RELAZIONE FINALE DEL CORSO DI FORMAZIONE “Dipendenze” Blanca Bassignani Gentili colleghi, Come richiesto, ho partecipato a cinque incontri sul tema “dipendenze”. L’argomento principale del corso è stata la costruzione del lavoro educativo nell’ambito delle dipendenze. Vi è da una parte una dimensione educativa, di affiancamento, di immersione del contesto, e dall’altra una dimensione “sanitarizzante”. All’interno dei servizi, solo due figure sono a stretto contatto con le persone, gli infermieri e gli educatori. Canevaro parla di manutenzione continua di cura delle piccole cose. Vi sono due tipologie di approcci nell’ambito delle dipendenze. Da una parte, abbiamo l’approccio sanitarizzante, che punta all’integrazione sociale della persona, si basa sul seguire un modello e lavora sulla parte malata per estinguerla. Dall’altra, abbiamo l’approccio promozionale, che promuove il pieno sviluppo della persona, che deve stare al mondo al meglio che può. Si basa sul riconoscere, sostenere e accompagnare al cambiamento. Il secondo incontro si è tenuto presso un drop-in, che accoglie persone con fragilità e marginalità. Utilizza strumenti che riducono i danni della loro vita, sanitari e sociali. Alcuni degli utenti del drop-in fanno uso di sostanze (principalmente alcool), ma non hanno necessariamente una forma di dipendenza. I drop-in sono dei servizi a bassa soglia che si rivolgono principalmente a tossicodipendenti e alcol-dipendenti con gravi problematiche sociali e/o sanitarie e che sono a rischio di esclusione sociale a causa dell’uso cronico di droghe o alcol. I principali problemi a livello sociale sono l’assenza di abitazione, la fine di relazioni, la perdita o l’assenza di lavoro... A livello sanitario, abbiamo per esempio le patologie correlate all’uso e abuso, le problematiche psichiatriche, l’incapacità nella gestione dei farmaci e le ripetute ricadute nel consumo di sostanze stupefacenti. I pilastri del lavoro al drop-in sono: - La prevenzione, svolta in ambiti non di consumo - Il trattamento, in ospedali e in servizi sanitari - La riduzione del danno, per chi non accede ai servizi sanitari (Per esempio, i drop-in) - Repressione, gestita dalle forze dell’ordine. La riduzione del danno è una strategia sanitaria e sociale che mira a ridurre i rischi legati al consumo di sostanze stupefacenti. I principali obiettivi sono la diminuzione dell’incidenza dell’HIV e il miglioramento delle condizioni di salute. Gli interventi sono di prossimitá: intervenire laddove i consumatori stanno. Al drop-in non sono richiesti documenti, nomi o altro, e non vi è alcuna interferenza con le scelte etico-morali. Nonostante la forte libertà degli ospiti, vi sono delle regole minime (No traffico di droga, no violenza, no sostanze e alcol all’interno del drop-in...) che mirano a conservare la miglior forma possibile di coabitazione. L’importante è accogliere e far sentire accolti nel qui ed ora. La relazione è fondata sul momento preciso del presente, non sul passato o sul futuro. È fondamentale che vi sia una forte sospensione del giudizio. Si tratta di un approccio pragmatico, basato su due principali punti: -Relazione: dialogo sulla sostanza, sul consumo, sulla via di somministrazione... -Aiuto concreto: fornire strumenti concreti per i loro bisogni (un divano su cui dormire, una doccia, vestiti puliti...) Questi due punti sono tra loro interdipendenti. È importante sviluppare un rapporto di fiducia con gli utenti, instillare in loro dei dubbi e sviluppare senso di empowerment. Vengono fornite informazioni sulle modalitá di modifica dei comportamenti ad alto rischio e si cerca di portare al riconoscimento delle competenze dell’altro, attraverso un rinforzo positivo. È importante dare informazioni che portino a una migliore conoscenza delle conseguenze del consumo e fornire modalità alternative. La proposta del drop-in passa attraverso tre fasi: 1) Stare nello spazio del servizio senza consumare 2) Contatti con la rete dei servizi 3) Ragionare sui servizi di cura che potrebbero prenderli in carico Gli obiettivi devono essere continuamente rimodulati. È inoltre importante sottolineare che questi vengono definiti dall’utente, non dall’educatore. L’astinenza non è l’obiettivo finale, si preferisce puntare all’astensione. Gli utenti scelgono i tempi e le modalità della relazione. Il legame è debole a forte intensità. Vi sono degli ospiti, per esempio gli immigrati irregolari, che non hanno l’opportunità di accedere ai servizi. Intorno all’ambito della dipendenza, gravitano molti pregiudizi. Per smontarli, è necessario averli sempre e bene in mente. Il lavoro educativo con le dipendenze viene spesso visto come una missione per “inculcare” nella mente degli utenti e della societá il fatto che le droghe facciano male. Ma l’abuso di sostanze non è altro che un rapporto disfunzionale con la sostanza. La sostanza non è la causa della dipendenza, come siamo abituati a pensare, ma ne è solo la conseguenza, il sintomo. La teoria dell'Esperienza Ottimale è stata sviluppata a partire dagli anni ottanta dal prof. Mihalyi Csikszentmihalyi. Essa si occupa del bilanciamento Sfide/Capacità cioè il rapporto tra il livello di difficoltà delle attività ingaggiate e quello delle capacità percepite dal soggetto coinvolto nell’attività stessa. Per replicare l’Esperienza Ottimale occorre sempre un equilibrio tra le sfide intraprese e le capacità che ci attribuiamo, perché se siamo coinvolti in un’attività che rappresenta per noi delle difficoltà superiori rispetto alle capacità che pensiamo di avere, saremo soggetti all’ansia, mentre se, al contrario, stiamo svolgendo un’attività dove il grado di difficoltà è percepito come inferiore a quello delle nostre capacità, la nostra esperienza sarà noiosa. Nei momenti di noia o di ansia, ovvero di stress negativo, la sostanza è una risposta semplice. Bisogna trovare il modo di stare in un’esperienza ottimale, che è invece la risposta complessa ma efficace. Bisogna educare gli utenti ad abitare le mancanze, attraverso due fasi: 1) Fase dell’allontanamento della persona dalla sostanza Craving: momento in cui la persona realizza che ha bisogno della sostanza. Basta pochissimo per rinforzare il pensiero o per allontanarlo. L’educatore deve evitare di fornire stimoli che si traducano in rinforzi per il consumo della sostanza. 2) Astinenza Persone con tossicodipendenza, immigrati e persone con patologie psichiatriche tirano fuori il peggio della società. Sono stereotipati, fanno paura. Il lavoro educativo per le dipendenze viene svolto anche in contesti a rischio o in contesti non a rischio ma per un miglior equilibrio nelle relazioni. Si promuove la libertà della persona, attraverso un approccio promozionale. Il lavoro educativo è spesso di gruppo; è importante che vi sia un’interazione collettiva e non una comunicazione a stella. In una comunità si devono tener presenti le dinamiche di gruppo nel contesto comunitario e il contesto (composto dal SET, l’ambiente fisico e dal SETTING, i vincoli e le relazioni). L’interazione comunitaria non è razionalizzata, perchè si vive in condizioni di “normalitá”, di vita di tutti i giorni. In un contesto comunitario è fondamentale la relazione tra pari e la sperimentazione delle relazioni. Nella nostra societá, la dipendenza da alcol (ma anche da sostanze) è considerata un vizio, non una malattia. Il farmaco può in alcuni casi essere un sostitutivo della sostanza, attraverso due fasi: - Fase iniziale del trattamento. L’utente non è in grado di gestire da solo il farmaco. Fase dell’avvio del programma. Il farmaco è gestito dal terapeuta. - Fase dell’affido del farmaco. Il farmaco va poi scalato, dal medico, fino al suo esaurimento, attraverso una politica di mantenimento e riduzione del danno. Normalmente, la terapia è integrata da interventi socio-psico-educativi. I servizi possono essere divisi in bassa soglia, media soglia e secondo livello. I servizi di bassa soglia sono quelli che non richiedono “fatica” per entrare, hanno quindi un massimo livello di accessibilità. L'unico requisito richiesto per l'accesso è la maggiore età. I drop-in ne sono un esempio. I servizi di media soglia sono i Servizi Ambulatoriali (Servizi Multidisciplinari Integrati) a cui si accede personalmente e direttamente. Essi sono: 1) SERT 2) NOA 3) SMI (Simil SERT, ma privati) I servizi di secondo livello (o ad alta soglia) sono per esempio le comunità o i centri diurni, per cui c'è bisogno di un invio da parte di qualcuno. Il programma rimane a capo del SERT e dell'individuo. Nell'ultima lezione si è aperta la tematica dei servizi per la tossico-dipendenza nelle carceri di Milano. Negli anni '90 vi è stata ma grande sperimentazione poiché la popolazione carceraria era notevole (tre carceri e un minorile) e vi erano tanti detenuti con problematiche di dipendenza. Fino agli anni '90 la logica era quella di “punire lo spaccio e il consumo, curare le persone con dipendenza”. La legge prevede che una persona con una dipendenza, se commette un reato, venga arrestata. Se questa viene dichiarata, vi sono dei percorsi che evitano la carcerazione e prevedono un aggancio immediato da parte dei servizi. La certificazione di tossico-dipendenza è esito di un processo diagnostico. Com'è naturale, c'è un forte incentivo a dichiararsi dipendenti per ottenere misure alternative. Ai carceri di San Vittore e di Opera, vi sono due comunitá terapeutiche. S.Vittore: “La Nave”, in cui i detenuti cambiano continuamente. All'incirca quaranta persone. Opera: “La Vela”, con programmi più stabili nel tempo. Dal 2000, la legge prevede che la sanità nei luoghi di detenzione non sia gestita solo dalla sanità penitenziaria, ma anche dai servizi sanitari del territorio, il crea una notevole permeabilità tra il carcere e l'esterno. Nel carcere di Bollate, vi sono programmi di trattamento per tutti i detenuti con riduzioni delle restrizioni, con conseguente percentuale di recidiva molto più bassa. Ma la realtà è che non esiste posto peggiore di un carcere per trattare la dipendenza, poiché essa deriva da relazioni disfunzionali. Il lavoro educativo professionale interviene a tre livelli: - Livello della relazione, il “qui ed ora”, “io e te” - Contesto organizzativo - Contesto generale Si riesce a proteggere lo spazio della relazione nel momento in cui si tiene conto degli altri due contesti; quando si ha la cognizione che quello che sta accadendo nel qui ed ora accade all'interno di altro, altrimenti non sarebbe intenzionale e professionale. Il terz'ordine è una dimensione/campo comune in cui sia l'educatore che l'utente ci mettono del proprio, miscelandosi. È qualcosa in più delle parti e delle intenzionalità in campo. È il significato condiviso, che ci permette di vedere diversamente il motivo che ci ha portato lì. La relazione educativa è il presupposto per la costruzione del terz'ordine. È una condivisione di significato. Dato che svolgo tirocinio presso la comunità per la tossico-dipendenza Exodus, trovo che il corso sia stato di notevole utilità, per poter avere una base teorica su ciò che vedo e faccio concretamente nella pratica. In particolare, mi sono trovata a riflettere su molti e diversi punti di vista sul tema, soprattutto quando si è parlato dei diversi servizi che trattano le dipendenze. Prima di quest'anno, non sono mai entrata in contatto con l'ambito della tossico-dipendenza, quindi la comunitá è il mio principale punto di riferimento. La visita al drop-in mi ha mostrato una visione differente, che condivido notevolmente.