Appunti di Antenne C a p i t o l o 2 – A n t e n n e e l e me n t a r i ( I I ) Dipolo magnetico elementare ........................................................................................ 1 Studio di un caso generale............................................................................................. 5 Antenne filiformi ........................................................................................................... 9 Distribuzione della corrente in una antenna filiforme ................................................... 11 Lunghezza dell’antenna .......................................................................................... 18 Dipolo in λ/2 .......................................................................................................... 22 Apertura a mezza potenza..................................................................................... 23 Osservazione .......................................................................................................... 24 Richiami da “Compatibilità Elettromagnetica” ............................................................ 26 Il dipolo in λ/2 e l’antenna unipolare in λ/4............................................................ 26 Potenza irradiata, guadagno direttivo e resistenza di radiazione .......................... 31 Considerazioni varie sulle antenne a monopolo ............................................................ 33 Dipolo magnetico elementare Consideriamo ancora una volta il dipolo magnetico elementare (o spira infinitesima di corrente) già esaminato in precedenza: La spira giace sul piano [x,y]. Il momento di dipolo magnetico è perciò r r M = πb 2 I 0 a Z . E’ possibile studiare il campo irradiato rifacendosi in qualche modo ai risultati ottenuti per lo studio del dipolo elettrico elementare. Infatti, possiamo pensare alla Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 spira di corrente come alla sovrapposizione di infiniti elementi infinitesimi di r r corrente, il generico dei quali è I 0 dla ϕ ' , dove abbiamo usato a ϕ ' in quanto stiamo considerando un punto generico della sorgente, in accordo a quanto visto nel paragrafo precedente. Per calcolare il campo totale prodotto, dobbiamo applicare la sovrapposizione degli effetti, ossia dobbiamo sommare i campi prodotti da tutti gli elementini di corrente che costituiscono la nostra spira. Partiamo come al solito dal calcolo del potenziale vettore, la cui espressione più generale possibile è r r µ0 e − jk 0 R A( P ) = J ( P' ) dV ' 4π ∫∫∫V ' R r r Nel nostro caso, dobbiamo scrivere che J (P' )dV' = I 0 dla ϕ ' e dobbiamo limitare l’integrazione alla sola coordinata ϕ’, in quanto gli elementini di corrente giacciono solo nel piano [x,y]: r µ r e − jk 0R A ( P ) = 0 ∫ I 0 dl a ϕ ' 4π R Osserviamo inoltre che, indicando con b il raggio della spira, risulta dl = b ⋅ dϕ' , per cui r µ I b 2 π r e − jk 0 R A( P ) = 0 0 ∫ a ϕ ' dϕ' 4π 0 R r r r Inoltre, possiamo evidentemente scrivere che a ϕ' = − sin ϕ'⋅a X + cos ϕ'⋅a Y , per cui abbiamo che r µ I b 2π r r e − jk 0R A(P) = 0 0 ∫ (− sin ϕ'⋅a X + cos ϕ'⋅a Y ) dϕ' 4π 0 R Adesso concentriamoci sull’espressione di R, che individua il punto P rispetto al generico elementino di corrente da cui siamo partiti, situato in P’(x’,y’,0): risulta evidentemente che R= (x − x')2 + (y − y')2 + z2 = x 2 + x'2 −2xx'+ y2 + y'2 −2yy'+z 2 = x 2 + y 2 + z 2 + x'2 + y'2 −2(xx'+ yy' ) = = r 2 + b 2 − 2(xx'+ yy' ) Possiamo ora fare le seguenti posizioni: x = r sin θ cos ϕ y = r sin θ sin ϕ z = r cos θ x ' = b cos ϕ' y' = b sin ϕ' Con queste posizioni, trascurando il termine additivo b 2 rispetto agli altri, otteniamo che Autore: Sandro Petrizzelli 2 Antenne e metodi elementari (parte II) →∞ R = r 2 + b 2 − 2( xx '+ yy ' ) = r 2 − 2(rb sin θ cos ϕ cos ϕ'+ rb sin θ sin ϕ sin ϕ' ) r → ≅ 1 − x → →0 x → ≅ 1 − 1 x = r − b sin θ(cos ϕ cos ϕ'+ sin ϕ sin ϕ') 2 Sostituendo nell’espressione del potenziale vettore, otteniamo r µ0 I 0 b 2π r r e − jk 0 [r − b sin θ (cos ϕ cos ϕ' + sin ϕ sin ϕ ' )] ( − ϕ ⋅ + ϕ ⋅ ) dϕ' = A( P ) = sin ' a cos ' a X Y r − b sin θ(cos ϕ cos ϕ'+ sin ϕ sin ϕ') 4π ∫0 = µ 0 I 0 b − jk 0r 2 r r e jk 0b sin θ( cos ϕ cos ϕ ' + sin ϕ sin ϕ ' ) ( ) − ϕ ⋅ + ϕ ⋅ e sin ' a cos ' a dϕ' X Y ∫0 4π r − b sin θ(cos ϕ cos ϕ'+ sin ϕ sin ϕ') π Visto che stiamo considerando il campo lontano (cioè r→∞), possiamo trascurare, a denominatore, il termine che viene sottratto ad r, per cui scriviamo che r µ I b e − jk 0r A( P ) = 0 0 r 4π 2π r ∫ (− sin ϕ'⋅a X r + cos ϕ'⋅a Y )e jk 0b sin θ( cos ϕ cos ϕ ' + sin ϕ sin ϕ ' )dϕ' 0 Inoltre, se consideriamo il termine k 0 b presente nell’esponenziale all’interno dell’integrale e ci ricordiamo che k 0 =2π/λ, deduciamo che esso vale 2π(b/λ); dato che la spira è infinitesima, possiamo ipotizzare che la lunghezza d’onda di lavoro sia sufficientemente elevata da implicare che b/λ tenda a zero; di conseguenza, anche l’esponente nell’integrale tende a zero. Ci ricordiamo allora della proprietà in base a cui si può scrivere che →0 e x x →1 + x Sulla base di questa approssimazione, riscriviamo il potenziale vettore nella forma r µ I b e − jk 0r A( P ) ≅ 0 0 4π r 2π r ∫ (− sin ϕ'⋅a X r + cos ϕ'⋅a Y )[1 + jk 0 b sin θ(cos ϕ cos ϕ'+ sin ϕ sin ϕ')]dϕ' 0 Dobbiamo adesso necessariamente eseguire i prodotti all’interno dell’integrale: (− sin ϕ'⋅ar X + cosϕ'⋅ar Y )[1 + jk 0 b sin θ(cosϕcosϕ'+ sin ϕsin ϕ')] = r r r r = [(− sin ϕ'⋅a X + cosϕ'⋅a Y ) + jk 0 b sin θ(− sin ϕ'⋅a X + cosϕ'⋅a Y )(cosϕ cosϕ'+ sin ϕ sin ϕ')] = r r r r = [(− sin ϕ'⋅a X + cosϕ'⋅a Y ) + jk 0 b sin θ(− sin ϕ'⋅a X (cosϕ cosϕ'+ sin ϕsin ϕ') + cosϕ'⋅a Y (cosϕ cosϕ'+ sin ϕsin ϕ'))] Senza proseguire ulteriormente, possiamo già notare una cosa: i primi due termini r r ( − sin ϕ'⋅a X e cos ϕ'⋅a Y ) corrispondono a due integrali elementari, che valgono entrambi zero in quanto le funzioni Seno e Coseno sono periodiche di periodo 2π e gli estremi di integrazione sono proprio 0 e 2π. Quindi, possiamo cominciare a scrivere che 2π r µ I b e − jk 0 r r r A ( P) ≅ 0 0 jk 0 b sin θ ∫ (− sin ϕ'⋅a X (cos ϕ cos ϕ'+ sin ϕ sin ϕ') + cos ϕ'⋅a Y (cos ϕ cos ϕ'+ sin ϕ sin ϕ'))dϕ' 4π r 0 3 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 Tra le funzioni rimaste, osserviamo la presenza dei termini sinϕ’cosϕ’, sin 2 ϕ’e cos 2 ϕ’. Le funzioni Seno e Coseno sono tra loro ortogonali, per cui l’integrale in cui compare sinϕ’cosϕ’ vale 0. Deduciamo che 2π r r r µ 0 I 0 b e − jk 0r A( P ) = j k 0 b sin θ ∫ − sin ϕ sin 2 ϕ'⋅a X + cos ϕ cos 2 ϕ'⋅a Y dϕ' = 4π r 0 ( ) r 2π 2 r 2π 2 µ 0 I 0 b e − jk 0 r k 0 b sin θ − sin ϕ ⋅ a X ⋅ ∫ sin ϕ' dϕ' + cos ϕ ⋅ a Y ⋅ ∫ cos ϕ' dϕ' =j 4π r 0 0 I due integrali rimasti valgono entrambi π, per cui scriviamo che r µ I b e − jk 0 r r r A( P ) = j 0 0 ⋅ k 0 b sin θ ⋅ π ⋅ [− sin ϕ ⋅ a X + cos ϕ ⋅ a Y ] 4π r A questo punto, il termine tra parentesi quadre corrisponde proprio al versore della direzione ϕ, per cui, riarrangiando l’espressione, concludiamo che il potenziale vettore in zona lontana ha la seguente espressione (nel dominio della frequenza): ( ) r r µ k I πb 2 e − jk 0r A( P ) = j 0 0 0 sin θa ϕ 4π r A partire da questa espressione, possiamo andare a calcolare il campo elettrico ed il campo magnetico, nel modo che ben conosciamo: r r 1 H= ∇×A µ0 r r ∇ ∇⋅A r E = − jωA + jωµ 0 ε 0 ( ) Si trova dunque che il campo magnetico presenta solo la componente θ (mentre in zona vicina c’è anche la componente lungo r), mentre il campo elettrico presenta solo la componente ϕ . Autore: Sandro Petrizzelli 4 Antenne e metodi elementari (parte II) Studio di un caso generale Nei precedenti paragrafi abbiamo esaminato due casi abbastanza semplici, in cui cioè la sorgente del campo aveva una configurazione elementare. Vediamo adesso di generalizzare il discorso, in modo da poter estendere il procedimento seguito a casi più generali. Consideriamo perciò un sistema di riferimento cartesiano Oxyz nella cui origine è centrata una superficie S (ad esempio una sfera) tale da racchiudere tutte e sole le sorgenti di campo elettromagnetico: z P R P' r y r' x Nella figura, abbiamo indicato con P(x,y,z) un generico punto di osservazione, nel quale cioè intendiamo valutare il campo elettromagnetico, e con P’(x’,y’,z’) un generico punto potenziante (o punto sorgente), ossia un generico punto della regione di spazio in cui stiamo ritenendo concentrate le sorgenti del campo stesso. Il punto P r è individuato, rispetto all’origine O del sistema di riferimento, dal vettore r , mentre r invece è individuato dal vettore R rispetto al punto P’; quest’ultimo, a sua volta, è r r r r individuato da r ' rispetto ad O. E’ evidente che sussiste la relazione r = R + r ' . Quando abbiamo studiato il dipolo elettrico elementare, abbiamo osservato che la r sorgente del campo poteva essere rappresentata dalla quantità I 0 dlδ(P)a Z , che teneva conto del valore I 0 (in modulo e fase) della corrente nell’antenna, della lunghezza dl r della stessa antenna e della sua posizione (l’origine) e orientazione ( a Z ). Con questa posizione, abbiamo trovato che il potenziale vettore assume la seguente espressione: AX = AY = 0 A Z (r ) = µ 0 I 0 dl e − jk 0 r 4π r Adesso la situazione è diversa, in quanto le correnti che producono il campo r hanno una distribuzione del tutto generica, che possiamo indicare con J (P' ) , all’interno di un volume complessivo che indichiamo con V’. Di conseguenza, per analogia con quel caso particolare, possiamo senz’altro affermare che il potenziale r vettore generato dalle sorgenti generiche J (P' ) assume la seguente espressione: r µ r e − jk 0 R A(P) = ∫∫∫ 0 J (P' ) dV' V ' 4π R 5 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 Una parziale conferma della bontà di questa espressione viene dal fatto che, r ipotizzando per J (P' ) l’espressione corrispondente al dipolo elettrico elementare, si ottiene esattamente l’espressione richiamata poco fa. Nella formula appena fornita, è importante sottolineare la differenza tra il punto P in cui misuriamo il campo ed il generico punto P’ all’interno del volume in cui sono sistemate le sorgenti: P è un punto prefissato, individuato da una terna (x,y,z) di coordinate cartesiane oppure da una corrispondente terna (r,θ,ϕ) di coordinate sferiche; P’, invece, è solo un generico punto che dobbiamo idealmente muovere all’interno del volume V’ per calcolare l’imtero campo prodotto dalle sorgenti considerate. In altre parole, non ha senso considerare il punto P’ al di fuori di quell’integrale. Segnaliamo, inoltre, prima di proseguire, che stiamo considerando solo sorgenti di tipo elettrico (sorgenti reali), anche se in effetti potremmo considerare anche sorgenti di tipo magnetico (sorgenti fittizie). Essendo il discorso del tutto analogo nei due casi, come del resto si è visto nel caso del dipolo elettrico e di quello magnetico, consideriamo solo sorgenti elettriche. Dato che vogliamo metterci nel caso più generale possibile, non possiamo fare r nessuna ipotesi su J (P' ) e di conseguenza non possiamo fare molto per risolvere quell’integrale. Il passo successivo sarebbe allora quello di applicare le relazioni che legano il potenziale vettore rispettivamente al campo elettrico ed al campo magnetico: r r 1 H= ∇×A µ0 r r ∇ ∇⋅A r E = − jωA + jωµ 0 ε 0 ( ) Dovremmo dunque sostituire l’espressione del potenziale vettore e fare i calcoli. Allora, pur considerando che le operazioni di derivazione qui coinvolte (rotore e r divergenza) sono indipendenti dall’integrale che compare nell’espressione di A e quindi possono essere spostate a piacimento, abbiamo comunque diverse complicazioni matematiche, che rendono abbastanza impraticabile questa strada. Possiamo allora tentare di aggirare queste complicazioni matematiche limitandoci a considerare solo la regione di campo lontano: in altre parole, supponiamo di porci a distanza sufficientemente elevata dalla sorgente, sperando che questa ipotesi consenta qualche semplificazione. In primo luogo, l’ipotesi di campo lontano equivale a ritenere che il punto P si r r sposti praticamente all’infinito: ciò significa, sostanzialmente, che i vettori r ed R tendono a diventare paralleli e, inoltre, che si possa porre r r r ≅ R + r '•a r r r Da qui deduciamo che R ≅ r − r '•a r e, sostituendo questa espressione in quella del potenziale vettore, otteniamo r r r r r r µ r µ 0 − jk 0 r e − jk 0 ( r − r '• a r ) e jk 0 ( r '•a r ) = A(P) = ∫∫∫ 0 J (P' ) dV ' e J ( P ' ) r r r r dV ' ∫∫∫V ' V ' 4π r − r '•a r 4π r − r '•a r Al denominatore della funzione integrando, avendo ipotizzato che P→∞ e quindi r r che r→∞, possiamo sicuramente trascurare r '•a r rispetto ad r, cosa che invece non Autore: Sandro Petrizzelli 6 Antenne e metodi elementari (parte II) possiamo fare per l’esponenziale in quanto lì è coinvolto un termine di fase e non un modulo. Possiamo perciò riscrivere il potenziale vettore nella forma r µ e − jk 0 r A( P ) = 0 4π r ∫∫∫ V' r r r J (P' )e jk 0 ( r '•a r ) dV' Andiamo adesso a calcolare il campo magnetico, utilizzando la relazione citata prima: r r µ 0 e − jk 0r 1 1 = ∇ × = ∇ × H FF A µ0 µ0 4π r r r r 1 e − jk 0r jk 0 ( r '• a r ) dV' = ∫∫∫V' J (P' )e 4π r ∫∫∫ V' ( ) r r r ∇ × J (P' )e jk 0 ( r '• a r ) dV ' dove abbiamo aggiunto un pedice “FF” per evidenziare che ci stiamo limitando a considerare solo il campo lontano. Per calcolare quel rotore, possiamo sfruttare una proprietà valida solo per il campo lontano e nota come proprietà di algebrizzazione: essa afferma che, data r una generica funzione vettoriale f (P' ) , sussiste la relazione r e jk 0R ∇ × f (P' ) R r e jk 0R r = − jk 0 f (P' ) × ar R Applicando allora questa proprietà al nostro caso (e tenendo conto che abbiamo già operato le semplificazioni del caso su R), otteniamo evidentemente che r r r r k 0 e − jk 0r r 1 e − jk 0r jk 0 ( r '• a r ) × a r dV' = − j H FF = (− jk 0 ) J (P' )e 4π r 4π r ∫∫∫V ' − jk 0 r r r k e r r = −j 0 a r × J (P' )e jk 0 ( r '• a r )dV ' ∫∫∫ V' 4π r ∫∫∫ V' r r r r J (P' )e jk 0 ( r '• a r ) × a r dV ' = Discorso del tutto analogo possiamo seguire per il calcolo del campo elettrico (sempre in zona lontana), sfruttando ancora una volta l’algebrizzazione ( ( ) ) r r r ∇ ∇•A r − jk 0 ar r ∇ • A r r r k0 r = − jωA − ar ∇• A = E FF = − jωA + = − jωA + jωµ 0 ε 0 jωµ 0 ε 0 ωµ 0 ε 0 2 r r r r r k0 r k0 r r r k 02 r r r a r − jk 0 a r • A = − jωA + j a r a r • A = − jωA + j ar ar • A = = − jωA − ωµ 0 ε 0 ωµ 0 ε 0 ωµ 0 ε 0 r r r r r r r r = − jωA + jωa r a r • A = − jω A − a r a r • A ( ( ) ) [ ( ( ( ) ) ( ) )] Sostituendo ora l’espressione del potenziale vettore, otteniamo 7 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 r r r r r r r µ 0 e − jk 0r r r µ 0 e − jk 0r jk 0 ( r '• a r ) jk 0 ( r '•a r ) = E FF = − jω J ( P ' ) e dV ' − a a • J ( P ' ) e dV ' r r ∫∫∫V ' 4π r ∫∫∫V ' 4π r − jk 0 r r r r r r r jk 0 ( rr '• ar r ) µ e jk 0 ( r '• a r ) = − jω 0 − • J ( P ' ) e dV ' a J ( P ' ) a dV ' = r re ∫∫∫V ' 4π r ∫∫∫V ' r r r r jk 0 ( rr '• ar r ) µ e − jk 0r J ( P ' ) a J ( P ' ) a dV ' = − jω 0 − • r r e 4π r ∫∫∫V ' [ [ [ ( ( ] ) ] ) ] In conclusione, il campo elettromagnetico prodotto in zona lontana da una r sorgente con distribuzione generica J (P' ) situata all’interno di un volume V’ risulta essere il seguente (nel dominio della frequenza) : r r r r r k e − jk 0r H FF = − j 0 a r × J (P' )e jk 0 ( r '•a r )dV' ∫∫∫ V' 4π r jk r − r r r r r jk 0 ( rr '• ar r ) µ e 0 J ( P ' ) a J ( P ' ) a dV ' − • E FF = − jω 0 r r e 4π r ∫∫∫V ' [ [ ( ) ] ] Possiamo fare alcune fondamentali osservazioni su queste due espressioni: • in primo luogo, si può verificare facilmente che risulta verificata la seguente relazione: r H FF r r a r × E FF = η0 Questa è la stessa relazione che lega le componenti del campo lontano prodotto da un dipolo elettrico elementare, a testimonianza del fatto che si tratta di una relazione del tutto generale, indipendente dalla sorgente; • in secondo luogo, notiamo ancora una volta la presenza del termine di radiazione e − jk 0 r / r , che ci dice che siamo in presenza di onde che si propagano allontanandosi dalla sorgente; • infine, si può osservare che i due integrali di volume da risolvere per trovare le espressioni definitive dei campi dipendono solo da θ e da ϕ, mentre invece non dipendono da r. In particolare, l’integrale che compare nell’espressione del r campo elettrico viene solitamente indicato con il simbolo f (θ, ϕ) ed è sostanzialmente l’unico termine che contribuisce a differenziare una antenna dall’altra, proprio perché dipende esclusivamente dalla distribuzione delle sorgenti: r µ e − jk 0 r r E FF = − jω 0 f (θ, ϕ) 4π r Autore: Sandro Petrizzelli 8 Antenne e metodi elementari (parte II) Antenne filiformi Le cosiddette antenne filiformi (o genericamente sorgenti filiformi) sono banalmente caratterizzate dal presentare una dimensione nettamente prevalente rispetto alle altre. Tipico caso è quello in cui la lunghezza dell’antenna è molto maggiore della sua sezione trasversale. Vediamo allora di applicare a questo tipo di antenne i concetti esposti nel precedente paragrafo. In primo luogo, possiamo scrivere, per una sorgente filiforme, che la densità di corrente nel generico punto P’ (interno alla regione in cui è situata la sorgente stessa) è r r J ( P ' ) = J ( P ' )a S ' r dove a S' è evidentemente il versore della sezione trasversale della sorgente. Avremo allora che r r r J (P' )dV' = J (P' )a S' ⋅ dS' dl' = I(P' )dl'⋅a S ' Sostituendo questa espressione in quella generale del campo elettrico in zona lontana, otteniamo [ ( ) ] r r µ 0 e − jk 0 r r r r jk 0 ( rr '•ar r ) − • E FF = − jω J ( P ' ) a J ( P ' ) a dV ' = r r e 4π r ∫∫∫V ' r r µ e − jk 0 r [I(P' )ar S' − (ar r • I(P' )ar S' )ar r ]e jk 0 ( r '•a r )dl' = = − jω 0 ∫ 4π r Γ µ 0 e − jk 0 r r r r r jk 0 ( rr '• ar r ) − = − jω [ ( I ( P ' ) a a dl' S ' r • a S ' )a r ]e 4π r ∫Γ Per facilitare i nostri calcoli, possiamo fare in modo da scegliere l’asse z del nostro r riferimento coincidente con la direzione del versore a S' , ottenendo perciò che l'= z' ed r r anche che a S' ≡ a Z : r a S' z θ r ar r r a r • a S' = cos θ r r Essendo dunque a r • a S' = cos θ , scriviamo che r r r µ e − jk 0 r r r jk 0 ( r '•a r ) [ ] E FF = − jω 0 I ( P ' ) a − a cos θ e dz' Z r 4π r ∫Γ r r Si vede inoltre che risulta r '•a r = z ' cos θ , per cui 9 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 r r r µ e − jk 0 r E FF = − jω 0 I(P' )[a Z − a r cos θ]e jk 0z 'cos θ dz' ∫ 4π r Γ r r Possiamo ora trovare una espressione più comoda del termine a Z − a r cos θ : sappiamo infatti che il versore dell’asse z si può esprimere come r r r a Z = a r cos θ − a θ sin θ r r r da cui quindi ricaviamo che a Z − a r cos θ = −a θ sin θ . Sostituendo nell’espressione del campo elettrico, otteniamo r r µ e − jk 0r µ 0 e − jk 0 r r jk 0 z 'cos θ E FF = − jω 0 I ( P ' ) a sin e dz ' j a θ sin θ ∫ I(P' )e jk 0 z 'cos θ dz' [ ] − θ = ω θ ∫ 4π r Γ 4π r Γ Questa espressione ci suggerisce due considerazioni essenziali: la prima è che siamo ancora una volta in presenza di una simmetria cilindrica (così come nel caso del dipolo elettrico elementare), dato che il modulo del campo dipende solo dall’angolo θ; in secondo luogo, è evidente che, per calcolare il campo, dobbiamo conoscere I(P’), ossia la distribuzione (filiforme) della corrente della nostra sorgente. Quest’ultimo è un problema del tutto generale, nel senso che, per qualunque tipo di antenna, il punto cui si arriva è sempre una espressione del campo lontano data dal prodotto di tre termini: una costante (in generale complessa), il termine di radiazione e − jk 0 r / r ed un integrale in cui compare la distribuzione di corrente. La determinazione di tale distribuzione non sempre è semplice: nel caso delle sorgenti filiformi lo è, ma nel caso di sorgenti più complesse il discorso diventa meno agevole. E’ opportuno inoltre fare una distinzione tra la distribuzione della corrente sull’antenna e la corrente in ingresso all’antenna stessa: quest’ultima, infatti, si può facilmente ricavare, nota l’impedenza di ingresso dell’antenna, tramite il semplice circuito equivalente della figura seguente: A sinistra abbiamo la sorgente che alimenta l’antenna, rappresentata con il suo equivalente di Thevenin; a destra abbiamo l’impedenza rappresentativa dell’antenna, modellata nel modo più completo possibile, ossia includendo la resistenza di perdita oltre all’impedenza di ingresso Z ant =R rad +jX vera e propria. Calcolando la corrente I ant che scorre nel circuito, si ottiene proprio la corrente in ingresso all’antenna. Autore: Sandro Petrizzelli 10 Antenne e metodi elementari (parte II) Distribuzione della corrente in una antenna filiforme Il calcolo rigoroso della distribuzione della corrente su una antenna è fattibile solo in casi molto particolari. Quasi sempre, invece, è necessario ricorrere a dei metodi approssimati. Consideriamo, per semplicità, una struttura filiforme a sezione costante, del tipo riportato nella figura seguente: + Vg - Abbiamo il classifico equivalente di Thevenin di una sorgente di segnale, chiuso su una antenna di tipo filiforme. Se la superficie dell’antenna è costituita da un metallo che può ritenersi perfetto r (σ=∞), il campo elettrico presenta componente tangenziale E tg nulla lungo tutta la superficie tranne che in corrispondenza della gola (supposta di spessore ∆ molto più piccolo della lunghezza dell’antenna): in corrispondenza di tale gola, la componente tangenziale non è nulla e, anzi, la tensione V g che risulta localizzata ai suoi capi è ricavabile tramite la formula r r Vg = ∫ E tg • d l = ∫ E tg dl ≠ 0 l l r dove si è tenuto conto che il vettore d l è parallelo al campo elettrico tangenziale. In prima approssimazione, possiamo anche ritenere che il campo elettrico sia costante nella gola (proprio perché si ritiene ∆ molto piccolo): in questo caso, possiamo supporre in prima approssimazione che risulti Vg ≅ E tg ⋅ ∆ In definitiva, quindi, il campo elettrico tangenziale può essere così valutato: 0 E tg = Vg ∆ sul metallo nella gola Possiamo a questo punto ricordarci delle relazioni che legano il campo elettrico al potenziale vettore e quest’ultimo al campo magnetico: r r 1 H= ∇×A µ0 r r ∇ ∇•A r E = − jωA + jωµ 0 ε 0 ( 11 ) Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 Nel nostro caso, il campo elettrico è proprio quello tangenziale. Di conseguenza, scriviamo che ( ) r 0 r ∇ ∇⋅A r = E tg = Vg r − jωA + jωµ 0 ε 0 a tg ∆ sul metallo nella gola Possiamo provare a riarrangiare l’equazione: ( ) r r r ω2 µ 0 ε 0 A + ∇ ∇ • A = jωµ 0 ε 0 E tg Ricordando che l’equazione k 02 = ω2 µ 0 ε 0 , scriviamo dunque che, punto per punto, vale (k 2 0 r r + ∇∇ • A = jωµ 0 ε 0 E tg ) Possiamo ora considerare l’espressione del potenziale vettore valida per sorgenti filiformi: in base ai discorsi fatti in precedenza, possiamo infatti applicare il principio di sovrapposizione degli effetti lungo l’asse dell’antenna per scrivere che r µ r e − jk 0 R A ( P ) = 0 ∫ I (s ' ) ds ' 4π l R dove s’ non è altro che la coordinata su cui si ipotizza disposta l’antenna, il che r r significa che I (s ' ) = I(s ' )a s ' . Sostituendo nell’equazione di prima, otteniamo (k 2 0 + ∇∇ • − jk 0 R )µ4π ∫ I (s' ) e R r 0 r ds ' = jωµ 0 ε 0 E tg l Possiamo anche portare quella parentesi tonda all’interno dell’integrale: r r 1 e − jk 0 R 2 k + ∇∇ • I ( s ' ) ds ' = j ωε E 0 0 tg 4π ∫l R ( ) dove ovviamente abbiamo semplificato il termine µ 0 comune ai due membri. r Infine, essendo I (s' ) una corrente filiforme, l’operatore ∇∇ • si riduce semplicemente ad una derivata di secondo ordine in s’, per cui concludiamo che 1 2 ∂2 k0 + 2 4π ∫l ∂s ' r r e − jk 0 R I (s' ) ds ' = jωε 0 E tg R Questa è la cosiddetta equazione di Poklington sulla componente tangenziale del campo elettrico. E’ una equazione integro-differenziale in cui l’incognita è r proprio la distribuzione I (s' ) della corrente. La sua risoluzione è sempre ottenuta con metodi numerici e non con metodi analitici. Ad esempio, talvolta si segue la strada di r r ipotizzare I (s' ) come combinazione lineare di un numero finito di funzioni note In (s ' ) : Autore: Sandro Petrizzelli 12 Antenne e metodi elementari (parte II) N r r I (s ' ) = ∑ A n In (s ' ) n =1 In questi casi, tutto sta a determinare il valore dei coefficienti A n . In alternativa, si può procedere determinando prima il potenziale vettore che viene fuori dall’equazione e poi cercando di risalire alla corrente dal potenziale vettore. Vediamo. Partiamo dall’equazione (k 2 0 r r + ∇∇ • A = jωµ 0 ε 0 E tg ) Ipotizzando ancora una volta che l’ampiezza ∆ della gola sia sufficientemente piccola, si può pensare di scrivere che V g δ (z)=E tg , per cui l’equazione diventa (k 2 0 r r + ∇∇ • A = jωµ 0 ε 0 Vg δ(z)a s ' ) Così facendo, abbiamo a secondo membro una funzione impulsiva e quindi la r stessa cosa dovremo avere a primo membro. Dato che il potenziale vettore A è sempre una funzione continua, l’unica possibilità affinché il primo membro sia a sua volta una funzione impulsiva è che l’impulso provenga dall’operatore ∇∇ • , che rappresenta in questa situazione una derivata seconda: ( ) r r r ∂ 2A z r r r ∂A z A = Aza z → ∇ ∇ • A = → ∇ • A = ∇ • (A z a z ) = (∇ • a z )A z = ∂z ∂z 2 Scriviamo dunque che 2 ∂2 k 0 + 2 ∂z A z = jωµ 0 ε 0 Vg δ(z) r ∂ 2A Allora, affinché il termine sia una funzione impulsiva, la derivata prima dovrà ∂z 2 r essere una funzione a gradino in corrispondente di z=0 e quindi A dovrà presentare un punto di cuspide in corrispondenza di z=0: r ∂ 2A ∂z 2 r ∂A ∂z 0 z r A 0 z 0 z Data la presenza della funzione δ(z), che è non nulla solo per z=0, dobbiamo risolvere l’equazione omogenea associata sfruttando questa conoscenza. Consideriamo dunque l’omogenea associata: 2 ∂2 k 0 + 2 A z = 0 ∂z 13 z≠0 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 Avremo due soluzioni, a destra ed a sinistra della discontinuità: sinistra → A SX z = C1 cos(k 0 z ) + C 2 sin( k 0 z) destra → A DX = C 3 cos(k 0 z) + C 4 sin( k 0 z) z Deve del resto sussistere la continuità in corrispondenza di z=0: uguagliando perciò le due soluzioni calcolate in z=0, si ottiene che C 1 =C 3 , per cui scriviamo che A SX z = C1 cos(k 0 z) + C 2 sin( k 0 z ) A DX = C1 cos(k 0 z) + C 4 sin( k 0 z ) z Se ora calcoliamo le derivate prime di queste due soluzioni, potremo imporre che ci sia un gradino, di altezza jωµ 0 ε 0 V g , in corrispondenza di z=0: ∂ SX A z = −k 0 C1 sin( k 0 z ) + k 0 C 2 cos(k 0 z) ∂z ∂ DX A z = − k 0 C1 sin( k 0 z) + k 0 C 4 cos(k 0 z) ∂z Imponiamo la presenza del gradino: ∂ SX Az ∂z − z =0 ∂ DX Az ∂z = jωµ 0 ε 0 Vg z=0 ⇓ (k 0 C 2 ) − (+ k 0 C 4 ) = jωµ 0 ε 0 Vg ⇓ k 0 (C 2 − C 4 ) = jωµ 0 ε 0 Vg A questo punto, possiamo fare una ulteriore ipotesi: possiamo supporre che la nostra antenne sia alimentata in modo perfettamente simmetrico dal generatore. Sotto questa ipotesi, per evidenti proprietà di simmetria possiamo senz’altro ritenere che risulti A(z)=A(-z). Imponendo questa nuova condizione, otteniamo C1 cos(k 0 z) = C1 cos(− k 0 z) C 2 sin( k 0 z) = C 4 sin( − k 0 z) La prima equazione è soddisfatta per qualsiasi valore della costante C 1 in quanto il Coseno è una funzione pari, per cui non ci è di molto aiuto. Invece, la seconda equazione è soddisfatta solo se C 2 =-C 4 : sostituendo allora questa uguaglianza nell’espressione ricavata poco fa tra queste due stesse costanti, deduciamo che C 2 = −C 4 = jωµ 0 ε 0 Vg 2k 0 Andiamo allora a riscrivere la soluzione trovata: Autore: Sandro Petrizzelli 14 Antenne e metodi elementari (parte II) A SX z = C1 cos(k 0 z) + A DX = C1 cos(k 0 z) − z jωµ 0 ε 0 Vg 2k 0 jωµ 0 ε 0 Vg 2k 0 sin( k 0 z) sin( k 0 z) Avendo imposto la condizione A(z)=A(-z), possiamo evidentemente considerare un’unica equazione a patto di usare il valore assoluto come argomento del Seno: A z (z ) = C1 cos(k 0 z) − jωµ 0 ε 0 Vg 2k 0 sin( k 0 | z |) Resta dunque da determinare l’ultima costante di integrazione. Andiamo allora a sostituire, al posto di A z , la sua espressione generale: jωµ 0 ε 0 Vg µ0 e − jk 0 R ds' = C1 cos(k 0 z ) − sin( k 0 | z |) I ( s ' ) ∫ R 2k 0 4π l Questa prende il nome di equazione di Hallen , in cui le incognite sono C 1 ed ancora la corrente I(s’). Il vantaggio, rispetto all’equazione di Poklington, è che si tratta di una equazione integrale e non più integro-differenziale. Essa può essere risolta sia tramite metodi numerici (ad esempio il cosiddetto metodo dei momenti) sia per approssimazione successive. L’equazione di Hallen viene detta anche equazione di Fredholm di prima specie ed il termine e − jk 0R è detto nucleo dell’integrazione. R Per quanto riguarda C 1 , potremo determinarla imponendo le condizioni al contorno per cui la corrente deve essere nulla ai due estremi (ad esempio z=+L e z=–L) dell’antenna. Lo vedremo tra poco. Da sottolineare che l’equazione di Hallen vale solo nei punti della superficie dell’antenna. Abbiamo detto poco fa che sull’equazione di Hallen può essere risolta per approssimazioni successive. Vediamo come. In primo luogo, se consideriamo l’integrale a primo membro dell’equazione, possiamo scrivere che ∫ I(s ' ) l e − jk 0R e − jk 0 R + 1 − 1 I(s' ) e − jk 0R − 1 ds' = ∫ I(s' ) ds ' = ∫ ds' + ∫ I(s' ) ds' R R R R l l l Ritenendo che l’antenna abbia lunghezza 2L simmetrica rispetto al punto in cui avviene l’alimentazione 1, possiamo esplicitare meglio i due integrali di linea, estendendoli da –L a +L. Sostituendo dunque nell’equazione e portando la costante µ 0 /4π a primo membro, abbiamo che +L µ µ jωµ 0 ε 0 Vg I(s ' ) e − jk 0R − 1 ds ' + I ( s ' ) ds' = 0 C1 cos(k 0 z) − 0 sin( k 0 | z |) ∫−L R ∫−L R 4π 4π 2k 0 +L 1 Si trascura ovviamente lo spessore ∆ della gola, ipotizzando ∆<<L 15 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 E’ opportuno sottolineare ancora una volta che s’ è la coordinata che individua il generico elementino dell’antenna (cioè della sorgente), mentre z è la coordinata che individua il generico punto di misura, situato però anch’esso sulla superficie dell’antenna: punto di misura z R z=s' s' punto sorgente Se indichiamo con r 0 il raggio della sezione trasversale dell’antenna e teniamo conto che R è la distanza del punto di misura dal generico punto sorgente, è evidente che, applicando il teorema di Pitagora, risulta R = r02 + (z − s' ) 2 Sostituendo nel primo integrale dell’equazione di prima, otteniamo allora µ jωµ 0 ε 0 Vg µ e − jk 0 R − 1 ds' + ∫ I(s ' ) ds' = 0 C1 cos(k 0 z ) − 0 sin( k 0 | z |) R 4π 4π 2k 0 r02 + (z − s' ) 2 −L +L +L I(s ' ) ∫ −L Nel primo integrale, s’ varia da –L a +L; per ogni punto z fissato, ci sono casi in cui z>>s’ e casi in cui z≅s’; quando z è molto vicino ad s’, quella radice quadrata è piccola e quindi si ottiene il peso maggiore per il termine I(s’); viceversa, quando z si allontana da s’, il peso di I(s’) diminuisce. Allora, possiamo trascurare il contributo dei punti lontani e scrivere che +L ∫ −L I(s ' ) r + (z − s' ) 2 0 2 ds' ≅ +L ∫ −L I( z ) r + ( z − s' ) 2 0 2 ds ' = I(z) ⋅ +L ∫ −L 1 r + ( z − s' ) 2 0 2 ds' = I(z) ⋅ 1 Ω( z ) dove Ω(z) è una funzione che si può calcolare con metodi abbastanza tradizionali e semplici. Ritornando perciò all’equazione generale, la riscriviamo nella forma I( z ) ⋅ +L µ µ jωµ 0 ε 0 Vg 1 e − jk 0R − 1 + ∫ I(s ' ) ds ' = 0 C1 cos(k 0 z) − 0 sin( k 0 | z |) R 4π 4π 2k 0 Ω( z ) − L Questa è una equazione di Fredholm di seconda specie, che può essere risolta per approssimazione successive: Autore: Sandro Petrizzelli 16 Antenne e metodi elementari (parte II) • al primo passo, si ignora completamente l’ultimo integrale rimasto e si scrive perciò che la distribuzione di corrente è approssimativamente data da I(z) = C1 ⋅ µ0 µ jωµ 0 ε 0 Vg ⋅ Ω(z) ⋅ cos(k 0 z) − Ω (z ) ⋅ 0 sin( k 0 | z |) 4π 4π 2k 0 • al secondo passo, poi, si prende questa soluzione approssimata, la si sostituisce nell’integrale e si risolve quest’ultimo, ottenendo una nuova espressione di I(z), meno approssimata della precedente; • si ripete nuovamente il procedimento sostituendo la nuova soluzione nell’integrale e risolvendo. La cosa si può così iterare fino al momento in cui gli scostamenti tra una soluzione e la successiva diventano sufficientemente piccoli da poter essere trascurati. Resta ancora da determinare C 1 : come si è detto prima, questa costante va determinata imponendo che sia nulla la corrente agli estremi +L e –L dell’antenna. Imponendo allora questa condizione 2 sull’espressione di I(z) ottenuta al primo passo dell’iterazione descritta poco fa, otteniamo che 0 = I(+ L) = C1 ⋅ µ0 µ jωµ 0 ε 0 Vg sin( k 0 L) ⋅ Ω(L) ⋅ cos(k 0 L) − Ω(L) ⋅ 0 4π 4π 2k 0 da cui quindi scaturisce che C1 = jωµ 0 ε 0 Vg 2k 0 tg(k 0 L) Sostituendo sempre nella prima espressione di I(z) per il procedimento iterativo, otteniamo dunque che I( z ) = jωµ 0 ε 0 Vg 2k 0 tg(k 0 L) ⋅ µ0 µ jωµ 0 ε 0 Vg ⋅ Ω(z) ⋅ cos(k 0 z) − Ω(z ) ⋅ 0 sin( k 0 | z |) = 4π 4π 2k 0 = jωµ 0 ε 0 Vg µ 0 ⋅ ⋅ Ω(z ) ⋅ [tg(k 0 L) cos(k 0 z) − sin( k 0 | z |)] = 2k 0 4π = jωµ 0 ε 0 Vg µ 0 sin( k 0 L) cos(k 0 z) − sin( k 0 | z |) cos(k 0 L) ⋅ ⋅ Ω( z ) ⋅ = 2k 0 4π cos(k 0 L) = jωµ 0 ε 0 Vg µ 0 sin (k 0 (L− | z |) ) ⋅ ⋅ Ω( z ) ⋅ 2k 0 4π cos(k 0 L) Questa espressione indica evidentemente un andamento sinusoidale della corrente, con valore nullo in corrispondenza degli estremi dell’antenna e valore massimo in corrispondenza del centro (z=0) dell’antenna stessa. Ad esempio, potrebbe trattarsi di un andamento del tipo seguente (dipende dal valore di L, come vedremo più avanti). 2 Basta considerare un solo estremo, avendo imposto la simmetria della struttura 17 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 z I(z) Il valore di corrente al centro dell’antenna si ottiene dunque banalmente ponendo z=0: I(0) = jωµ 0 ε 0 Vg µ 0 sin (k 0 L ) ⋅ ⋅ Ω(0) ⋅ 2k 0 4π cos(k 0 L) Ovviamente, questa è solo la soluzione di prima approssimazione. L naa nn ntteen deellll’’aan heezzzzaa d nggh un Lu Continuiamo a fare considerazioni sulla soluzione di prima approssimazione per la distribuzione della corrente sulla nostra antenna filiforme: I( z ) = jωµ 0 ε 0 Vg µ 0 sin (k 0 (| L | − | z |) ) ⋅ ⋅ Ω( z ) ⋅ cos(k 0 L) 2k 0 4π In questa espressione, compaiono due funzioni di z: Ω(z), che abbiamo visto corrispondere al valore di un integrale di tipo tutto sommato semplice, ed il termine sinusoidale sin (k 0 (L − | z |) ) . Saremmo allora portati a pensare che l’andamento di I(z) possa risultare, in generale, complicato. In realtà, possiamo facilmente renderci conto che il termine Ω(z) influisce poco sull’andamento di I(z). Ricordiamoci, intanto, che +L 1 I(s' ) = ∫ ds' 2 Ω(z) − L r0 + (z − s' ) 2 Se calcoliamo questa funzione in corrispondenza dei due punti estremi (z=0 e z=L), otteniamo: +L 1 I(s ' ) =∫ ds' Ω(0) −L r02 + s' 2 +L 1 I(s ' ) =∫ ds' Ω(L) −L r02 + (L − s' ) 2 Autore: Sandro Petrizzelli 18 Antenne e metodi elementari (parte II) Se il rapporto L/r 0 è sufficientemente elevato (si parla di antenna snella, proprio per indicare che la sezione trasversale è molto più piccola della lunghezza), il valore di quei due integrali è praticamente lo stesso, il che significa che, in prima approssimazione, la funzione Ω(z) può essere pensata come una costante e non come una funzione di z. Sulla base di ciò, deduciamo dunque che l’andamento di I(z) dipende quasi esclusivamente dal termine sin (k 0 (L − | z |) ) . Concentriamoci allora proprio su di esso. Ricordiamo intanto che k 0 =2π/λ: 2π sin (L− | z |) λ Vediamo allora come varia questo termine al variare della semi-lunghezza L della nostra antenna. Ad esempio, consideriamo il caso in cui L=λ λ /2: abbiamo che 2π λ 2π 2π 2π sin (L− | z |) = sin − | z | = sin π − | z | = − sin | z | λ λ λ λ 2 Osserviamo allora che, nel punto z=λ/4, questo termine vale –1, mentre invece vale 0 quando z=0 e quando z=L=λ/2. Abbiamo perciò un andamento della corrente del tipo seguente: z I(z) Il punto di massimo si trova in corrispondenza del punto medio dei due “bracci” dell’antenna. Tuttavia, un andamento di questo tipo presenta una evidente incongruenza con la realtà fisica: la corrente in ingresso all’antenna (cioè in z=0) risulta nulla, il che non è possibile se vogliamo trasferire potenza all’antenna stessa. La spiegazione di ciò è proprio nel fatto che stiamo usando una soluzione di prima approssimazione, che quindi può essere più o meno lontana dalla realtà effettiva. In questo caso, essa è abbastanza lontana. Applicando il procedimento iterativo descritto nei paragrafi precedenti, arriveremmo sicuramente ad una soluzione più corretta, che preveda una I(0) non nulla e quindi dia conto del trasferimento di potenza dalla sorgente all’antenna. In generale, possiamo affermare che la soluzione di prima approssimazione è utile solo per avere una quadro di insieme sia della distribuzione della corrente sia dei conseguenti campi irradiati. Serve invece inevitabilmente un raffinamento di tale soluzione per ottenere qualcosa di sufficientemente congruente con la realtà. 19 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 Adesso supponiamo che la semi-lunghezza dell’antenna diventi L=λ/4 (dipolo in λ /2): in questo caso, il termine sinusoidale diventa 2π λ 2π π 2π 2π sin (| L | − | z |) = sin − | z | = sin − | z | = cos | z | λ 2 λ λ λ 4 Questo andamento è del tipo considerato nel precedente paragrafo: z I(z) In questo caso, quindi, il massimo valore di corrente si ottiene proprio al centro della struttura. Vediamo invece un valore intermedio di L, compreso tra λ/4 e λ/2: z I(z) In pratica, come si vede dalla figura, il punto di massimo si ottiene in un punto intermedio rispetto ai due casi precedenti: si tratta di un punto compreso tra il centro della struttura e L/2 (per ciascun braccio). Adesso consideriamo il caso in cui L<λ/4: considerando il solito termine 2π (| L | − | z |) , appare evidente che, se L è sufficientemente più λ sinusoidale sin piccolo di λ/4 (per cui anche z subisce solo piccole variazioni, potendosi muovere su una lunghezza piccola), l’argomento del seno diventa molto piccolo e sappiamo allora di poter approssimare il Seno stesso con il suo argomento; scriviamo quindi che Autore: Sandro Petrizzelli 20 Antenne e metodi elementari (parte II) 2π 2π sin (| L | − | z |) ≅ (| L | − | z |) λ λ In questo caso, quindi, l’andamento non è più sinusoidale, ma praticamente triangolare: z I(z) In realtà, l’andamento risulta quasi rettilineo in quanto la corrente subisce solo una piccola variazione dall’estremo di ciascun braccio fino al centro, mentre nei casi precedenti la variazione era maggiore e quindi si avvicinava molto di più al tipico andamento sinusoidale. Consideriamo infine il caso in cui L=λ: il termine sinusoidale diventa 2π 2π 2π 2π sin (| L | − | z |) = sin (λ − | z |) = sin 2π − | z | = sin | z | λ λ λ λ In questo caso, la corrente risulta nulla non solo ai due estremi di ciascun braccio (z=L=λ e z=0), ma anche in corrispondenza del centro (z=L/2=λ/2), per cui sostanzialmente abbiamo una oscillazione completa in corrispondenza di ciascun braccio: z I(z) Ad ogni modo, in linea del tutto generale possiamo concludere che, per antenne di tipo filiforme, l’andamento della corrente è praticamente sinusoidale, con un numero di oscillazioni che dipende dal valore di L rapportato alla lunghezza d’onda λ di lavoro . 21 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 D Diip poolloo iin n λλ//2 2 Come si è detto prima, quando ciascun braccio dell’antenna filiforme è lungo L=λ/4, l’antenna viene detta dipolo in λ /2. Per questo tipo di antenne, abbiamo visto prima che il termine sinusoidale che compare nell’espressione del fasore I(z) della corrente assume la forma 2π cos | z | λ e quindi l’espressione completa (di prima approssimazione) del suddetto fasore è I( z ) = jωµ 0 ε 0 Vg µ 0 2π | z | ⋅ ⋅ Ω(z ) ⋅ cos 2k 0 4π λ Ricordando che la funzione Ω(z) è praticamente una costante al variare di z, possiamo scrivere questa espressione in forma più semplice, ad esempio come I(z) = I 0 cos(k 0 | z |) dove ovviamente abbiamo posto k 0 =2π/λ e abbiamo indicato con I 0 la corrente in ingresso all’antenna, ossia I(z=0). Possiamo allora provare a valutare il campo elettrico irradiato da questo tipo di antenna. Infatti, abbiamo visto in precedenza che il campo elettrico irradiato in zona lontana da una generica antenna filiforme ha l’espressione r µ e − jk 0 r r E FF = jω 0 a θ sin θ ∫ I(z' )e jk 0 z 'cos θ dz ' 4π r Γ Sostituendo l’espressione della corrente e facendo qualche passaggio per risolvere l’integrale, otteniamo r µ e − jk 0r r E FF = jω 0 a θ sin θ∫ I 0 cos(k 0 z ')e jk 0 z 'cos θ dz' = 4π r Γ = jω + L jk 0 z ' µ 0 e − jk 0 r r e + e − jk 0z ' jk 0z 'cos θ a θ ⋅ sin θ ⋅ I 0 ∫ e dz' = 4π r 2 −L = jω + L jk 0 z '(1+ cos θ ) +L µ 0 e − jk 0 r r µ e − jk 0 r r e + e − jk 0 z '(1−cos θ) a θ ⋅ sin θ ⋅ I 0 ∫ dz' = jω 0 a θ ⋅ sin θ ⋅ I 0 ∫ cos(k 0 z' (1 + cos θ) )dz' = 4π r 2 4π r −L −L = jω sin (k 0 L(cos θ + 1) ) sin (k 0 L(cos θ − 1) ) µ 0 e − jk 0 r r a θ ⋅ sin θ ⋅ I 0 ⋅ + 4π r k 0 (cos θ − 1) k 0 (cos θ + 1) Adesso, possiamo provare a semplificare l’espressione ottenuta tenendo conto che k 0 =2π/λ e L=λ/4, per cui k 0 L=π/2: Autore: Sandro Petrizzelli 22 Antenne e metodi elementari (parte II) π π sin (cos θ + 1) sin (cos θ − 1) r r µ e 2 + 2 = E FF = jω 0 a θ ⋅ sin θ ⋅ I 0 ⋅ 4π r k 0 (cos θ − 1) k 0 (cos θ + 1) π π cos cos θ cos cos θ − jk 0r r µ e 2 − 2 = = jω 0 a θ ⋅ sin θ ⋅ I 0 ⋅ θ + θ − 4π r k (cos 1 ) k (cos 1 ) 0 0 − jk 0r r µ e 1 1 π − = jω 0 a θ ⋅ sin θ ⋅ I 0 ⋅ cos cos θ ⋅ = 4π r 2 k 0 (cos θ + 1) k 0 (cos θ − 1) − jk 0 r = jω − jk 0r µ0 e 4π r − jk 0 r r µ e 2 π = jω 0 a θ ⋅ sin θ ⋅ I 0 ⋅ cos cos θ ⋅ 2 2πk 0 r 2 k 0 sin θ π cos cos θ 2 ⋅ ar ⋅ I0 ⋅ θ sin θ In definitiva, quindi, il campo elettrico prodotto in zona lontana dal dipolo in λ/2 risulta avere la seguente espressione: r η e E FF = j 0 2π r − jk 0 r π cos cos θ 2 ⋅ ar ⋅ I0 ⋅ θ sin θ dove abbiamo tenuto conto che k 0 = ω µ 0 ε 0 e η0 = µ 0 / ε 0 . Notiamo allora ancora una volta una simmetria cilindrica rispetto all’asse dell’antenna, così come nel caso del dipolo elettrico elementare. Tuttavia, rispetto a quel caso, la dipendenza dall’angolo θ è adesso più complicata: • π cos cos θ 2 = 1 → massimo per θ=π/2 (piano equatoriale dell’antenna)→ sin θ campo • π cos cos θ lim 2 = 0 θ→ →0 0 → campo nullo per θ=0 → sin θ 0 In base a questi risultati, l’andamento del campo non è molto diverso da quello sinusoidale. Avremo perciò anche in questo caso due lobi simili a quelli del dipolo elementare. Apertura a mezza potenza L’apertura a mezza potenza del dipolo in λ/2 risulta più piccola di quella del dipolo elementare (che era di 90°), il che ci dice che questo tipo di antenna risulta più direttivo. Calcoliamo tale apertura. Ci basta applicare la definizione, il che significa trovare l’angolo θ tale per cui sia soddisfatta la relazione 23 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 π cos cos θ 2 = 1 sin θ 2 Risolvendo questa equazione (cosa non del tutto semplice), si trova θ =± ± 39°, il che significa che l’apertura a mezza potenza è 78° (=2θ). A questo punto, dato che conosciamo il campo elettrico, possiamo calcolare il campo magnetico sfruttando le equazioni di Maxwell: pur senza riportare i dettagli, r r r ci si rende conto immediatamente che risulta anche in questo caso H ϕ = H ϕ, FF a ϕ , il che significa che il campo elettrico e quello magnetico sono ancora una volta ortogonali tra loro e ortogonali alla direzione di propagazione del campo. Ci sarebbe adesso da studiare il dipolo dal punto di vista energetico, ma si rimanda per questo ai paragrafi successivi. O Osssseerrvvaazziioon nee Nel paragrafo appena concluso abbiamo calcolato il campo elettrico irradiato in zona lontana da un dipolo in λ/2, semplicemente sostituendo l’espressione della corrente trovata (in prima approssimazione) per tale dipolo in quella generale del campo: r µ e − jk 0 r r E FF = jω 0 a θ sin θ ∫ I(z' )e jk 0 z 'cos θ dz ' 4π r Γ Proviamo allora a fare la stessa cosa per una antenna filiforme in cui risulti L<λ/4. Per questo tipo di antenna, abbiamo visto che 2π 2π sin (| L | − | z |) ≅ (| L | − | z |) λ λ e quindi l’espressione della corrente risulta essere del tipo I( z ) = I 0 2π (| L | − | z |) λ z I(z) Autore: Sandro Petrizzelli 24 Antenne e metodi elementari (parte II) Sostituendo nell’espressione del campo, otteniamo allora quanto segue: r µ 0 e − jk 0r r 2π E FF = jω a θ sin θ ⋅ ∫ I 0 (| L | − | z' |)e jk 0 z 'cos θ dz ' 4π r λ Γ Prima ancora di risolvere l’integrale, possiamo osservare quanto segue: considerando il termine esponenziale presente all’interno dell’integrale e ricordando che k 0 =2π/λ, abbiamo che e jk 0z 'cos θ = e j 2π z 'cos θ λ '<< λ z →1 In pratica, considerando che L è molto minore di λ/4 e quindi lo è anche z’ (che può muoversi solo lungo una piccola lunghezza), abbiamo approssimato l’esponente al valore 0, per cui l’esponenziale diventa 1 e quindi sparisce dal nostro integrale: r µ e − jk 0 r r µ e − jk 0 r r 2π E FF = jω 0 a θ sin θ ⋅ ∫ I 0 (| L | − | z '|)dz' = jω 0 a θ sin θ ⋅ ∫ I(z' )dz' 4π r λ 4 π r Γ Γ Così facendo, l’integrale rimasto coincide praticamente con l’area racchiusa dai due rettangoli che definiscono l’andamento della corrente: tale area vale evidentemente LI 0 /2 per ciascun rettangolo, per cui concludiamo che r µ e − jk 0r r E FF = jω 0 a θ sin θ ⋅ LI 0 4π r A ben vedere, questa espressione è assolutamente identica a quella trovata per il dipolo elettrico elementare, a patto però di sostituire la lunghezza L con la lunghezza infinitesima dl del dipolo stesso. 25 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 Richiami da “Compatibilità Elettromagnetica” IIll d diip poolloo iin n λλ//2 2 ee ll’’aan ntteen nn naa u un niip poollaarree iin n λλ//4 4 Il dipolo elettrico elementare considerato in precedenza è un tipo di antenna che non è di utilizzo pratico, per vari motivi: • in primo luogo, abbiamo assunto che la lunghezza del dipolo fosse infinitesima (al fine di semplificarci i calcoli), cosa che in realtà non può accadere; • abbiamo poi ipotizzato che la corrente di eccitazione fosse costante lungo il dipolo stesso: da qui discendeva che la corrente non risultasse nulla ai capi del dipolo, il che, oltre a non essere realistico, è anche impossibile da realizzare, in quanto il mezzo circostante il dipolo, ossia lo spazio libero, non è conduttivo; • inoltre, il dipolo elettrico irradia in modo tutt’altro che efficiente, visto che la sua resistenza di radiazione è molto piccola, per cui sono necessarie alte correnti per ottenere potenze apprezzabili. Data la perfetta dualità, questi stessi discorsi valgono anche per il dipolo magnetico. Allora, vediamo di analizzare due antenne reali e di maggiore utilizzo. L’antenna a dipolo elettricamente lungo (semplicemente detta antenna a dipolo) è costituita da un semplice filo sottile che viene alimentato (o eccitato) da una sorgente di tensione inserita a metà del filo stesso, come mostrato nella figura seguente: I(z) L/2 + L I(z) Ognuna delle due parti in cui resta diviso il filo è lunga L/2. Una antenna unipolare è invece costituita da un unico braccio, perpendicolare ad un piano di massa, alimentato alla base, come mostrato nella figura seguente: I(z) h + - Autore: Sandro Petrizzelli piano di massa perfettamente conduttore 26 Antenne e metodi elementari (parte II) Da notare che, ai fini dell’analisi, il piano di massa è considerato infinito e perfettamente conduttore. Nella pratica, questa situazione non può mai essere realizzata, per cui il comportamento effettivo del piano di massa rappresenta solo una approssimazione. Per esempio, sugli aerei il piano di massa è costituito dalla fusoliera metallica; invece, per stazioni di terra è rappresentato, entro certi limiti, dal terreno stesso: dato che il suolo non può essere considerato una approssimazione di un piano perfettamente conduttore (che è realizzato in metallo), per le stazioni di terra si costruiscono generalmente delle griglie di fili da porre sul terreno, in modo da simulare il piano di massa. Quando dobbiamo andare a studiare i campi irradiati dall’antenna unipolare, ci conviene applicare il noto principio delle immagini, tramite il quale sostituiamo il piano di massa con l’immagine dell’elemento di corrente che sta sopra tale piano, come indicato nella figura seguente: I(z) h h/2 + - immagine I(z) Così facendo, è evidente che abbiamo nuovamente ottenuto una antenna a dipolo del tipo descritto poco fa, per cui l’analisi dell’antenna unipolare coincide con quella dell’antenna a dipolo. Analizzeremo dunque solo quest’ultima, sottolineando, quando necessario, la differenza tra i due tipi di antenne. In precedenza, abbiamo osservato che, quando è nota la distribuzione di corrente sulla superficie dell’antenna, è possibile (in modo più o meno difficoltoso) ricavare i corrispondenti campi irradiati. Nella pratica, si tende a formulare delle ipotesi ragionevoli sulla possibile distribuzione di corrente sulla superficie dell’antenna. Nel caso di una antenna a dipolo, si può dimostrare che la distribuzione di corrente è approssimativamente uguale a quella che si localizza lungo una linea di trasmissione: questo significa che, se I(z) è la corrente nella generica sezione z dell’antenna, essa è proporzionale ad un termine del tipo sin(β β 0 z). In particolare, supponiamo di porre il centro del dipolo nell’origine di un sistema di coordinate cartesiane, disponendo il dipolo stesso lungo l’asse z, come mostrato nella figura seguente: 27 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 Con questa scelta del sistema di riferimento, si può esprimere la distribuzione di corrente lungo il filo tramite la seguente espressione: L I m sin β 0 − z 2 I( z ) = I sin β L + z m 0 2 0<z< - L 2 L <z<0 2 (ricordiamo che I(z) è un fasore, dato che lo è I m ). Si noti che questa distribuzione di corrente soddisfa due condizioni fondamentali, di cui la seconda irrinunciabile nella realtà: • la variazione di corrente lungo z è proporzionale a sin(β 0 z); • la corrente negli estremi (vale a dire per z=±L/2) è nulla. Una volta nota (o ipotizzata) la distribuzione di corrente sull’antenna, possiamo andare a calcolare i corrispondenti campi. In particolare, come già illustrato nella figura, dobbiamo applicare il principio di sovrapposizione: il campo totale sarà la sovrapposizione dei singoli campi dovuti a molti dipoli elettrici elementari, ciascuno di lunghezza dz e avente corrente costante di valore I(z). Si tratta cioè di scomporre l’antenna in infiniti dipoli, ciascuno di lunghezza infinitesima e percorso da corrente costanti pari al valore della corrente reale in corrispondenza del valore di z prescelto. Oltre a questo, si suppone anche di porre il punto di osservazione P(x,y,z) in zona lontana da questi elementi infinitesimi di corrente, in modo da poter utilizzare solo le espressioni del campo lontano valide per un dipolo elettrico elementare. Consideriamo allora, con riferimento sempre a quanto illustrato nell’ultima figura, l’elemento dz di corrente I(z); il campo prodotto da questo dipolo in zona lontana, in base a quanto visto in precedenza per il dipolo elettrico, risulta essere Autore: Sandro Petrizzelli 28 Antenne e metodi elementari (parte II) dE θ ,FF ≅ j I(z)dz ⋅ sin θ' η0 β 0 e − jβ0 r ' 4πr ' dove il pedice FF sta notoriamente per Far Field, ossia campo lontano. In questa espressione, abbiamo considerato una distanza r’ che separa il dipolo infinitesimo dal punto di osservazione ed un corrispondente angolo θ ‘. Questo perché con r e θ abbiamo indicato la posizione del punto di osservazione rispetto al centro del sistema di riferimento, situato al centro del dipolo: D’altra parte, come si vede in figura, se il punto P è sufficientemente distante dal dipolo, le distanze r ed r’ sono praticamente uguali e lo stesso vale anche per i due angoli θ e θ‘. Possiamo allora fare le sostituzioni θ≅θ‘ e r≅r’, tranne che nel termine esponenziale: dE θ ,FF ≅ j I(z)dz ⋅ sin θ η 0 β 0 e − jβ0 r ' 4πr Il motivo per cui non possiamo porre r≅r’ nel termine esponenziale e − jβ0 r ' è il seguente: ricordando che β 0 =2π/λ e scomponendo l’esponenziale in modulo e fase, possiamo scrivere evidentemente che e − jβ0 r ' = 1 2πr' λ Questa espressione mostra che il valore (in particolare la fase) del termine in questione non dipende dalla distanza fisica r’, bensì dalla distanza elettrica r’/λ λ. Questo significa che, anche se r ed r’ sono approssimativamente uguali, il termine esponenziale può comunque dipendere in modo significativo dalla differenza dei due in termini di distanza elettrica. Per comprendere ancora meglio questa distinzione, facciamo un esempio numerico, supponendo r=1000m e r1=1000,5 m. Ipotizzando una lunghezza d’onda λ=1m, risulta β 0 r=2πr/λ=360000° e β 0 r’=2πr’/λ=360180°. Come si vede da questi due valori, il campo alla distanza di 1000 m è sfasato di 180° rispetto a quello a distanza di 1000,5 m. 29 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 Non è dunque corretto porre r≅r’ nel termine esponenziale e − jβ0 r ' . Possiamo però esprimere ugualmente questo termine in funzione di r: infatti, osservando l’ultima figura si nota che i due segmenti r ed r’ sono approssimativamente paralleli, data proprio la supposta lontananza del punto di osservazione: allora, in base a semplici ragionamenti geometrici, notiamo che r' ≅ r − z cos θ Sostituendo questa espressione in quella del termine esponenziale, deduciamo dunque che il campo elettrico lontano, prodotto dal generico dipolo infinitesimo, è dE θ ,FF ≅ j I(z)dz ⋅ sin θ η0β 0 e − jβ0 ( r −z cos θ ) 4πr A questo punto, per ottenere il campo elettrico totale, dobbiamo sommare gli infiniti contributi, ossia integrare su tutta la lunghezza dell’antenna (quindi da z=L/2 a z=+L/2): E θ, FF = ∫ dE θ, FF tot I(z)dz ⋅ sin θ sin θ e − jβ0r η0 β 0 = ∫ j η 0β 0 e − jβ0 (r −z cos θ ) = j r 4πr 4π −L / 2 L/2 L/2 ∫ I ( z )e jβ 0 z cos θ dz −L / 2 Per risolvere l’integrale, dobbiamo evidentemente sostituire l’espressione della distribuzione di corrente: scomponendo allora l’integrale in due parti, otteniamo 0 L/2 sin θ e − jβ0 r jβ 0 z cos θ I ( z ) e dz η0 β 0 + ∫ I(z )e jβ0 z cos θ dz = ∫ 4π r −L / 2 0 0 L/2 − j β0 r sin θ e L L jβ0 z cos θ I m ∫ sin β 0 + z e dz + ∫ sin β 0 − z e jβ0 z cos θ dz =j η0 β 0 4π r 2 0 −L / 2 2 E θ, FF = j Facendo gli opportuni passaggi per risolvere i due integrali, si trova infine che E θ, FF = j − j β0 r η0 e 2π r L L cos β 0 cos θ − cos β 0 η0 e − jβ0r 2 2 Im ⋅ I m F(θ) =j sin θ 2π r Il termine F(θ θ ) tiene conto, evidentemente, delle proprietà direzionali del dipolo e sarà analizzato tra poco. Per quanto riguarda il campo magnetico generato dall’antenna a dipolo, il discorso è del tutto analogo a quello del dipolo elettrico elementare: nel caso di quest’ultimo, infatti, sappiamo che il campo magnetico, nella regione di campo lontano, è ortogonale al campo elettrico ed è legato da esso tramite il parametro η 0 ; analogamente, nel caso dell’antenna a dipolo, il calcolo del campo magnetico con lo stesso metodo seguito poco fa porta ad ottenere che Hϕ =E θ /η η 0 , per cui concludiamo che il campo elettromagnetico prodotto dall’antenna a dipolo in zona lontana è Autore: Sandro Petrizzelli 30 Antenne e metodi elementari (parte II) r r r η e j β0 r E FF (r, θ) = E θ, FF (r, θ)a θ = j 0 I m F(θ)a θ 2π r r r r 1 e jβ0r H FF (r, θ) = H ϕ, FF (r, θ)a ϕ = j I m F(θ)a ϕ 2π r A questo punto, notiamo che non abbiamo ancora fatto alcuna ipotesi circa la lunghezza fisica L del dipolo, che compare nel fattore F(θ θ ): L L cos β 0 cos θ − cos β 0 2 2 F(θ) = sin θ Il dipolo di utilizzo più comune è quello detto in mezz’onda, per il quale cioè risulta L=λ λ /2 alla frequenza di lavoro: sostituendo nell’espressione di F(θ), otteniamo π cos cos θ 2 Fλ / 2 (θ) = sin θ In base a questa espressione, il campo elettrico risulta massimo per θ=90°, ossia sul piano equatoriale dell’antenna: infatti, risulta F(90°)=1, per cui il modulo del campo è r η 1 η e jβ0r 120π 1 60 E FF (r,90°) = j 0 I m F(90°) = 0 I m = Im = Im 2π r 2π r 2π r r Potenza irradiata, guadagno direttivo e resistenza di radiazione Andiamo ora a calcolare la potenza irradiata dal dipolo. Il procedimento da adottare è sempre lo stesso: bisogna calcolare la parte reale del vettore di Poynting r 1r r p = E × H * , in modo da conoscere la densità di potenza attiva disponibile nel punto 2 di osservazione, e poi integrare su una sfera di raggio r centrata nella sorgente. Facendo i conti, si trovano i seguenti risultati: • in primo luogo, sempre in analogia a quanto trovato per il dipolo elementare, si trova che non c’è flusso di potenza lungo la direzione ϕ, ma solo lungo le direzioni r e θ; in particolare, dato che il campo elettrico di radiazione presenta solo la componente θ, il flusso di potenza lungo tale direzione coinvolge ancora una volta solo una potenza reattiva (indicativa quindi del solito “palleggiamento di potenza” da e verso il mezzo); • al contrario, il vettore di Poynting lungo la direzione radiale r presenta una parte reale, indicativa appunto di un trasferimento di energia attiva dalla sorgente al mezzo circostante: tale parte reale risulta essere 2 p r ,attiva 1 I = η0 m Fλ2/ 2 (θ) 2 2πr 31 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 • il passo successivo è quello di calcolare la potenza totale irradiata, integrando la densità di potenza su una sfera di raggio r centrata sulla sorgente: Prad = 2π π/ 2 π/ 2 0 −π / 2 −π / 2 ∫ p r ,media dS = ∫ dϕ SFERA = 2 ∫ p r ,media r sinθdθ = 2π 2 ∫ p r ,media r sinθdθ = 2π π/ 2 2 1 Im 2 η0 Fλ / 2 (θ)r 2 sin θdθ ∫ 2 2πr −π / 2 π/ 2 1 2 I m η0 ∫ Fλ2/ 2 (θ)sin θdθ 4π −π / 2 Sostituendo l’espressione di Fλ / 2 (θ) prima ricavata e risolvendo l’integrale (tramite alcune opportune sostituzioni di variabili e applicando opportuni metodi numerici), si trova alla fine che = (Prad )dipolo in λ /2 1 2 1 2 I2 I m η 0 ⋅1.218 = I m ⋅ 120π ⋅1.218 = I 2m ⋅ 36.54 = m ⋅ 73.08 4π 4π 2 dove abbiamo inteso specificare che stiamo considerando il dipolo in λ/2. Abbiamo lasciato in evidenza il termine I 2m in quanto corrisponde evidentemente 2 al modulo quadro del valore efficace della corrente di alimentazione, per cui concludiamo che (Prad )dipolo = I eff in λ/2 2 ⋅ 73.08 In base a questa espressione, se conosciamo il valore efficace della corrente in ingresso al dipolo in mezz’onda, possiamo ricavare la potenza attiva totale irradiata dall’antenna. Questo indica inequivocabilmente che la resistenza di radiazione del dipolo in mezz’onda è (R rad )dipolo ≅ 73Ω in λ/2 Questo valore di resistenza di irradiazione è il grosso vantaggio del dipolo in λ/2 rispetto al dipolo elementare. E’ importante sottolineare che esiste a questo punto una differenza tra l’antenna a dipolo e l’antenna unipolare: infatti, anche se i campi irradiati sono identici, l’antenna unipolare irradia solo nell’emisfero superiore (data la presenza del piano di massa), mentre invece il dipolo irradia nell’intera sfera che lo circonda. Deduciamo che l’antenna unipolare irradia metà della potenza irradiata dalla corrispondente antenna a dipolo: se consideriamo il dipolo in λ/2, è evidente che dobbiamo considerare l’antenna unipolare (o monopolo) in λ /4, per cui scriviamo che (Prad )inmonopolo λ /4 2 ≅ I eff ⋅ 36.54 da cui evidentemente consegue che (R rad )inmonopolo ≅ 36.5Ω λ/4 Autore: Sandro Petrizzelli 32 Antenne e metodi elementari (parte II) Possiamo inoltre calcolare l’intensità di radiazione ed il guadagno direttivo del dipolo in λ/2: applicando le rispettive definizioni, abbiamo che π 2 π cos 2 cos θ cos θ 2 cos 1 I 1 I 2 = 2 = 1 ⋅ 120π ⋅ I m I(θ, ϕ) = p att ⋅ r 2 = η 0 m Fλ2/ 2 (θ) ⋅ r 2 = η0 m 2 2 π 2 2π 2 2 2 2πr θ sin θ sin π cos 2 cos θ 15 2 = ⋅ I 2m ⋅ 2 π sin θ 2 2 π cos 2 cos θ 15 2 π 2 θ cos cos 4π ⋅ ⋅ I 2m ⋅ 4π ⋅ I(θ, ϕ) 2 π sin 2 θ D(θ, ϕ) = = = 1.64 ⋅ 2 2 sin θ Prad I m ⋅ 36.54 Notiamo dunque che la direttività (cioè il massimo guadagno direttivo) del dipolo in λ/2 è 1.64, che è maggiore del valore 1.5 trovato per il dipolo elettrico elementare, anche se di poco. Osservando allora che l’apertura a mezza potenza del dipolo in λ/2 è di 78°, non molto maggiore rispetto a quella del dipolo elementare, deduciamo che la fondamentale differenza tra i due tipi di antenne è nel maggior valore della resistenza di radiazione. Considerazioni varie v arie sulle antenne a monopolo Una antenna a monopolo consiste dunque sostanzialmente nella metà di una antenna a dipolo, montata direttamente a terra o su un piano di massa. Essa è normalmente lunga λ 0 /4 (dove λ 0 è la lunghezza d’onda centrale di lavoro), tranne che in alcune situazioni in cui le limitazioni di spazio impongono una lunghezza minore. Le antenne a monopolo verticale sono molto usate nella diffusione broadcast commerciale in banda AM (quindi da 500 kHz a 1500 kHz): questo sia perché sono le antenne più piccole in grado di fornire una efficienza soddisfacente a queste lunghezze d’onda così lunghe (da 200 m a 600 m) sia perché, a queste frequenze, la polarizzazione verticale subisce minori perdite di potenza rispetto a quella orizzontale. Inoltre, le antenne a monopolo sono molto usate per i servizi di comunicazioni mobili terrestri: ad esempio, è un monopolo l’antenna usata dai comuni terminali mobili (i cellulari). La figura seguente mostra una tipica torre verticale usata per il broadcasting AM: 33 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Antenne” – Capitolo 2 λ0 4 Un grosso traliccio viene montato su una base isolante fissata al suolo e viene alimentato da una linea di trasmissione coassiale con il conduttore esterno collegato a terra. Il traliccio stesso, quindi, si comporta come una antenna: ad esempio in corrispondenza della frequenza di 500 kHz, la lunghezza d’onda è di 600 m, per cui il traliccio dovrebbe essere alto 150 m (=λ/4). Questi elevati valori spiegano perché questo tipo di antenne sono usate per frequenze inferiori ai 2 MHz. La prossima figura mostra invece una antenna a monopolo montata su una torre e al di sopra di un piano di massa costituito da 4 raggi radiali lunghi approssimativamente 0.3λ 0 . Questi raggi simulano un esteso piano di massa sufficientemente bene da determinare un pattern di radiazione ed un guadagno molto simili a quelli di una classica antenna a monopolo: λ0 4 Da notare che l’alimentazione è ancora una volta di tipo coassiale, con l’anima del cavo che si congiunge con l’antenna vera e propria, che emerge dalla struttura per un tratto lungo λ 0 /4. Tale antenna è montata su un supporto isolante che la separa dai quattro conduttori radiali. Antenne come queste sono tipicamente usate nelle stazioni radio base dei sistemi di comunicazioni mobili. Si è visto in precedenza che una ideale antenna in λ/4 montata su un piano di massa esteso e perfettamente conduttore ha una resistenza di radiazione di circa 36.5 Ω . Le antenne realizzate nella pratica, montate su uno schermo di massa sufficientemente esteso, forniscono resistenze di radiazione molto vicine a questo valore ideale. Quando invece queste antenne sono fissate direttamente al suolo, che è scarsamente conduttore, si verificano notevoli perdite di potenza a causa delle correnti indotte nel suolo stesso. Questa dissipazione si manifesta come un aumento Autore: Sandro Petrizzelli 34 Antenne e metodi elementari (parte II) della resistenza di ingresso dell’antenna e quindi come una diminuzione netta di efficienza. Per aggirare questo problema, spesso si installa appositamente uno schermo di massa, costituito generalmente da 120 conduttori radiali che partono dalla base dell’antenna e sono lunghi ciascun λ 0 /3, come illustrato nella prossima figura: antenna a monopolo 120 conduttori radiali Un sistema di terra di questo tipo fornisce una resistenza addizionale, di circa 2 Ω, alla resistenza di radiazione (che abbiamo detto essere di 36 Ω circa), il che rappresenta quindi una diminuzione di efficienza dal 100% a circa il 95%. Per motivi economici, non è possibile realizzare una torre alta λ 0 /4 alle basse frequenze della banda AM: ad esempio, una frequenza di 500 kHz corrisponde ad una lunghezza d’onda di 600 metri e quindi bisognerebbe realizzare una torre di 150 metri. In questi casi si usano altre tecniche. Autore: Sandro Petrizzelli e-mail: [email protected] sito personale: http://users.iol.it/sandry succursale: http://digilander.iol.it/sandry1 35 Autore: Sandro Petrizzelli