UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FOGGIA DIPARTIMENTO DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA AZIENDALE TESI DI LAUREA IN ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE “L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA QUALE FONTE DI VANTAGGIO COMPETITIVO NEL SETTORE DELL’AUTOMOTIVE: IL CASO TESLA INC.” Relatore: Candidato: Egr. Prof. Pierpaolo Magliocca Matteo Cafora Anno accademico 2017/2018 1 2 Indice INTRODUZIONE .................................................................................................. 5 CAPITOLO 1 ........................................................................................................ 6 I FATTORI DEL SUCCESSO AZIENDALE ......................................................... 6 1.1 Il concetto di vantaggio competitivo ......................................................... 6 1.2 Le risorse ....................................................................................................... 7 1.3 La difesa del vantaggio competitivo .......................................................... 8 1.4 La catena del valore...................................................................................... 9 1.4.1 Le attività primarie................................................................................... 11 1.4.2 Le attività di supporto .............................................................................. 12 1.5 le strategie di base ...................................................................................... 13 1.5.1 Leadership di costo ................................................................................. 13 1.5.2 Differenziazione ..................................................................................... 14 1.5.3 Focalizzazione ........................................................................................ 16 1.5.4 La multi - strategia .................................................................................. 17 1.6 L’alleanza strategica ................................................................................... 17 CAPITOLO 2 ...................................................................................................... 20 IL PROCESSO INNOVATIVO ........................................................................... 20 2.1 L’innovazione ............................................................................................. 20 2.1.1 Tipologie di innovazione ........................................................................ 21 2.2 Le fonti dell’innovazione ........................................................................... 23 2.2.1 Open innovation ..................................................................................... 25 2.2.2 Demand pull ........................................................................................... 26 3 2.3 La scelta del tempo di ingresso sul mercato .......................................... 28 CAPITOLO 3 ....................................................................................................... 30 LA STRATEGIA DI TESLA INC. ....................................................................... 30 3.1 Il settore dell’automotive verso il cambiamento .................................... 30 3.2 L’analisi del successo di Tesla inc. .......................................................... 32 3.2.1 La nascita di Tesla Inc. .......................................................................... 32 3.2.2 Il visionario Ceo di Tesla: Elon Musk .................................................... 34 3.2.3 La produzione di Tesla Inc. ................................................................... 35 3.2.4 L’innovazione dei prodotti Tesla ............................................................ 38 3.2.5 La Strategia competitiva di Tesla Inc. ................................................... 42 3.2.6 Il Marketing strategico ............................................................................. 45 RIFLESSIONI CONCLUSIVE............................................................................. 47 BIBLIOGRAFIA – SITOGRAFIA ....................................................................... 48 4 Introduzione L’innovazione, nel contesto economico odierno, rappresenta la principale fonte di vantaggio per le imprese che intendono competere sul mercato. La presente trattazione spiega come sostenere l’innovazione dei prodotti e dei servizi, possa garantire il consolidamento della posizione strategica di un’impresa. Offrire prodotti o servizi innovativi comporta, ovviamente, un lungo processo dove l’impresa è chiamata ad effettuare scelte importanti per poter imporsi sulla concorrenza e a sostenere costi ingenti per la ricerca che non sempre porteranno i frutti sperati. Un’impresa innovativa, è un’impresa che si pone come obiettivo primario il costante soddisfacimento delle esigenze della propria clientela, pratica essenziale per sopravvivere in un qualsiasi settore di mercato. Il caso preso in esame è quello di Tesla Inc., azienda statunitense produttrice di veicoli elettrici a emissioni zero. Tesla fa dell’innovazione tecnologica la sua arma principale per fronteggiare la concorrenza in un settore, quello dell’automotive, enorme e con numerosi brand affermati al suo interno. I veicoli innovativi Tesla, hanno costretto gli stessi concorrenti a ripianificare i propri modelli di business per fronteggiare questo nuovo e redditizio mercato delle autovetture elettriche, finora ancora acerbo e poco battuto. L’innovazione tecnologica posta in essere da Tesla, come si vedrà in seguito, ha superato le più rosee aspettative dei consumatori, veicoli in grado di essere pilotati autonomamente e con prestazioni e consumi pari se non superiori a quelle delle attuali e più famose berline in circolazione. Essa non disponendo di certo degli enormi budget e investimenti delle più note e affermate case costruttrici, ha saputo fronteggiare le dinamiche concorrenziali con approcci totalmente differenti rispetto ai normali modelli di business del settore dell’automotive, costruendo autovetture elettriche inizialmente per un mercato di nicchia e avviando successivamente la sua produzione al mercato di massa, riscontrando non pochi problemi. Infine, l’elaborato cerca di porre l’attenzione del lettore sul secondo fine posto in essere dall’azienda, ovvero quello di rimodellare dapprima il settore dell’automotive e in seguito quello dei trasporti, cercando di portare quest’ultimo verso un futuro ecosostenibile, dove i combustibili fossili non sono più la fonte primaria di alimentazione. 5 Capitolo 1 I fattori del successo aziendale 1.1 Il concetto di vantaggio competitivo Il principale obiettivo di una qualsiasi impresa è sicuramente quello di massimizzare i propri profitti a discapito della concorrenza. L’ambiente in cui l’impresa svolge la propria funzione e intrattiene relazioni d’affari con i diversi portatori di interesse (fornitori, rivali, clienti, distributori, ecc..) viene denominato “ambiente competitivo”, esso è di notevole importanza, in quanto proprio all’interno di quest’ultimo l’impresa adotterà tutte le possibili strategie per migliorare la propria posizione strategica e quindi il proprio fatturato. Il risultato di queste strategie, in un caso positivo si intende, porterà l’impresa in una situazione di notevole vantaggio rispetto ai concorrenti e mantenendo questa redditività superiore nel medio-lungo periodo essa acquisirà un vantaggio competitivo. Il vantaggio competitivo esprime, quindi, una performance migliore in termini di redditività rispetto alla media dei rivali dello stesso gruppo strategico1. Alla base di ciò, c’è la capacità dell’impresa di risultare diversa dai concorrenti, oppure, di risultare “migliore” nel fare qualcosa rispetto a quest’ultimi. Questa diversità può concretizzarsi attraverso: Una posizione strategica migliore, che può derivare dall’uso di risorse e competenze distintive, le quali consentono all’impresa di produrre beni/servizi che il cliente non riesce a reperire altrove e per questo è disposto a pagare un prezzo più alto; L’efficienza operativa, ovvero la capacità di utilizzare in maniera economica le risorse a propria disposizione e di migliorare i propri processi riducendo il costo medio, risultando superiore alla concorrenza. Cfr. Fontana F., Caroli M., “Economia e gestione delle imprese”, McGraw-Hill, Milano, 2009, pag. 77. 1 6 È facilmente intuibile, come le risorse siano di estrema importanza in quanto costituiscono le fondamenta per la futura evoluzione dell’impresa. 1.2 Le risorse Secondo Robert Grant, le risorse possono essere identificate in tre tipologie2: 1. risorse tangibili; 2. risorse intangibili; 3. risorse umane. Le risorse tangibili, di facile individuazione e imitazione, sono le risorse finanziare e fisiche dell’impresa, normalmente iscritte nei libri contabili (non sempre corrispondono al valore reale), sono per esempio i fabbricati e i macchinari. Le risorse intangibili o immateriali, sono difficilmente deducibili dalla lettura dei libri contabili, esse hanno acquisito con il tempo un ruolo di vitale importanza in ambito strategico, in quanto sono di difficile imitazione. Esempio: marchio aziendale, reputazione e immagine. Le risorse umane, rappresentano le conoscenze (know-how) e le abilità individuali, che i dipendenti e i dirigenti immettono e manifestano all’interno dell’azienda. Esse da un certo punto di vista sono assimilabili sia come risorse materiali per via della loro fisicità, sia come risorse immateriali, perché non possono essere tradotte in termini patrimoniali; si creano attraverso investimenti nella formazione e l’apprendimento del personale. Figura 1: Schema riassuntivo per l’attuazione del vantaggio competitivo Risorse Strategia Vantaggio competitivo Fonte: Nostra elaborazione Cfr. Grant R. “L’analisi strategica per le decisioni aziendali”, Il Mulino, Bologna, 1999, pag. 130-133. 2 7 Detto ciò, una risorsa per essere utile ai fini strategici, deve essere contemporaneamente: rara, quindi difficilmente reperibile; costosa da imitare; non sostituibile, ovvero non esistono equivalenti strategici adatti. 1.3 La difesa del vantaggio competitivo Ottenuta una posizione favorevole all’interno del settore, essa dovrà essere sostenuta affinché possa perdurare nel tempo, in quanto tenderà in maniera piuttosto rapida a perdere la sua efficacia. Essenzialmente, l’erosione del vantaggio avverrà per opera della concorrenza che cercherà di appropriarsi di qualsiasi risorsa o competenza, tramite l’imitazione3. Per contrastarla è necessario comprendere il processo di imitazione competitiva, che è caratterizzato dai seguenti elementi: 1. Identificazione, un’impresa deve essere in grado di riconoscere che un competitor è in una posizione di vantaggio competitivo; 2. Incentivo, deve ritenere di poter ottenere lo stesso vantaggio investendo nell’imitazione; 3. Diagnosi, deve essere capace di comprendere le basi della strategia messa in atto dal competitor; 4. Acquisizione delle risorse, l’impresa deve essere in grado di reperire le risorse necessarie per l’imitazione. Per quanto riguarda l’identificazione, può essere contrastata attraverso l’occultamento dei profitti superiori alla media del settore, rinunciandovi nel breve periodo, cosicché i competitor non comprendano fin da subito la posizione di vantaggio ottenuta. 3 Ibidem, Capitolo 7. 8 Sull’incentivo invece, una strategia prevede di occupare tempestivamente e anticipatamente nicchie di mercato prima della concorrenza, così da ridurre i loro possibili investimenti; inoltre, è possibile dissuadere i competitor attraverso minacce su una guerra di prezzo al ribasso, ma queste per essere efficaci dovranno essere credibili, quindi supportate da una capacità di eccesso di giacenze in magazzino. Per la diagnosi, l’impresa può reagire creando incertezza sul suo operato attraverso “l’ambiguità causale”, ovvero quanto più essa sarà complessa e multidimensionale in ogni sua attività, tanto più saranno incerte le determinanti del suo successo e quindi difficilmente replicabili. Infine, riguardo l’ottenimento delle risorse necessarie, è preferibile generarle internamente, il ché costituisce sicuramente il mezzo migliore di acquisizione, come nel caso dei brevetti industriali che consentono l’utilizzo esclusivo al possessore per un periodo di tempo determinato. Entrare per primi in possesso di una nuova risorsa, non comporta soltanto il suo utilizzo esclusivo, ma anche un aumento della propria reputazione e immagine, che non può di certo essere nel breve periodo, eguagliata dai concorrenti. 1.4 La catena del valore La strategia per raggiungere un determinato vantaggio sulla concorrenza prevede un certo modo di realizzare le attività dell’impresa e di sviluppare relazioni stabili con soggetti esterni. Per poter realizzare quanto detto, è necessario comprendere pienamente ogni singola area di business in cui l’impresa è impegnata. A tal proposito, Porter ha proposto uno schema denominato “catena del valore”, il quale disaggrega le attività strategicamente rilevanti per comprendere l’andamento dei costi e le fonti di differenziazione possibili. La catena del valore è un importante strumento di analisi, che consente attraverso la scomposizione del sistema aziendale di definire una strategia competitiva individuando le fonti del vantaggio competitivo, in quanto esso può risiedere in ciascuna delle attività che quest’ultima svolge, dalla progettazione alla produzione, alla vendita, all’assistenza alla clientela. Essa inoltre permette di considerare l'impresa come un sistema di attività generatrici di valore, inteso come il prezzo che il consumatore è disposto a pagare per il prodotto che soddisfa pienamente i suoi bisogni. 9 Figura 2: Catena del valore di Porter Fonte: Porter “il vantaggio competitivo”, 1987. L’unità di misura del valore è monetaria ed è rappresentata dal ricavo totale, che cambia al variare del prezzo e della quantità venduta. Nel momento in cui i ricavi totali superano i costi totali si genera un profitto, che graficamente (Figura 2) è rappresentato dal margine. La catena del valore visualizza il valore totale prodotto dall’azienda ed è composta da due elementi essenziali: 1. Le attività generatrici di valore4; 2. Il margine. Le attività generatrici di valore sono attività fisicamente e tecnologicamente distinte che l’impresa svolge, mentre il margine è la differenza tra il valore totale e il costo complessivo sostenuto da tali attività. Esse si suddividono a loro volta in: Attività primarie; Attività di supporto. Cfr. Michael E. Porter “Il vantaggio competitivo”, Edizione Comunità, Milano, 1987, pag. 46-49. 4 10 1.4.1 Le attività primarie Le attività primarie5 sono quelle impiegate nella creazione fisica del prodotto, nella vendita e nella consegna. Nel dettaglio sono rappresentate da: Logistica in entrata; Logistica in uscita; Produzione; Marketing e le vendite; Servizi al cliente. La logistica in entrata riguarda la gestione dei vettori e delle consegne dei materiali in entrata da parte dei fornitori; riguarda inoltre lo smistamento dei materiali ai vari impianti di produzione, gestione dei magazzini e controllo conformità. La logistica in uscita al contrario, si occupa della programmazione delle consegne dei prodotti finiti ai distributori e dell’evasione degli ordini. La produzione è la fase di trasformazione delle materie prime nel prodotto finito, essa raggruppa le attività di lavorazione, di montaggio, di confezionamento dei prodotti, la manutenzione e il collaudo degli impianti. Il marketing e le vendite costituiscono l’attività legata allo studio e l’analisi dei comportamenti della clientela, attuano le politiche commerciali e di prezzo, gestiscono la forza vendita e i suoi canali di distribuzione. I servizi al cliente si occupano dell’assistenza post-vendita e dell’analisi della soddisfazione del cliente. Ciascuna attività sarà più o meno predominante a seconda del settore industriale di appartenenza, per esempio nel settore della moda il marketing riveste un ruolo fondamentale per aumentare la visibilità dei propri prodotti agli occhi dei consumatori. Cfr. Fontana F., Caroli M., “Economia e gestione delle imprese”, McGraw-Hill, Milano, 2009, pag. 86. 5 11 1.4.2 Le attività di supporto Le attività di supporto rendono possibile il miglior svolgimento delle attività primarie e sono trasversali al tutto il sistema aziendale. Si suddividono in: Approvvigionamento; Sviluppo della tecnologia; Gestione risorse umane; Attività infrastrutturali. L’approvvigionamento è la funzione di acquisto dei fattori produttivi utilizzati nella catena del valore. Può riguardare materie prime, semilavorati, macchinari, servizi, cancelleria e ogni altra funzione aziendale che consumi ed acquisti input. Lo Sviluppo delle tecnologie si occupa di ogni tipo di tecnologia, di know-how e di procedure che forniscano apparecchiature di processo. È un’attività fondamentale per la competitività di ogni impresa. La gestione delle risorse umane è l’insieme delle attività che comprende la ricerca, l’assunzione e l’addestramento del personale. Il compito principale è determinare la competenza dei dipendenti, elemento essenziale, e mantenere alta la motivazione di quest’ultimi. Le attività infrastrutturali si occupano della direzione generale, dell’amministrazione, della gestione finanziaria e del rapporto con gli enti pubblici. Spesso sono considerate attività generatrici solo di costi fissi non recuperabili, in realtà possono essere un’importante fonte di vantaggio competitivo, ad esempio, stringere accordi con enti pubblici o grandi università può permettere l’acquisizione di vantaggi importanti. La catena del valore della singola impresa, infine, è parte di un sistema più ampio, il sistema del valore6, che si compone delle catene del valore di tutte le aziende coinvolte nella filiera produttiva, sia a monte che a valle (produttore, fornitori, distributori) nonché di quelle dei clienti stessi. 6 Ibidem, pag. 88. 12 1.5 Le strategie di base Come spiegato dai paragrafi precedenti, per possedere un certo vantaggio sulla concorrenza, questo deve essere sostenuto da risorse e competenze specifiche e durature. Ottenuto quanto necessario, l’impresa dovrà adottare la strategia che più la rispecchia tenendo conto soprattutto del settore di appartenenza con annessi rivali. Michael Porter, uno dei maggiori contribuenti sulle teorie delle strategie competitive, riassume brevemente quest’ultime in tre principali approcci strategici: Leadership di costo; Differenziazione; Focalizzazione. Figura 3: Le tre tipologie di strategie competitive Leadership di costo Differenziazione Focalizzazione Fonte: Adattamento da Porter “il vantaggio competitivo”, 1987. 1.5.1 Leadership di costo In riferimento alla leadership di costo7, l’impresa si propone di diventare il produttore a più basso costo nel proprio settore. Il vantaggio di un costo di produzione minore rispetto alla media si traduce in una maggiore domanda da parte dei consumatori, l’impresa quindi, aumenterà la propria produzione ottenendo margini di guadagno superiori. Così facendo potrà nuovamente investire nei propri processi riducendo ancora il prezzo di vendita e aumentando la redditività. Cfr. Michael E. Porter “Il vantaggio competitivo”, Edizione Comunità, Milano, 1987, pag. 19. 7 13 Tutto ciò però, non è così semplice, perché l’impresa non disporrà così rapidamente della capacità produttiva per soddisfare la domanda potenziale, oppure, un minor prezzo di vendita non significa per forza di cose, che il consumatore debba preferire quel prodotto/servizio, in quanto è necessario che tale differenza rispetto ai competitor abbia un’utilità tale che, il consumatore non sia più fedele ad altri produttori e scelga il prodotto in questione. Tra le fonti più importanti per una vantaggio di costo, troviamo: 1. economie di scala, dove il costo medio diminuisce all’aumentare della dimensione dell’impresa. 2. economie di apprendimento, la riduzione del costo di produzione è legata al crescere dell’esperienza e dall’apprendimento dei membri dell’organizzazione, sia a livello individuale (problem solving), sia a livello di gruppo ( routine organizzativa migliore); 3. tecniche di produzione, il costo si riduce grazie all’utilizzo di nuove tecnologie innovative che migliorano o semplificano determinati processi o prodotti; 4. il potere contrattuale dei fornitori, costituisce uno dei fattori più incisivi. La riduzione del costo medio è direttamente legata ai costi di approvvigionamento delle risorse, infatti se la dimensione dei fornitori è di molto superiore a quella dell’impresa, oppure la risorsa in questione è unica o poco sostituibile, i fornitori potranno assumere una posizione contrattuale più forte e imporre il loro prezzo; sarà essenziale quindi, stipulare accordi economici favorevoli con quest’ultimi per ottenere le risorse necessarie al minor prezzo possibile. In sostanza, l’obiettivo della leadership di costo nel lungo periodo, non sarà soltanto quello di produrre un bene al prezzo più basso, ma sarà anche, quello di accrescere attraverso l’autofinanziamento, la dimensione stessa dell’impresa. 1.5.2 Differenziazione Tramite la differenziazione, l’impresa si propone di offrire un prodotto/servizio diverso dalla concorrenza al quale il consumatore attribuisce un valore superiore, e per questo è disposto a pagare un prezzo più alto della media del settore. 14 L’impresa determinerà alcune delle caratteristiche più importanti richieste dai clienti e cercherà di soddisfarle in modo ineguagliabile. È importante sottolineare che, la differenziazione sarà efficace se l’aumento del prezzo del prodotto/servizio offerto, è inferiore all’incremento di valore ottenuto tramite quest’ultima, allora, il consumatore percepirà questo valore come un miglior rapporto qualità/prezzo rispetto a quello dei concorrenti creando nuova domanda. Per differenziare, un’impresa può intervenire su diversi aspetti, siano essi tangibili o intangibili, i più rilevanti sono: la qualità superiore del prodotto/servizio offerto, in questo caso il cliente è spinto all’acquisto perché percepisce la qualità superiore del prodotto come una garanzia di affidabilità nelle prestazioni e nell’assistenza post vendita; la pubblicità e il marchio, nei settori dove le differenze tra i beni sono difficili da cogliere, è utile pensare di differenziare tramite la costruzione di una forte immagine del brand. L’impresa dovrà investire in pubblicità e processi di marketing, cercando di far percepire come diverso il proprio prodotto rispetto ai competitor. Soddisfare le promesse poste in essere dal proprio prodotto è molto importante, in quanto il cliente si fidelizzerà al marchio creando una barriera all’abbandono; l’innovazione8, il rapido mutamento del mercato, costringe le imprese che vogliono sostenere il proprio vantaggio di differenziazione ad innovare costantemente i propri prodotti per garantire una risposta rapida alle nuove esigenze dei consumatori, che a loro volta premieranno le stesse per essere sempre propositive. Innovare tempestivamente risulta particolarmente efficace nei settori fashion-oriented e in quei settori in cui la velocità del servizio offerto ha importanza cruciale nel soddisfare le attese del cliente (corrieri, fast food). 8 Sarà oggetto di una trattazione più approfondita in seguito. 15 Per concludere, una strategia di differenziazione del prodotto, risulta più efficace di quella del vantaggio di costo, in quanto sopporta in maniera migliore l’aumento dei prezzi delle risorse necessarie, sia a monte che a valle della filiera produttiva. Un palese svantaggio, risiede nel fatto che, mantenere le caratteristiche fisiche del prodotto “uniche” risulterà difficile, a causa dell’imitazione attuata dalla concorrenza. 1.5.3 Focalizzazione Per quanto concerne la focalizzazione, essa non costituisce una strategia competitiva a sé, perché consiste nell’attuazione di una delle due precedentemente elencate, ma in un’area ristretta di mercato. Infatti, in ambito competitivo, focalizzare significa ottenere un vantaggio di costo o di differenziazione in un segmento o nicchia di mercato. Questa strategia è adottata generalmente da piccole e medie imprese, che non dispongono di ingenti risorse specifiche e finanziare per ottenere un vantaggio competitivo generale in tutto il settore. È utile focalizzarsi in un segmento di mercato se esso ha ampi margini di crescita e soprattutto se i leader di altri settori trovano poco appetibile quest’ultimo a causa di competenze specifiche o risorse rare. Una focalizzazione di costo, è poco frequente a causa dei bassi volumi di produzione legati al segmento del mercato, tuttavia, risulta vantaggiosa in alcuni settori come nel caso della compagnia aerea Ryanair, che non ha rivolto la sua offerta all’intero settore, ma soltanto al segmento delle tratte low cost, dove i clienti pur di viaggiare in maniera economica sono disposti a rinunciare ad alcuni servizi base. Per quanto riguarda la focalizzazione sulla differenziazione, essa risulta efficace quando si cerca di servire quella parte della clientela che ha richieste specifiche e particolari, che i leader di altri settori soddisfano in maniera standard e non ineguagliabile, per esempio, operatori turistici che organizzano viaggi d’avventura, oppure, nel settore automobilistico, Tesla Inc.9 che opera unicamente nel settore delle auto elettriche. 9 Oggetto di analisi nel capitolo 3. 16 1.5.4 La multi-strategia Un’impresa che tenta di perseguire, contemporaneamente, tutte le strategie di base correrà il rischio di non essere affatto competitiva. Questo è dovuto al fatto che, adottare la leadership di costo o quella di differenziazione, richiede azioni che sono naturalmente incoerenti tra loro, causando una fase di stallo. Infatti, adottando il vantaggio di costo, l’impresa rinuncerà almeno in parte a differenziare il suo prodotto, dato che offrirà al cliente un prodotto standardizzato ma a un costo decisamente minore rispetto al settore; al contrario, differenziare è per sua natura piuttosto costoso a causa della continua innovazione offerta, oppure, perché si investe pesantemente nell’immagine del brand. Secondo Porter, è possibile che un’impresa riesca a gestire contemporaneamente più strategie a patto che, sussistano determinate condizioni: concorrenti deboli10, cioè nessun concorrente è ancora così forte da costringere l’impresa ad adottare una strategia di base; una tecnologia innovativa, l’introduzione di una tecnologia innovativa può consentire all’impresa di ridurre i costi perseguendo quindi, anche la differenziazione. Ciò è dovuto al fatto che, l’impresa è l’unica a possedere quell’innovazione, ma una volta che i concorrenti l’avranno imitata, essa sarà nuovamente nelle condizioni di dover scegliere quale strategia adottare. Come si evince, adottare entrambe le strategie è possibile, ma soltanto temporaneamente. 1.6 L’alleanza strategica L’orientamento strategico dell’impresa, può essere anche di natura collaborativa. Infatti, non è necessario, per forza di cose, che due o più soggetti debbano agire esclusivamente da antagonisti sul mercato. In tutti i settori e in ogni parte del mondo ormai le imprese scelgono di instaurare partnership e alleanze per integrare le proprie iniziative strategiche e diventare più competitive sui mercati nazionali e internazionali. Cfr. Michael E. Porter “Il vantaggio competitivo”, Edizione Comunità, Milano, 1987, pag. 24. 10 17 Come illustrato nei paragrafi precedenti, qualora un’impresa acquisisca conoscenze e know-how importanti e difficilmente imitabili, la prassi suggerisce di non condividerli, per mantenere ed allungare la posizione di vantaggio strategicamente ottenuta. Tuttavia, se un’impresa non è ancora abbastanza forte economicamente, oppure, non è in grado di produrre in autonomia le tecnologie di cui necessita, diventa davvero importante sottoscrivere rapporti di collaborazione. Un’alleanza strategica è un accordo tra due o più imprese autonome che instaura una collaborazione strategicamente rilevante di varia natura. Le alleanze spesso comportano attività congiunte di marketing, di ricerca e di sviluppo di nuovi prodotti o tecnologie. La collaborazione potrebbe consentire all’impresa di raggiungere obiettivi più ambiziosi con maggiore rapidità e con minori costi e rischi. Inoltre, tramite essa, si velocizzano i meccanismi di apprendimento delle nuove conoscenze. La natura di questi accordi può essere di tipo: 1. Contrattuale; 2. Joint-venture11: si realizza quando due o più imprese si accordano temporaneamente per collaborare al fine del raggiungimento di un risultato comune. I partner mettono a disposizione dell’alleanza le proprie competenze e le proprie risorse, in questo modo ogni azienda partecipante all’accordo potrà sfruttare i vantaggi competitivi delle altre che vi fanno parte, pur mantenendo ognuna la propria autonomia giuridica ed economica; 3. Franchising; 4. Partecipazione azionaria; 5. Consorzio; 6. Costellazioni di imprese: si tratta di accordi di collaborazione tra più imprese in genere non formalizzati, che hanno lo scopo di realizzare prodotti complessi, i quali prevedono l’impiego di competenze specialistiche e di natura diversa, difficilmente riscontrabili in un’unica impresa. Cfr. DELLA MORETTA C., “I contratti di joint venture”, in Il Sole 24 ore, 27 Maggio 2014. 11 18 7. Gruppo europeo di interesse economico (G.E.I.E): è una forma di cooperazione tra più imprese di Paesi europei diversi, che vogliono migliorare la propria posizione competitiva sul mercato. Esso può essere preferito alla fusione, in quanto consente di evitare i noti problemi di diversità culturale che sorgono nel momento in cui più società si fondono insieme e ne complicano il controllo. L’alleanza strategica è diversa da un accordo commerciale, in quanto è fondamentale per il conseguimento di un obiettivo importante dell’impresa e ne contribuisce a creare, sostenere o potenziare un vantaggio competitivo. Essa può sostenere in modo significativo l’innovazione aziendale, attraverso la condivisione con altri partner di conoscenze e di competenze specifiche; ciò è particolarmente importante in molte PMI che non possiedono risorse sufficienti per gestire da sole i dipartimenti di R&S. L’obiettivo è quello di ottenere maggiori vantaggi rispetto a quelli che sarebbe possibile ottenere singolarmente, condividendo costi e rischi. Ovviamente, la collaborazione tra imprese non è sempre cosi semplice e facile. I rischi più comuni in ambito collaborativo, possono essere: Limiti alla libertà decisionale, in quanto ogni decisione deve essere presa con consenso unanime; Rischio di creare un rapporto di dipendenza dal partner; Rischio della perdita della proprietà intellettuale se inserita nella collaborazione. Diventa di fondamentale importanza, quindi, esaminare accuratamente e preventivamente i vantaggi e gli svantaggi prima di instaurare rapporti con altre imprese. 19 Capitolo 2 Il processo innovativo 2.1 L’innovazione Nel mercato globale attuale, è impensabile che un’impresa non rinnovi la propria gamma di prodotti o servizi ciclicamente. Attualmente, una delle principali fonti di sopravvivenza all’interno di un settore di mercato per un’impresa è proprio l’innovazione. La capacità di essere sempre al passo con i tempi e con le esigenze dei consumatori fa si che, l’impresa sia in grado di generare costantemente nuovi profitti. Dal punto di vista letterale, innovare significa proprio “alterare l’ordine di cose stabilite per fare cose nuove”, ovviamente, in ambito economico il suo significato è decisamente più ampio. Per innovazione si intende “l’implementazione di un prodotto (servizio) o processo produttivo, o di un metodo di marketing, nuovo o considerevolmente migliorato, con riferimento ai fini commerciali1”. Si evince che per esserci innovazione, essa deve essere implementata, ovvero il nuovo prodotto (servizio) deve essere introdotto nel mercato e il nuovo processo o metodo deve essere effettivamente utilizzato nell’attività dell’impresa. È molto importante precisare, che innovazione e invenzione non sono sinonimi, in quanto l’innovazione è l’estensione dell’invenzione. Quest’ultima è definita come la nascita di un nuovo congegno, prodotto o processo necessari per la risoluzione di un problema tecnico. Cfr. Manuale di Oslo, “Guidelines for collecting and interpreting innovation data”, 3a Edizione, 2005, numero 146, pag. 46. 1 20 2.1.1 Tipologie di innovazione In primo luogo, considerando la portata del cambiamento, possiamo distinguere due tipologie di innovazione: A. Radicale; B. Incrementale. L’innovazione radicale può essere considerata rivoluzionaria (revolutionary innovation), in quanto da un punto di vista tecnologico o delle performance di un prodotto, implica il cambiamento dei comportamenti, dei modelli e delle abitudini della società, come per esempio l’avvento di internet. Inoltre, bisogna osservare, che la componente di radicalità di un’innovazione è relativa, cioè può variare a seconda del tempo o della prospettiva di analisi. Infatti, può essere considerata radicale un’innovazione in una data epoca (macchina a vapore), ma che con il passare del tempo essa diventa obsoleta e superata. Per innovazione incrementale si intende invece, la modifica o il miglioramento che non comporta un cambiamento strutturale del prodotto o del servizio in questione, per esempio il telefono cordless. Quest’ultima tipologia di innovazione è la più frequente e importante, perché permette di adeguare un prodotto o un servizio a nuove esigenze di compatibilità ambientale, infatti, essa può essere definita anche come innovazione adattiva ed è essenziale per quasi tutte le imprese che vogliono competere. Figura 1: Tipologie di innovazione in base alla portata del cambiamento INNOVAZIONE RADICALE INCREMENTALE Fonte: Nostra elaborazione 21 Successivamente, scendendo nel dettaglio e prendendo in esame la “forma” dell’innovazione, essa può essere attuata attraverso due diversi metodi: 1. Innovazione di prodotto, l’introduzione di un bene o servizio, nuovo o considerevolmente migliorato, per ciò che riguarda le sue caratteristiche tecniche o gli usi per cui è concepito, compresi miglioramenti sostanziali nei componenti e materiali, nel software incorporato, nella facilità d’uso o in altre caratteristiche funzionali2, ad esempio il PC portatile; 2. Innovazione di processo, l’implementazione di un metodo di produzione o distribuzione (marketing), nuovo o considerevolmente migliorato, incluse variazioni rilevanti nelle tecniche, nelle attrezzature o nel software, che migliora l’efficienza dei cicli di lavorazione o distribuzione. Essa è frequentemente usata all’interno dell’attività aziendale, in quanto fanno parte di questa categoria anche le attività volte alla riduzione dei difetti di fabbrica, oppure, l’aumento dell’output in una data unità di tempo. Figura 2: Tipologie di innovazione in base alla “forma” INNOVAZIONE DI PRODOTTO FORME DI INNOVAZIONE INNOVAZIONE DI PROCESSO Fonte: Nostra elaborazione Cfr. Manuale di Oslo, “Guidelines for collecting and interpreting innovation data”, 3a Edizione, 2005, numero 156, pag. 48. 2 22 Accade spesso che le innovazioni di prodotto e di processo siano correlate tra loro, ciò avviene perché un nuovo processo può portare alla realizzazione di nuovi prodotti o viceversa. Ad esempio, i progressi nelle tecniche di lavorazione dei metalli hanno consentito la realizzazione delle catene per la biciclette, che a loro volta hanno favorito l’introduzione di biciclette con il cambio di velocità. 2.2 Le fonti dell’innovazione La tecnologia utilizzata all’interno di un’impresa costituisce il suo patrimonio tecnologico, ovvero l’insieme delle competenze tecniche e scientifiche, che l’impresa sviluppa durante la sua attività di produzione e vendita di beni e servizi. Quindi, maggiore sarà quest’ultimo, maggiore sarà la potenzialità di sviluppo e di diversificazione dell’impresa nei settori in cui opera. Ovviamente, l’intero patrimonio tecnologico deriva da un’attenta organizzazione interna soprattutto per quanto riguarda il settore della ricerca e dello sviluppo, una specifica funzione aziendale specializzata nella generazione e nell’applicazione di innovazioni tecnologiche. Essa costituisce un’area vitale soprattutto per quell’imprese orientate verso una leadership tecnologica. Il modello su cui si fonda la R&S è la technology push, un approccio dove la stessa tecnologia disponibile all’interno dell’impresa e il suo capitale umano sono la fonte che traina l’innovazione. Essa però, non considera i bisogni dei consumatori o del mercato e questo è un limite, in quanto non osservare le esigenze di quest’ultimo può portare al lancio di un prodotto innovativo non richiesto, rischiando di vanificare gli sforzi impiegati. L’iter innovativo è composto da diverse fasi: 1. La ricerca di base; 2. La ricerca applicata; 3. Sviluppo e sperimentazione. La ricerca di base costituisce la fase di incubazione dell’innovazione tecnologica, è finalizzata all’approfondimento di problemi tecnici ancora lontani dallo sviluppo commerciale. Essa è caratterizzata da un elevato grado di incertezza che deriva dal basso grado di conoscenze inizialmente disponibili. 23 Nella fase della ricerca applicata si cerca di formalizzare e consolidare le conoscenze acquisite nella fase della ricerca di base, al fine di valutarne le concrete possibilità di applicazione a livello di prodotto o processo produttivo innovativo; si mira a rilevare le potenzialità economiche di queste conoscenze. Lo sviluppo commerciale concerne l’effettiva utilizzazione dell’innovazione da parte dell’impresa. Consiste nella messa a punto di prototipi o impianti pilota sui quali verranno eseguiti test e verifiche per la futura commercializzazione. Chiaramente, non tutti i progetti condotti dalla R&S divengono tali da poter essere applicati concretamente su di un prodotto o processo. Infatti, secondo le statistiche, solo un’idea su 3.000 diventa un prodotto di successo sul mercato3. Uno studio effettuato da Abbie Griffin su 116 imprese ha dimostrato come per un’innovazione incrementale occorrano 8,6 mesi dalla concezione dell’idea alla sua introduzione sul mercato, mentre, per un’innovazione radicale, servano invece 22 mesi per il suo sviluppo e commercializzazione. Figura 3: Imbuto dell’innovazione Fonte: Schilling M.A. “Gestione dell’innovazione”, 2009. Un esempio potrebbe essere il settore farmaceutico, dove solo un composto terapeutico su 10.000 diventerà un nuovo farmaco Cfr. Schilling M. A. “Gestione dell’innovazione”, McGraw-Hill, Milano, 2009, cap. 1, pag. 9. 3 24 2.2.1 Open innovation Per innovare non è sufficiente investire unicamente in ricerca e sviluppo, perché per essere funzionale, essa deve trarre le sue basi da idee creative e vincenti, le quali non sempre scaturiscono dal capitale umano interno all’azienda. Per molti anni, la R&S è stata considerata la leva principale per costruire e mantenere un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo per le imprese. La possibilità di governare in termini “proprietari” tali processi era percepita come la vera barriera all’ingresso di nuovi concorrenti. Da questo punto di vista, tale modello definito come closed innovation, si fondava sull’idea di mantenere il controllo della proprietà intellettuale generata internamente e per farlo era necessario entrare in possesso del miglior capitale umano in circolazione, capace di poter generare idee migliori della concorrenza. Secondo la closed innovation, l’impresa tendeva ad evitare ogni contatto con l’esterno ed a mantenere le principali attività di ricerca all’interno dell’organizzazione, i progetti non funzionali erano scartati, aspettando un eventuale riutilizzo interno. Recentemente questa ideologia è mutata in favore della condivisione delle risorse e delle idee, verso un nuovo modello chiamato open innovation, un approccio in cui le imprese basano i propri progetti e le proprie ricerche sulle risorse interne, ma anche su idee e competenze tecniche provenienti dall’esterno, come star-up, università, enti di ricerca, consulenti e gli stessi clienti. I vantaggi che ne derivano sono molteplici: Condivisione di costi e rischi, i progetti innovativi sono solitamente rischiosi a causa dell’elevato tasso di incertezza e insuccesso, infatti investire in un progetto costituisce un esborso notevole per un’impresa, la quale portando a termine quest’ultimo non saprà se ci sarà o meno un ritorno economico soddisfacente. Accordarsi con un’altra parte può portare vantaggi sotto questo punto di vista, poiché divide gli oneri e le eventuali perdite; Rapidità nel lancio del prodotto sul mercato, l’open innovation abbrevia i tempi dello sviluppo e della commercializzazione dei prodotti; Nuove frontiere di guadagno, attraverso questo modello l’impresa potrebbe scoprire nuove potenzialità che non pensava di possedere, le quali se ben utilizzate possono portare a nuovi profitti. 25 L’open innovation scaturisce dalla consapevolezza che: Non tutte le migliori menti e il personale più qualificato può lavorare all’interno dell’impresa4, quindi diventa fondamentale valorizzare le competenze che si acquisiscono esternamente; La ricerca e sviluppo interna è solo una minima parte del valore creabile rispetto alle innumerevoli informazioni che si possono acquisire attraverso la collaborazione; Costruire un solido modello di business è molto più importante di “arrivare per primi” sul mercato con una nuova tecnologia; I progetti sviluppati internamente, che non hanno trovato un utilizzo commerciale sul mercato e che per i quali sono stati sostenuti ingenti costi di progettazione e sviluppo, vengono ceduti attraverso brevetti o altre forme di utilizzo della proprietà intellettuale, trovando così una collocazione in altri mercati o generandone di nuovi. 2.2.2 Demand pull L’approccio demand pull si basa sull’individuazione dei bisogni del mercato da parte delle unità produttive, le quali opereranno in modo tale da soddisfare quest’ultimi attraverso l’innovazione. Al centro di tale modello, c’è quindi il cliente consumatore, che attraverso la propria domanda esprimerà la sue preferenze sulle caratteristiche dei beni o servizi che desidera, generando un feedback che le unità produttive analizzeranno cercando di collocare sul mercato quel prodotto o quel servizio nuovo o migliorato. Il tutto poggia sulla convinzione di poter conoscere in anticipo, grazie al feedback, la direzione in cui il mercato avanza, limitando i rischi. Alcuni degli strumenti a disposizione delle imprese per rispondere alle esigenze dei consumatori, sono le indagini di customer satisfaction, suggerimenti, reclami e interviste individuali. Cfr. QUARANTINO L., SERIO L., “La prospettiva dell’innovazione aperta e le nuove logiche organizzative e manageriali”, in Sviluppo&Organizzazione, Agosto 2009. 4 26 Le statistiche dimostrano che, più del 70% dei prodotti di successo sono stati lanciati sul mercato tramite l’utilizzo di questo approccio, ciò ha reso, quindi, la gestione del processo di innovazione dipendente in maggior parte dal cliente, in quanto l’innovazione viene sviluppata, appunto, per soddisfare quest’ultimo5. Figura 4: Principali fonti di nuove idee per l’innovazione Fonte: IBM Ceo study, 2006. Operando in questo modo però, si riscontra forse l’unico limite di questo modello, ovvero che l’innovazione messa in atto sarà soltanto quella incrementale e non radicale, non favorendo quindi la nascita di nuovi business. Particolare è il caso della Coca-Cola, che nell’anno 1985 decise di lanciare una nuova bevanda, la new coke, modificando la precedete formula, in quanto i test interni avevano dimostravano che essa possedeva un gusto superiore. Malgrado la positiva riuscita della nuova formula, il prodotto non si espanse, perché vi fu disapprovazione da parte dei consumatori fedeli alla vecchia formula e lattina, e saggiamente la cocacola decise di rimuoverla dal mercato. Cfr. Privato S., Misani N., Ordanini A., Perrini F., “Economia e gestione delle imprese”, Milano, 2010, pag. 261. 5 27 2.3 La scelta del tempo d’ingresso sul mercato Nei settori dove il valore della tecnologia aumenta in base alla sua diffusione sul mercato e al numero dei suoi utilizzatori, è di fondamentale importanza la scelta del tempo di ingresso in quest’ultimo. Possiamo distinguere tre categorie di imprese che entrano in un nuovo mercato: 1. First mover: coloro che si collocano per primi in un nuovo mercato; 2. Early follower: rappresentano i subentranti iniziali senza però essere primi; 3. Late entrant: essi si inseriscono quando il prodotto comincia a penetrare nel mercato di massa o addirittura in una fase successiva. Un’impresa è first mover o pioniera, quando per prima offre una nuova categoria di prodotti o servizi in nuovo mercato. Muovendo per “primi” essa opera in una situazione temporanea di monopolio ( leadership tecnologica6 ), la cui durata dipende dalla sua capacità di erigere barriere all’ingresso per rallentare la concorrenza, consolidando la propria posizione. Essere il leader tecnologico del settore, permette di modellare il nuovo prodotto alle aspettative, alle caratteristiche e al prezzo ritenuto opportuno dalla clientela, fidelizzando quest’ultima al proprio brand ( brand loyalty ). Le imprese che per prime conquistano un nuovo mercato hanno un vantaggio di prelazione nell’acquisizione di risorse scarse, concessioni governative o localizzazioni strategiche, instaurando rapporti privilegiati con i fornitori e con i canali di distribuzione. Il passaggio a una nuova tecnologia o ad un nuovo prodotto, può comportare una serie di costi ( switching cost ) per cliente per il suo sfruttamento, che può disincentivarne l’acquisto rallentandone la diffusione. L’impresa che riesce a conquistare i clienti in una fase iniziale del lancio del nuovo prodotto sul mercato, ha una possibilità più elevata di conservare la fedeltà di quest’ultimi anche se in un futuro verrà introdotta una nuova tecnologia magari più semplice. Purtroppo, essere first mover non sempre comporta un vantaggio assoluto rispetto alla concorrenza, perchè quest’azione può comportare svantaggi piuttosto rilevanti, spesso fallimentari. 6 Ibidem, pag. 269. 28 Innanzitutto, non sempre un’impresa che per prima introduce una nuova tecnologia o un prodotto innovativo viene percepita come tale, ne è un esempio il mercato dei lettori Mp3, dove il primo dispositivo in grado di leggere tale formato fu inventato da un’azienda coreana e non da Apple come molti credono. Le imprese pioniere conseguono ricavi più elevati rispetto a quelle che subentrano dopo di loro, ma sostengono anche costi superiori a causa dei grandi investimenti in R&S, alla creazione dei canali di distribuzione e fornitura e alla pubblicizzazione dei nuovi prodotti. Le imprese che subentrano dopo il first mover, di solito non devono sostenere i costi di sperimentazione in quanto potrebbero essere in grado di imitare la tecnologia di quest’ultimo, addirittura migliorandola. Inoltre gli early follower, prima di subentrare sul mercato, conseguono indagini volte ad accertare le preferenze dei consumatori e quindi sono capaci di indirizzare i propri sforzi per realizzare prodotti o offrire servizi più innovativi, soddisfacendo maggiormente le aspettative della clientela. 29 Capitolo 3 La strategia di Tesla Inc. 3.1 Il settore automotive verso il cambiamento Il settore automobilistico continua a rappresentare una fetta importante di mercato in termini di crescita e occupazione, nel 2017 infatti, ha prodotto un aumento del 3% delle vendite rispetto al 2016, sottolineando il suo ruolo primario nell'economia mondiale. Tuttavia, anche se questo settore ha superato brillantemente la crisi finanziaria del 2008, è corso ai ripari per affrontarne una nuova, quella energetica. Infatti, la crescente sensibilizzazione dei governi mondiali alla questione energetica e soprattutto, delle persone, ha fatto si che, moltissime case automobilistiche importanti, per scongiurare un improvviso calo delle vendite dei motori diesel e a benzina, abbiano investito gran parte delle loro risorse e competenze alla ricerca di nuove fonti di alimentazione per i propri veicoli. Nel corso degli anni, importanti marchi come Toyota e Nissan hanno inserito vetture ibride sul mercato, ottenendo un discreto successo a livello mondiale. Un importante cambiamento si è avuto con l’espansione sul mercato dell’azienda statunitense Tesla Motors, la quale produce unicamente auto elettriche, che è stata capace di dare un grande input per l’elettrificazione delle automobili, la quale è presa poco in considerazione dai colossi come BMW, Audi e Volkswagen a cui destinano solo pochi modelli per le loro gamme di prodotti. Nell’estate del 2017, la casa automobilistica svedese Volvo1, ha dichiarato che entro il 2019 tutte le sue autovetture avranno un motore elettrico e che entro il 2025 smetterà di produrre autovetture con motore a combustione. Cfr. CANALI C., “Rivoluzione Volvo: dal 2019 produrrà solo auto elettriche e ibride”, in il Sole 24 ore, luglio 2017. 1 30 La spinta per l’elettrificazione non proviene soltanto da chi produce automobili, ma anche dagli stessi governi, come nel caso di Francia e Gran Bretagna, che all’unisono, hanno dichiarato di sospendere entro il 2040 la vendita di auto a benzina e gasolio. A sostegno di ciò, sempre in Gran Bretagna2, la vendita di auto elettriche, Zero-Emission Vehicle (ZEV), ha fruttato nel primo trimestre del 2016, una crescita del 23% con 10.496 veicoli venduti, tutto merito anche degli incentivi che il governo inglese concede già dal 2011 per gli acquisti di auto a emissioni zero. Il mercato principale delle ZEV secondo i rapporti, è quello cinese, che costituisce più del 40% delle auto elettriche vendute in tutte il mondo. In Cina sono stati venduti tra autoveicoli e motocicli, più di 200 milioni di mezzi, portandosi al primo posto per l’elettrificazione dei trasporti nel mondo; a seguire vi è l’Europa, dove primeggiano Norvegia, Svezia e Paesi Bassi e infine al terzo posto, gli Stati Uniti. Figura 1: Vendite degli autoveicoli elettrici nei principali mercati mondiali. Fonte: elaborazione Greenstart – mobilità sostenibile. Questi numeri, fanno presupporre che, un cambiamento radicale sta per avvenire, anzi è già in atto. Cfr. ABU EIDEH O., “Regno Unito, nel primo trimestre boom di auto elettriche”, in La Stampa Motori, Aprile 2016. 2 31 La Cina, il principale estrattore di carbone nel mondo e uno dei Paesi con il più alto tasso di inquinamento nelle metropoli, per salvaguardarsi sta operando in maniera rapida e veloce, sviluppando questo nuovo mercato e imponendo l’obbligo ai costruttori di automobili che producono più di 30 mila vetture l’anno di passare gradualmente ai veicoli elettrici e ibridi plug-in già dal prossimo 2019. È facile dedurre, che la mano governativa sia di estrema importanza per garantire una più diffusa e rapida elettrificazione dei trasporti negli anni a venire. 3.2 L’analisi del successo di Tesla Inc. 3.2.1 La nascita di Tesla inc. Nell’anno 2003, in California nella Silicon Valley, gli ingegneri Martin Eberhard e Marc Tarpenning fondarono la Tesla Motors, un’azienda che aveva come obiettivo la produzione di automobili innovative con motore elettrici. L’anno dopo, nel 2004, l’imprenditore sudafricano naturalizzato statunitense Elon Musk, già cofondatore di PayPal, investì 7,5 milioni di dollari in Tesla diventandone il principale investitore e successivamente l’amministratore delegato. Nel 2006 venne presentata la prima Tesla Roadster, basata sul modello della Lotus Elise, che venne commercializzata solo due anni dopo nel 2008. Essa fu la prima sportiva zero emissioni, capace di modificare il concetto di auto elettrica ritenuto lento e macchinoso non adatto alla guida e all’industria. La Tesla Roadster, sfruttando il motore a corrente alternata molto simile a quello che aveva ideato lo stesso fisico Nikola Tesla, aveva un’accelerazione dagli 0 ai 100 Km/h in meno 4 secondi, capace di raggiungere i 200 Km/h e i 340 km di autonomia con una sola ricarica, grazie alle batterie agli ioni di litio, ritenute tecnologicamente avanzate per l’epoca. Tra il 2008 e il 2012 l’azienda vendette circa 2.200 unità al prezzo medio di 108 mila dollari ciascuno, per poi cessare la sua produzione dando spazio ad altri modelli. Da questo punto in poi l’ascesa dell’azienda diventò solo questione di tempo, nel 2010 sbarcò a Wall Street, raccogliendo 200 milioni di dollari di finanziamento, preparando già il secondo modello da immettere sul mercato, la Tesla Model S. 32 Figura 2: Interno della Tesla Factory, California. Fonte: Motori – Il Messagero.it Tuttavia, come ogni start-up, anche Tesla affrontò periodi negativi, i quali furono superati solo grazie alla tenacia e alla lungimiranza dei suoi dirigenti. Nel 2006, si aggiunsero al progetto, investendo quasi 40 milioni di dollari, i cofondatori di Google Larry Page e Sergey Brin e alcune società come la J.P Morgan e la Vantage Point Capital Partners. Musk un anno dopo estromise il fondatore storico3 Martin Eberhard, ritenuto incapace di saper trattare con i fornitori. A questo si aggiunse il fatto che, il modello Roadster fu in ritardo sulla tabella di marcia di circa un anno e che il suo costo di produzione stimato di 25 milioni di dollari, divenne di 140 milioni. Per rispettare gli impregni presi, Elon Musk chiese uno sforzo economico agli investitori e decise di ricorrere al proprio denaro pur di non veder fallire la propria azienda; chiese molto più impegno ai propri dipendenti, aumentò i turni di lavoro e non accettò scuse ne compromessi. Tramite la vendita di alcune sue partecipazioni in altre aziende e i fondi immessi dagli investitori, nonché di alcuni fondi raccolti dagli stessi dipendenti, riuscì a completare il progetto Roadster e a ottenere ricavi importanti per far fronte alle passività sopraggiunte. Cfr. DONADIO G.,” La vera storia di Tesla e il Musk nascosto..”, in StartupItalia!, 20 Novembre 2016. 3 33 Nel 2012 diede il via alla vendita del modello Model S con il quale vendette 30 mila esemplari in tutto il mondo, eguagliando la Chevrolet Volt, vettura elettrica anche più economica. Si susseguirono altri modelli nel corso degli anni, con prestazioni e tecnologie nettamente superiori, per giungere al Model 3, un’autovettura destinata al mercato di massa con un costo di circa 35 mila dollari. Nel novembre del 2016, Tesla concretizzò l’acquisto della compagnia Solar City4, nella quale Elon Musk era già possessore del 20%, un’azienda fornitrice di energia negli Stati Uniti, tramite la progettazione e l’installazione di pannelli fotovoltaici per abitazioni, per ben 2,6 miliardi di dollari, espandendo il proprio mercato non più soltanto agli autoveicoli elettrici, ma anche alle fonti di energia rinnovabili. Successivamente, infatti, nel febbraio del 2017, la Tesla Motors cambiò il suo nome in Tesla Inc., espandendo il proprio business non più soltanto al settore dell’automotive. 3.2.2 Il visionario Ceo di Tesla: Elon Musk Il successo che si nasconde dietro Tesla, non è dovuto esclusivamente alle incredibili performance dei suoi prodotti, ma a colui che è a capo dell’intero sistema, Elon Musk. Definirlo soltanto un imprenditore è notevolmente riduttivo, laureato prima in fisica e poi in economia, non ragiona secondo gli schemi tradizionali dettati dal mercato. All’età di 13 anni realizzò il suo primo programma, Blastar, un piccolo videogioco che vendette a una rivista per PC al prezzo di 500 dollari, anni dopo creò Zip2, una società che forniva contenuti online, che rivendette a Compaq per 307 milioni di dollari dai quali ne ricavò 22. Investì questo denaro in un progetto chiamato X.com, che successivamente prese il nome di PayPal. Vendette anche quest’ultimo, precisamente ad Ebay per 1,5 miliardi dai quali ricavò 165 milioni di dollari. Fondò SpaceX, diventò primo investitore e Ceo di Tesla Motors nel 2003 e così via. Dopo quanto detto, non può essere considerato un semplice imprenditore o programmatore, egli è un visionario. Cfr. GULINELLI J., “ Tesla completa l’acquisto di Solar City”, in Panoramauto, 22 novembre 2016. 4 34 Con SpaceX vuole arrivare su marte per colonizzarlo e garantire la sopravvivenza dell’umanità e con Tesla vuole rivoluzionare il mondo dei trasporti e salvare il mondo dall’inquinamento. Nessuno avrebbe mai investito tutti i suoi soldi in due business così differenti e così onerosi. Possiamo dire con certezza che è l’unico imprenditore a cui non sta a cuore solo il suo patrimonio, ma anche quello dell’intera umanità. Non vende dei semplici prodotti seppur ultra innovativi, vende una concezione futuristica di quello che sarà il mondo domani. Non ha come solo obiettivo quello di arricchirsi, investe in qualcosa che tecnologicamente parlando è destinata a dare una scossa al mondo attuale. Egli crede nell’innovazione, crede nel fatto che l’uomo possa fare qualsiasi cosa con il tempo. Partendo proprio da questo, possiamo analizzare quali sono state le basi del successo non solo di Tesla, ma anche di tutte le sue compagnie. Infatti, c’è qualcosa che le accomuna, la vendita di un’idea, di qualcosa che verrà prima o poi e in cui scommettere. Tesla ne è un esempio lampante. Elon Musk ha creato intorno ai prodotti Tesla quello che nel marketing viene chiamato “bisogno di possesso5”, qualcosa che inizialmente non tutti possono avere, rivolgendosi a quella nicchia di persone abbastanza facoltose da poterselo permettere, ma soprattutto, fatto veramente importante, in chi credeva già inizialmente in un sistema di trasporto ecosostenibile zero emissioni, clienti che potremmo definire “ricchi responsabili”. 3.2.3 La produzione di Tesla La sede principale di Tesla Inc., la Tesla Factory, è situata a Freemont, in California, con un'estensione di oltre 492 mila metri quadrati dedicati alla produzione e all’assemblaggio, è una delle fabbriche di automobili più avanzate al mondo. Essa risiede precisamente nell’ex fabbrica che ospitò dapprima la General Motors e successivamente la Toyota, le quali collaborarono anche per un breve periodo di tempo. Costruire una vettura elettrica come una Tesla, è un’operazione ovviamente complessa, che richiede componenti e forniture inusuali al settore dell’automotive. Cfr. M. TER., “Tesla, un caso di studio tra marketing e hi-tech”, in Il Sole 24 ore, 31 ottobre 2016. 5 35 Le componenti di auto elettriche sono molto onerose, diventa assai dispendioso per un’azienda produrle in autonomia a causa degli elevati costi di ricerca e sviluppo non sempre sostenibili nelle fasi iniziali dei progetti, di un mercato ancora in via di sviluppo e di una distribuzione mondiale ancora poco diffusa. La soluzione più ovvia, sarebbe quella di instaurare forme di collaborazione e partnership con altre imprese. La strategia di Tesla si discosta dai modelli del business tradizionale almeno in parte, infatti, essa si avvale ovviamente di un gran numero di fornitori accuratamente selezionati sia per affidabilità che per design, ma le componenti più importanti come le batterie o lo stesso motore elettrico, vengono realizzate in-house per abbattere i costi di produzione e approvvigionamento. Il componente strategico più importante e più oneroso per la costruzione di una Tesla, è la batteria agli ioni di litio, essa infatti è la parte della vettura che fa lievitare il prezzo del prodotto finale. La causa di un costo di produzione così elevato è dovuta al prezzo sempre crescente dei materiali di cui essa si compone, i rari cobalto e litio6. Il prezzo di questi minerali è aumentato e continua ad aumentare già da diversi anni a causa dell’enorme utilizzo nella creazione delle batterie per smartphone e altre apparecchiature tecnologiche. Un chilo di carbonato di litio, che in passato costava 8 dollari, nel 2016 ha sfiorato i 26 per poi stabilizzarsi intorno ai 21 dollari al chilo. L’offerta dei produttori di litio sta aumentando, ma non è ancora capace di soddisfare tutta la domanda che è in continua crescita, gli analisti di “The Lithium Spot” hanno stimato, che nonostante quest’anno l’offerta riesca più o meno a coincidere con la domanda, nel 2025 quest’ultima sarà più che raddoppiata causando non pochi problemi. Per quanto riguarda il cobalto, che in una Tesla è presente in quantità rilevanti, circa 22 kg, l’anno scorso ha toccato i 19 dollari circa al chilo. Esso è estratto da pochi fornitori in paesi governati da regimi instabili oppure destabilizzati da guerre, pregiudicandone il rapido approvvigionamento. Cfr. BELLOMO S., “L’auto elettrica scatena la corsa al litio e al cobalto”, in Il Sole 24 ore, 09 Agosto 2017. 6 36 Tesla per far fronte a questi costi, ha ultimato nel luglio del 2017 in Nevada, la prima parte della costruzione della Gigafactory7, un’enorme complesso grande come 100 campi da calcio, nel quale fabbrica le batterie per le proprie vetture elettriche e la Powerwall, una batteria agli ioni di litio domestica in grado di accumulare energia solare di giorno per rilasciarla di notte. L’investimento è stato di 5 miliardi di dollari, finanziati in parte con la collaborazione della Panasonic, produttrice giapponese di batterie, la quale ha investito circa 1,6 miliardi, e tramite incentivi fiscali per 1,3 miliardi di dollari concessi dal Nevada, in quanto il complesso portato a termine garantirà circa 6.500 mila posti di lavoro al suo interno e altrettanti tramite fornitori e distributori. Figura 3: GigaFactory, Nevada. Fonte: Tesla.com L’intero stabile, che diventerà una delle fabbriche più grandi al mondo, è alimentato completamente da fonti di energia rinnovabili ( pannelli fotovoltaici ) e il suo obiettivo sarà, una volta ultimato, di produrre annualmente 35 gigawattora ( GW/h ) di celle, dove un GW/h equivale a generare un miliardo di watt per un’intera ora, 50 pacchi di batterie annui e tramite le economie di scala di tagliare i costi del 30 %. Tesla fa delle batterie l’elemento portante e distintivo delle proprie vetture, predilige batterie capienti che permettono un’autonomia maggiore, rispetto ad altre vetture con batterie più piccole ma facilmente ricaricabili. Cfr. ZUCCONI L., “Tesla, la Gigafactory apre il 29 luglio”, in Wired.it, 31 maggio 2016. 7 37 Essa crede nell’elettrificazione dei trasporti a livello mondiale e all’installazione di fonti di energia rinnovabili e per fare questo, produce batterie nel minor tempo possibile, sperando in un aumento continuo della domanda. Tutto questo però è rischioso, perchè se questa corsa verso l’elettrificazione si dovesse arrestare, essa rimarrebbe con una grande quantità di merce invenduta. 3.2.4 L’innovazione dei prodotti Tesla Quando nel 2003 gli ingegneri Martin Eberhard e Marc Tarpenning fondarono Testa, ebbero come obiettivo quello di far capire al mondo che le auto elettriche potevano essere più veloci, più comode e più sicure delle autovetture tradizionali. Fin da subito, ebbero in mente di creare vetture elettriche tali da poter essere equiparate alle più famose berline in circolazione. I prodotti Tesla attuali superano queste aspettative sotto quasi ogni punto di vista, essi sono migliori sia nelle performance sia nell’autonomia. Il primo modello immesso sul mercato nel 2008, come già menzionato, fu la Tesla Roadster, una sportiva due posti nata dalla collaborazione con la Lotus, la quale fornì i telai per la sua fabbricazione. Per l’epoca, la Roadster aveva prestazioni da super car, dagli 0 ai 100 Km/h in meno di 4 secondi e una velocità massima di 200 Km/h. Le batterie presenti agli ioni di litio consentivano un’autonomia di circa 340 km e la loro ricarica completa attraverso le stazioni di ricarica, durava circa 3 ore, mentre per una ricarica dell’80% ne erano sufficienti due; un’eventuale ricarica presso un’abitazione impiegava più di 10 ore. Il motore montato sotto il cofano era un trifase a quattro poli con una potenza massima di 248 cavalli tutti immediatamente disponibili, caratteristica tipica dei motori a propulsione elettrica rispetto a quelli termici. Il raffreddamento del motore avveniva tramite la circolazione dell’aria e non attraverso il convenzionale liquido di raffreddamento delle vetture tradizionali. I progettisti di Tesla scelsero per la carrozzeria un composito di fibra di carbonio stampato a resina per minimizzare il peso. É chiaro come fu una vera innovazione per quel periodo, nessuna auto elettrica si avvicinava a quelle prestazioni. 38 Successivamente, venne concepito ed immesso sul mercato nel 2012, il modello che fece della Tesla una delle compagnie più innovative di quel periodo, la Model S8, una berlina con un motore di ben 387 cavalli per il modello standard, in grado di accelerare dagli 0 ai 100 km/h in soli 2,7 secondi e un’autonomia di 401 km. Interni lussuosi con al centro della plancia un display touch-screen da 17 pollici in grado di governare l’auto alle richieste del conducente. Tuttavia, le incredibili performance non furono le uniche innovazioni introdotte, infatti la vera novità consistette nel pilota automatico in grado di governare da solo l’intera vettura, senza l’ausilio del conducente. Una capacità mai introdotta in un veicolo ordinario come l’automobile che fece ovviamente scalpore. Inizialmente sui primi veicoli venne installato un semi-pilota automatico, mentre adesso la guida è totalmente autonoma su strada grazie alle otto videocamere che forniscono una visibilità totale intorno all’auto in un raggio di 250 metri, con l’aggiunta di dodici sensori a ultrasuoni che individuano qualsiasi ostacolo alla distanza di 500 metri dalla vettura. Un sistema radar fornisce dettagli sull’ambiente circostante in grado di percepire senza problemi anche con forte pioggia, vento o neve, questi dati vengono elaborati dal computer di bordo con software proprietario di Tesla, il quale adeguerà la velocità della vettura a quella del traffico, cambierà autonomamente corsia oppure parcheggerà da solo. “Non c'è altro da fare che salire a bordo e dire all'auto dove si vuole andare. Se non si dice niente, l'auto cercherà nel calendario l'ubicazione del prossimo appuntamento e vi si recherà. In assenza di appuntamenti si dirigerà verso casa. La tua Tesla calcolerà l'itinerario ottimale, percorrerà le strade urbane (anche quelle senza riferimenti di corsia), attraverserà gli incroci complessi con semafori, segnali di stop e rotatorie, destreggiandosi anche sulle autostrade trafficate in mezzo alle auto che viaggiano a forte velocità. Quando arrivi a destinazione, esci dall'auto di fronte alla porta e la tua Tesla inserirà la modalità di ricerca parcheggio, cercando automaticamente un posto ed entrandoci da sola. Un semplice clic sul telefono la fa ritornare da te.” (Dichiarazioni presenti sul sito Tesla.com) 8 https://www.tesla.com/it_IT/models, consultato il 14/01/2017. 39 Purtroppo, il pilota automatico non è ancora ritenuto legale e sicuro in molti paesi, ma Elon Musk recentemente ha dichiarato che: "Nel giro di tre anni potremo costruire vetture completamente autonome, in grado di trasportare gli automobilisti da casa al lavoro senza toccare nulla. Sarà possibile dormire lungo tutto il tragitto in grande sicurezza." Tutto questo a patto che i governi intervengano stabilendo leggi adatte, così da consentire un ulteriore passo avanti verso l’evoluzione dei trasporti per certi versi fantascientifica. Tramite l’Autopilot Tesla compì un ulteriore salto di qualità che gli permise di vendere 100.000 mila unità della Model S. Nel 2015, venne lanciato sul mercato un potente SUV elettrico, il Model X, sviluppato sulla base della Model S, con un peso di circa 2,5 tonnellate, accelerazione dagli 0 ai 100 km/h in 3 secondi e un’autonomia di 400 km; dati impressionanti per una vettura con una massa così pesante, grazie ai due motori ( Dual Motor ) nella versione performance Model X 90D, uno per asse e indipendenti l’uno dall’altro in grado di sprigionare una potenza di 422 cv. Settabile con 5 o 7 posti o addirittura due portabagagli e ovviamente con Autopilot integrato. Un’ulteriore innovazione fu l’evoluzione delle cosiddette portiere ad “ali di gabbiano”, per consentire un’apertura più comoda rispetto a quest’ultime vennero ideate ed installate le “falcon wings”, portiere capaci di aprirsi occupando il solo spazio di 30 cm e con un sofisticato sistema, di fermasi non appena quest’ultimo rilevi un ostacolo che potrebbe comprometterne l’apertura. Con un costo di circa 105.000 mila dollari, il Model X fu il primo ed unico SUV elettrico in circolazione, con il quale Tesla vendette 25.000 mila unità diventando l’auto elettrica più venduta in Norvegia nel 2016. Le autovetture tradizionali, non sono in grado di migliorarsi una volta acquistate e si è costretti a passare al modello successivo per ottenere prestazioni o optional di sicurezza migliori. Non è il caso di una Tesla, in quanto essendo governata praticamente da un computer, è in grado di connettersi a internet con velocità LTE e di scaricare aggiornamenti software che correggono eventuali errori oppure implementano nuove funzioni che ne migliorano le prestazioni e la sicurezza. Come spiegato in precedenza, Tesla Inc. finora, utilizzando una strategia di focalizzazione, ha venduto prodotti di nicchia ad un costo importante e dalle indubbie qualità. 40 Nel 2016 Tesla ha compiuto un importante passo verso l’elettrificazione di massa, presentando una vettura per la vendita su larga scala ad un prezzo molto più contenuto e accessibile al grande pubblico. Il 31 marzo 2016 Elon Musk presenta una berlina, la Model 3, dal costo di 35.000 mila dollari per la versione base, dichiarando che nessun optional importante verrà sacrificato a causa del prezzo contenuto. Capace di raggiungere i 100 Km/h in 5,6 secondi, 5 posti a sedere, autonomia di 320 km e con due bagagliai uno anteriore e uno posteriore così come per la Model S, all’interno un display da 15 pollici e otto airbag è considerata dalla casa produttrice il modello più sicuro creato fino ad ora ma non il più tecnologicamente avanzato. Con il suo acquisto Tesla, come per gli altri suoi prodotti, garantisce la ricarica presso le stazioni Supercharger gratuite per tutta la titolarità del veicolo, quindi in caso di rivendita il diritto decade. Ovviamente, per un’azienda che ha sempre prodotto beni di nicchia, distribuire un prodotto che debba essere venuto su una scala così vasta, costituisce sicuramente un problema. L’azienda ha dichiarato9 che a fine 2017 sarebbero state prodotte 5.000 unità a settimana, obiettivo che non è stato raggiungo e rimandato a fine 2018, causando tra l’altro un crollo in borsa del 5%. Infatti, Tesla tutt’oggi sembra avere problemi nel soddisfare l’enorme domanda della Model 3, che a fine agosto 2017 ha raccolto circa 500.000 mila ordini, un numero enorme per un’azienda che fino ad ora aveva prodotto meno di 100.000 esemplari annui, per i quali i clienti hanno già versato 1.000 dollari di caparra per il suo acquisto senza mai nemmeno averla vista fisicamente. La conseguenza di tale domanda ha causato un aumento della produzione e delle consegne dei componenti da parte dei fornitori di Tesla, che per garantire le enormi richieste della casa automobilistica hanno dovuto aumentare i turni di lavoro con annessi straordinari, inoltre, alcune cause sono da imputare allo stato dei lavori della Gigafactory ultimata solo per il 30% nel suo complesso. Nonostante i numeri non proprio incoraggianti, gli analisti sono convinti che Tesla riuscirà nell’impresa come più volte dimostrato durante gli anni della sua attività. Cfr. SENATORE A., “Tesla Model 3: spiegati i motivi del ritardo nella produzione”, in Investireoggi, 03 Novembre 2017. 9 41 Costruendo l’intera azienda su promesse finora solo in parte mantenute, Elon Musk nel novembre 2017 presenta a sorpresa due importanti veicoli. La nuova sportiva elettrica di lusso, la Roadster 2, che verrà rilasciata solo nel 2020, con performance incredibili, accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 1,9 secondi, una velocità massima di ben 400 km/h e un’autonomia di 1.000 km, al prezzo di 200.000 mila dollari, caratteristiche da far impallidire le più potenti super car presenti in circolazione, ma con costi di manutenzione e di consumi quasi inesistenti. Infine, proprio come Volvo e Mercedes, Tesla amplia i suoi orizzonti e il proprio business anche ai veicoli commerciali, presentando il Tesla Semi10, un potente Tir elettrico dalle forme futuristiche, con un’autonomia di 800 km con una sola ricarica, la cui produzione inizierà nel 2019. Tesla per la sua costruzione ha optato per un sedile conducente al centro dell’abitacolo, così da garantire la produzione di un solo modello anche nei paesi in cui la guida è diversa; è in grado di accelerare da 0 a 60 km/h in 20 secondi a pieno carico ed è più veloce e scattante di ogni altro Tir con motore a benzina o diesel sul mercato. Con un costo di 200.000 mila dollari, l’azienda ha dichiarato che il risparmio dei costi di manutenzione e consumi sarà di circa 200.000 mila dollari all’anno, numeri eccezionali per un mezzo commerciale, così altisonanti che ha già raccolto più di 400 ordini, di cui 150 unità richieste dalla UPS, per un investimento di 250 milioni di dollari, con l’intenzione di convertire all’elettrico le sue flotte di mezzi commerciali impiegati nella consegna e nella distribuzione e dalla Pepsi per 100 unità, depositando una caparra iniziale di ben 50.000 mila dollari. 3.2.5 La strategia competitiva di Tesla inc. Possedere un’autovettura elettrica, secondo Tesla, non significa scendere a compromessi in termini di prestazioni rispetto alle più apprezzate auto tradizionali, ma costituisce un vero e proprio “valore aggiunto”. Nel corso della sua attività, ha progettato autovetture che addirittura superano le attuali berline sul mercato, essa è andata anche oltre il concetto di veicolo elettrico zero emissioni. Cfr. BAL C., «Tesla Semi, il Tir elettrico nel 2019. E poi la Roadster che “prende a sberle le sportive a benzina”», in la StampaMotori, 17 Novembre 2017. 10 42 Intorno ai suoi prodotti e al suo brand ha creato uno “status symbol”, possedere una Tesla è sinonimo di competenza, di lungimiranza e soprattutto di responsabilità ambientale. Ha stimolato l’immaginazione dei suoi potenziali acquirenti e fatto assolutamente importante, ha ritenuto ortodosse ed errate le convenzioni esistenti, non soltanto nel settore dell’automotive, ma dell’intero settore energetico. Infatti, il mercato delle automobili non era di certo saturo e pronto nel 2006 alla rimozione dei combustibili fossili come fonte di alimentazione, Tesla ha voluto intenzionalmente rompere questi schemi per proiettare il settore dei trasporti verso le autovetture ecosostenibili. Partendo da questo, si possono delineare alcune delle strategie adottate dall’azienda. Non disponendo delle risorse delle grandi case automobilistiche e non potendo di certo avviare una produzione di massa appena costituita, optò per una produzione di nicchia, penetrando il mercato con pochissimi modelli dalle indubbie qualità. Inizialmente, dato l’elevato di grado di innovazione dei suoi prodotti, come si è solito fare nei settori della tecnologia e dell’informatica, ma non in quello dell’automotive, decise di puntare su quella categoria di consumatori che tende ad utilizzare dei prodotti o dei servizi prima dell’introduzione sul mercato ( early adopters ), ossia quelle persone propense al cambiamento, spesso facoltose, con la capacità di influenzare la restante parte del mercato e grazie al loro feedback, di ottenere delle indicazioni per il miglioramento e lo sviluppo futuro. Tesla decise che era essenziale puntare gran parte delle sue risorse, nel costruire un veicolo totalmente elettrico dalla grande autonomia, ma anche un veicolo in grado di superare le performance dei concorrenti di pari livello sul mercato. Per fare ciò, operò sul lato tecnico, ovvero accelerazione, velocità massima, ecc, lanciando la Tesla Roadster, che aveva tutte le carte in regola per essere equiparata se non migliore delle sportive due posti dell’epoca. Tutto questo ovviamente, non bastò per costruire una solida e duratura posizione sul mercato, infatti la grande casa automobilistica statunitense Chevrolet non restò impassibile e nel 2010 lanciò sul mercato la Chevrolet Volt, autovettura ibrida con motore elettrico e termico al prezzo di 41.000 mila dollari, molti di meno rispetto ai 108.000 mila della Roadster. 43 Tesla, facendo dell’innovazione la sua arma vincente, produsse la Model S e vi installò il pilota automatico sviluppato in casa, costituendo un ulteriore vantaggio sulla concorrenza e un motivo all’acquisto dei propri prodotti, vendendo più di 100.000 mila unità nel 2015. La Model S e la Model X erano per Tesla la punta di diamante dei suoi prodotti e grazie ai ricavi ottenuti da quest’ultime decise di intraprendere la produzione su larga scala con la già citata Model 3, per accelerare la corsa all’elettrificazione e non colpire solo la fascia del lusso ma anche il mercato di massa. Ovviamente, è impensabile fornire auto elettriche se i metodi per ricaricarle sono scarsi o del tutto inesistenti. Infatti, è proprio questa la vera causa della lenta elettrificazione dei trasporti, pochi punti di ricarica disseminati nel mondo rispetto alle incalcolabili stazioni di benzina presenti ovunque. Parte della strategia Tesla si basa anche su questo, oltre a fornire autovetture elettriche, ha pensato bene di creare la propria rete privata di ricarica elettrica, le Tesla Supercharger11, stazioni di ricarica da 120 Kw di potenza. Un importante investimento che ha reso Tesla l’unico marchio automobilistico possessore di una rete di ricarica elettrica così vasta. Le Supercharger sono compatibili solo con le auto brand Tesla e quest’ultima spende circa 270.000 mila dollari per installarne soltanto una. Come se non bastasse, l’azienda ha fornito ricariche gratuite a tutti i primi acquirenti di un suo prodotto, estendendo tale fruizione anche per tutto il 2017. Figura 4: Mappa delle stazioni Supercharger nel mondo Fonte: electrek.co Cfr. VAI A., “Tesla Supercharger, la ricarica rapida è l’assicurazione sul futuro di Elon Musk”, in la StampaMotori, 25 Febbraio 2016. 11 44 Presso queste stazioni di ricarica è possibile controllare lo stato della batteria dal proprio smartphone attraverso l’apposita applicazione, il tempo di attesa è di 20 minuti per una ricarica dell’80 % e circa un’ora per una ricarica completa, questo perché le speciali colonnine ricaricano molto velocemente fino a rallentare in prossimità del 100 % per preservare la durata della batteria nel tempo. Dal 2012 sono stati installati circa 5.400 Supercharger in tutto il mondo, inoltre, il suo Ceo Elon musk ha dichiaro che le stazioni di ricarica passeranno a 10.000 mila unità in tutto il mondo entro la fine del 2018. È palese, che installando le propri stazioni, Tesla abbia costituito un importante e duraturo vantaggio competitivo, in quanto non sarà affatto facile e immediato per la concorrenza replicare questa distribuzione in continua crescita e cosi utilizzata. 3.2.6 Il Marketing strategico Se volessimo acquistare un’autovettura tradizionale basterebbe recarci in una qualsiasi concessionaria, ma non per acquistare un prodotto Tesla. Non esistono concessionari del suo brand, esistono dei piccoli punti definibili come showroom, disseminati nei centri commerciali o nei luoghi di maggior interesse delle grandi metropoli, come per gli Apple store. Al loro interno è presente il telaio e la rappresentazione interna di un modello Tesla e non vi sono venditori, ma del personale qualificato in grado di spiegare come funziona ogni singola parte del motore elettrico o di un suo componente e di consigliare l’acquisto del modello che più si avvicina alle proprie esigenze. In questi piccoli centri quindi, non si vende nulla, ci si reca solamente per vedere fisicamente un prodotto Tesla. Per effettuare l’acquisto è necessario utilizzare unicamente il sito internet Tesla.com, dove verrà predisposta una pagina per la configurazione del modello e degli eventuali optional scelti. Così facendo, Tesla ha creato un’aria di esclusività intorno ai suoi prodotti e fatto insolito, ha eliminato le terze parti, come i concessionari, per controllare autonomamente la distribuzione attraverso l’ordine diretto online. Inoltre, l’azienda ritiene che, concedere la vendita delle proprie vetture a dei concessionari, possa indebolire addirittura le vendite, in quanto non essendo personale qualificato non è in grado di spiegare il funzionamento di un motore elettrico e quindi le caratteristiche del prodotto nel dettaglio e nemmeno gli indubbi pregi. 45 Questo perché, un’autovettura elettrica al suo interno, è totalmente differente da un’autovettura tradizionale e spingere per l’acquisto di una vettura Tesla rispetto ad un’altra, sminuirebbe e indebolirebbe sicuramente quello delle normali autovetture vendute dagli stessi concessionari insieme ai prodotti Tesla nei propri autosaloni. Figura 5: Interno di un Tesla showroom. Fonte: www.gizmodo.com Per quanto riguarda il Web Marketing, anche sotto questo aspetto il modo di operare dell’azienda non è conforme ai normali modelli di business. Non esiste uno spot che sponsorizza i prodotti Tesla e non esistono inserzioni sulle riviste. La sua diffusione si concentra soprattutto sul passaparola dei suoi possessori e sui social media. Infatti, a differenza delle più note case automobilistiche, Tesla tiene enormemente conto delle recensioni dei suoi clienti, tanto da instituire una sezione apposita sul sito web, cosicché tutti possano almeno in parte comprendere cosa significhi possedere una Tesla. Anche nell’utilizzo dei social network l’azienda si comporta diversamente, infatti, a differenza dei dirigenti di altre case automobilistiche molti dei quali davvero poco conosciuti, Tesla può contare sul suo carismatico Ceo Elon Musk, che ha davvero avuto un impatto importante per la diffusione del suo prodotto. Egli è sempre attivo sui social, non ha timore di esporsi e di rispondere per quanto sia possibile, alle domande dei fan. È sempre lui a presentare i nuovi prototipi e prodotti ed è proprio grazie a lui che il brand ha raggiunto 900.000 mila condivisioni da Facebook, 125.000 da Twitter e 75.000 da LinkedIn nell’anno 2017. Uno strumento importante e a costi davvero bassissimi se non nulli rispetto alle cifre delle campagne pubblicitarie della concorrenza. 46 Riflessioni conclusive Nel il presente elaborato, sono state analizzate le principali nozioni di vantaggio competitivo e innovazione, fondamentali per comprenderne l’ultima parte, ovvero l’analisi del caso Tesla. Quest’ultima, con un valore di più di 60 miliardi di dollari, sarà sicuramente protagonista, in positivo, del futuro del settore dell’automotive. Oltre alle strategie adottate, inconsuete per un brand automobilistico, essa persegue come obiettivo quello di rimodellare il concetto stesso di automobile e della sua guida. Alla base di tale progetto, c’è la voglia di trasformare radicalmente il settore di appartenenza, proiettandolo verso un futuro sostenibile che ha come punto fermo la tutela e il rispetto dell’ambiente. Essa sfida le “lobby del petrolio” con i suoi veicoli elettrici, avvalendosi anche dell’emergente sensibilizzazione delle persone alla tutela ambientale. Grazie a questo, numerosi governi si sono attivati, come spiegato in precedenza, per promuovere la diffusione dei veicoli a emissioni zero, istituendo leggi o concedendo incentivi. Con il suo comportamento opportunistico nei confronti della concorrenza, ha costretto quest’ultima a ripianificare le proprie gamme di prodotti, allineandole al suo business e ottenendo un effetto domino notevole. In conclusione, se Tesla riuscirà nella sua impresa, sarà stata la promotrice di una rivoluzione unica, in quanto le automobili e quindi i trasporti, sono alla base della stragrande maggioranza delle attività umane. Non bisogna soffermarsi solo sul veicolo elettrico in sé per sé, ma anche a tutto ciò che il suo possesso comporta, per esempio, come quest’ultimo è ricaricato. Infatti, se questa rivoluzione prenderà piede, vi sarà un aumento smisurato dell’installazione e dell’utilizzo delle energie sostenibili da parte degli stessi consumatori sia nelle proprie abitazioni private, sia nei luoghi di lavoro, cosicché da poter ricaricare l’automobile in qualsiasi momento e non soltanto presso i distributori predefiniti, causando dunque una corsa all’energia ecosostenibile, diminuendo l’inquinamento globale. 47 Bibliografia - Sitografia Fontana F., Caroli M., “Economia e gestione delle imprese”, McGraw-Hill, Milano, 2009. Grant R. “L’analisi strategica per le decisioni aziendali”, Il Mulino, Bologna, 1999. Michael E. Porter “Il vantaggio competitivo”, Edizione Comunità, Milano, 1987. Schilling M. A. “Gestione dell’innovazione”, McGraw-Hill, Milano, 2009. 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E poi la Roadster che “prende a sberle le sportive a benzina”», in la StampaMotori, 17 Novembre 2017. http://www.lastampa.it/2017/11/17/motori/novita/tesla-semi-il-tir-elettrico-nel-e-poi-la-roadster-cheprender-a-sberle-le-sportive-a-benzina-XHxd35WvEsbGpbLIcEl0RL/pagina.html VAI A., “Tesla Supercharger, la ricarica rapida è l’assicurazione sul futuro di Elon Musk”, in la StampaMotori, 25 Febbraio 2016. http://www.lastampa.it/2016/02/25/motori/ambiente/tesla-supercharger-la-ricarica-rapidalassicurazione-sul-futuro-di-elon-musk-UsuSP6uqNicmytD6u4Gv4L/pagina.html 49 . 50