Romeo and Juliet post scriptum

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Persinsala Teatro
Simona Ventura
maggio 27, 2014
Dalla Svezia a Spoleto fino a Roma: al Teatro dell’Orologio va
in scena il testo di Annika Nyman Romeo and Juliet post
scriptum, allestito per la prima volta in italiano con la
traduzione e la regia di Georgia Lepore.
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Romeo e Giulietta, l’opera più conosciuta di William Shakespeare, la
storia d’amore romantica per eccellenza, continua a rivelare pieghe e
indizi impliciti che non ne rendono mai scontato né banale un riesame. Si
pensi all’informazione spesso tralasciata o dimenticata che il giovane
Romeo, all’inizio del testo, si dichiara innamorato della solo menzionata
Rosalina e – in un secondo momento, non prima – si accenderà d’amor
fatale per Giulietta.
Sia come sia, i due giovani innamorati finiscono per abbracciare insieme lo
stesso destino di morte. Eppure, cosa ne sarebbe stato di loro se il fato
avesse concesso un finale diverso? Le famiglie si sarebbero riappacificate
o i due sarebbero stati costretti a darsi alla fuga? Quali dinamiche si
sarebbero realmente dipanate una volta svincolati dai legami dovuti alle
avversità familiari?
È da queste riflessioni che nasce Romeo and Juliet post scriptum, il
testo di Annika Nyman, autrice e insegnante presso il Teatro dell’opera di
Malmö in Svezia, che è stato messo in scena durante la passata edizione
del Festival dei Due Mondi di Spoleto, nella sezione European young
theatre. Georgia Lepore ne ha curato la traduzione e l’allestimento
italiano, chiamando al suo fianco due bravi attori, Selene Gandini e
Giovanni Anzaldo, che hanno saputo dare forza, attraverso la loro
interpretazione, ad un testo sicuramente interessante ma che si può forse
ritenere non ancora del tutto compiuto.
In scena solo i due protagonisti, scenografia assente, luci rosse che
sottolineano il momento in cui la vicenda ha inizio: Romeo ha appena
ammazzato Paride (promesso sposo di Giulietta), lui e Giulietta – legati da
una fune, bella intuizione della regista – stanno programmando la fuga
mentre dall’altra parte della città si sta inscenando il funerale della
ragazza. Il tempo è quello presente – sottolineato dal linguaggio e
dall’abbigliamento in cui domina il blue jeans – e la citazione
shakespeariana diventa quasi un pretesto per portare alla luce ansie,
paure e personalità di due adolescenti moderni. Adolescenti sognatori e
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tormentati, che incarnano lo stereotipo della coppia: lei profondamente
femminile ma dinamica, decisa, quasi aggressiva nella sua passionalità,
tanto da sembrare a momenti superficiale, quando invece dietro quella
superficialità altro non si cela se non una natura pragmatica e risolutiva;
lui appare più riflessivo e confuso, pauroso e spaventato dalla fermezza di
questa Giulietta atipica. Entrambi i caratteri, seppur delineati con una
certa lucidità, mostrano una sorta di schizofrenia che si ritrova anche nella
costruzione semantica del testo: risulta difficile seguire gli intimi passaggi
che portano i due ragazzi dal sognare una fuga nel classico stile di
Laguna Blu al vomitarsi vicendevolmente addosso le colpe che
attribuiscono alle rispettive famiglie.
Inizialmente a convincere poco è il rapporto di complicità fra i due giovani
che, per essere stati tenuti separati fino a quel momento, mostrano una
strana ed eccessiva conoscenza che si tramuta in comprensione l’uno
dell’altro – rischiando di rompere il patto finzionale con uno spettatore
attento. Ma quando si comprende che tutta la problematica delle loro
angosce ha origine nel rapporto fra i genitori che, inevitabilmente, nelle
sue brutture ricade come un fiume in piena sui figli, viene fuori in maniera
inequivocabile che Romeo e Giulietta, in realtà, non si conoscono affatto:
si urlano in faccia le loro paure sottoforma di odio e veleno per le
reciproche famiglie (uno dei momenti di maggiore tensione emotiva dello
spettacolo), ma poi, quando giunge il tempo della riappacificazione,
sbagliano l’approccio consolatorio, non riescono a trovare le parole giuste
per rassicurarsi, non capiscono fino in fondo le rispettive sofferenze. Allora
forse è proprio questo il punto di rottura, quello in cui decidere di lasciarsi
tutto alle spalle e ricominciare insieme verso un nuovo capitolo da
scrivere.
Il lavoro sul testo condotto da Annika Nyman è interessante nei suoi
risvolti e probabilmente ha da mostrare potenzialità ancora inespresse; lo
stesso si può dire per il lavoro di Georgia Lepore che, comunque, ha
lasciato lo spazio necessario agli attori per dare corpo a questo potenziale
ulteriormente indagabile.
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foto di Giulia Bertini
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Sycamore T Company presenta
Romeo and Juliet post scriptum
di Annika Nyman
traduzione Georgia Lepore
regia Georgia Lepore
con Giovanni Anzaldo e Selene Gandini
aiuto regia Emanuela Liverani
foto di scena Giulia Bertini
ufficio stampa Maya Amenduni
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Lo spettacolo continua:
Teatro dell’Orologio
via de’ Filippini, 17/a – Roma
orari: dal 20 al 23 maggio ore 21.30, dal 27 al 31 maggio ore 21.30, 1 giugno ore 18.00
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