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Le pratiche commerciali scorrette e l'importanza del primo contatto con i consumatori

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Sinergie Grafiche srl
Argomenti
Contratti in generale
Tutela dei consumatori
Le pratiche commerciali scorrette
e l’importanza del primo contatto
con i consumatori: il caso
delle aste on line
di Maria Francesca Francese e Nadia Milone
Si è avuto negli ultimi anni un proliferare di siti di aste al centesimo gestiti da società straniere
che si rivolgono al mercato italiano con significativi problemi di armonizzazione delle legislazioni
tra gli stati e, in ultima analisi, di tutela dei consumatori.
In questo contesto è evidente il crescente interesse della Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato al fenomeno delle aste on line al fine di monitorarne il funzionamento e garantire
l’effettiva tutela dei diritti dei consumatori. Il professionista che operi nel mercato italiano deve
infatti fornire un’informazione chiara, completa e dettagliata circa la natura, il funzionamento, le
caratteristiche principali ed il prezzo del servizio offerto. Nel recente provvedimento emanato
dall’AGCM in data 9 settembre 2015, l’Autorità ha inoltre stabilito l’importanza del primo contatto con i consumatori. È proprio dal primo contatto che devono essere chiari la natura, le caratteristiche principali ed il prezzo del servizio offerto, non essendo sufficiente l’indicazione di tali caratteristiche, sia pure in modo completo, all’interno dei termini e delle condizioni contrattuali.
Come funzionano le aste on line
Le aste on line pongono in vendita diverse tipologie
di prodotti, generalmente ad un prezzo iniziale di €
0,01. Tali aste vengono chiamate aste al centesimo
o al minimo rialzo. Per partecipare, gli utenti devono registrarsi ed acquistare un certo numero di crediti che consentono di effettuare “puntate” o “bid”,
cosicché la partecipazione alle aste è a pagamento.
Il costo di ogni singola puntata varia a seconda
dell’asta, da pochi centesimi a qualche euro, quindi, a differenza delle aste tradizionali, anche la mera partecipazione all’asta costituisce un costo.
Un’altra differenza rispetto alle aste tradizionali è
costituita dal fatto che in queste si formula un’offerta per il bene che si intende acquistare, mentre
nelle cc.dd. penny auctions, ogni puntata fa aumentare il prezzo del bene di un centesimo e, contemporaneamente, fa partire un timer la cui durata si
abbrevia ad ogni bid. L’asta si chiude ed il bene risulta venduto all’ultimo partecipante che abbia fatto una puntata prima dello scadere del tempo.
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Vi sono siti internet che consentono di comprare
comunque il bene desiderato anche a coloro che
hanno partecipato ad un’asta senza aggiudicarsi il
bene. Spesso tali siti “scontano” dal costo del bene
la somma spesa per l’acquisto dei crediti. Quindi,
colui che si è aggiudicato il bene paga il prezzo finale in aggiunta al prezzo delle puntate effettuate,
mentre coloro che non si sono aggiudicati il bene
hanno comunque speso il prezzo delle puntate effettuate.
Occorre precisare che le aste al centesimo di cui ci
occupiamo in questo articolo rientrano nella categoria delle aste tra professionisti e consumatori
(business to consumer), nelle quali i beni siano di
proprietà del gestore delle aste. Gli altri tipi di aste
online, ovvero aste tra professionisti (business to
business), aste tra consumatori e professionisti (consumer to business) e aste tra consumatori (consumer
to consumer), nonché il caso in cui il gestore delle
aste metta a disposizione l’infrastruttura informatica, ovvero il sito internet per le aste, senza essere il
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proprietario dei beni posti in vendita, non sono oggetto di questo scritto.
La legislazione italiana
Per quanto concerne la vendita al dettaglio, le aste
online risultano essere vietate in Italia dall’art. 18,
comma 5, D.Lgs. n. 114/1998 il quale così recita:
“Le operazioni di vendita all’asta realizzate per
mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione sono vietate.”.
Tale divieto non si applica ai grossisti e a tutti i
soggetti che non vendono ai consumatori finali in
quanto l’art. 18 del citato D.Lgs. riguarda esclusivamente la vendita al dettaglio. Inoltre, secondo
quanto chiarito dalla circ. 3547/C del Ministero
delle attività produttive del 17 giugno 2002, il citato divieto sarebbe altresì escluso, tra gli altri e a
certe condizioni, per i produttori agricoli, gli artigiani ed i produttori industriali, per questi ultimi a
patto che la vendita al dettaglio venga effettuata
nel locali di produzione o in quelli adiacenti e per
tutti gli altri soggetti individuati dall’art. 4, comma
2, D.Lgs. n. 114/1998.
Tuttavia, sia il citato D.Lgs. n. 114/1998, sia la circolare esplicativa sopra menzionata, sono precedenti all’implementazione in Italia della Dir. ECommerce 2000/31/CE, entrata in vigore con il
D.Lgs. 9 aprile 2003 n. 70, che ha dettato una normativa specifica volta a regolare il commercio elettronico ed in particolare ha dettato dei limiti all’applicabilità del divieto previsto dalla legge italiana. L’art. 3 della Dir. E-Commerce stabilisce infatti
che “gli Stati membri non possono, per motivi che
rientrano nell’ambito regolamentato, limitare la
circolazione dei servizi dell’informazione provenienti da un altro Stato membro.”. Il divieto stabilito dal comma 5 dell’art. 18, D.Lgs. n. 114/1998,
in quanto in violazione del principio generale del
libero scambio di servizi all’interno dell’UE, ed in
particolare in violazione del disposto dell’art. 3 della Dir. E-Commerce, non potrà applicarsi, almeno
per quei soggetti che, con sede all’estero, bandiscano aste per i consumatori italiani.
Alle aste al centesimo si applica anche la Dir.
2011/83/UE sui diritti dei consumatori recepita
con D.Lgs. del 21 febbraio 2014, n. 21. Ricordiamo, ad esempio, il diritto di recesso, anche per le
aste online, esteso a 14 giorni che decorrono dalla
materiale apprensione del bene acquistato, nonché
l’introduzione di un modello standard europeo per
esercitare tale diritto, ed in generale l’introduzione
di norme che incrementano la tutela per i consumatori come la trasparenza dei prezzi, il divieto di
caselle preselezionate sui siti internet, e così via.
La competenza per la tutela dei diritti dei consumatori nell’ambito delle aste online, nonché la vigilanza sulle stesse sono conferite dal Legislatore
all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha poteri istruttori e sanzionatori.
Il procedimento innanzi all’AGCM
L’AGCM ha una specifica competenza sulla pubblicità ingannevole e sulle pratiche commerciali
scorrette, definite dagli artt. 21 ss. del codice del
consumo, come stabilita dal “Regolamento sulle
procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali
scorrette e violazione dei diritti dei consumatori
nei contratti, violazione del divieto di discriminazione, clausole vessatorie” varato dall’Autorità con
delibera n. 25411 del 1° aprile 2015 (1). Inoltre è
centrale l’importanza dell’AGCM nella tutela dei
diritti dei consumatori recentemente oggetto della
citata Dir. 2011/83/UE.
Il procedimento prende avvio attraverso una istanza di intervento e si compone di diverse fasi.
La fase pre-istruttoria, diretta essenzialmente a verificare la regolarità e completezza della istanza di
intervento e ad acquisire ogni elemento utile alla
valutazione della fattispecie, la fase istruttoria e la
fase sanzionatoria. Per ogni procedimento viene
nominato un responsabile del procedimento (art. 3
Reg. AGCM) il quale acquisisce ogni elemento
utile per la valutazione della fattispecie, anche richiedendo documenti e informazioni sia a soggetti
pubblici che privati.
Nel corso della fase pre-istruttoria l’Autorità valuta
la presenza, quantomeno prima facie, degli elementi
di fatto rappresentati nell’istanza di intervento e la
possibile inidoneità della condotta segnalata a integrare gli estremi della pratica commerciale scorretta tale da falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio al
quale è diretta.
È certamente da rilevare che, tra le altre cose, la
fase pre-istruttoria può portare all’archiviazione
della procedura sia per manifesta infondatezza, che
per l’assenza dei presupposti di legge richiesti, nonché per inidoneità del messaggio pubblicitario ad
alterare il comportamento del consumatore medio,
(1) D’ora in avanti, “Reg. AGCM”.
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oltre che per irricevibilità dell’istanza di intervento
per uno dei motivi previsti dall’art. 4 Reg. AGCM.
Ai nostri fini è d’uopo sottolineare che il non luogo a procedere può derivare anche dal fatto che le
richieste di intervento siano relative a condotte
che non rientrano tra le priorità dell’Autorità, in
ragione degli obiettivi di razionalizzazione, efficacia
ed economicità dell’azione amministrativa (art. 5,
lett. f) Reg. AGCM). Questo però significa per
converso che se un’attività rientra tra le priorità di
indagine dell’Autorità, i professionisti coinvolti in
tale area di interesse saranno più facilmente sottoposti allo scrutinio dell’Autorità Garante. Infine,
come prevede la lett. d) del citato art. 5 Reg.
AGCM, ove il professionista abbia dato luogo alla
rimozione dei profili di possibile ingannevolezza o
illiceità di una pubblicità ovvero di possibile scorrettezza di una pratica commerciale, il procedimento può essere archiviato prima della fase istruttoria.
In caso di mancata archiviazione, alla fase preistruttoria segue una fase istruttoria vera e propria
che prende avvio entro 180 giorni dalla ricezione
dell’istanza di intervento e del cui avvio è data comunicazione, a cura del Responsabile del procedimento, alle parti e agli altri soggetti interessati.
Nella comunicazione di avvio del procedimento
sono indicati: l’oggetto del procedimento, gli elementi acquisiti d’ufficio o contenuti nell’istanza di
intervento, il termine per la conclusione dell’istruttoria, l’ufficio e la persona responsabile del
procedimento, l’ufficio presso cui si può accedere
agli atti, la possibilità di presentare memorie scritte
o documenti ed il relativo termine (art. 6 Reg.
AGCM). È bene tenere a mente che nel corso della fase istruttoria si verifica una inversione dell’onere della prova: è il professionista a dover dimostrare la veridicità delle affermazioni connesse alla
pratica commerciale ritenuta scorretta dall’AGCM.
Nel corso della fase istruttoria, il responsabile del
procedimento verifica l’esistenza di pubblicità ingannevoli o comparative illecite, ovvero di pratiche commerciali scorrette, di cui al Codice del
Consumo.
In tale fase al professionista vengono richieste una
serie di informazioni e documenti che questi è tenuto a fornire entro 20 giorni dalla ricezione della
richiesta, pena l’erogazione di una sanzione pecuniaria da € 2.000 a € 20.000, ovvero da € 4.000 a €
40.000, nel caso in cui il professionista fornisca informazioni o documenti non veritieri.
Nel corso della fase istruttoria è tuttavia possibile
per il professionista, entro e non oltre il termine di
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quarantacinque giorni dalla ricezione della comunicazione di avvio del procedimento, presentare
degli impegni al fine di far venire meno i profili di
illegittimità della pubblicità o della pratica commerciale.
Gli impegni che sono presentati nel dettaglio mediante apposito formulario e devono consentire all’Autorità di verificare che tutti i possibili profili di
violazione delle norme poste a tutela dei consumatori, ovvero di scorrettezza della pratica commerciale posta in essere, siano stati rimossi. L’Autorità
valuta gli impegni e qualora li ritenga idonei, dispone con provvedimento la loro accettazione rendendoli obbligatori per il professionista, chiudendo
il procedimento senza accertare l’infrazione. Ove
invece l’Autorità consideri gli impegni solo parzialmente idonei, fissa un termine al professionista per
un’eventuale integrazione degli impegni stessi.
Nei casi di grave e manifesta ingannevolezza/illiceità di una pubblicità o scorrettezza di una pratica
commerciale, ovvero in caso di inidoneità degli
impegni a rimuovere i profili contestati nell’avvio
dell’istruttoria, l’Autorità delibera il rigetto degli
stessi, comunicandolo tempestivamente al professionista.
Il procedimento si conclude entro il termine di
210 giorni a far data dalla ricezione della comunicazione di avvio del procedimento da parte del
professionista quando questi si trovi all’estero, come nel caso in esame (art. 7 Reg. AGCM).
L’AGCM adotta entro il termine sopra stabilito il
provvedimento che può essere di carattere definitivo o provvisorio.
In caso di particolare urgenza, l’Autorità può disporre, d’ufficio e con atto motivato, la sospensione
della pubblicità ritenuta ingannevole o della pubblicità comparativa ritenuta illecita ovvero della
pratica commerciale ritenuta scorretta (art. 8 Reg.
AGCM).
L’Autorità può disporre il pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa da € 5.000 a €
5.000.000, tenuto conto della gravità e della durata
della violazione. In ordine alla quantificazione della sanzione, l’AGCM tiene conto dei criteri individuati dall’art. 11, L. n. 689/1981, in virtù del richiamo previsto dall’art. 27, comma 3, c. cons.,
pertanto l’Autorità richiederà l’ultimo bilancio approvato della società e considererà la diffusione e
la penetrazione della pratica commerciale ritenuta
scorretta sull’intero territorio nazionale. A tal riguardo è bene rilevare che essendo il caso in esame
relativo ad attività che si svolgono sulla rete che,
per sua natura, ha un elevato grado di pervasività,
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la possibilità che l’AGCM tenda a considerare le
condotte aggravate è assai elevata.
I provvedimenti dell’AGCM sono impugnabili innanzi al T.A.R. del Lazio, ai sensi dell’art. 135,
comma 1, lett. b), c.p.a. (D.Lgs. 2 luglio 2010, n.
104), entro sessanta giorni dalla notificazione del
provvedimento stesso, fatti salvi i maggiori termini
di cui all’art. 41, comma 5, c.p.a., ovvero può essere proposto ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica ai sensi dell’art. 8, d.P.R. 24 novembre
1971, n. 1199 entro il termine di 120 giorni dalla
data di notificazione del provvedimento stesso.
Il crescente interesse dell’AGCM
per le aste al centesimo
Si è avuto negli ultimi anni un proliferare di siti di
aste al centesimo che, per i motivi sopra esposti,
sono gestiti da società straniere che si rivolgono al
mercato italiano con significativi problemi di armonizzazione delle legislazioni tra gli stati e, in ultima analisi, di tutela dei consumatori.
Ad esempio, i contratti presenti sui siti internet sono talvolta mere traduzioni in lingua italiana di
contratti pensati per altre giurisdizioni. Le società
che gestiscono i siti non solo hanno sede fuori dal
territorio italiano, ma spesso operano sul mercato
mondiale e tendono a trascurare l’importanza della
conformità dei termini contrattuali alle norme imperative italiane. Un caso su tutti è la questione
della legge applicabile e del foro competente. La
normativa consumeristica precisa inequivocabilmente che la legge applicabile ad un consumatore
residente in Italia è la legge italiana e che il foro
competente è quello del consumatore. Qualunque
diversa disposizione contrattuale in materia è nulla
e può essere considerata dall’Autorità come poco
trasparente e potenzialmente lesiva dei diritti del
consumatore. Allo stesso modo, la normativa a tutela dei consumatori detta precise regole in tema
di recesso che difficilmente vengono rispettate dai
professionisti stranieri.
In questo contesto è evidente che il crescente interesse dell’Autorità vada di pari passo con il crescere dell’attenzione del Legislatore alla tutela effettiva dei diritti dei consumatori.
La normativa posta a tutela dei consumatori richiede che il professionista fornisca un’informazione
chiara, completa e dettagliata circa la natura, il
funzionamento, le caratteristiche principali ed il
prezzo del servizio offerto. L’Autorità valuta pertanto non solo i testi pubblicitari (claims) ma anche il contesto in cui essi vengono inseriti, ovvero
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i possibili link ad altri siti nonché la rilevanza e la
diffusione dei siti web in cui i messaggi pubblicitari
vengono inseriti. La condotta dell’aver pubblicato
un banner pubblicitario ingannevole risulta, ad
esempio, aggravata dall’aver posto tale pubblicità
giudicata ingannevole su un sito a larga diffusione
nazionale al quale normalmente si da largo credito
circa i contenuti diffusi (ad esempio il sito di un
noto quotidiano diffuso su scala nazionale).
Recentemente, in data 9 settembre 2015, l’AGCM
ha emesso un provvedimento cautelare nei confronti della società Flamingo Intervest Ltd con sede nelle Isole Vergini Britanniche, attiva nel settore delle aste on line attraverso vari siti web, tra cui
www.dandybids.com e www.wippy.com. L’Autorità
garante della Concorrenza e del Mercato, avvalendosi della collaborazione del Nucleo speciale Tutela mercati della Guardia di Finanza, ha disposto
che il professionista sospendesse ogni attività diretta ad acquisire nuove adesioni ai propri siti mediante inviti a partecipare a sondaggi, richieste di
feedback e simili, sottoposti ai consumatori mediante la comparsa di finestre pop-up durante la
navigazione internet, invio di messaggi di posta
elettronica e altre modalità.
L’AGCM ha in questo caso ricevuto numerose segnalazioni secondo le quali il professionista avrebbe inizialmente invitato i consumatori a partecipare a un’indagine di mercato: una volta acquisita la
disponibilità dell’interlocutore e assunte le informazioni richieste, Flamingo Intervest Ltd avrebbe
prospettato la possibilità di ricevere un “premio”
per l’adesione all’iniziativa, a fronte del pagamento
di una somma irrisoria rispetto al valore del bene,
a titolo di spese di spedizione. In seguito la società,
oltre a non consegnare il prodotto promesso,
avrebbe utilizzato i dati della carta di credito del
consumatore per effettuare addebiti diversi o ulteriori rispetto alla cifra concordata, ovvero avrebbe
inviato intimazioni di pagamento: ciò in ragione
del fatto che, accettando di ricevere il premio, il
consumatore avrebbe inconsapevolmente sottoscritto un abbonamento a titolo oneroso al servizio
di aste on line.
In particolare nei confronti di Flamingo è stata
contestata la scorrettezza delle due seguenti pratiche commerciali: a) il ricorso, attraverso una specifica campagna di mailing e pop up pubblicitari, a
un articolato meccanismo di aggancio dei consumatori, esclusivamente teso a far loro sottoscrivere
un abbonamento oneroso a un servizio di aste online al centesimo, nonché ad addebitare e/o sollecitare il pagamento di tale servizio non richiesto;
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b) la promozione del proprio servizio di aste online
al centesimo, sulla homepage dei propri siti Internet, mediante la diffusione di un quadro informativo gravemente lacunoso in ordine alla natura, alle
caratteristiche principali, al funzionamento e al
prezzo di tale servizio, al prezzo dei prodotti commercializzati mediante la partecipazione alle aste
online al centesimo, nonché in relazione alla garanzia legale di conformità. Flamingo, inoltre, ha
anche ostacolato il diritto di recesso dal servizio in
abbonamento denominato “platinum membership”.
Questo è stato il primo caso di un provvedimento
dell’Autorità nei confronti dei siti che propongono
aste online che si è chiuso con la conferma del
provvedimento cautelare e la condanna della società al pagamento di una sanzione amministrativa
pari ad € 700.000.
Il provvedimento in esame segna un punto importante nell’ambito del mercato online in quanto
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sottolinea a chiare lettere l’importanza del primo
contatto con i consumatori. Afferma infatti l’Autorità che è proprio dal primo contatto che devono
essere chiari la natura, le caratteristiche principali
ed il prezzo del servizio offerto, non essendo sufficiente l’indicazione di tali caratteristiche, sia pure
in modo completo, all’interno dei termini e delle
condizioni contrattuali.
Il provvedimento che è volto a salvaguardare
quanto più possibile i consumatori del mercato online, potrebbe rendere difficoltosa la pubblicizzazione dei servizi offerti in quanto essa avviene normalmente tramite banners o finestre di pop-up che
per loro natura possono contenere una limitatissima quantità di informazioni. Occorrerà pertanto
trovare un contemperamento tra le esigenze di tutela dei consumatori e le caratteristiche del business online.
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