caricato da Utente1655

METODOLOGIE E DIDATTICA - seconda parte

annuncio pubblicitario
METODOLOGIE E DIDATTICA
dalle teorie pedagogiche alle strategie didattiche
Parte seconda
A cura di:
Antonella Sanna
Sassari, 2 aprile 2016
ARGOMENTI
- Insegnare in classi complesse :
 TECNICHE
 METODI
 METODOLOGIE
 DIMENSIONI DELL’INSEGNAMENTO
 INNOVAZIONE TECNOLOGICA
 STRATEGIE PER L’INCLUSIONE E IL
SUCCESSO FORMATIVO
INSEGNARE IN CLASSI COMPLESSE
Una società complessa, “liquida” (Z.Bauman), suggerisce la necessità di
una formazione complessa all’attività docente, che consenta
lo sviluppo di molteplici competenze, tra loro integrate e
interdipendenti: epistemologiche, culturali e pedagogiche,
ma anche competenza socio-relazionale ed emotiva.
Eppure … nonostante le numerose critiche,
la tradizionale lezione frontale è ancora oggi il metodo
più diffuso, soprattutto nella scuola secondaria.
Essa presenta, però, numerosi punti deboli:
INSEGNARE IN CLASSI COMPLESSE
 fornisce un’impostazione già data dell’argomento, in quanto
trasmette contenuti in termini di informazioni;
 non permette all’allievo di applicare, sperimentare e verificare
quanto suggerito e tradurlo in reale apprendimento;
 non favorisce la memorizzazione;
 limita l’interazione all’interno della classe e tra alunni e docente;
 non fornisce alcun feedback sulla reale comprensione da parte
degli allievi;
 finisce, se utilizzata come metodo esclusivo e routinario, con
l’annoiare e demotivare l’alunno, assegnandogli un ruolo passivo e
acritico e causando la perdita di interesse e attenzione.
INSEGNARE IN CLASSI COMPLESSE
Ogni insegnante ha davanti a sé una classe con le sue diversità che rendono unico ed
irripetibile ogni bambino ed unica ed irripetibile quella classe; l'insegnante o meglio gli
insegnanti che in quella classe operano sono essi stessi connotati di diversità e
specificità che incidono in modo "potente"nel team e sulla classe.
Questo è il crogiolo in cui l'apprendimento di quella classe e di ciascun bambino
avverrà e, per alcuni aspetti, ancora in modo misterioso. Le insegnanti però hanno in
mano il mestolo e le ricette, e controllano il fuoco.
Il punto di vista dell'insegnante sulla classe, la prospettiva in cui essa
si colloca e di conseguenza agisce, potranno fare la differenza per la
classe e per ciascun bambino.
INSEGNARE IN CLASSI COMPLESSE
Il focus si sposta quindi sulle modalità e le strategie di
insegnamento, la capacità di progettazione ed ideazione, di
mettersi in gioco accettando nuove sfide educative, e
soprattutto la volontà e l'azione di cambiamento degli
insegnanti sostenuti da adeguate pratiche didattiche ed
educative.
A proposito di pratiche…
TECNICA
E’ un modo di lavorare per la realizzazione di un prodotto.
In campo educativo la tecnica riguarda uno specifico modo di
operare durante un’attività di insegnamento,
o l’uso di strumenti che possono essere anche singoli e separate
rispetto ad un ambito teorico di riferimento.
Il richiamo è generalmente ad una modalità operativa consona al
raggiungimento di obiettivi predeterminati e può riguardare
un’azione pratica che l’insegnante adotta.
Nel campo didattico può consistere in un espediente per
richiamare l’attenzione degli studenti o per proporre un’attività
pratica.
METODO
Si intende un insieme di procedure che hanno lo scopo di
pianificare in maniera articolata le variabili dei processi di
apprendimento.
Rispetto alla tecnica, che può essere anche proposta senza particolari
collegamenti concettuali al contesto complessivo, il metodo presuppone
un’attività di pianificazione del modo di operare, definendo nello specifico le
variabili che guidano e orientano il processo educativo e lo rendono
efficace.
Può includere il rapporto a teorie dell’apprendimento e la necessità di
specificare norme o valori che orientano i processi, può fornire
avvertenze operative, può fare riferimento ad una o più tecniche,
indicando i mezzi e gli strumenti idonei per l’ottenimento dei risultati.
METODO
Possono essere definiti gli obiettivi, le scansioni temporali e le
modalità di raggiungimento degli esiti formativi. Rispetto alla tecnica,
il metodo presuppone una discussione sulle modalità operative,
proponendo anche orientamenti su come devono essere utilizzati i
mezzi e gli strumenti. A questo livello, sono giustificate le scelte
operate, rendendo evidente il piano concettuale di riferimento, che
deve essere elaborato con consapevolezza e coerenza.
Un metodo non può considerarsi un contenitore da riempire, ma
deve proporre al suo interno dei chiari riferimenti concettuali.
METODOLOGIA
Il termine nelle scienze umane ha due accezioni
principali.
La prima riguarda lo studio dei metodi, inteso come un momento di
riflessione epistemologica sulla natura e sulla struttura dei metodi,
vagliandone i principi e le modalità di realizzazione. Possono essere rese
evidenti le contraddizioni o le incoerenze delle metodologie didattiche,
prendendo in esame i riferimenti storici e le basi teoriche.
La seconda indica invece una procedura didattica, e in quest’ultimo
caso può essere assimilata al significato assegnato al termine metodo.
METODOLOGIA
Secondo alcuni studiosi la metodologia è una dimensione più
approfondita rispetto al metodo, che include riferimenti a principi
filosofici, a teorie fondanti e a modelli educativi utili alla definizione
dei presupposti teorici. Possono essere proposti richiami a modelli
dell’apprendimento, evidenziando le metodologie di insegnamento
più consone in relazione ai contenuti che si intendono trattare.
Distinguendo i due termini, una metodologia è un insieme di
approcci filosofici adottati per stimolare l’apprendimento, un
metodo è invece un modo specifico di implementare un’attività di
apprendimento.
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le metodologie
La prima dimensione è quella metodologico-didattica, attenta alle modalità di
scoperta del patrimonio culturale da parte dell’insegnante, al modo in cui viene gestita
la mediazione tra i soggetti che apprendono e i contenuti culturali oggetto
dell’insegnamento:
 quali metodologie utilizza l’insegnante? quali strategie didattiche attiva?
 quali strumenti o materiali?
 quali azioni di consolidamento o recupero mette in atto?
Sono tutte domande che tendono ad osservare l’insegnamento come
evento metodologico, spazio di relazione tra soggetti ed oggetti
culturali. In questa prospettiva le diverse metodologie divengono
dispositivi attraverso cui l’insegnante mira a connettere determinati
allievi – con le loro esperienze, le loro preconoscenze, i loro stili
di apprendimento, etc. – con determinati contenuti culturali.
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le relazioni
La seconda dimensione è quella relazionale-comunicativa, attenta alla
dinamica relazionale che si viene a determinare tra l’insegnante e gli
allievi e alle modalità di gestione di tale dinamica:
 quale stile di conduzione ha l’insegnante?
 quale clima relazionale tende ad instaurare in classe?
 come valorizza il gruppo e l’apporto dei singoli?
 attraverso quali modalità gestisce la comunicazione verbale? e
quella non verbale?
Sono tutte domande che tendono ad osservare l’insegnamento come
evento comunicativo, spazio relazionale tra un insieme di soggetti.
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
L’organizzazione
La terza dimensione è quella organizzativa, attenta alla predisposizione del
setting formativo entro cui agire l’azione didattica:
 come è strutturata l’aula?
 i materiali sono accessibili agli allievi?
 come viene gestito il tempo?
 in base a quali regole viene condotta l’attività scolastica?
Sono tutte domande che tendono ad osservare l’insegnamento come
evento organizzativo, in quanto contesto specificamente dedicato
all’apprendimento. Il setting formativo è costituito dall’insieme delle
variabili che definiscono il contesto entro cui si svolge la relazione
formativa. Tra i più significativi possiamo ricordare:
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le variabili
 lo spazio, come contenitore fisico e materiale entro cui si realizza
l’insegnamento. Entrando in una classe, il modo in cui è organizzato lo
spazio, la disposizione dei banchi, l’uso delle pareti, la posizione della cattedra
sono elementi che ci veicolano immediatamente un certo modo di pensare
l’insegnamento e una determinata cultura didattica; si tratta quindi di elementi
che condizionano l’azione didattica e la stessa relazione educativa
che si esercita in quel determinato spazio;
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le variabili
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le variabili
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le variabili
 il tempo, come struttura temporale entro cui viene agita l’azione di
insegnamento. La suddivisione della giornata in ore o in periodi temporali più distesi,
la distribuzione del lavoro didattico nell’arco della giornata, l’alternanza delle diverse
attività, l’organizzazione dell’orario settimanale sono tutti elementi che influenzano le
modalità del lavoro didattico e che veicolano significati educativi ai diversi attori
coinvolti nella relazione formativa;
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le variabili
 le regole, come insieme di norme implicite ed esplicite
che regolamentano la vita della classe e lo svolgimento
dell’azione didattica.
Come ogni gruppo sociale anche la classe deve darsi un sistema
di regole per il suo funzionamento, molte sono determinate dall’organizzazione
scolastica più complessiva (e richiamano, quindi, il meso-contesto),
altre sono definite nell’aula e riguardano le modalità di relazione,
l’uso dello spazio e dei materiali le modalità di spostamento e i
movimenti, i ruoli e i compiti, etc.;
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le variabili
 gli attori, come insieme dei soggetti coinvolti nella relazione didattica. Quella
che abbiamo finora chiamato relazione docente-allievi può assumere
diverse fisionomie sia in relazione al ruolo docente (presenza di uno o più,
presenza di insegnante di sostegno, facilitatore o altro), sia in relazione agli allievi
attività individuale, raggruppamento in piccoli gruppi, gestione del gruppo intero,
etc.), sia in relazione ad altre figure presenti (genitori, esperti
personale non docente, etc.);
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le variabili
 i canali comunicativi, come medium attraverso cui avviene la relazione didattica.
Rimanendo in una situazione formativa in presenza, escludendo quindi forme di
interazione a distanza, possiamo riconoscere forme di interazione giocate
esclusivamente sull’uso del codice orale oppure l’integrazione dell’interazione orale con
il codice scritto (cartelloni, parole chiave, …), con il codice visivo
(immagini, slide, filmati, …), con altri codici (musicale, gestuale, …).
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
LE “DIMENSIONI” DELL’INSEGNAMENTO
Le variabili
La modalità di gestione dei fattori indicati incide
fortemente sui significati dell’esperienza formativa e sulle
valenze emotive ed affettive che tale esperienza assume per
i diversi attori; pensiamo a quanto sia differente lavorare in
un’aula con i banchi separati e disposti in file, piuttosto che
a ferro di cavallo o disposti a piccoli gruppi …
M. Castoldi, Didattica generale, Firenze, Mondadori education, 2010
L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
L’impulso innovativo che proviene dalla tecnologia investe tutte le dimensioni
elencate. E’ una svolta, anche di paradigmi di pensiero, che essa pone all’ordine del
giorno: come affrontare il “passaggio” che la stessa diffusione delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione ripropongono come possibile/necessario
all’ organizzazione dei processi di apprendimento e dunque del sistema di
istruzione.
La tecnologia fa emergere, come attraverso una lente di ingrandimento,
l’obsolescenza di un modello organizzativo che da tempo ha segnalato
l’esaurimento della sua “funzione storica” esercitata positivamente in
altra fase, quella della sfida primaria del realizzare l’istruzione per tutti.
Garantire il mantenimento di tale sfida storica significa oggi
“cambiare paradigma organizzativo” utilizzando sensatamente le
risorse che la “rivoluzione microelettronica” ci mette a disposizione.
L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Il passaggio dall’era delle macchine post-industriali e dell’HCI (Human Computer
Interaction) a quello della rete e del design per l’interazione e per le esperienze,
lascia intravvedere in ambito didattico diversi scenari di sperimentazione
metodologica e nuove possibilità offerte dal fiorire delle tecnologie sviluppate per la
comunicazione mediata.
Sinora, tuttavia, non è stato ancora scalzato il paradigma dominante
dell’interazione uomo-macchina, rimasto ancorato ad un rapporto
uno-a-uno operante esclusivamente sul piano fisico-cognitivo.
La sfida pedagogica del secolo XXI consisterà dunque nel saper
gestire l’apprendimento e l’insegnamento in un’era completamente
macchinizzata, tenendo testa alle derive “automatistiche”, per far
fronte al dilagare dei non-luoghi, rivalutando la centralità dell’uomo,
delle sue peculiarità comunicative e delle sue esperienze.
L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Cominciamo dalle TIC …
La definizione di TIC nella didattica si identifica propriamente con
quelle “tecnologie utilizzate o utilizzabili nella didattica la cui
connotazione è prevalentemente tecnologico - digitale.
Sono la parte più consistente degli strumenti tecnologici a disposizione
delle Tecnologie per la Didattica per la progettazione, sviluppo,
utilizzazione, gestione e valutazione dei processi e risorse
destinati all’insegnamento/apprendimento”
L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
e arriviamo a…
L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
e arriviamo a…
L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
 Qual è il valore aggiunto delle tecnologie?
 Possono aiutare e rendere intrigante ed
interessante un compito faticoso.
 Possono essere motivanti: più si alza il livello di
difficoltà più sarà sfidante ed interessante (come per
un videogioco).
 Possono aiutare in quanto utilizzano macchine
autoriali, readers multimediali per tutti i contenuti,
etc.
 Possono ottimizzare il tempo.
 Possono includere tutti, nessuno escluso.
L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
 Come rendere sostenibile questa didattica?
 Riducendo il numero delle unità didattiche
 Aumentando gradualmente le attività
 Collaborando
 Condividendo
Tecniche, metodi, metodologie, strumenti, etc.
possono non essere sufficienti; può essere più utile
mettere a punto delle strategie, sia per insegnare
che per apprendere.
STRATEGIE
Nella pratica didattica possono essere utilizzati diversi modelli pedagogici di riferimento
che indicano metodologie, metodi, tecniche e, non da ultimo le TIC. Tuttavia, qualsiasi
venga assunto deve avere come meta primaria il successo formativo dell’alunno e
orientare gli itinerari scelti verso soluzioni più funzionali alla realizzazione e
al conseguimento di risultati significativi, nell’ottica dell’inclusione e dell’avvicinamento
all’acquisizione delle competenze chiave.
Il concetto di strategie didattiche e per l’apprendimento
(Teaching and Learning Strategies) rimanda ad un piano d'azione di
lungo termine usato per impostare e successivamente coordinare
le azioni tese a raggiungere uno scopo predeterminato. Si applicano
in un contesto in cui per raggiungere l'obiettivo sono necessarie
una serie di operazioni separate, la cui scelta non è unica e/o il cui
esito non è sempre certo.
STRATEGIE
E' semplice reperire e raccogliere un'ampia varietà di strategie, ma la
questione chiave non è conoscerle, quanto sapere perché un docente andrà
ad utilizzarne una anziché un'altra. Prendiamo in considerazione i criteri per
formulare una strategia :
 Quali sono gli obiettivi della nostra pratica educativa?
 Quali sono le nostre convinzioni sull'insegnamento e
l'apprendimento?
 Quali sono i reali bisogni dei nostri alunni in uno
specifico ambiente formativo?
FLIPPED TEACHING AND LEARNING
L’idea dell’insegnamento capovolto (Flipped Teaching in
inglese) è quella di fornire allo studente tutti gli strumenti
in modo che possa apprendere a casa invece che a scuola e
si possano quindi investire le ore di lezione nel risolvere i
problemi più complessi e per lasciare i ragazzi interagire ed
aiutarsi tra di loro.
Una volta che gli studenti abbiano tutti gli strumenti per
potere studiare in modo autonomo la chiave sarà dare loro
un compito per il quale abbia senso studiare e per questo
ci può venire incontro la progettazione per competenze.
DESIGN THINKING
Il Design Thinking permette agli insegnanti di sviluppare negli studenti qualità
come l’empatia, la capacità di lavorare in gruppo e di strutturare le idee, con
la collaborazione delle idee degli altri
Il Design Thinking si ritiene oggi un elemento importante in ambito
scolastico nell’adeguamento delle competenze professionali degli
insegnanti alle esigenze di innovazione derivanti dalla veloce
diffusione delle tecnologie, la volontà di dotare gli studenti (sin da
piccoli) di strumenti per affrontare il costante aumento delle
informazioni disponibili per renderli cittadini consapevoli.
EAS: Episodi di Apprendimento Situato
Consistono in micro porzioni di attività didattica (microlearning) in 3 fasi:
1 fase anticipatoria in cui l’insegnante fornisce materiali e strumenti agli alunni;
2 fase operatoria a scuola con stimolo e creazione artefatto cognitivo in gruppo;
3 fase ristrutturativa per la riflessione con condivisione e lezione a posteriori con
correzione delle misconoscenze e a fine lezione previsione (predicting) della
prossima lezione.
Una strategia dunque che richiede all’alunno di coniugare
conoscenze ed abilità al fine di maturare progressivamente
competenze, in un ambiente di apprendimento dove l’agire in
autonomia, la collaborazione, il confronto e l’assunzione di
responsabilità sono una palestra per lo sviluppo delle
competenze chiave in ordine alla cittadinanza, prime fra tutte
l’imparare ad imparare ed il pensiero critico, mobilitare schemi
mentali ed adattarli al nuovo problema.
STRATEGIE
COSA CAMBIA?
La “lezione” si fa a posteriori e non a priori per:
 parlare di meno e parlare dopo: l’insegnante da le
istruzioni a grandi linee in fase operatoria e
riprende la parola alla fine, dopo l’esposizione;
 lasciare tempo alla scoperta;
 partire dalla scoperta per porre domande;
 motivare!
Grazie per l’attenzione!
Scarica