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KASHMIR: dal Paradiso all’Inferno
Zahoor Ahmad Zargar – Renata Rusca Zargar
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Prima edizione ebook, formato PDF:
Settembre 2013 ISBN: 978-88-534-4093-8
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KASHMIR: dal Paradiso all’Inferno
INTRODUZIONE
“Da Jammu, capitale invernale del Kashmir, un grande paesone ricco di hotel e di templi, l’autobus parte
per Srinagar (capitale estiva). Il paesaggio che viene attraversato ha dell’incredibile: dai finestrini del
veicolo si può scorgere il fiume, intorno al quale si adagiano ordinate risaie, che scorre in fondo a una gola
tra le verdi montagne. Ma, in alcuni punti, si vedono, laggiù in basso, delle carcasse di autobus o camion
precipitati, per qualche incidente, dalla strada che si snoda, pericolosissima, a serpentina. L’autobus, che
impiega dodici ore per compiere un tragitto di circa duecento chilometri, si ferma, all’ora dei pasti, presso
alcune baracche che offrono tè (con il sale e il latte da accompagnare con salatini o con il latte all’uso
indiano), samosa (una frittella ripiena di patate e altre verdure piccanti), riso tipico del Kashmir con carne
(capra, pecora, pollo) e verdure. I villaggi sono gruppi di capanne di terra o di lamiera... Qualche
scimmietta curiosa si affaccia ai bordi della strada. Poco prima della città, c’è la piccola moschea di
Bijibiharah e molti viaggiatori lanciano qualche rupia dal finestrino per ringraziare Dio di essere arrivati
sani e salvi. Ma ecco Srinagar, in una fertile valle a più di 1500 metri di altezza tra le catene dell’Himalaya:
la bellezza delle montagne e dei boschi dà l’emozione di un ritorno all’Eden. Al centro, il lago Dal, dove le
cime si specchiano immense e dove dondolano le houseboat, case barca, arredate con sontuosi tappeti, che
ospitano, per tutta l’estate, migliaia di turisti. Un tempo le houseboat offrivano rifugio ai colonizzatori
inglesi quando, durante la stagione più calda, sfuggivano alla calura dell’India per rinfrescarsi tra i monti.
Sul lago ferve la vita: le shikara, barche tradizionali che ricordano un po’ quelle del Lago Maggiore,
vengono guidate dai barcaioli che rimangono in piedi o accucciati a poppa e servono per movimentare
decine e decine di venditori ambulanti che si spostano per offrire pellicce, tappeti, oggetti vari di artigianato
ma anche verdure (il mercato si svolge sull’acqua). Non è raro vedere alcune shikara, arredate con preziosi
cuscini e tende ricamati dai vivaci colori, trasportare gitanti mollemente adagiati per un giro di alcune ore
sul lago, tra ninfee e vegetazione acquatica. Intorno al lago, sono stati edificati hotel per ogni borsa, dai più
splendidamente lussuosi alle modeste stanzette il cui affitto ha un prezzo estremamente contenuto (2-3000
lire per notte). Le strade sono gremite di biciclette, taxi, bus, camion, carri trainati da cavalli, taxini (i
nostri furgoncini a tre ruote coperti e attrezzati per il trasporto di due o tre persone a prezzo più conveniente
rispetto al taxi tradizionale). Tutti suonano il clacson, riempiendo l’aria di allegro rumore e confusione.
Dappertutto si aprono negozi di tutte le specie, da quelli enormi con più vetrine, dove si può stare molte ore
a sorseggiare tè (particolare è il cawa, miscela preparata senza latte ma con cannella e cardamomo) o altre
bevande mentre i commessi mostrano tutta la mercanzia, ai modesti carrettini sulla strada. Ovunque si
contratta, in un estenuante gioco tra compratore e venditore, e ovunque ci sono kashmiri che offrono ai
turisti di tutto: una tazza di tè, una camera, un tappeto, una gita turistica… I voli per le altre città dell’India
sono tutti al completo. La sera il traffico è un po’ attenuato, ma si può passeggiare senza essere disturbati
(se non dai soliti venditori) e magari prendere un bel gelato o andare al cinema. Nell’aria c’è un’atmosfera
di pace, il buio scende dolcissimo sulle cime maestose, intorno volano aquile che si mescolano a ogni tipo di
uccello e gli alberi, altissimi e foltissimi, contornano i paesaggi della valle, detta la Svizzera dell’Oriente.
Subito fuori città, piantagioni di zafferano si alternano a frutteti, e poi cavalli, con i loro forti cavalieri, hut,
piccole casette tra i boschi per villeggiare…”
Questi sono gli appunti tratti dal diario che tenevo quando andavo a Srinagar in estate, verso la fine degli
anni ‘80. In seguito, tutto è cambiato: i turisti sono scomparsi, le houseboat languono quasi sempre in
solitudine, la città, pur continuando a essere animata, è diventata sede di scontri che durano proprio dalla fine
degli anni ‘80. La storia di questa tragedia me l’ha raccontata Zahoor Ahmad Zargar, mio marito, un
kashmiro che ora vive in Italia pur continuando a frequentare il suo paese per motivi di famiglia e di lavoro. Io sono nato e vissuto in Srinagar, la capitale estiva del Kashmir, e ricordo che nell’89 è iniziata una guerra
armata, sono nati cioè dei gruppi di militanti che hanno ucciso, in diversi attentati, alcuni soldati indiani. La
gente è rimasta scioccata da questi fatti perché, fino ad allora, non aveva mai avuto combattimenti nel
territorio, specialmente cittadino, dato che, anche durante le guerre, i soldati combattevano alle frontiere.
Comunque, la maggior parte di loro, inizialmente, ha fiancheggiato questi gruppi che chiedevano
l’indipendenza ed è scesa nelle strade a manifestare. Si sono formati ben 112 gruppi diversi che si andavano
ad addestrare nei campi del Pakistan, dove erano equipaggiati, armati e finanziati e da dove tornavano per
combattere; impossibili da controllare perché la frontiera è molto lunga e tutta su alte cime di montagna.
Alcuni di questi gruppi, però, hanno iniziato a taglieggiare la gente con rapine, prepotenze, violenze,
1
molestie. Entravano nelle case a loro piacimento, hanno ucciso medici, giornalisti, insegnanti,
commercianti, esponenti del Parlamento locale; hanno praticato esecuzioni sommarie per le strade in base
ad accuse mai dimostrate… Il paese è precipitato nel terrore mentre la guerriglia si espandeva in tutto il
territorio, fino ai più sperduti villaggi e la gente ha perso la fiducia nelle vere intenzioni di quei combattenti.
Molti dei cosiddetti Mujahideen erano, infatti, persone che non possedevano nulla, mentre ora hanno interi
palazzi! In questi anni, infine, la maggior parte dei militanti sono stati uccisi, altri sono stati imprigionati,
altri ancora sono tornati alla vita normale, per cui tanti gruppi non esistono più. Le città, però, sono
divenute “blindate”: ad ogni angolo di strada c’è un bunker dentro al quale si riparano soldati indiani con
le armi puntate sulla gente e sulle case, per le vie ci sono tanti e tanti soldati (uno ogni dieci abitanti, si
dice) sempre con il fucile puntato, molti lussuosi alberghi sono stati trasformati in quartier generale degli
occupanti e sono stati abbrutiti da sacchi di sabbia alle finestre e sui balconi. I Kashmiri sono stati
torturati, in alcuni casi, dai Mujahideen e dai soldati indiani. Quando, ad esempio, si spargeva la voce che
dei combattenti si trovavano in un dato luogo oppure si verificava un attentato, l’esercito indiano per
rappresaglia circondava il quartiere (crack down). Gli uomini allora dovevano uscire uno per uno e
radunarsi in una piazza con le mani alzate dove rimanevano l’intero giorno, senza bere né mangiare,
fintanto che i soldati non avevano ultimato di perquisire tutte le case. Intanto le donne restavano sole,
soggette ad insulti e molestie. Alle volte veniva ordinato il coprifuoco, magari per 10-15 giorni. Nessuno
quindi poteva uscire di casa, non si andava a lavorare, si rimaneva senza luce, senza cibo, senza poter
chiamare un medico se necessario, le donne dovevano partorire in casa senza aiuto, con tutte le
conseguenze che si possono immaginare! In questi anni, molti civili si sono trovati senza colpa a transitare
nel momento in cui si verificava uno scontro e sono stati colpiti: alcuni addirittura nelle loro case, bambini
intenti a prendere il latte sono stati uccisi da pallottole entrate dalla finestra! Noi avevamo nel Kashmir una
minoranza indù con la quale abbiamo veramente vissuto condividendo le reciproche feste, cerimonie, lutti.
Insieme andavamo a scuola, giocavamo, tanto che la nostra mentalità è identica. I Mujahideen hanno ucciso
tanti induisti così molti altri, per paura, sono fuggiti ed ora vivono profughi in varie parti dell’India (e
specialmente a Jammu), il che è veramente triste anche perché i Kashmiri indù erano fermamente pacifisti.
Anzi, al tempo della divisione tra India e Pakistan, quando tutti lottavano tra di loro, l’India “bruciava” ed
il Mahatma Gandhi era disperato, egli riconosceva nel Kashmir l’unica luce nel buio di quel terribile
periodo ad illuminare il subcontinente indiano. Infatti, mai nel nostro paese ci sono stati fenomeni di
intolleranza. La guerra del Kashmir non deve essere assolutamente catalogata come “guerra di religione”
perché è stata imposta da India e Pakistan a causa della loro occupazione e dei loro interessi. I gruppi
armati, tra l’altro, hanno distrutto o danneggiato 120 ponti (Srinagar è attraversata dal fiume Jhelum ed il
paese dall’Indo), le scuole (alcune erano state appena attrezzate modernamente), l’acquedotto, l’impianto
per l’elettricità, impedito che si potenziasse la rete telefonica, ecc. Alcuni volevano impedire alle donne di
uscire di casa senza il velo, anzi, hanno gettato dell’acido sul viso a ragazze che andavano al college, hanno
proibito a tutti di usare il videoregistratore perché le videocassette potevano essere a “luce rossa”! Grazie a
Dio, in Kashmir, queste forme estremistiche non hanno fatto presa sulla gente comune. Le ragazze non
portano il velo come succede anche nella maggior parte dei paesi islamici: se accendete la tivù e vi
sintonizzate sui canali di paesi a maggioranza musulmana, le donne, magari giornaliste e presentatrici,
hanno il capo scoperto. Nel mio paese le donne circolano liberamente, vanno a scuola (anche se non c’è in
India, come in altri paesi non ancora del tutto sviluppati, l’istruzione obbligatoria sia per maschi che per
femmine), fanno una vita normale a seconda delle loro usanze e condizioni sociali. Ormai, essendo i
Kashmiri combattenti (per lo più giovanissimi) uccisi o imprigionati, il Pakistan ha inserito nei gruppi
rimasti dei suoi infiltrati (dall’ISI- servizi segreti), degli afghani, dei Kashmiri dell’Azad Kashmir e dei
mercenari di altri paesi. Questi entrano dalle frontiere, uccidono qualcuno in qualche villaggio isolato e
fuggono. Nelle città, invece, ultimamente, la situazione è molto migliorata: la gente è tornata ad uscire la
sera, lavora, si è abituata ad avere, ogni tanto, bombe ed attentati. Chi esce di casa non sa mai se tornerà
sano e salvo, ma non si ferma lo stesso. Ognuno lotta per una vita migliore, tutti cercano di rendere più
bella la loro abitazione, di avere più comodità. Le statistiche dicono che le malattie ed il consumo di
medicine sono notevolmente aumentate, i medici denunciano gravi problemi soprattutto psicologici. La
maggior parte dei Kashmiri vuole l’indipendenza. Se considera l’India come paese occupante, non vuole
certo uscire da un’occupazione per andare sotto quella di un altro paese quale il Pakistan che è più povero,
meno sviluppato ed addirittura senza un governo democratico. Una minoranza (il 20%), invece, crede che il
Kashmir si debba riunire con il Pakistan per motivi religiosi. Il vero problema è che i grandi poteri
internazionali non hanno interesse per il Kashmir perché non ha petrolio e non è in una posizione strategica
2
(se non per l’India) mentre sia India che Pakistan strumentalizzano il conflitto per interessi interni. Per
questo la guerra del Kashmir è stata dimenticata insieme alle risoluzioni dell’O.N.U. Solo in questo periodo,
per i noti fatti afghani, il Kashmir è balzato all’onore delle cronache.articolo pubblicato sulla rivista “50&più”, febbraio 2002
I brani citati sopra sono appunti degli autori di questo testo, in anni diversi.
Il 1989 è l’inizio delle agitazioni in Kashmir.
Ora molto è cambiato. Ma circa 80000 persone sono morte, 10000 sono scomparse e sono state scoperte e
denunciate fosse comuni con centinaia di cadaveri: una lunga e sconvolgente storia che dimostra quanto il
mondo abbia dimenticato questo paese, inserito comunque nella più grande democrazia della terra.
3
CAPITOLO I
GEOGRAFIA
Il Kashmir è una regione della parte settentrionale del subcontinente indiano fra i territori di India,
Pakistan e Cina. I geologi ritengono che, sommersa prima dal mare, la Valle del Kashmir sia stata
colpita da enormi onde sismiche sorte nell'Oceano Indiano per cui strati di sedimenti e rocce hanno
formato la catena di montagne dell’Himalaya. L’India, infatti, era attaccata all’Africa orientale e
separata dall’Asia da un oceano largo quasi quanto l’Atlantico attuale, chiamato Tetide. Durante la
deriva verso nord del continente indiano, il fondo marino della Tetide veniva via via inghiottito al di
sotto del margine asiatico, mentre l’oceano poco a poco si restringeva. I due margini continentali si
scontrarono circa 55 milioni di anni fa e così l’Himalaya cominciò a sollevarsi. L’area dove si
estendeva la Tetide è riconoscibile anche oggi all’interno della catena himalayana, in una zona di
sutura che separa il margine della zolla asiatica dal margine della zolla indiana. La sutura è una
fascia larga circa 10 chilometri che segue l’andamento della catena, dove affiorano gli ultimi resti
degli immensi fondali della Tetide scampata alla subduzione e non ancora erosi, dopo essere stati
4
coinvolti nella collisione1. Questa traccia segna i confini fra la penisola indiana e il resto dell’Asia
per 5000 chilometri, dal Pakistan, dove giunge fino all’Oceano Indiano presso Karachi, fino alla
Birmania, dove si collega all’arcipelago indonesiano attraverso le isole Andamane e Nicobare. A
nord della sutura, che segue per lunghi tratti l’alto corso dei fiumi Indo e Yarlung (il nome locale
del Brahmaputra) si trova la zona del «Transhimalaya», dove affiorano i resti di un arco vulcanico
rimasto attivo fino alla collisione. Ancora più a nord, si estende l’altopiano del Tibet. A sud della
zona di sutura, nella zona della Tetide himalayana, affiora la successione sedimentaria accumulatasi
sul bordo meridionale della Tetide durante la lunga storia geologica dell’India, e quindi si incontra
la catena dell’Alta Himalaya. A sud della catena principale si ritrovano i monti dell’Himalaya
Inferiore, formati da rocce sedimentarie molto antiche, e quindi le colline del «Subhimalaya»,
costituite da sedimenti fluviali che hanno iniziato a sollevarsi solo in tempi molto recenti.
Troviamo, infine, le grandi pianure solcate dai fiumi Indo e Gange dove si accumulano i detriti
prodotti dall’erosione delle montagne himalayane, ancora oggi in rapido sollevamento. Lo scudo
indiano, costituito da antichissime rocce ignee e sedimentarie, comincia ad affiorare solo a sud di
Delhi, mentre si trova
infossato a profondità di
diversi chilometri ai piedi
della catena.
Si dice che, in principio, il
Kashmir sia stato quasi
tutto ricoperto dall’acqua,
tanto che i primi abitanti
avevano le loro case
nell’acqua. Nel corso del
tempo, si formarono isole
di terra e iniziò un processo
di migrazione. Poi, una
grande eruzione vulcanica
avrebbe aperto un cratere e
drenato l'acqua, la lava è
ancora
presente
nelle
montagne. Ma i terremoti
sono rimasti un fenomeno
comune nella regione2.
1
Per capire davvero come fossili marini si trovino molto in alto sulle montagne, bisogna fare il seguente esperimento.
Supponiamo che un fossile si trovi a 3000 m. sul livello del mare e che quel tipo di animale presente nel fossile fosse
vissuto alla profondità di circa mille metri. Allora il livello del mare era, al tempo in cui l’animale era in vita, 4000
metri superiore a ora? Non è così! Prendendo una scatola di plastica disponiamo strati alternati di sabbia e farina fino a
circa metà dello spessore della scatola. Su un lato della scatola mettiamo la paletta in verticale: a questo punto una
“placca” a lato del bacino comincia a muoversi in direzione dell’altra, spinta gradualmente dalla paletta: gli strati di
sabbia e farina iniziano a piegarsi e a sollevarsi. Se sulla scatola si disegna una linea azzurra che simuli il livello del
mare, si vedrà che le pieghe del materiale nella scatola la superano. Ecco che le rocce del fondale marino sono emerse e
ora sono montagne e questo è quello che è successo all’Himalaya (e anche al nostro Appennino).
2
Roger Bilham, professore emerito di scienze geologiche presso l'Università del Colorado a Boulder ha avvertito, nel
dicembre 2011, che la regione himalayana del Kashmir potrebbe essere colpita da un mega-terremoto di magnitudo
9 scatenando uno scenario da incubo: un tale terremoto potrebbe innescare frane lungo la diga del fiume Jhelum e
questo potrebbe sommergere la valle del Kashmir sotto l'acqua. La sua stima è stata resa possibile dopo otto anni di
letture dai sensori GPS collocati in territorio indiano e pakistano grazie alla collaborazione con entrambe le nazioni. In
questa regione, la placca indiana sta lentamente slittando sotto l'altopiano tibetano creando delle zone di forte tensione
che potrebbero innescare una frattura e quindi generare un terremoto che interesserebbe dunque 1,5 milioni di persone
con conseguenze inimmaginabili.
5
Anche se parzialmente avvolto nel mito, il Kashmir esisteva già quasi 3 mila anni fa. Il nome
Kashmir viene dal sanscrito Ka (acqua) e shimira (asciugata), terra asciugata. In kashmiro si dice
Kashir. Il Kashmir è un paese dove brilla il sole e si può paragonare all’Italia subalpina.
Prima della spartizione, era dunque una regione (222.236 km2) dell'Asia meridionale che occupava
un vasto bacino alluvionale tra l'estremità nord-occidentale della catena himalayana e il versante
meridionale del Karakoram. Dal 1947 è al centro di un conflitto tra India e Pakistan per la sovranità
territoriale (si veda il capitolo STORIA). La regione è divisa tra tre paesi: il Pakistan che controlla il
nord-ovest (Territori del Nord e Azad Kashmir ), l'India che controlla la parte centrale e
meridionale ( Jammu e Kashmir e Ladakh) e la Cina che controlla la parte nord-orientale (Chin e
il Trans-Karakorum Tract). L’India dispone della maggioranza della zona del ghiacciaio Siachen,
compreso il crinale Ridge Saltoro, mentre il Pakistan controlla il territorio più basso a sud-ovest del
crinale Saltoro. I numeri della superficie controllata dai tre paesi sono assai controversi:
probabilmente l’India controlla 106,567 km 2 circa del territorio conteso (secondo altre fonti
141.338 km 2), il Pakistan 78.114 km 2 circa (altre fonti 85.846 km 2) e la Cina il restante 37.555
km 2 (la percentuale potrebbe essere: 48% India, 35% Pakistan, 17% Cina).
La popolazione è approssimativamente 15 milioni: 10 milioni in J&K (Jammu e Kashmir), 4,5
milioni in Azad Kashmir più Gilgit e Baltistan. Nella parte cinese, causa l’estrema altitudine, la
popolazione è in minima quantità (poche migliaia).
LATITUDINE – LONGITUDINE
Il Kashmir (prima del 1947) si estendeva da 32° 17' a 36° 58' lat. N e da 72° 26 'a 80° 30’ long. E
circa. Anche questi dati sono imprecisi perché, per motivi politici, le parti contendenti non vogliono
accettare cifre certe. Inoltre, essendo il confine in alta montagna, è ancora più problematico stabilire
la linea esatta.
CONFINI
Il Kashmir, dunque, è una regione montagnosa nel cuore dell’Asia centrale e confina con Pakistan,
India, Cina e Afghanistan. La superficie (222237 kmq.) è più grande di Belgio, Olanda e
Lussemburgo insieme. Confina con l'Himachal Pradesh e il Punjab a sud, con il Pakistan a ovest, a
nord ovest con l’Afghanistan e con la Cina a nord e a est.
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Longitudine e Latitudine di alcune importanti città nel Kashmir
Location
Latitude
Longitude
Baltistan
35° 30' N
76° 00' E
Baramula
34° 10' N
74° 30' E
Bhadarwah
33° 04' N
75° 40' E
Dras
34° 22' N
75° 50' E
Godwin Austen (K2), Mt.
35° 30' N
76° 32' E
Gulmarg
34° 15' N
74° 25' E
Gurais
34° 38' N
74° 56' E
Jammu
32° 43' N
74° 54' E
Kapalu
35° 10' N
76° 20' E
Kargil
34° 30' N
76° 13' E
Kathua
32° 17' N
75° 36' E
Khartaksho
34° 53' N
76° 10' E
Kishtwar
33° 19' N
75° 48' E
Kotli
33° 30' N
73° 57' E
Ladakh Range
32° 00' N
80° 00' E
Leh
34° 10' N
77° 40' E
Mirpur
33° 12' N
73° 51' E
Muzaffarabad
34° 24' N
73° 22' E
Nanga Parbat, Mt.
35° 20' N
74° 40' E
Naoshera
33° 13' N
74° 17' E
Padam
33° 28' N
76° 54' E
Pir Panjal Pass
33° 36' N
74° 22' E
Punch
33° 51' N
74° 08' E
Ramnagar
32° 52' N
75° 22' E
Udampur
32° 55' N
75° 09' E
Zangla
30° 40' N
77° 00' E
Zaskar
33° 30' N
77° 00' E
Anantnar
33° 43' N
75° 17' E
RILIEVO
L'Himalaya (in sanscrito significa Dimora delle Nevi Eterne), detta anche tetto del mondo, è una
catena montuosa dell'Asia che separa India, Nepal e Bhutan dalla Cina. È lunga circa 2.400 km.,
larga circa 100-200 km. e vi sono comprese le più alte vette del mondo. Secondo la tettonica a
placche, la catena dell'Himalaya è il prodotto del confine convergente tra Placca Indo-Australiana e
Placca Eurasiatica. Il continuo movimento relativo di queste placche indica che la catena
dell'Himalaya sta ancora aumentando di dimensioni. Geologicamente, si ritiene che l'Himalaya
crescerebbe ad una velocità di circa 8-10 millimetri l'anno, se la dinamica delle placche fosse
l'unico fattore incidente. Sono comunque attive le normali forze erosive, che ne riducono le
dimensioni; la crescita netta delle montagne della catena è quindi stimabile in circa 2,5-5 cm/secolo.
7
A Nord si trova la catena del Karakorum, a est il Tibet, al Sud il Punjab e l’Himachal Pradesh, a
ovest il Pakistan. Non c’è paese al mondo che abbia così grandi e magnifiche masse di montagne
splendidamente innevate.
La catena del Karakorum, la catena dello Zanskar, del Nun Kun e il Nanga Parbat sono tra le
montagne più importanti nella regione. Altre catene includono il Shivaliks, il Pir Panjal e le sue
propaggini anche Doda, Punch e Rajouri.
Il Karakorum (o Karakoram)3 è quindi un gruppo montuoso appartenente all'Himalaya, diviso da
questa dalla fossa del fiume Indo, che si estende per circa 500 chilometri di lunghezza. Ha alcune
delle vette più alte del mondo e ghiacciai enormi, come quello del Baltoro4. Forma per circa 450 km
il confine tra il Kashmir (pakistano e indiano) e la Cina. Verso ovest si connette con la catena
dell'Hindu Kush in Afghanistan. Qui troneggia il magnifico K2, conosciuto anche come Monte
Godwin-Austen, ChogoRi (lingua balti) o Dapsang, al confine tra la parte del Kashmir controllata
dal Pakistan e la Provincia Autonoma Tagica di Tashkurgan di Xinjiang, Cina, che, con i suoi 8611
metri, è la seconda montagna più alta della Terra dopo l'Everest. Inoltre, vi si trova il massiccio
isolato del Nanga Parbat, il Rakaposhi e l’Haramosh. Nanga Parbàt (conosciuto anche come
Nangaparbat Peak o Diamir) è la nona montagna più alta della Terra con i suoi 8107,8 metri e si
trova nel Kashmir occupato dal Pakistan (POK). Nanga Parbàt significa "montagna nuda" in lingua
urdu mentre gli sherpa, gli abitanti della regione himalayana, la chiamano "la mangiauomini" o la
"montagna del diavolo". Il toponimo Diamir, utilizzato localmente, significa re delle montagne. Il
3
Scenografia di uno dei passaggi chiave dell’antica Via della Seta, da un centinaio di anni è divenuto ambita meta di
spedizioni. Fu il Duca degli Abruzzi nel 1909 a inaugurare le esplorazioni di questo spicchio di Asia, famoso sia per la
presenza dell’arteria stradale più alta del mondo (Strada del Karakorum) sia per l’alta concentrazione di ghiacciai,
seconda forse solo a quelle dei due Poli. Nel 2009, in occasione del centesimo anniversario di quell’impresa, si è svolta
la prima delle missioni previste nell’ambito del progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”, ideato dall’associazione italiana
Macromicro per studiare l’effetto dei cambiamenti climatici sui più importanti ghiacciai della Terra, tramite l’ausilio
della fotografia e della ricerca scientifica sul campo. Le spedizioni negli angoli più remoti del pianeta, infatti,
forniscono immagini moderne che riproducono gli esatti punti di vista di riprese effettuate all’inizio del secolo scorso
dai più famosi fotografi esploratori italiani. Queste nuove foto forniscono a scienziati e studiosi la base per osservazioni
comparative sullo stato dei più importanti ghiacciai del mondo, preziosi indicatori per la valutazione dello stato
climatico corrente e, soprattutto, della sua evoluzione nel tempo.
4
Situato in Pakistan nel gruppo montuoso del Karakorum, lungo circa 60 km, si estende per circa 700 km², e sbocca
nella valle del Braldo a poca distanza dal villaggio di Askole, ultimo centro abitato sulla strada per il ghiacciaio.
È tra i più grandi ghiacciai vallivi al mondo, ed è attorniato da alcune delle principali vette della Terra come il K2, il
Broad Peak, il Masherbrum e il gruppo del Gasherbrum.
8
Rakaposhi (Räkapoşi) è una montagna della catena montuosa del Karakoram in Pakistan. È situata
nella Valle di Nagar circa 100 km a nord della città di Gilgit. Rakaposhi significa "muro
splendente" nella lingua locale. Il Rakaposhi è anche conosciuto come Dumani ("Madre della
Foschia"). Viene indicata come la 27a vetta più alta della Terra e la 12a più alta del Pakistan, ma è
più popolare per la sua bellezza. Haramosh è un’altro massiccio del gruppo Rakaposhi di 7.027
metri, con due cime: Haramosh Peak e Haramosh Kutwal Laila Peak; ha diversi nomi, Yengutz Har,
Ganesh Chish (che viene tradotto in inglese come Golden Peak), ed è facilmente visibile dal
villaggio di Nagar. I Monti Saltoro (o Saltoro Parvat, Saltoro Muztagh) sono una subcatena del
massiccio del Karakoram. Si trovano nel cuore del Karakorum, sul lato sud-ovest del ghiacciaio di
Siachen5, uno dei più lunghi ghiacciai al di fuori delle regioni polari. Qui è il confine controverso
tra il Jammu e Kashmir indiano e i Territori del Nord del Pakistan. Il Pakistan aveva sostenuto che
questa zona era parte del Gilgit-Baltistan sotto la sua amministrazione fino al 1984, quando le forze
indiane ripresero il controllo incontrastato della zona. Per le alte cime e la difficile possibilità di
scalate, questi monti sono poco visitati, tranne che dalle forze militari.
Sul lato sud-ovest, ci sono montagne a picco verso la valli dei fiumi Kondus e Dansam, che si
uniscono per formare il fiume Saltoro, un affluente del fiume Shyok. Questo a sua volta confluisce
nel fiume Indo. A nord-ovest, il ghiacciaio Kondus separa il campo dalla vicina montagna
Masherbrum, mentre a sud-est, il fiume Gyong, il ghiacciaio, e un passo (Gyong La) separano la
catena dei Monti Kailas (da non confondere con il sacro Monte Kailash, che non è in questa
regione.)
Diversi importanti valichi di montagna, ad esempio, il Karakorum pass e il Nubra pass, si
trovano in questa regione. Percorrendo la Karakorum Highway che segue il corso delle carovane
sull’antica via della seta e fiancheggiando il fiume Indo si arriva a Hunza, terra di Briganti.
Scendendo verso la vallata dello Swat, si arriva a Chitral, nei villaggi delle popolazioni kafire6. Il
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Il ghiacciaio di Siachen, a est della catena del Karakorum, è il secondo più grande al mondo nelle zone non polari: una
sorta di ghiacciaio sconfinato, chiamato anche Terzo polo, nelle montagne dell'Himalaya, al confine tra India e
Pakistan. Con i suoi settantotto chilometri di lunghezza è uno dei cinque ghiacciai più estesi della catena, con
un'altitudine media di 5.400 metri e picchi fino a 7.700 metri. Le temperature arrivano a toccare i -50 C. Scoperto nel
1902 dall'esploratore britannico Tom George Longstaff, il ghiacciaio si trova nello stato del Kashmir, in una zona
contesa da India e Pakistan. È noto anche per essere il campo di battaglia più alto del mondo, sul quale i due Paesi
hanno combattuto a fasi alterne a partire dal 1984. All'origine del conflitto il fatto che la linea di cessate il fuoco
stabilita alla fine della guerra indo-pakistana del 1947 si fermava a sud della catena del Saltoro (a ovest del Siachen),
lasciando senza una demarcazione precisa l'intera zona del ghiacciaio, inospitale e poco conosciuta nonostante il suo
nome significhi 'il luogo di rose selvatiche'. Tra i primi anni '60 e la fine degli anni '70, il Pakistan autorizzò spedizioni
alpinistiche nella zona, comportandosi come se il ghiacciaio fosse sotto il suo controllo. Nel 1984, l'India rispose
inviando contingenti militari sul Siachen e prendendo possesso della regione. A partire dal 1984, si svolsero frequenti
scontri armati tra le truppe indiane e pakistane, che vennero da quel momento dislocate stabilmente a oltre 7 mila metri.
Tra il 1984 e il 1987, nello Siachen, l’India ebbe la meglio, conquistò il ghiacciaio e costrinse il Pakistan a ritirarsi a
ovest di Saltoro Ridge. In mano pakistana rimase il passo di Gyong La. Da allora la situazione è rimasta praticamente
invariata. Attualmente l'esercito indiano detiene i due terzi del ghiacciaio e alcuni dei picchi più alti, compresi due passi
tra cui quello di Khardungla, il più alto transitabile. Con il controllo delle forze pachistane del passo La Gyong,
l'accesso indiano al K2 e alle cime limitrofe è però praticamente bloccato. Ogni anno vengono uccisi più soldati dal
maltempo piuttosto che dal fuoco nemico: circa 4 mila militari sono morti per congelamenti e valanghe. India e
Pakistan, lungo il ghiacciaio, hanno circa 150 avamposti ciascuna, presidiati da oltre 3.000 soldati. Sia l’India che il
Pakistan hanno espresso più volte la volontà di smilitarizzare la regione a causa degli alti costi di mantenimento delle
truppe in un territorio decisamente inospitale, ma nel 1999 il Pakistan ha fatto un’incursione nello Siachen e l’India ha
deciso che si ritirerà soltanto quando il Pakistan avrà riconosciuto ufficialmente l’attuale confine.
6
a pochi chilometri dal confine afgano e dalle cosiddette aree tribali del Waziristan, sono una comunità di circa 4000
persone che mantiene tradizioni antiche di millenni. I Kalash sono una stirpe di origine indoeuropea che costituisce una
delle ultime minoranze non-islamizzate del Pakistan. Tradizionalmente noti con l’appellativo di Kafiri (che significa
pagani), i Kalash rappresentano la continuazione di un’antica enclave linguistica e culturale che, nel passato, occupava
un’ampia area geografica che si estendeva tra l’Afghanistan orientale e l’attuale Pakistan nord-occidentale. I Kafiri
stanziati entro gli antichi confini dell’Afganistan, si videro costretti, nel tempo, ad abbracciare la fede islamica ma le
popolazioni kafire che risiedevano nel cosiddetto “Piccolo Kafiristan”, area che corrisponde in buona parte all’attuale
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Karakorum è probabilmente la zona del mondo più ricoperta da ghiacciai, con la sola esclusione
delle calotte polari. A causa della sua altitudine e scabrosità, è molto meno abitata del resto
dell’Himalaya. Le temperature in queste parti sono molto basse e la regione è coperta di neve a
causa della temperatura molto fredda.
A est del Kashmir, il Zoji-La, a
3.529 m di altezza, segna la linea
di divisione delle acque tra il
Kashmir e il Ladakh. Dalle pianure
verdeggianti del Kashmir si passa
al paesaggio arido del Ladakh.
Soprannominato il "Piccolo Tibet",
tale paese è costituito da un
immenso altopiano che alterna le
valli agli alti rilievi, dai 2.000 agli
oltre 5.000 metri. Caratterizzato da
un paesaggio minerale, il Ladakh è
stretto a sud dall'alta catena dello
Zanskar e a nord da quella del
Karakorum e dalle altezze
vertiginose del Rimo (7.385 m) e
del Teram Kangri (7.464 m). La
catena dello Zanskar divide
geograficamente la regione dello
Zanskar dalla regione del Ladakh,
ha una superficie di 15220 km
quadrati e si trova a circa 7055,1
metri sopra il livello del mare. Un
importante passo di montagna in
questa regione è il passo
Bawalocha. Lo Zanskar è la
regione più remota dell’Himalaya indiana, situata oltre i versanti settentrionali delle impenetrabili
montagne glaciali del nord dell’Himachal Pradesh, un insieme di valli profondissime che
convergono ad ovest verso il fiume Dado e ad est nello Tsarap, che unendosi formano il possente
fiume Zanskar. Questi fiumi si incontrano nell’unico tratto del territorio dove le valli si aprono
formando uno spazio più ampio e, seppur con difficoltà, è possibile la coltivazione della tsampa 7 in
quantità sufficiente per sostenere una popolazione che fin da epoche remote ha formato alcuni
villaggi che diedero origine al Regno dello Zanskar, un mondo composto da poche migliaia di
persone (nel 2009 si contavano circa 16.000 abitanti).
L'Indo e i suoi affluenti alimentano le vallate e creano talvolta alcune oasi, come la valle della
Nubra. A est i laghi, come quello salato di Pang-Gong Tso (a 4.300 m), sono circondati da oltre
6.500 m di monti che segnano il confine con il Tibet.
regione pakistana di Chitral, mantennero la propria distinta identità culturale e continuarono a professare la propria fede
ancestrale. I Kalash possiedono infatti una religione politeista incentrata nel culto di una serie di figure divine,
identificate con sacrari e templi presenti nei villaggi o associati a siti naturali celati nelle selvatiche e impervie regioni
montane della regione di Chitral. Dei e spiriti, ricordati, venerati e placati attraverso la celebrazione periodica di rituali e
feste stagionali collettive, come anche nelle nostre tradizioni pagane riprese poi dalla Chiesa, ricalcano i momenti più
importanti del ciclo agricolo e pastorale di quel popolo.
7
alimento tipico del Tibet e del Ladakh, nell'Himalaya indiano occidentale. È una specie di "dado", un ammasso di
farina di orzo - in tal modo facilissimo da trasportare - che si consuma sciogliendolo nel té bollente, al quale si aggiunge
burro di yak.
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La catena del Pir Panjal si trova a sud dell’Himalaya, a circa 5000 metri sopra il livello del mare.
Il Pir Panjal Range separa la regione di Jammu dalla valle del Kashmir. Questa regione ha diversi
percorsi di trekking che attirano turisti da tutto il mondo. La regione Doda è un ramo del Pir Panjal
Range ed è nota per le sue attrazioni turistiche, che comprendono percorsi trekking, della salute e
località termali. Il distretto di Poonch, nel Pir Panjal, è anche molto popolare fra i turisti per il
trekking.
Nun Kun è un massiccio situato vicino alla Valle di Suru, circa 100 chilometri ad est di Srinagar,
formato da due picchi: Nun, 7.135 m., separato da un nevoso plateau di circa 4 chilometri da Kun,
7.077 m. Il Nun è il più alto picco nella parte della catena dell’Himalaya che si trova sul lato
indiano della Linea di controllo. Il picco del Pinnacle, 6.930 m., è la terza più alta sommità del
gruppo.
La valle del Kashmir, bagnata dallo Jhelum, è una regione fertile e verdeggiante, detta "valle
felice". È racchiusa a ovest e a sud dalle alte cime innevate del Pir Panjal e a est dalla catena
himalayana con le impressionanti cime innevate di Nun (7.135 m) e di Kun (7.087 m), i picchi più
alti del Kashmir.
A sud le vallate pianeggianti dello Jammu, bagnate dal Chenab, si estendono ai piedi delle colline
Shiwalik e si addentrano nel cuore dell'Himalaya.
Lo Shivaliks è la più giovane e la più recente formazione che costituisce la catena himalayana,
ricca di conifere, ha alcune delle più belle e più visitate destinazioni turistiche di collina: Kangra,
Dalhousie, Kullu, Shimla, Nanital, Dehradun, Manali, Dharamsala, Mussorie e Kufri (alcune in
Himachal Pradesh).
Secondo l'articolo "Behind the Scenes" pubblicato da LiveScience in collaborazione con la
National scence fundation Usa (Nsf), nel corso degli ultimi 30 anni, lo scioglimento delle nevi
primaverili e il riscaldamento sembrano procedere a un ritmo più veloce in Eurasia che nel Nord
America. I dati emergono da un Advanced Study Program condotto da Mark Flanner,
dell'Università del Michigan, per conto del National center for atmospheric research della Snf, che
ha analizzato questi cambiamenti, constatando alla fine che i livelli di riscaldamento e di declino
dell'innevamento in Eurasia potrebbero essere due volte quelli in atto nel Nord America. L'Eurasia
produce molto inquinamento atmosferico attraverso le attività umane, gli incendi boschivi e le
tempeste di sabbia che inciderebbero in maniera combinata e in diversi modi sugli equilibri della
superficie terrestre e nell'atmosfera. La fuliggine sarebbe una delle principali cause dello
scioglimento dei ghiacciai dell'Himalaya e l'insieme di questi inquinanti aerei è tra le dieci più
importanti cause del global warming. “Alcuni aerosol - spiega la ricerca - riflettono l'energia solare
in arrivo, con un potenziale raffreddamento delle superfici sottostanti, ma il black carbon tende a
riscaldare le superfici assorbendo l'energia solare in arrivo. Anche il particolato che ricade sulla
superficie riduce le qualità riflettenti della neve, provocando ancora di più l'assorbimento
dell'irradiazione”. Secondo gli scienziati statunitensi, “a causa delle più alte concentrazioni di
materia organica e black carbon tipiche dell'atmosfera e sulla superficie coperta di neve in Eurasia,
questi aerosol potrebbero spiegare le differenze regionali di copertura di neve. Includendo il black
carbon e gli aerosol di materia organica nei modelli climatici, i ricercatori hanno ipotizzato che i
modelli potrebbero più efficacemente corrispondere ai dati anomali ottenuti con le osservazioni
primaverili”. Dopo avere escluso gli effetti dell'oceano, i ricercatori hanno migliorato i modelli con
la "neve sporca", simulando l'impatto dei materiali depositati sulla neve incontaminata. “Con questo
adeguamento, i modelli hanno correttamente indicato l'aumento del riscaldamento primaverile in
Eurasia”, scrive LiveScience.
Nel maggio 2011, è stato pubblicato uno studio indiano che, tramite analisi scientifiche, smentisce
quanto in precedenza affermato dall'Ipcc (gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici), che nel suo rapporto sul clima del 2007 prevedeva addirittura la scomparsa
dei ghiacciai entro il 2035. Nonostante ciò, la situazione non è del tutto felice: analizzando i dati
11
satellitari degli ultimi 15 anni (1989-2004), un team di 50 esperti di 14 istituti differenti, tra cui GB
Pant Institute of Himalayan Environment and Development, l’università del Kashmir e l’ateneo
Jawaharlal Nehru di Delhi, ha stimato che il 75% dei ghiacci si sono ristretti, l'8% sono aumentati e
il 17% sono rimasti invariati.
Secondo una recente ricerca dell’Australian National University, le temperature globali dovrebbero
salire di 6 gradi Celsius entro il 2100. Ovviamente tutto ciò si ripercuote, come già detto, in maniera
severa sull’ambiente: ghiacciai che si sciolgono, innalzamento dei livelli delle acque, specie viventi
che si estinguono, foreste che si restringono e inaridiscono. La sorpresa nel dibattito, però, arriva da
una controtendenza secondo studiosi francesi dell’Università di Tolosa e di Grenoble: i ghiacciai
delle alture himalayane, invece, stanno aumentando e gli scienziati l’hanno soprannominata
“l’anomalia del Karokorum”. La zona dello studio, pubblicato sulla rivista Nature Geoscience,
è una delle meno esplorate del pianeta, sia per le sue caratteristiche climatiche (dopo le calotte
polari è la parte del mondo più ricoperta da ghiacciai), sia per la situazione politica che la vede
contesa tra Pakistan, India e Cina. Attraverso i dati derivati da misure satellitari, gli scienziati
hanno studiato un quarto dell’area del Karakorum, rilevando che il bilancio finale tra la perdita e
l’aumento dei ghiacci è positivo. Le differenze altimetriche dei ghiacciai, tra il 2000 e il 2008, sono
state studiate attraverso delle mappe tridimensionali del terreno, ottenute tramite dei sensori
installati su appositi satelliti artificiali. Tale anomalia potrebbe contribuire, anche se in maniera
minima, a sottrarre un prezioso contributo alla risalita del livello marino; secondo il team, infatti, si
tratta di 0,001 millimetri annui di acqua sottratta agli oceani. Dai risultati di questa ricerca si
aprono, dunque, nuove domande: come mai i ghiacciai del Karakorum si discostano dal
comportamento globale? Alcuni scienziati ritengono che ciò sia dovuto all’azione congiunta
di maggiori precipitazioni nevose, rispetto alle altre parti del globo, e di una temperatura
bassissima che permette di intrappolare così le acque piovane nei ghiacciai. Ma ci si chiede anche
se le stime sul surriscaldamento globale effettuate negli anni siano attendibili, dal momento in
cui cresce il ruolo politico, economico e sociale negli studi sul clima. Molti ricercatori, infine,
tra cui anche autorevoli fisici e premi nobel come Kary Mullis e Fred Singer, sono scettici sul ruolo
antropico nel fenomeno del surriscaldamento e il loro numero è in continuo aumento:
l’azione umana -essi sostengono- ha un ruolo poco determinante nell’aumento delle temperature.
IDROGRAFIA
Il Kashmir è il paradiso del pescatore con tanti ruscelli,
fiumi e laghi alpini che abbondano di pesce
(specialmente trote di vario genere). Gli inglesi hanno
introdotto la trota nei ruscelli del Kashmir all’inizio del
ventesimo secolo, specialmente nel Sindh e nel Lidder.
Il fiume Indo, 3180 km, è il più lungo fiume del
subcontinente indiano e il terzo più grande in termini di
portata annua. Gli inglesi utilizzarono il termine "India"
per riferirsi all'intero subcontinente basandosi sulla
denominazione di questo fiume. Il suo bacino
idrografico supera i 1.165.000 chilometri quadrati e ha
20 grandi affluenti. Iniziando il suo corso su cime
dominate da ghiacciai, il fiume, inoltre, alimenta svariati
ecosistemi: quello delle foreste temperate, delle pianure
aride e delle campagne coltivate. L’Indo nasce nel
Tibet: è il principale fiume che attraversa il Ladakh
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(detto anche Singge Khababs, che in tibetano significa il fiume che scorre dalla bocca del leone, a
partire dalla confluenza dei torrenti Sengge e Gar, che scendono dall'Himalaya raccogliendo le
acque delle catene del Nganglong Kangri e del Gangdise Shan). Dalla zona del lago Manasarovàr,
l'lndo si apre un letto profondo e di varia ampiezza attraverso la catena del Kailash e attraversa il
Ladakh per 640 chilometri da est ad ovest. La sua potenza aumenta notevolmente quando a Nimmu
incontra il fiume Zangskhar, presso i cosiddetti «cancelli del Ladakh» (questa è un'ottima zona per
chi è interessato al rafting). Poi scorre a ovest attraverso lo stato di Jammu e Kashmir, a sud della
catena del Karakoram, entra in Pakistan, indi gradualmente gira verso sud, lasciando le colline tra
Peshawar e Rawalpindi. In quest'area una diga forma il lago artificiale di Tarbela. A partire dalla
sua confluenza con il fiume Kaboul, l'Indo diventa navigabile. Il resto del suo tragitto verso il mare
si svolge quindi nelle pianure del Punjab e del Sindh, e il fiume prende allora un corso molto lento.
Attraversa Hyderabad e si getta nel Mar Arabico: insieme con i fiumi Chenab, Ravi, Sutlej, Jhelum,
Beas e il fiume estinto Sarasvati, l'Indo forma un grande delta arido di 7770 km² che si estende su
200 km di costa, nella provincia del Sindh, a sud-est di Karachi, chiamato Sapta Sindhu ("Sette
Fiumi"). L'Indo rappresenta una vitale risorsa idrica per l'economia del Pakistan, in particolar modo
per le provincie del Punjab (maggior regione agricola del paese) e del Sindh. La parola "Punjab"
deriva dal persiano “Terra dei Cinque Fiumi” che sono, infatti, Beas, Jhelum, Chenab, Ravi e Sutlej.
Il fiume supporta lungo le sue rive anche molte delle industrie pesanti del Pakistan, e rappresenta la
principale fonte di acqua potabile del paese.
Un grande affluente dell'lndo è lo Shyok che nasce dal ghiacciaio Rimu, grande e gelido plateau:
con il suo ramo settentrionale di ghiacci eterni dà pure origine al fiume Yarkand. Lo Shyok scende
dal Karakorum verso oriente, compie un'ampia curva, raccoglie le acque del fiume Nubra che dà
nome all'intera regione e sgorga dal ghiacciaio Siachen, e si dirige verso occidente per gettarsi
nell'Indo aldilà del confine pakistano.
Il Jhelum o Jehlum è il più grande e il più occidentale dei cinque fiumi della regione del Punjab e
attraversa l'omonimo distretto di Jhelum nel Pakistan: infatti, in base al Trattato delle acque
dell'Indo, le acque del Jhelum sono assegnate al Pakistan. Nel Jehlum affluiscono tutte le acque del
Kashmir (torrenti, sorgenti, ecc.) e divide la Valle in due rendendola fertile, è poi un affluente del
fiume Indo e ha una lunghezza complessiva di circa 772 chilometri. E’ importante come via
navigabile attraverso cui vengono trasportate molte merci, tra cui i tronchi tagliati nelle foreste e
avviati alla lavorazione a valle. Il Jhelum era chiamato Vitastā dagli antichi Indiani e Hydaspes (in
italiano Idaspe) dagli antichi Greci ed è menzionato come uno dei fiumi più importanti dalle sacre
scritture degli Indo-Ariani, il Rigveda. Il nome antico sopravvive nel nome kashmiri del fiume
come Vyath. Il fiume Jhelum sgorga da una sorgente a Verinag, situata ai piedi del Pir Panjal, nella
parte sudorientale della valle del Kashmir e scorre attraverso Srinagar e il Lago Wular prima di
entrare nel Pakistan attraverso una gola profonda e stretta. Il fiume Kishenganga (Neelum), il
maggiore affluente del Jhelum, si unisce a esso vicino a Muzaffarabad, così come il successivo più
grande affluente, il fiume Kunhar della valle di Kaghan. È poi raggiunto dal fiume Poonch, e scorre
nel serbatoio della diga di Mangla nel distretto di Mirpur. Il Jhelum entra nel Punjab nel distretto di
Jehlum, da là scorre attraverso le pianure del Punjab pachistano, formando il confine tra i Doab di
Chaj e di Sindh Sagar. Finisce in una confluenza con il Chenab a Trimmu, nel distretto di Jhang. Il
Chenab a sua volta si fonde con il Sutlej per formare il fiume Panjnad che si unisce all'Indo a
Mithankot.
Il fiume Chenab, affluente dell’Indo, è formato dalla confluenza del Chandra e Bhaga: nel suo
corso superiore è anche conosciuto come il Chandrabhaga. Attraversa la regione di Jammu &
Kashmir, nelle pianure del Punjab, è raggiunto dal fiume Jhelum a Trimmu, poi dal fiume Ravi, poi
si fonde con il fiume Sutlej vicino a Uch Sharif, in Pakistan. Forma il Panjnad o il “Five Rivers”, il
quinto è il fiume Beas, che si unisce al Sutlej vicino a Ferozepur, in India. La lunghezza totale del
Chenab è di circa 960 km. Le acque del Chenab sono assegnate Pakistan secondo il Trattato delle
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acque dell'Indo. Il Chenab è il fiume attorno al quale ruota la coscienza punjabi, svolge un ruolo di
primo piano nel racconto di Heer Ranjha8, l'epopea nazionale punjabi e la leggenda di Sohni
Mahiwal. Il governo indiano ha progettato di costruire una serie di dighe idroelettriche lungo il suo
percorso in India, ma questi progetti sono stati contestati dal Pakistan perché teme che l'India stia
tentando di convogliare le sue acque in territorio indiano. Intanto, come sempre, capita che autobus
che percorrono le strade di montagna soprastanti le acque precipitino nei tanti burroni di queste
zone, sprofondando nelle sue acque gelide.
Il fiume Zangskhar raccoglie le acque del bacino omonimo e prende questo nome a Padum, dove si
uniscono i suoi due affluenti principali, il Doda e lo Tsarap che convergono da parti opposte lungo
una stessa direttrice parallela al fiume Indo.
Il primo, il Doda (Stod), ha relativa fonte vicino al passo di Pensi-La (4.400 m.) e allora fluisce
lungo la valle principale che conduce verso Padum; il secondo è costituito da due tributari principali
conosciuti come il fiume di Kargyag, con la relativa fonte vicino alla Shingo-La e dal fiume di
Tsarap, con la relativa fonte vicino alla Baralacha-La che si uniscono sotto il villaggio di Purne per
formare il fiume di Lungnak (anche conosciuto come Lingti o Tsarap). Lo Tsarap allora fluisce
verso la valle centrale dello Zanskar dove si unisce al fiume Doda. Lo Zanskar quindi prende un
corso nord-orientale fino a che non si unisce all’Indo in Ladakh.
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è uno dei quattro romanzi tragico-popolari del Punjab. Gli altri tre sono Mirza Sahiba, Sassi Punnun e Sohni Mahiwal.
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Una delle tante ragioni del conflitto in atto nel Kashmir è l’acqua. Il Kashmir include la sorgente di
molti fiumi e di affluenti del fiume Indo, uno dei fiumi sacri dell’India. Tra i maggiori di questi
affluenti ci sono i fiumi Jhelum e Chenab che scorrono principalmente in Pakistan, mentre altri
affluenti come il Ravi, il Beas e il Sutlej bagnano il nord dell’India.
Gli accordi sui confini risalenti al 1947 lasciavano le sorgenti di questi fiumi in territorio indiano e
uno dei maggiori timori del Pakistan era che l’India potesse usare la sua posizione strategica per
controllare e limitare l’afflusso di acqua di corsi d’acqua tanto importanti verso il Pakistan,
condizionandone così l’agricoltura (il novanta per cento dei sistemi di irrigazione agricola del
Pakistan dipende dai fiumi che hanno origine nella regione del Kashmir).
La commissione inglese che si incaricò della spartizione assegnò Gurdaspur all’India, nonostante
fosse una regione in maggioranza musulmana, per il timore che il Pakistan potesse controllarne le
acque, senza preoccuparsi che fosse l’India invece a farlo verso la regione a ovest di Amritsar, in
territorio pakistano. Il risultato fu che molti musulmani dovettero fuggire in condizioni disperate
con Hindu e Sikh che commisero atti di brutale violenza nei confronti dei fuggitivi (si veda il
capitolo Storia). Gurdaspur rappresenta anche il distretto in cui corrono tutte le strade verso il
Kashmir e, quindi, controllando questa regione si controlla anche il Kashmir.
Il risultato di quelle decisioni fu che l’India si ritrovò a controllare territori e risorse idriche
strategiche anche per il Pakistan mentre al Pakistan vennero sottratti territori come Gurdaspur che
avrebbero potuto condizionare la sicurezza idrica dell’India. Una disparità di trattamento che risalta
ancora di più per il fatto che il Pakistan è fondamentalmente uno stato la cui economia è basata
sull’agricoltura per cui il controllo delle risorse idriche riveste un ruolo ancor più strategico.
Molte di queste dispute vennero infine risolte con il Trattato sulle acque dell’Indo che regolava
l’uso delle acque tra India e Pakistan. Il Trattato venne firmato a Karachi nel 1960, tra l’allora
Primo ministro indiano Jawaharlal Nehru e il Presidente del Pakistan Mohammad Ayub Khan e
prevedeva la cooperazione riguardo alla divisione delle acque dei fiumi contesi. Intanto, fu deciso di
dividere i sei affluenti che si formano dal possente fiume Indo. L'India pretese i tre rami orientali,
che scorrono attraverso il Punjab, regione posta a cavallo della frontiera tra India e Pakistan.
L'acqua degli altri tre affluenti, che passano attraverso il Jammu e il Kashmir, furono assegnati al
Pakistan. Ciò nonostante, l’India ha realizzato dighe sui fiumi oggetti del trattato, contribuendo così
a riaccendere la tensione su questo delicato aspetto del conflitto sul Kashmir. Nella primavera 2012,
ad esempio, ci sono state forti proteste per la costruzione di due dighe idroelettriche in India sul
fiume Indo. Il timore è che la diga da 45 megawatt, alta 58 metri, Nimoo-Bazgo, e il relativo
progetto Chutak per la produzione di energia elettrica da 44 megawatt riducano i flussi d'acqua
verso il Pakistan. La costruzione, infatti, consentirebbe all'India lo stoccaggio di 4 miliardi 230
milioni di metri cubici della risorsa, violando così i termini stabiliti nel trattato bilaterale del 1960,
che regolava la distribuzione delle risorse dell'Indo. Il problema dell'acqua può essere la chiave
delle dispute molto di più di qualsiasi altra questione politica o religiosa, anche perché, purtroppo, i
ghiacciai dell'Himalaya nel Kashmir, che alimentano l'Indo, sono afflitti dagli effetti devastanti del
riscaldamento globale e potrebbero sciogliersi prematuramente, riducendo così
l'approvvigionamento idrico già limitato per i due popolosi paesi. Negli ultimi anni, in Pakistan, la
ricorrente carenza d’acqua ha portato al ritardo del grano. Nel 2008, la farina è diventata così scarsa
che si è trasformata in questione elettorale, facendo sì che il governo dispiegasse migliaia di soldati
a guardia dei suoi negozi di grano. Quando i ghiacciai si scioglieranno, il prosciugamento dei fiumi
farà salire a livelli allarmanti la tensione. Secondo alcuni scienziati, se il riscaldamento globale
continua al ritmo attuale, i ghiacciai potrebbero sciogliersi su gran parte delle montagne entro il
2035. Il conflitto del Kashmir sull'acqua è solo uno dei tanti problemi idrici nelle crisi geopolitiche
all'orizzonte. L'accesso alle risorse idriche è ovunque, nel mondo, fonte di disuguaglianza e tensione
e alimenta i problemi legati alla sicurezza. Non è un caso, ad esempio, se in Israele l'acqua dipende
dal Ministero dell'Agricoltura e in Palestina dal Ministero Israeliano della Difesa.
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