Autore Seconda di copertina [Digitare il testo][Digitare il testo] testo] [Digitare il . II LORENZA DALMASO Deep Tissue Massage --Advanced— manuale per terapisti III © Copyright – Atlantis - 2018 Tutti i diritti riservati Ogni diritto sui contenuti del sito è riservato ai sensi della normativa vigente. La riproduzione, la pubblicazione e la distribuzione, totale o parziale, di tutto il materiale originale contenuto in questo testo (tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo, i testi, le immagini, le elaborazioni grafiche) sono espressamente vietate in assenza di autorizzazione scritta IV Sommario Introduzione pag. V. Capitolo1: La geografia 5 Capitolo2: Principi generali 6 Capitolo 3: Bodywork & touch 8 Capitolo 4: Nozioni di base 9 Alcune parole sul dolore 10 La direzione del movimento 12 Movimenti di base 14 Separare i comparti muscolari 15 Liberare le compressioni Sugli accorciamenti 16 18 Capitolo 5: Tecniche generali 21 I pollici 22 Le dita 23 Lubrificante 24 Le nocche 25 I pugni Gli avambracci Il gomito 28 31 33 V Capitolo 6: Strategie generali 36 La posizione allungata 36 Il decubito laterale 39 Capitolo 7: Parte pratica Il piede Sezione lesioni 43 46 52 La gamba 57 La coscia 61 Sezione lesioni Le pelvi 67 75 La colonna 85 Sezione lesioni 90 Torace Sezione lesioni La spalla Sezione lesioni 95 98 99 107 Le braccia 108 Le mani 111 Sezione lesioni 112 Il collo 114 La testa 119 VI Capitolo 8 La fine della sessione Capitolo 9 Bodyreading Bibliografia Note e ringraziamenti 125 130 136 136 - VII . VIII Introduzione Questa dispensa, nasce da corsi fatti all’estero con bodyworker di fama internazionale, da appunti ed esperienze cliniche, da testi non ancora arrivati da noi. L’editoria italiana, al pari della corsistica, non ha mai curato questo settore nella parte dell’eccellenza. Basti pensare che un testo famosissimo di Lauriann Greene come “Save Your Hands” non lo conosce nessuno, così com’è rarissimo che siano invitati docenti di fama internazionale. Il bodywork in Italia, quello che noi curiamo nella formula nativa, lo abbiamo visto diventare una macedonia commerciale di manovre. Questo testo non intende e non può esaurire l'argomento “Deep Tissue Massage” ma è un approfondimento del corso di base e un filo che prepara al nostro Posturale. La formazione posturale completa e ottimale avviene poi all’interno delle scuole della IASI. Fuori da questo quadro oggi troviamo una foresta di borse Gucci cinesi. Avviso. Molte parti di questo testo danno per apprese nozioni che sono nel corso di Deep Massage di base. Diverse manovre, risposte atteggiamenti, specifiche, mancano perché non sono trasferibili con un testo ma solo con la presenza e il tocco. Deve essere usato quindi per una visione globale ma non specifica e come pro-memoria post corso. 9 Deep Tissue Massage e gli equivoci. Può essere utile eliminare alcuni equivoci prima di definire che cosa è il DTM. Qualsiasi esperto di marketing direbbe che è fallimentare cominciare con cosa "non è". Ci assumeremo la responsabilità ma evitiamo il genericismo. Il DTM non è sicuramente una tecnica fatta di sequenza, dove per es. s’inizia con sfioramenti, si prosegue con frizioni e poi con impastamenti e via via fino ai pizzicamenti. Lontanissimo da tutto questo. Si tratta piuttosto di un modo di lavorare sul tessuto prima con la percezione, poi col con-tatto e quindi proseguire con un lavoro squisitamente fasciale. Invertiamo i termini: se il massaggio svedese o il tradizionale o il muscolare investono la fascia come "effetto collaterale", questo lavoro investe il muscolo come "effetto collaterale". Siamo anche lontani dalla tecnica “del gomito”, anzi all'inizio e per molti, molti anni, la sensibilità sarà in progressione: dita-mani-nocche-tenar e ipotenar. Dopo anni viene quella del gomito. Forse. E mai generalizzata perché si usa solo su muscolature ampie e piatte e in ogni caso richiede una sensibilità inconsueta Essendo un lavoro sia geografico sia chirurgico è intuibile come un gomito possa facilmente spostarsi sulle strutture circostanti, non far percepire una contrazione, un trigger, un addensamento di collagene e via dicendo. In sostanza le mani sono e saranno un fatto dominante e imprescindibile. Neppure si tratta di un lavoro pesante o solo profondo. Usando bene il corpo è persino meno faticoso dei massaggi tradizionali fatti di impastamenti, per non dire dei massaggi pre-gara. Detto questo, la preoccupazione maggiore nell'insegnare questo massaggio è far uscire gli allievi dagli schemi appresi [1], insegnare un diverso approccio al corpo, che sia percettivo e anatomico ed infine smentire che è doloroso. Sul dolore. Non siamo più alla nascita di questo massaggio negli anni '50, l’osteopatia ha ribaltato le manualità e la ricerca scientifica ce ne ha date le ragioni. Abbiamo accumulato conoscenze, esperienze, sappiamo dosare profondità e tempo, miscelare stiramenti, frizioni, digitopressioni. Quello che dobbiamo fare, se mai fosse necessario, è restare sulla soglia del dolore ma mai e mai entrare nel dolore: chi lavora doloroso non sta lavorando bene. Più avanti le eventuali eccezioni, ma confermano la regola. Sulla fatica. Il DTM non richiede uno sforzo particolare. Alcuni allievi hanno inizialmente il timore che possa essere stancante o causare lesioni articolari alle mani, cosa di cui soffre la maggior parte dei massaggiatori tradizionali. Al contrario, allevia moltissimo la fatica e praticandolo anche la paura delle lesioni. Gli allievi hanno la possibilità di poter dosare il peso del corpo, la lentezza e la profondità, di non usare solo le dita ma le mani sovrapposte, le nocche, i pugni, tenar e ipotenar, di alternare frizioni e digitopressioni, movimenti lunghi e corti e, non ultima la possibilità di poter inserire nella tecnica quello che già si conosce. Chi viene dallo shiatsu o da alcune pratiche come il thai è enormemente avvantaggiato in questo. [1] Al mio primo corso di posturologia, molti decenni fa, ci fu chiesto "Sai massaggiare? Sì? Dimentica tutto. Questo è un altro mondo" Ugualmente riferiscono oggi molti allievi "non conoscevo, mi hai aperto un mondo", "non sapevo neanche che esistesse", "non credevo di poter avere questi risultati". . 10 Cos' è il massaggio del tessuto profondo. E' la capacità di trattare, dalla superficie alla profondità, strati successivi di tessuto, di lavorarli, separarli, organizzarli, relazionarli, portarli al rilassamento e liberarli dalle restrizioni. Non esiste una chiara demarcazione fra superficiale, medio e profondo e anche il confine fra benessere e terapeutico è molto sfumato. L'enfasi di questo lavoro è dare benessere liberando i tessuti. E’ tendenzialmente piacevole per alcuni, confinante col doloroso per altri, ma più spesso è funzionale a uno stare bene che si attiva uno o due giorni dopo. Certo è che la maggior parte dei pazienti, appena ha capito il senso, preferisce questo lavoro ad altri, quanto meno perché i benefici durano a lungo o, in molti casi, sono permanenti. Abbassare la sofferenza, ottenere una migliore postura, avere più flessibilità e fluidità nel movimento, sono tutti vantaggi che il paziente apprezzerà in modo particolare e possono essere raggiunti abbastanza facilmente. Non ultimo: tutto questo fidelizza il paziente. Perché studiare il massaggio profondo? Perché l'ambito terapeutico lo chiede sempre di più, perché è una via specialistica anche per l’operatore olistico (purché lui non la usi come terapia in senso stretto), perché è un’alternativa concreta alla medicina fisica, alle “macchine”; infine perché l'ambito sportivo lo chiede anzi, spesso lo pretende e così anche un certo turismo medio-alto. Il paziente straniero è abituato ormai da decenni a questo modo di lavorare, così come chi pratica sport di un certo livello: vela, golf, equitazione.. Persino nel benessere i massaggi non sono più considerati solo uno svago ma gradiscono l’avere un lato “curativo”. Così il DTM è diventato, più di altre tecniche, un requisito fondamentale per ottenere un lavoro. 11 C A P I T O L O 1____________________________ La geografia. E' un bene che gli allievi siano timorosi davanti alla tecnica di lavoro. Se non si è del tutto sicuri, è buona cosa evitare delle zone fin tanto che non se ne ha confidenza. Ci sono zone nelle quali il lavoro profondo influenza nervi, vasi e organi così come, al contrario, può rilasciare aderenze e liberare compressioni. Non sono le buone intenzioni che devono ispirarci, ma al contrario la cautela. NON ci sono aree interdette, come considerate nel massaggio tradizionale, ma esistono aree di "allerta". E' importante distinguerle, fare attenzione e si tratteranno quando si saprà come farlo. Per sapere come farlo, e come fare in generale, è indispensabile conoscere la geografia del corpo. Non vogliamo che si conosca esattamente il nome del muscolo. Se sappiamo dove uno abita non abbiamo bisogno di conoscere il nome della via e il numero di casa, ma è fondamentale sapere dove si è, cosa fa quel muscolo, come e quando lavorarlo. I muscoli ci parlano, ascoltiamoli! Abbiamo visto per anni l'emozione degli allievi di fronte alla novità e ai risultati di questo lavoro, al passare dall'esitazione alla confidenza e li abbiamo guardati nel preoccuparsi del benessere del paziente. Ma per la gran parte di loro la preoccupazione era la mancanza di conoscenza dell'anatomia. Il vagare sulla pelle facendo "qualcosa". Un giorno abbiamo persino disegnato sul corpo un quadrato dei lombi ma la candidata non capiva e continuava sul trasverso. Ora il corpo diventa un campo minato se non si conoscono le strutture. Un famoso Rolfer dice che bisogna immaginare di camminare per il proprio salotto nel buio più totale. Se si sa dove sono i mobili, si ha abbastanza confidenza e non si rischia di inciampare, ma se il salotto è una stanza non conosciuta qualsiasi tentativo di attraversarla è assai rischioso e probabilmente con sicuro fallimento. Fare un DTM senza conoscere l'anatomia è uguale ad attraversare al buio una stanza in casa d'altri. 12 C A P I T O L O 2____________________________ Principi generali - Non lavorare con sforzo. Deep non significa lavorare con forza. - Non usare olio. Mai. Usare, se proprio necessario, un filo di crema. - Quanta crema: tutti gli allievi che vengono dai massaggi tradizionali impiastrano il paziente, poco consapevoli che così facendo non ottengono benefici per il paziente, ma riescono benissimo a sfasciarsi le articolazioni in poco tempo. Una nocciola deve bastare. Una nocciola non è una noce. Oppure regolarsi semplicemente dando la crema alle proprie mani, facendola assorbire e poi lavorare. - Massaggiare lentamente. Esiste una relazione fra velocità e profondità. Se viene a mancare si può causare dolore e/o mancare il risultato. - Applicare una pressione obliqua. Vasi e nervi hanno la potenzialità di distendersi se la pressione è obliqua, ma non sono altrettanto disponibili se la pressione è verticale. Inoltre si danneggiano le proprie articolazioni. In alcuni casi è prevista una pressione verticale ma “alcuni casi” non sono “tutti i casi”. - Massaggiare le inserzioni tendinee tanto quanto il ventre muscolare: le inserzioni sono molto più reattive del ventre muscolare. In questo modo si coinvolgono i recettori di stiramento (Golgi) e ciò particolarmente sui muscoli larghi, ad es. gli ileotibiali. - Avere chiara l'intenzione di cosa si vuole ottenere. - Prestare attenzione al livello del corpo in cui si è. Il sistema è sensibile ai vari livelli di profondità. Se ci si muove rapidamente si possono forse rilassare muscoli specifici ma il sistema nervoso viene sovrastimolato. Significa, non ultimo, che il paziente non sopporterà a lungo il massaggio. Il terapista che sente che il tessuto non risponde più, che non sta ottenendo risultati o che il paziente è insofferente, rimane frustrato ma il problema è lui, non il paziente. - Lasciare che il corpo si stabilizzi prima di continuare. Spesso il sistema vegetativo manda segnali come sudore, arrossamento, accorciamento, respiro diverso, ecc.. In quel caso interrompere il massaggio per lasciar riposare il corpo. Interrompere va da qualche secondo al chiudere la seduta. Bisogna imparare a percepire e valutare. - Lavorare con i muscoli allungati per garantire il loro rilascio. Es: estendere il gomito per allungare i bicipiti. Si vedrà come questo, ad es. sia particolarmente importante quando si lavorano le cervicali: se il paziente si rialza da solo o improvvisamente, contraendo erettori, trapezio, sternocleido e relativi, annulla il lavoro. Tuttavia spesso il paziente dopo un lavoro chiede di potersi muovere. Questo è diverso: è un modo istintivo per incorporare il vantaggio nello schema corporeo e motorio e va, non solo permesso, ma incentivato. - Usare correttamente la tecnica. La maggior parte delle lesioni dei terapisti è dovuta alle tensioni del loro corpo mentre lavorano: sono troppo veloci o la tecnica non è corretta o entrambe le cose. La forza, l'energia per massaggiare non deve venire dalla contrazione dei 13 muscoli. Usare la gravità o il proprio peso e lasciare che lo sforzo parta dal piede che fa una spinta contro il pavimento. Detto con brutte parole ma molto comprensibili: scaricare il peso sul paziente 14 C A P I T O L O 3____________________________ Bodywork & Touch I terapisti ben formati o i grandi terapisti sanno automaticamente dove si accumulano nel corpo le tensioni appena vedono entrare il paziente. Per alcuni è un’abilità innata ma per quasi tutti è frutto dell’esperienza. Gli schemi di postura mostrano la tensione quando il paziente cammina, si siede, si sdraia sul lettino, si sveste o si riveste. La palpazione serve solo a confermare, a stabilire un contatto con l'unità del corpo. Le domande da farsi sono: fino a che punto è fluido il collegamento tra i fianchi e parte bassa della schiena? Tra la caviglia e la gamba? Tra la gamba e il bacino? Tra l'occipite e le cervicali? Ci sono limitazioni, esito d’immobilizzazione delle articolazioni, come ad esempio, legamenti stretti o calcificazioni o limitazioni dei tessuti molli? Quale di queste aree si desidera mettere a fuoco? Se si lavora con un format di massaggio di un'ora, è difficile spendere molto tempo nella palpazione e lettura del corpo. Tuttavia, un paio di minuti vanno usati per valutare: forniranno indizi importanti per pianificare velocemente una strategia. Questa valutazione dovrebbe continuare per tutto il massaggio, dovrebbe essere una combinazione di lavoro, ascolto e lettura dei messaggi dal corpo. "Ascoltare" si traduce non solo in un massaggio migliore, ma libera dalla noia il terapeuta che deve ripetere un gesto molte volte con molti pazienti. Gli allievi spesso riferiscono che quest’approccio rende la seduta di nuovo divertente. Alla fine di questo testo c’è un accenno al bodyreading ma meriterà un fascicolo a parte. 15 C A P I T O L O 4____________________________ Nozioni di base La postura del terapista La forza del movimento deve dare un tocco rilassante ma energico. Questo si ottiene quando la gravità attraversa il corpo del terapista e si scarica sul paziente. I piedi e le gambe forniscono la forza e la spinta. Le articolazioni, nella maggior parte devono essere estese ma non bloccate.. Se si sta sopra il paziente, come nel disegno barrato, è ovvio che lavora la spalla e la muscolatura delle braccia. A peggiorare si forma una cifosi dorsale Questa sotto è una distanza e posizione corretta per fare un dorso. Si noti che molti allievi, specialmente provenienti dall’estetica o dal benessere, cercano spesso di trattare contemporaneamente entrambi i lati della colonna. Non è una buona cosa perché quasi mai le due parti sono simmetriche. Avremo bisogno di lavorare più da un lato che dall’altro, di controllare le rotazioni, di insistere su alcune tensioni eccetera. 16 In questo caso invece la distanza è eccessiva. Se il terapeuta piega il busto per allungarsi, perde la spinta delle gambe e deve fare uno sforzo muscolare. Parole sul dolore Molti pazienti sperano di non sentire alcun dolore ma la linea fra benessere, tolleranza, dolore, intolleranza non è lineare ed è soggettiva della persona, dell'ora, del giorno, della stagione... E' bene chiedere che il dolore sia descritto. Spesso riferiscono di un "dolore che fa bene", oppure dicono "fa male ma va bene uguale". In generale è il risultato di un massaggio troppo rapido, troppi stimoli, troppo lavoro. Se si massaggia con lentezza, applicando la stessa pressione, il problema di solito si risolve. Se ci sono situazioni particolari e il massaggio intenso è indispensabile, provare a chiedere di che qualità è il dolore su una scala da 1 a 10. E' un parametro molto relativo ma in genere fino a 4 o 5 si può pensare di rientrare nel fastidio tollerabile. In qualsiasi caso un dolore acuto deve interrompere il massaggio. Sul filo dell'interruzione deve collocarsi anche il dolore urente, tipico dei nervi. Quando si sarà espertissimi, e solo in condizioni di urgenza, potrà essere fatto un lavoro, anche se il dolore è forte o urente ma per questi primi step, NO. 17 Un altro discorso correlato col dolore è il dolore emotivo. Sia ben chiaro che è una reazione tipica del connettivale l'avere emozioni che vanno dal benessere sognante al sentire molto caldo, vedere colori, sentire fame o avere emozioni come rabbia, sconforto, pianto. Conosciamo queste reazioni, le abbiamo viste e ne conosciamo la matrice (v. documento precorso). Molte correnti "mistiche" o new age le sfruttano. Non ha molto senso perché esiste una ragione scientifica, ma la si lascia perdere. D’altronde se la causa non la si vede, se la si deve studiare riprendendo in mano la biochimica o gli studi neurali, diventa scomodo e va bene non vederla. Alcuni terapisti si lanciano nell’area psy ma il timore è che seguano la logica: “Se sono un poliziotto, non sono un ladro” ossia cerchino garanzia e soluzione per sé. Per fare un esempio, facciamo un danno al paziente quando postuliamo che la spalla intraruotata stia a indicare una depressione mentre il povero paziente fa il taxista, quando postuliamo un carattere rigido, ma il paziente ha una rettificazione da zainetto scolastico, ecc. Ancora correlato col dolore, è l'atteggiamento del terapeuta. Deve accogliere il lamento del paziente, anche se n’è infastidito, deve rispondere alle domande e avere delle risposte, deve spiegare sempre e comunque cosa fa e cosa succede. La libertà di espressione, il dialogo devono essere conservati a tutti i costi. E ancora più in questi tempi caratterizzati dal “solo io ho ragione”. Per contro la richiesta di feedback troppo frequente non è positiva: fornisce un’immagine d’insicurezza. Spesso il paziente non sa cosa dire perché il suo rapporto col corpo non è quello che abbiamo noi terapisti col nostro. Molte volte neppure i terapisti in cura sanno descrivere i vantaggi ottenuti o la tipologia del dolore. La misconoscenza del corpo in occidente è altissima e consigliamo fortemente di leggere Il corpo di Umberto Galimberti. Dovrebbe essere obbligatorio quanto un testo di anatomia. Alcuni pazienti sentono la necessità di controllare il massaggio. Ci sarà successo mille volte che il paziente non abbandona un arto ma lo tiene rigido. Dobbiamo renderci conto che appena entra, gli viene chiesto un “fidati di me” e che si trova psicologicamente nella condizione di chi chiede, di chi viene curato, quindi passivo, sottomesso e paziente in tutti i sensi: è dunque il sistema stesso che gli chiede di essere bambino. In medicina il tentativo di sottrarsi al controllo, è spesso mal visto e viene sanzionato anche in modo irricevibile persino quando istintuale, protettivo, difensivo. Quindi il paziente ha due scelte: o subisce o s’irrigidisce. A peggiorare si trova disteso per un’ora in una situazione che somiglia al lettino freudiano. E in più è svestito. Chi di noi pensa di non irrigidirsi in questa situazione? Ma è folle il terapista che sfora i confini fra fisio-terapia e psico-terapia, senza avere sufficiente certificazione, illudendosi di poter gestire quello che non vede e crede di vedere: la psicologia altrui. Vanno fatte salve le situazioni nelle quali l'effetto psicoterapeutico è incastonato nella terapia stessa, es. alcune posturologie che prevedono una preparazione psicologica o dove il terapeuta è solo uno strumento attivo ma silente, es. alcune medicine etniche come il Chua K'a. La direzione del movimento Nella maggior parte dei corsi per principianti s’insegna che, quando possibile, il movimento va 18 nella direzione del ritorno venoso. Non è una regola ferrea. La regola sarebbe di iniziare a liberare il respiro poiché, se il paziente non si/ci aiuta col respiro, tutto è più difficile. Mettiamoci però nei panni del paziente: come ci sentiremmo se al primo approccio il terapista ci infilasse la mano sotto le coste? Sarebbe vissuto come un momento di grande invadenza. Ed ecco che allora iniziamo dai piedi perché sono la parte che in una giornata più è sottoposta a lunghi sforzi, più determina una postura fin dall'infanzia, più causa rotazioni e controrotazioni. E' vero che non sempre è così ma questa partenza è altamente probabile. La modalità del movimento quando è lenta e precisa, non rischia di danneggiare le vene o i capillari. Questi, al contrario, si rompono negli impastamenti e nei pizzicamenti, nel movimento veloce e, peggio, trasverso. I vasi sono elastici e si adattano. A patto di dar loro il tempo. La direzione del movimento invece va nel senso dell’allungamento. Ricordiamo bene dalla dispensa del corso di base come si comportano i legami di actina e miosina, come si addensa il collagene lungo la fibra, come si forma un trigger o una contrazione. E dunque andiamo da un’inserzione all'altra dividendo le strutture, stirando il muscolo, usando, se non basta, frizione e digitopressione. Ida Rolf diceva: "Dividete, separate, fate spazio, organizzate, relazionate". Ma questo ha delle eccezioni. Il voler seguire la direzione verso il cuore non è il modo giusto se dobbiamo liberare un'articolazione, decomprimerla. Prendiamo un ginocchio. L'articolazione è in sofferenza per rigidità del quadricipite, del tibiale e dei peronieri. Per decoaptarla dovrò lavorare, per il , per il quadricipite verso il gran trocantere e la spina iliaca, mentre per la gamba dovrò lavorare in direzione della caviglia. Creare spazio articolare, fatte salve particolari situazioni cliniche, è quasi sempre un buon obiettivo. Nel disegno: la decoaptazione del femore con i rotatori dell'anca. Uno dei pochi posti dove il gomito è benedetto perché la potenza dei legamenti non si lascia certo convincere dalle dita 19 Movimenti di base 1. Allungamento/stiramento. In assoluto il movimento più utilizzato. Tecnicamente si chiama "stripping" 2. Massaggio trasverso. Usarlo il meno possibile. Robert Schleip nei suoi testi/lezioni non lo cita mai. Il trasverso non allunga, non crea spazio, non porta il collagene da gel a sol ma gioca sulla rottura della fascia. Come se nella nostra maglietta tesa noi facessimo un buco per non sentire la tensione. Tuttavia a volte un trasverso serve sui tendini o quando non si sente reazione o talvolta sui trigger o nelle aree di lavoro piccolissime, es. il popliteo. Deve essere sempre molto lento. Un trasverso veloce rischia di rompere i capillari e lasciare lividi. La tecnica più comune, ma non la sola, comporta movimenti di rotazione delle dita sul tendine o muscolo, avanti e indietro, in linea perpendicolare alla direzione delle fibre, per due o tre minuti. La sensazione dovrebbe essere quello di rotolare su una corda appoggiata su una superficie dura. Si tratta di un massaggio intenso che può essere sgradevole e il cliente va informato. Bisogna dirgli che il disagio è normale e la sensibilità residua per un giorno. E' una buona idea quella di applicare ghiaccio dopo il massaggio. Di solito è richiesto in ambito sportivo. 3. Allungamento con punto fisso. Immaginiamo di avere un elastico con un nodo: se allungo l’elastico, il nodo si stringe. Allora si usa una strategia. Si tiene fermo il punto di massima tensione (di solito il capo-corda) e si fa uno stretching del muscolo. E' fondamentale che la mano di presa non scivoli mentre l'altra 20 allunga. Nel disegno il terapista fa un punto fisso sul sacro e allunga i dorsali. Uno dei più grandi errori in alcuni testi di anatomia per il massaggio è il mostrare allungamenti senza punto fisso o addirittura contro il punto fisso. Separare i comparti La separazione dei comparti è uno dei requisiti più importanti del DTM. Migliora in maniera spettacolare l'effetto del massaggio e va curata al massimo perché' sarà questo ciò che più renderà contento il paziente. Nel disegno la separazione di un pettorale dalle strutture sottostanti. Immaginare il quadricipite: ci sono molti muscoli e tendini che corrono paralleli e sono stati concepiti per scivolare uno sull’altro. Se restano adesi, magari potenziati da lungo lavoro in palestra che facilita l'adesione, è facile che il ginocchio vada in rotazione per una trazione non omogenea. Molti muscoli che sono vicini possono esercitare angoli di pressione leggermente diversi durante il movimento di tutto il corpo. I muscoli possono diventare adesi e limitare lo scivolamento normale a causa di lesioni o dei pattern di movimento o l’inattività o l’immobilità. Una separazione precisa e meticolosa di questi comparti è la chiave per migliorare la funzione articolare e risolvere i continui fastidi, cosa che non fa un trattamento convenzionale. A volte è invece utile una separazione ottenuta facendo rotolare, ruotare, un muscolo sul suo vicino. Muovere l'articolazione in maniera passiva o attiva ne aumenta l'efficacia perché un muscolo bloccato cercherà automaticamente di sbarazzarsi del vincolo che lo lega. Le dita 21 devono scoprire lentamente un'entrata accessibile poi trovare e seguire pazientemente la linea che separa i muscoli. Liberare le compressioni A volte un muscolo non è "incollato" a uno adiacente a livello superficiale ma a quello più profondo, a lamine di fascia o addirittura alle ossa. Ricordiamoci il ruolo del collagene studiato nel DTM di base. Le seguenti tecniche somigliano a quelle della sezione precedente, ma la loro gamma è maggiore e sono utili quando non si trova un punto di entrata superficiale per iniziare a separare il tessuto. I muscoli lunghi come il quadricipite, i bicipiti o i tricipiti dovrebbero (idealmente) essere inseriti solo sull'osso grazie al tendine. Si dovrebbe essere in grado di palparli e muoverli senza sentirli troppo aderenti agli strati profondi. Bisogna fare attenzione alla loro libertà di movimento. Le tecniche per "scollarli" richiedono pazienza, possono essere necessari anche alcuni minuti prima di sentire che il muscolo comincia ad essere libero. L'attenzione che si pone a quest’azione permette di determinare quanto bisogno ha di massaggiare quell’area e questo fa parte della sensibilità del touch già vista.. Nel disegno il muscolo è afferrato con entrambe le mani e sollevato lentamente. Va messo in tensione e poi si deve imprimergli un movimento come per farlo rotolare su di sé. 22 Oppure, una volta sollevato, stirarlo lungo il suo asse andando contemporaneamente in entrambe le direzioni. Questo pinzamento di un muscolo NON è una manovra a se'. E' soltanto anamnesi pre-lavoro. Evitare con cura lo scollamento che si fa in una certa estetica ossia afferrare il muscolo, come fosse il manico di un secchio e sollevarlo per separarlo dalle strutture sottostanti. La maggior parte delle tecniche per gli erettori si basa sul loro allungamento o "ammorbidimento" ma è importante che abbiano anche una mobilità laterale e mediale. Utilizzare le dita di entrambe le mani per applicare una forza lungo il bordo del muscolo e andare lentamente verso il lato opposto. Ricordare che l'intenzione non è quella di fare un massaggio trasverso e che, in questo caso, sulla schiena non si deve lavorare contro le trasverse. L'intento è di separare dal piano profondo per poi allungare. Invece nel disegno il movimento sullo sternocleido è di differenziazione muscolare e di sblocco dagli strati profondi. Sugli accorciamenti Premessa: avere molto ben presente il documento del corso base e il legame actina-miosina. Per facilitare una maggiore mobilità articolare molte tecniche di massaggio si concentrano sugli allungamenti dei muscoli accorciati. Tuttavia, ad esempio, non è raro che le persone abbiano difficoltà di flessione dorsale della tibiotarsica, anche quando il compartimento posteriore della gamba non inibisce il movimento. Lo stesso fenomeno può verificarsi sul polso, ginocchio o anca. Sul polso o la caviglia, la mobilità può peggiorare l'adesione dei tendini al retinacolo. Questo potrebbe influenzare la mobilità in qualsiasi direzione; se i tendini hanno aderito alla caviglia, è difficile estenderla o piegarla. 23 L'allungamento o l'accorciamento dei muscoli avviene attraverso uno scivolamento dei singoli filamenti muscolari in qualsiasi direzione. Queste fibre possono aderire a livello cellulare in qualsiasi punto in un muscolo, impedendo l'allungamento o l'accorciamento. La restrizione delle fibre avviene quando alcune cellule o gruppi di cellule aderiscono fra loro e dunque non è possibile l'allungamento o la contrazione. Succede anche che queste fibre nell’accorciamento possano subire una curvatura come fosse un arco. Sul lato lungo le fibre sono lunghe, sul lato interno sono accorciate. Esistono archi dove le fibre lunghe sono bloccate in allungamento e archi, più consueti, dove sono bloccate le fibre corte. Questo provoca comunque una torsione e una contrazione irregolare del muscolo. Su questa irregolarità importantissima e ancora allo studio, bene si è espresso Robert Schleip. Qui un abstract della sua ricerca. Sappiamo che la trasmissione della forza miofasciale caratterizza le interazioni meccaniche tra fibre muscolari, matrice extracellulare, muscoli e le strutture, muscolari e non muscolari, circostanti. L'ipotesi è scoprire gli effetti di questo sulla meccanica muscolare. Il primo effetto è attribuito alle connessioni tra le fibre muscolari e la matrice extracellulare lungo tutta la lunghezza periferica delle fibre muscolari, dovuto alle strutture continue del tessuto connettivo. Sono implicati: sarcolemma, endomisio, fascia compartimentale, setti e membrane, tessuti connettivi intramuscolari sia all'interno del muscolo che in compartimenti muscolari distanti. Entrano in gioco quindi nuovi paradigmi come: - I sarcomi delle fibre muscolari possono raggiungere lunghezze diseguali e l'eterogeneità di ciò può diventare più o meno pronunciata. - Il muscolo può produrre diverse ampiezze di forze nella stessa posizione articolare. -Il 24 contributo del muscolo all'intervallo di movimento articolare può variare. - La risposta dei muscoli meccanocettori alla stessa posizione articolare può variare in condizioni diverse. La dipendenza meccanica del muscolo dalla trasmissione della forza per via fasciale è importante per comprendere disfunzioni nello sport, le principali patologie come spasticità e distrofie e tradurlo in metodi di trattamento Immagini di lavoro in accorciamento Il terapista scivola verso l'articolazione mentre la paziente cerca alternativamente di ruotare e flettere la mano. Questo libera le restrizioni del retinacolo quando il polso ha troppa ampiezza di movimento. Nota. Ida Rolf: " Quando un muscolo è troppo lungo o un’articolazione ha troppo movimento, cercare la contrazione”. Nel disegno: il lavoro sulla caviglia ha un concetto analogo. Il terapista lavora con le nocche alla liberazione dei tendini e retinacoli. Si vedrà nella parte pratica che questo lavoro è meglio se fatto col paziente in piedi. 25 C A P I T O L O 5____________________________ omissis 26