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Tesi Tesla Inc. pdf

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FOGGIA
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA AZIENDALE
TESI DI LAUREA
IN
ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE
“L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA QUALE FONTE DI
VANTAGGIO COMPETITIVO NEL SETTORE
DELL’AUTOMOTIVE: IL CASO TESLA INC.”
Relatore:
Candidato:
Egr. Prof. Pierpaolo Magliocca
Matteo Cafora
Anno accademico 2017/2018
1
2
Indice
INTRODUZIONE .................................................................................................. 5
CAPITOLO 1 ........................................................................................................ 6
I FATTORI DEL SUCCESSO AZIENDALE ......................................................... 6
1.1 Il concetto di vantaggio competitivo ......................................................... 6
1.2 Le risorse ....................................................................................................... 7
1.3 La difesa del vantaggio competitivo .......................................................... 8
1.4 La catena del valore...................................................................................... 9
1.4.1 Le attività primarie................................................................................... 11
1.4.2 Le attività di supporto .............................................................................. 12
1.5 le strategie di base ...................................................................................... 13
1.5.1 Leadership di costo ................................................................................. 13
1.5.2 Differenziazione ..................................................................................... 14
1.5.3 Focalizzazione ........................................................................................ 16
1.5.4 La multi - strategia .................................................................................. 17
1.6 L’alleanza strategica ................................................................................... 17
CAPITOLO 2 ...................................................................................................... 20
IL PROCESSO INNOVATIVO ........................................................................... 20
2.1 L’innovazione ............................................................................................. 20
2.1.1 Tipologie di innovazione ........................................................................ 21
2.2 Le fonti dell’innovazione ........................................................................... 23
2.2.1 Open innovation ..................................................................................... 25
2.2.2 Demand pull ........................................................................................... 26
3
2.3 La scelta del tempo di ingresso sul mercato .......................................... 28
CAPITOLO 3 ....................................................................................................... 30
LA STRATEGIA DI TESLA INC. ....................................................................... 30
3.1 Il settore dell’automotive verso il cambiamento .................................... 30
3.2 L’analisi del successo di Tesla inc. .......................................................... 32
3.2.1 La nascita di Tesla Inc. .......................................................................... 32
3.2.2 Il visionario Ceo di Tesla: Elon Musk .................................................... 34
3.2.3 La produzione di Tesla Inc. ................................................................... 35
3.2.4 L’innovazione dei prodotti Tesla ............................................................ 38
3.2.5 La Strategia competitiva di Tesla Inc. ................................................... 42
3.2.6 Il Marketing strategico ............................................................................. 45
RIFLESSIONI CONCLUSIVE............................................................................. 47
BIBLIOGRAFIA – SITOGRAFIA ....................................................................... 48
4
Introduzione
L’innovazione, nel contesto economico odierno, rappresenta la principale fonte
di vantaggio per le imprese che intendono competere sul mercato. La presente
trattazione spiega come sostenere l’innovazione dei prodotti e dei servizi, possa
garantire il consolidamento della posizione strategica di un’impresa. Offrire
prodotti o servizi innovativi comporta, ovviamente, un lungo processo dove
l’impresa è chiamata ad effettuare scelte importanti per poter imporsi sulla
concorrenza e a sostenere costi ingenti per la ricerca che non sempre porteranno i
frutti sperati. Un’impresa innovativa, è un’impresa che si pone come obiettivo
primario il costante soddisfacimento delle esigenze della propria clientela, pratica
essenziale per sopravvivere in un qualsiasi settore di mercato.
Il caso preso in esame è quello di Tesla Inc., azienda statunitense produttrice di
veicoli elettrici a emissioni zero. Tesla fa dell’innovazione tecnologica la sua arma
principale per fronteggiare la concorrenza in un settore, quello dell’automotive,
enorme e con numerosi brand affermati al suo interno. I veicoli innovativi Tesla,
hanno costretto gli stessi concorrenti a ripianificare i propri modelli di business per
fronteggiare questo nuovo e redditizio mercato delle autovetture elettriche, finora
ancora acerbo e poco battuto. L’innovazione tecnologica posta in essere da Tesla,
come si vedrà in seguito, ha superato le più rosee aspettative dei consumatori,
veicoli in grado di essere pilotati autonomamente e con prestazioni e consumi pari
se non superiori a quelle delle attuali e più famose berline in circolazione. Essa non
disponendo di certo degli enormi budget e investimenti delle più note e affermate
case costruttrici, ha saputo fronteggiare le dinamiche concorrenziali con approcci
totalmente differenti rispetto ai normali modelli di business del settore
dell’automotive, costruendo autovetture elettriche inizialmente per un mercato di
nicchia e avviando successivamente la sua produzione al mercato di massa,
riscontrando non pochi problemi. Infine, l’elaborato cerca di porre l’attenzione del
lettore sul secondo fine posto in essere dall’azienda, ovvero quello di rimodellare
dapprima il settore dell’automotive e in seguito quello dei trasporti, cercando di
portare quest’ultimo verso un futuro ecosostenibile, dove i combustibili fossili non
sono più la fonte primaria di alimentazione.
5
Capitolo 1
I fattori del successo aziendale
1.1 Il concetto di vantaggio competitivo
Il principale obiettivo di una qualsiasi impresa è sicuramente quello di
massimizzare i propri profitti a discapito della concorrenza. L’ambiente in cui
l’impresa svolge la propria funzione e intrattiene relazioni d’affari con i diversi
portatori di interesse (fornitori, rivali, clienti, distributori, ecc..) viene denominato
“ambiente competitivo”, esso è di notevole importanza, in quanto proprio
all’interno di quest’ultimo l’impresa adotterà tutte le possibili strategie per
migliorare la propria posizione strategica e quindi il proprio fatturato. Il risultato di
queste strategie, in un caso positivo si intende, porterà l’impresa in una situazione di
notevole vantaggio rispetto ai concorrenti e mantenendo questa redditività superiore
nel medio-lungo periodo essa acquisirà un vantaggio competitivo. Il vantaggio
competitivo esprime, quindi, una performance migliore in termini di redditività
rispetto alla media dei rivali dello stesso gruppo strategico1. Alla base di ciò, c’è la
capacità dell’impresa di risultare diversa dai concorrenti, oppure, di risultare
“migliore” nel fare qualcosa rispetto a quest’ultimi. Questa diversità può
concretizzarsi attraverso:

Una posizione strategica migliore, che può derivare dall’uso di risorse e
competenze distintive, le quali consentono all’impresa di produrre
beni/servizi che il cliente non riesce a reperire altrove e per questo è
disposto a pagare un prezzo più alto;

L’efficienza operativa, ovvero la capacità di utilizzare in maniera
economica le risorse a propria disposizione e di migliorare i propri processi
riducendo il costo medio, risultando superiore alla concorrenza.
Cfr. Fontana F., Caroli M., “Economia e gestione delle imprese”, McGraw-Hill, Milano, 2009, pag. 77.
1
6
È facilmente intuibile, come le risorse siano di estrema importanza in quanto
costituiscono le fondamenta per la futura evoluzione dell’impresa.
1.2 Le risorse
Secondo Robert Grant, le risorse possono essere identificate in tre tipologie2:
1. risorse tangibili;
2. risorse intangibili;
3. risorse umane.
Le risorse tangibili, di facile individuazione e imitazione, sono le risorse finanziare
e fisiche dell’impresa, normalmente iscritte nei libri contabili (non sempre
corrispondono al valore reale), sono per esempio i fabbricati e i macchinari.
Le risorse intangibili o immateriali, sono difficilmente deducibili dalla lettura dei
libri contabili, esse hanno acquisito con il tempo un ruolo di vitale importanza in
ambito strategico, in quanto sono di difficile imitazione. Esempio: marchio
aziendale, reputazione e immagine.
Le risorse umane, rappresentano le conoscenze (know-how) e le abilità individuali,
che i dipendenti e i dirigenti immettono e manifestano all’interno dell’azienda. Esse
da un certo punto di vista sono assimilabili sia come risorse materiali per via della
loro fisicità, sia come risorse immateriali, perché non possono essere tradotte in
termini patrimoniali; si creano attraverso investimenti nella formazione e
l’apprendimento del personale.
Figura 1: Schema riassuntivo per l’attuazione del vantaggio competitivo
Risorse
Strategia
Vantaggio
competitivo
Fonte: Nostra elaborazione
Cfr. Grant R. “L’analisi strategica per le decisioni aziendali”, Il Mulino, Bologna, 1999, pag. 130-133.
2
7
Detto ciò, una risorsa per essere utile ai fini strategici, deve essere
contemporaneamente:

rara, quindi difficilmente reperibile;

costosa da imitare;

non sostituibile, ovvero non esistono equivalenti strategici adatti.
1.3 La difesa del vantaggio competitivo
Ottenuta una posizione favorevole all’interno del settore, essa dovrà essere
sostenuta affinché possa perdurare nel tempo, in quanto tenderà in maniera piuttosto
rapida a perdere la sua efficacia. Essenzialmente, l’erosione del vantaggio avverrà
per opera della concorrenza che cercherà di appropriarsi di qualsiasi risorsa o
competenza, tramite l’imitazione3. Per contrastarla è necessario comprendere il
processo di imitazione competitiva, che è caratterizzato dai seguenti elementi:
1. Identificazione, un’impresa deve essere in grado di riconoscere che un
competitor è in una posizione di vantaggio competitivo;
2. Incentivo, deve ritenere di poter ottenere lo stesso vantaggio investendo
nell’imitazione;
3. Diagnosi, deve essere capace di comprendere le basi della strategia messa
in atto dal competitor;
4. Acquisizione delle risorse, l’impresa deve essere in grado di reperire le
risorse necessarie per l’imitazione.
Per
quanto
riguarda
l’identificazione,
può
essere
contrastata
attraverso
l’occultamento dei profitti superiori alla media del settore, rinunciandovi nel breve
periodo, cosicché i competitor non comprendano fin da subito la posizione di
vantaggio ottenuta.
3
Ibidem, Capitolo 7.
8
Sull’incentivo invece, una strategia prevede di occupare tempestivamente e
anticipatamente nicchie di mercato prima della concorrenza, così da ridurre i loro
possibili investimenti; inoltre, è possibile dissuadere i competitor attraverso
minacce su una guerra di prezzo al ribasso, ma queste per essere efficaci dovranno
essere credibili, quindi supportate da una capacità di eccesso di giacenze
in
magazzino. Per la diagnosi, l’impresa può reagire creando incertezza sul suo
operato attraverso “l’ambiguità causale”, ovvero quanto più essa sarà complessa e
multidimensionale in ogni sua attività, tanto più saranno incerte le determinanti del
suo successo e quindi difficilmente replicabili.
Infine, riguardo l’ottenimento delle risorse necessarie, è preferibile generarle
internamente, il ché costituisce sicuramente il mezzo migliore di acquisizione, come
nel caso dei brevetti industriali che consentono l’utilizzo esclusivo al possessore per
un periodo di tempo determinato. Entrare per primi in possesso di una nuova
risorsa, non comporta soltanto il suo utilizzo esclusivo, ma anche un aumento della
propria reputazione e immagine, che non può di certo essere nel breve periodo,
eguagliata dai concorrenti.
1.4
La catena del valore
La strategia per raggiungere un determinato vantaggio sulla concorrenza
prevede un certo modo di realizzare le attività dell’impresa e di sviluppare relazioni
stabili con soggetti esterni. Per poter realizzare quanto detto, è necessario
comprendere pienamente ogni singola area di business in cui l’impresa è impegnata.
A tal proposito, Porter ha proposto uno schema denominato “catena del valore”,
il quale disaggrega le attività strategicamente rilevanti per comprendere
l’andamento dei costi e le fonti di differenziazione possibili. La catena del valore è
un importante strumento di analisi, che consente attraverso la scomposizione del
sistema aziendale di definire una strategia competitiva individuando le fonti del
vantaggio competitivo, in quanto esso può risiedere in ciascuna delle attività che
quest’ultima svolge, dalla progettazione alla produzione, alla vendita, all’assistenza
alla clientela. Essa inoltre permette di considerare l'impresa come un sistema di
attività generatrici di valore, inteso come il prezzo che il consumatore è disposto a
pagare per il prodotto che soddisfa pienamente i suoi bisogni.
9
Figura 2: Catena del valore di Porter
Fonte: Porter “il vantaggio competitivo”, 1987.
L’unità di misura del valore è monetaria ed è rappresentata dal ricavo totale, che
cambia al variare del prezzo e della quantità venduta. Nel momento in cui i ricavi
totali superano i costi totali si genera un profitto, che graficamente (Figura 2) è
rappresentato dal margine. La catena del valore visualizza il valore totale prodotto
dall’azienda ed è composta da due elementi essenziali:
1. Le attività generatrici di valore4;
2. Il margine.
Le attività generatrici di valore sono attività fisicamente e tecnologicamente
distinte che l’impresa svolge, mentre il margine è la differenza tra il valore totale e
il costo complessivo sostenuto da tali attività.
Esse si suddividono a loro volta in:

Attività primarie;

Attività di supporto.
Cfr. Michael E. Porter “Il vantaggio competitivo”, Edizione Comunità, Milano, 1987, pag. 46-49.
4
10
1.4.1 Le attività primarie
Le attività primarie5 sono quelle impiegate nella creazione fisica del prodotto,
nella vendita e nella consegna. Nel dettaglio sono rappresentate da:

Logistica in entrata;

Logistica in uscita;

Produzione;

Marketing e le vendite;

Servizi al cliente.
La logistica in entrata
riguarda la gestione dei vettori e delle consegne dei
materiali in entrata da parte dei fornitori; riguarda inoltre lo smistamento dei
materiali ai vari impianti di produzione, gestione dei magazzini e controllo
conformità.
La logistica in uscita al contrario, si occupa della programmazione delle consegne
dei prodotti finiti ai distributori e dell’evasione degli ordini.
La produzione è la fase di trasformazione delle materie prime nel prodotto finito,
essa raggruppa le attività di lavorazione, di montaggio, di confezionamento dei
prodotti, la manutenzione e il collaudo degli impianti.
Il marketing e le vendite costituiscono l’attività legata allo studio e l’analisi dei
comportamenti della clientela, attuano le politiche commerciali
e di prezzo,
gestiscono la forza vendita e i suoi canali di distribuzione.
I servizi al cliente si occupano dell’assistenza post-vendita e dell’analisi della
soddisfazione del cliente.
Ciascuna attività sarà più o meno predominante a seconda del settore industriale di
appartenenza, per esempio nel settore della moda il marketing riveste un ruolo
fondamentale per aumentare la visibilità dei propri prodotti agli occhi dei
consumatori.
Cfr. Fontana F., Caroli M., “Economia e gestione delle imprese”, McGraw-Hill, Milano, 2009, pag. 86.
5
11
1.4.2 Le attività di supporto
Le attività di supporto rendono possibile il miglior svolgimento delle attività
primarie e sono trasversali al tutto il sistema aziendale. Si suddividono in:

Approvvigionamento;

Sviluppo della tecnologia;

Gestione risorse umane;

Attività infrastrutturali.
L’approvvigionamento è la funzione di acquisto dei fattori produttivi utilizzati nella
catena del valore. Può riguardare materie prime, semilavorati, macchinari, servizi,
cancelleria e ogni altra funzione aziendale che consumi ed acquisti input.
Lo Sviluppo delle tecnologie si occupa di ogni tipo di tecnologia, di know-how e di
procedure che forniscano apparecchiature di processo. È un’attività fondamentale
per la competitività di ogni impresa.
La gestione delle risorse umane è l’insieme delle attività che comprende la ricerca,
l’assunzione e l’addestramento del personale. Il compito principale è determinare la
competenza dei dipendenti, elemento essenziale, e mantenere alta la motivazione di
quest’ultimi. Le attività infrastrutturali si occupano della direzione generale,
dell’amministrazione, della gestione finanziaria e del rapporto con gli enti pubblici.
Spesso sono considerate attività generatrici solo di costi fissi non recuperabili, in
realtà possono essere un’importante fonte di vantaggio competitivo, ad esempio,
stringere accordi con enti pubblici o grandi università può permettere l’acquisizione
di vantaggi importanti.
La catena del valore della singola impresa, infine, è parte di un sistema più ampio, il
sistema del valore6, che si compone delle catene del valore di tutte le aziende
coinvolte nella filiera produttiva, sia a monte che a valle (produttore, fornitori,
distributori) nonché di quelle dei clienti stessi.
6
Ibidem, pag. 88.
12
1.5
Le strategie di base
Come spiegato dai paragrafi precedenti, per possedere un certo vantaggio sulla
concorrenza, questo deve essere sostenuto da risorse e competenze specifiche e
durature. Ottenuto quanto necessario, l’impresa dovrà adottare la strategia che più la
rispecchia tenendo conto soprattutto del settore di appartenenza con annessi rivali.
Michael Porter, uno dei maggiori contribuenti
sulle teorie delle
strategie
competitive, riassume brevemente quest’ultime in tre principali approcci strategici:
 Leadership di costo;
 Differenziazione;
 Focalizzazione.
Figura 3: Le tre tipologie di strategie competitive
Leadership di costo
Differenziazione
Focalizzazione
Fonte: Adattamento da Porter “il vantaggio competitivo”, 1987.
1.5.1 Leadership di costo
In riferimento alla leadership di costo7, l’impresa si propone di diventare il
produttore a più basso costo nel proprio settore. Il vantaggio di un costo di
produzione minore rispetto alla media si traduce in una maggiore domanda da parte
dei consumatori, l’impresa quindi, aumenterà la propria produzione ottenendo
margini di guadagno superiori. Così facendo potrà nuovamente investire nei propri
processi riducendo ancora il prezzo di vendita e aumentando la redditività.
Cfr. Michael E. Porter “Il vantaggio competitivo”, Edizione Comunità, Milano, 1987, pag. 19.
7
13
Tutto ciò però, non è così semplice, perché l’impresa non disporrà così rapidamente
della capacità produttiva per soddisfare la domanda potenziale, oppure, un minor
prezzo di vendita non significa per forza di cose, che il consumatore debba preferire
quel prodotto/servizio, in quanto è necessario che tale differenza rispetto ai
competitor abbia un’utilità tale che, il consumatore non sia più fedele ad altri
produttori e scelga il prodotto in questione.
Tra le fonti più importanti per una vantaggio di costo, troviamo:
1. economie di scala, dove il costo medio diminuisce all’aumentare della
dimensione dell’impresa.
2. economie di apprendimento, la riduzione del costo di produzione è legata al
crescere
dell’esperienza
e
dall’apprendimento
dei
membri
dell’organizzazione, sia a livello individuale (problem solving), sia a livello
di gruppo ( routine organizzativa migliore);
3. tecniche di produzione, il costo si riduce grazie all’utilizzo di nuove
tecnologie innovative che migliorano o semplificano determinati processi o
prodotti;
4. il potere contrattuale dei fornitori, costituisce uno dei fattori più incisivi. La
riduzione
del
costo
medio
è
direttamente
legata
ai
costi
di
approvvigionamento delle risorse, infatti se la dimensione dei fornitori è di
molto superiore a quella dell’impresa, oppure la risorsa in questione è unica
o poco sostituibile, i fornitori potranno assumere una posizione contrattuale
più forte e imporre il loro prezzo; sarà essenziale quindi, stipulare accordi
economici favorevoli con quest’ultimi per ottenere le risorse necessarie al
minor prezzo possibile.
In sostanza, l’obiettivo della leadership di costo nel lungo periodo, non sarà soltanto
quello di produrre un bene al prezzo più basso, ma sarà anche, quello di accrescere
attraverso l’autofinanziamento, la dimensione stessa dell’impresa.
1.5.2
Differenziazione
Tramite la differenziazione, l’impresa si propone di offrire un prodotto/servizio
diverso dalla concorrenza al quale il consumatore attribuisce un valore superiore, e
per questo è disposto a pagare un prezzo più alto della media del settore.
14
L’impresa determinerà alcune delle caratteristiche più importanti richieste dai
clienti e cercherà di soddisfarle in modo ineguagliabile. È importante sottolineare
che, la differenziazione sarà efficace se l’aumento del prezzo del prodotto/servizio
offerto, è inferiore all’incremento di valore ottenuto tramite quest’ultima, allora, il
consumatore percepirà questo valore come un miglior rapporto qualità/prezzo
rispetto a quello dei concorrenti creando nuova domanda.
Per differenziare, un’impresa può intervenire su diversi aspetti, siano essi tangibili o
intangibili, i più rilevanti sono:

la qualità superiore del prodotto/servizio offerto, in questo caso il cliente è
spinto all’acquisto perché percepisce la qualità superiore del prodotto come
una garanzia di affidabilità nelle prestazioni e nell’assistenza post vendita;

la pubblicità e il marchio, nei settori dove le differenze tra i beni sono
difficili da cogliere, è utile pensare di differenziare tramite la costruzione di
una forte immagine del brand. L’impresa dovrà investire in pubblicità e
processi di marketing, cercando di far percepire come diverso il proprio
prodotto rispetto ai competitor. Soddisfare le promesse poste in essere dal
proprio prodotto è molto importante, in quanto il cliente si fidelizzerà al
marchio creando una barriera all’abbandono;

l’innovazione8, il rapido mutamento del mercato, costringe le imprese che
vogliono sostenere il proprio vantaggio di differenziazione ad innovare
costantemente i propri prodotti per garantire una risposta rapida alle nuove
esigenze dei consumatori, che a loro volta premieranno le stesse per essere
sempre propositive. Innovare tempestivamente risulta
particolarmente
efficace nei settori fashion-oriented e in quei settori in cui la velocità del
servizio offerto ha importanza cruciale nel soddisfare le attese del cliente
(corrieri, fast food).
8
Sarà oggetto di una trattazione più approfondita in seguito.
15
Per concludere, una strategia di differenziazione del prodotto, risulta più efficace di
quella del vantaggio di costo, in quanto sopporta in maniera migliore l’aumento dei
prezzi delle risorse necessarie, sia a monte che a valle della filiera produttiva. Un
palese svantaggio, risiede nel fatto che, mantenere le caratteristiche fisiche del
prodotto “uniche” risulterà difficile, a causa dell’imitazione attuata dalla
concorrenza.
1.5.3 Focalizzazione
Per quanto concerne la focalizzazione, essa non costituisce una strategia
competitiva a sé, perché consiste nell’attuazione di una delle due precedentemente
elencate, ma in un’area ristretta di mercato. Infatti, in ambito competitivo,
focalizzare significa ottenere un vantaggio di costo o di differenziazione in un
segmento o nicchia di mercato.
Questa strategia è adottata generalmente da piccole e medie imprese, che non
dispongono di ingenti risorse specifiche e finanziare per ottenere un vantaggio
competitivo generale in tutto il settore. È utile focalizzarsi in un segmento di
mercato se esso ha ampi margini di crescita e soprattutto se i leader di altri settori
trovano poco appetibile quest’ultimo a causa di competenze specifiche o risorse
rare. Una focalizzazione di costo, è poco frequente a causa dei bassi volumi di
produzione legati al segmento del mercato, tuttavia, risulta vantaggiosa in alcuni
settori come nel caso della compagnia aerea Ryanair, che non ha rivolto la sua
offerta all’intero settore, ma soltanto al segmento delle tratte low cost, dove i clienti
pur di viaggiare in maniera economica sono disposti a rinunciare ad alcuni servizi
base. Per quanto riguarda la focalizzazione sulla differenziazione, essa risulta
efficace quando si cerca di servire quella parte della clientela che ha richieste
specifiche e particolari, che i leader di altri settori soddisfano in maniera standard e
non ineguagliabile, per esempio, operatori turistici che organizzano viaggi
d’avventura, oppure, nel settore automobilistico, Tesla Inc.9 che opera unicamente
nel settore delle auto elettriche.
9
Oggetto di analisi nel capitolo 3.
16
1.5.4
La multi-strategia
Un’impresa che tenta di perseguire, contemporaneamente, tutte le strategie di
base correrà il rischio di non essere affatto competitiva. Questo è dovuto al fatto
che, adottare la leadership di costo o quella di differenziazione, richiede azioni che
sono naturalmente incoerenti tra loro, causando una fase di stallo.
Infatti, adottando il vantaggio di costo, l’impresa rinuncerà almeno in parte a
differenziare il suo prodotto, dato che offrirà al cliente un prodotto standardizzato
ma a un costo decisamente minore rispetto al settore; al contrario, differenziare è
per sua natura piuttosto costoso a causa della continua innovazione offerta, oppure,
perché si investe pesantemente nell’immagine del brand.
Secondo Porter, è possibile che un’impresa riesca a gestire contemporaneamente
più strategie a patto che, sussistano determinate condizioni:

concorrenti deboli10, cioè nessun concorrente è ancora così forte da
costringere l’impresa ad adottare una strategia di base;

una tecnologia innovativa, l’introduzione di una tecnologia innovativa può
consentire all’impresa di ridurre i costi perseguendo quindi, anche la
differenziazione. Ciò è dovuto al fatto che, l’impresa è l’unica a possedere
quell’innovazione, ma una volta che i concorrenti l’avranno imitata, essa
sarà nuovamente nelle condizioni di dover scegliere quale strategia adottare.
Come si evince, adottare entrambe le strategie è possibile, ma soltanto
temporaneamente.
1.6
L’alleanza strategica
L’orientamento
strategico
dell’impresa,
può
essere
anche
di
natura
collaborativa. Infatti, non è necessario, per forza di cose, che due o più soggetti
debbano agire esclusivamente da antagonisti sul mercato. In tutti i settori e in ogni
parte del mondo ormai le imprese scelgono di instaurare partnership e alleanze per
integrare le proprie iniziative strategiche e diventare più competitive sui mercati
nazionali e internazionali.
Cfr. Michael E. Porter “Il vantaggio competitivo”, Edizione Comunità, Milano, 1987, pag. 24.
10
17
Come illustrato nei paragrafi precedenti, qualora un’impresa acquisisca conoscenze
e know-how importanti e difficilmente imitabili, la prassi suggerisce di non
condividerli, per mantenere ed allungare la posizione di vantaggio strategicamente
ottenuta. Tuttavia, se un’impresa non è ancora abbastanza forte economicamente,
oppure, non è in grado di produrre in autonomia le tecnologie di cui necessita,
diventa davvero importante sottoscrivere rapporti di collaborazione.
Un’alleanza strategica è un accordo tra due o più imprese autonome che instaura
una collaborazione strategicamente rilevante di varia natura. Le alleanze spesso
comportano attività congiunte di marketing, di ricerca e di sviluppo di nuovi
prodotti o tecnologie. La collaborazione potrebbe consentire all’impresa di
raggiungere obiettivi più ambiziosi con maggiore rapidità e con minori costi e
rischi. Inoltre, tramite essa, si velocizzano i meccanismi di apprendimento delle
nuove conoscenze. La natura di questi accordi può essere di tipo:
1. Contrattuale;
2. Joint-venture11: si realizza quando due o più imprese si accordano
temporaneamente per collaborare al fine del raggiungimento di un risultato
comune. I partner mettono a disposizione dell’alleanza le proprie
competenze e le proprie risorse, in questo modo ogni azienda partecipante
all’accordo potrà sfruttare i vantaggi competitivi delle altre che vi fanno
parte, pur mantenendo ognuna la propria autonomia giuridica ed economica;
3. Franchising;
4. Partecipazione azionaria;
5. Consorzio;
6. Costellazioni di imprese: si tratta di accordi di collaborazione tra più
imprese in genere non formalizzati, che hanno lo scopo di realizzare prodotti
complessi, i quali prevedono l’impiego di competenze specialistiche e di
natura diversa, difficilmente riscontrabili in un’unica impresa.
Cfr. DELLA MORETTA C., “I contratti di joint venture”, in Il Sole 24 ore, 27 Maggio 2014.
11
18
7. Gruppo europeo di interesse economico (G.E.I.E): è una forma di
cooperazione tra più imprese di Paesi europei diversi, che vogliono
migliorare la propria posizione competitiva sul mercato. Esso può essere
preferito alla fusione, in quanto consente di evitare i noti problemi di
diversità culturale che sorgono nel momento in cui più società si fondono
insieme e ne complicano il controllo.
L’alleanza strategica è diversa da un accordo commerciale, in quanto è
fondamentale per il conseguimento di un obiettivo importante dell’impresa e ne
contribuisce a creare, sostenere o potenziare un vantaggio competitivo.
Essa può sostenere in modo significativo l’innovazione aziendale, attraverso la
condivisione con altri partner di conoscenze e di competenze specifiche; ciò è
particolarmente importante in molte PMI che non possiedono risorse sufficienti per
gestire da sole i dipartimenti di R&S. L’obiettivo è quello di ottenere maggiori
vantaggi rispetto a quelli che sarebbe possibile ottenere singolarmente,
condividendo costi e
rischi. Ovviamente, la collaborazione tra imprese non è
sempre cosi semplice e facile. I rischi più comuni in ambito collaborativo, possono
essere:

Limiti alla libertà decisionale, in quanto ogni decisione deve essere presa
con consenso unanime;

Rischio di creare un rapporto di dipendenza dal partner;

Rischio della perdita della proprietà intellettuale se inserita nella
collaborazione.
Diventa di fondamentale importanza, quindi, esaminare accuratamente e
preventivamente i vantaggi e gli svantaggi prima di instaurare rapporti con altre
imprese.
19
Capitolo 2
Il processo innovativo
2.1 L’innovazione
Nel mercato globale attuale, è impensabile che un’impresa non rinnovi la
propria gamma di prodotti o servizi ciclicamente. Attualmente, una delle principali
fonti di sopravvivenza all’interno di un settore di mercato per un’impresa è proprio
l’innovazione. La capacità di essere sempre al passo con i tempi e con le esigenze
dei consumatori fa si che, l’impresa sia in grado di generare costantemente nuovi
profitti. Dal punto di vista letterale, innovare significa proprio “alterare l’ordine di
cose stabilite per fare cose nuove”, ovviamente, in ambito economico il suo
significato è decisamente più ampio. Per innovazione si intende “l’implementazione
di un prodotto (servizio) o processo produttivo, o di un metodo di marketing, nuovo
o considerevolmente migliorato, con riferimento ai fini commerciali1”. Si evince
che per esserci innovazione, essa deve essere implementata, ovvero il nuovo
prodotto (servizio) deve essere introdotto nel mercato e il nuovo processo o metodo
deve essere effettivamente utilizzato nell’attività dell’impresa. È molto importante
precisare, che innovazione e invenzione non sono sinonimi, in quanto l’innovazione
è l’estensione dell’invenzione. Quest’ultima è definita come la nascita di un nuovo
congegno, prodotto o processo necessari per la risoluzione di un problema tecnico.
Cfr. Manuale di Oslo, “Guidelines for collecting and interpreting innovation data”, 3a Edizione, 2005,
numero 146, pag. 46.
1
20
2.1.1
Tipologie di innovazione
In primo luogo, considerando la portata del cambiamento, possiamo distinguere
due tipologie di innovazione:
A. Radicale;
B. Incrementale.
L’innovazione radicale può essere considerata rivoluzionaria (revolutionary
innovation), in quanto da un punto di vista tecnologico o delle performance di un
prodotto, implica il cambiamento dei comportamenti, dei modelli e delle abitudini
della società, come per esempio l’avvento di internet. Inoltre, bisogna osservare,
che la componente di radicalità di un’innovazione è relativa, cioè può variare a
seconda del tempo o della prospettiva di analisi. Infatti, può essere considerata
radicale un’innovazione in una data epoca (macchina a vapore), ma che con il
passare del tempo essa diventa obsoleta e superata.
Per innovazione incrementale si intende invece, la modifica o il miglioramento che
non comporta un cambiamento strutturale del prodotto o del servizio in questione,
per esempio il telefono cordless. Quest’ultima tipologia di innovazione è la più
frequente e importante, perché permette di adeguare un prodotto o un servizio a
nuove esigenze di compatibilità ambientale, infatti, essa può essere definita anche
come innovazione adattiva ed è essenziale per quasi tutte le imprese che vogliono
competere.
Figura 1: Tipologie di innovazione in base alla portata del cambiamento
INNOVAZIONE
RADICALE
INCREMENTALE
Fonte: Nostra elaborazione
21
Successivamente, scendendo nel dettaglio e prendendo in esame la “forma”
dell’innovazione, essa può essere attuata attraverso due diversi metodi:
1. Innovazione di prodotto, l’introduzione di un bene o servizio, nuovo o
considerevolmente migliorato, per ciò che riguarda le sue caratteristiche
tecniche o gli usi per cui è concepito, compresi miglioramenti sostanziali nei
componenti e materiali, nel software incorporato, nella facilità d’uso o in
altre caratteristiche funzionali2, ad esempio il PC portatile;
2. Innovazione di processo, l’implementazione di un metodo di produzione
o distribuzione (marketing), nuovo o considerevolmente migliorato, incluse
variazioni rilevanti nelle tecniche, nelle attrezzature o nel software, che
migliora l’efficienza dei cicli di lavorazione o distribuzione. Essa è
frequentemente usata all’interno dell’attività aziendale, in quanto fanno
parte di questa categoria anche le attività volte alla riduzione dei difetti di
fabbrica, oppure, l’aumento dell’output in una data unità di tempo.
Figura 2: Tipologie di innovazione in base alla “forma”
INNOVAZIONE
DI PRODOTTO
FORME DI
INNOVAZIONE
INNOVAZIONE
DI PROCESSO
Fonte: Nostra elaborazione
Cfr. Manuale di Oslo, “Guidelines for collecting and interpreting innovation data”, 3a Edizione, 2005,
numero 156, pag. 48.
2
22
Accade spesso che le innovazioni di prodotto e di processo siano correlate tra loro,
ciò avviene perché un nuovo processo può portare alla realizzazione di nuovi
prodotti o viceversa. Ad esempio, i progressi nelle tecniche di lavorazione dei
metalli hanno consentito la realizzazione delle catene per la biciclette, che a loro
volta hanno favorito l’introduzione di biciclette con il cambio di velocità.
2.2 Le fonti dell’innovazione
La tecnologia utilizzata all’interno di un’impresa costituisce il suo patrimonio
tecnologico, ovvero l’insieme delle competenze tecniche e scientifiche, che
l’impresa sviluppa durante la sua attività di produzione e vendita di beni e servizi.
Quindi, maggiore sarà quest’ultimo, maggiore sarà la potenzialità di sviluppo e di
diversificazione dell’impresa nei settori in cui opera.
Ovviamente, l’intero patrimonio tecnologico deriva da un’attenta organizzazione
interna soprattutto per quanto riguarda il settore della ricerca e dello sviluppo, una
specifica funzione aziendale specializzata nella generazione e nell’applicazione di
innovazioni tecnologiche. Essa costituisce un’area vitale soprattutto per
quell’imprese orientate verso una leadership tecnologica. Il modello su cui si fonda
la R&S è la technology push, un approccio dove la stessa tecnologia disponibile
all’interno dell’impresa e il suo capitale umano sono la fonte che traina
l’innovazione. Essa però, non considera i bisogni dei consumatori o del mercato e
questo è un limite, in quanto non osservare le esigenze di quest’ultimo può portare
al lancio di un prodotto innovativo non richiesto, rischiando di vanificare gli sforzi
impiegati. L’iter innovativo è composto da diverse fasi:
1. La ricerca di base;
2. La ricerca applicata;
3. Sviluppo e sperimentazione.
La ricerca di base costituisce la fase di incubazione dell’innovazione tecnologica, è
finalizzata all’approfondimento di problemi tecnici ancora lontani dallo sviluppo
commerciale. Essa è caratterizzata da un elevato grado di incertezza che deriva dal
basso grado di conoscenze inizialmente disponibili.
23
Nella fase della ricerca applicata si cerca di formalizzare e consolidare le
conoscenze acquisite nella fase della ricerca di base, al fine di valutarne le concrete
possibilità di applicazione a livello di prodotto o processo produttivo innovativo; si
mira a rilevare le potenzialità economiche di queste conoscenze.
Lo sviluppo commerciale concerne l’effettiva utilizzazione dell’innovazione da
parte dell’impresa. Consiste nella messa a punto di prototipi o impianti pilota sui
quali verranno eseguiti test e verifiche per la futura commercializzazione.
Chiaramente, non tutti i progetti condotti dalla R&S divengono tali da poter essere
applicati concretamente su di un prodotto o processo. Infatti, secondo le statistiche,
solo un’idea su 3.000 diventa un prodotto di successo sul mercato3. Uno studio
effettuato da Abbie Griffin su 116 imprese ha dimostrato come per un’innovazione
incrementale occorrano 8,6 mesi dalla concezione dell’idea alla sua introduzione sul
mercato, mentre, per un’innovazione radicale, servano invece 22 mesi per il suo
sviluppo e commercializzazione.
Figura 3: Imbuto dell’innovazione
Fonte: Schilling M.A. “Gestione dell’innovazione”, 2009.
Un esempio potrebbe essere il settore farmaceutico, dove solo un composto
terapeutico su 10.000 diventerà un nuovo farmaco
Cfr. Schilling M. A. “Gestione dell’innovazione”, McGraw-Hill, Milano, 2009, cap. 1, pag. 9.
3
24
2.2.1 Open innovation
Per innovare non è sufficiente investire unicamente in ricerca e sviluppo,
perché per essere funzionale, essa deve trarre le sue basi da idee creative e vincenti,
le quali non sempre scaturiscono dal capitale umano interno all’azienda. Per molti
anni, la R&S è stata considerata la leva principale per costruire e mantenere un
vantaggio competitivo sostenibile nel tempo per le imprese. La possibilità di
governare in termini “proprietari” tali processi era percepita come la vera barriera
all’ingresso di nuovi concorrenti. Da questo punto di vista, tale modello definito
come closed innovation, si fondava sull’idea di mantenere il controllo della
proprietà intellettuale generata internamente e per farlo era necessario entrare in
possesso del miglior capitale umano in circolazione, capace di poter generare idee
migliori della concorrenza. Secondo la closed innovation, l’impresa tendeva ad
evitare ogni contatto con l’esterno ed a mantenere le principali attività di ricerca
all’interno dell’organizzazione, i progetti non funzionali erano scartati, aspettando
un eventuale riutilizzo interno.
Recentemente questa ideologia è mutata in favore della condivisione delle risorse e
delle idee, verso un nuovo modello chiamato open innovation, un approccio in cui
le imprese basano i propri progetti e le proprie ricerche sulle risorse interne, ma
anche su idee e competenze tecniche provenienti dall’esterno, come star-up,
università, enti di ricerca, consulenti e gli stessi clienti. I vantaggi che ne derivano
sono molteplici:

Condivisione di costi e rischi, i progetti innovativi sono solitamente
rischiosi a causa dell’elevato tasso di incertezza e insuccesso, infatti
investire in un progetto costituisce un esborso notevole per un’impresa, la
quale portando a termine quest’ultimo non saprà se ci sarà o meno un ritorno
economico soddisfacente. Accordarsi con un’altra parte può portare
vantaggi sotto questo punto di vista, poiché divide gli oneri e le eventuali
perdite;

Rapidità nel lancio del prodotto sul mercato, l’open innovation abbrevia i
tempi dello sviluppo e della commercializzazione dei prodotti;

Nuove frontiere di guadagno, attraverso questo modello l’impresa
potrebbe scoprire nuove potenzialità che non pensava di possedere, le quali
se ben utilizzate possono portare a nuovi profitti.
25
L’open innovation scaturisce dalla consapevolezza che:

Non tutte le migliori menti e il personale più qualificato può lavorare
all’interno dell’impresa4, quindi diventa fondamentale valorizzare le
competenze che si acquisiscono esternamente;

La ricerca e sviluppo interna è solo una minima parte del valore creabile
rispetto alle innumerevoli informazioni che si possono acquisire attraverso
la collaborazione;

Costruire un solido modello di business è molto più importante di “arrivare
per primi” sul mercato con una nuova tecnologia;
I progetti sviluppati internamente, che non hanno trovato un utilizzo commerciale
sul mercato e che per i quali sono stati sostenuti ingenti costi di progettazione e
sviluppo, vengono ceduti attraverso brevetti o altre forme di utilizzo della proprietà
intellettuale, trovando così una collocazione in altri mercati o generandone di nuovi.
2.2.2 Demand pull
L’approccio demand pull si basa sull’individuazione dei bisogni del mercato da
parte delle unità produttive, le quali opereranno in modo tale da soddisfare
quest’ultimi attraverso l’innovazione.
Al centro di tale modello, c’è quindi il cliente consumatore, che attraverso la
propria domanda esprimerà la sue preferenze sulle caratteristiche dei beni o servizi
che desidera, generando un feedback che le unità produttive analizzeranno cercando
di collocare sul mercato quel prodotto o quel servizio nuovo o migliorato. Il tutto
poggia sulla convinzione di poter conoscere in anticipo, grazie al feedback, la
direzione in cui il mercato avanza, limitando i rischi. Alcuni degli strumenti a
disposizione delle imprese per rispondere alle esigenze dei consumatori, sono le
indagini di customer satisfaction, suggerimenti, reclami e interviste individuali.
Cfr. QUARANTINO L., SERIO L., “La prospettiva dell’innovazione aperta e le nuove logiche
organizzative e manageriali”, in Sviluppo&Organizzazione, Agosto 2009.
4
26
Le statistiche dimostrano che, più del 70% dei prodotti di successo sono stati
lanciati sul mercato tramite l’utilizzo di questo approccio, ciò ha reso, quindi, la
gestione del processo di innovazione dipendente in maggior parte dal cliente, in
quanto l’innovazione viene sviluppata, appunto, per soddisfare quest’ultimo5.
Figura 4: Principali fonti di nuove idee per l’innovazione
Fonte: IBM Ceo study, 2006.
Operando in questo modo però, si riscontra forse l’unico limite di questo modello,
ovvero che l’innovazione messa in atto sarà soltanto quella incrementale e non
radicale, non favorendo quindi la nascita di nuovi business. Particolare è il caso
della Coca-Cola, che nell’anno 1985 decise di lanciare una nuova bevanda, la new
coke, modificando la precedete formula, in quanto i test interni avevano
dimostravano che essa possedeva un gusto superiore. Malgrado la positiva riuscita
della nuova formula, il prodotto non si espanse, perché vi fu disapprovazione da
parte dei consumatori fedeli alla vecchia formula e lattina, e saggiamente la cocacola decise di rimuoverla dal mercato.
Cfr. Privato S., Misani N., Ordanini A., Perrini F., “Economia e gestione delle imprese”, Milano, 2010, pag.
261.
5
27
2.3 La scelta del tempo d’ingresso sul mercato
Nei settori dove il valore della tecnologia aumenta in base alla sua diffusione sul
mercato e al numero dei suoi utilizzatori, è di fondamentale importanza la scelta del
tempo di ingresso in quest’ultimo. Possiamo distinguere tre categorie di imprese
che entrano in un nuovo mercato:
1. First mover: coloro che si collocano per primi in un nuovo mercato;
2. Early follower: rappresentano i subentranti iniziali senza però essere primi;
3. Late entrant: essi si inseriscono quando il prodotto comincia a penetrare nel
mercato di massa o addirittura in una fase successiva.
Un’impresa è first mover o pioniera, quando per prima offre una nuova categoria di
prodotti o servizi in nuovo mercato. Muovendo per “primi” essa opera in una
situazione temporanea di monopolio ( leadership tecnologica6 ), la cui durata
dipende dalla sua capacità di erigere barriere all’ingresso per rallentare la
concorrenza, consolidando la propria posizione. Essere il leader tecnologico del
settore, permette di modellare il nuovo prodotto alle aspettative, alle caratteristiche
e al prezzo ritenuto opportuno dalla clientela, fidelizzando quest’ultima al proprio
brand ( brand loyalty ). Le imprese che per prime conquistano un nuovo mercato
hanno un vantaggio di prelazione nell’acquisizione di risorse scarse, concessioni
governative o localizzazioni strategiche, instaurando rapporti privilegiati con i
fornitori e con i canali di distribuzione. Il passaggio a una nuova tecnologia o ad un
nuovo prodotto, può comportare una serie di costi ( switching cost ) per cliente per
il suo sfruttamento, che può disincentivarne l’acquisto rallentandone la diffusione.
L’impresa che riesce a conquistare i clienti in una fase iniziale del lancio del nuovo
prodotto sul mercato, ha una possibilità più elevata di conservare la fedeltà di
quest’ultimi anche se in un futuro verrà introdotta una nuova tecnologia magari più
semplice. Purtroppo, essere first mover non sempre comporta un vantaggio assoluto
rispetto alla concorrenza, perchè quest’azione può comportare svantaggi piuttosto
rilevanti, spesso fallimentari.
6
Ibidem, pag. 269.
28
Innanzitutto, non sempre un’impresa che per prima introduce una nuova tecnologia
o un prodotto innovativo viene percepita come tale, ne è un esempio il mercato dei
lettori Mp3, dove il primo dispositivo in grado di leggere tale formato fu inventato
da un’azienda coreana e non da Apple come molti credono.
Le imprese pioniere conseguono ricavi più elevati rispetto a quelle che subentrano
dopo di loro, ma sostengono anche costi superiori a causa dei grandi investimenti in
R&S, alla creazione dei canali di distribuzione e fornitura e alla pubblicizzazione
dei nuovi prodotti. Le imprese che subentrano dopo il first mover, di solito non
devono sostenere i costi di sperimentazione in quanto potrebbero essere in grado di
imitare la tecnologia di quest’ultimo, addirittura migliorandola. Inoltre gli early
follower, prima di subentrare sul mercato, conseguono indagini volte ad accertare le
preferenze dei consumatori e quindi sono capaci di indirizzare i propri sforzi per
realizzare prodotti o offrire servizi più innovativi, soddisfacendo maggiormente le
aspettative della clientela.
29
Capitolo 3
La strategia di Tesla Inc.
3.1 Il settore automotive verso il cambiamento
Il settore automobilistico continua a rappresentare una fetta importante di
mercato in termini di crescita e occupazione, nel 2017 infatti, ha prodotto un
aumento del 3% delle vendite rispetto al 2016, sottolineando il suo ruolo primario
nell'economia mondiale.
Tuttavia, anche se questo settore ha superato brillantemente la crisi finanziaria del
2008, è corso ai ripari per affrontarne una nuova, quella energetica. Infatti, la
crescente sensibilizzazione dei governi mondiali alla questione energetica e
soprattutto, delle persone, ha fatto si che, moltissime case automobilistiche
importanti, per scongiurare un improvviso calo delle vendite dei motori diesel e a
benzina, abbiano investito gran parte delle loro risorse e competenze alla ricerca di
nuove fonti di alimentazione per i propri veicoli. Nel corso degli anni, importanti
marchi come Toyota e Nissan hanno inserito vetture ibride sul mercato, ottenendo
un discreto successo a livello mondiale. Un importante cambiamento si è avuto con
l’espansione sul mercato dell’azienda statunitense Tesla Motors, la quale produce
unicamente auto elettriche, che è stata capace di dare un grande input per
l’elettrificazione delle automobili, la quale è presa poco in considerazione dai
colossi come BMW, Audi e Volkswagen a cui destinano solo pochi modelli per le
loro gamme di prodotti. Nell’estate del 2017, la casa automobilistica svedese
Volvo1, ha dichiarato che entro il 2019 tutte le sue autovetture avranno un motore
elettrico e che entro il 2025 smetterà di produrre autovetture con motore a
combustione.
Cfr. CANALI C., “Rivoluzione Volvo: dal 2019 produrrà solo auto elettriche e ibride”, in il Sole 24 ore, luglio
2017.
1
30
La spinta per l’elettrificazione non proviene soltanto da chi produce automobili, ma
anche dagli stessi governi, come nel caso di Francia e Gran Bretagna, che
all’unisono, hanno dichiarato di sospendere entro il 2040 la vendita di auto a
benzina e gasolio. A sostegno di ciò, sempre in Gran Bretagna2, la vendita di auto
elettriche, Zero-Emission Vehicle (ZEV), ha fruttato nel primo trimestre del 2016,
una crescita del 23% con 10.496 veicoli venduti, tutto merito anche degli incentivi
che il governo inglese concede già dal 2011 per gli acquisti di auto a emissioni zero.
Il mercato principale delle ZEV secondo i rapporti, è quello cinese, che costituisce
più del 40% delle auto elettriche vendute in tutte il mondo. In Cina sono stati
venduti tra autoveicoli e motocicli, più di 200 milioni di mezzi, portandosi al primo
posto per l’elettrificazione dei trasporti nel mondo; a seguire vi è l’Europa, dove
primeggiano Norvegia, Svezia e Paesi Bassi e infine al terzo posto, gli Stati Uniti.
Figura 1: Vendite degli autoveicoli elettrici nei principali mercati mondiali.
Fonte: elaborazione Greenstart – mobilità sostenibile.
Questi numeri, fanno presupporre che, un cambiamento radicale sta per avvenire,
anzi è già in atto.
Cfr. ABU EIDEH O., “Regno Unito, nel primo trimestre boom di auto elettriche”, in La Stampa Motori,
Aprile 2016.
2
31
La Cina, il principale estrattore di carbone nel mondo e uno dei Paesi con il più alto
tasso di inquinamento nelle metropoli, per salvaguardarsi sta operando in maniera
rapida e veloce, sviluppando questo nuovo mercato e imponendo l’obbligo ai
costruttori di automobili che producono più di 30 mila vetture l’anno di passare
gradualmente ai veicoli elettrici e ibridi plug-in già dal prossimo 2019. È facile
dedurre, che la mano governativa sia di estrema importanza per garantire una più
diffusa e rapida elettrificazione dei trasporti negli anni a venire.
3.2
L’analisi del successo di Tesla Inc.
3.2.1 La nascita di Tesla inc.
Nell’anno 2003, in California nella Silicon Valley, gli ingegneri Martin
Eberhard e Marc Tarpenning fondarono la Tesla Motors, un’azienda che aveva
come obiettivo la produzione di automobili innovative con motore elettrici. L’anno
dopo, nel 2004, l’imprenditore sudafricano naturalizzato statunitense Elon Musk,
già cofondatore di PayPal, investì 7,5 milioni di dollari in Tesla diventandone il
principale investitore e successivamente l’amministratore delegato.
Nel 2006 venne presentata la prima Tesla Roadster, basata sul modello della Lotus
Elise, che venne commercializzata solo due anni dopo nel 2008. Essa fu la prima
sportiva zero emissioni, capace di modificare il concetto di auto elettrica ritenuto
lento e macchinoso non adatto alla guida e all’industria. La Tesla Roadster,
sfruttando il motore a corrente alternata molto simile a quello che aveva ideato lo
stesso fisico Nikola Tesla, aveva un’accelerazione dagli 0 ai 100 Km/h in meno 4
secondi, capace di raggiungere i 200 Km/h e i 340 km di autonomia con una sola
ricarica, grazie alle batterie agli ioni di litio, ritenute tecnologicamente avanzate per
l’epoca. Tra il 2008 e il 2012 l’azienda vendette circa 2.200 unità al prezzo medio
di 108 mila dollari ciascuno, per poi cessare la sua produzione dando spazio ad altri
modelli. Da questo punto in poi l’ascesa dell’azienda diventò solo questione di
tempo, nel 2010 sbarcò a Wall Street, raccogliendo 200 milioni di dollari di
finanziamento, preparando già il secondo modello da immettere sul mercato, la
Tesla Model S.
32
Figura 2: Interno della Tesla Factory, California.
Fonte: Motori – Il Messagero.it
Tuttavia, come ogni start-up, anche Tesla affrontò periodi negativi, i quali furono
superati solo grazie alla tenacia e alla lungimiranza dei suoi dirigenti. Nel 2006, si
aggiunsero al progetto, investendo quasi 40 milioni di dollari, i cofondatori di
Google Larry Page e Sergey Brin e alcune società come la J.P Morgan e la Vantage
Point Capital Partners.
Musk un anno dopo estromise il fondatore storico3
Martin Eberhard, ritenuto
incapace di saper trattare con i fornitori. A questo si aggiunse il fatto che, il
modello Roadster fu in ritardo sulla tabella di marcia di circa un anno e che il suo
costo di produzione stimato di 25 milioni di dollari, divenne di 140 milioni. Per
rispettare gli impregni presi, Elon Musk chiese uno sforzo economico agli
investitori e decise di ricorrere al proprio denaro pur di non veder fallire la propria
azienda; chiese molto più impegno ai propri dipendenti, aumentò i turni di lavoro e
non accettò scuse ne compromessi. Tramite la vendita di alcune sue partecipazioni
in altre aziende e i fondi immessi dagli investitori, nonché di alcuni fondi raccolti
dagli stessi dipendenti, riuscì a completare il progetto Roadster e a ottenere ricavi
importanti per far fronte alle passività sopraggiunte.
Cfr. DONADIO G.,” La vera storia di Tesla e il Musk nascosto..”, in StartupItalia!, 20 Novembre 2016.
3
33
Nel 2012 diede il via alla vendita del modello Model S con il quale vendette 30 mila
esemplari in tutto il mondo, eguagliando la Chevrolet Volt, vettura elettrica anche
più economica. Si susseguirono altri modelli nel corso degli anni, con prestazioni e
tecnologie nettamente superiori, per giungere al Model 3, un’autovettura destinata
al mercato di massa con un costo di circa 35 mila dollari. Nel novembre del 2016,
Tesla concretizzò l’acquisto della compagnia Solar City4, nella quale Elon Musk era
già possessore del 20%, un’azienda fornitrice di energia negli Stati Uniti, tramite la
progettazione e l’installazione di pannelli fotovoltaici per abitazioni, per ben 2,6
miliardi di dollari, espandendo il proprio mercato non più soltanto agli autoveicoli
elettrici, ma anche alle fonti di energia rinnovabili. Successivamente, infatti, nel
febbraio del 2017, la Tesla Motors cambiò il suo nome in Tesla Inc., espandendo il
proprio business non più soltanto al settore dell’automotive.
3.2.2 Il visionario Ceo di Tesla: Elon Musk
Il successo che si nasconde dietro Tesla, non è dovuto esclusivamente alle
incredibili performance dei suoi prodotti, ma a colui che è a capo dell’intero
sistema, Elon Musk. Definirlo soltanto un imprenditore è notevolmente riduttivo,
laureato prima in fisica e poi in economia, non ragiona secondo gli schemi
tradizionali dettati dal mercato. All’età di 13 anni realizzò il suo primo programma,
Blastar, un piccolo videogioco che vendette a una rivista per PC al prezzo di 500
dollari, anni dopo creò Zip2, una società che forniva contenuti online, che rivendette
a Compaq per 307 milioni di dollari dai quali ne ricavò 22. Investì questo denaro in
un progetto chiamato X.com, che successivamente prese il nome di PayPal.
Vendette anche quest’ultimo, precisamente ad Ebay per 1,5 miliardi dai quali ricavò
165 milioni di dollari. Fondò SpaceX, diventò primo investitore e Ceo di Tesla
Motors nel 2003 e così via. Dopo quanto detto, non può essere considerato un
semplice imprenditore o programmatore, egli è un visionario.
Cfr. GULINELLI J., “ Tesla completa l’acquisto di Solar City”, in Panoramauto, 22 novembre 2016.
4
34
Con SpaceX vuole arrivare su marte per colonizzarlo e garantire la sopravvivenza
dell’umanità e con Tesla vuole rivoluzionare il mondo dei trasporti e salvare il
mondo dall’inquinamento. Nessuno avrebbe mai investito tutti i suoi soldi in due
business così differenti e così onerosi. Possiamo dire con certezza che è l’unico
imprenditore a cui non sta a cuore solo il suo patrimonio, ma anche quello
dell’intera umanità.
Non vende dei semplici prodotti seppur ultra innovativi, vende una concezione
futuristica di quello che sarà il mondo domani. Non ha come solo obiettivo quello di
arricchirsi, investe in qualcosa che tecnologicamente parlando è destinata a dare una
scossa al mondo attuale. Egli crede nell’innovazione, crede nel fatto che l’uomo
possa fare qualsiasi cosa con il tempo. Partendo proprio da questo, possiamo
analizzare quali sono state le basi del successo non solo di Tesla, ma anche di tutte
le sue compagnie. Infatti, c’è qualcosa che le accomuna, la vendita di un’idea, di
qualcosa che verrà prima o poi e in cui scommettere. Tesla ne è un esempio
lampante. Elon Musk ha creato intorno ai prodotti Tesla quello che nel marketing
viene chiamato “bisogno di possesso5”, qualcosa che inizialmente non tutti possono
avere, rivolgendosi a quella nicchia di persone abbastanza facoltose da poterselo
permettere, ma soprattutto, fatto veramente importante, in chi credeva già
inizialmente in un sistema di trasporto ecosostenibile zero emissioni, clienti che
potremmo definire “ricchi responsabili”.
3.2.3
La produzione di Tesla
La sede principale di Tesla Inc., la Tesla Factory, è situata a Freemont, in
California, con un'estensione di oltre 492 mila metri quadrati dedicati alla
produzione e all’assemblaggio, è una delle fabbriche di automobili più avanzate al
mondo. Essa risiede precisamente nell’ex fabbrica che ospitò dapprima la General
Motors e successivamente la Toyota, le quali collaborarono anche per un breve
periodo di tempo. Costruire una vettura elettrica come una Tesla, è un’operazione
ovviamente complessa, che richiede componenti e forniture inusuali al settore
dell’automotive.
Cfr. M. TER., “Tesla, un caso di studio tra marketing e hi-tech”, in Il Sole 24 ore, 31 ottobre 2016.
5
35
Le componenti di auto elettriche sono molto onerose, diventa assai dispendioso per
un’azienda produrle in autonomia a causa degli elevati costi di ricerca e sviluppo
non sempre sostenibili nelle fasi iniziali dei progetti, di un mercato ancora in via di
sviluppo e di una distribuzione mondiale ancora poco diffusa. La soluzione più
ovvia, sarebbe quella di instaurare forme di collaborazione e partnership con altre
imprese. La strategia di Tesla si discosta dai modelli del business tradizionale
almeno in parte, infatti, essa si avvale ovviamente di un gran numero di fornitori
accuratamente selezionati sia per affidabilità che per design, ma le componenti più
importanti come le batterie o lo stesso motore elettrico, vengono realizzate in-house
per abbattere i costi di produzione e approvvigionamento.
Il componente strategico più importante e più oneroso per la costruzione di una
Tesla, è la batteria agli ioni di litio, essa infatti è la parte della vettura che fa
lievitare il prezzo del prodotto finale. La causa di un costo di produzione così
elevato è dovuta al prezzo sempre crescente dei materiali di cui essa si compone, i
rari cobalto e litio6. Il prezzo di questi minerali è aumentato e continua ad
aumentare già da diversi anni a causa dell’enorme utilizzo nella creazione delle
batterie per smartphone e altre apparecchiature tecnologiche.
Un chilo di carbonato di litio, che in passato costava 8 dollari, nel 2016 ha sfiorato i
26 per poi stabilizzarsi intorno ai 21 dollari al chilo. L’offerta dei produttori di litio
sta aumentando, ma non è ancora capace di soddisfare tutta la domanda che è in
continua crescita, gli analisti di “The Lithium Spot” hanno stimato, che nonostante
quest’anno l’offerta riesca più o meno a coincidere con la domanda, nel 2025
quest’ultima sarà più che raddoppiata causando non pochi problemi. Per quanto
riguarda il cobalto, che in una Tesla è presente in quantità rilevanti, circa 22 kg,
l’anno scorso ha toccato i 19 dollari circa al chilo. Esso è estratto da pochi fornitori
in paesi governati da regimi
instabili oppure destabilizzati da guerre,
pregiudicandone il rapido approvvigionamento.
Cfr. BELLOMO S., “L’auto elettrica scatena la corsa al litio e al cobalto”, in Il Sole 24 ore, 09 Agosto 2017.
6
36
Tesla per far fronte a questi costi, ha ultimato nel luglio del 2017 in Nevada, la
prima parte della costruzione della Gigafactory7, un’enorme complesso grande
come 100 campi da calcio, nel quale fabbrica le batterie per le proprie vetture
elettriche e la Powerwall, una batteria agli ioni di litio domestica in grado di
accumulare energia solare di giorno per rilasciarla di notte.
L’investimento è stato di 5 miliardi di dollari, finanziati in parte con la
collaborazione della Panasonic, produttrice giapponese di batterie, la quale ha
investito circa 1,6 miliardi, e tramite incentivi fiscali per 1,3 miliardi di dollari
concessi dal Nevada, in quanto il complesso portato a termine garantirà circa 6.500
mila posti di lavoro al suo interno e altrettanti tramite fornitori e distributori.
Figura 3: GigaFactory, Nevada.
Fonte: Tesla.com
L’intero stabile, che diventerà una delle fabbriche più grandi al mondo, è alimentato
completamente da fonti di energia rinnovabili ( pannelli fotovoltaici ) e il suo
obiettivo sarà, una volta ultimato, di produrre annualmente 35 gigawattora ( GW/h )
di celle, dove un GW/h equivale a generare un miliardo di watt per un’intera ora,
50 pacchi di batterie annui e tramite le economie di scala di tagliare i costi del 30
%. Tesla fa delle batterie l’elemento portante e distintivo delle proprie vetture,
predilige batterie capienti che permettono un’autonomia maggiore, rispetto ad altre
vetture con batterie più piccole ma facilmente ricaricabili.
Cfr. ZUCCONI L., “Tesla, la Gigafactory apre il 29 luglio”, in Wired.it, 31 maggio 2016.
7
37
Essa crede nell’elettrificazione dei trasporti a livello mondiale e all’installazione di
fonti di energia rinnovabili e per fare questo, produce batterie nel minor tempo
possibile, sperando in un aumento continuo della domanda. Tutto questo però è
rischioso, perchè se questa corsa verso l’elettrificazione si dovesse arrestare, essa
rimarrebbe con una grande quantità di merce invenduta.
3.2.4
L’innovazione dei prodotti Tesla
Quando nel 2003 gli ingegneri Martin Eberhard e Marc Tarpenning fondarono
Testa, ebbero come obiettivo quello di far capire al mondo che le auto elettriche
potevano essere più veloci, più comode e più sicure delle autovetture tradizionali.
Fin da subito, ebbero in mente di creare vetture elettriche tali da poter essere
equiparate alle più famose berline in circolazione. I prodotti Tesla attuali superano
queste aspettative sotto quasi ogni punto di vista, essi sono migliori sia nelle
performance sia nell’autonomia.
Il primo modello immesso sul mercato nel 2008, come già menzionato, fu la Tesla
Roadster, una sportiva due posti nata dalla collaborazione con la Lotus, la quale
fornì i telai per la sua fabbricazione. Per l’epoca, la Roadster aveva prestazioni da
super car, dagli 0 ai 100 Km/h in meno di 4 secondi e una velocità massima di 200
Km/h. Le batterie presenti agli ioni di litio consentivano un’autonomia di circa 340
km e la loro ricarica completa attraverso le stazioni di ricarica, durava circa 3 ore,
mentre per una ricarica dell’80% ne erano sufficienti due; un’eventuale ricarica
presso un’abitazione impiegava più di 10 ore.
Il motore montato sotto il cofano era un trifase a quattro poli con una potenza
massima di 248 cavalli tutti immediatamente disponibili, caratteristica tipica dei
motori a propulsione elettrica rispetto a quelli termici. Il raffreddamento del motore
avveniva tramite la circolazione dell’aria e non attraverso il convenzionale liquido
di raffreddamento delle vetture tradizionali. I progettisti di Tesla scelsero per la
carrozzeria un composito di fibra di carbonio stampato a resina per minimizzare il
peso. É chiaro come fu una vera innovazione per quel periodo, nessuna auto
elettrica si avvicinava a quelle prestazioni.
38
Successivamente, venne concepito ed immesso sul mercato nel 2012, il modello
che fece della Tesla una delle compagnie più innovative di quel periodo, la Model
S8, una berlina con un motore di ben 387 cavalli per il modello standard, in grado di
accelerare dagli 0 ai 100 km/h in soli 2,7 secondi e un’autonomia di 401 km. Interni
lussuosi con al centro della plancia un display touch-screen da 17 pollici in grado
di governare l’auto alle richieste del conducente.
Tuttavia, le incredibili performance non furono le uniche innovazioni introdotte,
infatti la vera novità consistette nel pilota automatico in grado di governare da solo
l’intera vettura, senza l’ausilio del conducente. Una capacità mai introdotta in un
veicolo ordinario come l’automobile che fece ovviamente scalpore. Inizialmente sui
primi veicoli venne installato un semi-pilota automatico, mentre adesso la guida è
totalmente autonoma su strada grazie alle otto videocamere che forniscono una
visibilità totale intorno all’auto in un raggio di 250 metri, con l’aggiunta di dodici
sensori a ultrasuoni che individuano qualsiasi ostacolo alla distanza di 500 metri
dalla vettura. Un sistema radar fornisce dettagli sull’ambiente circostante in grado
di percepire senza problemi anche con forte pioggia, vento o neve, questi dati
vengono elaborati dal computer di bordo con software proprietario di Tesla, il quale
adeguerà la velocità della vettura a quella del traffico, cambierà autonomamente
corsia oppure parcheggerà da solo.
“Non c'è altro da fare che salire a bordo e dire all'auto dove si vuole andare. Se non si dice
niente, l'auto cercherà nel calendario l'ubicazione del prossimo appuntamento
e vi si
recherà. In assenza di appuntamenti si dirigerà verso casa. La tua Tesla calcolerà
l'itinerario ottimale, percorrerà le strade urbane (anche quelle senza riferimenti di corsia),
attraverserà gli incroci complessi con semafori, segnali di stop e rotatorie, destreggiandosi
anche sulle autostrade trafficate in mezzo alle auto che viaggiano a forte velocità. Quando
arrivi a destinazione, esci dall'auto di fronte alla porta e la tua Tesla inserirà la modalità di
ricerca parcheggio, cercando automaticamente un posto ed entrandoci da sola. Un
semplice clic sul telefono la fa ritornare da te.”
(Dichiarazioni presenti sul sito Tesla.com)
8
https://www.tesla.com/it_IT/models, consultato il 14/01/2017.
39
Purtroppo, il pilota automatico non è ancora ritenuto legale e sicuro in molti paesi,
ma Elon Musk recentemente ha dichiarato che: "Nel giro di tre anni potremo
costruire vetture completamente autonome, in grado di trasportare gli automobilisti
da casa al lavoro senza toccare nulla. Sarà possibile dormire lungo tutto il tragitto
in grande sicurezza." Tutto questo a patto che i governi intervengano stabilendo
leggi adatte, così da consentire un ulteriore passo avanti verso l’evoluzione dei
trasporti per certi versi fantascientifica. Tramite l’Autopilot
Tesla compì
un
ulteriore salto di qualità che gli permise di vendere 100.000 mila unità della Model
S. Nel 2015, venne lanciato sul mercato un potente SUV elettrico, il Model X,
sviluppato sulla base della Model S, con un peso di circa 2,5 tonnellate,
accelerazione dagli 0 ai 100 km/h in 3 secondi e un’autonomia di 400 km; dati
impressionanti per una vettura con una massa così pesante, grazie ai due motori
( Dual Motor ) nella versione performance Model X 90D, uno per asse e
indipendenti l’uno dall’altro in grado di sprigionare una potenza di 422 cv. Settabile
con 5 o 7 posti o addirittura due portabagagli e ovviamente con Autopilot integrato.
Un’ulteriore innovazione fu l’evoluzione delle cosiddette portiere ad “ali di
gabbiano”, per consentire un’apertura più comoda rispetto a quest’ultime vennero
ideate ed installate le “falcon wings”, portiere capaci di aprirsi occupando il solo
spazio di 30 cm e con un sofisticato sistema, di fermasi non appena quest’ultimo
rilevi un ostacolo che potrebbe comprometterne l’apertura. Con un costo di circa
105.000 mila dollari, il Model X fu il primo ed unico SUV elettrico in circolazione,
con il quale Tesla vendette 25.000 mila unità diventando l’auto elettrica più venduta
in Norvegia nel 2016. Le autovetture tradizionali, non sono in grado di migliorarsi
una volta acquistate e si è costretti a passare al modello successivo per ottenere
prestazioni o optional di sicurezza migliori.
Non è il caso di una Tesla, in quanto essendo governata praticamente da un
computer, è in grado di connettersi a internet con velocità LTE e di scaricare
aggiornamenti software che correggono eventuali errori oppure implementano
nuove funzioni che ne migliorano le prestazioni e la sicurezza. Come spiegato in
precedenza, Tesla Inc. finora, utilizzando una strategia di focalizzazione, ha
venduto prodotti di nicchia ad un costo importante e dalle indubbie qualità.
40
Nel 2016 Tesla ha compiuto un importante passo verso l’elettrificazione di massa,
presentando una vettura per la vendita su larga scala ad un prezzo molto più
contenuto e accessibile al grande pubblico. Il 31 marzo 2016 Elon Musk presenta
una berlina, la Model 3, dal costo di 35.000 mila dollari per la versione base,
dichiarando che nessun optional importante verrà sacrificato a causa del prezzo
contenuto. Capace di raggiungere i 100 Km/h in 5,6 secondi, 5 posti a sedere,
autonomia di 320 km e con due bagagliai uno anteriore e uno posteriore così come
per la Model S, all’interno un display da 15 pollici e otto airbag è considerata dalla
casa produttrice il modello più sicuro creato fino ad ora ma non il più
tecnologicamente avanzato. Con il suo acquisto Tesla, come per gli altri suoi
prodotti, garantisce la ricarica presso le stazioni Supercharger gratuite per tutta la
titolarità del veicolo, quindi in caso di rivendita il diritto decade. Ovviamente, per
un’azienda che ha sempre prodotto beni di nicchia, distribuire un prodotto che
debba essere venuto su una scala così vasta, costituisce sicuramente un problema.
L’azienda ha dichiarato9 che a fine 2017 sarebbero state prodotte 5.000 unità a
settimana, obiettivo che non è stato raggiungo e rimandato a fine 2018, causando
tra l’altro un crollo in borsa del 5%.
Infatti, Tesla tutt’oggi sembra avere problemi nel soddisfare l’enorme domanda
della Model 3, che a fine agosto 2017 ha raccolto circa 500.000 mila ordini, un
numero enorme per un’azienda che fino ad ora aveva prodotto meno di 100.000
esemplari annui, per i quali i clienti hanno già versato 1.000 dollari di caparra per il
suo acquisto senza mai nemmeno averla vista fisicamente. La conseguenza di tale
domanda ha causato un aumento della produzione e delle consegne dei componenti
da parte dei fornitori di Tesla, che per garantire le enormi richieste della casa
automobilistica hanno dovuto aumentare i turni di lavoro con annessi straordinari,
inoltre, alcune cause sono da imputare allo stato dei lavori della Gigafactory
ultimata solo per il 30% nel suo complesso. Nonostante i numeri non proprio
incoraggianti, gli analisti sono convinti che Tesla riuscirà nell’impresa come più
volte dimostrato durante gli anni della sua attività.
Cfr. SENATORE A., “Tesla Model 3: spiegati i motivi del ritardo nella produzione”, in Investireoggi, 03
Novembre 2017.
9
41
Costruendo l’intera azienda su promesse finora solo in parte mantenute, Elon Musk
nel novembre 2017 presenta a sorpresa due importanti veicoli. La nuova sportiva
elettrica di lusso, la Roadster 2, che verrà rilasciata solo nel 2020, con performance
incredibili, accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 1,9 secondi, una velocità massima
di ben 400 km/h e un’autonomia di 1.000 km, al prezzo di 200.000 mila dollari,
caratteristiche da far impallidire le più potenti super car presenti in circolazione, ma
con costi di manutenzione e di consumi quasi inesistenti. Infine, proprio come
Volvo e Mercedes, Tesla amplia i suoi orizzonti e il proprio business anche ai
veicoli commerciali, presentando il Tesla Semi10, un potente Tir elettrico dalle
forme futuristiche, con un’autonomia di 800 km con una sola ricarica, la cui
produzione inizierà nel 2019. Tesla per la sua costruzione ha optato per un sedile
conducente al centro dell’abitacolo, così da garantire la produzione di un solo
modello anche nei paesi in cui la guida è diversa; è in grado di accelerare da 0 a 60
km/h in 20 secondi a pieno carico ed è più veloce e scattante di ogni altro Tir con
motore a benzina o diesel sul mercato.
Con un costo di 200.000 mila dollari, l’azienda ha dichiarato che il risparmio dei
costi di manutenzione e consumi sarà di circa 200.000 mila dollari all’anno, numeri
eccezionali per un mezzo commerciale, così altisonanti che ha già raccolto più di
400 ordini, di cui 150 unità richieste dalla UPS, per un investimento di 250 milioni
di dollari, con l’intenzione di convertire all’elettrico le sue flotte di mezzi
commerciali impiegati nella consegna e nella distribuzione e dalla Pepsi per 100
unità, depositando una caparra iniziale di ben 50.000 mila dollari.
3.2.5
La strategia competitiva di Tesla inc.
Possedere un’autovettura elettrica, secondo Tesla, non significa scendere a
compromessi in termini di prestazioni rispetto alle più apprezzate auto tradizionali,
ma costituisce un vero e proprio “valore aggiunto”. Nel corso della sua attività, ha
progettato autovetture che addirittura superano le attuali berline sul mercato, essa è
andata anche oltre il concetto di veicolo elettrico zero emissioni.
Cfr. BAL C., «Tesla Semi, il Tir elettrico nel 2019. E poi la Roadster che “prende a sberle le sportive a
benzina”», in la StampaMotori, 17 Novembre 2017.
10
42
Intorno ai suoi prodotti e al suo brand ha creato uno “status symbol”, possedere una
Tesla è sinonimo di competenza, di lungimiranza e soprattutto di responsabilità
ambientale. Ha stimolato l’immaginazione dei suoi potenziali acquirenti e fatto
assolutamente importante, ha ritenuto ortodosse ed errate le convenzioni esistenti,
non soltanto nel settore dell’automotive, ma dell’intero settore energetico. Infatti, il
mercato delle automobili non era di certo saturo e pronto nel 2006 alla rimozione
dei combustibili fossili come fonte di alimentazione, Tesla ha voluto
intenzionalmente rompere questi schemi per proiettare il settore dei trasporti verso
le autovetture ecosostenibili. Partendo da questo, si possono delineare alcune delle
strategie adottate dall’azienda. Non disponendo delle risorse delle grandi case
automobilistiche e non potendo di certo avviare una produzione di massa appena
costituita, optò per una produzione di nicchia, penetrando il mercato con pochissimi
modelli dalle indubbie qualità.
Inizialmente, dato l’elevato di grado di innovazione dei suoi prodotti, come si è
solito fare nei settori della tecnologia e dell’informatica, ma non in quello
dell’automotive, decise di puntare su quella categoria di consumatori che tende ad
utilizzare dei prodotti o dei servizi prima dell’introduzione sul mercato ( early
adopters ), ossia quelle persone propense al cambiamento, spesso facoltose, con la
capacità di influenzare la restante parte del mercato e grazie al loro feedback, di
ottenere delle indicazioni per il miglioramento e lo sviluppo futuro. Tesla decise che
era essenziale puntare gran parte delle sue risorse, nel costruire un veicolo
totalmente elettrico dalla grande autonomia, ma anche un veicolo in grado di
superare le performance dei concorrenti di pari livello sul mercato. Per fare ciò,
operò sul lato tecnico, ovvero accelerazione, velocità massima, ecc, lanciando la
Tesla Roadster, che aveva tutte le carte in regola per essere equiparata se non
migliore delle sportive due posti dell’epoca. Tutto questo ovviamente, non bastò
per costruire una solida e duratura posizione sul mercato, infatti la grande casa
automobilistica statunitense Chevrolet non restò impassibile e nel 2010 lanciò sul
mercato la Chevrolet Volt, autovettura ibrida con motore elettrico e termico al
prezzo di 41.000 mila dollari,
molti di meno rispetto ai 108.000 mila della
Roadster.
43
Tesla, facendo dell’innovazione la sua arma vincente, produsse la Model S e vi
installò il pilota automatico sviluppato in casa, costituendo un ulteriore vantaggio
sulla concorrenza e un motivo all’acquisto dei propri prodotti, vendendo più di
100.000 mila unità nel 2015. La Model S e la Model X erano per Tesla la punta di
diamante dei suoi prodotti e grazie ai ricavi ottenuti da quest’ultime decise di
intraprendere la produzione su larga scala con la già citata Model 3, per accelerare
la corsa all’elettrificazione e non colpire solo la fascia del lusso ma anche il mercato
di massa. Ovviamente, è impensabile fornire auto elettriche se i metodi per
ricaricarle sono scarsi o del tutto inesistenti. Infatti, è proprio questa la vera causa
della lenta elettrificazione dei trasporti, pochi punti di ricarica disseminati nel
mondo rispetto alle incalcolabili stazioni di benzina presenti ovunque. Parte della
strategia Tesla si basa anche su questo, oltre a fornire autovetture elettriche, ha
pensato bene di creare la propria rete privata di ricarica elettrica, le Tesla
Supercharger11, stazioni di ricarica da 120 Kw di potenza. Un importante
investimento che ha reso Tesla l’unico marchio automobilistico possessore di una
rete di ricarica elettrica così vasta.
Le Supercharger sono compatibili solo con le auto brand Tesla e quest’ultima
spende circa 270.000 mila dollari per installarne soltanto una. Come se non
bastasse, l’azienda ha fornito ricariche gratuite a tutti i primi acquirenti di un suo
prodotto, estendendo tale fruizione anche per tutto il 2017.
Figura 4: Mappa delle stazioni Supercharger nel mondo
Fonte: electrek.co
Cfr. VAI A., “Tesla Supercharger, la ricarica rapida è l’assicurazione sul futuro di Elon Musk”, in la
StampaMotori, 25 Febbraio 2016.
11
44
Presso queste stazioni di ricarica è possibile controllare lo stato della batteria dal
proprio smartphone attraverso l’apposita applicazione, il tempo di attesa è di 20
minuti per una ricarica dell’80 % e circa un’ora per una ricarica completa, questo
perché le speciali colonnine ricaricano molto velocemente fino a rallentare in
prossimità del 100 % per preservare la durata della batteria nel tempo. Dal 2012
sono stati installati circa 5.400 Supercharger in tutto il mondo, inoltre, il suo Ceo
Elon musk ha dichiaro che le stazioni di ricarica passeranno a 10.000 mila unità in
tutto il mondo entro la fine del 2018. È palese, che installando le propri stazioni,
Tesla abbia costituito un importante e duraturo vantaggio competitivo, in quanto
non sarà affatto facile e immediato per la concorrenza replicare questa distribuzione
in continua crescita e cosi utilizzata.
3.2.6
Il Marketing strategico
Se volessimo acquistare un’autovettura tradizionale basterebbe recarci in una
qualsiasi concessionaria, ma non per acquistare un prodotto Tesla. Non esistono
concessionari del suo brand, esistono dei piccoli punti definibili come showroom,
disseminati nei centri commerciali o nei luoghi di maggior interesse delle grandi
metropoli, come per gli Apple store. Al loro interno è presente il telaio e la
rappresentazione interna di un modello Tesla e non vi sono venditori, ma del
personale qualificato in grado di spiegare come funziona ogni singola parte del
motore elettrico o di un suo componente e di consigliare l’acquisto del modello che
più si avvicina alle proprie esigenze. In questi piccoli centri quindi, non si vende
nulla, ci si reca solamente per vedere fisicamente un prodotto Tesla. Per effettuare
l’acquisto è necessario utilizzare unicamente il sito internet Tesla.com, dove verrà
predisposta una pagina per la configurazione del modello e degli eventuali optional
scelti. Così facendo, Tesla ha creato un’aria di esclusività intorno ai suoi prodotti e
fatto insolito, ha eliminato le terze parti, come i concessionari, per controllare
autonomamente la distribuzione attraverso l’ordine diretto online. Inoltre, l’azienda
ritiene che, concedere la vendita delle proprie vetture a dei concessionari, possa
indebolire addirittura le vendite, in quanto non essendo personale qualificato non è
in grado di spiegare il funzionamento di un motore elettrico e quindi le
caratteristiche del prodotto nel dettaglio e nemmeno gli indubbi pregi.
45
Questo perché, un’autovettura elettrica al suo interno, è totalmente differente da
un’autovettura tradizionale e spingere per l’acquisto di una vettura Tesla rispetto ad
un’altra, sminuirebbe e indebolirebbe sicuramente quello delle normali autovetture
vendute dagli stessi concessionari insieme ai prodotti Tesla nei propri autosaloni.
Figura 5: Interno di un Tesla showroom.
Fonte: www.gizmodo.com
Per quanto riguarda il Web Marketing, anche sotto questo aspetto il modo di
operare dell’azienda non è conforme ai normali modelli di business. Non esiste uno
spot che sponsorizza i prodotti Tesla e non esistono inserzioni sulle riviste. La sua
diffusione si concentra soprattutto sul passaparola dei suoi possessori e sui social
media. Infatti, a differenza delle più note case automobilistiche, Tesla tiene
enormemente conto delle recensioni dei suoi clienti, tanto da instituire una sezione
apposita sul sito web, cosicché tutti possano almeno in parte comprendere cosa
significhi possedere una Tesla. Anche nell’utilizzo dei social network l’azienda si
comporta diversamente, infatti, a differenza dei dirigenti di altre case
automobilistiche molti dei quali davvero poco conosciuti, Tesla può contare sul suo
carismatico Ceo Elon Musk, che ha davvero avuto un impatto importante per la
diffusione del suo prodotto. Egli è sempre attivo sui social, non ha timore di esporsi
e di rispondere per quanto sia possibile, alle domande dei fan. È sempre lui a
presentare i nuovi prototipi e prodotti ed è proprio grazie a lui che il brand ha
raggiunto 900.000 mila condivisioni da Facebook, 125.000 da Twitter e 75.000 da
LinkedIn nell’anno 2017. Uno strumento importante e a costi davvero bassissimi se
non nulli rispetto alle cifre delle campagne pubblicitarie della concorrenza.
46
Riflessioni conclusive
Nel il presente elaborato, sono state analizzate le principali nozioni di vantaggio
competitivo e innovazione, fondamentali per comprenderne l’ultima parte, ovvero
l’analisi del caso Tesla. Quest’ultima, con un valore di più di 60 miliardi di dollari,
sarà sicuramente protagonista, in positivo, del futuro del settore dell’automotive.
Oltre alle strategie adottate, inconsuete per un brand automobilistico, essa persegue
come obiettivo quello di rimodellare il concetto stesso di automobile e della sua
guida. Alla base di tale progetto, c’è la voglia di trasformare radicalmente il settore
di appartenenza, proiettandolo verso un futuro sostenibile che ha come punto fermo
la tutela e il rispetto dell’ambiente. Essa sfida le “lobby del petrolio” con i suoi
veicoli elettrici, avvalendosi anche dell’emergente sensibilizzazione delle persone
alla tutela ambientale. Grazie a questo, numerosi governi si sono attivati, come
spiegato in precedenza, per promuovere la diffusione dei veicoli a emissioni zero,
istituendo leggi o concedendo incentivi. Con il suo comportamento opportunistico
nei confronti della concorrenza, ha costretto quest’ultima a ripianificare le proprie
gamme di prodotti, allineandole al suo business e ottenendo un effetto domino
notevole. In conclusione, se Tesla riuscirà nella sua impresa, sarà stata la
promotrice di una rivoluzione unica, in quanto le automobili e quindi i trasporti,
sono alla base della stragrande maggioranza delle attività umane. Non bisogna
soffermarsi solo sul veicolo elettrico in sé per sé, ma anche a tutto ciò che il suo
possesso comporta, per esempio, come quest’ultimo è ricaricato. Infatti, se questa
rivoluzione prenderà piede, vi sarà un aumento smisurato dell’installazione
e
dell’utilizzo delle energie sostenibili da parte degli stessi consumatori sia nelle
proprie abitazioni private, sia nei luoghi di lavoro, cosicché da poter ricaricare
l’automobile in qualsiasi momento e non soltanto presso i distributori predefiniti,
causando dunque una corsa all’energia ecosostenibile, diminuendo l’inquinamento
globale.
47
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