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Sintesi Prima guerra mondiale

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Sintesi Prima guerra mondiale
La prima guerra mondiale costituisce secondo la maggior parte degli studiosi uno spartiacque epocale:
sebbene sia combattuta perlopiù in territorio europeo, coinvolge anche i paesi extraeuropei emergenti, USA
e Giappone, mobilitando un numero esorbitante di soldati dotati di armi dal potenziale distruttivo senza
precedenti, grazie alle nuove tecnologie sorrette dagli apparati industriali nazionali. E’ una guerra che
rappresenta dunque una iniziazione di massa alla modernità all’insegna del volto tragico della tecnologia, cui
si accompagna una regressione antropologica testimoniata dalle violenze contro la popolazione civile, dal
genocidio del popolo armeno, dalla disumanizzazione del nemico, dal trauma subito dai soldati.
Guerra di massa e tecnologica, dunque, ma anche ideologica: l’uso sistematico della propaganda fu
fondamentale per coinvolgere le masse nell’isteria di un bellicismo estetizzante che vedeva nella guerra la
“sola igiene del mondo”. Molti intellettuali furono promotori e vittime di questa esaltazione retorica del
virilismo e della violenza, per poi scoprire sul campo la cruda realtà. Infine, come osserva lo storico
Hobsbawm, fu una guerra totale, in quanto tutta la popolazione civile fu inevitabilmente coinvolta, non solo
come vittima delle violenze nelle aree invase dal nemico, ma anche in considerazione dell’impegno
economico necessario a sostenere lo sforzo bellico: con la maggior parte degli uomini al fronte, furono coloro
che restavano, tra cui molte donne, a sostenere l’economia di guerra. Fu guerra totale anche nel senso che,
contrariamente alle guerre ottocentesche, l’obiettivo fu la resa totale e incondizionata del nemico e dunque
il suo totale annichilimento.
28 giugno
1914
La visita a Sarajevo, capitale della Bosnia, da parte di Francesco Ferdinando, erede al trono
d’Austria che non celava la sua ambizione di allargare il controllo austriaco nei Balcani, è vissuta
come una provocazione. Infatti, la vicina Serbia, dopo 4 secoli di dominio turco, era diventata
indipendente nel 1878 con il congresso di Berlino e sognava la realizzazione di una Grande
Serbia annettendo i territori limitrofi abitati anche da popolazione di etnia serba, ma
l’annessione della Bosnia Erzegovina (la cui popolazione era per metà serba) all’Austria nel 1908
aveva frustrato tale ambizione e fomentato ulteriormente il nazionalismo serbo, finanziato
anche dalla Russia che sperava di allargarsi nei Balcani a spese dell’Austria.
La visita provoca dunque la mobilitazione di un gruppo di studenti dell’associazione nazionalista
Giovane Bosnia, riforniti di bombe a mano e revolver dall’associazione segreta serba Mano
Nera. Dopo una serie di vicissitudini, il giovane Gavrilo Princip riesce nell’impresa dalle
imprevedibili conseguenze.
Si tratta di un casus belli che si colloca in un clima di tensioni internazionali in cui spiccano la
rivalità tra Francia e Germania dovuta a contese coloniali (oltre che al senso di revanscismo
francese per la sconfitta subita a Sedan nel 1870) e la rivalità tra Russia e Austria per il
controllo della area balcanica. A ciò si aggiungono forti tensioni interne alle nazioni europee
determinate dalle sempre più frequenti rivendicazioni operaie.
23 luglio
1914
L’Austria invia un ultimatum alla Serbia: si richiede di sopprimere le associazioni nazionaliste,
di sospendere la propaganda antiaustriaca, licenziare i funzionari ostili all’Austria, arrestare i
complici del delitto e far partecipare alle indagini i funzionari austriaci. L’ultimo punto,
irrituale, viene respinto dalla Serbia in nome della sovranità nazionale.
28 luglio
1914
Prevalgono sui legami familiari che univano le varie case regnanti europee e sulle istanze
pacifiste, variamente motivate, le ragioni dell’onore e del patriottismo, unite agli interessi di
certi settori economici: l’Austria dichiara guerra alla Serbia, nell’illusione che si tratti di una
guerra breve come quelle ottocentesche.
Nei giorni successivi la Germania dichiara guerra alla Russia e alla Francia, in fase di
mobilitazione delle truppe. L’Italia, legata dal patto della triplice Alleanza ad Austria e
Germania dal 1882, decide di non intervenire in quanto si trattava di un patto difensivo e
l’Italia non era stata nemmeno consultata.
4 agosto
1914
La Germania attua il piano Schlieffen (che prevedeva, come nei conflitti ottocenteschi, una
Blietzkrieg, guerra-lampo) e invade il neutrale Belgio, determinando l’entrata in guerra di
Francia, Belgio e Gran Bretagna, per poi penetrare in Francia sfruttando l’effetto sorpresa. Il
23 agosto il Giappone dichiara guerra alla Germania per interessi territoriali in Cina.
Edward Grey, primo ministro inglese, osserva: “Le luci si spengono su tutta l’Europa. In vita
nostra non le vedremo riaccendersi”.
Settembre
1914
La Germania si avvicina a Parigi giungendo alla Marna, ma è costretta a indietreggiare da una
controffensiva anglo-francese.
Novembre
1914
La guerra è in fase di stallo, da guerra-lampo si è fatta guerra di usura: si crea il fronte con le
trincee dal mare del Nord al confine svizzero. La Germania occupa aree cruciali per la
produzione mineraria e industriale; infierisce sulla popolazione belga con deportazioni,
distruzioni, violenze spesso enfatizzate dalla propaganda nemica.
La Turchia si schiera in ottobre con Austria e Germania.
26 aprile
1915
Patto di Londra: l’Italia, guidata dal primo ministro Salandra, si impegna segretamente a
entrare in guerra entro un mese a fianco di Francia e Inghilterra in cambio del Trentino AltoAdige, Venezia Giulia, Istria e parte della Dalmazia (le cosiddette terre irredente che si
riteneva spettassero di diritto all’Italia).
maggio
1915
In Italia la propaganda entra in azione per orientare l’opinione pubblica a favore
dell’intervento nelle “radiose giornate di maggio”, che vedono D’Annunzio e Mussolini
protagonisti di comizi di piazza volti a fomentare le folle contro il parlamento e i pacifisti. Il
Parlamento, contrario all’intervento, è messo alle strette e vota i pieni poteri al governo che
dichiara la guerra con decisione extraparlamentare il 23 maggio.
Il 24 maggio l’esercito italiano avvia le ostilità lungo il fiume Isonzo. L’esercito è scarsamente
preparato e sprovvisto di mezzi e armamenti adeguati. Cominciano ben presto le diserzioni.
Spesso i soldati, tra cui molti contadini provenienti da comunità rurali che si trovano ad
affrontare un’esperienza drammatica e alienante, non capivano i discorsi dei superiori.
Così si esprime il volontario irredentista Stuparich: “Vita di stenti, senza orizzonti, tutto duole
dentro di noi e tutto, fuori di noi, ci affligge. S’aggiunge il malessere alla sporcizia e, più
umiliante ancora un senso disperato di inerzia. La coscienza si oscura nel dubbio, se abbiamo
fatto bene a volere la guerra. … l’egoismo che si sviluppa per necessità bestiale della grande
fatica, ci ripugna. Ognuno pensa duramente a sé, e noi che credevamo in una fraterna
collaborazione, tanto più grande nel pericolo, ce ne sentiamo offesi e umiliati”.
Intanto in questo periodo si consuma il momento più drammatico del genocidio armeno in
Turchia e infuria la guerra sottomarina tedesca contro il blocco navale imposto dalla Gran
Bretagna: l’affondamento della Lusitania, nave inglese con a bordo 128 passeggeri americani,
suscita l’indignazione degli USA. La Germania sospende temporaneamente la guerra
sottomarina temendo che gli USA possano intervenire nel conflitto.
Giugnodicembre
1915
Gli eserciti italiano e austriaco si fronteggiano lungo il corso dell’Isonzo senza risultati
significativi da ambo le parti.
Anche sul fronte occidentale francese la situazione è di stallo, mentre sul fronte orientale i
russi arretrano all’avanzare dei tedeschi in Polonia e gli austriaci invadono la Serbia.
La Gran Bretagna è impegnata contro i Turchi nella zona dei Dardanelli, ma fatica a imporsi.
1916
Mentre tedeschi e franco-inglesi si confrontano in battaglie estenuanti e sanguinose (Verdun,
battaglia della Somme, vere e proprie carneficine), gli austriaci spezzano il fronte italiano con
un’offensiva punitiva (Strafexpedition) faticosamente contenuta sugli altipiani di Asiago anche
grazie alla contemporanea controffensiva russa nei Carpazi. Il generale Cadorna attribuisce lo
sfondamento delle linee italiane alla viltà dei soldati e ordina la fucilazione immediata dei
“disfattisti”. In giugno per la prima volta gli austriaci usano contro gli italiani i gas asfissianti,
già utilizzati dai tedeschi in Francia. La penetrazione entro il confine italiano genera un
profondo trauma nel paese. Salandra si dimette e subentra Boselli con un governo di
coalizione nazionale. Viene avviata una controffensiva che consente una nuova avanzata
italiana sino alla presa di Gorizia (agosto 1916)
Gli Imperi centrali (Austria e Germania), pur ottenendo alcuni risultati sul fronte orientale,
subiscono la superiorità economica dell’Intesa e le conseguenze del blocco navale attuato da
Gran Bretagna: comincia il razionamento dei viveri.
Alla fine dell’anno la Germania cerca un accordo diplomatico per concludere la guerra con
garanzie territoriali, ma la Gran Bretagna lo respinge: si mira a una resa totale del nemico.
Intanto la Gran Bretagna è impegnata anche in Siria e Palestina, dove trova una condizione
favorevole grazie a una rivolta araba contro i turchi guidata dall’ufficiale inglese Lawrence.
Molti artisti e intellettuali che avevano inizialmente aderito al conflitto come volontari
maturano la consapevolezza della barbarie della guerra, denunciandola nelle loro opere.
1917
Viene annunciata dalla Germania, giunta allo stremo delle risorse, la guerra sottomarina
totale, che prevede l’affondamento di tutte le navi senza distinzione di tipologia o nazionalità,
pur nella consapevolezza che tale decisione possa provocare l’intervento USA.
In aprile gli USA dichiarano guerra alla Germania.
La rivoluzione che dal febbraio del ’17 travolge il regime zarista di fatto alleggerisce gli sforzi
degli Imperi centrali sul fronte orientale, consentendo loro di concentrarsi su quello
occidentale. La notizia della rivoluzione si diffonde tra le truppe, incrementando l’insofferenza
verso il conflitto. Si moltiplicano le diserzioni negli eserciti, così come gli scioperi operai
(Berlino, Torino): il fronte interno dà segni di cedimento.
In agosto il papa Benedetto XV invia una nota ai capi degli stati in guerra deplorando l’inutile
strage e invitando alla negoziazione.
In ottobre gli austriaci con l’appoggio tedesco sfondano il fronte italiano sull’Isonzo, a
Caporetto, minacciando di dilagare nella pianura padana. L’esercito è in rotta. C’è chi
continua a combattere, chi fugge abbandonando armi e uniformi (circa 350.000 soldati).
Faticosamente l’esercito italiano si ritira e organizza una linea di resistenza sul Piave e sul
monte Grappa. Numerosi gli ammutinamenti e le diserzioni, puniti con fucilazioni. Sono posti
sotto accusa il pacifismo cattolico e socialista e l’incertezza di Boselli, costretto a dimettersi. Il
generale Cadorna afferma: “L’ESERCITO CADE NON SOTTO I COLPI DEL NEMICO ESTERNO, MA
SOTTO I COLPI DEL NEMICO INTERNO”. Il nuovo primo ministro Orlando sostituisce
l’inflessibile generale Cadorna con Armando Diaz, mobilitando anche i giovani nati nel ’99. Si
cerca il consenso dei soldati attenuando le durezze della guerra (licenze, vitto) e con la
promessa di terre ai contadini. Si potenzia la propaganda (“servizio P”) svolta da intellettuali,
insegnanti, ufficiali, mediante pubblicazione di giornali di trincea. Nelle zone occupate dagli
austro-tedeschi (Friuli e Veneto) avviene ciò che già era avvenuto altrove: saccheggi, stupri,
repressione feroce.
A dicembre la Russia esce di fatto dal conflitto (la pace di Brest Litovsk verrà ufficializzata nel
marzo del 1918).
1918
8 gennaio: il presidente USA Woodrow Wilson enuncia al Congresso i 14 punti che
sintetizzano gli obiettivi politici dell’intervento americano: libertà di commercio, riduzione
degli armamenti, autodeterminazione dei popoli, rispetto delle minoranze, abolizione delle
diplomazie segrete e formazione di una Società delle Nazioni.
Tra marzo e luglio i tedeschi avviano una serie di offensive in Francia, ma in luglio con l’arrivo
degli USA si apre una controffensiva con ampio uso di aerei e carri armati. La superiorità del
potenziale economico e industriale dell’Intesa unita agli effetti del blocco navale piega i
tedeschi. Il fronte tedesco è sfondato ad Amiens in agosto e l’imperatore Guglielmo II
propone un armistizio, di nuovo respinto dall’Intesa che pretende la resa totale.
Gli italiani recuperano terreno contro gli austriaci, mentre l’Impero austro-ungarico si
disgrega in una serie di repubbliche indipendenti: a Praga i nazionalisti proclamano la
Repubblica cecoslovacca, come gli ungheresi; a Zagabria viene costituito lo stato iugoslavo. In
ottobre una serie di ammutinamenti nella flotta tedesca segnano la fine della compattezza
tedesca.
Intanto si arrendono Bulgaria e Impero ottomano.
Il 3 novembre l’Austria firma l’armistizio, seguita una settimana dopo dalla Germania (11
settembre), dove l’imperatore è costretto all’abdicazione e all’esilio viene proclamato capo
del governo il socialdemocratico Ebert. La guerra ha provocato la morte di circa 10 milioni di
soldati, cui vanno aggiunte i 20 milioni di vittime dell’influenza spagnola tra il ’18 e il ’19 (12
milioni nella sola India).
1919
Gennaio: comincia la conferenza di pace a Parigi, a Versailles.
A giugno si definisce con il trattato di Versailles la pace con la Germania, accusata di essere la
vera responsabile del conflitto. Si dissolvono quattro imperi (ottomano, austriaco, tedesco e
zarista) e i territori europei vengono ridisegnati dando vita a nuovi stati che spesso non
corrispondono a identità nazionali coese.
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