Z = 4) e l’ energia di un atomo di idrogeno.
10
▪▪▪
11
▪▪▪
12
▪▪▪
15
Un atomo di sodio (Z = 11) contiene 11 protoni nel suo
nucleo. Approssimando, possiamo applicare il modello
di Bohr, considerando solo l’ultimo elettrone esterno, a
patto però di usare la carica nucleare effcace, Z eff , invece che il valore 11 per il numero di protoni nel nucleo.
▪▪▪
▪▪▪
▶
L’energia di ionizzazione dell’elettrone più esterno
in un atomo di sodio è 5,1 eV. Usa il modello di Bohr
con Z = Z eff per calcolare il valore di Z eff .
▶
Usando Z = 11 e Z = Z eff , determina i due corrispondenti valori del raggio dell’orbita di Bohr più esterna.
Mentre l’elettrone di un atomo di idrogeno si trova nel
primo stato eccitato, riceve dall’esterno un’energia di
2,86 eV.
▶
17
▪▪▪
What is the radius of the ion when it is in the second
excited state?
Considera un atomo di elio (Z = 2). Calcola:
▶
qual è la minima energia (in elettronvolt) necessaria
a spostare l’elettrone al livello successivo;
▶
l’energia di ionizzazione per l’ He+.
Considera il fotone emesso quando l’elettrone di un atomo di idrogeno compie una transizione dal livello energetico con n = 7 producendo una riga della serie di Paschen.
▶
Determina il rapporto tra l’energia di ionizzazione
per lo stato eccitato n = 4 e l’energia di ionizzazione
del livello fondamentale.
Determina il rapporto tra queste energie.
A singly ionized helium atom (He+) has only one
electron in orbit about the nucleus.
▶
▶
In un atomo di idrogeno, qual è l’energia totale (in eV)
di un elettrone che si trova in un’orbita di raggio
4,761 ∙ 10−10 m?
16
▶
Qual è la sua energia di ionizzazione?
Qual è la minima distanza dal nucleo a cui arriva?
2
▪▪▪
▶
14
▪▪▪
In un esperimento di diffusione, una particella α con
carica +2e ed energia cinetica di 5,0 ∙ 10−13 J è diretta
frontalmente contro un nucleo d’ oro (Z = 79).
▶
Un atomo di idrogeno si trova nello stato eccitato n = 4.
Calcola l’ energia (in joule) del fotone emesso.
Un atomo di idrogeno si trova nello stato eccitato con
n = 3. L’atomo ritorna nello stato fondamentale con
due transizioni consecutive.
▶
18
▪▪▪
19
Calcola la lunghezza d’onda del fotone emesso in
ciascuna di esse.
Nell’atomo di idrogeno il raggio di un’orbita B è sedici
volte quello di un’orbita A. L’energia totale dell’ elettrone nell’orbita A è −3,40 eV.
▶
▪▪▪
Calcola il numero quantico n dello stato eccitato in
cui l’elettrone si porta.
Calcola l’energia totale dell’elettrone nell’ orbita B.
Gli atomi di idrogeno contenuti in un tubo a scarica
emettono fotoni di lunghezza d’onda 410,2 nm.
▶
Calcola i valori iniziale e fnale del numero quantico
n dei due stati coinvolti nella transizione.
993
capitolo
20
▪▪▪
23
ESERCIZI
La natuRa deLL’atomo
eSemPIo
Il positrone è l’antiparticella dell’elettrone: ha la stessa massa dell’elettrone ma la sua carica è positiva. Un elettrone e
un positrone possono unirsi a formare l’analogo di un atomo di idrogeno, che prende il nome di positronio, con il positrone che fa da nucleo positivo al posto del protone.
▶
Nell’approssimazione del modello di Bohr, stabilisci quali sono i livelli energetici del positronio.
La soluzione
Il modello di Bohr ipotizza per l’atomo di idrogeno un sistema classico in cui l’elettrone orbita attorno al protone per
effetto dell’attrazione coulombiana. In una situazione di questo tipo, le particelle ruotano entrambe attorno al centro di
massa del sistema, ma nel caso dell’atomo di idrogeno la massa del protone è circa duemila volte maggiore di quella
dell’elettrone, per cui il centro di massa è di fatto nel protone stesso ed è come se il protone fosse fermo e l’elettrone
orbitasse attorno a esso.
Nel caso del positronio, le due particelle hanno la stessa massa, per cui non si verifca più la situazione in cui una ruota
attorno all’altra, ma entrambe ruotano attorno al loro centro di massa. Poiché elettrone e positrone hanno la stessa
massa, il loro centro di massa coincide con il centro geometrico del sistema che essi stessi formano.
Come abbiamo visto nel capitolo «Impulso e quantità di moto», l’energia cinetica di una sistema composto da due particelle è la somma dell’energia cinetica di traslazione del centro di massa e dell’energia cinetica delle due particelle.
L’energia cinetica di traslazione del centro di massa non è rilevante per quanto riguarda i livelli energetici del positronio, perché è un’energia di traslazione e può essere eliminata mettendosi nel sistema di riferimento del centro di massa
stesso.
L’energia cinetica nel centro di massa è
1
K = _ m r v 2r
2
dove v r è la velocità relativa tra elettrone e positrone e m r è la massa ridotta. Quest’ultima è la metà della massa dell’elettrone, in quanto positrone ed elettrone hanno la stessa massa:
me mp
me
m r = ______ = __
me + mp 2
L’energia totale nel centro di massa è
1
kZ e 2
E = _ m r v 2r − ____
2
r
dove r è la distanza tra elettrone e positrone. Inserendo il valore calcolato per la massa ridotta e tenendo conto che
Z = 1 perché c’è una sola particella con carica +e, possiamo scrivere
1 me
ke2
E = _ __ v 2r − ____
2 2
r
I livelli energetici per il positronio saranno dati dall’equazione:
2π 2m r k 2e 4 ___
2π 2(m e /2)k 2e 4 ___
Z2
1
_________
E n = − _________
=
−
2
2
2
(
)n
(
) n2
h
h
con n = 1, 2, 3, ...
essendo m r = m e /2 e Z = 1; quindi, in defnitiva:
π 2m e k 2e 4 ___
1
1
13,6 eV 1
= − _________ ___2 = −(6,8 eV) ___2
E n = − _________
( 2 )n
( h2 ) n2
n
21
▪▪▪
Il muone ha massa 207 volte quella dell’elettrone ma
ha la stessa carica. Un atomo muonico si forma quando
un muone si unisce a un protone e forma un sistema
tenuto assieme dalla forza coulombiana.
▶
994
Determina i livelli energetici di un atomo muonico.
22
▪▪▪
con n = 1, 2, 3, ...
Nel modello di Bohr dell’idrogeno, l’elettrone si muove in un’orbita circolare intorno al nucleo. Determina
la velocità angolare dell’elettrone, in rivoluzioni al secondo, quando
▶
si trova nel livello fondamentale;
▶
si trova nel primo stato eccitato.
ESERCIZI
23
▪▪▪
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
eSemPIo
Un atomo di idrogeno A, che si trova in uno stato eccitato n A i , effettua una transizione che lo porta a un livello n A f = 4.
Un altro atomo di idrogeno B, altamente eccitato, si trova in un livello n B i molto alto, emette una radiazione e scende
al livello fnale n B f = 5. La radiazione emessa da questo atomo B differisce meno dello 0,5% rispetto a quella emessa
dell’atomo A.
▶
Qual è la lunghezza d’onda delle radiazioni emesse?
La soluzione
La radiazione emessa da un atomo di idrogeno è caratterizzata dalla formula
1
1
1
_
= R __2 − __2
λ
(n f n i )
dove λ è la lunghezza d’onda della radiazione emessa,
R = 1,097 ∙ 107 m−1
è la costante di Rydberg, n i e n f sono i numeri quantici rispettivamente dello stato iniziale e fnale dell’atomo.
Sappiamo che l’atomo B si trova al livello fnale n B f = 5. La minima lunghezza d’onda λB min possibile per la radiazione
emessa da B è quella emessa in una transizione da un’orbita con n B i ≈ ∞, nel qual caso
n B2 f 52 25
λ B min = __ = __ = _
R
R R
Per l’atomo A si ha n A f = 4. Se fosse n A i = 5, la radiazione emessa avrebbe lunghezza d’onda
1 1 1 –1 44,4
λ A = _ __2 − __2 = _ > λ B min
R (4 5 )
R
Se fosse n A i = 6 sarebbe
1 1 1 –1 28,8
λ A = _ __2 − __2 = _ > λ B min
R (4 6 )
R
ma se fosse n A i = 7 allora
1 1 1 –1 23,8
λ A = _ __2 − __2 = _ < λ B min
R (4 7 )
R
e ciò non è possibile. Ne segue che i valori possibili per la transizione dell’atomo A sono n A i = 5 o n A i = 6.
Vediamo le transizioni del primo atomo con n B f = 5: calcoliamo le lunghezze d’onda emesse usando ripetutamente la
formula
1
1
1
_
= R __2 − __2
λ
(n f n i )
a partire da n B i = 6.
Otteniamo i risultati riassunti nella tabella a fanco.
Per valori di n B i più grandi, le lunghezze d’onda emesse sono tutte più
piccole. In questa sequenza, il valore di λ B che differisce meno da uno dei
due possibili valori di λ A è quello che corrisponde a n B i = 14, e infatti la
differenza tra le due lunghezze d’onda è minore dello 0,5%:
28,8 _
28,7
_
−
λ_______
R
R
A − λB
= ___________ < 0,5%
λB
28,7
_
R
nBi
λB
6
81,8/R
7
51,0/R
8
41,0/R
9
36,2/R
10
33,3/R
11
31,5/R
12
30,3/R
13
29,3/R
14
28,7/R
15
28,1/R
Pertanto la lunghezza d’onda emessa è
28,7
28,7
λ A ≈ λ B = _ = __________
= 2,6 ∙ 10−6 m
R
1,097 ∙ 107 m−1
995
capitolo
24
▪▪▪
▪▪▪
ESERCIZI
La natuRa deLL’atomo
Per l’ idrogeno atomico, la serie di Paschen viene prodotta quando n f = 3, mentre la serie di Brackett si verifca quando n f = 4.
▶
25
23
5
26
Dimostra che gli intervalli di lunghezze d’onda per
queste due serie si sovrappongono parzialmente.
▪▪▪
L’elettrone di un certo atomo di idrogeno ha numero
quantico orbitale l = 5.
▶
Un atomo di idrogeno emette un fotone a seguito di
una transizione da uno stato eccitato (n = N) allo stato
fondamentale (n = 1). Il fotone ha quantità di moto
5,452 ∙ 10−27 kg ∙ m/s.
▶
L’atomo di idrogeno secondo
la meccanica quantistica
27
▪▪▪
Determina N.
Un elettrone in un atomo ha numero quantico principale n = 6 e numero quantico magnetico m l = 2.
▶
Suggerimento: per la costante di Planck usa il valore
6,626 ∙ 10−34 J ∙ s.
28
▪▪▪
Calcola la minima energia totale dell’elettrone in
elettronvolt.
Quali sono i valori permessi per il numero quantico
azimutale l?
eSemPIo
Un atomo di idrogeno si trova in uno stato eccitato nel quale bastano 1,51 eV per ionizzarlo.
▶
Quali sono i possibili valori del suo momento angolare?
La soluzione
L’energia dell’atomo è E = –1,51 eV perché a E = 0 l’atomo è ionizzato, cioè l’elettrone è separato dal protone.
I livelli energetici dell’atomo sono dati dalla formula
Z2
E n = − (13,6 eV) ___2 con n = 1, 2, 3, ...
n
Con Z = 1
1
E n = − (13,6 eV) ___2
n
con n = 1, 2, 3, ...
Se E = –1,51 eV, deve essere
1
1,51 eV = (13,6 eV) ___2
n
da cui segue
n=
√
__
_
13,6
_
= √ 9,00 = 3
1,51
I valori permessi del momento angolare sono i numeri interi l minori di n; nel nostro caso l = 0, 1, 2.
Il valore del momento angolare L è dato dalla formula
_ h
_
L = √ l(l + 1) _ = √ l(l + 1) (1,06 ∙ 10−34 J ∙ s)
2π
Se l = 0 allora L = 0. _
2 (1,06 ∙ 10−34 J ∙ s) = 1,49 ∙ 10−34 J ∙ s.
Se l = 1 allora L = √_
Se l = 2 allora L = √ 6 (1,06 ∙ 10−34 J ∙ s) = 2,58 ∙ 10−34 J ∙ s.
29
▪▪▪
Il valore massimo del numero quantico magnetico nello stato A è m l = 2, mentre nello stato B è m l = 1.
▶
30
▪▪▪
Quanto vale il rapporto L A/L B tra le grandezze dei
momenti angolari orbitali di un elettrone nei due
stati?
L’elettrone in un certo atomo di idrogeno ha un momento angolare di 8,948 ∙ 10−34 J ∙ s.
▶
996
31
▪▪▪
Qual è il valore massimo possibile della componente
z del momento angolare di questo elettrone? (Usa
h = 6,626 ∙ 10−34 J ∙ s)
32
▪▪▪
Un atomo di idrogeno si trova nel secondo stato eccitato. Determina, secondo la meccanica quantistica:
▶
l’energia totale (in eV) dell’atomo;
▶
il valore massimo del momento angolare per un elettrone che si trovi in tale stato;
▶
il valore massimo che può assumere la componente z
del momento angolare L z.
Per un elettrone di un atomo di idrogeno, la componente z del momento angolare ha il valore massimo
L z = 4,22 ∙ 10−34 J ∙ s.
ESERCIZI
▶
6
33
▪▪▪
36
▪▪▪
Determina (algebricamente) i tre minimi valori possibili che può assumere l’ energia totale (in elettronvolt) dell’atomo.
capitolo
34
▪▪▪
Il principio di esclusione di Pauli
e la tavola periodica degli elementi
Considera le seguenti confgurazioni: (a) 3s1, (b) 2d2,
(c) 3s4, (d) 4p8, (e) 5f122.
▶
Quale di esse non è possibile?
▶
Per le confgurazioni non possibili, dai una spiegazione.
35
▪▪▪
23
La natuRa deLL’atomo
Due dei tre elettroni di un atomo di litio hanno numeri
quantici rispettivamente n = 1, l = 0, m l = 0, m s = +1/2 e
n = 1, l = 0, m l = 0, m s = −1/2. Quali numeri quantici può
avere il terzo elettrone se l’atomo si trova:
▶
nel livello fondamentale?
▶
nel primo stato eccitato?
In modo analogo alla tabella 3, scrivi la confgurazione
elettronica del livello fondamentale dell’ arsenico As
(Z = 33). Fai riferimento alla fgura 17 per l’ ordine in
cui vanno riempiti i sottogusci.
eSemPIo
Un elemento nello stato fondamentale è indicato come 3p4.
▶
Stabilisci di quale elemento si tratta.
La soluzione
3p4 indica lo stato di riempimento del guscio più esterno. Il 3 sta a indicare n = 3. Ciò signifca che sono riempiti i gusci
con n = 1 e n = 2, mentre quello con n = 3 è parzialmente riempito.
Nel guscio n = 1 è possibile avere solo l = 0 e perciò m = 0.
Pertanto sono presenti 2 elettroni soltanto, uno con spin +1/2 e l’altro con spin −1/2.
Nel guscio con n = 2 possiamo avere l = 0, che impone m = 0 e anche qui abbiamo 2 elettroni con spin ±1/2. Se n = 2
è possibile avere anche l = 1.
In questo caso m ha 3 possibili valori, m = –1; m = 0 e m = +1. Per ciascuno di questi 3 valori abbiamo 2 elettroni con
spin ±1/2.
Perciò nel guscio n = 2 ci sono 8 elettroni.
Il guscio con n = 3 ammette l = 0, l = 1 e l = 2.
Quando l = 0 si ha solo m = 0 e con questi numeri quantici ci sono 2 elettroni con spin ±1/2.
La lettera p in 3p4 indica che gli ultimi stati quantici occupati sono quelli relativi a l = 1, per cui tutti gli stati con l = 2
sono vuoti.
Dei 6 possibili stati con l = 1, solo 4 sono occupati e questo è il signifcato del 4 in apice a 3p4.
In defnitiva nel guscio con n = 3 sono presenti 6 elettroni.
In totale nell’elemento 3p4 abbiamo 2 + 8 + 6 = 16 elettroni. Pertanto Z = 16. L’elemento corrispondente a Z = 16 è lo
zolfo.
37
▪▪▪
La fgura 17 è stata costruita usando il principio di
esclusione di Pauli e indica che il guscio n = 1 contiene
2 elettroni, il guscio n = 2 ne contiene 8 e il guscio n = 3
ne contiene 18. Questi numeri possono essere ottenuti
addizionando i numeri che la fgura fornisce per i sottogusci contenuti in un particolare guscio.
▪▪▪
Quanti elettroni può contenere il guscio n = 5, che è
solo parzialmente mostrato in fgura?
▪▪▪
▶
38
▪▪▪
39
▪▪▪
7
Suggerimento: fai riferimento alla fgura 17 per l’ordine in cui vanno riempiti i sottogusci.
Molybdenum has an atomic number of Z = 42.
40
41
Write down the fourteen sets of the four quantum
numbers that correspond to the electron in a completely flled 4f subshell.
Qual è l’atomo con il minimo numero atomico contenente lo stesso numero di elettroni nel sottoguscio s e
nel sottoguscio d?
I raggi X
42
▪▪▪
▶
Using the Bohr model, estimate the wavelength of
the Kα X-ray.
Nello spettro di raggi X del niobio (Z = 41), un picco
Kα è osservato alla lunghezza d’onda di 7,462 ∙ 10−11 m.
▶
Determina la differenza tra la lunghezza d’onda osservata al picco Kα e quella predetta dal modello di
Bohr.
▶
Esprimi il valore trovato nel punto precedente come
percentuale della lunghezza d’onda osservata.
Quando un certo elemento viene bombardato con elettroni ad alta energia, raggi X di tipo Kα con un’energia
di 9890 eV vengono emessi.
▶
Determina il numero atomico Z dell’elemento e
identifca l’elemento stesso. Usa il modello di Bohr.
997
capitolo
43
▪▪▪
23
ESERCIZI
La natuRa deLL’atomo
eSemPIo
L’emissione di raggi X da parte di una lastra di metallo mostra un picco molto alto in corrispondenza della lunghezza
d’onda λ = 1,93 ∙ 10−10 m.
▶
Di quale metallo è fatta la lastra?
La soluzione
Il fatto che il picco sia molto alto, fa pensare che si tratti del picco Kα del metallo, vale a dire quello dovuto all’emissione
di raggi X prodotti da elettroni che effettuano la transizione da n = 2 a n = 1 a causa del fatto che un elettrone del guscio
con n = 1 è stato scalzato via.
Poiché nel guscio con n = 1 sono presenti 2 elettroni, si deve considerare che l’elettrone del guscio con n = 2 sia attratto da
un nucleo con Z − 1 protoni, invece di Z, perché uno dei protoni è schermato dall’elettrone rimasto nel guscio con n = 1.
Allora, usando n i = 2, n f = 1 e Z − 1 al posto di Z, si ha
1
1 1
3
_
= R __2 − __2 (Z − 1)2 = _ R (Z − 1)2
(1 2 )
λ
4
essendo R = 1,097 ∙ 107 m−1 la costante di Rydberg, da cui
_
4
Z − 1 = ____ ⇒
3Rλ
√
Z=1+
√
_
4
____
3Rλ
Sostituendo i valori numerici risulta
_
√4
_______________________
Z =1 +
= 26,1
3 (1,097 ∙ 107 m−1)(1,93 ∙ 10−10 m)
Z deve essere intero, per cui Z = 26 è il valore intero più vicino. L’elemento con Z = 26 è il ferro, per cui la lastra è di
ferro.
44
▪▪▪
Il modello di Bohr, anche se non è totalmente applicabile, può essere usato per stimare l’energia minima E min
che un elettrone deve avere entrando in un tubo a raggi
X in modo da scalzare un elettrone del guscio K di un
atomo in un bersaglio metallico. La lunghezza d’onda
della riga Kα del metallo A è 2,0 volte la lunghezza
d’onda della riga Kα del metallo B.
▶
45
▪▪▪
46
▪▪▪
47
48
▪▪▪
Quanto vale la lunghezza d’ onda della Bremsstrahlung corrispondente al 35,0% dell’ energia cinetica con cui un elettrone urta contro la targhetta
metallica del tubo?
Quanto vale la minima differenza di potenziale che
deve essere applicata a un tubo a raggi X per espellere
completamente un elettrone del guscio K di un atomo
bersaglio di rame (Z = 29)? Usa in maniera appropriata il modello di Bohr.
Un tubo a raggi X contiene una targhetta di argento
(Z = 47). La differenza di potenziale V ai capi del tubo
viene aumentata a partire da zero.
Usando il modello di Bohr determina il valore di
Un elettrone, in moto a una velocità di 6,00 ∙ 107 m/s,
colpisce la targhetta di un tubo a raggi X. Nell’ urto l’ elettrone decelera fno a una velocità pari a un quarto di
quella originaria, emettendo nel processo un raggio X.
▶
8
50
▪▪▪
Un tubo a raggi X funziona a una differenza di potenziale di 52,0 kV.
▶
998
49
▪▪▪
Qual è il rapporto tra le energie minime dei due metalli, E A min /E B min ?
Usando il modello di Bohr, stabilisci quale elemento
può emettere raggi X di tipo Kα con una lunghezza
d’onda di 4,5 ∙ 10−9 m.
▶
▪▪▪
V per cui i raggi X del tipo Kα iniziano ad apparire
all’interno dello spettro.
Il laser
Un laser viene usato in chirurgia oculistica per impedire il distacco della retina. La lunghezza d’onda del raggio laser è di 514 nm e la sue potenza è di 1,5 W. Durante l’intervento, il laser emette impulsi di 0,050 s.
▶
51
▪▪▪
52
▪▪▪
Calcola la lunghezza d’onda del fotone emesso.
Quanti fotoni vengono emessi in ogni impulso?
Un laser pulsato emette luce sotto forma di brevi impulsi, aventi ciascuno la durata di 25 ms. La potenza
media di ogni impulso è di 5,00 mW e la lunghezza
d’onda della luce è 633 nm. Determina:
▶
l’energia di ogni impulso;
▶
il numero di fotoni contenuti in ciascun impulso.
In particolari interventi chirurgici sull’occhio si usa un
laser YAG al neodimio (lunghezza d’onda = 1064 nm).
In un singolo trattamento il laser trasferisce all’ occhio
un’energia di 4,1 ∙ 10−3 J.
▶
Quanti fotoni sono emessi in un trattamento?
ESERCIZI
53
▪▪▪
capitolo
23
La natuRa deLL’atomo
eSemPIo
Al prezzo di pochi euro è possibile acquistare laser a stato solido di potenza 1 mW da usare come puntatori. Esistono in commercio laser rossi,
verdi e blu, di lunghezza d’onda rispettivamente 650 nm, 532 nm e
405 nm.
▶
Qual è il numero di fotoni emessi in 1 ms da ciascuno di questi laser?
Il numero di fotoni differisce leggermente da un tipo di laser all’altro
perché le diverse lunghezze d’onda corrispondono a frequenze diverse e
perciò è diverso il valore energetico del fotone stesso.
L’energia del fotone è data dalla legge di Einstein E = hf, dove h è la
costante di Planck e f è la frequenza, che è data da f = c/λ; pertanto
l’energia di un fotone è
© rsi.ch
La soluzione
hc
E=_
λ
In un intervallo di tempo ∆t, un laser di potenza P emette un’energia E tot = P∆t. Il numero di fotoni emessi è
E tot P∆t
N = __ = _ λ = κλ
E
hc
proporzionale alla lunghezza d’onda tramite la costante
P∆t
(1,0 ∙ 10−3 W)(1,0 ∙ 10−3 s)
κ = _ = ______________________
= 5,1 ∙ 1018 m−1
hc (6,6 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,0 ∙ 108 m/s)
Allora per il laser rosso avremo
N rosso = κλ rosso = (5,1 ∙ 10 18 m−1)(650 ∙ 10−9 m) = 3,3 ∙ 10 12 fotoni
Per il laser verde
N verde = κλ verde = (5,1 ∙ 10 18 m−1)(532 ∙ 10−9 m) = 2,7 ∙ 10 12 fotoni
Per il laser blu
N blu = κλ blu = (5,1 ∙ 10 18 m−1)(405 ∙ 10−9 m) = 2,1 ∙ 10 12 fotoni
54
▪▪▪
Il laser ultravioletto a eccimeri, usato in oculistica
nella tecnica PRK per risolvere problemi di vista,
ha una lunghezza d’onda di 190 nm. Un laser ad anidride carbonica produce una lunghezza d’onda di
1,06 ∙ 10−5 m.
▶
55
▪▪▪
Qual è il numero minimo di fotoni che il laser ad
anidride carbonica deve produrre per far arrivare
a un bersaglio una quantità di energia pari o superiore a quella di un singolo fotone del laser a eccimeri?
La fusione è il processo con cui il Sole produce energia.
Una tecnica sperimentale per produrre fusione controllata utilizza un laser a stato solido che emette una
lunghezza d’onda di 1060 nm e può arrivare a una potenza di 1,0 ∙ 10 14 W per un impulso della durata di
1,1 ∙ 10−11 s. Come confronto, il laser elio-neon utilizzato
alle casse dei supermercati nei lettore di codice a barre
emette una lunghezza d’onda di 633 nm e produce una
potenza di 1,0 ∙ 10−3 W.
▶
Per quanto tempo (in giorni) dovrebbe funzionare il
laser a elio-neon per produrre lo stesso numero di
fotoni emessi dal laser a stato solido in 1,1 ∙ 10−11 s?
Problemi fnali
56
▪▪▪
La fgura mostra tre livelli di energia di un laser. Questi
livelli sono analoghi a quelli degli atomi di neon presenti in un laser a elio-neon. Il livello E 2 è un livello
metastabile, mentre il livello E 0 è il livello fondamentale. La differenza tra i livelli di energia è mostrata in fgura.
▶
Quale energia (in eV per elettrone) deve fornire una
sorgente esterna per attivare il laser?
▶
Qual è la lunghezza d’onda della luce del laser?
▶
In quale regione dello spettro elettromagnetico si
trova la luce del laser?
⎧
⎪
⎪
⎪
⎪
⎪
0,289 eV ⎨
⎪
⎪
⎪
⎪
⎪
⎩
E2
0,165 eV
⎧ E1
⎪
⎪
⎨
⎪
⎪
⎩
E0
999
capitolo
57
▪▪▪
60
▪▪▪
23
ESERCIZI
La natuRa deLL’atomo
La tensione alle estremità di un tubo a raggi X è
35,0 kV. Supponi che il bersaglio di molibdeno (Z = 42)
che si trova nel tubo venga sostituito con uno d’argento
(Z = 47). Determina:
59
▶
la lunghezza d’onda di taglio del tubo;
▶
la lunghezza d’onda dei fotoni Kα emessi dai bersagli
di molibdeno e d’argento.
The atomic number of lead is Z = 82.
58
▪▪▪
▪▪▪
▶
According to the Bohr model, what is the energy (in
joules) of a Kα X-ray photon?
La riga Kβ di raggi X del tungsteno ha una lunghezza
d’onda di 1,84 ∙ 10−11 m.
▶
Calcola la differenza di energia tra i livelli che danno
luogo a questa riga, esprimendo la risposta in joule.
▶
Esprimi la stessa risposta in elettronvolt.
eSemPIo
Una particella α entra in un recipiente pieno d’acqua, rallenta e cattura un elettrone, formando uno ione He+. Approssimiamo con E = 0 l’energia dell’elettrone prima di essere catturato e supponiamo che l’elettrone sia sceso al livello
n = 1 dell’energia.
▶
Calcola la lunghezza d’onda del fotone emesso nella cattura.
▶
A quale parte dello spettro appartiene?
La soluzione
▶
La particella α è un nucleo di elio, per cui Z = 2 . Il livello con n = 1 ha un’energia data da
Z2
E n = −(13,6 eV) ___2 con n = 1 e Z = 2
n
22
E = −(13,6 eV) ___2 = −54,4 eV
1
Inizialmente l’elettrone è libero e dotato di energia cinetica per cui E > 0, ma per semplicità si assume che nell’istante
della cattura abbia energia nulla E = 0. Nel passare al livello n = 1, l’elettrone emette un fotone di energia
E = 54,4 eV = 54,4 (1,60 ∙ 10−19 J) = 8,7 ∙ 10−18 J
La lunghezza d’onda è
hc (6,6 ∙ 10−34 J ∙ s)(3,0 ∙ 108 m/s)
= 2,3 ∙ 10−8 m = 23 nm
λ = _ = ____________________
E
8,7 ∙ 10−18 J
▶
61
▪▪▪
62
63
▪▪▪
64
▪▪▪
1000
n. Secondo la meccanica quantistica, tuttavia, esiste
una regola che limita i valori iniziale e fnale del numero quantico azimutale l. Questa regola viene denominata regola di selezione e afferma che ∆l = ±1. In base a
questa regola, stabilisci quali delle seguenti transizioni
sono permesse:
L’energia dell’orbita di Bohr n = 2 è −30,6 eV per un
atomo ionizzato non identifcato nel quale solo un elettrone si muove intorno al nucleo.
▶
▪▪▪
Appartiene all’ultravioletto estremo.
Qual è il raggio dell’orbita n = 5 per questa specie
chimica?
Determina la confgurazione elettronica del livello fondamentale del cadmio (Z = 48).
▶
2s → 1s
▶
2p → 1s
Nello spettro a righe dell’ idrogeno atomico è presente
anche un gruppo di righe noto come serie di Pfund. Tali
righe vengono prodotte quando gli elettroni, eccitati
verso livelli di energia molto elevata, compiono una
transizione verso il livello n = 5.
▶
4p → 2p
▶
4s → 2p
▶
3d → 3s
▶
Determina la massima lunghezza d’ onda della serie.
▶
Determina la minima lunghezza d’ onda della serie.
▶
Individua la regione dello spettro elettromagnetico
in cui cadono le righe della serie.
Quando un elettrone compie una transizione tra i livelli energetici di un atomo, non esistono restrizioni per il
valore iniziale e fnale del numero quantico principale
65
▪▪▪
Il litio doppiamente ionizzato (Li2+, Z = 3) e il berillio
ionizzato tre volte (Be3+, Z = 4) emettono uno spettro a
righe. Per una determinata serie di righe dello spettro
del litio, la minima lunghezza d’onda vale 40,5 nm.
▶
66
▪▪▪
Quanto vale la minima lunghezza d’onda per la stessa serie di righe nello spettro del berillio?
Il momento angolare orbitale dell’elettrone di un atomo di idrogeno è L = 3,66 ∙ 10−34 J ∙ s.
ESERCIZI
▶
67
▪▪▪
68
▪▪▪
La natuRa deLL’atomo
stante di Planck e un numero quantico che può assumere solo i valori 1, 2, 3, ...
Quali sono i valori di n i da cui l’elettrone compie la
transizione relativa a tali righe?
Una certa specie chimica di atomi ionizzati produce
uno spettro di righe di emissione in accordo con il modello di Bohr, ma il numero di protoni Z nel nucleo è
sconosciuto. Un gruppo di righe nello spettro forma
una serie in cui la lunghezza d’onda più corta è 22,79 nm
e la più lunga è 41,02 nm.
▶
69
Secondo la meccanica quantistica, quali valori può
assumere la componente Lz del momento angolare?
23
Applica il modello di Bohr all’atomo di elio ionizzato
una volta (He+, Z = 2). Considera la serie di righe che è
prodotta quando l’ elettrone compie una transizione dai livelli energetici più elevati n i verso quello con
n f = 4. Alcune righe si trovano nella regione visibile
dello spettro (380 nm-750 nm).
▶
▪▪▪
capitolo
70
▪▪▪
Trova la lunghezza d’onda più vicina a quella più lunga in questa serie.
Considera una particella di massa m che può trovarsi
solo nell’ intervallo compreso tra x = 0 e x = +L dell’asse x. Si può dire che la particella è confnata in una
«scatola» di lunghezza L. In questa situazione, considera le onde stazionarie di de Broglie che si possono instaurare dentro la scatola. Le onde presentano nodi sui
lati della scatola. La fgura a fanco in alto illustra le
prime tre possibilità.
▶
L
Ricava un’espressione per la velocità dell’ elettrone
nell’ennesima orbita di Bohr, in termini di Z, n e delle
costanti k, e e h. Per l’atomo di idrogeno, determina la
velocità nell’orbita con
▶
n = 1;
▶
n = 2.
In generale, quando le velocità sono inferiori a un decimo della velocità della luce si possono ignorare gli effetti relativistici.
▶
71
Usando l’equazione λ = h/p per la lunghezza d’onda di de Broglie di una particella, ricavane un’espressione per le energie cinetiche permesse alla
particella.
È possibile ignorarli nei due casi n = 1 e n = 2?
Un atomo assorbe 1,17 eV da un fotone incidente.
Se emette immediatamente un altro fotone con
λ = 580 nm, qual è la lunghezza d’onda del fotone incidente?
(Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie,
Università degli Studi di Torino, 2004-2005)
Suggerimento: questa espressione contiene m, L, la co-
domande
A temperatura ambiente, la maggior parte degli
atomi di idrogeno si trova nello stato fondamentale (n = 1). Un tubo pieno di idrogeno atomico è
attraversato da radiazione elettromagnetica avente
uno spettro continuo di lunghezze d’onda, comprese
quelle delle serie di Lyman, Balmer e Paschen. Quali
righe di assorbimento presenta lo spettro della radiazione che esce dal tubo?
4
A basse lunghezze d’onda lo spettro dei raggi X termina in maniera repentina a una lunghezza d’ onda λ 0 di
taglio (fgura 20). Tale lunghezza d’onda dipende dal
materiale di cui è composta la targhetta metallica del
tubo a raggi X?
5
Perché un raggio laser focalizzato su una zona molto
piccola può tagliare un pezzo di metallo?
2
Quando l’ elettrone più esterno di un atomo si trova in
uno stato eccitato, l’ atomo è più facilmente ionizzabile.
Perché?
6
Supponi che un laser produca luce verde, al posto di
quella rossa fornita dal laser a elio-neon. I fotoni emessi da tale laser hanno energia maggiore, minore o uguale rispetto a quelli del laser a elio-neon?
3
Una confgurazione elettronica per il manganese
(Z = 25) è
7
Descrivi nelle sue linee essenziali le caratteristiche del
modello atomico ideato da Rutherford e gli esperimenti che condussero alla sua elaborazione.
8
Enuncia e illustra le due ipotesi che sono alla base del
modello atomico di Bohr.
1
1s22s22p63s23p64s23d44p1
È una confgurazione relativa allo stato fondamentale
o a uno stato eccitato?
1001
capitolo
23
ESERCIZI
La natuRa deLL’atomo
9
Spiega il signifcato dei quattro numeri quantici n, l, m l ,
ms.
10
Spiega con quale criterio è costituito il sistema periodi-
co degli elementi.
11
Dopo aver spiegato il meccanismo con cui si produce
un fascio di luce laser, descrivi le caratteristiche principali di tale luce.
7
L’energia cinetica dell’elettrone nello stato fondamentale dell’atomo di idrogeno è +13,6 eV. Qual è la sua
energia potenziale?
test
1
Quale modello atomico è stato proposto per interpretare i risultati dell’ esperimento mostrato in fgura?
a Atomo di Bohr.
b Modello planetario.
a +13,6 eV
c +27,2 eV
c Modello «a panettone».
b −13,6 eV
d −27,2 eV
Schermo
d Modello
quantomeccanico.
8
Sottile lamina di metallo
Fascio di particelle α
2
3
Nel modello di Rutherford il rapporto tra il raggio del
nucleo e il raggio delle orbite elettroniche è:
a 105
c 103
b 10−5
d 10−3
a 54,4 eV
c 13,6 eV
b 27,2 eV
d 3,40 eV
Secondo la meccanica quantistica lo stato fondamentale dell’atomo di idrogeno ha:
a energia cinetica nulla.
b momento angolare orbitale nullo.
c energia di ionizzazione nulla.
Nel modello atomico di Bohr il momento angolare
dell’elettrone:
a è nullo.
4
9
L’energia necessaria per rimuovere l’ultimo elettrone
da un atomo di elio ionizzato He+ (Z = 2) è:
d energia di legame nulla.
b è quantizzato.
Quanti stati con n = 3 e m l = 0 sono permessi a un atomo di idrogeno?
c può assumere qualunque valore compreso fra 0 e h.
a 2
c 6
d è h/(2π).
b 4
d 8
10
Bohr fece l’ipotesi che le orbite degli elettroni sono
stazionarie:
11
Quale dei seguenti insiemi di numeri quantici non è
possibile?
a a causa del principio di Pauli.
b a causa del principio di indeterminazione.
c perché devono essere circolari.
d perché la fsica classica prevede che l’elettrone dovrebbe cadere sul nucleo.
5
Qual è la più grande lunghezza d’onda della serie di
Paschen dell’atomo di idrogeno?
a 8,204 ∙ 10−7 m
−6
b 1,875 ∙ 10 m
6
c 5,502 ∙ 10−6 m
d 9,312 ∙ 10−5 m
Un atomo di rame emette radiazioni elettromagnetiche
con lunghezze d’onda che:
a sono caratteristiche del rame.
b sono identiche a quelle di tutti gli altri elementi.
c sono equispaziate su tutto lo spettro.
d possono avere un qualunque valore.
1002
12
13
n
l
ml
ms
a
2
3
−2
+1/2
b
3
1
0
−1/2
c
4
3
+2
+1/2
d
5
4
−4
+1/2
Quale delle seguenti confgurazioni elettroniche corrisponde a un atomo nello stato fondamentale?
a 1s22s12p6
c 1s22s22p1
b 1s22s12p1
d 1s22s23p1
In un tubo a vuoto, elettroni di 35 keV incidono su una
targhetta di cobalto (Z = 27). La lunghezza d’onda di
taglio dei raggi X emessi è:
a 1,4 ∙ 10−11 m
b 1,8 ∙ 10
−11
m
c 2,9 ∙ 10−11 m
d 3,6 ∙ 10−11 m
ESERCIZI
14
capitolo
a 5,13 ∙ 10−10 m
E3
b 8,54 ∙ 10−10 m
c 2,00 ∙ 10
λ32
m
E2
d 3,60 ∙ 10−11 m
15
λ21
Nella condizione nota come «inversione di popolazione»:
Quale o quali delle seguenti affermazioni sono corrette?
b ci sono più elettroni nello stato fondamentale rispetto a uno stato a energia maggiore.
1) λ 31 = λ 21 + λ 32 .
c il numero di stati popolati da elettroni è maggiore
di quello degli stati vuoti.
2) La frequenza della radiazione di lunghezza d’onda
λ 32 è minore di quella della radiazione di lunghezza
d’onda λ 31 .
d in una miscela di elementi vi è un componente con
un numero maggiore di atomi rispetto agli altri.
3) Se λ 31 è una lunghezza d’onda nella regione dell’ultravioletto, allora λ 21 potrebbe essere una lunghezza
d’onda nello spettro visibile.
Un fotone della radiazione di un certo laser viene
emesso quando un elettrone esegue una transizione da
un livello energetico dove possiede maggiore energia
verso un livello a minore energia; il livello superiore ha
un’energia di −2,2 ∙ 10−19 J, l’ altro di −3,3 ∙ 10−19 J. L’energia contenuta in un impulso di radiazione emessa
dal laser è di 10 J. Quanti fotoni ci sono in un impulso
di radiazione di quel laser?
b 3,0 ∙ 10
d Soltanto la 1.
b Sia la 1 sia la 2.
e Soltanto la 3.
(Gara di 1° livello edizione 2000)
19
c 3,7 ∙ 10 19
Un laser emette un fascio di luce più intenso rispetto a
quello di un laser apparentemente identico; ciò vuol
dire che emette:
a fotoni di frequenza più elevata.
d 4,5 ∙ 10 19
b un maggior numero di fotoni al secondo.
e 9,1 ∙ 10 19
c fotoni il cui spettro di frequenza è più ampio.
(Gara di 1° livello edizione 2008)
17
a Tutte e tre.
c Sia la 2 sia la 3.
18
a 1,8 ∙ 10 19
λ31
E1
a ci sono più elettroni in uno stato a energia maggiore
rispetto allo stato fondamentale.
16
La natuRa deLL’atomo
d’onda delle radiazioni emesse quando gli elettroni
«saltano» tra i livelli di energia E 1 , E 2 ed E 3 , come indicato dalle frecce.
La lunghezza d’ onda dei fotoni X della riga Kα dell’oro
(Z = 79) è:
−11
23
d fotoni di frequenza minore.
(Concorso a borse di studio per l’ iscrizione ai corsi di
laurea della classe «Scienze e Tecnologie Fisiche» della
SIF, 2006-2007)
Il diagramma mostrato in fgura rappresenta la struttura dei livelli energetici per gli elettroni degli orbitali in
un certo atomo e λ 1 , λ 2 e λ 3 rappresentano le lunghezze
VeRSo L’eSame dI Stato
1 QueSIto
In un’oRa
Stato fondamentale di atomi
La confgurazione elettronica dell’atomo di carbonio C (Z = 6) nel suo stato fondamentale è
1s22s22p2
a Scrivi per esteso i numeri quantici di ciascuno dei 6 elettroni.
b Perché lo stato fondamentale dell’atomo di carbonio non è 1s6? Giustifca la risposta.
c Scrivi la confgurazione elettronica dello stato fondamentale dell’atomo di azoto N (Z = 7).
d Spiega perché i livelli energetici di uno ione He+ sono determinati dalla formula
22
En = (–13,6 eV) _2
n
e Lo ione He+ può essere ulteriormente ionizzato, strappando l’unico elettrone dall’attrazione dei protoni nel
nucleo, da una radiazione ultravioletta con lunghezza d’onda di 37 nm? Giustifca la risposta.
1003
capitolo
23
ESERCIZI
La natuRa deLL’atomo
2 QueSIto SuLLe ComPetenZe
Spettri!
In un’oRa
a Scrivi la condizione di quantizzazione del momento angolare dell’elettrone nell’atomo di idrogeno introdotta da
Bohr. Deriva tale condizione dall’ipotesi che all’elettrone sia associata un’onda di de Broglie.
b Osserva la porzione dello spettro solare nel visibile (fgura A ). Le linee scure sono linee di assorbimento dette righe di Fraunhofer. Identifca la linea che corrisponde alla transizione dell’idrogeno dal livello n = 2 al livello n = 3.
Può esserti utile uno dei due dati seguenti: costante di Rydberg R = 1,097·107 m-1, E1 = –13,6 eV.
A
http://www.cynmar.com/images/items/Fullsize/09528640.jpg
c L’atomo di idrogeno può emettere fotoni X? Giustifca la risposta.
d Il grafco di fgura B riporta lo spettro di raggi X emesso da una targhetta di tungsteno sottoposta a un fusso di
elettroni accelerati da una differenza di potenziale di 87 keV.
Illustra le caratteristiche dello spettro, spiegando l’origine dello spettro continuo e dello spettro a righe.
35
Conteggi per canale (103)
30
Kα
25
20
15
Kβ
10
5
0
0
10
20
30
40
50
60
Energia dei fotoni (keV)
70
80
90
B
RuBRICa dI VaLutaZIone deL QueSIto SuLLe ComPetenZe
Risposta o giustificazione
non risponde
Punteggio
Richiesta
1
sbagliata
incompleta
completa con
errori
completa e
corretta
4
7
11
15
Competenza prevalente
a
3 Formalizzare
b
3 Formalizzare
c
2 Formulare ipotesi
d
1 Osservare
......
Punteggio _
60
1004
=
......
_
15
capitolo
24
Fisica nucleare
e radioattività
© Kamioka Observatory, ICRR, The University of Tokyo
La struttura del nucleo
1
Gli atomi sono formati da elettroni orbitanti intorno a un nucleo centrale. Il nucleo
di un atomo è formato da protoni e neutroni, denominati nucleoni. Il neutrone, scoperto nel 1932 dal fsico inglese James Chadwick (1891-1974), non possiede carica
elettrica e ha una massa leggermente più grande rispetto al protone (tabella 1).
Tabella 1 ▪ Le proprietà di alcune particelle
Particella
Carica elettrica (C)
Kilogrammi (kg)
Unità di massa
atomica (u)
Elettrone
−1,60 ∙ 10−19
9,109 382 ∙ 10−31
5,485 799 ∙ 10−4
Protone
+1,60 ∙ 10−19
1,672 622 ∙ 10−27
1,007 276
−27
Neutrone
0
1,674 927 ∙ 10
1,008 665
Atomo di idrogeno
0
1,673 534 ∙ 10−27
1,007 825
■
Numero atomico e numero di massa
Ogni nucleo è caratterizzato dai seguenti numeri:
•
•
•
numero atomico Z: è il numero di protoni del nucleo e dipende dal tipo di elemento; in un atomo elettricamente neutro, Z è uguale al numero di elettroni
orbitanti intorno al nucleo;
numero di neutroni N: è il numero di neutroni;
numero di massa A: è il numero di nucleoni presenti nel nucleo, per cui:
A=Z+N
Numero di protoni
e neutroni
(1)
Per indicare il nucleo di un elemento chimico X si usa la notazione indicato a fanco.
Per esempio, il nucleo di potassio, avendo A = 39 e Z = 19, si indica con 39
19 K; il protone si indica con 11 H, in quanto è il nucleo dell’atomo di idrogeno; il neutrone con 10n .
A
ZX
Numero di protoni
1005
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Nel caso dell’elettrone si scrive −10e , essendo A = 0, poiché un elettrone non è costituito da protoni o neutroni, e Z = −1, poiché ha carica elettrica negativa.
■
r
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
I nuclei con lo stesso numero di protoni Z ma con un numero differente di neutroni
si chiamano isòtopi. Il termine «isotopo» deriva dal greco isos topos e signifca «stesso posto»: infatti i nuclei con lo stesso numero di protoni Z, e quindi di elettroni,
occupano lo stesso posto nella tavola periodica degli elementi.
Il carbonio, per esempio, è presente in natura in due forme stabili. Nella maggior
parte degli atomi di carbonio (98,90%), il nucleo è l’isotopo 126 C ed è formato da 6
protoni e 6 neutroni, mentre nel rimanente 1,10% dei casi il nucleo è l’isotopo 136 C ed
è formato da 6 protoni e 7 neutroni.
Le masse atomiche presenti nella tavola periodica costituiscono una media delle
masse atomiche, ricavata tenendo conto delle abbondanze naturali dei vari isotopi.
È importante osservare che due isotopi dello stesso elemento hanno le stesse proprietà chimiche, che dipendono solo dal numero di elettroni e non dalla massa del
nucleo.
■
+
+
+
+
Figura 1
Il nucleo è approssimativamente
sferico (raggio = r) e contiene protoni
( ) strettamente raggruppati insieme
a neutroni ( ).
isotopi
raggio e densità del nucleo
I protoni e i neutroni del nucleo sono raggruppati all’ interno di una regione approssimativamente sferica, come mostrato in fgura 1. Gli esperimenti dimostrano che il
raggio r del nucleo dipende dal numero di massa A e in metri vale approssimativamente:
r ≈ (1,2 ∙ 10−15 m) A 1/3
(2)
Per esempio, il raggio del nucleo di alluminio (A = 27) vale r ≈ (1,2 ∙ 10−15 m) 271/3 =
= 3,6 ∙ 10−15 m. L’ equazione (2) conduce a importanti conclusioni riguardanti la densità nucleare dei vari atomi, come analizzato nell’esempio 1.
eseMPio 1 Piombo e ossigeno a confronto
La densità del piombo solido è molto più elevata rispetto a quella dell’ossigeno
gassoso.
▸ Usando l’equazione (2), stabilisci se la densità del nucleo di piombo è mag-
giore, minore o uguale rispetto a quella del nucleo di ossigeno.
il ragionamento e la soluzione
Se trascuriamo la differenza fra le masse del protone e del neutrone, la massa
M di un nucleo è all’ incirca uguale al prodotto tra il numero di nucleoni A e
la massa del singolo nucleone m: M ≈ mA. Per quanto riguarda il volume, il
nucleo è approssimativamente sferico con raggio r, e quindi V = 4πr 3/3. Ma r 3 è
proporzionale al numero di nucleoni A, come si può vedere elevando al cubo i
due membri dell’equazione (2). Quindi il volume V è proporzionale anche ad A:
V = cA. Di conseguenza, la densità ρ del nucleo è
massa mA
ρ = _ = _ = costante indipendente da A
volume cA
Possiamo concludere che la densità di un nucleo di piombo è approssimativamente uguale a quella di un nucleo di ossigeno. In generale, l’equazione
(2) implica che la densità nucleare ha all’incirca lo stesso valore per tutti
gli atomi. La differenza di densità tra il piombo solido e l’ossigeno gassoso
nasce principalmente dalle diverse distanze fra gli atomi nello stato solido e
in quello gassoso.
1006
capitolo
2
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
L’interazione nucleare forte
e la stabilità dei nuclei
140
•
•
è attrattiva e indipendente dalla carica elettrica dei nucleoni: a una determinata
distanza, la forza tra protone e protone, neutrone e neutrone e protone e neutrone è all’incirca la stessa;
è a corto raggio d’azione: l’attrazione è molto intensa quando due nucleoni si trovano a distanze dell’ordine di 10−15 m e praticamente nulla a distanze più grandi.
Il limitato raggio d’azione dell’interazione nucleare forte gioca un ruolo fondamentale nella stabilità dei nuclei. Affnché un nucleo sia stabile, la repulsione elettrostatica fra i protoni deve essere compensata dall’ attrazione fra nucleoni dovuta all’interazione nucleare. Ma un protone respinge tutti gli altri protoni del nucleo, visto che
la forza elettrica ha un raggio d’ azione infnito, mentre un nucleone esercita una
forza attrattiva soltanto sui nucleoni più vicini. Quando il numero Z di protoni aumenta, il numero N di neutroni, per mantenere la stabilità del nucleo, deve crescere
in maniera più rapida. La fgura 2 mostra il grafco di N in funzione di Z per gli elementi naturali che hanno nuclei stabili.
All’aumentare del numero di protoni in un nucleo, si arriva al punto in cui l’equilibrio tra le forze attrattive e repulsive non può più essere raggiunto, neanche incrementando il numero di neutroni. In defnitiva, il limitato raggio d’azione dell’interazione nucleare forte impedisce ai neutroni aggiuntivi di equilibrare la forza elettrica
repulsiva a lungo raggio fra i protoni.
Il nucleo stabile con il massimo numero di protoni (Z = 83) è il bismuto, 209
83 Bi, che
contiene 126 neutroni. Tutti i nuclei contenenti più di 83 protoni (per esempio l’uranio, Z = 92) sono instabili e, con il passare del tempo, si trasformano in altri nuclei
per disintegrazione o per cambiamento della loro struttura interna.
3
Numero di neutroni N = A – Z
120
Due cariche positive molto vicine, come due protoni in un nucleo, si respingono reciprocamente con una forza elettrostatica intensa. Deve quindi esistere una forza
attrattiva che assicura la stabilità del nucleo. La forza attrattiva gravitazionale è troppo debole per contrastare la forza elettrica repulsiva, quindi a tenere insieme il nucleo c’è una forza di tipo differente.
Tale forza si chiama interazione nucleare forte, o interazione forte, ed è una delle tre forze «fondamentali», nel senso che tutte le forze in natura possono essere
spiegate nei termini di queste tre forze. Le altre forze fondamentali sono la forza
gravitazionale e l’interazione elettrodebole (paragrafo 5).
Le caratteristiche più importanti dell’interazione nucleare forte sono le seguenti:
100
80
60
N=Z
40
20
0
0
20
60
40
80
Numero di protoni Z
Figura 2
Con poche eccezioni, i nuclei naturali
stabili hanno un numero di neutroni N
uguale o superiore a quello dei protoni
Z. Ogni punto di questo grafco
rappresenta un nucleo stabile.
il difetto di massa del nucleo
e l’energia di legame
In un nucleo stabile l’interazione forte mantiene i nucleoni molto legati fra loro. Di
conseguenza, è necessario fornire energia per scindere un nucleo stabile nei suoi
costituenti, come mostra la fgura 3. Più un nucleo è stabile, maggiore è l’ energia richiesta per romperlo. Tale energia viene detta energia di legame del nucleo.
Nella teoria della relatività ristretta energia e massa sono equivalenti; infatti
l’energia a riposo E 0 e la massa m sono collegate dalla relazione E 0 = mc 2, dove c è
la velocità della luce nel vuoto. Quindi una variazione ∆E 0 nell’energia a riposo di
un sistema equivale a una variazione ∆m nella sua massa: ∆E 0 = ∆m c 2. L’energia di
legame fornita per scindere il nucleo ricompare come aumento della massa complessiva dei nucleoni separati (fgura 3).
In altre parole, la somma delle masse dei nucleoni di un nucleo è maggiore di una
quantità ∆m della massa del nucleo stesso. Questa differenza di massa ∆m è nota
come difetto di massa del nucleo ed è legata all’ energia di legame dalla seguente
relazione:
energia di legame = (difetto di massa) c 2 = ∆m c 2
(3)
+
+
+
+
Energia
di legame
+
Nucleo
(massa inferiore)
+
+
Nucleoni separati
(massa superiore)
Figura 3
Per spezzare un nucleo nei suoi
costituenti è necessaria un’energia
chiamata energia di legame.
Al termine ciascun nucleone è fermo
e fuori dal raggio d’azione delle forze
prodotte dagli altri nucleoni.
1007
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
eseMPio 2 Una forza «fortissima»
L’isotopo dell’elio più abbondante in natura 42 He ha il nucleo di massa
6,6447 ∙ 10−27 kg. Calcolane:
▸ il difetto di massa;
▸ l’energia di legame.
il ragionamento e la soluzione
Il nucleo 42 He contiene Z = 2 protoni e N = 4 − 2 = 2 neutroni.
▸ Utilizzando i dati della tabella 1, otteniamo che la somma delle masse dei
singoli nucleoni è
2 (1,6726 ∙ 10−27 kg) + 2 (1,6749 ∙ 10−27 kg) = 6,6950 ∙ 10−27 kg


due protoni
due neutroni
Questo valore è superiore alla massa del nucleo di 42 He; il difetto di massa è
∆m = 6,6950 ∙ 10−27 kg − 6,6447 ∙ 10−27 kg = 0,0503 ∙ 10−27 kg
▸ In base all’ equazione (3), l’ energia di legame è
energia di legame = ∆m c 2 = (0,0503 ∙ 10−27 kg)(3,00 ∙ 108 m/s)2 =
= 4,53 ∙ 10−12 J
Normalmente le energie di legame vengono espresse in elettronvolt anziché
in joule (1 eV = 1,60 ∙ 10−19 J), perciò possiamo scrivere
1 eV
=
energia di legame = (4,53 ∙ 10−12 J) ______
(1,60 ∙ 10−19 J)
= 28,3 MeV
Nel risultato si è usata l’ unità MeV, ovvero milioni di elettronvolt. Il valore
di 28,3 MeV è più di due milioni di volte superiore all’energia necessaria per
espellere un elettrone da un atomo.
■
L’ unità di massa atomica
In calcoli simili a quelli dell’ esempio 2, è consuetudine usare l’unità di massa atomica (u) al posto dei kilogrammi. Come abbiamo visto, l’ unità di massa atomica corrisponde a un dodicesimo della massa dell’atomo di 126 C. La tabella 1 fornisce la massa
dell’elettrone, del protone e del neutrone in unità di massa atomica. L’energia equivalente a un’unità di massa atomica può essere ricavata osservando che la massa di
un protone è 1,6726 ∙ 10−27 kg o 1,0073 u, in modo che
1,6726 ∙ 10−27 kg
1 u = (1 u) ________ = 1,6605 ∙ 10−27 kg
(
)
1,0073 u
e
∆E 0 = ∆m c 2 = (1,6605 ∙ 10−27 kg)(2,9979 ∙ 108 m/s)2 = 1,4924 ∙ 10−10 J
In elettronvolt, un’unità di massa atomica equivale a
1 eV
1 u = (1,4924 ∙ 10−10 J) ______
= 9,315 ∙ 108 eV = 931,5 MeV
(1,6022 ∙ 10−19 J)
Le tabelle riguardanti gli isotopi, come quelle riportate in fondo al volume, forniscono le masse in unità di massa atomica. Normalmente, però, le masse riportate non
sono quelle dei nuclei ma sono masse atomiche, ovvero le masse degli atomi neutri,
comprese quelle degli elettroni. L’ esempio seguente mostra in che modo si possa
tener conto del contributo degli elettroni nell’utilizzare i dati forniti dalle tabelle per
ricavare le energie di legame.
1008
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
eseMPio 3 il contributo degli elettroni
La massa atomica dell’ 42 He è 4,0026 u e la massa atomica dell’ 11 H è 1,0078 u.
▸ Calcola l’energia di legame del nucleo di 42 He.
il ragionamento e la soluzione
La massa di 4,0026 u per l’ 42 He comprende la massa dei due elettroni dell’ atomo
di elio neutro. Per ottenere il difetto di massa dobbiamo sottrarre 4,0026 u dalla
somma delle masse dei singoli nucleoni, comprese le masse degli elettroni. Come
mostrato in fgura 4, teniamo conto della massa degli elettroni utilizzando nei
calcoli la massa degli atomi di idrogeno (1,0078 u) anziché quella dei protoni.
La somma delle singole masse è
2 (1,0078 u) + 2 (1,0087 u) = 4,0330 u


due atomi di H
due neutroni
Il difetto di massa è
∆m = 4,0330 u – 4,0026 u = 0,0304 u
Dal momento che 1 u = 931,5 MeV, l’energia di legame è 28,3 MeV .
4
2He
–
1
1H
–
+
+
+
Energia
di legame
Massa = 4,0026 u
■
–
1
1H
–
1
0n
+
+
Figura 4
Le tabelle di solito forniscono la massa
dell’ atomo neutro (elettroni compresi)
e non la massa del nucleo. Utilizzando
i dati di tali tabelle per determinare
il difetto di massa di un nucleo,
occorre tenere conto della massa
degli elettroni, come mostrato in fgura
per l’ isotopo 42 He dell’ elio.
+
1
0n
Massa = 4,0330 u
Curva dell’ energia di legame per nucleone
L’energia di legame di un nucleo dipende dalla sua struttura interna ma anche dal
numero di nucleoni che contiene. Il rapporto fra l’energia di legame di un nucleo e
il numero A dei suoi nucleoni, detto energia di legame per nucleone, è una grandezza che dipende solo dalla struttura del nucleo.
I nuclei più stabili hanno grandi energie di legame per nucleone. Il grafco di fgura 5 riporta l’energia di legame per nucleone in funzione di A. L’energia di legame
Energia di legame per nucleone (MeV/nucleone)
10
8 4
16
8O
2He
19
9F
12
6C
6
56
26Fe
31
15P
39
19K
75
33As
153
63Eu
90
40Zr
120
50Sn
209
83Bi
238
92U
14
7N
6
3Li
4
3
1H
2
2
1H
0
0
Figura 5
50
100
150
Numero di nucleoni A
200
250
Grafco dell’ energia di legame
per nucleone in funzione del numero
di nucleoni A.
1009
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
per nucleone aumenta rapidamente nel caso di nuclei con piccola massa, con un
picco marcato per l’ 42 He, e raggiunge un massimo di circa 8,7 MeV/nucleone per
A = 60.
Per un numero di nucleoni superiore, l’energia di legame per nucleone diminuisce gradatamente. Si arriva così al punto in cui non è presente un’energia di legame
suffciente a mantenere unito il nucleo. I nuclei aventi masse superiori a quella del
bismuto 209
83 Bi sono instabili e quindi radioattivi.
4
La radioattività
Quando un nucleo instabile o radioattivo si disintegra spontaneamente, esso emette
particelle o fotoni altamente energetici, detti genericamente radiazioni o raggi.
La radioattività naturale, scoperta dal francese Henri Becquerel (1852-1908) nel
1896, produce tre tipi di radiazioni: raggi α, β e γ.
La notazione utilizza le prime tre lettere dell’alfabeto greco, alfa (α), beta (β) e
gamma (γ) per indicare la crescente capacità di penetrare i mezzi materiali. I raggi α
sono i meno penetranti e vengono bloccati da una lamina molto sottile di piombo
(≈ 0,01 mm), mentre i raggi β percorrono nel piombo distanze un po’ più elevate
(≈ 0,1 mm). I raggi γ sono i più penetranti e possono attraversare uno spessore di
piombo notevole (≈ 100 mm).
I primi esperimenti sulla radioattività furono effettuati con dispositivi molto
semplici, simili a quello schematizzato in fgura 6. Un campione di materiale radioattivo era contenuto all’ interno di un cilindro di piombo con un piccolo foro. Il cilindro era posto in una camera a vuoto, in cui vi erano un campo magnetico (nella fgura il campo è perpendicolare al foglio) e una lastra fotografca, che registrava tre
macchie distinte. Visto che le particelle in moto sono deviate da un campo magnetico solo se sono elettricamente cariche, questo esperimento dimostra che i raggi α e
β consistono di particelle cariche, mentre i raggi γ sono neutri.
Figura 6
I raggi α e β vengono deviati
da un campo magnetico, per cui sono
costituiti da particelle cariche. I raggi
γ non sono deviati da un campo
magnetico e, quindi, sono privi
di carica elettrica.
Campo magnetico
(perpendicolare alla pagina)
+
α
+
Nucleo
di elio
Cilindro di piombo
γ
Fotone γ
β–
Elettrone
Camera
a vuoto
Materiale radioattivo
■
Lastra fotografca
Una nuova legge di conservazione
Gli esperimenti hanno evidenziato che nei processi radioattivi il numero di nucleoni
(protoni più neutroni) presenti prima del decadimento è uguale al numero di nucleoni presenti dopo il decadimento. Si è quindi formulato un nuovo principio di conservazione:
il numero di nucleoni si conserva durante la disintegrazione nucleare.
Quando un nucleo emette raggi α, β o γ, i princìpi di conservazione asseriscono che
l’energia, la carica elettrica, la quantità di moto, il momento angolare e il numero di
nucleoni devono rimanere invariati.
1010
capitolo
■
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
decadimento α
Il decadimento α è il processo con il quale un nucleo emette raggi α. I raggi α
consistono di particelle cariche positivamente, ciascuna delle quali è un nucleo di
elio 42 He. Quindi una particella α ha una carica +2e e un numero di nucleoni pari ad
A = 4. Visto che l’insieme di due protoni e due neutroni formanti il nucleo di 42 He è
particolarmente stabile, come abbiamo visto nella fgura 5, non sorprende il fatto
che una particella α possa essere espulsa come un’ unità a sé stante da un nucleo instabile più pesante.
La fgura 7 mostra un esempio di decadimento α:
238
92
Nucleo
padre
(uranio)
Nucleo
fglio
(torio)
146
144
Particella α
(nucleo
di elio)
+
92 +
90 +
238
92U
234
90Th
2
2 +
4
2He
Figura 7
Si ha un decadimento α quando
un nucleo padre instabile emette una
particella α e nel processo si trasforma
in un nucleo diverso, o fglio.
4
U → 234
90 Th + 2 He
234
in cui un nucleo di uranio 238
92 U si trasforma in un nucleo di torio 90 Th.
In accordo con i princìpi di conservazione della carica elettrica e del numero di
nucleoni, la forma generale di un decadimento α è
A
Z
Decadimento α
→
P
⏟
siMULaZioNe
A−4
Z−2
F
+
⏟
nucleo
padre
4
2

He
Decadimento alfa
(PhET, University of Colorado)
particella α
(nucleo di elio)
nucleo
fglio
Il nucleo che decade è detto nucleo padre (P), mentre il nucleo prodotto nel decadimento è detto nucleo fglio (F). Poiché nucleo padre e nucleo fglio sono diversi, si
parla di trasmutazione nucleare.
Quando un nucleo emette una particella α, esso rilascia anche energia. L’energia
rilasciata per decadimento α è in parte responsabile, per esempio, dell’alta temperatura presente all’interno della Terra.
eseMPio 4 L’uranio trasmuta in torio
234
La massa atomica dell’uranio 238
92 U è 238,0508 u, quella del torio 90 Th è 234,0436 u
4
e quella di una particella α 2 He è 4,0026 u.
▸ Determina l’energia rilasciata in un decadimento α dell’uranio 238
92 U.
il ragionamento e la soluzione
Il decadimento e le masse dei nuclei coinvolti sono
238
92
U
238,0508 u
→
234
90
Th
+
234,0436 u
4
2
Corrente
H
4,0026 u

238,0462 u
Il difetto di massa è 238,0508 u − 238,0462 u = 0,0046 u. Come al solito, si tratta
di masse atomiche che comprendono la massa degli elettroni. Tuttavia, in questo
caso ciò non porta a errori in quanto è presente lo stesso numero di elettroni
prima e dopo il decadimento. Visto che 1 u equivale a 931,5 MeV, l’energia prodotta è
(0,0046 u)(931,5 MeV) =
Particelle α
Materiale
radioattivo
4,3 MeV
Questa energia compare come energia cinetica dei prodotti del decadimento.
Un’applicazione molto diffusa del decadimento α è il rivelatore di fumo (fgura 8).
Due piccole lamine metalliche sono separate da una distanza di circa un centimetro.
Una minuscola quantità di materiale radioattivo presente al centro di una delle lamine emette particelle α, che urtano contro le molecole d’ aria. Nell’urto, le moleco-
Generatore
Figura 8
Un rilevatore di fumo
Fisica quotidiana
I rivelatori di fumo
1011
capitolo
Nucleo
padre
(torio)
144
90 +
234
90Th
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Nucleo
fglio
–
(protoattinio) Particella β
(elettrone)
143
+ –
91 +
234
91Pa
0
–1e
Figura 9
Si ha un decadimento β quando un
neutrone di un nucleo padre instabile
decade in un protone e un elettrone
(quest’ ultimo viene emesso come
particella β−). Nel processo il nucleo
padre si trasforma in un nucleo fglio.
le d’aria vengono ionizzate e formano ioni positivi e negativi. La differenza di potenziale ai capi di un generatore fa sì che una lamina sia positiva e l’altra negativa, in
modo che ciascuna di esse attrae gli ioni dotati di carica opposta. Di conseguenza è
presente una corrente nel circuito a cui le lamine sono collegate. La presenza di particelle di fumo tra le lamine riduce la corrente in quanto generalmente gli ioni, urtando contro le particelle di fumo, diventano neutri. Il calo di corrente provoca l’attivazione del segnale d’allarme.
■
decadimento β
La fgura 6 mostra che i raggi β− vengono deviati da un campo magnetico in direzione opposta ai raggi α. Quindi i raggi β− sono particelle con carica negativa, più precisamente elettroni. Come esempio di decadimento β− consideriamo il nucleo di to234
−
rio 234
90 Th, che si trasforma in protoattinio 91 Pa emettendo una particella β , come
mostrato in fgura 9:
234
90
0
Th → 234
91 Pa + −1e
Poiché valgono i princìpi di conservazione della carica elettrica e del numero di nucleoni, la forma generale per un decadimento β− è
Decadimento β−
A
Z
P → Z+1AF + −10e
L’elettrone emesso nel decadimento β− non è presente all’ interno del nucleo che
decade e non è un elettrone orbitante intorno a esso. Al contrario, è creato quando
un neutrone decade in un protone e un elettrone; quando ciò avviene, il numero di
protoni presenti nel nucleo aumenta da Z a Z + 1 e il numero di nucleoni resta invariato. L’elettrone esce dall’ atomo a grandissima velocità, lasciandolo carico positivamente.
eseMPio 5 il torio decade in protoattinio
234
La massa atomica del torio 234
90 Th è 234,04359 u e quella del protoattinio 91 Pa è
234,04330 u.
▸ Calcola l’energia rilasciata in un decadimento β− del torio 234
90 Th.
il ragionamento e la soluzione
siMULaZioNe
Decadimento beta
(PhET, University of Colorado)
Il decadimento e le masse dei nuclei coinvolti sono:
234
90
Th
⏟
234,043 59 u
Problem solving
osservazione sul decadimento β−
In un decadimento β−, occorre fare
attenzione a non includere la massa
dell’ elettrone due volte. Come
viene analizzato nell’esempio 5
per il protoattinio,la massa atomica
comprende già la massa
dell’ elettrone emesso
nel decadimento.
1012
→
234
0
91
−1

Pa + e
234,043 30 u
Quando il nucleo di torio si trasforma in un nucleo di protoattinio il numero di
elettroni orbitanti rimane lo stesso, quindi l’ atomo di protoattinio che si forma
ha un elettrone orbitante in meno. Tuttavia, la massa riportata comprende tutti
i 91 elettroni di un atomo di protoattinio neutro, in quanto il valore 234,04330 u
−
per il 234
91 Pa tiene già conto della massa della particella β . La diminuzione di
−
massa che accompagna il decadimento β è quindi
234,043 59 u − 234,043 30 u = 0,000 29 u
che corrisponde all’energia
(0,000 29 u)(931,5 MeV) = 0,27 MeV
Questa è la massima energia cinetica che può avere l’ elettrone emesso nel decadimento.
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Esiste un secondo tipo di decadimento β (*), in cui un nucleo emette un positrone al
posto di un elettrone. Il positrone, chiamato anche particella β+, ha la stessa massa
dell’elettrone ma ha carica opposta (+e). Il decadimento β+ avviene secondo lo schema generale seguente:
Decadimento β+
A
Z
P → Z−1AF + 01e
Il positrone emesso non è presente all’interno del nucleo padre ma, al contrario,
viene creato quando un protone del nucleo si trasforma in un neutrone. Nel processo, il numero di protoni presenti nel nucleo diminuisce da Z a Z − 1 e il numero di
nucleoni resta invariato. Come per il decadimento β−, risultano validi i princìpi di
conservazione della carica e del numero di nucleoni, e si verifca una trasmutazione
da un elemento in un altro.
■
decadimento γ
In modo analogo all’atomo, anche il nucleo si può trovare soltanto in particolari
stati o livelli discreti di energia. In genere i nuclei sono nello stato fondamentale,
caratterizzato dall’energia più bassa. Tuttavia, nelle trasmutazioni nucleari possono
essere prodotti nuclei in stati eccitati (denotati con un asterisco *), con un’energia
maggiore di quella dello stato fondamentale. In questi casi, dopo un intervallo di
tempo brevissimo il nucleo compie una transizione dal livello eccitato a un livello
energetico inferiore ed emette un fotone. Il processo è simile all’emissione di fotoni
che porta allo spettro a righe dell’atomo di idrogeno. I livelli nucleari sono però caratterizzati da energie dell’ordine del MeV, quindi il fotone ha un’energia molto alta
e viene detto raggio o fotone γ. Il decadimento γ può essere espresso nel modo seguente:
Decadimento γ
A
Z
→
P*
⏟
livello
eccitato
A
Z
P
+
⏟
livello
inferiore
γ
⏟
raggio
γ
Il decadimento γ non provoca la trasmutazione di un elemento in un altro.
eseMPio 6 il radio emette un fotone γ
Dato il fotone γ da 0,186 MeV emesso dal radio 226
88 Ra, calcolane:
▸ la frequenza;
▸ la lunghezza d’ onda.
il ragionamento e la soluzione
▸ Un fotone di energia E ha una frequenza f = E/h, dove h è la costante di
Planck. Perciò il fotone γ da 0,186 MeV ha una frequenza
0,186 MeV
(0,186 ∙ 106 eV)(1,60 ∙ 10−19 J/eV)
_____________________________
f = __________
=
=
6,63 ∙ 10−34 J ∙ s
6,63 ∙ 10−34 J ∙ s
= 4,49 ∙ 10 19 Hz
▸ La lunghezza d’ onda λ del fotone è collegata alla sua frequenza f e alla velo-
cità della luce c dall’equazione λ = c/f, quindi per il fotone emesso:
3 ∙ 108 m/s
= 6,68 ∙ 10−12 m
λ = _________
4,49 ∙ 1019 Hz
(*) Esiste anche un terzo tipo di decadimento β, in cui un nucleo cattura uno degli elettroni orbitanti intorno a
esso. Il processo si chiama cattura elettronica o cattura K, in quanto solitamente l’elettrone proviene dal guscio
più interno o guscio K.
1013
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
5
il neutrino
Quando viene emessa una particella β da un nucleo radioattivo, viene prodotta simultaneamente energia, come mostrato nell’esempio 5. Sperimentalmente, però, si
nota che la maggior parte delle particelle β non ha un’energia cinetica suffciente per
giustifcare tutta l’energia prodotta. Se la particella β trasporta solo una parte dell’energia, dove va a fnire il resto?
La domanda occupò i fsici fno al 1930, quando Wolfgang Pauli ipotizzò che parte dell’energia venga trasportata da un’ altra particella, emessa insieme alla β. Questa particella venne chiamata neutrino da Enrico Fermi (1901-1954), il quale nel 1933
dimostrò che il decadimento β è l’effetto di uno dei due processi elementari seguenti che avvengono nel nucleo:
p
→
n + β+ + ν
p + β− + ν–
© Kyodo News International
n →
–
dove ν (lettera greca «nu») e ν indicano rispettivamente il neutrino e l’ antineutrino.
Per esempio, il decadimento β− del torio 234
90 Th (paragrafo 4) si scrive più correttamente
234
90
Figura 10
Il rivelatore giapponese di neutrini
Super-Kamiokande è composto
da un serbatoio cilindrico di acciaio
contenente 47,3 milioni di litri di acqua
ultrapura. La sua parete interna è dotata
di 11 000 tubi fotomoltiplicatori.
Th →
234
91
Pa + −10e + ν–
Il neutrino non ha carica elettrica ed è diffcilissimo da rivelare in quanto interagisce
molto debolmente con la materia. Per esempio, un neutrino medio può attraversare
un anno luce (circa 9,5 ∙ 10 15 m) di piombo senza interagire con esso. Perciò, anche se
migliaia di miliardi di neutrini attraversano il nostro corpo ogni secondo, non producono alcuna conseguenza.
Rivelare neutrini è comunque possibile, ed è stato fatto per la prima volta nel
1956. La fgura 10 mostra il miglior rivelatore di neutrini esistente, il giapponese
Super-Kamiokande. Si trova a 915 m di profondità e consiste di un serbatoio cilindrico di acciaio, alto più di 40 m, le cui pareti interne sono dotate di 11 000 rilevatori di
luce detti fotomoltiplicatori. Il serbatoio contiene 47,3 milioni di litri di acqua purissima. I neutrini che urtano le molecole d’acqua provocano l’emissione di fotoni che
i fotomoltiplicatori possono rivelare.
Nella teoria originale di Fermi i neutrini hanno massa nulla. Tuttavia, a partire
dagli anni Cinquanta, l’ osservazione di alcuni fenomeni aveva fatto ritenere che i
neutrini avessero una massa, anche se piccolissima. Nel 1998 il Super-Kamiokande
fornì la prima sensibile, anche se indiretta, evidenza che i neutrini hanno una massa
inferiore allo 0,0006% della massa di un elettrone. Questa scoperta ha importanti
implicazioni cosmologiche, perché i neutrini sono numerosissimi in tutto l’Universo
e quindi possono contribuire in modo non trascurabile alla sua massa totale.
■
L’ interazione elettrodebole
L’emissione di neutrini e particelle β comporta la presenza di una forza, chiamata
interazione nucleare debole, molto meno intensa dell’interazione nucleare forte. È
ora noto che l’interazione nucleare debole e l’interazione elettromagnetica sono due
diverse manifestazioni di una stessa forza fondamentale, l’interazione elettrodebole.
La teoria dell’interazione elettrodebole è stata sviluppata da Sheldon Glashow
(1932-), Abdus Salam (1926-1996) e Steven Weinberg (1933-), che per questo loro
contributo condivisero il premio Nobel per la fsica nel 1979.
L’interazione elettrodebole, la forza gravitazionale e l’ interazione nucleare forte
sono le tre forze fondamentali della natura.
6
decadimento radioattivo e attività
Consideriamo un campione di una sostanza radioattiva. Non è possibile stabilire se
un dato nucleo decadrà in un certo istante: i singoli decadimenti avvengono a caso.
1014
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Con il passare del tempo, il numero N dei nuclei del campione iniziale diminuisce,
come viene mostrato in fgura 11. Il grafco, che riporta N in funzione del tempo,
indica che la diminuzione è graduale e che tende a zero dopo un tempo piuttosto
lungo.
Per descrivere in termini quantitativi l’andamento di N in funzione del tempo è
utile defnire il tempo di dimezzamento o emivita T 1/2 di un isotopo radioattivo come
il tempo necessario affnché la metà dei nuclei presenti decadano. Per il radio 226
88 Ra,
per esempio, T 1/2 = 1600 anni. Ciò signifca che in 1600 anni decade la metà dei nuclei
presenti in un campione, nei successivi 1600 anni decade la metà dei nuclei rimasti,
lasciando solo un quarto degli atomi originari, e così via. Nella fgura 11 il numero
di nuclei presenti all’istante t = 0 è N = N 0 ; il numero presente agli istanti t = T 1/2 e
t = 2T 1/2 è rispettivamente
1
1
t = T 1/2 → N = _ N 0
t = 2T 1/2 → N = _ N 0
2
4
e così via. Il valore del tempo di dimezzamento dipende dal tipo di nucleo radioattivo. Sono stati misurati tempi di dimezzamento in un intervallo che va dalla frazione
di secondo ai miliardi di anni (tabella 2).
Tabella 2 ▪ alcuni tempi di dimezzamento per i decadimenti radioattivi
isotopo
N0
Numero di nuclei radioattivi (N)
capitolo
1
–N
2 0
1
–N
4 0
1
–N
8 0
0
0
T1/2
2T1/2 3T1/2
Tempo (t)
4T1/2
Figura 11
Il tempo di dimezzamento T 1/2
di un decadimento radioattivo
è il tempo necessario perché la metà
dei nuclei radioattivi decadano.
Tempo di dimezzamento
1,64 ∙ 10−4 s
Polonio
214
84
Kripton
89
36
Radon
222
86
Stronzio
90
38
Radio
226
88
Carbonio
14
6
Uranio
238
92
U
4,47 ∙ 109 anni
Indio
115
49
In
4,41 ∙ 1014 anni
Po
3,16 min
Kr
3,83 giorni
Rn
29,1 anni
Sr
1,6 ∙ 103 anni
Ra
5,73 ∙ 103 anni
C
eseMPio 7 Calcolo degli atomi rimasti
Il radon 222
86 Rn è un gas radioattivo presente nel terreno e nell’atmosfera, che ha
un decadimento α secondo la reazione
222
86
Rn
→
218
84
Po + 42 He
Supponi che 3,0 ∙ 107 atomi di radon siano intrappolati nel basamento di un’abitazione.
▸ Sapendo che l’emivita del radon è 3,83 giorni, quanti atomi di radon riman-
gono dopo 31 giorni?
il ragionamento e la soluzione
Il periodo di 31 giorni corrisponde a
31 giorni
_
= 8,1 tempi di dimezzamento
3,83 giorni
In questo periodo il numero di atomi di radon si riduce circa di un fattore
28 = 256. Quindi, se trascuriamo la differenza tra 8,0 e 8,1 tempi di dimezzamento, dopo 31 giorni rimangono
3,0 ∙ 107
_____
= 1,2 ∙ 105 atomi di radon
256
1015
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
■
attività e costante di decadimento
L’attività di un campione radioattivo è il numero di decadimenti al secondo che avvengono in esso. A seguito dei decadimenti, il numero N dei nuclei radioattivi rimasti diminuisce; di conseguenza si può ricavare l’attività dividendo ∆N, la variazione
nel numero dei nuclei, per ∆t, l’ intervallo di tempo in cui tale variazione avviene.
L’attività media durante l’intervallo di tempo ∆t corrisponde al modulo di ∆N/∆t,
ovvero |∆N/∆t|. Dal momento che il decadimento di un determinato nucleo avviene
in maniera casuale, il numero di decadimenti al secondo è proporzionale al numero
di nuclei radioattivi presenti, in modo che
∆N
_ = −λN
∆t
(4)
dove λ è una costante di proporzionalità detta costante di decadimento. Il segno
meno è presente in quanto ogni decadimento fa diminuire il numero N dei nuclei
inizialmente presenti e quindi ∆N < 0.
L’unità del SI per l’attività è il becquerel (Bq): un bequerel corrisponde a un
decadimento al secondo. L’ attività viene misurata anche mediante un’unità di misura chiamata curie (Ci), in onore di Marie (1867-1934) e Pierre (1859-1906) Curie che
scoprirono il radio e il polonio. Storicamente, il curie fu scelto come unità di misura
perché corrisponde all’ incirca all’attività di un grammo di radio puro. In termini di
becquerel:
1 Ci = 3,70 ∙ 10 10 Bq
L’attività del radio inserito nel quadrante di un orologio da polso per poter essere
visto al buio è circa 4 ∙ 104 Bq, mentre l’ attività utilizzata nella terapia radiologica per
il trattamento dei tumori è all’incirca un miliardo di volte maggiore, ovvero
4 ∙ 10 13 Bq.
Mediante l’analisi matematica si determina la funzione che esprime il numero
N(t) di nuclei radioattivi presenti al tempo t:
N(t) = N 0 e −λt
(5)
dove N 0 è il numero di nuclei all’istante t = 0 (grafco di fgura 11). Il tempo di dimezzamento T 1/2 di un nucleo radioattivo e la sua costante di decadimento λ sono
legati da una semplice relazione. Sostituendo N = N 0 /2 e t = T 1/2 nell’equazione (5),
otteniamo che 1/2 = e −λT . Calcolando il logaritmo naturale di entrambi i membri
dell’equazione si ottiene ln 2 = λT 1/2 , da cui segue
1/2
ln 2 0,693
T 1/2 = _ = _
λ
λ
(6)
eseMPio 8 radiazioni intrappolate
Come nell’esempio 7, supponi che 3,0 ∙ 107 atomi di radon (T 1/2 = 3,83 giorni o
3,31 ∙ 105 s) siano intrappolati nel basamento di un’abitazione.
▸ Quanti atomi di radon rimangono dopo 31 giorni?
▸ Determina l’ attività subito dopo che il basamento viene sigillato.
▸ Determina l’ attività 31 giorni dopo.
il ragionamento e la soluzione
▸ La costante di decadimento è
0,693
0,693
λ = _____ = _ = 0,181 giorni−1
T 1/2
3,83 giorni
e il numero di atomi di radon rimasti dopo 31 giorni è
−1
N = N 0 e −λt = (3,0 ∙ 107) e −(0,181 giorni
1016
)(31 giorni)
= 1,1 ∙ 105
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Il valore ottenuto è leggermente diverso da quello trovato nell’esempio 7 perché lì abbiamo trascurato la differenza tra 8,0 e 8,1 tempi di dimezzamento.
▸ L’attività può essere ottenuta dall’ equazione (4), a patto che la costante di
decadimento venga espressa in secondi alla meno 1:
0,693
0,693
λ = _____ = ______
= 2,09 ∙ 10−6 s−1
T 1/2
3,31 ∙ 105 s
Quindi il numero di decadimenti al secondo è
_ = λN = (2,09 ∙ 10
| ∆N
∆t |
−6
s−1)(3,0 ∙ 107) = 63 Bq
▸ L’attività dopo 31 giorni si calcola ponendo nella (4) N = 1,1 ∙ 105. Il valore
dell’attività è 0,23 Bq .
7
datazioni radiometriche
Un’importante applicazione della radioattività è la datazione di reperti archeologici o
geologici (fgura 12). Se un oggetto, al momento della sua formazione, contiene nuclei
radioattivi, il loro decadimento registra lo scorrere del tempo come un orologio, in
quanto la metà dei nuclei decade durante ogni tempo di dimezzamento. Noto il tempo
di dimezzamento, una misura del rapporto fra il numero dei nuclei presenti attualmente e quello dei nuclei originari è in grado di fornire l’età del campione. In base all’equazione (4), l’attività di un campione è proporzionale al numero di nuclei radioattivi,
quindi un modo per risalire all’età è quello di confrontare l’attività attuale con quella
iniziale. Un metodo più accurato prevede la determinazione del numero attuale di
nuclei radioattivi con l’utilizzo di uno spettrometro di massa.
Fisica quotidiana
Le datazioni radiometriche
Figura 12
© David Aguilar/Reuters
Questi resti mummifcati sono stati
rinvenuti in una caverna messicana
nel 2002. Si pensa che risalgano
a circa 2300 anni fa. La datazione
radiometrica rappresenta una
delle tecniche usate per determinare
l’ età di reperti come questo.
L’attività attuale di un campione può essere misurata, mentre per stimare l’attività
originaria bisogna fare opportune ipotesi. Per esempio, la datazione con il radiocarbonio utilizza l’isotopo 146 C del carbonio, che subisce un decadimento β− con un tempo di dimezzamento di 5730 anni. Tale isotopo è presente nell’atmosfera terrestre
con una concentrazione di circa un atomo ogni 8,3 ∙ 10 11 atomi del normale 126 C. Si
assume che tale rapporto sia rimasto invariato negli anni (*), in quanto il carbonio
14
6 C si forma quando i raggi cosmici interagiscono con la parte superiore dell’atmosfera terrestre, a un ritmo che compensa esattamente la diminuzione per decadimento β−. Inoltre, quasi tutti gli organismi viventi ingeriscono la concentrazione di equilibrio del 146 C. Ma, quando un organismo muore, l’ assenza di metabolismo blocca
l’assunzione di 146 C e il decadimento β− provoca la disintegrazione della metà dei
nuclei presenti ogni 5730 anni.
(*) L’ ipotesi che la concentrazione del 146 C sia rimasta sempre identica a quella attuale di equilibrio è stata messa
alla prova paragonando le datazioni al radiocarbonio con quelle ottenute contando gli anelli degli alberi. Più
recentemente, sono state usate per confronto anche le datazioni che utilizzano l’ 238
92 U. Questi confronti mostrano
che il valore di equilibrio della concentrazione di 146 C è rimasto, in effetti, costante negli ultimi 1000 anni. Tuttavia, risalendo indietro nel tempo di circa 30 000 anni, sembra che la concentrazione in atmosfera del 146 C fosse
maggiore di quella attuale di circa il 40%. In prima approssimazione ignoreremo questa discrepanza.
1017
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
eseMPio 9 Carbonio radioattivo e carbonio stabile
▸ Determina il numero di atomi di 146 C presenti, per ogni grammo di 126 C, in un
organismo vivente.
▸ Calcola la costante di decadimento di tale campione.
▸ Calcolane l’ attività.
il ragionamento e la soluzione
▸ Un grammo di carbonio 126 C (massa atomica = 12 u) equivale a 1,0/12 moli. Il
numero di Avogadro è 6,02 ∙ 1023 atomi/mole. Poiché è presente un atomo di
C per ogni 8,3 ∙ 10 11 atomi di 126 C, il numero di atomi di 146 C per ogni grammo
di atomi di 126 C è
14
6
1,0
1
=
atomi di 146 C = _ moli (6,02 ∙ 1023 atomi/mole) _____
( 12
)
(8,3 ∙ 1011)
= 6,0 ∙ 10 10 atomi
▸ Visto che l’emivita del 146 C è di 5730 anni (1,81 ∙ 10 11 s), la costante di decadi-
mento è
0,693
0,693
= 3,83 ∙ 10−12 s−1
λ = _____ = ______
T 1/2
1,81 ∙ 1011 s
▸ L’attività A del 146 C per ogni grammo di 126 C in un organismo vivente è
A = λN = (3,83 ∙ 10−12 s−1)(6,0 ∙ 10 10 atomi) = 0,23 Bq
Un organismo vissuto migliaia di anni fa aveva presumibilmente un’attività di circa
0,23 Bq per grammo di carbonio. Quando tale organismo morì, l’attività cominciò a
diminuire. Misurando l’attività per grammo di carbonio dei suoi resti, si può determinare il tempo trascorso dalla sua morte.
eseMPio 10 L’uomo dei ghiacci
▸ A quanti anni fa risale la morte dell’uomo?
il ragionamento
Con il metodo del radiocarbonio, si mettono in relazione il
numero dei nuclei radioattivi rimasti a un certo istante, quello dei nuclei inizialmente presenti, il tempo trascorso dalla
morte dell’Uomo di Similaun e la costante di decadimento
per il 146 C.
i dati e le incognite
Grandezze
dati
Attività del materiale rinvenuto
1018
valori
A
0,121 Bq
T 1/2
5730 anni
Attività iniziale del materiale
A0
0,23 Bq
Età dell’Uomo di Similaun
t
Tempo di dimezzamento del
incognita
simboli
14
6
C
© AFP/Getty Images News
Il 19 settembre del 1991 un turista tedesco rinvenne in un
ghiacciaio della Val Senales il corpo di un uomo dell’Età della
pietra, in seguito chiamato Uomo di Similaun (fgura 13). Il
corpo presentava un’attività di circa 0,121 Bq per grammo di
carbonio.
Figura 13
I due scienziati di questa fotografa stanno studiando l’Uomo
di Similaun o «Oetzi», come viene anche chiamato. I suoi
resti congelati, insieme a diversi manufatti, vennero scoperti
in un ghiacciaio sulle Alpi italiane nel 1991. La datazione
al radiocarbonio ha permesso di risalire alla sua età.
Commenti
Attività per grammo
di carbonio
È l’ attività di un
organismo vivente
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
il modello del problema
sintesi del modello
1 decadimento radioattivo
Il numero N dei nuclei radioattivi presenti al tempo t è N 0 e −λt [equazione (5)],
dove N 0 è il numero presente inizialmente all’istante t = 0 e λ è la costante di
decadimento per il 146 C. Dividendo per N 0 si ottiene N/N 0 = e −λt, da cui
N
ln __ = −λt
N0
Ricavando t da questa espressione si ottiene l’età dei resti dell’Uomo di Similaun:
1 N
t = − _ ln __
λ N0
1 N
t = − _ ln __
λ N0
Grandezza da determinare: N/N 0 e λ
(a)
2 attività
L’attività è data da A = |∆N/∆t| = |−λN| = λN. Il rapporto fra l’attività attuale A
e quella originaria A 0 è
A ___
λN __
N
__
=
=
A0 λN0 N0
1 N
t = − _ ln __
λ N0
N __
A
__
=
N0 A0
Grandezza da determinare: λ
3 La costante di decadimento
Questa costante è legata al tempo di dimezzamento dalla relazione
1 N
t = − _ ln __
λ N0
N __
A
__
=
N0 A0
0,693
λ = _____
T 1/2
che sostituiamo nell’equazione (a), come mostrato sulla destra.
0,693
λ = _____
T 1/2
(a)
(b)
(a)
(b)
(c)
La soluzione
Combinando i vari passaggi si ottiene algebricamente
1
↓
Numericamente risulta
2
N ↓
__
3
A ↓
__
T 1/2
1
A
1
1
A
= − _ ln
= − ______ ln __ = − _____ ln __
t = − _ ln
λ N0
λ A0
A
0,693
A
0,693
0
0
_____
T 1/2
T 1/2
A
5730 anni 0,121 Bq
t = − _____ ln __ = − _ ln _ = 5300 anni
0,693 A 0
0,693
0,23 Bq
La soluzione può essere posta nella forma
A = A 0 e −λt
che lega l’attività attuale direttamente all’attività originaria e al tempo trascorso. Questa formula può essere ottenuta
combinando il risultato della fase 2 (N/N 0 = A/A 0) con l’equazione
N = N 0 e −λt
1019
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
© James King Holmes/SPL/Photo Researchers, Inc.
La datazione con il radiocarbonio (fgura 14) non costituisce l’ unico metodo di datazione che utilizza materiale radioattivo. Per esempio, altri metodi utilizzano l’ ura40
210
nio 238
92 U, il potassio 19 K o il piombo 82 Pb. Affnché questi metodi siano effcaci, occorre che il tempo di dimezzamento dell’ elemento radioattivo usato non sia né
troppo breve né troppo lungo rispetto all’età del reperto da datare.
Famiglie radioattive
8
Figura 14
Nella tecnica di datazione che usa
l’ isotopo del carbonio 146 C, il numero
ridotto di atomi di 146 C può essere
determinato misurandone l’attività,
come abbiamo visto. È anche possibile
utilizzare uno spettrometro di massa,
come quello in fotografa, per rivelare
gli atomi in questione con maggior
accuratezza.
Quando un nucleo padre instabile decade spesso produce un nucleo fglio instabile. Se ciò avviene, il nucleo fglio decade producendo a sua volta un nucleo fglio e così via, fno alla produzione di un nucleo completamente stabile. Questa
sequenza di decadimenti di un nucleo dopo l’altro dà luogo a una famiglia radioattiva.
Negli esempi 4 e 5 abbiamo analizzato i primi due decadimenti di una famiglia
che inizia con l’ 238
92 U:
uranio
238
92
torio
234
90
U
+
Th
4
2
He
234
91
0
−1
e
Pa +
protoattinio
Inoltre, negli esempi 7 e 8 ci siamo occupati del radon 222
86 Rn, che si forma all’interno
della famiglia di decadimento dell’ uranio 238
U
.
La
fgura
15 mostra l’ intera serie di
92
decadimenti. In diversi punti sono presenti diramazioni in quanto è possibile più di
un tipo di decadimento per la specie intermedia. Al termine, tuttavia, la serie si conclude con il piombo 206
82 Pb, che è stabile.
Le famiglie radioattive sono l’unica fonte per alcuni degli elementi radioattivi
reperibili in natura. Per esempio, il radio 226
88 Ra ha un tempo di dimezzamento di
1600 anni, tempo suffcientemente breve da far sì che tutto il radio 226
88 Ra creato al
momento della formazione della Terra, circa 4,5 miliardi di anni fa, sia ora com238
9
0
,5
4
Decadimento β
234
24 g
6,7 h
230
5
0
2,
Decadimento α
4
0
7,
226
3
0
A
,6
218
3,1 m
1
3,
214
m
6
1,
a
·1
a
·1
20
210
m
22
0
5,
5
03
0,
1,6 s
s
5,0 g
1,3 m
a
s
g
20 m
1,6 · 10– 4 s
27 m
Figura 15
1020
5
5
a
·1
1
222
8
3,
La serie di decadimenti radioattivi
che inizia con l’ uranio 238
92 U e termina
con il piombo 206
82 Pb. I tempi
di dimezzamento sono riportati
in secondi (s), minuti (m), ore (h),
giorni (g) o anni (a). Il riquadro in alto
a sinistra specifca il tipo
di decadimento subito dai vari nuclei.
INIZIO
a
·1
g
8
13
22 a
g
206
80
Hg
8,2 m
81
TI
4,2 m
82
Pb
83
Bi
FINE
84
Po
85
At
86
Rn
Z
87
Fr
88
Ra
89
Ac
90
Th
91
Pa
92
U
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
pletamente scomparso. La famiglia dell’ 238
92 U garantisce un continuo rifornimento
226
di 88 Ra.
■
rivelatori di particelle
Esiste un certo numero di dispositivi che possono essere usati per rivelare le particelle e i fotoni (raggi γ) emessi quando un nucleo radioattivo decade. Tali dispositivi rivelano la ionizzazione che tali particelle causano nel passaggio attraverso la materia.
Il rivelatore più noto è il contatore Geiger, che è illustrato in fgura 16. Esso consiste di un cilindro di metallo riempito di gas. I raggi α, β, o γ entrano nel cilindro
attraverso una sottile fessura a un’estremità. I raggi γ possono anche penetrare direttamente il metallo. Un elettrodo metallico fliforme è posto lungo l’asse del tubo ed
è mantenuto a un potenziale positivo elevato (1000-3000 V) rispetto all’esterno del
cilindro.
Fisica quotidiana
I rivelatori di radiazioni
Figura 16
Un contatore Geiger.
Particella
ad alta energia
o fotone
Finestra
Molecola di gas
e–
Elettrodo metallico
R
+
–
Alto
voltaggio
Dispositivo per il conteggio
Quando una particella dotata di energia elevata o un fotone entra nel cilindro, urta
una molecola di gas e la ionizza. L’elettrone prodotto con la ionizzazione accelera
verso l’elettrodo positivo, ionizzando altre molecole nel suo percorso. Vengono
così formati altri elettroni, una vera e propria valanga di elettroni diretti verso il
flo, che dà luogo a un impulso di corrente attraverso il resistore R. Tale impulso
può essere contato o trasformato nel «clic» di un altoparlante. Il numero di conteggi o di clic è legato al numero di decadimenti prodotti dalla particella o dal fotone
iniziali.
9
Gli effetti biologici delle radiazioni
ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti sono costituite da fotoni o particelle in moto con energia
suffciente per estrarre un elettrone da un atomo o da una molecola, formando quindi uno ione. L’energia di ionizzazione di un atomo o di una molecola è compresa
approssimativamente fra 1 eV e 35 eV. Le radiazioni elettromagnetiche, come i raggi
ultravioletti (qualche eV), i raggi X (qualche decina di keV), i raggi γ (qualche MeV)
e le particelle α e β (qualche MeV), sono radiazioni ionizzanti. In particolare, raggi
X, raggi γ e particelle α e β sono in grado di ionizzare migliaia di atomi o molecole
al loro passaggio nella materia.
Le radiazioni ionizzanti sono potenzialmente dannose per l’uomo, perché alterano o distruggono la struttura delle molecole presenti nelle cellule. Tuttavia, tali radiazioni vengono impiegate in medicina a scopi diagnostici e terapeutici, per esempio per la localizzazione di fratture ossee o per il trattamento dei tumori. I rischi
dell’esposizione alle radiazioni possono essere resi minimi utilizzandole in modo
consapevole.
Fisica quotidiana
Gli effetti biologici delle radiazioni
ionizzanti
1021
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
■
esposizione. dose assorbita
L’ esposizione misura la ionizzazione prodotta in aria da raggi X o γ. Per defnirla in
termini operativi, consideriamo un fascio di raggi X o γ che attraversa una massa m
di aria secca in condizioni standard di temperatura e pressione (0 °C, 1 atm). Il fascio
produce ioni positivi con carica totale q. L’esposizione è defnita come la carica totale per unità di massa dell’aria:
q
esposizione = _
m
L’unità del SI per l’ esposizione è il coulomb al kilogrammo (C/kg), ma è tuttora in
uso anche il roengten (R). L’esposizione in roengten è data da
1
q
_
esposizione (in roengten) = ______
2,58 ∙ 10−4 m
(7)
Quando i raggi X o γ producono un’ esposizione di 1 roengten, viene creata una carica positiva pari a q = 2,58 ∙ 10−4 C per ogni m = 1 kg di aria secca:
1 R = 2,58 ∙ 10−4 C/kg
Il concetto di esposizione defnito in termini di capacità ionizzante dei raggi X o γ in
aria non specifca gli effetti delle radiazioni sui tessuti viventi. A scopi biologici, risulta perciò più utile una grandezza chiamata dose assorbita, la quale corrisponde all’energia che l’unità di massa di un certo materiale assorbe dalla radiazione:
energia assorbita
dose assorbita = ___________
massa di materiale assorbente
(8)
L’unità di misura del SI per la dose assorbita è il gray (Gy):
1 Gy = 1 J/kg
L’equazione (8) può essere usata con tutti i tipi di radiazione e di materiale assorbente. Un’unità di misura spesso usata per la dose assorbita è il rad (radiation absorbed dose, cioè «dose di radiazione assorbita»):
1 rad = 0,01 Gy
eseMPio 11 innalzamento della temperatura di una massa d’acqua
Un fascio di raggi γ attraversa una massa d’acqua (fgura 17) e ne innalza la
temperatura da 20,0 °C a 50,0 °C.
▸ Calcola la dose di raggi γ assorbita dall’acqua.
Raggi γ
il ragionamento
La dose assorbita di raggi γ è l’energia (sotto forma di calore) assorbita dall’acqua divisa per la sua massa. Il calore che deve essere assorbito dall’acqua per
causarne un determinato aumento di temperatura dipende dalla massa e dal
calore specifco dell’acqua.
Termometro
i dati e le incognite
Grandezze
dati
incognita
1022
simboli
valori
Temperatura iniziale
dell’acqua
T0
20,0 °C
Temperatura fnale
dell’acqua
T
50,0 °C
Dose assorbita
di raggi γ
Dose assorbita
Commenti
Figura 17
Quando l’ acqua assorbe i raggi γ,
la sua temperatura aumenta.
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
il modello del problema
sintesi del modello
1 dose assorbita
La dose assorbita di raggi γ è l’energia (calore) Q assorbita dall’acqua divisa
per la sua massa m [equazione (8)]:
Q
dose assorbita = _
m
Q
dose assorbita = _
m
Grandezze da determinare: Q e m
2 Calore assorbito
La quantità di calore Q che provoca in una massa m d’acqua un aumento di
temperatura ∆T è Q = cm∆T, dove c è il calore specifco dell’acqua. Poiché
∆T = T − T 0 , abbiamo
Q = cm∆T = cm(T − T 0)
(a)
Q
dose assorbita = _
m
Q = cm∆T = cm(T − T 0)
La soluzione
Algebricamente otteniamo
1
2
↓Q
↓ _________
− T 0)
_ cm(T
dose assorbita =
m
=
m
= c(T − T 0)
Sappiamo che c = 4186 J/(kg ∙ °C), quindi la soluzione numerica è
dose assorbita = c(T − T 0) =
= [4186 J/(kg ∙ °C)](50,0 °C − 20,0 °C) = 1,26 ∙ 105 Gy
■
effetto biologico delle radiazioni
Il danno biologico prodotto da una radiazione ionizzante dipende dal tipo di radiazione. Per confrontare il danno causato da differenti tipi di radiazione, si usa il fattore di qualità Q:
Q=
dose di raggi X da 200 keV che produce
un determinato effetto biologico
(9)
dose della radizione necessaria
per produrre lo stesso effetto biologico
La tabella 3 alla pagina seguente riporta alcuni valori tipici di Q. Un valore di Q = 1
per i raggi γ e per le particelle β− indica che essi producono lo stesso danno biologico dei raggi X da 200 keV. I valori di Q più alti per i protoni, le particelle α e i neutroni indicano che essi causano un danno molto maggiore.
Il fattore di qualità viene usato spesso insieme alla dose assorbita per evidenziare
l’entità del danno che la radiazione è in grado di produrre. Il prodotto tra la dose
assorbita e il fattore di qualità è detto equivalente di dose:
equivalente di dose = dose assorbita ∙ Q
(10)
Nel Sistema Internazionale l’unità di misura per l’ equivalente di dose è il sievert
(Sv), ma è tuttora usato anche il rem (roengten equivalent man):
1 Sv = 100 rem
1023
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Tabella 3 ▪ Fattore di qualità per alcuni tipi di radiazione
Tipo di radiazione
Q
Raggi X da 200 keV
1
Raggi γ
1
Particelle β (elettroni)
1
Protoni
10
Particelle α
10-20
Neutroni lenti
2
Neutroni veloci
10
−
eseMPio 12 Un quesito per il radiologo
Un tessuto biologico viene irradiato con raggi γ aventi Q = 0,70. La dose assorbita di raggi γ è 8,50 Gy. Il tessuto è poi esposto a neutroni con Q = 3,5. L’equivalente di dose dei neutroni è uguale a quello dei raggi γ.
▸ Quanto vale la dose assorbita di neutroni?
il ragionamento e la soluzione
L’equivalente di dose di neutroni e raggi γ è lo stesso, quindi
dose equivalente = (dose assorbita)raggi γ Q raggi γ =
= (dose assorbita)neutroni Q neutroni
da cui segue
Q raggi γ
(dose assorbita)neutroni = (dose assorbita)raggi γ ______ =
Q neutroni
0,70
= (8,5 Gy) _ = 1,7 Gy
3,5
La dose assorbita di neutroni è solo un quinto di quella dei raggi γ.
Ognuno di noi è continuamente esposto a radiazioni di fondo prodotte da sorgenti
naturali, come raggi cosmici (particelle dotate di energia elevata provenienti dall’esterno del Sistema Solare), materiali radioattivi presenti nell’ambiente e isotopi radioattivi presenti all’interno del nostro corpo (tabella 4). In Italia l’equivalente di
dose dovuto al fondo naturale è in media 2,4 mSv per anno.
Tabella 4 ▪ equivalenti annuali di dose dovuti al fondo naturale
equivalente di dose (msv/anno)
sorgente
irradiazione esterna
Raggi cosmici
0,355
Radionuclidi di origine cosmica
40
19
K
87
37
Rb
0,15
irradiazione interna
Totale
0,355
0,015
0,015
0,18
0,33
0,006
0,006
238
92
U (serie)
0,10
1,24
1,34
232
90
Th (serie)
0,16
0,18
0,34
0,8
1,6
2,4
Totale (arrotondato)
Oltre al fondo naturale, occorre aggiungere una signifcativa quantità di radiazione
prodotta dall’uomo, per la maggior parte legata ai raggi X usati per la diagnostica
medico-dentistica. In Italia, per legge, l’equivalente di dose di questo tipo di radiazioni per ogni individuo della popolazione è stabilito in 1 mSv per anno solare (*).
(*) Decreto legislativo del governo, 17 marzo 1995, n. 230, all. IV-7.
1024
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
L’ ordine di grandezza
© Vladimír Vítek / Shutterstock
Quanta energia si ricava dalla fissione controllata
di 1 kg di uranio naturale?
Per valutare l’energia ricavabile da 1 kg di uranio naturale, bisogna calcolare
l’ energia totale che si ottiene dalla fissione di tutti gli atomi di 235U presenti
nel campione al termine del processo di arricchimento e moltiplicarla per il fattore
di conversione del calore in megawattora.
il modello
il risultato
(energia ricavabile dalla fissione di 1 kg di uranio
naturale) = (numero di atomi di 235U presenti nel
campione di uranio arricchito pronto per il reattore)
(energia rilasciata in un evento di fissione) (megawattora
ricavabili da 1 joule di calore prodotto dalla fissione)
i numeri
▸ Numero di atomi di 235U presenti nel campione
di uranio arricchito pronto per il reattore =
= (massa del campione di uranio naturale) (percentuale
di uranio utilizzabile al termine del processo di
arricchimento) (percentuale della massa del campione
dovuta a 235U)/(peso atomico dell’ 235U) =
= (1,0 kg) (12%) (3,6%) / (235 u ∙ 1,66 ∙ 10−27 kg/u) =
= (1,0 kg) (12%) (3,6%) / (3,9 ∙ 10−25 kg) ≈
≈ 1,1 ∙ 1022 atomi
▸ Energia rilasciata in un evento di fissione =
= 200 MeV = (200 ∙ 106 J) (1,6 ∙ 10−19) = 3,2 ∙ 10−11 J
▸ Megawattora ricavabili da 1 joule di calore prodotto
dalla fissione = 3,1 ∙ 10−11 MW ∙ h/J
stima l’ordine
di grandezza
se volessimo soddisfare
un quinto del fabbisogno
energetico mondiale
utilizzando la tipologia
attuale di centrali
nucleari, tra quanti anni
si esaurirebbero le risorse
mondiali di uranio?
energia elettrica ricavabile dalla fissione di 1 kg di
uranio arricchito =
= (1,1 ∙ 1022 atomi) (3,2 ∙ 10−11 J) (3,1 ∙ 10−11 MW ∙ h/J) =
= 11 MW ∙ h
Dalla fissione controllata di 1 kg di uranio naturale
arricchito al 3,6% del suo isotopo fissile 235U si ricava
una quantità di energia di circa 10 MW ∙ h.
Un paragone Da 1 kg di uranio si ricava una quantità di
energia equivalente a quella che si ottiene bruciando
più di 45 tonnellate di petrolio.
Le fonti
∙ Percentuale di uranio utilizzabile al termine del processo
di arricchimento: WISE Uranium Project
(www.wise-uranium.org/rcfdu.html)
∙ Percentuale della massa del campione dovuta a
World Nuclear Association
235
U:
(www.world-nuclear.org/info/inf28.html)
∙ Megawattora ricavabili da 1 joule di calore prodotto dalla
fissione: IAEA, Agenzia Internazionale per l’ Energia
Atomica (www.iaea.org)
il modello
(anni prima dell’ esaurimento delle risorse minerarie) = (energia ricavabile
dalla fissione di tutto l’ uranio presente nei giacimenti minerari) / [1/5(energia
primaria consumata annualmente sulla Terra)]
i numeri
Energia ricavabile dalla fissione di tutto l’ uranio presente nei giacimenti
minerari = (numero di atomi di uranio presenti nelle riserve minerarie
mondiali) (12,5%) (3,6%) (quantità di energia per fissione)
Riserve minerarie mondiali di uranio = 5,5 ∙ 106 tonnellate
Energia primaria consumata annualmente sulla Terra = 5 ∙ 1020 J
il risultato
Anni prima dell’esaurimento delle risorse minerarie = ..................
Le fonti
∙ Riserve minerarie mondiali di uranio: World Nuclear Association
(www.world-nuclear.org/info/inf75.html)
∙ Energia primaria consumata annualmente sulla Terra: World Nuclear Association
(www.world-nuclear.org/info/inf16.html)
1025
La storia di un’idea
enrico Fermi: dalla fsica atomica
alla fsica nucleare e delle particelle
Enrico Fermi (1901-1954) è stato uno
dei più grandi fsici del Novecento. Al
suo nome sono legate fondamentali
scoperte, sia sperimentali sia teoriche,
in fsica atomica, nucleare e delle particelle.
■
La statistica
Prima ancora di diventare nel 1927 il
primo professore italiano di fsica teorica, Fermi aveva già prodotto una
fondamentale scoperta, con la statistica che porta il suo nome.
In fsica classica si può sempre immaginare di distinguere due particelle e di seguirle nel loro moto. Il comportamento statistico di un grande
insieme di particelle è descritto dalla
distribuzione di Maxwell-Boltzmann.
Nella riformulazione quantistica dei
concetti, la distinzione tra particelle
microscopiche è però impossibile:
per identifcare una particella dovrei
poterci appiccicare sopra un’etichetta o seguirne il moto con precisione
infnitamente grande, e queste operazioni sono prive di senso; la statistica
di Maxwell-Boltzmann non può
quindi dare risultati corretti. Essa descrive bene la situazione per insiemi
di particelle di bassa densità ed elevata temperatura o, come si dice, in
condizioni lontane dalla «degenerazione».
Quando vi è un gran numero di
particelle in un volumetto di dimensioni confrontabili con la lunghezza
delle onde associate alle particelle,
queste onde interferiscono tra loro e
non si può più parlare di particelle distinguibili.
Come si trasforma la statistica di
Maxwell-Boltzmann in ambito quantistico? La risposta è: «Dipende dallo
spin». Lo spin è una sorta di momento angolare intrinseco di ogni parti1026
cella atomica e subatomica, che può
essere intero (0, 1, 2, ...) o semintero
(−1/2, 3/2, ...) in unità di h/(2π). Esso
fu introdotto nel 1925 dagli olandesi
George Uhlenbeck e Samuel Goudsmit.
Le particelle che posseggono spin
intero sono dette bosoni, poiché seguono una legge di distribuzione detta
statistica di Bose-Einstein, elaborata
per la prima volta dall’indiano Satyendra Nath Bose e da Albert Einstein
nel 1924-25. I bosoni non obbediscono
al principio di esclusione di Pauli, e in
un determinato stato quantico possono essercene quantità arbitrariamente
grandi: un esempio tipico sono i fotoni
del campo elettromagnetico.
Le particelle a spin semintero
sono dette fermioni, poiché seguono
la legge di distribuzione elaborata da
Fermi nel 1926 (dopo che Pauli ebbe
enunciato il principio di esclusione,
cui i fermioni obbediscono e prima
che si diffondesse il concetto di spin)
e indipendentemente da Paul Dirac,
detta statistica di Fermi-Dirac. Gli
elettroni in un metallo sono un esempio di particelle che obbediscono alla
statistica di Fermi-Dirac.
Entrambe le statistiche quantistiche si riducono alla distribuzione di
Maxwell-Boltzmann in condizioni
lontane dalla degenerazione. La saldatura tra fsica classica e quantistica
è così assicurata.
■
L’interazione nucleare
debole
Poiché nella radioattività β venivano
emessi elettroni, era lecito ritenere
che essi fossero contenuti nel nucleo
atomico. Tuttavia, la presenza di elettroni nel nucleo cozzava contro una
nutrita serie di obiezioni teoriche. Fu
Fermi, alla fne del 1933, a trovare la
soluzione a questo problema, immaginando che gli elettroni venissero creati al momento dell’emissione e non
preesistessero nel nucleo, così come
un fotone non esiste in un atomo, ma
viene «creato» nel momento in cui l’atomo passa da uno stato con energia
maggiore a uno con energia minore.
La teoria di Fermi fu una delle prime
«teorie quantistiche di campo», costruita in analogia alla prima di tali
teorie, l’elettrodinamica quantistica di
Dirac (1927), nella quale il fotone è la
Arrivo a New York della famiglia Fermi nel gennaio
del 1939.
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
venivano rallentati (mettendo per
esempio della paraffna tra sorgente
e bersaglio), la radioattività da essi
provocata aumentava enormemente.
Ciò era dovuto al fatto che i neutroni «lenti» avevano più tempo da
spendere nel nucleo, e avevano maggiore probabilità di causarne l’attivazione.
Queste scoperte procurarono a
Fermi il premio Nobel nel 1938.
Quello stesso anno la perdurante
scarsità di mezzi di ricerca e le leggi
razziali del fascismo che colpivano
sua moglie lo costrinsero a emigrare
negli Stati Uniti.
Poco dopo il suo arrivo si diffuse
la notizia che bombardando l’uranio
con neutroni si era in grado di scinderne il nucleo, liberando un’enorme
quantità di energia. Era la scoperta
della fssione, raggiunta grazie agli
esperimenti dei tedeschi Otto Hahn
e Fritz Strassmann.
In breve Fermi e altri dimostrarono che nella fssione vengono emessi
altri neutroni, cosa che rendeva teoricamente possibile una reazione a
catena. Fermi nel 1942 fu il primo a
realizzarla, partecipando in seguito
alle ricerche che portarono nel 1945
alla prima bomba atomica.
capitolo
particella portatrice dell’interazione
elettromagnetica.
Nella teoria di Fermi, invece, è la
coppia elettrone-neutrino a essere
portatrice di un nuovo tipo di forza,
detta «interazione nucleare debole»
che, insieme alla forza gravitazionale,
elettromagnetica e nucleare «forte»,
costituisce l’insieme delle interazioni
esistenti in natura.
■
il potere dei neutroni
Dopo il 1929 Fermi cominciò a prepararsi al passaggio dalla fsica atomica
e molecolare, un settore d’indagine
ormai consolidato, alla fsica nucleare, dove molto era ancora da scoprire. All’inizio del 1934 fu scoperta la
radioattività artifciale causata dal
bombardamento con particelle α, e
Fermi pensò correttamente di usare i
neutroni (scoperti nel 1932) per causare lo stesso effetto, posto che i neutroni, privi di carica, possono più facilmente penetrare nel nucleo.
Nella primavera del 1934 Fermi
fu il primo a causare la radioattività
artifciale mediante bombardamento
con neutroni, e nell’ottobre dello
stesso anno scoprì che se i neutroni
Fermi, Bohr e Rosenfeld durante
la dimostrazione della fssione.
Enrico Fermi a Berkeley
nel 1948.
■
Nuove frontiere
Dopo la fne della guerra Fermi tornò a insegnare a Chicago. Desideroso di nuove mete e nuove sfde, non
volle continuare con i neutroni, di cui
era il maggior esperto mondiale, ma
scelse di cimentarsi con la nascente
fsica delle particelle subatomiche. Si
dette quindi a «studiare lo studiabile», in attesa che gli acceleratori di
particelle fossero pronti.
Nel 1949 propose l’idea che le
particelle (dette pioni) responsabili
di trasportare l’interazione nucleare
«forte», scoperte nel 1947, fossero in
realtà non elementari ma composte,
un’idea che si rivelò molto fertile nella fsica teorica negli anni successivi.
Con l’acceleratore di Chicago, entrato in funzione nel 1951, compì la sua
ultima grande scoperta sperimentale,
identifcando la prima «risonanza»
nucleare (una vera e propria particella, dalla vita brevissima), nell’urto
tra pioni e particelle del nucleo, ovvero protoni e neutroni.
■
Ultimi viaggi
All’ inizio degli anni Cinquanta Fermi
era all’ apice della fama: presidente
dell’ American Physical Society nel
1953, consulente del Governo, referente di autorità politiche, conteso
dalle università, voce ascoltata in ogni
consesso. La sua scuola di fsica a Chicago, frequentata dai migliori studenti, sfornava futuri premi Nobel e
scienziati di primo piano. Nei due
viaggi in Italia del 1949 e 1954 fu prodigo di lezioni e consigli verso i suoi
antichi allievi. Nel secondo soffriva
già per la malattia che, ancor giovane,
lo avrebbe portato a morte nel novembre 1954.
1027
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
I concetti fondamentali
La struttura del nucleo
1
Il nucleo di un atomo è formato da protoni e neutroni (defniti
entrambi nucleoni). Il numero dei protoni indica il numero atomico
Z. Il numero di massa A è dato dalla somma dei protoni Z e dei
neutroni N presenti nel nucleo. I nuclei con lo stesso numero di
protoni e diverso numero di neutroni sono detti isotopi. Il raggio
approssimato (in metri) di un nucleo è
6
La legge del decadimento radioattivo
decadimento radioattivo e attività
Tempo di dimezzamento T1/2 di un isotopo radioattivo: è il tempo
necessario affnché la metà dei nuclei inizialmente presenti decadano.
attività: indica il numero di decadimenti al secondo; è espressa da
|∆N /∆t|, dove ∆N è la variazione del numero N di nuclei radioattivi
e ∆t il tempo in cui avviene tale variazione. Risulta
∆N
_ = −λN
∆t
r ≈ (1,2 ∙ 10−15 m) A 1/3
0,693
λ = _____
T 1/2
λ = costante di decadimento
Integrando l’espressione precedente si ha
(N 0 = numero di nuclei inizialmente presenti)
L’ interazione nucleare forte
e la stabilità dei nuclei
2
Formule in 3 minuti
N = N 0 e −λt
L’interazione nucleare forte è la forza di attrazione tra nucleoni:
è una delle tre forze fondamentali della natura.
7
il difetto di massa del nucleo
e l’ energia di legame
3
datazioni radiometriche
Se A è l’attività attuale di un oggetto contenente nuclei radioattivi
al momento della sua formazione, A 0 è l’attività iniziale,
λ è la costante di decadimento e t l’età dell’oggetto, risulta
L’energia di legame di un nucleo è l’energia necessaria per
suddividere il nucleo nei suoi costituenti, protoni e neutroni:
A = A 0 e −λt
energia di legame = ∆m c 2
∆m = difetto di massa del nucleo =
(differenza tra la somma delle masse dei singoli nucleoni
e la massa del nucleo completo)
c = velocità della luce
4
La radioattività
Decadimento α: i raggi α sono formati da particelle cariche
positivamente, corrispondenti a un nucleo di elio.
La forma del decadimento è
A
Z
A−4
P → Z−2
F + 42 He
Decadimento β−: i raggi β sono costituiti da elettroni.
La forma del decadimento è
A
Z
P → Z+1AF + −10e
Decadimento β : avviene per emissione di un positrone, particella
che ha la stessa massa dell’elettrone e carica +e (anziché −e)
+
A
Z
P → Z−1AF + 01e
Decadimento γ: i raggi γ sono fotoni ad alta energia emessi
da un nucleo radioattivo. La forma del decadimento è
A
Z
5
P* → ZAP + γ
il neutrino
Il neutrino è una particella elettricamente neutra emessa insieme a una
particella β; ha una massa molto più piccola di quella dell’elettrone.
1028
8
Famiglie radioattive
Il decadimento in sequenza di un tipo di nucleo dopo l’altro
dà luogo a famiglie radioattive. Una serie di decadimento inizia
con un nucleo radioattivo e termina con un nucleo stabile.
9
Gli effetti biologici delle radiazioni
ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti sono costituite da fotoni o particelle
in movimento in grado di ionizzare un atomo o una molecola.
esposizione (in C/kg): fornisce una misura della ionizzazione
prodotta in aria da raggi X o γ. Quando un fascio di raggi X o γ
passa attraverso una massa m di aria secca e produce ioni
positivi aventi carica totale q, si ha
q
esposizione = _
m
esposizione (in roentgen):
1
q
_
esposizione = ______
2,58 ∙ 10−4 m
dose assorbita: è il rapporto tra l’energia assorbita e la massa di
materiale assorbente. Si misura in gray (Gy) o in rad (1 rad = 0,01 Gy).
Fattore di qualità Q di una radiazione: è defnito come la dose
assorbita di raggi X a 200 keV in grado di produrre un certo danno
biologico divisa per la dose della radiazione in grado di produrre
lo stesso effetto.
equivalente di dose: è il prodotto tra la dose assorbita e il fattore
di qualità Q. Si misura in sievert (Sv) o in rem (1 Sv = 100 rem).
ESERCIZI
Problemi
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
CHaLKBoard videos
(Esercizi risolti in inglese)
Nota: svolgendo i problemi, ignora gli effetti relativistici.
1
La struttura del nucleo
2
L’ interazione nucleare forte
e la stabilità dei nuclei
1
Di quale fattore deve aumentare il numero di nucleoni
di un atomo affnché il raggio del nucleo raddoppi?
▪▪▪
3
▪▪▪
2
▪▪▪
Un nucleo contiene 18 protoni e 23 neutroni.
▶
Qual è il raggio di questo nucleo?
eseMPio
Stima la sezione che un nucleo d’oro presenta a una particella incidente.
La soluzione
L’ oro ha numero atomico Z = 79 e possiede un solo isotopo stabile con numero di massa A = 197. Per trovare il raggio
approssimato di un nucleo d’ oro, usiamo la formula
r = (1,2 ∙ 10−15 m) A 1/3 = (1,2 ∙ 10−15 m)(1971/3) = 7,0 ∙ 10−15 m
Una particella incidente «vede» pertanto un nucleo d’oro come un disco di area
σ = πr² = π(7,0 ∙ 10−15 m)2 = 1,5 ∙ 10−28 m2
4
▪▪▪
Stabilisci in ognuno dei casi seguenti quale elemento
corrisponde al simbolo X e quanti neutroni sono presenti nel nucleo:
8
▪▪▪
▶ 195
78X
▶
▶ 32
16
Usa la tavola periodica posta nella nelle pagine fnali
del libro.
X
▶ 63
29
X
▶ 115
X
▶ 239
94
X
9
▪▪▪
5
6
▪▪▪
7
▪▪▪
Considera un nucleo di titanio 48
22 Ti.
▶
Quanto misura il suo raggio?
la carica elettrica del nucleo;
▶
il numero di neutroni;
▶
il numero di nucleoni;
▶
il raggio del nucleo;
▶
la densità nucleare.
Il nucleo stabile più complesso ha un numero di nucleoni di 209, mentre il più semplice è formato da un
solo protone. Supponi che ogni nucleo sia una sfera.
▶
Calcola il rapporto tra le superfci del nucleo più
grande e del nucleo più piccolo.
Identify the unknown nucleus in the form ZAX .
Use the periodic table as needed.
10
▪▪▪
L’equazione (2) ci dice che la densità nucleare ha
all’incirca lo stesso valore per tutti gli atomi.
▶
Determina approssimativamente la densità (in kg/m3)
dei nuclei.
▶
Se un pallino (raggio = 2,3 mm) di un fucile ad aria
compressa avesse una densità pari a quella nucleare,
che massa avrebbe?
▶
La massa di una superpetroliera è 1,5 ∙ 108 kg: a quante superpetroliere equivarrebbe questo ipotetico pallino?
Per il 208
82 Pb determina:
▶
Identifca il nucleo sconosciuto.
An unknown nucleus contains 70 neutrons and has
twice the volume of the nickel 60
28 Ni nucleus.
▶
Usa la tavola periodica posta nelle pagine fnali del
libro.
▪▪▪
Il rapporto r X /r T tra i raggi di un nucleo sconosciuto
A
3
ZX e del nucleo di trizio 1 H vale 1,10. Entrambi i nuclei
contengono lo stesso numero di neutroni.
11
▪▪▪
Una stella di neutroni è formata da neutroni e ha una
densità approssimativamente uguale a quella di un nucleo.
▶
Calcola il raggio di una stella di neutroni con una
massa pari a 0,40 volte quella del Sole.
1029
capitolo
3
24
ESERCIZI
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
il difetto di massa del nucleo
e l’ energia di legame
13
▪▪▪
Nota: la massa atomica dell’ idrogeno 11 H è 1,007 825 u,
compresa la massa dell’ elettrone.
12
▪▪▪
15
▪▪▪
La Terra ruota intorno al Sole. Insieme costituiscono
un sistema legato dotato di un’energia di legame pari a
2,6 ∙ 1033 J. Supponi che la Terra e il Sole siano completamente separati e posti a una distanza infnita e a riposo.
▶
L’ energia di legame di un nucleo è 225,8 MeV.
▶
Qual è il difetto di massa del nucleo in unità di massa
atomica?
14
▪▪▪
Calcola la differenza tra la massa del sistema separato e quella del sistema legato.
Considera il litio 73 Li (massa atomica = 7,016 003 u).
▶
Determina la sua energia di legame (in MeV).
eseMPio
L’elemento con uno dei più alti valori di energia di legame è l’isotopo 56 del ferro. La massa di questo isotopo è
55,9349 u.
▶
Calcola l’ energia di legame per nucleone di questo isotopo in MeV.
La soluzione
Il numero atomico del ferro è Z = 26, per cui l’isotopo con A = 56 contiene N = A − Z = 56 − 26 = 30 neutroni. Il simbolo dell’ isotopo è quindi 56
26 Fe.
Calcoliamo il difetto di massa utilizzando il metodo delle masse atomiche:
∆m = Zm H + Nm n − m Fe = 26 m H + 30 m n − m Fe
Sostituendo nella formula i valori
m H = 1,007 825 u
m n = 1,008 665 u
si ottiene
∆m = 26 (1,007 825 u) + 30 (1,008 665 u) − 55,9349 u = 0,5285 u
56
Il Fe contiene 56 nucleoni, per cui la massa persa per nucleone, quando i nucleoni si uniscono per formare il nucleo, è
∆m
0,5285 u
∆m nucleone = ___________ = ___________ = 0,009 438 u/nucleone
56 nucleoni 56 nucleoni
Sapendo che 1 u = 931,5 Mev, l’ energia di legame per nucleone vale
(0,009 438 u/necleone)(931,5 MeV/u) = 8,791 MeV/necleone
16
▪▪▪
17
▪▪▪
18
▪▪▪
▶
l’elio 32 He, che ha massa atomica pari a 3,016 030 u;
▶
l’isotopo dell’idrogeno noto come trizio 31 H, che ha
una massa atomica pari a 3,016 050 u.
▶
Sulla base delle risposte alle altre due domande, stabilisci quale nucleo richiede maggiore energia per
essere suddiviso nei nucleoni costituenti.
19
1030
20
▪▪▪
Stabilisci per il piombo 206
82 Pb (che ha una massa atomica di 205,974 440 u):
▶
il difetto di massa in unità di massa atomica;
▶
l’energia di legame (in MeV);
▶
l’energia di legame per nucleone (in MeV/nucleone).
Considera il grafco dell’ energia di legame per nucleone di fgura 5.
▶
▪▪▪
dere tutti i nuclei di rame nei loro costituenti, protoni e neutroni. Ignora l’energia che lega gli elettroni
al nucleo e l’energia che lega tra loro gli atomi. Per
semplicità, assumi che tutti i nuclei di rame siano
63
29 Cu (massa atomica = 62,939 598 u).
Determina il difetto di massa (in unità di massa atomica) per:
▶
21
▪▪▪
Determina l’ energia (in MeV) necessaria per scin-
Determina la differenza di massa atomica tra i due
isotopi.
L’energia di legame di un neutrone nel nucleo di azoto 147 N è l’energia che bisogna fornire per avere la trasformazione seguente:
14
7
N + energia → 137 N + 10n
▶
Determina (in MeV) l’energia che lega il neutrone al
nucleo di azoto 147 N a partire dalla massa dell’ azoto
13
7 N (13,005 738 u), del neutrone (1,008 665 u) e
dell’azoto 147 N (14,003 074 u).
▶
Seguendo la procedura tracciata nella domanda precedente, determina mediante la seguente trasformazione
Determina il difetto di massa per il nucleo di ossigeno 168 O. Esprimi la risposta in kilogrammi.
Una moneta di rame ha una massa di 3,4 g.
▶
Due isotopi di un certo elemento hanno energie di
legame che differiscono per 5,03 MeV. L’isotopo con
l’energia di legame maggiore contiene un neutrone in
più rispetto all’altro.
ESERCIZI
14
7
capitolo
N + energia → 136 C + 11 H
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
priato simbolo chimico per ciascun nucleo fglio:
▶ 189 F
l’energia che lega il protone (che ha una massa atomica di 1,007 825 u) al nucleo di azoto 147 N. La massa atomica del carbonio 136 C vale 13,003 355 u.
▶ 158 O
4
La radioattività
Un decadimento α converte il radio 226
88 Ra (massa atomica = 226,025 40 u) in radon 222
86 Rn (massa atomica =
= 222,017 57 u). La massa atomica di una particella α è
4,002 603 u.
5
il neutrino
▶
▶
Quale nucleone è maggiormente legato?
25
▪▪▪
22
Scrivi il processo di decadimento β− per lo zolfo
compresi i simboli chimici e i valori di Z e A.
23
Scrivi il processo di decadimento β− per il carbonio 146 C,
compresi i simboli chimici e i valori di Z e di A per il
nucleo padre, i nuclei fgli e la particella β−.
▪▪▪
▪▪▪
24
▪▪▪
28
▪▪▪
35
16
S,
26
▪▪▪
Quando decade, l’uranio 235
92 U emette anche un fotone
γ di lunghezza d’onda 1,14 ∙ 10−11 m.
▶
27
▪▪▪
Scrivi il decadimento β+ per ciascuno dei seguenti nuclei, facendo attenzione a includere Z e A e l’appro-
Determina l’energia prodotta (in MeV).
Determina l’energia (in MeV) del fotone.
Un decadimento β− converte il piombo 211
82 Pb (massa
atomica = 210,988 735 u) in bismuto 211
83 Bi (massa atomica = 210,987 255 u).
▶
Determina l’energia prodotta.
eseMPio
Il cesio (numero atomico Z = 55) è un metallo alcalino. Il suo isotopo 137
55 Cs è radioattivo e si forma durante le reazioni
nucleari, per esempio quelle dovute all’esplosione di una bomba nucleare o quelle che avvengono in un reattore nucleare.
137
137
137
−
Il 137
55 Cs decade β trasformandosi in bario 56 Ba. La massa atomica del 55 Cs è 136,9071 u, quella del 56 Ba è 136,9058 u.
▶
Trascurando l’ energia dell’ antineutrino, qual è l’energia cinetica dell’elettrone prodotto nel decadimento β−?
La soluzione
Il decadimento β−, indicando con ν– l’antineutrino, è
137
55
–
−
Cs → 137
56 Ba + e + ν
Se trascuriamo l’ energia dell’ antineutrino ν–, tutta l’energia del decadimento fnisce nell’elettrone. Infatti l’energia fnale del 137
56 Ba è trascurabile, in quanto la massa del nucleo di bario è molto maggiore di quella dell’elettrone.
Possiamo rilevare l’ energia cinetica del decadimento dal valore del difetto di massa tra l’isotopo di cesio iniziale e la
somma delle masse di quello di bario e dell’elettrone:
∆m = m Cs − m Ba − m e = 136,9071 u − 136,9058 u − 0,000 548 6 u = 0,0008 u
Va notato che la precisione a quattro decimali delle masse dei due isotopi non consente di esprimere il risultato con più
di una cifra signifcativa.
Il difetto di massa si trasforma in energia cinetica dell’elettrone. Sapendo che 1 u = 931,5 Mev, ricaviamo l’energia cinetica:
K = ∆mc² = (0,0008 u)(931,5 MeV/u) = 0,7 MeV
29
▪▪▪
30
▪▪▪
Identifca, nella forma ZAX , il nucleo fglio prodotto:
▶
dal plutonio 242
94 Pu in un decadimento α.
▶
−
dal sodio 24
11 Na in un decadimento β .
▶
dall’ azoto 137 N in un decadimento β+.
Scrivi il decadimento α per ciascuno dei seguenti nuclei, includendo Z e A e l’ appropriato simbolo chimico
per ciascun nucleo fglio:
▶ 212
84
e trascura il rinculo del nucleo fglio (piombo
massa atomica = 205,974 440 u).
▶
32
▪▪▪
▶ 232
92 U
31
▪▪▪
Un nucleo di polonio 210
84 Po (avente massa atomica
209,982 848 u) subisce un decadimento α. Per semplicità, supponi che tutta l’ energia prodotta sia energia cinetica della particella α (massa atomica = 4,002 603 u)
33
▪▪▪
Pb,
Determina la velocità della particella α.
Il radon 220
86 Rn produce un nucleo fglio radioattivo che,
a sua volta, produce un nucleo fglio e così via. Il processo continua fno ad arrivare al piombo 208
82 Pb.
▶
Po
206
82
Calcola il numero totale N α di particelle α e il numero totale N β di particelle β− prodotte in questa serie
di decadimenti.
Determina l’energia (in MeV) prodotta quando un decadimento β+ trasforma il sodio 22
11 Na (massa atomica =
= 21,994 434 u) nel neon 22
10 Ne (massa atomica =
= 21,991 383 u).
1031
capitolo
34
▪▪▪
24
ESERCIZI
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
minuisce a una frazione f del numero presente inizialmente.
Un isotopo di berillio (massa atomica = 7,017 u) emette
raggi γ e rincula alla velocità di 3,72 ∙ 104 m/s.
▶
▶
Assumendo che il nucleo di berillio sia inizialmente
stazionario, trova la lunghezza d’onda del raggio γ.
38
▪▪▪
6
35
▪▪▪
decadimento radioattivo e attività
▶
36
▪▪▪
37
▪▪▪
42
▪▪▪
Calcola il tempo di dimezzamento (in giorni) dell’isotopo.
In 8,0 giorni, il numero di nuclei radioattivi diminuisce
a 1/8 del numero presente inizialmente.
▶
L’isotopo del fosforo 32
15 P ha un tempo di dimezzamento di 14,28 giorni.
▶
L’ isotopo del radio 224
88 Ra ha una costante di decadimento di 2,19 ∙ 10−6 s−1.
Quanto vale la costante di decadimento in unità di
s−1?
39
Quanti tempi di dimezzamento sono necessari affnché
il numero dei nuclei radioattivi si riduca a un milionesimo del valore iniziale?
40
Due prodotti di scarto radioattivo provenienti da reattori nucleari sono lo stronzio 90
38 Sr (T 1/2 = 29,1 anni) e il
cesio 134
55 Cs (T 1/2 = 2,06 anni). Queste due specie chimiche sono presenti inizialmente secondo il rapporto
N 0,Sr /N 0,Cs = 7,80 ∙ 10−3.
▪▪▪
▪▪▪
Qual è il tempo di dimezzamento (in giorni) del materiale?
I tempi di dimezzamento di due diversi campioni, A e
B, di nuclei radioattivi sono tra loro legati dalla relazione T 1/2 B = (1/2) T 1/2 A. In un certo tempo, il numero
di nuclei radioattivi del campione A diminuisce a 1/4
del numero presente inizialmente. Nello stesso tempo, il numero di nuclei radioattivi del campione B di-
Trova f.
▶
41
▪▪▪
Quanto vale il rapporto N Sr /N Cs dopo dodici anni?
Un dispositivo utilizzato nella terapia radiologica del
cancro contiene 0,50 g di cobalto 60
27 Co (59,933 819 u).
L’emivita del 60
27 Co vale 5,27 anni.
▶
Determina l’attività del materiale radioattivo.
eseMPio
L’ isotopo 137
55 Cs costituisce un grave rischio ambientale perché il suo tempo di dimezzamento è 30,2 anni. Un frammento di materiale che rivestiva il reattore di una centrale nucleare si è staccato a seguito di un incidente. Esso conteneva
134
inizialmente 1,20 g di 134
55 Cs. La massa atomica del 55 Cs è 136,9071 u.
▶
Qual è l’attività iniziale di questo frammento di materiale appena staccato dal reattore?
▶
Qual è l’attività dopo 50 anni?
La soluzione
▶
Il numero di isotopi N(t) di cesio non ancora decaduti al tempo t è dato dalla formula
N(t) = N 0 e −λt
dove N 0 è il numero di isotopi inizialmente presenti e λ è la costante di decadimento, collegata al tempo di dimezzamento T 1/2 dalla relazione
ln 2
λ = ___
T 1/2
Iniziamo col determinare N 0 . Se la massa dell’ isotopo di cesio è 136,9071 u, ciò signifca anche che una mole di quell’ isotopo ha massa 136,9071 g. Pertanto il numero n di moli che formano 1,20 g di isotopo di cesio è
1,20 g
n = ____________ = 8,77 ∙ 10−3 mol
136,9071 g/mol
Ogni mole è formata da un numero di Avogadro N A = 6,02 ∙ 1023 di isotopi, per cui
N 0 = (8,77 ∙ 10−3 mol)(6,02 ∙ 1023 isotopi/mol) = 5,28 ∙ 1021 isotopi
In un intervallo di tempo ∆t, piccolo rispetto al tempo di dimezzamento, il numero di decadimenti |∆N| è dato dalla
formula
|∆N| = λN∆t
Per il cesio T 1/2 = 30,2 anni e poiché in un anno ci sono 3,16 ∙ 107 s risulta
T 1/2 = 30,2 (3,16 ∙ 107 s) = 9,53 ∙ 108 s
1032
ESERCIZI
capitolo
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Quindi
ln 2
0,693
λ = ___ = ______
= 7,27 ∙ 10−10 s−1
T 1/2 9,53 ∙ 108 s
Inizialmente N = N 0 , per cui il numero di decadimenti iniziale è
|∆
N i|
___
= λN 0 = (7,27 ∙ 10−10 s−1)(5,28 ∙ 1021 isotopi) =
∆t
= 3,84 ∙ 10 12 decadimenti/s = 3,84 ∙ 10 12 Bq = 104 Ci
▶
Dopo 50 anni
t = 50 (3,16 ∙ 107 s) = 1,58 ∙ 109 s
e
λt = (7,27 ∙ 10−10 s−1)(1,58 ∙ 109 s) = 1,15
Il numero di nuclei di 134
55 Cs rimasti è pertanto
N(50 anni) = N 0 e −λt = (5,28 ∙ 1021) e −1,15 = 1,67 ∙ 1021
per cui il numero di decadimenti fnale è
|∆
N f|
___
= λN(50 anni) = (7,27 ∙ 10−10 s−1)(1,67 ∙ 1021 isotopi) =
∆t
= 1,22 ∙ 10 12 decadimenti/s = 1,22 ∙ 10 12 Bq = 33 Ci
Dunque l’ attività di quel frammento di materiale rimane ancora alta, anche dopo cinquant’anni.
43
▪▪▪
Lo iodio 131
53 I viene usato in tecniche diagnostiche e terapeutiche per il trattamento delle malattie della tiroide. Questo isotopo ha un tempo di dimezzamento di
8,04 giorni.
▶
44
▪▪▪
45
46
47
48
Calcola (in giorni) il tempo di dimezzamento dei nuclei.
Quanti kilogrammi di radio spariscono in cinquant’anni d’ uso dell’ orologio?
Determina l’ attività (in decadimenti al secondo) di
3
un grammo di radio 226
88 Ra (T 1/2 = 1,60 ∙ 10 anni).
L’ isotopo 198
79 Au (massa atomica = 197,968 u) ha un
tempo di dimezzamento di 2,69 giorni e viene usato
nella terapia contro i tumori.
▶
▪▪▪
49
▪▪▪
7
50
▪▪▪
51
Quanti grammi di questo isotopo sono necessari per
produrre un’ attività di 315 Ci?
Fuori dal nucleo, il neutrone è radioattivo e decade in
un protone, un elettrone e un antineutrino. Il tempo di
dimezzamento di un neutrone (massa = 1,675 ∙ 10−27 kg)
fuori dal nucleo è 10,4 min.
Nel materiale rinvenuto con una mummia sugli aridi
altopiani del Perù meridionale l’attività del 146 C per
grammo di carbonio è pari al 78,5% di quella iniziale.
52
53
54
Qual è l’età (in anni) del campione?
Il tempo di dimezzamento per il decadimento α del9
l’ 238
92 U è di 4,47 ∙ 10 anni.
▶
▪▪▪
In un reperto di 41 000 anni fa, quale percentuale degli atomi originari di 146 C è ancora presente?
Un campione archeologico contiene 9,2 g di carbonio e
ha un’attività di 1,6 Bq.
▶
▪▪▪
A quanti anni fa risale la morte dell’individuo?
Il limite «pratico» per le età misurabili mediante la datazione al radiocarbonio è di circa 41 000 anni.
▶
▪▪▪
Determina il tempo di dimezzamento della specie A.
datazioni radiometriche
▶
▪▪▪
In media, quanta distanza (in metri) percorrerebbe
un fascio di neutroni da 5,00 eV prima che il numero
di neutroni scenda al di sotto del 75% del suo valore
iniziale?
Due nuclei radioattivi A e B sono inizialmente presenti nella stessa quantità. Tre giorni più tardi, il numero
dei nuclei A è il triplo di quello dei nuclei B. Il tempo
di dimezzamento della specie B è di 1,50 giorni.
▶
Come abbiamo visto nella teoria, un curie ha il valore
di 3,7 ∙ 10 10 Bq.
▶
▪▪▪
I ri-
Per rendere luminoso nel buio il quadrante di un orologio da polso sono usati 1,000 ∙ 10−9 kg di radio 226
88 Ra.
Il tempo di dimezzamento di questo isotopo è
1,60 ∙ 103 anni.
▶
▪▪▪
131
53
Il numero di nuclei radioattivi presenti all’inizio di un
esperimento è 4,60 ∙ 10 15. Il numero presente venti giorni dopo è 8,14 ∙ 10 14.
▶
▪▪▪
Quale percentuale di un campione iniziale di
mane dopo 30,0 giorni?
▶
Determina l’età (in anni) di un campione di roccia che
contiene il 60% del numero originario di atomi di 238
92 U.
Nel 1988 la radiodatazione della Sindone di Torino rivelò che essa non poteva essere precedente all’anno
1200 d.C.
1033
capitolo
▶
55
▪▪▪
24
Quale percentuale dei nuclei di 146 C presenti inizialmente nel materiale biologico di cui è composta la
Sindone era ancora presente nel 1988?
Un campione di 126 C ha un’ attività di 0,0072 Bq per
grammo di carbonio.
▶
ESERCIZI
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Trova l’ età del campione, assumendo che l’ attività
del carbonio in un organismo vivente rimanga costante al valore di 0,23 Bq per grammo di carbonio.
trebbe essere stato maggiore almeno del 40%.
▶
Il numero di nuclei instabili ancora presenti dopo un
tempo t = 5,00 anni è N, mentre il numero inizialmente
presente è N 0 . Determina il rapporto N/N 0
56
▪▪▪
Delle prove suggeriscono che il valore di 0,23 Bq po57
▪▪▪
Trova l’età del campione tenendo conto di questa ulteriore percentuale.
▶
per il 146 C (tempo di dimezzamento = 5730 anni);
▶
per l’ 31 H (tempo di dimezzamento = 12,33 anni).
eseMPio
Un campione biologico di stoffa ha un’età dell’ordine di 2400 anni, ma è stato contaminato in tempi recenti da una
muffa, che si è sviluppata tra le sue fbre, e ne ha aumentato del 15% la quantità di carbonio contenuta.
▶
Qual è l’ordine di grandezza dell’ errore che si ha effettuando una datazione col carbonio 146 C?
La soluzione
Il carbonio di un reperto di circa 2400 anni ha un’attività minore di quella del carbonio di origine biologica proveniente da un organismo ancora in vita. Il numero N(t) di isotopi ancora presenti al tempo t è dato dalla formula
N(t) = N 0 e −λt
e l’attività dalla formula
|∆N|
A = _ = λN(t) = λN 0 e −λt
∆t
L’attività del 146 C per grammo di 126 C in un organismo vivente è
A 0 = 0,23 Bq/g
14
6
La costante di decadimento del C è
λ = 3,38 ∙ 10−12 s–1
Poiché
t = 2400 anni = 2400 (3,16 ∙ 107 s) = 7,58 ∙ 10 10 s
e
λt = (3,38 ∙ 10−12 s−1)(7,58 ∙ 10 10 s) = 0,256
la quantità iniziale di isotopi 146 C presenti nella stoffa è
N(t) = N 0 e −λt = N 0 e −0,256 = 0,774 N 0
cioè è scesa da N 0 a 0,774 N 0 .
L’ attività iniziale del carbonio di origine biologica è 0,23 Bq/g e la massa del campione è rimasta praticamente costante.
Pertanto si dovrebbe rilevare nella stoffa un’attività del carbonio uguale a
A = 0,774 (0,23 Bq/g) = 0,178 Bq/g
La contaminazione della muffa porta un 15% di carbonio organico recente, per cui ora su 1,15 g di carbonio c’è 1,00 g
di carbonio antico con attività 0,178 Bq/g e 0,15 g di carbonio recente con attività 0,23 Bq/g. Pertanto l’ attività rilevata
è maggiore:
A* = [(1,00 g)(0,178 Bq/g) + (0,15 g)(0,23 Bq/g)]/(1,15 g) = 0,185 Bq/g
Questo valore si otterrebbe dall’attività iniziale A 0 = 0,23 Bq/g se fosse
A* 0,185 Bq/g
e −λt* = _ = _ = 0,804
A 0 0,23 Bq/g
mentre sappiamo che dovrebbe essere e −λt = 0,774. Pertanto, se non ci si accorge della contaminazione, si valuta
e −λt* = 0,804, da cui λt* = 0,218, mentre dovrebbe essere λt = 0,256. Da ciò segue
t* _
λt* _
0,218
_
=
=
= 0,85
t
λt 0,256
quindi
t* = 0,85 t = 0,85 (2400 anni) ≈ 2000 anni
L’ errore che si commette se non ci si accorge della contaminazione è quello di assegnare al campione una datazione di
circa 400 anni più recente.
1034
ESERCIZI
▶
63
Trova l’ età vera (in anni) del campione.
▪▪▪
Supponi che il campione venga contaminato, così che
solo il 98% del suo carbonio sia effettivamente antico.
Il rimanente 2% è recente, nel senso che il 146 C non ha
avuto il tempo di decadere.
▶
59
▪▪▪
Assumendo che il tecnico di laboratorio non sappia
della contaminazione, quale sarebbe l’età apparente
(in anni) del campione?
Quando viene usato un qualsiasi metodo di datazione
radiometrica, l’ incertezza sperimentale sull’attività del
campione porta a un’ incertezza sul valore dell’età. Applicando la tecnica di datazione al radiocarbonio ad
alcuni fossili, viene misurata un’ attività di 0,100 Bq per
grammo di carbonio, con un’incertezza del 10,0%.
▶
Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti
60
Una persona di 75 kg viene esposta a 4,5 ∙ 10−4 Sv di
particelle α (Q = 12).
▪▪▪
▶
61
▪▪▪
62
▪▪▪
68
▪▪▪
65
▪▪▪
66
67
Quanto vale il fattore di qualità delle particelle α?
Un cartellino indossato da un radiologo indica che egli
ha assorbito una dose di 2,5 ∙ 10−5 Gy. La massa del ra-
Qual è la dose di radiazione (che è stata assorbita
espressa) in rad?
Un paziente sottoposto a trattamento per un tumore
riceve una dose assorbita di 2,1 Gy. La radiazione viene
completamente assorbita dal tumore, formato da tessuti con un calore specifco di 4200 J/(kg ∙ °C).
▶
▪▪▪
Determina l’equivalente di dose assorbito dal tumore in 25 s.
Un campione di acqua liquida, a 100 °C e a 1 atm di
pressione, bolle e diventa vapore a 100 °C perché viene
irradiato da una gran dose di radiazione ionizzante.
▶
▪▪▪
Qual è il fattore di qualità Q della radiazione su questo tipo di tessuto?
Un fascio di particelle incide su un tumore di massa
0,015 kg. Ogni secondo 1,6 ∙ 10 10 particelle colpiscono il
tumore. L’energia di ciascuna particella è 4,0 MeV e il
fattore di qualità per la radiazione è 14.
▶
Quanta energia assorbe?
Alcuni neutroni (Q = 2,0) e particelle α hanno lo stesso
equivalente di dose. Tuttavia, la dose assorbita di neutroni è sei volte quella delle particelle α.
▶
64
▪▪▪
Quanta energia ha assorbito?
L’equivalente biologica di dose di una tipica lastra a
raggi X di un torace è 2,5 ∙ 10−2 rem. La massa del tessuto esposto è 21 kg e assorbe 6,2 ∙ 10−3 J di energia.
▶
Determina l’ età dei fossili e la corrispondente incertezza massima (in anni) sul valore ottenuto.
9
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
diologo è di 65 kg.
Un campione viene datato con la tecnica del radiocarbonio. Il campione incontaminato avrebbe un’attività
di 0,015 Bq per grammo di carbonio.
▶
24
Calcola l’aumento di temperatura del tumore.
Un tumore di 2,0 kg di massa viene irradiato da una
sorgente radioattiva. Il tumore riceve una dose assorbita di 12 Gy in 850 s. Ogni decadimento della sorgente
produce una particella che colpisce il tumore con un’ energia di 0,40 MeV.
▶
Quanto vale l’attività ∆N/∆t della sorgente radioattiva?
eseMPio
L’americio 241
95 Am è un isotopo artifciale che trova impiego nei rivelatori
di fumo, dove è utilizzato in dosi inferiori al microgrammo sotto forma di
diossido AmO2 . Poiché il diossido di americio è insolubile, se venisse casualmente ingerito in quantità dell’ordine del microgrammo, non provocherebbe danni signifcativi transitando nell’apparato digerente. Però se
incidentalmente si ingoiasse una quantità di ossido di americio superiore,
questa potrebbe essere fatale. Ipotizziamo che l’ossido di americio impieghi 24 ore ad attraversare l’apparato digerente. In un tempo così breve, i
fattori di rischio legati alla dose assorbita sono i seguenti: quasi nessun rischio per una dose inferiore a 0,25 Sv; rischio medio per una dose tra 0,25 Sv
e 1,5 Sv; rischio alto per una dose tra 1,5 Sv e 3 Sv; probabilità di decesso al
50% per una dose tra 3 Sv e 7 Sv; decesso sicuro per dosi sopra gli 8 Sv.
▶
© Aleksandra Pikalova / Shutterstock
58
▪▪▪
capitolo
Stabilisci il rischio legato all’ ingestione involontaria di 1,0 mg di ossido
di americio da parte di una persona di 72 kg. Ipotizza che l’energia dei decadimenti si diffonda nel 50% della massa
della persona.
La soluzione
L’americio decade in nettunio emettendo una particella α, con un tempo di dimezzamento di 432 anni. Il nucleo di nettunio, dopo l’emissione α, si trova in uno stato eccitato (rappresentato con l’asterisco) e subito dopo emette un raggio γ:
241
95
Am → 237
93 Np* + α
1035
capitolo
24
ESERCIZI
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
L’ energia della particella α emessa è E α = 5,6 MeV.
Ipotizziamo che il fattore di qualità Q per la particella α sia 12 e trascuriamo il raggio γ.
La massa atomica dell’ americio 241
95 Am è circa 241 u, mentre quella dei due atomi che servono a formare il diossido è
32 u, per cui la massa molecolare di AmO2 è circa 273 u. Ciò signifca che una mole di AmO2 ha massa 273 g. Da ciò ricaviamo il numero di moli contenute in 1,0 mg di AmO2:
1,0 mg
1,0 ∙ 10−3 g
n = _ = _ = 3,7 ∙ 10−6 mol
273 g/mol 273 g/mol
Ogni mole è formata da un numero di Avogadro N A = 6,02 ∙ 1023 di molecole, ciascuna delle quali contiene un nucleo di
americio. I nuclei di americio in 1,0 mg di diossido sono
N = (3,7 ∙ 10−6 mol)(6,02 ∙ 1023 nuclei/mol) = 2,2 ∙ 10 18 nuclei
L’attività di questi nuclei è data dalla formula
|∆N|
A = _ = λN
∆t
Calcoliamo λ a partire dal tempo di dimezzamento
T 1/2 = 432 anni = 432 (3,16 ∙ 107 s) = 1,37 ∙ 10 10 s
quindi
ln 2
0,693
= 5,08 ∙ 10−11 s−1
λ = ___ = ______
T 1/2 1,37 ∙ 1010 s
L’attività è
A = λN = (5,08 ∙ 10−11 s−1)(2,2 ∙ 10 18 isotopi) = 1,12 ∙ 108 Bq
24 ore sono un tempo brevissimo rispetto alla vita media dell’americio, per cui il numero di decadimenti si può calcolare moltiplicando per ∆t = 24 h = 8,64 ∙ 104 s:
∆N = A∆t = (1,12 ∙ 108 Bq)(8,64 ∙ 104 s) = 9,7 ∙ 10 12 decadimenti
Se trascuriamo i raggi γ, ciascuno di questi decadimenti rilascia nel corpo un’energia
E α = 5,6 MeV = (5,6 ∙ 106 eV)(1,6 ∙ 10−19 J/eV) = 9,0 ∙ 10−13 J
In totale l’energia assorbita è
E = (9,7 ∙ 10 12 decadimenti)(9,0 ∙ 10−13 J/decadimento) = 8,7 J
Se consideriamo una massa m = 0,5 (72 kg) = 36 kg si ha
energia assorbita
8,7 J
dose assorbita = ________________ = _ = 0,24 Gy
massa di materiale assorbente 36 kg
Per avere l’ equivalente di dose occorre moltiplicare per il fattore di qualità Q = 12:
equivalente di dose = Q · dose assorbita = 12 (0,24 Gy) = 2,9 Sv
Ingerendo accidentalmente 1,0 mg di diossido di americio si corre quindi un rischio molto alto di decesso.
Problemi finali
69
▪▪▪
70
▪▪▪
1036
71
▪▪▪
Il mercurio 202
80 Hg ha una massa atomica di 201,970 617 u.
▶
Determina l’ energia di legame per nucleone (in
MeV/nucleone).
In atomi elettricamente neutri:
▶
quanti protoni sono presenti nel nucleo di uranio
238
92 U?
▶
Quanti neutroni sono presenti nel nucleo di mercurio 202
80 Hg?
▶
Quanti elettroni orbitano intorno al nucleo di niobio 93
41 Nb?
L’analisi di un campione proveniente da un meteorite
stabilisce che il 93,8% della massa originale di un certo
isotopo radioattivo è ancora presente. Sulla base di
questa scoperta, viene calcolata un’età del meteorite
pari a 4,51 ∙ 109 anni.
▶
72
▪▪▪
Qual è il tempo di dimezzamento (in anni) dell’isotopo usato per datare il meteorite?
Il decadimento β − del fosforo 32
15 P (massa atomica =
= 31,973 907 u) produce come nucleo fglio lo zolfo
32
−
16 S (massa atomica = 31,972 070), una particella β e un
antineutrino. L’energia cinetica della particella β − è
1,20 MeV.
▶
Trova la massima energia possibile (in MeV) che
l’antineutrino può avere.
ESERCIZI
▶ 211
82 Pb
▶ 116 C
→ 211
83 Bi + X
→ 115 B + X
▶ 231
90 Th*
▶ 210
84 Po
74
▪▪▪
75
76
80
▪▪▪
→ 231
90 Th + X
→ 206
82 Pb + X
Calcola l’età del reperto in anni.
78
▪▪▪
▪▪▪
L’attività di una sostanza radioattiva è inizialmente di
398 decadimenti/min e due giorni più tardi di 285 decadimenti/min.
Quanto vale l’attività quattro e sei giorni dopo l’ istante iniziale? Fornisci la risposta in decadimenti/min.
Quanta energia (in MeV) viene prodotta nel processo?
Una persona si trova vicino a una sorgente radioattiva
e riceve dosi dei seguenti tipi di radiazione: raggi γ
(20 mrad, Q = 1), elettroni (30 mrad, Q = 1), protoni
(5 mrad, Q = 10) e neutroni lenti (5 mrad, Q = 2).
▶
79
Determina l’ energia assorbita.
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
L’osmio 191
76 Os (massa atomica = 190,960 920 u) si trasforma in iridio 191
77 Ir (massa atomica = 190,960 584 u)
tramite un decadimento β−.
▶
Durante una radiografa, un paziente viene esposto a
un livello di radiazione di 3,1 ∙ 10−5 Gy/s. Il tempo di
esposizione è di 0,10 s e la massa del tessuto esposto è
1,2 kg.
▶
▪▪▪
77
▪▪▪
Un reperto archeologico contenente 9,2 g di carbonio
ha un’ attività di 1,6 Bq.
▶
▪▪▪
▶
Completa i seguenti processi di decadimento precisando che cosa rappresenta il simbolo X (X = α, β+, β− o γ):
24
Ordina queste radiazioni a partire da quella che produce la più alta equivalente di dose biologica.
Considera la seguente reazione di fssione:
1
0
+
n
⏟
1,009 u
▶
235
92
U
→
⏟
235,044 u
140
54
Xe +
⏟
139,922 u
94
38
Sr +
⏟
93,915 u
2 10n
⏟
2 (1,009 u)
Quanta energia viene rilasciata da tale reazione?
eseMPio
Il potassio è un importante costituente del suolo ed è presente in tutte le piante e nei tessuti animali. Gli isotopi del potassio sono
39
40
41
40
19 K, 19 K e 19 K, di cui il solo 19 K è radioattivo. Il potassio naturale è
41
costituito quasi interamente da 39
19 K (93%) e 19 K (7%) e solo dallo
40
40
0,012% di 19 K. Il tempo di dimezzamento del 19 K è T 1/2 = 1,28 ∙ 109 anni.
▶
Un barattolo di plastica contiene 400 g di cloruro di potassio KCl:
qual è l’ attività di questa quantità di sale?
La soluzione
Dobbiamo calcolare quanti isotopi di 40
19 K sono presenti in 400 g di
sale. La massa atomica del potassio è 39,1 g/mol e quella del cloro è
35,5 g/mol, per cui la massa molecolare del sale è
© jajaladdawan / Shutterstlock
73
▪▪▪
capitolo
m KCl = 35,5 g/mol+ 39,1 g/mol = 74,6 g/mol
Il numero di moli di sale in 400 g è
400 g
n KCl = _ = 5,36 mol
74,6 g/mol
Il numero di atomi di potassio è uguale a quello delle molecole, perché ogni molecola contiene un solo atomo di potassio:
n K = n KCl N A = (5,36 mol)(6,02 ∙ 1023 atomi/mol) = 3,23 ∙ 1024 atomi
Di questi atomi solo lo 0,012% sono dell’isotopo radioattivo 40
19 K; il barattolo contiene un numero N di isotopi radioattivi uguale a
N = (3,23 ∙ 1024) 0,000 12 = 3,87 ∙ 1020
20
Calcoliamo l’attività del sale usando la formula A = | ∆N | / ∆t= λN, dove N è il numero di isotopi di 40
19 K, cioè N = 3,87 ∙ 10 .
Il potassio 40 ha un tempo di dimezzamento molto grande, per cui λ è molto piccola:
T 1/2 = 1,28 ∙ 109 anni = (1,28 ∙ 109 anni)(3,16 ∙ 107 s) = 4,0 ∙ 10 16 s
ln 2
0,693
λ = ___ = ______
= 1,7 ∙ 10−17 s−1
T 1/2 4,0 ∙ 10 16 s
L’ attività del sale contenuto nel nostro recipiente risulta dunque essere
A = (3,87 ∙ 1020)(1,7 ∙ 10−17 s−1) = 6,5 ∙ 103 Bq
La maggior parte dei decadimenti avviene all’interno della massa di sale, per cui le radiazioni che escono dal contenitore sono molto poche.
1037
capitolo
81
▪▪▪
▪▪▪
83
▪▪▪
84
▪▪▪
85
86
▪▪▪
Un kilogrammo di aria secca a 0 °C e 1 atm di pressione
viene esposto a 1,0 R di raggi X. L’esposizione (in
roengten) è data da
1
q
______
_
2,58 ∙ 10−4 m
Quanti grammi di stronzio sono presenti nel campione?
Allo stesso tempo si può dire che l’esposizione a un
roengten deposita 8,3 ∙ 10−3 J di energia per kilogrammo di aria secca.
Stabilisci il simbolo ZAX per il nucleo padre il cui decadimento α produce lo stesso nucleo fglio del decadimento β− del tallio 208
81 Tl.
▶
Quale dose assorbita di raggi γ è necessaria per trasformare un blocco di ghiaccio a 0 °C in vapore a 100 °C?
131
Sia l’ oro 198
79 Au (T 1/2 = 2,69 giorni) sia lo iodio 53 I (T 1/2 =
= 8,04 giorni) sono usati nella medicina diagnostica riguardante il fegato. Nel momento in cui i campioni di
laboratorio vengono monitorati, l’ attività dell’ oro risulta il quintuplo di quella dello iodio.
▶
▪▪▪
ESERCIZI
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Un campione di minerale contenente stronzio radioat5
tivo 90
38 Sr ha un’attività di 6,0 ∙ 10 Bq. La massa atomica
dello stronzio è di 89,908 u e il suo tempo di dimezzamento vale 29,1 anni.
▶
82
24
Il trizio ha un periodo di dimezzamento di 12,33 anni.
▶
Quale percentuale di nuclei in un campione di trizio
decadrà in 5 anni?
(Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie,
Università degli Studi di Torino, 2004-2005)
Dopo quanti giorni le due attività risultano uguali?
Un campione da un grammo di radio 224
88 Ra (massa atomica = 224,020 186 u, T 1/2 = 3,66 giorni) contiene
2,69 ∙ 1021 nuclei e subisce un decadimento α che produce radon 220
86 Rn (massa atomica = 220,011 368 u). La
massa atomica di una particella α è 4,002 603 u. Il calore latente di fusione dell’ acqua è 33,5 ∙ 104 J/kg.
▶
87
Usando queste due defnizioni e assumendo che tutti
gli ioni prodotti siano singolarmente carichi, determina l’energia media (in eV) necessaria per produrre uno ione nell’aria.
88
Un campione puro di 223Ra, contenente 5 ∙ 1021 atomi,
produce dopo 30 giorni, per decadimento alfa, 4,2 ∙ 10 17
atomi di He.
▶
Qual è il suo tempo di dimezzamento?
(Esame di Fisica, corso di laurea in Biotecnologie,
Università degli Studi di Torino, 2004-2005)
Con l’energia rilasciata in 3,66 giorni, quanti kilogrammi di ghiaccio si possono sciogliere a 0 °C?
domande
1
Si sa che un certo nucleo è un isotopo del piombo. Quale delle seguenti grandezze risulta specifcata: il numero atomico, il numero di neutroni, il numero di massa?
2
Per quale motivo i decadimenti α e β producono nuovi
elementi, mentre il decadimento γ no?
3
Perché i nuclei instabili con un tempo di dimezzamento
molto breve sono poco abbondanti in natura?
4
14
Il tempo di dimezzamento dell’indio 115
49 In è di 4,41 ∙ 10
anni. È possibile che un determinato nucleo di un campione decada dopo soltanto 1 secondo?
5
6
1038
A quali dei seguenti oggetti, la cui età è di circa 1000
anni, non si può applicare la tecnica di datazione che
usa il radiocarbonio: una scatola di legno, una statua
d’oro, i semi di alcune piante?
Supponi che in una pianta vivente 5000 anni fa fosse presente una percentuale di atomi di carbonio
14
6
C maggiore di quel che attualmente si ritiene vi fosse
stata. Datando oggi i semi di questa pianta mediante
la tecnica del radiocarbonio, si deduce un’età troppo
breve o troppo lunga?
7
Spiega la differenza tra i numeri Z, N, A.
8
Dopo aver illustrato che cosa si intende per energia di
legame e difetto di massa, spiega in che modo si può
calcolare il difetto di massa e che relazione esiste tra i
due concetti.
9
I decadimenti α e β sono fenomeni che producono trasformazioni nei nuclei degli atomi. Come avvengono?
Fornisci, per ciascuno di essi, almeno un esempio di reazione.
10
Enuncia la legge del decadimento radioattivo e descrivine l’applicazione nel metodo della datazione.
11
Spiega il signifcato di famiglia radioattiva e riportane
almeno un esempio.
ESERCIZI
Test
1
2
3
capitolo
Quanti neutroni contiene il nucleo 205
82 Pb?
9
24
Il decadimento α del 145
61 Pm produce:
a 205
c 123
a
143
57
La
b 82
d 287
b
141
59
Pr
c
145
60
Nd
d
145
62
Sm
Quale fra le seguenti è una coppia di isotopi?
a
27
13
Al, 28
14 Si
b
13
6
C, 143 C
c
14
7
N, 146 C
d
16
8
10
14
7
O, N
Quale delle seguenti affermazioni è falsa?
a I nuclei sono incomprimibili.
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Il decadimento β− del 31
14 Si produce un nucleo fglio con
a Z = 15
A − Z = 16
b Z = 15
A − Z = 31
c Z = 13
A − Z = 17
d Z = 13
A − Z = 18
c La densità nucleare è proporzionale al numero di
massa.
Un campione contiene 1000 nuclei di un isotopo radioattivo del bario. Dopo 60 s sono decaduti 970 nuclei. Qual è il tempo di dimezzamento di questo isotopo?
d Il numero di nucleoni è proporzionale al numero
di massa.
a 10 s
b Il nucleo ha forma approssimativamente sferica.
11
b 12 s
4
5
Il nucleo di un isotopo di berillio contiene 4 protoni e 5
neutroni e ha un raggio R. Quale fra i seguenti nuclei
ha raggio circa uguale a 3R?
a
27
13
Al
c
135
56
Ba
b
81
36
Kr
d
243
94
Pu
La massa del nucleo
densità è:
207
82
c 14 s
d 16 s
12
a 2,0 Ci
b 2,5 Ci
Pb è 3,4368 ∙ 10−25 kg e la sua
c 3,0 Ci
d 3,5 Ci
a 2,3 ∙ 10 17 kg/m3
b 3,5 ∙ 10 18 kg/m3
19
Qual è l’attività di 6,0 ∙ 10 12 nuclei di 220
86 Rn (T 1/2 = 56 s)?
13
3
c 7,3 ∙ 10 kg/m
d 2,1 ∙ 10−16 kg/m3
Quanto tempo deve trascorrere perché il promezio
146
61 Pm (T 1/2 = 2020 giorni) contenuto in un campione si
riduca della metà?
a 1010 giorni
6
Quale delle seguenti relazioni lega il difetto di massa e
l’energia di legame di un nucleo?
b 2020 giorni
a ∆E 0 = (∆m)c 2
d 4040 giorni
c 3030 giorni
b ∆m = (∆E 0)c 2
14
c ∆E 0 = c(∆m)2
2
d ∆m = c(∆E 0)
7
8
L’attività di un campione contenente carbonio 14 è
0,1 Ci. Mediante combustione, tutto il carbonio si converte in CO2. Qual è l’attività del CO2?
L’ energia di legame di un isotopo del cloro è 298 MeV.
Qual è il suo difetto di massa?
a 0 Ci
a 3,13 u
c 0,882 u
c 0,076 Ci
b 2,30 u
d 0,320 u
d 0,01 Ci
Qual è il difetto di massa del nucleo 120
50 Sn? (massa
dell’ idrogeno = 1,007 83 u, massa del neutrone =
= 1,008 67 u)
a 1,4052 ∙ 10−29 kg
b 1,0325 ∙ 10
−28
b 0,1 Ci
15
Il trizio 31 H decade β− con un tempo di dimezzamento
di 12,3 anni. Quale percentuale di nuclei di trizio rimane dopo 35 anni in un campione inizialmente puro?
a 2,9%
kg
b 6,0%
c 1,0678 ∙ 10−27 kg
c 7,0%
d 1,8202 ∙ 10
−27
kg
d 14%
1039
capitolo
16
24
ESERCIZI
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
c 1,50 Bq
Un campione di materiale radioattivo ha un tempo di
dimezzamento di 3 giorni. Dopo 9 giorni, 2 kg di questo
campione non sono ancora decaduti. Qual è la massa
iniziale del campione radioattivo?
d 3,00 Bq
e 4,00 Bq
(Gara di 1° livello edizione 2003)
a 27 kg
b 18 kg
21
c 16 kg
d 8 kg
e 6 kg
a Una particella α e una particella β.
(Gara di 1° livello edizione 2007)
17
Un atomo radioattivo subisce diversi decadimenti per
trasformarsi alla fne in un suo isotopo. Quale dei seguenti gruppi di particelle nel processo di decadimento
è compatibile con le condizioni descritte?
b Una particella α e due particelle β.
c Una particella β e un neutrone.
Il tempo di dimezzamento di un nuclide radioattivo è
6 ore. La massa iniziale di un suo campione è di 24 g.
Quanto ne rimane approssimativamente dopo un giorno (24 ore)?
d Una particella β e due neutroni.
e Due particelle β e un neutrone.
(Gara di 1° livello edizione 2003)
a 1,0 g
b 1,5 g
22
c 2,4 g
d 4,0 g
e 6,0 g
18
(Gara di 1° livello edizione 2006)
a (1/12) A 0
Sono indicate le masse di due particelle e un nucleo,
espresse in unità di massa atomica (u) di cui è dato il
valore.
b (1/6) A 0
c (3/16) A 0
d (1/4) A 0
Protone
1,0073 u
e (3/8) A 0
Neutrone
1,0087 u
(Gara di 1° livello edizione 2001)
6
3
6,0145 u
Li
1 u = 1,66 ∙ 10−27 kg
23
Qual è l’ energia di legame del nucleo di 63 Li?
a 4,52 pJ
b 5,15 pJ
d 457 pJ
24
e 597 pJ
(Gara di 1° livello edizione 2006)
Un recipiente contiene 96 nanogrammi di una sostanza
radioattiva. Dopo 12 min nel recipiente rimangono, ancora non decaduti, 6 nanogrammi di sostanza. Qual è il
tempo di dimezzamento della sostanza?
b 6 ore
c 4 ore
d 3 ore
b 3 min
e 2 ore
c 4 min
(Gara di 1° livello edizione 2012)
d 6 min
(Gara di 1° livello edizione 2004)
20
1040
Il tempo di dimezzamento dell’isotopo radioattivo
87
39 Y è di 80. Se l’ attività iniziale di un campione di tale
isotopo risulta di 12 Bq, dopo 240 ore sarà:
In un laboratorio medico viene portato un campione di
un isotopo radioattivo di 16 g. Dopo 6 ore si osserva che
12 g del campione hanno subito un decadimento. Qual
è il tempo di dimezzamento (detto anche emitiva) di
quell’isotopo?
a 12 ore
a 2 min
e 8 min
L’isotopo 226
88 Ra del radio è instabile e dà luogo a una
catena di decadimenti fno a trasformarsi nell’isotopo
stabile del piombo 206
82 Pb. Determina quanti processi di
decadimento radioattivo α e β sono coinvolti nel processo.
(Gara di 2° livello edizione 2006)
c 9,18 pJ
19
Due campioni di nuclidi radioattivi, X e Y, hanno la
stessa attività A 0 al tempo t = 0. X ha un tempo di dimezzamento di 24 anni; Y un tempo di dimezzamento
di 16 anni. I campioni vengono mischiati fra loro. Quale
sarà l’attività di questa miscela quando t = 48 anni?
25
Un campione di 24 g di un certo radionuclide decade e
dopo 36 min rimangono solo 3 g dello stesso radionuclide. Dopo i primi 12 min quanto era rimasto del radionuclide originario?
a 6g
d 17 g
b 8g
e 21 g
a 0,08 Bq
c 12 g
b 0,06 Bq
(Gara di 1° livello edizione 2010)
ESERCIZI
26
capitolo
Siamo in tema di Fisica Atomica. Trova l’unica affermazione corretta.
28
24
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
Se una sorgente radioattiva emette 107 particelle α al
secondo ciascuna da 4 MeV:
a Le forze fra nucleoni sono a corto raggio d’azione.
a l’energia emessa al secondo è 4 ∙ 10 13 eV.
b Le forze coulombiane sono trascurabili entro il nucleo.
b l’energia emessa al secondo è 107/4 ∙ 106 eV.
c Nel nucleo troviamo protoni, neutroni ed elettroni
positivi.
d la potenza emessa è 4 GeV/s.
d Il nucleo occupa quasi il 10% del volume dell’atomo.
e Il numero di massa A è dato da: (numero protoni) +
(numero neutroni) + (numero elettroni).
c il nuclide fglio è certamente instabile.
e dopo 107 la sorgente è dimezzata.
(Prova di ammissione al corso di laurea in Odontoiatria
e Protesi Dentaria, 2004-2005)
(Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina
Veterinaria, 2004-2005)
27
Sapresti mettere in ordine decrescente per la capacità
di penetrazione le radiazioni nucleari α, β e γ?
a γ, β, α
d β, α, γ
b γ, α, β
e β, γ, α
c α, β, γ
(Prova di ammissione al corso di laurea in Medicina e
Chirurgia, 2003-2004)
verso L’esaMe di sTaTo
1 QUesiTo
iN UN’ora
decadimento del polonio
238
Il polonio 210
84Po è un isotopo che appartiene alla famiglia dell’uranio 92U. Mediante un decadimento α, il
trasforma in un isotopo del piombo con un tempo di dimezzamento di 138 giorni.
210
84
Po si
a Scrivi la reazione di decadimento.
b Spiega perché nel calcolo dell’energia liberata durante la reazione puoi utilizzare le masse atomiche invece delle masse nucleari.
c Calcola l’energia rilasciata nel decadimento α.
Utilizza i seguenti dati relativi alle masse atomiche:
mHe = 4,002603 u
mPo = 209,98286 u
masse degli isotopi del piombo:
massa 206
82Pb = 205,97446 u
massa 208
82Pb = 207,97664 u
massa 210
82Pb = 209,98418 u
d Calcola la costante di decadimento.
e Dopo quanti giorni l’attività di un campione si riduce a un decimo di quella iniziale?
[5,4 MeV; 5,8·10-8 s-1; circa 460 giorni]
2 QUesiTo sULLe CoMPeTeNZe
Banconote radioattive
iN UN’ora
Allo scopo di impedire la contraffazione delle banconote viene utilizzato un inchiostro la cui composizione segreta
contiene tra l’altro atomi di europio. Per un errore, una partita di inchiostro resta contaminata con due tipi di isotopi radioattivi di europio: l’isotopo 150
63Eu, che decade catturando un elettrone dal guscio con n = 1 (cattura K) e ha un
tempo di dimezzamento T150 = 36,5 anni, e l’isotopo 152
63Eu, che ha un tempo di dimezzamento T152 = 13,6 anni e può
decadere in due modi: o per cattura K o per decadimento beta. Nel caso della cattura K, un protone del nucleo assorbe un elettrone del guscio con n = 1 dell’isotopo, emette un neutrino e si trasforma in un neutrone secondo la
reazione
p + e– → n + ν
1041
capitolo
24
ESERCIZI
FisiCa NUCLeare e radioaTTiviTà
a In quali isotopi si trasformano i due isotopi di europio quando decadono? Scrivi le tre reazioni.
b Nella cattura K un elettrone scompare dal guscio con n = 1, che si trova libero e viene prontamente riempito da
un elettrone proveniente da altri gusci. Di solito si verifcano alcuni passaggi in cascata che producono alcuni
fotoni. Ipotizziamo che accada che uno degli elettroni più esterni, per il quale l’energia di legame è molto piccola, occupi direttamente il posto lasciato libero dall’elettrone catturato. Spiega perché non puoi applicare il modello di Bohr per calcolare l’esatta energia del fotone emesso.
c Pur non fornendo il valore esatto, mediante il modello di Bohr si può stimare in prima approssimazione l’energia
del fotone emesso. Effettua tale stima e stabilisci a quale parte dello spettro elettromagnetico appartiene.
150
d Approssima al valore 150 u la massa atomica dell’isotopo 150
63Eu e calcola qual è l’attività di 1 mg di 63Eu.
e La quantità di isotopi che ha contaminato l’inchiostro è molto piccola. Una singola banconota ha un’attività di
circa 600 Bq. Ciononostante si decide di mettere le banconote contaminate in un contenitore di piombo e di
chiuderle in un caveau. Cent’anni dopo, qualcuno riaprirà il contenitore e, misurando l’attività di una banconota,
152
rileverà un’attività di soli 60 Bq. In base a questi dati determina il numero degli isotopi di 150
63Eu e di 63Eu presenti inizialmente nell’inchiostro di una banconota.
rUBriCa di vaLUTaZioNe deL QUesiTo sULLe CoMPeTeNZe
risposta o giustificazione
Non risponde
Punteggio
richiesta
1
sbagliata
incompleta
completa con
errori
completa e
corretta
4
7
11
15
Competenza prevalente
a
2 Formulare ipotesi
b
4 Fare esperienza
c
3 Formalizzare
d
3 Formalizzare
e
3 Formalizzare
......
Punteggio _
75
1042
=
......
_
15
capitolo
25
Energia nucleare e
particelle elementari
© CERN
1
Reazioni nucleari indotte
Nei decadimenti radioattivi, un nucleo padre radioattivo decade spontaneamente in
un nucleo fglio. È anche possibile provocare il decadimento di un nucleo stabile
colpendolo con un altro nucleo, una particella (atomica o subatomica) o un fotone γ.
Si dice che avviene una reazione nucleare ogni volta che un nucleo, una particella o
un fotone produce una trasformazione in un nucleo bersaglio.
Nel 1919 Ernest Rutherford osservò che, quando una particella α colpisce un
nucleo di azoto, vengono prodotti un nucleo di ossigeno e un protone. Questa reazione nucleare può essere scritta nel modo seguente:
4
2
He
14
7
+
N
⏟
⏟
particella α
incidente
azoto
(bersaglio)
→
17
8
1
1
O +
⏟
ossigeno
H
⏟
protone p
Dal momento che la particella α provoca una trasmutazione dell’azoto in ossigeno,
questa reazione è un esempio di trasmutazione nucleare indotta.
Altri esempi di reazioni nucleari sono:
n + 105 B → 73 Li + 42 He
1
0
24
1
γ + 25
12 Mg → 11 Na + 1 H
1
1
H + 136 C → 147 N + γ
Le reazioni nucleari indotte obbediscono alle leggi di conservazione della fsica. In
particolare, sia la carica elettrica totale sia il numero totale di nucleoni si conservano
durante una reazione nucleare indotta. Ciò rende possibile identifcare il nucleo prodotto in una reazione.
1043
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
ESEmpiO 1 identifichiamo il nucleo prodotto
Una particella α colpisce un nucleo di alluminio 27
13 Al e dà luogo alla seguente
reazione:
4
2
A
1
He + 27
13 Al → ZX + 0n
▸ Stabilisci quale nucleo viene prodotto, individuandone il numero atomico Z
e il numero di massa A.
il ragionamento e la soluzione
La conservazione della carica elettrica totale e del numero totale di nucleoni
portano alle equazioni seguenti:
Quantità conservata
Prima della reazione
Dopo la reazione
Carica elettrica totale
(numero di protoni)
2 + 13
=
Z+0
Numero totale di nucleoni
4 + 27
=
A+1
Risolvendo queste equazioni si ottiene Z = 15 e A = 30.
Dal momento che Z = 15 corrisponde al fosforo (P), il nucleo prodotto è
■
+
1n
0
238
92U
239
92U
+γ
23,5 minuti
239
93Np
+
–
+γ
0
–1e
2,4 giorni
239
94Pu
+
–
+γ
0
–1e
Figura 1
Una reazione nucleare indotta
in cui l’ 238
92 U, a seguito della cattura
di un neutrone e di due decadimenti β
si trasforma nell’elemento transuranico
plutonio 239
94 Pu.
Fissione nucleare
(PhET, University of Colorado)
1044
P.
Elementi transuranici
Le trasmutazioni nucleari indotte possono essere usate per produrre isotopi che non
sono presenti in natura. Nel 1934 Enrico Fermi suggerì un metodo per produrre elementi con un numero atomico maggiore di quello dell’uranio (Z = 92). Tali elementi – come il nettunio (Z = 93), il plutonio (Z = 94), l’americio (Z = 95) e così via –
sono noti come elementi transuranici.
Gli elementi transuranici non sono presenti in natura ma vengono creati mediante reazioni nucleari tra un elemento più leggero opportunamente scelto e una particella incidente, di solito un neutrone o una particella α. La fgura 1, per esempio,
mostra una reazione che produce plutonio a partire dall’ uranio. Un neutrone viene
239
catturato dal nucleo di uranio 238
92 U, che diventa 92 U ed emette un fotone γ. Il nucleo
239
di 92 U è radioattivo e si trasforma, con un tempo di dimezzamento di 23,5 minuti, in
nettunio 239
93 Np. Anche il nettunio è radioattivo e si trasforma, con un tempo di dimezzamento di 2,4 giorni, in plutonio 239
94 Pu. Il plutonio è il prodotto fnale e ha un
tempo di dimezzamento di 24 100 anni.
I neutroni coinvolti nelle reazioni nucleari possono avere valori di energia cinetica molto diversi. In particolare, quelli che hanno energie cinetiche dell’ordine di
0,04 eV o inferiori vengono chiamati neutroni termici. Il nome deriva dal fatto che
un’energia cinetica così ridotta è paragonabile all’energia cinetica media di una molecola che si trovi a temperatura ambiente. Contrariamente alle particelle cariche,
come protoni e particelle α, i neutroni penetrano nel nucleo anche se hanno piccole
energie cinetiche. Infatti essi sono privi di carica elettrica e quindi non devono vincere la repulsione coulombiana originata dai protoni del nucleo.
2
SimulaZiOnE
30
15
Fissione nucleare
Nel 1939 quattro scienziati tedeschi, Otto Hahn (1879-1978), Lise Meitner (18781968), Fritz Strassmann (1902-1980) e Otto Frisch (1904-1979), notarono che un nucleo di uranio, dopo aver assorbito un neutrone, si scinde in due frammenti, ciascuno
dei quali ha una massa inferiore a quella del nucleo originario. La scissione di un
nucleo in due frammenti di massa inferiore è detta fssione nucleare.
La fgura 2 alla pagina seguente mostra la fssione del nucleo di uranio 235
92 U che
92
dà luogo a un nucleo di bario 141
56 Ba e a un nucleo di cripton 36 Kr. La reazione inizia
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
con l’assorbimento, da parte dell’ 235
92 U, di un neutrone lento, con conseguente forma141
92
zione di un nucleo instabile di 236
92 U, che decade rapidamente in 56 Ba, 36 Kr e tre neutroni, in base alla seguente reazione:
n + 235
92 U →
1
0
236
92
→
U
141
56
Ba +
⏟
⏟
bario
nucleo
intermedio
(instabile)
92
36
Kr + 3 10n
⏟
cripton
⏟
3 neutroni
Nucleo
instabile
141
56Ba
1
n
0
1
n
0
+
1
n
0
1
n
0
235
92U
236
92U
Figura 2
92
36Kr
Un neutrone lento provoca la fssione
del nucleo di uranio 235
92 U, dando luogo
92
a bario 141
56 Ba, cripton 36 Kr
e tre neutroni.
Questa è solo una delle molte reazioni che si possono verifcare durante la fssione
dell’uranio. Un’altra reazione possibile è la seguente:
n + 235
92 U →
1
0
236
92
U
⏟
nucleo
intermedio
(instabile)
→
140
54
Xe +
⏟
xenon
94
38
Sr + 2 10n
⏟
stronzio
⏟
2 neutroni
Alcune reazioni producono fno a 5 neutroni, anche se in media il numero di neutroni prodotti è 2,5.
Quando un neutrone urta contro un nucleo di uranio che lo assorbe, provoca in
esso vibrazioni e deformazioni. Le vibrazioni continuano fno a quando la deformazione è tale da impedire che le forze nucleari attrattive bilancino le forze elettrostatiche di repulsione fra i protoni. A questo punto il nucleo si scinde in frammenti, che
trasportano una grande quantità di energia principalmente sotto forma di energia
cinetica. In origine tale energia era immagazzinata nel nucleo iniziale sotto forma di
energia potenziale elettrostatica.
Per ogni fssione vengono rilasciati in media 200 MeV di energia, una quantità
circa 108 volte più elevata delle energie prodotte in una comune reazione chimica,
come per esempio la combustione della benzina o del carbone.
1n
0
235
92U
Legenda
ESEmpiO 2 il nucleo si divide a metà
Stima l’energia rilasciata quando un nucleo massivo (cioè con elevato numero di
massa, A = 240) subisce una fssione.
il ragionamento e la soluzione
La fgura 3 mostra che l’energia di legame di un nucleo con A = 240 vale circa
7,6 MeV per nucleone. Supponiamo che tale nucleo si scinda in due frammenti,
Figura 3
Una reazione a catena. Per chiarezza,
si suppone che ogni fssione produca
due neutroni (in realtà il numero
medio di neutroni emessi è 2,5).
I frammenti prodotti dalla fssione non
sono mostrati.
1045
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
ognuno con A = 120. In base alla fgura 4, l’energia di legame per nucleone di
tali frammenti sale a circa 8,5 MeV per nucleone.
Di conseguenza nella fssione viene rilasciata un’ energia per nucleone di
circa:
8,5 MeV − 7,6 MeV = 0,9 MeV
e un’energia totale di circa
(0,9 MeV/nucleone)(240 nucleoni) ≈ 200 MeV
■
isotopi dell’uranio e fissione
L’uranio presente in natura è principalmente composto da due isotopi, l’ 235
92 U (ab235
bondanza 0,72%) e l’ 238
U
(abbondanza
99,275%).
L’uranio
U
è
fssile,
in
quanto
92
92
si fssiona quando cattura un neutrone. In particolare, se il neutrone è termico (energia cinetica ≈ 0,04 eV o inferiore), la probabilità di fssione è circa cinquecento volte
maggiore rispetto a quella di un neutrone di 1 MeV.
Al contrario, l’ isotopo 238
92 U non è fssile: quando cattura un neutrone termico si
trasforma in plutonio 239
94 Pu attraverso le reazioni seguenti (fgura 1):
U + 10n → 239
92 U + γ
239
U → 239 Np + 0e + –ν
238
92
92
239
93
Np →
93
239
94
−1
Pu + −10e + –ν
Il plutonio 239
94 Pu è fssile anche per neutroni veloci: può quindi essere utilizzato sia
nella produzione di energia per scopi civili sia come costituente principale delle
bombe atomiche.
■
1n
0
235
92U
Legenda
Neutrone
perso
Neutrone
perso
Neutrone
perso
Figura 4
In una reazione a catena controllata
un solo neutrone, in media, tra quelli
prodotti da una fssione è in grado
a sua volta di provocarne un’altra.
Il «neutrone perso» viene assorbito da
un materiale opportuno (non mostrato)
che non subisce fssioni.
Di conseguenza l’energia viene
prodotta a ritmo costante e quindi
controllato.
1046
la reazione a catena
Il fatto che ogni fssione dell’uranio produca in media 2,5 neutroni rende possibile il
verifcarsi di una serie di fssioni senza alcun intervento esterno oltre a quello iniziale. Come mostra la fgura 3, ogni neutrone prodotto può a sua volta provocare un’ altra fssione, con l’ emissione di ulteriori neutroni che produrranno altrettante fssioni,
e così via, dando luogo a quella che si chiama reazione a catena.
In una reazione a catena non controllata, il numero di fssioni può aumentare di
migliaia di volte in pochi milionesimi di secondo. Con un’ energia media di 200 MeV
per fssione, una reazione a catena non controllata può generare una quantità di
energia incredibilmente elevata in tempi molto brevi, come accade in una bomba
atomica (che, a dire il vero, è una bomba nucleare).
Usando un materiale in grado di assorbire i neutroni prima che provochino la
fssione, è possibile limitare il numero di neutroni presenti all’interno del materiale
fssile. In tal modo, si può raggiungere una condizione in cui ciascuna reazione fornisce, in media, soltanto un neutrone in grado di provocare un’ulteriore fssione (fgura
4). Rimangono così sotto controllo la reazione a catena e l’ ammontare dell’energia
prodotta.
La reazione a catena controllata costituisce il principio di funzionamento dei reattori nucleari utilizzati nella produzione di energia elettrica per scopi commerciali.
3
Reattori nucleari
Un reattore nucleare è una sorta di «forno» in cui l’ energia viene generata tramite
una fssione a catena controllata. Il primo reattore nucleare fu costruito da Enrico
Fermi nel 1942 sotto le gradinate dello stadio dell’ Università di Chicago. Si stima
che al dicembre 2007 operassero nel mondo 438 reattori nucleari di vario tipo e di-
capitolo
Stati Uniti
Francia
Giappone
Russia
Corea del Sud
Gran Bretagna
Canada
Germania
India
Ucraina
Cina
Svezia
Spagna
Belgio
Repubblica Ceca
Taiwan (Cina)
Svizzera
Finlandia
Ungheria
Slovacchia
Argentina
Brasile
Bulgaria
Messico
Pakistan
Romania
Sudafrica
Armenia
Lituania
Olanda
Slovenia
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
Figura 5
104
59
Il grafco sintetizza la localizzazione
dei 438 reattori nucleari attivi nel
mondo (dati del 2007, da
International Atomic Energy Agency).
55
31
20
19
18
17
17
15
11
10
8
7
6
6
5
4
4
4
Barre mobili
di controllo
2
2
2
2
2
2
2
1
1
1
1
20
40
60
80
Nocciolo
del
reattore
100
mensioni (fgura 5), molti dei quali costituiti dagli stessi componenti di base: elementi combustibili, un moderatore di neutroni e barre di controllo, secondo lo schema di fgura 6.
Gli elementi combustibili contengono il materiale fssile e possono avere la forma di sottili barre da 1 cm di diametro. In un reattore di grandi dimensioni si possono trovare migliaia di elementi combustibili, disposti molto vicini tra loro all’interno
di una regione detta nocciolo del reattore (fgura 7). Il combustibile più usato è l’ uranio 235
92 U. Dal momento che l’abbondanza in natura di tale combustibile è soltanto
dello 0,7%, esistono speciali impianti per l’arricchimento dell’uranio che ne aumentano la percentuale. La maggior parte degli impianti commerciali usa uranio in cui la
presenza dell’isotopo 235
92 U è stata aumentata fno al 3% circa.
I prodotti della fssione dell’uranio sono isotopi radioattivi che rimangono all’interno delle barre di combustibile. Quando il materiale fssile si esaurisce, le barre
vengono estratte dal reattore e i materiali in esse presenti vengono separati. Gli
isotopi radioattivi, assemblati sotto forma di scorie nucleari, mantengono una marcata attività per migliaia di anni.
Mentre i neutroni dotati di energie dell’ordine di 0,04 eV (o inferiori) sono in
grado di provocare la fssione dell’ 235
92 U, i neutroni prodotti in un processo di fssione
hanno energie molto superiori, dell’ordine di diversi MeV. Di conseguenza, un reattore nucleare deve contenere materiale in grado di moderare (cioè diminuire) la
velocità dei neutroni veloci, rendendoli capaci di provocare la fssione dei nuclei
di 235
92 U. Il materiale che rallenta i neutroni è detto moderatore: l’acqua è il moderatore più comune. Quando un neutrone veloce si allontana dall’elemento fssile che
lo ha prodotto, si trova circondato dalle molecole d’ acqua, contro le quali urta in
modo incessante. A ogni urto, il neutrone perde una frazione apprezzabile della propria energia e rallenta. In circa 10−3 s l’ energia del neutrone diventa paragonabile
all’energia termica delle molecole del moderatore. A questo punto il neutrone è in
grado di indurre la fssione del nucleo di 235
92 U contro cui urta.
Visto che la potenza prodotta da un reattore deve rimanere costante, è necessario
che uno solo dei neutroni provenienti da una fssione sia messo in condizioni di provocarne un’altra, come mostrato in fgura 4. Quando ciò avviene si dice che il reattore è critico. Un reattore normalmente funziona in condizioni di criticità, poiché in
questo caso è in grado di produrre energia in quantità stabilizzata. Il reattore è subcritico quando, in media, i neutroni provenienti da una fssione provocano meno di
una fssione successiva: in un reattore subcritico la reazione a catena non si autoali-
Elementi
combustibili
Moderatore
(acqua)
Acqua
fredda
in entrata
Figura 6
Un reattore nucleare è composto
da elementi combustibili, barre
di controllo e un moderatore
(in questo caso, acqua).
© Keynes.scuole.bo.it
0
Acqua
calda
in uscita
Figura 7
Il nocciolo di un reattore nucleare
in fase di costruzione.
1047
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
menta ed è destinata a spegnersi. Quando, in media, i neutroni provenienti da una
fssione provocano più di una fssione successiva, il reattore è detto supercritico: in
condizioni supercritiche l’ energia prodotta dal reattore aumenta. Se non controllato,
l’aumento di energia può portare alla fusione parziale o totale del nocciolo, con il
possibile rilascio di materiale radioattivo nell’ ambiente circostante.
Il necessario meccanismo di controllo, che mantiene il reattore nel suo stato
normale di criticità, è svolto da un certo numero di barre di controllo, che possono essere abbassate o sollevate rispettivamente dentro o fuori del nocciolo (fgura 6). Esse contengono un elemento, per esempio boro o cadmio, che assorbe rapidamente neutroni senza provocare fssioni. Se il reattore diventa supercritico le
barre di controllo vengono automaticamente abbassate nel nocciolo per assorbire i neutroni in eccesso; in conseguenza di ciò, il reattore ritorna allo stato critico.
Al contrario, se il reattore diventa subcritico, le barre di controllo vengono parzialmente sollevate; vengono così assorbiti meno neutroni, lasciandone disponibili per la fssione un numero maggiore e ripristinando in questo modo lo stato di
criticità.
Nei reattori ad acqua pressurizzata (fgura 8), il calore generato dalle barre di
combustibile viene assorbito e portato all’esterno dall’acqua che circonda le barre
stesse. L’acqua è mantenuta a una pressione di 150 atm, in modo che possa operare
a temperature superiori ai 300 °C senza giungere a ebollizione. Attraverso uno
scambiatore di calore, l’acqua del circuito interno cede energia all’acqua di un
circuito secondario, nel quale è prodotto vapore. Il vapore aziona una turbina, collegata a un generatore elettrico che produce l’energia trasportata poi ai consumatori mediante linee di trasmissione ad alta tensione. All’uscita dalla turbina il vapore si condensa nuovamente in acqua, che viene riportata allo scambiatore di
calore.
Figura 8
Acqua
pressurizzata
Schema di una centrale nucleare
che utilizza un reattore ad acqua
pressurizzata.
Vapore caldo
in ingresso
Generatore
elettrico
Turbina
Vapore raffreddato
in uscita
Pompa
Condensatore
Pompa
Reattore
Acqua
Scambiatore di calore
tabella 1 ▪ Rischi e benefci
dell’energia nucleare da fssione
Rischi
Possibili incidenti nelle centrali
nucleari
Disponibilità di combustibile
(plutonio) per armi atomiche
Smaltimento delle scorie radioattive
Benefci
Altissima effcienza energetica
Assenza di emissioni di gas che
provocano l’effetto serra
Prolungamento della disponibilità
di petrolio
1048
Acqua
in uscita
■
nucleare: sì o no?
L’Italia è l’unico Paese industrializzato che ha rinunciato, con il referendum popolare del 1987, ad avere centrali nucleari sul territorio nazionale. In questi ultimi anni,
però, si è riacceso il dibattito sulla correttezza di questa scelta. Le ragioni sono legate alla necessità di affrontare le emergenze planetarie, come le emissioni di CO2 e la
progressiva diminuzione delle riserve di petrolio, e di garantire al nostro Paese maggiore autonomia energetica.
La tabella 1 elenca i principali rischi e benefci del nucleare da fssione. Le posizioni contrastanti sul nucleare nascono dalla diversa importanza relativa che si
assegna a ciascuno di essi. La rilevanza del tema deve comunque indurre il cittadino a documentarsi approfonditamente e criticamente sulle complesse problematiche legate all’uso dell’energia nucleare, al fne di operare scelte ponderate e consapevoli.
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
Fusione nucleare
4
Il grafco dell’energia di legame per nucleone di fgura 9 consente di stimare l’energia prodotta in un processo di fssione. I nuclei massivi della parte destra del grafco
hanno un’energia di legame di circa 7,6 MeV per nucleone. I frammenti meno massivi della fssione si trovano nella zona centrale della curva e hanno un’energia di
legame dell’ordine di 8,5 MeV/nucleone. L’energia prodotta in una fssione è la differenza tra questi due valori, ovvero circa 0,9 MeV per nucleone.
Energia di legame per nucleone (MeV)
10
10
8
8
6
6
4
4
Fissione
Fusione
2
2
0
0
50
100
150
0
250
200
Numero di nucleoni A
Figura 9
Quando avviene una fssione,
un nucleo con grande massa si divide
in due frammenti la cui energia
di legame per nucleone è maggiore
di quella del nucleo originario. Quando
avviene una fusione, due nuclei
di massa piuttosto piccola si uniscono
formando un nucleo la cui energia
di legame per nucleone è maggiore
di quella dei nuclei originari.
L’analisi del grafco di fgura 9 suggerisce un altro modo per generare energia. Due
nuclei di piccola massa e con energia di legame per nucleone relativamente bassa
possono combinarsi o «fondersi» in un singolo nucleo con una maggiore energia di
legame per nucleone. Questo processo viene chiamato fusione nucleare e rappresenta la fonte di energia che alimenta le stelle.
ESEmpiO 3 isotopi stellari
Protone
Due isotopi dell’idrogeno, 21 H (deuterio,
D) e 31 H (trizio, T), si fondono formando
4
2He e un neutrone (fgura 10) in base
alla reazione seguente:
2
1
Neutrone
Nucleo di
trizio 3
1H
(contiene
due neutroni)
Nucleo di
deuterio 2
1H
(contiene
un neutrone)
H + 31 H → 42 He + 10n
Fusione
▸ Determina l’energia rilasciata nella
reazione.
Figura 10
Energia
il ragionamento e la soluzione
L’energia rilasciata nella reazione dipende dalla differenza di massa fra i nuclei
iniziali e i prodotti di reazione:
Neutrone 1
0n
masse iniziali
masse finali
2
1
4,0026 u
2,0141 u
4
2
3
1
3,0161 u
1
0
1,0087 u
totale
5,0302 u
totale
5,0113 u
H
H
He
n
Nucleo di
elio 4
2He
Il deuterio e il trizio si fondono
formando un nucleo di elio 42 He.
Nel processo viene prodotta una
grande quantità di energia, la maggior
parte della quale è trasportata
da un singolo neutrone 10n .
Il difetto di massa è
∆m = 5,0302 u − 5,0113 u = 0,0189 u
Visto che 1 u equivale a 931,5 MeV di energia, l’energia prodotta è di 17,6 MeV .
1049
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
■
Figura 11
Una superfcie toroidale.
Fisica quotidiana
La fusione nucleare mediante
confnamento magnetico
Energia dalla fusione
Nell’esempio precedente partecipano alla fusione 5 nucleoni (2 del deuterio e 3
del trizio), e quindi l’energia prodotta per nucleone è circa (17,6 MeV)/(5 nucleoni) = 3,5 MeV/nucleone. È un’energia maggiore di quella prodotta in un processo di
fssione (≈ 0,9 MeV/nucleone). In generale possiamo dire che a parità di massa di
combustibile, una reazione di fusione produce più energia di una fssione.
Il vantaggio della fusione sta nel fatto che il deuterio è presente in grande quantità nelle acque degli oceani e si può separare con relativa facilità dall’isotopo più comune dell’idrogeno, 11H.
La diffcoltà principale è invece dovuta al fatto che i nuclei hanno carica positiva e
quindi si respingono. Per vincere la repulsione elettrostatica i due nuclei devono avere energie cinetiche elevate, corrispondenti a temperature di 100 milioni di gradi. Ma
a quelle temperature la materia esiste solo allo stato di plasma, una sorta di gas costituito da elettroni e nuclei totalmente ionizzati. Per mantenere le condizioni necessarie alla fusione bisogna dunque risolvere enormi problemi tecnici connessi al confnamento di un plasma a 100 milioni di gradi in una zona ben delimitata, in modo che in
esso avvengano reazioni di fusione. Il metodo scelto è chiamato confnamento magnetico, in quanto usa campi magnetici per mantenere le particelle cariche del plasma
in moto dentro una superfcie toroidale (fgura 11).
Nel 2007 ha avuto inizio la fase operativa del progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), una cooperazione internazionale fra Unione Europea, Stati Uniti, Federazione Russa, Cina, India, Giappone e Corea del Sud che ha
lo scopo di costruire un reattore in grado di «dimostrare la fattibilità scientifca e
tecnologica della fusione nucleare come fonte di energia per scopi civili». Il reattore
ITER è in allestimento a Cadarache, nel Sud della Francia. Si ritiene che entro il 2020
sarà in grado di fornire 500 MW di potenza per 400 s, consumando solo 50 MW per il
riscaldamento del plasma (fgura 12).
Figura 12
© Iter
Il reattore del progetto internazionale
ITER, progettato per generare una
potenza di 500 MW mediante fusione
nucleare. Per ottenerla si realizzerà
un confnamento magnetico del
plasma in una cavità toroidale
mediante un campo magnetico
di elevata intensità. Confronta
le dimensioni del reattore con quelle
dell’uomo in basso a sinistra.
5
■
le stelle e la nucleosintesi
la formazione di una stella
Una stella si forma quando una nube di gas interstellare subisce una gigantesca condensazione prodotta dalla forza di gravità. La maggior parte del gas interstellare
contiene idrogeno 11 H, cioè l’atomo più semplice formato da un protone e un elettrone legati dalla forza elettrica. La temperatura di questo gas è generalmente bassa,
dell’ordine dei 10 K.
1050
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
Normalmente le nubi si trovano in una situazione di equilibrio, perché la forza di
gravità che le farebbe collassare su se stesse viene controbilanciata dalla pressione
interna della nube dovuta al moto delle particelle. Se si rompe questo equilibrio,
inizia un collasso che può portare alla formazione di una stella. Nel caso del nostro
Sole, per esempio, la condensazione del gas interstellare è stata causata dall’esplosione di una supernova, ossia di una stella con grande massa giunta al termine del
suo ciclo vitale, che ha compresso la nube.
Durante la fase in cui il gas collassa per effetto dell’attrazione gravitazionale, l’idrogeno si scalda, aumenta enormemente la sua energia cinetica e si ionizza formando un plasma, che è lo stato della materia in cui gli atomi si scindono in ioni positivi
ed elettroni. Nel caso dell’idrogeno, al di sopra dei 30 000 K la quasi totalità degli
atomi è ionizzata: i protoni e gli elettroni non sono più legati insieme ma formano
una sorta di gas, neutro nel complesso ma composto da due popolazioni distinte di
particelle con carica positiva (nuclei) e con carica negativa (elettroni).
Mentre procede il collasso gravitazionale, nelle regioni più interne della nube si
raggiungono temperature enormi. Nei violenti moti di agitazione termica, i protoni
sono spinti l’uno contro l’altro con suffciente energia cinetica da vincere la repulsione coulombiana dovuta alla carica elettrica. Se due protoni riescono a trovarsi a una
distanza dell’ordine di circa 10-15 m, entrano in gioco le forze nucleari che danno
origine al processo di fusione. Per attivare un tale processo è necessaria l’energia
termica di un ambiente alla temperatura di circa 4 milioni di kelvin.
L’energia liberata nelle reazioni di fusione contrasta il collasso gravitazionale
della nube: si forma così una stella. Nel caso di stelle con masse simili a quella del
Sole, le reazioni di fusione hanno luogo nel nucleo centrale della stella, mentre nelle
zone esterne, che formano la maggior parte del suo volume, non avvengono reazioni
di fusione.
■
i processi di fusione che producono l’energia emessa
dal Sole
Il primo e più semplice processo di sintesi nucleare che avviene all’interno di una
stella è la fusione dell’idrogeno, che porta alla formazione di un nucleo di elio 42 He a
partire da quattro protoni, cioè da quattro nuclei di idrogeno 11 H:
4p → 42 He + 2e + + 2ν
Il risultato di destra si ottiene attraverso due catene di reazione: la catena pp (protone-protone) e la catena CNO (carbonio-azoto-ossigeno).
La prima catena, detta catena pp I, ha inizio con l’interazione tra due protoni. A
causa della repulsione elettrostatica, due protoni non possono formare uno stato
legato: un nucleo formato da soli due protoni non esiste. La sola possibilità di fusione avviene quando uno dei due protoni si trasforma in neutrone mediante un decadimento β. Questi decadimenti sono l’effetto dell’interazione debole (che vedremo
nel prossimo paragrafo), che è un’interazione molto meno intensa di quella forte a
cui si deve il legame tra nucleoni. Ciò implica che, all’interno del nucleo stellare, il
processo che trasforma il protone in un neutrone è molto raro. Affnché un protone
nel nucleo di una stella come il Sole riesca a unirsi con un altro protone trascorre, in
media, più di un miliardo di anni. Questo è il motivo per cui il nostro Sole consuma
lentamente la sua riserva di protoni, e dunque di energia, impiegando miliardi di
anni per esaurirla.
La reazione è
p + p → 21 H + e + + ν
Il processo rilascia un’energia di 0,44 MeV e il positrone si annichila quasi subito con
uno degli elettroni che sono presenti nel plasma, producendo circa un altro MeV di
energia.
Durante questo processo viene emesso anche un neutrino ν che, essendo soggetto alla sola forza debole, interagisce debolmente con la materia della stella e può
quindi allontanarsi quasi indisturbato.
1051
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
ν
ν
γ
Protone
γ
Neutrone
γ Raggio gamma
Positrone
ν Neutrino
Figura 13
Catena pp: processo di fusione che
porta a un nucleo di elio a partire da
quattro protoni.
Inizia così la formazione dei nuclei di deuterio 21 H. La densità di questi nuclei è però
troppo bassa perché diventi probabile la loro unione diretta a formare nuclei di 42 He,
per cui la fusione procede lungo altri canali. Anzitutto il deuterio si fonde con un
altro protone e forma 32 He:
p + 21 H → 32 He + γ
Nel processo si origina anche un fotone γ e vengono prodotti circa 5,49 MeV di
energia. Questa volta la probabilità che l’urto di due nuclei di 32 He dia origine a una
fusione è alta:
3
3
4
2 He + 2 He → 2 He + 2p
Il processo rilascia due protoni e produce circa 12,9 MeV di energia.
Nel complesso, quindi, a partire da 4 protoni iniziali si forma un nucleo di 42 He e
sono emessi 2 neutrini (fgura 13). Considerando che i due neutrini portano via circa
0,6 MeV, all’interno della stella sono rilasciati in totale circa 26 MeV di energia,
compresa quella dell’annichilazione dei positroni, sotto forma di energia cinetica dei
prodotti di reazione.
Questo processo è responsabile di circa l’86% della produzione di energia solare. Il restante 14% è generato dalla catena pp II che richiede temperature superiori, almeno 14 milioni di kelvin. Questo processo consiste nella fusione di due isotopi diversi di elio che danno origine a un nucleo di berillio e alla produzione di un
fotone γ:
3
4
7
2 He + 2 He → 4 Be + γ
Il nucleo di berillio subisce un decadimento β inverso, assorbendo un elettrone e
trasformandosi in litio, con l’emissione di un neutrino:
7
4
Be + e → 73 Li + ν
Il litio può assorbire un protone, ma diventa instabile e si fssiona infne in due nuclei
di elio 4:
7
4
4
3 Li + p → 2 He + 2 He
La massa del Sole è insuffciente ad attivare altri processi di fusione nucleare, perciò
questi due sono gli unici processi di fusione nucleare che danno origine all’energia
irradiata dalla nostra stella.
■ il
ciclo del carbonio-azoto-ossigeno
Nelle nubi di gas interstellare sono presenti anche elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, ma il loro coinvolgimento in processi di reazione implica il superamento di forze coulombiane più intense di quelle presenti nella catena pp. Il Sole non ha
una massa suffciente per attivare processi di fusione nucleare che vadano oltre la
produzione di 74 Be. Per ottenere energia dalla fusione di nuclei più grossi, le stelle
devono avere una massa almeno 1,2 volte superiore a quella del Sole.
La fusione di tre nuclei 42 He (passando anche qui per il berillio 74 Be) forma nuclei
di carbonio 126 C. Da questi ha inizio il ciclo CNO (carbonio, azoto e ossigeno), che
porta allo stesso risultato netto della catena pp ma in modo più effciente: anche i
nuclei 126 C permettono infatti di realizzare la fusione di quattro protoni in un nucleo
di 42 He. Il 126 C è una sorta di catalizzatore nucleare, nel senso che alla fne del processo, dopo che i quattro protoni sono stati fusi, si riforma un nucleo di 126 C che può dar
vita a una nuova fusione. Per questo motivo si parla di ciclo.
Analizziamo i dettagli delle reazioni del ciclo CNO (fgura 14 alla pagina seguente). Inizialmente un nucleo di carbonio-12 cattura un protone e si trasforma in
azoto producendo un raggio γ:
12
13
6C + p → 7N + γ
L’azoto decade β+ emettendo un positrone e un neutrino: il positrone si annichila
con uno degli elettroni del plasma e il neutrino fugge via. Il nucleo prodottosi nel
decadimento è un nuovo isotopo del carbonio, il 136 C:
13
7
1052
N → 136 C + e + + ν
capitolo
He
4
1
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
Figura 14
Ciclo CNO: processo di fusione che
porta alla formazione di un nucleo di
elio a partire da quattro protoni,
usando il 126 C come catalizzatore.
H
H
1
γ
12
C
N
13
N
O
13
15
ν
Protone
ν
C
15
Neutrone
N
14
Positrone
γ Raggio gamma
γ
γ
H
1
1
ν Neutrino
H
Anche il nucleo di carbonio-13 è in grado di catturare un protone e di ritrasformarsi
in azoto, questa volta con un neutrone in più, producendo un raggio γ:
13
6
C + p → 147 N + γ
Un terzo protone è ora catturato dall’azoto-14 che si trasforma in ossigeno-15 ed
emette un altro fotone γ:
14
15
7N + p → 8O + γ
L’ossigeno effettua un decadimento β+ emettendo un positrone e un neutrino e si
trasforma nell’isotopo 157 N dell’azoto, mentre il positrone si annichila e il neutrino
fugge via:
15
8
O → 157 N + e + + ν
Infne, il quarto protone è catturato dal nucleo di azoto-15, ma il nucleo di ossigeno-15 che si forma è instabile e produce un decadimento α, che emette il nucleo
4
2 He (cioè la particella α) e ripristina l’iniziale nucleo di carbonio-12:
15
7
■
N + p → 126 C + 42 He
l’origine degli elementi
Log10 (abbondanza)
Come vedremo nel prossimo capitolo, circa 5 minuti dopo il Big Bang, nell'Universo
ebbe inizio l’era della nucleosintesi, durante la quale si formarono nuclei di deuterio
e di elio a partire da nuclei di idrogeno (protoni).
Tutti gli altri nuclei che si trovano nell’Universo (fgura 15) sono stati sintetizzati nelle stelle: soltanto all’interno di una stella, infatti, la temperatura è così alta da
rendere disponibile l’energia cinetica in grado di superare la repulsione coulombiana di nuclei più piccoli e di unirli insieme a formare nuclei più grandi.
Il processo con cui si formano nuclei più grandi a partire da nuclei più piccoli
all’interno delle stelle prende il nome di nucleosintesi stellare.
12
11 H
10
He
9
8
O
C
7
Ne Si
Fe
S
6
N
Ar Ca
Ni
5
Na
Ti
4
Zn
P
3
Ge
Co
F
Cu
2 Li
V
B
Ga
1
Sc
As
0
Be
–1
–2
–3
0
5 10 15 20 25 30 35
L’abbondanza del Si
è normalizzata a 106
Zr
Mo
Xe
Sn Te Ba
W
Nb
40
Pt
In
45
50
Pr
55
Numero atomico Z
60
Re
65
70
75
Pb
Hg
Au Bi
80
85
Th
U
90
95
Figura 15
L’abbondanza degli elementi presenti
nell’Universo. La scala verticale è
logaritmica ed è stata normalizzata
all’abbondanza del silicio, posta
arbitrariamente al valore 106. Così, per
esempio, il valore 3 per il fuoro (F)
signifca che l’abbondanza del fuoro è
103−6 = 10−3, cioè mille volte inferiore
a quella del silicio e quella del renio
(Re) è 10−2−6 = 10−8, ovvero cento
milioni di volte inferiore a quella del
silicio. L’elemento più abbondante è
ovviamente l’idrogeno, circa
venticinquemila volte più abbondante
del silicio.
1053
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
La nucleosintesi stellare avviene attraverso un insieme di processi estremamente
complessi. In precedenza ci siamo limitati a discutere tre dei processi iniziali che
producono elio a partire dai protoni, ma nelle stelle pesanti si hanno altri processi di
fusione che producono nuclei sempre più massicci fondendo quelli più leggeri. La
produzione di nuclei da parte delle stelle può essere sintetizzata in tre processi fondamentali:
•
•
•
la fusione nucleare che ha inizio da due protoni e continua producendo nuclei
sempre più grandi fno a quello del 40
20 Ca;
un processo che coinvolge i raggi gamma ad altissima energia e che consente la
formazione di nuclei sempre più grandi fno al ferro 56
26 Fe, che è il nucleo con il
massimo di energia di legame per nucleone;
la sintesi di elementi più massicci del ferro, che avviene mediante cattura di neutroni da parte di nuclei pesanti durante le fasi in cui una stella di massa grande,
che abbia esaurito l’energia prodotta dalla fusione, esplode in un supernova. Fino
alla formazione del 56
26 Fe, infatti, i processi di fusione nucleare rilasciano energia,
mentre le reazioni che danno luogo a nuclei con masse maggiori necessitano di
energia per attivarsi.
Il fatto che sulla Terra esistano elementi oltre il 56
26 Fe implica che il Sistema Solare si
sia originato dall’onda d’urto cosmica prodotta da una supernova circa cinque miliardi di anni fa. Per effetto di questa onda d’urto, che ha trasportato i nuclei pesanti
formatisi nell’esplosione, la nube di idrogeno ed elio ha iniziato il suo collasso gravitazionale: mentre nella parte centrale si è formato il Sole, i residui periferici, ricchi di
elementi pesanti, hanno formato i pianeti che orbitano attorno a esso.
6
π0
+
Protone
+
Protone
+
Protone
+
Protone
Prima della collisione
Dopo la collisione
Figura 16
Quando un protone con grande energia
cinetica urta con un protone fermo si
crea un pione π0. Parte dell’energia
del protone incidente viene utilizzata
nella creazione del pione.
particelle elementari
Intorno al 1932 si pensava che l’elettrone, il protone e il neutrone fossero le sole particelle elementari esistenti in natura, ovvero i mattoni fondamentali di cui è costituita
la materia. Grazie a continue scoperte sperimentali e teoriche, oggi sappiamo che il
neutrone e il protone sono particelle composte e che esistono centinaia di altre particelle. A parte i neutrini, tutte queste particelle sono instabili con tempi di decadimento compresi tra 10−6 s e 10−23 s e hanno masse molto maggiori di quella dell’elettrone.
Molte particelle sono prodotte accelerando protoni o elettroni a velocità relativistiche e facendoli poi urtare contro un bersaglio, che può essere un nucleo o una
particella. La fgura 16, per esempio, mostra un urto fra un protone molto energetico
e un protone fermo, urto in conseguenza del quale viene prodotta una nuova particella, il pione neutro (π 0). Dal momento che il pione non esiste prima dell’urto, esso
è creato con una parte dell’energia del protone incidente.
È consuetudine riportare le masse delle particelle nei termini delle loro energie
a riposo in MeV. Per esempio, il pione π0 ha massa 135,0 MeV, mentre il protone ha
massa 938,3 MeV.
■
neutrini
Già nel 1930 Wolfgang Pauli aveva ipotizzato l’ esistenza del neutrino. Nel 1933 Enrico Fermi lo inserì nella sua teoria del decadimento β, ma la scoperta sperimentale
del neutrino risale al 1956.
Il neutrino non ha carica elettrica, ha una massa molto minore di quella dell’elettrone e viaggia a velocità prossime a quella della luce. Oggi sappiamo che esistono
tre tipi di neutrino: il neutrino elettronico νe (quello del decadimento β), il neutrino
muonico νµ e il neutrino tauonico ντ . I neutrini vengono prodotti in enormi quantità
nelle stelle e sono le particelle più diffuse nell’ Universo.
■
positroni e antiparticelle
Nel 1932 Carl D. Anderson (1905-1991) scoprì il positrone (il termine è una contrazione di «elettrone positivo»), una particella con la stessa massa dell’elettrone ma
1054
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
Rivelatore
γ
γ
© CC Studio/Photo Researchers
Rivelatore
A
B
carica opposta e +. Un urto fra un positrone e un elettrone porta all’ annichilazione
delle due particelle, con la loro conversione in energia elettromagnetica sotto forma
di due raggi γ. Per questo motivo, i positroni non possono coesistere per molto tempo con la materia ordinaria.
L’ annichilazione reciproca di un positrone e di un elettrone è alla base di un’importante tecnica diagnostica, la tomografa a emissione di positroni, più comunemente nota come PET. Isotopi radioattivi che decadono β+ ed emettono positroni,
come l’ossigeno 158 O, sono iniettati nel corpo umano, all’interno del quale si accumulano in siti specifci. Il positrone 01e emesso durante un decadimento incontra quasi
istantaneamente un elettrone −10e dei tessuti biologici. La loro annichilazione produce due fotoni γ:
Figura 17
A Nella tomografa a emissione
di positroni, o scansione PET, viene
iniettato all’interno del corpo
un isotopo radioattivo. L’isotopo
decade emettendo un positrone, che si
annichila con un elettrone del tessuto
biologico dando luogo a due fotoni γ.
Questi fotoni colpiscono dei rivelatori
montati in punti diametralmente
opposti di un anello che circonda
il paziente.
B Un paziente prima di essere
sottoposto a una PET al cervello.
e + −10e → γ + γ
0
1
© ISM/Phototake
che sono rivelati da opportuni dispositivi montati su un anello che circonda il paziente, come mostrato in fgura 17a.
Il positrone e l’elettrone formano un sistema isolato: per la legge di conservazio→
→
→
ne della quantità di moto, la quantità di moto totale dei due fotoni Q f = q 1γ + q 2γ è
→
→
uguale a quella delle due particelle iniziali Q i. Ma Q i è quasi nulla se si considera che
le due particelle possiedono una quantità di moto molto inferiore a quella di ogni
→
→
→
→
→
fotone. Quindi anche Q f = q 1γ + q 2γ ≈ 0, da cui q 1γ = − q 2γ, ossia le quantità di moto
dei fotoni hanno la stessa direzione ma verso opposto. Quindi, i due fotoni si allontanano dal punto in cui è avvenuta l’annichilazione in versi opposti e colpiscono rivelatori posizionati in punti diametralmente opposti dell’ anello.
Questa informazione viene sfruttata per produrre un’immagine al computer che
può essere utile per diagnosticare anomalie nella zona
in cui si è accumulato il radioisotopo (fgura 18).
Il positrone fu il primo
esempio di antiparticella:
dopo la sua scoperta gli
scienziati compresero che
ogni particella possiede una
corrispondente antiparticella, che ha carica elettrica
opposta oppure momenti
magnetici orientati in senso
opposto rispetto allo spin
(come nel caso della coppia
Fisica quotidiana
La scansione PET
Figura 18
La tomografa ad emissione
di positroni (PET) fornisce
un’importante tecnica di diagnostica
medica. Questa scansione PET
del torace, a sezione assiale, mostra
un tumore in un polmone
(in corrispondenza della freccia).
1055
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
neutrino-antineutrino). Alcune particelle elettricamente neutre, come il fotone e il
pione π0, sono le antiparticelle di se stesse.
■
muoni e pioni
Nel 1937 Carl D. Anderson e Seth H. Neddermeyer (1907-1988) scoprirono il muone
µ («mu»), una particella carica con massa 207 volte maggiore di quella dell’ elettrone. Esistono due tipi di muoni, aventi la stessa massa ma carica opposta: la particella
µ− e la sua antiparticella µ+. Il muone µ− ha la stessa carica dell’elettrone, mentre il
muone µ+ ha la stessa carica del positrone. Entrambi i muoni sono instabili per decadimento β con un tempo di decadimento di 2,2 ∙ 10−6 s:
µ− → β− + νµ + –ν e
µ+ → β+ + –ν + ν
µ
e
I muoni interagiscono con protoni e neutroni attraverso l’interazione nucleare
debole.
Il fsico giapponese Hideki Yukawa (1907-1981) predisse nel 1935 l’esistenza dei
pioni, che però furono scoperti solo nel 1947. Esistono tre tipi di pioni: uno carico
positivamente, la sua antiparticella, con carica negativa e dotata della stessa massa, e
il pione neutro, già precedentemente citato, che è anche l’ antiparticella di se stessa.
I simboli per queste tre particelle sono rispettivamente π +, π − e π 0. I pioni carichi
sono instabili, con una vita media di 2,6 ∙ 10−8 s. Il decadimento di un pione carico
produce solitamente un muone:
π − → µ − + –ν
µ
π + → µ+ + ν µ
Anche il pione neutro π 0 è instabile e decade in due fotoni γ con una vita media di
8,4 ∙ 10−17 s. I pioni sono particelle molto interessanti in quanto, al contrario dei muoni, interagiscono con protoni e neutroni mediante l’interazione nucleare forte.
■
classificazione delle particelle
Le particelle conosciute sono raggruppate in tre famiglie: bosoni, leptoni e adroni
(tabella 2 alla pagina seguente).
La famiglia dei bosoni è composta da particelle con spin intero che giocano un
ruolo centrale nelle interazioni fondamentali.
La famiglia dei leptoni è formata da particelle che interagiscono attraverso l’interazione nucleare debole. I leptoni possono esercitare anche forze gravitazionali e,
se sono carichi, forze elettromagnetiche. Esistono sei leptoni con le rispettive antiparticelle. A ognuno dei tre leptoni con carica elettrica è associato un differente
neutrino. Il leptone scoperto più recentemente è il τ, la cui esistenza fu sperimentalmente provata alla fne degli anni ’ 70 del secolo scorso.
La famiglia degli adroni è formata da particelle che interagiscono sia mediante
interazione nucleare forte sia attraverso interazione nucleare debole e elettromagnetica. Gli adroni sono tutte particelle composte da quark e l’unica stabile – entro un
margine sperimentale di circa 1033 anni – è il protone. Il tempo di decadimento del
neutrone è così grande rispetto alla scala dei tempi di decadimento tipici degli adroni, che è praticamente stabile. Gli adroni sono suddivisi in due gruppi: i mesoni (in
genere più leggeri) e i barioni (più pesanti). Questa suddivisione trova una spiegazione nel modello a quark per gli adroni.
■
i quark
Dal momento che venivano scoperti sempre più adroni, divenne chiaro che non potevano più essere considerati come particelle elementari. Si ipotizzò quindi che gli
adroni siano composti di particelle ancora più piccole chiamate quark.
Nel 1963 Murray Gell-Mann (1929) e Geoffrey Zweig (1937) formularono la teoria secondo la quale esistono tre quark, con i corrispettivi antiquark, e che gli adroni sono composti da una combinazione di quark. I quark sono dunque diventati le
1056
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
tabella 2 ▪ alcune particelle con le loro caratteristiche
Famiglia
particella
Simbolo
particella
Simbolo
antiparticella
Energia
(meV)
Fotone
γ
γ (*)
0
W
Bosoni
Leptoni
±
0
Z
0
+
W
0
Stabile
4
3 ∙ 10−25
4
8,04 ∙ 10
Z
Z (*)
9,12 ∙ 10
3 ∙ 10−25
Gluone
g
–
0
–
Higgs
H0
H0 (*)
125 ∙ 103
2,9 ∙ 10−13
Elettrone
e − oppure β−
e + oppure β+
0,511
Stabile
Muone
µ−
µ+
105,7
2,2 ∙ 10−6
Tau
τ−
τ+
1777
2,9 ∙ 10−13
Neutrino
elettronico
νe
ν–e
< 2 ∙ 10−6
Stabile
Neutrino
muonico
νμ
ν–µ
< 0,19
Stabile
Neutrino
tauonico
ντ
ν–τ
< 18,2
Stabile
π+
π−
139,6
2,6 ∙ 10−8
π0
π 0 (*)
135,0
8,4 ∙ 10−17
K
–
K0
493,7
1,2 ∙ 10−8
497,6
–
η (*)
p–
547,3
< 10−18
938,3
Stabile
939,6
886
1116
2,6 ∙ 10−10
1189
8,0 ∙ 10−11
1193
7,4 ∙ 10−20
1197
1,5 ∙ 10−10
1672
8,2 ∙ 10−11
Pione
Adroni
(mesoni)
W
−
Emivita
(s)
Kaone
K
+
K0
Eta
η
Protone
p
0
Σ−
Ω−
Ω+
n
Lambda
Λ
0
Σ+
Sigma
Omega
0
n–
–
Λ0
–
Σ−
–
Σ0
–
Σ+
Neutrone
Adroni
(barioni)
−
Σ0
(*) La particella è antiparticella di se stessa.
particelle elementari della famiglia degli adroni. Le particelle delle altre famiglie,
invece, sono considerate esse stesse elementari e quindi non composte da quark.
I tre quark sono stati chiamati up (u), down (d) e strange (s) e si è ipotizzato che
abbiano una carica frazionaria rispettivamente pari a +(2/3)e, −e/3 e −e/3 (tabella 3
alla pagina seguente). Dal punto di vista sperimentale, i quark dovrebbero essere
facilmente rivelabili a causa della loro carica frazionaria, ma nonostante una ricerca
molto estesa non sono mai stati scoperti quark liberi.
Secondo la teoria originaria, mesoni e barioni sono diversi: ciascun mesone è
formato da due soli quark, mentre un barione ne contiene tre. Per esempio, il pione
π − (un mesone) è composto da un quark d e da un antiquark u– : π − = d + u– , come
mostrato in fgura 19. I due quark si combinano nel mesone attribuendogli la carica
–
–
netta pari a −e. In modo analogo, il pione π + è composto dai quark d e u: π + = d + u.
Al contrario protoni e neutroni, essendo barioni, sono formati da tre quark. Il protone contiene la combinazione d + u + u, il neutrone la combinazione d + d + u (fgura 19).
Il modello a quark originario risultò estremamente soddisfacente per la previsione delle cariche elettriche degli adroni e di altre proprietà. Tuttavia, nel 1974 fu scoperta una nuova particella, il mesone J/ψ. Questo mesone ha un’energia a riposo di
3097 MeV, molto più alta delle energie a riposo di tutti gli altri mesoni conosciuti.
L’esistenza del mesone J/ψ poteva essere spiegata solo ipotizzando l’esistenza di una
nuova coppia quark-antiquark; questo tipo di quark fu chiamato «incantato» o char-
–
d
1
+
– –– e
3
–
u
2
– –– e
3
d
1e
– ––
3
u
2e
+
– ––
3
π–
π+
Mesoni
d
1e
– ––
3
u
2e
+ ––
3
u
u
2e
+ ––
3
2e
+ ––
3
d
1e
– ––
3
Protone
d
1e
– ––
3
Neutrone
Barioni
Figura 19
In base all’originario modello a quark
degli adroni, tutti i mesoni sono
costituiti da un quark e da un
antiquark, mentre i barioni contengono
tre quark.
1057
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
tabella 3 ▪ Quark e antiquark
Quark
antiquark
nome
Simbolo
carica
Simbolo
carica
Up
u
2
+_e
3
u–
2
−_e
3
Down
d
1
−_e
3
–
d
1
+_e
3
Strange
s
1
−_e
3
s–
1
+_e
3
Charmed
c
2
+_e
3
c–
2
−_e
3
Top
t
2
+_e
3
–
t
2
−_e
3
Bottom
b
1
−_e
3
–
b
1
+_e
3
med (c). La scoperta di particelle sempre nuove ha reso necessario postulare l’esistenza anche di un quinto e di un sesto quark, i cui nomi sono top (t) e bottom (b).
Attualmente esistono evidenti prove sperimentali dell’esistenza dei sei tipi di quark,
con i corrispondenti antiquark. Le caratteristiche delle centinaia di adroni conosciuti
possono essere spiegate in termini di queste sei coppie di quark e antiquark.
Oltre alla carica elettrica, i quark possiedono altre grandezze caratteristiche. Per
esempio, ognuno possiede una proprietà chiamata colore, di cui esistono tre varianti:
blu, verde e rosso. Le corrispondenti possibilità per un antiquark sono antiblu, antiverde e antirosso. L’uso del termine «colore» e la particolare scelta di blu, verde e
rosso sono arbitrari, in quanto i colori visibili dello spettro elettromagnetico non
hanno niente a che fare con le proprietà dei quark. La grandezza associata al colore,
tuttavia, è importante, perché assicura l’ accordo fra il modello a quark e il principio
di esclusione di Pauli e permette di rendere conto di osservazioni sperimentali che
sarebbe diffcile spiegare altrimenti.
■
il modello Standard
Il Modello Standard è una costruzione teorica molto complessa, sviluppata tra gli
anni ’60 e ’70 del secolo scorso, in grado di interpretare e descrivere le interazioni
tra tutti i costituenti noti della materia. Tutte le particelle elementari che sono state
scoperte interagiscono l’una con l’altra mediante una o più delle seguenti quattro
forze: forza gravitazionale, interazione nucleare forte, interazione nucleare debole e
forza elettromagnetica. Nel Modello Standard non è compresa la forza di gravità, la
cui interpretazione a livello quantistico è tuttora un problema aperto. Le altre interazioni, cioè quella elettromagnetica, che coinvolge tutte le particelle con carica elettrica, quella debole, che opera su tutte le particelle del Modello Standard, e quella
forte, che agisce solo sui quark, fanno parte di questa struttura teorica.
Nel Modello Standard, la nostra comprensione dei costituenti fondamentali della
materia segue lo schema riportato nella fgura 20 alla pagina seguente: le molecole,
per esempio di acqua (H2O), sono composte di atomi. Ogni atomo consiste di un
nucleo circondato da una nuvola elettronica. Il nucleo, a sua volta, è formato da protoni e neutroni, che sono composti da quark.
Il Modello Standard è una teoria di campo quantistica, ovvero è consistente sia
con la meccanica quantistica sia con la relatività speciale, e descrive la realtà sotto
forma di campi, ovvero di entità che assumono valori diversi nei diversi punti dello
spazio e del tempo (come abbiamo visto parlando di campi elettromagnetici). La
meccanica quantistica applicata ai campi impone che, nel momento in cui si vuole
osservare un campo, ciò che si trova siano in realtà i suoi quanti, che noi identifchia1058
25
capitolo
10–9 m
10–10 m
10–15 - 10–14 m
+
+
Molecola
Atomo
+
+
+
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
10–15 m
Meno di 10–18 m
Neutrone (o protone)
Quark
+
+
+
+
Nucleo
mo come particelle. Per esempio, il campo elettromagnetico quantistico si manifesterà soltanto tramite i suoi quanti, che sono i fotoni.
A ogni particella corrisponde un campo e viceversa, ed esistono differenze di
comportamento tra i campi bosonici, le cui particelle hanno uno spin intero come i
fotoni, e i campi fermionici, aventi quanti a spin semintero, come gli elettroni e i
quark. Per tradizione, ci si riferisce ai campi fermionici come ai campi di materia.
■
Figura 20
La visione attuale della composizione
della materia in termini di unità
fondamentali, dalle molecole ai quark.
Sono indicate anche le dimensioni
approssimative di ciascuna unità.
il bosone di Higgs
Solo uno dei quattro campi dell’interazione elettrodebole è di fatto senza massa, il
fotone. Gli altri tre danno origine a quanti, cioè a particelle dotate di massa. Come
abbiamo detto, i quanti dei campi di interazione dovrebbero essere senza massa, ma
i quanti di tre campi dell’interazione elettrodebole hanno massa. Questa contraddizione sperimentale ha bloccato lo sviluppo delle teorie di gauge per molto tempo.
Circa cinquant’anni fa, alcuni fsici, tra cui lo scozzese Peter Higgs, cercarono un
meccanismo in grado di dotare di massa i quanti del campo elettrodebole, in modo
da poter mantenere la struttura che genera le interazioni a partire dalle simmetrie,
ma di avere quanti dotati di massa. Il più semplice meccanismo in grado di dotare di
massa i quanti dell’interazione elettrodebole consiste nell’ipotizzare che esista un
particolare campo bosonico a spin zero, a sé stante, il quale interagisce con i quanti
dell’interazione elettrodebole (esclusi i fotoni) e fornisce loro una massa. I quanti di
questo particolare campo sono detti bosoni di Higgs.
I bosoni di Higgs sono in grado di dotare di massa i quanti dell’interazione elettrodebole indicati con le lettere Z0 e W+ e W−. Il primo è neutro, mentre gli altri due
hanno rispettivamente carica elettrica positiva e negativa. Le loro masse sono 97
volte quella del protone per Z0 e 86 volte quella del protone per W±: per creare masse così grandi è necessaria molta energia. Va detto infne che l’ interazione col bosone di Higgs è in grado di dare una massa anche ai fermioni.
Il 4 luglio 2012, in una conferenza stampa tenuta al CERN, è stato annunciato
che i dati prodotti con l’acceleratore LHC (fgura 21) hanno confermato l’esistenza
di un oggetto di massa pari a circa 133 volte quella del protone, che ha tutte le caratteristiche per essere identifcato con il bosone di Higgs.
© bo.infn.it
Figura 21
L’interno del tunnel del LHC (Large
Hadron Collider), l’acceleratore di
particelle più grande e potente fnora
realizzato.
1059
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
l’ordine di grandezza
Quanti giri del tunnel di LHC deve compiere un protone
per acquistare l’energia propria del fascio?
© CERN
per calcolare il numero di giri del tunnel sotterraneo che un protone deve eseguire
per raggiungere l’energia propria del fascio, bisogna considerare il rapporto
tra lo spazio che esso percorre e la lunghezza del tunnel.
il modello
(numero di giri del tunnel di LHC) = (spazio percorso
dal protone) / (lunghezza del tunnel)
i numeri
▸ Spazio percorso dal protone =
= (velocità del protone all’ingresso in LHC) (tempo
impiegato per raggiungere l’energia richiesta) =
= (0,999 997 828 c) (1500 s) ≈ (3 ∙ 108 m/s) (1,5 ∙ 103 s) ≈
≈ 4,5 ∙ 1011 m
▸ Lunghezza del tunnel = 2,7 ∙ 104 m
un paragone Compiendo questo numero di giri a una
velocità che praticamente è quella della luce, ogni
protone percorre un tragitto di circa 450 milioni di
kilometri, una lunghezza uguale a 3 volte la distanza
che separa la Terra dal Sole.
le fonti
il risultato
numero di giri del tunnel di LHC =
4,5 ∙ 1011 m
= _________
= 1,7 ∙ 107 giri
2,7 ∙ 104 m
L’ordine di grandezza è: 107 giri
Ogni protone che entra nel tunnel di LHC ha una
velocità pari a 0,999 997 828 volte quella della luce,
un’energia di 450 GeV e viene accelerato fino a
Stima l’ordine
di grandezza
raggiungere l’energia richiesta dal fascio, pari a 7 TeV,
quando ormai si sta muovendo a una velocità di
0,999 999 991 c: per aumentare la sua velocità di questa
quantità infinitesima, ogni protone deve percorrere
l’anello sotterraneo circa 17 milioni di volte.
∙ Velocità del protone all’ingresso in LHC: CERN,
Centro europeo ricerca nucleare
(http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/)
∙ Tempo impiegato per raggiungere l’energia richiesta:
CERN, Centro europeo ricerca nucleare
(http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/
lhc-machine-outreach-faq.htm)
∙ Lunghezza del tunnel: CERN, Centro europeo ricerca
nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/lhc-vital-statistics.htm)
il modello
(numero di collisioni al secondo) = (numero di collisioni tra due protoni a ogni
incrocio dei due fasci) (frequenza di incrocio dei due fasci)
i numeri
Quante collisioni tra protoni
avvengono ogni secondo
all’interno dei rivelatori
di particelle di lHc?
Numero di collisioni tra due protoni a ogni incrocio dei due fasci = 20 collisioni
Frequenza di incrocio dei due fasci =
= (numero dei pacchetti di protoni da cui sono costituiti i due fasci) (frequenza
di incrocio tra due pacchetti di protoni) =
= (2808 pacchetti) (11254 incroci/secondo) = 3,2 ∙ 107 incroci/secondo
il risultato
Numero di collisioni al secondo = ..................
le fonti
∙ Numero di collisioni tra due protoni a ogni incrocio dei due fasci: CERN, Centro europeo
ricerca nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/collisions.htm)
∙ Numero dei pacchetti di protoni da cui sono costituiti i due fasci: CERN, Centro europeo
ricerca nucleare (http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/collisions.htm)
∙ Frequenza di incrocio tra due pacchetti: CERN, Centro europeo ricerca nucleare
(http://lhc-machine-outreach.web.cern.ch/lhc-machine-outreach/lhc-vital-statistics.htm)
1060
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
I concetti fondamentali
1
Reazioni nucleari indotte
Reazione nucleare indotta
Si verifca ogni volta che un nucleo bersaglio subisce un urto con
un nucleo, un atomo, una particella subatomica o un fotone γ
e a causa dell’urto subisce una trasformazione.
Nel caso del Sole, la condensazione del gas interstellare è stata
causata dall’esplosione di una supernova, cioè di una stella con
grande massa, giunta al termine del suo ciclo vitale.
processi di fusione in una stella
Il primo e più semplice processo di sintesi nucleare che
avviene all’interno di una stella è la fusione dell’idrogeno,
che porta alla formazione di un nucleo di elio
a partire da quattro protoni (cioè da quattro
nuclei di idrogeno):
trasmutazione nucleare indotta
È una reazione in cui il nucleo bersaglio si trasforma in un nucleo
di un nuovo elemento.
neutrone termico
È un neutrone dotato di un’energia cinetica
di circa 0,04 eV.
4p → 42 He + 2e + + 2νe
Il risultato si ottiene attraverso due catene di reazione: la catena pp
(protone-protone) e la catena CNO (carbonio-azoto-ossigeno).
2
Fissione nucleare
Fissione nucleare
Avviene quando un nucleo si scinde in due frammenti di massa
inferiore. Può essere provocata dall’assorbimento di un neutrone
termico. Quando si verifca, viene rilasciata energia perché l’energia
di legame per nucleone dei frammenti è maggiore rispetto
a quella del nucleo iniziale.
Reazione a catena
Nella reazione di fssione vengono emessi anche dei neutroni
che, a loro volta, sono in grado di provocare la fssione
di altri nuclei, dando luogo al processo noto come
reazione a catena.
Origine degli elementi
Circa 5 min dopo il Big Bang ebbe inizio l’era della nucleosintesi,
durante la quale si formarono nuclei di deuterio e di elio a partire
da nuclei di idrogeno (protoni).
nucleosintesi stellare
Tutti gli altri nuclei che si trovano nell’Universo sono stati
sintetizzati nelle stelle, dato che soltanto all’interno delle stelle
le temperature possono essere così alte da consentire a nuclei
piccoli, dotati di elevatissima energia cinetica, di superare
la repulsione coulombiana e unirsi insieme, formando nuclei più
grandi. I processi, estremamente complessi, che producono tali
trasformazioni prendono il nome di nucleosintesi stellare.
6
3
Reattori nucleari
Reattore nucleare
È un sistema in grado di generare energia utilizzando una reazione
a catena controllata.
componenti di un reattore
Le componenti fondamentali di un reattore sono:
gli elementi combustibili, contenenti il materiale fssile
nel cosiddetto nocciolo; il moderatore di neutroni
(per esempio acqua), che rallenta i neutroni prodotti nelle fssioni;
le barre di controllo, in grado di assorbire facilmente neutroni.
4
Fusione nucleare
Fusione nucleare
In un processo di fusione nucleare due nuclei si fondono
in un singolo nucleo. L’energia rilasciata è dovuta al fatto
che l’energia di legame per nucleone di questo nucleo è maggiore
rispetto a quella dei nuclei iniziali.
confnamento magnetico
In futuro potrebbe essere una tecnica
per produrre energia da fusione controllata per scopi civili.
5
le stelle e la nucleosintesi
Formazione di una stella
Avviene quando una nube di gas interstellare subisce una
gigantesca condensazione prodotta dalla forza di gravità.
particelle elementari
Famiglie dei bosoni, dei leptoni e degli adroni
Le particelle subatomiche sono divise in tre famiglie, quelle
dei bosoni (di cui fa parte il fotone), quella dei leptoni
(che comprende l’elettrone) e quella degli adroni
(che comprende il protone e il neutrone).
particelle elementari
Sono i costituenti fondamentali della materia. Tutti i membri delle
famiglie dei fotoni e dei leptoni sono particelle elementari.
teoria dei quark
Ritiene che gli adroni non siano particelle elementari, ma siano
composti da particelle elementari chiamate quark. Attualmente
le caratteristiche di centinaia di adroni possono essere
spiegate a partire da sei quark (up, down, strange, chermed,
top e bottom) e dai loro antiquark.
modello Standard
È una costruzione teorica molto complessa in grado di interpretare
e descrivere le interazioni tra tutti i costituenti noti della materia.
Tutte le particelle elementari interagiscono con una o più delle
seguenti quattro forze: forza gravitazionale, interazione nucleare
forte, interazione nucleare debole e forza elettromagnetica. Ad
eccezione della prima, tutte le altre sono contemplate dal Modello
Standard, che è una teoria di campo quantistica, cioè consistente
sia con la meccanica quantistica sia con la relatività speciale.
Bosone di Higgs
È un bosone elementare, teorizzato nel 1964 e rilevato per
la prima volta nel 2012 col l’acceleratore LHC. La sua importanza
è quella di essere la particella che, secondo la teoria, conferisce
massa alle particelle elementari. La sua esistenza garantisce
la consistenza del Modello Standard.
1061
Come funziona…
il progetto itER
Deuterio
© ITER Organization
Uno degli obiettivi più ambiziosi della ricerca sulla fusione nucleare è
quello di imitare il processo di produzione di energia delle stelle. Lo scopo
è quello di ottenere una reazione di
fusione che produca più energia di
quella usata per innescarla. L’International Thermonuclear Experimental
Reactor (ITER) sarà il primo impianto di fusione nucleare al mondo, concepito proprio per dimostrare la fattibilità scientifca e tecnologica della
fusione come fonte di energia.
L’accordo per la costruzione di ITER,
che sarà situato a Cadarache, nel sud
della Francia (fgura a), è stato siglato
il 28 giugno 2005 a Mosca tra sette
partner – Cina, Europa, India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati
Uniti – e al progetto lavorano moltissimi centri di ricerca in tutto il mondo
(l’ENEA in Italia). La costruzione è
cominciata nel 2007.
L’energia di fusione sarà ottenuta facendo fondere due nuclei di isotopi
dell’idrogeno, il deuterio e il trizio,
formati rispettivamente da un protone e un neutrone. Questo tipo di reazione è in grado di produrre un’enorme quantità di energia ma necessita al
tempo stesso di una temperatura pari
a circa 150 000 000 °C per innescarsi:
un valore dieci volte superiore a quello che si raggiunge nel nucleo del Sole.
Figura a Vista aerea del sito di costruzione Cadarache.
A temperature così elevate, gli elettroni vengono separati dai nuclei e il
gas diventa plasma. In queste condizioni, una particella alfa prodotta dalla reazione di fusione può innescare
all’interno del plasma altre reazioni di
fusione in un processo a catena (fgura B). Il tasso di reazione può diventare tale che la fusione riesce ad autosostenersi, producendo molta più
energia di quella impiegata inizialmente per ottenere il plasma stesso:
ITER sarà in grado di produrre 500
MW per circa 15-30 minuti partendo
da 50 MW forniti in ingresso.
Per riscaldare il plasma si useranno
due metodi (fgura c): verranno iniet-
Radio Frequency
(RF) Heating
Ohmic Heating
Elio
tati atomi di idrogeno ad alta velocità
che, trasferendo la loro energia tramite collisioni, riscalderanno le componenti del plasma; e verranno usate
onde elettromagnetiche ad alta frequenza per riscaldare gli ioni (a 40-55
MHz) e gli elettroni (170 GHz) del
plasma, con un sistema analogo a
quello che si usa per riscaldare il cibo
in un microonde.
La reazione di fusione avviene in una
camera a vuoto di forma toroidale
(volume 1400 m3), chiamata tokamak. La miscela deuterio-trizio viene
pompata nella camera molto velocemente e poi trasformata in plasma
tramite ionizzazione indotta da un
Electric
Current
Transmission
Line
Antenna
Electromagnetic
Waves
Energia
Trizio
B
1062
Neutrone
© ITER Organization
Energetic hydrogen
atoms
Figura B
Neutral Beam
Injection
Heating
C
Schema della reazione
di fusione.
Figura c
Sistemi di riscaldamento
esterno del plasma.
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
Figura D
© ITER Organization
Sezione del tokamak
di ITER.
Figura E
© ITER Organization
Il tokamak di ITER, alto
30 metri e del peso
di 23 000 tonnellate,
racchiuso nel criostato.
La zona in sezione
di confnamento del plasma
è rappresentata dalla fascia
viola.
sistema elettrico. All’interno di questa camera, il plasma viene poi confnato con un campo magnetico che
vincola nuclei ed elettroni a compiere orbite a spirale attorno alle linee
di forza del campo. Il campo magnetico è prodotto da un solenoide centrale e 18 bobine superconduttrici
(fgura D).
I prodotti della reazione di fusione
non sono radioattivi. Tuttavia, i neutroni emessi, che non avendo carica
sono quindi indifferenti al campo
magnetico, potrebbero attivare le pareti della camera che è quindi rivestita di 440 pannelli di berillio. Questi
pannelli hanno la funzione di catturare i neutroni e di evitare il danneggiamento degli strati più esterni del
reattore. Il tokamak è poi racchiuso
da un criostato che controlla il raffreddamento dell’intera struttura.
Uno dei punti che rendono la fusione
una possibilità molto promettente è
la vasta disponibilità degli elementi
che fanno da carburante. Mentre un
impianto a carbone richiede 2,7 milioni di tonnellate di carbone all’anno, un impianto di questo genere
avrebbe bisogno solo di 250 kg di
carburante all’anno: 125 kg di deuterio e 125 kg di trizio. Il deuterio può
essere ricavato dall’acqua: in ogni litro di acqua marina si trovano infatti
33 mg di deuterio. Il trizio, che è un
elemento radioattivo di vita media
breve, potrà invece essere prodotto
nelle stesse reazioni di fusione, grazie
all’interazione dei neutroni che sfuggono dal plasma con alcune pareti
del tokamak, contenenti in questo
caso del litio.
Quando si smette di riscaldare il plasma, la reazione di fusione si interrompe dopo un certo tempo, detto
tempo di confnamento, perché il calore si disperde per conduzione. Per
questo motivo il reattore a fusione è
un sistema sicuro e di facile controllo.
Si prevede che nel 2050 saranno necessari 30 TW di energia annuali rispetto ai 13 TW attuali. Per questo
motivo non è possibile far conto
esclusivamente sulla produzione di
idrocarburi, pensando al tempo stesso ad alternative che non producano
grossi quantitativi di anidride carbonica. In questo panorama il processo
di fusione si rivela essere un ottimo
candidato: è una fonte di energia
pressoché illimitata, non produce gas
serra, non ha problemi di scorie radioattive ed è un processo sicuro perché controllabile.
Al momento le varie componenti del
reattore sono in fase di costruzione e
verranno spostate nel sito dove sorgerà il reattore tra il 2015 e il 2021. Lì
poi verranno assemblate. Si prevede
che tra il 2020 e il 2027 ITER sarà
operativo per le prime fasi di sperimentazione, anche se si sono già accumulati un paio d’anni di ritardo nei
lavori.
1063
capitolo
25
ESERCIZI
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
cHalKBOaRD ViDEOS
problemi
(Esercizi risolti in inglese)
1
Reazioni nucleari indotte
1
Considera la reazione
10
4
A
1
5 B + 2 He → ZX + 1 H
▪▪▪
▶
2
▪▪▪
3
▪▪▪
Scrivi l’equazione per la reazione 178 O(γ, αn) → 126 C. La
notazione «αn» signifca che la reazione produce una
particella α e un neutrone n.
▶
▶
4
▪▪▪
7
▪▪▪
232
90
▶ 94 Be
+ 11 H → 42 He + ...
▶ 42 He
+ ... → 178 O + 11 H
5
▪▪▪
+ 10n → ... + γ
Considera la reazione nucleare indotta
2
1
2
1
12
6
Tale nucleo subisce poi un decadimento β−, come
anche il suo nucleo fglio. Identifca il nucleo fnale
fornendone il numero di massa e il numero atomico.
Completa le seguenti reazioni nucleari:
46
+ 43
20 Ca → 21 Sc + ...
H + 147 N → 126 C + 42 He
Le masse atomiche coinvolte sono:
Th in
Identifca il nucleo incognito fornendo il suo numero di massa, il suo numero atomico e il simbolo
chimico.
▶ 42 He
+ ... → 126 C + 10n
▶ 55
25 Mn
Determina l’ isotopo X prodotto.
Un neutrone provoca una trasmutazione nel
base alla reazione
1
232
A
0n + 90 Th → ZX + γ
▶ 94 Be
▶
6
▪▪▪
H (2,014 102 u)
C (12,000 000 u)
14
7
N (14,003 074 u)
4
2
He (4,002 603 u)
Determina l’energia prodotta (in MeV).
Per ognuna delle seguenti reazioni, determina la particella incognita ZAX :
A
▶ Z
X
+ 147 N → 11 H + 178 O
▶ 157 N
+ ZAX → 126 C + 42 He
▶ 11 H
A
1
+ 27
13 Al → ZX + 0n
▶ 73 Li
+ 11 H → 42 He + ZAX
ESEmpiO
232
Il 232
90 Th è un isotopo radioattivo con un tempo di decadimento confrontabile con la vita dell’Universo. Se il 90 Th è
233
bombardato con neutroni, può catturarne uno e trasformarsi a seguito di due decadimenti in 92 U, isotopo che può essere usato per alimentare i reattori nucleari. Poiché il 232
90 Th è relativamente abbondante nelle rocce (si stima che la
quantità di torio nelle rocce della crosta terrestre sia dieci volte quella dell’uranio) è stato proposto di estrarlo e bombardarlo con neutroni per ottenere materiale fssile.
▶
233
A partire dal 232
90 Th che cattura un neutrone, quali sono i decadimenti che danno origine all’uranio 92 U?
la soluzione
La prima reazione nucleare è la cattura del neutrone da parte del nucleo di torio. La cattura aumenta di un’unità il numero di massa, ma lascia invariato il numero atomico, per cui il prodotto è ancora un isotopo di torio:
233
n + 232
90 Th → 90 Th
1
0
Poiché l’ uranio ha numero atomico Z = 92, per ottenerlo a partire dal 233
90 Th è necessario che il numero atomico aumenti di due unità: ciò signifca che due neutroni devono effettuare in sequenza un decadimento β e diventare protoni:
233
90
Th → β− + ν– + 233
91 Pa
(l’elemento con Z = 91 si chiama protoattinio, Pa) e infne:
233
91
Pa → β− + ν– + 233
92 U
Il tempo di dimezzamento per il primo decadimento β è circa 24 minuti, mentre per il secondo è circa 28 giorni.
8
▪▪▪
Completa le seguenti reazioni nucleari, assumendo che
l’ incognita, rappresentata da «?» rappresenti un singolo elemento:
34
▶ 18 Ar (n, α) → ?
82
▶ 34 Se (?, n) → 82
35 Br
1064
58
▶ 28 Ni (40
18 Ar,
▶
?) → 57
27 Co
?(γ, α) → 168 O
ESERCIZI
9
▪▪▪
capitolo
Durante una reazione nucleare, una particella sconosciuta viene assorbita da un nucleo di rame 63
29 Cu, e i
,
un
neutrone
e un
prodotti della reazione sono 62
Cu
29
protone.
▶
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
10
L’ 235
92 U assorbe un neutrone termico e subisce una fs141
sione producendo rubidio 93
37 Rb e cesio 55 Cs.
▪▪▪
▶
Determina il nome, il numero atomico e il numero di
nucleoni del nucleo che si forma temporaneamente
quando il 63
29 Cu assorbe la particella sconosciuta.
11
▪▪▪
2
3
12
▪▪▪
Quali e quanti nucleoni vengono prodotti con la fssione?
Fissione nucleare
Reattori nucleari
Determina il numero atomico Z, il numero di massa
atomico A e l’elemento X per l’incognita AZ X nella seguente reazione di fssione dell’uranio 235
92 U:
133
A
1
n + 235
92 U → 51 Sb + ZX + 4 0n
1
0
ESEmpiO
L’uranio–235 235
92 U è un materiale fssile in grado di dare origine a una reazione a catena perché, dopo aver assorbito un
neutrone, si fssiona in due parti, liberando più di un neutrone. Supponi che in un evento di fssione un nucleo 235
92 U si
frammenti in iodio-139 e ittrio-95.
▶
Quanti neutroni vengono emessi?
la soluzione
Lo iodio ha numero atomico Z = 53, per cui lo iodio-139 è 139
53 I. L’ittrio ha numero atomico Z = 39, per cui l’ isotopo
.
Allora
il
processo
di
fssione
in
questione
è
della fssione è 95
Y
39
139
95
1
n + 235
92 U → 53 I + 39 Y + k 0n
1
0
Affnché il numero di massa sia bilanciato, deve essere k = 2, per cui vengono emessi due neutroni.
13
▪▪▪
Considera la seguente reazione di fssione:
16
▪▪▪
132
101
n + 235
92 U → 50 Sn + 42 Mo + neutroni
1
0
Un neutrone da 1,5 MeV perde in ogni urto il 35% della sua energia incidente.
▶
▶
14
▪▪▪
Nella fssione di un nucleo di 235
92 U (235,043 924 u) sono
rilasciati circa 200 MeV di energia.
▶
15
▪▪▪
Indica quanti neutroni sono emessi.
Quanto vale il rapporto tra energia rilasciata ed
energia a riposo del nucleo di uranio?
Considera la seguente reazione di fssione:
1
0
n
⏟
1,009 u
▶
18
▪▪▪
17
▪▪▪
+
235
92
U →
⏟
235,044 u
140
54
Xe +
⏟
139,922 u
94
38
Sr +
⏟
93,915 u
Calcola quanti urti sono necessari per termalizzare il
neutrone, cioè per diminuirne l’energia portandola
al di sotto di 0,040 eV.
L’uranio
troni:
235
92
U si scinde in due frammenti più tre neu-
1
n + 235
92 U → 2 frammenti + 3 0n
1
0
La massa di un neutrone è 1,008665 u e quella dell’uranio 235,043924 u.
2 10n
⏟
▶
2 (1,009 u)
Calcola quanta energia (in MeV) viene prodotta.
Se durante la fssione vengono prodotti 225,0 MeV
di energia, quanto vale la massa totale dei due frammenti?
ESEmpiO
Nella maggior parte dei reattori nucleari in funzione, la fssione dell’uranio 235U viene indotta mediante assorbimento
di neutroni di bassa energia. Un neutrone si dice termico quando la sua energia cinetica è la stessa di quella delle molecole di gas dell’ ambiente. Considera un neutrone termico e calcolane:
▶
l’energia in eV;
▶
la velocità;
▶
la sua lunghezza d’onda di de Broglie.
la soluzione
▶
L’ energia cinetica media di traslazione di una molecola di un gas a temperatura T è
3
E = _ kT
2
1065
capitolo
25
ESERCIZI
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
dove k = 1,38 ∙ 10−23 J/K è la costante di Boltzmann. Per la temperatura ambiente T = 20 °C = 293 K abbiamo
3
E = _ (1,38 ∙ 10−23 J/K)(293 K) = 6,1 ∙ 10−21 J
2
▶
Trasformiamo l’ energia E in eV:
6,1 ∙ 10−21 J
= 0,038 eV
E = __________
1,6 ∙ 10−19 J/eV
Poiché il neutrone non è legato, la sua energia è solo cinetica, cioè
1
E = _ mv 2
2
−27
Essendo la massa del neutrone m = 1,675 ∙ 10 kg, si ha
v=
▶
√
__
E
2_ =
m
√
__________
6,1 ∙ 10−21 J
2 __________
= 2,7 ∙ 103 m/s = 2,7 km/s
1,675 ∙ 10−27 kg
Infne la lunghezza d’onda di de Broglie di un neutrone termico è
h
6,626 ∙ 10−34 J ∙ s
= 1,5 ∙ 10−10 m = 0,15 nm
λ = _ = _____________________
mv (1,675 ∙ 10−27 kg)(2,7 ∙ 103 m/s)
cioè circa le dimensioni di un atomo.
19
▪▪▪
Dalla combustione di 1,0 kg di carbone si ottengono
circa 3,0 ∙ 107 J di energia. L’ energia prodotta durante
2
ogni fssione dell’ 235
92 U è di 2,0 ∙10 MeV.
▶
20
▪▪▪
Quanti kilogrammi di carbone devono essere bruciati per produrre la stessa energia di 1,0 kg di 235
92 U?
L’ energia che ogni anno viene consumata in Italia è
circa 8,3 ∙ 10 18 J. L’energia prodotta durante ogni fssio2
ne dell’ 235
92 U è circa 2,0 ∙ 10 MeV.
▶
23
▪▪▪
Calcola quanti kilogrammi di uranio sarebbero necessari per soddisfare il fabbisogno energetico annuo
italiano. (Supponi che tutti i nuclei subiscano una fssione).
Una centrale nucleare ha un’effcienza del 25%: ciò signifca che solo il 25% della potenza generata è trasformato in energia elettrica. La centrale nucleare genera
8,0 ∙ 108 W di potenza elettrica.
▶
4
24
▪▪▪
Se ogni fssione produce 2,0 ∙ 102 MeV di energia,
quanti kilogrammi di 235
92 U all’anno subiscono la fssione?
Fusione nucleare
Considera la seguente reazione di fusione:
2
1
H
⏟
2,014 102 u
21
▪▪▪
L’ acqua che raffredda il nocciolo di un reattore vi entra
a 216 °C e ne esce a 287 °C. L’ acqua è pressurizzata e
quindi rimane allo stato liquido. A quella temperatura
il calore specifco dell’ acqua è 4420 J/(kg ∙ °C). Il nocciolo genera 5,6 ∙ 109 W di potenza.
▶
22
▪▪▪
1066
▶
25
▪▪▪
Determina la massa d’ acqua che transita attraverso il
nocciolo ogni secondo.
Una bomba atomica da 20,0 kilotoni rilascia un’energia pari a 20 000 tonnellate di TNT (1000 tonnellate di
TNT producono circa 5,0 ∙ 10 12 J di energia). L’ energia
che viene prodotta durante ogni fssione dell’ 235
92 U è di
2,0 ∙ 102 MeV.
▶
Quanti nuclei di uranio devono subire la fssione per
generare l’energia della bomba?
▶
A quanti grammi di uranio corrispondono?
▶
Quant’è la massa equivalente (in grammi) dell’energia della bomba?
26
→
H
⏟
2,014 102 u
3
1
H
+
1
1
H
⏟
⏟
3,016 050 u
1,007 825 u
Calcola l’energia rilasciata (in MeV).
La fusione di due nuclei di deuterio 21 H (massa 2,0141 u)
può formare un nucleo di elio 32 He (massa 3,0160 u) e
un neutrone 10n (massa 1,0087 u).
▶
▪▪▪
2
1
+
Quanta energia (in MeV) è prodotta in questa reazione?
Il trizio 31 H è un raro isotopo dell’idrogeno che può essere prodotto nella seguente reazione di fusione:
1
Z
X
⏟
1,0087 u
+
A
1
Y
⏟
2,0141 u
→
3
1
H
+
γ
⏟
3,0161 u
▶
Determina il numero di massa atomica A, il numero
atomico Z e gli elementi X e Y.
▶
Usando le masse date nella reazione, determina
quanta energia (in MeV) viene rilasciata.
ESERCIZI
27
▪▪▪
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
ESEmpiO
Le stelle che hanno masse suffcientemente grandi, dopo aver fuso protoni per ottenere 42 He iniziano a fondere questi
stessi nuclei in nuclei più grandi. Particolare importanza hanno le reazioni 3α, in cui tre nuclei di 42 He si fondono in
successione a formare un nucleo di 126 C.
▶
Calcola l’ energia totale liberata.
la soluzione
Possiamo usare i dati delle masse degli atomi invece di quelle dei nuclei, perché gli elettroni non sono coinvolti nella
fusione e tre atomi di elio hanno lo stesso numero di elettroni del carbonio: la massa di un atomo di 42 He è 4,002 603 u,
mentre quella del 126 C è 12 u per defnizione. Allora la massa di tre atomi di 42 He è
m He = 3 (4,002 603 u) = 12,007 809 u
Quindi il difetto di massa della reazione nucleare è
∆m = 12,007 809 u − 12 u = 0,007 809 u
Questo difetto di massa si trasforma in energia all’interno della stella. Per passare all’energia facciamo uso della relazione 1 u = 931,5 MeV:
E = (0,007 809 u)(931,5 MeV/u) = 7,27 MeV
28
▪▪▪
2
1
H + 63 Li → 2 42 He
Supponi che un’ abitazione consumi in media ogni anno
3,8 ∙ 10 10 J di energia.
▶
29
▪▪▪
31
Quanti kilogrammi di litio sarebbero necessari per
fornire questa energia?
6
30
▪▪▪
Nell’ acqua degli oceani, circa lo 0,015% degli atomi di
idrogeno sono in realtà atomi di deuterio.
▶
▪▪▪
▶
Una possibile reazione di fusione combina il litio
6
2
3 Li (6,015 u) con il deuterio 1 H (2,014 u) per produrre
elio 42 He (4,003 u):
Quanti atomi di deuterio sono presenti in 1 kg d’acqua?
Se ogni nucleo di deuterio produce, in una fusione,
circa 7,2 MeV, quanti kilogrammi di acqua oceanica
sarebbero necessari per generare l’energia consumata in un anno negli Stati Uniti, cioè 9,3 ∙ 10 19 J?
particelle elementari
Una particella Σ + (tabella 2) decade in un pione π 0 e un
protone: Σ + → π 0 + p.
▶
Trascurando l’energia cinetica della particella Σ +, determina quanta energia (in MeV) viene rilasciata nel
decadimento.
ESEmpiO
Un pione neutro π 0 , la cui massa a riposo è equivalente a un’energia di 135,0 MeV, è prodotto in un urto tra particelle
accelerate. Il pione π 0 si muove a velocità 0,780 c e, dopo un breve tempo, decade in due fotoni γ, uno dei quali ha energia 160 MeV.
▶
Quanto vale l’ energia dell’ altro fotone?
la soluzione
Nel decadimento si deve conservare l’energia. Il pione ha velocità molto alta, per cui dobbiamo usare la formula relativistica
mc2
_____
E = ________
v2
1 − __2
c
√
dove m è la massa a riposo del pione e v la sua velocità. La massa del pione è m = 135,0 MeV/c 2. La sua massa a riposo
è già espressa in termini di energia, perché 135,0 MeV è l’energia necessaria a creare tale massa. Se v = 0,780 c, allora
v 2/c 2 = (0,780)2 e quindi
135,0 MeV
____ = 1,6 (135,0 MeV) = 216 MeV
E = __________
√ 1 − (0,780)2
Se l’energia di un fotone γ è 160 MeV, quello dell’altro fotone è
216 MeV − 160 MeV = 56 MeV
1067
capitolo
32
▪▪▪
25
Il principale tipo di decadimento per il pione negativo
π − è π − → µ − + ν–µ.
2
Una fssione di un nucleo di 235
92 U produce 2,0 ∙ 10 MeV
circa di energia.
41
▪▪▪
Determina l’energia (in MeV) prodotta in questo
decadimento.
Suggerimento: consulta la tabella 2 per le informazioni
necessarie.
▶
33
▪▪▪
34
▪▪▪
▶
Quali quark non può contenere la particella?
▶
Quali antiquark non può contenere la particella?
36
▪▪▪
37
▪▪▪
0
▶
3 21 H → 42 He + 11 H + 10n
Calcola quanta energia cinetica dei protoni incidenti
viene trasformata in materia da questa reazione.
▶
l’energia (in MeV);
▶
la lunghezza d’onda;
▶
il modulo della quantità di moto.
Le masse sono 21 H (2,0141 u), 42 He (4,0026 u), 11 H
(1,0078 u) e 10n (1,0087 u). Il motore usa 6,1 ∙ 10−6 kg di
deuterio 21 H come combustibile.
▶
la quantità di moto;
▶
la lunghezza d’onda di de Broglie.
▶
Un protone urta contro un protone fermo. Se i due protoni si avvicinano fno a 8,0 ∙ 10−15 m avviene una reazione.
Calcola la minima energia cinetica iniziale (in MeV)
che deve avere il protone in moto perché avvenga la
reazione.
40
Na + 21 H → ZAX + α
Identifca il nucleo ZAX .
L’energia prodotta nel nocciolo di un reattore nucleare
è 2,0 ∙ 102 MeV. Il numero di fssioni al secondo è
2,0 ∙ 10 19.
▶
1068
Elenca le tre possibili combinazioni di quark che costituiscono la particella Λ0.
Considera la seguente reazione nucleare:
▶
▪▪▪
▶
La particella Λ0 ha carica elettrica nulla. È un barione e
quindi è composta da tre quark, che sono tutti differenti, uno dei quali è il quark up u. Non sono presenti antiquark.
11
22
Determina la potenza (in W) generata dal reattore.
Con l’aiuto della fgura 9, valuta l’energia (in MeV)
prodotta durante la fssione.
Quando un reattore nucleare si trova in uno stato critico, i neutroni rilasciati in ogni fssione innescano in media una sola ulteriore fssione. Se il numero di fssioni
innescate diventa maggiore di 1, il reattore si trova in
uno stato supercritico, in cui il numero di fssioni per
unità di tempo, e quindi la potenza prodotta, cresce col
tempo. Un reattore nello stato critico ha una potenza di
20 kW. Quando entra nello stato supercritico, si innescano in media 1,01 fssioni in più e il tempo medio impiegato dai neutroni di una fssione per innescare le
successive è 1,2 ∙ 10−8 s.
45
▪▪▪
© ensi.ch
39
Se un litro di benzina produce 5,5 ∙ 108 J di energia,
quanti litri di benzina si dovrebbero bruciare per
produrre la stessa energia ricavabile dal deuterio?
Un nucleo di 239
94 Pu si fssiona in due frammenti le cui
masse stanno nel rapporto 0,32/0,68.
44
▪▪▪
Dato un neutrino con energia 35 MeV, e supponendo
che la sua massa sia trascurabile, calcolane:
▶
Quanti kilogrammi di 235
92 U servirebbero per generare
questa energia se tutti i nuclei venissero fssionati?
Supponi che un’automobile venga alimentata da un
motore a fusione in cui avviene la seguente reazione:
43
▪▪▪
Un elettrone e la sua antiparticella si annichilano producendo due fotoni γ. Le energie cinetiche delle particelle sono trascurabili. Determina di ciascun fotone:
▶
▪▪▪
Quanti grammi di 235
92 U vengono consumati ogni anno
per garantire il fabbisogno energetico di un’abitazione che utilizza in media 30,0 kWh di energia al giorno?
0
problemi fnali
38
▶
p+p→p+π +Λ +K
+
▶
▪▪▪
Determina l’energia (in J) rilasciata dalla fssione totale di 1,0 g di 235
92 U.
2
Ogni fssione di 235
92 U rilascia circa 2,0 ∙ 10 MeV di energia. L’energia consumata in un anno negli Stati Uniti è
circa 10,5 ∙ 10 19 J.
42
▪▪▪
Un urto tra due protoni produce tre nuove particelle:
▶
35
▶
La particella K− ha una carica −e e contiene un quark e
un antiquark.
Le energie a riposo delle nuove particelle sono:
π + (139,6 MeV), Λ0 (1116 MeV) e K0 (497,7 MeV).
▪▪▪
ESERCIZI
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
Quanto tempo passa prima che la potenza prodotta da una singola generazione di fssioni arrivi a
3300 MW (che è la potenza di un normale reattore
commerciale)?
ESERCIZI
Domande
1
2
3
4
capitolo
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
Due differenti tipi di radiazione hanno lo stesso fattore
di qualità. Trasferiscono la stessa energia al tessuto irradiato?
5
Chi si sottopone a una radiografa ai denti, indossa un
giubbotto che protegge il torace e la parte inferiore del
corpo. Per quale motivo?
La massa di carbone bruciata in una centrale elettrica è circa due milioni di volte superiore a quella dell’
235
92 U utilizzato in una centrale nucleare. Perché?
6
Considera la fgura 9. La fusione di due nuclei aventi 60
nucleoni ciascuno produrrebbe energia? Illustra il tuo
ragionamento.
4
62
1
a) 60
28 Ni + 2 He → 29 Cu + 1 H
7
Qual è la differenza tra fssione e fusione nucleare?
1
28
1
b) 27
13 Al + 0n → 13 Al + 0n
8
Spiega la differenza tra leptoni e adroni.
1
4
36
c) 39
19 K + 1 H → 2 He + 17 Cl
9
Descrivi nelle sue linee generali il Modello Standard,
mettendo in evidenza il suo carattere unifcante.
10
Enuncia la legge di Hubble e spiegane le implicazioni.
11
Illustra nelle sue linee generali la teoria del Big Bang.
durre una reazione a catena in grado di autosostenersi?
Perché le seguenti reazioni non sono permesse?
Un certo isotopo subisce una fssione con la produzione media di 1,0 neutroni per fssione. Se una piccola
parte dei neutroni termici assorbiti dai nuclei non induce fssioni, è possibile utilizzare questo isotopo per pro-
test
1
Quale delle seguenti non è una radiazione ionizzante?
5
Indica quali sono i valori di Z e A nella reazione
23
Z
a Raggi α.
2
b Raggi β.
a Z = 12
A = 23
c Fotone di onde radio.
b Z = 12
A = 24
d Fotone γ.
c Z = 11
A = 24
d Z = 11
A = 23
−5
Un radiologo di 70,0 kg assorbe 3,6 ∙ 10 J da un fascio
di radiazione. Qual è la dose assorbita?
6
Considera le reazioni
17
8
a 5,1 ∙ 10−7 Gy
O + 32 He → 20
10 Ne* → nucleo + particella
Quali dei seguenti risultati (rispettivamente nucleo e
particella) non è certamente possibile?
b 3,6 ∙ 10−7 Gy
−7
c 2,3 ∙ 10 Gy
a
19
10
b
19
9
L’unità di misura del SI per la dose assorbita è:
c
20
10
Ne
a il gray (Gy): 1 Gy = 1 kg/J.
d
16
8
O
d 1,9 ∙ 10−7 Gy
3
b il gray (Gy): 1 Gy = 1 J/kg.
7
1
0
n
Ne
2
1
Fe
H
γ
4
2
He
Indica quanto vale l’energia rilasciata nella reazione
c il sievert (Sv): 1 Sv = 1 J/kg.
d il rem: 1 rem = 1 kg/J.
4
Na + 32 He → 21 H + 12A Mg
Indica qual è il termine mancante nella reazione nucleare
4
2
14
7
N + 21 H → 42 He + 126 C
essendo
m N = 14,003 074 u
m H = 2,014 102 u
m He = 4,002 603 u
m C = 12,000 000 u
He + 105 B → ... + 136 C
1 u = 931,5 MeV
a 11 H
a 1,2 MeV
b 21 H
b 8,3 MeV
3
2
c He
c 13,6 MeV
d 42 He
d 27,4 MeV
1069
capitolo
8
25
ESERCIZI
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
L’ energia caratteristica dei neutroni termici è:
14
Indica quanta energia rilascia la reazione
2
1
a inferiore a 0,04 eV.
b compresa fra 0,04 eV e 0,04 keV.
(m H = 2,014 102 u, m He = 4,002 603 u, 1 u = 931,5 MeV)
c compresa fra 0,04 keV e 0,04 MeV.
a 0,20 MeV
d maggiore di 0,04 MeV.
9
b 1,19 MeV
c 23,8 MeV
I neutroni termici sono importanti nei processi nucleari
perché:
a se un nucleo di uranio li cattura si fssiona.
b sono emessi nei decadimenti radioattivi.
d 257 MeV
15
d sono sorgenti di raggi γ.
b con cui avrà termine l’Universo.
Una particolare reazione di fssione produce la liberazione di 1,50 ∙ 102 MeV. Quante fssioni al secondo sono
necessarie per produrre una potenza di 3,00 ∙ 108 W?
d in cui è formato il Sistema Solare.
c in cui si sono formate le galassie.
a 2,00 ∙ 10 16
c 2,80 ∙ 10 18
17
d 1,25 ∙ 10 19
b 5,25 ∙10
11
16
b un positrone.
Indica quanti neutroni produce la reazione
c un neutrone.
88
136
n + 235
92 U → 38 Sr + 54 Xe + neutroni
13
Nella reazione nucleare 74 Be + X → 73 Li, il simbolo X
rappresenta:
a un protone.
1
0
12
Con il termine «Big Bang» si intende l’evento:
a da cui ha avuto origine l’Universo.
c sono necessari nella fusione del deuterio.
10
H + 21 H → 42 He
d un elettrone.
a 11
c 22
e un raggio γ.
b 12
d 24
(Gara di 1° livello edizione 2007)
Qual è la funzione del moderatore in un reattore nucleare?
17
238
Nella reazione nucleare 238
93 Np → 94 Pu + X la particella
X è:
a Assorbire i raggi γ.
a un protone.
b Accelerare i neutroni lenti.
b un neutrone.
c Rallentare i neutroni veloci.
c un elettrone.
d Mantenere costante la temperatura del nocciolo.
d un positrone.
Quale delle seguenti affermazioni è vera?
e un fotone.
a Ogni particella elementare ha una corrispondente
antiparticella.
(Gara di 1° livello edizione 2004)
b Ogni leptone è un adrone.
c Esiste solo un tipo di neutrino.
d Tutte le particelle elementari hanno carica elettrica.
VERSO l’ESamE Di StatO
1 QuESitO
in un’ORa
produzione di energia elettrica con reattori nucleari a fissione
Nel presente problema analizziamo alcuni aspetti che depongono a favore della produzione di energia elettrica
mediante reattori nucleari a fssione.
a Energia. Spiega perché la fssione di nuclei pesanti (A ≈ 240) rilascia energia, mentre ciò non accade per nuclei
più leggeri (A ≈ 50).
b Emissione di CO2. Durante il suo funzionamento, una centrale nucleare emette una frazione piccolissima della
CO2 emessa da una centrale a carbone della stessa potenza. Una tipica centrale a carbone genera una potenza
elettrica media su base annua di 800 MW con un rendimento del 33%. Per ogni TJ (10 12 J) di energia elettrica
prodotta, la centrale emette 95 t di CO2 nell’atmosfera. Calcola la quantità di CO2 emessa in un anno da parte di
una centrale a carbone.
1070
ESERCIZI
25
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
© Peteri / Shutterstock
capitolo
c Volume del combustibile. Una grande centrale elettrica a carbone brucia ogni anno circa 1,3 Mt di carbone per
produrre un’energia termica di circa 9,9·10 16 J. Una centrale nucleare di uguale potenza utilizza annualmente una
235
massa molto minore di 235
92U. L’isotopo 92U corrisponde al 3,75% dell’uranio presente nel reattore e libera circa
200 MeV di energia nella fssione. Stima la massa di uranio 235
92U e la massa totale di uranio utilizzate dalla centrale in 1 anno.
2 QuESitO SullE cOmpEtEnZE
nucleare da fissione?
in un’ORa
a Isotopi per bombe atomiche. All’interno di un reattore nucleare, la cattura di un neutrone da parte dell’uranio
238
239
92U innesca una sequenza di decadimenti che porta alla formazione del plutonio 94Pu, un isotopo impiegato
nella costruzione delle bombe atomiche a fssione. Completa lo schema dei decadimenti:
238
92
U+n
Z
92
U
Y
X
Np + e– + v̄
239
94
Pu + …
b Scorie nucleari. Uno dei problemi principali dell’impiego del nucleare da fssione è quello delle scorie radioattive. Spiega perché i prodotti di fssione sono radioattivi.
© F. Schmidt / Shutterstock
c Scorie nucleari. Un tipico reattore produce ogni anno circa 30 t di scorie contenenti uranio e altri isotopi altamente radioattivi, che presentano un’attività iniziale di 2,1·1020 Bq. L’attività si mantiene elevatissima nel tempo:
dopo 1 anno scende a circa l’1% di quella iniziale, per ridursi successivamente a un quinto dopo altri 10 anni.
Confronta questi dati con l’attività di una intensa sorgente per la terapia contro il cancro (3,7·10 14 Bq). Quali
sono i principali problemi connessi alla gestione di queste scorie?
1071
capitolo
25
ESERCIZI
EnERgia nuclEaRE E paRticEllE ElEmEntaRi
d Cesio. Nei primi dieci anni che seguono l’estrazione delle scorie dal reattore, uno degli isotopi con maggiore at137
−
tività è il cesio 137
55Cs, che si trasforma in 56Ba a seguito di un decadimento β . Dopo un anno dall’estrazione
17
delle scorie da un reattore, l’attività del cesio è 1,3·10 Bq. Supponi che ogni decadimento rilasci 0,5 MeV di
energia nella massa delle scorie. Stima la potenza termica generata dai decadimenti del cesio.
RuBRica Di ValutaZiOnE DEl QuESitO SullE cOmpEtEnZE
Risposta o giustificazione
non risponde
punteggio
Richiesta
1
sbagliata
incompleta
completa con
errori
completa e
corretta
4
7
11
15
competenza prevalente
a
3 Formalizzare
b
2 Formulare ipotesi
c
3 Formalizzare
d
3 Formalizzare
......
punteggio _
60
1072
=
......
_
15
CAPITOLO
26
Dalla relatività
generale allo studio
dell’ Universo
© NASA, ESA, J. Hester and A. Loll (Arizona State University)
1
Dalla relatività ristretta alla relatività
generale
Lo sviluppo della teoria della relatività ristretta da parte di Einstein nel 1905 modifcò profondamente i concetti di spazio e tempo assoluti della fsica newtoniana,
unifcandoli nel più generale spazio-tempo quadridimensionale, che analizzeremo
nel seguito. In particolare, la costanza della velocità della luce in tutti i sistemi di riferimento implica la modifca del concetto di simultaneità. Le misure del tempo trascorso tra due eventi dipendono infatti dal moto dell’osservatore: non vi è più una
misura assoluta del tempo come si supponeva nella meccanica newtoniana.
La costanza della velocità della luce e il fatto che essa sia la massima possibile nel
vuoto hanno una conseguenza particolarmente importante. Supponiamo infatti che
l’osservatore A sia a una distanza d da un oggetto B, il quale emette segnali luminosi che si propagano nel vuoto a velocità c = 299 792 458 m/s. Ciò che sta avvenendo
ora nel punto B sarà conosciuto da A solo dopo l’ intervallo di tempo ∆t AB = d/c che
la luce impiega per coprire la distanza d, in quanto non esiste alcun segnale che viaggi a una velocità superiore a quella della luce. In un dato istante t l’osservatore A
può dunque conoscere unicamente quanto avvenuto a B in un tempo che precede
l’istante t di un intervallo di tempo ∆t AB = d/c.
Lo stesso fenomeno può essere apprezzato nel momento in cui osserviamo il
cielo stellato:
quando osserviamo gli oggetti celesti in un dato istante t li vediamo come erano
in un istante t p del passato; la distanza temporale tra t e t p cresce in modo direttamente proporzionale con la loro distanza dalla Terra.
1073
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
eseMPio 1 notizie da Philae
© ESA/Rosetta/NAVCAM
Calcola il tempo necessario per inviare un segnale e ricevere una risposta da
parte della sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea attorno alla cometa
67P/Churyumov-Gerasimenko (fgura 1) su cui si è posato nel 2014 il lander
Philae. Assumi che la cometa disti 510 milioni di km dalla Terra.
Figura 1
La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko
osservata dalla sonda Rosetta.
il ragionamento e la soluzione
Per raggiungere la sonda Rosetta, un segnale inviato dalla Terra impiega
d 510 ∙ 106 km
= 1700 s
t = _ = ___________
c 3 ∙ 105 km/s
ossia circa 28 min. Per ricevere una risposta dovremo attenderne altrettanti.
Questo spiega perché Philae è scesa sulla cometa eseguendo una procedura automatica e non ha potuto essere pilotata in tempo reale da Terra: tra l’istante
in cui era necessaria una correzione di rotta e l’ istante in cui la sonda avrebbe
ricevuto le istruzioni da Terra sarebbe trascorsa quasi un’ora!
La teoria della relatività ristretta è perfettamente compatibile con la teoria del campo elettromagnetico di Maxwell, la quale prevede che ogni variazione del campo si
propaghi alla velocità della luce sotto forma di onde elettromagnetiche. Una variazione delle posizioni delle sorgenti del campo elettromagnetico viene rilevata a una
certa distanza solo dopo l’ intervallo di tempo che le onde elettromagnetiche generate dalla variazione impiegano a percorrerla.
■
la seconda rivoluzione
La relatività ristretta identifca una particolare classe di sistemi di riferimento, quelli
inerziali, in cui le leggi della fsica vengono espresse in modo equivalente.
Nei sistemi di riferimento non inerziali si possono conservare le leggi del moto,
per esempio il secondo principio della dinamica, introducendo le forze fttizie o apparenti. Quelle apparenti sono forze che non vengono prodotte da un’interazione
fsica, ma che si osservano in un sistema di riferimento non inerziale a causa dell’accelerazione di questo.
L’introduzione della cosiddetta accelerazione centrifuga è un esempio delle modifche da apportare al secondo principio della dinamica nel caso di un sistema di
riferimento non inerziale.
Il progresso nella comprensione da parte di Einstein dell’ espressione delle leggi
fsiche nei sistemi in moto qualsiasi lo portò nel 1915 all’espressione completa della
teoria della relatività generale.
1074
CAPITOLO
■
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Massa inerziale e massa gravitazionale
Al fne di comprendere i postulati della relatività generale, è utile discutere due
grandezze fsiche, in linea di principio differenti, relative alla proprietà dei corpi nota
come massa: la massa inerziale m i e la massa gravitazionale m g .
La massa inerziale è la grandezza che misura l’inerzia di un corpo, ossia la sua
tendenza a opporsi a variazioni di velocità in conseguenza dell’azione di forze. La
massa gravitazionale è legata invece all’attrazione esercitata da altre masse, o meglio è la grandezza che risente del campo gravitazionale presente nella posizione in
cui il corpo si trova.
Sulla superfcie terrestre il campo gravitazionale è un campo vettoriale di intensità costante pari a g = GM/R 2, dove G è la costante di gravitazione universale di
Newton, M è la massa gravitazionale della Terra e R è il raggio della Terra. Quindi
ogni corpo è attratto da una forza gravitazionale F di intensità pari al prodotto del
campo gravitazionale g per la massa gravitazionale m g :
F = mg g
Notiamo che questa espressione è formalmente identica a quella della forza peso,
tranne che la massa che entra in gioco è appunto la massa gravitazionale dell’oggetto attratto.
Se quindi un corpo fosse sottoposto unicamente alla forza gravitazionale appena
considerata, esso si muoverebbe verso la Terra con una accelerazione a inversamente proporzionale alla massa inerziale:
F
a=_
mi
Poiché nelle due relazioni precedenti, il termine F è il modulo della stessa forza gravitazionale, si può scrivere
mi a = mg g
Esperimenti accurati mostrano che la massa inerziale e la massa gravitazionale di un
corpo sono la stessa quantità: tale equivalenza è stata verifcata sperimentalmente
con un’incertezza pari a una parte su mille miliardi. Per questa ragione si possono
semplifcare le due masse e scrivere
a=g
e concludere che i corpi in caduta libera sono sottoposti tutti alla stessa «accelerazione di gravità» g.
■
sistemi accelerati e gravità
Figura 2
Seguendo uno degli «esperimenti mentali» di Einstein, consideriamo un corpo solidale con un sistema in moto accelerato verso l’alto con
accelerazione di modulo g. Per un osservatore inerziale,
il corpo subisce una spinta verso l’alto pari a
Partenza di un missile verso
la Stazione Spaziale Internazionale.
mentre rispetto al sistema non inerziale il corpo risente
di una forza che lo comprime verso il basso della medesima intensità.
Lo stesso fenomeno è sperimentato dagli astronauti
in partenza verso la Stazione Spaziale Internazionale
(fgura 2). La fase iniziale di accelerazione li porta, nel
loro sistema di riferimento, a essere schiacciati verso il
sedile con una forza pari al prodotto della loro massa
per l’ accelerazione del razzo in partenza.
Einstein concluse che il sistema in accelerazione verso
l’alto produce sui corpi al suo interno lo stesso effetto di
© NASA
F = mg
1075
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Figura 3
Esempio di come gli effetti di un
campo gravitazionale uniforme
possono essere simulati mediante
opportune accelerazioni del sistema.
23 kg
00 kg
A
B
un campo gravitazionale diretto verso il basso (fgura 3). Analogamente, un corpo in
caduta libera sperimenta la cosiddetta «assenza di gravità», come gli astronauti in
orbita attorno alla Terra (fgura 4).
A partire da considerazioni analoghe a queste (sebbene pensasse ad ascensori
invece che a missili o stazioni spaziali orbitanti), Einstein formulò le basi della teoria
della relatività generale.
© NASA
Figura 4
Astronauti in orbita in «assenza
di gravità»
2
Cenni di relatività generale
La teoria della relatività ristretta modifcò profondamente i concetti di spazio e tempo in conseguenza dell’ applicazione del principio di costanza della velocità della
luce e del principio di relatività, ossia di invarianza delle leggi fsiche nei sistemi non
inerziali. La misura di una lunghezza o di un intervallo di tempo coinvolgono informazioni relative sia alla posizione nello spazio sia allo stato di moto dell’osservatore,
ossia alla variazione della posizione di esso nel tempo. Einstein mostrò dunque che
spazio e tempo non sono grandezze indipendenti fra loro ma sono, al contrario, parti di una singola entità, lo spazio-tempo.
■
i princìpi della relatività generale
La teoria della relatività generale estende il principio di relatività a tutti i sistemi di
riferimento. La descrizione di un fenomeno fsico rispetto a un sistema non inerziale
in accelerazione è analoga a quella del medesimo fenomeno in un sistema in cui sia
presente un opportuno campo gravitazionale. Su questa considerazione si basa il
cosiddetto principio di equivalenza:
in una regione limitata dello spazio-tempo è sempre possibile scegliere un sistema di riferimento in modo che la descrizione del moto sia del tutto equivalente
a quella che si otterrebbe in presenza di un campo gravitazionale costante.
1076
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Pertanto la gravità si esprime come variazione della struttura dello spazio-tempo in
cui il fenomeno fsico avviene.
Il principio di equivalenza consente quindi di affermare il cosiddetto principio di
relativitˆ generale secondo il quale:
tutte le leggi fsiche hanno la stessa espressione in qualsiasi sistema di riferimento.
■
le curve geodetiche e la deflessione della luce
Consideriamo il moto della luce che si propaga in linea retta in uno spazio-tempo
privo di masse. Essa segue una traiettoria, la linea retta appunto, che congiunge due
punti qualsiasi seguendo un percorso che minimizza la distanza spazio-temporale.
Se invece prendiamo in considerazione uno spazio-tempo in cui siano presenti
delle masse, i princìpi della relatività generale implicano che la luce continui a propagarsi secondo una linea che minimizza la distanza spazio-temporale, ma in uno
spazio-tempo curvo. Tali curve si chiamano geodetiche. Ne abbiamo un esempio
quando osserviamo le rotte degli aerei che volano da Monaco di Baviera a San Francisco: la rotta di lunghezza minima è un arco che si allontana decisamente dalla linea
retta che congiunge le due città sulla carta geografca.
La luce percorre una traiettoria di minima distanza anche in presenza di masse. Il
campo gravitazionale da esse generato è ora equivalente alla descrizione di uno spazio-tempo incurvato. Si può rappresentare grafcamente questa situazione nel caso di
uno spazio-tempo bidimensionale che si incurva grazie alla presenza di una massa,
come si curva un telo elastico sul quale sono appoggiati dei pesi (fgura 5).
Figura 5
La presenza di masse deforma
lo spazio-tempo.
La curvatura dello spazio-tempo quadridimensionale, pur non rappresentabile grafcamente, si indaga con il formalismo della matematica: si scopre così che anche la
luce viene defessa dalla presenza di masse e si propaga seguendo una curva invece
che una linea «retta» (fgura 6).
La curvatura delle traiettorie della luce non è una nuova legge fsica, ma è la conseguenza del fatto che lo spazio-tempo è curvo. In ossequio al principio di relatività
generale, la luce si propaga sempre lungo le geodetiche dello spazio-tempo, le quali
Figura 6
23 kg
00 kg
A
B
In un sistema opportunamente
accelerato la luce si propagherebbe
in linea curva per un osservatore
a esso solidale.
1077
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
sono rettilinee in assenza di masse e curve in presenza di masse che modifcano lo
spazio-tempo. In sintesi: non cambiano le leggi della fsica, quanto lo spazio-tempo
nel quale esse vengono espresse.
Se volessimo descrivere la curvatura della luce utilizzando lo spazio e il tempo
newtoniani saremmo portati ad affermare che le masse attraggono anche la luce seppure essa sia priva di massa. Un paradosso che contrasta con la comune intuizione e
che è diffcile da osservare perché abbiamo a che fare con campi gravitazionali di debole intensità. Tale fenomeno si chiama defessione della luce in un campo gravitazionale.
■
le geometrie non euclidee
La presenza di masse altera dunque la struttura dello spazio-tempo rendendolo uno
spazio «curvo». Comprendere a fondo le proprietà geometriche di spazi del genere è
assai complicato, per cui ci limitiamo a osservare che uno spazio curvo è uno spazio
in cui non vale il quinto postulato di Euclide, secondo il quale due rette parallele non
si incontrano mai. Le geometrie non-euclidee, ossia le geometrie in cui non vale il
postulato euclideo delle parallele, erano state studiate tra la metà e la fne dell’Ottocento da diversi matematici (Lobacesky, Bolyai, Riemann, Poincaré tra gli altri). In
particolare si distinguono tre tipi di geometrie.
Le geometrie «piatte» sono quelle in cui vale il principio di Euclide: per un punto
esterno a una retta è possibile tracciare una e una sola retta parallela alla prima.
Sono di questo tipo gli spazi-tempo quadridimensionali della relatività ristretta. In
esse la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre pari a π radianti.
Le geometrie ellittiche sono tali per cui per un punto esterno a una retta non è mai
possibile tracciare una retta parallela a una retta data che non abbia alcun punto in
comune con la prima. Tra le conseguenze di questa scelta si ha che la somma degli
angoli interni di un triangolo è sempre maggiore di π radianti (fgura 7).
A
P
Figura 7
Esempi di geometria ellittica.
A Per un punto P non è possibile
trovare una retta parallela a una retta r
data.
B La somma degli angoli interni
di un triangolo è maggiore di π.
C
r
A
B
B
Le geometrie iperboliche, infne, sono quelle per cui per un punto esterno a una retta
è possibile tracciare infnite rette parallele a essa. In questi spazi la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre minore di π radianti.
La rappresentazione della gravità secondo la teoria della relatività generale di Einstein richiede che si descriva lo spazio-tempo facendo uso di geometrie non-euclidee.
■
le prove della relatività generale
La teoria della relatività generale ricevette la defnitiva approvazione da parte della
comunità scientifca grazie alla previsione teorica e alla relativa conferma sperimentale di alcuni effetti.
L’effetto di defessione della luce in un campo gravitazionale fu verifcato da
Eddington nel 1919. Durante un’ eclissi di Sole osservò lo spostamento in cielo della
posizione di alcune stelle rispetto alle stelle sullo sfondo. Come prevedeva la relatività generale, la luce che passava radente al bordo del Sole veniva deviata da parte
di un corpo massivo (fgura 8 alla pagina seguente).
1078
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
S'
Figura 8
S
S
Sole
Sole
L
una
Luna
A
Luna
Luna
B
La posizione di una stella la cui
radiazione passa radente al Sole viene
vista durante un’ eclissi in una
posizione diversa da parte di un
osservatore a causa della defessione
gravitazionale della luce.
La seconda conferma venne dalla descrizione corretta dello spostamento del perielio
dell’orbita di Mercurio. Tale fenomeno, osservato già a partire dal 1859, non era descrivibile nell’ambito dello spazio-tempo newtoniano. La descrizione del moto del
pianeta su una curva geodetica nello spazio-tempo curvo provocato dalla presenza
del Sole rendeva ragione dello spostamento dello stesso (fgura 9).
Sole
Mercurio
Figura 9
Un’ulteriore conferma della teoria della relatività generale venne dall’analisi di due
effetti connessi con il fatto che è proprio l’intera struttura quadridimensionale dello
spazio-tempo a essere deformata dalla presenza di una massa. Il primo è il cosiddetto redshift gravitazionale, ossia l’ osservazione che l’ emissione di radiazione elettromagnetica da parte di un determinato processo fsico avviene a una frequenza inferiore, e dunque spostata verso il rosso, nelle vicinanze di una sorgente di campo
gravitazionale. Tale fenomeno venne verifcato nel secolo scorso, tra la fne degli
anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta, presso l’ Università di Harvard.
Il secondo effetto, strettamente legato al primo, è la dilatazione gravitazionale
dei tempi dovuta alla presenza di corpi massivi. La dilatazione gravitazionale dei
tempi è stata misurata agli inizi degli anni Settanta con l’uso di orologi atomici, misurando la variazione nella misura dei tempi tra gli orologi a Terra e gli orologi posti
su un aereo in volo. Notiamo che questo effetto deve essere tenuto in debito conto
nei sistemi di localizzazione GPS: infatti il tempo misurato dagli orologi posti nei
satelliti in orbita attorno alla Terra è leggermente diverso dal tempo misurato sulla
superfcie terrestre.
3
Precessione del perielio dell’orbita
di Mercurio.
le soluzioni della relatività generale
La nuova descrizione della struttura dello spazio-tempo e le sue connessioni con il
campo gravitazionale sono ben espresse dalla frase del fsico teorico J. A. Wheeler
«La massa dice allo spazio-tempo come curvarsi e lo spazio-tempo indica alle masse
come muoversi».
Le equazioni della relatività generale esprimono quindi la struttura dello spazio
tempo in funzione della quantità di massa-energia presente nella regione di interesse.
Dopo la formulazione della relatività molti studiosi iniziarono a cercarne le soluzioni matematiche in caso di diverse concentrazioni di massa. In termini estremamente sintetici, il problema può essere così formulato: note le distribuzioni spaziali
1079
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
delle masse in una data regione di spazio, calcolare le caratteristiche dello spazio-tempo a cui esse danno luogo.
Particolare interesse per il nostro studio hanno le soluzioni corrispondenti ai cosiddetti buchi neri di Schwarzschild e di Kerr, le onde gravitazionali e l’applicazione
della relatività all’ interno Universo.
■
i buchi neri
Una soluzione matematica decisamente innovativa, per quanto sia ormai entrata nel
linguaggio comune, è quella relativa ai cosiddetti buchi neri non rotanti. La soluzione esatta delle equazioni di Einstein fu trovata da Schwarzschild nel 1915 per una
singola massa sferica non rotante.
Per comprendere l’ importanza fsica della soluzione, pensiamo a cosa succede
allo spazio-tempo in cui sia presente una elevata densità di massa. Utilizzando per
semplicità, ma in modo improprio, il formalismo della meccanica newtoniana calcoliamo qual è il raggio di una distribuzione sferica di massa totale M per la quale la
velocità di fuga sia pari a quella della luce.
Ricordiamo che la velocità di fuga è la velocità minima per cui un corpo di massa
m possa sfuggire indefnitamente da una sorgente sferica di campo gravitazionale
avente massa M e raggio R. La velocità di fuga v f si calcola imponendo che sia nulla
l’energia meccanica totale E del corpo di massa m:
1
mM
_
m v 2f − G _ = 0
2
R
dove il primo termine a sinistra dell’ equazione è l’energia cinetica iniziale e il secondo l’energia potenziale gravitazionale del corpo di massa m in corrispondenza della
superfcie della massa M.
Perché la velocità di fuga sia uguale a quella della luce (v f = c), il raggio R deve
essere tale che
1
mM
GM
_
m c 2 − G _ = 0 ⇒ R = 2 ____
= RS
2
R
c2
Figura 10
Rappresentazione grafca di un buco
nero.
© Alan r / Wikipedia
Nessun oggetto può sfuggire all’ attrazione gravitazionale di un buco nero se si trova
a una distanza inferiore a R S , neppure la luce: per questo si parla di buco «nero»
(fgura 10).
R S è detto raggio di Schwarzschild, dal nome del fsico che per primo lo derivò nel
1916 nell’ambito del formalismo della relatività generale. Esso rappresenta il cosiddetto orizzonte degli eventi, dal quale qualsiasi segnale avrebbe un redshift gravitazionale infnito, allungando all’infnito la sua lunghezza d’ onda e rendendo perciò
pari a zero la sua energia. Un corpo in caduta verso un buco nero impiegherebbe per
l’osservatore esterno un tempo infnito per attraversare l’ orizzonte degli eventi.
1080
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
eseMPio 2 il raggio di schwarzschild
La massa del Sole è M S = 1,99 ∙ 1030 kg.
▸ Calcola il corrispondente raggio di Schwarzschild.
Ricordando la defnizione di raggio di Schwarzschild, R S = 2 GM/c 2, il valore
della costante di gravitazione universale, G = 6,67 ∙ 10−11 m3 ∙ kg−1 ∙ s−2, e quello
della velocità della luce, c = 2,997 ∙ 108 m ∙ s−1, si ricava
MS
1,99 ∙ 1030 kg
R S = 2G ___
= 2 (6,67 ∙ 10−11 m3 ∙ kg−1 ∙ s−2) _____________
=
2
c
(2,997 ∙ 108 m ∙ s−1)2
= 2,95 ∙ 103 m ≈ 3 km
© NASA and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA)
il ragionamento e la soluzione
Una soluzione più interessante per l’ astrofsica è la cosiddetta soluzione di Kerr.
Essa fu trovata nel 1963 per un corpo massivo sferico rotante. In essa il buco nero è
dotato oltre che di massa M anche di momento angolare J diverso da zero. L’ultima
orbita stabile fuori dall’orizzonte degli eventi per tale oggetto, ossia quella a minore
distanza dallo stesso buco nero, si trova a una distanza inferiore rispetto al buco nero
di Schwarzschild.
Tale soluzione è importante per l’astrofsica in quanto si ritiene che in natura gli
acceleratori di particelle più effcienti siano appunto i buchi neri rotanti. Si ritiene,
per esempio, che sia la presenza di tali oggetti a dare origine ai giganteschi getti di
materia e radiazione in moto relativistico che si osservano a partire dal centro dei
cosiddetti Nuclei Galattici Attivi (fgura 11).
Getto relativistico emesso dalla
galassia M87.
0
Cumulative period shift (s)
–5
le onde gravitazionali
Un’altra soluzione delle equazioni di Einstein è rappresentata dalle cosiddette onde
gravitazionali. In analogia con le onde elettromagnetiche, emesse da cariche elettriche accelerate, le onde gravitazionali sono generate dalle masse sorgenti del campo
gravitazionale in moto accelerato. Si ha una emissione di onde gravitazionali per
esempio durante l’esplosione di una stella massiva come supernova.
Non abbiamo ancora rilevato in modo diretto le onde gravitazionali, ma vari
fenomeni ne danno un’evidenza indiretta. Una delle più importanti è stata fornita
dal sistema astrofsico, denominato PSR B1913+16, formato da due stelle di neutroni, fasi fnali dell’evoluzione di stelle massive. Le orbite delle due stelle manifestano variazioni nel tempo in perfetto accordo con quanto prevede la relatività
generale nel caso di corpi che perdano energia attraverso irraggiamento di onde
gravitazionali. Tale osservazione è valsa il premio Nobel a Hulse e Taylor nel 1993
(fgura 12).
I rivelatori di onde gravitazionali sono stati sviluppati a partire dalla fne degli
anni Sessanta. I primi rivelatori erano costituiti da una sbarra con massa di circa
una tonnellata di metallo pesante con un delicatissimo sistema di elettronica che
ne rivelasse le variazioni al passaggio di un’onda gravitazionale (fgura 13). Tali
rivelatori erano particolarmente sensibili al passaggio di un’onda gravitazionale
della frequenza di qualche kHz, cioè legato a variazioni dell’ordine del millisecondo della disposizione delle masse alla sorgente, come quella attesa nel caso
dell’esplosione di una supernova e del relativo collasso a buco nero di massa stellare.
Più recentemente sono stati sviluppati rivelatori denominati interferometri e
costituiti da un sistema di specchi a distanza di qualche kilometro, opportunamente disposti a rivelare il passaggio di onde gravitazionali. Attualmente sono operativi due interferometri negli Stati Uniti, denominati LIGO, e uno in Italia vicino a
Pisa, denominato Virgo (fgura 14 alla pagina seguente).
–10
–15
–20
–25
–30
–35
–40
1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005
Year
Figura 12
La previsione e le misure del
decadimento del perielio nel sistema
PSR B1913+16.
© INFN
■
Figura 11
Figura 13
L’antenna risonante AURIGA presso
i laboratori di Legnaro dell’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare.
1081
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Figura 14
© Philippe Plailly/Eurelios
L’ interferometro Virgo del consorzio
EGO presso PISA.
Data l’intensità debolissima della forza gravitazionale rispetto alle altre forze, la rivelazione diretta delle onde gravitazionali è una sfda tecnologica e scientifca all’avanguardia.
■
l’ Universo
Fu lo stesso Einstein a porsi la domanda di quale sarebbe stata la struttura dello
spazio-tempo associato a tutte le masse presenti in natura, quello che siamo soliti
denominare l’intero Universo.
Per rispondere a tale domanda, Einstein ipotizzò che l’Universo fosse isotropo,
cioè che le masse in esso siano disposte in modo analogo in tutte le direzioni, e che
fosse omogeneo, ossia che non vi siano in essi punti di osservazioni speciali.
Quest’ultima ipotesi può essere considerata la generalizzazione della rivoluzione
di Copernico per cui la Terra non è più considerata al centro del Sistema Solare e
dell’intero Universo.
Le due ipotesi di un Universo isotropo e omogeneo costituiscono quello che
viene denominato il principio cosmologico.
Esso è alla base dell’ applicazione della relatività generale all’Universo.
Quando applicò le equazioni della relatività generale all’intero Universo, Einstein si accorse di un problema: poiché la gravità è per natura unicamente attrattiva,
un Universo come quello ipotizzato sarebbe stato instabile e destinato a collassare
su se stesso dal momento che ogni corpo avrebbe attratto a sé tutti gli altri.
Come molti a quel tempo, Einstein era certo che l’Universo fosse statico e identico a se stesso da sempre, per cui egli ipotizzò che vi fosse un termine ulteriore
nelle sue equazioni in grado di bilanciare l’effetto attrattivo di tutte le masse dell’Universo. Tale termine fu denominato costante cosmologica. Quando le osservazioni successive dell’allontanamento delle galassie dimostrarono che l’Universo era
in effetti un sistema dinamico, Einstein chiamò la costante cosmologica l’errore più
rilevante della sua carriera.
4
l’ osservazione di un Universo
in evoluzione
La scienza procede sia grazie alla formulazione di nuove ipotesi teoriche, come la
relatività generale, sia attraverso lo sviluppo di nuove metodologie osservative.
Nel caso dello studio dell’Universo quest’ultimo aspetto è stato particolarmente
rilevante. Per comprendere infatti quale fosse la corretta descrizione dell’Universo, è stato necessario sviluppare diversi modi per misurare la distanza degli oggetti nel cielo.
1082
CAPITOLO
■
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
la misura delle distanze in astronomia
Prima di addentrarci nello studio della cosmologia, come scienza dell’intero Universo, è importante comprendere come lo stesso «Universo» sia un concetto evolutivo.
L’osservazione di stelle e pianeti nel cielo notturno è sempre stata fonte di ispirazione per la creazione delle mitologie cosmogoniche presenti in ogni cultura. L’osservazione del cielo stellato reca però con sé una fondamentale incertezza, che è quella
di porre sulla stessa volta celeste oggetti che fsicamente si trovano a distanze diverse (fgura 15). L’evoluzione del concetto di Universo è stata legata alla sempre più
precisa determinazione delle distanze degli oggetti celesti.
Figura 15
© Image reworked from the Open Source software Stellarium
Le costellazioni sono fgure
mitologiche date dall’associazione
in cielo di stelle poste in realtà
a distanza diversa.
I metodi che attualmente si usano a questo scopo hanno avuto un profondo impatto
nella prima metà del secolo scorso per comprendere le dimensioni e l’età dell’Universo, oltre a introdurne una nuova visione come realtà stessa in evoluzione.
La determinazione delle distanze in astronomia si basa su una serie di tecniche
diverse che vengono applicate a scale di distanza via via crescenti (fgura 16). Una
migliore conoscenza dei fenomeni fsici alla base della metodologia applicata può
quindi avere un impatto signifcativo sulla accuratezza delle misurazioni ottenute.
Figura 16
I metodi utilizzati per stimare le
distanze in astronomia e cosmologia.
109 a.l.
106 a.l.
103 a.l.
1 a.l.
Stell
ti
istan
sie d
Galas
ine
sie vic
Galas
attea
Via L
ine
e vic
10–3 a.l.
Relazione di
Tully-Fisher
olare
ma S
Siste
Radar
Candele standard
Interpolazione sequenza principale
Parallasse
Cefeidi
nana bianca
supernova
1083
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Si ha in un certo senso una catena di osservazioni, i cui anelli sono costituiti da misurazioni a distanze via via crescenti. È importante quindi individuare oggetti astronomici presenti in un dato ambito di distanze e dei quali è nota la distanza con grande
accuratezza. Tali oggetti possono essere impiegati per calibrare un metodo di osservazione con il quale si vuole esplorare una scala di distanze maggiore.
Le distanze in astronomia si misurano innanzitutto con unità di misura adeguate
alla dimensione delle stesse. Introduciamone alcune a partire dall’anno luce, pari
alla distanza percorsa dalla luce in un anno.
Data la velocità della luce c = 2,997 ∙ 108 m ∙ s−1, il tempo percorso da essa in un
anno sarà
1 a.l. = (2,997 ∙ 108 m ∙ s−1)(365 ∙ 24 ∙ 60 ∙ 60 s) = 9,46 ∙ 10 15 m
Nel Sistema Solare, per distanze inferiori a circa 10−3 a.l. si usa un metodo basato sul
radar. Onde radio, che viaggiano alla velocità della luce, vengono inviate a un corpo
celeste e da questo rifesse indietro: misurando il tempo di «andata e ritorno» del
segnale inviato si ottiene la distanza del corpo.
Dall’interno del Sistema Solare fno a circa 103 a.l., per le stelle vicine, si usa il
metodo denominato della parallasse, che consiste nel misurare la variazione apparente della posizione in cielo di una stella a partire da osservazioni fatte dalla Terra
a distanza di sei mesi. Mediante opportune relazioni trigonometriche si ricava la distanza dalla stella osservata.
Il metodo della parallasse consente di introdurre una nuova misura di distanze
denominata parsec (pc) (da parallasse e arco-secondo): 1 parsec è la distanza di una
stella la cui parallasse è uguale a 1 secondo d’arco.
Stelle
distanti
Ogni gennaio
vediamo questo
asd
Stella vicina
Mentre la Terra
orbita intorno
al Sole ...
Ogni luglio
vediamo questo
θ
... la posizione della
stella vicina sembra
spostarsi rispetto
alle stelle distanti
d
1 AU
Figura 17
Metodo della parallasse.
Luglio
Gennaio
Per determinare la distanza in km di 1 pc, consideriamo il triangolo rettangolo in fgura 17, formato da una stella alla distanza di 1 pc, dalla Terra e dal Sole. Le dimensioni note sono: raggio medio dell’ orbita terrestre, 1 AU (Astronomical Unit) =
= 149,6 ∙ 106 km, distanza Terra-stella = 1 pc, ampiezza dell’ angolo di parallasse
θ = 1″. Dalla relazione
1 AU
sen θ = _
d
ricaviamo
1 AU
d =_
sen θ
Sostituendo i valori numerici otteniamo così che
1084
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
1 AU
d = 1 pc = _ = 206 265 AU = 3,09 ∙ 10 13 km
sen 1′′
Ricordando che 1 a.l. = 9,46 ∙ 10 12 km, abbiamo la conversione tra parsec e anni luce:
3,09 ∙ 1013 km
d = ____________
= 3,26 a.l.
9,46 ∙ 1012 km
Poiché gli angoli di parallasse sono piccoli, spesso è possibile utilizzare l’approssimazione sen θ ≈ θ.
eseMPio 3 la distanza di sirio
La stella più brillante del cielo, Sirio, ha una parallasse di 0,379′′.
▸ Calcola la sua distanza in parsec e in anni luce.
la soluzione
In parsec:
1 pc
d = _ = 2,64 pc
0,379
In anni luce:
d = (2,64 pc)(3,26 a.l./pc) = 8,61 a.l.
Per misurare distanze a scale maggiori si effettuano misure di intensità I (in W/m2)
di una sorgente luminosa. La potenza totale emessa dal corpo celeste, detta anche
luminosità intrinseca L 0 (in W = J/s), si distribuisce su una superfcie sferica di raggio
crescente, per cui a distanza d l’intensità della radiazione proveniente dal corpo celeste è legata alla sua luminosità intrinseca L 0 e a d dalla relazione
Se la luminosità intrinseca L 0 del corpo è nota, misurando l’intensità I si risale alla
distanza d.
Per utilizzare questo metodo è necessario però individuare le cosiddette candele
standard, ossia corpi celesti dei quali è nota la luminosità intrinseca L 0 . Come candele standard si utilizzano alcuni oggetti di cui si sono individuate le proprietà che
ne determinano le luminosità intrinseche.
All’interno della Via Lattea, la nostra Galassia, si sfrutta il fatto che gli ammassi
globulari di stelle sono formati da popolazioni analoghe di stelle. Tali ammassi sono
caratterizzati quindi da una luminosità globale analoga. Conoscendo la distanza di
un ammasso globulare con il metodo della parallasse, si può determinare opportunamente la distanza dell’ammasso globulare più distante, sapendo che l’intensità luminosa varia secondo la legge dell’ inverso del quadrato della distanza. Tale metodo
viene adottato fno a qualche milione di anni luce.
A distanze ancora superiori, si utilizza la relazione tra periodo e luminosità delle stelle variabili denominate Cefeidi, scoperte da Henrietta Leavitt nel 1912. Più
luminose sono queste stelle, più lungo è il periodo di variazione della loro luminosità (fgura 18). Dal momento che è stato possibile osservare tali stelle fno alle galassie vicine, la scoperta di questa relazione è stata di fondamentale importanza per
determinare le dimensioni dell’Universo. Grazie al metodo delle Cefeidi, Edwin
Hubble nel 1923 stimò la distanza della Nebulosa M31, ora nota come Galassia di
Andromeda.
A distanze ancora superiori si utilizza attualmente un altro tipo di candele standard, ossia le cosiddette supernove di tipo Ia associate all’ esplosione di particolari
Luminosity (LSun)
L0
I = ____2
4π d
30.000
10.000
3000
1000
3
30
10
Period (days)
100
Figura 18
Esempio di Cefeidi.
1085
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
stelle denominate nane bianche. Queste rappresentano un altro stadio dell’evoluzione stellare di masse simili a quelle del Sole. L’utilizzo di tali candele ha arrecato in
tempi recenti le prime evidenze di un Universo in accelerazione, come vedremo nel
paragrafo 6.
■
Fino agli anni Venti del secolo scorso non si era certi riguardo alla natura delle cosiddette nebulose a spirale. I telescopi di allora, infatti, non erano in grado di risolvere la nebulosità biancastra di questi oggetti, da cui il loro nome, nelle singole stelle
componenti, per cui si pensava che esse fossero addensamenti di gas a forma di spirale. Grazie alle osservazioni di Hubble (fgura 19), che per primo osservò una galassia diversa dalla nostra, il dibattito sulla loro natura venne risolto a favore dell’ipotesi che le nebulose a spirale fossero galassie come la Via Lattea. Ne derivava
che l’Universo fosse molto più grande di quanto fno ad allora supposto.
Fisica quotidiana
Immagine di Hubble e i telescopi
dell’ osservatorio di Monte Wilson.
© Ken Spencer (Wikipedia)
L’Universo in espansione
Figura 19
la legge di Hubble e l’Universo in espansione
L’osservazione di Hubble era il primo passo verso la costruzione dell’Universo moderno. Il suo lavoro continuò nello studio e nella classifcazione dei diversi tipi di
galassie (ellittiche, spirali o irregolari). Inoltre Hubble si dedicò all’analisi degli spettri emessi da parte delle diverse galassie. Poiché lo spettro di ogni elemento chimico
è caratterizzato da un insieme peculiare di righe spettrali, se tali righe compaiono
nello spettro di un oggetto celeste signifca che il corrispondente elemento è presente in esso. Negli spettri delle galassie si osservavano righe simili ma collocate in posizioni diverse.
In particolare, in molti di questi spettri si osservava un cosiddetto redshift o spostamento verso il rosso, cioè verso le lunghezze d’ onda maggiori, delle righe caratteristiche. Le implicazioni dello spostamento verso il rosso di tali spettri erano ancora
ignote fno alle osservazioni di Hubble.
Il redshift z è defnito come la variazione della frequenza osservata λoss rispetto alla
frequenza a riposo λ0 di una particolare riga in emissione o in assorbimento (fgura 20):
Spettro emesso
Figura 20
Il fenomeno dello spostamento verso
il rosso delle righe caratteristiche.
1086
Spettro osservato
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
λ oss − λ 0
z = _______
λ0
Nello studio delle onde si era già osservato un fenomeno analogo, nel caso dello
spostamento Doppler da parte di sorgenti in moto relativo rispetto all’osservatore.
La diminuzione della frequenza osservata rispetto a quella emessa indica un moto
relativo di allontanamento della sorgente dall’osservatore. Dunque lo spostamento
verso il rosso, ossia verso frequenze minori, poteva essere interpretato come la prova
che le galassie fossero in allontanamento dalla Terra.
Le osservazioni di Hubble furono di portata rivoluzionaria in quanto egli ipotizzò, a partire dai pochi dati a sua disposizione, che vi fosse una relazione lineare tra la
velocità di allontanamento da parte delle Galassie e la loro distanza.
In termini moderni la legge oggi detta legge di Hubble (fgura 21) si esprime
come
v = H0 d
dove v è la velocità della galassia in km/s, d è la sua distanza in Mpc e H 0 è la cosiddetta costante di Hubble. Oggi sappiamo che l’Universo potrebbe aver avuto durante la sua evoluzione tassi di espansione diversi e che quindi la costante di Hubble
sarebbe cambiata nel corso del tempo. Per questa ragione la costante di Hubble attualmente vale 67 (km/s)/Mpc, per cui
v = [67 (km/s)/Mpc] d
Le implicazioni di tale legge erano evidenti. Si era in presenza di un Universo non
statico, come aveva ipotizzato Einstein, ma dinamico, in espansione. L’Universo, che
fno alle prime osservazioni di Hubble si pensava limitato alla nostra Galassia, in
realtà era composto da molte galassie le quali si stavano allontanando le une dalle
altre, a velocità tanto maggiore quanto maggiore era la distanza relativa. Fu proprio
grazie a questa osservazione che Einstein realizzò che l’aver introdotto la costante
cosmologica nelle equazioni della relatività era stato un errore.
+ 1000 Km
Velocity
500 Km
0
Figura 21
0
■
Distance
106 Parsecs
2 x 106 Parsecs
La legge di Hubble «al tempo
di Hubble».
l’ Universo di Friedmann-lemaitre
Il problema di un Universo instabile, a causa della natura attrattiva della gravità, era
già stato risolto da Friedmann da un punto di vista matematico senza la necessità di
introdurre una costante cosmologica. Friedmann ipotizzò che l’instabilità prevista
da Einstein veniva meno qualora l’Universo avesse avuto inizio con un’espansione in grado di bilanciare l’attrazione gravitazionale. In tal senso, nelle equazioni di
Friedmann l’Universo può avere tre comportamenti a seconda della quantità totale
di materia contenuta e della velocità di espansione iniziale. Il contributo rivoluzionario di tale ipotesi risiedeva nel fatto che per la prima volta si ipotizzava un Universo fsico in evoluzione. A soluzioni analoghe, precorrendo il modello del Big Bang,
giunse qualche anno dopo Lemaitre che ipotizzò che, se l’Universo attualmente fosse in fase di espansione, allora avrebbe dovuto avere all’ inizio una fase estremamente compatta, da lui chiamata «Atomo primordiale».
1087
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
■
la densità critica e l’ evoluzione dell’Universo
Per comprendere i possibili scenari evolutivi previsti da Friedmann e Lemaitre, consideriamo l’Universo come una sfera di raggio R e densità media ρ, che attrae gravitazionalmente una galassia di massa m posta alla distanza R dal centro della sfera in
allontanamento da essa secondo la legge di Hubble.
Classicamente, l’energia meccanica totale della galassia è pari a
1
mM
E = _ mv2 − G _
2
R
Se tale energia è maggiore di zero, la galassia si allontanerà defnitivamente, se è
minore di zero, la galassia (come per un sasso lanciato in alto dalla Terra) ricadrà
verso il centro della sfera. Esiste un valore della densità media, denominato densità
critica ρ c, per cui l’energia totale è nulla e la galassia giungerà a distanza infnita con
velocità pari a zero.
Se infatti
v = H0 R
e
4
M = _ πR 3ρ
3
si ricava
1 2 2
4 π R 3ρ
_
H 0R − G _ ___ = 0
2
3 R
cioè
1 2
4
_
H = G _ πρ
2 0
3
da cui segue
3H 20
ρc = _
8πG
Dimensioni dell’universo
Big Freeze
Universo aperto
Universo
piatto
Dimensioni attuali
Universo
chiuso
Tempo
Figura 22
Big Bang
I tre tipi di destino dell’Universo.
Oggi
Big Crunch
Le soluzioni matematiche dell’Universo di Friedmann-Lemaitre possono essere schematizzate confrontando la densità ρ dell’Universo con la densità critica ρc (fgura 22):
•
•
•
se ρ > ρ c : dopo l’iniziale fase di espansione, per effetto della grande densità
l’Universo si contrae fno al collasso completo, chiamato «Big Crunch»;
se ρ < ρ c : la densità è piccola e l’Universo continua a espandersi indefnitamente;
se ρ = ρ c : l’espansione iniziale diminuisce in modo progressivo senza arrestarsi.
Il valore della densità critica dell’ Universo si può stimare a partire dalla costante di
Hubble:
3H 20
(67 km ∙ s−1 ∙ Mpc−1)2
ρc = _ = 3 ________________________
8πG
8π (6,67 ∙ 10−11 m3 ∙ kg−1 ∙ s−2)
Poiché 1 Mpc = 106 pc = 3,09 ∙ 10 19 km si ottiene
1088
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
ρ c = 8,4 ∙ 10−27 kg ∙ m−3
Tale valore di densità corrisponde circa a un atomo di idrogeno al metro cubo.
Ai tre tipi di universo è associata una particolare forma di geometria:
•
•
•
se ρ > ρ c l’Universo è chiuso, è destinato a collassare e ha una geometria ellittica;
se ρ < ρ c l’Universo è in continua espansione e ha una geometria iperbolica;
se ρ = ρ c l’Universo ha una geometria «piatta», simile a quella dello spazio-tempo
piatto.
la materia oscura
5
La determinazione della densità media dell’Universo, e in particolare del suo destino, è stato uno dei quesiti più importanti nella cosmologia per tutto il Novecento.
■
l’ esistenza della materia oscura
Nell’ambito di questa ricerca, un fatto tanto importante quanto inatteso è stata la
scoperta della materia oscura, ossia di una forma di massa che esercita attrazione
gravitazionale ma che non emette radiazione luminosa di alcun tipo.
La sua esistenza era stata proposta negli anni Trenta da Oort e Zwicky per spiegare le distribuzioni delle velocità delle stelle nella nostra Galassia e delle galassie
nelle strutture gravitazionali più grandi cui esse appartengono, denominate ammassi
di galassie (fgura 23).
Figura 23
Una prova più convincente dell’esistenza della materia oscura fu proposta negli
anni Settanta del secolo scorso da Vera Rubin. L’astronoma misurò le velocità orbitali delle stelle all’interno di varie galassie e notò che le stelle più lontane orbitavano
attorno al centro della galassia con velocità elevate, molto maggiori di quelle che
erano previste dalla teoria. Per una data distanza dal centro, la velocità orbitale di
una stella è tanto più grande quanto maggiore è la massa della regione di galassia
all’interno della sua orbita. Rubin osservò che per rendere conto di velocità orbitali
così elevate si doveva ipotizzare che la massa della galassia fosse molto maggiore di
quella osservata. Dunque nelle galassie sembrava esistere una qualche forma di materia che esercitava attrazione gravitazionale ma non emetteva né assorbiva radiazione elettromagnetica: la materia oscura (fgura 24).
■
attuali studi sulla materia oscura
Oltre al perfezionamento dei metodi ipotizzati nel secolo scorso, la ricerca contemporanea utilizza altri metodi per la determinazione della quantità di materia oscura
presente nell’Universo. Tra essi vale la pena di ricordarne almeno due, indicativi
delle diverse possibilità attualmente disponibili nell’ astrofsica moderna.
Velocitˆ
© NASA
Ammasso di galassie denominato
Coma.
B
A
Distanza
Figura 24
Velocità di rotazione delle stelle nelle
galassie a spirale. La quantità
di materia visibile avrebbe potuto
supportare unicamente la curva A.
La curva B è quella osservata.
1089
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Figura 25
Immagini
del quasar
Il fenomeno della defessione
della luce da parte di galassie.
Terra
Quasar
Galassia
Immagini
del quasar
Figura 26
Archi gravitazionali prodotte da un
ammasso di galassie.
© Andrew Fruchter (STScI) et al., WFPC2, HST, NASA
Il primo si basa sulla defessione della luce, effetto già previsto nella relatività generale. In tal caso si osservano immagini multiple di una galassia lontana, dovute alla
defessione da parte di una grande quantità di massa, come per esempio un ammasso
di galassie, presente tra la galassia lontana e l’ osservatore (fgura 25). Tale metodo
consente di stimare la massa totale dell’ammasso.
La defessione della luce produce a volte spettacolari effetti geometrici come nel
caso delle immagini denominate archi gravitazionali (fgura 26).
Il Bullet Cluster. La materia ordinaria
emette radiazione elettromagnetica
(nell’immagine colorata in rosso).
La materia oscura stimata per mezzo
degli effetti gravitazionali è colorata
in azzurro.
1090
© NASA
Figura 27
26
CAPITOLO
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
© Max Camenzind, University of Heidelberg
Un caso degno di nota è il cosiddetto Bullet Cluster, in cui si osserva un sistema di
due ammassi di galassie in interazione (fgura 27 alla pagina precedente). La materia luminosa si concentra al centro dell’ immagine, mentre la materia oscura, stimata
attraverso metodi di lente gravitazionale, pare essere disposta ai margini dello stesso,
subendo globalmente solo l’effetto delle interazioni gravitazionali e non di quelle
elettromagnetiche.
Il secondo metodo, di natura più indiretta, è legato allo studio dei modelli di formazione delle strutture cosmiche. Le osservazioni degli ammassi di galassie su grande
scala nell’Universo e il loro aggregarsi in strutture ancora più grandi, denominate
superammassi di galassie, è infatti riprodotto ai giorni nostri grazie a programmi di
simulazione che girano in supercalcolatori (fgura 28). I superammassi si formano a
partire dagli effetti gravitazionali attorno agli addensamenti iniziali di materia in un
Universo in evoluzione. L’ ipotesi di una determinata quantità di materia oscura è
necessaria per riprodurre correttamente le osservazioni delle strutture attuali
(fgura 29).
Figura 28
Simulazioni della formazione delle
strutture cosmiche in un Universo
in evoluzione.
60
˚
15
0˚
2dF Galaxy Survey
45
195˚
0˚
Bi
2.
on
0
0˚
0
0˚
22
4.
33
5˚
21
5˚
Li
gh
3
t Y .0
ea
rs
106688 Galaxies
34
lli
Angle on sky
15˚
180˚
30˚
165
˚
˚
1.
0
Figura 29
Struttura a larga scala dell’Universo.
■
la natura della materia oscura
Fino a oggi sono stati vari (e vani) i tentativi di identifcare la natura delle particelle
che costituiscono la materia oscura. Attualmente sono in corso vari esperimenti che
cercano di rivelare le eventuali interazioni, mediante urti elastici, della materia oscura
presente nel campo gravitazionale terrestre tramite opportuni rivelatori, posti in laboratori sotterranei per schermarli dalle altre radiazioni di origine cosmica (fgura 30
alla pagina seguente). Analogamente, anche gli esperimenti presso l’acceleratore
LHC del CERN di Ginevra stanno cercando l’evidenza di nuove forme di materia
che potrebbero essere i candidati per spiegare la materia oscura.
1091
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Un altro metodo, di natura indiretta, consiste nel cercare, con strumenti su satellite
o a Terra, i prodotti delle eventuali reazioni delle particelle di materia oscura con
se stesse, in un processo denominato di annichilazione. Vi sono alcuni candidati che
infatti prevederebbero in tali reazioni l’emissione di radiazione gamma di alta
energia.
Come vedremo nel prossimo paragrafo, lo studio della materia oscura e di altri
fenomeni cosmologici consente attualmente di determinare che
© INFN
la quantità totale di materia presente nell’ Universo contribuisce a circa il 31,5%
della densità critica dell’Universo.
Figura 30
L’ esperimento DAMA dell’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare per
la ricerca della materia oscura presso
i laboratori nazionali del Gran Sasso.
6
gli sviluppi della cosmologia osservativa
Come discusso nei paragraf precedenti, Einstein riteneva che l’Universo fosse statico mentre i modelli di Friedmann ipotizzavano, come suggerito da Lemaitre, un momento iniziale di densità di massa-energia tendente all’infnito. Da questo istante
tutto lo spazio-tempo si sarebbe espanso secondo la legge di Hubble con una velocità sempre maggiore in tutte le direzioni.
La legge di Hubble prevede che l’ Universo si espanda secondo una legge esprimibile con la relazione
v = H0 d
per cui il parametro di Hubble presenta le dimensioni di t −1.
eseMPio 4 l’età dell’Universo
Fornisci una stima dell’età dell’Universo usando la legge di Hubble.
il ragionamento e la soluzione
Considerando una galassia che ora si trovi a distanza d, si può stimare in prima
approssimazione che il tempo che è stato necessario per giungere a quella distanza sia stato pari a
d
t=_
v
ossia, per la legge di Hubble,
d
1
1
t = __ = __ = ___________
H 0 d H 0 67 km ∙ s−1 ∙ Mpc−1
Essendo 1 Mpc = 3,09 ∙ 10 19 km la relazione precedente diviene
3,09 ∙ 1019 km
t = ______ s = 4,61 ∙ 10 17 s
67 km
da cui segue
4,61 ∙ 1017 s
t = 4,61 ∙10 17 s = ______ = 1,4 ∙ 10 10 anni
365 ∙ 24 ∙ 3600
Per favorire una comprensione intuitiva delle implicazioni della legge di Hubble si
ricorre a un’analogia del fenomeno dell’espansione dell’Universo. Consideriamo la
superfcie di un palloncino sul quale siano raffgurati degli oggetti (fgura 31 alla
pagina seguente): man mano che il palloncino si gonfa lo spazio tra gli oggetti aumenta in tutte le direzioni. L’analogia non è del tutto corretta, perché il palloncino si
espande in uno spazio esterno, mentre nel caso dell’Universo è lo stesso spazio-tempo a espandersi.
In particolare, qualsiasi distanza tra due punti nello spazio-tempo tende ad aumentare nel tempo secondo la legge di Hubble man mano che l’Universo si espande.
1092
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Figura 31
Un palloncino che si gonfa fornisce
una comprensione intuitiva
dell’espansione dell’Universo.
A questo scopo notiamo che per determinare le distanze in cosmologia si fa uso del
cosiddetto lookback time, che corrisponde alla distanza percorsa dalla luce dal momento in cui è stata emessa (fgura 32). Dal momento che però l’Universo è in
espansione, tale distanza non corrisponde all’attuale distanza dell’oggetto osservato, che può trovarsi molto più lontano.
Tempo
Il tempo impiegato
dai fotoni per viaggiare
dalla galassia a noi
si chiama lookback time
Oggi
Fotoni in viaggio
verso la Terra
400 milioni
di anni fa
Distanza dalla
Via Lattea
Posizione
della Via
Lattea
■
Posizione
della galassia
al tempo della
supernova
Posizione
della galassia
oggi
Figura 32
Lookback time.
il Big Bang
L’ipotesi che sia esistito il momento iniziale dell’espansione dell’Universo, nel
quale lo spazio era nullo e l’energia tendente all’infnito, risultava talmente ostica
da far affermare a Hoyle che esso fosse simile a un Big Bang, un grande scoppio.
Da allora questa ironica locuzione viene sistematicamente adottata nel descrivere
il modello dell’Universo in espansione come previsto dalle equazioni di Friedmann-Lemaitre.
L’ipotesi del destino dell’Universo era invece legata alla quantità totale di materia/energia presente nell’Universo. Anche tenendo conto della materia oscura, fno
a pochi anni fa si riteneva che la densità media di energia fosse molto minore della
densità critica e che quindi l’Universo avrebbe continuato ad espandersi.
Le prove fsiche a supporto della correttezza globale del modello del Big Bang
non tardarono ad arrivare. L’espansione osservata da Hubble era certamente una di
queste. Essa però poteva essere compatibile anche con un modello di Universo in
espansione senza un Big Bang. Tale modello alternativo, detto Universo stazionario,
prevedeva la creazione continua di nuova materia all’ interno dello spazio-tempo in
espansione senza che vi fosse stato un istante iniziale a densità infnita.
1093
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
■
Figura 33
Arno Penzias e Robert Wilson.
la scoperta del fondo cosmico a microonde
Il modello del Big Bang ottenne una prova decisiva grazie alla scoperta di un fenomeno del tutto inatteso. Nel 1964 Arno Penzias e Robert Wilson si accorsero che la
grande antenna a microonde che stavano perfezionando presentava un rumore di
fondo persistente in tutte le direzioni (fgura 33). Dopo un’ attenta analisi dell’apparato sperimentale, conclusero che il segnale di fondo non era dovuto a cause strumentali ma proveniva dal cielo.
La radiazione che essi osservarono era in effetti la traccia di uno stato dell’Universo a una temperatura molto maggiore di quella attuale, come previsto alcuni decenni prima da Gamow all’ interno del modello del Big Bang. La scoperta del fondo
a microonde cosmico, o Cosmic Microwave Background (CMB), segnò una svolta
decisiva nella comprensione globale dell’ Universo.
La radiazione cosmica di fondo ha oggi il massimo d’intensità nella banda delle
microonde a causa del cosiddetto redshift cosmologico. Questo fenomeno interessa
tutto lo spettro elettromagnetico: aumentando la lunghezza d’onda, l’energia
E = hf = hc/λ della radiazione osservata è minore di quella che la radiazione aveva
nel momento in cui è stata emessa. In conseguenza di ciò, la distribuzione spettrale
dell’energia della radiazione non corrisponde più a quella della temperatura a cui è
stata emessa, ma a quella di un corpo nero avente temperatura molto minore.
Attualmente la radiazione del Big Bang ha una distribuzione spettrale uguale a
quella di un corpo nero a 2,7 K: ciò signifca che tale radiazione è stata emessa quando l’ Universo aveva una temperatura media di 3000 K e una dimensione circa 1000
volte inferiore a quella attuale.
Le dimensioni dell’Universo al momento in cui fu emessa la radiazione che osserviamo si possono ricavare dal seguente ragionamento. L’energia e la temperatura
della radiazione osservata sono proporzionali alla frequenza dell’onda. La lunghezza d’onda della radiazione osservata varia come l’inverso della frequenza. Per cui
una radiazione più «fredda» oggi corrisponde a un «allungamento» della lunghezza
d’onda (è esattamente il fenomeno del redshift). Tale allungamento in realtà si applica a tutte le lunghezze, per cui la dimensione dell’ Universo al momento della radiazione era ridotta dello stesso fattore della lunghezza d’ onda osservata.
■
gli studi delle anisotropie della radiazione
cosmica di fondo
La radiazione cosmica di fondo era la prova decisiva che nella storia dell’ Universo
vi fu un istante in cui l’Universo si presentava in uno stato a temperatura molto elevata, a circa 380 000 anni dal Big Bang. Sistematiche campagne osservative svolte
mediante satelliti in orbita attorno alla Terra fornirono ulteriori informazioni.
Cosmic Microwave Background Spectrum from COBE
400
COBE Data
Black Body Spectrum
350
Intensity [MJy/sr]
300
250
200
150
100
50
0
2
Figura 34
Lo spettro del CMB misurato da COBE.
1094
4
6
8
10
12
14
Frequency [1/cm]
16
18
20
22
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
© Mark Halpern, BLAST
In particolare, negli anni Novanta il satellite COBE (COsmic Background Explorer)
della NASA misurò come la radiazione del CMB fosse perfettamente compatibile in
tutte le direzioni con quella emessa da un corpo nero alla temperatura di 2,7 K. Il
grafco (fgura 34 alla pagina precedente) mostra la totale corrispondenza tra le misure effettuate (crocette rosse) e lo spettro teorico (linea verde) di un corpo nero a
2,7 K. COBE osservò inoltre alcune anisotropie spaziali nella temperatura del fondo
a microonde, ossia scoprì che in alcune direzioni dello spazio lo spettro della radiazione di fondo corrispondeva a una temperatura leggermente diversa da 2,7 K. Queste misure si sarebbero ben presto rivelate decisive per una maggiore comprensione
dell’evoluzione dell’Universo.
Figura 35
Il volo su pallone stratosferico
utilizzato per l’esperimento
BOOMERanG.
Infatti la misura accurata delle piccolissime variazioni di temperatura della radiazione di fondo consente di stimare la densità totale di massa-energia dell’Universo e
quindi di indagare la geometria stessa dell’Universo. Una stima della dimensione
angolare delle anisotropie della radiazione cosmica di fondo fu effettuata su una
piccola zona di cielo nell’ambito dell’esperimento BOOMERanG, progettato e realizzato da fsici italiani tra il 1998 e il 2003 (fgura 35). I dati di BOOMERanG erano
coerenti con l’ipotesi di un Universo piatto, in cui la densità media di energia è
uguale alla densità critica. Ma la densità di energia nota dava conto solo di un terzo
della densità critica: si poneva quindi il problema di stabilire l’origine della restante
densità di massa-energia (fgura 36).
© Esperimento BOOMERANG
–300 μK
–300
–200
–100
0
100
200
300 μK
300
Figura 36
Le anisotropie del CMB come
osservate da BOOMERanG.
1095
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Le misure di BOOMERanG furono confermate ed estese a tutto il cielo dal satellite
della NASA chiamato WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe). WMAP
diede una stima della densità dell’Universo molto prossima alla densità critica (fgura 37).
Figura 37
© NASA
Le anisotropie del CMB misurate
da WMAP.
Un ulteriore passo avanti nella misura dei parametri dell’Universo è stata ottenuta
nel 2013 grazie ai dati dell’esperimento Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (fgura 38). I risultati di Planck possono essere espressi in termini del parametro Ω, introdotto allo scopo di individuare il peso relativo delle diverse componenti di massa-energia dell’Universo. Per defnizione, è il rapporto tra la densità ρ della componente
di massa-energia allo studio e la densità critica ρ c :
ρ
Ω = __
ρc
© ESA
Le misure di Planck (fgura 39) hanno consentito di calcolare le seguenti stime: per
la materia barionica, ossia la «normale» materia che forma gli atomi, Ω b ≈ 5%, mentre per la materia oscura Ω DM ≈ 26,5%, per un totale di materia pari a Ω M = Ω DM +
+ Ω b ≈ 31,5%. Dunque la materia corrisponde solo al 31,5% della densità critica.
Figura 38
© ESA
L’ esperimento Planck dell’ESA.
Figura 39
Le anisotropie della radiazione
cosmica di fondo osservate da Planck.
■
le supernove Ia e l’accelerazione dell’Universo
La scoperta che la massa dell’ Universo spiegava solo poco più del 30% della densità
totale di energia fu decisamente un risultato inatteso, che imponeva la necessità di
individuare un’ ulteriore componente per la densità di energia dell’Universo.
La soluzione del dilemma venne dall’osservazione del comportamento, anch’esso inatteso, delle candele standard utilizzate per la determinazione della distanza
delle galassie più lontane. Come abbiamo visto, lo studio delle candele standard si
1096
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
basa sull’assunzione che, a partire da una luminosità iniziale intrinseca L 0 , l’ intensità osservata decresca con la distanza secondo una legge del tipo d −2. Nel 1998 si
scoprì invece che alcune supernove di tipo Ia presentavano luminosità inferiori a
quelle attese se il tasso di espansione dell’Universo fosse stato pari a quello attuale.
Le misure molto accurate vennero effettuate da diversi gruppi in modo indipendente e risultarono concordi nel proporre un Universo in accelerazione (fgura 40).
Flat
24
A=0
(0, 1)
(0.5, 0.5) (0, 0)
(1, 0)
(1, 0)
1.5, –0.5) (2, 0)
Effective mB
22
Supernova
Cosmology
Project
20
18
16
Calan/Tololo
(Hamuy et al,
A.J. 1996)
14
Universo in accelerazione a seguito
delle osservazioni delle supernove di
tipo Ia.
l’ energia oscura
Il fenomeno fsico responsabile di tale accelerazione è di natura completamente
ignota. Esso contribuisce alla densità di energia dell’Universo ma, invece di frenarne
l’espansione, pare in grado di accelerarla man mano che esso si espande. I fsici e i
cosmologi hanno denominato questo fenomeno come energia oscura e sono attivamente impegnati a individuarne la natura fsica. La componente di densità dell’energia oscura stimata dalle misure di Planck, insieme alle misure della luminosità
delle supernove Ia a distanze cosmologiche, è pari al 68,5% della densità dell’Universo. La natura dell’energia oscura è uno degli enigmi principali della cosmologia
attuale.
Energia oscura
la nucleosintesi primordiale
Una ulteriore prova a supporto del modello del Big Bang proviene dalla fsica nucleare. Ancora prima della scoperta del CMB, i fsici elaborarono modelli che descrivevano uno stato dell’Universo a temperature e densità molto maggiori di quelle attuali. Secondo tali modelli, i numeri iniziali di protoni e di neutroni cambiavano nel
corso dell’espansione e del conseguente raffreddamento dell’Universo. Per riprodurre l’attuale abbondanza di elementi leggeri come l’ elio, i modelli prevedevano
una densità di materia barionica pari al 5% della densità critica, in accordo con le
misure sul CMB (fgura 41).
Gli elementi più pesanti fno al ferro si sono invece formati dalle reazioni termonucleari all’interno delle diverse generazioni di stelle, a partire dagli elementi primordiali. I nuclei degli elementi più pesanti del ferro si formano in reazioni di fusione che richiedono energia dall’esterno: tale energia è disponibile nelle esplosioni
delle supernove associate al collasso delle stelle di generazioni precedenti.
7
il Modello standard per l’evoluzione
dell’Universo
L’evoluzione dell’Universo a partire dal Big Bang si basa sugli studi teorici e sperimentali più recenti in fsica delle particelle. Per comprenderne i passaggi, il concetto
fondamentale è quello di equilibrio radiazione-materia. Fino a quando la radiazione
100
10Ð1
Element Abundance (Relative to Hydrogen)
■
Fisica quotidiana
Helium 4 (4He)
Deuterium (2H)
10Ð2
10Ð3
10Ð4
10Ð5
Helium (3He)
10Ð6
10Ð7
10Ð8
10Ð9
WMAP Observation
■
Figura 40
10Ð10
10Ð11
10Ð12 10Ð11 10Ð10
10Ð9
10Ð8
10Ð7
Density of Ordinary Matter (Relative to Photons)
Figura 41
Le abbondanze chimiche
dell’ idrogeno, del deuterio e dell’ elio
primordiale.
1097
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
presente nell’Universo ha un’energia suffciente a creare nuove particelle in coppie
di materia e antimateria, secondo la nota relazione E = mc 2 della relatività ristretta,
il fenomeno opposto, detto di annichilazione, non può far diminuire il numero totale
di particelle di materia presenti (fgura 42).
Creazione di una particella
Fotone gamma
Elettrone
e
e
Fotone gamma
–
+
Positrone
Annichilazione di una particella
Positrone
+
e
Figura 42
e
Creazione e annichilazione di una
particella.
Figura 43
Evoluzione storica dell’Universo.
Fotone gamma
–
Elettrone
Fotone gamma
La sequenza degli eventi che hanno caratterizzato la storia dell’Universo è rappresentata nella fgura 43.
Immediatamente dopo il Big Bang, la temperatura aveva un valore incredibilmente alto, pari a 1032 K. Durante questa prima fase, denominata era di Planck, le tre
interazioni fondamentali (gravitazionale, nucleare forte ed elettro-debole) erano
unifcate in una singola interazione. Le attuali teorie fsiche non sono in grado di
fornire un quadro compiuto dei fenomeni che hanno avuto luogo durante l’era di
Planck. Molto rapidamente, circa 10−43 s dopo il Big Bang, la forza di gravità assunse
però una identità separata dalle altre interazioni.
Nel frattempo e fno a 10−35 s dopo il Big Bang, quando la temperatura aveva assunto il valore di 1028 K, le altre tre interazioni agivano come una singola interazione,
le cui caratteristiche sono studiate dal modello noto come Grand Unifed Theory o
GUT. In quest’epoca primordiale, denominata appunto era della GUT, tutte le particelle erano indistinguibili, in particolare non vi era distinzione tra quark e leptoni.
In quest’epoca avvenne anche un fenomeno peculiare, denominato espansione infazionaria, una espansione esponenziale delle dimensioni dell’Universo che spiegherebbe molte delle osservazioni odierne sull’Universo, tra le quali per esempio la
sua isotropia globale.
A circa 10−35 s dopo il Big Bang, la forza nucleare forte si separò dalle altre due
interazioni, che rimasero indistinguibili fno a circa 10−10 s dopo il Big Bang, quando
l’Universo si era raffreddato a 10 15 K. In questa epoca i quark si distinsero dai leptoni. Quark e antiquark iniziarono ad aggregarsi in adroni, quali i protoni e i neutroni
e le loro antiparticelle. Quest’epoca viene chiamata era elettrodebole.
TEMPERATURA
1032 K
1028 K
1015 K
1012 K
109 K
3000 K
10–43 s
10–35 s
10–10 s
10–4
5 min
380 000 anni
TEMPI
Era di
Planck
1098
Era della
GUT
Era elettrodebole
Era delle
particelle
Era della
nucleosintesi
Era dei
nuclei
Era degli atomi
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
A circa 10−4 s dopo il Big Bang, quando la temperatura era scesa a 10 12 K, rimase solo
una piccola frazione di adroni rispetto al numero totale di particelle (dominato dai
leptoni: elettroni, positroni e neutrini). Infatti l’energia della radiazione dell’Universo
non era più in grado di creare adroni direttamente. Quest’epoca viene chiamata era
delle particelle.
Man man che la temperatura dell’Universo scendeva, a causa dell’espansione
dello stesso, anche il numero dei leptoni iniziò a diminuire, per l’annichilazione
tra materia e antimateria, fno a che, circa 5 min dopo il Big Bang, anche il numero di leptoni divenne simile a quello degli adroni. A tale epoca si dà il nome di era
della nucleosintesi. Alla temperatura raggiunta in quell’istante di circa 109 K, iniziarono a formarsi i primi nuclei di elio, grazie al fenomeno della nucleosintesi
primordiale.
Dopo 380 000 anni dal Big Bang, alla fne dell’ epoca successiva, l’ era dei nuclei,
la temperatura dell’Universo era scesa ormai a 3000 K e gli elettroni liberi iniziarono a legarsi ai nuclei e a formare i primi atomi neutri. A quest’epoca la radiazione
riuscì a essere emessa in tutte le direzioni senza avere più l’energia necessaria a
formare nuove particelle. La radiazione del CMB risale a quest’epoca.
Successivamente la materia neutra iniziò ad aggregarsi e a formare strutture via
via più dense dalle quali successivamente si sarebbero formate le galassie e le stelle
che le compongono.
8
nuovi strumenti per lo studio
dell’Universo
Lo studio della struttura e della composizione dell’Universo è una delle imprese
maggiori che la scienza dell’ultimo secolo ha affrontato. La scoperta di un Universo
in evoluzione (fgura 44), nato a partire da uno stato a densità e energia infnita, e
l’individuazione delle sue componenti, di cui quasi il 95% è di natura ancora ignota
ha modifcato drasticamente la nostra comprensione del cosmo. I pianeti, le stelle e le
galassie non sono che una minima parte di esso. Tutto questo rende tuttora la cosmologia uno dei campi di ricerca più attivi nella fsica contemporanea, in cui concorrono
competenze e metodi di indagine della fsica delle particelle e dell’astronomia.
Le domande ancora aperte riguardo all’Universo sono infatti molte. Qual è la natura della materia oscura? Di quali particelle è composta? Cos’è l’energia oscura?
Afterglow Light
Pattern
375,000 yrs.
Dark Energy
Accelerated Expansion
Dark Ages
Development of
Galaxies, Planets, etc.
Infation
WMAP
Quantum
Fluctuations
1st Stars
about 400 million yrs.
© NASA
Big Bang Expansion
13.77 billion years
Figura 44
L’evoluzione dell’Universo.
1099
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Figura 45
© LSST Corporation
© NASA
Il telescopio JWST.
Quali sono le sue proprietà? Come si è evoluto l’Universo nelle sue fasi iniziali?
Quando si sono formate le galassie?
Per cercare risposte adeguate, le grandi agenzie scientifche internazionali sono
all’opera allo scopo di progettare le missioni del futuro per l’osservazione del cielo
fno alle distanze più elevate. Alcuni progetti sono già in fase di sviluppo: le loro osservazioni costituiranno la base per la cosmologia del XXI secolo.
Il progetto JWST (James Webb Space Telescope, fgura 45) sarà un telescopio
orbitante per osservazioni nella banda infrarossa, in grado di osservare, tra l’altro, i
primi oggetti luminosi formatisi nella storia dell’ Universo. Si ritiene che i suoi dati
aiuteranno a determinare anche il meccanismo di formazione delle galassie e il ruolo della materia oscura in questo processo.
Il telescopio denominato LSST (Large Synoptic Survey Telescope, fgura 46) rappresenta una nuova metodologia di ricerca dei fenomeni transienti nell’Universo.
Esso realizzerà e analizzerà rapidamente una serie molto elevata di immagini del
cielo. In questo modo si potranno trovare nuove supernove Ia allo scopo di studiare
sempre meglio la natura dell’ energia oscura.
Sempre alla ricerca della natura della materia oscura e dell’energia oscura è dedicato il progetto EUCLID (fgura 47), che utilizzerà fra l’altro il fenomeno delle
lenti gravitazionali tramite lo studio delle strutture cosmiche, delle galassie e degli
ammassi di galassie fno a redshift pari a 2.
Allo studio delle strutture cosmiche è dedicato il progetto del telescopio per raggi X denominato Athena (Advanced Telescope for High Energy Astrophysics, fgura
48). Questo telescopio studierà in modo particolare il contenuto di materia negli
ammassi di galassie.
Figura 46
© ESA
Il telescopio LSST.
Figura 47
Figura 48
Il telescopio Athena.
1100
© NASA
Il telescopio EUCLID.
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Figura 49
© ESO
Nella banda radio sarà invece operativo il sistema di telescopi denominato SKA
(Square Kilometer Array, fgura 49), che andrà alla ricerca delle tracce delle prime
galassie per comprenderne sia i meccanismi di formazione che la conseguente evoluzione.
Si sta progettando poi una missione in grado di realizzare misure ancora più accurate del fondo a microonde. I progetti allo studio potranno individuare nel CMB i
residui delle oscillazioni gravitazionali dell’Universo primordiale. Tale, per esempio,
è lo scopo del progetto PRISM (Polarized Radiation Imaging and Spectroscopy
Mission, fgura 50).
Infne il grande telescopio ottico denominato E-ELT (European Extremely
Large Telescope, fgura 51) sarà dedicato allo studio delle galassie ad alto redshift e
alla ricerca delle prime stelle per comprendere come si sono formati i vari elementi
presenti nell’Universo dai quali è sorta successivamente la vita.
Quel che è certo è che la ricerca sull’origine dell’Universo e sulla formazione
delle strutture cosmiche, dalle prime galassie alle stelle e ai pianeti, continuerà ancora a lungo ad affascinare l’umanità e darà sempre nuovo impulso allo sviluppo di
tecnologie e metodologie scientifche all’avanguardia.
© Prism Mission Team
© SKA Project Development Office and Swinburne Astronomy Productions
Il telescopio SKA.
Figura 50
La missione PRISM.
Figura 51
Il telescopio E-ELT.
1101
La storia di un’idea
le teorie sull’Universo
da Hubble ai giorni nostri
■
La nascita della cosmologia moderna
può farsi risalire ai primi due decenni
del Novecento, quando Einstein formulò la teoria della relatività generale
(1915) e quando, grazie a grandi progressi nelle tecniche osservative e nella misurazione delle distanze astronomiche, spariva ogni concezione
privilegiata dell’uomo nello spazio. Si
comprese infatti che non solo né la
Terra né il Sole occupano il centro
dell’Universo o della nostra galassia
(ben lungi dall’essere l’unica) ma anche che il Sole è una stella «normale»
che si trova alla periferia di una galassia «normale», una delle tante che popolano l’Universo.
Nel 1917 Einstein dette inizio alla cosmologia teorica, applicando la sua
teoria gravitazionale per descrivere la
struttura dell’Universo. A quell’epoca
non si sapeva di moti cosmici su larga scala, e così Einstein ipotizzò che
l’Universo fosse un sistema statico.
Per ottenerlo, introdusse nelle equazioni la cosiddetta costante cosmologica, un termine equivalente a una forza
repulsiva in grado di bilanciare la forza di gravità. Tale termine non corrispondeva a dati osservativi, ed Einstein fnì con l’abbandonarlo.
Fu in quell’epoca che si cominciarono
a valutare i moti delle altre galassie
rispetto alla nostra, in base allo spostamento delle frequenze delle loro
righe spettrali rispetto alla posizione
misurabile in laboratorio, fenomeno
interpretabile come effetto Doppler:
vediamo la radiazione di una sorgente
che si allontana spostata verso lunghezze d’onda più grandi, ovvero verso il rosso nello spettro del visibile,
mentre se una sorgente si avvicina,
vediamo la sua radiazione spostata
verso lunghezze d’onda più corte, ovvero verso il violetto.
Grande sensazione suscitò la scoperta
che non solo le galassie sembravano
allontanarsi da noi (spostamento verso il rosso), ma che la loro velocità
di allontanamento v sembrava crescere con la distanza d, in base alla legge
enunciata nel 1929 dall’americano
Edwin Hubble: v = Hd, dove 1/H è
una costante avente le dimensioni di
un tempo che, secondo le stime più recenti, potrebbe avere un valore compreso tra 12 e 20 miliardi di anni, ed è
Edwin Hubble, studioso dei moti
delle galassie.
La Horn Antenna a Holmdel, New Jersey, dove negli anni ’60 Arno Penzias
e Robert Wilson portarono avanti le loro ricerche.
Dalla cosmologia
moderna alla legge
di Hubble
1102
interpretabile come una stima dell’età
dell’Universo.
■
Modelli di Universo
Qualunque modello di Universo deve
rendere conto dei dati osservativi e in
particolare della legge di Hubble. Ne
considereremo due: il modello di Universo in «stato stazionario» e il modello del Big Bang, che negli ultimi decenni ha acquistato molto credito.
Nel 1948 i cosmologi Hermann Bondi,
Thomas Gold e Fred Hoyle proposero un modello in stato stazionario (in
inglese steady-state), senza principio e
senza fne e tale che un osservatore
in un punto e in un istante qualsiasi
avrebbe sempre la stessa visione
dell’Universo. Se consideriamo una
generica sfera in questo Universo,
essa si espande continuamente in
base alla legge di Hubble, e la materia
vi diviene sempre più rarefatta. Per
soddisfare il principio di conservazione della massa (o dell’energia, equivalente alla massa in base alla legge
E = mc2) occorre allora ipotizzare che
nuova materia venga continuamente
«creata» dal nulla. Sembra impossibile da accettare, ma il punto è che il
CAPITOLO
tasso di creazione di materia capace
di soddisfare il modello sarebbe molto basso, di soli 1,5 · 10–16 atomi di
idrogeno per anno e per cm3. Poiché
nessuno ha mai verifcato i princìpi di
conservazione con questo grado di
precisione, in linea di principio l’idea-base del modello non si può
escludere.
■
il Big Bang
I modelli che godono oggi di maggior
credito sono quelli basati sull’idea che
l’espansione dell’Universo sia dovuta
a un’enorme esplosione iniziale, in
condizioni di altissima temperatura e
densità, detta Big Bang. La loro base
teorica poggia sulla relatività generale di Einstein. Già nel 1917 l’olandese
Willem De Sitter dimostrò che le
equazioni di Einstein ammettevano
come soluzione un Universo vuoto in
espansione. Negli anni Venti il matematico Aleksandr Fridmann e il cosmologo Georges Lemaître fornirono
una famiglia di soluzioni delle equazioni di Einstein che prevedevano la
legge di Hubble con H positiva
(espansione dell’Universo) o negativa (contrazione). In particolare, se la
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
densità media di materia nell’Universo è minore di un valore «critico», le
equazioni prevedono che l’espansione debba durare indefnitamente; se
invece la densità media è maggiore
della densità critica, si arriverà a un
certo punto in cui la gravità prenderà
il sopravvento e l’Universo, dopo aver
raggiunto una fase massima di espansione, comincerà a contrarsi.
■
la radiazione cosmica
di fondo
Nel 1946 il fsico George Gamow, ragionando sull’ipotesi del Big Bang,
previde che, in seguito all’espansione,
l’Universo (con una temperatura iniziale di molti miliardi di gradi) avrebbe dovuto raffreddarsi e, ipotizzando
un’età superiore ai 10 miliardi di anni,
la radiazione ai nostri giorni avrebbe
dovuto trovarsi a una temperatura di
pochi kelvin.
Nel 1965 due ricercatori dei Bell
Laboratories, Arno Penzias e Robert
Wilson, lavorando su un’antenna per
le telecomunicazioni via satellite,
scoprirono un rumore radioelettrico
che si rivelò ineliminabile, e che in
breve risultò non essere d’origine ter-
Mappatura della radiazione di fondo e delle sue variazioni realizzata
dal satellite COBE.
restre né prodotto da alcuna sorgente
celeste localizzata. Nell’interpretazione del loro lavoro da parte dell’astrofsico teorico Robert Dicke, fu
proposto che si trattasse della radiazione cosmica di fondo prevista da
Gamow, con le stesse caratteristiche
della radiazione emessa da un corpo
nero alla temperatura di 2,7 K, omogenea e isotropa. Fu una scoperta di
incalcolabile valore per la cosmologia, e che portò un decisivo sostegno
all’ipotesi del Big Bang, la teoria
dell’esplosione iniziale, di cui la radiazione cosmica è da considerarsi il
residuo «fossile».
■
Quale destino?
Assodato che l’ipotesi più probabile
sull’origine dell’Universo sia il Big
Bang, non solo a seguito della scoperta di Penzias e Wilson, ma anche di
altre conferme indipendenti, non vi è
ancora consenso unanime su quale
sarà la sua evoluzione, se un’espansione continua (ipotesi che i dati
sembrano privilegiare) o un’espansione seguita a un certo punto da
contrazione. In quest’ultimo caso si
potrebbe avere un collasso dell’Universo su sé stesso, un nuovo Big Bang
e così via. Come detto poc’anzi, un
parametro critico per scegliere tra le
due possibilità è la densità media di
materia nell’Universo. Ora, un ruolo
potenzialmente importante è giocato
dalla cosiddetta «materia oscura»,
cioè materia che non emette radiazione elettromagnetica e che perciò
sfugge ai metodi di indagine non basati su metodi gravitazionali. Non è
ancora chiaro da cosa sia costituita
questa materia, né quale sia la sua effettiva abbondanza. Dalle risposte a
queste domande dipende quale tra i
modelli di Big Bang possa essere in
grado di descrivere l’evoluzione futura dell’Universo.
1103
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
I concetti fondamentali
Dalla relatività ristretta
alla relatività generale
1
osservazione degli oggetti celesti
Quando osserviamo gli oggetti celesti in un dato istante t
li vediamo come erano in un istante t p del passato; la distanza
temporale tra t e t p cresce in modo direttamente proporzionale
con la loro distanza dalla Terra.
È la variazione della frequenza osservata λ oss rispetto alla frequenza
a riposo λ 0 di una particolare riga in emissione o in assorbimento.
Lo spostamento verso il rosso, ovvero verso frequenze minori,
negli spettri delle galassie può essere interpretato come la prova
che le galassie sono in allontanamento dalla Terra.
legge di Hubble
v = H0 d
dove v è la velocità della galassia in km/s, d è la sua distanza
in Mpc; H 0 = 67 (km/s)/Mpc è la costante di Hubble.
Cenni di relatività generale
2
l’evoluzione dell’universo: densità critica
Principio di equivalenza
In una regione limitata dello spazio-tempo è sempre possibile
scegliere un sistema di riferimento in modo che la descrizione del
moto sia del tutto equivalente a quella che si otterrebbe
in presenza di un campo gravitazionale costante.
•
Principio di relatività generale
•
Tutte le leggi fsiche hanno la stessa espressione in qualsiasi
sistema di riferimento.
•
3H 20
ρc = _ = 8,4 ∙ 10−27 kg ∙ m−3
8πG
5
le soluzioni della relatività generale
3
raggio di schwarzschild
2GM
R S = _____
c2
se ρ > ρ c, l’Universo è chiuso, è destinato a collassare e ha una
geometria ellittica;
se ρ < ρ c, l’Universo è in continua espansione e ha una geometria
iperbolica;
se ρ = ρ c, l’Universo ha una geometria piatta.
la materia oscura
La materia oscura è una forma di massa che esercita attrazione
gravitazionale ma che non emette radiazione luminosa di alcun tipo.
Fino a oggi sono stati vari (e vani) i tentativi di identifcare la natura
delle particelle che costituiscono la materia oscura.
Rappresenta l’orizzonte degli eventi, dal quale
qualsiasi segnale avrebbe un redshift gravitazionale infnito,
allungando all’infnito la sua lunghezza d’onda e rendendo
pari a zero la sua energia.
6
gli sviluppi della cosmologia osservativa
Il parametro Ω è il rapporto tra la densità ρ della componente
di massa-energia in esame e la densità critica ρ c:
Principio cosmologico
L’Universo è isotropo, cioè le masse in esso sono disposte
in modo analogo in tutte le direzioni, e omogeneo, ovvero non
ci sono punti di osservazione speciali.
ρ
Ω = __
ρc
Dalle misure di Planck si ottiene:
4
l’osservazione di un Universo
in evoluzione
•
•
La quantità totale di materia presente nell’Universo
contribuisce a circa il Ω M = Ω b + Ω DM ≈ 31,5%
della densità critica dell’Universo.
La componente di densità dell’energia oscura è pari al 68,5%
della densità dell’Universo.
Misura delle distanze
La determinazione delle distanze in astronomia si basa su una serie
di tecniche diverse che vengono applicate a scale di distanza
via via crescenti.
•
•
•
•
fno a 10−3 a.l.: radar;
dal Sistema Solare a 103 a.l.: parallasse;
all’interno della Via Lattea: ammassi globulari di stelle usati come
candele standard;
oltre la Via Lattea: metodo delle Cefeidi e supernove di tipo Ia
usate come candele standard.
redshift
λ oss − λ 0
z = _______
λ0
1104
materia barionica: Ω b ≈ 5%
materia oscura: Ω DM ≈ 26,5%
7
il modello standard
per l’evoluzione dell’Universo
Fasi di evoluzione
•
•
•
•
•
•
•
•
t = 0 s: Big Bang
0 < t < 10−43 s: Era di Planck
10−43 < t < 10−35 s: Era della GUT
10−35 < t < 10−10 s: Era elettrodebole
10−10 < t < 10−4 s: Era delle particelle
10−4 s < t < 5 min: Era della nucleosintesi
5 min < t < 380 000 anni: Era dei nuclei
380 000 anni < t: Era degli atomi.
ESERCIZI
Problemi
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
1
Dalla relatività ristretta
alla relatività generale
1
La stella più vicina alla Terra si chiama Proxima Centauri. Essa si trova a circa 4,22 a.l. dal Sole.
▶
2
▪▪▪
La sonda Voyager (nella foto a destra) è stata lanciata
nel 1977. Nel 2012 ha superato i confni del Sistema Solare raggiungendo una distanza di 121 AU dal Sole.
▶
3
▪▪▪
Calcola a quanti kilometri si trova dalla Terra e a
quante AU corrisponde la sua distanza dal Sole.
Calcola il tempo necessario perché la sonda trasmetta un segnale alla stazione terreste.
© NASA
▪▪▪
eseMPio
La Stella Polare si trova a una distanza dal Sole di 325 a.l.
▶
Esprimi questa distanza in AU.
la soluzione
1 a.l. è pari a 9,45 ∙ 10 15 m, mentre 1 AU = 1,496 ∙ 10 11 m, dunque
9,45 ∙ 1015 m
1 a.l. = ______________
= 6,32 ∙ 104 AU
1,496 ∙ 1011 m/AU
Pertanto la distanza della Stella Polare espressa in AU è
d = (325 a.l.)(6,32 ∙ 104 AU/a.l.) = 2,05 ∙ 107 AU
4
▪▪▪
▶
5
▪▪▪
7
▪▪▪
▶
La distanza del Sole dal centro della Galassia si può
stimare in circa 7,9 kpc.
Tra quanto tempo potremo vedere lo stato attuale
del centro della nostra Galassia?
Una stazione spaziale ha la forma di un anello di raggio
r = 100 m. Un astronauta che si trovi alla massima distanza dal centro avverte una gravità artifciale pari a
g = 5,0 m ∙ s−2.
6
▪▪▪
Calcola la velocità di rotazione della stazione spaziale.
Un astronauta di massa m = 80 kg è in partenza dalla
Terra su un razzo con accelerazione pari a 1,8 g.
▶
Calcola la forza di reazione esercitata dal sedile
sull’astronauta.
eseMPio
Un aereo scende in picchiata per far provare l’assenza di gravità ai suoi occupanti.
▶
Calcola a quale accelerazione deve scendere l’aereo.
Spiega come si può realizzare tale condizione.
la soluzione
Per provare l’assenza di gravità nel sistema in caduta libera, l’astronauta deve sentire una forza totale nulla. Per cui la
forza non inerziale deve essere pari al suo peso. In questo modo l’accelerazione deve essere pari a g = 9,81 m ∙ s−2, ossia
l’aereo deve essere in caduta libera. Ciò non signifca necessariamente che l’aereo effettui una picchiata verticale.
Il pilota potrebbe lanciare l’ aereo a grande velocità in una direzione leggermente inclinata verso l’alto e poi ridurre la
spinta dei motori rendendola uguale e contraria alla resistenza aerodinamica generata dall’aria. In questo modo l’ aereo
e i suoi passeggeri si muoverebbero in caduta libera con la stessa accelerazione g, proprio come un proiettile lanciato.
Ciò consentirebbe ai passeggeri di provare l’assenza (apparente) di gravità.
1105
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
3
le soluzioni della relatività generale
8
Calcola il raggio di Schwarzschild della Luna
(M L = 7,35 ∙ 1022 kg).
9
La massa del Sole è 1,99 ∙ 1030 kg.
▪▪▪
a una massa solare. (Assumi che la massa sia distribuita in modo omogeneo entro il raggio di Schwarzschild).
10
▪▪▪
11
▪▪▪
▪▪▪
▶
Calcola il suo raggio di Schwarzschild.
▶
Stima la densità di un buco nero avente massa pari
ESERCIZI
Stima:
▶
il raggio di Schwarzschild per un buco nero di 106
masse solari;
▶
la densità di massa in esso contenuta.
eseMPio
Calcola il rapporto delle densità tra un buco nero con massa pari a 10 masse solari e la densità di un buco nero con
massa doppia, cioè pari a 20 masse solari.
la soluzione
In un buco nero tutta la massa M è concentrata entro un raggio di Schwarzschild:
2GM
R S = _____
c2
La densità di un buco nero è data dal rapporto fra la sua massa M e il suo volume V:
M
M
M
3 c3
_______
ρ = _ = _____ = ________
=
V
4
4 _____
2GM 3 32 π G 3M 2
_
_
π R 3S
π
3
3 ( c2 )
Il rapporto tra le densità vale pertanto
ρ___
M 20 2
10
= ____ = 4
ρ 20 ( M 10)
Il buco nero con massa minore ha la densità maggiore.
12
▪▪▪
▶
13
▪▪▪
16
▪▪▪
▶
La sensibilità di un rivelatore di onde gravitazionali si
misura in funzione del parametro h = ∆L/L, dato dallo
spostamento relativo degli specchi rispetto alla lunghezza dell’interferometro. Gli interferometri attuali
hanno dimensioni di circa 3 km e una sensibilità di circa 5 ∙ 1022.
Stima lo spostamento relativo degli specchi in termini
del raggio dell’atomo di idrogeno (r = 0,5 ∙ 10−10 m).
Al passaggio di un’onda gravitazionale, un’antenna risonante dalle dimensioni di 3 m con sensibilità pari a
10−18 assorbe 1 ∙ 10−26 J di energia. Supponi che l’ antenna possa essere schematizzata come un oscillatore armonico.
4
14
▪▪▪
15
▪▪▪
Calcola la costante elastica k dell’antenna.
l’osservazione di un Universo
in evoluzione
Considera una stella che si trova a 10 a.l. dalla Terra.
▶
Calcolane la parallasse.
Il metodo della parallasse può essere usato fno a circa
1000 a.l. dalla Terra.
▶
Calcola l’angolo in gradi al quale gli oggetti più lontani vengono visti dalla Terra.
eseMPio
Calcola la parallasse per la Stella Polare, che dista dalla Terra 325 a.l.
la soluzione
Poiché 1 pc = 3,26 a.l., la Stella Polare si trova a una distanza
325 a.l.
d = _ = 99 pc
3,26 a.l./pc
Essendo la parallasse di 1″ proporzionale a 1 AU/d, per una distanza di 99 pc la parallasse è
p = (1/99)″ = (1,01 ∙ 10−2)″
1106
ESERCIZI
17
▪▪▪
18
▪▪▪
21
▪▪▪
CAPITOLO
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
Calcola quale sarebbe la parallasse misurata per una
stella che si trova a 4,5 anni luce dalla Terra a partire
dall’orbita di Marte (delle dimensioni di 227,94 milioni
di km).
Trascurando l’ effetto di accelerazione dell’Universo,
calcola il rapporto tra le intensità luminose di due supernova di tipo Ia, la prima in una galassia a una distanza di circa 0,70 ∙ 109 anni luce, la seconda a una distanza
di 0,14 ∙ 109 anni luce.
19
▪▪▪
La luminosità intrinseca della stella Betelgeuse, che dista 640 a.l., è pari a 135 000 volte la luminosità intrinseca del Sole.
▶
20
▪▪▪
Calcola il rapporto tra l’intensità luminosa osservata di Betelgeuse e del Sole. (Ricorda che
1 AU = 15,8 10−6 a.l.)
Calcola il rapporto di intensità luminosità osservata tra
due variabili Cefeidi di uguale periodo ma poste nella
nostra galassia a 10 kpc dal Sole e nella galassia di Andromeda a 780 kpc dal Sole.
eseMPio
Calcola l’ intensità luminosa del Sole nell’orbita di Marte (R = 227,94 ∙ 106 km) e in quella di Mercurio (R = 57,91 ∙ 106 km)
rispetto all’intensità luminosa del Sole nell’orbita terrestre (R = 149,6 ∙ 106 km).
la soluzione
L’ intensità luminosa I nell’ orbita di un pianeta varia come il rapporto fra la luminosità intrinseca L del Sole e il quadrato della distanza R del pianeta dal Sole:
L
I ∝ __2
R
Per cui il rapporto tra l’ intensità luminosa nell’orbita di Marte rispetto a quella terrestre è
L
__
I Ma R 2Ma
RT 2
r = __ = ____ = ___ = 0,43
(R Ma)
IT
L
__
R 2T
Per quanto riguarda Mercurio
L
__
I Me R 2Me
RT 2
r = __ = ____ = ___ = 6,67
(R Me)
IT
L
__
R 2T
22
Calcola la velocità osservata per una galassia a una distanza di 0,5 Gpc dalla Terra.
23
Calcola la distanza alla quale si trova una galassia che
osserviamo allontanarsi con una velocità pari a
2,8 ∙ 103 km ∙ s−1.
▪▪▪
▪▪▪
25
▪▪▪
24
▪▪▪
Quale sarebbe stata la stima dell’età dell’ Universo se
la costante di Hubble avesse assunto un valore doppio
rispetto a quello attuale?
eseMPio
La velocità di recessione di una galassia osservata a una distanza di 33 milioni di anni luce è pari a 800 km/s.
▶
Fornisci una stima della costante di Hubble basandoti su queste informazioni.
la soluzione
La distanza di 33 milioni di anni luce corrisponde a
33 ∙ 106 a.l.
d = __________ = 1,0 ∙ 107 pc = 10 Mpc
3,26 a.l./pc
Ricordando la legge di Hubble v = H 0 d, con queste misure il valore di H 0 sarebbe
v 800 km/s
H 0 = _ = _ = 80 (km/s)/Mpc
d
10 Mpc
1107
CAPITOLO
26
▪▪▪
26
Dalla relatività generale allo stUDio Dell’Universo
ESERCIZI
eseMPio
La riga dell’ elio II viene emessa a una lunghezza d’onda di 1,6405 ∙ 10−7 m.
▶
Calcola la lunghezza d’ onda alla quale tale riga viene osservata se proveniente da una galassia a redshift z = 5.
la soluzione
Per defnizione il redshift è dato dal rapporto
λ oss − λ 0
z = ______
λ0
dove λ oss e λ 0 sono rispettivamente la lunghezza d’onda osservata e quella emessa. Dalla relazione precedente deriva
che
λ oss
1 + z = ___
λ0
Per z = 5 risulta
λ oss = 6 λ 0 = 9,843 ∙ 10−7 m
27
Calcola a quale lunghezza d’onda si osserva la riga del
magnesio II (lunghezza d’ onda λ = 2,798 ∙ 10−7 m) per
una galassia a redshift pari a 0,2.
28
La riga del carbonio IV viene emessa alla lunghezza
d’ onda 1,459 ∙ 10−7 m.
▪▪▪
▶
29
▪▪▪
30
1108
Calcola la massa totale di un ammasso di galassie il cui
raggio stimato sia di 6,2 ∙ 106 anni luce e in cui le galassie orbitino attorno al suo centro alla medesima distanza con una velocità pari a 1350 km/s.
32
La velocità orbitale del pianeta Nettuno è v = 5,4 km/s.
▪▪▪
▶
La massa totale di una galassia entro un determinato
raggio può essere calcolata a partire dalla terza legge di
Keplero.
▶
▪▪▪
Determina il redshift a cui si trova la galassia osservata se tale linea viene rivelata a una lunghezza d’onda di 4,500 ∙ 10−7 m.
31
▪▪▪
Fai una stima della massa contenuta all’ interno del
raggio r, assumendo che le stelle percorrano orbite
circolari a distanza r dal centro della galassia.
A partire dai risultati dell’ esercizio precedente, calcola
la massa totale della galassia contenuta entro il raggio
dell’ orbita solare (r = 28 ∙ 103 a.l.) sapendo che il Sole
orbita attorno al centro galattico con una velocità pari
a 220 km/s.
© NASA
▪▪▪
Stima la massa totale contenuta entro l’orbita di Nettuno (r = 30 AU).
Physics in English
Subject
In symbols
In words
Gauss’ law for a magnetic field
The magnetic flux through a closed surface W is zero. The law is often
referred to as a statement of the “absence of free magnetic poles”.
Generalised Ampere’s law
For an electric field that varies with time the circulation of the magnetic field
around a closed path γ is equal to the product of the magnetic permeability
µ0 of free space and the sum of the currents that penetrate through the
surface bounded by the path γ and the displacement current: the product
of the permittivity of free space ε0 and the rate of change of electric flux
through the surface bounded by the path γ.
Faraday-Neumann law
When a circuit, whose material does not change over time, is subjected
to a constant magnetic field, an electromotive force is induced which is equal
to the change in the magnetic flux over time. The induced emf opposes
the change in the magnetic flux hence the minus sign.
Speed of light
The speed of light in a vacuum equals the reciprocal of the square root
of the product of the permittivity of free space ε0 and the permeability of free
space µ0.
Beta velocity
Beta is the ratio of the velocity of an object (or an inertial reference frame) v
to the speed of light c.
Lorentz factor
The Lorentz factor is equal to the reciprocal of the square root of the term
one minus the square of β. The Lorentz factor is always greater than or equal
to one.
Time dilation equation
An interval of time ∆t measured between two instances in the moving frame
equals the product of the Lorentz factor γ and the corresponding time interval
∆t0 as measured in the rest frame.
Length contraction formula
A distance ∆x measured between two points in the direction of motion
of a moving frame equals the distance between the points when the frame
is at rest ∆x0 divided by the Lorentz factor γ.
Velocity-addition formula
(also known as the composition
law for velocities)
The velocity of a particle in a reference system S is equal to the sum of the
velocity u′ of the same particle in the reference system S′, and the velocity
v of the reference system S′ with respect to S, divided by the term: one plus
the product of the velocity u′ of the particle in the reference system S′,
the velocity v of the reference system S′ with respect to S, and the reciprocal
of the square of the speed of light.
Lorentz transformations
For two coordinate systems (unprimed O and primed O′) in standard
configuration and with relative velocity v along the common x-axis (a boost
in the x-direction), a distance measured along the x-axis in the primed frame
x′ equals the product of the Lorentz factor γ and the term: distance in
the unprimed frame x minus the product of the relative velocity v between
the frames and the elapsed time t in the unprimed frame.
For the same coordinate systems O and O′, the elapsed time in the primed
frame t′ equals the product of the Lorentz factor γ and the term: elapsed time
t in the unprimed frame minus the product of the relative velocity v between
the frames, the distance in the unprimed frame x, and the reciprocal of the
square of the speed of light.
Rest energy
The total internal energy of a body at rest is equal to the product of its rest
mass m0 (also called invariant mass) and the square of the speed of light.
A1
Physics in English
Subject
In symbols
In words
Relativistic mass
The relativistic mass of an object with nonzero rest mass moving with respect
to a given frame of reference is equal to the product of the Lorentz factor γ
and the rest mass m0.
Total energy
The energy of an object with rest mass m0 moving with respect to a given
frame of reference is equal to the product of the Lorentz factor γ, the rest
mass m0 and the square of the speed of light. For a single particle, γm0 is
referred to as the relativistic mass of the object in the given frame of reference.
Energy of a photon
The energy of a photon is equal to the product of the Planck constant h
and the frequency v of its associated electromagnetic wave.
Momentum of a photon
The momentum of a photon is equal to the ratio of the Planck constant h
to the wavelength λ of its associated electromagnetic wave, or the ratio
of its energy E to the speed of light.
Relativistic Doppler effect
For an observer moving directly away from a source the observed frequency
of the wave equals the frequency of the wave emitted by the source multiplied
by the square root of the term: one minus β over one plus β. Beta is positive
for the observer moving away from the source and negative if the observer
is moving toward the source.
Heisenberg uncertainty principle
In describing an elementary particle, the uncertainty in the position (∆x)
multiplied by the uncertainty in its momentum (∆px) is approximately equal
to Planck’s constant divided by two pi.
Radioactive decay
For a given sample of a specific radioisotope, the number of atoms present after
a period of time t is equal to the initial number of atoms N0 (at time t = 0)
multiplied by the exponential function of –λt, where λ is the decay constant
for the radioisotope and t is the elapsed time.
Half-life
The half-life of a substance undergoing decay, i.e. the period of time in which
the expected number of entities that have decayed is equal to half the original
number, is equal to point six nine three divided by the decay constant λ for
the substance; λ being a positive number.
READING COMPREHENSION
Letture in inglese con esercizi in PDF
A2
SOLUZIONI DEI PROBLEMI
Soluzioni dei problemi
Capitolo 19
Induzione elettromagnetica
1
2
3
4
5
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
24
25
26
27
28
30
31
32
34
35
36
37
39
40
41
42
43
44
45
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
0,65 V
7,8 · 103 V
150 m/s
A: 0 V; B: 16,0 V, estremo 2; C: 0 V
3,7 · 10–5 T
1,0 · 10–3 V
250 m
0,85 kg; –9,7 J; +9,7 J
7,3 · 10–4 Wb; 0 Wb; 4,7 · 10–3 Wb
0,7
1,5 m2/s
0,25 V
8,6 · 10–5 T
5,2 Ω
6,4·10–3 Wb
0 Wb; 0,090 Wb; 0,090 Wb
7,7 · 10–3 Wb
0,38 V; 0,43 m2/s
0,14 V
0,46 T
0,16 T
1,6 · 10–5 C
Verso orario; verso antiorario
Da sinistra a destra; da destra a sinistra
Verso orario; verso orario
Il lato destro del resistore deve essere quello positivo
Da sinistra verso destra
Corrente indotta in senso antiorario; nessuna corrente indotta;
corrente indotta in senso orario; nessuna corrente indotta
Nessuna corrente indotta
1,5 · 109 J
2,5 · 10–2 H
1,6 A
– 6,4 V; 0 V; + 3,2 V
+420 V; 190 J; 2500 W
2,1 · 10–5 V
0,86 A
2,8 · 10–4 H
µ 0 π N1 N2 R22
___________________
2R1
0,15 m
0,3 T
9,4 · 10–2 T
3,0 · 105
1,77 A
786 W; 1572 W
5,2 A
38,0 m
50,0 Hz; 240,0 Ω; 60,0 W
2,4 V
1,9 V
36 Ω
8,7 · 10–7 F
2.00 µF; 0.77 A
309,2 Hz
80 Hz
62 0,44 A
63 6,4 · 10–6 F; 9,0 · 10–4 C
64 110 Hz
65 1,11 · 104 Hz; 6,83 · 10–9 F; 6,3 · 103 Ω; 7,0 · 102 Ω
66 82,8 V
68 3,0 W
69 270 Hz
70 29,0 V; – 0,263 A
71 2,7 · 10–5 H
72 3,1 kHz
73 352 Hz; 15,5 A
74 9,2 V
75 1,0 · 10 1 W
76 1:13; 1,8 · 10–2 A; 2,2 W, 2,2 W
77 41 V
78 0,20 A
79 1:22
81 7,0 · 105 W; 7,0 · 10 1 W
82 110 euro
83 192 Ω
84 276
85 2,4 Hz; 15,1 rad/s; 0,62 T
86 Da destra verso sinistra; da sinistra verso destra
87 12 V
88 Verso l’alto
90 3,6 · 10–3 V; 2,0 · 10–3 m2/s
91 – 0,84 A
92 0,40 T
93 0,050 V
94 1,1 · 103 Hz
95 32 A
96 2100 rad/s
97 10,5 V; 19,0 V; 29,6 V
98 2,94 · 10–3 H; 4,84 Ω; 0,163
99 3/2
100 2,6 · 10–5 A
101 72 Ω
102 7,5 · 10–2 Wb; 0,25 A
103 5,3 Ω; 9,6 · 10–3 T; 5,0 · 10–6 Wb; 1,7 mW
Capitolo 20
Le equazioni di Maxwell e le onde elettromagnetiche
1
2
3
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
18
19
6,4 · 10 18 m
1,3 · 106 m
8,75 · 105
1,28 s
8,33 min
4,1 · 10 16 m
2,4·109 Hz; 0,063 m
536 giri/s
Da 3,62 · 10–12 F a 5,45 · 10–12 F
473 nm; 606 nm
11,118 m
4,76 · 10–11 m
4,4 · 108 Hz
3,41 m; 2,78 m
1,25 m
3,7 · 104
A3
SOLUZIONI DEI PROBLEMI
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
31
32
33
35
36
37
38
40
41
42
43
44
45
46
47
48
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
73
74
1,4 · 104; 1,4 · 104
1,5 · 10 10 Hz
3.8 · 102 W/m2
2·10–6 T
6,81 · 105 N/C; 2,27 · 10–3 T
0,07 N/C
1,7 · 10 11 W
6,8 · 109 J
3,93 · 1026 W
6,25 · 10–9 J
0,477 W/m2; 13,4 N/C; 19,0 N/C
3,1 · 10–5 N; 0 N; 3,1 · 10–5 N; 3,8 · 10–9 N
3 · 10–6 J/m3; 1 · 10–14 kg/(m2 · s)
0,13 s
4,44 · 10–10
Allontanando; 3,1 · 106 m/s
32,0 m/s
4,55 · 10 14 Hz; 4,50 · 10 14 Hz; 4,62 · 10 14 Hz
6,175 · 10 14 Hz; 6,159 · 10 14 Hz
0,55 W/m2; 3,7 · 10–2 W/m2
0,82; 0,18
24 W/m2; 0 W/m2; 18 W/m2
108°
3,5 W/m2; 7,0 W/m2, 4,7 W/m2; 0 W/m2, 2,3 W/m2
206 W/m2
1,52
720 W/m2
55,0°
25,0°
1,4 · 10 17 Hz
990 N/C
4,500 · 107 Hz
1,5 · 10–4 H
183 N/C; 6,1 · 10–7 T
640 Hz
22 W/m2
71,6°
173 W/m2, 2370 W/m2; 8,50 · 10–7, 3,15 · 10–6 T; 173 W/m2, 2370 W/m2
4,8 · 10–5 J
68 N/C
440 N/m
9,1 bit
922 W
3,8 W/m2; 0 W/m2; 0 W/m2; 5,1 W/m2
1,6 · 10–4 N
64 MW/m2
Circa 5600 W
1,7 · 10–4 V
2,2 · 106 T
100
(S̄max – S̄min)
___________________
S̄max + S̄min
75 2,1 · 104 W/m2; 1,1 · 102 W; 17,8 s
76 2,4 W/m2
77 3,3 · 10–10 T
Capitolo 21
La relatività ristretta
1
2
3
4
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
A4
72 ore
0,78
2,4 · 108 m/s
2,12 s
4,9 · 10–9 s; 1,5 m
0,999 95 c
4,4 · 10–4 s
16
8,1 km
2,7 · 106 m
1,0 · 103 anni
528 m
7,2·10 10 m; 3,0·102 s
1,8
17
18
19
20
21
22
24
25
26
27
28
29
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
44
45
46
47
48
49
50
51
53
54
55
56
57
58
59
60
62
40,2°
1,05 · 10–3 m; 1,48 · 10–4 m; 4,98 · 10–13 s; 3,53 · 10–12 s
4,0 anni luce
5,1 · 10 15 kg · m/s; 9,7 · 10 15 kg · m/s
5,2·10 13 kg·m/s
1,7 · 107 kg · m/s; 3,0 · 107 kg · m/s
1,0 m
2,6 · 10 13 kg · m/s
– 0,406 c
8.7 · 10–30 kg
1,0; 6,6
8,6 · 109 km
6,7 · 105 J; 7,4 · 10–12 kg
1,05 kg
5,0 · 10–13 J
1,1 · 1024 kg/s
1,4 · 10–15 m
+ 0,80 c
49,7 m/s; 56,3 m/s
– 0,13 c
65 ore
+ 0,31 c
+ 0,92 c
42 m
1,19 km
2,82 · 108 m/s; 1,8 · 10–16 kg · m/s
+ 2,82 · 108 m/s; 1,8 · 10–16 kg · m/s
2,6 · 108 m/s
1,8 respiri al minuto
2,83 · 108 m/s
2,3 anni luce
3,27·10–25 kg; 2,30·10–16 kg·m/s
1,1·10 17 m
0,99 c
vm = –2,0 m/s
2,9 · 10–12 J; 0,999622 c = (1– 3,8 · 10–4) c
1,7 · 10–13 J
c; 0,994 c; 0,200 c; 0,194 c
1,3 · 107 kg · m/s
(3,0 m × 1,3 m)
4,3 anni; il secondo gemello (che viaggia a 0,500 c) è più anziano
Capitolo 22
Particelle e onde
1
2
3
5
6
7
8
9
10
11
12
14
15
16
17
18
20
21
22
23
24
25
26
27
29
30
31
1,1 · 10–3 m
4,5 · 1030 J
6,3 eV
1,40 · 102
7,0 · 10–19 J
7,7 · 1029 fotoni/s
310 nm
2,5 · 1021 fotoni/(s · m2)
1,26 eV
7,0 eV
Oro
3,3 · 103 K
2,56 eV
9,32 · 105 m/s
73 fotoni/s
9,56 · 10–12 m
Ninfrarosso = 2,5 · 1023, Nblu = 2,0 · 1021
7760 N/C; 2,59 · 10–5 T
75°
1,0 · 10 13 Hz; infrarosso
2,124 · 10–24 kg · m/s; 2,096 · 10–24 kg · m/s
4,755 · 10–24 kg · m/s
0,1819 nm; 1,092 · 10–15 J; 1,064 · 10–15 J; 2,8 ·10–17 J
9,50 · 10–17 m
px = 7,37 · 10–23 kg · m/s, py = 5,82 · 10–23 kg · m/s
8,88 · 10–13 m
3,22 · 106 m/s
SOLUZIONI DEI PROBLEMI
32
33
34
35
36
37
38
39
40
42
43
44
45
46
47
48
49
50
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
66
67
68
69
70
3,09 · 10–10 m
3,6 · 10–9 m
1,41 · 103 m/s
2,45 · 103 m/s
1·10–18 m
1830
3,81·10–36 m/s; 8,32·1027 anni
4,8·10–23 kg·m/s
2,5·10–10 m
λf = 2,0·10–34 m
1,9 · 10–10 m
1,86 · 104 V
1,10 · 103 m/s
40
2,1 · 10–35 kg · m/s; 4,7 ·10–34 m/s; 2,3 · 10–5 m/s
8,8 · 10–21 kg · m/s
4,0 · 10–6 m/s
8,0%
– 0,0144° ≤ θ ≤ + 0,0144°
6,6 · 103 K
1,63 · 10–7 m; 1,84 · 10 15 Hz; ultravioletto
2,10 eV
6,6 · 10–27 kg
2,5 · 10–7 m; 5,6 · 10–10 m
7,77 · 10–13 J
1,3·10–12 m
7,9·10–33 kg
8,8 · 10–5
1,9 · 10–7 m
6,01 · 10–11 m
7,38 · 10–11 m
24 cm
2,1·1024 fotoni; 32 molecole/fotoni
5,0·10 18; 4,4 W/m2
1,0 · 10–8 N; 5,0 · 10–9 N
No; verde
Capitolo 23
La natura dell’atomo
1
2
3
4
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
21
22
25
26
27
29
30
31
32
34
6,2 · 10–31 m3; 4,2 · 10–45 m3; 7,0 10–13 %
1,5 · 10 14
3,0 km
7,1·10–15
1,7 · 10–13 J
– 8,7 · 10–6 eV
7,3 · 10–14 m
16
2.38 · 10–10 m
40,8 eV; 54,4 eV
1,98 · 10–19 J
0,850 eV; 0,0625
–1,51 eV
1,8; 4,3 · 10–11 m, 2,6 · 10–10 m
5
6,56 · 10–7 m; 1,22 · 10–7 m
– 0,213 eV
6; 2
I livelli energetici sono 186 volte più grandi di quelli dell’idrogeno
6,59 · 10 15 rev/s; 8,23 · 10 14 rev/s
2
– 0,378 eV
2, 3, 4, 5
1,732
8,436 · 10–34 J · s
– 1,51 eV; 2,59 · 10–34 J · s; 2,11 · 10–34 J · s
– 0,544 eV; – 0,378 eV; – 0,278 eV
n = 2, l = 0, mt = 0, ms = +1/2
n = 2, l = 0, mt= 0, ms = –1/2
n = 2, l = 1, mt = +1, ms = +1/2
n = 2, l = 1, mt = +1, ms = –1/2
n = 2, l = 1, mt = 0, ms= +1/2
n = 2, l = 1, mt = 0, ms = –1/2
n = 2, l = 1, mt = –1, ms = +1/2
n = 2, l = 1, mt = –1, ms = –1/2
35 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 4s2 3d10 4p3
37 50
38
n
l
m
l
39
40
41
42
44
45
46
47
48
49
50
51
52
54
55
56
57
58
59
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
ms
4
3
3
+ 1/2
4
3
3
– 1/2
4
3
2
+ 1/2
4
3
2
– 1/2
4
3
1
+ 1/2
4
3
1
– 1/2
4
3
0
+ 1/2
4
3
0
– 1/2
4
3
–1
+ 1/2
4
3
–1
– 1/2
4
3
–2
+ 1/2
4
3
–2
– 1/2
4
3
–3
+ 1/2
4
3
–3
– 1/2
Stronzio, Sr
7.23 · 10–11 m
1,34 · 10–12 m; 1,80%
Z = 32, germanio (Ge)
0,50
Carbonio
6,83 · 10–11 m
10 688 V
21 642 V
1,29 · 10–10 m
1,9 · 10 17 fotoni
1,25 · 10–4 J; 3,98 · 10 14 fotoni
2,2 · 10 16 fotoni
56
Circa 21 giorni
0,289 eV; 1,00 · 10–5 m; infrarosso
3,55 · 10–11 m; molibdeno: 7,23 · 10–11 m;
argento: 5,74 · 10–11 m
1.07 · 10–14 J
1,08 · 10–14 J; 6,8· 104 eV
4,41 · 10–10 m
1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 4s2 3d10 4p6 5s2 4d10
7458 nm; 2279 nm; infrarosso
No; sì; no; sì; no
22,8 nm
3,16 · 10–34 J · s; – 3,16 · 10–34 J · s; 2,11 · 10–34 J · s; – 2,11 · 10–34 J · s;
1,05 · 10–34 J · s; – 1,05 · 10–34 J · s; 0 J · s
6 ≤ ni ≤ 20
30,39 nm
K = (n2h2)/(8mL2), dove n = 1, 2, 3,…
2,19 · 106 m/s; 1,09 · 106 m/s; sì
375 nm
Capitolo 24
Fisica nucleare e radioattività
1
2
4
5
6
7
8
9
8
4,1 · 10–15 m
Pt, 117; S, 16; Cu, 34; B, 6; Pu, 145
4,4 · 10–15 m
+ 1,31 · 10–17 C; 126; 208; 7,1 · 10–15 m; 2,3 · 10 17 kg/m3
35,2
4
2He
120
50Sn
A5
SOLUZIONI DEI PROBLEMI
10
11
12
13
14
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
81
82
83
84
85
86
87
88
A6
2,3 · 10 17 kg/m3; 1,2 · 10 10 kg; 80
9,4 · 103 m
0,2424 u
2,9 · 10 16 kg
39,25 MeV
0.008 285 u; 0,009 105 u; trizio
1,741 670 u; 1622,4 MeV; 7,88 MeV/nucleone
2,28 · 10–28 kg
1,76·1025 MeV
1.003 27 u
10,55 MeV; 7,55 MeV; neutrone
35
35
0
16 S → 17 Cl + –1e
14
0
14
C
→
N
+
6
–1e
7
18
0
0
18
18
15
15
15
9F è 9F → 8O + +1e; 8O è 8O → 7N + +1e
4,87 MeV
0,109 MeV
1,38 MeV
238
24
13
92U; 12 Mg; 6C
212
4
4
208
232
228
84Po → 82Pb + 2He; 92U → 90Th + 2He
1,61 · 107 m/s
3; 2
1,82 MeV
1,53 · 10–12 m
3,66 giorni
2,7 giorni
1/16
5,62 · 10–7 s–1
19,9
0,332
2,1 · 10 13 Bq
7,53%
8,00 giorni
2,1 · 10–11 kg
3,7 · 10 10 decadimenti/s
1,29 · 10–3 g
8,01 · 106 m
7,23 giorni
2000 anni
0,70%
2,2·103 anni
3,3 · 109 anni
90,8%
2,9·104 anni; 3,1·104 anni
0,999; 0,755
23 000 anni; 20 000 anni
6900 anni; 900 anni
2,8 · 10–3 J
12
1,6 · 10–3 J
0,85
2,4 · 102 Sv
2,26 · 108 rad
5,0 · 10–4 °C
4,4 · 10 11 s–1
7,90 MeV/nucleone
92; 122; 41
4,88 · 10 10 anni
0,51 MeV
β–; β+; γ; α
2,3 · 103 anni
3,7 · 10–6 J
146 decadimenti/min
0,313 MeV
Protoni, elettroni, raggi γ, neutroni lenti
184,4 MeV
1,2 · 10–7 g
212
84Po
3,0 · 106 Gy
9,37 giorni
3720 kg
32 eV
0,245
11 giorni
Capitolo 25
Energia nucleare e particelle elementari
1
2
3
4
5
6
8
9
10
11
13
14
15
16
17
19
20
21
22
23
24
25
26
28
29
30
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
C
γ + 178O → 126C + 42He + 10n
233
233
90Th; 92U
1
4
6
56
14
H;
He;
1
2
3Li; 7N; 25Mn
13,6 MeV
4
1
27
4
2He; 1H; 14 Si; 2He
31
1
41
20
S;
H;
K;
16
1
19
10 Ne
64
30 Zn
2 neutroni
99
41 Nb
3
9,1 · 10–4
184,4 MeV
41 urti
232,785 094 u
2,7 · 106 kg
1,01 · 105x kg
1,8 · 104 kg/s
3,1 · 1024; 1,2 · 103 g; 1,1 g
1229 kg
4,03 MeV
3,3 MeV
A = 2, Z = 0, Z1X = 10n neutrone, A1 Y = 21H deuterio; 6,2 MeV
1,1 · 10–4 kg
1,0 · 1022; 8,1 · 109 kg
115,7 MeV
33,9 MeV
u, c e t; d̄, s̄, b̄
815,0 MeV
0,513 MeV; 2,43 · 10–12 m; 2,73 · 10–22 kg · m/s
1,9 · 10–20 kg · m/s; 3,5 · 10–14 m
0,18 MeV
u, d, s; u, d, b; u, s, b
20
10 Ne
6,4 · 108 W
8,2 · 10 10 J; 0,48 g
1,3 · 106 kg
3,8 l
156 MeV
1,4 · 10–5 s
Capitolo 26
Dalla relatività generale allo studio dell’Universo
1
2
4
5
6
8
9
10
12
13
14
15
17
18
19
20
22
23
24
27
28
30
31
32
3,99 · 10 13 km = 2,67 · 105 UA
16,7 ore
2,58 · 104 anni
22,4 m/s
2195 N
1,01 · 10–1 mm
2,95 · 103 m; 1,85 · 10 16 g/cm3
2,95 · 109 m; 1,85 · 107 kg/m3
3 · 10–8 raggi atomici
2,2 · 109 N/m
0,326″
9,06 · 10–7 °
0,724″
0,04
8,23 · 10–11
1,6 · 10–4
3,35 · 104 km/s
42 Mpc
7 · 109 a.l.
3,358 · 10–7 m
2,1
9,6 · 1040 kg
8,0 · 1044 kg
9,84 · 1029 kg
INDICE ANALITICO
Indice analitico
A
adroni, famiglia degli, 1056
alternatore, 816
ammassi di galassie, 1089
Ampère, teorema di, 853
– generalizzato, 854, 856
analizzatore, 873
Anderson, Carl D., 1054, 1056
angolo di Brewster, 875
anno luce, 1084
archi gravitazionali, 1090
arricchimento dell’uranio, 1047
asse di trasmissione, 872
assorbimento, 974
Astronomical Unit (AU), 1084
Athena (Advanced Telescope for High Energy
Astrophysics), 1100
atomo, 967
– di idrogeno secondo la meccanica quantistica, 975
– modello di Bohr, 970
– nucleare, 988
attività, 1014, 1016
AU (Astronomical Unit), 1084
autoinduttanza, 813
autoinduzione, 812, 813
B
Balmer, serie di, 969
barioni, 1056
barre di controllo, 1048
base, 828
becquerel, 1016
Becquerel, Henri, 1010
Big Bang, 1093, 1103
Bohr, Niels, 970, 988
– modello atomico, 970, 989
– livelli energetici, 972
– orbite, 971
– – energia delle, 971
– – raggi delle, 971
– quantizzazione del momento angolare, 971
– raggio di, 971
bomba atomica, 1046
Born, Max, 948
Bose-Einstein, statistica di, 1026
bosone/i, 1026
– di Higgs, 1059
– famiglia dei, 1056
Bremsstrahlung, 982
Brewster, angolo di, 875
buchi neri, 1080
– di Schwarschild e Kerr, 1080
– non rotanti, 1080
C
campo/i
– bosonici, 1059
– di materia, 1059
– elettrico variabile nel tempo, 854
– elettromagnetico, 856, 878
– – lontano dall’antenna emettitrice, 858
– elettrostatico
– – conservatività, 853
– – equazioni, 853
– – teorema di Gauss, 853
– fermionici, 1059
– magnetico
– – indotto, 810
– – variabile nel tempo, 854
– magnetostatico
– – equazioni, 853
– – teorema di Ampère, 853
– – teorema di Gauss, 853
candele standard, 1085
catena
– CNO, 1051
– pp, 1051
– pp I, 1051
– pp II, 1052
cattura
– elettronica, 1013
– K, 1013
celle, 880
– solari, 827
cellulare, 880
CERN, 1059
Chadwick, James, 1005
ciclo CNO, 1052
circuito/i
– capacitivo, 818
– impedenza, 820
– in corrente alternata, 817
– induttivo, 819
– RC, 818
– – sfasamento corrente-f.e.m., 818
– resistivo, 817
– rettifcatori, 827
– RL, 819
– – sfasamento corrente-f.e.m., 819
– RLC, 820
cluster, 881
CMB (Cosmic Microwave Background), 1094
COBE (COsmic Background Explorer), 1095
collettore, 828
composizione delle velocità, legge di, 897
Compton, Arthur H., 948
– effetto, 942
– lunghezza d’onda, 943
confnamento magnetico, 1050
conservazione, legge di, 1010
contatore Geiger, 1021
continuo spazio-temporale, 919
contrazione delle lunghezze, 905, 906
coppie, produzione di, 913
corpo nero, 934
– radiazione, 934
corrente/i
– alternata, 816, 817
– – generatore, 817
– – potenza, 817
– – – valori effcaci, 817
– di Foucault, 812
– di spostamento, 854, 855
– di tunneling, 951
– indotte, 805
– parassite, 812
COsmic Background Explorer (COBE), 1095
Cosmic Microwave Background (CMB), 1094
cosmologia
– moderna, 1102
– osservativa, 1092
costante
– cosmologica, 1082, 1102
– di decadimento, 1016
– di Hubble, 1087
– di Planck, 935
– di Rydberg, 969
– di Stefan-Boltzmann, 934
Coulomb, Charles-Augustin, 878
curie, 1016
D
datazione
– di reperti, 1017
– radiometrica, 1017
de Broglie, Louis, 948
– lunghezza d’onda di, 943, 944
decadimento
– costante di, 1016
– radioattivo, 1014
– α , 1011
– β, 1012
– β+, 1013
– β– , 1012
– γ , 1013
densità
– critica, 1088
– del nucleo, 1006
– di energia, 815, 862
– – di un’onda elettromagnetica, 862
– di quantità di moto, 865
– – di un’onda elettromagnetica, 865
difetto di massa del nucleo, 1007
dilatazione
– gravitazionale dei tempi, 1079
– temporale, 901, 902, 904
diodo
– a giunzione p-n, 826
– a semiconduttore, 826
– polarizzazione, 826
– – diretta, 826
– – inversa, 827
– rettifcatore a semionda, 827
Dirac, Paul, 948, 949
dispositivo/i
– a semiconduttore, 824
– unidirezionale, 827
Doppler, effetto, 869
dose assorbita, 1022
drogaggio, 825
dualismo onda-corpuscolo, 933
E
E-ELT (European Extremely Large Telescope),
1101
effetti biologici delle radiazioni ionizzanti, 1021,
1023
effetto
– Compton, 942
– Doppler, 869
– fotoelettrico, 936, 940
– – secondo Einstein, 936
– Zeeman, 976
Einstein, Albert, 916, 948
A7
INDICE ANALITICO
elemento/i
– combustibili, 1047
– fssile, 1046
– origine, 1053
– tavola periodica, 978, 981
– transuranici, 1044
elettrone/i
– guscio, 978
– – numero massimo di elettroni, 980
– livelli energetici, 985
– – transizione da uno superiore a uno inferiore,
985
– modello atomico
– – di Bohr, 970
– – di Rutherford, 967
– orbitali, 977
– orbite, 977
– principio di esclusione di Pauli, 978
– sottoguscio, 978
– spettri
– – di assorbimento, 974
– – di emissione, 974
emettitore, 828
emissione
– indotta, 985
– – di radiazione, 985
– spontanea, 985
– stimolata, 985
– – di radiazione, 985
emivita, 1015
energia/e
– a riposo di un corpo, 909
– cinetica relativistica, 910
– delle orbite di Bohr, 971
– densità di, 815
– di ionizzazione, 972
– di legame
– – del nucleo, 1007
– – per nucleone, 1009
– – – curva, 1009
– di un fotone, 936
– di un trasformatore, 823
– di un’onda elettromagnetica, 862
– equivalenza tra massa ed, 909
– immagazzinata in un solenoide, 815
– nucleare, 1043
– oscura, 1097
– totale di un corpo, 909
– – quantità di moto, 913
equazione/i
– dei campi elettrostatico e magnetostatico, 853
– del trasformatore, 823
– di Maxwell, 853, 855, 856
– di Schrödinger, 975
equivalente di dose, 1023
equivalenza
– massa-energia, 909
– principio di, 1076
era
– della GUT, 1098
– della nucleosintesi, 1099
– delle particelle, 1099
– di Planck, 1098
– elettrodebole, 1098
espansione infazionaria, 1098
esperimento di Michelson-Morley, 898
esposizione, 1022
estrazione, lavoro di, 937
European Extremely Large Telescope (E-ELT),
1101
eventi, 901
F
famiglia/e
– degli adroni, 1056
– dei bosoni, 1056
– dei leptoni, 1056
– radioattive, 1020
Faraday, Michael, 878
Faraday-Neumann, legge di, 807, 808
A8
Faraday-Neumann-Lenz, legge di, 856
fattore di qualità, 1023
f.e.m.
– cinetica, 806, 807
– – energia, 807
– – fusso magnetico, 807
– di autoinduzione, 814
– di movimento, 807
– di mutua induzione, 813
– indotta, 806
– – in un conduttore in moto, 806
Fermi, Enrico, 949, 1014, 1026, 1044
Fermi-Dirac, statistica di, 1026
fermioni, 1026
fsica
– atomica, 1026
– classica, 939
– – diffcoltà interpretative, 939
– delle particelle, 1026
– nucleare, 1005, 1026
fssione, 1046
– nucleare, 1044
fondo cosmico a microonde, 1094
forza
– elettromagnetica, 1058
– – indotta, 805
– elettromotrice, v. f.e.m.
– gravitazionale, 1058
fotoelettroni, 937
fotoevaporazione, 941
fotone/i, 916, 936, 989
– assorbimento, 974
– – spettri di, 974
– emissione, 974
– – indotta, 985
– – spettri di, 974
– – spontanea, 985
– – stimolata, 985
– energia, 936
– modello atomico di Bohr, 970
– quantità di moto, 942
– X, 983
Foucault, correnti di, 812
Fraunhofer, righe di, 974
frequenza di risonanza, 822
Friedmann-Lemaitre, Universo di, 1087
Frisch, Otto, 1044
funzione d’onda, 945, 977
fusione
– nucleare, 1049, 1050
– – energia, 1050
G
galassie
– ammassi di, 1089
– superammassi di, 1091
Gauss, teorema di
– per il campo elettrico, 856
– per il campo elettrostatico, 853
– per il campo magnetico, 856
– per il campo magnetostatico, 853
Geiger, contatore, 1021
Gell-Mann, Murray, 1056
generatore di corrente alternata, 817
geodetiche, 1077
geometrie
– ellittiche, 1078
– iperboliche, 1078
– non euclidee, 1078
– «piatte», 1078
giunzione p-n, 826
Glashow, Sheldon, 1014
Global Positioning System (GPS), 903
GPS (Global Positioning System), 903
Grand Unifed Theory (GUT), 1098
gray, 1022
guscio, 978
– numero massimo di elettroni, 980
GUT (Grand Unifed Theory), 1098
– era della, 1098
H
Hahn, Otto, 1044
Heisenberg, Werner, 945, 948
– principio di indeterminazione, 945, 946, 949
henry, 813
Higgs, Peter, 1059
– bosone di, 1059
Hilbert, David, 949
Hubble, Edwin, 1102
– costante di, 1087
– legge di, 1086, 1087, 1102
I
idrogeno
– modello dell’atomo
– – secondo Bohr, 970
– – secondo la meccanica quantistica, 975
– spettro a righe, 973
impedenza, 820
induttanza, 813
– di un solenoide, 814
– mutua, 813
induzione
– elettromagnetica, 805, 806
– – legge, 807, 808
– mutua, 812, 813
interazione
– elettrodebole, 1014
– elettromagnetica, 1056
– forte, 1007
– nucleare
– – debole, 1014, 1026, 1056, 1058
– – forte, 1007, 1056, 1058
interferometri, 1081
International Thermonuclear Experimental
Reactor (ITER), 1050
interruttore automatico differenziale, 809
intervallo di tempo
– dilatato, 903
– proprio, 903
inversione della popolazione, 985
ionizzazione, energia di, 972
ipotesi
– di Planck, 934, 935
– quantistiche, 988
irradiamento, 863
– di un’onda elettromagnetica, 863
isòtopi, 1006
– dell’uranio, 1046
ITER (International Thermonuclear Experimental
Reactor), 1050
J
James Webb Space Telescope (JWST), 1100
JWST (James Webb Space Telescope), 1100
K
Kerr, soluzione di, 1081
L
LAI (Location Area Identifer), 881
Large Hadron Collider (LHC), 1059
Large Synoptic Survey Telescope (LSST), 1100
laser (Light Amplifcation by Stimulated Emission
of Radiation), 985
– applicazioni in campo medico, 987
Laser Assisted in Situ Keratomileusis (LASIK),
987
LASIK (Laser Assisted in Situ Keratomileusis), 987
lavoro di estrazione, 937
LCD (Liquid Crystal Display), 874
LED (Light-Emitting Diode), 827
legame, energia di
– del nucleo, 1007
– per nucleone, 1009
– – curva, 1009
INDICE ANALITICO
legge
– dell’induzione elettromagnetica, 807, 808
– di composizione delle velocità, 897
– di conservazione, 1010
– di Faraday-Neumann, 807, 808
– di Faraday-Neumann-Lenz, 810, 856
– di Hubble, 1086, 1087, 1102
– di Lenz, 810
– – conservazione dell’energia, 812
– di Malus, 873
– di spostamento di Wien, 935
– di Stefan-Boltzmann, 934
Lenz, legge di, 810
– conservazione dell’energia, 812
leptoni, famiglia dei, 1056
LHC (Large Hadron Collider), 1059
Light-Emitting Diode (LED), 827
Liquid Crystal Display (LCD), 874
livello/i energetico/i
– di Bohr, 972
– diagramma, 972
– metastabile, 985
Location Area Identifer (LAI), 881
lookback time, 1093
LSST (Large Synoptic Survey Telescope), 1100
luce, 856, 897
– defessione, 1077, 1078
– visibile, 861
luminosità intrinseca, 1085
lunghezza/e
– contrazione delle, 905, 906
– d’onda
– – Compton, 943
– – di de Broglie, 943, 944
– – di taglio, 984
– invarianza, 907
– propria, 906
Lyman, serie di, 969
M
Maiman, Theodore H., 985
Malus, legge di, 873
Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA), 987
massa
– atomica, 1008
– – unità di, 1008
– equivalenza tra energia e, 909
– gravitazionale, 1075
– inerziale, 1075
materia oscura, 1089
– natura, 1091
Maxwell, equazioni di, 853, 855, 856
Maxwell-Boltzmann, statistica di, 1026
meccanica
– classica, 948
– quantistica, 945, 948, 975
– – descrizione dell’atomo di idrogeno, 975
– – ipotesi quantistiche, 988
Meitner, Lise, 1044
Mendeleev, Dmitrij, 981
mesoni, 1056
metodo della parallasse, 1084
Michelson-Morley, esperimento di, 898
microonde, 860
microscopio
– a scansione a effetto tunnel, 950
– elettronico, 950
– – in trasmissione, 950
misura delle distanze in astronomia, 1083
Mobile Telephone Switching Offce (MTSO), 881
modello atomico
– di Bohr, 970, 989
– – atomo di idrogeno, 970
– – – quantizzazione del momento angolare, 971
– di Rutherford, 967
– – protoni, 967
– di Thomson, 967
– planetario, 968
– – contraddizioni, 968
Modello Standard, 1058
– per l’evoluzione dell’Universo, 1097
moderatore, 1047
MOLA (Mars Orbiter Laser Altimeter), 987
momento angolare
– di spin, 976
– quantizzazione secondo de Broglie, 974
monitor LCD a colori, 875
moto browniano, 916
MTSO (Mobile Telephone Switching Offce), 881
muone/i, 904, 1056
N
nane bianche, 1086
natura ondulatoria dei corpi materiali, 943
nebulose a spirale, 1086
Neddermeyer, Seth H., 1056
neutrino, 1014, 1054
– elettronico, 1054
– muonico, 1054
– tauonico, 1054
neutroni, 1005, 1027
– termici, 1044
nocciolo del reattore, 1047
nucleo, 968
– difetto di massa, 1007
– stabilità, 1007
– struttura, 1005
nucleoni, 1005
nucleosintesi, 1050, 1053
– era della, 1053
– primordiale, 1097
– stellare, 1053
numero
– atomico, 978, 1005
– di massa, 1005
– di neutroni, 1005
– massimo di elettroni in un guscio, 980
– quantico, 975
– – azimutale, 975
– – di spin, 976
– – magnetico, 976
– – principale, 975
nuvola elettronica di probabilità, 977
O
onda/e
– associate alle particelle, 945
– di probabilità, 944, 945
– dualismo onda-corpuscolo, 933
– elettromagnetiche, 853, 856, 857
– – andamento temporale, 858
– – densità di energia, 862
– – densità di quantità di moto, 865
– – energia, 862
– – generazione, 857
– – irradiamento, 863
– – polarizzazione, 871
– – quantità di moto, 862, 865
– funzione d’, 945, 977
– gravitazionali, 1081
– natura ondulatoria dei corpi materiali, 943
– radio, 860
orbitale/i, 977
orbite, 977
– stazionarie, 970
orizzonte degli eventi, 1080
P
parallasse, metodo della, 1084
parsec, 1084
particella/e
– classifcazione, 1056
– dualismo onda-corpuscolo, 933
– elementari, 1043, 1054
– era delle, 1099
– fsica delle, 1026
– onde associate, 933, 945
– senza massa, 939
Paschen, serie di, 969
Pauli, Wolfgang, 949, 978, 1054
– principio di esclusione, 978
Photorefractive Keratectomy (PRK), 987
pione/i, 1027, 1056
– neutro, 1054
Planck, Max, 935
– costante di, 935
– era di, 1098
– ipotesi di, 934
plasma, 1050
Polarized Radiation Imaging and Spectroscopy
Mission (PRISM), 1101
polarizzatore, 873, 872
polarizzazione delle onde elettromagnetiche, 871
– lineare, 871
– per diffusione, 876
– per rifessione, 875
positrone, 1054
postulati della relatività ristretta, 899
potenza, 817
– corrente alternata, 817
– – valori effcaci, 817
pressione di radiazione, 866
– su superfcie assorbente
– – dovuta a radiazione incidente
perpendicolarmente, 866
– – dovuta a radiazione diffusa, 866
– su superfcie rifettente
– – dovuta a radiazione incidente
perpendicolarmente, 866
– – dovuta a radiazione diffusa, 866
principio
– cosmologico, 1082
– di equivalenza, 1076
– di esclusione di Pauli, 978
– di indeterminazione di Heisenberg, 945, 946, 949
– di invarianza della velocità della luce, 899
– di relatività, 899
– – generale, 1077
PRISM (Polarized Radiation Imaging
and Spectroscopy Mission), 1101
PRK (Photorefractive Keratectomy), 987
produzioni di coppie, 913
protoni, 1005
– nel modello atomico di Rutherford, 967
– nel nucleo, 971
Q
quanti, 916, 989
– teoria dei, 916
quantità di moto
– di un fotone, 942
– di un’onda elettromagnetica, 862, 865
– relativistica, 907, 908
quantizzazione, 935
– del momento angolare secondo de Broglie, 974
quanto, 935, 945
quark, 1056
– bottom, 1058
– charmed, 1058
– colore, 1058
– down, 1057
– strange, 1057
– top, 1058
– up, 1057
R
rad, 1022
radiazione/i, 1010
– cosmica di fondo, 1094, 1103
– – anisotropie, 1094
– di corpo nero, 934
– infrarosse, 861
– ionizzanti, 1021
– – effetti biologici, 1021, 1023
– ultraviolette, 861
radioattività, 988, 1005, 1010
– decadimento radioattivo, 1014
A9
INDICE ANALITICO
– famiglie radioattive, 1020
raggio/i, 1010
– del nucleo, 1006
– delle orbite di Bohr, 971
– di Bohr, 971
– di Schwarschild, 1080
– X, 861, 981
– – applicazioni in campo medico, 984
– – caratteristici, 982
– – tubo a, 981
– α, 1010
– β, 1010
– γ, 861, 1010
rapporto di trasformazione, 823
reattanza
– capacitiva, 818
– induttiva, 819
reattore nucleare, 1046
– ad acqua pressurizzata, 1048
– critico, 1047
– nocciolo, 1047
– subcritico, 1047
– supercritico, 1048
reazione nucleare, 1043
– a catena, 1046
– – controllata, 1046
– – non controllata, 1046
– indotta, 1043
redshift, 1086
– cosmologico, 1094
– gravitazionale, 1079
relatività
– del tempo, 901
– della simultaneità, 900
– delle distanze, 905
– generale, 916, 919, 1073, 1076, 1078, 1079
– – princìpi, 1076
– ristretta, 897, 899, 916, 918, 1073
– – postulati, 899
– speciale, 899
rem, 1023
rettifcatore a semionda, 827
righe
– di assorbimento, 974
– di emissione, 974
– di Fraunhofer, 974
risonanza
– elettrica, 822
– frequenza di, 822
– meccanica, 822
– nei circuiti elettrici, 822
rivelatore
– di fumo, 1011
– di particelle, 1021
roengten, 1022
Röntgen, Wilhelm C., 981
Ruska, Ernst, 950
Rutherford, Ernest, 967, 988, 1043
– modello atomico di, 967
Rydberg, costante di, 969
S
Salam, Abdus, 1014
salvavita, 809
Scanneling Tunneling Microscope (STM), 950
Schrödinger, Erwin, 945, 948
– equazione di, 975
Schwarschild, raggio di, 1080
Schwarschild e Kerr, buchi neri di, 1080
scorie nucleari, 1047
semiconduttore, 825, 826
– di tipo n, 825
– di tipo p, 826
A10
separatore di fasci, 898
serie
– di Balmer, 969
– di Lyman, 969
– di Paschen, 969
sievert, 1023
simultaneità, 900, 1073
sistema/i
– accelerati, 1075
– di coordinate, 901
– di riferimento
– – inerziali, 899
– – privilegiati, 906
SKA (Square Kilometer Array), 1101
solenoide, 814
– energia immagazzinata, 815
– induttanza, 814
soluzione di Kerr, 1081
sottoguscio, 978
spazio-tempo quadridimensionale, 1073
spettro/i
– a righe, 968, 969
– – dell’atomo di idrogeno, 973
– dei raggi X, 982
– di assorbimento, 974
– di emissione, 974
– elettromagnetico, 859
spin, 917, 949, 976
spostamento, corrente di, 854, 855
Square Kilometer Array (SKA), 1101
SRB (Stazione Radio Base), 880
statistica, 1026
– di Bose-Einstein, 1026
– di Fermi-Dirac, 1026
– di Maxwell-Boltzmann, 1026
stato/i
– eccitati, 972
– fondamentale, 972, 978
– stazionari, 970
Stazione Radio Base (SRB), 880
Stefan-Boltzmann
– costante di, 934
– legge di, 934
stelle, 1050
– formazione, 1050
STM (Scanneling Tunneling Microscope), 950
Strassmann, Fritz, 1044
Super-Kamiokande, 1014
superammassi di galassie, 1091
superfcie
– assorbente, 866
– rifettente, 866
supernova Ia, 1085, 1096
T
TAC (tomografa assiale computerizzata), 984
taglio, lunghezza d’onda di, 984
tavola periodica degli elementi, 978, 981
telefonia mobile, 880
TEM (Transmission Electron Microscope), 950
tempo
– assoluto, 901
– di dimezzamento, 1015
– dilatato, 903
– dilatazione del, 901, 902, 904
– proprio, 903
teorema
– di Ampère, 853
– – generalizzato, 854, 856
– di Gauss
– – per il campo elettrico, 856
– – per il campo elettrostatico, 853
– – per il campo magnetico, 856
– – per il campo magnetostatico, 853
teoria
– dei quanti, 916
– della relatività, 918
Thomson, Joseph J., 967
– modello atomico di, 967
tomografa
– a emissione di positroni (PET), 1055
– assiale computerizzata, 984
transistor, 828
– a giunzione bipolare, 828
– base, 828
– collettore, 828
– emettitore, 828
Transmission Electron Microscope (TEM), 950
trasformatore, 823
– energia, 823
– equazione, 823
trasmutazione nucleare, 1011
– indotta, 1043
Treatise on Electricity and Magnetism, 855, 879
tubo a raggi X, 981
tunneling, corrente di, 951
U
UHF (Ultra High Frequency), 880
Ultra High Frequency (UHF), 880
unità di massa atomica, 1008
Universo, 1082
– accelerazione dell’, 1096
– di Friedmann-Lemaitre, 1087
– evoluzione dell’, 1088
– in espansione, 1086
– in evoluzione, 1082
– modelli, 1102
– Modello Standard per l’evoluzione dell’, 1097
– stazionario, 1093
uranio, 1044
– arricchimento, 1047
– fssione, 1045, 1046
– isotopi, 1046
V
valori effcaci, 817
velocità
– composizione relativistica, 914
– della luce, 857, 897, 914
– – nel vuoto, 857
– – principio di invarianza, 899
visori a cristalli liquidi, 874
Volta, Alessandro, 879
von Neumann, Johann, 949
W
Weinberg, Steven, 1014
Wien, legge di spostamento di, 935
Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP),
1096
WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe),
1096
Y
Yukawa, Hideki, 1056
Z
Zeeman, Pieter, 976
– effetto, 976
Zweig, Geoffrey, 1056
PERIODO
7
II
55
5s1
7s1
6d17s2
227,03
89
5d16s2
6d27s2
(261)
104
5d26s2
72
6d37s2
(262)
105
5d3 6s2
73
4d4 5s1
* 178,49 180,95
4d25s2
92,91
41
3d34s2
50,94
23
6d47s2
(266)
106
5d46s2
183,85
74
4d5 5s1
95,94
42
3d54s1
52,00
24
6d57s2
(264)
5d56s2
186,21
75
4d5 5s2
(98)
43
3d54s2
6d67s2
(269)
108
5d6 6s2
190,2
76
4d75s1
101,07
44
3d64s2
55,85
26
f
158,93
6d77s2
(268)
109
5d76s2
192,22
77
4d8 5s1
102,91
45
3d74s2
58,93
27
Simbolo
Massa atomica
54,94
25
107
3d64s2
58,85
26 Fe
Elementi di transizione
d
162,50
(271)
110
5d9 6s1
195,08
78
4d10 5s6
106,42
164,93
(272)
111
5d10 6s1
196,97
79
4d10 5s1
107,87
47
3d10 4s1
3d8 4s2
46
63,55
29
58,69
28
167,26
(277)
112
5d10 6s2
200,59
80
4d10 5s2
112,41
48
3d10 4s2
65,39
30
III
IV
V
140,91
6d27s2
232,04
238,03
237,05
150,36
(244)
4f 66s2
151,96
(243)
4f 76s2
157,25
(247)
(247)
(251)
5d14f 76s2 5d14f 86s 4f 10 6s2
(252)
4f 116s2
(257)
4f 126s2
VII
VIII
168,93
6p1
74,92
173,04
(289)
114
6p2
207,2
5p2
174,97
6p3
(258)
4f 13 6s2
(259)
4f 14 6s2
(262)
5d14f146s2
35,45
39,95
6p5
Attinidi
(210)
5p5
(293)
118
6p6
(222)
5p6
131,29
4p6
83,80
3p6
I 54 Xe
126,90
4p 5
79,90
3p5
Lantanidi
(289)
116
6p 4
(209)
5p4
127,60
4p4
78,96
3p 4
20,18
2p6
Bi 84 Po 85 At 86 Rn
208,98
5p3
121,76
4p3
Tl 82 Pb 83
204,36
81
5p1
118,71
4p2
72,61
3p3
In 50 Sn 51 Sb 52 Te 53
114,82
49
4p1
69,72
3p2
2p5
S 17 Cl 18 Ar
32,07
2p 4
P 16
30,97
Si 15
28,09
2p3
F 10 Ne
19,00
O 9
He
4,00
1s2
2
31 Ga 32 Ge 33 As 34 Se 35 Br 36 Kr
3p1
26,98
2p2
13 Al 14
2p1
5f 26d17s2 5f 3 6d17s2 5f 4 6d17s2 5f 66d07s2 5f 76d07s2 5f 76d17s2 5f 8 6d17s2 5f106d07s2 5s116d07s2 5f 126d07s2 5f 136d07s2 5f 146d07s2 5f 146d17s2
231,04
(145)
4f 5 6s2
VI
16,00
N 8
14,01
C 7
12,01
B 6
10,81
5
U 93 Np 94 Pu 95 Am 96 Cm 97 Bk 98 Cf 99 Es 100 Fm 101 Md 102 No 103 Lr
144,24
4f 4 6s2
90 Th 91 Pa 92
5d14f 16s2 4f 3 6s2
* 140,12
p
GRUPPO GRUPPO GRUPPO GRUPPO GRUPPO GRUPPO
58 Ce 59 Pr 60 Nd 61 Pm 62 Sm 63 Eu 64 Gd 65 Tb 66 Dy 67 Ho 68 Er 69 Tm 70 Yb 71 Lu
7s2
226,03
88
87
(223)
6s2
6s1
138,91
57
56
137,33
4d15s2
91,22
40
39
47,88
22
3d24s2
88,96
Numero
atomico
Configurazione
elettronica esterna
3d14s2
44,96
21
5s2
87,62
38
37
85,47
4s2
4s1
40,08
20
19
39,10
3s2
24,31
3s1
22,99
12
9,01
11
4
2s2
6,94
2s1
3
I
1,01
1s1
1
6 132,91
5
4
3
2
1
s
GRUPPO GRUPPO
tavole
Tavola periodica degli elementi
A11
tavole
Proprietà di alcuni isotopi
Numero
atomico
(Z)
Elemento
Simbolo
Numero di
massa
(A)
Massa
atomica*
0
(Neutrone)
n
1
1,008 665
1
Idrogeno
H
1
1,007 825
Deuterio
D
2
2,014 102
Trizio
T
3
3,016 049
Elio
He
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Litio
Berillio
Boro
Carbonio
Azoto
Ossigeno
Fluoro
Neon
Sodio
Li
Be
B
C
N
O
F
Ne
Na
3
3,016 029
4
4,002 603
7,5
7
7,016 930
EC, g
53,3 giorni
8
8,005 305
2a
6,7 ? 10217 s
9
9,012 183
100
10
10,012 938
19,9
11
11,009 305
80,1
12
12,014 353
b2
1
11
11,011 433
b , EC
12,000 000
98,89
13
13,003 355
14
14,003 242
b2
5730 anni
13
13,005 739
b2
9,96 min
14
14,003 074
99,63
15
15,000 109
0,37
15
15,003 065
b1, EC
16
15,994 915
99,76
18
17,999 159
19
18,998 403
100
18
18,000938
EC
20
19,992 439
22
21,991 384
9,22
1
21,994 435
b , EC, g
100
24
23,990 964
b2, g
26,981 541
14
Silicio
Si
28
27,976 928
31
30,975 364
109,77 min
90,51
22,989 770
27
122 s
0,204
22
Al
20,3 min
1,11
23
Alluminio
A12
20,2 ms
12
13
S
0,000 14
ø100
92,5
23,985 045
Zolfo
12,33 anni
6,015 123
24
16
0,015
b2
7,016 005
Mg
P
10,6 min
99,985
6
Magnesio
Fosforo
b2
Tempo di
dimezzamento
(se radioattivo)
7
12
15
Abbondanza (%)
o tipo di decadimento†
(se radioattivo)
2,602 anni
15,0 ore
78,99
100
92,23
b2, g
31
30,973 763
100
32
31,973 908
b2
32
31,972 072
35
34,969 033
2,62 ore
14,28 giorni
95,0
b2
87,4 giorni
tavole
Numero
atomico
(Z)
17
Elemento
Cloro
Simbolo
Numero di
massa
(A)
Cl
35
34,968 853
75,77
37
36,965 903
24,23
40
39,962 383
99,60
18
Argon
Ar
19
Potassio
K
Massa
atomica*
39
38,963 708
40
39,964 000
Abbondanza (%)
o tipo di decadimento†
(se radioattivo)
93,26
b2, EC, g, b1
20
Calcio
Ca
40
39,962 591
96,94
26
Ferro
Fe
56
55,934 939
91,8
27
Cobalto
Co
59
58,933 198
100
60
59,933 820
b2, g
58
57,935 347
68,3
60
59,930 789
26,1
64
63,927 968
63
62,929 599
69,2
64
63,929 766
b2, b1
65
64,927 792
30,8
48,6
28
29
30
36
38
Nichel
Rame
Zinco
Cripton
Stronzio
Ni
Cu
Zn
Kr
Sr
Tempo di
dimezzamento
(se radioattivo)
1,28 ? 109 anni
5,271 anni
0,91
12,7 ore
64
63,929 145
66
65,926 035
27,9
84
83,911 506
57,0
89
88,917 563
b2
3,2 min
92
91,926153
b2
1,84 s
86
85,909 273
9,8
88
87,905 625
82,6
90
89,907 746
b2
2
28,8 anni
94
93,915356
b
39
Ittrio
Y
89
89,905 856
100
41
Niobio
Nb
98
97,910331
b2
2,86 s
43
Tecnezio
Tc
98
97,907 210
b2, g
4,2 ? 106 anni
47
Argento
Ag
107
106,905 095
48
Cadmio
Cd
50
Stagno
51
Antimonio
53
Iodio
I
54
56
Xenon
Bario
51,83
109
108,904 754
48,17
114
113,903 361
28,7
Sn
120
119,902 199
Sb
133
132,915237
Xe
Ba
32,4
b2
127
126,904 477
100
131
130,906 118
b2, g
132
131,904 15
26,9
136
135,907 22
140
139,921636
137
136,905 82
138
137,905 24
141
140,914406
75,3 s
2,5 min
8,04 giorni
8,9
b2
13,60 s
11,2
71,7
b2
2
18,27 min
144
143,922 73
b
11,9 s
61
Promezio
Pm
145
144,912 75
EC, a, g
17,7 anni
76
Osmio
Os
191
190,960 94
b2, g
15,4 giorni
192
191,961 49
41,0
197
196,966 56
205
204,974 41
210
209,990 069
79
Oro
Au
81
Tallio
Tl
100
70,5
b2
1,3 min
A13
tavole
Numero
atomico
(Z)
Elemento
82
Piombo
83
84
Bismuto
Polonio
Simbolo
Numero di
massa
(A)
Massa
atomica*
Pb
204
203,973 044
206
205,974 46
24,1
207
206,975 89
22,1
208
207,976 64
52,3
210
209,984 18
a, b2, g
22,3 anni
211
210,988 74
b2, g
36,1 min
Bi
Po
Abbondanza (%)
o tipo di decadimento†
(se radioattivo)
b2, 1,48
2
Tempo di
dimezzamento
(se radioattivo)
1,4 ? 1017 anni
212
211,991 88
b ,g
10,64 ore
214
213,999 80
b2, g
26,8 min
209
208,980 39
100
211
210,987 26
a, b2, g
2,15 min
212
211,991272
a
60,55 min
210
209,982 86
a, g
138,38 giorni
212
211,988852
a
0,299 ms
214
213,995 19
a, g
164 ms
86
Radon
Rn
222
222,017 574
a, b
3,8235 giorni
87
Francio
Fr
223
223,019 734
a, b2, g
21,8 min
88
Radio
Ra
226
226,025 406
a, g
1,60 ? 10 3 anni
228
228,031 069
b2
5,76 anni
227
227,027 751
a, b2, g
21,773 anni
89
Attinio
Ac
90
Torio
Th
91
Protoattinio
Pa
92
Uranio
U
228
228,028 73
a, g
1,9131 anni
231
231,036297
a, b2
25,52 ore
232
232,038 054
100; a, g
1,41 ? 1010 anni
2
234
234,043596
b
24,10 giorni
234
234,043302
b2
6,70 ore
232
232,037 14
a, g
72 anni
233
233,039 629
a, g
1,592 ? 10 5 anni
235
235,043 925
236
236,045 563
238
238,050 786
99,275; a, g
4,468 ? 10 9 anni
239,054 291
2
23,5 min
2
239
0,72; a, g
a, g
b ,g
7,038 ? 10 8 anni
2,342 ? 10 7 anni
93
Nettunio
Np
239
239,052 932
b ,g
2,35 giorni
94
Plutonio
Pu
239
239,052 158
a, g
2,41 ? 10 4 anni
95
Americio
Am
243
243,061 374
a, g
7,37 ? 10 3 anni
96
Curio
Cm
245
245,065 487
a, g
8,5 ? 10 3 anni
97
Berkelio
Bk
247
247,070 03
a, g
1,4 ? 10 3 anni
98
Californio
Cf
249
249,074 849
a, g
351 anni
99
Einsteinio
Es
254
254,088 02
a, g, b2
276 giorni
100
Fermio
Fm
253
253,085 18
EC, a, g
3,0 giorni
101
Mendelevio
Md
255
255,0911
EC, a
27 min
102
Nobelio
No
255
255,0933
EC, a
3,1 min
103
Laurenzio
Lr
257
257,0998
a
ø35 s
* Le masse indicate in questa tabella sono quelle dell’atomo neutro e includono la massa degli elettroni.
†
La sigla EC significa «cattura elettronica».
A14
tavole
Dati relativi al Sistema Solare
Nome
Raggio
equatoriale
(km)
Massa
(relativa a
quella
della Terra)
Densità
media
(kg/m3)
Gravità alla
superficie
(relativa a
quella
della Terra)
Semiasse
maggiore dell’orbita
? 106 km
Velocità di
fuga (km/s)
UA
Periodo
Eccentricità
di
dell’orbita
rivoluzione
(anni)
Mercurio
2440
0,0553
5430
0,38
57,9
0,387
4,2
0,240
0,206
Venere
6052
0,816
5240
0,91
108,2
0,723
10,4
0,615
0,007
Terra
6370
1
5510
1
149,6
1
11,2
1,000
0,017
Marte
3394
0,108
3930
0,38
227,9
1,523
5,0
1,881
0,093
Giove
71 492
1360
2,53
778,4
5,203
60
11,86
0,048
Saturno
60 268
95,1
690
1,07
1427,0
9,539
36
29,42
0,054
Urano
25 559
14,5
1270
0,91
2871,0
19,19
21
83,75
0,047
Nettuno
24 776
17,1
1640
1,14
4497,1
30,06
24
318
163,7
0,009
A15
tavole
Unità di misura che non fanno parte del Sistema Internazionale
Grandezza
Nome dell’unità
Simbolo
Equivalenza nel SI
lunghezza
unità astronomica
parsec
anno-luce
angstrom
UA
pc
a.l.
Å
1 UA
1 pc
1 a.l.
1Å
5 1,50 3 1011 m
5 3,09 3 10 16 m
5 9,46 3 10 15 m
5 10210 m
intervallo di tempo
giorno
anno
d
a
1d
1a
5 8,64 3 10 4 s
5 3,16 3 10 7 s
volume
litro
l, L
1l
5 1023 m 3
angolo piano
grado sessagesimale
°
1°
5 p/180 rad
velocità
kilometro all’ora
km/h
1 km/h
5 1/3,6 m/s
energia
caloria
kilowattora
elettronvolt
cal
kWh
eV
1 cal
1 kWh
1 eV
5 4,19 J
5 3,60 3 10 6 J
5 1,60 3 10219 J
potenza
cavallo vapore
CV
1 CV
5 7,35 3 10 2 W
massa
unità di massa atomica
u
1u
5 1,66 3 10227 kg
pressione
bar
millimetro di mercurio, torr
atmosfera
bar
mmHg, torr
atm
1 bar
5 10 5 Pa
1 mmHg 5 1,33 3 10 2 Pa
1 atm
5 1,01 3 10 5 Pa
temperatura
grado Celsius
°C
1 °C
Proprietà fisiche dell’acqua (293 K)
Proprietà fisiche dell’aria secca
(273 K, 1,01 3 10 5 Pa)
Grandezza
Valore
densità
0,998 3 10 3 kg/m 3
Grandezza
Valore
velocità del suono
1,48 3 10 3 m/s
velocità del suono
3,32 3 10 2 m/s
calore specifico (a pressione costante)
J
4,18 3 10 3 }}
kg ? K
calore specifico (a pressione costante)
1,00 3 10 3 J/(kg ? K)
calore di fusione (273 K)
3,34 3 10 5 J/kg
densità
1,29 kg/m 3
calore di evaporazione (373 K)
2,26 3 10 6 J/kg
indice di rifrazione (l 5 589 nm)
1,33
Dati tratti da: Le tavole M • A • F • BI • C, Zanichelli, Bologna 1989 e M. Fazio, SI,
MKSA, CGS & Co., Zanichelli, Bologna 1995.
A16
51K