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diodi 2000

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IL DIODO A GIUNZIONE
CENNI DI TECNOLOGIA
La tecnica oggi usata per aumentare la conduttività del cristallo di silicio prende il nome di
drogaggio e consiste nell’immettere, nel semiconduttore puro (intrinseco), quantità, controllate con
precisione, di elementi trivalenti (accettori) e pentavalenti (donatori). Generalmente il livello dei
droganti introdotti è molto basso (tra 1/10-8 e 1/10-18 atomi/cm3) cosicché le proprietà peculiari
chimico-fisiche del silicio restano inalterate modificandosi invece, in modo significativo, le
caratteristiche elettriche. Supponendo il cristallo intrinseco e gli atomi droganti elettricamente
neutri, anche il cristallo drogato risulterà elettricamente neutro.
Se in una barretta di semiconduttore puro si introducono da un lato elementi droganti di tipo
trivalente e dall'altro elementi di tipo pentavalente, si ottiene una giunzione PN. Infatti gli atomi
trivalenti con i propri elettroni di valenza sono in grado di saturare solo tre dei legami covalenti
della struttura cristallina, generando così, a causa del quarto legame libero, una lacuna in grado di
accettare elettroni (cristallo drogato P). Gli atomi pentavalenti, invece, non solo saturano tutti i
legami covalenti del cristallo, ma rendono disponibile nel reticolo un elettrone libero come
portatore di corrente (cristallo drogato N).
Al termine del processo di drogaggio saranno presenti una concentrazione in eccesso di lacune,
da un lato ed un eccesso di elettroni.dall'altro le quali determineranno una situazione di instabilità
temporanea, che verrà naturalmente rimossa. Attraverso la giunzione si verificherà un passaggio
di cariche nei due sensi, tendente a riportare una situazione di stabilità, ed in particolare il flusso di
lacune si sposterà verso la zona N, mentre il flusso di elettroni attraverserà la giunzione in senso
opposto. Ogni tipo di cariche costituirà un legame con quelle di segno opposto, introducendo però
un contributo di carica (fenomeno della ricombinazione). Così, dopo un tempo relativamente
breve, si formerà, a cavallo della giunzione, una regione particolarmente stretta, (0.5 µm) detta di
svuotamento (o di carica spaziale, o di transizione) con prevalenza di ioni positivi nella zona N e
negativi nella zona P.
Oltre la regione di carica spaziale, la concentrazione dei portatori sarà:
p=NA
nella zona P
n=ND
nella zona N
dove NA e ND sono le concentrazioni degli atomi droganti (accettori e donatori).
Si osservi che in questa regione la carica totale è nulla. Le cariche presenti nella zona di
svuotamento costituiscono la barriera di potenziale. Il campo elettrico associato alla barriera di
potenziale risulta diretto dalla zona N verso la zona P e contrasta il processo di diffusione. La
barretta di semiconduttore così ottenuta prende il nome di diodo a giunzione PN e rappresenta
l'elemento base dell'elettronica.
Il comportamento in regime statico della giunzione dipende dalle tensioni applicate ai suoi
terminali. Se applichiamo al dispositivo PN una tensione (tensione diretta) che riduca la barriera di
potenziale (e quindi la larghezza della zona di carica spaziale) si ottiene una migrazione dei
portatori maggioritari attraverso la giunzione che sono in grado di sostenere un flusso di corrente IF,
detta corrente diretta, proporzionale alla tensione applicata al circuito in cui il diodo è inserito.
Se invece si applica al diodo una tensione dello stesso segno di quella della barriera di
potenziale, (tensione inversa) il dispositivo verrà percorso da una corrente inversa molto piccola Io,
trascurabile rispetto alla corrispondente corrente diretta IF e indipendente dalla tensione applicata
al circuito.
CARATTERISTICA DI UN DIODO A GIUNZIONE
Il comportamento del diodo a giunzione in tutto il campo di funzionamento (figura 1), rappresentato
nel piano V - I, è descritto dall'equazione:
V
I = I o ( e ηV − 1)
T
(1)
dove:
Io è la corrente inversa di saturazione e dipende dalla temperatura della giunzione
η è un coefficiente correttivo (η=1 per il germanio e η =2 per il silicio).
KT
VT è detto potenziale equivalente della temperatura. VT =
. A 30°C, VT = 26 mV.
q
(T = temperatura assoluta in gradi Kelvin, q = 1.602. 10-19 coul = carica dell'elettrone.)
Per tensioni inverse e tali che |V| > | VT| l'equazione (1) si riduce a I = I0 evidenziando così
l'indipendenza della corrente inversa dalla tensione di polarizzazione del diodo.
I0 è correlata alle concentrazioni dei portatori minoritari e all'area della giunzione. Se il valore
della tensione inversa è elevato la Io subisce un brusco aumento (fenomeno del breakdown). Tale
situazione è però instabile e porta la giunzione in breve tempo alla distruzione per
sovratemperatura.
figura 1: caratteristica del diodo 1N4001
Una particolare famiglia di diodi semiconduttori, detti diodi Zener o a valanga, il cui simbolo è
riportato in figura 2, costruiti per lavorare nella regione di breakdown, vengono utilizzati nei
circuiti per applicazioni specifiche quali stabilizzatori di tensione, tosatori ecc..
figura 2: caratteristica di un diodo zener
2
Generalmente il rapporto IF/I0 è molto grande (104 - 1012), ad esempio dispositivi al silicio,
con Id = 1 A , presentano Io = 10-9 A. Nella zona di polarizzazione diretta è presente una ben
definita tensione di soglia Vd al di sopra della quale, ha inizio la conduzione rappresentata da un
andamento esponenziale. Il valore di questa soglia dipende solo dal materiale semiconduttore (0.2
- 0.3 V per il germanio, 0.6 - 0.7 V per il silicio). In polarizzazione inversa la curva risulta
parallela all'asse delle tensioni fino al raggiungimento della tensione di breakdown, in
corrispondenza della quale, dovrebbe ottenersi un brusco aumento di corrente. Comunque la
regione di polarizzazione inversa utilizzabile senza inconvenienti per la integrità del diodo è
limitata ad un 70 - 80% della tensione di breakdown.
MODELLI IN CONTINUA
Se la tensione applicata VS, è maggiore, in modulo di Vd il diodo può assimilarsi ad un interruttore
comandato e presentare due stati di funzionamento:
- In polarizzazione diretta il diodo consente il passaggio di elevate intensità di corrente con
cadute di tensione molto piccole ed approssimativamente costanti (stato ON).
- In polarizzazione inversa il diodo è attraversato dalla corrente inversa di saturazione, costante e
trascurabile in confronto alla corrente diretta. Ai suoi capi si localizza una grande caduta di
tensione (stato OFF).
Il diodo ideale è quel dispositivo che idealizza le due precedenti condizioni. Nello stato ON è un
interruttore ideale chiuso Vd =0) e nello stato OFF è un interruttore ideale aperto (I0=0).
Lo studio in regime statico esamina il comportamento del dispositivo nelle due regioni di
funzionamento, escludendo i passaggi tra i due stati ON e OFF che fanno parte del regime
dinamico.
Se la Vd è trascurabile rispetto alle tensioni presenti nel circuito, e le correnti sono molto maggiori
della corrente inversa di saturazione, allora il diodo può esser considerato ideale con caratteristica
lineare a tratti e coincidente col semiasse positivo delle correnti nel primo quadrante e col semiasse
negativo delle tensioni nel terzo quadrante.
- Nella modellazione più semplice il diodo è rappresentato da un diodo ideale (interruttore
ideale).
figura 3: diodo ideale e caratteristica V-I
Una struttura più complessa è quella formata dal diodo ideale con in serie una resistenza
opportuna che tenga conto della resistenza diretta RF.
3
figura 4: diodo ideale con RF e caratteristica V-I
Un altro modello alternativo evidenzia solamente la tensione di soglia.
figura 5: diodo ideale con Vd e caratteristica V-I
Un altro modello che tiene conto di entrambi i parametri resistenza diretta e tensione di soglia:
figura 6: diodo ideale con RF e Vd e caratteristica V-I
POLARIZZAZIONE DEL DIODO
Dallo studio dell’equazione (1) che ne descrive il comportamento e dall’esame delle
caratteristiche V,I si giunge alla considerazione che se si applica ad un circuito con diodi un
segnale qualunque V= f(V) con max |V|< Vd nel circuito non circola alcuna corrente in quanto non
si riesce a portare il diodo in polarizzazione diretta. Se ne deduce che questi dispositivi non sono
atti al funzionamento con tensioni inferiori a Vd.
Le tensioni minori minori di Vd vengono chiamate tensioni di piccolo segnale o incrementali per
distinguerle da quelle in grado di polarizzare il dispositivo che prendono il nome di grandi segnali.
Da queste considerazioni ne deriva che se si vuole applicare efficacemente un segnale incrementale
ai circuiti a semiconduttore, in generale occorre procedere alla polarizzazione del dispositivo
(fig.7).
4
RESISTENZA DEL DIODO
Dallo studio della caratteristica del diodo reale, possono definirsi una resistenza statica ed una
resistenza dinamica o incrementale.
La resistenza statica RS è definita come rapporto tra la caduta di tensione ai capi del diodo e la
corrente che lo attraversa. ed è rappresentata dal reciproco della pendenza del segmento che
congiunge il punto in esame della curva con l'origine. Entro la regione di esercizio del diodo, la
resistenza statica assume valori compresi in un campo troppo ampio per essere un parametro di uso
pratico: Infatti, mentre nella regione inversa la resistenza statica assume un valore costante
prossimo al GΩ, nella regione di polarizzazione diretta assume valori compresi in un grande
intervallo (tra il MΩ ed il mΩ)
Attorno ad un prefissato punto di funzionamento (polarizzazione), a piccole variazioni di tensione
corrispondono piccole variazioni di corrente. In termini analitici, sviluppando in serie di Taylor
l'espressione della corrente nel diodo attorno al punto di lavoro PQ(V',I'), otteniamo:
I (V ) = I ' +
dI
dV
I ' ,V '
∆V
(2)
la derivata della corrente rispetto alla tensione è la conduttnza del diodo nel punto di lavoro.
  V

V
d  I o  e − 1 
ηV
  Ioe

dI
=
g=
= 
ηVT
dV
dV
ηVT
T
(3)
l'inverso della conduttanza ci da la resistenza incrementale che rappresenta geometricamente la
tangente alla curva nel punto.
Dalla equazione (1) si può scrivere:
V
Ioe
ηVT
= I + IO
da cui si ha:
V
in zona inversa
I = Io
1 / ri = g = 0 - in zona diretta I ≅ I o e
5
ηVT
1/ ri = g =
I
ηVT
fig.7: caratteristica V,I e resistenza incrementale
TEMPI DI COMMUTAZIONE
Tutti i componenti elettronici rispondono alle variazioni del segnale impresso con un tempo di
ritardo dovuto al transitorio che si instaura nel circuito a causa delle capacità parassite proprie del
dispositivo stesso. Per i diodi, non sono tanto significative le variazioni delle ampiezze del segnale
impresso, quanto le sue variazioni di segno. E' pertanto necessario conoscere il comportamento del
dispositivo nel passaggio dallo stato on allo stato off e viceversa.
Quando il generatore polarizza direttamente il diodo, la densità dei portatori minoritari assume la
particolare distribuzione in figura 8a.
Se la tensione del generatore si inverte bruscamente di segno, polarizzando il dispositivo in modo
inverso, i portatori minoritari tendono ad attraversare velocemente la giunzione per rifluire verso la
parte ove sono in maggioranza fino a raggiungere la distribuzione, dipendente dalla polarizzazione
inversa, in figura 8b.
Pertanto la corrente del diodo polarizzato direttamente, non si interrompe, quando al tensione
impressa cambia segno, ma si inverte. Essa, infatti, è sostenuta dai portatori minoritari che
rifluiscono nelle regioni di origine e dipende esclusivamente dalla resistenza del circuito.
Successivamente, esaurito il passaggio dei portatori minoritari attraverso la giunzione, la corrente
cade al valore della corrente inversa di saturazione.
(a)
(b)
6
figura 8: distribuzione dei portatori minoritari:
a) polarizzazione diretta b) polarizzazione inversa
figura 9: circuito di prova per lo studio del tempo di commutazione
figura 10 diagrammma dei tempi di commutazione a) segnale impresso
b) portatori minoritari c) corrente nel circuito d) tensione sul diodo
Per studiare questo problema è opportuno riferirsi al circuito costituito da un generatore ad onda
quadra, un diodo ed un resistore (figura 9).
All'istante della commutazione inizia la variazione della distribuzione della densità dei portatori
minoritari (figura 8).
La corrente cambia bruscamente di segno, dopo diminuirà fino a
raggiungere il valore della corrente inversa di saturazione.
L'intervallo t s = t2 − t1 si chiama tempo di immagazzinamento (storage time).
L'intervallo t t = t 3 − t 2 si chiama tempo di transizione o svuotamento.
L'intervallo complessivo t rr = t 3 − t 1 si chiama tempo di recupero inverso (reverse recovery).
L'istante t 3 individua il momento nel quale la corrente inversa si riduce al valore Io.
Simmetricamente esiste anche un tempo di recupero diretto (direct recovery) t fr che però è sempre
minore del t rr .
CAPACITÀ DEL DIODO
7
Lo studio in regime transitorio della giunzione tiene conto dei problemi legati al passaggio dalla
polarizzazione diretta a quella inversa (on - off) o a rovescio (off - on). In questi casi non possono
esser trascurate le cariche elettriche immagazinate all'interno del semiconduttore.
Nella polarizzazione diretta, a causa di piccole variazioni della tensione di polarizzazione, si
determina una modifica della carica, dovuta ai portatori minoritari, immagazzinata ai limiti esterni
della regione di transizione. Quindi possiamo schematizzare tale comportamento con una capacità
di diffusione:
CD =
dQ
dI
=τ
= τg
dV
dV
dove τ è il tempo di vita medio dei portatori minoritari.
Un'ulteriore variazione di carica si ha nella regione di carica spaziale. Tale fenomeno è
modellizzabile con la capacità di transizione Ct. In polarizzazione diretta risulta Cd>> Ct e la sua
influenza nel computo è trascurabile.
Nella polarizzazione inversa Cd=0 Ct <<Cd e la variazione di carica è dovuta eclusivamente a Ct
LA CONVERSIONE DI POTENZA
Circuiti sinusoidali monofase
I circuiti convertitori di potenza trovano largo impiego in moltissimi campi applicativi in quanto
interfacciano le apparecchiature funzionanti in corrente continua con la rete elettrica di
distribuzione. In questi circuiti è essenziale l'impiego di dispositivi elettronici (solitamente diodi).
Il circuito più semplice in grado di effettuare la conversione è mostrato in figura 11. In esso la
forma d'onda della tensione presente sul carico è costituita da tratti di sinusoide che coincidono, in
buona approssimazione, con il semiperiodo dispari della tensione sinusoidale applicata.
VR L = Vm senϑ con 0 ≤ ϑ ≤ π . La tensione media applicata al carico è data da
V
1 2π
Vdc =
Vm sen ϑdϑ = m
∫
π
2π 0
Vdc ≈
Vm
3
figura 11 Convertitore monofase
Veff =
Vm Vm
≈
2 1,5
I dc =
Vm
RLπ
e diagramma della tensione sul carico
8
La corrente, trattandosi di un circuito puramente resistivo, ha la stessa forma d'onda della tensione
applicata. Il naturale miglioramento di questo circuito è dato dalla sostituzione del diodo con un
ponte rettificatore. In tal modo si ottiene l'utilizzazione anche dei semiperiodi dispari della tensione
di alimentazione, cosicché il carico risulta sempre alimentato (figura 12).
La tensione media sul carico vale:
Vdc =
2Vm
La corrente media vale
π
I dc =
2Vm
RLπ
figura 12 convertitore monofase a ponte e diagramma della tensione sul carico
figura 13 ritardo di conduzione
Se si considera il circuito reale, la tensione sul carico subisce alcune variazioni legate a:
- tensione di soglia del diodo
- resistenze concentrate e distribuite del circuito.
In questo caso lo studio risulta più complesso, la forma della tensione e della corrente non possono
più considerarsi sinusoidali, è presente un ritardo dell'angolo di conduzione. La tensione sul carico
è:
VRL = Vm sen ϑ − Vγ − I RL ( RF + RS )
Il ritardo dell'angolo di conduzione ϑ è tanto maggiore quanto più piccola è la tensione di
alimentazione.
Sistemi trifase
Come può notarsi la tensione continua ottenuta dai circuiti ora esaminati è sempre dello stesso
segno ma pulsante e nel primo caso è pure nulla nei semiperiodi dispari. Questa caratteristica rende
i circuiti in oggetto non adatti all'alimentazione dei dispositivi elettronici che in generale richiedono
9
una certa stabilità della tensione. Tuttavia questi circuiti hanno applicazioni importanti nel campo
dell'alimentazione di motori elettrici in dc e nei sistemi di ricarica di accumulatori, specie se di
grandi dimensioni. Spesso in questi campi le potenze richieste sono tanto grandi che per problemi
tariffari e di trasporto, si preferisce utilizzare sistemi di alimentazione trifase.
figura 14 convertitore trifase a tre diodi
Il vantaggio di poter disporre di tali sorgenti è evidente a partire da potenze dell'ordine di qualche
kW.
Il circuito di figura 14 sfrutta una terna sinusoidale (tre sinusoidi sfasate di 120°) collegata a stella
che impiega tre diodi (analogia col raddrizzatore ad un solo diodo).
figura 15 diagramma della tensione sul carico
Il circuito della figura 16 invece è collegato ad una terna a triangolo, impiega sei diodi ed ha una
tensione di uscita ancora migliore con una ondulazione residua Ripple molto piccola rispetto alla
tensione di alimentazione. Per calcolare il valore di ∆V basta risolvere l'equazione
Vm sen ϑ = Vm sen(ϑ + 2 3π ) (1)
il valore che soddisfa, salvi i vincoli derivati dalla topologia, è ϑ = π 6 per cui si ottiene
∆V = Vm − Vm sen π 6 da cui ∆V = Vm (1 − 0,5)
segue ∆V = 0,5Vm
10
figura 16 convertitore a ponte trifase
Il collegamento a triangolo della terna trifase consente l'utilizzazione di un ponte di diodi trifase
dal punto di vista grafico la soluzione si trova ribaltando le anse negative sul semipiano positivo: si
ottiene per ciascun periodo un numero doppio di onde positive (sei). La soluzione matematica si
ottiene dalla (1) per ϑ = π 3 per cui si ottiene ∆V = 0,133Vm . Dall'analisi di questi risultati ne
deriva un possibile miglioramento del sistema adottando sistemi a più di tre fasi.
Dopo facili
Il ripple tende a zero
calcoli, per un sistema a sei fasi con ponte si ottiene ∆V = 0,015Vm .
all'aumentare del numero delle fasi; tuttavia si ha un progressivo scadimento del sistema legato al
numero di commutazioni del trasformatore che ne fa peggiorare l'efficienza.
Figura 17 diagramma della tensione sul carico
FILTRO CAPACITIVO
Teoria e tecniche di progetto
La conversione di potenza ac-dc è un'operazione di estrema importanza in quanto consente di
alimentare tutte le apparecchiature elettroniche a partire dalla rete di distribuzione alternata
monofase. Considerando il grande numero di sistemi fissi collegati alla rete e quello dei dispositivi
portatili che richiedono con ciclica continuità la ricarica delle batterie, si vede subito che i
convertitori di potenza sono apparecchiature a larghissima diffusione.
Generalmente i sistemi di conversione utilizzati per le apparecchiature elettroniche sono
alimentati dalla rete monofase. La forma d'onda che si ottiene in uscita è continua con la
sovrapposizione di un'ondulazione residua percentualmente bassa rispetto al valore complessivo.
La topologia circuitale più usata fa ricorso ad uno o più diodi raddrizzatori ed a un condensatore di
elevata capacità in veste di volano energetico (figura 18). Il sistema infatti impiega la capacità
come dispositivo che accumula energia nell'intervallo di carica per cederla all'utilizzatore
nell'intervallo successivo. La capacità in coppia con il carico (generalmente resistivo) costituisce
un gruppo RC con costante di tempo molto maggiore del periodo della tensione sinusoidale del
generatore.
11
figura 18: raddrizzatore con filtro capacitivo
Le forme d'onda delle grandezze elettriche in gioco sono:
- tensione sinusoidale del generatore Vs = Vm sen ωt
- tensione continua sul carico VL
- corrente nel capacitore IC
- corrente nel diodo ID
- corrente media nel carico IL
- tensione ai capi del diodo VD.
Il periodo della Vs = Vm sen ωt può pensarsi costituito da due componenti:
dt intervallo nel quale il condensatore si carica; la tensione sul gruppo RC è: V L = Vm sen ωt .
∆t il periodo di scarica della capacità. Se τ = RC >> T = dt + ∆t allora T ≈ ∆t .
Le correnti al nodo sono: I D = I C + I L dove I C = ωCVm cos ωt (3) è la corrente sul carico
V sen ωt
è la corrente sul carico resistivo.
capacitivo e I L = m
RL
La tensione sul carico (figura 19 b) è data da due equazioni:
V L = Vm sen ωt
nell’intervallo dt

t 

nell’intervallo ∆t . Quest’ultima può linearizzarsi in V L = Vm  1 −
RL C 

Le correnti al nodo, nell’intervallo ∆t , sono:
−t
V 
t 
V

I l = −I c con I C = m e RC
linearizzando I C = M  1 −
RL 
RL C 
RL
VL = Vm e
−
t
RL C
La tensione di uscita V L = Vm − ∆V
è costituita da due termini: una quantità costante Vm ed una
variabile ∆V (figura 19 b).
Il valore medio della tensione continua ottenuta è V _ _ = Vm − ∆ V 2 .
DC
∆Q
∆V =
è detta ondulazione residua o Ripple. Ricordando che ∆Q = I ⋅ ∆t e la (2) si ha
C
I T
∆V = L
equazione che lega la capacità al ripple, alla corrente media sul carico e al periodo
C
della tensione sinusoidale.
Poiché dt è molto piccolo, la carica della capacità avviene in un tempo molto piccolo e richiede un
valore di corrente impulsivo molto alto rispetto alla corrente media sul carico.
Dalla (3) si ottiene per cos ϑ = 1 , I c = ωCVm il massimo valore della corrente (detta di picco non
ripetitiva e presente nel transitorio dell'accensione).
12
figura 19 a) tensione di alimentazione b) tensione sul carico
c) corrente sul capacitore d) corrente nel diodo e) tensione sul diodo
Si può anche calcolare la corrente di picco ripetitiva di ogni ricarica del condensatore , noto ϑ *
(l'angolo in cui si ha Vm = Vm sen ϑ ).
si ottiene risolvendo il sistema
Il valore della corrente di picco ripetitiva I PR
Vm sen ϑ = Vm − ∆V

 I PR = ωVm C cos ϑ
13
Dalla prima si ha
sen ϑ =
Vm − ∆V
∆V
= 1−
Vm
Vm
ricordando che
cos ϑ = 1 − sen 2 ϑ
cosϑ = 1 − (1 − ∆V Vm ) = 1 − (1 + ∆V 2 V 2 m − 2 ∆V Vm ) = 2 ∆V Vm − ∆V 2 Vm 2 ≈
2
segue che
I PR = ωCVm 2 ∆V Vm = ωC 2 ∆V ⋅Vm
14
2 ∆V Vm
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