Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Fisica e Geologia Corso di Laurea Magistrale in Fisica Tesi di Laurea Misura del flusso differenziale di elettroni e positroni con l’ esperimento AMS-02. Laureanda: Relatori: Marta Crispoltoni Prof. Bruna Bertucci Dott. Matteo Duranti Anno Accademico 2012/2013 ”Ave alle donne come te, Maria, femmine un giorno e poi madri per sempre” F. De André ..A mia mamma 1 Indice Introduzione 5 1 Raggi Cosmici 2 1.1 Spettro energetico e composizione dei RC . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.2 Sorgenti dei RC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.3 Modulazione solare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.4 Modulazione geomagnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 1.5 Componente elettronica dei RC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 1.5.1 Interazione degli elettroni con il mezzo interstellare . . . . . . 18 1.5.2 Dinamica elettroni cosmici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 1.5.3 Recenti misure di elettroni e positroni . . . . . . . . . . . . . . 23 2 AMS-02 25 2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 2.2 Il rivelatore AMS-02 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 2.3 Il magnete permanente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 2.4 Il Tracciatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 2.5 Il rivelatore a radiazione di transizione . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 2.5.1 La discriminazione e/p nel TRD . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 2.6 TOF . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 2.7 Il sistema di anti-coincidenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 2.8 Il RICH . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 2.9 Il calorimetro elettromagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 2.9.1 La discriminazione e/p nel calorimetro . . . . . . . . . . . . . 49 2.10 Il Sistema di trigger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 3 Selezione 54 3.1 La presa dati di AMS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 3.2 Il processamento offline dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 3.2.1 La calibrazione del detector . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 3.3 La pre-selezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 3.4 La selezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 3.4.1 La separazione e/p con il template fit . . . . . . . . . . . . . . 60 3.4.2 Efficienza del taglio in BDT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 3.4.3 Analisi con selezione in TRD likelihood . . . . . . . . . . . . . 64 4 Strategia di analisi 67 4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 4.2 La simulazione Monte Carlo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 4.2.1 4.3 4.4 4.5 Generazione dell’evento MonteCarlo . . . . . . . . . . . . . . . 70 Accettanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 4.3.1 Accettanza differenziale in funzione dell’energia . . . . . . . . 72 4.3.2 Accettanza differenziale in funzione dell’ angolo d’incidenza . . 73 La valutazione delle efficienze e confronto Dati/MC . . . . . . . . . . 76 4.4.1 Richiesta di una e una sola traccia . . . . . . . . . . . . . . . 79 4.4.2 Richiesta sulla carica ricostruita . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 4.4.3 Richieste sul TRD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 Tempo di esposizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 5 Presentazione dei risultati 5.1 92 Calcolo del flusso: primo metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 5.1.1 Flusso integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 5.1.2 Flusso differenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 5.1.3 Incertezza associata alla misura . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 3 5.2 5.3 Calcolo del flusso: secondo metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 5.2.1 Flusso integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 5.2.2 Flusso differenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 5.2.3 Incertezza associata misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 Calcolo del flusso finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 5.3.1 Incertezza totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 Conclusioni 100 Ringraziamenti 102 Bibliografia 104 4 Introduzione I raggi cosmici sono un flusso continuo e pressochè isotropo di particelle, prevalentemente protoni e nuclei, incidente sull’atmosfera terrestre. A più di un secolo dalla loro scoperta, sono molte le domande ancora aperte sulle loro sorgenti astrofisiche e la dinamica di accelerazione e trasporto con cui i raggi cosmici giungono fino all’ambiente terrestre. Il possibile legame tra le rare particelle di antimateria osservate nel flusso cosmico, positroni ed anti-protoni, e l’annichilazione di materia oscura nel nostro universo hanno suscitato in questi ultimi decenni un vivace dibattito nella comunità scientifica e stimolato lo sviluppo di esperimenti spaziali dedicati alla misura di precisione delle componenti piú rare della radiazione cosmica. In questo contesto si colloca la nascita dell’esperimento AMS-02, uno spettrometro magnetico di grande accettanza, progettato con le tecnologie caratteristiche degli esperimenti di fisica delle particelle e costruito da un’ampia collaborazione internazionale tra il 2000 ed il 2010. In orbita dal Maggio 2011, l’esperimento ha raccolto fino ad oggi ∼ 45 miliardi di eventi ed è previsto continuare la sua presa dati per il prossimo decennio, o comunque fino al mantenimento in attività della Stazione Spaziale Internazionale a bordo della quale è ospitato. La misura di precisione effettuata da AMS-02 del rapporto tra positroni ed elettroni nel flusso cosmico fino ad energie di 350 GeV ha confermato con estrema chiarezza un’abbondanza anomala di positroni alle più alte energie che non è giustificabile con una loro origine secondaria, ovvero con la loro produzione nelle interazioni dei protoni cosmici con il mezzo interstellare. Due classi di ipotesi sono state avanzate per giustificare l’eccesso di positroni osservato che potrebbe essere legato all’emissione di pulsar o ad 1 annichilazione di particelle costituenti la materia oscura. Una discriminazione tra i diversi modelli avanzati richiede tuttavia un’estensione delle osservazioni ad energie ancora più alte ed una misura dell’intensità dei flussi di elettroni e positroni. In questo lavoro di tesi sono stati quindi analizzati i dati raccolti durante i primi 30 mesi di presa dati dell’esperimento AMS-02 con la finalità di misurare il flusso complessivo di elettroni e positroni. Questa analisi, grazie al fatto che non richiede alcuna selezione basata sul segno della carica delle particelle, presenta diversi aspetti di interesse. Ha una minore incertezza sistematica ed un maggiore campione di eventi utilizzati nella misura rispetto alla determinazione dei flussi separati per le due specie, permettendo quindi di raggiungere un più ampio intervallo di energia. Il risultato può essere direttamente confrontato con misure già esistenti effettuate con esperimenti basati su tecniche puramente calorimetriche, quali FERMI o ATIC. Infine, essendo un’analisi in gran parte indipendente rispetto a quelle condotte internamente alla collaborazione AMS sui flussi separati di e+ ed e− , permette una verifica interna all’esperimento dei risultati ottenuti con differenti tecniche. In questo lavoro, descriveremo brevemente le motivazioni alla base del nostro studio (Capitolo 1) e quindi le principali caratteristiche dell’apparato sperimentale utilizzate nella misura (Capitolo 2). Definiremo quindi le grandezze necessarie per la misura del flusso e la procedura di analisi effettuata per valutarle (Capitolo 3 Capitolo 4) concludendo quindi con il risultato della nostra misura e la valutazione della sua incertezza (Capitolo 5). 1 Capitolo 1 Raggi Cosmici L’atmosfera terrestre è costantemente raggiunta da un numero elevato di particelle e nuclei atomici di alta energia: i raggi cosmici (RC). Il fisico austriaco Victor Hess nel 1911 ne ipotizzò l’esistenza in seguito a misurazioni atte a determinare il tasso di ionizzazione dell’aria; Hess notò un notevole aumento della ionizzazione a grandi altitudini e concluse quindi che la sorgente di tale radiazione dovesse trovarsi nello spazio. Per la sua scoperta ad Hess venne conferito il Nobel nel 1932 e negli stessi anni Anderson, Blackett ed Occhialini osservarono proprio nei raggi cosmici il primo positrone, confermando la previsione teorica dell’esistenza di un’antiparticella dell’elettrone formulata da Dirac. Da quel momento lo studio dei RC ha portato alla scoperta di un gran numero di particelle (muone, pione. . . ), aprendo la strada alla moderna Fisica subnucleare. In seguito all’invenzione degli acceleratori, l’interesse per i raggi cosmici iniziò a spostarsi dalla ricerca subnucleare nell’ambito atmosferico (RC secondari) al problema della loro origine e propagazione nello spazio (RC primari); iniziò cosı̀ l’astrofisica dei raggi cosmici. Il legame tra la fisica delle particelle ed i raggi cosmici è tuttavia riemerso prepotentemente nell’ultima decade per trovare una spiegazione all’origine ed alla natura dell’importante frazione di materia oscura, una forma di materia che rappresenta ∼ 30% dell’energia del nostro universo e che non può essere attualmente attribuita a nessuna delle particelle finora osservate agli acceleratori. Neutrini sterili, assioni 2 Raggi Cosmici e nuove particelle ipotizzate in teorie supersimmetriche sono state proposte come candidati per la costituzione della materia oscura: la combinazione tra le informazioni complementari raccolte negli esperimenti agli acceleratori e nello studio della radiazione cosmica è necessaria per verificare i diversi modelli proposti. Nel seguito verranno brevemente presentate le caratteristiche generali dei raggi cosmici primari ed i principali effetti che ne deformano lo spettro energetico in prossimità della terra. Saranno quindi presentate con maggiore dettaglio le proprietà dello spettro degli elettroni e positroni ed un panorama delle attuali misure sperimentali di queste componenti della radiazione cosmica. 1.1 Spettro energetico e composizione dei RC Il nostro sistema solare è raggiunto da un flusso continuo di particelle con energie che si estendono su un intervallo molto ampio, da qualche MeV fino a 1020 eV. Questo flusso è composto da tutte le particelle cariche stabili e da nuclei, con una piccola percentuale di nuclei instabili (con vite medie > 106 anni). In Fig.1.1 (sinistra) è presentato lo spettro differenziale in energia Φ(E) dell’insieme dei raggi cosmici definito come il numero totale di particelle misurato nell’unità di tempo, per unità di superficie, angolo solido ed energia. Notiamo come il flusso decresca rapidamente con l’energia, approssimativamente come una legge di potenza, diminuendo di ∼ 33 ordini di grandezza da qualche centinaio di MeV fino a 1020 eV. Questo fa sı̀ che per studiarne le proprietà al variare dell’energia siano necessarie diverse tecniche di misura, ovvero strumenti con aree di raccolta crescenti. Integrando il flusso differenziale al di sopra di diverse soglie in energia e su tutto l’angolo solido, possiamo ottenere il flusso integrale che ci dà immediatamente un’idea delle dimensioni necessarie per poter raccogliere una sufficiente statistica per il loro studio: Φ(E > 109 eV) ' 1000 particelle/s m2 Φ(E > 1015 eV) ' 1 particelle/anno m2 3 Raggi Cosmici Figura 1.1: Sinistra: Flusso differenziale dei raggi cosmici esteso a tutto l’intervallo dell’energia in cui sono stati osservati [3]. Le frecce sovraimposte al grafico indicano le energie raggiungibili ai principali acceleratori. Destra: Flusso differenziale delle diverse specie nucleari nei raggi cosmici in funzione dell’energia cinetica per nucleone determinato da misure dirette [4] Φ(E > 1020 eV) ' 1 particella/secolo Km2 Ad energie al di sotto di ∼ 1015 eV, la misura del flusso e della composizione dei raggi cosmici può essere effettuata con grande precisione mediante la loro rivelazione diretta, prima della loro interazione con l’atmosfera terrestre, mediante strumenti di dimensioni relativamente contenute posti a bordo di palloni stratosferici o satelliti. Ad energie superiori, lo studio dei RC viene effettuato mediante una misura indiretta, ovvero misurando le proprietà degli sciami di particelle generati dal loro impatto con l’atmosfera terrestre mediante griglie di rivelatori al suolo dislocati su ampie aree geografiche. All’aumentare dell’energia, quindi, le informazioni ottenute sulle proprietà dei raggi cosmici sono legate alla capacità di collegare correttamente le informazioni tra le proprietà degli sciami atmosferici con l’identità e l’energia della particella cosmica che li ha prodotti. 4 Raggi Cosmici Il quadro sperimentale sulla composizione ed andamento energetico delle diverse particelle e specie nucleari che compongono i raggi cosmici è quindi relativamente accurato nell’intervallo energetico accessibile a misure dirette, permettendo di distinguere per le diverse componenti dei RC diversi andamenti spettrali e quindi possibili variazione delle abbondanze relative delle varie specie in funzione dell’energia. La componente principale dei RC è di natura adronica: protoni (≈80%), nuclei di elio (≈10%) e specie nucleari più pesanti rappresentano complessivamente ∼ 99% del flusso. Elettroni e deboli componenti di anti-materia, positroni e anti-protoni, rappresentano la restante parte del flusso e verranno decritte con maggiore dettaglio successivamente. In Fig. 1.1 (destra) sono riportati gli spettri energetici osservati per le diverse specie nucleari le cui abbondanze relative risultano relativamente stabili nell’intervallo di energie presentato1 . Nella porzione inferiore dello spettro, per E < 1010 eV lo spettro presenta un’attenuazione molto decisa legata all’interazione dei RC con l’eliosfera: il flusso dei RC viene contrastato dal vento solare e la forma dello spettro varia nel tempo con una modulazione che riflette i cicli di attività solare (sec.1.3). Ad energie comprese tra la decina di GeV e ∼ 1015 − 1016 eV, il flusso complessivo, ottenuto come somma delle singole componenti può essere descritto da una semplice legge di potenza Φ(E)dE = kE −γ dE (1.1) con indice spettrale γ ∼ 2.7. Ad energie superiori, invece, le misure effettuate caratterizzano tipicamente l’insieme del flusso cosmico e la separazione tra le diverse specie che lo compongono è tipicamente limitata ad una separazione tra nuclei leggeri (protoni, elio) ed estremamente pesanti (Fe) con forti incertezze sperimentali legate alle modellizzazione delle proprietà degli sciami. In Fig. 1.2 è riportata una misura delle più recenti mi1 in realtà esistono piccole,differenze tra gli spettri delle differenti specie che tuttavia non influenzano significativamente l’andamento complessivo del flusso cosmico 5 Raggi Cosmici sure dello spettro complessivo dei raggi cosmici effettuato con misure indirette [4], per poter osservare i dettagli dell’andamento spettrale il flusso è stato moltiplicato per E 2.6 . Sono chiaramente visibili diverse discontinuità nella pendenza dello spettro Figura 1.2: Spettro dei raggi cosmici di alta energia ottenuto da misure indirette [4]. Per permettere di apprezzare le variazioni in indice spettrale, il flusso è moltiplicato per E 2.6 . che diventa più ripido ad energie di 1015 − 1016 eV (ginocchio o knee), 1017 eV (secondo ginocchio) per poi appiattirsi ad E∼ 1018 eV (caviglia o ankle) e poi crollare drasticamente attorno ai 1020 eV, in corrispondenza del cosiddetto GZK cutoff [5]. Diverse ipotesi sono state formulate per spiegare l’origine di queste strutture nello spettro ed è tuttora acceso intenso dibattito in merito. Tra le spiegazioni più comuni, assumendo che i raggi cosmici al di sotto della caviglia sono di generati in sorgenti della nostra galassia, il ginocchio corrisponderebbe ad un limite nell’energia a cui le particelle possono essere accelerate nella maggior parte delle sorgenti galattiche. Il secondo ginocchio sarebbe invece legato ad un cambio nella composizione chimica del flusso, con una transizione della composizione verso elementi pesanti. In questo quadro, un ruolo importante viene giocato dalla descrizione della dinamica di pro6 Raggi Cosmici pagazione dei raggi cosmici nella nostra galassia, le interazioni sperimentate con il mezzo interstellare e la loro deflessione ad opera dei campi magnetici. La nascita della caviglia sarebbe invece legata alla transizione del flusso di raggi cosmici da un’origine galattica ad un’origine extragalattica. La presenza del GZK cutoff sarebbe infine dovuta alle interazioni anelastiche dei protoni di altissima energia con i fotoni della radiazione cosmica di fondo. 1.2 Sorgenti dei RC La combinazione della presenza di campi magnetici in grado di confinare le particelle in regioni dove siano presenti campi elettrici in grado di fornire l’energia necessaria alla loro accelerazione è alla base delle tecnologie degli acceleratori terrestri come pure responsabile dell’accelerazione dei RC nelle loro sorgenti astrofisiche. Tuttavia, lo spettro energetico dei RC si estende fino a ' 1020 eV, ben al di sopra delle energie attualmente raggiungibili in laboratorio anche ai più potenti acceleratori di particelle (Fig.1.1, sinistra); i meccanismi di accelerazione con cui i raggi cosmici acquistano la loro energia e che giustifichino lo spettro osservato devono essere legati alle proprietà caratteristiche delle diverse sorgenti astrofisiche in cui vengono prodotti e dello spazio in cui i RC si propagano, perdendo o acquistando energia durante la loro diffusione. Una classe importante di corpi astrofisici ritenuti essere i siti di accelerazione per i raggi cosmici all’interno della nostra galassia sono i resti di Supernovae (SN) di tipo II. Le supernove rappresentano la fase finale, esplosiva di una stella e si caratterizzano in base ai tipi di stella da cui originano e quindi i meccanismi che ne portano alla distruzione. Le SN di tipo II, caratterizzate sperimentalmente dalla presenza di linee di idrogeno nella caratteristica emissione elettromagnetica, sono corrispondenti all’esplosione del nucleo di stelle massicce, con dimensioni tipicamente maggiori di una decina di masse solari. Queste stelle sono caratterizzate da una struttura a cipolla in cui gli strati più esterni sono costituiti dagli elementi più leggeri mentre nel nucleo si accumulano le specie più massicce prodotte dalle reazioni di fusione 7 Raggi Cosmici nucleare.L’equilibrio della stella si rompe quando l’energia termica liberata dai processi di fusione entro il nucleo centrale non è più in grado di impedirne il collasso, al seguito del quale viene a crearsi quindi una violenta onda di shock che libera il materiale degli strati più esterni nello spazio circostante, lasciando una stella di neutroni compatta. L’energia caratteristica liberata dall’esplosione, ∼ 1053 Erg viene emessa per una gran parte sotto forma di radiazione neutra (fotoni e neutrini) e circa l’1%, quindi ∼ 1051 Erg viene trasferita come energia cinetica al materiale degli strati esterni per costituire un’importante onda d’urto (shock wawe). È proprio la diffusione stocastica delle particelle del mezzo interstellare attraverso l’onda d’urto in espansione, descritta originariamente da Fermi [1] [2], che ne permette l’accelerazione fino ad energie ∼ 1015 eV. Conferme indirette dell’accelerazione dei raggi cosmici in prossimità dei resti di supernove sono venuti dall’osservazione astrofisica dell’emissione termica di raggi X e γ durante il processo di accelerazione; altre considerazioni a supporto del ruolo dei residui di SNlI nell’origine ed accelerazione dei RC sono: a) bilanciamento energetico: il flusso dei raggi cosmici deve essere continuamente rifornito alle sorgenti per compensare le particelle che continuamente sfuggono al volume galattico. Dato un tempo tipico di permanenza dei raggi cosmici all’interno della galassia τ ∼ 107 anni e la loro densità di energia di ρ ∼ 1eV/cm3 , l’ordine di grandezza della potenza che deve essere iniettato dagli acceleratori cosmici è facilmente stimabile come: P = ρ × Vgal ' 1040 τ Erg/s dove Vgal ∼ 5 · 1066 cm3 è il volume su cui si estende la galassia2 . L’esplosione di ∼ 3 SN ogni secolo nella nostra galassia, fornisce una potenza PSN ∼ 1042−43 Erg/s più che sufficiente al mantenimento del bilancio energetico dei RC. 2 la galassia viene assunta come un disco di raggio di 15 kpc e spessore 300 pc 8 Raggi Cosmici b) composizione chimica: la buona corrispondenza tra l’abbondanza chimica nei RC e quella nel sistema solare, rappresentativa di quella delle SN, supporta l’ipotesi che i RC siano generati nell’accelerazione del materiale rilasciato d̀alla SN. c) spettro energetico: lo spettro energetico previsto dal meccanismo di accelerazione per diffusione stocastica sulle onde d’urto è caratterizzato naturalmente da una legge di potenza il cui indice spettrale, dopo aver tenuto conto delle successive perdite di energia durante la propagazione nel mezzo interstellare, risulta compatibile con quello osservato nella prossimità della terra. Nonostante il generale consenso sull’importante contributo dato dalle SN all’origine ed accelerazione dei raggi cosmici, la descrizione dettagliata dell’ambiente stellare e dei singoli processi che contribuiscono all’accelerazione dei raggi cosmici in prossimità delle SN presentano ancora numerose incognite e non permette comunque di giustificare l’accelerazione dei RC ad energie superiori a 1015−16 GeV . Diverse classi di sorgenti astrofisiche e meccanismi di accelerazione devono quindi essere ipotizzati per descrivere la parte superiore dello spettro. Qualunque siano le tipologie di corpi astrofisici considerati, l’ingrediente necessario per l’accelerazione sarà la presenza di un intenso campo magnetico variabile nel tempo, a cui sarà associata la presenza di campi elettrici indotti ed in grado di trasferire l’energia alle particelle. In maniera del tutto generale, l’energia massima Emax acquisita da una particella di carica Ze in presenza di un campo magnetico B variabile nel tempo in una regione caratterizzata da una dimensione spaziale L potrà essere espresso come : Emax = ZeβLB dove β è un fattore, tipicamente minore dell’unità, che rappresenta l’efficienza energetica ∆E/E del processo di accelerazione e dipende dai dettagli dello stesso. In base a queste considerazioni, può essere fatta una classificazione generale delle sorgenti astrofisiche in grado di contribuire allo spettro dei raggi cosmici di energia, la cui rappresentazione è riportata in Fig.1.3. Nel diagramma presentato [8], proposto da Hillas a metà degli anni ’80 [7], diverse classi di corpi astrofisici sono riportati nel grafico in base all’intensità caratteristica del campo magnetico in una regione di 9 Raggi Cosmici dimensione L nella loro prossimità. Le rette sovraimposte corrispondono ai valori di B ed L necessari per poter accelerare protoni o nuclei di ferro fino ad energie di 1020 eV. Solo le sorgenti al di sopra delle rette possono essere prese in considerazione come acceleratori dei raggi cosmici di energie estreme. Figura 1.3: Diagramma di Hillas per la valutazione delle sorgenti astrofisiche in grado di accelerare protoni o Ferro ad energie di 1020 eV. 1.3 Modulazione solare Come già introdotto in Sec.1.1, lo spettro dei raggi cosmici è influenzato principalmente alle basse energie dall’attività solare. La causa di questa modulazione è da attribuire all’insieme dei fenomeni fisici che avvengono nel Sole e determinano le caratteristiche della regione di spazio circostante. Reazioni di fusione nucleare sono alla base dell’energia prodotta ininterrottamente dal Sole, esse avvengono nella regione centrale della nostra stella - il nucleo solare - che pur essendo caratterizzata da una dimensione caratteristica di ∼ 20% del raggio solare, concentra in essa ∼ 40% della sua massa. Immediatamente all’esterno del nucleo, si colloca la regione radiativa che si estende tra 0.2 e 0.7 raggi solari: al suo interno l’energia emessa dal nucleo viene assorbita e quindi irraggiata verso gli strati più esterni. Dopo una zona di transizione, o tachocline, l’energia viene 10 Raggi Cosmici trasferita agli strati più esterni della stella mediante moti convettivi generati dalla elevata differenza di temperatura tra la regione radiativa più interna e la fotosfera, il cui spettro termico ben approssima quello di un corpo nero di temperatura ∼ 6000 K. É proprio dal continuo moto turbolento dei moti convettivi del plasma interno alla zona convettiva che viene generato un intenso campo magnetico, che è all’origine dei diversi fenomeni - macchie solari, brillamenti o flares - che prendono complessivamente il nome di attività solare. All’esterno della zona convettiva, nel passaggio dalla fotosfera allo strato più esterno dell’atmosfera solare, la corona, si osserva un importante innalzamento della temperatura che raggiunge ∼ 106 K. La corona è composta da un plasma rarefatto e non ha di fatto limiti ben definiti: l’alta energia cinetica del gas ionizzato che costituisce il plasma coronale ne permette l’allontanamento dalla stella per decine di milioni di chilometri, a questo plasma caldo che si espande dalla corona solare in tutte le direzioni viene dato il nome di vento solare. Il vento solare è quindi un plasma costituito dal 95% da protoni ed elettroni (in proporzioni più o meno uguali fra loro) ed il restante 5% da He, che trasporta con se il campo magnetico del Sole generando creando l’eliosfera, una regione di dimensioni variabili posta attorno al Sole che viene riempita dal vento solare e dal campo magnetico ad esso associato. Il vento solare supersonico incontrando il mezzo interstellare subisce una transizione verso una velocità subsonica in corrispondenza dell’onda d’urto terminale (termination shock), mentre per il vento interstellare questa transizione avviene in corrispondenza del cosiddetto bow shock eliosferico. In Fig.1.4 è rappresentata schematicamente la struttura eliosferica e le sonde spaziali che hanno permesso lo studio delle sue caratteristiche in questi ultimi decenni. L’estensione di questa regione, dell’ordine di ∼ 100 u.a.3 , riflette le condizioni di attività solare che sono caratterizzate da un andamento temporale ciclico, con periodo di ∼ 11 anni. I periodi di intensa attività solare, corrispondenti al massimo del ciclo solare, sono caratterizzati da un alto numero di macchie solari ed una maggiore frequenza di brillamenti o espulsioni di massa coronale (CME) : in queste fasi l’elio3 Con unità astronomica, u.a., viene indicata la distanza media tra il Sole e la Terra = 1.5·108 Km 11 Raggi Cosmici Figura 1.4: Rappresentazione schematica dell’eliosfera [9] sfera aumenta la sua estensione ed aumentano le irregolarità del campo magnetico in essa. I raggi cosmici che arrivano all’eliosfera interagiscono con il campo magnetico trasportato dal vento solare che opera quindi un azione di schermo nei confronti dei RC meno energetici, deprimendone il flusso alle energie più basse ed introducendo un’anisotropia nelle direzioni di arrivo. In corrispondenza di eventi solari particolarmente violenti, brillamenti o CME, si possono osservare depressioni significative del flusso dei raggi cosmici fino anche ad energie di ∼ 100 GeV, fenomeno noto come Forbush decrease, per intervalli di tempo tipici che si possono estendere da poche ore a qualche giorno. La correlazione tra l’attività solare e l’intensità del flusso di raggi cosmici che giunge alla terra è studiata da decenni mediante stazioni di monitoraggio del flusso di neutroni a terra come illustrato in fig.1.5: il numero di macchie solari è anti-correlato con il flusso di neutroni osservato, maggiore è l’attività solare minore l’intensità del flusso che arriva a terra. La periodicità del grafico riflette la tipica durata del ciclo solare. 1.4 Modulazione geomagnetica La terra, come altri pianeti del sistema solare, è caratterizzata da un campo magnetico generato dal movimento delle cariche elettriche presenti nel nucleo del pianeta 12 Raggi Cosmici Figura 1.5: Flusso dei raggi cosmici a terra e numero di macchie solari in funzione del tempo:è evidente la depressione del flusso di RC in corrispondenza ai massimi di attività solare [10] i cui effetti generano una dipendenza geografica del flusso di raggi cosmici osservato in prossimità della superficie terrestre. Le caratteristiche complessive della magnetosfera terrestre sono quindi il risultato componente di campo interno, che verrà descritto nel seguito, e del campo esterno derivante dall’interazione con il vento solare dell’eliosfera. In Fig. 1.6 è schematizzato l’effetto di deformazione e compressione della magnetosfera terrestre ad opera del vento solare: sul lato compresso posto verso il Sole si trova ad una distanza di 10-12 raggi terrestri dal centro della Terra, mentre la lunga coda della magnetosfera si estende per almeno 100 raggi terrestri nella direzione opposta al Sole. In prima approssimazione il campo magnetico terrestre può essere schematizzato come un campo di dipolo con momento M = 8.1 · 1025 G cm3 , con l’asse inclinato di ∼ 11.5◦ rispetto all’asse di rotazione terrestre e con centro spostato di ∼ 400 Km rispetto al centro terrestre. L’orientazione del dipolo è tale che il polo sud magnetico si trova in prossimità al polo nord geografico, in Groenlandia, ad una latitudine di 75◦ Nord e longitudine 291◦ . Il polo nord magnetico si trova in prossimità del polo sud geografico, ai bordi dell’Antartide. L’intensità del campo magnetico sulla superficie terrestre risulta massima in prossimità dei poli (∼ 0.7 gauss) e minima all’equatore (∼ 0.3gauss). Il principale effetto del campo magnetico terrestre sui raggi cosmici 13 Raggi Cosmici Figura 1.6: La figura mostra le linee di campo magnetico e il vento solare è quello di modularne l’intensità in funzione della latitudine. Nel 1930 esperimenti sia a livello del mare che in montagna mostrarono che il flusso dei raggi cosmici, che raggiungeva i rivelatori, era minimo all’equatore magnetico e aumentava se ci si spostava verso nord. Ulteriori esperimenti confermarono questo effetto spiegato in questa maniera: un flusso di particelle cariche che si avvicina alla Terra con traiettoria casuale, non appena entra nel raggio d’azione del campo magnetico terrestre inizia ad essere deflesso. Solo le particelle più energetiche e quindi più veloci potevano penetrare fino all’equatore magnetico; le particelle meno energetiche invece possono essere rivelate a latitudini maggiori. Questa teoria è formalizzata andando ad introdurre il concetto di rigidità magnetica R= pc (V olt) Ze (1.2) Valori via via crescenti dell’impulso corrispondono a particelle che sono meno deflesse dal campo; quindi un’alta rigidità caratterizza particelle che sono meno sensibili al campo magnetico e possono arrivare più facilmente a terra. La capacità di raggiungere la Terra oltre che dalla rigidità dipende dalla posizione di arrivo, in particolare dalla latitudine geomagnetica, λ, definita rispetto all’asse del dipolo magnetico. A basse latitudini, infatti, le linee di campo sono trasversali al moto delle particelle incidenti e tendono a deviare la traiettoria; vicino ai poli le 14 Raggi Cosmici linee di campo sono pressoché parallele alla direzione di incidenza delle particelle e la deviazione risulta minore. Particelle con carica o massa differente, ma con stessa rigidità vengono deviate alla stessa maniera. Fissato un determinato valore della latitudine si definisce cut-off geomagnetico il valore di soglia della rigidità al di sotto della quale la particella non riesce a penetrare nell’atmosfera terrestre. Nell’ approssimazione di dipolo, la rigidità di cut-off è stata formulata analiticamente da Stormer: RC = M cos4 λ r2 [1 + (cos3 λ cos φ sin )1/2 ] (1.3) Con M momento di dipolo, è l’angolo polare, φ è l’angolo azimutale e definiscono la direzione di arrivo della particella, r e λ sono le coordinate geomagnetiche che definiscono il punto di arrivo, r è la distanza dal centro di dipolo, λ è la latitudine lungo il dipolo. Per particelle incidenti verticalmente al campo si ha = 0 quindi abbiamo che la rigidità di cut-off viene a dipendere solo dalla latitudine: RC = M cos4 λ 4r2 (1.4) Il cut-off verticale è massimo all’equatore magnetico dove arriva anche a ∼ 15 GV e nullo ai poli. Se anche i principali effetti del campo geomagnetico sulla radiazione incidente possono essere descritti dal modello analitico di Stormer, la dislocazione del centro del dipolo magnetico rispetto al centro della terra e l’inclinazione del suo asse rispetto a quello di rotazione terrestre rendono complessa la descrizione delle linee di campo magnetico sulla superficie terrestre. Deviazioni del comportamento del campo magnetico dall’approssimazione di dipolo devono inoltre essere considerate quando si vogliano studiarne gli effetti in dettaglio. In Fig. 1.8 sono presentate la mappa geografica dell’intensità del campo magnetico terrestre (sinistra) e della frequenza di acquisizione misurata in AMS durante la sua orbita attorno alla terra (destra).Sono evidenti le corrispondenze tra le zone di minore intensità del campo magnetico e di massima frequenza del numero di particelle raccolte da AMS. Una regione particolare in tal senso è rappresentata dalla cosiddetta anomalia Sud-Atlantica (SAA) in cui il 15 Raggi Cosmici Figura 1.7: Il campo magnetico è approssimato a un dipolo elettrico con poli inclinati di 11.5◦ rispetto a quelli geografici campo magnetico è particolarmente debole (area in rosso nel grafico dell’intensità del campo magnetico) per cui anche particelle di bassissima energia possono raggiungere la terra; la corrispondente frequenza di misura in AMS decresce in quanto il grande flusso di particelle di bassa energia satura la capacità del sistema di acquisizione. Figura 1.8: mappa geografica dell’intensità del campo magnetico terrestre (sinistra) e della frequenza di acquisizione misurata da AMS (riportata in Hz sulla scala verticale) durante la sua orbita attorno alla terra (destra). 16 Raggi Cosmici 1.5 Componente elettronica dei RC Nonostante gli elettroni costituiscano una piccola frazione dei raggi cosmici, il loro studio riveste un’importanza particolare in quando le loro interazioni con il mezzo interstellare sono differenti da quelle sperimentate dalla componente adronica/nucleare, forniscono quindi un quadro complementare relativamente alle proprietà del mezzo interstellare ed ai fenomeni che determinano la propagazione dei raggi cosmici entro la nostra galassia. Data la loro piccola massa, inoltre, sono soggetti ad importanti perdite di energia nell’interazione con i campi magnetici e la radiazione cosmica incontrati durante il loro percorso dalle sorgenti fino alla terra, gli elettroni di altissima energia sono quindi delle sonde particolarmente sensibili alle sorgenti nelle vicinanze della terra. Gli elettroni negativi sono principalmente di origine primaria: sono accelerati negli stessi siti dei protoni e nuclei con stesso spettro energetico originario. È proprio l’accelerazione degli elettroni in presenza di intensi campi magnetici ed alte densità di materia in prossimità delle sorgenti che genera la maggior parte della radiazione e.m. non termica misurata nella banda X e γ dagli astronomi. L’origine dei positroni è invece attribuita generalmente ad una produzione secondaria nella galassia dal decadimento dei pioni prodotti nell’interazione dei RC con il mezzo interstellare, principalmente reazioni protone-protone. Questo fa sı̀ che la componente attesa di positroni contribuisca solo per una piccola frazione al flusso complessivo di elettroni+positroni, ed in particolare diventi inferiore al % ad energie superiori al centinaio di GeV [11]. A questo quadro generale, basato sulle sole componenti note del nostro universo, si sovrappone la possibilità di sorgenti primarie di positroni, come pure di altre componenti di anti-materia quali gli anti-protoni o anti-deuteri, dall’annichilazione delle componenti della materia oscura. La materia oscura, infatti, può annichilirsi generando particelle cariche ordinarie nello stato finale il cui debole flusso si somma a quello ordinario dei raggi cosmici. I tipici modelli di materia oscura, prevedono un’eguale produzione di materia ed antimateria nelle annichilazioni o comunque nei 17 Raggi Cosmici prodotti finali dei decadimenti, ma vista la scarsità del segnale atteso, la possibilità di osservarle sperimentalmente è sicuramente maggiore nella componente di anti-materia che è rara nei raggi cosmici. Nel seguito verrano descritti i processi di interazione degli elettroni con il mezzo interstellare e come essi determinino la variazione dello spettro energetico degli elettroni dalle sorgenti alla terra nel processo di diffusione attraverso la galassia. Presenteremo quindi il quadro sperimentale attuale relativo alle misure di elettroni e positroni da cui emerge la necessità di introdurre nuove sorgenti primarie di elettroni e positroni nei raggi cosmici e di estendere ulteriormente l’intervallo di energia delle misure sperimentali. 1.5.1 Interazione degli elettroni con il mezzo interstellare I principali processi atti a descrivere le interazioni degli elettroni con la materia ed i campi magnetici del mezzo interstellare sono: • radiazione di bremssthralung, • radiazione di sincrotrone, • fffetto Compton inverso, l’effetto della perdita di energia per ionizzazione nel mezzo interstellare dà infatti un contributo irrilevante vista la velocità relativistica degli elettroni a tutte le energie di interesse nella descrizione dello spettro cosmico. Bremssthralung La radiazione di frenamento è la radiazione emessa da particelle cariche quando subiscono una decelerazione. Un elettrone di alta energia entra nel campo dei nuclei e, interagendo elettromagneticamente, viene decelerato con la conseguente emissione di un fotone. La perdita di energia per collisioni con il nucleo, come funzione del tempo è: dE 2 e2 2 a , con a = accelerazione = dt 3 c3 18 (1.5) Raggi Cosmici e la sezione d’urto di tale processo è data da: dσ 5e2 4 2 = z z dk h̄cM 2 1 2 (1.6) con: • M: massa della particella incidente, • k: impulso del fotone emesso, • z1 : carica particella incidente • z2 : carica del nucleo bersaglio. Poiché la sezione d’urto è proporzionale all’inverso della massa della particella incidente ( dσ ∝ dk 1 ), M2 abbiamo che la perdita di energia per bremssthralung è molto più significativa per gli elettroni rispetto alle altre componenti dei RC. Radiazione di sincrotrone La radiazione di sincrotrone è la radiazione emessa da particelle in moto in un campo magnetico, la particella incurva la propria traiettoria; questo meccanismo prevale per particelle non termiche di energia elevata. Consideriamo un elettrone in moto in un campo magnetico B; l’elettrone è soggetto alla forza di Lorentz : → − → − − → − − F = me → a = e( E + → v × B) (1.7) − Si calcola che l’elettrone è soggetto all’accelerazione → a = − eγvBsinθ . me La perdita di energia a cui è soggetto l’elettrone è data dalla formula di Larmor : − dE e 2 a2 e4 γ 2 B 2 sin2 θv 2 = = dt 6π0 c3 6π0 c3 m2e Riscrivendola in termini della sezione d’urto Thomson (σT = (1.8) e4 ) 6π20 e della densità di energia magnetica Umag = B 2 µ0 si ha: − v 2 dE = 2σT cγ 2 Umag sin2 θ dt c 19 (1.9) Raggi Cosmici Nel limite relativistico v → c; quindi: − dE = 2σT cγ 2 Umag sin2 θ dt (1.10) E la perdita di energia media è : dE −< >= 2σT cγ 2 Umag dt Z π 0 4 sin3 θdθ = σT cγ 2 Um ag 3 (1.11) La perdita di energia va come γ 2 ; quindi è moto più importante negli elettroni che nei protoni. Effetto Compton inverso L’effetto Compton si verifica quando un fotone cede parte del suo impulso ad un elettrone di energia paragonabile, passando cosı̀ a lunghezze d’onda maggiori, al contrario l’effetto Compton inverso si ha quando un elettrone ha energia cinetica Ek = me c2 (γ − 1), elevata rispetto al fotone (Eγ = hν), in questo caso è l’elettrone che cede parte del suo impulso al fotone, che quindi avrà una lunghezza d’onda più corta di quella che aveva precedentemente. La perdita di energia da effetto Compton inverso di un elettrone relativistico (E << me c2 ) è data da: − 4 dE = σT cUrad γ 2 dt 3 (1.12) Con σT : sezione d’urto Thomson; Urad : densità di energia di radiazione;γ: boost di Lorentz. Questa espressione è molto simile a quella della radiazione di sincrotrone, in quanto la particella risente di un campo, non ha importanza l’origine del campo; è indifferente se la particella viene accelerata in campo magnetico costante oppure risultante dei campi elettrici presenti. Andiamo ora a confrontare la perdita di energia per sincrotrone e per Compton inverso: dE dt IC dE dt sinc = URAD Umag Considerando B = 3µG e URAD = 0.6 eV cm−3 , si ottiene (1.13) URAD Umag = 3: la perdita di energia Compton è quindi quella dominante per gli elettroni cosmici. 20 Raggi Cosmici 1.5.2 Dinamica elettroni cosmici Al di fuori della magnetosfera terrestre e dell’eliosfera, che - come discusso in precedenza - alterano le proprietà dello spettro energetico dei RC alle basse energie, il flusso dei RC dipende dai processi di accelerazione alla sorgente ma anche dalla propagazione successiva per milioni di anni nel mezzo interstellare. Una descrizione analitica della propagazione dei RC nella galassia deve tenere conto dei vari processi che portano alla perdita di energia, il continuo rifornimento di particelle da parte della sorgente, la loro possibile scomparsa a causa di frammentazioni e/o decadimento (per specie instabili) e la continua diffusione delle stesse al di fuori del volume galattico. Per gli elettroni, in cui termini di frammentazione o di generazione per spallazione di nuclei possono essere trascurati, l’equazione di diffusione può essere scritta come: i ∂ h dN (E) = b(E)N (E) + Q(E, t) + D∇2 N (E) dt ∂E (1.14) Con: N(E): densità di particelle; Q(E): frequenza di immissione delle particelle da parte della sorgente; b(E): variazione di energia nel tempo (guadagno o perdita); D: coefficiente di diffusione. Un approccio semplificato, corrispondente al modello originale del leaky box, descrive l’ultimo termine semplicemente come un termine di perdita delle particelle dal volume corrispondente del disco galattico in un tempo caratteristico τesc indipendente dalla posizione in cui viene generata la particella. D∇2 N (E) → N τesc In condizioni stazionarie, possiamo assumere che la densità di elettroni sia costante nel tempo, questo equivale ad annullare il primo membro di eq.1.14, e visto l’andamento quadratico nelle perdita di energia per gli elettroni (b(E) ∝ E 2 ) può anche essere trascurato il termine di diffusione o di leakage, per cui è possibile riscrivere 21 Raggi Cosmici la 1.14 come: i ∂ h b(E)N (E) + Q(E, t) = 0 ∂E Assumendo quindi che il termine di sorgente non vari nel tempo e con uno spettro di iniezione secondo una legge di potenza (Q(E) = KE −x ) possiamo derivare le caratteristiche dello spettro energetico degli elettroni dopo la propagazione: Z Z i d h b(E)N (E) = −Q(E) → d[b(E)N (E)] = − Q(E)dE (1.15) dE Assumendo N (E) → 0 quando E → ∞; risolvendo l’integrale si ottiene: N (E) = KE −(x−1) (x − 1)b(E) (1.16) b(E) per elettroni che interagiscono con il mezzo interstellare vale: dE E b(E) = − = A1 ln + 18.8 + A2 E + A3 E 2 2 dt me c (1.17) Il primo termine è quello di ionizzazione; il secondo di bremssthralung; ed infine il terzo è quello di radiazione di sincrotone ed effetto Compton inverso. Da questa relazione vediamo che una predominanza delle perdite di energia dovute alla ionizzazione o alla bremssthralung porterebbero rispettivamente ad uno spettro osservato meno ripido o con la stesso indice spettrale rispetto a quello della sorgente. Il ruolo delle perdite di energia per radiazione di sincrotrone ed effetto Compton inverso aumentano invece di un unità il valore dell’indice spettrale, portando ad uno spettro è più ripido rispetto a quello della sorgente, in accordo con quanto osservato sperimentalmente. La perdita quadratica in energia degli elettroni definisce anche la scala delle distanze da cui ci aspettiamo provengano quelli più energetici.4 4 Ricordiamo che la frazione di energia persa dagli elettroni, sopra qualche GeV, nel mezzo interstellare è dovuta alla radiazione di sincrotrone e allo scattering Compton Inverso, e può essere espressa come: dE dt = −b · (ωph + ωB ) · E 2 = −k · E 2 [GeV/s] dove ωph , ωB [eV/cm−3 ] rappresentano la densità di energia dei fotoni e del campo magnetico nel mezzo interstellare e b∼ 10−16 . Quindi l’energia dell’elettrone è E(t) = E0 /(1 + k · E0 · t). Il tempo necessario per arrivare ad un energia E, partendo da un’energia E0 >> E è quindi τ = poiché (ωph + ωB ) ∼ ev/cm3 , otteniamo τ ∼ 3 · 108 anni/E(GeV). 22 1 kE e Raggi Cosmici 1.5.3 Recenti misure di elettroni e positroni Di seguito verranno presentate sia le recenti misure riguardanti il flusso complessivo di elettroni e positroni (e+ + e− ) sia le evidenze sperimentali sulla frazione di positroni (e+ /(e+ + e− )). Dalla figura 1.9 (in alto) si vede come l’esperimento ATIC [12] misuri un eccesso di elettroni, che non viene però confermato dagli esperimenti Fermi/LAT [13] e HESS [17] . Tuttavia, l’evidenza sperimentale dell’aumento della frazione di positroni sopra 10 GeV, riportata da PAMELA [14] e AMS [15], ha spinto i teorici a formulare diversi modelli, che portino ad una ragionevole interpretazione del risultato sperimentale . Sempre nella figura 1.9, in basso sono riportate le misure sperimentali di PAMELA, AMS e HEAT a confronto con i modelli teorici più diffusi al momento. Con la linea nera viene riportato l’andamento del modello che attribuisce la produzione di positroni ad un effetto dell’interazione dei raggi cosmici primari con il mezzo interstellare [11]. Con la linea di colore verde invece viene indicato l’andamento della frazione di positroni, se questi provenissero da fenomeni di annichilazione e decadimento di materia oscura [18]; infine l’ultimo modello riportato è quello in rosso che tiene conto di una possibile produzione di positroni da parte di una pulsar vicina [19]. Ad oggi sono aperti molti dibattiti su quale dei diversi modelli teorici confermi l’evidenza sperimentale dell’ aumento della frazione di positroni, dimostrata da PAMELA e AMS; non ci sono evidenze sperimentali cosı̀ forti da spingere verso un modello piuttosto che un altro 23 Raggi Cosmici Figura 1.9: In alto è mostrato lo spettro all-electron per gli esperimenti ATIC [12], Fermi-LAT [13], HESS [17], HEAT [16] e (PAMELA, che presenta solo il flusso di elettroni). In basso è presentata la frazione di positroni (cioè il rapporto fra il flusso di questi sul flusso all-electron) [16] [15] [14]. La linea nera descrive il modello di produzione secondaria di positroni [11]; la linea verde è l’andamento dell’ipotesi di decadimento da materia oscura [18]. Infine la linea rossa rappresenta la frazione di positroni secondo l’ipotesi della presenza di una sorgente pulsar [19]. 24 Capitolo 2 AMS-02 2.1 Introduzione AMS-02 (Alpha Magnetic Spectrometer ), è uno spettrometro magnetico operante sulla stazione spaziale internazionale dal Maggio del 2011 per la ricerca di antimateria, di origine primordiale o derivante da sorgenti esotiche, e lo studio di precisione della radiazione cosmica. Concepito con le stesse tecnologie degli esperimenti di fisica delle particelle agli acceleratori, ma con un disegno che rispettasse le richieste per operare nello spazio, AMS-02 si presenta come uno strumento in cui vengono effettuate misure ridondanti delle proprietà delle particelle che lo attraversano in modo tale da consentirne l’identificazione mediante tecniche complementari. Dopo una breve introduzione generale allo strumento, verranno descritti i suoi componenti principali e le principali caratteristiche delle quantità elaborate dagli stessi ed utilizzati in questo lavoro di tesi. 2.2 Il rivelatore AMS-02 In Figura 2.1 è presentato uno spaccato del rivelatore AMS-02 con evidenziati i suoi principali componenti. Il cuore dello strumento è lo spettrometro magnetico: 25 AMS-02 nove strati (layer) di rivelatori a microstrip di silicio costituiscono il Tracker: sono utilizzati per ricostruire le traiettorie delle particelle cariche deflesse dal campo magnetico di 0.15 T generato da un magnete permanente. Un sistema per la misura del tempo di volo (TOF) costituito da quattro piani di scintillatori, posti a coppie immediatamente al di sopra ed al di sotto del magnete, permette di ricostruire la velocità e la direzione di arrivo (alto-basso) delle particelle, fornendo il segnale per il sistema di trigger dell’esperimento. Dall’informazione della direzione di arrivo del TOF e della curvatura della traiettoria in campo magnetico è possibile discriminare particelle con segni della carica opposti, quindi le componenti di materia (protoni, elettroni, nuclei) da quelle di anti-materia (anti-protoni, positroni, anti-nuclei). Al di sopra del magnete e della coppia superiore di piani del TOF un rivelatore a radiazione di transizione (TRD) permette di discriminare le componenti leggere (elettroni,positroni) da quelle più pesanti (protoni, nuclei) della stessa energia in base al differente fattore di Lorentz γ. Al di sotto del magnete e della coppia inferiore di piani del TOF, un rivelatore a radiazione cherenkov (RICH) effettua una misura di precisione della velocità delle particelle incidenti. Un calorimetro elettromagnetico (ECAL) di piombo e fibre scintillanti completa l’apparato permettendo la misura di precisione dell’energia delle componenti elettromagnetiche (elettroni, positroni e fotoni) della radiazione cosmica e ne permette l’identificazione rispetto alla componente adronica grazie alle differenti caratteristiche degli sciami. La misura della carica assoluta delle particelle incidenti è effettuata nel TRD, nel TOF, nei nove strati del tracciatore, nel RICH e per le particelle al minimo di ionizzazione anche in ECAL : la possibilità di identificazione della Z lungo tutto il rivelatore permette di valutare possibili frammentazioni dei nuclei incidenti nell’apparato. L’intero apparato, compresa l’elettronica e le strutture necessarie per la sua regolazione termina, ha una dimensione di circa 3 × 3 × 3 m3 per un peso complessivo di ∼ 7 tonnellate. L’elettronica di alimentazione e lettura dei diversi rivelatori e sistemi di controllo è stata progettata e realizzata ad hoc per AMS-02 e consuma meno di 2kW. L’intero apparato opera esposto direttamente all’ambiente spaziale, senza 26 AMS-02 Figura 2.1: Schema del rivelatore AMS ed immagini dei suoi principali componenti Figura 2.2: Foto di AMS02 (Alpha Magnetic Spectrometer) prima dell’integrazione sullo Shuttle 27 AMS-02 alcuna protezione o contenitore pressurizzato. È quindi stato costruito per operare in vuoto ed in presenza delle importante escursioni termiche proprie dell’ambiente spaziale, come pure per sopportare le sollecitazioni meccaniche del lancio con lo Shuttle. In Fig.2.2 è presentata una foto dell’apparato nella sala di preparazione del Kennedy Space Center, pronto ad essere integrato nello shuttle Endevour che lo ha portato in orbita con la missione STS-134. Si può notare la struttura in alluminio che circonda il magnete e i diversi bracci di supporto dei pannelli radiatori utilizzati per dissipare il calore prodotto dall’elettronica nello spazio. Sia la parte superiore che inferiore dell’apparato è ricoperta di coperte termiche con superficie riflettente per mitigare gli effetti dell’esposizione diretta al sole. 2.3 Il magnete permanente Il magnete permanente è costituito da 6400 blocchi di Nd-Fe-B di dimensioni 5 × 5 × 2.5cm3 . I blocchi sono assemblati in modo da formare 100 anelli (di 64 blocchi ciascuno), in modo da aver un cilindro cavo di altezza 800 mm, raggio interno r = 115.5cm e raggio esterno R = 129.9cm. I 64 blocchi sono disposti in maniera tale da minimizzare il campo residuo all’esterno del magnete (< 2 × 10−2 T ), tale da non influenzare l’ambiente esterno della stazione e non creare interazioni macroscopiche con il campo magnetico terrestre, con un campo relativamente uniforme all’interno dello stesso diretto ortogonalmente all’asse del cilindro e con un massimo di B = 0.15T al centro. Il sistema di riferimento cartesiano associato ad AMS-02 è definito in maniera tale che l’asse del cilindro costituisce l’asse Z, orientato dal calorimetro verso il TRD, l’asse X è orientato secondo la direzione ed il verso del campo magnetico al suo centro (Z=0). L’asse y è quindi definito ortogonalmente agli altri assi con orientazione tale da completare la terna destrorsa. 28 AMS-02 Figura 2.3: Struttura del magnete permanente e del campo magnetico 2.4 Il Tracciatore Il tracciatore al silicio di AMS-02 ha lo scopo di tracciare la traiettoria della particella all’interno del campo magnetico per ricostruirne la rigidità, R, definita come il rapporto tra la quantità di moto e la carica elettrica della particella stessa: (R = p ). eZ Esso è costituito da 2264 sensori di silicio con superficie 72 × 41 mm2 e spessore di 300 µm organizzati in 192 unità di lettura chiamate ladder per formare nove layer alloggiati in sei piani disposti a diverse altezze (z) dell’apparato. La disposizione dei piani e dei layer del tracciatore è rappresentata schematicamente in Fig.2.1. I layer hanno una geometria circolare, con diametro di ∼ 1m corrispondente alle dimensioni del cilindro del magnete, tranne il layer 9, di forma rettangolare e dimensioni che corrispondono approssimativamente a quelle della faccia superiore del calorimetro. La configurazione scelta, con gli strati più esterni del tracciatore disposti ai due estremi dell’apparato distanti ∼ 3 m, sopra il TRD ed ECAL, permette di massimizzare la lunghezza L di misura della traiettoria, permettendo quindi di diminuire la minima curvatura apprezzabile dallo strumento e quindi aumentare la massima rigidità misurabile. I sei strati più interni al magnete (layer 3-8) sono accoppiati sulle due facce dei tre piani più interni, per minimizzare la probabilità di una mancata misura della traiettoria all’interno del magnete a causa di possibili inefficienze geometriche o dei rivelatori. I sensori utilizzati sono costituiti da un substrato di silicio ad alta resistività con 29 AMS-02 Figura 2.4: Foto del lato p di un Ladder di AMS drogaggio di tipo n ed impiantazioni di microstrisce (strip) di drogaggio di tipo p+ ed n+ sulle due facce opposte. Le impiantazioni sulle due facce opposte del sensore corrono in direzioni ortogonali tra loro in maniera da fornire informazioni simultanee della coordinata y (lato p+ ) ed x (lato n+ ) di passaggio della particella. Un passo di 110(208)µm caratterizza la separazione tra strip adiacenti sul lato p(n) del sensore. Le strip dei sensori di silicio adiacenti sono collegate elettricamente tra loro in maniera da portare il segnale elettrico ad una estremità del ladder: in figura Fig.2.4 possiamo vedere la foto del lato p di un ladder composto da 12 placchette di silicio. Le particelle, all’attraversamento dei sensori, perdono energia per ionizzazione generando coppie elettrone-lacuna1 che vengono raccolte in superficie dalle strip piú vicine grazie all’azione del campo elettrico mantenuto all’interno del silicio da una d.d.p. applicata esternamente. La carica raccolta viene integrata ed amplificata dall’elettronica dedicata e risulta proporzionale all’energia depositata dalla particella. Dalla posizione delle poche microstrip di lettura in cui viene raccolto il segnale, tramite un algoritmo di baricentro di carica viene misurata la coordinata di attraversamento della particella con una precisione di ∼ 10(30)µm nella coordinata y(x). Dall’ampiezza del segnale raccolto, proporzionale al quadrato del valore assoluto della carica Z 2 della particella incidente, ciascun strato del tracciatore fornisce la stima della Z della particella che lo attraversa. In Fig.2.5 è illustrato schematicamente il principio di funzionamento del rivelatore e la tipica forma del segnale raccolto da strip adiacenti (cluster). In rosso sono segnalati i canali per cui il segnale raccolto è 1 per una particella al minimo di ionizzazione vengono prodotte ∼ coppie e-h nei 300 µm di spessore del silicio 30 AMS-02 Figura 2.5: principio di funzionamento del sensore al silicio (sinistra) e raccolta della carica sulle microstrip (destra) superiore alle soglie di rumore elettronico: non tutti i ∼ 192000 segnali provenienti dalle microstrip del tracker vengono acquisiti in tutti gli eventi, compito dell’elettronica del tracker è quello di ridurre nei primi stadi dell’acquisizione i segnali non interessanti e trasmettere solo i canali per cui il segnale sia dovuto al passaggio di una particella nel sensore. In Fig.2.6 è illustrata la distribuzione della carica Z delle particelle stimata a partire dalla media troncata dei segnali rilasciati nei differenti strati del tracciatore. Per garantire la stabilità termica del tracciatore, un sistema bi-fase a CO2 , trasporta verso i radiatori esterni ad AMS i ∼ 200 W dissipato dall’elettronica di lettura. Per Figura 2.6: distribuzione della carica Z delle particelle stimata a partire dalla media troncata dei segnali rilasciati nei differenti strati del tracciatore 31 AMS-02 monitorare la stabilità meccanica del tracciatore e correggere a posteriori per eventuali disallineamenti meccanici legati agli stress termici lungo l’orbita, un sistema laser verifica il posizionamento dei layer interni al magnete mentre calibrazioni con raggi cosmici sono utilizzati per la verifica dei layer più esterni. Il tracciatore determina la rigidità di una particella mediante la misura della curvatura della sua traiettoria ad opera del campo magnetico. Il primo passo della ricostruzione è il riconoscimento di traccia (pattern recognition )in cui i segnali osservati nei diversi layer vengono associati al passaggio della particella. La misura dei parametri della traiettoria, curvatura e quindi rigidità, viene quindi condotta con una complessa procedura di integrazione numerica basata sulla geometria del rivelatore, la mappa del campo magnetico, una stima delle deflessioni ad opera dell’interazione con i materiali attraversati. Per comprendere qualitativamente il principio della misura ed il ruolo del braccio di misura (L) e risoluzione spaziale del rivelatore è tuttavia sufficiente ricorrere al metodo semplificato della misura della sagitta. Quando una particella carica attraversa un campo magnetico, la sua traiettoria viene incurvata dalla Forza di Lorentz; se ci mettiamo nel piano perpendicolare al campo magnetico (YZ nel caso di AMS02) e uguagliamo la forza di Lorentz a quella centripeta otteniamo il raggio di curvatura che subisce la traiettoria quando passa nel campo magnetico (r = R/B). Con riferimento a Fig.2.7, prendiamo tre punti misurati lungo la traiettoria P1 , P2 , P3 ; sia L la distanza fra i punti P1 eP3 e θ l’angolo formato dall’arco Pd 1 P3 , allora la sagitta s è data da: r 3 x1 + x3 σs = σx s = x2 − 2 2 Nell’approssimazione di piccoli angoli si ha: θ θ2 BL2 L = 2r sin θ2 ∼ rθ → S = r 1 − cos ∼ r = 2 8 8R (2.1) (2.2) Quindi sagitta e rigidità hanno lo stesso errore relativo : σR σS √ 8R σx = = 32 R S BL2 (2.3) Cosı̀ il tracciatore misura la rigidità della particella e quindi il segno: le particelle con rigidità negativa sono quelle con carica negativa e provengono dall’alto mentre 32 AMS-02 Figura 2.7: Sinistra: Schema per la misura della sagitta (sinistra); Destra: errore relativo nella misura della rigidità al suo variare. La curva rappresenta la stima teorica, il punto rappresenta la misura effettuata con fasci di protoni quelle con rigidità positiva hanno carica positiva e provengono dal basso: I valori critici di rigidità da misurare sono sia quelli a energie molto basse (∼ GeV ), in quanto la particella viene deflessa nelle diffusioni multiple attraverso i diversi strati del rivelatore introducendo quindi continue deviazioni dalla traiettoria ideale, sia quelle ad energia molto alta (∼ T eV ) in quanto la particella è talmente rigida che la traiettoria non viene incurvata. In Fig.2.7 è riportata la risoluzione in rigidità del tracciatore, definita come errore relativo sulla misura di questa quantità, in funzione della rigidità stessa. Per valori di R∼ 1.8 − 2T V l’errore di misura è del 100%, ovvero di raggiunge la Maximum Detectable Rigidity dello strumento. 2.5 Il rivelatore a radiazione di transizione Il rivelatore a radiazione di transizione è utilizzato per distinguere particelle che, a parità di energia, abbiano un diverso fattore di boost relativistico γ: è quindi un rivelatore ideale per separare gli elettroni - già altamente relativistici ad energie del GeV - dalle altre componenti più massicce dei raggi cosmici. 33 AMS-02 Per radiazione di transizione si intende la radiazione emessa da una particella che attraversa un mezzo con indice di rifrazione discontinuo. L’energia irraggiata ad ogni superficie di separazione è proporzionale a γ, la probabilità di emissione è trascurabile per γ < 1000, sopra questo valore è praticamente costante e dipende dal quadrato della carica della particella. Il TRD di AMS è stato progettato alternando strati di radiatore, realizzati con una schiume fibrosa per massimizzare il numero di interfacce attraversate, con rivelatori a tubi proporzionali per rivelare la radiazione emessa e ricostruire con la precisione di qualche centinaio di µm il punto di passaggio della particella nello strumento. Il TRD si trova nella parte superiore di AMS, fra il primo piano del tracciatore e i primi due piani del TOF; è formato da 328 moduli, raggruppati in 20 piani supportati da una struttura conica ottagonale con pareti in alluminio con struttura a nido d’ape. Nei primi e negli ultimi 4 piani i tubi proporzionali sono orientati parallelamente al campo magnetico, mentre nei 12 piani centrali sono perpendicolari ad esso, in modo da poter ricostruire la traccia in 3D. Figura 2.8: Sinistra: schema di funzionamento del TRD; Destra: Distribuzione del deposito di energia di protoni ed elettroni in uno strato del TRD misurata con fasci di particelle ad E=180 GeV Per ogni piano, uno spessore di 20 mm di radiatori fatti di fibre di polipropilene/polietilene con una densità di 0.06 g/cm3 è seguito da uno strato di tubi proporzionali 34 AMS-02 riempiti con una miscela di Xe e CO2 in proporzione (80:20) ed operati ad una tensione di 1600 V. Nella schiuma di polietilene le particelle producono fotoni per radiazione di transizione; questi raggiungono i tubi dove innescano una cascata di ioni ed elettroni nella mistura di Xe e CO2 . Il cambiamento di corrente sul filo provocato dalla valanga, induce un segnale elettrico che viene registrato dall’elettronica posta ai capi del filo. Al segnale dovuto alla radiazione di transizione, si accompagna quello legato al rilascio di energia per ionizzazione nel gas. In figura Fig.2.8 è riportata la distribuzione normalizzata del deposito di energia rilasciato in uno strato del TRD da elettroni e protoni con energia pari a 180 GeV. Per entrambe le specie è il picco principale della distribuzione, attorno a 2-3 KeV, corrisponde all’energia rilasciata per ionizzazione nel gas, tuttavia - per gli elettroni - è chiaramente visibile una coda significativa alle più alte energie dovuta all’effetto della contemporanea presenza dei fotoni di radiazione di transizione. 2.5.1 La discriminazione e/p nel TRD Il problema principale che si incontra nello studio della componente elettronica dei RC, è quello di riuscire a selezionare un campione di eventi distinto dalle più abbondanti componenti di protoni e nuclei. Il TRD è uno dei rivelatori che maggiormente sono stati utilizzati per effettuare questa selezione nella nostra analisi. Un classificatore statistico, basato sulla combinazione delle informazioni provenienti dai 20 strati del TRD, viene utilizzato per assegnare ad ogni evento una probabilità di essere elettrone e/o un altra particella. In base al valore di questo classificatore, il campione di elettroni può quindi essere selezionato mediante una richiesta (taglio) sul valore di questa quantità o su base statistica mediante la costruzione di distribuzioni di riferimento (template). Il dettaglio della procedura con cui vengono selezionati gli eventi di elettroni sarà descritto in Sez.(3.4.1), nel seguito riportiamo la definizione dei classificatori utilizzati ed i risultati dello studio condotto per valutarne le differenti caratteristiche a seconda del tipo di particella. Il primo passo per la definizione del classificatore, è la costruzione della distribuzione 35 AMS-02 normalizzata di probabilità - la PDF (Probability Density Function) - che descrive la probabilità per ciascun tipo di particella avente una determinata energia di rilasciare un certo segnale in uno strato del TRD. La PDF è effettivamente costruita a partire dalle distribuzioni analoghe a quella presentate in Fig.2.8 ottenute su campioni di particelle selezionate mediante gli altri rivelatori in AMS-02 secondo la procedura illustrata nel Cap.3. In ogni evento, viene definita la probabilità del segnale registrato in ciascun strato del TRD P (E)i di appartenere alla distribuzione di un elettrone (e), protone (p) o elio (He) e viene quindi combinata in una produttoria che si estende su tutti gli n strati attraversati dalla particella in esame: Px = p n Πni=1 Px (E)i , con x = e, p, He il logaritmo di questa probabilità, indicato come likelihood (lk) di essere una data particella (x=e,p,He..), viene utilizzato per costruı̀re il discriminatore tra i diversi tipi di particella. In Fig.2.10 (sinistra) è presentata la distribuzione della likelihood Lke di essere elettroni per campioni di eventi con energie comprese tra 5 e 50 GeV e selezionati nella mia analisi come elettroni e protoni facendo uso delle informazioni provenienti dagli altri rivelatori di AMS. L’andamento di questa variabile in funzione dell’energia è riportata sulla destra per entrambe le specie. Per la discriminazione e/x (x=p,He) è stata presa anche in considerazione un’altra quantità, il likelihood ratio, costruita a partire dal rapporto delle likelihood relative alle due ipotesi di elettrone e protone: lke/x = lke lke + lkx In figura 2.9; è mostrato l’andamento della likelihood ratio elettrone-protone (in seguito indicata con lke/p ) per campioni selezionati come elettroni e protoni mediante gli altri rivelatori in AMS nel range di energia [5-50] GeV (sinistra) e la sua dipendenza dall’energia (destra). Dalle distribuzioni presentate, possiamo osservare come il potere di separazione e/p di entrambi i discriminatori studiati si riduca al crescere dell’energia della particel36 AMS-02 Figura 2.9: Distribuzione della lke (in alto) e della lke/p (in basso) Figura 2.10: Distribuzione della lke per un campione selezionato come elettrone e per un campione selezionato protone (sinistra) e sua dipendenza dall’energia della particella (destra) 37 AMS-02 la: questa caratteristica riflette il fatto che al crescere dell’energia anche i protoni diventano altamente relativistici ed il loro deposito di energia diventa sempre più simile a quello degli elettroni. Il likelihood ratio appare inoltre un discriminatore più potente essendo le distribuzioni di elettroni e protoni maggiormente differenti in questa variabile. Tuttavia, per la nostra misura abbiamo scelto di utilizzare come distribuzione di riferimento nell’analisi quella del likelihood in quanto piú stabile per il segnale di elettrone. Le forme di queste distribuzioni sono legate infatti ai dettagli costruttivi e di funzionamento (pressione del gas, temperatura etc) del rivelatore che non possono essere riprodotti con sufficiente accuratezza da simulazioni Monte Carlo della risposta dell’apparato. Devono quindi essere estratte direttamente da campioni di dati, con un’apposita selezione indipendente dal TRD (metodo tag & probe. Al crescere dell’energia, tuttavia, è sempre più difficile ottenere campioni statisticamente significativi di elettroni a causa della rapida decrescita del loro flusso e privi di contaminazione da protoni, il cui flusso decresce meno rapidamente e la cui reiezione diventa sempre più complessa. Il fatto che il segnale rilasciato dagli elettroni nel TRD sia relativamente indipendente dalla loro energia, sono già altamente relativistici alle energie in cui inizia la nostra misura, rende possibile costruire un unica distribuzione di riferimento per la lke a tutte le energie studiate, minimizzando quindi le incertezze nella sua caratterizzazione. In Fig.2.11 vengono presentate a confronto le distribuzioni del lke e del lke/p valutate su campioni di elettroni in Figura 2.11: Distribuzioni del lke (sinistra) e del lke/p per campioni di elettroni selezionati in differenti intervalli energetici 38 AMS-02 diversi intervalli di energia. È evidente la stabilià della distribuzione del lke in contrapposizione ad un chiaro spostamento del picco della distribuzione del lke/p nei diversi intervalli. Chiaramente, la distribuzione in lke per i protoni dipenderà dall’energia, e nel nostro lavoro ne abbiamo comunque dovuto caratterizzare la forma selezionando alle diverse energie campioni di protoni, tuttavia - la maggiore statistica e la più semplice selezione del segnale di protone ha permesso questo studio con minori problematiche rispetto a quelle presenti per gli elettroni. In Fig 2.12 è mostrato l’andamento del classificatore scelto per la discriminazione di elettroni e protoni in diversi intervalli di energia; viene ancora una volta confermata l’universalità del template di elettroni e la variazione di quello per i protoni. Figura 2.12: Nella figura a sinistra è mostrato l’andamento del TRD Classifier per un campione elettrone; nella figura a destra,invece è mostrato l’andamento dello stesso per un campione selezionato come protone; in evidenza l’universalità del modello elettronico rispetto quello di protoni La separazione nel TRD di elettroni da particelle di elio viene condotta analogamente, ed in Fig.2.13 vengono riportate le distribuzioni caratteristiche della lke per campioni di elettroni e nuclei di elio. La discriminazione di elettroni da nuclei di elio non solo è più semplice nel TRD, visto che il deposito di energia per ionizzazione dell’elio - proporzionale allo Z 2 della particella - è quattro volte maggiore e quindi ben distinto da quello di elettroni, ma la misura del valore assoluto di carica negli altri rivelatori ed in particolare nel tracciatore, può essere utilizzato per rimuovere 39 AMS-02 completamente questo tipo di eventi nella nostra selezione. La selezione nel TRD rimane comunque fondamentale per scartare nella nostra analisi gli eventi di elio che, in seguito a frammentazioni, possono essere ricostruiti con carica unitaria nel tracciatore. Figura 2.13: Distribuzione della lke/He per un campione di elettroni e un campione di elio 2.6 TOF Il sistema di tempo di volo in AMS02 permette la misura della direzione di arrivo delle particelle incidenti, ne misura la velocità, β, e il valore assoluto della carica Z. La rapidità con cui il segnale prodotto dal passaggio delle particelle cariche viene prodotto negli scintillatori plastici che lo costituiscono, permette di utilizzare i segnali del TOF per fornire il trigger dell’esperimento e far partire quindi l’acquisizione dei segnali presenti negli altri rivelatori. La velocità nel TOF viene misurata andando a considerare la lunghezza della traccia ricostruita nel campo magnetico (L), ed il tempo trascorso dal passaggio della particella nei primi piani del TOF ai secondi piani (∆t): β= 1 ∆t c L (2.4) l’errore nella misura di β dipende dalla risoluzione temporale nella stima del tempo di volo σβ βc = σ∆t β L 40 AMS-02 . La risoluzione temporale del ToF è di 160 ps per i protoni e 100 ps per particelle con Z > 2. La risoluzione per la velocità β è σβ β ∼ 3% per gli ioni e σβ β ∼ 1% per gli ioni. Il ToF è costituito da 4 piani di contatori a scintillazione, 2 sopra e 2 sotto al magnete; questi 4 piani contengono, partendo dal primo, 8, 8, 10, 8 scintillatori accoppiati attraverso guide di luce in plexiglass a 4 (rettangolari) o 6 (trapezoidali) fotomoltiplicatori. I piani del ToF sono posizionati alternativamente lungo l’asse x e l’asse y in modo da creare una granularità di 12 × 12 cm2 . In Fig.2.14 è presentata una rappresentazione schematica di uno scintillatore del TOF. Figura 2.14: Schema di uno degli scintilatori che compongono il ToF 2.7 Il sistema di anti-coincidenza Il sistema di anticoincidenze è costituito da 16 contatori a scintillazione messi a formare un cilindro che circonda la parte del tracciatore immersa nel campo magnetico. La luce che arriva dai contatori è raccolta in fibre da 1 mm di diametro; alle due estremità dello scintillatore, le fibre si congiungono in due mazzi da 37 fibre ciascuno ai connettori da cui la luce viene convogliata, tramite fibre luminose, ad 8 fotomoltiplicatori montati sul bordo della camera a vuoto del magnete. In Fig.2.15 si può 41 AMS-02 osservare la disposizione dei delle fibre uscenti dall’interno del magnete durante le prime fasi di assemblaggio di AMS. Figura 2.15: Sistema di anticoincidenza Il sistema di anticoincidenze (ACC) ha il compito di identificare e scartare le particelle che entrano ad alto angolo o lateralmente in AMS non attraversando quindi tutto l’apparato. La loro funzione è principalmente esercitata a livello del trigger dell’esperimento (cfr Sec.2.10) come veto per gli eventi che, pur avendo rilasciato un segnale nei piani del TOF compatibile con una particella di carica Z=1, sono accompagnati da attività negli ACC. Questa condizione viene rilasciata per nuclei o particelle che abbiano rilasciato un deposito di energia significativo nel calorimetro elettromagnetico. L’emissione di particelle secondarie, per emissione di δ-rays o frammentazioni nel caso dei nuclei o per backsplash nel calorimetro da parte di elettroni - può infatti rilasciare dei segnali nel ACC. In fase di analisi dati, l’ACC può quindi essere utilizzato per queste specie nel caratterizzare la presenza di interazioni con il materiale passivo di AMS e la produzione di particelle secondarie. 42 AMS-02 2.8 Il RICH Il RICH è il sottorivelatore in grado di misurare la velocità della particella sfruttando l’effetto Cherenkov, secondo il quale una particella, che si muove in un mezzo con una velocità maggiore della velocità della luce nel mezzo stesso, emette fotoni ad un certo angolo θC . Figura 2.16: Struttura del RICH Se il mezzo ha indice di rifrazione n, la velocità della luce è c/n (c = 300000Km/s) e la velocità della particella che attraversa il mezzo è v = βc, si ha: cos θC = 1 nβ (2.5) Si può dimostrare che il numero di fotoni emessi per unità di lunghezza e intervallo unitario di lunghezza d’onda decresce con la lunghezza d’onda (λ). N = N0 Z 2 L sin θC 2 (2.6) Con L lunghezza del radiatore e N0 è la risposta del rivelatore dipendente dall’accettanza del RICH. Il numero di fotoni emessi segue la statistica di Poisson e quindi l’errore relativo è: σN 1 1 = = 2σθc N sqrtN tan θC 43 (2.7) AMS-02 Per la risoluzione in β otteniamo: σβ tan θ2 = tan θC σθC = √ C β 2 N (2.8) Poiché N ∝ Z 2 , la risoluzione in β cresce al crescere della carica della particella incidente. In AMS02 il RICH ha una risoluzione dello 0.1% per particelle di carica unitaria e dello 0.01% per gli ioni. Figura 2.17: A sinistra funzionamento del RICH a destra il cono di luce Cherenkov Il RICH di AMS02 si trova sotto gli ultimi due piani del ToF, formato da un piano radiatore e uno rivelatore separati da una struttura conica con pareti riflettenti. Il cono Cherenkov viene emesso nel piano radiatore, poi si espande nel vuoto raggiungendo la superficie sensibile sulla quale appare la sezione del cono. Il RICH è inoltre costituito da uno specchio che racchiude l’aerea sensibile in modo da proiettare i coni incidenti come semicerchi sulla superficie attiva. Dalla forma geometrica degli anelli si risale alla velocità e all’angolo di inclinazione della particella. Il piano radiatore ha una forma dodecaedrica di diametro 118.5 cm, è spesso 2,7 cm ed è quasi tutto in aereogel, con un indice di rifrazione compreso fra 1.03 e 1.05; tranne la parte centrale (35 × 35 cm2 ) dove si trovano due radiatori spessi 5 mm al fluoro di sodio (NaF) con indice di rifrazione uguale a 1.335. Il motivo dell’utilizzo di due diversi tipi di materiale sta nel massimizzare l’accettanza del RICH; 44 AMS-02 infatti il piano inferiore ha un buco quadrato (64 × 64 cm2 ), in corrispondenza del calorimetro, in modo che le particelle possano raggiungerlo. Il basso indice di rifrazione dell’aereogel, porta ad avere piccoli angoli Cherenkov; questo è positivo per la ricostruzione degli anelli Cherenkov, ma allo stesso tempo negativo perché c’è il rischio che se una particella attraversa il RICH nella parte centrale, il cono prodotto finisca al di fuori dell’area di rivelazione. L’alto indice di rifrazione del fluoruro di sodio, permette di avere coni Cherenkov larghi e fa sı̀ che ricadano nell’area attiva. 2.9 Il calorimetro elettromagnetico Il calorimetro elettromagnetico è il sottorivelatore che, sfruttando le differenti proprietà degli sciami adronici ed elettromagnetici permette di discriminare e± e γ dalla componente adronica (p, nuclei) dei raggi cosmici e misurarne con altra precisione l’energia. Elettroni (o positroni) con energie superiori al GeV interagiscono con la materia sostanzialmente tramite bremstrahlung e la produzione di coppie e+ e− . L’elettrone quando attraversa il materiale, perde tutta la sua energia per bremstrahlung Figura 2.18: Rappresentazione schematica dello sviluppo longitudinale di uno sciame elettromagnetico. Le linee blu rappresentano gli elettroni mentre quelle rosse i positroni, le linee ondulate invece schematizzano i fotoni. I numeri in basso indicano la distanza misurata in lunghezza di radiazione 45 AMS-02 ed il fotone emesso ha abbastanza energia per produrre una coppia e+ e− , che a loro volta produce fotoni attraverso lo stesso processo; si viene cosı̀ a formare uno sciame elettromagnetico il cui sviluppo, rappresentato schematicamente in Fig.2.18, continua finché non viene raggiunta l’energia critica EC ∼ 100M eV (energia alla quale la perdita di energia per bremstrahlung uguaglia quella per ionizzazione). La distanza su cui si estende dallo sciame è misurata in unità di lunghezza di lunghezza di radiazione (Xrad = 180A/Z 2 ); lo sciame si sviluppa sia longitudinalmente che trasversalmente. Il modello che descrive lo sviluppo longitudinale dello sciame si basa su importanti ipotesi: • Ogni elettrone con energia E > EC , viaggia una lunghezza di radiazione producendo un fotone per bremstrahlung con un’energia uguale a metà di quella dell’elettrone, • elettroni con E < EC perdono tutta l’energia rimanente per ionizzazione; • la perdita di energia per ionizzazione a energia E > EC vengono trascurate. Sotto queste ipotesi abbiamo che: • Il numero totale di particelle che accompagna lo sciame dopo t lunghezze di radiazione è: N (t) = 2t = etln2 (2.9) • lo sciame è composto da un numero uguale di elettroni positroni e fotoni. • l’energia media di una particella dello sciame alla profondità t è: E(t) = E0 /2t (2.10) • il numero di particelle massimo che compongono lo sciame si ha per E(t) = EC che corrisponde a: tmax = ln(E0 /EC ) ∼ A + BlnE0 ln2 (2.11) Il massimo dello sciame ha quindi un andamento lineare con il logaritmo dell’energia iniziale della particella. 46 AMS-02 La caratterizzazione dello sviluppo trasversale dello sciame elettromagnetico è descritta dal il raggio di Moliere: RM = 21M eV X0 gr/cm2 EC (2.12) Una volta raggiunto il massimo, lo sviluppo trasversale è dominato dallo scattering multiplo e ∼ 90 % dello sciame è contenuto dentro un cilindro il cui asse coincide con l’asse dello sciame e ha per raggio il raggio di Moliere. La risoluzione in energia è : σ(E) 1 ∝√ E E0 (2.13) Quindi la risoluzione cresce al crescere dell’energia della particella. Gli sciami adronici hanno uno sviluppo molto diverso da quello elettromagnetico, sono prodotti da interazione forte dei protoni con il materiale. Gli sciami adronici, a loro volta, possono dar vita anche a sciami elettromagnetici in quanto, per esempio i pioni neutri, generano una coppia di fotoni. Le particelle prodotte hanno un grande momento traverso (∼ 350M eV ), quindi uno sviluppo laterale molto più largo che nel caso di quello elettromagnetico. Lo sviluppo laterale è contenuto in un cilindro di raggio uguale alla lunghezza d’interazione (λI = A/NA σtot ). Per lo sviluppo longitudinale invece si ha che la lunghezza di radiazione, alla quale si ha il massimo dello sciame, è tM AX = 0.90 + 0.36lnE. La risoluzione in energia per gli sciami adronici è limitata (∼ 35%) in quanto si hanno grosse fluttuazioni in energia. Dopo la trattazione sul processo fisico che sta alla base del rivelatore, andiamo a vedere le caratteristiche del calorimetro di AMS02. ECAL è un calorimetro a campionamento a forma di parallelepipedo (64.8 × 64.8 × 16.2 cm3 ), lungo 17 lunghezze di radiazione. La misura che fà il calorimetro è distruttiva in quanto la particella viene assorbita parzialmente o integralmente dal calorimetro; per questo motivo è posizionato in fondo al rivelatore, dopo il RICH. ECAL è costituito da 18 strati o layer di dimensioni 648 × 648 × 9 mm3 : ognuno di questi è formato da lamine di piombo - il materiale passivo dove avviene la 47 AMS-02 Figura 2.19: I piani di ECAL produzione delle particelle secondarie - spesse 1 mm intervallate da fibre scintillanti di diametro 1 mm - il materiale attivo che rivela le particelle cariche dello sciame. I layer sono accoppiati due a due per formare i superlayer (piani). In Fig.2.19 è rappresentato schematicamente un piano di ECAL. In ogni piano le fibre sono posizionate lungo una sola direzione e lette da fotomoltiplicatori con 4 anodi, ognuno in grado di ricoprire un’area attiva di 9 × 9 mm2 corrispondente a 35 fibre e definita come 1 cella, per un totale di 1296 celle. Per permettere una ricostruzione tridimensionale dello sciame, sono stati sovrapposti 5 superlayers in vista-Y, cioè con le fibre disposte parallelamente all’asse x e 4 layers in vista-X e cioè con le fibre disposte parallelamente all’asse y. Cosı̀ ECAL è in grado di ricostruire il profilo dello sciame nelle due coordinate trasversali (x,y) a 18 diversi livelli di profondità (z). La scelta dei materiali e delle proporzioni relative in ECAL è stato guidata dalla finalità di il rapporto λI /X0 , per migliorare la separazione fra sciami adronici ed elettromagnetici: ∼ 50% dei protoni fuoriesce dal calorimetro senza aver interagito (MIP), le caratteristiche di sviluppo dello sciame prodotto sono invece utilizzate per separare i protoni interagenti dagli elettroni La calibrazione della scala assoluta dell’energia del calorimetro, nota a ∼ 1.5 − 2% su tutto l’intervallo di misura di AMS, e la sua risoluzione energetica sono state valutate mediante prove su fascio condotte sul rivelatore prima della sua integrazione in AMS e nella configurazione finale con l’esperimento integrato [20]. In Fig.2.20 48 AMS-02 sono riportate le misure a differenti energie della risoluzione del calorimetro e la parametrizzazione analitica che ne descrive le prestazioni in funzioone dell’energia. Negli stessi test su fascio, è stata misurata lo spessore del calorimetro in termini di lunghezze di radiazione, 17.0 ± 0.4X0 , per particelle incidenti secondo la verticale. Le misure ottenute da ECAL danno informazioni complete sulla forma longitudinale Figura 2.20: Risoluzione energetica di ECAL misurata mediante test su fasci di elettroni e trasversale dello sciame e permettono cosı̀ di distinguere sciami adronici da quelli elettromagnetici. 2.9.1 La discriminazione e/p nel calorimetro La separazione e/p nel calorimetro elettromagnetico sfrutta le diverse caratteristiche di sviluppo longitudinale e trasversale degli sciami di protoni ed elettroni. L’alta granularità con cui il calorimetro segue lo sviluppo trasversale e longitudinale dello sciame permette di definire in dettaglio una moltitudine di distribuzioni che presentano differenti caratteristiche per protoni ed elettroni. In Fig.2.21 sono mostrate come esempio il numero di celle colpite nel calorimetro (nhit) e la profondità entro cui viene depositata metà dell’energia complessiva dello sciame (misurata in unità 49 AMS-02 Figura 2.21: Distribuzioni caratteristiche per sciami di elettroni e protoni nel calorimetro di AMS di strati del calorimetro) per campioni di elettroni e protoni selezionati mediante il TRD ed il tracciatore. Sono evidenti le differenti caratteristiche degli sciami elettromagnetici, caratterizzati da un maggior numero di celle colpite ed uno sviluppo dello sciame già nei primi strati del calorimetro, rispetto a quelli adronici. L’approccio scelto dalla collaborazione AMS per combinare in maniera ottimale le informazioni raccolte lungo lo sviluppo dello sciame è basato su un’analisi multivariata degli sciami di protoni ed elettroni mediante la tecnica del Boosted Decision Tree (BDT) [23]. Questa tecnica è basata sulla costruzione di un albero di decisione o classificazione (Fig.2.22) dove i nodi foglia rappresentano le classificazioni e le Figura 2.22: Schema di un albero decisionale 50 AMS-02 ramificazioni l’insieme delle proprietà che portano a quelle classificazioni. Ciascuna delle distribuzioni caratteristiche dello sciame individuate per campioni selezionati di elettroni e protoni viene inserita nell’albero come criterio di classificazione in un processo di apprendimento, effettuato separatamente in diversi intervalli di energia: in uscita al processo viene quindi resa disponibile un’unica variabile discriminante, la BDT , la cui distribuzione è significativamente differente per elettroni e protoni. Per ogni evento è quindi disponibile, entro il campione di eventi ricostruiti dal SW della collaborazione AMS, il valore della BDT corrispondente. In questo lavoro di analisi, è quindi stata studiata la distribuzione della BDT per valutarne il comportamento su sotto-campioni di elettroni e protoni selezionati dai dati mediante l’uso degli altri rivelatori (TRD, Tracker) ed utilizzarla quindi nella selezione finale degli elettroni per la misura del flusso. Lo studio è stato condotto direttamente sul campione dei dati di volo, in quanto la sensibilità del classificatore anche ai minimi dettagli delle distribuzioni utilizzate per definirne le proprietà non ne permette una fedele riproduzione mediante la simulazione Monte Carlo. In fig 2.23 è mostrata la distribuzione Figura 2.23: Andamento della BDT per campioni di elettroni e protoni in diversi intervalli di energia. della BDT utilizzata in analisi in due differenti intervalli di energia [5-50]GeV, [50100]GeV, quello che emerge dallo studio condotto è che la BDT rappresenta uno strumento molto potente per la selezione del campione di elettroni. 51 AMS-02 2.10 Il Sistema di trigger Il sistema di trigger di un esperimento ha il compito di fornire una prima indicazione della bontà dell’evento, ovvero se presenti caratteristiche interessanti per una successiva analisi. In AMS-02 questo corrisponde ad acquisire le informazioni dei rivelatori solo per particelle incidenti che abbiano attraversato almeno la parte più interna dello spettrometro e/o il calorimetro elettromagnetico e le cui proprietà possano quindi essere ricostruite successivamente in maniera completa. Sarebbe infatti inutile, oltre che impraticabile, registrare i segnali di tutti i rivelatori di AMS al passaggio dell’alto numero di particelle incidenti da tutte le direzioni sullo strumento, con flussi integrali superiori alle decine di KHz in alcuni punti dell’orbita. D’altra parte, il sistema di trigger non deve lasciarsi sfuggire nessuno degli eventi interessanti, per cui è stata implementata una logica di selezione con differenti condizioni che riflettano le possibili tipologie di particelle che AMS vuole studiare. Il sistema di trigger raccoglie e processa in tempi inferiori a qualche microsecondo segnali provenienti dal TOF, ACC ed ECAL classificando gli eventi in differenti categorie di trigger fisici: 1) Z ≥ 1 : classifica gli eventi come protoni, chiedendo un segnale presente su tutti e quattro i piani del TOF con ampiezza caratteristica almeno pari a quella di un protone al minimo di ionizzazione. In congiunzione non devono essere presenti segnali sugli ACC; 2) Z ≥ 2 : classifica gli eventi come ioni chiedendo un segnale presente su tutti e quattro i piani del TOF con ampiezza caratteristica almeno pari a quella di un nucleo di elio al minimo di ionizzazione. In questo caso possono essere presenti segnali fino ad un massimo di 5 scintillatori degli ACC.; 3) ioni lenti: analogo al trigger di ioni (2) ma la condizione sul tempo di volo viene aumentata per permettere l’acquisizione di particelle esotiche massicce in cui la velocità di attraversamento dell’apparato sia minore; 52 AMS-02 4) elettroni: classifica gli eventi come elettroni, chiedendo un segnale presente su tutti e quattro i piani del TOF con ampiezza caratteristica almeno pari a quella di un protone al minimo di ionizzazione ed un deposito di energia superiore alla soglia della MIP nei primi strati di ECAL; in questo caso è ininfluente il numero di segnali rilasciati sugli ACC 5) gamma: classifica gli eventi come fotoni se non c’è stata alcuna attività nel TOF e la topologia del deposito di energia nel calorimetro corrisponde allo sviluppo di uno sciame prodotto da una particella che abbia attraversato il TOF; Per gli eventi che soddisfano una o più condizioni simultaneamente, il trigger dà il via all’acquisizione delle informazioni dai vari rivelatori, altrimenti riazzera i buffer dell’elettronica dei sottorivelatori e si predispone ad analizzare l’evento successivo. Per poter stimare dai dati l’efficienza delle condizioni applicate nelle suddette categorie, il trigger seleziona una frazione degli eventi che soddisfa dei criteri di selezioni più laschi: • unbias carico: viene richiesto che l’evento abbia un segnale compatibile con una particella di carica unitaria attraverso almeno 3 dei 4 piani del TOF; 1/100 degli eventi che soddisfa questa condizione viene effettivamente acquisito • unbias elettromagnetico: richiede che ci sia stata semplicemente un deposito minimo di energia ricostruita in ECAL; 1/1000 degli eventi che soddisfa questa condizione viene effettivamente acquisito 53 Capitolo 3 Selezione AMS-02 raccoglie un flusso ininterrotto di dati dalla sua messa in orbita sopra la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) con una frequenza media di 700 hz corrispondente a ∼ 60 · 106 eventi acquisiti al giorno, di cui solo una piccola parte correttamente ricostruita nell’intero rivelatore e potenzialmente interessante per la nostra misura. Il primo passo della nostra analisi è stato quindi focalizzato nell’estrazione di un sottoinsieme di eventi in cui le caratteristiche delle particelle incidenti fossero state correttamente ricostruite all’interno dei differenti rivelatori. Il campione cosı̀ pre-selezionato era naturalmente composto principalmente da protoni e nuclei, ed il secondo passo dell’analisi è stato quindi definire le tecniche per una corretta identificazione del segnale di elettroni1 . Una volta identificati gli elettroni, si è quindi poi potuto procedere alla misura del loro flusso, secondo le procedure definite nel Cap.4. Nel seguito, dopo una breve descrizione delle condizioni di presa dati di AMS e formato dati utilizzato nell’analisi, verranno descritte le fasi della pre-selezione e selezione del segnale. Una discussione dettagliata della valutazione delle efficienze della pre-selezione degli eventi verrà condotta nel prossimo capitolo, dove verranno presentati gli elementi di cui è necessaria la valutazione per la misura del flusso. 1 dove non espressamente indicato, con elettroni indicheremo nel seguito sia e+ che e− , visto che la nostra analisi non richiede l’esplicito riconoscimento del segno della carica. 54 Selezione 3.1 La presa dati di AMS Il rivelatore AMS, in orbita insieme alla stazione spaziale, raccoglie dati senza interruzioni. I dati raccolti, con un tasso medio di circa 700 hz, vengono impacchettati insieme ai dati degli altri payload della stazione e a quelli della stazione stessa e mandati, tramite trasmissione radio, ad una costellazione di satelliti. Dai satelliti vengono poi inviati a terra, verso il sistema di antenne della NASA (White Sand, WSTF, in New Mexico). Da qui i dati vengono inviati al database generale della NASA (George C. Marshall Space Flight Center, MSFC, in Alabama) e poi alla stazione di controllo della stazione spaziale (Lyndon B. Johnson Space Center, JSC, in Texas). Dalla NASA vengono poi inviati al CERN. Al CERN, infatti, si trova il POCC (Payload Operation Control Center), la stazione di controllo, principale dell’ esperimento (payload, nel linguaggio NASA). Qui i dati vengono processati continuamente. Nell POCC i membri della collaborazione, organizzati in turni, monitorano lo stato di salute dei vari rivelatori sia controllando i valori di telemetria (temperature, voltaggi, etc...) sia guardando ad una prima, sommaria, ricostruzione dei segnali di fisica. All’incirca 35 TB di dati all’anno vengono prodotti e inviati a terra dall’apparato. 3.2 Il processamento offline dei dati I dati provenienti da ogni singolo sotto-rivelatore sono trattati come se ogni sistema fosse a se stante e i dati grezzi vengono scasionati alla ricerca di pattern semplici. Quando un pattern viene trovato è salvato in un oggetto C++ che contiene tutte le informazioni rilevanti. Questi oggetti di basso livello sono poi utilizzati e combinati per cercare patter di livello sempre più alto, a livello di singolo sotto-rivelatore. I dati sono cosı̀ organizzati in strutture gerarchiche che permettono di accedere ai vari livelli di informazione. Queste strutture gerarchiche vengono serializzate usando l’oggetto del toolkit ROOT [22] , il TTree e questi scritti su disco in formato binario. Quando la prima fase di ricostruzione è terminata e le informazioni di livello più alto, 55 Selezione a livello di singolo sotto-rivelatore, complete, le informazioni dei vari sotto-rivelatori vengono combinate creando oggetti logici di livello sempre più alto. Un esempio è la ParticleR che è la rappresentazione, nel software, del concetto fisico di particella: è un oggetto che ha una traccia nel tracciatore, una β misurata nel TOF, uno sciame nel calorimetro, dei segnali nel TRD, etc... I 35 TB di dati grezzi (in gergo raw ) all’anno, diventano all’incirca 120 TB all’anno di dati ricostruiti. 3.2.1 La calibrazione del detector Come detto in Sec.3.1, i dati collezionati vengono processati immediatamente nel POCC di AMS per controllare lo stato di salute dei rivelatori. Questo processamento dei dati viene chiamato produzione std e viene fatto continuamente man mano che i dati vengono consegnati dalla NASA al CERN. Questi dati sono utili per controllare il rivelatore ma non sono realmente utilizzabili per le analisi di fisica in quanto non contengono tutte le inter-calibrazioni dei vari rivelatori. La collaborazione, sopratutto nei primi mesi di raccolta dei dati, ha infatti migliorato gli algoritmi di ricostruzione e quindi l’affidabilità e l’accuratezza delle grandezze di altissimo livello ricostruite (come ad esempio il momento, l’energia, la direzione di incidenza, etc...). E’ stato dunque necessario processare di nuovo tutti i dati più volte in modo da creare un campione di dati ricostruiti che fosse sempre il più aggiornato e perfezionato possibile. Ogni produzione viene chiamata pass e identificata da un numero progressivo. I dati analizzati per questo lavoro di tesi sono quelli della produzione pass4. 3.3 La pre-selezione In Fig.3.1 è presentato schematicamente, nella sezione (yz) dell’apparato, un evento di positrone ricostruito nel rivelatore AMS. La particella incidente ha rilasciato un segnale in tutti i piani del TRD, del TOF e del TRACKER ed ha generato uno 56 Selezione sciame in ECAL. La Z misurata nel TRACKER e nel TOF è risultata compatibile Figura 3.1: In figura è mostrato schematicamente come si presenta un positrone rivelato in AMS. con quella di una particella con Z=1, la direzione di arrivo della particella è stato definito dalla misura del tempo di volo del TOF che ne ha anche determinato la velocità β compatibile con quella di una particella ultrarelativistica. In base ai segnali in ECAL e TRD è stata determinata la sua natura di elettrone e dalla curvatura della traccia in campo magnetico è stato determinato il segno della sua carica elettrica, definendo quindi la sua identità come positrone. L’energia dell’evento è stata stimata in base al deposito in ECAL. Nella fase di pre-selezione, l’obiettivo principale è quello di ridurre il campione da analizzare in base a dei criteri relativamente semplici ed efficienti. I diversi aspetti che vengono presi in considerazione sono: a) Condizioni della presa dati: vengono scartati gli eventi per cui la presa dati sia avvenuta in condizioni non nominali - AMS non esposto verso lo spazio esterno alla terra ma ruotato in base alla configurazione della ISS per l’attracco di navette ospiti, o periodi con problemi di trasmissione dei dati a terra 57 Selezione - in corrispondenza al passaggio della ISS sulla anomalia sud-atlantica dove l’efficienza di acquisizione (livetime) è particolarmente bassa - in corrispondenza di test del sistema di acquisizione o periodi di calibrazione e/o manutenzione dei rivelatori, come ad esempio la stabilizzazione della miscela di gas nel TRD. b) Qualità di ricostruzione dell’evento, vengono selezionati solo gli eventi che passino delle richieste minime: - accettati da uno o più condizioni fisiche del trigger - la particella è passata nell’area attiva del TRD rilasciando del segnale in almeno sei strati del rivelatore - la particella è passata nell’area attiva del TRACKER ed è stata ricostruita almeno una traccia nell’evento - la particella è passata in una regione fiduciale del calorimetro, cosicchè lo sviluppo dello sciame non abbia perdite laterali - la velocità della particella sia stata ricostruita con una buona risoluzione dal TOF e sia diretta verso il basso (β > 0). c) Richieste preliminari al riconoscimento di elettroni cosmici: - l’energia della particella deve essere superiore alla rigidità di cut-off corrispondente alla posizione geografica in cui è stata osservata, un fattore di sicurezza del 25% viene applicato rispetto al cut-off verticale di Stormer R > 1.25 ∗ Rcut−of f - la velocità della particella misurata nel TOF deve essere compatibile con una particella relativistica, β > 0.8. L’efficienza di queste richieste sul segnale di elettroni è prossima all’unità in tutto l’intervallo di energie della nostra analisi, ma questa prima scrematura degli eventi permette una considerevole riduzione del campione di dati da analizzare nella fase 58 Selezione successiva del nostro studio. Praticamente, in base ai criteri menzionati, è stata selezionata una stream ridotta di dati, contenente le informazioni necessarie solo per le fasi di analisi successive con un fattore di riduzione ∼ 100 delle dimensioni rispetto al campione da gestire in origine. 3.4 La selezione Alla stream di dati pre-selezionati, prima di andare ad effettuare l’identificazione dell’elettrone, sono applicate delle richieste aggiuntive che garantiscano: • - la definizione della likelihood di elettrone, protone ed elio nel TRD con almeno 8 punti di misura, questa quantità è necessaria nel successivo processo di separazione tra elettroni, protoni e nuclei di elio • - la reiezione della componente nucleare con Z ≥ 2. Viene quindi applicata una richiesta sulla carica misurata nei piani interni del tracker Ztrk < 1.5 e sul valore della lke/He ricostruita nel TRD • - una corrispondenza tra lo sciame elettromagnetico e la traiettoria della particella ricostruita nel tracker • - una sola traccia ricostruita nell’evento, questo permette di scartare gli eventi in cui ci siano stati sciami di particelle secondarie generate nell’interazione di protoni con il materiale del rivelatore Queste richieste introducono un’inefficienza complessiva nella nostra analisi di ∼ 10 − 20% che è funzione dell’energia della particella e della sua direzione di incidenza. Lo studio dettagliato dell’efficienza di questa selezione è stato un contributo specifico appurato da questo lavoro al gruppo di analisi della collaborazione internazionale e verrà discusso in dettaglio nel prossimo capitolo. A questo livello della selezione, è stata quindi applicata una richiesta in base al valore della BDT degli eventi rimanenti per ridurre sostanzialmente il numero dei protoni 59 Selezione rimasti nel campione. Sono stati quindi perseguiti due differenti metodi per determinare il numero di elettroni presenti nel campione basati su principi complementari. Nel primo metodo, chiamato template fit, il numero di elettroni e protoni è stato estratto statisticamente utilizzando la distribuzione della lke osservata nel campione selezionato e descrivendola come la somma delle distribuzioni di riferimento della stessa variabile per elettroni e protoni. Nel secondo metodo è stato utilizzato un approccio più tradizionale, andando ad applicare un ulteriore riduzione dei dati in base ad una richiesta sul valore della lke che scartasse tutti i protoni residui nel campione. L’efficienza della richiesta sulla BDT è stata valutata applicando il metodo dei template fit ad un campione di eventi ricostruiti con rigidità negativa dal tracciatore, come descritto nel seguito. 3.4.1 La separazione e/p con il template fit In Fig.3.2 è mostrato il principio della tecnica applicata per la valutazione del segnale di elettroni e del fondo residuo di protoni presenti nel campione. La distribuzione Figura 3.2: In figura è mostrato il risultato del fit (in verde), dai dati selezionati (nero). In rosso il segnale ottenuto, in blu il fondo dovuto ai protoni del classificatore TRD (lke ) in un intervallo di energia [50-80] GeV è rappresentato dalla curva nera. Sono chiaramente visibili due picchi, che corrispondono alla diversa distribuzione caratteristica di questa variabile per protoni ed elettroni. Viene quindi effettuato un fit alla distribuzione complessiva descrivendola come la somma 60 Selezione delle distribuzioni di riferimento per le due componenti, determinandone quindi la normalizzazione nei dati. Il fit è stato effettuato con il pacchetto SW disponibile in Root, TFractionFitter [22]. Le curve blu e rosse in figura, rappresentano rispettivamente le componenti di protoni ed elettroni risultanti dal fit, ed i corrispondenti numeri di eventi sono riportati nel riquadro in alto. Le distribuzioni di riferimento sono comunque valutate dai dati, applicando una selezione più stretta rispetto a quella usata nella misura dei flussi, ad esempio con richieste più strette sul valore della BDT e utilizzando anche l’informazione della rigidità della particella. L’idea di base è quella di applicare una selezione lasca per i dati da cui estrarre il numero di elettroni per la misura dei flussi, massimizzandone la statistica, ed applicare una selezione dura per ottenere gli andamenti di riferimento per protoni ed elettroni: - La selezione lasca applicata ad un campione selezionato di dati da fittare è BDT > 0, per limitare il fondo di protoni. - La selezione dura applicata per ottenere un campione elettrone è BDT > 0.2, R< 0 e E/R > 0.75; - La selezione dura applicata per ottenere un campione protone è BDT < 0, R> 0; Per ottenere il flusso differenziale anche in funzione della direzione di incidenza, obiettivo del mio lavoro, devo tenere conto di come la composizione del campione e± possa anche dipendere dalla direzione angolare, ed in particolare dall’angolo polare θ; a questo proposito è stato applicato il fit ai modelli di riferimento per diversi intervalli in cos θ. Come esempio in fig 3.3 è mostrato il risultato per un valore di cos θ nell’intervallo [0.95, 0.955]. Con questo primo metodo siamo in grado di determinare il numero di eventi che portano alla misura del flusso fino ad un’energia di 80 GeV. Negli intervalli di energie più alte energia ([80-120] GeV [120-200]GeV), invece, il fit al modello non risulta preciso e quindi affidabile in quanto la statistica di eventi presenti non è sufficiente per una valutazione in differenti regioni angolari. 61 Selezione La valutazione è però possibile con il secondo metodo di analisi, esposto nella prossima sezione. Come vedremo in dettaglio, i due metodi non sono indipendenti, in quanto si basano sulla stessa forma del campione, ma allo stesso tempo si compensano. Considerando entrambi i metodi è quindi stato possibile di calcolare il flusso differenziale in tutti gli intervalli di energia presi in esame. Figura 3.3: In figura è mostrato il risultato del fit (in verde), dai dati selezionati (nero). In rosso il segnale ottenuto, in blu il fondo dovuto ai protoni per un intervallo di cos θ[0.950, 0.955] 3.4.2 Efficienza del taglio in BDT Nella nostra analisi abbiamo determinato l’efficienza della selezione in BDT direttamente nel campione dei dati di volo, non essendo adeguata l’accuratezza della descrizione di questa variabile nella simulazione Monte Carlo (cfr Cap4) di AMS. Per questa valutazione, è stato selezionato un campione di e− in base al segno della carica ricostruito nel tracciatore (R < 0), in cui la componente di protoni è sicuramente minoritaria e dovuta solo ad errate ricostruzione della traiettoria. Si è quindi scansionato un intervallo di valori della BDT [-1,0.8] per selezionare campioni differenti di elettroni. Per ciascun valore x applicato nel taglio in BDT durante la scansione è stata valutata la corrispondente efficienza come il rapporto tra gli eventi 62 Selezione selezionati applicando il taglio e quelli totali senza applicare alcun taglio: segn NBDT (BDT > x) = segn >x NN oBDT Cut . Per valutare il numero di eventi di elettroni, sia nel numeratore che al denominatore, è stata applicata la procedura dei template fit, in fig 3.4 è mostrato il fit ottenuto per determinare il numeratore dell’efficienza del taglio in BDT usato nella misura dei flussi (sinistra) e per determinare il denominatore nel calcolo dell’efficienza (destra). La selezione applicata per stimare l’efficienza della BDT è per gli elettroni il modello universale, già usato per estrarre il segnale, mentre per i protoni prendiamo un particolare modello: R < 0 e BDT < 0.2. Il punto chiave di questa procedura è la corretta stima del numero di eventi prima del taglio in BDT, in quanto una contaminazione di protoni nel campione utilizzato per normalizzare l’efficienza porterebbe ad un errore sistematico sulla sua determinazione. In fig 3.5 è riportato un esempio dell’andamento dell’efficienza del taglio sulla BDT nell’intervallo di energia [50-80]GeV. L’efficienza è stata valuta con questa tecnica separatamente nei cinque intervalli di energia in cui abbiamo effettuato la nostra analisi. Vengono, inoltre, messi in evidenza le efficienze per i tagli applicati in ana- Figura 3.4: I n figura è mostrato il risultato del fit (in verde), dai dati selezionati (nero). In rosso il segnale ottenuto, in blu il fondo dovuto ai protoni. Le due distribuzioni corrispondono ad eventi selezionati con R < 0 ed un taglio in BDT>0 (sinistra) e nessun taglio in BDT (destra) 63 Selezione lisi: in nero è riportata l’efficienza non applicando nessun taglio, corrispondente al modello di riferimento mostrato in 3.4, in blu abbiamo il valore dell’efficienza corrispondente ad un taglio in BDT > 0 mostrato in 3.4, in verde è riportata l’efficienza della BDT> 0.2 usata nella selezione di base degli elettroni. Figura 3.5: I n figura è mostrata l’efficienza della BDT nel range [50-80] GeV, vengono messe in evidenza i valori dell’efficienza dei tagli applicati in analisi 3.4.3 Analisi con selezione in TRD likelihood In questa analisi vengono applicati congiuntamente delle richieste sul valore della BDT e della lke del TRD per ottenere un’alta reiezione del fondo. Il principio è illustrato in Fig.3.6, dove alla distribuzione descritta dai template è stata sovrapposta la linea corrispondente ad un taglio sul classificatore TRD. É evidente che gli eventi al di sopra del valore indicato sono in massima parte protoni, la stima del fondo residuo dopo il taglio può essere comunque fatta a partire dal risultato del template fit, valutando il numero degli eventi nella coda della distribuzione dei protoni che sopravvivono al taglio. Il numero di elettroni può essere valutato in maniera analoga, partendo dal template universale di elettroni. Le figure di merito per quest’analisi sono la reiezione ottenuta ed il rapporto segnale/rumore nel campione selezionato. La reiezione è definita come il rapporto fra l’efficienza della selezione applicata sul 64 Selezione Figura 3.6: I n figura è mostrato il fit al modello di riferimento per ottenere il segnale, in questo caso quello che faccio è andare ad applicare un taglio in TRD Classifier. segnale di elettroni e sul fondo di protoni: r = e /p , il rapporto segnale/rumore è dato dalla frazione di eventi di segnale rispetto al numero di eventi di fondo. In fig 3.7 è mostrato l’andamento del segnale su rumore in funzione del valore di selezione in BDT (sinistra) e la reiezione in funzione del valore di taglio nel classificatore TRD (destra). Il taglio applicato in analisi è BDT > 0, questo presenta un rapporto log10 S/N ∼ 0.5 corrispondente ad un fattore ∼ 3. Per il taglio che si è scelto di applicare nella nostra analisi, T RDclassif ier > 0.95, il corrispondente valore della reiezione è ∼ 80. A questo punto abbiamo definito il segnale su rumore totale, tenendo conto del taglio in likelihood (LH ) e di quello in BDT, in questo modo: S N = LH,BDT S N BDT S LH e = RLH LH N BDT p (3.1) RLH è la reiezione rispetto al taglio in likelihood. Nella figura 3.8 la scala di colori indica il valore del rapporto segnale/rumore totale in corrispondenza alle differenti scelte di selezione in BDT e classificatore TRD: quello che emerge è un potere discriminante maggiore di 102 ; cioè la presenza di un fondo residuo di ∼ 1% per i valori di selezione scelti nella nostra analisi. Possiamo concludere che con questa tipologia di analisi si è ottenuta una selezione del segnale quasi totalmente libera dal 65 Log(Signal/Noise) Selezione 1.5 1 0.5 0 -0.5 -1 -1.5 -1 -0.8-0.6-0.4-0.2 0 0.2 0.4 BDT cut Figura 3.7: Rapporto segnale/fondo in funzione del taglio in BDT (sinistra) e reiezione in funzione del taglio nel classificatore TRD (destra). In evidenza i valori corrispondenti all’analisi condotta. Le distribuzioni sono riferite all’intervallo di energie [50-80] GeV fondo, ma interviene una sistematica in più dovuta alla valutazione dell’efficienza del taglio nella likelihood del TRD. Figura 3.8: Segnale su rumore totale in funzione del taglio in BDT e Likelihood del TRD, nel range [50-80] GeV 66 Capitolo 4 Strategia di analisi La grande accettanza, il lungo tempo di esposizione, l’ottimo potere nella discriminazione delle particelle, la precisione nelle misure di carica e rigidità sono requisiti fondamentali per un esperimento che studia la composizione e lo spettro dei raggi cosmici. AMS-02 è stato costruito per soddisfare a tutti questi requisiti, con particolare attenzione alla ricerca degli anti-nuclei, allo studio dello spettro del flusso dei raggi cosmici ad alte energie per ricercare un chiaro segnale di materia oscura. AMS-02 raccoglie un flusso ininterrotto di dati dalla sua messa in orbita sopra la Stazione Spaziale Internazionale (ISS)La presa dati è caratterizzata da condizioni variabili nelle frequenze di acquisizione e composizione delle particelle incidenti, legate alla presenza del cut-off geomagnetico. Il problema principale che si incontra nel calcolo del flusso, è la discriminazione del segnale all electron dal fondo di protoni; a questo proposito abbiamo deciso di sfruttare i sottorivelatori TRD ed ECAL per cercare di ottenere un segnale, il più possibile, libero da fondo. I parametri che si ottengono dal calorimetro vengono utilizzati in differenti fasi dell’analisi, ma principalmente per ripulire il campione 67 Strategia di analisi all-electron da protoni. Il TRD sfrutta il deposito di energia per ottenere una separazione statistica del segnale da protoni. Al campione studiato è applicata la selezione di base descritta in dettaglio nel capitolo precedente. 4.1 Introduzione Oggetto di questo lavoro di tesi è la misura del flusso, Φ, definito come segue: φ= dN [particelle/ s GeV m2 sr] dt dE dS dω Di conseguenza il numero di eventi osservati da un ipotetico rivelatore di superficie S, campo di vista Ω, per un periodo T e in un intervallo di energia [E, E + ∆E] sarà: Z T Z E+∆E dE dt ∆N (E) = 0 0 E Z Z dω Ω Φ(E 0 , ~x, ω, t) ε(E 0 , ~x, t, ω) d~σ · uˆr (4.1) S Dove: E, E’ = energia t = tempo S = area totale di un dato piano del rivelatore ~x = coordinate spaziali lungo il rivelatore uˆr = direzione delle particelle incidenti dω = dφd cos θ = elemento di angolo solido Ω = dominio di ω, come è definito dalla geometria del rivelatore dσ uˆr = area effettiva vista da ω = efficienza del rivelatore Assumendo che il flusso sia costante e omogeneo, l’equazione per il flusso diventa: Φ(E, ~x, ω, t) = J(E) F (ω) 68 Strategia di analisi e quindi il numero di eventi ∆N può essere scritto come : Z Z ∆N = ∆t ∆E J(Ẽ) F (ω) ε(Ẽ, ~r, t̃, ω) d~σ · uˆr dω Ω S dove J(Ẽ), ε(Ẽ, t̃) sono il flusso e l’efficienza media valutati in un dato intervallo di tempo ed energia. Gli effetti del rivelatore sono descritti dalla seguente accettanza del rivelatore [21]: Z Z dω F (ω) ε(Ẽ, ~r, t̃, ω) d~σ · uˆr [m2 sr] (4.2) A(Ẽ) = Ω S Quindi il flusso può essere scritto come: J(Ẽ) = ∆N ∆E ∆t A(Ẽ) Per un flusso isotropo F (ω) = 1 l’accettanza diventa : Z Z A(Ẽ) = dω ε(Ẽ, ~r, t̃, ω) d~σ · uˆr Ω S . dove A(E) sarà l’accettanza differenziale in energia. Volendo differenziare anche nella dipendenza angolare, partendo dall’eq 4.2: Z ε(Ẽ, ~r, t̃, ω)d~σ · uˆr [m2 ] A(Ẽ, ω) = (4.3) S e: Z A(Ẽ) = A(Ẽ, ω)dω [m2 sr] (4.4) ω 4.2 La simulazione Monte Carlo Per valutare l’accettanza geometrica del rivelatore AMS-02 e per studiare le efficienza dei suoi sotto-rivelatori, è stata utilizzata una simulazione completa di tutto l’apparato. L’accettanza ottenuta tramite la simulazione è stata poi validata tramite il confronto Dati/Simulazione, come spiegato in dettaglio successivamente (cfr. 4.4). La risposta dell’apparato AMS-02 al passaggio dei RC è stata valutata utilizzando una simulazione di tipo MonteCarlo, in particolare utilizzando un programma 69 Strategia di analisi di simulazione basato sul pacchetto software GEANT4 [24]. I disegni tecnici del rivelatore e le misure di precisione effettuate durante l’assemblaggio dello stesso sono stati utilizzati per descrivere nel dettaglio la geometria dell’apparato. Un flusso di particelle isotropo, incidente l’apparato, viene simulato e il pacchetto GEANT4 viene quindi utilizzato per simulare le traiettorie delle particelle all’interno dei materiali del rivelatore e nel campo magnetico e per simulare i depositi di energia e le interazioni nei vari sotto-rivelatori (questo passo della simulazione è denominato simulazione). I segnali fisici dei volumi attivi di rivelazione sono quindi convertiti nei segnali sperimentali equivalenti, simulando di fatto l’elettronica dei rivelatori (questo passo della simulazione è noto come digitizzazione). I segnali digitali cosı̀ ottenuti sono dello stesso formato di quelli realmente prodotti dal rivelatore e quindi sono processati (in gergo ricostruiti ) esattamente allo stesso modo. L’informazione cosı̀ ottenuta è salvata poi su disco nel formato compresso del software ROOT [22], esattamente come i dati collezionati dal vero rivelatore, insieme a tutte le informazioni rilevanti della simulazione, come le particelle generate, i loro parametri cinetici, etc... (in gergo la verità MonteCarlo). Il software di simulazione è stato sviluppato ed è mantenuto dalla collaborazione AMS. I campioni MonteCarlo sono prodotti in parallelo nei vari centri dati regionali (CERN, Ginevra; CNAF, Bologna; CIEMAT, Madrid; KIT, Karlsruhe; IN2P3, Lione, NLAA, Pechino; SEU, Nanchino; Academia Sinica, Taipei). Per questa analisi sono stati principalmente utilizzati elettroni e positroni generati nell’intervallo di energia 0.25 ÷ 2000 GeV. 4.2.1 Generazione dell’evento MonteCarlo Il primo passo della simulazione, come detto, consiste nella generazione aleatoria di particelle distribuite secondo la distribuzione spaziale ed energetica del canale sotto studio. Per campionare con statistica significativa l’intero spettro di energia osservabile da AMS, il processo di generazione deve essere accuratamente pianificato e gestito per evitare il crescere della dimensione dei dati generati oltre il limite di 70 Strategia di analisi Figura 4.1: Uno schizzo della simulazione MonteCarlo del rivelatore AMS02. Il rivelatore è inserito in un cubo di lato 3.9 m. Dalla faccia superiore viene generato un flusso isotropo. Il trasporto delle particelle e le loro interazioni sono simulate tramite il pacchetto software Geant4 [24]. maneggevolezza. E’ possibile infatti ottimizzare la simulazione agendo sullo spettro e sul volume di generazione. Il volume di generazione Per simulare il flusso cosmico di particelle il rivelatore è inserito in un cubo di lato l, vedi Fig.4.1. Dal piano superiore si genera un flusso isotropo. L’isotropia è ottenuta generando le particelle uniformemente sulla superficie del piano, uniformemente in angolo azimutale φ e uniformemente in cos2 θ , angolo zenitale [25]. La scelta del volume è arbitraria: dal punto di vista computazionale più piccolo è il volume di generazione e meno eventi è necessario generare. Viceversa il volume deve essere sufficientemente grande da coprire tutto il campo di vista dell’apparato. Si è scelto di utilizzare un cubo concentrico e coassiale con AMS-02, con lato 3.9 m. Il 71 Strategia di analisi fattore geometrico, generando da una sola faccia, può essere valutato come: Z d~σ · d~ω = l Agen. pl. = 2 S,Ω Z sin θ cos θdθdφ = −πl 2 Z 0 d cos2 θ = πl2 (4.5) 1 Ω Il piano superiore del cubo di generazione scelto ha una accettanza di 47.78 m2 sr. Energy Spectrum Per quanto riguarda lo spettro di generazione si è scelto di utilizzare uno spettro continuo in momento, distribuito come una legge di potenza. Anche se lo spettro degli elettroni cosmici è all’incirca dN/dE ∝ E−3 si è scelto di generare secondo ∝ E−1 . In questo modo si può produrre una quantità rilevante di particelle alle energie più alte, O(TeV), senza bisogno di produrne una quantità ingestibile alle energie più basse. In fase di confronto fra Dati e MonteCarlo è sufficiente ripesare gli eventi simulati con un peso: W (pgen ) ∝ Φ(pgen ) p−1 gen (4.6) dove Φ(pgen ) è il flusso della specie sotto studio. Cioè basta ripesare con ∼ E−2 . La produzione è stata suddivisa in tre diversi intervalli di energia: 0.25 ÷ 5 GeV, 5 ÷ 100 GeV e 100 ÷ 2000 GeV. 4.3 Accettanza L’accettanza, il termine che include il fattore geometrico e tutte le efficienze di rivelazione, di AMS-02, è ottenuta dal rapporto fra le particelle rivelate e quelle generate [25]: Nrev Agen.pl. . Ngen Asel = 4.3.1 (4.7) Accettanza differenziale in funzione dell’energia Dato il numero totale di eventi generati: Z Emax Ngen = g(E) dE Emin 72 (4.8) Strategia di analisi dove, come detto, g(E) = kE −1 . Il numero di eventi generati in un intervallo di energia [E, E + ∆E] sarà dunque: Z E+∆E ∆Ngen (E, E + ∆E) = g(E 0 ) dE 0 (4.9) E L’accettanza nell’intervallo di energia sarà, invece: A(Ẽ) = 4.3.2 ∆Nrev (E) Agen.pl. ∆Ngen (E) (4.10) Accettanza differenziale in funzione dell’ angolo d’incidenza Figura 4.2: Vista tridimensionale dell’accettanza differenziale, integrata nell’angolo φ. 73 Acceptance (m2 rad) Strategia di analisi 1 cosθ [-1.000 - -0.995] cosθ [-0.980 - -0.975] cosθ [-0.945 - -0.940] -1 10 cosθ [-0.935 - -0.930] cosθ [-0.920 - -0.915] 10-2 10 102 103 Energy (GeV) Figura 4.3: Andamento dell’accettanza in funzione dell’energia per diversi valori di cos θ . 74 Strategia di analisi In accordo con l’equazione 4.2, per un flusso isotropo (F (ω) = 1), l’accettanza media in un intervallo di energia (E, E + ∆E) è definita come : Z A(Ẽ) = A(Ẽ, ω) dω ω dove A(Ẽ, ω) [m2 ] è l’accettanza differenziale come è stata definita in eq.4.3. Se assumiamo che non ci sia una esplicita dipendenza di A(Ẽ, ω) dall’ angolo azimutale φ, possiamo definire: Z 2π Z 0 A(Ẽ, θ) dcosθ −1 −1 0 0 A(Ẽ, ω) dcosθ = dφ A(Ẽ) = Z Considerando un dato intervallo angolare [θ, ∆θ] l’accettanza è definita come 2πA(Ẽ, ω̃) = A(Ẽ, θ̃) [m2 rad] A(Ẽ, ω̃) = A(Ẽ, θ̃) 2π passando dagli integrali alle somme si può scrivere: Z 0 X A(Ẽ) = A(Ẽ, θ)dcosθ −→ A(Ẽ, θ̃)∆cosθi −1 i e andando a sostituirlo all’equazione eq.4.10 si ottiene: ∆Nrev (Ẽ) = A(Ẽ) ∆Ngen (Ẽ) ∆Ngen (Ẽ) X = A(Ẽ, θ̃)∆cosθi πS πS i (4.11) Il numero di eventi rivelati può essere espresso come : ∆Nrev (Ẽ) = X ∆N i (Ẽ, cos ˜ θ) rev ∆cosθi ∆ cos θ i i (4.12) i ˜ θ) rappresenta gli eventi rivelati in un dato intervallo angolare. Dove ∆Nrev (Ẽ, cos Dalle equazioni 4.11 e 4.12 abbiamo che: A(Ẽ, θ̃) = i i S ∆Nrev πS ∆Nrev −→ A(Ẽ, ω̃) = ∆Ngen ∆cosθi 2∆Ngen ∆cosθi (4.13) Dove ∆Ngen è il numero di eventi generati in un intervallo di energia [E, E + ∆E] su tutto il range angolare. Potevamo arrivare allo stesso risultato partendo dalla definizione: A(Ẽ, ω̃) = A(Ẽ, ω̃)gen 75 i ˜ θ) ∆Nrev (Ẽ, cos i (Ẽ, cos ˜ θ) ∆Ngen (4.14) Strategia di analisi con A(Ẽ, ω̃) = Scosθ̃ come accettanza differenziale del piano di generazione. Dalla definizione, per un flusso di generazione isotropo: cos θ̃∆cosθi i = ∆Ngen R 0 ∆Ngen = 2∆Ngen cos θ̃∆cosθi cos θdcosθ −1 Andando a sostituire la relazione precedente nell’equazione 4.14 abbiamo: A(Ẽ, ω̃) = i S ∆Nrev 2 ∆Ngen ∆ cos θi Acceptance (m2 rad) In figura 4.4 è mostrata l’accettanza differenziale in angolo azimutale per differenti [20.0 - 30.0] GeV 1.4 [30.0 - 50.0] GeV 1.2 [50.0 - 80.0] GeV 1 [80.0 - 120.0] GeV [120.0 - 200.0] GeV 0.8 0.6 0.4 0.2 0 -1 -0.99-0.98-0.97-0.96-0.95-0.94-0.93-0.92-0.91-0.9 cosθ Figura 4.4: Accettanza in funzione di cos θ per diversi range di energia: [20-30] GeV, [30-50]GeV, [50-80] GeV, [80-120]GeV, [120-200]GeV. intervalli di energia. Si nota come l’accettanza decresce per valori di cos θ che tendono a −0.9, cioè per particelle che colpiscono il rivelatore con una direzione inclinata rispetto l’asse del rivelatore; Dalle accettanze normalizzate, Fig.4.4, viene messo in evidenza come questa non dipenda sensibilmente dal particolare intervallo di energia. 4.4 La valutazione delle efficienze e confronto Dati/MC Nella misura del flusso di elettroni e positroni vengono applicate delle richieste al campione; ogni richiesta entra nella definizione finale dell’accettanza Af (discussa 76 Strategia di analisi Figura 4.5: Accettanza normalizzata in funzione di cos θ per diversi range di energia in dettaglio nella sezione4) come un fattore moltiplicativo con efficienzaenza εi ≤ 1. Il valore di accettanza utilizzato per la valutazione del flusso viene preso integralmente dalla simulazione MonteCarlo ma è necessario controllare, a livello di singola efficienza che il MC sia abbastanza accurato nel descrivere i dati. Le discrepanze dati/MC vengono utilizzate per correggere l’accettanza MonteCarlo. L’accettanza finale (Acorr (E)) sarà infatti: f Acorr (E) = Af (E) f Y ISS (E) i MC (E) i,n i (4.15) Oltre alla valutazione del fattore correttivo la discrepanza viene usata anche per associare un errore sistematico alla misura. Maggiori sono le discrepanze, infatti, e maggiore sarà la sistematica associata alla misura di flusso. Di seguito verranno accennati i rapporti fra dati e MC studiati dalla collaborazione ed analizzato in dettaglio il mio contributo a questo lavoro. Le richieste sul campione analizzato sono: Ricostruzione di β: viene studiata l’efficienza del TOF, tramite lo studio di eventi caratterizzati da una β ricostruita correttamente, 77 Strategia di analisi Ricostruzione della traccia nel tracciatore: viene stimata l’efficienza del tracciatore nel ricostruite la traccia associata alla particella, Efficienza nel richiedere la presenza di uno shower associato ad ECAL Efficienza nel richiedere non solo che ci sia uno shower, ma che questo sia collegato alla traccia del tracciatore, ZIN N < 1.5: si richiede che la carica ricostruita dall’inner tracker sia < 1.5 nT r = 1:Efficienza nel richiedere che ci sia un’unica traccia ricostruita nel tracciatore TRD EFFICIENCY: si richiede che la likelihood ratio e/p > 0, la likelihood ratio e/He < 0.8 e che il numero di hits del TRD usate nella likelihood siano >8 Le ultime tre elencate sono quelle da me studiate. La collaborazione per comprendere al meglio il comportamento del rivelatore, ha concordato nello studiare le diverse efficienze di selezione come funzione dell’energia ricostruita in ECAL, come funzione di cos θ e dell’angolo di φ e del tempo, ma quelle che entreranno come correzione all’accettanza sono i rapporti fra le efficienze dati e MC in funzione dell’energia. Le efficienze di unica traccia, di carica e l’efficienza del TRD sono calcolate come last cut, cioè viene applicata ad ognuna una selezione comune, ma in più per ogni efficienza viene aggiunta una selezione differente. La selezione comune è: • Selezione preliminare • Trigger fisici • E/R > 0.75 • Rigidità negativa • β > 0.9 78 Strategia di analisi • EcalShower==1 4.4.1 Richiesta di una e una sola traccia La selezione scelta per il calcolo di questa efficienza è : • Selezione comune • BDT > 0.2 • likelihood ratio e/p > 0 • likelihood ratio e/He < 0.8 • likelihood ratio e/p < 0.65 (applicato solo nei Dati) • Numero delle hits del TRD usate nella likelihood > 8 • Ztracker < 1.5 Il risultato in funzione dell’energia ricostruita è mostrato in figura 4.6per Dati e MC. Il disaccordo fra Dati e MC è sopra il 4% nel range fra 10-100 GeV. La discrepanza si pensa sia dovuta al numero di interazioni (che possiamo definire come combinazione di informazioni ottenute dal TOF e ACC); se prendiamo eventi in cui non si hanno interazioni con il materiale di AMS, si ottiene una diminuzione del disaccordo Dati e MC di ∼ 2%nel range fra 10-100 GeV, come mostrato in figura; 4.7. Nelle figure 4.8 4.9 sono riportati i rapporto Dati/Mc in funzione del cos θ e di φ per differenti range di energia. Infine la figura 4.10 porta l’efficienza del taglio sul numero di tracce in funzione del tempo per differenti range di energia. 4.4.2 Richiesta sulla carica ricostruita La selezione scelta per calcolare l’efficienza del taglio in carica (ZIN N TR < 1.5) è • Selezione comune 79 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1.2 1.15 1.1 1.05 1 0.95 0.9 0.85 0.8 0.75 0.7 102 10 Energy(GeV) 1 Figura 4.6: Rapporto dell’efficienza nel richiedere una sola traccia ricostruita per DATI e MC in funzione dell’energia. ∈ISS / ∈MC no cut on number of int & bks 1.03 1.02 1.01 1 0.99 0.98 0.97 0.96 num interactions≥0 num interactions=0 1 10 102 Energy GeV Figura 4.7: Rapporto dell’efficienza di singola traccia per DATI e MC per tutti gli eventi (punti in verde) e per eventi che non interagiscono con il materiale di AMS (punti in rosso) 80 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1.1 1 0.9 0.8 0.7 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV 0.6 0.5 0.4 0.9 0.92 0.94 0.96 0.98 1 cosθ Figura 4.8: Rapporto dell’efficienza nel richiedere una sola traccia ricostruita per DATI e MC in funzione del cos θ per diversi range di energia) 81 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1 0.95 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV 0.9 0.85 -3 -2 -1 0 1 2 3 φ(rad) Figura 4.9: Rapporto dell’efficienza nel richiedere una sola traccia ricostruita per Efficiency (∈) DATI e MC in funzione dell’angolo φ per diversi range di energia) 1.1 1 0.9 0.8 0.7 0.6 0.5 0.4 Jul-02 2011 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV Jan-01 2012 Jul-01 2012 Dec-31 2012 Jul-01 2013 Figura 4.10: Efficienza nel richiedere una sola traccia ricostruita solo per DATI in funzione del tempo per diversi range di energia) 82 Strategia di analisi • BDT > 0 • Likelihood ratio e/p > 0 (applicato solo nei Dati) • Likelihood ratio e/p< 0.65 (applicato solo nei Dati) • Likelihood ratio e/He < 0.8 (applicato solo nei Dati) • Numero di hits usate nella likelihood > 8 Efficiency (∈) • Numero di tracce ricostruite dal tracciatore=1 1.1 1 0.9 0.8 0.7 MC 0.6 0.5 ISS DATA 1 10 102 Energy(GeV) Figura 4.11: Efficienza nel richiedere che la carica ricostruita nei layer interni del tracciatore sia < 1.5per DATI e MC in funzione dell’energia ricostruita. Il risultato in funzione dell’energia ricostruita mostrato nella fig 4.11 , per Dati e MC.In figura 4.12 è mostrato il rapporto dell’efficienza DATI e MC in funzione dell’energia ricostruita; come possiamo vedere c’è un buon accordo fra DATI e MC sopra 200 GeV; oltre questa energia, il disaccordo è dovuto ad un fondo non trascurabile per gli elettroni. 83 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1.1 1.05 1 0.95 0.9 0.85 0.8 1 10 102 Energy(GeV) Figura 4.12: Rapporto dell’efficienza Dati/MC nel richiedere che la carica ricostruita nei layer interni del tracciatore sia < 1.5 in funzione dell’energia ricostruita. 84 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1.05 1 0.95 0.9 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV 0.85 0.8 0.92 0.94 0.96 0.98 1 cos(θ) Figura 4.13: Rapporto dell’efficienza nel richiedere che la carica ricostruita nei layer interni del tracciatore sia < 1.5 per DATI e MC in funzione del cos θ per diversi range di energia) 85 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1.02 1 0.98 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV 0.96 0.94 0.92 -3 -2 -1 0 1 2 3 φ(rad) Figura 4.14: Rapporto dell’efficienza nel richiedere che la carica ricostruita nei layer interni del tracciatore sia < 1.5 per DATI e MC in funzione dell’angolo φ per diversi Efficiency (∈) range di energia) 1 0.9 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV 0.8 0.7 0.6 Jul-02 2011 Jan-01 2012 Jul-01 2012 Dec-31 2012 Jul-01 2013 Figura 4.15: Efficienza nel richiedere che la carica ricostruita nei layer interni del tracciatore sia < 1.5 solo per DATI in funzione del tempo per diversi range di energia) 86 Strategia di analisi Nelle figure 4.13 e 4.14 è riportato il rapporto fra l’efficienza del taglio in carica in funzione di cos θ e dell’angolo φ per differenti range di energia. In figura 4.15 è riportata l’efficienza del taglio in carica in funzione del tempo. 4.4.3 Richieste sul TRD La selezione utilizzata per questo taglio è la seguente: • Selezione comune • BDT > 0 • Numero di tracce ricostruite==1 • Ztraker< 1.5 Figura 4.16: Efficienza nel richiedere che ci siano i tagli del TRD per DATI e MC in funzione dell’energia ricostruita. Il risultato in funzione dell’energia è mostrato nella figura 4.16, la distribuzione 4.17 riporta il rapporto fra l’efficienza dati su MC; da queste due figure si nota un buon 87 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1 0.98 0.96 0.94 0.92 1 10 102 Energy(GeV) Figura 4.17: Rapporto dell’efficienza Dati/MC nel richiedere che ci siano i tagli del TRD in funzione dell’energia ricostruita. 88 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1.5 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV 1.4 1.3 1.2 1.1 1 0.9 0.92 0.94 0.96 0.98 1 cosθ Figura 4.18: Rapporto dell’efficienza nel richiedere che ci siano i tagli del TRD per DATI e MC in funzione del cos θ per diversi range di energia) 89 ∈ISS/∈MC Strategia di analisi 1.01 1 0.99 0.98 0.97 0.96 0.95 -3 -2 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV -1 0 1 2 3 φ(rad) Figura 4.19: Rapporto dell’efficienza nel richiedere che ci siano i tagli del TRD per Efficiency (∈) DATI e MC in funzione dell’angolo φ per diversi range di energia) 1.1 1 0.9 [20-30] GeV [30-50] GeV [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV 0.8 0.7 0.6 Jul-02 2011 Jan-01 2012 Jul-01 2012 Dec-31 2012 Jul-01 2013 Figura 4.20: Efficienza nel richiedere che ci siano i tagli del TRD solo per DATI in funzione del tempo per diversi range di energia) 90 Strategia di analisi accordo Dati MC oltre i 3 GeV. Sotto questo valore di energia il disaccordo è dovuto alla risposta del TRD nel tempo. Nelle figure4.18 e 4.19 è mostrato il rapporto delle efficienze Dati/MC in funzione di cos θ e φ; si vede che la variazione dell’efficienza dei Dati è fra 1 − 2%. L’efficienza del taglio in TRD nel tempo nei Dati come presentato in figura 4.20 . 4.5 Tempo di esposizione Il tempo di esposizione dell’esperimento è stato valutato usando gli RTI. L’RTI è un database dove vengono inseriti ogni secondo dei parametri di AMS, come la posizione del cutoff in quel punto, il numero di eventi di trigger e gli eventi ricostruiti. In fig 4.21 è mostrato il tempo di esposizione in funzione dell’energia, per un tempo di ∼ 29 mesi. Il valore costante sopra ∼30 GeV, al valore 6.20 107 secondi corrisponde ad un’efficienza totale del 77.9%. Questo tempo di esposizione è ottenuto considerando particelle che stanno sopra cut-off; ottenuto considerando il massimo cut-off fra particelle positive e negative di carica 1, nel campo di vista di 25%. Figura 4.21: Andamento del tempo di esposizione in funzione dell’energia 91 Capitolo 5 Presentazione dei risultati Scopo di questo lavoro di tesi è stata la misura del flusso differenziale in angolo degli elettroni ad energie comprese tra 20 e 200 GeV. La misura è stata effettuata suddividendo l’intervallo energetico in esame in cinque sotto-intervalli ed in ciascuno di essi è stata condotta l’analisi in undici intervalli angolari, per cos θ ∈ [0.945 − 1]. Due differenti metodi di analisi sono stati utilizzati per la stima del numero dei conteggi di elettroni e la reiezione del fondo di protoni, i cui dettagli sono stati discussi nel Cap.3 di questo elaborato. Tutte le quantità necessarie per valutare l’intensità del flusso a partire dal numero di conteggi osservato sono state studiate sia nei dati che in simulazioni MonteCarlo, ove possibile, e le metodologie utilizzate sono state presentate nel Cap.4. Concludiamo quindi questo lavoro presentando i risultati ottenuti con i due metodi di analisi, ed flusso finale ottenuto come media dei due. L’incertezza totale attribuita alla misura è data dalla combinazione degli errori delle due singole tecniche. La consistenza dei risultati sarà inoltre confrontata con la misura del flusso di elettroni in corso di pubblicazione da parte della collaborazione internazionale. 92 Presentazione dei risultati 5.1 Calcolo del flusso: primo metodo 5.1.1 Flusso integrale Arrivati alla fine del lavoro di analisi abbiamo valutato tutti gli ingredienti necessari per ottenere il flusso integrale: Nobs ([E, E + ∆E]) dΦ1 = Φ1 (E) = (E) BDT dE ∆E ∆Texp Acorr f (5.1) • Φ = Flusso assoluto, m−2 sr−1 GeV−1 • Nobs : sono gli eventi osservati nell’intervallo intervallo di energia [E, E+∆E]; in questo metodo vengono stimati attraverso il fit ai modelli di riferimento, descritto 3.4.1 • ∆E: è intervallo di energia considerato • ∆Texp : è il tempo di esposizione (s), presentato nella 4.5 • Acorr : accettanza finale corretta per i rapporti delle efficienze dati MC, come f visto nella sezione 4.4 Le efficienze che intervengono in questo metodo sono quelle descritte nel Cap 4 e quella dovuta al taglio in BDT usato in analisi descritta nel Cap.3. 5.1.2 Flusso differenziale Il flusso differenziale è definito nel seguente modo: dΦ1 Nobs (E, [cos θ, cos θ + ∆ cos θ]) = Φ(E, cos θ) = dEd cos θ ∆E∆ cos θ∆Texp Acorr (E, cos θ) BDT f • Φ : flusso differenziale assoluto (m−2 rad−1 GeV−1 ) • Nobs : numero di eventi osservati • ∆Texp : tempo di esposizione (s) • Acorr : accettanza differenziale finale (m2 rad) f 93 (5.2) Presentazione dei risultati 5.1.3 Incertezza associata alla misura Le incertezze stimate sono sia di natura statistica, sia di natura sistematica, dovute alla tecnica di analisi, ovvero al pacchetto TFractionFitter (TF) e all’efficienze di selezione applicate. L’incertezza relativa, associata al metodo descritto per calcolare il flusso è la seguente: δΦ1 = Φ1 s √ 2 2 δ 1 2 δT F BDT + + BDT SegnaleT F Nobs (5.3) - Il primo termine è l’incertezza relativa associata al numero di eventi estratto dall’analisi; - Il secondo termine è legato all’efficienza della BDT. - L’ultimo termine è l’incertezza relativa dovuta a TFractionFitter (con Segnale si indica la frazione del campione di dati ottenuta con questo metodo). Ricordando che l’efficienza della selezione in BDT è definita nel seguente modo: BDT = Ncut f raccut Nall f racall (5.4) Dove Ncut è il numero totale di eventi dopo il taglio in BDT, Nall è il numero totale di eventi senza tagli in BDT, f raccut è la frazione di segnale stimata dal template fit dopo il taglio in BDT e f racall è la frazione di segnale stimata dal template fit senza aver applicato alcun taglio in BDT. L’errore sull’ efficienza della BDT è calcolato secondo le regole della propagazione degli errori, nel nostro caso il rapporto Ncut Nall segue una distribuzione binomiale e il rapporto f raccut f racall ha come errore quello di TFractionFitter; quindi otteniamo s (1 − ) 2 δ cut 2 δ all 2 δBDT TF TF = + + BDT Ntot f raccut f racall (5.5) Con = numero eventi con BDT taglio / numero eventi senza taglio ed N = numero eventi totali. 94 Presentazione dei risultati 5.2 Calcolo del flusso: secondo metodo 5.2.1 Flusso integrale Il secondo metodo con cui siamo arrivati al flusso è quello basato sull’analisi libera da fondo , esposta nella sezione 3.4.3. In questo caso il flusso è definito come: Nobs ([E, E + ∆E]) dΦ2 = Φ2 (E) = (E) BDT LK dE ∆E ∆Texp Acorr f (5.6) In questo caso, contribuisce alla definizione del flusso anche l’efficienza del taglio in likelihood, oltre all’efficienza della selezione in BDT. 5.2.2 Flusso differenziale Secondo questa tecnica di analisi, il flusso differenziale viene calcolato come: dΦ Nobs (E, [cos θ, cos θ + ∆ cos θ]) = Φ(E, cos θ) = dEd cos θ ∆E∆ cos θ∆Texp Acorr (E, cos θ) BDT LK f (5.7) A differenza dell’altro metodo qui abbiamo un altro fattore correttivo che è l’efficienza del taglio in likelihood applicato nell’analisi. 5.2.3 Incertezza associata misura In questo caso l’incertezza associata alla misura è stimata: s 1 2 δ 2 δΦ2 BDT √ = + Φ2 BDT Nobs (5.8) Analogamente al caso precedente, abbiamo la parte dell’errore statistico a primo membro e l’errore sistematico a secondo membro. 5.3 Calcolo del flusso finale Il flusso finale è stato calcolato come media dei due flussi ottenuti con i due metodi, quindi: ΦT OT = Φ1 + Φ 2 2 95 (5.9) Presentazione dei risultati In Fig 5.1 è mostrato il risultato del flusso integrale totale, sovrapposto a quello calcolato con i due metodi separatamente. Il risultato ottenuto è consistente entro gli errori stimati con quello in corso di pubblicazione dalla collaborazione in un intervallo di energie più ampio. In Fig 5.2 è mostrato, nel riquadro superiore, il flusso totale differenziale in funzione di cos θ: notiamo subito che l’andamento nel intervallo di energia [120-200] GeV è soggetto a fluttuazioni statistiche. Per confrontare sulla stessa scala l’andamento osservato alle differenti energie, nella distribuzione inferiore i flussi differenziali sono stati normalizzati dividendoli per il valore del flusso integrale misurato nell’intervallo di energia corrispondente. Vediamo che, entro le fluttuazioni statistiche, gli andamenti misurati alle diverse energie sono consistenti tra loro e mettono in evidenza una dipendenza angolare del flusso misurato. Nell’assunzione di una distribuzione isotropa dei RC a queste energie, l’andamento osservato è indice di una incertezza sistematica dell’ordine del 2-3%, compatibile con l’errore finale associato alla misura. Figura 5.1: Flusso integrato negli intervalli di energia [20-30] GeV, [30-50] GeV, [50-80] GeV [80-120] GeV [120-200] GeV 96 Presentazione dei risultati Figura 5.2: Flusso differenziale (alto) e flusso differenziale normalizzato (basso) nei diversi intervalli di energia considerati nell’analisi 97 Presentazione dei risultati 5.3.1 Incertezza totale L’incertezza applicata al flusso totale è stimata secondo le regole di propagazione degli errori come: s √ N + √ N 2 2 2 δ SD 2 δΦT OT δT F 1 2 BDT = + + + ΦT OT N T OT BDT 2 SignalT F ΦT OT (5.10) Con SD abbiamo indicato la semidispersione SD = |Φ1 −Φ2 | ; 2 NT OT = N1 + N2 . Nella stima dell’incertezza applicata ad ogni misura di flusso, entra in gioco anche un errore valutato dalla collaborazione del 3 % dovuto all’incertezza sulle correzioni all’accettanza finale, stimate dal rapporto delle efficienze dati/M C. In Fig: 5.3è mostrato l’andamento dell’errore statistico, dell’errore sistematico e dell’errore totale in funzione dell’energia; quello che possiamo concludere è un’incertezza nella misura del flusso ottenuto di ∼ il 5 %, conclusione consistente con quanto ottenuto dalla collaborazione nella stessa analisi. Infine in Fig:5.4 è presentato l’andamento dell’errore totale in funzione del cos θ, possiamo concludere che per particelle con direzione parallela all’asse del rivelatore abbiamo una stima dell’errore sotto il punto percentuale, compatibile con quanto ottenuto dal flusso integrale. 98 Presentazione dei risultati Figura 5.3: Distribuzione delle incertezze considerate nei diversi intervallo di energia Figura 5.4: Errore totale in funzione del cos θ 99 Conclusioni Obiettivo di questo lavoro di tesi è stata la misura dello spettro energetico e della dipendenza angolare del flusso degli elettroni e positroni nei raggi cosmici in un intervallo di energia compreso tra 20 e 200 GeV con l’esperimento AMS-02. Per raggiungere questo obiettivo sono stati analizzati i dati raccolti nei primi 29 mesi di presa dati dall’esperimento e percorsi tutti i passi necessari per effettuare la misura. La comprensione generale del funzionamento di un apparato complesso quale AMS, i suoi obiettivi scientifici e la familiarizzazione con gli strumenti software sviluppati dalla collaborazione internazionale hanno rappresentato la prima, necessaria, fase dell’attività. Il primo ostacolo da superare è stata quindi la definizione di un metodo per la selezione del segnale cercato all’interno di un campione in cui gli eventi di fondo, costituiti principalmente da protoni, sono circa cento volte più abbondanti del segnale. Studiando le diverse caratteristiche di elettroni e protoni nei segnali dei rivelatori che compongono AMS, in particolare il TRD ed il calorimetro elettromagnetico, sono state definite le quantità sperimentali più idonee ad effettuare la separazione tra le specie (Cap.2) e sviluppati due metodi complementari per stimare il numero di conteggi del segnale selezionato (Cap.3). Per la normalizzazione del numero dei conteggi all’accettanza effettiva dell’apparato è stato poi condotto un dettagliato studio delle efficienze di selezione, nei dati di volo come pure su campioni di eventi Monte Carlo prodotti nell’ambito della Collaborazione internazionale (Cap.4). Lo studio delle efficienze, ed il suo confronto con le 100 Conclusioni predizioni della simulazione, non solo ha reso possibile la misura dei flussi presentati in questa tesi, ma ha rappresentato un contributo originale al gruppo di analisi della Collaborazione che utilizzerà i risultati prodotti da questo studio per la prossima pubblicazione della misura dello spettro di elettroni. Infine, è stata effettuata la misura proposta (Cap.5) valutandone l’errore statistico e le principali incertezze sistematiche associate. I risultati ottenuti sono consistenti con le misure di esperimenti precedenti e con le analisi ufficiali della collaborazione AMS. 101 Ringraziamenti 00 Quando tutto sembra essere contro, ricorda che l’aereo decolla contro vento, non con il vento in coda00 Henry Ford. Inizio i miei ringraziamenti con questa frase, perché tutte queste persone, a modo loro, hanno contribuito al mio 00 decollo00 . Ringrazio tutto il gruppo AMS di Perugia per avermi accolto con grande disponibilità, in particolare la Prof. Bruna Bertucci, per avermi costantemente seguito, nonostante i numerosi impegni; per avermi dimostrato fiducia e per avermi dato l’opportunità di conoscere una realtà stimolante come il CERN. Ringrazio il Prof. Emanuele Fiandrini per le interrogazioni a sorpresa. Ringrazio Maura per avermi, con tanta pazienza, giorno dopo giorno accompagnato in questo lavoro e perché tutto quello che ho imparato su root lo devo a lei e a Matteo, che soprattutto nell’ultimo periodo, mi ha sempre incoraggiato e con grande pazienza è riuscito a tranquillizzarmi nei giorni più critici del mio lavoro. Ringrazio ancora Matteo per le lezioni private di statistica, finalmente ne ho capito l’importanza. Ringrazio mio padre e mia sorella, il mio mondo, per avermi sostenuto, per avermi dato sempre buoni consigli; senza di loro non ce l’avrei mai fatta. Ringrazio Martina e Carolina perché sono l’esempio dell’amicizia vera, nonostante la distanza, nonostante il mio isolamento sono riuscite a starmi vicino, a soffrire, a stressarsi e a gioire con me. 102 Ringraziamenti Ringrazio poi gli amici d’infanzia perché è sempre bello rievocare 00 i vecchi tempi00 . Ringrazio chi in prima persona, ha vissuto con me questo percorso. Ringrazio Federico, compagno di avventura e sventura ormai da molti anni, per avermi confortato e aver cercato di mantenermi il più tranquilla possibile. Grazie ancora per aver sbagliato il nome di ogni fisico e per questo avermi dato l’occasione di prenderlo in giro. Grazie a Gloria per avermi allietato le giornate in facoltà e per il 00 saltino al mojito stasera?!00 . Ringrazio Leonardo, per i nostri battibecchi, per avermi sempre aiutato quando ne avevo bisogno. Grazie a Maurizio, detto 00 lo Sfrascico00 , per le chiacchierate lungo il tragitto di casa, per avermi fatto capire che a volte mi preoccupavo per nulla e per aver creduto in me. Ringrazio Pietro per avermi mandato i link dove scaricare tutti i fogli burocratici. Grazie a Diego per aver risposto alle mie domande, per i consigli che mi ha dato, anche quando avrebbe solamente voluto rilassarsi sul divano. Ringrazio la mia 00 coinquy00 , Valentina per il nostro rito del caffè, per avermi svegliato quasi ogni mattina con la colazione in tavola; per le nostre serate 00 the voice00 e per essere cosı̀ dolce. Grazie alle altre due coniquiline Ilenia e MariaTeresa per avermi accolto con grande entusiasmo e per essere state molto comprensive, e soprattuto per i dolci con cui hanno riempito casa. Ringrazio gli altri componenti dell’aula scacchi il Pigno, il Mauri, Marta, lo Storto e tutti gli altri per avermi regalato sempre una parola gentile, e per aver sopportato i miei scatti di nervosismo e i miei momenti di acidità. Grazie. 103 Bibliografia [1] [E. Fermi. On the origin of the cosmic radiation. Physical Review 75 (1949) 1169-1174] [2] [E. Fermi. Galactic magnetic fields and the origin of cosmic radiation. Astrophys. J. 119 (1954) 1-6.] [3] [http://www.physics.utah.edu/ whanlon/spectrum1.png] [4] [J.Beringer et al, (Particle Data Group), review on Cosmic Rays , Phys. Rev. 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