Autore
Seconda di copertina
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II
LORENZA DALMASO
Deep Tissue Massage
--Advanced—
manuale per terapisti
III
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IV
Sommario
Introduzione
pag. V.
Capitolo1: La geografia
5
Capitolo2: Principi generali
6
Capitolo 3: Bodywork & touch
8
Capitolo 4: Nozioni di base
9
Alcune parole sul dolore
10
La direzione del movimento
12
Movimenti di base
14
Separare i comparti muscolari
15
Liberare le compressioni
Sugli accorciamenti
16
18
Capitolo 5: Tecniche generali
21
I pollici
22
Le dita
23
Lubrificante
24
Le nocche
25
I pugni
Gli avambracci
Il gomito
28
31
33
V
Capitolo 6: Strategie generali
36
La posizione allungata
36
Il decubito laterale
39
Capitolo 7: Parte pratica
Il piede
Sezione lesioni
43
46
52
La gamba
57
La coscia
61
Sezione lesioni
Le pelvi
67
75
La colonna
85
Sezione lesioni
90
Torace
Sezione lesioni
La spalla
Sezione lesioni
95
98
99
107
Le braccia
108
Le mani
111
Sezione lesioni
112
Il collo
114
La testa
119
VI
Capitolo 8 La fine della sessione
Capitolo 9 Bodyreading
Bibliografia
Note e ringraziamenti
125
130
136
136
-
VII
.
VIII
Introduzione
Questa dispensa, nasce da corsi fatti all’estero con bodyworker di fama internazionale, da appunti
ed esperienze cliniche, da testi non ancora arrivati da noi. L’editoria italiana, al pari della corsistica,
non ha mai curato questo settore nella parte dell’eccellenza. Basti pensare che un testo
famosissimo di Lauriann Greene come “Save Your Hands” non lo conosce nessuno, così com’è
rarissimo che siano invitati docenti di fama internazionale. Il bodywork in Italia, quello che noi
curiamo nella formula nativa, lo abbiamo visto diventare una macedonia commerciale di manovre.
Questo testo non intende e non può esaurire l'argomento “Deep Tissue Massage” ma è un
approfondimento del corso di base e un filo che prepara al nostro Posturale. La formazione
posturale completa e ottimale avviene poi all’interno delle scuole della IASI. Fuori da questo
quadro oggi troviamo una foresta di borse Gucci cinesi.
Avviso.
Molte parti di questo testo danno per apprese nozioni che sono nel corso di Deep
Massage di base. Diverse manovre, risposte atteggiamenti, specifiche, mancano perché non sono
trasferibili con un testo ma solo con la presenza e il tocco. Deve essere usato quindi per una visione
globale ma non specifica e come pro-memoria post corso.
9
Deep Tissue Massage e gli equivoci.
Può essere utile eliminare alcuni equivoci prima di definire che cosa è il DTM. Qualsiasi
esperto di marketing direbbe che è fallimentare cominciare con cosa "non è". Ci assumeremo
la responsabilità ma evitiamo il genericismo.
Il DTM non è sicuramente una tecnica fatta di sequenza, dove per es. s’inizia con sfioramenti,
si prosegue con frizioni e poi con impastamenti e via via fino ai pizzicamenti. Lontanissimo da
tutto questo. Si tratta piuttosto di un modo di lavorare sul tessuto prima con la percezione,
poi col con-tatto e quindi proseguire con un lavoro squisitamente fasciale.
Invertiamo i termini: se il massaggio svedese o il tradizionale o il muscolare investono la
fascia come "effetto collaterale", questo lavoro investe il muscolo come "effetto collaterale".
Siamo anche lontani dalla tecnica “del gomito”, anzi all'inizio e per molti, molti anni, la
sensibilità sarà in progressione: dita-mani-nocche-tenar e ipotenar. Dopo anni viene quella
del gomito. Forse. E mai generalizzata perché si usa solo su muscolature ampie e piatte e in
ogni caso richiede una sensibilità inconsueta
Essendo un lavoro sia geografico sia chirurgico è intuibile come un gomito possa facilmente
spostarsi sulle strutture circostanti, non far percepire una contrazione, un trigger, un
addensamento di collagene e via dicendo. In sostanza le mani sono e saranno un fatto
dominante e imprescindibile. Neppure si tratta di un lavoro pesante o solo profondo. Usando
bene il corpo è persino meno faticoso dei massaggi tradizionali fatti di impastamenti, per non
dire dei massaggi pre-gara. Detto questo, la preoccupazione maggiore nell'insegnare questo
massaggio è far uscire gli allievi dagli schemi appresi [1], insegnare un diverso approccio al
corpo, che sia percettivo e anatomico ed infine smentire che è doloroso.
Sul dolore. Non siamo più alla nascita di questo massaggio negli anni '50, l’osteopatia ha
ribaltato le manualità e la ricerca scientifica ce ne ha date le ragioni. Abbiamo accumulato
conoscenze, esperienze, sappiamo dosare profondità e tempo, miscelare stiramenti, frizioni,
digitopressioni. Quello che dobbiamo fare, se mai fosse necessario, è restare sulla soglia del
dolore ma mai e mai entrare nel dolore: chi lavora doloroso non sta lavorando bene. Più avanti
le eventuali eccezioni, ma confermano la regola.
Sulla fatica. Il DTM non richiede uno sforzo particolare. Alcuni allievi hanno inizialmente il
timore che possa essere stancante o causare lesioni articolari alle mani, cosa di cui soffre la
maggior parte dei massaggiatori tradizionali. Al contrario, allevia moltissimo la fatica e
praticandolo anche la paura delle lesioni. Gli allievi hanno la possibilità di poter dosare il peso
del corpo, la lentezza e la profondità, di non usare solo le dita ma le mani sovrapposte, le
nocche, i pugni, tenar e ipotenar, di alternare frizioni e digitopressioni, movimenti lunghi e
corti e, non ultima la possibilità di poter inserire nella tecnica quello che già si conosce. Chi
viene dallo shiatsu o da alcune pratiche come il thai è enormemente avvantaggiato in questo.
[1] Al mio primo corso di posturologia, molti decenni fa, ci fu chiesto "Sai massaggiare? Sì?
Dimentica tutto. Questo è un altro mondo" Ugualmente riferiscono oggi molti allievi "non
conoscevo, mi hai aperto un mondo", "non sapevo neanche che esistesse", "non credevo di poter
avere questi risultati". .
10
Cos' è il massaggio del tessuto profondo.
E' la capacità di trattare, dalla superficie alla profondità, strati successivi di tessuto, di
lavorarli, separarli, organizzarli, relazionarli, portarli al rilassamento e liberarli dalle
restrizioni. Non esiste una chiara demarcazione fra superficiale, medio e profondo e anche il
confine fra benessere e terapeutico è molto sfumato. L'enfasi di questo lavoro è dare benessere
liberando i tessuti. E’ tendenzialmente piacevole per alcuni, confinante col doloroso per altri,
ma più spesso è funzionale a uno stare bene che si attiva uno o due giorni dopo. Certo è che la
maggior parte dei pazienti, appena ha capito il senso, preferisce questo lavoro ad altri, quanto
meno perché i benefici durano a lungo o, in molti casi, sono permanenti. Abbassare la
sofferenza, ottenere una migliore postura, avere più flessibilità e fluidità nel movimento, sono
tutti vantaggi che il paziente apprezzerà in modo particolare e possono essere raggiunti
abbastanza facilmente. Non ultimo: tutto questo fidelizza il paziente.
Perché studiare il massaggio profondo?
Perché l'ambito terapeutico lo chiede sempre di più, perché è una via specialistica anche per
l’operatore olistico (purché lui non la usi come terapia in senso stretto), perché è
un’alternativa concreta alla medicina fisica, alle “macchine”; infine perché l'ambito sportivo lo
chiede anzi, spesso lo pretende e così anche un certo turismo medio-alto. Il paziente straniero
è abituato ormai da decenni a questo modo di lavorare, così come chi pratica sport di un certo
livello: vela, golf, equitazione.. Persino nel benessere i massaggi non sono più considerati solo
uno svago ma gradiscono l’avere un lato “curativo”. Così il DTM è diventato, più di altre
tecniche, un requisito fondamentale per ottenere un lavoro.
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C A P I T O L O 1____________________________
La geografia.
E' un bene che gli allievi siano timorosi davanti alla tecnica di lavoro. Se non si è del tutto
sicuri, è buona cosa evitare delle zone fin tanto che non se ne ha confidenza. Ci sono zone nelle
quali il lavoro profondo influenza nervi, vasi e organi così come, al contrario, può rilasciare
aderenze e liberare compressioni. Non sono le buone intenzioni che devono ispirarci, ma al
contrario la cautela. NON ci sono aree interdette, come considerate nel massaggio tradizionale,
ma esistono aree di "allerta". E' importante distinguerle, fare attenzione e si tratteranno
quando si saprà come farlo. Per sapere come farlo, e come fare in generale, è indispensabile
conoscere la geografia del corpo.
Non vogliamo che si conosca esattamente il nome del muscolo. Se sappiamo dove uno abita
non abbiamo bisogno di conoscere il nome della via e il numero di casa, ma è fondamentale
sapere dove si è, cosa fa quel muscolo, come e quando lavorarlo. I muscoli ci parlano,
ascoltiamoli!
Abbiamo visto per anni l'emozione degli allievi di fronte alla novità e ai risultati di questo lavoro, al
passare dall'esitazione alla confidenza e li abbiamo guardati nel preoccuparsi del benessere del
paziente. Ma per la gran parte di loro la preoccupazione era la mancanza di conoscenza
dell'anatomia. Il vagare sulla pelle facendo "qualcosa". Un giorno abbiamo persino disegnato sul
corpo un quadrato dei lombi ma la candidata non capiva e continuava sul trasverso. Ora il corpo
diventa un campo minato se non si conoscono le strutture. Un famoso Rolfer dice che bisogna
immaginare di camminare per il proprio salotto nel buio più totale. Se si sa dove sono i mobili, si ha
abbastanza confidenza e non si rischia di inciampare, ma se il salotto è una stanza non conosciuta
qualsiasi tentativo di attraversarla è assai rischioso e probabilmente con sicuro fallimento. Fare un
DTM senza conoscere l'anatomia è uguale ad attraversare al buio una stanza in casa d'altri.
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C A P I T O L O 2____________________________
Principi generali
- Non lavorare con sforzo. Deep non significa lavorare con forza.
- Non usare olio. Mai. Usare, se proprio necessario, un filo di crema.
- Quanta crema: tutti gli allievi che vengono dai massaggi tradizionali impiastrano il paziente,
poco consapevoli che così facendo non ottengono benefici per il paziente, ma riescono
benissimo a sfasciarsi le articolazioni in poco tempo. Una nocciola deve bastare. Una nocciola
non è una noce. Oppure regolarsi semplicemente dando la crema alle proprie mani, facendola
assorbire e poi lavorare.
- Massaggiare lentamente. Esiste una relazione fra velocità e profondità. Se viene a mancare si
può causare dolore e/o mancare il risultato.
- Applicare una pressione obliqua. Vasi e nervi hanno la potenzialità di distendersi se la
pressione è obliqua, ma non sono altrettanto disponibili se la pressione è verticale. Inoltre si
danneggiano le proprie articolazioni. In alcuni casi è prevista una pressione verticale ma
“alcuni casi” non sono “tutti i casi”.
- Massaggiare le inserzioni tendinee tanto quanto il ventre muscolare: le inserzioni sono molto
più reattive del ventre muscolare. In questo modo si coinvolgono i recettori di stiramento
(Golgi) e ciò particolarmente sui muscoli larghi, ad es. gli ileotibiali.
- Avere chiara l'intenzione di cosa si vuole ottenere.
- Prestare attenzione al livello del corpo in cui si è. Il sistema è sensibile ai vari livelli di
profondità. Se ci si muove rapidamente si possono forse rilassare muscoli specifici ma il
sistema nervoso viene sovrastimolato. Significa, non ultimo, che il paziente non sopporterà a
lungo il massaggio. Il terapista che sente che il tessuto non risponde più, che non sta
ottenendo risultati o che il paziente è insofferente, rimane frustrato ma il problema è lui, non il
paziente.
- Lasciare che il corpo si stabilizzi prima di continuare. Spesso il sistema vegetativo manda
segnali come sudore, arrossamento, accorciamento, respiro diverso, ecc.. In quel caso
interrompere il massaggio per lasciar riposare il corpo. Interrompere va da qualche secondo
al chiudere la seduta. Bisogna imparare a percepire e valutare.
- Lavorare con i muscoli allungati per garantire il loro rilascio. Es: estendere il gomito per
allungare i bicipiti. Si vedrà come questo, ad es. sia particolarmente importante quando si
lavorano le cervicali: se il paziente si rialza da solo o improvvisamente, contraendo erettori,
trapezio, sternocleido e relativi, annulla il lavoro. Tuttavia spesso il paziente dopo un lavoro
chiede di potersi muovere. Questo è diverso: è un modo istintivo per incorporare il vantaggio
nello schema corporeo e motorio e va, non solo permesso, ma incentivato.
- Usare correttamente la tecnica. La maggior parte delle lesioni dei terapisti è dovuta alle
tensioni del loro corpo mentre lavorano: sono troppo veloci o la tecnica non è corretta o
entrambe le cose. La forza, l'energia per massaggiare non deve venire dalla contrazione dei
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muscoli. Usare la gravità o il proprio peso e lasciare che lo sforzo parta dal piede che fa una
spinta contro il pavimento. Detto con brutte parole ma molto comprensibili: scaricare il peso
sul paziente
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C A P I T O L O 3____________________________
Bodywork & Touch
I terapisti ben formati o i grandi terapisti sanno automaticamente dove si accumulano nel
corpo le tensioni appena vedono entrare il paziente. Per alcuni è un’abilità innata ma per quasi
tutti è frutto dell’esperienza. Gli schemi di postura mostrano la tensione quando il paziente
cammina, si siede, si sdraia sul lettino, si sveste o si riveste. La palpazione serve solo a
confermare, a stabilire un contatto con l'unità del corpo. Le domande da farsi sono: fino a che
punto è fluido il collegamento tra i fianchi e parte bassa della schiena? Tra la caviglia e la
gamba? Tra la gamba e il bacino? Tra l'occipite e le cervicali? Ci sono limitazioni, esito
d’immobilizzazione delle articolazioni, come ad esempio, legamenti stretti o calcificazioni o
limitazioni dei tessuti molli? Quale di queste aree si desidera mettere a fuoco?
Se si lavora con un format di massaggio di un'ora, è difficile spendere molto tempo nella
palpazione e lettura del corpo. Tuttavia, un paio di minuti vanno usati per valutare: forniranno
indizi importanti per pianificare velocemente una strategia. Questa valutazione dovrebbe
continuare per tutto il massaggio, dovrebbe essere una combinazione di lavoro, ascolto e
lettura dei messaggi dal corpo.
"Ascoltare" si traduce non solo in un massaggio migliore, ma libera dalla noia il terapeuta che
deve ripetere un gesto molte volte con molti pazienti. Gli allievi spesso riferiscono che
quest’approccio rende la seduta di nuovo divertente. Alla fine di questo testo c’è un accenno
al bodyreading ma meriterà un fascicolo a parte.
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C A P I T O L O 4____________________________
Nozioni di base
La postura del terapista
La forza del movimento deve dare un tocco rilassante ma energico. Questo si ottiene quando la
gravità attraversa il corpo del terapista e si scarica sul paziente. I piedi e le gambe forniscono
la forza e la spinta. Le articolazioni, nella maggior parte devono essere estese ma non
bloccate..
Se si sta sopra il paziente, come nel disegno barrato, è ovvio che lavora la spalla e la
muscolatura delle braccia. A peggiorare si forma una cifosi dorsale
Questa sotto è una distanza e posizione corretta per fare un dorso. Si noti che molti allievi,
specialmente provenienti dall’estetica o dal benessere, cercano spesso di trattare
contemporaneamente entrambi i lati della colonna. Non è una buona cosa perché quasi mai le
due parti sono simmetriche. Avremo bisogno di lavorare più da un lato che dall’altro, di
controllare le rotazioni, di insistere su alcune tensioni eccetera.
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In questo caso invece la distanza è eccessiva. Se il terapeuta piega il busto per allungarsi,
perde la spinta delle gambe e deve fare uno sforzo muscolare.
Parole sul dolore
Molti pazienti sperano di non sentire alcun dolore ma la linea fra benessere, tolleranza, dolore,
intolleranza non è lineare ed è soggettiva della persona, dell'ora, del giorno, della stagione... E'
bene chiedere che il dolore sia descritto. Spesso riferiscono di un "dolore che fa bene", oppure
dicono "fa male ma va bene uguale". In generale è il risultato di un massaggio troppo rapido,
troppi stimoli, troppo lavoro. Se si massaggia con lentezza, applicando la stessa pressione, il
problema di solito si risolve. Se ci sono situazioni particolari e il massaggio intenso è
indispensabile, provare a chiedere di che qualità è il dolore su una scala da 1 a 10. E' un
parametro molto relativo ma in genere fino a 4 o 5 si può pensare di rientrare nel fastidio
tollerabile.
In qualsiasi caso un dolore acuto deve interrompere il massaggio. Sul filo dell'interruzione
deve collocarsi anche il dolore urente, tipico dei nervi. Quando si sarà espertissimi, e solo in
condizioni di urgenza, potrà essere fatto un lavoro, anche se il dolore è forte o urente ma per
questi primi step, NO.
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Un altro discorso correlato col dolore è il dolore emotivo. Sia ben chiaro che è una reazione
tipica del connettivale l'avere emozioni che vanno dal benessere sognante al sentire molto
caldo, vedere colori, sentire fame o avere emozioni come rabbia, sconforto, pianto.
Conosciamo queste reazioni, le abbiamo viste e ne conosciamo la matrice (v. documento precorso). Molte correnti "mistiche" o new age le sfruttano. Non ha molto senso perché esiste una
ragione scientifica, ma la si lascia perdere. D’altronde se la causa non la si vede, se la si deve
studiare riprendendo in mano la biochimica o gli studi neurali, diventa scomodo e va bene non
vederla. Alcuni terapisti si lanciano nell’area psy ma il timore è che seguano la logica: “Se sono
un poliziotto, non sono un ladro” ossia cerchino garanzia e soluzione per sé. Per fare un
esempio, facciamo un danno al paziente quando postuliamo che la spalla intraruotata stia a
indicare una depressione mentre il povero paziente fa il taxista, quando postuliamo un
carattere rigido, ma il paziente ha una rettificazione da zainetto scolastico, ecc.
Ancora correlato col dolore, è l'atteggiamento del terapeuta. Deve accogliere il lamento del
paziente, anche se n’è infastidito, deve rispondere alle domande e avere delle risposte, deve
spiegare sempre e comunque cosa fa e cosa succede. La libertà di espressione, il dialogo
devono essere conservati a tutti i costi. E ancora più in questi tempi caratterizzati dal “solo io
ho ragione”.
Per contro la richiesta di feedback troppo frequente non è positiva: fornisce un’immagine
d’insicurezza. Spesso il paziente non sa cosa dire perché il suo rapporto col corpo non è quello che
abbiamo noi terapisti col nostro. Molte volte neppure i terapisti in cura sanno descrivere i vantaggi
ottenuti o la tipologia del dolore. La misconoscenza del corpo in occidente è altissima e
consigliamo fortemente di leggere Il corpo di Umberto Galimberti. Dovrebbe essere obbligatorio
quanto un testo di anatomia.
Alcuni pazienti sentono la necessità di controllare il massaggio. Ci sarà successo mille volte che il
paziente non abbandona un arto ma lo tiene rigido. Dobbiamo renderci conto che appena entra,
gli viene chiesto un “fidati di me” e che si trova psicologicamente nella condizione di chi chiede, di
chi viene curato, quindi passivo, sottomesso e paziente in tutti i sensi: è dunque il sistema stesso
che gli chiede di essere bambino. In medicina il tentativo di sottrarsi al controllo, è spesso mal visto
e viene sanzionato anche in modo irricevibile persino quando istintuale, protettivo, difensivo.
Quindi il paziente ha due scelte: o subisce o s’irrigidisce. A peggiorare si trova disteso per un’ora in
una situazione che somiglia al lettino freudiano. E in più è svestito. Chi di noi pensa di non irrigidirsi
in questa situazione? Ma è folle il terapista che sfora i confini fra fisio-terapia e psico-terapia, senza
avere sufficiente certificazione, illudendosi di poter gestire quello che non vede e crede di vedere:
la psicologia altrui.
Vanno fatte salve le situazioni nelle quali l'effetto psicoterapeutico è incastonato nella terapia
stessa, es. alcune posturologie che prevedono una preparazione psicologica o dove il terapeuta è
solo uno strumento attivo ma silente, es. alcune medicine etniche come il Chua K'a.
La direzione del movimento
Nella maggior parte dei corsi per principianti s’insegna che, quando possibile, il movimento va
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nella direzione del ritorno venoso. Non è una regola ferrea. La regola sarebbe di iniziare a
liberare il respiro poiché, se il paziente non si/ci aiuta col respiro, tutto è più difficile.
Mettiamoci però nei panni del paziente: come ci sentiremmo se al primo approccio il terapista
ci infilasse la mano sotto le coste? Sarebbe vissuto come un momento di grande invadenza. Ed
ecco che allora iniziamo dai piedi perché sono la parte che in una giornata più è sottoposta a
lunghi sforzi, più determina una postura fin dall'infanzia, più causa rotazioni e
controrotazioni. E' vero che non sempre è così ma questa partenza è altamente probabile.
La modalità del movimento quando è lenta e precisa, non rischia di danneggiare le vene o i
capillari. Questi, al contrario, si rompono negli impastamenti e nei pizzicamenti, nel
movimento veloce e, peggio, trasverso. I vasi sono elastici e si adattano. A patto di dar loro il
tempo.
La direzione del movimento invece va nel senso dell’allungamento. Ricordiamo bene dalla
dispensa del corso di base come si comportano i legami di actina e miosina, come si addensa il
collagene lungo la fibra, come si forma un trigger o una contrazione. E dunque andiamo da
un’inserzione all'altra dividendo le strutture, stirando il muscolo, usando, se non basta,
frizione e digitopressione. Ida Rolf diceva: "Dividete, separate, fate spazio, organizzate,
relazionate".
Ma questo ha delle eccezioni. Il voler seguire la direzione verso il cuore non è il modo giusto se
dobbiamo liberare un'articolazione, decomprimerla. Prendiamo un ginocchio. L'articolazione
è in sofferenza per rigidità del quadricipite, del tibiale e dei peronieri. Per decoaptarla dovrò
lavorare, per il , per il quadricipite verso il gran trocantere e la spina iliaca, mentre per la
gamba dovrò lavorare in direzione della caviglia. Creare spazio articolare, fatte salve
particolari situazioni cliniche, è quasi sempre un buon obiettivo.
Nel disegno:
la decoaptazione del femore con i rotatori dell'anca. Uno dei pochi posti dove il gomito è
benedetto perché la potenza dei legamenti non si lascia certo convincere dalle dita
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Movimenti di base
1. Allungamento/stiramento.
In assoluto il movimento più utilizzato. Tecnicamente si chiama "stripping"
2. Massaggio trasverso.
Usarlo il meno possibile.
Robert Schleip nei suoi testi/lezioni non lo cita mai. Il
trasverso non allunga, non crea spazio, non porta il
collagene da gel a sol ma gioca sulla rottura della fascia.
Come se nella nostra maglietta tesa noi facessimo un
buco per non sentire la tensione. Tuttavia a volte un
trasverso serve sui tendini o quando non si sente
reazione o talvolta sui trigger o nelle aree di lavoro
piccolissime, es. il popliteo. Deve essere sempre molto
lento. Un trasverso veloce rischia di rompere i capillari e
lasciare lividi. La tecnica più comune, ma non la sola,
comporta movimenti di rotazione delle dita sul tendine o
muscolo, avanti e indietro, in linea perpendicolare alla direzione delle fibre, per due o tre
minuti. La sensazione dovrebbe essere quello di rotolare su una corda appoggiata su una
superficie dura. Si tratta di un massaggio intenso che può essere sgradevole e il cliente va
informato.
Bisogna dirgli che il disagio è normale e la sensibilità residua per un giorno. E' una buona idea
quella di applicare ghiaccio dopo il massaggio. Di solito è richiesto in ambito sportivo.
3. Allungamento con punto fisso.
Immaginiamo di avere un elastico con un nodo: se allungo l’elastico, il nodo si stringe. Allora si
usa una strategia. Si tiene fermo il punto di massima tensione (di solito il capo-corda) e si fa
uno stretching del muscolo. E' fondamentale che la mano di presa non scivoli mentre l'altra
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allunga. Nel disegno il terapista fa un punto fisso sul sacro e allunga i dorsali.
Uno dei più grandi errori in alcuni testi di anatomia per il massaggio è il mostrare allungamenti
senza punto fisso o addirittura contro il punto fisso.
Separare i comparti
La separazione dei comparti è uno dei requisiti più importanti del DTM. Migliora in maniera
spettacolare l'effetto del massaggio e va curata al massimo perché' sarà questo ciò che più
renderà contento il paziente. Nel disegno la separazione di un pettorale dalle strutture
sottostanti.
Immaginare il quadricipite: ci sono molti muscoli e tendini che corrono paralleli e sono stati
concepiti per scivolare uno sull’altro. Se restano adesi, magari potenziati da lungo lavoro in
palestra che facilita l'adesione, è facile che il ginocchio vada in rotazione per una trazione non
omogenea. Molti muscoli che sono vicini possono esercitare angoli di pressione leggermente
diversi durante il movimento di tutto il corpo. I muscoli possono diventare adesi e limitare lo
scivolamento normale a causa di lesioni o dei pattern di movimento o l’inattività o
l’immobilità. Una separazione precisa e meticolosa di questi comparti è la chiave per
migliorare la funzione articolare e risolvere i continui fastidi, cosa che non fa un trattamento
convenzionale.
A volte è invece utile una separazione ottenuta facendo rotolare, ruotare, un muscolo sul suo
vicino. Muovere l'articolazione in maniera passiva o attiva ne aumenta l'efficacia perché un
muscolo bloccato cercherà automaticamente di sbarazzarsi del vincolo che lo lega. Le dita
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devono scoprire lentamente un'entrata accessibile poi trovare e seguire pazientemente la
linea che separa i muscoli.
Liberare le compressioni
A volte un muscolo non è "incollato" a uno adiacente a livello superficiale ma a quello più
profondo, a lamine di fascia o addirittura alle ossa. Ricordiamoci il ruolo del collagene studiato
nel DTM di base.
Le seguenti tecniche somigliano a quelle della sezione precedente, ma la loro gamma è
maggiore e sono utili quando non si trova un punto di entrata superficiale per iniziare a
separare il tessuto. I muscoli lunghi come il quadricipite, i bicipiti o i tricipiti dovrebbero
(idealmente) essere inseriti solo sull'osso grazie al tendine.
Si dovrebbe essere in grado di palparli e muoverli senza sentirli troppo aderenti agli strati
profondi. Bisogna fare attenzione alla loro libertà di movimento.
Le tecniche per "scollarli" richiedono pazienza, possono essere necessari anche alcuni minuti
prima di sentire che il muscolo comincia ad essere libero.
L'attenzione che si pone a quest’azione permette di determinare quanto bisogno ha di
massaggiare quell’area e questo fa parte
della sensibilità del touch già vista..
Nel disegno il muscolo è afferrato con
entrambe le mani e sollevato
lentamente. Va messo in tensione e poi
si deve imprimergli un movimento come
per farlo rotolare su di sé.
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Oppure, una volta sollevato, stirarlo lungo il suo asse andando contemporaneamente in
entrambe le direzioni. Questo pinzamento di un muscolo NON è una manovra a se'. E' soltanto
anamnesi pre-lavoro.
Evitare con cura lo scollamento che si fa in una certa estetica ossia afferrare il muscolo, come
fosse il manico di un secchio e sollevarlo per separarlo dalle strutture sottostanti.
La maggior parte delle tecniche per gli erettori si basa sul loro allungamento o
"ammorbidimento" ma è importante che abbiano anche una mobilità laterale e mediale.
Utilizzare le dita di entrambe le mani per applicare una forza lungo il bordo del muscolo e
andare lentamente verso il lato opposto.
Ricordare che l'intenzione non è quella di fare un massaggio trasverso e che, in questo caso,
sulla schiena non si deve lavorare contro le trasverse.
L'intento è di separare dal piano profondo per poi allungare.
Invece nel disegno il movimento sullo sternocleido è di differenziazione muscolare e di
sblocco dagli strati profondi.
Sugli accorciamenti
Premessa: avere molto ben presente il documento del corso base e il legame actina-miosina.
Per facilitare una maggiore mobilità articolare molte tecniche di massaggio si concentrano
sugli allungamenti dei muscoli accorciati. Tuttavia, ad esempio, non è raro che le persone
abbiano difficoltà di flessione dorsale della tibiotarsica, anche quando il compartimento
posteriore della gamba non inibisce il movimento. Lo stesso fenomeno può verificarsi sul
polso, ginocchio o anca. Sul polso o la caviglia, la mobilità può peggiorare l'adesione dei
tendini al retinacolo.
Questo potrebbe influenzare la mobilità in qualsiasi direzione; se i tendini hanno aderito alla
caviglia, è difficile estenderla o piegarla.
23
L'allungamento o l'accorciamento dei muscoli
avviene attraverso uno scivolamento dei singoli
filamenti muscolari in qualsiasi direzione. Queste
fibre possono aderire a livello cellulare in qualsiasi
punto in un muscolo, impedendo l'allungamento o
l'accorciamento.
La restrizione delle fibre avviene quando alcune
cellule o gruppi di cellule aderiscono fra loro e
dunque non è possibile l'allungamento o la
contrazione. Succede anche che queste fibre
nell’accorciamento possano subire una curvatura
come fosse un arco. Sul lato lungo le fibre sono
lunghe, sul lato interno sono accorciate. Esistono archi dove le fibre lunghe sono bloccate in
allungamento e archi, più consueti, dove sono bloccate le fibre corte. Questo provoca
comunque una torsione e una contrazione irregolare del muscolo.
Su questa irregolarità importantissima e ancora allo studio, bene si è espresso Robert Schleip.
Qui un abstract della sua ricerca.
Sappiamo che la trasmissione della forza miofasciale caratterizza le interazioni meccaniche tra
fibre muscolari, matrice extracellulare, muscoli e le strutture, muscolari e non muscolari,
circostanti.
L'ipotesi
è
scoprire
gli
effetti
di
questo
sulla
meccanica
muscolare.
Il primo effetto è attribuito alle connessioni tra le fibre muscolari e la matrice extracellulare
lungo tutta la lunghezza periferica delle fibre muscolari, dovuto alle strutture continue del
tessuto connettivo. Sono implicati: sarcolemma, endomisio, fascia compartimentale, setti e
membrane, tessuti connettivi intramuscolari sia all'interno del muscolo che in compartimenti
muscolari distanti.
Entrano in gioco quindi nuovi paradigmi come:
- I sarcomi delle fibre muscolari possono raggiungere lunghezze diseguali e l'eterogeneità di ciò
può diventare più o meno pronunciata.
- Il muscolo può produrre diverse ampiezze di forze nella stessa posizione articolare.
-Il
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contributo
del
muscolo
all'intervallo
di
movimento
articolare
può
variare.
- La risposta dei muscoli meccanocettori alla stessa posizione articolare può variare in
condizioni diverse.
La dipendenza meccanica del muscolo dalla trasmissione della forza per via fasciale è
importante per comprendere disfunzioni nello sport, le principali patologie come spasticità e
distrofie e tradurlo in metodi di trattamento
Immagini di lavoro in accorciamento
Il terapista scivola verso l'articolazione mentre la paziente cerca alternativamente di ruotare e
flettere la mano. Questo libera le restrizioni del retinacolo quando il polso ha troppa ampiezza
di movimento.
Nota. Ida Rolf: " Quando un muscolo è troppo lungo o un’articolazione ha troppo movimento,
cercare la contrazione”.
Nel disegno: il lavoro sulla caviglia ha un concetto analogo. Il terapista lavora con le nocche
alla liberazione dei tendini e retinacoli. Si vedrà nella parte pratica che questo lavoro è meglio
se fatto col paziente in piedi.
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C A P I T O L O 5____________________________
omissis
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