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Linguistica

Linguistica generale
1. Un istinto per acquisire un’arte
Oggi come oggi comunicare è importante. Il motore della comunicazione è il linguaggio verbale
(c’è anche il linguaggio gestuale, non verbale, di programmazione - artificiale, creato a tavolino, da
pochi, da una piccola comunità, da ricercatori, da esperti - , quello animale, delle arti, della musica).
Le persone parlano tra di loro. Quando non c’è nessuno con cui parlare, le persone parlano da sole,
con gli animali e i vegetali. Nella nostra società la competizione non sta sulla velocità ma sulla
capacità verbale: l’oratore con l’uditorio, il seduttore con la sedotta, il bimbo persuasivo con il
genitore. Proprio per questo la perdita del linguaggio in seguito a lesioni cerebrali è devastante. Non
è mai stata scoperta una tribù muta, né una zona “culla” del linguaggio propagatosi in zone di esso
privo.
35 anni fa nacque il cognitivismo, scienza che studia il funzionamento dell’intelligenza umana
attraverso psicologia, informatica, linguistica e filosofia.
Il linguaggio, a differenza delle cose che impariamo con gli anni, è un pezzo del corredo biologico
del nostro cervello che si sviluppa spontaneamente senza sforzi coscienti o istruzioni. Per
comprendere il concetto si potrebbe paragonare l’uomo che sa parlare con il ragno che sa tessere la
tela. Il ragno fa questa azione perché ha un cervello da ragno che gli da la competenza e la voglia di
tessere tele.
La concezione del linguaggio come istinto fu espressa dapprima da Darwin (“il linguaggio è un’arte
come fare il pane. Non è proprio un istinto perché comunque la lingua va imparata ma a differenza
delle altre arti, è istintuale, basta vedere i neonati che balbettano e che non hanno l’istinto di fare il
pane”) e nel Novecento questo pensiero viene difeso da Noam Chomsky. Anzi, complicò le cose:
disse che il linguaggio, caratteristica esclusivamente umana, non è un repertorio di risposte perché
le persone possono formulare frasi che mai prima si sono dette nell’universo, “fa uso infinito di
mezzi finiti” (frase “rubata” da Humboldt, linguista dell’800). In altre parole noi usiamo un codice
per tradurre l’ordine delle parole in combinazioni di pensieri. Il codice, o l’insieme di regole si
chiama “grammatica generativa”, esempio di un sistema combinatorio discreto (come il DNA e “la
catena di Markov”): viene prodotto, combinato e permutato un numero finito di elementi discreti
(parole) per creare strutture più grandi (frasi) con significati diversi da quello degli elementi stessi
(il significato che ha una parola non è lo stesso significato che ha “in” una frase).
Cap 4. Come funziona il linguaggio: il modo in cui funziona il linguaggio, dunque, è che il cervello
di ogni persona contiene un dizionario di parole e dei concetti che esse rappresentano (un dizionario
mentale) e un insieme di regole che combinano le parole per trasmettere relazioni tra i concetti (una
grammatica mentale).
Chomsky attualmente insegna nel Department of linguistica e filosofia del Massachusetts Institute
of Technology.
Negli anni ’50 si diffonde la scuola di pensiero del “comportamentismo” che si basava su poche
leggi. Il comportamentismo nasce come teoria psicologica: gli psicologi dicevano che la psicologia
doveva studiare solo il comportamento esterno, l’osservabile, perché secondo la teoria del
comportamentismo, gli atti linguistici sono intesi come una reazione condizionata da un fatto
esterno e come uno stimolo che provoca la risposta all'evento pratico che ha determinato l'atto
linguistico. Questa concezione esclude sostanzialmente le operazioni mentali del parlante e lascia in
ombra il settore della semantica. Nasce negli anni ’20 con Watson e Skinner ma cedera il posto
alla linguistica strutturalistica americana. Questa scuola di pensiero si sviluppò in America con
Leonard Bloomfield, padre della moderna linguistica in America, il quale avendo sottolineato che
è possibile studiare scientificamente un linguaggio solo se lo si consideri nelle sue «regolarità», e
quindi come un sistema con specifiche leggi di funzionamento, sostenne la possibilità di una
«linguistica descrittiva», cioè di un'analisi del linguaggio a prescindere dai significati. Dice, quindi,
che bisogna studiare prima la sintassi per capire la semantica. Oltre a Bloomfield c’erano anche
Saussure ed Harris. Saussure, giustamente riconosciuto come il primo teorizzatore di quel nuovo
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Linguistica generale
indirizzo linguistico che sta alla base dello strutturalismo. La concezione saussuriana della lingua
come "un sistema in cui tutti i termini sono solidali tra loro, e il valore dell'uno risulta soltanto dalla
presenza simultanea degli altri" è il fondamento dello strutturalismo:
 L’arbitrarietà del segno linguistico è il rapporto immotivato del significante con il
significato: come fa il linguaggio a trasmettere che “uomo morde cane”? La parola
“cane” non assomiglia a un cane, né abbaia né morde come un cane ma significa
“cane” perché nell’infanzia si è associato l’animale cane con la parola “cane”: ciò
consente di trasmettere un concetto da una mente all’altra in modo istantaneo;
 la distinzione nello studio e nell'analisi del linguaggio del piano diacronico da quello
sincronico e la valorizzazione di quest'ultimo;
 la distinzione di langue (sistema astratto e istituzione sociale) e parole (discorso
concreto individuale);
Questi elementi hanno avuto un'importanza decisiva negli ulteriori sviluppi delle varie correnti
dello strutturalismo. Harris, linguista statunitense di origine ucraina, giunto negli USA nel 1913, fu
uno dei maggiori linguisti del Novecento; Harris sviluppò in modo rigoroso il metodo
"distribuzionale" di analisi linguistica, già proposto nell'opera del suo maestro Bloomfield, ma fu
anche tra i primi a individuarne i limiti; ideò, forse influenzato dalla matematica, la nozione di
"trasformazione sintattica" poi ripresa alla fine degli anni '40, anche se in una prospettiva diversa,
dal suo allievo e collaboratore Noam Chomsky con cui si raggiunge l’apice nella formalizzazione
delle lingua poiché porta avanti una teoria esplicativa, cerca cioè di riportare tutto a uno schema, a
un modello generale.
Va detto che lo strutturalismo investe non solo la filosofia ma anche la psicoanalisi.
2. Macchine vomitaparole
Il linguaggio complesso è universale perché i bambini lo reinvestano, generazione dopo
generazione, non perché viene loro insegnato ma perché non possono fare a meno di fare così. Non
sono i genitori a insegnare il linguaggio ai loro figli, non impartiscono loro lezioni di grammatica,
anche se molti psicologi classificano col termine “mammese” il linguaggio parlato da alcune
mamme ai piccoli, linguaggio dalla grammatica semplice e dalle innumerevoli ripetizioni (guarda il
cagnolino! Hai visto il cagnolino! Ecco un cagnolino!)
Se non sono i genitori che lo trasmettono, come creano le persone un linguaggio complesso?
Partendo dai rumori. Ne abbiamo la prova durante i momenti storici di incontro tra schiavi di
diverse zone in stati colonizzati. Quando parlanti di lingue differenti devono comunicare per
risolvere problemi pratici ma non possono imparare la lingua l’uno dell’altro, creano un linguaggio
di fortuna, il pidgin: è la sequenza spezzata di parole prestate dalla lingua dei colonizzatori o dai
proprietari delle piantagioni, variabili nell’ordine e con una grammatica povera. Il pidgin può
trasformarsi all’improvviso in una vera lingua complessa quando un gruppo di bambini lo ascolta
all’età in cui impara la lingua madre e lo complicano di nuova grammatica: ecco nato il creolo.
In Nicaragua non esisteva un linguaggio dei segni perché le persone sorde restavano isolate l’una
dall’altra. I bambini, così, inventarono un proprio linguaggio dei segni, che può essere considerato
un pidgin. I sordi essendo le uniche persone mentalmente normali ad arrivare all’età adulta senza
aver appreso una lingua, confermano che l’apprendimento di quest’ultima avviene nell’infanzia.
Un bambino sordo, con genitori sordi, che conosceva solo la versione difettosa del loro pidgin
riusciva a dare informazioni molto meglio di loro. La sua superiorità è un esempio di creolizzazione
operata individualmente da un bambino. Come la sordità, così in molti casi anche il deterioramento
linguistico è ereditario. Il “deterioramento linguistico specifico” si ha quando è compromesso il
linguaggio mentre il resto dell’intelligenza sembra più o meno intatto. Per sapere se il linguaggio è
separato dall’intelligenza bisogna analizzare il caso opposto a chi ha il “deterioramento linguistico
specifico”, cioè gli “idiots savants”, le persone con un buon linguaggio e un cattivo funzionamento
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Linguistica generale
mentale. Le persone con questo problema sembrino abbiano una proprietà di linguaggio e una
creatività molto più sviluppata rispetto alle persone “normali”, insomma, hanno capacita
linguistiche sovrasviluppate.
Chomsky, per mostrare che i bambini conoscono cose che non possono essere state loro insegnate
propone loro di formulare nella forma interrogativa una serie di affermazioni. Tali test verificano
che la frase è sì una sequenza di parole ma, per comporla, noi la dividiamo in sintagmi.
Il linguista William Labov negli anni ’60 studiò il black english vernacular: fu una cosa quasi
rivoluzionaria allora, gli anni della ghettizzazione. Il black english vernacular era la parlata tipica
della maggioranza dei negri nei ghetti delle grandi metropoli del Nord degli Stati Uniti. In altre
parole si tratta di un tipico dialetto di classe. Labov smentisce color che dicevano che i neri avevano
un linguaggio non strutturato, puntando interesse anche sui giochi linguistici che erano fuoriusciti
da questa lingua: uno per tutti, il rap.
3. Mentalese
Per comprendere l’istinto del linguaggio dovremmo porci questa domanda: il pensiero dipende dalle
parole oppure si articola in una forma di espressione del cervello, un linguaggio del pensiero, o
“mentalese” e si riveste di parole solo quando dobbiamo comunicarla a un ascoltatore?
Iniziamo a dire che il pensiero NON è il linguaggio. Tutti abbiamo avuto l’esperienza di
pronunciare o scrivere una frase, poi fermarci e realizzare che non era esattamente quello che
intendevamo dire, forse perché ci è difficile trovare un termine che renda un pensiero.
E che significato possiamo dare all’idea che le immagini, i suoni, i numeri si possano rappresentare
nel cervello senza rivestirsi di parole? Fino al 1950 la risposta era: nessuno. Fu il filosofo inglese
Alan Turing a dare questa bizzarra rappresentazione mentale del mondo fisico. Descrisse un
congegno puramente fisico: la macchina di Turing, che usufruiva di una rappresentazione simbolica
interna (mentalese) e che era capace di ragionare, cioè intelligente. Ragionare significa dedurre
nuove conoscenze da vecchie conoscenze (Socrate è un uomo – tutti gli uomini sono mortali =
Socrate è mortale). La nostra macchina avrà, però, problemi davanti a:
 frasi ambigue (ti pago in nero);
 frasi dalle imprecisioni logiche (sono un elefante – gli elefanti vivono in Africa = non è
detto che vivo in Africa);
 frasi con co-riferimento ( prima dico “l’uomo alto e biondo”, poi, quando devo citarlo di
nuovo, lo chiamerò con “lui”, poi con “egli”. Il cervello tratta questi nomi riferendosi
sempre alla stessa cosa, ma la lingua non riesce a mostrare questa co-referenza);
 frasi con deissi (aspetto del linguaggio interpretabile solo all’interno di un contesto: “uccisi
il poliziotto” e “uccisi un poliziotto” sono diversi in una frase);
 frasi con sinonimia: “ti spruzzo”, “vieni spruzzata da me”…dicono la stessa cosa ma hanno
diversa costruzione.
Conclusione: le persone non pensano in italiano, inglese o francese, ma pensano in un linguaggio
del pensiero, il “mentalese”, più ricco perché ha per ogni elemento una rappresentazione (“gru” ha 2
rappresntazioni), più scarno per quanto riguarda la composizione di una frase (senza “un, il”).
Anche se gli inglesi pensino in un quasi inglese e gli italiani in un quasi italiano, comunque hanno
in comune il ragionamento, quindi si può dire che il mentalese è universale.
Conoscere una lingua significa, allora, conoscere come tradurre il mentalese in sequenze di parole e
viceversa.
4. Come funziona il linguaggio
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Linguistica generale
“Il bambino sembra dormendo” è una frase agrammaticale non perché ci sia qualche errore nel
gerundio o nel nome ma perché, avendo un codice fisso per interpretare le frasi, di alcune se ne può
comprendere il significato ma probabilmente chi le ha pronunciate non usa il nostro stesso codice.
L’opposto è avere una frase sì grammaticale ma senza senso: “incolori idee verdi dormono
furiosamente” (Chomsky) che conferma l’indipendenza della sintassi e della semantica. La sintassi
è la combinazione delle parole all’interno di una frase.
Parlando di combinazione, qual è il meccanismo che si può utilizzare per comporre una frase?
Chomsky nel 1957 scrisse “strutture della sintassi” in cui analizza il “modello catena di Markov” o
detto anche “modello degli automi a stati finiti”: è un modello matematico nato dopo la seconda
guerra mondiale che sta alla base dei calcolatori. Ogni calcolatore costruisce una frase selezionando
una parola da un paradigma, un’altra parola da un altro paradigma e così via (“interdipendenza –
patrtecipatoria – dialettica” o “diffusione – simulata – positivistica”). Come già detto prima, la
catena di Markov è un esempio di sistema combinatorio discreto, dato che è in grado di creare un
numero infinito di combinazioni a partire da un insieme finito di elementi.
ragazzo
Il/la
felice
ragazza
Un/una
caramelle
panini
gelati
mangia
cane
Questo schema consente di costruire molte frasi, ma può costruirne un numero infinito grazie al
moto circolare della freccia in alto che fa ripartire su se stesso il meccanismo a partire dal
paradigma “FELICE” (il cane felice, il cane felice felice, etc). Chomsky sospetta molto di questo
modello a catena di parole, considerandolo inappropriato per capire come funziona il linguaggio.
Ecco le sue conclusioni:
 quando si studia una lingua, si impara come mettere in ordine le parole, ma non registrando
quale di esse segue quale altra, bensì quale “categoria” di parole – nome, verbo, ecc – segue
quale altra categoria;
 i nomi, i verbi e gli aggettivi non sono semplicemente attaccati da un posto all’altro in una
catena ma c’è qualche schema precostituito dell’enunciato che assegna ad ogni parola un
posto preciso;
 una frase non è una catena ma un albero. Certe frasi non potrebbero mai essere prodotte da
un sistema a catena di parole: prendendo le frasi “o la ragazza mangia gelati, o la ragazza
mangia caramelle” e “se la ragazza mangia gelati, allora il ragazzo mangia panini”:
o
se
il/la
un/una
ragazzo
ragazza
cane
felice
mangia
caramelle
panini
gelati
o
allora
Il meccanismo non funziona: “O” deve essere seguito più in là da un altro “o”, allo stesso
modo “se” ha bisogno di “allora” e non di “o”, deve, quindi, ricordare la prima parola
mentre sforna le successive. E questo è il problema: un sistema a “catena di parole” soffre di
amnesia e ricorda solo da quale paradigma di parole ha appena scelto, e niente prima.
Chomsky complica ancora la cosa, facendo notare che una frase può trovarsi in mezzo a
ognuno degli altri (vedi appunti Se o F o F allora o F o F ): sono casi di “dipendenze a
distanza” i quali confermano che i meccanismi a catena di parole non possono esplicare
queste dipendenze. Da questa analisi Chomsky conclude che una frase non è una catena ma
un albero capovolto da cui si diramano i cosiddetti sintagmi.
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Linguistica generale
I sintagmi:
SN->(det) N An : un SN è composto da un determinante facoltativo, seguito da un nome, seguito da
un numero indeterminato di aggettivi
E->SN+SV: un enunciato è composto da un sintagma nominale seguito da uno verbale
Ecco fatta “una struttura sintagmatica” che definisce una frase legando le parole ai rami di un albero
capovolto.
E
SN
det
SV
N
il
A
V
ragazzo felice
SN
mangia
N
gelati
Un enunciato può anche consistere nell’enunciato introdotto dalla congiunzione “o”, seguito da un
altro enunciato introdotto da un’altra preposizione “o” (E->oE+oE), oppure può anche consistere
nell’enunciato introdotto da “se”, seguito da un enunciato introdotto da “allora”:
E
se
E
E
E
E
o
o
allora
Il ragazzo
mangia panini
La ragazza
La ragazza
mangia gelati mangia caramelle
Davanti a frasi ambigue i due significati della frase stessa dipendono da come si riuniscono le
parole in un albero:
SV
V
SN
discutere N
sesso
SV
SP
con
V
SN
Max
discutere
SN
N
SP
sesso
P
SN
con
Max
Premettendo che non è detto che un sostantivo debba essere solo un nome, un luogo o una cosa ma
può essere anche un azione (distruzione), bianchezza (qualità), così come i verbi possono indicare
anche stati mentali (sapere, piacere), possesso (avere), questo sistema dei sintagmi, dice Chomsky,
sembra adattarsi alla struttura di tutte le lingue nel mondo.
Prendendo il sintagma “il gatto nel cappello” sappiamo che il significato centrale dell’intero
sintagma è “gatto”, ed è chiamato “testa del sintagma”. L’intero sintagma parla di quello di cui
parla la sua testa. Ciò che sta attorno alla testa è chiamato “argomento”. Nell’N “il governatore
della California” la testa e l’argomento sono uniti in un sotto-sintagma chiamato N-barra e “della
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California” è argomento di “il governatore” poiché non si potrebbe non essere governatore di
niente. Nell’N “l’uomo dell’Illiniois”, “dell’Illinois” è un complemento aggiuntivo. “della
California” e “dell’Illinois” sono rispettivamente argomenti (o agenti) e complementi aggiuntivi (o
modificatori) dell’N testa. Nella struttura ad albero l’argomento (o agente) sta vicino alla testa,
all’interno dell’N-barra, mentre il modificatore va più su, anche se sempre nella casa del SN,
SN
N-barra
SP
N
SP
dell’Illinois
della California
proprio come avviene nella nostra struttura mentale:
governatore
Quello che vale per gli N-barra vale anche per i V-barra:
SV
V-barra
V
SP
N
SP
in un albergo
diede i documenti alla spia
Un’altra caratteristica di un sintagma è che al soggetto viene riservata una posizione speciale
(chiamata SPEC = specificatore). Il soggetto è l’agente causale. Nella frase “la mamma acquista le
mele”, per esempio, “la mamma” è l’agente causale dell’evento. Anche i SN, come le frasi, possono
avere soggetti come nel SN “l’acquisto delle mele della mamma”
E
SN
V-barra
V
La mamma
SN
acquista
le mele
SN
SN
6 della mamma
N-barra
N
l’acquisto
SP
delle mele
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In entrambe le frasi il nome “l’acquisto” viene prima dei suoi agenti e il verbo viene prima dei suoi
agenti.
Gross dice che la grammatica generativa, per rappresentare i sintagmi come “l’acquisto delle mele
della mamma” usa meccanismi inutilmente complicati per dimostrare che sintagmi del genere
implicano la trasformazione passiva del verbo acquistare. Nessun generativista, dice Gross, ha mai
pensato di adottare la soluzione di Harris che mette in correlazione trasformazionale (equivalenza
parafrastica) le frasi “la mamma ha acquistato le mele” e “la mamma ha fatto l’acquisto delle
mele”.
Con questa struttura comune bastano 2 super regole per l’intero linguaggio in cui si comprimono le
distinzioni tra nomi, verbi, preposizioni e aggettivi, tutti indicati con la variabile X.
1. SX->(SPEC)X-barra+SYn: un sintagma consiste in un soggetto opzionale, seguito da un Xbarra, seguito da un numero infinito di modificatori;
2. X-barra->X+SZn: un X-barra consiste in una parola di testa, seguita da un numero infinito di
argomenti;
Il giapponese è una versione speculare di queste due regole: in giapponese si dice “Kenji il sushi
mangiò” e non “Kenji mangiò il sushi” (il verbo viene, quindi, dopo l’oggetto), oppure non “a
Kenji” ma “Kenji a”. È stato provato che le lingue del mondo, se hanno il verbo prima dell’oggetto,
allora anche la preposizione verrà prima, se hanno il verbo dopo l’oggetto, la stessa cosa sarà per le
preposizioni. Dovremmo cambiare la formula delle super regole: dovremmo togliere l’ordine da
sinistra a destra. Quindi la regola X-barra->X+SZn diventerebbe:
2 (new). X-barra->(X, SZn): un X-barra consiste in una parola di testa, e in un numero infinito
di argomenti, nell’uno o nell’altro ordine; per avere l’inglese, o l’italiano, si aggiunge solo
l’informazione che l’ordine dentro l’X-barra è “testa iniziale”, per il giapponese, “testa finale”.
Chomsky, ideatore delle super regole, afferma che queste sono innate e universali, che i bambini
imparano una lingua non imparando molte regole, perché nati conoscendo le superegole. Ciò che
devono fare, è vedere se l’ordine nell’X-barra è “testa iniziale o finale”.
Come un nome è la testa del SN, così “l’ausiliare” è la testa di un enunciato.
Struttura profonda e superficiale: Noam Chomsky ritiene che le frasi possiedano una duplice
"architettura": siano cioè composte da:
 una "struttura superficiale", che è la frase così come viene enunciata o scritta, cioè
l’espressione;
 e da una "struttura profonda, astratta, livello al quale è collocato il significato, il valore
semantico, il contenuto di una frase. Le super regole sono delle strutture profonde.
Sintagma
ausiliare
E
SN
I-barra
fu
V
messa
V-barra
SN
SP
l’auto nel garage
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Linguistica generale
Nella struttura profonda in alto, il sintagma “l’auto” di una frase passiva è dove il verbo le voleva
(come dicono le super regole, dopo il verbo), mentre nella struttura superficiale, in basso
Sintagma
ausiliare
E
SN
I-barra
fu
L’auto
V
V-barra
SN
SP
messa traccia nel garage
è dove in realtà lo sentiamo. La traccia è il posto reso vacante dalla trasformazione. La traccia è
usata come segnaposto del ruolo che sta giocando il sintagma spostato. Ci dice che per trovare cosa
sta facendo l’auto nell’evento di mettere dobbiamo cercare il posto “oggetto”la struttura-s. Pinker,
da questa analisi, ci dice che la struttura-p, usata solo per formulare parole, non gioca alcun ruolo.
La struttura profonda è comune a tutte le lingue. Le regole trasformative, che convertono le strutture
profonde in strutture superficiali, possono differire da una lingua all’altra. Naturalmente, la struttura
superficiale risultante da queste trasformazioni non esprime direttamente le relazioni di significato
delle parole, tranne nei casi piú semplici. È la struttura profonda, puramente mentale, che è
portatrice del contenuto semantico della frase.
Perché questa distinzione tra struttura-p e struttura-s? La distinzione spiega il fenomeno delle frasi
ambigue: nella frase “la vecchia porta la sbarra” le due strutture non sono necessariamente
identiche. Infatti non sempre la struttura semantica della frase è rivelata dall'organizzazione dei suoi
elementi di struttura superficiale.
A conclusione del capitolo: l’organizzazione della sintassi (combinazione di parole) dovrebbe
essere presente fin dall’infanzia, in quanto parte del meccanismo di apprendimento del linguaggio
che permette ai bambini di dare un senso al rumore che sentono dai loro genitori.
5. Parole, parole, parole
Le frasi e i sintagmi sono costruiti con le parole mediante le regole della sintassi, e le parole stesse
sono costruite a partire da pezzetti più piccoli mediante le regole della “morfologia”.
La morfologia consiste di pezzi, chiamati “morfemi” che si tengono insieme in certi modi. Sapendo
che i nomi sono costruiti a partire da nomi ancora più piccoli, il sintagma che coinvolge più nomi è i
SN. Un Sn contiene un N-barra, che a sia volta contiene un nome, una parola. Analizziamo la parola
dogs:
N
Ntema
dog
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Nflessione
s
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abbiamo la forma normale, dog, chiamata tema, e la desinenza di plurale –s. Ecco la formula
generale:
N->Ntema Nflessione: una parola può consistere del tema di un nome seguito da una flessione. Com
parole composte ( Yugoslavia report, sushi lover, broccoli green, toothbrush= spazzolino da denti )
ci troviamo di fronte a un’ unione di due temi:
Ntema->Ntema Ntema: un tema di nome può consistere di un tema di nome seguito da un altro.
Ntema
Ntema
Ntema
Yugoslavia
report
Prendiamo in esame anche gli aggettivi. La regola per formarli è questa:
Atema->Tema Atema-affisso: il tema di un aggettivo consiste di un tema unito a un affisso
Atema
Vtema
Atema-affisso
crunch
able
La più piccola parte di una parola, quella che non può essere tagliata in parti più piccole, è chiamata
la sua radice. Ora schematizziamo la parola Darwinianismo; per facilitare la lettura, leggere dal
basso verso l’alto:
N
Ntema
Ntema
Nflessione
Ntema-affisso-o
-ism
Nradice Nradice-affisso
Darwin
-ian
Se analizziamo la parola electricity, ci accorgiamo che qualcosa non va. Il significato dovrebbe
essere “stato dell’essere elettrico” ma sappiamo che non è così. L’unione tra Nradice e Nradicesuffisso ci ha dato un significato imprevedibile. Si intuisce che “non” abbiamo regole su cui fare
affidamento per costruire parole.
Prendiamo la parola “low-life” che non indica un tipo di vita ma una persona dalle modeste
condizioni di vita. Qual è il plurale? Iniziamo a dire che alla parola manca la testa. Quando una
parola non ha testa vuol dire che non si collegherà alla parola alla sua destra, al suo suffisso. Entra
quindi la regola generale “aggiungere il suffisso –s” e otteniamo “low-lifes”. Prendiamo ora un’altra
parola senza testa, la parola “man” che ha il plurale “men”. Qual è il plurale di Walkman?
Walkmen? Essendo “man” un nome dal plurale irregolare, il plurale sarà “walkmans” o
“walkmen”? Essendo senza testa ci viene da dire “walkmans”, ma anche la Sony, la casa madre
dell’apparecchio è perplessa, affidandogli il discutibile nome “walkman personal stereos”.
È stato provato che i bambini distinguono automaticamente, dal loro dizionario mentale, i plurali
creati con una regola di flessione da quelli che fanno radice.
Ma cos’è una “parola”? Come è stata trattata fino ad adesso, l’abbiamo considerata come oggetto
linguistico che, anche se costruito con varie parti mediante regole morfologiche, si comporta
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indivisibile davanti alla sintassi. Quest’ultima, poi, può accompagnare il nome con un avverbio
(realmente mangiafuoco) ma un avverbio non potrà mai andare “dentro” una parola. Per questa
ragione, anche se le parole sono parti assemblate con delle regole, non sono la stessa cosa dei
sintagmi. Quindi, la parola è “l’unità del linguaggio prodotta da regole morfologiche che non può
essere spezzata dalle regole sintattiche”.
Un secondo significato che possiamo attribuire alla parola “parola”? Un pezzo memorizzato
meccanicamente, una sequenza linguistica associata a un significato particolare, sequenza prelevata
da un dizionario mentale. Per identificare questo significato di parola, i grammatici Di Sciullo e
Williams hanno coniato il termine “listema”, unità di una lista memorizzata (gioca su “morfema”,
unità della morfologia, o “fonema”, unità della fonologia). Questo significato di parola non
corrisponde sempre al primo significato attribuitogli. Nel secondo caso ci troviamo di fronte a
parole, anche lunghe, che devono essere memorizzate. Prendiamo le frasi idiomatiche. Non si può
spiegare, partendo dai significati dei loro componenti, le parole “andare al diavolo”, “colpire
basso”. Il loro significato deve essere memorizzato come listema, come singola parola.
I bambini devono comprendere che la parola è un simbolo bidirezionale condiviso, che serve alle
persone per convertire il significato in suono quando parlano, e il suono in significato quando
ascoltano. Basta, d’altronde, ascoltare i genitori riferirsi a loro con un “tu”, magari indicando il
petto del bimbo, quindi perché non pensare che ci si riferisca a loro con un “tu”?
Non dovrebbero, poi, dare importanza alle parole “simili” e infatti non lo fanno: capiscono che
“faggio” non è come dire la stessa cosa di “maggio”.
Se ci troviamo in una tribù indigena e vediamo un coniglio che corre e un indigeno, vedendolo dice
“gavagai”, a cosa si sta riferendo? Al coniglio, alla coniglità, a chi corre? Un bambino indigeno in
fase di apprendimento della lingua si troverebbe di fronte allo “scandalo dell’induzione”, sarebbe
cioè di fronte a una scelta per individuare il significato di “gavagai”. Per fortuna i bambini ritaglia il
mondo in oggetti circoscritti nel contesto in cui sono coinvolti e li inserisce in particolari categorie
mentali.. Pinker è convinto che esistono cose e azioni e che la nostra mente sia progettata per
scorgerli e per etichettarli con parole.
6. I suoni del silenzio
Il linguaggio è un sistema combinatorio discreto: gli enunciati sono costituiti da parole, le parole da
morfemi e i morfemi da fonemi. Questi ultimi, però, a differenza delle parole e dei morfemi, non
contribuiscono a dare significato all’intero discorso.
Nel linguaggio delle onde sonore, una parola viene dopo l’altra senza interruzione; non ci sono tra
le parole pronunciate piccoli silenzi, come gli spazi bianchi tra le parole scritte. Anche la sequenza
di suoni che pensiamo di sentire all’interno di una parola è un’illusione. Se ascoltiamo qualcuno
dire tra non otterremo pezzi che corrispondano ai suoni t, r e a (le unità chiamate “fonemi”,
corrispondenti alle lettere dell’alfabeto). Vedremo che l’informazione su ogni fonema è sparsa su
tutta la parola.
Quando uno stesso suono è ripetuto senza pause, non lo sentiamo come più come una sequenza di
suoni ma come un rumore. Le persone, poi, non possono produrre una serie di bip distaccati, come
si sentono al telefono: il discorso è un fiume di fiato modellato dalla bocca e dalla gola.
Per capire i suoni del linguaggio potremmo “seguire” una bolla d’aria, che, partendo dai polmoni,
passa dalla trachea al mondo esterno. L’aria lascia i polmoni attraverso la trachea, che si apre nella
laringe (la “scatola della voce” visibile dall’esterno come pomo d’Adamo). La laringe è una valvola
che consiste di un’apertura (la glottide) coperta di lamine membranose retrattili chiamate “corde
vocali”. Le corde vocali possono chiudere ermeticamente la glottide, sigillando i polmoni. Se ci
alziamo da una sedia senza usare le braccia sentiremo chiudersi la laringe. Prima di lasciare la testa,
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Linguistica generale
l’aria percorsa da fitte vibrazioni passa per una serie di camere: la gola o “faringe” dietro la lingua,
la regione della bocca tra lingua e palato, l’apertura tra le labbra, e una strada alternativa verso il
mondo esterno, attraverso il naso.
La lingua, l’organo più importante, è costituita da tre parti: la parte principale o corpo, la punta e la
radice (i muscoli che la collegano alla mandibola = mascella inferiore).
Il legame tra le posizioni della lingua e le vocali che scolpisce fa sorgere il “simbolismo fonetico”:
quando la lingua è in alto e nella parte interna della bocca, crea una piccola cassa di risonanza che
crea la i, facendo pensare a cose piccole, mentre quando la lingua è in basso crea una grande cassa
di risonanza che crea la a e la o, facendo pensare a cose grandi.
Abbiamo solo parlato delle vocali. Con le vocali l’aria ha un passaggio libero dalla laringe
all’esterno. Quando viene messo in mezzo qualche ostacolo, si ottiene una consonante.
Perché in inglese si dice hocus-pocus, hully-gully e non il contrario? Le consonanti differiscono nel
grado di ostruzione dell’aria. La parola che comincia con la consonante meno ostruttiva viene
sempre prima di quella con la consonante più ostruttiva.
Come si parla?
1. scegliamo come principale articolatore uno dei 6 organi: la laringe, il palato molle, il corpo
della lingua, la punta della lingua, la base della lingua, le labbra;
2. selezioniamo un modo di muovere l’articolatore scelto: fricativo, occlusivo o vocale;
3. specifichiamo le configurazioni degli altri organi vocali: nasale o non nasale per il palato
molle, sonora o sorda per la laringe, tesa o bilanciata per la base della lingua, arrotondata o
non arrotondata per le labbra.
Ogni modo di configurazione è un tratto, cioè il simbolo di un insieme di comandi ai muscoli
vocali.
Per articolare un fonema i comandi devono essere eseguiti con tempestività assoluta , la ginnastica
più difficile che siamo chiamati a fare.
Come le parole e i sintagmi, i fonemi non vengono assemblati in parole da sinistra a destra ma in
unità, che si raggruppano poi in unità maggiori e cosi via, in modo da definire un albero. Il gruppo
di consonanti all’inizio di una sillaba è chiamato “incipt”; la vocale e qualsiasi consonante
successiva è chiamata “rima”:
Sillaba
Incipt
Rima
C
C
b
r
V C C V
a n c o
Le sillabe a loro volta si raccolgono in gruppi ritmici chiamati “piedi”:
Parola
Piede
D
Piede
F
Piede
F
Sillaba
D
Sillaba Sillaba ni
F
D
or
ga
Sillaba
F
Sillaba
D
za
tion
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Linguistica generale
le sillabe e i piedi sono caratterizzati come forti (F) o deboli (D) in base all’accentuazione di ogni
sillaba quando viene pronunciata.
Nella comprensione della lingua parlata, la ridondanza conferita dalle regole fonologiche può
compensare parte dell’ambiguità dell’onda sonora. Per esempio, un ascoltatore può capire che
“lorto” deve essere l’orto e non lo rto perché l’italiano non ammette come attacco il gruppo di
consonanti rt. Ma andiamo più in profondità. Uno psicologo fece ascoltare a un gruppo di persone
delle registrazioni di frasi con un rumore di fondo. Più o meno, gli ascoltatori riuscivano a ripetere
esattamente quello che sentivano. Alcuni anni dopo, lo psicologo registrò frasi come i governatori
con le loro legislature si ritrovarono a Roma togliendo la s in legislature e inserendo un colpo di
tosse. Ebbene, gli ascoltatori non furono in grado di dire se mancasse un suono. Forse è perché
quando qualcuno parla siamo intenti a indovinare cosa dirà e quando manca qualcosa alle onde
sonore, distorte da un rumore (nel caso nostro, la tosse), può essere riempito dal contesto.
Noi sentiamo quello che ci aspettiamo di sentire. La nostra conoscenza determina la nostra
percezione, quindi non abbiamo contato diretto con nessuna realtà oggettiva.
Chomsky dice che il linguaggio verbale è un istinto, ma non quello scritto, e che la maggior parte
delle società non hanno una lingua scritta, e quelle che ce l’hanno l’hanno ereditata o presa a
prestito da chi l’ha inventata. La scrittura è un meccanismo artificiale che collega la visione al
linguaggio.
Nessun sistema di scrittura ha simboli per le unità di suono. Perché? Forse perché avremmo bisogno
di lettere completamente nuove per la n in month e la d in width (ampiezza). I suoni reali variano nei
vari contesti. Naturalmente gli alfabeti non corrispondono ai suoni, semmai ai fonemi.
L’ortografia inglese potrebbe essere migliore: i suoi sistemi di scrittura non rappresentano il suono
reale del parlare, che noi sentiamo, ma le unità astratte che invece sentiamo.
7. L’uomo e la macchina
Comprendere una frase è complicato. Per interagire con i calcolatori dobbiamo prima apprenderne il
linguaggio, visto che loro non possono apprendere il nostro.
Le persone sono brave a comprendere frasi, ma soprattutto veloci: mentre uno parla, l’ascoltatore
segue via via quanto l’altro dice e per capirlo non aspetta la fine dell’intero discorso, lo capisce via
via che parla. A volte si riesce a ripetere la frase del parlante facendogli eco!
La capacità dell’uomo di capire frasi, è veloce, ma non perfetta.
Come avviene la comprensione di un enunciato? Il primo passo è fare il parsing (analisi): bisogna
trovare il soggetto, i verbi, gli oggetti e poi raggruppare le parole in sintagmi. Il programma mentale
che analizza la struttura dell’enunciato durante la comprensione linguistica è chiamato parser. Il
modo più efficiente per capire come funziona la comprensione di una frase semplice, usiamo una
semplice grammatica “rubata” al capitolo 4:
E->SN+SV: un enunciato è composto da un sintagma nominale seguito da uno verbale;
SN->(det) N (SP) : un SN è composto da un determinante facoltativo, seguito da un nome, seguito
da un sintagma preposizionale facoltativo;
SV->V SN (SP) : un SV è composto da un verbo, un SN e un facoltativo SP;
SP->P SN: un SP può essere costituito da una preposizione e da un SN;
N-> ragazzo, ragazza, cane, gatto…: i nomi nel dizionario mentale includono ragazzo, ragazza…;
V-> mangia, ama, dorme…: i verbi nel dizionario mentale includono mangia, ama, dorme…;
P->con, in, vicino: le preposizioni nel dizionario mentale includono con, in, vicino…;
det->il, la, uno, una: i determinanti includono il, la…;
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Linguistica generale
Prendiamo la frase Il cane adora gelati. La prima parola che arriva al nostro parser è il. Il parser
cerca nel dizionario mentale la parola e scopre che è un determinante. Ciò gli consente di creare il
primo ramo dell’albero della frase:
det
il
I determinanti, come tutte le parole, devono essere parte di un sintagma più grande. Il parser può
capire quale sia il sintagma verificando cosa regge il “det” alla sua destra e insieme a quest’altro
elemento quale sintagma fa nascere. In questo caso alla sua destra c’è un N e insieme fanno un SN:
SN
det
N
il
Il parser, ora, deve capire se questo SN fa parte di un enunciato, di un SV o di un SP. Per fare la
scelta si può ragionare dalla radice verso il basso: tutte le parole e i sintagmi devono alla fine essere
inseriti in un enunciato, che inizia con un SN e prosegue con un SV (come vuole la formula).
Aggiungiamo questi pezzi:
E
SN
det
SV
N
il
Ora il parser regge due sintagmi incompleti: il SN, bisognoso di un N, e l’enunciato, bisognoso di
un SV. Quando all’orecchio ci arriva la parola cane, una verifica delle regole conferma che la
parola fa parte delle regole di N e possiamo quindi completare il SN:
E
SN
det
SV
N
il
cane
Il parser può ora occuparsi del SV. La parola successiva è adora che il parser scopre essere un
verbo. Un verbo può esistere solo in un SV, come previsto dal nostro albero. Dobbiamo solo
aggiungere V. Un SV non contiene, però, solo il verbo, ma anche un SN (l’oggetto). Il parser
prevede, quindi che dopo il verbo verrà un SN:
E
SN
det
il
SV
N
V
SN
cane adora
Ci arriva, per finire, gelati, come previsto dal ramo penzolante SN. Ecco riempito il puzzle:
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Linguistica generale
E
SN
det
il
SV
N
V
cane adora
SN
N
gelati
Quando il nostro parser si accorge che non ci sono più rami penzolanti, ci segnala che abbiamo
ascoltato un enunciato grammaticale completo.
Il nostro parser, mettendo insieme i rami, ha costruito il significato dell’enunciato: iniziando ad
analizzare il SV, vediamo che il SN dentro il SV, gelati, è l’oggetto del verbo. Il dizionario dice che
l’oggetto di adora è la cosa adorata. Ora vediamo il SN il cane e vediamo che il soggetto di adora è
colui che adora. Collegando la semantica del soggetto con quella del Sv, il parser ha scoperto che
l’enunciato afferma che un esemplare “precedentemente menzionato” (art.determinativo) di cane
adora i dessert ghiacciati.
Nel percorrere i passi del parser abbiamo trovato 2 problemi:
- la memoria: dovevamo tenere a mente i sintagmi sospesi che richiedono parole particolari
per essere completate;
- la decisione: dovevamo scegliere le parole con quale ramo andavano.
La memoria è facile per i calcolatori e difficile per le persone e la decisione è facile per le persone e
difficile per i calcolatori.
Il parser, per memorizzare i sintagmi incompleti, ha bisogno di molta memoria. Anche l’uomo
dovrebbe farlo, ma la sua memoria è a breve termine. Non potrebbe mai ricordare un enunciato
dalla “testa pesante”, che non fa subito chiudere l’albero (egli diede alla ragazza che aveva
incontrato a New York quando era andato a trovare i suoi genitori per dieci giorni tra Natale e
Capodanno la caramella). A differenza dell’inglese, rigido per quanto riguarda l’ordine dei
sintagmi, l’italiano accetta costruzioni alternative che possono essere usate per risparmiare
pesantezza (egli diede la caramella alla ragazza che aveva incontrato a New York quando era
andato a trovare i suoi genitori per dieci giorni tra Natale e Capodanno).
Alcuni enunciati, anche se complessi, possono essere ancora comprensibili, come il seguente,
“ramificato a destra” per la struttura geometrica dei suoi alberi sintagmatici:
Incredibile è la velocità del movimento dell’ala del colibrì
Gli alberi, invece, che ramificano a sinistra sono comuni nelle lingue che hanno la testa in fondo
come il giapponese
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Linguistica generale
E se dicessimo quanto fa uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più
uno più? Il parser umano sembra perdere il conto. Perché? Non c’è sufficiente memoria? Sì, non c’è
sufficiente memoria.
Al contrario, il parser umano ha in abbondanza la decisione, a differenza dei calcolatori. Tornando
alla frase Il cane adora gelati e prelevando la parola gelato notiamo che siamo di fronte a
un’ambiguità semantica (gelato può significare sia il famoso dolce sia la forma part.pass del verbo
gelare) che un calcolatore deve tenere in considerazione e ciò gli porta delle difficoltà: deve tener
conto di entrambi i significati. Le ambiguità semantiche trovate dai calcolatori sono legittime ma
nessuna persona sana le troverebbe (“la rivoluzione russa”). Perché una persona, di fronte a una
frase ambigua arriva subito alla soluzione più sensata senza perdersi in alternative legittime ma
bizzarre? Due sono le ipotesi di Pinker:
- ricerca prima in larghezza: il nostro cervello è come il parser di un calcolatore che elabora
tanti frammenti di albero non utilizzabile e li scarta prima che arrivino alla coscienza;
- ricerca prima in profondità: il parser umano tira a indovinare l’alternativa che gli sembra più
probabile e va avanti con quella sola interpretazione fin dove riesce;
Sembra che il cervello faccia prima una ricerca in larghezza, prendendo in esame, anche se
brevemente, più voci di una parola ambigua, anche quelle improbabili (quando in “vide le mele e le
pere ma pagò le more” si pensa che “more” intenda la tassa).
In alcune frasi di molte ambiguità sensate non ce ne accorgiamo: “l’autrice vive a Roma con suo
marito, un architetto e un amante della musica” sembra un ménage à quatre.
In altre frasi, invece, per capirle, dobbiamo andare “a ritroso”, dobbiamo, cioè, tornare indietro nella
lettura: “l’infinito disteso su una collina contemplava”, “la porta di legno la cassa”. Gli enunciati “a
ritroso” dimostrano che l’uomo non costruisce via via tutti gli alberi possibili come fa un
calcolatore perché se lo facesse, ci sarebe tra questi anche l’albero corretto. Si fa prima una ricerca
in profondità, poi ci si accorge dell’errore.
Il parser umano usa un minimo di conoscenza di fronte a frasi particolari: se leggiamo la frase “il
testimone che esaminò l’avvocato si rivelò poco convincente” non siamo di fronte a un’ambiguità
perché la nostra conoscenza ci fa intuire che è l’avvocato che esamina il testimone e non il
contrario.
Quando Chomsky, all’inizio degli anni ’60 iniziò a parlare di trasformazioni che convertivano
strutture profonde in strutture superficiali, c’era bisogno di una “traccia” che registrasse la
trasformazione avvenuta. Per molto tempo gli psicologi considerarono la trasformazione “priva di
realtà” ma dovettero ricredersi con frasi del genere:
Il poliziotto vide il ragazzo che la gente alla festa accusava (traccia) del crimine
in cui “accusare” vuole un oggetto alla sua destra (il ragazzo). Chomsky dice che ciò avviene nella
struttura-p ma si è avuta una trasformazione e si ha una struttura-s che sposta l’oggetto indietro
attraverso il che lasciando, però una traccia, un posto reso vuoto.
Quando viene elencata una serie di fatti, in un dialogo o in un testo, il linguaggio deve essere
strutturato in modo tale che colui che deve decodificare il messaggio debba collocare ogni fatto in
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Linguistica generale
una struttura preesistente: significa che l’informazione prima deve trattare il vecchio, il saputo, la
conoscenza, poi il nuovo, la novità, ciò che non si sa.
La comunicazione si basa su un’aspettativa reciproca di cooperazione tra il parlante e l’ascoltatore.
Il parlante, chiedendo il lavoro delle orecchie dell’ascoltatore, gli garantisce implicitamente che
l’informazione che vuole dare è valida: cioè che l’ascoltatore non conosce ancora questa
informazione e che la stessa informazione è inerente al contesto in cui si trova l’ascoltatore. Chi
ascolta, quindi, si aspetta che il suo interlocutore sia informativo, sincero, pertinente, chiaro, non
ambiguo, breve e ordinato.
Ma se in un lettera in cui vogliamo raccomandare il Sig. Smith per le sue qualità (che non ha):
“Il sig. Smith è uno studente modello, veste con eleganza ed è sempre puntuale, ha pure una bella
moglie” anche se sembra usiamo tutti pregi del Sig.Smith togliamo la pertinenza al bisogno del
lettore, che è quello di assumere un buon lavoratore. La lettera non ci da informazioni in questo
settore.
Ma allora cos’è la “comunicazione”? Non è un semplice trasferimento di informazioni tra emittente
e ricevente ma un alternanza di comportamenti da parte di animali sociali sensibili e astuti
Questi usano anche “deviazioni del linguaggio normale” per manifestare senza conseguenze di
imporre un comando, la loro intenzione. Sono le cosiddette forme di cortesia. Mi chiedevo se ti
fosse possibile portarmi all’aeroporto nasconde l’intenzione portami all’aeroporto anche se
l’ascoltatore intuisce il vero senso della frase. Perché c’è questa distorsione? Perché, come detto
prima, si manifesta senza conseguenze di imporre un comando la propria intenzione, c’è quindi una
via d’uscita. Altri tipi di deviazioni del linguaggio sono l’ironia, la metafora, la poesia, la
persuasione.
Il primo a dire che la comunicazione è il "trasferimento di informazioni da un emittente a un
ricevente tramite un canale di comunicazione” fu Shannon: lavorava, all’epoca, per la Bell, la
società di telecomunicazioni americana. Insieme a Weaver scrive La teoria matematica delle
comunicazioni, lo schema del modello di comunicazione.
Scopo: studiare il modo migliore per trasferire informazioni riducendo al massimo o eliminando del
tutto i disturbi, i rumori, per esempio dai collegamenti telefonici.
Weaver però, all'inizio del saggio definisce la comunicazione come “un procedimento attraverso il
quale un meccanismo entra in rapporto con un altro meccanismo".
8. La torre di Babele No
9. Bambino nato parlante descrive il paradiso
“Bambino nato parlante descrive il paradiso” è il titolo di un articolo letto da Pinker nel 1989. Sa
che gli scienziati non daranno mai retta a questa tesi perché ogni testimonianza deve essere
riprodotta più volte (la linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano. Per scientifico si
intende che, in base a delle ipotesi si osserva il fenomeno usando criteri riproducibili). Tutti i
neonati vengono al mondo con capacità linguistiche. Ne abbiamo la prova quando ai neonati nel
momento dell’allattamento, quando sentivano un disco monotono ripetere un ba, ba ,ba,
succhiavano più lentamente, quando invece sentivano un pa, pa, pa, succhiavano con più intensità. I
neonati possono nascere anche con qualche conoscenza della lingua madre: è stato provato che se
un neonato francese, ascolta il francese invece che il russo, succhia più forte, ciò vuol dire che i
bimbi ancora nell’utero ascoltano la voce della mamma.
Tra i 7 e gli 8 mesi i bimbi iniziano a balbettare. Quelli che hanno problemi nelle vie respiratorie o
alla gola, possono non riuscire a balbettare. Perché il balbettio è importante? Il bambino, a cui è
stata data una marea di fili e interruttori senza etichette, fa il frobbing, cioè giocherella a casaccio
con i comandi per vedere cosa succede. Ascoltando il proprio balbettio, i bambini scrivono in realtà
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Linguistica generale
un loro manuale di istruzioni. Imparano come muovere i muscoli della bocca per far fuoriuscire un
determinato suono.
Anche prima di esprimere frasi, i bambini sanno riconoscere l’ordine di soggetto, verbo e oggetto in
una frase detta a loro: messi davanti a due schermi, uno con i personaggi X che solletica Y e un
altro con Y che solletica X, riescono a individuare, dalla frase “trova X che solletica Y”, l’opzione
giusta.
Verso i 3 anni i bimbi esplodono in una conversazione grammaticale fluente. Essendo la
grammatica un sistema combinatorio discreto, il numero delle possibilità della sintassi cresce
esponenzialmente. A tre anni, poi, il bimbo è corretto non solo in quantità ma anche in qualità.
L’italiano, come l’inglese, contiene molte forme irregolari dei verbi (correre al part.pass = “corso” e
non “corruto”) che non possono essere previste da regole ma devono essere imparate a memoria.
Perché i bambini le sbagliano? Dato che le forme irregolari devono essere imparate a memoria e che
la memoria non è infallibile, ogni volta che un bimbo deve richiamare un verbo irregolare ma non
riesce a richiamare dalla sua memoria la forma irregolare, la sostituisce con quella regolare.
Probabilmente, se sente un numero di volte sufficiente la parola “corso”, bloccherà la forma
regolare “corruto”.
Per quanto riguarda l’apprendimento grammaticale, il bambino è un naturalista che osserva
passivamente i discorsi degli altri. Essendo però infinito il linguaggio ma non l’infanzia, il piccolo,
per diventare parlante, deve saltare nell’ignoto linguistico e pronunciare enunciati mai pronunciati
prima.
Come fa un bimbo ad assegnare alle parole le categorie di nome e verbo? In tutte le lingue le parole
che indicano oggetti e persone sono SN o N mentre quelli che esprimono azioni e stati d’animo
sono SV. Ma se i bambini riuscissero a capire che le parole per oggetti e persone sono N e che le
azioni sono V avremmo già risolti il problema. Bisogna dare un ordine alle parole: se dico “io
amo…” cosa può reggere il verbo “amare”? Un verbo (pescare), un avverbio (infinitamente la
musica), un nome (cani e gatti), una preposizione (con tutta la forza), un articolo (il mio cane). Il
verbo “amare”, quindi, regge alla sua destra un SN, sicuramente composto da un N, ma può essere
composto anche da qualcos’altro.
Da questa analisi si capisce che un bimbo non deve imparare le frasi per parola ma per sintagma.
Deve cercare i sintagmi, cioè dei gruppi di parole. Hanno però bisogno di una guida che può
provenire da due fonti:
- dai genitori: il bambino ipotizza che i genitori rispettino la struttura sintagmatica ;
- dalla sua conoscenza: partendo dalla frase il grosso cane mangia gelati se il bimbo conosce
le parole, grosso, cane, mangia, gelati, conosce le loro categorie e saprà tracciare i primi
rami di un albero. Se poi capisce che il e grosso si riferisce a cane, saprà completare
l’albero; etichettando come N cane e N gelati, il bimbo, anche se non ha sentito nessuno
farlo, potrà usare cane non più solo come soggetto ma anche come oggetto, oppure saprà
che un aggettivo precede o segue non solo un soggetto, ma anche un oggetto;
Perché i bimbi non nascono sapendo parlare? Abbiamo imparato che parte della risposta è che i
bimbi devono ascoltare se stessi per imparare come funziona il linguaggio, la loro bocca e devono
ascoltare i genitori per imparare i fonemi, le parole e gli ordini sintagmatici comunemente usati.
Questo meccanismo fa si che un’acquisizione dipenda da altre: si imparano i fonemi, dai fonemi le
parole, dalle parole le frasi. Ma perché questo meccanismo dura almeno 3 anni? Perché sembra che
questo meccanismo, il linguaggio, si sviluppi contemporaneamente allo sviluppo del cervello.
È più difficile imparare una seconda lingua nell’età adulta che una prima nell’infanzia. Perché?
Forse perché i bambini sfruttano il mammese, fanno errori senza intimidirsi, non hanno abitudini e
sono più portati al confronto, non hanno una prima lingua che interferisce, ma negli ultimi tempi
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Linguistica generale
questa tesi ha avuto meno consensi: ci sono anche bimbi nati senza conoscere mammese e senza
commettere molti errori. Un fattore reale, però, c’è: l’età. Una persona che emigra da ragazzo e non
da bambino in uno Stato dove non si parla la sua lingua natale, potrà dominare benissimo la
grammatica della nuova lingua, ma sicuramente, mai completamente i suoi aspetti fonologici.
È poi perché col passare degli anni si è meno propensi ad “apprendere”? Probabilmente perché col
passare degli anni l’individuo è sempre più esposto a vulnerabilità, debolezza, si avvicina sempre di
più alla morte: la “senescenza”. Le probabilità di un individuo di morire peggiorano di giorno in
giorno.
10. Gli organi del linguaggio e i geni della grammatica
Nel cervello può esistere un gene legato a qualcosa di così specifico come la grammatica? Nel 1861
il medico francese Broca disse che la facoltà del linguaggio è localizzata nell’emisfero sinistro del
cervello. Cosa tiene impegnato l’emisfero sinistro? Oltre al linguaggio dei suoni, delle parole,
impegna anche il linguaggio astratto e le strutture ad albero.
Nessun biologo ha mai spiegato perché il cervello sinistro controlli lo spazio destro e viceversa.
Questa inversione è dovuta al fatto che i nervi si incrociano quando entrano nel cervello.
La maggior parte dei mancini, invece, continua ad avere il cervello sinistro che controlla lo spazio
destro, non c’è specularità. Nei mancini, il linguaggio è distribuito in eguale misura tra i due
emisferi, cosicché in caso di ictus hanno maggiori possibilità di salvarsi dall’afasia (incapacità di
parlare). I mancini, poi, anche se più bravi nelle arti matematiche e artistiche, sono più esposti a
dislessia e balbuzie.
Le persone lese nell’area di Broca, sofferenti
della sindrome “afasia di Broca”, subivano
Zona
un’articolazione lenta, faticosa e agrammaticale
zona
Area di
motoria
degli enunciati. L’area di Broca è confinante
sensoriale
Broca
alla zona che controlla il movimento della
mandibola, delle labbra e della lingua, ma
sembra essere implicata nell’elaborazione
grammaticale in generale. È dunque l’organo
della grammatica? Non proprio. Se solo questa
area è lesa, non ci sono gravi afasie permanenti.
L’area di Broca, attraverso un fascio di fibre è
anche connessa con un altro organo, l’area di
Scissura
Wernicke. Una lesione a questo organo
di Silvio
produce un’afasia differente da quella prodotta
dall’area di Broca: chi ha l’afasia di Wernicke
Area di
pronuncia fiumi di sintagmi più o meno
Wernicke
grammaticali ma il discorso non ha senso ed è
pieno di neologismi (vocaboli nuovi). A
differenza di chi è colpito dall’afasia di Broca,
quelli colpiti dall’afasia di Wernicke hanno
difficoltà nel nominare gli oggetti, nel trovare
le parole giuste, sono quindi succubi della
sindrome chiamata anomia (senza nomi): usano
nomi molto generici (cosa, cibo) ma sanno districarsi con i verbi, cosa difficile per gli afasici di
Broca.
18
Linguistica generale
Una raffigurazione anatomica molto rozza dei sott’organi del linguaggio all’interno del cervello
potrebbe essere la seguente: nella parte dove c’è l’area di Broca, l’analisi grammaticale, nella parte
dove c’è l’area di Wernicke, i suoni delle parole e il loro significato.
Noam Chomsky
Americano di origine ebrea, Noam Chomsky nacque a Filadelfia nel 1928, padre del
modello generativo della grammatica trasformazionale. Fu il padre William Chomsky,
studioso di ebraismo e linguaggio ebraico, ad influenzare il figlio nei suoi studi.
Chomsky è il fondatore e il caposcuola del generativismo, un'interpretazione della
linguistica che intende spiegare le leggi che governano il prodursi del linguaggio e che si
oppone alla linguistica strutturalista funzionalista.
STOP
LINGUISTICA
Approfondendo il parallelismo tra le strutture della grammatica e quelle della fonologia il linguista
polacco J. Kurylowicz può essere considerato l'anello di congiunzione tra il Circolo linguistico di
Praga e il Circolo linguistico di Copenaghen nel cui ambito sorse e si affermò, soprattutto a opera di
L. Hjelmslev, il nuovo indirizzo strutturalista noto col nome di glossematica. Muovendo dalla
premessa che la lingua deve essere considerata "come una totalità autosufficiente, una struttura sui
generis" e non come un conglomerato di fenomeni extralinguistici e, accettato il principio
saussuriano che la lingua è una forma, non una sostanza, si distinguono in essa il piano
dell'espressione (cioè quello dei significanti) e il piano del contenuto (quello dei significati), il
segno linguistico è inteso come un rapporto tra la forma dell'espressione e la forma del contenuto e
la struttura di una lingua viene definita "una rete di dipendenze o, per dirla in modo al tempo stesso
più esatto, più tecnico e più semplice, una rete di funzioni". A questa concezione logico-formale,
espressa in termini tecnici estremamente complessi e con formule di tipo algebrico, è stato da alcuni
rimproverato un certo apriorismo e astoricismo. Da Saussure dipende in parte anche la scuola
linguistica francese che soprattutto con A. Meillet ha accentuato e sviluppato l'aspetto sociale del
linguaggio (in conformità al pensiero del maestro ginevrino per il quale "la lingua è un'istituzione
sociale"); con E. Benveniste ha portato nuova luce sulla nozione stessa di struttura ("uno dei termini
essenziali della linguistica moderna, uno di quelli che hanno ancora valore programmatico"), ha
recato un decisivo contributo al problema dell'arbitrarietà del segno linguistico, ha cercato di
conciliare l'opposizione tra sincronia e diacronia e ha formulato una nuova teoria della radice
indeuropea integrandola nella struttura di un sistema armonico e funzionale; con A. Martinet ha
originalmente sviluppato le teorie del Circolo linguistico di Praga e attraverso una rivalutazione
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Linguistica generale
della fonologia diacronica ha cercato di trovare un punto d'incontro tra la grammatica storica e le
nuove teorie strutturali. In Italia L. Heilmann è stato uno dei primi a diffondere lo strutturalismo e
ha applicato con successo i metodi della fonologia strutturale alla dialettologia italiana, T. De
Mauro ha ampiamente sviluppato e approfondito le tematiche dello strutturalismo specialmente in
rapporto alla storia linguistica italiana e alla semantica, G. C. Lepschy ha esemplarmente illustrato i
principi teorico-metodologici dello strutturalismo (la sua Linguistica strutturale è stata tradotta nelle
principali lingue), L. Rosiello si è prevalentemente interessato di problemi stilistici e semantici, P.
Valesio ha studiato parallelamente in chiave strutturale fatti linguistici e letterari. Lo strutturalismo
trovò un terreno particolarmente favorevole negli Stati Uniti dove si affermò e si sviluppò in
tendenze spesso divergenti e autonome rispetto allo strutturalismo europeo. Si è già detto che la
linguistica americana si è andata costituendo sullo sfondo di interessi prevalentemente antropologici
e l'attenzione rivolta in particolare alla codificazione e classificazione delle lingue amerindie, prive
di una vera tradizione scritta, portò inevitabilmente a privilegiare l'aspetto sincronico nell'analisi
linguistica. Una grande parte dei linguisti americani hanno riconosciuto in L. Bloomfield il loro
maestro e caposcuola. Fondatore della "Linguistic Society of America" (1924), Bloomfield
specialmente nel celebre libro Language (l'edizione definitiva è del 1933, tradotta anche in italiano
nel 1974) ha impostato la sua concezione della lingua come sistema su basi essenzialmente
meccanicistiche secondo la teoria del comportamentismo, per cui gli atti linguistici sono intesi come
una reazione condizionata da un fatto esterno e come uno stimolo che provoca la risposta all'evento
pratico che ha determinato l'atto linguistico. Questa concezione esclude sostanzialmente le
operazioni mentali del parlante e lascia in ombra il settore della semantica. Un diverso punto di
riferimento per lo strutturalismo americano è rappresentato da E. Sapir che, contrariamente a
Bloomfield, nell'omonima opera Language (1921, anch'essa tradotta in italiano nel 1969) si muove
nell'ambito del mentalismo, mettendo in rilievo anche i fatti psichici in termini di mente ("il
linguaggio, in quanto struttura, costituisce, per il suo aspetto interiore, lo stampo del pensiero"). La
maggior parte dei linguisti americani si riconosce nelle due principali tendenze che fanno capo a
Bloomfield e a Sapir (cui si possono far corrispondere, all'incirca, le due riviste Language e Word),
ma ci sono anche posizioni intermedie più sfumate e in alcuni casi è anche avvertibile un
accostamento, diretto o indiretto, alle tematiche dello strutturalismo europeo. Come in Europa, ci
sono per esempio negli Stati Uniti linguisti come W. P. Lehmann e C. W. Watkins che hanno
proposto un'analisi della linguistica storica in chiave strutturale. Una vera rivoluzione nello
strutturalismo americano fu operata da N. A. Chomsky che non ha mancato di riconoscere quanto
egli debba, nella sua formazione e nell'elaborazione delle sue teorie, a precedenti movimenti
culturali, e in primo luogo a Cartesio, alla grammatica di Port-Royal e a W. von Humboldt. In
opposizione alla concezione comportamentista di Bloomfield e sul presupposto del carattere
innatistico, e quindi creativo, del linguaggio, Chomsky ha elaborato la nuova teoria della
grammatica generativa trasformazionale secondo la quale, partendo da un numero limitato di frasi,
attraverso un insieme finito di regole, si possono produrre o generare per successive trasformazioni
tutte le possibili frasi grammaticali di una data lingua. Si deve però avvertire che nell'elaborazione
della teoria chomskiana c'è stata una certa evoluzione: in un primo tempo si faceva una distinzione
tra frasi "nucleari" (semplici, dichiarative, attive) e frasi "non nucleari" (derivate dalle frasi nucleari
mediante l'applicazione di trasformazioni come quella passiva, quella negativa) e si distingueva
nella grammatica un componente a struttura di frase, uno trasformazionale e uno morfofonemico.
Successivamente sono stati invece evidenziati nella grammatica il componente sintattico (il solo
creativo), quello semantico e quello fonologico (interpretativi), e nel componente sintattico si sono
distinte la base che genera le strutture profonde, e le regole trasformazionali che generano le
strutture superficiali. Al di là della complessità di questo sistema formale logico-matematico, è
evidente l'intenzione di poter giungere a "una certa sottostruttura che, insieme con i principi generali
di organizzazione, è comune a tutte le lingue". In tempi più recenti non sono mancati linguisti, come
per esempio R. King, che hanno ripreso la linguistica storica in chiave generativa. Singolare e
interessante l'apertura ai nuovi indirizzi strutturalisti verificatasi nell'Unione Sovietica. Durante il
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Linguistica generale
periodo stalinista ci fu una decisa opposizione allo strutturalismo, sia pure con qualche rara
eccezione (ad esemio il Cours di Saussure fu tradotto in russo nel 1933, e il Language di Sapir nel
1934), e ancora nel 1955 O. S. Axmanova scriveva che "lo sstrutturalismo linguistico si rivela
incompatibile con la linguistica marxista". La situazione cambiò radicalmente nel giro di pochi
anni, al punto che lo strutturalismo divenne l'indirizzo linguistico prevalente e pressoché ufficiale
nell'U.R.S.S. Qui lo strutturalismo non rappresentò una semplice importazione dall'estero, ma
piuttosto il ritorno di un esule in quanto, come si è visto, erano di origine russa alcuni linguisti,
come S. Karcevskij, N. S. Trubeckoj e R. Jakobson, che in Occidente hanno recato contributi
determinanti allo sviluppo dello strutturalismo. Il mutamento di rotta si ebbe ufficialmente nel 1956
quando la rivista Voprosy jazykoznanija (organo dell'Accademia Sovietica delle Scienze) aprì le
porte alle nuove teorie strutturali. Indubbiamente la svolta politica del XX Congresso, con il
conseguente processo di destalinizzazione e l'interesse per la traduzione automatica, in
competizione con gli Stati Uniti, favorì la penetrazione e il successivo dilagare della nuova moda
strutturalistica che rapidamente si affermò anche nelle istituzioni ufficiali: si istituirono un settore di
linguistica strutturale e applicata presso l'istituto di linguistica dell'Accademia delle Scienze e una
cattedra di linguistica strutturale e applicata all'Università di Mosca. Tra i nomi di maggior rilievo
dello strutturalismo nell'ambito delle repubbliche ex sovietiche basti ricordare N. D. Andreev, A. A.
Reformatskij, I. I. Rezvin, M. I. Steblin-Kamenskij, B. A. Uspenskij, e soprattutto S. K. Saumjan
che con la sua teoria generante applicativa si pone in concorrenza con la grammatica generativa
trasformazionale di Chomsky. Concludendo, si può dire che lo strutturalismo ha avuto il grande
merito di superare la frammentarietà in cui si erano andate disperdendo e polverizzando le
precedenti ricerche linguistiche, nell'organica visione della lingua intesa come sistema funzionale,
anche se, soprattutto nelle sue tendenze più estremistiche, ha suscitato perplessità e ha rivelato
difetti: le critiche di fondo allo strutturalismo sono state specialmente quelle di una compiaciuta
indulgenza verso una terminologia tecnica spesso ermetica ed esoterica, e di un accentuato
astrattismo, apriorismo e astoricismo che non di rado prescinde dalla concretezza dei fatti linguistici
per elaborare teorie avulse dalla realtà. Il pericolo è avvertito anche dagli strutturalisti più
illuminati; valga per tutti l'affermazione di A. Martinet: "bisogna ricordare ancora una volta che non
tocca alla lingua conformarsi alle prescrizioni dei linguisti, ma tocca ai linguisti adeguare i loro
metodi se questi non rendono piena giustizia alla lingua studiata".
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