Terenzio, vita e opere. Terenzio (190-160 a.C. circa) fu un commediografo latino. Le notizie sulla sua vita sono scarse e si ricavano da una biografia scritta da Svetonio. Publio Terenzio Afro: la vita In giovane età, Terenzio fu portato da Cartagine (Tunisia) a Roma come schiavo, con il nome di Afer (Africano), dal senatore Terenzio Lucano. Questo prima gli diede una buona educazione e poi gli concesse la libertà. In qualità di liberto, come era abitudine, prese il nome dell’ex padrone. Terenzio entrò a far parte del Circolo degli Scipioni (Circolo culturale dove Terenzio approfondì la cultura greca) e fu da loro incoraggiato a diventare autore di commedie. La prima, Andria (La ragazza di Andro), fu rappresentata nel 166 a.C. Dal 166 al 160 a.C. compose le sue altre cinque commedie: Hècyra (La suocera), Adelphoe (I fratelli), Heautontimorùmenos (Il punitore di se stesso), Eunuchus (L’eunuco) e Phormio (Formione). Nel 160 a.C. partì per un viaggio in Grecia e non fece più ritorno. Publio Terenzio Afro: le opere e la poetica Terenzio prese i suoi soggetti (le trame) dalla commedia nuova greca. Si ispirò soprattutto al commediografo greco Menandro (ad Apollodoro di Caristo per Phormio e Hecyra). Fu accusato di: contaminatio, cioè di intrecciare liberamente in uno stesso testo situazioni, brani di autori diversi o anche di diverse opere dello stesso scrittore. furtum, ovvero di plagio, di aver copiato alcune opere di Plauto e Nevio; di essere un prestanome, cioè di non aver scritto personalmente le sue opere ma di averle solo firmate. Mentre Plauto utilizzava i prologhi per informare il pubblico sulla trama della commedia, Terenzio dà le notizie sulla commedia direttamente attraverso i personaggi. Terenzio utilizza i sui prologhi per difendersi dalle accuse. Terenzio crea trame verosimili cioè credibili. La struttura della commedia di Terenzio prevede didascalia, prologo, deverbia. I cantica sono quasi completamente assenti. Il linguaggio è colto ma colloquiale e, diversamente dallo stile di Plauto, evita le volgarità, le espressioni iperboliche (esagerate) e i neologismi (parole nuove, inventate da lui). Nulla di strano quindi che il pubblico romano trovasse noiose le commedie di Terenzio (perché era abituato alla straordinaria comicità del teatro Plautino) e qualche volta abbandonasse il teatro. Terenzio crea personaggi umani in cui lo spettatore si identifica. Punta al loro approfondimento psicologico. Affronta i sentimenti, i problemi dell’educazione e quelli dei rapporti tra genitori e figli. I suoi personaggi sono tratti dalla classe media, sono quindi decorosi e misurati. I suoi personaggi sono meno volgari di quelli di Plauto, Terenzio evita infatti scene e battute offensive, dà spazio alla riflessione. Le commedie di Terenzio normalmente non provocano il riso, non sono comiche ma hanno lo scopo di far riflettere il pubblico su alcuni argomenti: la famiglia, gli scontri tra padri e figli; la varietà dei comportamenti umani nel bene e nel male; il rapporto tra I diversi ceti sociali (plebei e patrizi, ricchi e poveri). Al centro del suo mondo poetico sta il valore dell’humanitas, cioè il rispetto dell’uomo nei confronti dei suoi simili, elaborato nel Circolo degli Scipioni. Il valore del teatro di Terenzio fu riscoperto più tardi, In particolar modo fu apprezzato il suo stile elegante e limpido molto lontano dal modo di scrivere esuberante di Plauto. Una commedia di Terenzio: L’Hecyra (La Suocera) L'Hecyra è una commedia di Terenzio rappresentata più volte tra il 165 e il 160 a.C. La prima volta (165) il pubblico abbandonò il teatro, preferendo andare a vedere uno spettacolo del circo. La seconda volta, nel 160 a.C., venne rappresentata insieme a un'altra commedia (Adelphoe) senza però ottenere successo. Infine nello stesso anno venne riproposta con un nuovo prologo, in cui si invitava il pubblico a seguire lo svolgimento. La commedia è frutto di una contaminazione (unione) tra una commedia di Apollodoro di Caristo e gli Epitrèpontes (l'arbitrato) di Menandro. Trama: Panfilo, figlio del ricco Lachete, sposa Filumena, anche se è innamorato di Bacchide, una cortigiana. In seguito a un viaggio, Panfilo scopre che la moglie è tornata a vivere con i genitori, in apparenza a causa del carattere della suocera Sostrata, ma in realtà perchè sta per per partorire un bambino frutto di una violenza subita prima delle nozze. Il giovane non vuole più accettare la moglie in casa, pur non conoscendo il vero motivo del suo allontanamento. Sostrata, per amore del figlio, dichiara di essere pronta a ritirarsi in campagna. Lachete pensa che la decisione del figlio sia dovuta al suo amore per Bacchide, la cortigiana, a cui si rivolge per risolvere la situazione. Bacchide si reca personalmente da Filumena, assicurandole che tra lei e Panfilo è tutto finito. Mirrina, madre di Filumena, riconosce l'anello della figlia, strappatole durante lo stupro, in mano a Bacchide, che dice che si tratta di un regalo di Panfilo. Si capisce così che l'autore della violenza era Panfilo, e quindi padre legittimo del figlio.