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Radioattività ambientale e disinformazione - Il Progresso Giugno 2019

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17/12/2015.
Tecnologia & Scienza Giugno 2019
Radioattività ambientale e disinformazione
Di Ettore Ruberti
Radioattività ambientale
I mass media hanno contribuito a creare nella popolazione, ormai da decenni, un vero terrore
verso ciò che è radioattivo e verso la radioattività in generale.
Non solo, come fanno anche molti ambientalisti, per lo più quelli digiuni di cognizioni scientifiche,
hanno instillato nelle persone la convinzione che tutto ciò che è radioattivo è causato dalle attività
umane ed è, comunque, negativo e foriero di disastri.
Questo stato di cose non è affatto privo di conseguenze:

oltre al rifiuto generalizzato dell’utilizzo della fissione dell’atomo per produrre energia,
perfino dando informazioni false sui cosiddetti incidenti nucleari (vedi il mio articolo “La
verità su Chernobyl e su Fukushima” su questa testata), e verso ogni tecnologia industriale
che utilizza le radiazioni, financo per le terapie mediche.
Allo scopo di contribuire a fornire una corretta informazione, di seguito fornisco le cognizioni
necessarie per valutare le informazioni ricevute e saperle soppesare.
Cominciamo con il chiarire che la radioattività è parte dell’ambiente naturale in cui viviamo e
ci ha accompagnato nel percorso evolutivo fin dall’inizio, anzi, nel tempo la radioattività
ambientale è diminuita.
Infatti, la Terra è un pianeta geologicamente attivo e, se non lo fosse, molti elementi
indispensabili alla vita che provengono dall’interno del pianeta si esaurirebbero in circa 300.000
anni e sul pianeta resterebbero solo alcuni microorganismi estremofili, appartenenti agli Archea
ed ai Batteri.
Va aggiunto che nel nostro corpo avvengono mediamente 7700 decadimenti radioattivi al
secondo, di cui la metà dovute al potassio, e che riceviamo radioattività dallo spazio, dalla terra
dal cibo, dall’onnipresente radon e persino durante la respirazione.
Medie regionali della concentrazione di radon nelle abitazioni – Istituto Superiore di Sanità
Molte zone della Terra, a causa delle formazioni rocciose, presentano radioattività naturale
elevata, anche se molto al di sotto del livello in cui si cominciano ad osservare i primi effetti sulle
cellule che compongono gli organismi.
A fini esplicativi riporto un esempio che ritengo significativo:

a Piazza San Pietro (RM), a causa del porfido presente, la radioattività misurabile è cento
volte maggiore di quella attualmente rilevabile a 100 metri dal quarto reattore di Chernobyl,
ossia quello protagonista del demenziale esperimento effettuato il 26 aprile del 1986
all’origine delle esplosioni che hanno causato il rilascio di isotopi sulla Penisola
Scandinava e, in misura notevolmente minore, sul resto dell’Europa.
Ciò nonostante i mass media continuano a diffondere notizie allarmistiche, anzi terroristiche su
quanto avverrebbe in Ucraina:

recentemente una nota rivista di divulgazione scientifica, Focus, ha pubblicato un articolo in
cui alcuni ricercatori, seguendo lo spostamento dei Lupi, animali notoriamente erratici e
capaci di coprire grandi distanze, ne hanno documentato lo spostamento anche a 300 Km
dalla zona evacuata. Questo ha portato all’incredibile conclusione secondo cui i Lupi
sarebbero radioattivi o comunque mutanti!
Va aggiunto che, sui Lupi radioattivi, in Italia è stato girato persino un documentario!
Altro esempio che ha del demenziale:

l’anno scorso il quotidiano La Repubblica ha riportato la notizia (!) secondo cui i Tonni ed i
Salmoni del Pacifico sarebbero radioattivi a causa dell’acqua rilasciata dai reattori di
Fukushima!
Esposizione alle radiazioni Cortesia ENEA
Che cos’è la radioattività
La radioattività o, più precisamente, il decadimento radioattivo, è il processo per mezzo del
quale alcuni atomi instabili (isotopi radioattivi) decadono in atomi stabili, attraverso l’emissione di
radiazioni ionizzanti.
Il momento esatto in cui un atomo decade è impredicibile, ma il numero di decadimenti medi nel
tempo segue una legge statistica secondo cui il numero di decadimenti è proporzionale al
numero di atomi presenti.
Ovviamente, questa costituisce un’approssimazione, ma, essendo il numero di atomi molto
cospicuo, la precisione è alta, per cui è facile fornire dati significativi.
Il tempo medio di decadimento per ogni atomo è pertanto facilmente deducibile:

si definisce emivita o tempo di dimezzamento di un elemento radioattivo il tempo
occorrente perché metà degli atomi presenti decadono in un atomo stabile.
Tavola periodica con gli elementi colorati secondo l’emivita del loro isotopo più stabile – Da
Wikipedia
Didascalia della figura precedente:
Azzurro: Elementi stabili;
Verde: Elementi radioattivi con isotopi dalla vita molto lunga. La loro emivita di oltre quattro
milioni di anni conferisce loro radioattività molto piccole, se non trascurabili;
Giallo: Elementi radioattivi che possono presentare bassi rischi per la salute. I loro isotopi più
stabili hanno emivite tra 800 e 34 000 anni. A causa di questo, hanno solitamente alcune
applicazioni commerciali;
Arancio: Elementi radioattivi che è noto pongono elevati rischi per la salute. I loro isotopi più
stabili hanno emivite tra un giorno e 103 anni. La loro radioattività conferisce loro scarso potenziale
per usi commerciali;
Rosso: Elementi altamente radioattivi. I loro isotopi più stabili hanno emivite tra un giorno e
parecchi minuti. Pongono gravi rischi per la salute. Pochi di essi trovano uso al di fuori della ricerca
di base;
Viola: Elementi estremamente radioattivi. Si sa pochissimo di questi elementi a causa della loro
estrema instabilità e radioattività.
Effetti delle radiazioni sull’uomo
Ovviamente, al lettore interessa conoscere la dose di radiazione che deve essere assorbita perché
questa causi danni all’organismo e quali fonti possono superare la radioattività naturale. Per
questo è necessario sapere come si misura la quantità di radiazione.
E’ fondamentale capire la differenza fra dose assorbita, ossia la quantità di energia che viene ceduta
alla materia, e dose efficace, ossia la quantità necessaria perché la radiazione produca danni
all’organismo.
La dose efficace si misura in Gray (simbolo Gy) dose equivalente ad un passaggio di un joule di
energia per chilo.
La dose assorbita si misura in Sievert (simbolo Sv), ossia alla costante biologica degli effetti
delle radiazioni moltiplicata per 1 Gray.
La dose per evento in cui cominciano ad essere rilevabili i primi sintomi sanitari è di 250 Sv.
Vedi Figura 2.
E’ facile rendersi conto che, oltre alla constatazione che viviamo in un ambiente radioattivo, i dati
riportati dai mass media spesso sono fuorvianti. Un’anomalia della legislazione italiana è
rappresentata dal fatto che, oltre la radioattività naturale, non esiste per le fonti artificiali una dose
minima, come se le radiazioni causate da impianti artificiali fossero diverse da quelle naturali!
Conseguenze reali degli eventi di Chernobyl e di Fukushima
Per chiarire meglio al lettore la differenza fra la realtà e quanto viene generalmente riportato
dai mass media circa gli eventi che hanno rilasciato radioattività, riporto i dati relativi a quanto
accaduto nei più gravi di questi.
Per quanto concerne le conseguenze sulla popolazione del disastro di Chernobyl, i dati più
attendibili sono quelli elaborati dal Chernobyl Forum, incontro internazionale promosso
dall’AIEA nel 2003, cui hanno partecipato varie Agenzie delle Nazioni Unite (oltre all’AIEA, FAO,
UN-OCHA, UNDP, UNEP, UNSCEAR, WHO), la Banca Mondiale, Russia, Bielorussia ed
Ucraina.
Questo rapporto è consultabile sul seguente sito dell’ONU:
http://www.unscear.org/unscear/en/chernobyl.html.
In estrema sintesi, i morti accertati nel corso degli eventi sono stati:

2 lavoratori della centrale per esplosione, 1 per trombosi coronarica, 28 soccorritori nel
corso del 1986 a causa delle radiazioni assorbite, 19 soccorritori per varie cause legate alle
radiazioni di cui 3 per leucemia, 15 fra la popolazione maggiormente esposta per tumore alla
tiroide.
Per quanto concerne le morti in eccesso presunte, ma non rilevabili statisticamente, sono:

liquidatori 2200 su circa 200.000, evacuati 160 su circa 116.000, popolazione presente in
aree a stretto controllo 1600 su circa 270.000; infine, fra la popolazione residente a largo
raggio nella zona irradiata da 37 kBq/m² in su (unità di misura corrispondente ad un
decadimento di un isotopo in un secondo, non alla dose assorbita e tanto meno a quella
efficace), il numero è incerto ma valutabile in circa 5000 su 5 milioni.
Va sottolineato che, mentre per i lavoratori ed i soccorritori i dati non sono contestabili, le stime
per i morti presunti, hanno subito parecchie contestazioni, in special modo dal Partito Verde
europeo e da altre associazioni e gruppi ambientalisti.
A prescindere dalla presunta validità dei dati presentati da questi gruppi (ovviamente, sempre basati
su stime), le esagerazioni riportate da mass media e su Internet, sono prive anche della minima
credibilità, poiché basate solo su preconcetti e senza l’adeguato supporto di dati anche solo
basati su stime.
Concludendo, i dati accessibili sulle fonti accreditate, concernenti la radioattività attualmente
presente nella zona del disastro, dimostrano l’abbassamento della stessa a livello di non
pericolosità, anche se il terreno contaminato non potrà essere utilizzato per agricoltura ed
allevamento, ma è in costruzione una gigantesca centrale solare attorno al nuovo sarcofago
della centrale che ha coperto quello costruito dopo il disastro, costruito in acciaio ed in grado di
resistere almeno cento anni.
Va anche sottolineato che gli altri 3 reattori della centrale di Chernobyl sono stati spenti nel
2000, quindi hanno continuato a funzionare fino a quell’anno.
In seguito all’evento di Fukushima, (vedi il mio articolo “La verità su Chernobyl e su Fukushima”
su questa testata) la nube radioattiva ha reso momentaneamente critica una zona di circa 22
km di diametro.
La nube si poi è espansa sopra l’Oceano Pacifico, sopra il Nord America e successivamente
l’Atlantico. Il massimo registrato in Italia, misurato presso il Centro Ricerche Ambiente Marino
dell’ENEA (Pozzuolo di Lerici SP), è stato di un quinto della radiazione di fondo che ci colpisce
ogni giorno.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nella zona dei 22 km, gli effetti a lungo
termine (neoplasie) imputabili alle dosi ricevute risultano non rilevabili rispetto alle fluttuazioni
statistiche di “fondo” delle patologie oncologiche.
Tra gli oltre 33mila lavoratori della centrale ed impegnati a Fukushima nei mesi successivi
all’incidente, non sono stati registrati casi di sindrome acuta da radiazioni; vi è un rischio
ipotetico di tiroiditi autoimmuni ed ipotiroidismo in 13 lavoratori con elevata esposizione alla
tiroide; sono assenti i rischi di patologie cardiovascolari da radiazioni (forse da stress).
Ad oggi nessun caso di neoplasia imputabile a radiazioni si è verificato; tra i 174 lavoratori
esposti a più di 100 mSv (il doppio di quanto è consentito in un anno dalla normativa), potrebbe
esserci un rischio, ma è difficilmente correlabile.
Per quanto concerne il riversamento in mare, causato in gran parte da errori della TEPCO (ossia la
società che gestisce gli impianti), la quantità di liquidi radioattivi corrisponde a quella riversata
ogni anno a Southampton (il cosiddetto dumping: ossia il riversamento in mare, praticato fino ad
alcuni anni fa, dei liquidi di scarto provenienti dalle centrali inglesi, dalle coste della cittadina di
Southampton.), ossia 60mila tonnellate di acqua.
Considerando che, espressi in volume, sono 60mila metri cubi di acqua, se divisi in contenitori di
2m di altezza occuperebbero non molto di più di 3 ettari. Per confronto l’Oceano Pacifico occupa
un terzo del Pianeta come superficie ed ha una profondità media di 4000 metri.
Per quanto i danni nei pressi delle coste della regione di Fukushima siano stati significativi, e
dove le perdite continue impediscono la pesca e l’allevamento, l’acqua radioattiva si disperde
nell’oceano Pacifico; qualunque notizia di oceani contaminati e radiazione che giunge sino in
America, con Tonni e Salmoni radioattivi è completamente falsa:

l’aumento di radioattività nell’Oceano è trascurabile ed inferiore alla radioattività del
carbonio 14 e potassio 40 naturalmente presenti in mare.
Anche considerando solo la regione in prossimità delle coste della Prefettura di Fukushima, le
perdite dei reattori ammontano a meno di una parte su 100mila della radioattività presente.
È vero che alcuni reattori si sono fusi parzialmente, ma i danni, sia pur rilevantissimi, sono confinati
all’interno degli impianti.
In conclusione, mi sembra il caso di sottolineare che, specialmente nel caso di Fukushima, per
rispondere allo stato di ansia della popolazione, addirittura di vero terrore delle radiazioni, in
questo fomentata dai mass media, si sono estese le norme di sicurezza, rendendo illegali quantità di
radiazioni al di sotto della soglia di pericolo, spostando forzatamente una parte della popolazione
stessa.
Ciò ha causato stati di ansia tra i cittadini allontanati per lunghi periodi dalle loro abitazioni ed ha
provocato malattie psicosomatiche e morti da depressione e da stress nella parte più sensibile della
popolazione, ossia anziani e persone affette patologie, a causa di un meccanismo che gli psicologi
definiscono da rafforzamento.
Tags: mass media, notizie allarmistiche, radioattività ambientale, radioattivo
Ettore Ruberti
Ricercatore dell’ENEA, Dipartimento FSN-FISS-SNI, Professore a contratto di Biologia
generale e molecolare all’Università Ambrosiana, Direttore del Dipartimento di Biologia ed
Ecologia di UNISRITA
ETTORE RUBERTI E' Ricercatore dell’ENEA, Dipartimento FSN-FISS-SNI, I suoi campi di
ricerca sono l’evoluzione biologica e l’entomologia applicata. Dal ’91 si occupa anche di idrogeno
come vettore energetico e di fenomeni nucleari collettivi nella materia condensata. Rappresenta
l’ENEA al Forum Italiano dell’Idrogeno ed è coautore del libro bianco sull’idrogeno “Linee guida
per la definizione di un piano strategico per lo sviluppo del vettore energetico idrogeno”. Dal ’97
Professore a contratto di Biologia generale e molecolare all’Università Ambrosiana. Dal 25
settembre 2012 con qualifica accademica di Licentia Docenti ad Honorem per merito di chiara fama
nella disciplina. E’ Direttore del Dipartimento di Biologia ed Ecologia di UNISRITA. Ha
sviluppato una nuova ipotesi sul ruolo svolto da un debole campo elettromagnetico in argille di
origine magmatiche (le montmorilloniti) nella formazione delle prime macromolecole biologiche,
ipotesi che sta sottoponendo a verifica sperimentale. Ha sviluppato, in collaborazione con il Rettore
dell’Università Ambrosiana, un progetto di ricerca, volto l’interruzione del ciclo del Plasmodium
della Malaria nella Zanzara Anopheles, attualmente in fase di realizzazione attraverso una
collaborazione ENEA/Università Ambrosiana.
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