Scrivi una relazione sulla seguente frase di Anassimandro: Tutti gli esseri devono, secondo l’ordine del tempo, pagare gli uni agli altri il fio della loro ingiustizia. (confronta anche la testimonianza di Simplicio a pagina 52 del libro) Anassimandro, vissuto nel VI secolo a.C. nella Ionia, è stato il primo autore greco di cui si hanno frammenti e testimonianze scritti. Studiò alla scuola di Mileto come discepolo di Talete, il primo filosofo greco secondo Aristotele. Egli si dedicò, seguendo le orme del suo maestro, non solo alla filosofia ma anche alla politica e alla astronomia. Anassimandro fa parte dei filosofi presocratici, altrimenti chiamati presofisti, che si incentravano principalmente sui problemi filosofici di natura cosmologica, cioè dell’Universo, e di natura ontologica, ossia riguardanti l’essere e la realtà. E, di fatto, Anassimandro è conosciuto per il suo particolare pensiero riguardo alla sostanza iniziale la cui essenza ha dato origine al mondo da noi conosciuto, a tutto ciò che esiste. Anassimandro è il primo filosofo che nomina questa sostanza principio, in greco ἀρχή. E al contrario di Talete che vede al principio della vita l’acqua, dalla quale gli esseri viventi dipendono, Anassimandro colloca l’ ἀρχή in una natura infinita che nomina ἂπειρον. L’ ἂπειρον è un insieme di materia non distinguibile in corpi precisi ma compatta e infinita, immortale, divina. E, mediante un processo di separazione che ha alla base il contrasto, dall’ ἂπειρον, da questa materia indefinita in perenne movimento, si staccano di volta in volta gli opposti, cioè i contrari come ad esempio il caldo e il freddo, dando vita al tutto. L’ ἂπειρον inoltre funge da sovrano e da giudice. Perché è l’ ἂπειρον che stabilisce l’ordine del tempo, la durata di un ciclo, di una vita, il ripetersi dei cicli, la loro fine… Ed è l’ ἂπειρον che rispettando la legge cosmica punisce l’ ἀδικία, cioè l’ingiustizia commessa da ogni essere al momento della propria nascita verso gli altri esseri che altrimenti si sarebbero potuti trovare al suo posto; l’ingiustizia, però, è rivolta anche verso l’ ἂπειρον stesso, da cui l’essere si separa. E il fio, il prezzo da pagare per una tale ingiustizia è il proprio ritorno all’ ἂπειρον attraverso la morte, certezza inevitabile. Roma, 03/10/2019 Isabella Tokos III A