LE CAUSE NEGATIVE DELL’EFFETTO SERRA Le difficoltà che dobbiamo fronteggiare al giorno d’oggi riguardanti il surriscaldamento globale ed i cambiamenti climatici risiedono principalmente nell’aumento dei gas serra all’interno dell’atmosfera del nostro Pianeta. Un gas serra è definito come un qualunque composto gassoso che ha la capacità di assorbire le radiazioni infrarosse, intrappolandole e trattenendo all’interno dell’atmosfera il calore da esse prodotto. I gas serra sono responsabili del cosiddetto effetto serra, una delle principali cause del surriscaldamento globale. Il surriscaldamento globale non è di certo una novità: le basi di questo fenomeno scientifico, infatti, erano già state studiate da un fisico e chimico svedese alla fine del 1800. È stato il primo scienziato che ha evidenziato gli effetti negativi dell’anidride carbonica. Il sole bombarda la Terra con un quantitativo ingente di radiazioni che colpiscono l’atmosfera sotto forma di luce visibile, raggi ultravioletti (o raggi UV), raggi infrarossi (o IR) e altre tipologie di radiazioni invisibili all’occhio umano. Circa il 30% delle radiazioni solari che entrano nell’atmosfera terrestre viene riflettuto nello spazio dalle nuvole, dal ghiaccio e da altre superfici riflettenti. Il restante 70%, invece, viene assorbito dagli oceani, dal terreno e dalla stessa atmosfera. Riscaldandosi con le radiazioni che giungono a loro, gli oceani, il terreno e l’atmosfera rilasciano calore sotto forma di radiazioni infrarosse, che vengono spedite nello spazio. Sempre secondo gli studi effettuati, l’equilibrio tra radiazioni in entrata e in uscita mantiene la temperatura media globale attorno ai quindici gradi centigradi. Lo scambio di energia entrante e uscente è proprio definito “effetto serra”, in quanto replica a livello globale ciò che si verifica in una comune serra. I raggi ultravioletti in entrata passano facilmente attraverso il vetro della serra (la nostra atmosfera) e vengono assorbiti dalle piante e dalle altre superfici presenti all’interno (gli oceani, il terreno e l’atmosfera). Le radiazioni infrarosse che vengono emanate dalle superfici interne sono più deboli: per loro diventa difficoltoso oltrepassare il vetro e uscire dalla serra. Rimangono quindi intrappolate al suo interno, riscaldandola. I gas che all’interno dell’atmosfera assorbono le radiazioni infrarosse sono definiti “gas serra”, proprio in quanto maggiori responsabili dello sviluppo dell’omonimo effetto. I principali gas serra sono il vapore acqueo (H2O), il diossido di carbonio (CO2, più conosciuto come anidride carbonica), il metano (CH4) e l’ossido di diazoto (N2O). Sebbene l’ossigeno sia il secondo gas più abbondante del nostro Pianeta, non assorbe le radiazioni infrarosse. Anche se l’effetto serra viene da alcuni considerato come un processo naturale da sempre esistito, si può dimostrare facilmente come nell’ultimo secolo sia aumentata drasticamente la quantità di gas che ne permettono lo sviluppo. Il principale responsabile di tutto questo è la Rivoluzione Industriale, che ha provocato l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera. I gas fluorurati (gas ai quali è stato aggiunto del fluoro), vengono prodotti durante i processi industriali e sono anch’essi annoverati tra i gas serra. Sebbene siano presenti con una concentrazione molto bassa, questi composti gassosi intrappolano il calore in modo molto efficiente e possiedono un elevato potenziale di riscaldamento globale. Tra i gas serra si possono certamente includere anche i gas che venivano impiegati negli impianti di refrigeramento ma che oggi sono banditi in seguito ad un accordo internazionale. Tre fattori principali determinano il grado in cui i gas serra influenzano il surriscaldamento globale: abbondanza nell’atmosfera tempo di permanenza nell’atmosfera potenziale di riscaldamento globale L’anidride carbonica, per esempio, ha un impatto significativo sul surriscaldamento globale proprio a causa della sua abbondanza all’interno dell’atmosfera e al lungo tempo – migliaia di anni – in cui vi rimane. Il grado di assorbimento delle radiazioni del metano è ventuno volte più elevato quello dell’anidride carbonica, rendendolo anch’esso un potente gas serra, sebbene rimanga nell’atmosfera solo per circa dieci anni. Alcuni gas serra, come il metano, vengono prodotti attraverso le pratiche agricole; altri, come l’anidride carbonica, sono emessi dai processi naturali di respirazione e soprattutto dall’impiego dei combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas naturale. Un altro processo che causa il rilascio consistente di anidride carbonica è la deforestazione. Quando gli alberi vengono tagliati al fine di produrre altri beni o calore rilasciano il carbonio che è stato depositato al loro interno in seguito al processo di fotosintesi. Ogni anno, la deforestazione provoca il rilascio di quasi un miliardo di tonnellate di carbonio nell’atmosfera. Ripiantare aiuta a ridurre la formazione di diossido di carbonio nell’atmosfera, in quanto i vegetali lo assorbono e lo immagazzinano al loro interno. Va comunque precisato che le foreste non possono ridurre interamente la quantità di CO2 che viene immessa nell’atmosfera in seguito all’utilizzo di combustibili fossili. Ridurre il loro consumo, quindi, rimane fondamentale per migliorare lo stato di salute del nostro Pianeta. Tutto ciò è dimostrato dai dati: a livello mondiale, dalla Rivoluzione Industriale alla fine del primo decennio degli anni 2000 la quantità di anidride carbonica prodotta è aumentata del 38%, mentre quella del metano del 148%. La maggior parte di questo aumento si è verificata nel corso degli ultimi cinquant’anni. Il surriscaldamento globale al quale stiamo assistendo compromette la circolazione atmosferica e impatta negativamente sulle perturbazioni, fondamentali per l’equilibrio climatico globale. Se i gas serra continueranno ad essere emessi senza sosta, si potrà assistere alla formazione di fenomeni indesiderati sulla superficie del nostro Pianeta (innalzamento del livello del mare, estinzione di piante e animali e molti altri). All’inizio di marzo, quando su internet hanno cominciato a circolare le immagini satellitari che mostravano l’impressionante riduzione delle emissioni di biossido d’azoto provocata dagli effetti del nuovo coronavirus in Cina, molti hanno pensato che questa terribile crisi avrebbe potuto avere almeno un effetto positivo: fermare (o almeno rallentare notevolmente) il cambiamento climatico. Le emissioni di gas serra sono direttamente legate alle attività produttive e ai trasporti, ed entrambe le cose sono state fortemente ridotte dalle limitazioni imposte ormai da tutte le principali economie del mondo per fermare la diffusione della pandemia. A febbraio le misure adottate dalla Cina hanno provocato una notevole riduzione delle emissioni di anidride carbonica rispetto allo stesso periodo del 2019. Tra l’altro, secondo una stima questo ha evitato almeno cinquantamila morti per inquinamento atmosferico, cioè più delle vittime del Covid-19 nello stesso periodo. Ma se a prima vista questa può sembrare una buona notizia per il clima, le cose appaiono molto diverse se si guarda oltre il breve periodo. Tutte le recenti crisi economiche (gli shock petroliferi degli anni settanta, il crollo del blocco sovietico, la crisi finanziaria asiatica degli anni novanta) sono state accompagnate da riduzioni delle emissioni – anzi, le crisi economiche sono state gli unici momenti nella storia recente dell’umanità in cui la crescita costante delle emissioni si è interrotta. Ogni volta, però, il calo è stato di breve durata, e la ripresa economica ha portato con sé un aumento delle emissioni. Il motivo è che l’andamento delle emissioni non dipende solo da quello dell’economia globale, ma anche dalla cosiddetta intensità di emissione, cioè la quantità di gas serra emessa per ogni unità di ricchezza prodotta. Normalmente l’intensità di emissione si riduce con il tempo per effetto del progresso tecnologico, dell’efficienza energetica e della diffusione di fonti di energia meno inquinanti. Ma durante i periodi di crisi questa riduzione può rallentare o interrompersi. I governi hanno meno risorse da investire nei progetti virtuosi e le misure di stimolo tendono a favorire la ripresa delle attività produttive tradizionali. Se come molti temono la Cina dovesse rilanciare la costruzione di centrali a carbone e altre infrastrutture inquinanti nel tentativo di far ripartire l’economia, a medio termine gli effetti negativi potrebbero cancellare qualunque miglioramento dovuto al calo delle emissioni. L’Agenzia internazionale dell’energia, ha intuito che la crisi economica prodotta dalla pandemia potrebbe avere conseguenze disastrose per la transizione energetica globale. La gran parte degli investimenti mondiali in energia pulita dipende dalle finanze pubbliche. Per questo è essenziale che le misure di stimolo diano la precedenza all’economia verde. Inoltre i governi potrebbero approfittare del crollo del prezzo del petrolio per ridurre i sussidi pubblici agli idrocarburi senza provocare grosse reazioni, e investire quelle risorse nella sanità.