INFORMAZIONE FILOSOFICA Edizione Edinform. Informazione e Cultura Società Cooperativa a r.l. Viale Monte Nero, 68 20135 Milano Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Istituto Lombardo per gli Studi Filosofici e Giuridici Via Monte di Dio 14, 80132 Napoli Viale Monte Nero 68, 20135 Milano Registrazione n. 634 del 12 ott. 1990 Tribunale di Milano. Spedizione in abbonamento postale gruppo IV/70. Prezzo: L. 7500 Copie arretrate L. 10000 Abbonamento annuale (4 numeri): L. 28000, studenti L. 20000. Redazione, direzione, amministrazione e pubblicità: Edinform. Informazione e Cultura Società Cooperativa a r. l. Viale Monte Nero, 68 20135 Milano tel. (02) 55190714 fax (02) 55015245 COMITATO SCIENTIFICO CORRISPONDENTI DALL'ESTERO Mario Agrimi Remo Bodei Giuseppe Cantillo Franco Chiereghin Girolamo Cotroneo Mario Dal Pra Jacques D'Hondt Hans Dieter Klein Domenico Losurdo Italo Mancini Giovanni Mastroianni Aldo Masullo Vittorio Mathieu Roberto Racinaro Paul Ricoeur Paolo Rossi Pasquale Salvucci Hans-Jörg Sandkühler Livio Sichirollo Franco Volpi Alfonso Freire (Barcellona) Josef Früchtl (Francoforte) Fosca Mariani Zini (Parigi) DIRETTORE RESPONSABILE Laura Bosio HANNO COLLABORATO: Guido De Rosa Marco Fortunato Gianfranco Fiaccadori Raffaella Ioimo Bruno Pinchard Riccardo Pozzo SEGRETERIA DI REDAZIONE Paola Grilli Anna Malafarina CONSULENZA GRAFICA Gianluca Poletti IMPAGINAZIONE: Datapress s.r.l. Informatica editoriale Via Settala, 55 20124 Milano. DIRETTORE EDITORIALE Riccardo Ruschi STAMPA COMITATO DI REDAZIONE Arti Grafiche Stefano Pinelli s.r.l., Via Farneti, 8 20129 Milano. Antonio Gargano Lorenzo Giacomini Riccardo Ruschi REDAZIONE Flavio Cassinari Silvia Cecchi Riccardo Lazzari Massimo Mezzanzanica Elio Nasuelli Flora Parisi Valentina Restelli DISTRIBUZIONE Joo Distribuzione Via G. Alessi, 2 20133 Milano In copertina: Rappresentazione del sistema solare tolemaico. ccp 17707209 - intestato a: Cooperativa Edinform Informazione e Cultura s.r.l. Milano Per l'invio di articoli e materiale informativo indirizzare a: INFORMAZIONE FILOSOFICA Viale Monte Nero, 68 20135 Milano EDITORIALE Io credo che tutti oggi in Europa, in America, sono convinti che sia assolutamente stupido e immorale e inammissibile uccidere persone, perché appartengono a un’altra istituzione o a un’altra nazione. D’altro lato constatiamo che la guerra è sempre imminente e che potrebbe essere una guerra nucleare, che per la prima volta nella storia provocherebbe un suicidio totale dell’umanità. Ma se questo è vero, forse possiamo nutrire qualche speranza. L’individuo, che è messo di fronte alla propria morte, scopre la sua intera vita come qualcosa di molto importante, che bisogna salvare in un modo o nell’altro. Bisogna trovare un senso a questa vita e realizzarlo. Si può forse dire che gli uomini oggi, per la prima volta, vedono la morte totale dell’umanità e comprendono sempre di più che bisogna salvare questa vita e dare un senso alla vita comunitaria, della quale tutti partecipiamo. Questo evidentemente esige da noi il ritrovamento di uno scopo per questa comunità umana. Ma non è detto che questo scopo sia per sé sufficiente a cambiare la politica di forza che ha sempre retto le relazioni internazionali. Lo si può solo sperare. Anche in passato vi sono stati segni di qualcosa di diverso, o almeno anche in passato si è detto che le donne, i bambini, tutti gli uomini come individui privati non dovrebbero essere uccisi. E’ assai deplorevole che la tecnica moderna abbia prodotto guerre che hanno rinnegato questi principi di condotta. Abbiamo potuto constatare nel nostro secolo come la distruzione causata dalla guerra sia una distruzione totale. Siamo dunque in presenza di un fatto ambiguo, ambivalente. Da un lato siamo la generazione più violenta di tutta la storia, dall’altro siamo i più consapevoli, poichè sappiamo ciò che facciamo e ce ne pentiamo - solo un pazzo non se ne pentirebbe. Siamo obbligati e costretti a risolvere questo problema. La grossa difficoltà è che non abbiamo una soluzione già pronta da sperimentare. Si crea pertanto uno stato di dubbio generalizzato, costellato di sogni e speranze. Ci troviamo tra due mondi, tra due storie forse. Non posso essere rassicurante, né dire che ci avviamo verso la totale decadenza. ...E’ difficile pensare in un avvenire prevedibile alla scomparsa totale della guerra. Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo assistito ad una progressiva limitazione della guerra. Si possono dunque nutrire alcune speranze sulla nostra prudenza, che dovrebbe impedire a un conflitto di degenerare in guerra nucleare. L’utopia non è realista. Si dice sempre a proposito dell’”anima bella” che per il suo desiderio di pace utopica, di riconciliazione totale, essa cade nel terrore, nel terrorismo; ci sono molti esempi di questo passaggio dalla più pura innocenza al peggior terrore. Io ho comunque inclinazione a diffondere maggiormente i valori della cosiddetta “anima bella” in quanto traduzione, anche se maldestra, di una nostalgia, di un desiderio che resta comunque molto valido, perchè il desiderio di una pace assoluta e universale resta indispensabile anche quando si voglia assumere un compito più limitato e meno utopistico, consistente nel lavorare per la pace e nell’operare per attenuare al massimo la violenza. Ritengo si debba difendere quest’idea utopica ed innocente di una pace universale come un ideale e un sogno necessari, che dobbiamo riconoscere come sogno e che sola può guidarci nello stesso tempo verso ciò che vogliamo. Noi vogliamo, in definitiva, ciò che in altri tempi si chiamava “fratellanza”, anche se a questa parola non è mai corrisposto un contenuto ben preciso. La Rivoluzione francese parla di “uguaglianza” e di “libertà” e questi principi hanno di fatto ricevuto un contenuto, anche se ristretto. Al contrario la fratellanza è restata così utopica, così priva di contenuto reale, che non si sa che cosa pensarne. Tuttavia essa coincide con il desiderio che spinge verso l’uguaglianza, verso la libertà, verso il riconoscimento dei diritti umani. Breve stralcio da un’intervista a Adriaan Peperzak (Università di Amsterdam) proposta di recente dalla RAI-Radiotelevisione Italiana nello speciale: Il filosofo e la guerra, realizzato dal Dipartimento Scuola Educazione in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. EDITORIALE EDITORIALE (Testo lievemente ridotto di una conferenza dal titolo: Der Mensch und seine Hand im heutigen Zivilisationsprozess, tenuta il 15 febbraio 1978 presso il «Werkbund Bayern» di Monaco di Baviera. Il testo, tradotto in italiano da Franco Volpi con il titolo: L’uomo e la sua mano nell’odierno processo di civilizzazione, compare insieme ad altri saggi nel volume di Hans-Georg Gadamer, Elogio della teoria, Milano, Guerini e Associati 1989, pp.103-109.) SOMMARIO 5 RECENSIONE 46 L’integrità di Thomas Hobbes 5 Enciclopedia filosofica: congedo o sfida del pensiero? 46 Le lezioni del giovane Heidegger Rispondono Hans Jörg Sandkühler e André Jacob, 47 L’attualità dell’idea curatori di due nuovi progetti enciclopedici. 47 Sotto i cieli di Grecia 48 La filosofia dei primi cristiani 15 RESOCONTO 48 Scienze e saperi 15 Etica e politica nel crepuscolo della probabilità 50 CONVEGNI E SEMINARI 22 AUTORI E IDEE 50 Tra gli antichi e i postmoderni 22 Le peregrinazioni di Lyotard 50 Problemi del pensiero di Leibniz 22 Jean Starobinsky: il rimedio nel male 52 Il puro amore di Dio 24 Estetica della solitudine 52 Autori classici del Vicino e Medio Oriente 24 Per una filosofia al quotidiano 54 Peirce in Italia 24 Gilles Deleuze tra le pieghe del Barocco 55 Filosofia sistematica oggi 26 La società a volo cieco 55 Ricezioni di Heidegger 26 Modernità antimetafisica 56 Heidegger e Davidson 27 La scuola di Milano 58 L’umanesimo di Caetano: una questione dibattuta 27 Il Nulla e la poesia 59 Mente e cervello: uno e due 29 Nietzsche politico? 59 Atti sul metodo 29 Archeologia della storia della filosofia 61 Kant quasi contemporaneo 30 Il mito della storia 62 Etica dell’embrione 31 Le religioni in dialogo e la pace nel mondo 31 Le buone ragioni della falsità 63 CALENDARIO 32 TENDENZE E DIBATTITI 66 NOTIZIARIO 32 Il ritorno degli “emigrati” 32 L’immaginario politico: Cornelius Castoriadis 68 DIDATTICA 33 Nuova era, nuova gnosi 68 Il diritto alla filosofia 35 Fede nella scienza, fede nella religione 69 La filosofia e l’insegnamento nella scuola dell’obbligo 36 La filosofia del meraviglioso 69 Metodologia dell’insegnamento filosofico 37 Walter Benjamin: un’inattuale ricorrenza 70 Convegni, seminari, iniziative 38 Medievalia 40 La libertà del linguaggio 71 RASSEGNA DELLE RIVISTE 40 Il plurale dell’etica 41 Croce, lo spirito e la storia 43 Comprensioni dell’interpretazione 44 PROSPETTIVE DI RICERCA 44 Scritti giovanili di Sartre 45 Appunti e frammenti jenesi di Hegel 45 In memoria di Ilting 77 NOVITA' IN LIBRERIA RECENSIONE Rischard Serra, Corner Block 1983, (f. Terashima) RECENSIONE Due progetti enciclopedici di larga portata, profonda- fazione di Paul Ricoeur, e il secondo, Les notions philomente differenti nella loro impostazione, ma accomunati da un’unica convinzione, la necessità del libero e autonomo uso del sapere ai fini dell’emancipazione umana e dell’apertura all’eterogeneità delle conoscenze, sono apparsi nel ’90 sulla scena filosofica in Germania e in Francia, imponendosi ad altre opere dello stesso tipo. Si tratta dei quattro volumi della Europäische Enzyklopädie zu Philosophie und Wissenschaften (Enciclopedia europea di filosofia e scienze), a cura di Hans Jörg Sandkühler , in collaborazione con Arnim Regenbogen e con l'Istituto Italiano per gli studi Filosofici (Felix Meiner Verlag, Hamburg 1990, pp.3938, DM 478.-) e della Encyclopédie philosophique universelle (Enciclopedia filosofica universale), in quattro volumi a cura di André Jacob (Presses Universitaires de France, Paris 1990), di cui finora sono usciti il primo volume, L’Univers philosophique (pp.1998, F.1500) diretto da André Jacob e con una pre- sophiques. Dictionnaire (I-II, pp.3300, F.2200) diretto da Sylvain Auroux. A questi faranno seguito entro il 1991 un terzo volume, Les Oeuvres philosophiques. Dictionnaire, diretto da Jean-François Mattéi, e un quarto, Les textes philosophiques, diretto da André Jacob, Roger Arnaldez e André Doremus. Ma quale può essere il significato di tali sforzi di sistematizzazione del sapere contemporaneo all’interno dell’attuale sviluppo della filosofia? E’ ancora possibile oggi pensare di fornire un quadro unitario delle idee e dei concetti filosofici? Come si può affiancare all’enciclopedia, sistematica di un sapere possibile, l’ordinamento proprio del dizionario, sistematica del sapere sussistente? A questi ed altri quesiti rispondono gli stessi ideatori e curatori dei due progetti, Hans Jörg Sandkühler e André Jacob, rispettivamente con un’intervista e una riflessione sul progetto, gentilmente concessi a questa rivista. Enciclopedia filosofica: congedo o sfida del pensiero? autrici di vari paesi, proveSe si volesse caratterizzare Rispondono nienti da diversi ambiti di in poche parole lo spirito Hans Jörg Sandkühler pensiero, dalle scienze delcon cui è stata progettata e e André Jacob, la natura a quelle dello spirealizzata l'Europäische curatori di due nuovi rito e della cultura, alle Enzyklopädie zu Philoprogetti enciclopedici. scienze sociali, l’Europäisophie und Wissenschaften sche Enzyklopädie racconiente potrebbe adattarsi glie nelle sue 3.938 pagine meglio delle parole di A cura di Riccardo Ruschi circa 1.500 voci e riferiJohann Christoph Gottmenti suddivisi in 600 artisched: «Non quel pugno di veri e solidi dotti, che abitano le no- sviluppo storico, che renda possibile coli di ampiezza ciascuno dalle 10 stre Università, rendono il mondo un orientamento razionale del pen- alle 150 colonne, fornendo definiziointelligente e l’intera nazione arguta siero e dell’agire, salvaguardando in- ni lessicali, descrizioni dello svilupe ben educata, ma per lo più i cosid- sieme le differenti determinatezze del- po storico e problematico per ogni detti incolti, che sanno però qualcosa la conoscenza, fa riscontro un’ade- oggetto trattato, con riferimento allo delle libere arti e delle scienze». Que- guata strutturazione dell’opera, che stato attuale delle ricerche e in consto spirito illuministico - che il cura- permette di congiungere la specifici- nessione con altre voci ed altri ambiti tore dell’opera, Hans Jörg tà di un moderno lessico degli oggetti contigui di pensiero. Di tutti i concetSandkühler, riconduce espressamen- e dei concetti fondamentali della co- ti presi separatamente in esame viene te alla storia progressiva di un Europa noscenza razionale con il proposito dato insieme il campo speculativo di illuminista da Bacon, a Kant, a Hegel enciclopedico di ricondurre il sapere appartenenza, mentre per quelli insee Marx - non informa semplicemente nella prospettiva della totalità. Così riti in contesti concettuali più general’intento generale che anima il pro- vanno di pari passo descrizioni siste- li viene aggiunto il rimando alla getto, ma si rivela fin nei dettagli matiche e critiche filosofiche, dati nomenclatura corrispondente. Ogni come vero e proprio criterio operati- scientifici e spiegazioni dialettiche, articolo contiene alla fine la vo nelle scelte metodologiche, nelle analisi dettagliate e informazioni rias- bibliografia delle opere citate e una letteratura internazionale sul tema. soluzioni editoriali, nell’intera orga- suntive. nizzazione redazionale dell’opera. Concepita con un taglio ampiamente Quando ancora due importanti opere Allo scopo generale di un compi- interdisciplinare, dovuto al contribu- enciclopediche come lo Historisches mento filosofico del sapere nel suo to scientifico di oltre 360 tra autori e Wörterbuch der Philosophie (Dizio- RECENSIONE nario storico della filosofia), iniziato da Joachim Ritter nel '71 e proseguito da Karlfried Gründer, e la più recente Enzyklopädie Philosophie und Wissenschaftstheorie (Enciclopedia di filosofia e teoria della scienza), iniziata nel 1980 da Jürgen Mittelstrass, non sono ancora state completate, questo nuovo progetto enciclopedico s’impone per il suo pluralismo di fondo, che tuttavia resta legato a una complessione sistematica, incorruttibile di fronte agli attacchi critici della modernità. Ciò appare possibile in virtù di un concetto di dialettica che già Friedrich Engels aveva voluto come scienza di una totalità complessa e che ora, su questa traccia, viene adottato con il preciso scopo di garantire da una parte l’ideale di un “sapere obiettivo” in opposizione alle pure tendenze di pensiero, dall’altra di lasciare ampio spazio per un confronto con la pluralità delle prospettive teoriche in cui consiste oggi il sapere, intendendo con ciò la diversità di tradizioni di pensiero quali la filosofia analitica, l’ermeneutica, il costruttivismo ecc. In questa sorta di dialogicità sistematica, in cui singoli, spesso contrapposti elementi speculativi si compongono in un corpus unitario di pensiero fruibile, disponibile per un agire pratico, trova la propria legittimazione contenutistica e metodologica l’unione di sapere filosofico e sapere scientifico che l’Europäische Enzy- klopädie mette in atto. Della scienza la filosofia è chiamata ora ad assumere la chiarezza concettuale e la rigorosità metodica; mentre la scienza a sua volta assorbe dalla filosofia l’esigenza di una chiarificazione meto-dologica e teologica di sé stessa. Da tutto questo risulta un’ipotesi enciclopedica che è ben di più di un semplice “archivio” o di una diligente raccolta del sapere. Essa si presenta piuttosto in forma di un’opposizione emancipata nel nome della razionalità e della democrazia del sapere contro ogni tendenza all’espertocrazia, alla conoscenza come dominio, al controllo ideologico del pro- gresso e dell’emancipazione umana. Sapere e emancipazione Un’intervista con Hans Jörg Sandkühler D. Nell’agosto del 1990 sono usciti presso l’editore Felix Meiner di Amburgo i quattro volumi dell’Europäischen Enzyklopädie zu Philosophie und Wissenschaften di cui Lei è il curatore. Potrebbe illustrare quest’opera? Come è nata? R. Come prima caratterizzazione generale delle mie intenzioni, che sono poi quelle dei colleghi che in qualità di redattori di quest’opera mi hanno assistito, può valere il motto che apre quest’opera: «Vorrei rivolgere a tutti un avvertimento generale. Occorre riflettere su quale sia in realtà lo scopo della conoscenza, e sul fatto che essa non può perseguirlo nella gioia della speculazione, né nella competizione, né per ottenere il dominio su altri, né per profitto, fama, potere o per altro di questi motivi secondari, ma solo nel bene e nell’interesse per la vita. Questo e non altro porta e compimento e guida nella misericordia una siffatta conoscenza...»; queste parole appartengono al Novum Organon di Francis Bacon; esse indicano la tradizione, in cui anche noi ci poniamo - si tratta di quella tradizione illuminista che proclama il diritto dell’uomo al sapere, l’unità di sapere ed emancipazione. L’idea di una nuova enciclopedia nacque nel 1983 e da allora vi abbiamo lavorato. Fin dall’inizio non c’è stata alcuna decisione di tipo individualistico; l’opera doveva essere il risultato di un comune lavoro intellettuale: non un mezzo per dare fama al suo curatore, ma un’opera di mediazione e scambio culturale. Infatti il gruppo degli “enciclopedisti” che hanno lavorato al progetto- mi riferisco nuovamente al gruppo dei corresponsabili - aveva già dal 1975 prodotto un certo lavoro preparatorio: fino al 1983 erano apparsi circa 50 volumi della collana “Studien zur Dialektik” e della rivista “Dialektik”. In considerazione dell’interesse enciclopedico che già caratterizzava il nostro lavoro, è stato ovvio per noi impegnarci in modo concentrato all’elaborazione un corpus di pensiero comprensivo ed efficace - nella forma appunto di una enciclopedia. All’inizio vi era un certo scetticismo circa la necessità di un tale impegno, ma anche - in un’epoca come la nostra, in cui il sapere è condizione di progresso umano - l’ottimismo di assumerci come intellettuali la responsabilità pratica, e non solo programmatica, del sapere. Due anni di lavoro alla nomenclatura ci hanno mostrato cosa significhi assumere una tale responsabilità. Si trattava di dar vita - questo lo si sapeva bene - non a un dizionario dei termini disciplinari della filosofia, ma a qualcosa di più vasto, che si estendesse alla storia e all’attualità del sapere filosofico, scientifico e artistico e questo nello spirito della filosofia, voglio dire: attraverso l’interpretazione e la strutturazione fornita dalle categorie filosofiche, cioè attraverso una forma di pensiero in cui il molteplice e il particolare nella realtà e nell’esperienza umana vengono trasformati, mediante la ricostruzione del reale, in un universale, a cui si rende possibile RECENSIONE per l’individuo prendere parte, nonostante la divisione del lavoro e la specializzazione. Da qui l’idea dell’enciclopedia, da qui una gamma di “voci” che attraversano l’intera ampiezza della filosofia, delle scienze della natura e dello spirito, delle scienze sociali, dell’estetica, della comunicazione e dei media... D. Può spiegare più esattamente lo spettro di conoscenze che caratterizza questa enciclopedia? R. Lo spettro dell’insieme dei temi che sono stati oggetto di trattazione è per un verso il risultato di quel patrimonio di conoscenze che si può dire appartenga a un tipo di formazione scientifica orientata all’idea di illuminismo, per un altro è la conseguenza di capacità specifiche, cioè di competenze. Il fatto che la redazione sia costituita da filosofi e scienziati delle diverse discipline rispecchia questa situazione: conoscenza e linguaggio, logica metodo e metodologia (Sandkühler); dialettica ontologia e metafisica (D. Pätzold, Groningen); natura e scienze della natura, scienza e tecnica (Sandkühler); storia (L. Lambrecht, Amburgo); economia politica (W. Goldschmidt, Amburgo); prassi, etica, morale e antropologia (A. Regenbogen, Osnabrück); politica e Stato (W. Goldschmidt, Amburgo, e L. Lambrecht); diritto (H. Wagner, Berlino); società, cultura (L. Lambrecht e Th. Mies, Münster); infine: estetica, arti e media (Ch. Friemert, Amburgo). Questa pluralità di provenienze scientifiche ha permesso di trattare voci come: discendenza, anticipazione, apartheid, architettura..., significato, impedimento, coscienza, biologia..., darwinismo, dittatura, ‘terzo mondo’..., emancipazione, empirismo, epistemologia, Europa, famiglia, film, progresso, io, ideologia, informazione, cognizione, comunicazione, critica, uomo... Già questo primo “sguardo dietro le quinte” rende chiaro il problema che abbiamo dovuto risolvere: come si può conferire unità e struttura alla molteplicità? Il nostro ideale era di organizzare gli ambiti concettuali mediante grossi articoli di fondo, che dovevano sussumere al loro interno piccoli e medi articoli; ciò avrebbe presupposto una certa sistematicità. Invece abbiamo dovuto convincerci del fatto che fa parte della crisi di crescita del pensiero che una tale sistematicità non esista. Così siamo passati di nuovo all’ordine alfabetico, senza rinunciare a una certa strutturazione: alla fine di ogni articolo il lettore viene rimandato all’ambito dei concetti, a cui si è fatto riferimento, permettendogli così di orientarsi nella materia. Inoltre abbiamo conferito il massimo valore ad ampie bibliografie a carattere internazionale, poste a conclusione degli articoli: nell’acquisizione del sapere niente è vano, tutto si riallaccia sempre... D. ...Lei ha parlato di competenze; parliamo allora degli autori... R. Volentieri! Dato che questa è innanzitutto la loro opera. All’Enzyklopädie hanno preso parte circa 360 tra autrici e autori di oltre 20 paesi; due anni è durata la ricerca delle competenze e vorrei qui ribadire che il nostro intento era in primo luogo l’internazionalità e la pluralità dei competenti: un’unità polifonica voluta. Ricerca, fondamento razionale e competenza scientifica sono stati i nostri unici criteri di scelta e ora, guardando indietro, mi sento nella felice situazione di poter dire che c’è stata una spontanea adesione a questa nostra concezione, non da ultimo da parte degli studiosi della exDDR, da cui provengono quasi 100 autori. Di essi posso dire, ancora guardando indietro, che nei loro articoli si delinea quel legame tra tradizione di pensiero e nuove idee, che certamente ha influito anche sulla preparazione intellettuale degli ultimi rivolgimenti. D. Dunque non si può assolutamente parlare di un lessico scolastico. R. No! E questo non per mancanza di opportunità in tal senso, ma per convinzione che solo in virtù dell’ideale kantiano della “maggiore età”, ottenuta mediante l’autoriflessione, può nascere una scienza razionale e responsabile. Le scuole portano ai monologhi, mentre noi abbiamo voluto il dialogo pluralistico delle culture del sapere. Questa enciclopedia deve essere un tentativo di libertà del pensiero; per questo essa non parla un linguaggio, ma richiede al lettore la capacità di traduzione da linguaggi diversi. Abbiamo voluto opporci al pericolo, sempre insito nel pensiero, di sottrarci, in nome di un’ unica teoria, alle contraddizioni della realtà, escogitando un sistema di principi tanto chiuso, quanto privo di coerenza. Enciclopedia deve sempre essere il frutto di un bilancio intermedio all’interno di un processo aperto, che rimanda a un passato e a un futuro, in cui il pensiero non viene amministrato in modo archivistico, ma si dimostra un esperimento e un’avventura. La storia del pensiero non è mai pura continuità, linearità e cumulazione; al pensiero appartengono fratture e rivoluzioni. In senso metaforico l’Enzyklopädie - se la si considera all’interno di quella tradizione illuministica quale può essere rintracciata in Kant, in Marx, o ancora nel programma di O. Neurath di un’Enzyklopädie del sapere unitario - si dimostra una terra d’esilio per tutto ciò che viene bandito da un discorso di dominio. Non deve dunque stuopire se dei dialettici - così almeno ci consideriamo - non hanno elaborato un lessico di scuola, ma un pluriversum di prestazioni di pensiero; né deve stupire che vi siano culture nazionali del sapere: come può essere possibile infatti che un’autrice proveniente dal Portogallo e un autore dalla Finlandia abbiano un’unico stile di pensiero? In questa enciclopedia gli autori provengono da tutta quanta l’Europa (e alcuni da oltreoceano). D. Europa - qual’è l’elemento europeo di questa enciclopedia? R. Innanzitutto pragmatico - europea è la composizione dei collaboratori. Nella scelta dei nomi ci siamo dovuti confrontare con motivi contrapposti: filosofia, scienze e arti oramai, nel XX secolo - sempre che non abbiano il triste coraggio della provincialità - non sono più ‘europee’nel senso di un’autoisolamento dal processo transculturale dello sviluppo spirituale. Il termine ‘Europa’ - si confronti l’articolo critico che compare sotto RECENSIONE questo nome - richiama esperienze di oppressione, se non di annientamento di altre culture del sapere cosiddette estranee; articoli come ‘eurocentrismo’ e ‘terzo mondo’ - un ampio articolo che si dedica insieme al problema dei diritti dell’uomo nel ‘terzo mondo’ - dimostrano in definitiva che un modo di vedere eurocentrico è al di fuori di ogni intenzione. Europa tuttavia è più che un oggetto di critica necessaria. Europa significa impegno a mantenere vivo il ricordo dell’ideale della razionalità e della critica, della nascita delle scienze moderne, dei movimenti antagonistici di emancipazione in favore della democrazia, della giustizia e dei diritti dell’uomo, delle rivoluzioni dal significato profondo per la storia dell’umanità. Di questa storia progressiva noi vogliamo mantenere il ricordo e intendiamo innanzitutto questa enciclopedia come un contributo concreto all’edificazione della casa comune ‘Europa’, in cui speriamo un giorno di poter abitare. D. Lei ha parlato di “pensiero efficace”; pensa a una dimensione politica della sua enciclopedia? R. Innanzitutto abbiamo obbligato gli autori, con un preciso piano strutturale, a seguire esclusivamente criteri di obiettività. Nello stesso tempo sapevamo tuttavia che non vi è alcuna ammissione di consistenza che sia neutrale nel suo valore, tanto meno nelle definizioni con le quali tutti gli articoli incominciano. Il lavoro d’interpretazione dell’origine e di previsione del futuro procede di pari passo con le decisioni di valore, consapevoli o inconsapevoli, dello scienziato. Ogni sapere è carico di immagini del mondo e orientamenti normativi, che rispecchiano le origini e i progetti di futura realizzazione del possibile. Tuttavia lo scopo di un sapere che comprende - e che solo e innanzitutto per questo ha efficacia - presuppone assai di più che l’ammissione di una politica e di una prassi. Il corto circuito tra scienza e politica non è solo da oggi ad essere discreditato. Nutro la speranza che il fruitore dell’Enzyklopädie possa avvertire qualcosa dello spirito con cui gli autori hanno sviluppato i loro criteri scientifici e spesso - in maniera felice - li hanno anche fondati. Tutto questo non ha niente dello spirito maligno con cui la scienza si sottomette ai voleri di una ideologia di partito, ordinata in senso politico-amministrativo; piuttusto questo è lo spirito con cui il sapere spinge verso l’emancipazione, verso la libertà, innanzitutto del sapere, e poi verso la democrazia. Questo è anche il tipo di riferimento che noi come produttori, e molti altri come autori, abbiamo nei confronti di quella tradizione di pensiero e di azione, definita dal nome di ‘Marx’. Appunto alla luce di un tale riferimento parliamo qui di pluralità; non sapeva forse Marx trattare da sovrano l’intero sapere a partire dalla storia e dal suo presente? Non deve dunque meravigliare se in questa Enzyklopädie modi di pensare propri della dialettica, dell’ermeneutica, della filosofia analitica, del costruttivismo... creano un’unità, che può sconcertare solo colui che tien fermo a un marxismo culturalmente povero e uniforme - che non si merita questo nome. D. Lei pone l’accento sui termini di ‘origine’ e ‘storia’; come si esprimono queste prospettive nell’Enzyklopädie? R. L’Enzyklopädie non è un dizionario di aride definizioni. Io stesso ho potuto imparare alla scuola di Joachim Ritter e del suo Historisches Wörterbuch der Philosophie; la metodologia relativa alla storia dei concetti e delle idee perciò non mi è sconosciuta, al contrario. Mi batto per una filosofia che non si sottrae alla proficua alleanza con la storia della filosofia e della scienza; mi batto per un pensiero in processo. Si tratta di ponderare il rapporto tra storia interna ed esterna del sapere; devo ammettere che il difficile lavoro di spiegazione storico-sociale raramente ha avuto successo. Ma nonostante tutti i verdetti contro la storia delle idee c’è una storia interna del sapere, in cui il sapere si rapporta al sapere, la conoscenza alla conoscenza. Per questo la lontananza storica, che ancor sempre condiziona ampi spazi della filosofia analitica nelle sue analisi logiche - per quanto se ne possa capire - non ha potuto finora rappresentare un modello. Viceversa alla storia dei concetti e alla storia dei problemi viene conferito ampio spazio all’interno degli articoli, soprattutto negli artcoli più ampi e complessi, che raggiungono fin le 200 colonne, come quelli sul ‘lavoro’ o sulla ‘conoscenza/teoria della conoscenza’, o anche sul ‘marxismo’. Contemporaneamente dovevamo fare in modo che non divenisse un criterio la separazione tra storia e sistematica, che agiva all’interno della storia dei concetti; per tale motivo in questa enciclopedia abbiamo attribuito un maggior peso alla fondazione sistematica. Vorrei aggiungere ancora una parola sulla storia di questo progetto. Abbiamo potuto imparare dalla vicenda di altre enciclopedie, la cui elaborazione si protrae da anni o addirittura decenni, piantando in asso i lettori alla lettera P; ci è stato subito chiaro che la Europäische Enzyklopädie non doveva uscire con un volume per volta, ma contemporaneamente con tutti e quattro i volumi con le loro 8000 colonne complessive; e così di fatto viene ora fornita al pubblico. D. Parliamo ancora di “storia”; come s’immagina il futuro sviluppo dell’Enzyklopädie? Il progetto verrà continuato? R. Nel momento in cui il progetto è giunto al suo completamento questa domanda mi appare un icubo, dopo sette anni di intenso lavoro, in cui abbiamo dovuto contenere tutti gli altri interessi scientifici. Tuttavia è una domanda giustificata; infatti già ora sono riconoscibili mancanze e lacune. Inoltre alcuni articoli promessi dagli autori all’ultimo non sono arrivati: così mancano per esempio gli articoli su: antisemitismo, concetto, emigrazione, scienze dello spirito, industria, Islam... per citarne solo alcuni. Per altro verso ci sono lacune che scaturiscono da deficit di sapere; i tentativi di tematizzare adeguatamente i problemi dell’emancipazione della donna o quelli relativi ad un controllo fungibile in senso ecologico dei rapporti dell’uomo con la natura, sono riusciti solo in modo insoddisfacente (anche se di contro possiamo annoverare il grosso articolo sulle “donne”, quello sul “rapporto tra i sessi”, quello sull’”ecologia”...). Seppure sia un’idea rassicurannte l’aver lavorato, in un modo o nell’altro, per la storia della scienza, resta il fatto se lsi debba lavorare ancora all’Enzyklopädie. Deciderà il let- RECENSIONE tore, in qualità di consumatore, se e quando ci sarà una seconda edizione. Con profonda gratitudine devo dire che abbiamo trovato un editore coraggioso, Felix Meiner, e a questi auguro con l’Enzyklopädie quel successo in cui noi stessi speriamo. Non si dimentichi però che questo progetto non avrebbe potuto realizzarsi senza il generoso finanziamento dell’Università di Brema, dell’Università di Osnabrück e dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, con il quale è stata curata l’opera. D. Negli ultimi anni sembra esserci un rinnovato interesse per le opere enciclopediche; come se lo spiega? R. Ci potrebbero essere molteplici motivi per altrettante molteplici richieste nel “campo del sapere”; alcuni di questi motivi sono stati analizzati nel numero 16 della rivista “Dialektik” con il titolo: Enzyklopädie und Emancipation (Enciclopedia ed emancipazione); si tratta dei problemi aperti dai sistemi esperti, dall’epoca del computer, dal sapere come dominio; nell’occasione sono stati presentati anche le linee programmatiche di altre enciclopedie e dizionari. Io stesso ho cercato di prestare attenzione alla nuova, globale questione della perdita di sapere all’interno di quella rivoluzione che in quanto rivoluzione epistemica accompagna la rivoluzione scientifica. Ai contrassegni del nostro tempo appartiene la minaccia che la democrazia del sapere, cioè la libera, autodeterminata, illuminata disposizione di tutto quanto il sapere, non solo non si faccia sentire, ma che vadano perduti per gli individui i punti fermi raggiunti nella feticizzazione di una crescita del sapere puramente quantitativa, con tutte le relative conseguenze in fatto di espertocrazia e di una crescente opacità del sapere. La segmentazione e selezione dell’esperienza quotidiana sociale, ma soprattutto del pensiero scientifico, può condurre alla rassegnazione e a una comprensione ottusa del quotidiano. Perciò deve essere difeso e sviluppato ulteriormente ciò che è l’episteme: l’essere informati del mondo e della realtà del sapere, il possedere la scienza delle cose per poter formare il mondo, il saper dominare intellettualmente, razionalmente la molteplicità dei fenomeni attraverso teorie di grande portata, il poter partecipare al cosmo dei significati, l’essere cittadino nella democrazia del sapere. Le enciclopedie sono sempre state più che semplici raccolte di sapere; sono reti di orientamento. Proprio questa è anche la speranza che collego all’Europäische Enzyklopädie: essa vuole essere un veicolo per favorire l’iniziativa personale nell’ambito del sapere; apertura e pluralità, che essa assume a suo programma, hanno il compito di stimolare l’autoriflessione, il rischiaramento. Per concludere con Bacon: questa enciclopedia vuole contribuire a ricordare a noi stessi il fine a cui deve volgersi la conoscenza, il sapere- Louise Nevelson, Totality Dark 1962, (f. Boesch) RECENSIONE «il bene e l’interesse per la vita». «L’enciclopedia è l’antenata della comunicazione - si legge nell’”Avvertenza” a L’Univers philosophique, primo dei quattro volumi dell'Encyclopédie philosophique universelle - ... Il principio della sua identità risiede nel riconoscimento di tutto ciò che è altro». E di fatto il volume, diretto da André Jacob, si presenta come una summa e insieme un bilancio del pensiero filosofico di questo secolo, nelle sue forme e nei suoi contesti, secondo quello spirito proprio della tradizione di Diderot e D’Alambert, per i quali il carattere circolare dell’enciclopedia non era l’espressione di una chiusura o di un compimento del pensiero, ma piuttosto la forma che prendeva l’apertura all’alterità, l’apprendimento progressivo di tutto ciò che è diverso. Una diversità che questo primo volume rintraccia nella filosofia occidentale stessa, dal pensiero anglosassone a Heidegger, nelle scienze della natura e dell’uomo, dalla meccanica quantica alla psicanalisi, nei pensieri infine non occidentali, dalle culture orali orientali, alle religioni della Scrittura, alle concettualizzazioni delle società tradizionali, ciò che Jean Poirier raccoglie sotto l’unica denominazione di “etno-logia”. Così, mentre i filosofi francesi riscoprono a poco a poco l’importanza della filosofia analitica, l’Encyclopédie philosophique universelle apre il più possibile alla prospettiva antropologica, con il preciso intento, come indica Paul Ricoeur nella “Prefazione” al primo volume, «di andare fino ai limiti tollerabili della diversificatione del campo filosofico....rincrociando molteplici prospettive convergenti». Una sorta, potremmo dire, di decostruzionismo dell’Occidente, che è ben altro da quello di Heidegger e Derrida, puntando piuttosto a un approccio “planetario” del pensiero, che non rinuncia all’esigenza filosofica in quanto tale, alla sua specificità, né ancor peggio la dissolve in un puro relativismo, ma che intende, come scriveva Merleau-Ponty riprendendo un motto di Husserl, «aprire il concetto senza distruggerlo». L’organizzazione stessa delle 2.000 pagine a due colonne di cui è costituito il primo volume dell’Encyclopédie philosophique universelle rivela le tensioni che di fatto agitano l’”universo filosofico” attuale. Una prima parte, dedicata alle “Problematiche contemporanee” raccoglie entro sette sezioni i contributi più propriamente filosofici, dagli “approcci metafisici” alle “questioni e fondazioni”, passando per “l’azione e i valori”, “l’’uomo e le società”, “l’uomo e la natura”, “linguaggio e conoscenza”, “l’arte”. Segue una seconda parte di dieci sezioni, “Materiali per la riflessione”, dove l’eterogeneità dei contenuti proposti diviene manifesta: dopo una ventina di articoli dedicati ai quesiti tradizionali riguardanti l’istituzione filosofica stessa, i suoi metodi, il suo insegnamento, i suoi rituali, ci s’imbatte in una vera e propria enciclopedia scientifica all’interno di quella filosofica, con articoli sulla matematica e la fisica odierna, a cui fanno seguito alcune sezioni sulla cultura orale asiatica e sulle tradizioni di pensiero di determinati gruppi etnici in America, Africa, Oceania. Da ultimo chiudono il volume non meno di cinque indici, di cui un indice degli indici, che permette di fare confronti con altri dizionari enciclopedici esistenti, una bibliografia generale di quasi 270 pagine, ordinata in modo esemplare, e un “marca-pagina” tematico con la numerazione dei 284 articoli del volume, che rendono quest’opera un incomparabile strumento di riferimento e ricerca anche, e soprattutto, per i non specialisti. Il secondo volume dell’Encyclopédie philosophique universelle, che porta il titolo: Les notions philosophiques, presenta la struttura propria del dizionario e fa di questa enciclopedia l’innegabile sostituto del Vocabulaire technique et critique de la philosophie (trad. it., Dizionario critico della filosofia, Isedi, Milano 1971), pubblicato tra il 1902 e il 1922 dalla Société française de philosophie sotto la direzione di André Lalande e nello spirito della tradizione razionalista e spiritualista francese. Sebbene l’opera di Lalande riposasse sull’ipotesi contestabile, ma pur sempre feconda, che vi era una “lingua filosofica” capace di esprimere un sapere comune, suscettibile di essere “fissato” in modo consensuale dal dibattito critico, è oggi indubbio che le categorie kantiane, anche se rinnovate, su cui si reggeva quel progetto, non possono più pretendere di sintetizzare le nuove e concorrenziali direzioni della riflessione filosofica contemporanea. E’ appunto ciò che questo nuovo “dizionario delle nozioni filosofiche” mette ampiamente in mostra, rimediando alle mancanze più appariscenti del precursore, soprattutto nel campo della logica, della morale, della filosofia politica e dell’estetica, e aprendo alle scienze e alle società moderne e al pensiero non occidentale. Costituito da due tomi di complessive 3.300 pagine a due colonne, contenenti più di 5.500 voci, questo secondo volume dell’Encyclopédie philosophique universelle, diretto da Sylvain Auroux, ha richiesto dieci anni di lavoro, 600 redattori e un centinaio di collaboratori tecnici. Un impegno particolare è stato dedicato all’aspetto terminologico, con la decisione di adottare anche per le nozioni filosofiche l’architettura delle moderne banche-dati. Il dizionario prende tecnicamente atto di questa evoluzione, associando sistematicamente a ciascuna voce una “etichetta” o “indirizzo”, che localizza l’insieme delle informazioni disponibili sul settore di pensiero in cui s’iscrive una nozione, e stabilisce rimandi ad altre nozioni. Il che permette, anche grazie a una tavola analitica posta alla fine del volume, di connettere l’intero campo delle nozioni, rendendo praticabile una circolazione d’informazioni che va dal noto all’ignoto, da un problema all’altro, da una tradizione all’altra, a cui si aggiunge anche la possibilità di rimandi al terzo volume dell’enciclopedia, che tratterà delle “opere filosofiche. Una tale disposizione ha richiesto un ripensamento del concetto stesso di “nozione”, a cui è stato dato il carattere di una struttura associativa, costituita da una terminologia, da altre nozioni, da una somma di elementi definitori, descrittivi o storici, da un complesso di problemi, di teorie e talvolta di tesi, e da un insieme di testi che tematizzano la nozione o entrano nella sua tematizzazione. Alla diversità scoraggiante delle conoscenze che ne deriva rimedia l’ordine dell’alfabeto, completo dei relativi riferimenti, la cui arbitrarietà impedisce in ogni caso di soccombere alla tenta- RECENSIONE zione di un sistema che vuole unificare le conoscenze secondo un ordine logico. L’apertura nozionistica di cui dà prova questo dizionario, unico nel suo genere, è confermata dalle due altre sezioni che accompagnano quella dedicata alla filosofia occidentale, l’una consacrata al “pensiero asiatico”, l’altra alle forme di concet- tualizzazione delle società tradizionali”, che riprendono una determinante di questa enciclopedia, già presente nel primo volume, a testimonianza dell’ambizione universale e della volontà di questo progetto di situarsi nella scia dell’antropologia culturale attuale. In conclusione possiamo dire che sia dal punto di vista strutturale che contenutistico, l’Encyclopédie philosophique universelle mostra tutte quelle prerogative tipiche di un rivolgimento della tradizione universitaria di questa nostra fine del XX secolo attraverso un “riannodamento” del tutto inatteso della filosofia agli orizzonti non di una post-modernità retorica, ma di una modernità scientifica ripensata. Enciclopedia filosofica oggi Una riflessione di André Jacob La contingenza che a volte caratterizza la nascita di un’opera non esclude affatto la necessità maturata nel corso della sua realizzazione. Cosa più che mai vera nel caso dell’enciclopeida filosofica che sono stato chiamato a promuovere nell’arco del decennio appena conclusosi (con la pubblicazione della prima metà): nata come “negazione-superamento” di un modesto progetto di dizionario, essa ha dimostrato maggior consapevolezza delle proprie responsabilità nel tempo che non nello spazio, tanto quest’ultimo si è culturalmente trasformato. Lo scopo di E. Namer (incaricato del corso di Filosofia italiana alla Sorbona, che s’ispirava allora al Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano, pubblicato nel 1961), di rimpiazzare tra il 1975 e il 1979 il Vocabulaire technique et critique de la Philosophie di A. Lalande, uscito mezzo secolo prima, non era affatto orientato verso la nuova universalità del giorno d’oggi, risultato della pluralità delle culture. Ci si trovò a dover riconoscere che la filosofia avveva sovvertito le proprie origini greche, aprendosi ad altri tipi di pensiero, e questo proprio per fare onore a un’universalità vista in maniera differente, dagli stoici a Kant. Inoltre, proprio colui che esortava al rinnovamento del famoso lessico filosofico della lingua francese, aveva esplicitamente scartato a priori, ritenendolo troppo ambizioso, ogni progetto di enciclopedia in più volumi. Per un’ironia della sorte, fu proprio l’editore di Lalande, le Presses Universitaires de France, ad accettare il cambiamento che Namer aveva strenuamente rifiutato sulla base del canovaccio che gli avevo fatto pervenire, solo però se ne avessi decuplicato le dimensioni. La necessità di cui parlavo all'inizio è consacrata oggi dal fatto che la più grande casa editrice filosofica francese abbia rischiato la pubblicazione di qualcosa come 10000 pagine (di oltre 7000 battute ciascuna), che sarebbero dovute diventare l’opera più importante del suo immen- so repertorio. Si trattava della necessità di affrontare un bilancio intellettuale alle porte di un nuovo millennio: al termine di un terribile XX secolo, come lo aveva presagito Nietzsche, i cui sconvolgimenti politici e sociali, le cui ecatombi non sono da meno del balzo in avanti tecnico-scientifico senza precedenti, dopo la fine del neolitico, compiutosi in questo secolo. Per me forse si trattava anche della necessità di ritrovare, in condizioni nuove, l’interesse per una problematica del linguaggio enormemente diversificatasi da quando, negli anni ’50, cominciai ad occuparmene. Il “lavoro del linguaggio” (si veda dell’autore, Introduction à la philosophie du langage, pp.354 e 364 dell’edizione francese), che introduce nell’indagine filosofica le determinazioni riflessive e discorsive, trova sul versante encilopedico una delle sue maggiori fioriture. E’ quindi con un certo senso di piacere che presentiamo un’opera monumentale, la cui portata già la si può ricavare da tutti i suoi dettagli, a cominciare dalla scelta delle voci. Delineiamo in primo luogo le motivazioni culturali e la struttura dell’opera, per accostarci in un secondo tempo all’incontro fra enciclopedia e filosofia. I. Motivazioni culturali. All’inizio si sarebbe potuto pensare che l’opera sarebbe stata figlia del suo tempo: a tutti i livelli dell’attività umana, il semplice lavoro di assumere le informazioni richiedeva una certa interpretazione, a meno di non lasciare campo libero al nichilismo. Sia che si trattasse in effetti di avvenimenti socio-politici, con lo scatenarsi della violenza a partire dalla prima guerra mondiale (culminata a Verdun e al tempo del genocidio degli armeni), che non poteva fare a meno di mettere in crisi la filosofia del Progresso di cui l’Occidente viveva da quasi due secoli, o che si trattasse dello sviluppo di una “tecnoscienza” che con l’inaugurazione dell’era atomica, nel RECENSIONE 1945, andava a incrociare i primi: gli sconvolgimenti del XX secolo “danno da pensare”. E’ solo dopo Auschwitz che, dopo aver imposto un silenzio terribile, s’invoca un miglior modo di pensare: vale a dire, cogliere la prossimità della tragedia contemporanea e misurare la vera portata della condizione umana, l’enigma della sua difficile responsabilità. Anche le stesse trasformazioni economiche, legate allo sviluppo tecnico e agli accresciuti bisogni di energia, causa delle crisi che stiamo attraversando, hanno fatto sorgere una contestazione ecologica che pone in termini nuovi la questione del rapporto fra l’uomo e la natura. Da vent’anni a questa parte - momento critico di una modernità di cui Descartes è considerato il padre fondatore - siamo entrati in una fase “non cartesiana” (non soltanto a livello logico-matematico, come ne parlava G. Bachelard in Le Nouvel esprit scientifique del 1934, ma nella “filosofia pratica”), in cui il rispetto della natura deve limitare il dominio al quale ci credevamo destinati. Il faccia a faccia materiale con un ambiente che ormai ha dimensioni universali ha tuttavia stimolato una riflessione filosofica, per la quale sarebbe oramai difficile giustificare, come è stato fatto finora, un puro interesse per ciò concerne l’”anima”. Oltre alla rivalutazione globale del corpo come centro di energia, d’azione e di espressione, da Nietzsche a Merleau-Ponty, la genetica, e più generalmente la biologia molecolare, sono in grado di destabilizzare uno statuto dell’essere umano consacrato a Dio, più o meno riecheggiato dall’umanesimo e di cui è necessario ripensare i criteri. E’ solo quando il progresso delle biotecnologie pone questioni biomediche, che i limiti dell’individuo, nel suo duplice rapporto con la vita e la morte, vengono messi in discussione e nuovi problemi etici sollevati. Da parte sua, l’evoluzione dei costumi ha trovato in tutti i campi, dal più privato al più pubblico, di che rivoluzionare il pensiero filosofico e quindi rinnovare gli scopi di un progetto enciclopedico che voglia tenerne conto. Sul primo versante, il conflitto generazionale scoppiato negli anni ’60 ha favorito una liberalizzazione dei costumi senza precedenti nella storia occidentale. Il rapporto con la “trascendenza” spesso vi ha preso la forma dell’Alterità, mentre la repressione tipica dell’ordine stabilito tendeva sempre più a lasciare spazio a individui maggiormente responsabili. Parallelamente entrava in gioco anche l’emancipazione della donna in Occidente. Si configura così il cambiamento etico della morale - una rivoluzione nel campo della filosofia pratica. Sull’altro versante, più interculturale che internazionale, con la decolonizzazione cominciava a scricchiolare l’altra subordinazione-alienazione inconfessata dei tempi moderni. Fenomeno tanto più importante per un’enciclopedia filosofica che, prendendone atto, ambiva automaticamente all’universalità. Malgrado tutti i problemi irrisolti a livello economico, negli scambi internazionali, come a livello politico, sul piano locale, si è venuta annunciando una rivoluzione giuridica, che ancora oggi domina la filosofia pratica con la ridefinizione di ciò che è umano, in potenza e in atto. In aggiunta alla contemporanea crisi della fede e delle relative istituzioni, in un’epoca in cui venivano diversificandosi i valori etnologici, interviene la questione cultu- rale a rinnovare le teorizzazioni sull’uomo: senza per questo smettere di assegnare a una ricerca antropo-logica un compito ulteriore di fondazione. Si tratta di strati differenti, che dando spazio a uno spiegamento informazionale sempre maggiore, grazie a una civiltà mediatica che non conosce limiti (si pensi solo al numero degli articoli di “stampa”), chiamano a una riflessione e a un giudizio che rischia di superare la soglia della fondatività filosofica. La filosofia infatti, lungi dal dover intuire un mondo proprio, come falsamente le attribuiscono le caricature del platonismo, si nutre precisamente di tutti gli elementi della condizione umana. II. Strutturazione dell’opera. La mira planetaria del progetto era sufficientemente forte, che il desiderio di rompere con il modello alfabetico, anche di enciclopedie filosofiche che mescolano autori o scuole a concetti, non avrebbe creato zone d'ombra. Scegliendo liberamente una struttura “tetralogica” (senza pregiudicare la possibilità di uno sdoppiamento dei volumi, come era plausibile e come infatti si è verificato per il secondo e il terzo), corrispondente a quattro registri autonomi e complementari, risultavano quattro unità, autosufficienti ma corrispondenti fra loro, a cui era affidato il compito di accogliere le differenze di pensiero dell’umanità. Da qui si procedeva alla successiva apertura verso l’Estremo oriente e le “aree etnografiche”, che dava adito a un ammorbidimento e un’amplificazione dell’interesse filosofico per tipi di pensiero altrettanto fondanti, quanto in sé differenti, che dopo aver dato luogo nel loro insieme a sezioni distinte (XV: “Etnologia” e XVI: “Tradizioni e scritture”) nel volume I, li si ritrova (nel volume II e III) suddivisi in tre parti: “Filosofia occidentale, Pensieri asiatici” (India, Cina, Giappone, Corea), “Concettualizzazione delle società tradizionali” (Africa, America, Sud-est asiatico, Oceania). Una volta suggellata questa specificazione pluriculturale dell’universalità, era aperta la via all’autonomia dei volumi, caratterizzata da un registro proprio. 1. L’integrazione nella summa enciclopedica di due dizionari (dei concetti e delle opere) era pragmaticamente prioritaria. Anche se in filosofia l’informazione è sempre sopraffatta dall’interpretazione, il bisogno di chiarimenti su concetti e opere s’imponeva sia sul versante sincronico, più o meno comune a tutti gli autori, che su quello diacronico, che accosta realizzazioni singolari - nella situazione editoriale contrastante di un registro più volte visitato, soprattutto a partire dal Rinascimento, e di un altro stranamente inedito (a parte il cospargere di qualche opera filosofica le 16000 opere letterarie e artistiche che comporta il Laffont-Bompiani). 2. La posizione di questi due “pilastri” richiedeva, da una parte e dall’altra, due registri più aleatori: quello dei testi, la cui ampiezza e la cui portata apparivano di una varietà senza precedenti, e quello delle problematiche, che ritrovava l’inclinazione interrogativa della filosofia, intersecando concetti il cui accoppiamento generalmente non è che un caso limite delle griglie concettuali. D’altra parte, poiché nel corso della storia gli interrogativi dell’uomo nel mondo sono andati sempre più mediandosi attraverso RECENSIONE ogni genere di apporti e di “indefinibili” determinazioni, si è ritenuto opportuno aggiungere, nel modo in cui il nostro rapporto con l’universo diventa filosofico, sia dei “Materiali per la riflessione”, che fanno il punto sull’attività tecno-scientifica della nostra civiltà, sia dei retroterra culturali che possono far loro da preziosi contrappesi. Tutto ciò ha permesso d’illustrare l’idea decisiva secondo cui la filosofia non saprebbe nutrirsi di sé stessa, né i suoi interrogativi esercitarsi a vuoto. Attraverso il linguaggio proprio del pensatore, la filosofia si apre a tutti i discorsi, a tutte le azioni e le creazioni degli uomini e lavora per districarne il senso. A questo punto, parlare di “Universo filosofico” per definire l’unità del volume inaugurale presupponeva già il passaggio della materia a contenuti concettuali, con l’ingresso in una riflessione le cui radici affondavano nell’insieme reale. In questi differenti registri si riconosceranno senza difficoltà modalità o componenti del Discorso filosofico: dal suo orizzonte generale di problematizzazione alle opere (cfr. “Sommario”, p.5 bis) che specificano organicamente questa discorsività - e ai testi, estrapolati di volta in volta a seconda dei fini - passando per gli elementi concettuali (verbalizzati) impliciti in ogni discorso. Anche la riflessività filosofica, inglobando gli uomini, opera un rovesciamento dell’universo sensibile in un universo del discorso (abbozzato negli anni ’30 da L. Brunschvich in Les âges de l’intelligence), che supera questo tipo di inglobamento - secondo l’opposizione pensata ed espressa da Pascal: «Attraverso lo spazio l’universo mi comprende e mi inghiotte come un punto, attraverso il pensiero io lo comprendo». Come non notare, inoltre, che la simmetria delle “ali”, meno appariscenti nell’insieme dell’opera dei due dizionari “pilastri”, è rafforzata dalla notorietà dei partecipanti al primo volume (Aubenque, Lévinas, M. Henry, Apel, Fourastié, Prigogine, E. Morin, H. Atlan, Ladrière, Granger, R. Huyghe, C. Ramnoux, Hintikka, A. Rey, P. Prini, A. Messiah, J. C. Pecker, A. Danchin, E. Wolff, G. Canguilhem, E. Malinvaud, C. Guinzburg, A. Jacquard, C. Hagège, Condominas, J. Gernet, J. Leclant, Y. Congar, M. Heller, R. Rémond, etc...), faccia a faccia con i testi della tradizione filosofica. E’ questa una delle ragioni per cui, malgrado i legami incrociati tra volume e volume, quello che univa il primo all’ultimo non poteva che essere privilegiato. Ma la loro corrispondenza, consistente soprattutto nell’illustrazione testuale delle varie problematiche, non ha escluso la realizzazione di una serie di “Studi introduttivi” alla lettura dei testi filosofici, che dovrebbero coprire circa un sesto dell’ultimo volume e che raccoglie contributi, fra gli altri, di U. Eco, di G. Gadamer e di J. Starobinski, insieme a chiarimenti circa i problemi posti dalla traduzione, dal commento o dal confronto, dal lessico, dalla sintassi o dallo stile, che la trattazione enciclopedica non potrebbe trascurare. Come infatti diceva P. Ricoeur alla fine della sua Prefazione generale dell’opera: «Quale finalità più alta può avere un’enciclopedia filosofica universale se non quella di rimandare alla lettura delle opere filosofiche stesse, al termine di una riflessione che verte sul ricongiungimento della filosofia con la sua scrittura?» III. Enciclopedia e filosofia. Questo quadruplice approccio alla concettualizzazione e alla discorsività filosofica forse non è che un’approssimazione all’intento infinito, più volte ripreso, di una riflessione di fondo sulla nostra condizione: allo stesso modo in cui il pensiero e l’estensione non sono altro che due attributi tra gli altri della Sostanza divina nello spinozismo. Ma questo è un intento comprensivo, piuttosto che estensivo, che differenzia un’enciclopedia filosofica da un’enciclopedia generale. Più che definire o spiegare l’esperienza, qui si tratta di interpretarla, rapportando le conquiste della scienza, dell’arte o dell’azione alla situazione dell’uomo nel mondo. E’ per questo che la ricerca filosofica è al contempo anteriore - per via del suo essere radicata nell’esperienza più arcaica dell’uomo - e posteriore al lavoro scientifico: un’enciclopedia filosofica prenderebbe dunque avvio (interpretativo) da un’enciclopedia generale, da cui non può esimersi. Allo stesso modo la pluralizzazione dei registri proposti dall’Encyclopédie philosophique universelle potrebbe avere il vantaggio di valorizzare la reiterazione degli slanci e degli obiettivi, nell’eterogeneità relativa dei momenti del discorso filosofico: il che non permette la frammentazione nell’omogeneità di un solo livello. Ammettendo fin dall’inizio la complementarità di approcci tra i più plausibili, si resta pur sempre distanti da una chimerica esaustività, riportando alle sue giuste proporzioni l’intento totalizzante di un progetto enciclopedico. “Fare il giro” delle interpretazioni, piuttosto che delle conoscenze, diventa occasione di incroci, di nuovi sviluppi e di nuove aperture, piuttosto che di un accerchiamento del pensiero. Infatti, volendo essere enciclopedica, la filosofia non rinuncia alla propria ansia di interpellare e di interrogare: contrariamente a quanto avviene in un sapere già costituito, dove le risposte sono bell’e pronte. La riuscita di una simile impresa dovrebbe aiutare il lettore a sapersi meglio porre delle domande, che non ad avere prima delle risposte. La frattura grazie alla quale la filosofia tiene testa alle sovranità religiose non arriva forse ad abilitare un mondo senza risposta, o quanto meno univoco? Tutto ciò equivale a dire che l’obiettivo didattico minimo di quest’opera di consultazione dovrebbe essere quello di risvegliare lo spirito dell’”utente” e di renderlo più capace, al termine della lettura, a interrogarsi da solo. La finalità segreta dell’opera non tende forse al rinnovamento del desiderio filosofico, riconoscendo la specificità e l’indiscutibile necessità di una riflessione fondante per chiunque voglia onorare la propria appartenenza alla specie dell' homo sapiens? Solo l’inevitabile molteplicità degli artefici di un’opera simile segna l’irriducibilità enciclopedica di un lavoro filosofico, più spesso condotto nella discontinuità della meditazione individuale. La fragilità di questa stretta via, in seno a una società di massa e a una civiltà mediatica, non può che incoraggiare la messa im comune di competenze e di ricerche. Ma ciò non basta a consacrare l’avvento della comunicazione in filosofia: soprattutto se si fa assegnamento su una certa trascendenza dei filosofi in rapporto alle pulsioni e ai conflitti che tanto generalmente contraddistinguono i RECENSIONE comportamenti degli uomini! Un esame onesto della genesi e delle peripezie di un’impresa destinata a oltrepassare il decennio costringe a riconoscere l’ovvio, cioè che i filosofi sono degi uomini come gli altri e che si prestano alla comunicazione meno di quanto vogliano ammettere - anche nel caso più facilitato dalla tecnologia contemporanea...come quello di alzare la cornetta del telefono! Per una cattiva abitudine dell’individualismo moderno, o per timore di andare a intorbidare le acque proprio nel momento in cui ci si propone un ruolo chiarificatore nei confronti dei propri simili, quanti filosofi di chiara fama hanno reso più profondo lo scarto fra la realtà e l’ideale di cooperazione intellettuale! Quante responsabilità affossate o eluse, se non addirittura tradite, a scapito se non altro del “tempo” dell’impresa! Senza parlare delle occasioni perdute di approntare con il calore della parola parlata - che conferirebbe una dimensione più umana agli scambi filosofici in questa fine di secolo - le messe a punto scritte richieste dal progetto. Da una parte e dall’altra, in questa epoca di grande incertezza religiosa e di importanti rivolgimenti politici, quando l’era dei bilanci diventa filosofica, si potrebbe sperare di passare dal sapere al senso - dall’informazione sulle cose alla trasformazione del mondo umano. Soprattutto nel suo raccoglimento, nel senso più riflessivo ed esclusivo del termine, come dato concernente la situazione dell’uomo nell’universo, la ricerca filosofica dovrebbe fornire al lavoro enciclopedico una certa densità e orientarne il contenuto in senso assiologico. Vale a dire dovrebbe oppore, in un mondo investito da ogni parte dalla quantità, un’esigenza di qualità nel processo d’interpretazione dell’esperienza umana, ricercando in questo le condizioni della propria qualificazione. Tuttavia, non si vorrà certo negare che il “lavoro di raccolta” enciclopedico non potrebbe, nemmeno in filosofia, sfuggire al pluralismo, sia di una certa specializzazione, sia delle interpretazioni. L’unità del compito appariva dunque relativa e aleatoria - e spettava a chi aveva concepito il progetto di vegliare e prevenire - non senza un certo imbarazzo - ogni allontanamento, spesso involontario, che rischiava di introdurre delle disarmonie inammissibili. Quanto al lettore, gli saranno concesse parecchie libertà: dal semplice contatto esteriore con l’opera, alle obiezioni più solide, che fanno rimpiangere che un’opera, proprio per la sua “monumentalità”, non possa (come oggi accade con gli elaboratori elettronici per il trattamento dei testi) subire infinite rettifiche e miglioramenti. La tensione fra l’ideale e il reale è senza dubbio nello stesso tempo il motore della ricerca e lo scotto da pagare per una condizione temporale, in cui anche le negazioni si inscrivono in un divenire. Conclusione Che al momento dell’apparizione del secondo volume sia imminente una ristampa del primo, mostra chiaramente l’opportunità dell’impresa, in particolare nella situazione francese, da troppo tempo non più avvezza a imprese editoriali di alto livello, malgrado l’intensità e la varietà dell’attività filosofica che vi si manifesta. Quanto alle prospettive di traduzione dell’opera, che già si sono delineate, una giustificazione può essere data dall’originalità di una concezione e di una strutturazione, il cui impiego in quest’opera è fuori dubbio. Se il passaggio dal piano enciclopedico a quello filosofico equivale al passaggio da un discorso totalizzante di primo grado a un discorso di secondo grado - di tipo interpretativo, in cerca di fondazione - quello che va dal filosofico all’universale potrebbe dar l’impressione di procedere da solo, tanto le prospettive antiuniversaliste, di tipo hitleriano, sembrano tradire il progetto filosofico. Tuttavia, se c’è stata una maturazione dell’universale da Platone agli stoici e a Kant, la via d’uscita dell’accezione greca del progetto pone molti problemi ai sostenitori della philosophia perennis. Sono sicuramente le trasformazioni socio-storiche e intellettuali, verificatesi proprio dopo la “rivoluzione critica”, che motivano un nuovo universale. Anche se il suo aspetto “formale” può sembrarci astratto, la specificazione planetaria della nostra via di comunicazione conferma l’esigenza di un superamento del locale e del particolare. Vale a dire che l’orizzonte di universalizzazione, che continua a contraddistinguere l’apertura filosofica, prende forme diverse e nasconde contenuti in perpetua evoluzione. A questo punto, l’universale può essere costruito teoreticamente solo grazie a delle culture che si lasciano collegare nella misura in cui ci si astrae da esse; praticamente, solo in virtù di rinnovate azioni etico-politiche. E’ per questo che il significato di un progetto enciclopedico al giorno d’oggi consisterebbe nel ripensare la filosofia nel suo accresciuto pluralismo, mentre affiorano numerose culture precedentemente occultate; dunque ripensare la filosofia in un modo abbastanza unitario per aiutare l’uomo, quale individuo in cerca di Relazione, a non cadere nell’automatismo, nell’informa-tizzazione e nella quantifica-zione generalizzata. Come approccio fondativo alla realtà del nostro tempo, ci chiediamo se l’Encyclopédie philosophique universelle sarà mai un’opera di consultazione per orientare e aiutare l’autostrutturazione del pensiero dei nostri contemporanei. Per quanto ci riguarda, abbiamo dimostrato che la comunicazione poteva essere lo scopo più imperativo del mondo umano, dando luogo tuttavia alle resistenze più feroci. Il superamento fondativo della comunicazione è senza dubbio una porta stretta, che spinge alcuni a lasciarsi spazzar via da un ritorno in forza della violenza. In ultima analisi, l’unità plurale su cui non si potrebbe fare a meno di muoversi, è la misura del principio di complessità che l’epistemologia contemporanea ha sempre più preso come guida. In un momento critico della modernità, la lunga tradizione che giace nelle sedimentazioni lessicali è un contrappeso prezioso per i sogni di sistematizzazione originale, degni di farci entrare nel nuovo millennio. Ma qualunque cosa succeda, l’amibizione di interpretare, coordinandoli, il maggior numero di elementi del sapere richiederà una risoluzione filosofica che porti il coraggio della chiarificazione al di là dell’angoscia dell’immensità. RESOCONTO RECENSIONE E’ dubbio se all’etica spetti un posto tra le “poche cose” che recente convegno sul tema: Nel crepuscolo della probabiLocke annovera quali conoscenze certe. Nel “crepuscolo lità. Etica e politica (Palazzo Sopracenerina, 11-13 ottobre della probabilità”, è la luce sfumata del relativismo dei 1990), organizzato nell’ambito dei Convegni internaziovalori che illumina i fari spenti della Verità, della Norma e nali di Locarno “Scienza e società” in collaborazione con degli imperativi etici. l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. La possibiltà di scorgere nel moderno qualcosa di diverso dal paesaggio di rovine simmeliano, rimanda subito alla Il rapporto tra la politica, in quanto ambito del conflitto di necessità di inventare nuovi paradigmi di pensiero che non interessi, e l’etica come dimensione normativa e valutativa, interpretino il relativismo come un’espressione sintomati- è stato uno dei temi fondamentali della discussione. Nelca del nichilismo. Pensare un’etica della politica oggi l’orizzonte della filosofia pratica il problema è quello di significa per alcuni rinunciare alle certezze dei valori definire il campo di relazione tra queste due istanze, tema universali, senza abbandonare la possibilità di un criterio da sempre oggetto delle riflessioni di Norberto Bobbio, normativo per la sfera politica. Allora è il pluralismo stesso assente al convegno, il cui pensiero politico ed etico è stato dei valori che deve diventare il valore - ipotizza Veca - esposto in sua vece da Corina Yturbe. L’intento della sua oppure - come sostiene Walzer - si deve rintracciare nelle esposizione è stato soprattutto di confutare la posizione logiche complesse del politico quel minimo comun deno- sostenuta da Perry Anderson, studioso del marxismo, seminatore in grado di unificare gli interessi molteplici che lo condo il quale gli studi politici di Bobbio inclinerebbero compongono. Cercarlo in verso una visione una comune idea di diritto, “realistica”, che privilegia IV Convegno internazionale di Locarno «Scienza e società». nei valori sociali o all’inil ruolo del potere e della terno di una medesima pasviolenza. Secondo Yturbe sione civica è il compito, invece il concetto di realiintellettuale e pratico, di smo, pur esponendosi ad cittadini che pensano e di interpretazioni conservafilosofi che si pensano cittrici, deve essere letto in tadini. Un’etica per la pouna prospettiva più comlitica, del resto, non può plessa, che chiama in cauA cura di Flavio Cassinari, non essere “realistica” nel sa il tema della legittimiMassimo Mezzanzanica, Elio Nasuelli, Valentina Restelli. momento in cui misura il tà, quello del rapporto etipiano dei valori con quello ca-politica e quello del delle pratiche di potere. Le concetto di democrazia. ..avendo Dio posto alcune ragioni della forza e del Il problema della legitticose in piena luce, e avendo conflitto non appaiono mità è affrontato da dato a noi qualche conoscenza molto disponibili a farsi Bobbio attraverso il rapcerta, sebbene, in confronto al convincere dalla forza delporto tra diritto e potere, resto, limitata a ben poche cose [...], nella maggior parte le ragioni e dal bisogno di sostenendo, a differenza dei nostri interessi, egli ci pace e di giustizia; a tutti i del pensiero “realistico”, ha fornito soltanto il crepulivelli si assiste ad un inche né l’effettività, né la scolo, se così posso dire, treccio tra politica e mire legalità di un potere esaudella probabilità. individualistiche, mentre riscono il suo processo di John Locke sempre più gli interessi collegittimazione, ma è nelettivi vengono strumencessario appellarsi a valotalizzati da logiche elitarie di potere, che alterano tragica- ri quali la libertà, il benessere, l’ordine, la giustizia. Quemente le regole del gioco democratico. stione più controversa è il determinare i confini della Aggiornate teorie della giustizia si rendono oggi più che politica rispetto all’etica. Per Bobbio esiste una connessiomai necessarie, almeno nella misura di una ripresa delle ne e una tensione reciproca e irriducibile fra questi due “ragioni” per le quali un individuo possa sentirsi ancora un termini. Il conflitto è la ragione d’essere della pratica “cittadino”. Se l’etica vuole essere un orizzonte per la politica, che mediante compromessi tende a garantire una politica, e non semplicemente limitarsi ad un’operazione di convivenza ordinata da regole; essa si serve dei meccaniingegneria normativa, non può rinunciare a quei valori di smi effettivi del potere per realizzare i valori e gli ideali solidarietà e di equità che una volta si chiamavano virtù politici. La democrazia politica non si esaurirebbe pertanto civiche. E’ questa la posizione “neo-aristotelica”, a cui si in termini di “realismo”, ma realizzerebbe la possibilità di dovrebbe però obiettare che sono proprio i vincoli etici costituire un ordine legale che non ignori la fondamentale tradizionali, legati all’ambito ristretto delle società nazio- conflittualità dell’ambito politico. nali, che si dimostrano ormai logori ed insufficienti ad L’essenziale destinazione dell’etica a divenire discorso affrontare la dimensione globale dei problemi. pubblico e dunque a configurarsi quale “filosofia pratica” Si tratta di temi di vasta portata e difficili da collegare tra è stato il tema dell’intervento di Dennis Thompson della loro, temi tuttavia ineludibili per la filosofia politica, che Harvard University. Sotto al spinta di una tradizione cultuvive del continuo rimando tra universalità del principio e rale ispirata al pragmatismo, la filosofia politica e l’etica particolarità della situazione concreta. Proprio questo è negli Stati Uniti sono chiamate direttamente a intervenire stato l’oggetto di dibattito di un gruppo di filosofi ad un su temi di forte coinvolgimento pubblico quali: deterrenza Etica e politica nel crepuscolo della probabilità RESOCONTO RECENSIONE Fausto Melotti, The Apartheid 1967, (f. Carrieri) RESOCONTO RECENSIONE nucleare, razzismo, diritti sociali. L’istituzionalizzazione di ciò che Thompson definisce «etica applicata» solleva il problema della perdita della sua dimensione critica, come appunto è stato obiettato da coloro che considerano l’etica politica una mera ideologia, tesa a legittimare una pratica politica consolidata. I sostenitori della «critica ideologica» osservano infatti che l’etica applicata alla politica assume in sé l’agenda politica che sembra problematizzare, finendo col legittimare il programma e le scelte di chi detiene il potere politico. Una critica questa che, portata a fondo, aggredisce le basi stesse che rendono possibile il giudizio morale sulla politica, nonostante Thompson ribatta che l’accettazione di un relativismo consapevole nel giudizio etico non impedisce assolutamente una critica, anche radicale. Ineludibile per l’«etica applicata» è il confronto con le argomentazioni dei teorici del realismo politico. Esse partono dall’assunto che politica significa inanzittutto lotta per il potere e che all’interno di questa nessun vincolo etico può valere come ultimativo, pena la sconfitta. Una versione questa della teoria realistica che Thompson definisce «eroica», in quanto pone il fine dell’agire politico in un valore morale (il diritto, la pace), che tuttavia non deve interferire con gli strumenti utilizzati per il suo perseguimento, improntati al più assoluto realismo. L’argomentazione machiavellica dei critici realisti non mette in questione se l’etica sia o meno rilevante per la politica, ma quale tipo di realismo sia appropriato al conseguimento del fine. Nel prendere sul serio questa critica, l’etica politica deve essere - a detta di Thompson - più realista dei realisti nel mettere sul conto dei fatti il ruolo dei valori morali e di tutte quelle componenti estranee alla ragion di Stato e al calcolo di potere, che pure muovono gli attori della storia. La voce “realismo”, tema centrale di tutto il convegno, ha trovato un interprete particolarmente critico in Paul Feyerabend, che ha considerato questo termine nel significato che esso assume per l’epistemologia contemporanea. Sostenitore di una teoria “anarchica” della conoscenza scientifica, Feyerabend ha discusso alcune affermazioni dell’astrofisico dissidente cinese Fang Lizhi. In un intervento pubblicato sulla “New York Review of Books” (21 dicembre 1989) questi affermava l’esigenza di stabilire criteri universalmente applicabili per quanto riguarda i diritti umani, e giustificava la possibilità di giungere a tali criteri applicando all’ambito dell’etica il modello di universalità del sapere tipico della conoscenza scientifica. Feyerabend tenta allora di mostrare che le ipotesi di Fang Lizhi «danno un’errata impressione delle scienze e sono esposte al rischio di mettere in pericolo proprio il tipo di vita che egli cerca di difendere». La critica della posizione dello scienziato cinese è per Feyerabend l’occasione per alcune osservazioni sul rapporto tra la ricerca scientifica e le assunzioni normative, a partire dalle quali essa si sviluppa. Fang assume come ovvio il criterio dell’universalità della scienza, ma questo è per Feyerabend «un ideale, o un’ipotesi metafisica». Non si tratta qui di difendere una concezione della scienza come una posizione neutrale dal punto di vista etico e metafisico, al contrario, afferma Feyerabend, la scienza è impossibile senza una metafisica e senza assunzioni normative di base. Il caso di Fang Lizhi è una tipica situazione in cui «un principio metafisico viene presentato come un modello ben definito di pratica scientifica». Un caso analogo, in cui principi normativi (legati dunque ad una scelta di valori) vengono presentati come inerenti all’essenza della scienza tout-court è quello dell’epistemologia realistica, la cui nozione di “realtà”, che esclude il valore conoscitivo di altre forme di esperienza e di credenza, «trascende ogni insieme di dati scientifici esistenti (o anche possibili)». La concezione realistica dell’universalità della scienza, che implica che certi fenomeni e modelli di comportamento siano “soggettivi” o “irrazionali”, sembra essere di primo acchito il risultato di una osservazione fattuale. In realtà contiene una componente normativa. Per Feyerabend, ciò che conferisce valore a determinate credenze «non è la forza dei fenomeni, ma la forza di norme che valutano i fenomeni» e che danno origine alla preferenza per forme di “coerenza” tra i fenomeni, alle quali si dà il nome di “realtà”. Ma questo significa condizionare l’etica, «nel senso generale di una disciplina che orienta le nostre scelte tra forme di vita», rispetto all’ontologia, divenendo l’etica una «misura occulta della verità scientifica». In questo modo viene rovesciato il rapporto che il realismo epistemologico stabilisce tra scienza e giudizi di valore: «non partiamo da una “realtà” per poi inferire il modo in cui gli individui dovrebbero vivere; partiamo da una forma di vita che troviamo accettabile ed inferiamo da essa che cosa è “reale”. I giudizi normativi diventano la misura della realtà. Generalizzando possiamo dire che “reale” è ciò che gioca un ruolo importante nel modo di vita in cui qualcuno desidera vivere». La centralità della questione del pluralismo all’interno della filosofia contemporanea è stata in particolare sostenuta da Salvatore Veca. La pluralità dei dizionari speculativi, estetici e morali non può essere considerata semplicemente un’espressione del relativismo contemporaneo, essa soddisfa invece la complessità di motivazioni che ogni forma di vita possiede per rispondere alla domanda essenziale su come si deve vivere. Ogni persona convive con una varietà essenziale di fini e di ragioni, spesso conflittuali, attraverso le quali articola il rapporto con se stessa e con il mondo. La tesi di Veca è che il pluralismo deve essere accettato come un principio valido dal punto di vista normativo e dunque riconosciuto come valore e non soltanto come dato di fatto. Se infatti esistesse un valore ultimo a cui fossero riconducibili le ragioni dei conflitti di valore, non esisterebbe alcun dilemma morale e tutto si risolverebbe in un’operazione di ingegneria normativa. Esisterebbe una moralità, ma non la nostra moralità. Il «fatto del pluralismo» - l’espressione è di John Rawls - presuppone pertanto l’accettazione del pluralismo come valore in un certo senso prioritario, e ciò vale a maggior ragione in politica, dove si tratta della vita giusta e non della vita buona. La precisazione è fondamentale per caratterizzare lo spazio specifico dell’ambito politico, che è quello di organizzare le modalità della vita della polis. L’etica della politica richiede una ridefinizione, se non un restringimento del dominio dei valori all’ambito che pertiene ad una giusta organizzazione della vita collettiva. Diventa importante allora una definizione della natura, del ruolo e dei limiti della politica. Per caratterizzare le sfera sociale della democrazia, l’ana- RESOCONTO RESOCONTO RECENSIONE lisi di Veca procede attraverso un riferimento critico con la Teoria della Giustizia di Rawls, che considera il pluralismo come un esito del politico, generato da un sistema di diritti e di libertà che favorisce la nascita di una pluralità di dottrine e di visioni del mondo conflittuali. Il riconoscimento del pluralismo come valore è in tal senso condizione necessaria per impedire al potere coercitivo dello Stato di eliminare i conflitti. Diversamente Veca sostiene che soltanto considerando il pluralismo come il presupposto di una concezione della giustizia che regoli il dominio del politico, diviene possibile concettualizzare la specificità dell’ambito politico e fornire ad esso criteri normativi. Ma quale sarebbe allora il bene sociale da tutti condiviso, che può valere come principio normativo della sfera politica? La risposta più convincente sembra risiedere nel concetto e nella pratica, infinitamente perfettibile, della democrazia. Essa non è solo un modo di distribuire il potere e di legittimarne l’impiego, bensì il modo intrinsecamente politico di distribuire potere politico, garantendo l’autonomia delle sfere sociali e contemporaneamente separando l’esercizio della cittadinanza dagli altri ambiti della vita sociale (economici, religiosi, militari, ecc,). La democrazia presuppone l’arte della separazione, la distinzione tra ciò che è condiviso dagli uomini in quanto cittadini e ciò che differenzia gli uomini nelle pratiche di vita e nelle visioni morali del mondo. Se l’uguaglianza nei diritti e la società come ambito di realizzazione degli individui sono ancora da raggiungere, il costituzionalismo liberale resta - per Veca - il terminus a quo per qualsiasi disegno normativo che voglia prospettare una società più giusta. La sfida del mondo contemporaneo, sempre più interdipendente, da cui sale una ineludibile domanda di giustizia economica e civile si riassume - come ha asserito Dahrendorf - nella questione della possibile pratica dell’idea kantiana di una cittadinanza universale. Sulle questioni aperte da Veca si è pronunciato anche Michael Walzer, docente di Scienze sociali all’Istituto di Studi superiori di Princeton e noto per la sua teoria etica pluralista, esposta in Spheres of Justice: a defence of pluralism and equality (Sfere di giustizia: una difesa del pluralismo e dell’uguaglianza, 1983). Facendo riferimento a un’immagine televisiva in cui dei manifestanti di Praga innalzavano cartelli con scritte semplici e immediatamente comprensibili come “giustizia”, “verità”, Walzer distingue un significato minimo da un significato massimo dei concetti etici, che possono essere usati e intesi in un’accezione “sottile” e in un’accezione “spessa” e che sono appropriati a contesti e scopi diversi: «i significati etici minimi sono imbevuti di morale massima, sono espressioni di una stessa lingua e orientati da uno stesso contesto storico, culturale, religioso e politico. Il “minimo etico” si affranca dal suo proprio contesto caratterizzato da vari gradi di sottigliezza, solo in momenti di crisi individuale, sociale o politica», come nel caso cecoslovacco. Nato in un contesto particolare, che conferisce una serie di sfumature di significato ad ogni termine etico, il linguaggio dei manifestanti di Praga può essere immediatamente compreso anche altrove in quanto anche altrove è presente il senso “spesso” della giustizia e della tirannide. Esiste cioè in ogni morale un “nocciolo etico” che viene rielaborato diversamente dalle diverse culture. Così la morale “spessa”, integrata in diver- si contesti culturali, storici e sociali, diventa “sottile” in occasioni specifiche, quando è riferita cioè ad obiettivi particolari. Alla base della prospettiva di Walzer c’è dunque il riconoscimento del pluralismo culturale ed etico. Ma se seguiamo la sua interpratazione dobbiamo conseguentemente osseravre che questa idea è a sua volta il prodotto di una determinata cultura, è un’idea “massima”: «il prodotto di una politica liberale di grande spessore». Nel senso di un radicale ripensamento della logica politica si è sviluppato l’intervento di Maurizio Viroli, che ha preso in esame la tradizione della filosofia civile italiana nell’epoca dei Comuni. Oggi il linguaggio della politica è egemonizzato dal concetto di “ragione di Stato” che, pur rivelando una componente fondamentale del dominio politico, non si rivela però capace di dar conto della ricchezza delle motivazioni e dei fini dell’agire politico stesso. Il concetto di politica come «arte di governare una repubblica o un regno secondo ragione e giustizia» è stato espresso da Brunetto Latini nei termini di scientia civilis, mentre la conquista del potere da parte di un singolo o di una fazione viene registrata come arte di «cercare lo Stato». Il potere e l’interesse privato sono perciò estranei alla politica della civitas. La politica come perseguimento della città giusta appare ai teorici “realisti” come un fantasioso moralismo, un ostacolo teorico sul terreno concreto della lotta per il potere, identificando d’autorità il concetto di politica del principe con quello del cittadino. Se “l’allocazione autoritativa dei valori” è un compito imprescindibile di qualsiasi politica, non è detto che venga soddisfatto da una pratica politica che considera come suo fine e legittimazione la conquista del potere. La richiesta di libertà civili non intende necessariamente esprimersi come lotta per il potere, ha piuttosto a che fare con una “dimensione architettonica” della politica come costruzione della città giusta. Il paradosso è che le motivazioni e gli sforzi rivolti a questo progetto appaiono non politici ai teorici del “realismo”. Riformare il linguaggio della politica significa spostare il baricentro teorico sulla nozione di cittadinanza. Tale è l’obiettivo dei “filosofi comunitari” che sostengono la priorità del bene sul diritto, con un vocabolario ricavato dalla filosofia civile, sottolineando però il ruolo della tradizione e dei valori culturali specifici che informano una comunità politica. Accanto alla formulazione di concetti il cui carattere astratto può lasciare indifferenti è importante riattualizzare le ragioni morali e le passioni che danno corpo all’agire politico. Così, contro l’idea formale e negativa di libertà come non-ostacolo ai desideri di ciascuno, la libertà attiva vede la città come un insieme organico di diritti comuni e di comuni libertà. Una convincente testimonianza dell’esercizio della retorica al servizio della passione per la libertà è stata fornita proprio dall’intervento di Viroli che si è concluso con un appello all’etica della generosità e della giustizia. Una serie di obiezioni al suo discorso hanno però messo in rilievo che alla base della politica moderna vi è un presupposto contrattualistico che ha messo necessariamente fuori gioco le componenti passionali, positive o negative, della vita comunitaria, proprio per instaurare la “ragion pura” del governo civile. In una differente prospettiva teorica, anche HorstEberhard Richter, psicoanalista e studioso di psicologia RESOCONTO RESOCONTO RECENSIONE sociale, attivo nei movimenti ecologisti e pacifisti tedeschi, ha analizzato il rapporto tra etiche razionalistiche e etiche fondate sulla dimensione emotivo-sentimentale dell’esistenza umana. Il suo punto di partenza è il riconoscimento della necessità di una nuova etica per il mondo contemporaneo, in cui per Richter si esprimerebbe tuttavia una paura diffusa nelle società industriali, che nella loro attuale fase di sviluppo esporrebbero il mondo a rischi e danni non più imputabili ad errori di calcolo o di prospettiva, bensì ad un atteggiamento di fondo radicalmente errato: quello della «fede in un costante rafforzamento, ampliamento e perfezionamento della nostra vita per mez- zo di un progresso scientifico-naturale e tecnico apparentemente illimitato». Richter, che in qualità di psicoanalista è interessato alle motivazioni interiori ed inconscie dei comportamenti umani, si pone allora il problema delle origini del concetto di progresso dominante nelle società industriali. Quando alla fine dell’età medioevale vacilla la fede religiosa tradizionale e si sviluppa il sentimento di vivere in un mondo abbandonato da Dio, si costituisce anche un atteggiamento razionalistico e individualistico, rappresentato in maniera esemplare da Cartesio: l’essere umano deve «appoggiarsi solo alla sua autocoscienza individuale e all’attendibilità del suo pensiero matematico». Fausto Melotti, I sette savi 1937, (f. U. Mulas) RESOCONTO RECENSIONE Con Cartesio - che per primo nella tradizione occidentale cristiana sposta la sede dell’anima dal cuore al cervello - ha inizio una svalutazione della dimensione emotiva e sentimentale dell’essere umano a vantaggio della ragione, che porta allo sviluppo di una concezione razionalistica dell’etica quale si può rinvenire in pensatori come Spinoza, Kant e Max Weber. Uniche eccezioni in questa tradizione le figure di Pascal e Schopenhauer, che collegano l’etica rispettivamente alle “ragioni del cuore” e alla “compassione”, tenendo fermo alla fragilità e alla finitezza costitutive dell’essere umano e al suo essere parte di una totalità che lo trascende e rispetto alla quale egli non ha il diritto di porsi nella posizione di dominatore. Solo se si rafforzeranno le risorse di guarigione (in senso psicoanalitico) implicite nella concezione emozionale dell’etica di Pascal e Schopenhauer potrà essere superata la crisi morale del mondo contemporaneo. Attraverso un rinnovato contatto con le proprie emozioni, che lo aiuti a superare l’incapacità di affrontare la sofferenza che è tipica degli individui delle società industriali avanzate, l’essere umano potrà rendersi consapevole della propria intrinseca debolezza e fare i conti con la propria aggressività rimossa. Molto più di un sospetto è stato gettato dal sociologo Pierre Bourdieu sul discorso etico, considerato alla stregua di un esercizio retorico al servizio dell’ufficio politico. In una società che per funzionare esige il rispetto delle regole per se stesse, l’ipocrisia, il rispetto formale della regola, è lo strumento più sicuro di consenso politico. La politica è lotta per l’accaparramento dell’universale - o più precisamente per l’universalizzazione di interessi privati che nelle nostre società si esprime attraverso la monopolizzazione dei concetti morali di giustizia, equità ecc. Come rimedio Bourdieu si richiama al potere demistificante della critica, alla pratica di un’opposizione contro l’ufficialità che gestisce e strumentalizza il discorso morale. Di una tale virtù si è fatto interprete anche Bartolomeo Sorge. Alla domanda che dava il titolo al suo intervento: “Può l’etica cambiare la politica?”, l’intellettuale cattolico ha risposto portando la sua «esperienza singolare e provocatoria di rapporto tra etica e politica, un’esperienza che interroga e verifica la riflessione teorica». A filo di cronaca, il discorso di Sorge ha percorso le vicende sociali e politiche di Palermo, dove più che altrove è pressante l’esigenza di ristabilire un rapporto tra la società civile e le istituzioni. Quando la politica è terreno di scontro e di affermazione di interessi privati, se non addirirttura criminali, occorre «restituire un’anima etica alla politica, vivendola come servizio e non come ricerca del potere». Critico verso una visione della democrazia che si risolve nell’amministrazione del consenso elettorale e si espone a interessi clientelari, Sorge considera il rinnovamento della politica come una questione di uomini nuovi, disposti a combattere «nella trincea vanzata del rinnovamento politico». Con questo Sorge non dà soltanto una risposta affermativa al quesito se l’etica possa cambiare la politica, ma sembra riformulare il rapporto tra valori morali e prassi politica: «senza mediazione politica, gli ideali restano astrazioni, i valori non diventano storia». Se l’intervento di Sorge è stato condotto nella prospettiva di un’etica “militante”, ad un livello più decisamente teoretico si è collocata la relazione di Remo Bodei che, partendo dagli sconvolgimenti politici dell’Europa orientale ne ha tematizzato le implicazioni etiche. In generale, Bodei ha sottolineato come in situazioni storiche di elevata instabilità si produca un mutamento e quasi un affievolirsi di nozioni quali coerenza e responsabilità. Il comune senso etico sembra ora, secondo Bodei, apprezzare piuttosto la capacità di adattarsi alle situazioni date e, così facendo, di trasformarle; la capacità, insomma, di ridefinire i propri obiettivi e saper cogliere le trasformazioni per meglio determinarle. E’ il segno di una propensione per i nonbinding commitments, «impegni non impegnativi», di cui è un esponente Robert Nozick, autore fra l’altro di Spiegazioni filosofiche (Mondadori, Milano 1987). L’intervento di Bodei si è poi soffermato sulle riflessioni di Hans Jonas, rilevando come il suo “principio-responsabilità” sia in aperta polemica con l’utopismo blochiano e con l’elogio weberiano della «speranza progettuale» trasformativa dell’esistente. Ora che le potenzialità distruttive dell’uomo sono enormemente accresciute nei confronti della natura e dell’uomo stesso, Jonas si affida a una «euristica della paura» e ritiene primario adoperarsi per evitare anzitutto l’autodistruzione, attraverso un nuovo senso di responsabilità nei confronti delle generazioni future dell’uomo e della natura tutta; una sorta di “macroetica”, insomma. Concludendo, Bodei ha delineato lo scenario odierno di un possibile incontro fra utopia e storia: contro ogni atteggiamento di appiattimento conservatore sull’esistente, o di velleitaria «scalata al cielo», la storia funge da zavorra per le astrazioni del pensiero utopico, che le presta il suo concetto di télos. Al di là di ogni facile posizione “debole” nei confronti della possibilità d’indagine teorica sulla storia, l’esigenza di una filosofia della storia, o comunque di una metateoria della storia, è implicita in ogni tentativo di riproporre la possibilità della previsione in vista dell’agire quale unico orizzonte, in cui hanno senso nozioni come “coerenza” e “responsabilità”, che si formulano, comunque, solo in funzione delle aspettative. Il problema di una fondazione filosofica dell’etica trova argomenti in ambito anglosassone anche attraverso la ripresa di alcuni elemeti fondamentali dell’etica aristotelica. Enrico Berti, dopo una premessa sulla cosiddetta «filosofia pratica» e, al suo interno, sul “neoaristotelismo”, ne ha delimitato il panorama. Da esso Berti esclude Leo Strauss e Eric Vögelin, inclini piuttosto al recupero del platonismo, e Hannah Arendt, che da Aristotele riprende il concetto di praxis, ma del quale rifiuta la filosofia pratica. Affine al neoaristotelismo etico e politico tedesco di Hans Georg Gadamer e Joachim Ritter è invece, a parere di Berti, la posizione di Alasdair Mac Intyre, autore fra l’altro di After Virtue (1981) e Whose Justice? Which Rationality? (1988), che, trascurando l’apporto di Aristotele alla determinazione del concetto di razionalità pratica, riprende esclusivamente la nozione di virtù come legata alla tradizione di una comunità storicamente data. Il conservatorismo di tale posizione è dovuto secondo Bertri alla riduzione, operata da Mac Intyre, della filosofia pratica di Aristotele alla teoria delle virtù, in particolare alle virtù etiche, trascurando nella filosofia pratica stessa il momento puramente razionale. Analoga è la posizione di Bernard Williams, autore di The Ethics and the limits of Philosophy (1985) che RESOCONTO RECENSIONE tuttavia, lasciando cadere l’aspetto teorico, cioè critico, di Aristotele, non si definisce neoaristotelico. Anche Williams, contro i tentativi illuministici di una definizione razionale dei motivi etici, riconduce la razionalità pratica alla phrònesis, come abilità strumentale di trovare i mezzi atti ai fini. Questi ultimi sono stabiliti dalla virtù, espressione dell’ethos, cioè della tradizione della comunità. Paradossalmente, per Berti, più vicino ai motivi più genuinamente teorici di Aristotele è l’economista Amartya Sen, autore fra l’altro di Equality of What (1982) e Commodities and Capabilities (1985). Aristotelico è in Sen il concetto di funzione (ergon) che spiega quello, parimenti aristotelico, di «capacità». Per Sen, come per Aristotele, il bene comune è la possibilità di esercitare la funzione propria dell’uomo, cioè l’eudaimonia, che non va intesa utilitaristicamente come “felicità” (happiness), ma come “pienezza” (fulfilment) delle “capacità” umane. Anche Hans Jonas, autore di Das Prinzip Verantwortung (1979, recentemente tradotto in italiano con il titolo: Il principio responsabilità, Einaudi, Torino 1990), riprende il teleologismo aristotelico e - mostrando l’impraticabilità dell’individualismo etico, per esempio, di stampo kantiano - fonda l’etica in un finalismo senza soluzione di continuità tra uomo e natura: le azioni degli individui sono orientate alla conservazione della vita, cioè della specie. Il tema dell’articolazione del discorso etico con la prassi politica delle democrazie è stato preso in considerazione dall’intervento di Amy Gutmann. Partendo dalla comparazione tra il compiacimento manifestato negli U.S.A. per gli sviluppi democratici di alcune società dell’Est europeo, e il permanere o il rafforzarsi di elementi antidemocratici nella vita politica degli Stati Uniti stessi, la studiosa americana ha tentato di dar conto dell’apparente contraddizion, focalizzando il concetto di «sovranità popolare». Tale nozione, che dovrebbe caratterizzare le società democratiche, riguarda in realtà due ambiti distinti. Il primo è quello politico, e comprende tutti quei “diritti civili” che la tradizione occidentale, in maggiore o in minor misura, riconosce all’individuo: libertà di parola, di stampa, di associazione, eleggibilità a cariche pubbliche e così via. La difesa della democrazia come sistema politico è, in primo luogo, strumentale: semplicemente, un sistema politico democratico garantisce questi diritti meglio di altri sistemi. Il secondo ambito è quello etico. Proprio perché i due ambiti non coincidono - anzi, spesso la difesa da un punto di vista etico dei valori della democrazia è più consapevole e robusta in sistemi dove la democrazia politica è carente e, per converso, teorizzazioni antidemocratiche prendono piede e si sviluppano proprio in sistemi democratici - si può rilevare la presenza di elementi di non democrazia in un sistema sostanzialmente democratico. L’instaurazione di un’etica democratica non è, evidentemente, così basilare come quello di una politica democratica che, da parte sua, può sussistere chiamando a sua giustificazione il puro argomento della necessità strumentale. A parere della Gutmann c’è un argomento forte che permette la difesa dal punto di vista etico della democrazia come sistema politico, ed è il fatto che quest’ultima è strettamente legata all’autonomia morale. La democrazia, rispetto agli altri sistemi, elimina gli ostacoli alle scelte individuali: le “pari opportunità” che essa offre agli indivi- dui sono, secondo la Gutmann, l’«argomento autonomo» in difesa della democrazia come sistema politico, condizione necessaria di un’etica democratica. A conclusione della sua relazione la Gutmann ha sottolineato il parallelismo fra etiche della democrazia ed etiche dell’individuo: le une e le altre sostengono il mutuo rispetto fra gli individui, la necessità del coinvolgimento della collettività nelle decisioni e la giustificazione argomentativa delle decisioni stesse da parte dei cittadini. Vittorio Segre è intervenuto nel dibattito richiamando l’attenzione su un problema fondamentale della cultura ebraica, quello della relazione tra pricipi etici e religiosi e potere temporale. Diversamente dai greci e dai romani, gli ebrei non hanno mai riconosciuto i concetti di “città”, “Stato”o “comunità” come nozioni astratte. L’interesse internazionale per i comportamenti politici dello Stato d’Israele, si spiega - secondo Segre - col fatto che l’emergere di questa entità politica ha messo in rilievo la permanenza di un dilemma tra politica ed etica all’interno delle tre società monoteistiche del mondo: ebraica, cristiana e islamica. La differenza tra cultura religiosa tradizionale e cultura laica dello Stato assume un rilievo particolare se messa a confronto con il fatto che gli ebrei non possiedono un’etica codificata da norme giuridiche, ma solo una morale di carattere religioso. L’unico codice morale è espresso infatti dalla Legge, la Torah, e il solo comportamento accettabile per un ebreo è l’adempimento dei Comandamenti di Dio. L’originalità e l’unicità del giudaismo risiede infatti nell’Halachah, che definisce le leggi pratiche che guidano all’adempimento dei Comandamenti. Un aspetto particolare di questa dottrina è considerare i Comandamenti come leggi di natura. Come la scienza non è interessata al perchè esiste una determinata legge fisica, così il giudaismo non è interessato al perchè esistono i Comandamenti. Ciò che invece interessa è il come; per questo è stata sviluppata dai rabbini una specifica metodologia per studiare le leggi naturali o divine, chiamata pulpil. A conclusione del suo intervento, Segre ha considerato brevemente l’importanza che ha recentemente assunto il concetto di “perdono” all’interno della politica internazionale, dimostrando come la moderazione sia la principale espressione della moralità in politica. Infine Margaret A. Somerville, direttrice del “McGill Centre for Medicine, Ethics and Law” di Montreal, ha inquadrato l’importanza assunta dall’etica medica all’interno dell’ampia cornice del declino dei valori morali e religiosi che caratterizza oggi le società avanzate. La sfiducia verso le istituzioni sociali, fra cui appunto quella medica, si manifesta nella trasformazione della relazione medico-paziente. Oggi il campo di intervento medico non si risolve nella tutela della salute degli individui, ma si allarga all’interrelazione tra individuo e comunità - si pensi al problema dell’AIDS e della siero-positività ed alle sue implicazioni sociali. Da ultimo la Somerville ha sottolineato l’emergere di una trasformazione qualitativa della professione medica, resa possibile dalle moderne tecnologie cliniche e biologiche. Ciò rende necessario una riflessione etica che si traduca in norme finalizzate ad un controllo sociale delle acquisizioni tecnologiche. TENDENZE E DIBATTITI TENDENZE E DIBATTITI Il ritorno degli “emigrati” I “Voprosy filosofii”, la principale rivista sovietica del settore, hanno pubblicato nei primi due numeri del 1990, L’idea russa di Nikolaj Berdjaev. La stessa opera, scritta a Parigi nel 1946, dopo un quarto di secolo di esilio e a due anni dalla morte, apre un volume su La Russia e la cultura filosofica russa, dedicato sempre nel 1990 dalla editrice Nauka di Mosca a sei filosofi dell’emigrazione russa del dopo Ottobre (così suona il sottotitolo). Il volume è introdotto da un ampio saggio di M. A. Maslin e A. L. Andreev, e comprende anche un capitolo della Via della teologia russa di Goergij Florovskij (Parigi, 1937), l’introduzione di Vasilij Zen’kovskij alla sua Storia della filosofia russa (Parigi, 1948-1950), alcune pagine su Puskin di Boris Vyseslavcec (New York, 1955), tre articoli degli anni 1926, 1928, 1929 di Georgij Fedotov, e la traduzione russa di un passo di The Essential Characteristics of the Russian nation in the Twentieth Century (1967) di Pitirim Sorokin. Vale come commento delle due iniziative l’articolo di O. D. Volkogonova, La filosofia russa nell’Europa occidentale, pubblicato nell’altra rivista moscovita “Filosofskie nauki” (n. 6/1990). «Per lungo tempo questo tema o si è passato sotto pudico silenzio, o si è considerato dai ricercatori nel contesto di una contrapposizione dei filosofi emigrati non solo alla filosofia marxista sovietica, ma anche in generale alla tradizione filosofica patria. I lavori, creati dai filosofi che avevano emigrato, non si studiavano, predominava un rapporto critico senza fondamento verso le idee in essi contenute». Intanto, Berdjaev, Lev Sestov e gli altri, continuavano ad operare in Occidente. «Davanti agli storici sovietici della filosofia patria sta il compito di ristabilire l’unità della storia spirituale russa». «La necessità dello studio dei filosofi emigrati russi è dettata non solo dal valore e dall’originalità delle costruzioni filosofiche dell’ ‘emigrazione russa’, ma anche dalla possibilità di esame di un raro caso di dialogo immediato di due distinti stili di pensiero, di tradizioni, di culture». G.M. L’immaginario politico: Cornelius Castoriadis Se c’è un pensatore che soddisfa il significato etimologico dell’aggettivo enciclopedico, questi è Cornelius Castoriadis. In tempi di pensiero anemico e di accanita difesa del proprio orto culturale suona iperbolica e rivitalizzante l’affermazione secondo cui la filosofia ha nientemeno che il compito di «pensare il pensabile... dar conto e ragione di tutto, del mondo, degli oggetti che ci circondano, delle loro “leggi”, di noi stessi». Le monde morcelé. Les carrefours du labyrinthe III (Il mondo spezzettato. Gli incroci del labirinto, Seuil, Parigi 1990) è il più recente contributo di Castoriadis all’edificazione di questo sapere unitario, dove si incrociano senza confondersi le riflessioni sulla portata filosofica delle scoperte scientifiche e le considerazioni sullo statuto delle matematiche e della psicoanalisi, sulla società e la storia. Fondatore assieme a Claude Lefort di “Socialisme ou Barbarie” (1948-1966), una rivista che, nel nome di Marx, non ha ceduto a nessuna presunta ortodossia il rigore critico delle analisi politiche sui paesi dell’Est, Cornelius Castoriadis pubblica negli anni Sessanta La Société Bureaucratique (La Società Burocratica, riproposto in nuova edizione da Crhistian Bourgeois, Parigi 1990), e nel 1975 L’Institution imaginaire de la société (L’Istituzione immaginaria della società), il suo testo più significativo dove, in polemica con l’ontologia dell’identico, si afferma che il mondo umano è auto-creazione assoluta di norme e di significati. L’”immaginario radicale” del mondo storico e sociale è il terreno di germinazione del pensiero, dove si elaborano i concetti di tempo, le nozioni di valore e gli stessi sistemi metafisici. Nell’agire reale degli uomini si situa la vera modalità creativa dell’Essere, e perciò la filosofia non può che trovare il suo avveramento nella politica, nel senso greco del termine. Considerando che nell’epoca moderna si incrociano due opposte significazioni del- l’immaginario, una legata ad un progetto di autonomia individuale, sociale e politica, l’altra caratterizzata dall’idea di espansione illimitata e di dominio razionale del mondo, Castoriadis denuncia oggi «la completa atrofia dell’immaginazione politica» e lo schiacciamento dell’immaginario sulla nozione di dominio. Ciò si accompagna ad uno svuotamento della vita sociale, che si riproduce per una sorta di stanco automatismo, e alla perdita delle gerarchie di valore e dei fini. Per rispondere a questo imbarbarimento la filosofia - secondo Castoriadis - dovrebbe innanzittutto ripensare la questione dell’Essere, e dunque abbandonare il progetto metafisico che, da Platone a Heidegger, la vizia: «costruire sistemi, sacralizzare la realtà e guardare dall’alto la collettività». Occorre «pensare l’immaginario come creatore di forme e la creazione-distruzione come la dimensione essenziale dell’essere» - si legge nella breve intervista rilasciata a Le Monde il 30 novembre 1990 - e contro tutte le presunzioni di una destinazione metafisica, ripensare la storia come possibilità, in meglio come in peggio. Se, spesso e volentieri, la filosofia eticopolitica si pone il problema della genesi dell’entrata in comunità degli individui, non meno cruciale pare la questione relativa alla durata di una società nelle condizioni di origine. All’interrogativo sui presupposti della società culturale e storica si accompagna quello sulle dinamiche per cui tale comunità si riconosca e si mantenga nelle premesse. Si tratta per un certo verso del problema dell’autonomia di una comunità di individui liberi che scelgono e continuano a scegliere (come e perchè) determinati impliciti. La fecondità di questo tema nel dibattito francese, ci spinge a riportarne alcune voci. Mantenersi nelle premesse dell’origine pur conservando, a ogni istante, la potenzialità (deliberativa e pragmatica) di rimetterle in questione indica un tratto fondamentale di una società autonoma. Su questo tema Castoriadis, col suo stile critico e iconoclasta, polemizza contro chi ha individuato nell’eteronomia la cifra della comunità umana. Eteronomia nel senso che «pressochè tutte le società hanno vissuto nell’eteronomia istituita»; le leggi, le regole di comportamento, i valori anche, provengono per lo più da regimi TENDENZE E DIBATTITI extra-sociali (la religione, la filosofia, i rapporti di potere) che schiacciano o riducono la portata innovativa e fondativa dell’«immaginario istituente». Dai tempi di L’istitution imaginaire de la société, Castoriadis condanna l’atrofizzazione dell’immaginario simbolico nelle teorie politiche (a partire da Platone, fino a Heidegger) e rivendica quale veritiera cifra del politico (in senso allargato, cioè greco, vita in comunità sociale e etica) l’energia dell’”immaginario radicale”. Questa la natura profonda dell’immaginario e la sua funzione: «Creare le istituzioni che, interiorizzate dagli individui, facilitino il più possibile il loro accesso alla loro autonomia individuale e la loro possibilità di partecipazione effettiva a ogni potere esplicito esistente nella società». Tale immaginario non ha nulla a che fare con una valenza utopica o un ideale di perfezione: esso è un fare, un agire e in questo senso Castoriadis si riannoda al pensiero aristotelico dell’essere in termini di energheis, di azione. L’accentuare l’esigenza di autonomia dei cittadini rispetto alle istituzioni e delle istituzioni rispetto a dogmi eteronomi, segnala nell’autore l’interesse crescente per la psicologia e soprattutto per la psicoanalisi (che esercita dal 1973). Del tutto contrario alla teoria dell’"agire comunicativo" di Habermas, Castoriadis considera che lo scopo tanto della comunità che della società è quello di garantire l’autonomia degli individui, il loro diritto a inventare e a creare il loro destino personale e sociale. A questo proposito segnaliamo che Castoriadis tiene un corso all’Ecole des Hautes Etudes di Parigi dedicato alla creazione del tempo da parte degli individui in comunità e un seminario sull’attività psicoanalitica come paradigma di praxis. Su questi temi si sono espressi, nel quadro del seminario “L’argumentation” organizzato dal Collège de Philosophie di Ferry e Renaut, Alain Boyer e Robert Legros. Alain Boyer insegna all’Università di ClermontFerrand ed è stato allievo di Bouveresse: da qui il suo interesse per i problemi alla frontiera fra epistemologia e filosofia politica. Nel suo intervento al Collège de Philosophie, Boyer ha presentato alcune “buone ragioni” per farsi partecipe del punto di vista della teoria della giustizia di Rawls: essa permetterebbe una valido approccio al problema delle condizioni a priori dell’ingresso in società e del mantenimento di certe premesse nella durata. La teoria della giustizia di Rawls, facendo leva sull’ipotesi del velo d’ignoranza originario (in cui gli individui si troverebbero a decidere le regole della società privi di interessi perchè in situazione neutra, prima di ogni acquisizione di ruoli, funzioni o ricchezze) ha il pregio, secondo Boyer, di essere «sistematica, costruttiva, feconda ed etica». In termini più precisi, è sistematica perchè si basa su una interpretazione della triade: uguaglianza, fratellanza e libertà; è costruttiva perchè persegue un «aggiustamento duale fra teoria e pratica» vale a dire si avvale della giustizia, sia procedurale sia distributiva, tenendo sempre presente di non contraddire le più profonde convinzioni etiche (teoria dell’equilibrio riflesso). E’ feconda perchè permette di articolare i dissidi in modo razionale, abbinando una teoria teleologica del bene a una teoria deontologica del rispetto di alcuni principi etici, ed è etica almeno da un punto di vista formale. Robert Legros, dal canto suo, ha rivalutato rispetto alla tradizione filosofica della dimostrazione (in particolare cartesiana) la portata sia conoscitiva sia etica dell’argomentazione, la quale, né empirica, né dimostrativa, ha un certo peso come prova e attestazione (si pensi alle nuove teorie scientifiche e alla riflessione filosofica sulla coerenza interna delle varie ipotesi). L’argomentazione è un discorso capace di suscitare l’adesione degli individui alle tesi proposte, provocando dunque un certo assenso. Per questo motivo l’argomentazione ha un significato importante nelle procedure secondo cui una comunità si mantiene in certe premesse. Investigando soprattutto l’esperienza dell’argomentazione (cioè cosa facciamo quando argomentiamo) Legros, rileggendo Pereilman, sottolinea gli aspetti etici del discorso argomentativo, in particolare il fatto che chi argomenta si riferisce sempre, consciamente o inconsciamente, a un auditorio universale in cui le proprie ragioni siano valide, forte della convinzione antropologica che certe premesse siano profondamente radicate in ogni comunità. La seduta di febbraio del Collège è terminata con un dibattito pubblico su questo tema dell’universalità ideale dell’uditorio, se esso possa fare in fondo l’economia della tradizioni storiche e quale sia il suo fondamento ontologico. F.M.Z. Nuova era, nuova gnosi Con Il risveglio della gnosi ovvero diventare dio (Laterza, Roma-Bari 1990) Giovanni Filoramo conferma la possibilità di utilizzare il paradigma della gnosi per individuare i tratti fondamentali della costellazione storicoculturale che segna l’epoca attuale. Come raffigurazione concreta dell’archetipo gnostico nell’ambito della più immediata contemporaneità, Filoramo propone tra l’altro l’esoterismo di New Age, forma di “neognosi popolare” postmoderna, religiosità evanescente e inafferrabile che attende l’avvento dell’ “Età dell’Acquario”, di un “nuovo paradigma” profetizzato anche da scienziati “mistici” come Fritjof Capra. Col nuovo contributo di Giovanni Filoramo si consolida un’ipotesi già avanzata pochi mesi prima da Carlo Formenti (Immagini del vuoto. Conoscenza e valori nella gnosi e nelle scienze della complessi- tà, Liguori, Napoli 1989): in entrambi i casi un tentativo di definizione del “luogo del presente” si fonda su una categoria teologica come lo gnosticismo, con un metodo esplicitamente “metastorico”, basato su equivalenze morfologiche e “omologie strutturali” che individuano costellazioni ricorrenti di idee, secondo la lezione di Carl Gustav Jung e Gilbert Durand. In questo modo la gnosi diviene, da un lato, “cifra fondamentale della modernità”, “specchio dell’occidente” e potenza fatale della sua storia e della sua tradizione; dall’altro, l’immagine della gnosi si presta all’applicazione immediata a una serie di fenomeni della più stretta contemporaneità, ricondotti così alla loro radice archetipica. L’impostazione decisamente epistemologica di Formenti vedeva il paradigma gnostico come segreta identità degli sviluppi teorici che hanno portato alla tematizzazione scientifica del complesso, dell’irreversibile, dell’individuale. Quello di Filoramo è invece un lavoro più tecnico, da storico delle religioni, dove l’intenzione rivolta all’attualità si pone però in prima linea, già nel titolo e poi in tutta la prima parte del saggio, dedicata ai “fantasmi ritrovati” delle mitologie gnostiche. Certi tratti essenziali risultano tuttavia ben visibili in entrambe le versioni: quattro punti che possono sintetizzare un disegno piuttosto evanescente, ma non privo di una sua rispondenza obiettiva. Innanzitutto, si riconosce la crisi dell’idea di secolarizzazione: il disincanto del mondo non è un fenomeno irreversibile, non procede univocamente nella sola direzione della decadenza del sacro; si deve parlare invece di una costante tensione tra mito e demitizzazione, tra produzione di senso e nichilismo, da cui derivano nuovi intrecci e ibridazioni tra formazioni culturali diverse, che fanno apparire l’annuncio della fine del mito e della “morte di Dio” come l’ultima delle grandi narrazioni mitiche. In secondo luogo, la forma più probabile che verranno ad assumere in questa situazione i sistemi ideologici e religiosi sarà quella del sincretismo, della fusione eclettica di tradizioni differenti e di ambiti differenti della cultura: il modello di questa evoluzione è prefigurato dall’età ellenistica, quando l’impero alessandrino sconvolse i vecchi legami organici della polis e i confini etnici dei culti, per dar luogo a un primo esempio di cosmopolitismo moderno. Questo fu il terreno di coltura ideale per la religiosità “eretica” della gnosi, miscela di politeismo e monoteismo, oriente e occidente, astrologia babilonese e metafisica greca, culti misterici e Cabala, che trovò poi il suo punto di coagulazione nel messaggio di salvezza del cristianesimo. In terzo luogo, in un’epoca come la nostra, caratterizzata da un netto predominio della razionalità scientifica sulle altre modalità del pensiero, ogni “nuova mitologia” che aspiri a diventare egemone dovrà presentarsi necessariamente come “mitologia della ragione” (per usare una terminologia coniata dal primo romanticismo tedesco), cioè TENDENZE E DIBATTITI Hastakara Yantra. India Occ. XVIII sec. d.C. TENDENZE E DIBATTITI come una sorta di religione epistemologica, capace di esprimere la propria concezione del mondo utilizzando due registri completamente diversi, quello della sensibilità mistica e quello della razionalizzazione del mondo. Del resto, secondo Formenti, già lo gnosticismo alessandrino altro non fu se non mito espresso “in termini astratti”, nel linguaggio teorico della filosofia classica. In quarto luogo, questo “ritorno del sacro” riguarda una civiltà come l’occidente contemporaneo, che diventando civilizzazione planetaria tende ad abbandonare ogni sentimento di appartenenza anche alla propria tradizione, giudaico-cristiana da un lato, positivistameccanicista dall’altro, per abbracciare l’unico credo di una comunicazione totalmente aperta fra le culture, secondo il principio formulato radicalmente da Paul K.Feyerabend: «Non c’è alcuna idea, per quanto antica e assurda, che non sia in grado di migliorare la nostra conoscenza». La nuova religiosità occidentale si affermerà perciò anche come ribellione contro l’immagine della propria identità vincente e come riabilitazione di tutto ciò che questa identità ha obliato, soffocato, represso, sia che si tratti di frammenti di tradizioni altrui ricombinati in contesti eterogenei, sia che si tratti di aspetti occulti ed “esoterici” della stessa tradizione occidentale. In questo sviluppo è presente dunque un intento critico, o meglio autocritico, contro l’immagine della razionalità dominante, un intento che non si limita alla situazione storica contingente, ma cerca invece di ricostruire fino alle sue origini un lungo percorso, segnato dalla costante, sotterranea presenza di una tradizione alternativa (gnosticismo, ermetismo, alchimia, teosofia, occultismo, fino alla “gnosi psicologica” di Jung), che accompagna come un’ombra l’illuminismo vittorioso. Riportare alla luce questa tradizione alternativa fu l’esplicito programma delle conferenze “Eranos” di Ascona, animate fin dal 1933 dall’inconfondibile ispirazione interdisciplinare junghiana: un caso emblematico di moderna “gnosi filosofica”, secondo Filoramo, che classifica d’altra parte l’attuale “nebulosa esoterica” di New Age come “neognosi popolare” postmoderna, particolarmente significativa per le sue affinità con il modello tardoantico. E in effetti l’annuncio della “Nuova Era”, dell’ “Età dell’Acquario”, rappresenta indubbiamente una completa raffigurazione dell’archetipo gnostico. New Age è solo un’etichetta, che non indica nulla di preciso se non una congerie di nuovi movimenti spirituali nati in California, se vogliamo delimitare perlomeno geograficamente il concetto. Atmosfera più che dottrina, dai confini vaghi e permissivi che ammettono connotazioni più negative che positive, la sigla New Age comporta sicure esclusioni (materialismo, meccanicismo, scientismo, ecc.), ma non altrettanto risolute adesioni: in ogni caso tutto ciò che il moderno ha estromesso o emarginato ha buone probabilità di essere preso in consi- derazione. New Age predice l’avvento di un “nuovo paradigma” della vita e della conoscenza, che sostituirà nella teoria e nella prassi l’intera concezione del mondo scaturita dalla rivoluzione scientifica e industriale. Difficile essere sicuri di appartenere al nuovo paradigma, ma altrettanto difficile proclamarsi estranei: ne sanno qualcosa due protagonisti parzialmente involontari, Fritjof Capra e Gregory Bateson. Dopo aver prospettato, con Il Tao della fisica (Adelphi, Milano 1982), una audace sintesi eclettica tra fisica delle particelle e mistica orientale, Capra ha redatto un vero e proprio “manuale del nuovo paradigma” che l’area New Age ha subito trasfigurato in una specie di Bibbia (Il punto di svolta. Scienza, società e cultura emergente, tr.it. Feltrinelli, Milano 1984). E’ vero che Bateson è stato uno dei critici più coerenti e radicali del paradigma cartesianonewtoniano, ed è anche vero che ha preferito avere amici spiritisti e vivere in mezzo alla controcultura piuttosto che tra i suoi colleghi scienziati. Tuttavia, quando il suo concetto allargato di “mente” viene completamente frainteso come legittimazione del soprannaturale, il suo imbarazzo e fastidio appare del tutto comprensibile (cfr. G.Bateson-M.C.Bateson, Dove gli angeli esitano. Verso un’epistemologia del sacro, tr.it. Adelphi, Milano 1989). Il fatto è che New Age non pretende dichiarazioni di fede, ma è in grado di dar forma a sensazioni diffuse: il destinatario del suo messaggio è l’uomo comune prima dell’uomo di scienza, e le sue tesi rappresentano soltanto un “ombrello culturale” che ricopre una gamma vastissima di linguaggi e di livelli interpretativi (un orientamento, perlomeno nel settore dell’editoria New Age, è offerto dal fascicolo-dossier de “la Rivisteria”, 1989, n.21). Abbiamo una “gnosi volgare” e una “gnosi dotta”, come accadeva nei primi secoli dopo Cristo. New Age può essere la termodinamica dei sistemi lontani dall’equilibrio, la geometria dei frattali, le teorie del caos e della complessità, il principio antropico o i resoconti dello Worldwatch Institute sullo stato del pianeta; ma può anche essere la filosofia romantica della natura, l’antroposofia steineriana, i segreti massonici e rosacrociani, la medicina naturale e psicosomatica, l’omeopatia, la contemplazione dei cristalli, il channelling ossia la comunicazione con “fonti paranormali”, o infine tutte le tradizionali tecniche oracolari, dall’astrologia all’I Ching. Forse è proprio questa la novità più interessante per la cultura occidentale moderna, questo complesso e ibrido intreccio tra sapere ufficiale e folklore occulto, tra innovazione scientifica e philosophia perennis esoterica: una legittimazione del sincretismo, della possibilità di utilizzare su un piano paritario modalità di pensiero completamente diverse. In un simile contesto non è affatto un caso la grande fortuna della psicologia junghiana, il cui metodo non si limita a ridurre l’archetipo alla scienza, ma procede anche nella direzione opposta, commettendo una scandalosa infrazione alle regole del razionalismo. Questa formula di totale “democratizzazione” dei rapporti fra i differenti strati della cultura si riflette nella prassi organizzativa di New Age, fondata su tipici networks, su relazioni di natura informale e specifica fra movimenti e soggetti in larga misura indipendenti: strutture che si adattano egregiamente alla situazione comunicativa postmoderna, priva di punti di riferimento sociali e ideologici privilegiati. Autodeterminazione come unica via di scampo dal dominio delle istituzioni gerarchiche e centralizzate, questo il principiobase. Ciò che conta è evitare tutto quanto riduce il potere dell’individuo sulla propria vita, consentire a ognuno di seguire la propria intuizione, “essere il proprio guru” per raggiungere quella “coscienza cosmica” che è poi il fine ultimo di New Age, grande “cospirazione acquariana” che raduna tutte le speranze millenaristiche in vista dell’apocalissi ecologica di fine millennio (cfr. Marilyn Ferguson, The Aquarian Conspiracy, Tarcher, Los Angeles 1980). Una sfida per la filosofia? Forse New Age è solo la farraginosa avanguardia di un nuovo sentire, che si avventura con qualsiasi mezzo in quelle regioni dove anche gli angeli di Gregory Bateson esitano a metter piede, «ma non per sempre» (cfr. G.Bateson, op.cit.). L.G. Fede nella scienza, fede nella religione Il rapporto tra fede e scienza è ancora un argomento che fa discutere. Anche se la strategia usata nella scelta delle argomentazioni ricorda quella applicata all’interno del dibattito tra il verificazionismo ed il falsificazionismo, Michael Banner pubblica un’interessante monografia: The Justification of Science and the Rationality of Religious Belief (La giustificazione della scienza e la razionalità del credo religioso, University Press, Oxford, 1990), in cui rifugge sia dal pensiero che sostiene la razionalità della scienza di fronte alla religione, sia dall’opposto argomento, sostenuto in particolare da Thomas Kuhn, secondo cui entrambe si basano sulla fede, sicchè la religione non sarebbe migliore o peggiore della scienza. Al contrario Banner sostiene la razionalità sia della scienza (contro Kuhn) sia della religione (contro Wittgenstein e Dewi Phillips), concludendo che la scienza non è meglio o peggio della religione. La prima metà del libro è una difesa del realismo scientifico (realismo razionale) come il modo più plausibile per dar conto dei progressi scientifici; lo scopo centrale dell’investigazione scientifica è individuato da Michael Banner nel tentativo di TENDENZE E DIBATTITI produrre la spiegazione migliore possibile per una certa esperienza. Sua intenzione è stabilire l’appropriatezza dei criteri razionali per interpretare ed analizzare la religione. In tal senso egli procede ad un esame dell’idea che il linguaggio religioso sia un linguaggio puramente espressivo, e cioè non teso a fornire spiegazione alcuna. Ma allora: quale descrizione è possibile dare alla razionalità della religione? Una tale descrizione può far giustizia al carattere apparentemente assoluto della fede? Per Banner una tale descrizione è possibile se seguiamo la vera natura della relazione tra le ipotesi scientifiche e l’evidenza. Le ipotesi non sono necessariamente tentativi, ma possono contenere progetti che permettono allo scienziato di sostenere ipotesi anche di fronte a nuove esperienze. Non vi è perciò obiezione alcuna che invalidi il voler analizzare la fede religiosa come un sostegno per il procedimento ipotetico. Ciò che invece dovrebbe essere messo in discussione da Banner è l’assunzione che la razionalità del credo religioso sia legata al suo essere un’ipotesi appropriata all’evidenza, e non, come generalmente si sostiene, all’essere ciò che garantisce il mondo come evidenza. Egli spiega il teismo come una buona ipotesi esplicativa, come una specie di spiegazione personale che si richiama a leggi generali. Analizzando The Origin of Species (L’origine della specie, 1859) di Darwin, Banner intende mettere in evidenza il carattere ad hoc di alcune spiegazioni scientifiche e la convergenza tra argomento ed evidenza. In tal senso egli afferma che c’è una significativa analogia tra l’accettazione delle teorie scientifiche e l’accettazione del teismo. La questione della controevidenza del teismo, sollevata dal problema del male, viene così affrontata da Banner in maniera prevedibile: quando tratta questo problema come anomalia o puzzle. Lo stesso argomento è usato da Kuhn per mostrare, al contrario, l’irrazionalità del ragionamento scientifico. Alle tesi di Banner si oppone per certi versi John Sparkes, che in un suo recente articolo (“The Times Higher Education Supplement”, 23 novembre 1990) ammette l’esistenza di un atto di fede nell’applicazione delle leggi. Più precisamente Sparkes si domanda se la cosmologia odierna, con le sue interpretazioni e conclusioni, nel tentativo di voler dare una descrizione completa dell’universo, proceda secondo una modalità scientifica. Nel mettere in luce il problema, Sparkes afferma che alla base della scienza c’è un atto di fede, il quale non solo ci permette di pronunciarci sul mondo “reale”, nonostante l’inevitabile interferenza dell’interpretazione soggettiva dell’uomo sull’esperienza, ma ci permette anche di capire che le teorie possono essere applicate in qualunque epoca storica. Gli scienziati infatti credono che le loro leggi, processi e concetti fisici, rimangano invariati di fronte ai cambiamenti del tempo e dello spazio (o tutt’al più cambino, come la radioattività, in maniera costante). Se però estendiamo questa invarianza alle epoche di tempo di cui parlano i cosmologi, che cosa si deve pensare? Non possiamo sapere se nei passati milioni di anni si siano verificati cambiamenti significativi. Così, il fatto che si creda all’applicabilità delle costanti fisiche e delle leggi scientifiche in tutti i tempi, è un atto di fede. Se gli scienziati accettano questa regola dell’invarianza, com’è possibile che i cosmologi considerino l’idea che essa possa essere interrotta da un fenomeno come il Big Bang? Secondo Sparkes si può arrivare a considerare un simile evento solo quando si accetti un diverso principio, che si collochi ad un livello differente rispetto a quello della scienza. I cosmologi indicano delle strategie che sono proprie degli scrittori di fantascienza. Il Big Bang per Sparkes non sarebbe pertanto un concetto scientifico, perchè la scienza non agisce secondo questa modalità. A conclusione dell’analisi del rapporto tra fede e scienza si può dire che nell’ambito di questo dibattito c’è un tentativo più o meno mancato di rivalutazione della fede. Rivalutazione che emerge sia nel sostenere e giustificare la fede religiosa come una spiegazione razionale, sia nell’ammettere che alla base della scienza ci sia un atto di fede, garante della scienza stessa e dei suoi progressi, che mantiene il suo carattere di assunzione non razionale. V.R. La filosofia del meraviglioso Un gran numero di pubblicazioni che trattano del pensiero filosofico contemporaneo testimoniano come anche nei paesi anglosassoni sia divenuto centrale, accanto al filone della filosofia analitica e pragmatica, un interesse che si rivolge soprattutto alla filosofia occidentale europea. All’interno di questo dibattito sono state recentemente pubblicate due importanti opere la cui particolarità è quella di considerare il pensiero di Heidegger e quello di Wittgenstein in relazione al loro comune interesse per il linguaggio. Si tratta dello studio di J. C. Edwards, The Authority of Language: Heidegger, Wittgenstein, and the Threat of Philosophical Nihilism (L’autorità del linguaggio: Heidegger, Wittgenstein ed la minaccia del nichilismo filosofico, University of South Florida Press, Gainesville 1990), e di quello di Stephen Mulhall, On Being in the World: Wittgenstein and Heidegger on seeing aspects, (L’essere nel mondo: Wittgenstein e Heidegger sugli aspetti visivi, Routledge, Londra 1990). Il metafisico oblio dell’essere e il nichilismo sono l’oggetto dello studio di J.C. Edwards. Senza seguire la definizione di Heidegger, egli è d’accordo nell’affermare che una condizione necessaria per l’avven- to del nichilismo sia pensare come pienamente rappresentabile da un sistema di regole la nostra capacità conoscitiva e la nostra morale, sistema che l’uomo adotterebbe auto-coscientemente per giudicare ed agire. Questo paradigma della razionalità-come-rappresentazione sfruttato dal nichilismo porterebbe dunque a compimento un mancato accordo tra le regole e la pratica. Poiché inoltre tutte le nostre azioni sono linguaggio-dipendenti, il nichilismo arriva a mettere in dubbio anche la possibilità di rappresentare il linguaggio come una struttura di regole applicate alla modalità espressiva. A questo proposito il famoso detto di Heidegger: die Sprache Spricht (il linguaggio parla) vuole appunto significare che noi non siamo “padroni” del nostro linguaggio, ma che anzi siamo sue creature. Anche Wittgenstein si dimostra critico riguardo al modello della razionalità-comerappresentazione. Nessuna regola, secondo Wittgenstein, è garante per se stessa della sua applicazione. L’unione di più parole non è esplicabile attraverso regole, perchè è dovuta ad un accordo bruto. Heidegger e Wittgenstein sono oggetto d’indagine anche nello studio di Stephen Mhulhall. Questi sostiene che il tema centrale dell’ultima filosofia di Wittgenstein sia la nozione di “percezione dell’aspetto”, che è una caratteristica propria dell’uomo. Nella nostra quotidiana esperienza il vedere o l’udire qualcosa avvengono direttamente attraverso una certa manifestazione di quel qualcosa. Nel descrivere quest’esperienza ci si accorge che non ci troviamo di fronte ad un momento meramente conoscitivo, ma ad una ricerca immediata e spontanea, che non viene riconosciuta invece dal modello impersonale della razionalità-come-rappresentazione. La prospettiva adottata da questo modello non è, secondo Mulhall, propria dell’uomo, ma dell’automa, che interpreta i dati conformemente alle regole con cui è stato programmato. Il crimine di molta filosofia analitica è il pretendere che l’essere dell’automa sia la normale condizione dell’uomo. In relazione a questo argomento il contributo di Heidegger consiste nell’aver generalizzato le spiegazioni di Wittgenstein sulla percezione, considerandole all’interno del nostro essere nel mondo, cogliendo in questo la vitale differenza che c’è tra l’esperienza di un mondo pieno di significati e quella di un parassita che contempla un mondo impersonale. Entrambi seguaci di Heidegger, Edwards e Mulhall concludono tuttavia che, diversamente da Wittgenstein, Heidegger sarebbe venuto meno al suo intento di allontanarsi dalla metafisica, che peraltro condanna. Mulhall ritiene che la distinzione tra “utilizzabilità” e “semplice presenza” risulta rovinata dal suo essere inserita in un ambito che egli definisce di “metafisica barocca”; mentre per Edwards, che segue la scia di Derrida e di Rorty, la basilare nozione di Heidegger del logos come “differenza”, avrebbe un carattere di ontoteologismo e di misticismo. TENDENZE E DIBATTITI namente l’auto-determinazione come compito distintivo delle possibilità umane. Questo obbiettivo potrebbe anche coincidere con il compito del pensiero, anche perché il paradigma del conoscere e del comprendere, utilizzato da Heidegger, è quello proprio di un artigiano, la cui sicura abilità gli rivela le cose che lo riguardano in una interconnessione senza giunture, laddove il pensiero riflessivo del pensatore rimane estraneo a questa auto-determinazione. Dal canto suo Edwards definisce il pensiero di Wittgenstein una “spiritualità senza spirito”, definizione che, a questo punto, potrebbe essere applicata anche ad Heidegger quando parla dell’”evento appropriante”, che pur non essendo un atto di Dio, garantisce e sostiene gli uomini e le cose; un evento che, essendo al di là del controllo e della rappresentazione umana, è oggetto proprio di meraviglia e non di culto. La tradizione metafisica (razionalità-come-rappresentazione) sarebbe in tal senso quella di un pensiero che ha paralizzato il “meraviglioso” che era all’inizio della filosofia. V.R. Walter Benjamin: un’inattuale ricorrenza. Walter Benjamin (Parigi, 1927) Wittgenstein al contrario non cade nella tentazione metafisica, che definisce addirittura una malattia per il filosofo. Ma il confronto della filosofia americana con il pensiero di Heidegger non si arresta a questo campo di considerazioni. Altre due recenti pubblicazioni mettono in evidenza un interesse di fondo per la critica heideggeriana al mondo della tecnica. E’ questo il tema che Michael Zimmerman affronta nel suo Heidegger’s Confrontation with Modernity:Technology, Politics and Art (Il confronto di Hidegger con la modernità: tecnologia, politica, ed arte, Indiana University Press, Bloomington 1990). La prima parte del libro approfondisce il periodo storico-intelletuale degli anni ’30, in cui si colloca la riflessione di Heidegger, soprattutto in relazione al pensiero dei “modernisti reazionari”. Pur ammettendo la visione di Ernst Junger della tecnologia come Gestalt che influenza l’esperienza quotidiana, egli tuttavia non vi trova motivi di particolare entusiasmo. Al contrario, la famosa “svolta” della maturità rispetto alle posizioni di Essere e tempo (1927) non è che un doloroso riconoscimento dell’enfasi assegnata al carattere di “utilizzabilità” delle cose, che può aver suggerito un qualche entusiasmo per la Gestalt. La seconda parte del libro è filosofica e riporta la critica di Heidegger al pensiero tecnologico, in quanto capitolo finale della metafisica. L’impianto tecnologico che dovrebbe “dischiudere” la realtà, il Gestell, impedisce di fatto ogni altro approccio conoscitivo, tanto da nascondere alla realtà il suo stesso stato. Il Gestell si pone perciò al polo opposto rispetto a quella contemplazione della realtà, che permette alle cose di essere loro stesse. Nel tracciare i contorni della simpatia di Heidegger per il Nazismo, Zimmerman rileva come questa fosse soprattutto basata sulla fede nella capacità del Nazismo di proteggere dai giganteschi trusts la piccola economia agricola, che offriva per Heidegger la migliore resistenza alla tecnologia della Gestalt. L’insieme di queste considerazioni mostra in conclusione come in ambito americano vi sia una certa propensione per un ridimensionamento del nichilismo heideggeriano, soprattutto alla luce della sua associabilità con il pensiero di Wittgenstein, che mette in relazione il problema della fine della filosofia con considerazioni sulla malattia di molti filosofi. A questo proposito la conclusione del libro di Mulhall descrive l’obbiettivo di una filosofia “sana” come realizzazione di una prospettiva che implica una forma di potere linguistico, potere analogo a quello raggiunto dagli atleti e dagli artigiani, che realizzano pie- In occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Walter Benjamin (avvenuta il 26 settembre 1940 a Port Bou, il villaggio spagnolo sui Pirenei, dove si tolse la vita nel timore di cadere nelle mani dei nazisti) diversi eventi culturali hanno attirato l’attenzione sulla figura del filosofo, saggista e critico letterario che, dopo essere stato oggetto, almeno in Italia, di una vera e propria moda culturale contrastante con gli elementi di “inattualità” presenti nel suo pensiero, sembra essere caduto nel dimenticatoio: una mostra sulla vita e l’opera di Benjamin presso lo “Schiller-Nationalmuseum” di Marbach am Neckar (21 ottobre - 9 dicembre 1990); una mostra dell’artista israeliano Igeal Tumarkin che presenta disegni e sculture ispirati a motivi benjaminiani, conclusasi il 5 ottobre 1990 presso il Goethe Institut di Tel Aviv; la trasmissione alla radio tedesca dei drammi radiofonici Das kalte Herz (Il cuore freddo) e Lichtenberg. La mostra di Marbach am Neckar, organizzata dal Theodor W. Adorno Institut di Francoforte (dove si trova buona parte del lascito benjaminiano) in collaborazione con il Deutschen Literaturarchiv di Marbach, documenta attraverso edizioni originali, fotografie, lettere e manoscritti il percorso biografico e intellettuale di uno dei pensatori più enigmatici e affascinanti del nostro secolo, nel quale motivi della teologia ebraica si fondono con tematiche di un pensiero marxista non dogmatico, radicale e TENDENZE E DIBATTITI anti-storicistico, come avviene ad esempio nelle Tesi di filosofia della storia del 1940. I materiali raccolti nella mostra da Rolf Tiedemann, Christoph Gödde e Henri Lonitz testimoniano i diversi momenti dell’irrequieta e tormentata esistenza di Benjamin: gli anni dell’infanzia a Berlino, le amicizie, le più importanti figure femminili, il suo travagliato itinerario da Berlino a Friburgo, Monaco, Berna, Francoforte, Capri, Mosca e Ibiza, fino all’esilio parigino dopo la presa del potere nazista nel 1933. E’ a Parigi che Benjamin lavora, nelle stanze della Biblioteca Nazionale, al Passagenwerk, la celebre opera, rimasta allo stato frammentario, sui passages parigini, le gallerie costellate di negozi nelle quali egli individuava un luogo simbolico della vita nelle metropoli moderne. Parigi fu l’ultima tappa della sua esistenza: dopo l’invasione tedesca in Francia Benjamin si decide a lasciare il paese, tentando di emigrare clandestinamente negli Stati Uniti, dove Max Horkheimer aveva trasferito il celebre Institut für Sozialforschung. Arrivato insieme ad un gruppo di fuggiaschi al villaggio spagnolo di Port Bou, al confine con la Francia, Benjamin teme, per le minacce delle autorità locali, di essere consegnato ai nazisti e nella notte tra il 25 e il 26 settembre prende una dose di morfina che, come aveva detto ad Arthur Koestler, da lui incontrato pochi giorni prima a Marsiglia, avrebbe potuto uccidere un cavallo. Di taglio diverso rispetto a quella di Marbach la mostra delle opere dell’artista israeliano Igeal Tumarkin che si è conclusa il 5 ottobre 1990 presso la sede di Tel Aviv del Goethe Institut. In sculture metalliche Tumarkin rappresenta alcuni motivi e figure dell’opera benjaminiana, tra cui il “salto della tigre nel passato” di cui Benjamin parla nella XIV delle sue Tesi di filosofia della storia, per indicare la paradossale e utopica inversione del corso della temporalità lineare e progressiva della storia, tipica a suo parere delle concezioni positivistiche e storicistiche. La trasmissione da parte della Radio tedesca (Südwestfunk) dei radiodrammi Lichtenberg (26 settembre e 23 ottobre 1990) e Das kalte Herz (16 ottobre 1990), ha attirato l’attenzione su un aspetto diverso e meno noto dell’attività di Benjamin. In Das kalte Herz (1932), una sorta di variazione sul tema dei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, Benjamin sembra mettere da parte le teorizzazioni di carattere ideologico sulla funzione sociale della radio che lo accomunavano a Brecht, per abbandonarsi al gioco di una sperimentazione che spoglia i personaggi delle loro vesti teatrali attraverso una loro riduzione ad entità puramente sonore. La produzione di Lichtenberg (1932/33), l’ultimo dramma radiofonico commissionato a Benjamin prima dell’esilio, venne interrotta dopo la presa del potere da parte del nazionalsocialismo, e venne trasmessa per la prima volta solo all’inizio degli anni settanta dalla Radio svizzera. In questo dramma radiofoni- co Benjamin prende spunto dalla figura di Lichtenberg, e dai molteplici interessi del fisico, filosofo e scrittore tedesco del diciottesimo secolo, dal cui “affascinante mondo di pensiero”, come leggiamo in una lettera scritta a Gershom Scholem all’inizio del 1933, Benjamin era avvinto. A questi eventi culturali che hanno ricordato la figura di Walter Benjamin vanno aggiunte due monografie pubblicate in Germania e in Italia: una di Momme Brodersen, Spinne im eigenen Netz. Walter Benjamin - Leben und Werk (Un Ragno nella propria rete. W. Benjamin - Vita e opera, Elster Verlag, Baden-Baden 1990) l'altra di Enrico Guglielminetti, Walter Benjamin. Tempo, ripetizione, equivocità (Mursia, Milano 1990). M.M. Medievalia Fra le varie epoche della storia della filosofia, quella medioevale è, dal punto di vista editoriale, la più negletta: un numero considerevole di testi non conoscono edizioni relativamente recenti, e le traduzioni - complice, forse, una accessibilità del latino più supposta che reale presso il pubblico potenzialmente interessato - sono relativamente scarse. Sono perciò da encomiare le recenti edizioni delle opere di Boezio di Dacia e Giacomo da Pistoia, Ricerca della felicità e piaceri dell’intelletto (Nardini, Firenze 1990); Matteo d’Acquasparta, Il cosmo e la legge (Nardini, Firenze 1990); San Bernardo, Opere. II (con testo a fronte, Città nuova, Roma 1990); infine, una raccolta di studi critici di Luca Orbetello, Boezio e dintorni (Nardini, Firenze 1990). L’opera di Boezio di Dacia, esponente averroista e allievo di Sigieri di Brabante, e di Giacomo da Pistoia raccoglie alcune disputationes universitarie del XIII secolo. Sigieri si proponeva di cercare non la verità, prerogativa della fede rivelata, ma di interpretare il pensiero di Aristotele. Boezio va oltre, e distingue la fede che procede per dogmi, dalla “scienza”, che procede per dimostrazioni. Confondere l’una con l’altra, come fa chi vuole accordare il punto di vista della fede cristiana con il pensiero di Aristotele, è da stolti e da eretici. Da stolti, perché significa cercare dimostrazioni per ciò che non si può dimostrare; da eretici, perché significa non voler credere a ciò che occorre credere. Riccardo da San Vittore, pensatore del secolo XII, precedente quindi a Boezio, cerca invece proprio nel De Trinitate, di cui appare ora la prima traduzione italiana, una dimostrazione filosofica del dogma trinitario. L’epoca di cui quest’opera è fedele rappresentante è quella che precede e prepara quella delle grandi summae; la legittimità dell’uso di categorie filosofiche per spiegare i motivi centrali della fede cristia- na e, anzi, la legittimità tout court per il fedele dell’uso della ragione filosofica, è tutt’altro che pacificamente accettata. Riccardo, comunque, individua nella caritas la ragione necessitante l’esistenza delle tre persone distinte nell’unicità della sostanza, di cui chiarisce funzioni e attributi per via induttivo-antropomorfica. Bernardo di Chiaravalle, contemporaneo di Riccardo, è invece il più rilevante esponente di quella tendenza che guardava con sospetto all’esercizio autonomo della ragione, e ne rifiutava decisamente l’applicazione alle questioni di fede; di qui la sua strenua lotta contro Abelardo. Bernardo è esponente della cosiddetta “teologia monastica”, che si contrappone a quella “scolastica” in senso lato, che concepisce la teologia come scienza; per lui, come dice Jean Leclercq in una nota monografia, «si tratta meno di acquisire una conoscenza esplicita del piano salvifico di Dio, che di consentire a questo piano». Questo secondo volume delle Opere raccoglie testi di diverso carattere, sermoni, sentenze e parabole. Le Sentenze sono scritti brevi, destinati innanzitutto alla meditazione claustrale, e sono un esempio medioevale di un genere, quello degli “apoftegmi” (i “detti” dei primi Padri della Chiesa), molto in voga nei primi secoli del Cristianesimo. Le Parabole sono opere brevi, miranti all’edificazione; sempre caratterizzate dal realismo del racconto, preludono al genere successivo, della novellistica di intrattenimento. Al XIII secolo appartiene Matteo d’Acquasparta, generale dei Francescani, cardinale sotto Bonifacio VIII e suo stretto collaboratore politico; inviato, fra l’altro, nella crisi di Firenze del 1300, come mediatore tra Guelfi Bianchi e Neri. In seguito a questa - fallita - missione, riuscì a entrare nelle antipatie di Dante, che lo accusò di aver irrigidito la regola francescana. Accusa forse non immeritata; benché uomo di Curia, Matteo fu vicino alla corrente francescana degli spirituali. Egli coniugò però il disprezzo del mondo, che negli spirituali si evolveva verso l’ascetismo, con il proprio ruolo politico, traducendo il primato del potere spirituale in una posizione teocratica. La concezione filosofica di Matteo, allievo di San Bonaventura ed esponente dell’agostinismo francescano, sostiene questa posizione; la polemica non solo contro l’averroismo, ma anche contro il tomismo, è motivata dall’eccessivo spazio che, a parere di Matteo, in queste prospettive viene lasciato alla ragione umana e al mondo sensibile. Il concetto di legge è il crocevia del rapporto fra uomo e Dio, natura sensibile e natura intelligibile; la legge naturale, divina e perciò razionale, si identifica con la natura intelligibile e governa quella sensibile. Essa è quindi condizione di conoscibilità di entrambe, essendo impressa in tutti gli esseri razionali; ma il peccato originale ha oscurato la capacità dell’uomo di aderirvi, e la legge scritta non ha altra funzione e legittimità se non quella di ausilio strumentale per la legge naturale. TENDENZE E DIBATTITI Gisleberto, Il Giudizio universale (part.), prima del 1132 d.C., Autun, Saint Lazare TENDENZE E DIBATTITI Luca Orbetello, direttore della collana “Biblioteca medioevale” dell’editore Nardini, non si occupa di Boezio di Dacia, autore dell’opera apparsa per questi stessi tipi, ma del più noto Severino Boezio, comunemente posto all’inizio della filosofia medioevale. Il testo di Orbetello, una raccolta di saggi, analizza fra l’altro il rapporto fra il neoplatonismo di Boezio e quello di Agostino e Paolo. Neoplatonismo presente, fra l’altro, nel ruolo attribuito alla musica, vista pitagoricamente come espressione di rapporti matematici, a loro volta specchio dell’ordine del cosmo. Musica, quindi, non solo e non tanto come diletto dei sensi, ma vero e proprio organo conoscitivo, per un’anima razionale dell’uomo, posta in corrispondenza con l’essere del mondo. F. C. La libertà del linguaggio Noam Chomsky è tuttora uno dei pensatori più discussi, sia per quanto riguarda il suo rivoluzionario approccio al linguaggio, che ha influenzato parecchi altri settori di studio, sia per la sua tagliente critica alla politica degli Stati Uniti ed al ruolo degli intellettuali. Rapharl Salkie ha recentemente raccolto in un articolo (“The Times Higher Education Supplement”, 4 gennaio 1991) il dibattito che si è sviluppato da parte degli intellettuali americani intorno alla possibilità di trovare degli elementi di unione tra gli studi linguistici ed il pensiero politico di Chomsky. Apparentemente non sembra esserci una connessione, anche perchè Noam Chomsky ritiene che la politica debba essere comprensibile mediante il solo senso comune, e non mediante una particolare conoscenza. Tuttavia qualche volta l’analisi del linguaggio è centrale nel suo pensiero politico. Per esempio, egli mostra come il termine terrorismo, che originariamente veniva usato per riferirsi ad un uso della violenza per fini politici, ora possiede un significato più ristretto ed è usato per riferirsi ad un atto di violenza ad opera di gruppi marginali, per cui l’attacco degli Stati Uniti alla Libia, o l’invasione di Grenada e Panama non vengono più definiti atti di terrorismo. Queste argomentazioni linguistiche giocano certamente una parte marginale nel pensiero politico di Chomsky, lontane dalla sofisticata analisi della sua grammatica generativa. Concesse le dovute precauzioni, esistono nondimeno importanti parallelismi tra i due settori. Nella sua analisi linguistica egli inizia affermando che il linguaggio è una caratteristica particolare dell’uomo, che non è condivisa da nessun altro animale. Le proprietà del linguaggio ci appartengono geneticamente, sono innate, non devono perciò essere imparate dall’essere umano. Il compito della linguistica è quello di precisare in che cosa consistono queste proprietà innate del linguaggio, così da spiegare al contempo una parte significativa dell’essere umano. Alcune di esse sono astratte e complesse, ma altre sono semplici e chiare. Per esempio non è difficile rendersi conto che il linguaggio combina delle regole severe con una grande libertà. Ogni frase del linguaggio deve rispettare delle regole; allo stesso tempo però la nostra libertà di creare nuove frasi è estremamente ampia: molte delle espressioni che in ogni momento usiamo sono totalmente nuove; le parole che formano queste espressioni possono infatti essere state già usate, ma la loro particolare combinazione può non essersi mai verificata prima. Questo intreccio di regole e di libertà, chiamato da Chomsky rule-governed freedom, è una caratteristica essenziale del linguaggio: è infatti ciò che distingue il sistema di comunicazione umano da quello degli animali. La stessa combinazione di libertà e di regole si trova anche nell’analisi politica di Chomsky. L’abilità di creare cose nuove ed originali e l’abilità di compiere scelte razionali, sono caratteristiche che distinguono l’essere umano dagli animali. La visione di Chomsky di una nuova società incomincia con questa concezione dell’uomo e prosegue col rappresentare una organizzazione sociale che dovrebbe permettere a tutti di sviluppare le proprie capacità innate ed i propri bisogni. Se l’essere umano ha bisogno di libertà per poter assecondare le sue capacità, allora il lavoro (incluso quello intelletuale) produttivo e creativo, condotto costantemente sotto il proprio controllo, è il modo migliore per accogliere i suoi bisogni. Pertanto il capitalismo, in cui l’uomo affitta se stesso per un lavoro astratto ed alienante sotto il controllo di altri, non considererebbe dunque la natura umana. Questa visione di Chomsky della natura umana sembrerebbe condurre a una visione socialista-libertaria o anarchica dell’organizzazione sociale. Ciò nonostante esistono per Chomsky delle regole imposte non dall’esterno ma dall’interno. Come le regole del linguaggio non sono imposte alle persone perchè fanno parte del package di ognuno, così le regole che governano l’uomo non devono essere insegnate e non hanno bisogno di strutture istituzionali, perchè sono interne all’uomo e si sviluppano solo in un clima di libertà. L’umanità per Chomsky non ha bisogno di strutture coercitive per favorire la sua natura creativa. Molti disaccordi politici provengono da differenti visioni riguardo la natura umana, anche perchè molto spesso queste visioni sono limitate e non scientifiche. La proposta di Chomsky è di introdurre una concezione umana che almeno in parte possa rivendicare una certa scientificità. La nozione di rule-governed freedom in linguistica è frutto di una deduzione scientifica ed è perciò saldamente fondata. Chomsky è il primo ad affermare che nel regno del pensiero sociale è realmente difficile possedere una buona evidenza di qualcosa, per cui estendere la nozione di rule-governed freedom dal linguaggio ad altre aree è più un atto di fede che di scienza. Nondimeno il fatto che questa nozione è ragionevolmente affidabile per il linguaggio come caratteristica umana, rende ragionevole provare ad estendere tale nozione ad altre aree della natura umana. Le nostre informazioni genetiche ci permettono una grande libertà, ma ci forniscono anche un insieme di limiti come regole intrinseche. Questo modello dell’essere umano che emerge dal lavoro complessivo di Chomsky è giudicato plausibile da Salkie, in quanto si appoggia sia su dati scientifici, sia su di una visione realistica dell’uomo, permettendo a Chomsky di raggiungere il suo più profondo risultato. V.R. Il plurale dell’etica L’etica è una forma di conoscenza che pone capo a una verità in qualche modo universale e sovrastorica? E’ questo il problema intorno al quale ruotano numerose recenti pubblicazioni, e che vede attestati da un lato pensatori come Italo Mancini e Manfred Riedel, e dall’altro, con accenti e impostazioni anche molto diversi fra loro, la raccolta di saggi curata da Carlo Augusto Viano, la cosiddetta “filosofia pratica”, cui è dedicata un’antologia, Charles Larmore, e Salvatore Natoli. Se la risposta alla questione è affermativa, la verità cui pone capo l’etica sarà il fondamento unico delle valutazioni morali e, al di là delle contestualizzazioni cui vanno necessariamente incontro le applicazioni concrete, varrà come fonte unica dell’agire morale in tutti gli ambiti della vita. Altrimenti non resta che riconoscere il pluralismo dei valori umani; rinunciando con ciò a porre il problema etico nei termini della determinazione della “vita giusta”, o della determinazione metafisica del Bene. Italo Mancini in L’ethos dell’Occidente (Marietti, Genova 1990) si pone senz’altro sul primo versante dell’alternativa, fa i conti con l’ethos del passato e propone un ethos del futuro. L’ethos del passato ha seguito tre vie. La via antiqua - non in senso strettamente cronologico - per la quale l’istanza morale, fondata su una sua intrinseca razionalità, è a sua volta fondamento del diritto e della politica. Da Aristotele a Tommaso, da Leibniz a Bloch, passando ovviamente per i giusnaturalisti, la via antiqua sostiene che è legale ciò che è giusto, e non viceversa, e che la razionalità è immanente al giusto e al bene. Con ciò la via antiqua è anche, a parere di Mancini, via perennis , perché fornisce un insieme di coordinate, la cui validità è sovrastorica. L’altra via, la via modernorum, è quella del positivismo giuridico, che va da Hobbes a Schmitt e Kelsen. Sostenendo che è giusto TENDENZE E DIBATTITI ciò che la legge giudica tale, la via modernorum non fa però che rovesciare semplicemente, secondo Mancini, l’assunto fondamentale della via antiqua. Il formalismo giuridico di questa posizione viene rifiutato da Mancini proprio sulla base della necessità, di un’istanza di razionalità a fondamento della moralità e di una morale a fondamento della legge. Ma la “via del futuro”, che Mancini propone per l’ethos, non può limitarsi a una riproposta della via antiqua, ovvero della via perennis; deve andare oltre, deve in un certo senso concretizzare, antropologizzandolo, il problema. Non ci si dovrà allora orientare a definire ciò che è bene, ciò che è giusto, ma in che modo dovrà agire l’uomo buono, e in quale l’uomo giusto. Per Mancini, che rivolge lo sguardo a Levinas, l’uomo “etico” sarà colui che, liberatosi dall’”idolatria” dell’Ego, nella dimensione della comunità saprà riscoprire l’Altro, ponendosi primariamente nella prospettiva dell’essere-con e dell’essere-insieme agli altri. Sul secondo versante dell’alternativa, quello del pluralismo dei valori umani, si attesta invece la maggior parte dei contributi raccolti da Carlo Augusto Viano in Teorie etiche contemporanee (Bollati Boringhieri, Torino 1990). Polemizzando con l’orientamento dell’opera e con il contributo di Viano stesso, Gianni Vattimo ha sottolineato (“Tuttolibri”, 14 luglio 1990) come l’utilitarismo sotteso all’orientamento dell’opera porti a un’impasse. L’utilitarismo tenta infatti di costruire un’etica che si presenti come “scienza esatta”, e quindi con un suo notevole grado di complessità specifica, che difficilmente dà conto dell’effettivo agire del comune soggetto morale. La distinzione a questo proposito fra metaetica cioè il discorso “scientifico” sull’agire morale, prerogativa degli esperti, - ed etica, ovvero effettivo agire del soggetto, pare a Vattimo poco realistica: il “contenuto” dell’agire morale non è separabile dalla “forma”, cioè dalla riflessione su di esso. Tutte le “scienze esatte” o sedicenti tali si basano su un presupposto che resta indiscusso; per l’utilitarismo esso è la coincidenza fra l’utile generale e quello individuale. Tale presupposto, nell’impostazione utilitarista, o resta appunto indiscusso, oppure diviene oggetto di fondazione sulle orme del principio di universalizzabilità kantiano, dichiarando l’utile generale preferibile - in caso di conflitto - a quello individuale. Con ciò si è però ricaduti in quello che abbiamo indicato come il primo versante dell’alternativa, cioè nell’orientare la ricerca etica su un valore unico e sovrastorico, in questo caso la preferibilità del “bene sociale” rispetto a quello individuale. Viano peraltro respinge l’accusa di voler fare dell’etica un’ulteriore “scienza esatta”, convinto com’è che “le imposizioni morali si fanno con le credenze e non con il calcolo”; il problema è poi proprio quello di dar conto di queste credenze. Il richiamo di Vattimo alla cosiddetta “filosofia pratica” e ad autori come Gadamer, Habermas, Apel, - si veda in proposito l’antologia Etiche in dialogo. Tesi sulla razionalità pratica, (a cura di Teresa Bartolomei Vasconcelos e Marina Calloni, Marietti, Genova 1989) - mira proprio a fondare queste credenze sul piano del “linguaggio comune della cultura in cui viviamo”. Ben diversamente Manfred Riedel in Metafisica e metapolitica. Studi su Aristotele e sul linguaggio politico della filosofia moderna (Il Mulino, Bologna 1990) parte proprio dalla distinzione fra un’etica e una metaetica, nonché tra una politica e una metapolitica, e analizza il debito della filosofia pratica all’impostazione aristotelica, pur prendendo le distanze dal neoaristotelismo e dalla sua pretesa di un’attualità della Politica di Aristotele da un punto di vista prescrittivo. Contro il neoaristotelismo e attestata esplicitamente sul secondo versante dell’alternativa fra unicità o pluralità dell’etica, si schiera invece l’opera di Charles Larmore, Le strutture della complessità morale (Feltrinelli, Milano 1990). La “complessità morale” è proprio, a parere di Larmore, la pluralità dei valori, ovvero delle fonti di ispirazione etica nelle differenti sfere della vita umana e, a maggior ragione, in differenti individui; per cui non solo non ci sarà un’istanza etica universale, valida per tutti gli uomini, ma l’agire del medesimo individuo non sarà sempre governato dagli stessi princìpi. E’ dunque teoricamente errato e concretamente dannoso, in quanto foriero di posizioni illiberali, porre istanze etiche nella forma di valori assoluti a fondamento, per esempio, dell’agire politico. Nel relativismo di Larmore la volontà di giudicare, e quindi di creare valori, è la guida dell’analisi etica. L’autore si pone nel solco dell’utilitarismo, e non può che entrare in polemica con il neoaristotelismo. A suo parere non il riconoscimento della relatività dei valori, ma proprio la pretesa di definire una volta per tutte ciò che è bene e ciò che è giusto genera il rifiuto nichilista. Ancor oltre si spinge in questa direzione l’ultimo scritto di Salvatore Natoli, Vita buona, vita felice. Scritti di etica e politica (Feltrinelli, Milano 1990), che rimette in gioco la nozione di libertà e di valore a partire dalla cosiddetta “crisi del soggetto”. Già i Greci avevano ben chiaro il fatto che la nozione di soggetto agente, e quindi quella dell’agire etico, non si diano prima e al di fuori del gioco delle relazioni sociali. Con l’accentuarsi di questo aspetto la libertà non si pone dunque come possibilità delle scelte individuali di sottrarsi alle condizioni date, ma come eccedenza delle possibilità di scelta rispetto alle condizioni stesse; come uscita dell’individuo dalle condizioni stesse. Un criterio quantitativo di “mobilità”, insomma, più che una nozione relativa alla creatività dell’individuo.Il concetto di valore segue dunque il destino dell’identità personale: ciò che dal punto di vista morale è bene, e da quello politico è giusto, non potranno darsi come precostituiti, ma risulteranno dal gioco delle relazioni fra gli individui e dalle sue regole.F.C. Croce, lo spirito e la storia Il rinnovato interesse per l’idealismo e lo storicismo è un dato di fatto confermato dalla pubblicazione o, più significativamente, dalla riedizione di numerosi studi critici su Giovanni Gentile e Benedetto Croce, nonché della contemporanea edizione, presso Adelphi e presso Bibliopolis, dell’opera omnia di quest’ultimo. Nei mesi scorsi di Croce sono state ripubblicate, in un unico volume, le opere: Breviario di estetica e Aesthetica in nuce (Adelphi, Milano 1990) e, in un altro, l’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale (Adelphi, Milano 1990). Da segnalare inoltre la biografia del coordinatore della riedizione adelphiana, Giuseppe Galasso, Croce e lo spirito del suo tempo (Il Saggiatore, Milano 1990) e la ripubblicazione di un’opera di Eugenio Garin, La filosofia come sapere storico (Laterza, Bari 1990). L’edizione nazionale delle opere di Benedetto Croce, promossa nel 1981 presso la casa editrice Bibliopolis, ha per molti versi precorso l’attuale “riscoperta” del filosofo di Pescasseroli. Un’edizione critica, più che una ristampa di testi già noti. Il piano dell’edizione comprende infatti un primo gruppo di opere, quello del corpus, che rispetta l’ordine indicato da Croce stesso con la suddivisione nelle note sezioni: Filosofia dello spirito, Saggi filosofici, Scritti di storia letteraria e politica, Scritti varii. La redazione definitiva di ciascuna delle celebri opere che appaiono in questo gruppo viene affiancata da un’appendice, contenente stesure diverse e varianti utili per seguire il percorso elaborativo, e da una nota filologica che lo illustra. Un secondo gruppo comprende i molti scritti già editi su riviste, atti accademici, miscellanee e così via ma mai raccolti in volume, nonché quelli raccolti in volume, ma non presenti nel corpus. Altri gruppi contengono le traduzioni crociane (fra cui quella dell’ Enciclopedia hegeliana), i taccuini di lavoro, il carteggio, la bibliografia (elenco degli scritti di e su Croce, la sua biblioteca) ed un indice analitico-sistematico. Se fra gli anni Venti e Trenta vi fu “dittatura” del magistero crociano, essa si esercitò più nel campo degli studi letterari ed estetici che non in quello filosofico e letterario, dominato invece da Gentile. Una fama e un' autorità che non si fermarono ai confini italiani; il Breviario è il testo di una serie di conferenze, mai tenute, a Houston, l’Aesthetica addirittura uno scritto su commissione dell’Encyclopedia Britannica. Croce ha sempre smentito la tesi che qui vi sia una rettifica del tiro rispetto alle note posizioni della sua opera maggiore, l’Estetica del 1902. Sono posizioni legate, nel bene e nel male, alla figura di Croce; devono essere comunque considerate non come elementi di un sistema monolitico, ma si- TENDENZE E DIBATTITI Benedetto Croce (Mario Nunes Vais) TENDENZE E DIBATTITI tuate nella prospettiva dell’effettivo evolversi della riflessione crociana. Proprio alla restituzione di tale prospettiva, oltre che a sottolineare la dimensione europea della filosofia crociana, è indirizzato lo studio di Giuseppe Galasso, che sostiene per quanto riguarda in particolare il campo della teoria storiografica - l’esistenza di una “svolta” in senso storicistico con i saggi di Teoria e storia della storiografia (1916). Una svolta, a parere di alcuni, da Galasso sopravvalutata, e che si ridurrebbe invece a una differenza di accenti e di forma. Al periodo delle grandi opere sistematiche seguirebbe dunque quello delle indagini sui singoli problemi, all’interesse per la politica quello per l’etica; mantenendo comunque ben salda, prima e dopo la “svolta”, la posizione storicista. Proprio in una prospettiva storicista, che vuole però fare i conti con l’idealismo, si muove un classico della storiografia filosofica italiana, La filosofia come sapere storico di Eugenio Garin, la cui prima edizione risale al 1959. Contro l’univocità del processo storico e storico-filosofico nello storicismo idealistico gentiliano, più che in quello crociano, Garin insiste sulla pluralità e autonomia delle singole filosofie, che è compito dello storico della filosofia mettere in luce. Un compito che per Garin è essenzialmente filosofico, stante la radicale identificazione - tutta storicista - che egli pone tra filosofia e storia della filosofia. Identificazione che non significa, come Garin ribadisce nel saggio autobiografico aggiunto a questa riedizione, ridurre la filosofia alla storiografia, ma concepirla come sviluppo storico. F.C. Comprensioni dell’interpretazione Sulla scorta del “secondo Heidegger” e delle sue riflessioni sul linguaggio, alcuni esponenti dell’ermeneutica hanno spostato la propria attenzione sul linguaggio artistico in generale e su quello poetico in particolare. A questo proposito sono recenti le traduzioni delle opere di Hans Georg Gadamer, Interpretazioni di poeti 1 (a cura di Gianfranco Bonola e Giacomo Bonola, Marietti, Genova 1990) e di Hans Robert Jauss, Estetica e interpretazione letteraria (a cura di Carlo Gentili, Marietti, Genova 1990). Il saggio di David Hoy, Il circolo ermeneutico (traduzione di Franca D’Agostini, Il Mulino, Bologna 1990) è uno sguardo panoramico sulle ultime tendenze dell’ermeneutica. Lo scarto fra il “detto” e il “non detto”, fra ciò che è espresso e l’orizzonte in cui esso si esprime, sembra essere lo scenario in cui si muove l’ermeneutica, assurta dal rango di disciplina specialistica - l’interpretazione delle Sacre Scritture - a quello di koiné della comunità filosofica. Va ascritto al me- desimo ambito di riflessione, più per la prospettiva in cui i problemi sono posti che per la soluzione che a essi viene data, il testo di Aldo Masullo, Filosofie del soggetto e diritto del senso (Marietti, Genova 1990). Dagli anni Trenta in poi Martin Heidegger ha sostenuto il carattere linguistico dell’accadere dell’Essere e ha individuato nel linguaggio poetico la dimensione originaria del linguaggio stesso, come luogo privilegiato del manifestarsi dell’Essere. Hans Georg Gadamer riprende questi temi insistendo sulla dimensione ontologica dell’evento linguistico in quanto tale, e ha così privilegiato, anziché il carattere di “forzatura”, di “sfondamento” del linguaggio poetico rispetto a quello ordinario, quello di “ulteriorità” del linguaggio in quanto tale, e di quello poetico in particolare, del “detto” rispetto al “non detto”. Su questa strada l’Ermeneutica contemporanea assegna al linguaggio poetico una centralità ontologica; d’altra parte, l’ontologia stessa che viene così a configurarsi si distanzia dalle indagini heideggeriane, e si avvicina a problematiche tipiche della riflessione estetica. Quando David Hoy tenta di determinare la questione del valore dell’ermeneutica dal punto di vista della teoria della conoscenza, focalizza proprio l’aspetto della fruizione estetica. Attraverso il principio di discontinuità, essa diventa il paradigma della comprensione in quanto tale in alcune importanti correnti dell’ermeneutica contemporanea. Significative a questo proposito sono le posizioni di Gadamer stesso e di Hans Robert Jauss. Gadamer, riprendendo il tema heideggeriano del “circolo ermeneutico”, cioè la precomprensione preterintenzionale che fonda ogni comprensione cosciente, identifica tale precomprensione con la tradizione, che è la compartecipazione al senso che il “non detto” del testo mette in moto nel lettore. Hans Robert Jauss, esponente della cosiddetta “teoria della ricezione”, critica questa identificazione. Uno dei caposaldi della teoria della ricezione è infatti, in certo senso, il carattere oggettivo di quest’ultima come elemento costitutivo dell’effetto dell’opera d’arte sul fruitore. A parere di Jauss l’identificazione gadameriana fra tradizione e precomprensione dell’interprete rischia di ridurre a finzione la struttura dialogica dell’interpretazione del testo da parte dell’interprete, che viene relegato in un ruolo passivo. Se la ricezione è ammessa invece come elemento oggettivo della fruizione dell’arte, la struttura dialogica fra appello al testo e disposizione dell’interprete è salva. Proprio per salvaguardare la struttura dialogica, ovvero il ruolo “attivo” dell’interprete nella ricezione estetica, Jauss sottolinea in essa, più che la tradizione, le caratteristiche di discontinuità con il contesto storico-culturale, i meccanismi selettivi che qualificano l’interprete come quell’interprete. La dialettica, nel testo, fra “detto” e “non detto”, fra ciò che è espresso e ciò che è compreso dall’interprete, è il cardine su cui ruota l’opera di Aldo Masullo, che trova la direzione della propria indagine nella distinzione, già aristotelica, fra il significato che l’intelletto, cioè il soggetto cosciente, attribuisce alle cose, e il senso, dato invece dalla “convivenza” che abbiamo con le cose stesse, prima di ergerci a soggetti coscienti. Le varie forme di idealismo, cioè le varie filosofie del soggetto, il cui ideale gnoseologico e ontologico è l’io come autocoscienza e come soggettività, non tengono ferma questa distinzione; esse riassorbono senza residui, almeno in prospettiva, all’infinito, il senso nel significato, e mirano dunque all’autofondazione del soggetto. All’inadeguatezza delle filosofie del soggetto fa però riscontro l’inadeguatezza, per opposti motivi, dell’ermeneutica di stampo heideggeriano; essa arriva a dissolvere il primato dell’io, ma dissolve con ciò anche l’interrogazione filosofica, che parte pur sempre dal carattere cosciente dell’interpretazione, cioè dal livello del significato, in un dire oracolare o poetico. Neppure l’ermeneutica, dunque, a parere di Masullo salvaguarda la dialettica fra significato e senso; la ragione di ciò è che essa, insistendo sul tema heideggeriano del “circolo ermeneutico” ha finito per porre in secondo piano, come Gianni Vattimo ha rilevato in scritti anche non recenti, il tema altrettanto heideggeriano della “differenza ontologica” fra il piano ontico, quello del significato, e il piano ontologico, quello del senso. Il senso, come ciò che è sempre “oltre” il significato, è il suo fondamento, l’orizzonte entro cui il significato accade; esso consiste precisamente nello “stato patico” l’analitica esistenziale heideggeriana è, per Masullo, ricerca degli a priori patici dell’uomo - del soggetto, non ancora costituito come tale rispetto agli enti, essi pure non ancora dati come “presenti” nella loro fissità. Il senso consiste dunque nell’essere affetti dalle cose, e coincide con la sensibilità, di cui Masullo, sulla scorta di Heidegger - si ricordi la deduzione non sensistica della sensibilità nella sua lettura di Kant - fornisce un’interpretazione ontologica. Proprio l’ignoranza della dimensione ontologica è ciò che Masullo rimprovera alle varie “scienze dell’uomo”, alle varie “-logie” (psicologia, antropologia, sociologia), dalla sua riduzione dell’uomo a ente fra gli enti, e quindi analizzabile ala stessa stregua di essi. Ciò che invece distingue l’uomo è il suo essere sinnvoll o sinnlos, cioè fornito o privo di senso, mentre l’animale può essere solo unsinn, cioè senza senso. Le “scienze dell’uomo” dimenticano questa differenza perché non conoscono il senso, e la sua dialettica con il significato. F.C. PROSPETTIVE DI RICERCA PROSPETTIVE DI RICERCA Scritti giovanili di Sartre Un ulteriore tassello di quel grande mosaico di scritti e di documenti che è la biografia intellettuale di Jean Paul Sartre ci viene fornito dagli Ecrits de jeunesse (Scritti giovanili) a cura di Michel Contat e Michel Rybalka (Gallimard, Parigi 1990). Si tratta delle prime prove, letterarie e saggistiche, composte tra il 1922 e il 1927, nel periodo in cui Sartre preparava assieme a Nizan l’esame di concorso all’Ecole Normale, dove assieme proseguiranno gli studi. Bozze di romanzi: Jesus la chouette (Gesù la civetta), La Semence et le Scaphandre (La Semenza e lo Scafandro), Une défaite (Una sconfitta); novelle sarcastiche, L’ange du morbide, l’angelo del morboso; racconti mitologici (Er l’Armenien), saggi incompiuti che rivelano il talento versatile del giovane Sartre. Un’intelligenza mobilissima che si aggira inquieta tra letteratura, filosofia, poesia, già impregnata di quella lucidità autocritica e di quell’esigenza a diffondersi nell’analisi, che costituisce il vincolo più pesante a ciò che Sartre ha sempre considerato la propria «predestinazione» alla scrittura letteraria. Ciò che soprattutto si rivela in queste prose che mimano differenti modelli di scrittura e si misurano con i generi più svariati è la straordinaria ambizione di Sartre, a cui sembra mancare tuttavia l’oggetto passionale che possa alimentare e rendere credibile la stessa proclamata predestinazione. Riflettendo su questo periodo della sua vita e sulla sentenziosità dei suoi primi scritti, Sartre scriverà nelle Lettres au Castor (Lettere al Castoro) che si trattava «di vivere la propria giovinezza come la giovinezza di un grande... In luogo di esserne sicuro, facevo come se avessi dovuto diventarlo, ed ero perfettamente cosciente di essere il giovane Sartre, come si dice il giovane Berlioz o il giovane Goethe». A Jean-Paul che studia di diventare Sartre non manca però il dono dell’ironia, anche verso se stesso; felicemente demistificanti risultano i ritratti dei bourgeois di turno che prefigurano i più riusciti personaggi della Nausea. Prove di scrittura all’insegna dell’imperativo di «dare uno stile al proprio carattere», questi Ecrits de jeunesse valgono per la rilevanza che hanno nella biografia intellettuale di Sartre, di cui correva lo scorso anno il decimo anniversario della scomparsa. E’ per sottolineare questa ricorrenza che la rivista “Temps Modernes” dedica un numero speciale: Temoins de Sartre (Testimoni di Sartre, n° 531-533, ottobredicembre 1990), al suo fondatore. Un monumento di 1400 pagine che si installa un po’ provocatoriamente nella piazza culturale francese, da tempo abituata alla demolizione sistematica del personaggio e del pensatore Sartre. Quasi cinquanta nomi hanno dato il loro contributo, firmando così la «dichiarazione di pace» nella grande famiglia sartriana (citiamo tra i molti: Badiou, Delacampagne, Wolin, Contat, Pontalis, Roudinesco, Revault d’Allonnes). L’intento non è celebrativo ma inteso piuttosto a testimoniare la contemporaneità di un filo- sofo contro il quale - sostiene François George - si è fatto dell’ostracismo politico per evitare di misurarsi con il suo pensiero. Questa è anche l’opinione di Manuel de Dieguez che invita a riprendere a filosofare a partire da Sartre, la cui opera ancora aspetta un “superamento” che non sia quello dell’indifferenza. Dalle pagine di Le Nouvel Observateur (17 gennaio 1991) sembra rispondergli Régis Debray che il filosofo Sartre rimane legato al proprio tempo e che non si possono certo trovare nei suoi scritti i riferimenti concettuali per leggere una modernità che non è la sua. Ciò che rimane di Sartre è uno stile filosofico: la descrizione analitica, l’arte di cogliere il concetto universale attraverso la singolarità dellla situazione. Malgrado i debiti insoluti con l’idealismo francese - sostiene Debray - ciò che ha ancora un interesse ed Jean-Paul Sartre PROSPETTIVE DI RICERCA un valore filosofico è il primo Sartre, quello di L’Essere e il Nulla, originale nella capacità di concettualizzare il sensoriale e di far precipitare l’ontologico nel dato apparentemente più insignificante. Singolare anche nei risultati letterari, il progetto filosofico di Sartre, riconciliare la totalità storica con la soggettività agente, rimane dunque incompiuto, ma fecondo. La professione di fede nel valore dell’engagement sartriano è ribadita da Michel-Antoine Burnier: «la riflessione sugli orrori del nostro secolo - lo stalinismo, il nazismo, la tortura, la decolonizzazione - passa per la sua opera più che in qualsiasi altra». Oggi come ieri far critica significa tornare a quell’abito d’ascolto e al rischio dell’errore che il pensiero in situazione deve necessariamente assumersi. A suggello di questo vale la citazione di Sartre in esergo al doppio numero di Temps Modernes: «Di fronte a Gauguin, Van Gogh e Rimbaud provo un complesso d’inferiorità perchè loro hanno saputo perdersi... Penso sempre di più che per raggiungere l’autenticità sia necessario che qualcosa si strappi... Ma mi sono premunito contro gli strappi, io mi sono incatenato al mio desiderio di scrivere». E.N. Appunti e frammenti jenesi di Hegel Sono apparsi in gennaio, presso la casa editrice Aubier di Parigi gli appunti ed i frammenti jenesi di Hegel, Notes et fragments-Jéna 1803-1806. Il volume contiene i testi, la traduzione e il commentario dei frammenti redatti da Hegel nel corso della seconda parte del suo soggiorno a Jena, dopo la partenza di Schelling e prima della pubblicazione della ‘Fenomenologia dello spirito'. Si tratta del risultato di una ricerca collettiva intrapresa da un’équipe che si è costituita su invito di Pierre-Jean Labarrière e che, nel corso di tre anni, ha lavorato nel quadro del Collège International de Philosophie. All’opera hanno contribuito Catherine Colliot-Thelene, Gwendoline Jarczyk, Jean-François Kervegan, Alain Lacroix, André Lecrivain, Béatrice Longuenesse, Denise Souche-Dagues e Steve Wajsgrus, oltre allo stesso Labarrière. Questo lavoro viene a continuare la preziosa opera di commentario a testi hegeliani decisivi che Gwendoline Jarczyk e Pierre Jean Labarrière hanno avviato di recente presso la casa editrice Aubier: nel 1989 erano apparsi Hegel: le malheur de la coscience ou l’accès à la raison (traduzione e commentario dei brani della Fenomenologia dello spirito su stoicismo, scetticismo e coscienza infelice) e Le syllogisme du pouvoir. Y a-t-il une démocratie hegelienne?, traduzione in lingua francese con un commentario della parte sull’eticità dei Lineamenti di filosofia del diritto. Le Note e frammenti ora apparse permettono di cogliere il pensiero di Hegel nella fase decisiva del suo distacco da Schelling. Ne sono apparse diverse traduzioni nel corso degli ultimi anni. In Italia con il titolo di Aforismi jenesi (Hegel Wastebook 18031806) sono stati pubblicati a cura e con un’introduzione di Carlo Vittone e una premessa di Remo Bodei (Feltrinelli, Milano 1981). In Spagna la “Revista de la Filosofia” ha dedicato il n.6 (1988) agli Aforismos de Jena, tradotti e annotati da Manuel Barrios Casares e Juan Antonio Rodrigues Tous. In Francia la rivista “Philosophie” aveva pubblicato, in due numeri successivi (nn. 14 e 15, 1987) una prima traduzione francese a cura di Max Marcuzzi (ma senza introduzione, note o commentario). Questi appunti di Hegel erano rimasti inediti e addirittura sconosciuti fino a quando la famiglia li mise nel 1839 a disposizione di Rosenkranz, che si accingeva alla redazione della biografia di Hegel. L’originale che Rosenkranz ebbe fra le mani è scomparso e già non figura neppure nello HegelNachlass che fu trasmesso dagli eredi di Hegel alla Königliche Bibliothek di Berlino. Fino al 1967 si è considerato che la versione trasmessa da Rosenkranz fosse l’unica via di accesso possibile ai frammenti di Jena. In quell’anno Friedhelm Nicolin comunicò sugli “Hegel Studien” di aver scoperto che i frammenti jenesi erano già stati pubblicati da Rosenkranz prima della Vita di Hegel (1844) in vari numeri di una rivista intitolata “Königsberger Literaturblatt”. Questa prima edizione, effettuata sotto la denominazione Hegels Kritische Xenien aus der Jenenser Periode, passò inosservata e lo stesso Rosenkranz non vi si riferì successivamente. L’équipe guidata da Labarrière ha lavorato confrontando le varie redazioni degli appunti jenesi, la cui pubblicazione in edizione critica definitiva è ormai annunciata come imminente col titolo Aus dem Janaer Notizenbuch nel tomo V (Schriften und Etnwürfe 17991808, a cura di Manfred Baum e KurtReiner Meist) delle Gesammelte Werke presso Felix Meiner di Amburgo. A.G. In memoria di Ilting La figura di Karl-Heinz Ilting (19251984) è ben nota agli studiosi del pensiero di Hegel per via della sua edizione delle Vorlesungen über Rechtsphilosophie (Fromman-Holzboog, Stuttgart-Bad Cannstatt, 1973-1974 e Klett-Cotta, Stuttgart 1983) e per il progetto “Hegels Vorlesungen” avviato presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici nel 1978, con l’edizione del primo volume delle Vorlesungen über Religionsphilosophie (Bibliopolis, Napoli 1978), seguito dal primo volume delle Vorlesungen über Natur- philosophie (a cura di M. Gies con la partecipazione di K.-H. Ilting, Bibliopolis, Napoli 1982), e però presto interrotto dalla prematura scomparsa di Ilting nel 1984. A testimonianza dell’opera e della figura intellettuale di Ilting è di recente stata pubblicata una raccolta di scritti in memoria del filosofo: Zur Rekonstruktion der praktischen Philo-sophie. Gedenkschrift für KarlHeinz Ilting (a cura di Karl-Otto Apel e di Riccardo Pozzo, FrommannHolzboog, Stuttgart-Bad Cannstatt 1990). Karl-Heinz Ilting non fu solo il filologo illustre cui va riconosciuto il merito di aver saputo valutare appropriatamente il corpus delle Vorlesungen hegeliane, traendone delle nuove prospettive interpretative che hanno fatto, e fanno ancora, molto discutere; Ilting fu anche uno storico della filosofia di chiara fama, attento alla storia della filosofia pratica (con particolare riferimento, oltre a Hegel, a Hobbes, Spinoza, Kant, Marx e Heidegger), come pure un brillante filosofo teoretico, cui si deve un contributo rilevante alle discussioni, svoltesi negli ultimi decenni, sulla fondazione ultima della filosofia pratica. Muovendo dalla constatazione che l’improvvisa scomparsa di Ilting lasciava amici e colleghi davanti ad un dialogo interrotto, Karl-Otto Apel, che fu compagno di studi di Ilting a Bonn, e Riccardo Pozzo, l’ultimo assistente di Ilting a Saarbrücken, incoraggiati da Hans Georg Gadamer, dall’avvocato Gerardo Marotta presidente dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dall’editore Günter Holzboog, si sono proposti di continuare questo dialogo, con l’obiettivo di arrivare ad enucleare, grazie al contributo di più di venti studiosi, i punti di maggiore incidenza e problematicità del pensiero di questo filosofo. Il volume non è tanto il risultato di un lavoro di scuola (anche se sono presenti i colleghi e gli allievi di Saarbrücken), bensì il risultato, per dirla con Karl-Otto Apel, dei contributi di «colleghi, con i quali Ilting - come era sua abitudine - spesso aveva duramente discusso». Si trattava di riprendere, una volta di più, quelle «discussioni, che raramente portavano ad un consenso, ma che si preoccupavano seriamente di raggiungerlo» (p. 9). Di qui la scelta di articolare il volume in due sezioni principali: I. “Grundfragen der praktischen Philosophie” (Questioni fondamentali di filosofia pratica), II. “Zur Geschichte der praktischen Philosophie” (Sulla storia della filosofia pratica), che rispecchiano i due centri di interesse dello studioso scomparso. La questione posta al centro della discussione è però di portata generale, e di cocente attualità: come «ricostruire la filosofia pratica» dopo la messa in discussione della sua legittimità di fronte al relativismo ed al postmodernismo? La risposta suggerita da questo volume (se di risposta si può parlare data la gravità PROSPETTIVE DI RICERCA della posta in gioco) va senz’altro in una direzione cui Ilting avrebbe dato il suo consenso: la ricostruzione deve puntare su strutture trascendentali ricavate dall’analisi dei fenomeni dell’agire collettivo, così come oggi si presentano all’interpretazione filosofica. R.P. L’integrità di Thomas Hobbes Una équipe di studiosi, composta da anglisti, filosofi, politologi e linguisti di una decina di paesi, ha messo a punto, sotto la vigile direzione di Yves Charles Zarka, i primi volumi dell’edizione critica di Thomas Hobbes in francese. Dei previsti 17 volumi sono apparsi il Béhémoth (tomo X, a cura di Luc Borot) e Dialogues des Common Laws (a cura di Lucien e Paulette Carrive), pubblicati dalla casa editrice Vrin di Parigi che si occuperà della pubblicazione delle opere complete. I prossimi testi saranno disponibili nel corso del 1991 e specificatamente: il tomo I, che raggrupperà i racconti della vita di Hobbes scritti di suo pugno e raccolti da altri e il tomo XI che riunirà una prima serie di testi relativa alla diatriba con Bramhall sulla necessità e la libertà. Sicuramente un evento di risonanza mondiale questa edizione critica francese dell’opera omnia di Thomas Hobbes, non solo per la partecipazione internazionale degli esperti ma anche per la “cura” estremamente dotta e, al tempo stesso, tesa a restituire la modernità di un pensiero spesso ridotto a formule estemporanee. Nota infatti Yves-Charles Zarka: Hobbes ha subìto anche da parte di alcuni illustri “colleghi” come Rousseau o Diderot, una serie di occultamenti e di malintesi, o per meglio dire un taglio di rasoio con cui si è estrapolata la sua riflessione politica dal contesto della meditazione sulla metafisica, sull’etica, sulla fisica. Al di là dell’eterogeneità degli scritti (politici, filosofici, polemici, giuridici) l’integrità di Hobbes è rintracciabile, sempre per Zarka, nell’unità di ispirazione che sottende la teoria del desiderio e la riflessione sul potere, la speculazione materialistica sulla realtà e la teoria etica della condotta umana. Riannodando le osservazioni politiche e giuridiche alla teoria metafisica di Hobbes è possibile cogliere una serie di corrispondenze logiche e, al tempo stesso, riscoprirne la fecondità per il pensiero contemporaneo. Se la filosofia diviene essenzialmente “politica” è che essa si orienta secondo due assi paralleli: una teoria meccanicistica del mondo (si veda l’ipotesi di un “annichilimento del mondo”) e una teoria artificialista dello Stato (si veda l’ipotesi di una dissoluzione dello stato storico per il ritorno a uno stato fittizio di origine del patto sociale). Il nesso fra questi due fronti Thomas Hobbes è dato da una filosofia complessa che rimette in gioco alcuni capisaldi della tradizione e prospetta una riflessione innovativa dei rapporti fra uomo e mondo, fra uomo e uomo; il perno di questo pensiero è lo smantellamento di un’ontologia dell’essere in una filosofia dell’attività umana, logica, linguistica, politica in senso largo. In tale prospettiva l’attualità di Hobbes - precisa Zarka - consiste nel «comprendere come questa filosofia ha cominciato a pensare, in termini di desiderio e di potere, la condizione dell’uomo moderno». In particolare per quanto riguarda la questione cruciale del diritto naturale, Hobbes permette di ripensarne i termini svincolandola da un’ “ingenua” ontologia del soggetto, ma riconnettendolo a una teoria della persona giuridica. Attraverso questa restituzione di un pensatore versatile ma unitario è possibile anche mettere a fuoco le linee di frattura secondo cui nel XVII secolo si distribuirono le opzioni fondamentali delle tre sfere del sapere, dell’essere, del potere, in particolare per quanto riguarda la costituzione di un individuo del tutto antieroico, attraversato non da volontà di potenza o da proiezioni divine di sé, bensì dalla doppia preoccupazione della conservazione di sé e della paura della morte. F.M.Z. Le lezioni del giovane Heidegger Nell’ambito della Gesamtausgabe heideggeriana è stato pubblicato il volume 56, dal titolo: Zur Bestimmung der Philosophie (Sulla determinazione della filosofia, Klostermann, Frank-furt a. M. 1990), contenente i testi, a cura di Berndt Heimbüchel, di due corsi di lezioni che il giovane Privatdozent tenne a Friburgo nel 1919: Die Idee der Philosophie und das Weltanschau-ungsproblem (L’idea della filosofia e il problema dela Weltanschau-ungs problem) e Phänomenologie und transzendentale Wertphilosophie (Fenomenologia e filosofia trascendentale dei valori). Il manoscritto di un terzo corso, Über das Wesen der Universität und akademischen Studiums, è andato perduto; ne è rimasto solo un abbozzo e, in sostituzione, una trascrizione del corso da parte di Oskar Becker. Nel primo corso di lezioni, Martin Heidegger focalizza il problema del rapporto tra il concetto di filosofia e quello di Weltanschauung. L’apparente paradossalità di tale rapporto, per cui la “visione del mondo” appare per un verso sovrapporsi al concetto di filosofia, per l’altro fungere da PROSPETTIVE DI RICERCA suo limite, viene da Heidegger ricondotta al fatto che la filosofia viene concepita come un «sapere originario». A questo proposito Heidegger individua l’inadeguatezza di alcune posizioni tipiche dell’ambito tedesco. Anzitutto quella della storiografia filosofica. Essa riposa su uno storicismo che, privato dell’idea di un’assolutezza del sapere, ha rinunciato anche a porsi la domanda su una sua dimensione originaria, e non sa coglierla né nella specificità della riflessione filosofica, né in altri contesti. Heidegger attacca qui anche il relativismo psicologista di Georg Simmel, che, riconducendo le categorie conoscitive all’habitus mentale del singolo filosofo, non può cogliere la struttura essenziale della conoscenza e della riflessione filosofica in quanto tale; così come a questa struttura essenziale, cioè a questo sapere originario, non può arrivare l’”induttivismo metafisico” di filosofi-biologi come Hans Driesch e Oswald Külpe: la conoscenza del tutto non è la somma delle conoscenze delle singole parti. Nel mirino di Heidegger entra anche la “filosofia dei valori” di Wilhelm Windelband, che pure attacca la metafisica positivista; la polemica contro Windelband viene ripresa nel secondo dei corsi di lezioni di questo volume. Il metodo “teleologico-critico” di Windelband afferma l’esistenza nel sapere di una validità universale e di una necessità che non possono avere una genesi empirica - e, quindi, neppure psicologica - e pone capo su questa base all’esistenza di principi di carattere ideale, ma non, come era per Kant, formali. A questa impostazione Heidegger rimprovera sostanzialmente il dualismo: che rapporto c’è tra i “valori” o gli “assiomi” e gli enti, fra il soggetto ideale e quello psicologico, che in esso dovrebbe fondarsi? Questi corsi di lezioni sono segnati dall’influenza husserliana sul giovane Heidegger, e nondimeno emergono alcuni motivi fondamentali della sua propria teorizzazione filosofica. Fin dal 1917 il “sapere originario”, come sottolinea a proposito di queste lezioni Otto Pöggeler, è per Heidegger la fenomenologia husserliana in virtù della sua “intuizione essenziale” che «lascia essere le cose nel loro essere»; già si pone in Heidegger il problema, riguardo agli enti intramondani, non tanto di sapere come essi siano, ma cosa significhi per essi l’”essere” in quanto tale. La “teoria della conoscenza”, ovvero l’impostazione gnoseologica, è qui da Heidegger criticata sulla base della centralità del concetto di Erlebnis, e del carattere processuale e circolare della comprensione conoscitiva. Quest’ultimo definisce un nuovo concetto di spontaneità: ogni atto di comprensione conoscitiva presuppone una precomprensione da parte del soggetto rispetto all’oggetto, e ogni caratterizzazione dell’oggetto presuppone un suo esser già posto in quanto tale. La prospettiva gnoseologica considera invece soggetto e oggetto nella loro fissità di enti oggettivati; per questo Heidegger distin- gue la “posizione conoscitiva” originaria (Kenntnisnahme) da quella della gnoseologia (Erkenntnisannahme). Con essa si coglie non l’Erleben dell’io rispetto agli enti intramondani, ma, al più, l’Entleben, lo stato di rapporto privativo che sussiste fra siffatti soggetto e oggetto. Questa transazione fra enti oggettivati è un evento, una processualità che Heidegger denomina Vorgang, distinguendola da quella originaria, definita dall’Ereignis. F.C. Attualità dell’idea Capolinea di una tradizione di pensiero e trasfigurazione teoretica di un’epoca storica: questo è la filosofia di Gentile nell’opera postuma di Augusto del Noce, Giovanni Gentile (Il Mulino, Bologna 1990). Il primato della prassi contro ogni forma di intuizionismo e di trascendentismo è, nel sistema gentiliano, il coerente sviluppo del senso delle filosofie del Risorgimento, che in Gentile assurge a categoria filosofica. La recente ristampa di un’altra opera di Augusto del Noce, Il problema dell’ateismo, (Il Mulino, Bologna 1990) permette di individuare il punto di incontro fra Del Noce e Gentile: proprio la centralità della prassi, architrave della direttrice - fallimentare per il filosofo torinese - della filosofia moderna. Per Giovanni Gentile - e per Augusto Del Noce - esiste una “causalità ideale” della storia, per cui se la filosofia di Gentile nasce sul tronco di quella risorgimentale italiana, e il fascismo è l’erede del Risorgimento, l’incontro tra l’attualismo di Gentile e il fascismo è, in senso leibniziano, teleologicamente necessario. Gentile e i suoi autori, Rosmini, Gioberti, Mazzini, sono così paradigmi della filosofia e della storia politica; così come il “caso italiano”, il Risorgimento e il fascismo sono paradigmi della storia moderna e di quella delle idee. Due sono le grandi direttrici che, almeno a partire da Cartesio, Del Noce individua nella storia e nella filosofia: quella dei pensatori che da Malebranche a Rosmini pongono capo a una metafisica del trascendente e quella ateista che, dal materialismo settecentesco, sfocia nell’immanentismo nietzscheano da una parte, e in quello hegelo-marxista dall’altra. E’ un ateismo “postulatorio”, come lo definisce Del Noce nell’opera del 1964, perché basato su una petizione di principio; l’infondatezza del quale spiega il fallimento delle pratiche politiche che a essa si richiamano. Gentile, dunque, dalla parte di Hegel, di cui radicalizza il principio dell’inesistenza di un “dato” al di fuori del processo del soggetto che lo produce: anzi, se è possibile trarne una conseguenza sul piano etico, il “male” è quel “fatto” che si oppone e limita il “fare” del soggetto, e l’interventismo gentiliano nella prima guerra mondiale vuole dichiaratamente prescindere dal problema della parte con cui schierarsi. Il caposaldo dell’attualismo è la critica di ogni intuizionismo, in quanto proprio intuizione di un “dato”; se ciò avvicina Gentile a un rifiuto hegelo-marxista di qualsiasi immediatismo, dall’altra lo colloca, accanto a Heidegger, in una posizione che, come ha più volte ribadito Emanuele Severino in interviste recenti, è ancora più radicale nella critica al platonismo della metafisica occidentale. Gentile, dunque, anche dalla parte di Marx o di Gramsci, dai quali lo divide il carattere teologico del proprio sistema. Gentile ribadì sempre, contro ogni evidenza e ogni ortodossia, il proprio cattolicesimo, senza però l’idea di una rivelazione, di una Grazia e di una trascendenza. A Marx, filosofo in senso proprio, tanto per Gentile, quanto per Del Noce, Gentile è legato dal prassismo che nell’impostazione di Del Noce non è una particolare prospettiva filosofica, ma il necessario esito della filosofia moderna in quanto tale. Per Del Noce l’opposizione al marxismo è quindi necessariamente opposizione al pensiero moderno, al quale lo stesso Gentile viene assegnato; e per questo, dalla propria posizione di cattolico, conservatore e avversario di ogni tipo di individualismo, Del Noce giudica contraddittoria e filosoficamente infondata quella per molti versi analoga di Gentile. F.C. Sotto i cieli di Grecia All’inizio era il Caos, abisso di generazione. Poi vennero Gaia, la Terra, ed Eros. Gaia «generò un essere ad essa eguale, capace di coprirla per intero», questi era Urano il Cielo. Seguire a ritroso la cosmologia greca nel suo racconto di generazioni e di guerre, tradimenti e omicidi, significa ripercorrere la strada che conduce ai miti originari di gran parte della cultura occidentale. Una delle guide che più si sono rivelate utili in questi ultimi tempi a descrivere e ad interpretare il paesaggio mitologico dei Greci è stata l’opera di Pierre Lévêque e Louis Séchan: Les Grandes Divinités de la Grèce (Le Grandi Divinità della Grecia, Armand Colin, Parigi 1990). L’opera viene riproposta da Pierre Lévêque, a più di vent’anni dalla prima pubblicazione in una nuova e più ampia edizione. Nella ricca postfazione l’autore si misura con le più recenti acquisizioni critiche sulla religione ellenica, facendo il punto sui lavori di studiosi quali Lloyd, Dodds, Vegetti, Momigliano, Finley, e tanti altri, riaggiornando dove necessario la strumentazione critica adottata, ma in linea generale riproponendo intatta la validità di un testo ormai classico. Classico anche per la felicità di una scrittura capace di guidarci PROSPETTIVE DI RICERCA attraverso i racconti e le leggende che costituiscono la religione pubblica dei greci, quella canonizzata da Esiodo ed Omero e quella privata, esoterica, dei misteri orfici, indagando le origini e le varianti etniche delle divinità senza lasciare che l’analisi storica smarrisca la ricchezza narrativa del mito. Per un lungo istante mito e storia sembrano confluire in un discorso che ci ripropone un mondo dove, secondo la parola di Omero, «tutto è divino». Il passaggio dalla nozione panica del divino quale forza naturale e diffusa - il mana - alla figurazione antropomorfica degli dei, è al centro dell’indagine di Jean-Pierre Vernant Figures, Idoles, Masques (Figure, idoli, maschere, Juillard, Parigi 1990). E’ questo l’ultimo volume della serie “Conférences, essays et leçons du Colleges de France” che raccoglie i corsi tenuti da Vernant dal 1975 al 1984, in gran parte consacrati allo studio del linguaggio figurativo. La prospettiva antropologica adottata da Vernant interroga il documento storico, artistico o filosofico, alla ricerca dei segni di quel cambiamento decisivo, della «mutazione mentale» nella cultura greca che, a cavallo tra il IV e il V secolo a.C., segna il passaggio all’orizzonte del simbolo e della rappresentazione iconica. La figurazione antropomorfica della divinità ha - per Vernant - il carattere paradossale di rappresentare non un semplice simbolo, bensì il ritratto stesso del dio, di un’entità che tuttavia permane invisibile. L’ambiguità dell’immagine, quale si presenta ai Greci, è quella di offrire allo sguardo un oggetto che nell’immagine non è in realtà presente. Così la definizione platonica di mimesis quale «imitazione dell’apparenza» esprime la comparsa di un ambito nuovo: quello della finzione e dell’illusorio, dove l’immagine viene percepita come un’imitazione che «non possiede nessun’altra realtà al di là di questa similitudine con ciò che essa non è». Naturale e sovrannaturale, visibile ed invisibile sono le polarità nel cui campo si origina questa inedita modalità del pensiero: la coscienza del carattere di finzione di ogni rappresentazione. Coscienza che sta alla base del linguaggio figurato, tanto dell’arte greca che della filosofia, da Platone a noi. Un ulteriore evento editoriale, che si segnala per l’interesse critico suscitato, è la traduzione del primo volume dell’opera di Giorgio Colli, La sagesse grèque (La saggezza greca, trad. di Marie-José Tramuta, Editions de l’Eclat, Parigi 1990). Che non si tratti di una meteora editoriale ma di una vera e propria scoperta del filosofo italiano è testimoniato dalla contemporanea traduzione di un’altra opera di Colli: Pour une éncyclopedie des auteurs classiques (Per un’enciclopedia degli autori classici, trad. di J.-P. Manganaro e D. Dubroca, Christian Bourgois, Parigi 1990). Escono infine a cura di Jean-François Mattei, gli atti del congresso che si è tenuto a Nizza nel 1987, dal titolo La naissance de la raison en Grece (La nascita della ragione in Grecia, PUF, Parigi 1990); trenta interventi di studiosi per ricostruire «le matrici di una razionalità che, per venti secoli, è stata capace di generare le diverse forme di comunicazione in cui oggi la modernità si riconosce». E.N. La filosofia dei primi cristiani L’interpretazione filosofica della figura di S. Paolo può apparire secondaria a fronte della sua opera di apostolato e di organizzazione delle comunità cristiane. D’altronde l’edizione delle Epistole (traduzione a cura di Carlo Carena, con testo a fronte, Einaudi, Torino 1990) e il recente testo di Stanislas Breton, San Paolo. Un ritratto filosofico, (Morcelliana, Brescia 1990), inducono a porre la questione. Accanto alle opere di e su Paolo è da segnalare la raccolta di nove omelie di un altro grande predicatore, che pure coltivò studi di filosofia antica, Basilio di Cesarea, dal titolo: Sulla genesi (traduzione a cura di Mario Naldini con testo a fronte, Fondazione VallaMondadori, Milano 1990). La questione della posizione filosofica di Paolo di Tarso si pone se non altro perché con la sua opera di apostolato prese di petto il problema del rapporto tra il cristianesimo e la cultura ebraica da un lato, e di quello fra il cristianesimo e la cultura greca dall’altro. Basti pensare al discorso dell’Areopago, o allo scontro con i seguaci di Artemis a Efeso. Stanislas Breton sottolinea d’altronde la triplice identità di Paolo, ebreo d’origine, greco per cultura, romano per cittadinanza. Ciò spiegherebbe fra l’altro il suo tentativo di mediazione fra ebraismo e cristianesimo: nell’alternativa se considerare quest’ultimo come una rottura con la tradizione, o piuttosto come la sua realizzazione, Paolo scelse questa seconda strada, che pure fu abbandonata dalle varie Chiese cristiane nei secoli successivi. Nei confronti della Legge, che, con i suoi precetti e i suoi diritti, definisce l’attesa del Messia nell’orizzonte della vita degli appartenenti al popolo eletto, Paolo fa valere, sulla scorta di un umanesimo platonizzante, l’universalità dell’amore divino per tutti gli uomini, proiettando così nella vita ultraterrena le aspettative di salvezza. Su questo punto la ricezione di Paolo nelle varie confessioni cristiane, filtrata soprattutto dalla lettura agostiniana, diventa problematica. La tensione fra la “città di Dio” e quella degli uomini dà adito a un’interpretazione spiritualista di Paolo, non del tutto priva di fondamento. Anche il conformismo, spesso rimproverato alla precettistica paolina, rimanda al problema del valore dell’ordine terreno, anche se la raccomandazione dell’adeguamento all’esistente è indifferenza per esso, più che sua legittimazione. In Paolo sembra d’altronde emergere un cristocentrismo che ha un valore non solo antropologico, ma radicalmente ontologico: un unico processo teleologico, che riceve il suo senso dalla figura di Cristo come Redentore, connettendo uomo, storia e natura. A questo proposito Breton si richiama addirittura a Schelling. Nei confronti della religiosità dei filosofi pagani che guardavano a Dio con gli occhi di chi cerca in primo luogo la verità, Paolo fa invece valere le ragioni della gratuità e dell’amore. Gratuità che ha certo un valore ontologico, in quanto riferita all’amore di Dio, ma che diventa, riferita alla vita umana, la cifra della novità dell’insegnamento di Cristo, tanto nei confronti del teoreticismo ellenico, quanto in quelli della devozione ebraica: «... Se ho la profezia e conosco tutti i misteri e tutte le scienze, e se ho intera la fede da spostare le montagne, ma non ho la carità, nulla io sono». Anche le omelie di Basilio di Cesarea si nutrono del rapporto con la filosofia greca; ancor più di quella di Paolo, la formazione di Basilio risente dell’influsso della grecità. La sua apologetica contro i filosofi pagani e contro le eresie fonda la teologia su argomentazioni di carattere razionale. Così la difesa della tesi biblica del creazionismo si sviluppa attraverso la confutazione delle teorie ontologico-cosmologiche che intendevano rinunciare all’ipotesi di un creatore. Basilio confuta il manicheismo che afferma l’esistenza autonoma del male, il materialismo e la dottrina della metempsicosi in nome della libertà dell’uomo e di quella di Dio. F.C. Scienze e saperi Parallela ripubblicazione di due opere di quella che, prima del fascismo e delle persecuzioni razziali che costrinsero all’emigrazione molti dei suoi esponenti, fu la “scuola matematica italiana”. Si tratta di Federico Enriques, Scienza e razionalismo (Zanichelli, Bologna 1990) e Vito Volterra, Saggi scientifici (Zanichelli, Bologna 1990). A ciò fa riscontro la recente edizione dell’opera di Isaac Newton, Principii di filosofia naturale. Teoria della gravitazione (a cura di Federico Enriques e Umberto Forti, Zanichelli, Bologna 1990). Più immediatamente caratterizzata in senso filosofico la prima, più legata alla definizione di quello specifico ambito del pensiero che è la riflessione scientifica la seconda, le opere di Enriques e Volterra si dividono sulla questione del rapporto fra le acquisizioni della fisica novecentesca e il meccanicismo classico; rapporto di possibile inglobamento della prima nel secondo per Volterra, di rottura per Enriques. A proposito dello sviluppo storico della fisica è da segnalare la nuova opera di Enrico Bellone, Caos e PROSPETTIVE DI RICERCA Armonia (Utet, Torino 1990). L’attualità, non solo epistemologica, dei saggi di Volterra e Enriques va ben al di là del contesto culturale in cui essi sono maturati; alcune delle loro tematiche sono riprese da Marcello Cini, Trentatré variazioni sul tema. Soggetti dentro e fuori la scienza (Editori Riuniti, Roma 1990), Paolo Vineis, Modelli di rischio. Epidemologia e causalità (Torino, Einaudi 1990) e dall’ultimo testo tradotto in italiano di Paul Feyerabend, Addio alla ragione (Armando, Roma 1990). Vito Volterra, di cui è ricorso nel 1990 il cinquantenario della morte, è stato commemorato con una mostra dell’epistolario presso l’Accademia dei Lincei, e con un convegno del C.N.R. a Roma il 27 e 28 novembre 1990, dal titolo: Scienza e tecnica in Europa nei primi venti anni del secolo. Volterra resta legato ai principi del meccanicismo, ritenendo che all’interno di questo quadro, proprio grazie allo sviluppo degli strumenti algebrici, fosse possibile dar conto delle nuove scoperte. Nella sua prolusione inaugurale del 1901-1902, Volterra prospetta la descrizione matematica, ovvero algebrica, di fenomeni biologici e sociali, e nel 1926 arriva a formulare la cosiddetta “equazione di Volterra”, che descrive in termini di derivate parziali la dinamica predapredatore. Federico Enriques al contrario, - rappresentante della “scuola geometrica” - privilegia la geometria e la prospettiva intuitivo-sintetica, ritenendo che con ciò si possa dar meglio conto delle acquisizioni novecentesche. Enriques recupera il valore euristico della metafisica - fu vicino all’attualismo gentiliano - posta sullo stesso piano dei modelli geometrici astratti. Questa rivalutazione della metafisica si oppone a concezioni puramente pragmaticostrumentali della scienza, proprio perché essa pone il problema della conoscenza dell’oggetto da parte del soggetto. Se sul piano filosofico il bersaglio polemico di Enriques è lo scientismo, su quello culturale lo sono le pretese egemoniche dello spiritualismo idealista. Al di là delle differenti posizioni sul terreno specificamente epistemologico, Enriques e Volterra si trovano in effetti dalla stessa parte, quella perdente, che nei primi decenni del secolo oppose i filosofi della scienza (Volterra, Enriques, Vailati) all’idealismo. Volterra insiste poi sul valore della ricerca pura, ovvero, non immediatamente e coscientemente legata all’utilità; e se ciò è detto anzitutto contro Croce, che relega il valore della matematica all’ambito definito dalla propria categoria di pratica, l’affermazione del valore conoscitivo della scienza pura vale contro ogni riduzione della ricerca ai suoi usi applicativi. Le ipotesi generali sull’universo sono il frutto più di intuizioni che non di astrazioni induttive; la storia della scienza è scandita dal passaggio dall’una all’altra di queste intuizioni di carattere generale, come mostra Enrico Bellone nel ricostruire la storia della fisica. Anche Marcello Cini nella sua opera, una raccolta di articoli apparsi dal 1983 al 1988 sulla rivista “Scienza Esperienza”, sottolinea fra l’altro la necessità di fondazione del riduzionismo scientifico da due punti di vista. Il primo è quello dell’esigenza di “visioni d’insieme” che trascendano gli sguardi delle singole discipline che studiano la natura; il secondo, la necessità di integrare la scienza della natura stessa, prendendo in esame i fattori che si riferiscono all’”interesse” - psicologico, ideologico, e così via - dello scienziato. La polemica è anzitutto con Karl Popper, che finisce per riproporre una presunta “neutralità della scienza”; Cini vuole però prendere le distanze anche da Paul Feyerabend, o, piuttosto, da una certa ricezione della sua epistemologia, ricordando, contro possibili interpretazioni irrazionaliste e misticheggianti dell’evoluzione della scienza, che essa è solo in ultima analisi un tutto unico. Da una parte le metodologie particolari delle singole discipline costituiscono comunque un fattore decisivo; dall’altra, l’ideale metodico razionale della scienza ha spesso fornito un aiuto decisvo al progresso del sapere e della cultura in senso lato. Feyerabend non lo nega; anche in Addio alla ragione preferisce però, ancora una volta, indirizzare la sua polemica contro un atteggiamento positivista e contro l’idea di un metodo razionale universale, “neutrale”, in quanto oggettivo, in funzione del quale si debbano gerarchizzare culture e atteggiamenti diversi. In quest’ultima opera ancora una volta Feyerabend assume una posizione “kierkegaardiana”: la difesa di un pensiero “soggettivo” e “interessato” contro la “filosofia dei risultati”, cioè contro un pensiero “oggettivo” di stampo hegeliano che fa leva sui fatti come dati nella loro fissità; pensiero che Feyerabend vede all’opera in Galilei, nel positivismo, e in Popper stesso. Anche Paolo Vineis attacca il riduzionismo scientifico, conducendo una critica del concetto di causa all’interno della pratica scientifica stessa. Della nozione causale Vineis mostra il carattere tautologico e, a volte, la scarsa fecondità euristica. Il culto scientista dell’universalità e autofondatezza delle scienze positive, per Vineis come per Enriques, Feyerabend, Cini, non è meno irrazionale, meno lontano dalla scienza stessa, di quanto non lo siano i suoi denigratori. F.C. Marcel Duchamp, Rotary Glass Plates (Precision Optics), 1920 CALENDARIO CALENDARIO Tre giornate di studio su Filosofia e scienze della natura nell’Ottocento tedesco si tengono da gennaio a maggio a Pisa a cura del dipartimento di Lettere e Filosofia della Scuola Normale Superiore. Il 18 gennaio si è tenuto il seminario di R. Mazzolini: “La legge dell’energia specifica dei sensi in J. Müller”; L. Cerruti ha svolto il 14 febbraio una lezione su “Autonomia epistemologica e situazione conoscitiva nella chimica teorica di L. Meyer”, mentre nello stesso giorno E. Torracca è intervenuto su: “Le origini della spettroscopia: i contributi di Bunsen e Kirchoff”. Il 10 maggio E. Gagliasso e S. Barbera parleranno rispettivamente di “Teorie cellulari: tra morfologia, filosofia della natura e ricerca empirica” e de “Il ruolo degli studi di fisiologia nella costruzione della teoria della conoscenza di Schopenhauer”. ● Informazioni: Segreteria della Classe di Lettere e Filosofia della Scuolo Normale Superiore di Pisa, Piazza dei Cavalieri 7, 56100 Pisa. Presso la sede della II Università di Roma (Tor Vergata) il Dipartimento di Ricerche Filosofiche ha organizzato tra gennaio e febbraio una serie di Tre lezioni sugli Stoici antichi. Ha aperto la serie Margherita Isnardi Parente (21 gennaio) con una lezione su “Il concetto di incorporeo nella Stoa tra la fisica e la logica”; Mario Vegetti (28 gennaio) ha parlato sul tema: “Cosmo, destino e soggetto negli Stoici”; ha concluso il ciclo la lezione di Aldo Magris (4 febbraio) su “Problemi del determinismo stoico”. ● Informazioni: II Università di Roma, Dipartimento di Ricerche Filosofiche, Via Orazio Rai-mondo 7, 00173 Roma. Presso la Fondazione San Carlo di Modena un interessante ciclo di lezioni sul tema: Il tempo vissuto. Ha aperto il ciclo Giacomo Marramao (25 gennaio) con una relazione intitolata: “L’altra metà del tempo. Verso una filosofia dell’esperienza”, mentre Pier Aldo Rovatti (8 febbraio) ha parlato della nozione di “Tempo fenomenologico” nel pensiero di Bergson, Husserl e Heidegger. La lezione di Ugo Perrone (25 febbraio), dal titolo: “Il tempo interrotto”, ha preso in esame la relazione tra festa e quotidianità. Di argomento più specificamente psichiatrico è stato l’intervento di Alberto Gaston (15 marzo): “Il cammino del tempo nella psicopatologia. Percepire, pensare, intuire”; ha chiuso il ciclo il sociologo Alessandro Cavalli, parlando di “Tempi sociali e tempi individuali”. ● Informazioni: Fondazione Collegio San Carlo, via S. Carlo 5, Modena. Scienza e vita civile nel Rinascimento sono oggetto di una serie di seminari curati dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, dall’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento e dall’Istituto e Museo di Storia della Scienza, che hanno luogo da marzo a giugno, sempre a Firenze. Questo il calendario delle lezioni: 5-8 marzo, Martin Kemp e Judith Field: “From Optics into Art: from Art into Mathematics”. 11-13 marzo, Christian Bec: “Niccolò Machiavelli”. 25-28 marzo, Pierre Jodogne: “Francesco Giucciardini”. 3-6 giugno, Thomas Seattle: “Scienza e tecnica nell’età di Cristoforo Colombo”. 6-8 giugno, Michel Lerner: “Filosofia e cosmologia alla fine del rinascimento”. 17-20 giugno, Sebastiano Gentile: “Umanesimo e geografia nel ‘400 fiorentino”. ● Informazioni: Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, via Monte di Dio 14, 80132 Napoli. L’Assessorato alla Cultura del Comune di Cattolica promuove tra marzo e maggio la dodicesima edizione annuale del ciclo di incontri dal titolo programmatico: “Cosa fanno oggi i filosofi?”, organizzato dalla Biblioteca comunale di Cattolica in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e la rivista “Nuova civiltà delle macchine”. Il tema di quest’anno affronta, in una prospettiva filosofica, il controverso rapporto Della parola (e dell’immagine). Interventi di Beniamino Placido (8 marzo, “All’inizio era il logos”), Sergio Finzi (“La scrittura del Trauma e i segni della guerra”), Sergio Quinzio (29 marzo, “Parola sacra”), Maurizio Bettini (5 aprile, “Fama di immagini e fama di parole: per una antropologia dell’immagine nel mondo antico”), Annamaria Testa (12 aprile, “La parola immaginata”), Remo Bodei (19 aprile, “Dal buio alla luce”), Renato Barilli (3 maggio, “Pensare la fine, pensare l’inizio”) e Massimo Cacciari (10 maggio, “Lo specchio di Platone”). ● Informazioni: Biblioteca comunale di Cattolica, Piazza della Repubblica 2, 47033 Cattolica (FO). Nel contesto di un programma di dialogo tra filosofi tedeschi e latino-americani si è svolto dall’1 al 5 marzo presso l’Universidad Autonoma Metropolitana del Messico un incontro sul tema: Problemi etici del conflitto nordsud. ● Informazioni: Raul Fornet- Betancourt, Kanonenwiese 5a, D5100 Aachen. Dal 4 all’8 marzo si è tenuto a Dubrovnik un incontro su Scienza, politica moralità. Decisioni etiche nel contesto delle controversie scientifiche, organizzato da Renè V. Schomberg, P. Morales e M. Milovic. ● Informazioni: Inter-University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Per il ciclo di lezioni “Il mondo delle cose” si è svolto il 5 marzo presso la Fondazione S.Carlo di Modena una giornata di studio con la partecipazione di Marshall Salinis (Chicago) e Remo Guideri (Nanterre-Parigi X) sul tema: La genesi culturale dei bisogni. ● Informazioni: Fondazione Collegio S. Carlo, via S. Carlo 5, 41100 Modena. Si è svolto a Dubrovnik dall’11 al 22 marzo un corso su Essere uomini responsabili. Decisione e incarico, diretto da R. Wisser, B. Bosnjak, J. Reiter. ● Informazioni: Inter-University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Dal 18 al 20 marzo si è svolto a Dubrovnik un corso su Schopenhauer - Nietzsche Postmoderno, diretto da M. Cekik e W. Schirmacher. ● Informazioni: Inter-University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Dal 18 al 24 marzo si è tenuto a CALENDARIO Dubrovnik un incontro sul tema: Prospettive per una filosofia della scienza postmoderna. Sociologia, ermeneutica strutturale e ontologia critica, organizzato da B. B. Abich, N. Davey, H. Schmidt, P. A. Heelan e T. Seebohm. ● Informazioni: Inter-University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Dal 18 al 31 marzo a Dubrovnik si è svolto un corso su Pensiero dell’esistenza: umanismo o antiumanismo, diretto da G. Penzo. H.-M. Baumgartner, I. Koprek, R. Thurnherr. ● Informazioni: Inter-University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Si è tenuto dal 22 al 23 marzo presso la Duquesne University un convegno della North American Fichte Society sul tema: La filosofia di J.G. Fichte. ● Informazioni: Prof. Tom Rockmore, Department of Philosophy, Duquesne University, Pittsburgh, PA 15282 USA. Si tiene a Dubrovnik dall’1 al 6 aprile un seminario su Hegel e Nietzsche, diretto da M. Djuric, V. Gerhardt, J. Simon e Slobodan Zunjic. ● Informazioni: Inter-University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Si tiene a Dubrovnik dall’1 al 12 aprile il XVII Corso della serie “Filosofia della scienza” dedicato ai temi Filosofia della psicologia e Teoria ed esperimento. Direttori del corso: L. Bergstrom, J.R. Brown, W. Krajewski, S. Lelas, E. Mamchur, J. Mittelstrass, W. Newton-Smith e K. Wilkes. ● Informazioni: Inter-University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. A Dubrovnik dall’1 al 12 aprile si svolge un corso su Interpretazioni sociali della tecnica. Controllo delle tecniche in un mondo che cambia. Mutamento dei valori nello sviluppo della tecnologia sotto la direzione di I. Hronzsky, G. Ropohl, V. Gorohov, A. Hunning e S. Lelas. ● Informazioni: Inter-University Centre, Frana Bulica 4, YU 5000 Dubrovnik. Dal 3 al 10 aprile si svolge a Dubrovnik un corso su Teoria femminista e movimento delle donne, diretto da R.Ivekovic, E. List e S. Weigel. ● Informazioni: Inter University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Dal 7 al 14 aprile 1991 si tiene a Dubrovnik un seminario su Razionalità e discorso. Differenziazioni nel concetto di ragione, diretto da K.-O. Apel, W. Kuhlmann, M. Kettner e M. Milovich. ● Informazioni: Inter University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Si svolge dal 12 al 16 aprile a Eugene, Oregon, il XVIII convegno humeano. ● Informazioni: Prof. Dr. Dorothy Colemon, Secretary of the Humean Society, Dep. of Philosophy, Bodwin College, Brunswick, ME 04011 USA. Si tiene dal 15 al 20 aprile a GLI STUDI FILOSOFICI Palazzo Serra di Cassano - Via Monte di Dio 14 - Napoli 2-5 aprile - Biagio de Giovanni Vico pensatore del Moderno Vico e il moderno - Vico e la metafisica dei moderni (I) - Vico e la metafisica dei moderni (II) - L’età degli uomini. 2-5 aprile - Edgard Morin Rationalité et complexité” Rationalité, Rationalisation, Raison L’aventure de la Raison occidentale Crise de la Rationalité ou crise de la Rationalisation - Rationalité et pensée complexe. 8-12 aprile - Paul Ricoeur Responsabilité et Utopie” La responsabilité au passé: sens morale et juridique - La responsabilité au futur: Jonas et le principe responsabilité à l’âge technique - La responsabilité et la fragilité de la vie - La responsabilité selon l’éthique de la communication (Apel) - Idéologie, utopie et responsabilité. 15-18 aprile - Cesare Cases Vicende dell’interpretazione del Faust Il Faust guglielmino e spengleriano Tra Marx e Freud - L’opposizione alle interpretazioni trionfalistiche - Il Faust oggi e le autointerpretazioni di Goethe. 22-25 aprile - Karl-Otto Apel Auseinandersetzungen: Witt- genstein, Derrida und Habermas in der Sicht einer transzendentalen Sprachpragmatik” Wittgenstein - Heidegger - Derrida Habermas. 22-26 aprile - Jan Sperna Weiland Maestri dell’antropologia filosofica del Novecento” Martin Buber. Il principio dialogico e la ristrutturazione della società Martin Heidegger. Le strutture essenziali del Dasein e l’avvento dell’Essere - Max Scheler. Il conflitto fondamentale e la speranza di un’ultima armonia - Helmuth Plessner. La “posizionalità eccentrica” dell’apostata della natura - Arnold Gehlen. La mancanza essenziale, la costruzione e la distruzione delle istituzioni. 6-9 maggio - Girolamo Cotroneo Il concetto di “vero” nella Prefazione alla Fenomenologia dello spirito “Immediatezza” e “mediazione” - La potenza “immane” del negativo - Il sapere dogmatico - Il concetto assoluto. 13-17 maggio - Arbogast Schmitt L’autorappresentazione del pensiero moderno e la sua interpretazione dell’antichità. Un confronto critico della cosiddetta fondazione ultima della conoscenza nel mondo antico e nel mondo moderno Introduzione (La fondazione del l’autonomia del soggetto conoscente ad opera di Cartesio) - Conoscenza confusa e conoscenza distinta in Cartesio - Sul rapporto tra oprincipi dimostrativi impliciti ed esplicit in Cartesio (La fondazione di una mathesis universalis ad opera di Platone) - Dalla confusione della conoscenza sensibile alla conoscenza distinta dell’idea L’essere come criterio di giudizio del pensiero. 20-24 maggio - Sossio Giametta Lo Zarathustra di Nietzsche” La conoscenza - La morale - Lo stile - Mondo e sopramondo - Filosofia e moralismo. 20-23 maggio - Manfried Riedel Heidegger und die Griechen” Aletheia: Heideggers Rückgang auf den Anfang der abendländischen Philosophie - Logos-Physis-Ethos: Heraklit - Die Wegscheides des Parmenides - Die Gegenwart der Griechen: Heidegger und Gadamer. 27-31 maggio - Woldemar Görler Verità e verosimiglianza nell’Accademia scettica” Arcesilao e la teoria dell’eulogon - Il verosimile: concetti e significati Carneade e il “persuasivo” - Filone di Larissa e l’”evidente” - “...aut verum aut quod ad id quam proxime acce- dat...”. Cicerone, scettico fiducioso. 3-7 giugno - Marco Maria Olivetti Comunità etica e chiesa nell’idealismo tedesco La “comunità etica” come risposta alla domanda: “Cosa posso sperare?” - Antecedenti storici della distinzione tra “chiesa invisibile” e “chiesa visibile” nella cultura filosofica e religiosa tedesca - Kantismo e antikantismo tra i romantici - “Spirito assoluto” e “regno dello spirito” - L’ecclesiologia filosofica dello Spätidealismus. 6-8 giugno - Michel Lerner Filosofia e cosmologia alla fine del Rinascimento I dibattiti sulla natura e lo statuto delle ipotesi astronomiche prima di Copernico - Il significato dell’eliocentrismo dal punto di vista filosofico - Le scoperte celesti a partire dal 1572 e la loro assimilazione teorica. 10-14 giugno - Domenico Losurdo La guerra e la colpa: la cultura tedesca e il bilancio dei due conflitti mondiali Weber e la Schuldfrage - Il bilancio di Jaspers dalla prima alla seconda guerra mondiale - La guerra e il nihilismo attivo: Heidegger fra le due guerre La tecnica, la guerra e la volontà di potenza: il bilancio dell’ultimo Heidegger - Schuldfrage e crisi dello CALENDARIO Dubrovnik un corso su Heidegger e l’idealismo, diretto da G.Gretic e H. Hüni. ● Informazioni: Inter University Centre, Frana Bulica 4 YU-5000 Dubrovnik. Dal 15 al 27 aprile si svolge a Dubrovnik un seminario su Il futuro della religione. Ricostruzione socialista o restaurazione nazionalista? (direttori: R.J. Siebert e S. Vrcan). ● Informazioni: Inter University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Dal 30 aprile al 5 maggio si svolge a Marienbad (Cecoslovacchia) il congresso: Ritorno dell’etica. La sfida della scienza e della politica, articolato nei seguenti punti tematici: I. Etica e politica; II. Etica e sciense della natura; III. Etica e medicina. Il convegno jus publicum europeo: Carl Schmitt. 17-21 giugno - Louis Dupré La forma della modernità Soggetto e natura - Libertà assoluta La scoperta del passato - La trascendenza trasformata - Frammentazione dell’universo simbolico. 24-28 giugno - Vincenzo Vitiello Religione e arte nella Fenomenologia dello spirito Destino e senso del tragico negli scritti teologici giovanili di Hegel - Il “luogo” della religione nella Fenomenologia dello spirito - Il “religioso” (das Religiöse) tra natura e arte. Confronto con Schelling - La religione nella verità dell’arte - La verità della religione: l’interpretazione hegeliana del Cristianesimo. 1-5 luglio - Remo Bodei Il mondo e i sensi Accessi a “mondi” diversi attraverso i singoli sensi - L’esperienza mediata dai sensi: vista e colori. Spazio, linee, forme e immagini - L’udito: il suono, la musica, i rumori. I sensi “dimenticati”: l’olfatto, il tatto, il gusto - Il “mondo della vita” e la conoscenza sensibile - L’arte e le teorie dell’”apparire sensibile del bello”. 8-9 marzo - Napoli Il ritorno di Silvio Spaventa Dopo i “Saluti” dei Sindaci di Napoli, è organizzato dall’Associazione Internazionale dei Professori di Filosofia in collaborazione con l’Accademia Cecoslovacca delle Scienze e l’Associazione Austriaca per la Didattica della Filosofia e della Psicologia. ● Informazioni: Dr. Maria Fürst, Josefstädterstr. 35/7, Wien. Si svolge a Langenfeld dal 3 al 5 maggio il III Simposio di Langenfeld, dedicato al problema dei fondamenti della modernità. Tra i partecipanti D. Kamper, H. Lübbe, W. Rehfus, P. Richter, H. Seebass, G. Vollmer, W. Welsch e W. Zimmerli. ● Informazioni: E. Knoff, VHS Langenfeld, Konrad-AdenauerPlatz 1, D-4018 Langenfeld. Dal 6 all’11 maggio si tiene a Dubrovnik un corso sul tema: Wittgenstein e la filosofia della Bergamo, Bomba, Atessa e Vasto, città profondamente legate alla figura intellettuale e all’opera di Spaventa, e gli “Interventi” degli Assessori alla Cultura dei Comuni di Napoli, Bergamo e Modena, hanno tenuto relazioni il Prof. Giuliano Vassalli, Giudice della Corte Costituzionale (“Discorso introduttivo”), l’On. Avv. Giuseppe Gargani, Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati (“Le origini dello Stato unitario”), il Prof. Vincenzo Caianiello, Giudice della Corte Costituzionale (“Silvio Spaventa giurista”), il Prof. Guido Oldrini, Università di Bologna (“Le intermittenze della filosofia di Silvio Spaventa”), il Prof. Gaetano Calabrò, Università di Roma, ‘La Sapienza’ (“Stato e filosofia in Bertrando Spaventa”), il Prof. Aldo Berselli, Università di Bologna (“Le Associazioni costituzionali, Silvio Spaventa e il trasformismo”). 12-14 aprile - Napoli L’anglo-americano è oggi la lingua esclusiva del pensiero filosofico-scientifico? (Europa 1993) In collaborazione con l’Istituto Ludovico Geymonat per la Filosofia della Scienza, la Logica e la Storia della Scienza e della Tecnica, interverranno S. Taglagambe, E. Agazzi, L. Geymonat, F. Minazzi sul tema: cultura, diretto da K.S. Johannessen, T. Nordenstam e G. Petrovic. ● Informazioni: Inter University Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Si tiene dal 13 al 17 maggio a Dubrovnik il corso Epistemologia e filosofia della mente, diretto da G.S. Pappas, M. Swain e M. Potrc. ● Informazioni: Inter Univeristy Centre, Frana Bulica 4, YU-5000 Dubrovnik. Dal 21 al 25 maggio si tiene presso l’Università di Costanza un convegno internazionale sul tema: Filosofia scientifica. Per il centenario della nascita di Rudolf Carnap e Hans Reichenbach. ● Informazioni: Prof. Dr. G. Wolters, Fachgruppe Philo- “Filosofia, Scienza, Verità”; G. Giorello, M. Mondadori, A. Pasquinelli, F. Barone, M. Pera, A. Pala, E. Bizakis sul tema: “Filosofia della scienza”; F. Mondella, E Fiorani, M. Ceruti, F. Califano, I. Prigogine, D. Semionof sul tema: “Chimica e biologia”; P. Rossi, B. Maiorca, G. Gori, L. Zanzi, L. Bulferetti, R. Haller, F. Gil sul tema: “Storia e metodologia della ricerca storiografica”; E. Bellone, G. Micheli, C. Maccagni, R. Maiocchi, V. Cappelletti, U. Bottazzini, F. Mendelev, J. Terrigabras sul tema: “Storia della scienza e della tecnica”. 15-16 aprile - Napoli Filosofia e liberazione In collaborazione con il Dipartimento di Filosofia “A. Aliotta” dell’Università di Napoli. 27-31 maggio - Madrid La filosofia italiana oggi In collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri, con l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid, con l’Accademia Spagnola di Roma e con il Circulo de Bellas Artes di Madrid, terranno relazioni: R. Arguillon, R. Bodei, M. Cacciari, A. G. Gargani, F. Jarauta, J. Jimenez, G. Marramao, J. Muguerza, G. Vattimo, F. Savater. 10-13 giugno - Napoli Il copernicanesimo in Italia: 1543-1610 sophie, Universität Konstanz, Universitätstr. 10, D-7750 Konstanz 1, tel. 07531/88-1. Il 31 maggio e il 1 giugno l’Institut Benjamin Constant di Losanna organizza un convegno su Il discorso antropologico alla fine dell’Illuminismo. ● Informazioni: Institut Benjamin Constant, Université de Lausanne, Batiment central, CH1015 Lausanne. Dal 21 al 27 giugno si tiene a Bristol l’VIII Convegno internazionale sull’Illuminismo. ● Informazioni: Enlightenment Congress, French University of Bristol, 19 Woodland Road, Bristol BS8 17E, England. ISTITUTO ITALIANO PER In collaborazione con l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, con la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Istituto Universitariuo Orientale e con il Seminario Didattico della Facoltà di Scienze dell’Università di Napoli. 27-29 giugno - Vico Equense La metaforologia in prospettiva storica In collaborazione con la HerzogAugust Bibliothek di Wolfenbüttel, con l’Università di Göttingen e con l’Istituto Storico Italo-Germanico di Trento, interverranno: J.-P. Van Noppen, Università Libera di Bruxelles (“La pensée métaphorique”), D. Orsucci, Scuola Normale Superiore (“L’impiego di metafore e modelli nei secoli XIX e XX. Dilthey, Eucken”), D. Peil, Università München (“Politische Bau- und Architekturmetaphorik in der Literatur der Renaissancezeit”), F. Rigotti, Università Göttingen (“La metafora dell’architettura politica da Sieyès a Gorbaciov”), H. Münkler, Università Frankfurt (“Pegasus und der goldene Zügel”), P. Schiera, Università di Trento (“Il campo metaforico del cavalcare e del ‘tenere le redini’”), W. Euchner, Università Göttingen (“Die Lokomotive der Revolution in der Sprache der Sozialdemokratie”). NOTIZIARIO NOTIZIARIO Il fatto di poter contare su di un pubblico numeroso ed interessato, costantemente rinnovato da studenti e laureati, moltiplica in Francia le COLLANE ECONOMICHE DI FILOSOFIA. Economiche solo nel prezzo, perché spesso si tratta di edizioni critiche; è il caso dell’edizione tascabile di Gallimard delle Critiche kantiane e dell’Essai sur l’origine des langues di Rousseau a cura di J. Starobinsky (Folio/Essais), per non citarne che un paio. Le Meditations métaphisiques di Cartesio sono presentate nella collezione “Classiques de la philosophie” (Livres de poche) in una nuova traduzione dal latino, con testo originale a fronte. A firmare i livres de poche sono anche autori contemporanei quali Levinas, Derrida, Kojève, di cui per la collana “Biblio-Essais” viene pubblicato un inedito: L’idée du déterminisme dans la phisique classique et dans la phisique moderne (L’idea del determinismo nella filosofia classica e nella fisica moderna). La buona salute delle edizioni filosofiche francesi è certificata del resto dall’inaugurazione, presso le edizioni Autrement, di una collana intitolata “Morales”. Quattro titoli all’anno per rivisitare, o per riscoprire, i valori fondamentali della morale. La Politesse (Le buone maniere), La Fidélité (La Fedeltà) e L’Honneur (L’Onore), le prime tre opere uscite, ma si annuncia una ricognizione completa delle frontiere della virtù. E’ uscito recentemente in traduzione inglese presso il gruppo editoriale Kluwer, che ingloba anche le edizioni Martinus Nijhoff, il libro di Domenico Jervolino su PAUL RICOEUR, The Cogito and Hermeneutics. The Question of the Subject in Ricoeur, (trad. di Gordon Poole, Dordrecht-BostonLondon 1990). Il libro era stato pubblicato a Napoli nel 1984 dall’editore Procaccini, con una prefazione di Paul Ricoeur e una presentazione di Thèodore F. Geraets, dell’Università di Ottawa; se ne prevede per il 1991 una seconda edizione presso Marietti. Questo libro, che è un tentativo non solo di pensare su Ricoeur, ma di pensare con Ricoeur, offre un’interpretazione unitaria dell’opera del filosofo francese, individuandone il centro tematico nella questione del soggetto e intravedendone uno sviluppo possibile nel senso di una filosofia della liberazione. Uno sviluppo “dal testo all’azione”, per citare il titolo della successiva raccolta ricoeuriana del 1986, titolo che pare quasi essere una conferma della linea interpretativa proposta dallo Jervolino. L’ “Afterword” alla traduzione inglese fa il punto di tali sviluppi sino al 1989. Un colloquio del 1987 con Ricoeur su “Time, Sacrality, Narrative” arricchisce l’edizione inglese, che si avvale anche di un ampio apparato di note opportunamente riviste e adattate dall’autore. Nonostante la grande quantità di SCRITTI DI WITTGENSTEIN pubblicati dopo la sua morte, è importante tener presente che gran parte dei suoi Nachlass non sono mai stati divulgati. Questi taccuini costituiscono un inusuale ed affascinante documento; dal punto di vista storico, psicologico e filosofico essi offrono una rara opportunità, mostrando un grande filosofo nell’atto di partorire nuove idee, svilupparle e correggerle. L’importanza di questi taccuini dipende anche dal metodo di studio posseduto da Wittgenstein; egli infatti quando raggiungeva una specie di equilibrio nel suo pensiero, usando i taccuini come materia prima, scriveva un dattiloscritto che spesso non pubblicava. Così se i taccuini rappresentano le idee spontanee di Wittgenstein ed il loro sviluppo, i dattiloscritti mostrano invece quali soluzioni effettivamente egli ha poi accettato. Pubblicare solo i dattiloscritti, o peggio ancora parte di loro, come è avvenuto, fornisce una visione incompleta dello sviluppo delle sue idee e di conseguenza delle idee stesse.Ci sono stati negli anni passati diversi tentativi per pubblicare tutti gli scritti ancora inediti di Wittgenstein, fra questi nel 1981 una commissione, a cui dovevano partecipare tutti i Dipartimenti di Filosofia delle Università Norvegesi, aveva presentato un progetto che pur non prevedendo la pubblicazione degli scritti di Wittgenstein, prevedeva il compilare un testo richiamabile al computer, capace di fornire tutte le necessarie informazioni sui cambiamenti di testo, correzioni ed alternative dello stesso Wittgenstein. Approssimativamente 3250 pagine sono state trascritte da quando prese il via questo prog- getto; a queste si sono aggiunte altre fra le 7000 o 8400 pagine di materiale trascritto, provvenienti da un precedente progetto naufragato. Sfortunatamente per rendere leggibile da una macchina questo materiale c’era bisogno del permesso degli esecutori letterari di Wittgenstein, che dopo una lunga negoziazione hanno rifiutato. In assenza di un supporto finanziario il progetto venne abbandonato nel dicembre 1987.Fortunatamente però è stato recentemente resuscitato, sotto gli auspici dell’Università di Bergen. La principale ragione del fallimento dei progetti di pubblicazione dell’intero lavoro di Wittgenstein risiede nelle decisioni degli escutori letterari, anche perchè verosimilmente si può ritenere che alcune interpretazioni da loro fornite della filosofia di Wittgenstein potrebbero risultare soggette ad una rivalutazione alla luce del materiale non pubblicato. In occasione del SESSANTESIMO COMPLEANNO DI JACQUES DERRIDA l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha organizzato nella sua sede di Palazzo Serra di Cassano in Napoli un incontro con il filosofo francese che da ultimo ha dato lettura di una sua breve ma densa relazione dal titolo: “Ritorno da Mosca”. Storia politica di un genere letterario”. L’omaggio al filosofo francese si è aperto con gli interventi di C. Sini (“Pratica della voce e pratica della scrittura”) e G. Vattimo (“Ricostruzione della razionalità”), ed è proseguito con una tavola rotonda sul tema: “Postille a Derrida”, con la partecipazione di M. Ferraris, P. Peñalver e P. A. Rovatti. Nuova edizione del poema di TITO LUCREZIO CARO, De rerum natura, (traduzione con testo a fronte di Luca Canali, Rizzoli, Milano 1990). Il grande poema filosofico, pur prendendo le mosse da Epicuro, brilla per alcuni accenti originali. E bisognerebbe chiedersi se l’amore nutrito per Epicuro da alcune correnti culturali moderne non sia dovuto proprio alla mediazione esercitata da Tito Lucrezio Caro. Prima dei materialisti francesi del Seicento, prima di Marx e di taluni critici marxisti NOTIZIARIO novecenteschi, Lucrezio aveva sottolineato il valore del materialismo epicureo nella lotta contro l’oscurantismo della religione tradizionale. Ma già su questo punto, come ricorda Luciano Canfora, Lucrezio ha una sua posizione autonoma rispetto a quella di Epicuro, di cui viene lasciata cadere la teologia e viene invece accentuato il ruolo della fisica. La stessa lotta contro la religione assume un tono nuovo in Lucrezio: la violenza della polemica colloca l’autore nella prospettiva di un rapporto storico con la cultura da cui proviene, di una presa di posizione “politica”, che va al di là della caratterizzazione epicurea del saggio. Le “Filosofskie nauki” (n. 8/1990) hanno dato notizia di una Conferenza internazionale su BOGDANOV RIVOLUZIONARIO E PENSATORE, celebrata a Mosca nel 1989, con la partecipazione di studiosi francesi (Jutta Scherrer), canadesi (Norman Perejra) e inglesi (David Beggart), e il coinvolgimento di una serie di centri di ricerca scientifica: Istituto di Storia dell’URSS, Istituto di Economia, Istituto di Filosofia, Consiglio scientifico di storia del pensiero sociale dell’Accademia delle scienze dell’URSS, Unione cittadina moscovita degli archivi.Una manifestazione del genere era fino a poco tempo fa addirittura impensabile. Aleksandr Malinovskij, detto Bogdanov, continuava a figurare nei manuali (cfr. per ultimo V. A. Malinin, Istoriceskij materializm i sociologiceskie koncepcii nacala XX veka, Mosca, Nauka 1986) come protagonista negativo della filosofia, ai sensi della condanna contenuta in Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin. Comunque aggirati, i termini della questione sembrano tuttavia ancora gli stessi. Si tratta delle cause, «che portano lo scienziato in una determinata tappa della sua vita all’idealismo soggettivo»; o dell’appartenenza o meno di Bogdanov al “marxismo”; o dello “sviluppo” delle vedute filosofiche di Bogdanov dopo la salutare lezione leniniana. Senza dire che «alla conferenza si è prestata poca attenzione al chiarimento delle vedute social-politiche di Bogdanov e del loro intendimento filosofico»...E’ forse un altro indizio dell’incertezza di fondo della perestrojka. E’ stata pubblicata presso l’editore Bollati Boringhieri di Torino l’edizione italiana del COLLEGIO DI SOCIOLOGIA 19371939, a cura di Denis Hollier e Marina Galletti. Il volume comprende scritti di George Bataille, Roger Caillois, Pierre Klossowski, Alexxandre Kojève, Michel Leiris, Jean Pauhlan, Denis de Rougemont, Jean Wahl. Fondato nel 1937 da Bataille e Caillois, con la partecipazione di Leiris e di altri esponenti di rilievo della Parigi intellettuale dell’epoca, il Collegio di Sociologia svolse la sua attività fino all’estate del 1939 soprattutto attraverso una serie di conferenze, oggi divenute mitiche, presso una libreria del Quartiere Latino. Le delusioni della democrazia e i successi dei totalitarismi che precedono la seconda guerra mondiale spingono questo piccolo gruppo di intellettuali non conformisti sulla strada di una “sociologia sacra”. Una sociologia non limitata tuttavia allo studio delle istituzioni religiose, ma estesa a tutte le formazioni sociali in generale (chiesa, esercito, corporazioni, società segrete), analizzate nei loro punti di coincidenza con le tendenze fondamentali della psicologia individuale e a partire da una nostalgia comunitaria, che si dimostra sempre più una costante dell’epoca. Non a caso il primo incontro tra Bataille e Caillois avvenne da Jacques Lacan, mentre accanto alla psicoanalisi un’altra disciplina forniva un apporto fondamentale: l’antropologia culturale. L’Istituto Banfi di Reggio Emilia bandisce un concorso per il conferimento del PREMIO “ENNIO SCOLARI” di cinque milioni destinato a ricerche inedite nel campo della “Storia delle istituzioni e dell’organizzazione della cultura”. Le domande, corredate di cinque copie del dattiloscritto da sottoporre alla commissione giudicatrice, dovranno pervenire entro il 15 settembre 1991 alla sede dell’Istituto Banfi, Via Pasteur 11, 42100 Reggio Emilia. Fondato nel 1981, l’ISTITUTO DI FILOSOFIA E SCIENZE DEL LINGUAGGIO, fa parte della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Bari (Via Garruba, 6 - 70100 Bari). Vi lavorano Augusto Ponzio (Filosofia del Linguaggio), Giuseppe Mininni (Psicolinguistica), Giuseppe Mazzotta (Didattica delle Lingue Moderne), Patrizia Calefato (Filosofia del Linguaggio). Tra i temi di ricerca dell’Istituto figurano: teoria della letteratura, teoria e storia della semiotica, semiotica delle arti visive, linguistica teorica e applicata, psico/socio-semiotica,apprendimento e insegnamento delle lingue moderne, scienza cognitiva, linguistica computazionale. Presso l’Istituto è attivato dal 1988 il Dottorato di Ricerca (quadriennale) in “Teorie del Linguaggio e Scienze dei Segni” in collaborazione con il Dipartimento di Matematica Cattedra di Teoria dei Grafi) dell’Università di Bari. Il Dottorato si articola in quattro curricula: 1. Filodofia del Linguaggio; 2. Produzione e interpretazione del testo letterario; 3. Teoria della traduzione e modelli di traduzione automatica; 4. Linguaggi visivi nelle arti figurative e nei mass media.L’Istituto di Filosofia e Scienze del Linguaggio organizza progetti di ricerca e convegni anche in collaborazione con Istituti e Dipartimenti di altre Università italiane e straniere. Tra le pubblicazio- ni dell’Istituto figurano una rivista monografica semestrale diretta da A. Ponzio, V. Carofiglio e Y. Hersant: “Lectures” (Edizioni dal Sud, Bari); una rivista annuale di arti visive, letteratura, semiotica e filosofia diretta da A. Ponzio e C. Gandelmann: “Athanor” (A. Longo Editore, Ravenna); una collana di filosofia del linguaggio e antropologia culturale: “Segni di Segni” (Adriatica Editrice, Bari). L’Università di Sassari si arricchisce di un nuovo, importante organismo: il CENTRO DI STUDI FENOMENOLOGICI. Su iniziativa di docenti di diverse Facoltà (Magistero, Farmacia, Medicina, Giurisprudenza, Scienze Naturali, Agraria), gli organi di governo accademici (Commissione di Ateneo, Senato accademico, Consiglio di Amministrazione) hanno approvato la costituzione del Centro, cui aderiscono 51 studiosi, nominando come direttore Antonio Delogu, docente di Filosofia morale presso la Facoltà di Magistero. La giunta esecutiva è composta dai docenti: Francesco Dal Pozzo (Giurisprudenza), Michele Dattilo (Agraria), Antonello Malvasi (Medicina), Franco Nuvoli (Agraria), Gianfranco Nuvoli (Magistero), Gerardo Pinna (Farmacia), Nicola Tanda (Magistero), Pier Paolo Demontis (Scienze Naturali). Il Centro di studi fenomenologici promuove studi e ricerche interdisciplinari con il presupposto di attivare un effettivo e proficuo rapporto tra cultura scientifica e cultura umanistica. Da questo punto di vista il Centro è l’unica sede istituzionale che, nell’ambito delle due Università della Sardegna, si proponga di avviare e sviluppare una interrrelazione dialettica fra le due culture. La FONDAZIONE NAZIONALE “VITO FAZIO-ALLMAYER” bandisce un concorso nazionale, riservato ad autori di saggi inediti sul pensiero di Vito Fazio-Allmayer o su tematiche strettamente aderenti ai suoi interessi, per l’assegnazione di due premi di lire dieci milioni ciascuno intitolati a Vito e a Bruna Fazio-Allmayer. Un secondo concorso, a cadenza triennale, è bandito dalla Fondazione per l’assegnazione di un premio di lire due milioni riservato a laureati in Filosofia e Pedagogia, che avranno discusso una tesi di laurea sul pensiero di Vito Fazio-Allmayer. Possono partecipare alla prima edizione del premio coloro che negli a. a. 1990-91, 1991-92, 1992-93abbiano riportato una votazione con lode nella discussione di laurea. Per entrambi i cincorsi la domanda di partecipazione, unitamente a due copie dei lavori, deve essere inviata, entro e non oltre il 31 ottobre 1992 per il primo bando, il 31 ottobre 1993 per il secondo, a: Fondazione Nazionale “V. Fazio-Allmayer”, Via Sammartino 134, 90141 Palermo. DIDATTICA DIDATTICA a cura di Riccardo Lazzari Il diritto alla filosofia Chi ha diritto oggi alla filosofia nella nostra società? A quale filosofia e in quali condizioni? In quali luoghi di insegnamento, di ricerca, di pubblicazione, di lettura e di discussione? Queste sono alcune fra le questioni affrontate da Jacques Derrida nel suo recente libro: Du droit à la philosophie (Del diritto alla filosofia, Galilée, Parigi 1990). Il titolo può tradursi in italiano come “del diritto alla filosofia”, alludendo alle questioni sopra accennate, ma in francese può anche essere inteso nel senso seguente: “dal diritto alla filosofia”. In quest’ultima chiave di lettura, esso rinvia a domande del tipo: quali strutture giuridiche sostengono le istituzioni filosofiche e qual è il rapporto fra queste strutture e la filosofia? Jacques Derrida nel suo libro tenta la strada di una decostruzione dei dispositivi sociali, politici, storici, teorici e simbolici che fanno della filosofia una disciplina, una cultura, intrecciata con determinate istituzioni. Du droit à la philosophie raccoglie tutti gli scritti che l’autore, negli ultimi quindici anni, ha dedicato all’insegnamento della filosofia, alla scuola e alle istituzioni, con in appendice un rapporto, elaborato insieme con Jacques Bouveresse e destinato al Ministero dell’educazione, che formula proposte per una riforma profonda dell’insegnamento della filosofia. Tale rapporto ha suscitato nell’ambito dell’”Associazione dei professori di filosofia” numerose riserve, che si sono concretate sotto forma di una campagna di attacchi. L’interesse di Derrida per il tema dell’insegnamento della filosofia risale alla sua adesione al GREPH (Gruppo di ricerca sull’insegnamento della filosofia) e alla fondazione nel 1983 del CIPH (Collegio internazionale di filosofia), e si è concretata più recentemente nel compito di direzione, insieme con J. Bouveresse, della commissione “filosofia ed epistemologia”, affidatogli nel 1988 dal Ministro dell’Educazione Lionel Jospin nel quadro di una “Commissione di riflessione sui contenuti dell’insegnamento” nelle scuole secondarie. Nel suo “rapporto” Derrida propone che la filosofia si insegni in tre tempi: un tempo di “iniziazione” nella prima classe (corrispondente alla nostra penultima classe liceale), un tempo “forte” di formazione durante la classe terminale, ed un tempo di approfondimento all’Università. E’ noto che attualmente in Francia la filosofia, al di fuori dell’Università, è insegnata soltanto nella classe terminale. Come Derrida si domanda in un’intervista a “Liberation” (15 novembre 1990), «perché confinare in un insegnamento di pochi mesi una disciplina che tutti concordano nel definire fondamentale?». Derrida sostiene anche come l’esperienza abbia mostrato che solo dopo alcuni mesi, e dunque in prossimità dell’esame, gli allievi comincino a capire ciò che forma l’esigenza tipica della filosofia. Inoltre il “rapporto” tenta di rispondere ai pro- blemi di democratizzazione dell’insegnamento della filosofia, nel senso sia di fare i conti con le differenze di provenienza sociale degli utenti, con le differenze linguistiche e culturali, sia di diffonderla anche nelle sezioni di indirizzo tecnico. In concomitanza a questo allargamento alle sezioni tecniche, Derrida propone una diversificazione del tipo di prove di esame. Ed è su questo terreno che sono giunte più numerose le critiche. La proposta è quella di ridimensionare il valore esclusivo finora ricoperto dalla prova tradizionale per eccellenza, la classica dissertation scritta, affiancandole una prova orale, cui si giunge attraverso un iter articolato, che comunque comprende un lavoro di ricerca e di scrittura (a questo proposito Derrida sottolinea quanto Il maggio sessantotto a Parigi (Ferdinando Scianna) DIDATTICA sia grottesca l’accusa rivoltagli di schierarsi contro la scrittura). Non si tratta di meccanizzare l’insegnamento con il ricorso a banali quiz di verifica, peraltro già diffusi nella pratica degli insegnanti, ma di relativizzare e di defeticizzare la dissertazione come modello di retorica e di argomentazione. L’interesse di Derrida per il problema del rapporto fra la filosofia e le istituzioni in cui è insegnata ha una motivazione teorica profonda. E’ un’illusione, dice Derrida in un’intervista a “Le Monde” (novembre 1990), credere che la filosofia possa svilupparsi allo stato selvaggio, all’esterno del quadro istituzionale e indipendentemente dalla lingua data. Non riconoscendo tali legami, ci si rende ciechi a ogni tipo di condizionamento che pesa sull’insegnamento e la ricerca filosofici. Del resto questi problemi rinviano, più a fondo, all’orizzonte complessivo della ricerca di Derrida: se il senso non è separato dal segno, né il pensiero dalla scrittura, com’è possibile che la filosofia sia distaccata dai luoghi nei quali la si insegna, dalla loro giurisdizione, dai loro programmi, dai loro stili? Porsi queste domande, significa anche essere fedeli a un’idea di filosofia, per cui essa non accetta di ripiegarsi su se stessa, per essere sicura della propria identità, e non teme ogni domanda sulla propria origine, sul proprio destino e sui propri limiti. La filosofia e l’insegnamento nella scuola dell’obbligo Il tema della valenza formativa della “filosofia per bambini”, della sua validità come propedeutica filosofica e tirocinio metodologico, è affrontato da Antonio Cosentino in un articolo apparso sulla rivista “Nuova Secondaria” (n. 5, gennaio 1991). Antonio Cosentino si riallaccia al tema della Philosophy for Children (su cui abbiamo riferito nel numero 1 di questa rivista) ed in particolare alle tesi dell’inauguratore di questo indirizzo, M. Lipman, che conta ora numerosi seguaci nei paesi europei. Cosentino presenta i testi che Lipman ha approntato, a partire dal 1974, presso il “Montclair State College” nell’ambito dello “Institute for the Advancement of Philosophy for Children”. Si tratta di testi scritti in forma di racconti, tali da formare un complesso curriculum che corrisponde, grosso modo, alla scansione dei cicli scolastici elementare e medio inferiore, e che coincide con le principali tappe del processo di apprendimento e di formazione dei giovani in età scolare. Si va dal celebre Harry Stottelmeier’s Discovery, in cui prevalgono le finalità di attivazione delle capacità logiche, a Mark, che affronta problemi di carattere sociale partendo dalla insofferenza del giovane protagonista verso le istituzioni, e a Harry Prime, l’ottavo e ultimo racconto del curriculum, che offre strumenti di educazione per adulti, puntando sulle attitudini critiche del pensiero. Certo, non appare facile introdurre in Italia le problematiche sviluppate all’interno di questo curriculum, in cui la filosofia sembra restituita ad una dimensione in cui confina con il linguaggio quotidiano e rinuncia alla sua aura di sapere difficile, adatto tutt’al più a chi si prepara all’ingresso all’università. Ma «ogni apprendimento è certamente attivazione di idee» ed escludere un discorso esplicito sul “mondo delle idee” dall’iter formativo dell’istruzione, anche nei livelli inferiori, appare oggi per più versi ingiustificato. Cosentino si riallaccia ad un recente intervento dello stesso Lipman (Pratica filosofica e riforma dell’educazione, in “Bollettino della Società filosofica”, n. 135, 1988), in cui veniva ampiamente motivato un approccio alla filosofia nel senso di fare filosofia, piuttosto che apprendere passivamente le soluzione sistematiche elaborate dai pensatori nel corso dei secoli. Un tale approccio permetterebbe, qui in Italia, dove domina un iter di insegnamento della filosofia, ai livelli superiori, a carattere prevalentemente storico, di mettere a punto almeno due ordini di questioni: l’importanza del carattere dialogico dell’attività filosofica, e la questione dell’età a partire da cui attivare l’insegnamento filosofico. A proposito del primo problema si può anche soltanto domandare se esistano oggi libri di filosofia appositamente pensati per i ragazzi che frequentano le nostre scuole: i manuali in uso nei licei sono adeguati ad un primo approccio dei giovani alla filosofia? La critica degli anni scorsi di cui sono stati investiti i manuali ha certamente favorito un approccio più diretto alla lettura dei classici. Ma per quanto sia vero, come sottolinea lo stesso Lipman, che «sostituire i testi di partenza con opere originali sarebbe come rimuovere il masso all’imboccatura della caverna e farvi entrare la luce del sole», non si può trascurare che, dinanzi ai gravi problemi di decodificazione dei testi dei classici, occorra approntare una letteratura di transizione, capace di coinvolgere i giovani e di condurli a quella passione per i problemi filosofici, senza di cui le opere dei classici rimangono mute. I racconti di Lipman forniscono, a giudizio di Cosentino, qualche traccia di soluzione. Il loro «carattere dialogico assicura l’aderenza alla ricchezza del vissuto e dà al percorso di ricerca una rappresentazione verosimile tale da captare il coinvolgimento emotivo dello studente». Ma, l’autentica “provocazione” di Lipman è che la filosofia può essere materia di insegnamento elementare: non perché si tratti di insegnare nelle elementari ciò che si insegna nel liceo, e ovviamente in versione semplificata, ma perché è possibile, dai primi livelli dell’apprendimento, avviare lo scolaro a prendere coscienza di specifici problemi cognitivi, e non solo cognitivi, che sono adeguati alla sua età. «La filosofia dell’educazione - scriveva Lipman nell’articolo citato - ha improvvisamente scoperto l’importanza di riflettere sul pensiero: di studiare, monitorare e riesaminare i propri processi di pensiero. Questo, a sua volta, ha fatto concentrare l’attenzione sul ruolo educativo degli atti mentali (per es. assumere, assentire, calcolare, congetturare, ricordare), degli atti metacognitivi (sapere che si ricorda, assumere di sapere, e così via), degli atti meta-affettivi (come desiderare di desiderare e sperare di amare) e dei corrispondenti atti mentali (come il dedurre che tu deduci)... Per es., un avvenimento in un romanzo del nostro curriculum presenta una ragazza cieca che racconta un incidente, a cui ha assistito. I lettori hanno un lavoro ben definito da eseguire: distinguere ciò che la ragazza percepisce da ciò che deduce, ciò che ella accetta come vero basandosi sulla testimonianza di altri, e ciò che ella deduce da quella testimonianza. Quello che è particolarmente significativo, tuttavia, è che il lettore deve dedurre ciò che la ragazza deduce, congetturare ciò che lei congettura, indovinare ciò che lei indovina. Gli studenti non imparano qualcosa su questi atti mentali, sono invece costretti ad eseguirli, ed a eseguirli con abilità». Con questo metodo diventa possibile fare filosofia anche con i bambini: l’ottimismo di Lipman sulla possibilità di articolare il discorso filosofico, fino a renderlo tale da essere recepito virtualmente da tutti, anche dai più giovani, rivela una serie di debiti nei confronti delle pedagogie di Dewey e di Bruner. Cosentino ritiene che i racconti di Lipman potrebbero rivelarsi validi anche per i nostri programmi del 1985 approntati per le scuole elementari. Non solo: opportunamente articolati, essi potrebbero venire incontro ai fini del preannunciato biennio obbligatorio delle scuole secondarie, nel senso di favorire, nell’ambito dell’area comune di una scuola di massa, «una qualche forma di approccio diretto alle idee, sia come introduzione allo studio della filosofia come storia, sia come bagaglio critico per sé stante». Metodologia dell’insegnamento filosofico E’ stato attivato da febbraio 1991 presso l’Università di Padova il Corso di Perfezionamento in Metodologia dell’Insegnamento Filosofico. La direzione del corso, che fa capo al Prof. Giovanni Santinello, ha sede presso l’Istituto di Storia della Filosofia della Facoltà di Magistero (P.zza Capitaniato 3). Il corso, che ha durata di sette mesi, ha lo scopo di aggiornare e di formare sul piano metodologico l’insegnante di discipline filosofiche nelle scuole medie superiori. Al corso sono ammessi i laureati in Pedagogia, in Filosofia, in Lettere e in Materie DIDATTICA Letterarie, in Matematica, in Scienze Naturali, per un massimo di 50 iscritti. Le materie di insegnamento sono: Per una lettura dei testi filosofici: finalità e criteri di metodo. Principi di metodologia e didattica. Filosofia e scienza nel Novecento. La scienza fra Ottocento e Novecento ed i relativi problemi. Filosofia analitica e logica. Ermeneutica scientifica. Sono previste anche esercitazioni nella scuola media superiore in accordo con il Provveditorato agli Studi di Padova. Convegni, seminari, iniziative Il Dipartimento di filosofia e scienze umane dell’Università di Macerata ha organizzato un convegno a Firenze i giorni 8 e 9 marzo sul tema: Il testo e la parola. L’insegnamento della filosofia nell’Europa contemporanea. Il Convegno ha inteso affrontare significato e metodi dell’approccio al testo filosofico, nella prospettiva di discuterne i caratteri specifici, le relazioni e le differenze con altri tipi di testo, le metodologie di lettura e di utilizzazione nell’insegnamento. Il tema del testo filosofico reca con sé anche la questione della paradigmaticità degli autori cui ci si riferisce in filosofia e conseguentemente del rapporto tra “attualità” dell’insegnamento e “classicità” del contenuto. Nello spirito di una sempre più intensa integrazione europea, i problemi dell’insegnamento della filosofia sono stati affrontati con riguardo alle differenti esperienze di altre tradizione scolastiche e nazionali e nella prospettiva di un possibile e auspicabile interscambio tra le medesime. Hanno partecipato ai lavori, con specifiche relazioni, Ugo Perone (“Testo, interpretazione, verità”), Janös Petöfi (“Teoria del testo e analisi dei testi filosofici”), Enrico Berti (“La classicità di un testo"), Remo Bodei (“Testo e contesto per la storia della filosofia”), Sergio Givone (“Filosofia ed esperienza di verità”). Si è svolta inoltre, alla fine dei lavori, una tavola rotonda con Annamaria Pastore (Scuola Europea di Varese), Roberto Barzanti (Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo), Franco Bianco (Università “La Sapienza” di Roma), Jacques Steiwert (Scuola Europea di Bruxelles), Luciana Vigone (Segretaria della Società Filosofica Italiana). Un resoconto del convegno sarà pubblicato nel prossimo numero di questa rivista. In relazione a questo convegno, si segnala la pubblicazione del nuovo manuale di filosofia per i licei di C. Ciancio, G. Ferretti, A. Pastore, U. Perone: Filosofia: i testi, la storia, (Società Editrice Internazionale, Milano 1991). Al centro dei tre volumi del nuovo corso di filosofia è il testo filosofico. Il tentativo, come chiariscono gli autori, è quello di “conservare la ricchezza che proviene da un ordinamento e una contestualizzazione storici congiungendola con un riferimento diretto alle fonti”, in modo da avviare lo studente ad un confronto con il testo filosofico. La struttura dei volumi pone dunque al centro un’ampia scelta di testi di autori classici, affiancata da colonne di “analisi” che ne chiariscono le linee argomentative. Ogni capitolo e ogni paragrafo sono preceduti da un quadro informativo che ricostruisce lo sfondo e il contesto entro cui leggere il significato del testo filosofico preso in esame. I “percorsi tematici”, posti al termine di gruppi omogenei di testi, scandiscono i passaggi argomentativi fondamentali, mentre i “profili”, in conclusione dei capitoli, ripercorrono sinteticamente i contenuti trattati. Con il titolo: Kant. Lezioni di aggiornamento (Zanichelli, Bologna 1990) è stato pubblicato un volume che raccoglie le relazioni tenute a un recente convegno sul filosofo di Königsberg organizzato a Brescia dall’A.R.I.F. (Associazione per la Ricerca e l’Insegnamento della Filosofia) nei giorni 11-13 novembre 1988. Nel volume sono raccolte le relazioni di M. Mamiani (“Kant e la scienza newtoniana”), di F. Alessio (“Kant davanti alla tradizione filosofica”), di P. Parrini (“Sulla teoria kantiana della conoscenza: verità, forma, materia”), di V. Mathieu (“L’Opus postumum”), di M. Mori (“La filosofia della storia in Kant”), di E. Garroni (“Kant e il problema estetico”). A questi interventi, che ricostruiscono le linee fondamentali del pensiero kantiano alla luce delle ricerche più recenti e che sollecitano nuovi e fruttuosi approcci all’insegnamento di Kant nella scuola liceale, fa seguito una relazione di B. Miglio su “Kant nei manuali liceali di filosofia”. Una “appendice” a cura di G. Conti fornisce la sintesi di una teleaudioconferenza sul tema: “Insegnare Kant oggi”, svoltasi il 5 ottobre 1988 fra tredici punti di intervento in Lombardia, con relazioni introduttive di S. Veca, di F. Brunetti e di F. Alessio. La Casa editrice Sansoni organizza dal 10 all’11 Aprile 1991 a Roma (presso la Residenza di Ripetta, via di Ripetta 231) un convegno dal titolo generale: Sapere filosofico e cultura della scuola negli anni 90. Come ripensare i termini di una formazione dei giovani (possibilmente d tutti i giovani) che risponda all’esigenza di trovare, nell’età della “rivoluzione scientificotecnologica”, un’istanza unificante, in controtendenza rispetto alla parcellizzazione del sapere, e portatrice di senso? Ci sarà ancora posto, per la filosofia, nell’impianto culturale dei nuovi programmi e ordinamenti scolastici? Queste alcune delle domande cui vuole rispondere il convegno. Sono previste le seguenti relazioni: mercoledì, 10 aprile: ore 9,30 - 13,00: E. Severino, Il futuro della filosofia; S. Moravia, La filosofia nella cultura contemporanea; ore 15,30 - 19,00: La dimensione didattica: commissioni di lavoro: La lettura dei classici (con G. Di Caro); Problemi della valutazione nell’insegnamento della filosofia (con M. De Bartolomeo); La filosofia nella cultura della scuola: linee e tendenze nei libri di testo (con G. Brianese); giovedì, 11 aprile: ore 9,30 - 13,30: La dimensione didattica: comunicazione e discussione: L’inchiesta tra gli insegnanti della Società Filosofica Italiana (C. Quarenghi); Verso nuovi programmi di filosofia? (E. Serravalle); relazioni delle tre commissioni di lavoro e discussione; ore 16,30 - 19,00: Gli insegnanti interrogano i filosofi. Tavola rotonda con: E. Berti, R. Bodei, V. Mathieu, S. Moravia, E. Severino. Si è tenuto a Ischia, dal 17 al 25 marzo 1991, un convegno dal titolo: Eurocentrismo come onere e chance nell’insegnamento della filosofia in Europa, promosso dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli in collaborazione con l’Università di Amburgo, Facoltà di Scienze dell’educazione. Vi hanno preso parte relatori provenienti da vari paesi d’Europa: J. Trinks (“L’insegnamento della filosofia in Europa”), K. M. Meyer-Abich (“Eurocentrismo, antropocentrismo, fisiocentrismo”), Th. H. Macho (“Guerra e pace nel nome dell’Europa”), M. Fürst (“Il potenziale creativo dell’insegnamento filosofico”), B. Weisshaupt (“La questione della donna?”), G. K. Mainberger (“Eurocentrismo e colonialismo”), S. E. Nordenbo (“Razionalità eurocentrica o universale?”), S. A. Selander (“La questione europea nell’insegnamento della filosofia nei licei svedesi”), K. van der Leeuw (“La filosofia nella Liberal Education”), F. G. Moriyon (“Costruire un’identità culturale europea facendo filosofia con i bambini”), A. Kremer-Marietti (“Critica della critica francese all’eurocentrismo”), T. Pluzanski (“Dialogica”), W. Pogosjan (“Eurocentrismo. Il declino della metacivilizzazione e lo studio dell’eredità filosofica europea”), G. Matthews (“Eurocentrismo. Autoconoscenza e apertura al mondo”), R. Bodei (“Che cos’è l’eurocentrismo? Una chiarificazione concettuale storico-sistematica, guardando all’insegnamento filosofico in Italia”); Giuseppe Orsi (“Esperienze internazionali nell’insegnamento della filosofia”). RASSEGNA DELLE RIVISTE RASSEGNA DELLE RIVISTE a cura di Silvia Cecchi J.B.S.P. 1989). Vol. 21/3, ottobre ’90 University of Manchester, Manchester INTERNATIONAL PHILOSOPHICAL QUARTERLY An abyss of difference: Laing, Sartre and Jaspers, di D. Kirsner: Ronald Laing (19281989) rappresenta la figura di uno psichiatra influenzato dalla fenomenologia e dall’esistenzialismo. A questo proposito vengono qui evidenziati i legami di Laing con il pensiero di Sartre ed il rapporto più conflittuale con la riflessione di Jaspers, più in particolare con la proposta di quest’ultimo di differeziare radicalmente l’uomo normale e lo psicotico. In quest’ottica emerge in Laing un originale concetto di razionalità nel comportamento. Freud contra Sartre: repression or selfdeception, di A. Mirvish: l’esistenzialismo di Sartre in opposizione all’approccio psicanalitico all’essere umano di Freud, con particolare riferimento alla nozione di repressione. Nietzsche’s genealogy of beauty and community , di S. Kemal: la genealogia della bellezza, intesa non come pura contemplazione, bensì come fonte di senso per il mondo, e la scoperta di una sua dimensione politica. Heraclitus: Heidegger’s 1943 lecture held at Freiburg University, di M.S. Frings: l’analisi heideggeriana dei frammenti di Eraclito e, più in generale, la sua riflessione sul concetto greco di physis. Spinoza, Heidegger and the ontological argument, di B. A. Singer: al di là dell’apparente differenza biografica, storica ed anche linguistica tra Heidegger e Spinoza, in Che cos’é la metafisica (1929) assume un ruolo centrale l’argomentazione ontologica spinoziana della prima parte dell’Etica. In questa prospettiva l’ontologia heidegge-riana si integra con quella spinoziana. Husserl’s concept of philosophy, di K. Schuhmann. The deconstruction of time, di J. Llewelyn: recensione dell’opera di David Wood, The deconstruction of time (Humanities Press, Vol. XXX/2, giugno ’90 Fordham University, New York Marx’s use of religious metaphors, di T.M. Jeannot: l’origine del criticismo marxista all’interno del criticismo teologico dei giovani hegeliani; dopo la rottura con questi ultimi l’interesse di Marx per la teologia e la religione si manifesta solo in termini di metafora e mistificazione. Da qui la separazione tra mondo astratto e mondo concreto e le mistificazioni materiali delle relazioni economiche nel modo di produzione capitalistico. Does God create existence?, di B. Davis: la questione dell’esistenza indagata attraverso le posizioni di G. Frege, C. J. F. Williams, H. P. Owes, P. Geach e la difesa delle soluzioni di Tommaso D’Aquino. Le domande fondamentali della teologia naturale. Are Kant’s “aesthetic judgment” and “judgment of taste” synonymous?, di T.A. Gracyk. Experential ontology: the origins of the Nishida philosophy in the doctrine of pure experience, di A. Feenberg e Y. Arisaka: la dottrina dell’esperienza ed il mondo filosofico del primo ‘900. In quest’ottica si dimostrò di eccezionale importanza per il Giappone l’incontro tra uno dei filosofi guida d’America, William James, e l’uomo attraverso cui la filosofia giapponese si aprì alla tradizione del pensiero moderno, Kitaro Nishida. L’acquisizione da parte giapponese della filosofia continentale e le trasformazioni subite da quest’ultima in forza delle differenze linguistiche; l’importante legame con la filosofia tedesca; il concetto di “pura esperienza” nelle elaborazioni di James e Nishida. What Wittgenstein wasn’t, di J.H. Gill: un’originale lettura di Wittgenstein attraverso l’esame di una serie di “etichette” particolarmente inappropriate per indicare che cosa fu Wittgenstein, da cui emerge un inedito ritratto del filosofo. A partire sia dalle interpretazioni più radicali, sia da quelle più convenzionali del suo pensiero e con la convinzione che la filosofia wittgensteiniana rappresenti qualcosa di molto più rivoluzionario di quanto queste interpretazioni lascino intendere - il filosofo appare ora come un rabbi o un mistico, ora come un fideista, o un behaviorista, o un convenzionalista, ora come un positivista. In reltà la definizione più valida è quella secondo cui Wittgenstein sarebbe un linguista fenomenologista, in quanto le intuizioni più radicali del suo pensiero riguardano le conseguenze implicite nella relazione tra linguaggio, pensiero e realtà. Rorty’s pragmatism and the pursuit of truth, di R. Bontekoe: la riflessione di Rorty sulla condizione umana alla luce delle sue ricerche sul linguaggio. Teoria del vero e teoria della conoscenza nello sviluppo della riflessione di Rorty: una rilettura del suo pensiero alla luce delle concezioni di Gadamer, Derrida, Polanyi, Peirce. Reply to Zimmerman: Heidegger and the problem of Being, di W. F. Vallicella: risposta alle critiche rivolte da Zimmerman all’autore nel precedente numero della rivista. Pur riconoscendo che Zimmerman mostra di aver ben compreso la rilevanza delle critiche a Heidegger, la difesa heideggeriana da lui intrapresa viene ricostruita e valutata da Vallicella. MAN AND WORLD Vol. XXVIII/3, luglio ’90 Kluwer Academic Publishers, Dordrecht The young Heidegger and phenomenology, di J. Van Buren: ricostruzione dell’apprendistato fenomenologico di Heidegger tra il 1919 ed il 1926; anteriormente a Essere e Tempo (1927) il Denkweg fenomenologico heideggeriano rappresenta nell’economia del suo cammino filosofico un periodo unico, che non ritorna interamente in Essere e Tempo. Emergono infatti alcune tematiche che verranno riprese nella maturità, con particolare riguardo alla “questione dell’essere”, che appare il frutto di una rielaborazione critica della sesta delle Ricerche logiche di Husserl. RASSEGNA DELLE RIVISTE “A world of hope and optimism despite present difficulties”: Gadamer ‘s critique of perspectivism, di N. Davey: Gadamer e Nietzsche e l’ostilità del primo verso il relativismo alla luce della sua lettura di Nietzsche. Kierkegaard’s Fear and Trembling, di J. I. Gellman. The genesis of Heidegger’s phenomenological hermeneutics and the rediscovered “Aristotle introduction” of 1922, di R. A. Mackreel: benchè nella genesi di Essere e Tempo la riflessione sulla fenomenologia husserliana giochi un ruolo fondamentale, importante si dimostra anche la rimeditazione heideggeriana su Dilthey e Aristotele. In quest’ottica acquista un significato cruciale proprio uno scritto del 1922 dal titolo: Aristoteles Einleitung, ritenuto perduto, ma recuperato nel 1989. Qui Heidegger, prefigurando Essere e Tempo, analizza la moderna situazione ermeneutica e abbozza la sua interpretazione del concetto aristotelico di Essere. Analytical marxism and Marx ‘s systematic dialectical theory, di T. Smith: gli argomenti contro la dialettica proposti dal cosiddetto marxismo analitico di Jon Elster e John Roemer. CAHIERS JACQUES MARITAIN Categorial modelling of Husserl’s intentionality, di I. Baruss: l’interpretazione di Smith e Mc Intyre del concetto d’intenzionalità di Husserl. Constitution and reference in Husserl’s phenomenology of phenomenology, di J.G. Hart. Tomo 2 Die Notizen Eugen Finks zur Umarbeitung von Edmund Husserls “Cartesianischen Meditationen”, di R. Bruzina. Der andere als Zukunft und Gegenwart: zur Interpretation der Erfahrung fremder Personalität in temporalen Begriffen bei Levinàs und Husserl Selbstreferenz und Zeit: die dynamische Stabilität des Bewusstseins, di W. Bergmann e G. Hoffmann: la temporalità della coscienza e i problemi della connessione tra la teoria empirica del sistema autoreferenziale e la fenomenologia trascendentale di Husserl. Tomo 3 Ein Protokoll aus Husserls Logikseminar vom Winter 1925, di H. Reiner e k. Schuhmann. Bibliographie der bis zum 8 Mai 1989 veröffentlichen Schriften Edmund Husserls, di M. Schmitz. n. 20, giugno ’90 Saint Paul In questo numero viene affrontata la tematica dell’epistemologia esistenziale in Maritain. LES ETUDES PHILOSOPHIQUES Le réalisme chrétien de Maritain, di G. Prouvost: il significato filosofico della conversione di Maritain, con particolare riferimento alla dottrina della conoscenza. Dal problema del rapporto tra la teoria bergsoniana della conoscenza e la Rivelazione alla genesi del realismo filosofico di Maritain: il cammino da Bergson a Tommaso d’Aquino. La quatrième remarque de l’Esthétique trascendantale face aux objections, di F.X. Chenet. Savoir théologique et intuitivité, di J. Maritain: un articolo del filosofo sull’epistemologia esistenziale dal titolo: Le savoir théologique et ses auxiliaires indispensables ici bas (1968). HUSSERL STUDIES Vol. 6, n. 1, 2, 3/1989 Kluwer Academic Publishers, Dordrecht Tomo 1 Towards a real phenomenology of logic, di A. Peruzzi: l’influsso della fenomenologia husserliana sulla filosofia della logica e della matematica. aprile/giugno ’90 P.U.F., Paris Le négatif chez Kant, di P. Guillamaud: negazione logica e negazione reale; la negazione logica e la negatività ontologica; il negativo e il male morale. Kant et la métaphysique en 1762-1764: les leçon de la “Metaphysik Herder”, di M. Puech: presentazione delle lezioni di metafisica tenute da Kant tra il 1762 ed il 1764 sulla base degli appunti presi da Herder e recentemente pubblicati a cura della “Akademie Ausgabe”. L’interpretazione di questi difficili scritti, densi di richiami a Crusius e Baumgarten, rappresenta un importante contributo alla chiarificazione del pensiero kantiano nella fase precritica. La noétique kantienne et ses sources aristotéliciennes, di R. Regvald. Schelling à travers sa philosophie de l’histoire des idées, di M. Maesschalck: la storia delle idee come momento costitutivo della filosofia di Schelling. Il pensare come dialogo con i tempi e la storia delle idee come luogo di scrittura del destino dell’uomo moderno. Métaphysique de l’amour et métaphysique de la mort chez Bataille et chez Schopenhauer, di A. Vinson. ARCHIVES DE PHILOSOPHIE Tomo 53/4, ott./dic. 1990 Beauchesne, Paris L’universalisation de l’herméneutique chez Hans Georg Gadamer, di J. Grondin: l’esigenza di universalità dell’ermeneutica espressa in Verità e Metodo rappresenta un oltrepassamento dell’orizzonte metodo-logico di un’ermeneutica limitata alle problematiche delle scienze umane ed un’apertura al piano filosofico ed ontologico. Tale esigenza di universalità dell’ermeneutica viene qui ricostruita attraverso un’analisi della terza parte dell’opera fondamentale di Gadamer. Herméneutique et épistémologie. Gadamer entre Heidegger et Hegel, di T. Rockmore. Les trois sortes d’universalité dans l’herméneutique de H. G. Gadamer, di J. Margolis: la discussione tra Gadamer e Habermas a proposito delle norme universalmente valide per la comprensione storica. L’inquiétante étrangeté de Jules Amédée Barbey D’Aurevilly, di G. Romeyer Dherbey: il sentimento del meraviglioso in Barbey D’Aurevilly, la separazione soggetto-oggetto, il tema del passato, l’approdo a Dio. La création du noveau par le hasard et par le temps. Un vieux thème épicurien, di J. Largeault: il problema della preesistenza del futuro in un sistema che segue un’evoluzione determinista: dalla concezione di Spinoza e Leibniz alla soluzione di Bergson, Popper e Prigogine. La rationalité du théisme: la philosophie de la religion de Richard Swinburne, di A.G. Padgett. Sur le Fragment des trois ordres de Blaise Pascal, di P. Chibaudel. Différentielles et intégrales sociales chez Rousseau, di A. Bachta: un approccio “matematico” agli scritti politici di Rousseau; differenziali e integrali sociali nel discorso politico rousseauiano. Aprés Weil, avec Weil. Une lecture de Gilbert Kirscher, di P. J. Labarrière: gli studi di Gilbert Kirscher sull’opera fondamentale di Eric Weil, Logique de la philosophie, attraverso l’analisi delle aporie RASSEGNA DELLE RIVISTE del “cominciamento”, della serie delle diciotto categorie - centro del testo di Weil del progressivo allontanamento da Hegel. Nell’ultima parte della rivista compare, a cura dell’Associazione parigina degli amici di Spinoza, un bollettino della bibliografia spinoziana per l’anno 1989. Questo numero della rivista si occupa della filosofia antica e delle sue interpretazioni. La subversion de l’”elenchos” juridique dans l’Apologie de Socrate, di L.A. Dorion: a partire da un’analisi degli scritti degli oratori classici viene esaminato il concetto di elenchos, concetto che, in un contesto giuridico, indica una prova fondata su testimonianze o verosimiglianze. Diverso é il concetto di erotesis, procedura in base alla quale l’accusatore e l’accusato possono reciprocamente interrogarsi. Nell’Apologia di Socrate Platone si serve dell’erotesis come fondamento della confutazione nell’interrogatorio di Meleto da parte di Socrate. E’ quindi nel collegamento tra elenchos ed erotesis che viene da Platone inaugurata la pratica dialettica della confutazione. Héraclite et l’unité des opposés , di D. O’Brien: il disaccordo tra Platone e Aristotele sull’interpretazione del pensiero di Eraclito. Foi et intelligence dans l’”unique argument”, di Y. Labbé: le prove dell’esistenza di Dio; il ruolo della fede nel Proslogion di S. Anselmo. Heidegger spéléologue, di S. Barnes: la spiegazione heideggeriana della dottrina platonica della verità e le possibili obiezioni a questa interpretazione. “Il y a” et “phénoménologie” dans la pensée du jeune Lévinas, di J.L. Lannoy: la critica alla fenomenologia del primo Lévinas; la dimensione storica e politica che sta alla base del concetto di il y a si mostra refrattaria ad una qualsiasi lettura in chiave fenomenologica e alimenta la produzione matura del filosofo. REVUE DE METAPHYSIQUE ET DE MORALE Anno 95, n.2, aprile/giugno ’90 A. Colin, Paris De l’explication causale dans la biologie d’Aristote, di P. Pellegrin. La caractère aporétique de la Métaphysique d’Aristote, di T. H. Irwin: discussione della tesi di Pierre Aubenque contenuta in Le probléme de l’être chez Aristote (1966), Aristote et les problémes de methode (1961), Aristoteles und das Problem der Metaphysik (“Zeitschrift für philosophische Forschung”, 15/1961), tesi secondo cui l’argomentazione della metafisica aristotelica appare essenzialmente aporetica perchè dialettica. La philosophie pratique d’Aristote et sa “réhabilitation” récente, di E. Berti: Gadamer, Ritter e l’interpretazione del pensiero etico aristotelico in merito ai concetti di phronesis e éthos. Platon le sceptique, di J. Annas: l’interpretazione di Platone data dalla nuova Accademia scettica. Arcesilao, la reintroduzione del metodo socratico e la rilettura dei dialoghi socratici; gli argomenti dell’ultima, più moderata, Accademia nella rilettura dei dialoghi platonici più dogmatici. Platon, Arcésilas, Carnéade. Réponse a J. Annas, di C. Lévy: in polemica con l’articolo precedente viene proposta una diversa interpretazione della filosofia della nuova Accademia. REVUE PHILOSOPHIQUE DE LOUVAIN Tomo 88, agosto 1990 Institut Supérieur de Philosophie Louvain-La-Neuve Un noveau début à l’édition léonine des oeuvres de Saint Thomas d’Aquin, di R. Hissette. Note sur le syllabus “antirationaliste” du 7 Mars 1277, di R. Hissette. REVUE INTERNATIONALE DE PHILOSOPHIE moderna. Come la fisica relativistica e la teoria quantistica, anche le archeologie praticate da Foucault dissolvono la distinzione tra soggetto ed oggetto e introducono un nuovo concetto di spazio e tempo; inoltre come nella fisica moderna anche per la filosofia di Foucault appare fondamentale il concetto di “campo”. Foucault et la psychotherapie, di H. L. Dreyfus: a partire da Maladie et personnalité (1954), fino a Surveiller et punir (1975), si snoda l’analisi foucaultiana dello statuto precario delle scienze dell’uomo, implicitamente opposto allo statuto razionale e libero delle scienze della natura; da ciò l’incapacità delle scienze umane , e in particolare della psichiatria, di elaborare teorie causali specifiche per il proprio dominio. Posta come impossibile l’esistenza oggettiva di una “natura umana” e, conseguentemente, dedotta l’impossibilità di una psicologia e psichiatria scientifiche, la conoscenza dell’uomo si pone nel campo della storicità. The conative function of the other in ‘Les mots et les choses’, di K. Racevskis: la conoscenza come permanente apertura all’Altro. L’oscillazione del pensiero di Foucault tra conation e cognition. De la materialité du discours sousi dans l’institution , di A. Kremer-Marietti: la materialità del discorso in Foucault; l’oggettività sociale del linguaggio, il cogito nei suoi effetti scientifici e contr’effetti sociali-scientifici; il nuovo statuto del sapere. Les gisants et les pleureuses; pour un tombeau de Michel Foucault, di J. M. Auzias. Vol.44, n. 173, 2/ 90 Universa, Wetteren Tema della rivista é il pensiero di Michel Foucault, del quale vengono presi in cosiderazione gli aspetti più cruciali; viene inoltre presentato uno scritto del filosofo sulla storia della psicologia. La psycologie de 1850 à 1950, di M. Foucault. Note sur l’article de Michel Foucault, di D. Huisman. Le pouvoir de la différence, di S. Delivoyatsis: a partire dalla riflessione heideggeriana e lungo un percorso che si snoda attraverso presupposti kantiani e hegeliani, la dialettica di Foucault viene analizzata come différence. The disorder of things, di P. Major-Poetzl: nell’ottica del “campo storico”, come fondo di ricerca del pensiero di Foucault, é possibile cogliere nella sua filosofia l’emergenza di forme simili ai principi della fisica ARCHIV FÜR GESCHICHTE DER PHILOSOPHIE Vol.72 , n.1, 1990 Walter De Gruyter, Berlin, New York Ideen, Bilder und Phantasmen. Überlegungen zum Mimesisbegriff in Platons Dialogen, di H.G. Schmitz. Kontraposition und Syllogistiksysteme, di A. Menne: la teoria della contrapposizione nei sistemi di logica. Le concezioni di Aristotele, Boezio, Abelardo, Pietro Ispano, Ruggero Bacone, Buridano, in rapporto alla logica moderna. Hobbes and the School of Padua: two incompatible approaches of science, di J. Prins: sebbene gli studi critici sulla logica e sulla scienza di Hobbes appaiano inadeguati alla loro reale importanza e poco numerosi rispetto agli studi di politica, il problema dell’origine della metodologia hobbesiana nel suo carattere di RASSEGNA DELLE RIVISTE ripensamento della scienza mostra rilievi di grande interesse. In quest’ottica Hobbes appare legato non tanto alla scuola di Padova, più in particolare a Zarabella (15331589), e alla tradizione aristotelico-averroistica colàsviluppatasi, quanto alla tradizione umanistico-aristotelica risalente a Filippo Melantone (1497-1560). Infatti, nonostante l’uso di una terminologia aristotelico-averroista di tipo padovano, l’uso di questa terminologia e i tipi di soluzione proposti per i tradizionali problemi logici suggeriscono un diverso orientamento. Beobachtungen zur gedanklichen und formalen Architektonik Humescher Schriften, di R. Brandt: a partire da Essay moral, political and literary (1742) ed attraverso una disamina degli altri scritti morali humeani, la ricerca di un principio di unità che rappresenti una sorta di struttura di fondo degli scritti del filosofo, rilevante anche per gli aspetti contenutistici di questi scritti. In quest’ottica appare detrminante il profondo legame con la struttura della letteratura classica di cui Hume era fine conoscitore. Kant, Fichte and short arguments to idealism, di K. Ameriks: a partire dall’interpretazione di Kant data da Reinhold e dall’attenzione ad essa prestata da Fichte, viene ricostruita la visione della filosofia critica che si afferma nell’idealismo tedesco. ZEITSCHRIFT FÜR PHILOSOPHISCHE FORSCHUNG Vol.44, n.1, 1990 Klosterman Verlag, Frankfurt a/M Evolutionäre Erkenntnistheorie und erkenntnistheoretischer Realismus, di H.J. Wendel: a partire dalla critica mossa da Eve Marie Engels alla teoria della conoscenza evoluzionistica vengono esaminati i termini della critica della Engels, la sua “ricostruzione costruzionistica” della teoria della conoscenza evoluzionistica e l’interpretazione da lei fornita del legame tra conoscenza empirica e conoscenza scientifica. Erkenntnistheoretischer Konstruktivismus, Minimalrealismus, empirischer Realismus. Ein Plädoyer für einige Unterscheidungen, di E. M. Engels: replica della Engels al precedente articolo di Wendel. und Feyerabends Kritik des kritischen Rationalismus, (J.C.B. Mohr Verlag, Tübingen, 1988) Zur Analytizität hypotethischer Imperative, di A. Burri e J. Freudiger: recensione di M. Moritz, Kants Einleitung der Imperative, Lund, 1960 XVII secolo. Partendo da una definizione precisa e ampia di ludus vengono rilevati i legami con le trattazioni classiche della giocosità scientifica presenti in Aristotele, Ovidio e Plinio, alcuni aspetti della tassonomia prelinneiana ed il ruolo sociale del gioco nella cultura del tempo. Phänomenale Realität und naturalistische Philosophie, di G. Pohlenz: confutazione sistematica della teoria delle qualità fenomenali di H. Feigl e W. Sellars e proposta di una teoria alternativa. Gli scudi del cardinale, di M. Golo Stone: la rivisitazione dei Promessi Sposi, esempio emblematico di una sorta di pre-condizione filosofica del romanzo italiano dell’800. La particolarità e la diversità di questo romanzo nel panorama letterario italiano del secolo. Eric Weil und das antike Denken, di G. Kirscher. Le memorie di Giuseppe Compagnoni e i modelli autobiografici del Settecento, di A. Battistini. RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA Anno XLV, n. 3, 1990, Franco Angeli, Milano. Determinazione e indeterminazione nel sovrasensibile secondo Plotino, di C. D’Ancona: il ruolo e la natura del principio di determinazione, o “limite”, e del principio di indeterminazione, o “illimite”, nella filosofia di Plotino. La priorità ontologica di questi principi rispetto alle forme non é però un’innovazione neoplatonca, ma aristotelica. Note sul “Theatrum naturae” di Jean Bodin, di C. Vasoli. Hobbes e lo “Short Tract”, di A. Napoli: la nuova edizione del manoscritto anonimo denominato Short Tract (ST)) ed attribuito ad Hobbes curata da Jean Bernhardt (Thomas Hobbes, Court traité des premiers principes, a cura di Jean Bernhardt, PUF, Paris 1988). Nell’ampio commento che segue al testo vengono dibattuti i problemi di attribuzione e di datazione del trattato e i problemi contenutistici e genetici che esso solleva. La filosofia del “Politecnico”, di F. Focher. Forma e contenuto della vita morale nell’indagine di Limentani, di D. Pesce. I modelli scientifici della realtà fisica, di F. Minazzi: un resoconto della conferenza internazionale dal titolo: Scientific models of physical reality, svoltasi a Roma e a Bari nel maggio 1989. Il “terrible power” di Burke e la contraddizione romantica: i Saggi sul bello di Ermes Visconti, di S. Contarini: indagine sulle forme della tradizione estetica del Settecento quale premessa alle questioni estetiche proprie della modernità, con particolare riferimento al concetto di sublime. Il lamarckismo fra riduzionismo biologico e migliorismo sociale, di A. La Vergata: dalla filosofia biolgica di Lamarck ai neolamarckiani dei primi del Novecento. Benchè espresse in forme e modi diversi emergono affinità ed esperienze comuni. Fisiologia della sensazione e rispecchiamento: materialisti e rivoluzionari nella Russia zarista, di D. Steila: un confronto tra Plechanov e Secenov. Perchè la teoria della probabilità aveva bisogno del determinismo: le origini, di L. Daston. L’utopia dimidiata, di G. Goggi: l’opera di Bougainville ed il sottile equilibrio che in essa si crea tra utopia e realtà. Dall’oscillazione tra illusione e realtà criticamente accertata, quale emerge nel Voyage autour du monde par la frégate du Roi Boudeuse et la flûte l’Etoile (1771), si può ricvare la partecipazione di Bougainville alle discussioni dell’epoca su utopia e politica in Francia. Controversie scientifiche e storiografia, di L. Ciancio RIVISTA DI FILOSOFIA Zur ethischen Problematik der KeimbahnGentherapie am Menschen, di R. Wimmer Chomsky, Wittgenstein, Bloor: zum Problem einer wissensoziologischen Metatheorie der Linguistik, di A. Kertész. Der Mythos der Rahmens am Pranger, di H. Albert: recensione dell’opera di G. Wissenschaftsgeschichte. Kuhns, Lakatos INTERSEZIONI Anno X, n.3, dicembre 1990 Bologna, Il Mulino Vol. LXXXI, n.3, dicembre 1990 Il Mulino, Bologna Ricordo di Nicola Abbagnano (1901-1990) “Quanto scherzevole la natura”. La scienza che gioca dal Rinascimento all’Illuminismo, di P. Findlen: la riscoperta delle potenzialità ludiche della scienza sotto forma di gioco scientifico nel XVI e Gli storici e la natura umana, di Paolo Rossi: la storia naturale delle forme da Vico al Novecento. RASSEGNA DELLE RIVISTE Realismo e dinamica delle teorie empiriche, di M. Dell’Utri: il rapporto tra una posizione realistica in metafisica e una possibile spiegazione dinamica delle teorie empiriche in epistemologia in riferimento al problema del progresso della conoscenza: Nagel, Putnam, Popper, Feyerabend, Laudan. L’Europa scettica delle “Neue Zeitungen” di Lipsia, di F. Todesco. Ebraismo e Cristianesimo: la parabola del figliol prodigo, di G. Fubini: da Freud a Leo Baeck, la contrapposizione tra le due religioni e i tentativi di rivendicazione della dignità della fede ebraica. La “logica” di Hermann Lotze e la nozione di validità, di G. Gabriel. Biologia, evoluzione, teoria della conoscenza: gli epigoni di Konrad Lorenz, di F. Toccafondi. Benson Mates e la filosofia di Leibniz, di M. Mugnai. AUT-AUT n. 239-240, sett./dic. 1990, La Nuova Italia, Firenze La rivista é dedicata in forma monografica al pensiero di Hannah Arendt e contiene testi della stessa. "Le Elegie duinesi" di Rilke, di H. Arendt e G. Stern. Il poeta Bertold Brecht, di H. Arendt. Isak Dinesen (1885-1962), di H. Arendt. L’interesse per la politica nel recente pensiero filosofico europeo, di H. Arendt Sono inoltre presenti i seguenti contributi: Il pensiero plurale di Hannah Arendt, di A. Dal Lago: la difesa costante da parte della Harendt dell’idea di mondo e della sua centralità in un periodo storico che lavorava alla distruzione di questa idea. Il pensiero della Arendt si dimostra in tal senso prepolitico, fondandosi su un concetto di stabilità del mondo inteso come ambiente irriducibile dell’esistenza umana. Tratto dal “senso comune” questo concetto viene ora trasposto nella dimensione politica, dato che proprio dall’esistenza indiscutibile degli altri uomini noi cogliamo la stabilità del mondo e la possibilità della nostra permanenza in esso. Per questo il pensiero di Hannah Arendt può essere concepito come “una variazione sul tema costitutivo della pluralità”. Che cosa resta? Resta la lingua materna, conversazione di Hannah Arendt con Günter Gaus. Agire, conoscere, pensare: spigolature dall’opera di Hannah Arendt, di H. Jonas. Arendt discepola di Heidegger?, di J. Taminiaux: il discusso problema dell’influsso di Heidegger sulla sua allieva. Hannah Arendt “fenomenologa”. Smantellamento della metafisica e critica dell’ontologia, di L. Boella. Il poeta cieco. Hannah Arendt e il giudizio, di E. Greblo: il tema del giudizio nell’ultima produzione della filosofa. Hannah Arendt critico letterario, di E. Heller. La salvezza come lode. Nota al saggio arendtiano del 1930 sulle “Elegie duinesi” di Rilke, di S. Maletta. FILOSOFIA Anno XLI, Fasc.III, sett/dic. 1990 Mursia, Milano Pascal. Etica, politica, socialità, di A. Deregibus: il realismo critico di Pascal e la fondazione etico-religiosa della sua filosofia. Rilievi di struttura sul De Deo abscondito di Nicola Cusano, di A. Delcò. Considerazioni in margine a un’interpretazione di Bruno, di C. Manzoni: breve rassegna della revisione storiografica bruniana nel dopoguerra. Francesco Bonucci, tra medicina e filosofia, di C. Storti: l’impostazione vitalistica e ontologistica di stampo giobertiano di Bonucci; la centralità del concetto di organismo, il collegamento tra fisiologia e patologia, l’esigenza di una visione unitaria e analogica della realtà. Note a un recente libro sull’incontro-scontro tra Croce e Gentile, di D. Antiseri: recensione dello studio di J. Jacobelli: Croce-Gentile dal sodalizio al dramma (Rizzoli, Milano, 1989). La ragione e i valori nella determinazione delle norme, di R. Cortese e A. Lanciani: il problema della determinazione dei valori dell’agire umano, spesso ignorato nelle discussioni di filosofia politica e del diritto e di etica pubblica, é entrato in crisi con l’affermarsi della nuova concezione della verità prodotta dalla razionalità scientifica moderna. Nell’ultimo decennio si é tuttavia verificata una ripresa delle tematiche etiche e della questione dei valori, resa possibile da un abbandono della netta contrapposizione tra fatti e valori proprio all’interno della filosofia della scienza e dall’affermarsi di una nuova concezione di ragione capace di argomentare anche sui valori. Dal neopositivismo di Kelsen e il contrattualismo di Rawls alle riflessioni di Putnam e Goodman. Due note: ritorni rosminiani. Il momento di Ugo Spirito, di L. Paoletti. ANNUARIO FILOSOFICO 5, 1989, Mursia, Milano Nel centenario della nascita di Heidegger e Marcel numerosi sono gli interventi presenti nel volume a commemorazione dei due filosofi. Heidegger: la libertà e il nulla, di L. Pareyson. Pensiero dell’evento e avvento del divino in Heidegger, di A. Magris: la meditazione dell’ultimo Heidegger; le origini del concetto di Ereignis, la dialettica dell’Ereignis, la “morte di Dio”, l’ultimo Dio. L’umanesimo tragico di Gabriel Marcel, di P. Prini. Gabriel Marcel fra etica e ontologia, di P. Ricoeur: i concetti di disponibilità ed indisponibilità in Marcel e il legame tra etica ed ontologia. Il nudo nell’arte e nella mistica, di V. Mathieu: una fenomenologia del nudo artistico e mistico-religioso. Ambivalenze della quotidianità, di U. Perone. La cristologia di Malebranche, di A. De Maria. La dottrina della manifestazione nei Principien di Fichte, di M. Ivaldo. La scoperta hegeliana della negatività fondante, di A. M. Giannatiempo Quinzio: la “negazione della negazione”in Hegel come passaggio alla verità oggettiva: la scoperta kantiana delle antinomie, la critica all’insolubilità kantiana di esse, della dialettica hegeliana dell’opposizione-unificazione dei momenti del Concetto, l’Idea come sintesi finale della Ragione. La negazione come fondamento della dialettica si dimostra superamento della dottrina kantiana delle antinomie. Hegel e la religione egiziana, di M. Pagano. Una curiosa poesia di Federico Nietzsche, di C. Angelino: interpretazione della poesia: Im Gebirde, del 1876. Kafka e l’esperienza del negativo, di C. Lajolo. RASSEGNA DELLE RIVISTE Horst Fuhrmans interprete di Schelling, di G. Riconda. PARADIGMI Anno VIII, n.24, sett./dic. 1990 Schena Editore, Brindisi Nicola Abbagnano: l’esistenzialismo positivo, di G. Semerari: contro gli esistenzialismi” negativi” di Heidegger e Jaspers l’esistenzialismo positivo di Abbagnano nei suoi temi fondamentali: il concetto base di “struttura”, il rapporto con l’idealismo. Homo persona. Dalla scienza della mente all’ermeneutica dell’esistenza, di S. Moravia: a partire dalle insufficienze dei modelli fisiologisti e mentalisti della psiche umana elaborati dal pensiero moderno si sviluppa la proposta alternativa della personologia con la sua riscoperta della figura della persona non nella sua valenza ontologica, bensì in quella cognitiva, come egoità olistica, selfhood, produttrice di modi e sensi; in quest’ottica significativo appare il concetto di esistenza, intesa come relazione dialettica tra io-persona e ambiente, e quello di contesto, luogo dove la persona scopre e colloca le proprie attese e i propri bisogni. Retorica ed ermeneutica. Il contributo di E. Grassi, di P. Carravetta. Castoriadis e l’istituzione immaginaria della società, di F. Ciaramelli: la concezione di Cornelius Castoriadis del necessario fallimento di tutte le rivoluzioni, fallimento determinato dalla strutturale contrapposizione tra “movimento” e “regime istituito”. Dal problema del “socialestorico”, alla concezione del “fare” come attività creatrice collettiva e al suo rapporto con la prassi; l’immaginario come modo di essere specifico del “sociale-storico” nel suo rapporto profondo con il simbolico; la creatività sociale e le sue implicazioni sul piano delle istituzioni. “L’educazione della volontà”: il problema etico in G. Vailati, di M. De Rose. Ragioni di vita e di libertà: sull’esperienza della metamorfosi in Elias Canetti, di U. Fadini. La scrittura e il caos, di A. Altamura: convegno di studi in ricordo di Ferruccio Masini tenutosi a Firenze (8-9 febbraio 1990) a cura dell’Istituto Gramsci Toscano. Attraverso e oltre Heidegger, di P. Cipolletta: convegno sull’eredità di Heidegger svoltosi a Roma dal 29 al 31 maggio 1989. La politica come professione, di G. Magistrale: incontro di studio tenutosi a Napoli, da 25 al 26 gennaio 1990, promosso dall’Istituto Suor Orsola Benincasa. Fenomenologia e sapere, di A. Ales Bello: la dissertazione di K.H. Lembeck: Gegenstand, Geschichte, Geschichtswissenschaftstheorie in Husserls Phänomenologie (“Phaenomenologica” 111, Kluwer, Dordrecht 1988), dedicata alla problematica della storia nella fenomenologia di Husserl. Dilthey ’80. Evoluzione della critica diltheyana negli ultimi quindici anni, di M. Paschi. Verità, sospetto ed epoché, di L. Bottani: recensione del volume di autori vari: Filosofia’88, a cura di G. Vattimo (Laterza, Roma-Bari 1989). Le nuove tecnologie e la questione dell’immagine, di C. Marra: possibili interpretazioni dell’immagine tecnologica. Estetica e tecnica nella produzione grafica infraumana, di F. Nicolino: il significato della produzione grafica dei primati a partire da Biologia dell’arte di D. Morris. Mitschwingen. Il tempo e la radio, di V. Cuomo: la questione dell’esseza della radio a partire dall’interpretazione di R. Kolb del 1932. VERIFICHE Anno XIX, n.1-2, gennaio/giugno 1990 Esedra, Trento Nella sezione Università e scuola compaiono gli interventi di Mario De Pasquale e Piero Porcelli sulla questione della didattica della filosofia. Nel bicentenario della Critica del Giudizio un numero monografico dedicato a questa fondamentale opera della storia della filosofia. RIVISTA DI ESTETICA Nota sulla distinzione kantiana tra giudizio naturale (riflettente) e giudizio trascendentale (determinante), di P. Faggiotto Anno XXIX, n.32, 1989 Rosemberg & Sellier, Torino William Blake alle origini dell’età tecnetronica, di R. Barilli: la riflessione etica antiutilitarista, la concezione conoscitiva antielementarista dell’empirismo, la riflessione religiosa ed il regno del Dio Figlio pongono Blake tra modernità e contemporaneità, anticipando Bergson, Husserl, Dewey, Freud. I soggetti, l’estetico, i nuovi media, di F. Menna: i rapporti tra arte e politica, tema caro alle avanguardie storiche, in particolare al surrealismo e al costruttivismo, vengono esaminati nella dimensione storica attuale. Il nuovo design, di G. Dorfles: l’oggetto prodotto industrialmente come mezzo di comunicazione di massa e prodotto d’arte. Estetica come tecnologia assoluta?, di F. Piselli. Tecnologia, produzione artistica ed “estetica della comunicazione”, di M. Costa: nell’epoca dell’irruzione delle tecnologie cade il pregiudizio idealistico della purezza teorica dell’arte. L’avvento delle avanguardie ha infatti messo in luce il ruolo delle tecnologie anche in campo estetico: le nuove tecnologie elettro-elettroniche e le valenze estetiche da esse aperte costituiscono il campo d’indagine dell’estetica della comunicazione dalla cui riflessione emergono la nuova situazione dell’uomo di fronte ai messaggi lanciati dalle nuove tecnologie comunicazionali ed i destini delle tradizionali categorie estetiche quali bellezza, sublimità, genialità, etc... L’a priori del senso comune in Kant: dal regno dei fini alla comunità degli uomini, di F. Menegoni Sul concetto matematico di “grandezza” secondo Kant: “l’analitica del sublime” della Critica del Giudizio e la grandezza infinita, di A. Moretto: le considerazioni kantiane sulla grandezza matematica rappresentano un possibile punto di partenza per un’analisi di tutta la filosofia critica; da queste considerazioni emerge come Kant nelle sue riflessioni abbia presente non solo la matematica euclidea e la fisica newtoniana, ma anche le discussioni matematiche e fisiche del suo tempo. Una rilettura della concezione kantiana della matematica appare significativa soprattutto in relazione ad una possibile reinterpretazione dei fondamenti della matematica in chiave costruttiva e/o intuitiva (Weil, Brouwer). Particolarmente utile risulta in quest’ottica l’esame dei concetti di grandezza e grandezza infinita della Critica del Giudizio; il concetto matematico di grandezza sta infatti alla base del concetto di sublime. La definizione e la trattazione di grandezza matematica viene seguita nei suoi sviluppi dalla prima edizione della Critica della ragion pura alla Critica del Giudizio. Finalità e idea della vita. La recezione hegeliana della teleologia di Kant, di F. Chiereghin: individuazione delle tappe fondamentali che segnano la riflessione hegeliana sull’individualità vivente a partire dall’incontro con la Critica del Giuduzio kantiana: un itinerario nell’opera hegeliana dagli scritti giovanili alle opere della maturità. NOVITA' IN LIBRERIA NOVITA' IN LIBRERIA AA.VV La morte di Newton Il nuovo paradigma scientifico Franco Angeli, Milano gennaio 1991 pp.160, L. 25.000 Alla scienza deterministica tradizionale si va sostituendo un nuovo paradigma scientifico, più stocastico. I lavori di Heisenberg, Einstein, Popper, Prigogine ci consegnano un’immagine del mondo più problematica e meno deterministica. Questo volume intende esplorare le valenze più pervasive e generali di questi nuovi orizzonti. Amiel, Anne 50 grandes citations philosophiques expliquées Marabout, dicembre 1990 pp.320, Fr 37 Raggruppate in funzione di grandi problematiche (coscienza, morale, sapere...) queste citazioni e la relativa analisi costituiscono un aiuto prezioso agli studenti di filosofia. Anders, Günter Opinioni di un eretico Teoria, Roma-Napoli febbraio 1991, pp. 101, £. 9.000 In forma di intervista la biografia intellettuale di Anders. Una «filosofia d’occasione» che percorre i temi del pacifismo, della scienza, della reificazione e della distruzione per approdare ad una disperazione che non smette di essere critica. Anderson, A. R. - Beinap, N. D. et al. Entailment. The Logic of Relevance and Necessity. Vol.II Lawrenceville, NJ, dicembre 1990 pp.784, Il secondo volume di «Entailment» conclude la possente e autorevole presentazione dell’argomento eseguita da molti dei migliori studiosi del campo. Annas, Julia (a cura di) Oxford Studies in Ancient Philosophy: Volume VIII Clarendon Press, gennaio 1991 pp.256, UK £ 35 (ed.ec. UK £ 17,50) Ottavo volume di questa serie a cadenza annuale che comprende articoli originali, alcuni di una certa lunghezza, su un’ampia scelta di argomenti di filosofia antica e articoli su libri importanti. Ashcraft, Richard (a cura di) John Locke. Critical Assessment Routledge, gennaio 1991 pp.184, 4 volumi, UK £ 395 Lo scopo dell’opera è quello di dare agli studenti che si interessano di teoria e filosofia politica possibilità di accedere a tutto ciò che Locke ha scritto nel campo della filosofia politica. Un lavoro di grande consultazione che pone l’accento sullo sviluppo dei principi su cui si basarono la Costituzione americana e la Rivoluzione francese. Assmann, Aleida (a cura di) Weisheit. Archäologie der literarischen Kommunikation III München, dicembre 1990 pp.500, DM 128 (ed.ec. DM 88) Al mondo non c’è nessuna istanza per la scelta di un sapere universalmente giusto e valido. Da ciò ha origine la produttiva molteplicità del sapere, di cui questo libro vorrebbe dare un quadro. Auciello, N. - Racinaro, R. Storia dei concetti e semantica storica Ed. Scientifiche Italiane, dicembre 1990 pp.192, L. 16.00 La “storia dei concetti” (Begriffsgeschichte) ha registrato negli ultimi anni un notevole successo. Il volume qui presentato intende fare il punto sullo stato della ricerca. Auroux, Sylvain Les Notions philosophiques 2 voll., PUF, dicembre 1990 pp.3344, Fr 2200 Un’opera redatta in funzione di un preciso orientamento: rinnovare l’informazione nelle opere di tipo lessicografico, aprirle alle scienze e alle società moderne, dare testimonianza del pensiero non occidentale. Bacone, Ruggero La scienza sperimentale Rusconi, Milano dicembre 1990 pp.358, L. 38.000 Tre dei principali testi del filosofo inglese: Lettera a Clemente IV, La scienza sperimentale, I segreti dell’arte e della natura. Baffioni, C. Sulle tracce di Sofia Bibliopolis, Napoli gennaio 1991 pp.576, L.60.000 L’analisi di una delle più celebri ed importanti “storie della filosofia greca” mai scritte in terra d’Islam. La prova di come, nel mondo islamico, l’antico “amore per la sapienza” si trasformi gradualmente in una ricerca di Dio e su Dio. Barbera, Sandro Goethe e il disordine. Una filosofia dell’immaginazione Marsilio Editori, gennaio 1991 pp.160, L. 22.000 La struttura filosofica sottesa al mondo politico di Goethe: struttura assai complessa, e destinata a subire decisive trasformazioni nelle varie fasi della riflessione del grande pensatore tedesco. Barley, Delbert Hannah Arendt. Einführung in ihr Werk Freiburg i.Br., dicembre 1990 pp.250, DM 38 Bast, Rainer A. Die Philosophische Bibliothek. Geschichte und Bibliographie einer philosophischen Textreihe seit 1868 Hamburg, gennaio 1991 pp.978, DM 320 Baumanns, Peter J. G. Fichte. Kritische Gesamtdarstellung seiner Philosophie Freiburg, dicembre 1990 pp.490, DM 98 Becchi, Paolo Le filosofie del diritto di Hegel Franco Angeli, Milano 1990 pp.272, L. 34.000 Qual’è l’immagine di Hegel che scaturisce da queste lezioni? E sino a che punto essa diverge da quella tradizionalmente conosciuta di uno Hegel conservatore? Sono veramente attendibili gli appunti degli allievi di Hegel? E in che rapporto devono essere posti rispetto all’opera del Maestro? La tesi che si cerca di dimostrare è che della filosofia del diritto di Hegel oggi occorre parlare al plurale. Il testo pubblicato nel 1820 deve cioè essere letto nel contesto più ampio dei corsi di lezioni tenuti da Hegel sul medesimo argomento dal 1817 al 1831. Bering, K. - Hohmann, W. L. (a cura di) Wie postmodern ist die Postmoderne? Kolloquium 1989 in Bochum Essen, dicembre 1990 pp.200, DM 42 Berlinger, R. et al. (a cura di) Perspektiven der Philosophie. Vol.XVI Amsterdam, dicembre 1990 pp.400, Dfl 150 Il volume contiene articoli sulla filosofia sistematica, su filosofia e storia, su filosofia e scienze naturali e la bibliografia degli scritti di Rudolph Berlinger. Bertazzoni, U. et al. (a cura di) Human Embryos and Research. Proceedings of the European Bioethics Conference Mainz 1988 Frankfurt, dicembre 1990 pp.258, DM 29,80 Berti, Enrico (a cura di) La razionalità pratica. Modelli e problemi Marietti, Genova 1990 pp.234, L. 28.000 La filosofia come proposta “forte”. Bettini, Maurizio (a cura di) La maschera, il doppio e il ritratto. Strategie dell’identità trad. it. di G. Guastella e L. Parri Laterza, Bari febbraio 1991 pp.230 La maschera, il ritratto, lo specchio, il mito di Narciso: i temi affascinanti del “doppio” nella concezione greco-romana della persona umana trattati da affermati studiosi del mondo antico. Bialas, Volker Allgemeine Wissenschaftsgeschichte. Philosophische Orientierungen Wien/Köln, dicembre 1990 pp.280, DM 56 - ÖS 392 Bialas tenta di ricondurre alla filosofia la storia della scienza e soprattutto a quella filosofia che si definisce come «scienza in generale»: la dialettica filosofica in senso hegeliano. Biervert, B. - Held, M. (a cura di) Die Natur des Menschen. Zum Menschenbild der ökonomischen Theorie Frankfurt, dicembre 1990 pp.210, DM 39 Gli autori discutono il contributo della biologia evoluzionistica, dell’etnologia e della psicologia alle importanti qualità economiche dell’uomo, andando alle radici dell’immagine dell’uomo nell’economia. Bigelow, John - Pargetter, Robert Science and Necessity Cambridge U.P., gennaio 1991 pp.375, UK £ 35 Gli autori sostengono che la matematica possa essere compresa se la si vede come uno studio degli universali, delle proprietà, delle relazioni, dei modelli e delle strutture. Dopo di che procedono a dimostrare che la teoria degli universali deve dar conto della probabilità, delle leggi di natura, della causalità e della spiegazione. Binder, Th. - Valent, J. - Werby, H. (a cura di) International Bibliography of Austrian Philosophy 1982/1983 Amsterdam, dicembre 1990 pp.305, Dfl 140 Blondel, Maurice Lettera sull’apologetica a cura di Guglielmo Forni Queriniana, Brescia 1990 pp. 146, L. 16.000 Per Blondel occorre ricostruire la filosofia a partire dalla comprensione delle posizioni di Riforma e Illuminismo; egli rifiuta, contro Maritain, di dichiarare anticristiana la modernità, ma anche, contro il positivismo, di accettarla come un dato, indiscutibile nella sua autonomia e originalità. Bonicalzi, Francesca L’ordine della certezza. Scientificità e persuasione in Descartes Marietti, Genova 1990 pp.128, L. 25.000 Il sapere scientifico di Cartesio come ricerca di un nuovo modo di pensare il mondo. Boolos, George (a cura di) Meaning and Method. Essays in Honor of Hilary Putnam Cambridge U.P., dicembre 1990 pp.372, UK £ 35 Ampia raccolta di scritti in onore del filo- NOVITA' IN LIBRERIA sofo Hilary Putnam, che celebrano l’uomo e l’opera e rendono conto dello stato della filosofia in molti importanti settori. Borutti, Silvana Teoria e interpretazione Guerini, Milano febbraio 1991 pp.188, L. 26.000 Come parlano dei propri oggetti le scienze umane? Gli oggetti delle scienze umane, cioè i soggetti individuali e sociali, non possono essere tradotti in teorie formalizzate. Attraverso una rilettura di temi epistemologici, questo libro si interroga sulle forme del rigore di quelle scienze in cui il conoscere avviene come un proprio e vero scambio comunicativo. Boss, Gilbert John Stuart Mill, induction et utilité PUF, Paris dicembre 1990 pp.128, Fr 34 La sua opera filosofica principale sviluppa una critica radicale del deduttivismo, del trascendentalismo e dell’intuizionismo, ai quali oppone conseguentemente l’induzionismo in logica e l’utilitarismo in etica. Bossuet, Jacques Bénigne Laupies, Frédéric Logique du Dauphin Ed. universitaires, dicembre 1990 pp.159, Fr 135 Un’esposizione della logica aristotelica nell’età classica. Boutroux, Emile - Gramont, Jérome de Leçons sur Aristote Ed. universitaire, dicembre 1990 pp.113, Fr 139 Una sintesi del pensiero aristotelico. E. Boutroux, allievo di J. Lachelier e di E. Zeller, insegnò filosofia a Caen, alla Sorbona e terminò la propria carriera alla Fondazione Thiers. Bowie, Malcolm Lacan Fontana Press febbraio 1991 pp.224, UK £ 4,99 Introduzione all’opera di una dei più influenti e inaccessibili pensatori di questo secolo. Bowie esamina i pionieristici articoli di Lacan su Freud negli anni ’30, il suo lavoro di psicoanalista e il suo ruolo nella rinascita intellettuale di Parigi negli anni ’50. Brancacci, Aldo Oikeios Logos Bibliopolis, Napoli gennaio 1991 pp.304, L. 45.000 Attraverso una nuova analisi dei testi trasmessi, e una ricostruzione completa delle dottrine semantiche, dialettiche e logiche di Antistene, questo volume mira a porre in luce una prospettiva unificante del suo pensiero. Braun, Hand-J. (a cura di) Martin Heidegger und der christliche Glaube Zürich, dicembre 1990 pp.144, DM 25 - Frs 22 Contiene saggi di: Huppenbauer, Markus/ Krieger, J. David, Strolz, Walter/Vetsch, Florian. Brecchi, T. - Jacopini, A. I simboli e la realtà. Temi e metodi della scienza Jaca Book, Milano dicembre 1990 pp.304, L. 31.000 Gli autori hanno integrato le loro diverse conoscenze per realizzare uno strumento in grado di fornire elementi di fisica contemporanea e temi del dibattito filosofico. Brennar H. William Elements of Modern Philosophy. Descartes through Kant Prentice Hall Int. Paperback Ed. gennaio 1991 pp.176, UK £ 10,95 Questo testo costituisce un’introduzione ai maggiori sistemi metafisici ed epistemologici agli albori del periodo moderno, offrendo alcune informazioni sugli autori discussi e analizzandone scritti e teorie. Lunghi brani riportati da testi importanti come i Saggi di Locke. Brenner, Andreas Gentechnologie und praktische philosophie Pfaffenweiler, dicembre 1990 pp.131, DM 28 E’ possibile accostarsi al senso del luogo interpretandolo come l’elemento di interconnessione, di relativizzazione reciproca di spazio e tempo. Progettare è anche interrogarsi sulla natura dei segnali spaziali e degli eventi che li hanno prodotti. Calvo, Francesco Cercare l’uomo. Socrate, Platone, Aristotele Marietti, Genova 1990 pp.336, L.50.000 Una visione d’insieme della grande filosofia greca alla ricerca del vero volto dell’uo mo. Brieskorn, Norbert Rechtsphilosophie Stuttgart, dicembre 1990 pp.187, DM 22 Campodonico, Angelo Salvezza e verità. Saggio su Agostino Marietti, Genova 1990 pp.216, L. 35.000 Metafisica dell’essere e domanda umana di salvezza. Un originale itinerario filosofico. Brodersen, Momme Spinne im eigenen Netz. Walter Banjamin - Leben und Werk Baden-Baden, dicembre 1990 pp.384, DM 25o (ed.ec. DM 58) Ieri come oggi Walter Benjamin è uno dei filosofi più discussi del XX secolo. Questa è la prima biografia completa che nello stesso tempo è anche un’introduzione alla sua opera. Una grossa fetta di storia e di storia della filosofia che si rivolge a un ampio pubblico. Cannon, Betty Sartre and the Psychoanalysis. An Existentialist challenge to Clinical Metatheory U.P. of Kansas, gennaio 1991 pp.368, UK £ 27,95 Un’indagine delle implicazioni della filosofia sartriana sulla tradizione psiconalitica freudiana. L’autore vuole dimostrare che Sartre apprezzava i risultati psicoanalitici di Freud ma si ribellava al determinismo della sua metateoria. Brooke, Roger Jung and Phenomenology Routledge, febbraio 1991 pp.204, UK £ 30 Brooke riprende le concezioni fondamentali della psicologia analitica e le reinterpreta in chiave fenomenologca, fornendo una nuova lettura degli scritti di Jung. Capek, Milic The New Aspect of Time. Its Continuity and Novelties Dordrecht, dicembre 1990 pp.400, Dfl 160 Brunkhorst, Hauke Der entzauberte Intellektuelle. Über die neue Beliebigkeit des Denkens Hamburg, dicembre 1990 pp.180, DM 24,80 Bubner, R. et al. (a cura di) Die Trennung von Natur und Geist München, dicembre 1990 pp.260, DM 58 Introduzione di R. Bubner e interventi di Kl. Kodalle, B. Gladigow, V. Hösle, R. Warning, M. Seel. H. R. Jauß, M. Forschner, U. Krolzik, G. Dux, W. Haug. Burkert, Walter Antichi culti misterici trad. it. di M. R. Falivena Laterza, Bari gennaio 1991 pp.240 Bürschel, Wolfgang Zum Begriff modernen ganzheitlichen Denkens. Studie zur Systemtheorie Luhmanns Frankfurt, dicembre 1990 pp.108, DM 19,80 Buydens, Mireille Sahara, l’esthétique de Gilles Deleuze Vrin, Paris dicembre 1990 pp.184, Fr 150 Forse si potrebbe definire il pensiero deleuziano come un pensiero della presentazione, in opposizione a un pensiero della rappresentazione: la distanza, la profondità divengono le protagoniste negative, in quanto rompono l’immediatezza del divenire, del vissuto, introducendo il soffio freddo della riflessività tra il mondo e l'io. Calvi, Evelina Tempo e progetto Guerini, Milano febbraio 1991 pp.260, L. 35.000 Carboncini, Sonia Transzendentale Wahrheit und Traum. Christian Wolffs Antwort aus die Herausforderung durch den cartesianischen Zweifel Stuttgart/Bad Cannstatt, dicembre 1990 pp.290, DM 92 Carr, David Educating the Virtues. An Essay on the Philosophical Psychology of Moral Develpment and Education Routledge, febbraio 1991 pp.304, UK £ 35 L’opera cerca di delineare un approccio all’educazione morale basata sull’esaltazione della virtù. Partendo da un riesame critico dei filosofi del passato e continuando con teorici più recenti, il libro scandaglia la natura delle virtù morali e parecchie tesi a riguardo. Casini, Leonardo La riscoperta del corpo. Schopenhauer/Feuerbach/Nietzsche Studium, Roma 1990 pp. 348, L. 32.000 Nell’intento di ritornare alle radici della moderna rivalutazione della corporalità, questo libro prende in esame tre pensatori che, in contrapposizione con l’idealsimo e la tradizione dualistica occidentale, hanno messo in rilievo il ruolo della dimensione corporea dell’uomo. Cassa, Mario Dell’antichissima e nuova e immutabile sapienza Lezioni sulla “Repubblica” di Platone, Agostino, Moro, Campanella e Muratori Franco Angeli, Milano gennaio 1991 pp.564, L. 48.000 Cassirer, E. - Heidegger, M. Disputa sull’eredità kantiana. Due documenti (1928 e 1931) a cura di R. Lazzari Unicopli, Milano dicembre 1990 pp.144, L. 18.000 Raccolte per la prima volta in traduzione italiana due recensioni “incrociate” di Heidegger e Cassirer che hanno come sfondo generale il significato dell’eredità di Kant. La prima è la recensione di Heidegger del secondo volume (dedicato al “Pensiero mitico”) della Filosofia delle forme simboliche di Cassirer; la seconda è l’ampia recensione che Cassirer scrisse nel 1931 a proposito di Kant e il problema della metafisica di Heidegger (pubblicato nel 1929). Catania, Alfonso Il diritto tra forza e consenso. Saggi sulla filosofia giuridica del novecento Ed. Scientifiche Italiane, dicembre 1990 pp.250, L. 38.000 La vecchia contrapposizione tra governo delle norme e governo degli uomini, l’ideologia dello Stato di diritto, oggi perde totalmente significato. Una presa di coscienza dell’impossibilità di definire il diritto senza dare il giusto rilievo all’azione degli uomini. Cauquelin, Anne Aristote, le langage PUF, Paris dicembre 1990 pp.128, Fr 44 La questione del linguaggio in Aristotele è riscontrabile in tutte le sue opere. Qui l’autore tenta di accostare testi differenti. Cessario, Romanus The Moral Virtues and Theological Ethics University of Notre Dame Press, febbraio 1991 pp.192, UK £ 19,95 Saggio sulle virtù morali cristiane, che riflette l’emergere di questa visione della vita morale. Con un occhio ai lavori correnti di etica teologica e lo stato attuale della teoria della virtù nella teologia contemporanea, l’autore spiega come le virtù morali incrementino le potenzialità psicologiche e spirituali. Charnay, Jean-Paul Critique de la stratégie Herne, dicembre 1990 Chin, Ann-ping (a cura di) Tai Chen on Mencius. Explorations in Words and Meanings Yale University Press, gennaio 1991 pp.232, UK £ 19,95 Questa traduzione del trattato filosofico di Tai Chen (Meng Tzu tzu-i shu-cheng) un convincente studio sul significato dei termini nel Mencius, manifesta chiaramente l’inclinazione di Chen per i significati originari di alcuni concetti chiave del confucianesimo. Con due saggi sulla vita e il pensiero di Chen. Coffa, J. Alberto The Semantic Tradition from Kant to Carnap. To the Vienna Station Cambridge U.P., febbraio 1991 pp.464, UK £ 35 Una storia della tradizione semantica in filosofia, dall’inizio del XIX secolo fino alla sua incarnazione con il Circolo di Vienna, il gruppo di positivisti logici che emerse negli anni 1925-1935 a Vienna. Cometa, Michele Il romanzo dell’Infinito. Mitologie, metafore e simboli dell’età di Goethe Aesthetica Edizioni, Palermo febbraio 1991 pp. 210, L.28.000 Il continuum metaforico che percorre i grandi momenti della cultura dell’età di Goethe - Illuminismo, Sturm und Drang e Romanticismo - è rintracciato e interpreta- NOVITA' IN LIBRERIA to alla luce di alcuni temi essenziali: l’idea di una mitologia della ragione in Herder, la rinascita poetica di cosmologie antiche e moderne e l’idea di rivoluzione in Hölderlin e F. Schlegel, l’intreccio di irrazionalismo e illuminismo nella narrativa di Schiller ed infine il significato simbolico dell’architettura e il tema del demoniaco in Goethe. Coppola, Bruno Lo stupore e la malia prefaz. di A. Masullo Liguori, Napoli febbraio 1991 pp.157, L. 18.000 Cercando di evitare le ristrettezze della dogmatica, senza d’altra parte cadere in un’impossibile definizione della filosofia, l’autore si prodiga in un’analisi e messa a nudo critica dei “fenomeni” che nella loro varietà diacronica e sincronica vanno generalmente sotto il nome di “filosofia”. Corbin, Henry History of Islamic Philosophy Londra, dicembre 1990 pp.212, UK £ 35 Pubblicato per la prima volta in inglese, l’importante opera di Corbin, studioso dell’Islam, filosofo e storico della religione, è una storia completa della tradizione filosofica islamica, dalle origini fino ai giorni nostri. Courtine, Jean-François Heidegger et la phénoménologie Vrin, dicembre 1990 pp.408, Fr 210 Oltre all’esame del «dibattito», sostenuto e documentato, tra Heidegger e Husserl, i saggi che compongono il presente volume sono centrati sull’idea della fenomenologia, nella sua possibilità, da Essere e tempo al progetto ultimo di una “fenomenologia tautologica”. Craig, Edward Knowledge and the State of Nature. An Essay on Conceptual Analysis Clarendon Press, gennaio 1991 pp.184, UK £ 22,50 Il semplice progetto filosofico di analizzare l’idea di conoscenza ha il difetto fondamentale di restringere arbitrariamente l’oggetto a rischiosi presupposti teoretici. Il presente libro suggerisce un approccio più vicino al metodo dello «stato di natura» che si ritrova nella teoria politica. Croce, Bendetto Estetica a cura di G. Galasso Adelphi, Milano gennaio 1991 pp.724, L. 90.000 L’opera fondatrice del pensiero di Croce. Dagognet, François Nature Vrin, Paris dicembre 1990 pp.232, Fr 138 Quest’opera analizza l’idea della natura e le sue funzioni, dai tempi dei Greci ai giorni nostri. De Bono, Edward Sei cappelli per pensare trad. it. di F. Terrenato Rizzoli, Milano febbraio 1991 pp.200, L. 10.000 La discussione è il metodo usato tradizionalmente dagli occidentali per esplorare un argomento. Il metodo dialettico, però, produce una riflessione sterile che non lascia spazio alla creatività e alle idee nuove. Il metodo dei sei cappelli è stato ormai adottato dalle più grandi aziende del mondo: invece di cercare di coprire contemporaneamente col nostro pensiero tutti gli aspetti, possiamo separare i vari tipi di pensiero e portarli a termine separatamente. De Martino, Giulio Etica Narrativa. Decostruzione dei valori e filosofia della natura Liguori, Napoli febbraio 1991 pp.262, L. 24.000 Descartes, René Discours de la méthode a cura di Pierre Jacerme Presses-Pocket, dicembre 1990 pp.351, Fr 27,50 Il libro che ha fondato la filosofia moderna e la ragione occidentale. La presente edizione consente una comprensione approfondita dell’opera. Dummett, Michael Frege and Other Philosophers Le idee del filosofo e matematico tedesco Gottlob Frege stanno alla base del movimento analitico in filosofia. Questo libro presenta tutti i saggi di Frege, già pubblicati e inediti, tranne quelli compresi in Verità e altri enigmi. Dupleix, Scipion La Physique Fayard, 1990 Fr 295 L’autore fu segretario di Margherita di Valois e storiografo del re Luigi XIII. Scrisse un corso completo di filosofia. La presente opera è al contempo una storia delle teorie del mondo e delle cose naturali e una riflessione su metodi e oggetti della fisica. Duvernoy, Jean-François L’Epicurisme et sa tradition antique Bordas, dicembre 1990 pp.191, Fr 55 L’epicureismo, questa grande filosofia sconosciuta, calunniata e svilita, si confronta con l’atomismo, il piacere, l’amicizia, la morale. Una saggezza che costruisce un mondo sensato. Eifler, G. - Saame, O. (a cura di) Postmoderne. Anbruch einer neuen Epoche? Eine interdisziplinäre Erörterung Wien, dicembre 1990 pp.320, DM 69 - ÖS 483 Ellos, William J. Ethical Practice in Clinical Medicine Routledge, dicembre 1990 pp.244, UK £ 30 (ed.ec. UK £ 8,99) Una presentazione delle origini teoretiche dell’etica della virtù, che indirizza a problemi clinici pratici in una prospettiva storica, utilizzando testi di Platone, Aristotele e Tommaso d’Aquino. Tra le questioni trattate, la morte, la verità, la confidenzialità e il rapporto medico-paziente. Englander, Jean-Loup Pour l’incertain Périscope, dicembre 1990 pp.142, Fr 65 Uno studio comparato dei modi di pensare dei filosofi Marx e Popper, che conduce l’autore a una riflessione sul non determinismo. Eschebach, Insa Der versehrte Maßstab. Versuch zu Nietzsches Willen zur Macht und seiner Rezeptionsgeschichte Würzburg, dicembre 1990 pp.228, DM 48 Evnine, Simon Donald Davidson Polity Press, gennaio 1991 pp.200, UK £ 29,50 (ed.ec., UK £ 8,95) Introduzione all’opera del filosofo americano Donald Davidson, dal suo contributo alla filosofia della mente, alla filosofia del linguaggio e infine agli aspetti metafisici del suo pensiero a un giudizio globale sul progetto filosofico. temporanea. Farina, M. - Penzo, G. (a cura di) F. D. E. Schleiermacher (1768-1834) tra teologia e filosofia Morcelliana, Brescia gennaio 1991 pp.486, L. 50.000 Una lettura a più voci del padre dell’ermeneutica contemporanea: l’attualità della sua meditazione filosofica tra teologia e filosofia. Ferrari, Massimo I dati dell’esperienza. Il neokantismo di Felice Tocco e la filosofia italiana tra ‘800 e’ 900 Olschki, Firenze gennaio 1991 pp.466, L. 88.000 Il percorso di Felice Tocco dalla scuola di Spaventa al tormentato rapporto con il nascente attualismo di Gentile. La posizione assunta da Felice Tocco - studioso di Platone, Bruno, del criticismo kantiano e dei movimenti religiosi - nel contesto del neokantismo italiano ed europeo tra ‘800 e ‘900. Ferraris, Maurizio La filosofia e lo spirito vivente Laterza, Bari gennaio 1991 pp.279, L. 39.000 Per una nuova ricerca occorre registrare da un lato l’esaurimento della grande stagione della filosofia tedesca e dall’altro raccogliere l’eredità di Heidegger, riportando in primo piano quella filosofia dell’esistenza, grande promessa filosofica del secolo. Con il riconoscimento della caducità del vivente anche lo spirito iperbolico, che al di là della lettera congiunge antico e moderno, mostra le ambiguità della sua traiettoria eccentrica. Ferretti, Giovanni (a cura di) La ragione e i simboli della salvezza oggi Marietti 1990 pp.195, L. 38.000 Si tratta degli Atti del IV Colloquio su: “Filosofia e religione”, tenutosi a Macerata dal 12 al 14 maggio 1988. Interventi di P. Ricoeur, A. Schökel, R. Bodei, X. Tilliette, M. Pagano. Fetzer, J.H. (a cura di) Epistemology and Cognition Dordrecht, dicembre 1990 pp.304, Dfl 150 Tra i problemi più rilevanti dell’intelligenza artificiale e della scienza cognitiva al giorno d’oggi ci sono quelli della rappresentazione, che comprendono da una parte le questioni su ciò che è innato e sul linguaggio dei pensieri, e dall’altra la sintassi e le relazioni con la semantica. Il libro offre una rassegna dei lavori più recenti in proposito. Fever, Lewis S. Einstein e la sua generazione Nascita e sviluppo di teorie scientifiche Il Mulino, Bologna gennaio 1991 pp.454, L. 50.000 L’autore ricrea l’unicità del milieu sociale, politico, religioso e filosofico in cui ebbe radici e si dischiuse, nella prima metà del nostro secolo, la vicenda di Einstein e degli scienziati suoi contemporanei. Fleischer, Margot Philosophen des 20. Jahrhunderts. Moore, Wittgenstein, Quine, Husserl Scheler, Heidegger, Camus, Sartre Merleau-Ponty, Foucault, Adorno Bloch, Marcuse Darmstadt, dicembre 1990 pp.265, DM 49 Questo libro è una scelta rappresentiva dei filosofi più significativi del XX secolo, offrendo un quadro ricco di suggestioni della molteplicità di problemi attuali e degli appassionati dibattiti della filosofia con- Floistad, G. - Klibansky, R. (a cura di) Contemporary Philosophy A New Survey. Vol.VI: Philosophy and Science in the Middle Ages Dordrecht, dicembre 1990 pp.1088, Dfl.340 Flückiger, Hansueli Sextus Empiricus Grundriß der pyrronischen Skepsis. Buch 1: Selektiver Kommentar Bern/Stuttgart, dicembre 1990 pp.126, DM 34 - Frs. 28 Gadamer, Hans Georg Interpretazioni di poeti 1 a cura di G. e M. Bonola Marietti, Genova 1990 pp.132, L. 25.000 Goethe, Hölderlin, Kleist, Bach: il classicismo tedesco nella riflessione del maestro dell’ermeneutica. Gaiser, Konrad L’oro della sapienza Sulla preghiera del filosofo a conclusione del “Fedro” di Platone Vita e Pensiero, Milano gennaio 1991 pp.108, L. 10.000 Lo studio e l’interpretazione della preghiera finale del Fedro, che Socrate recita a Pan, riassumendo tutto ciò che un filosofo deve desiderare e ricercare. Galvan, Sergio Logiche intenzionali. Sistemi proposizionali di logica modale, deontica, epistemica. Franco Angeli, Milano febbraio 1991 pp. 288, L. 35.000 Garroni, Emilio Dissonanzen quartett. Una storia Pratiche editrice, Parma 1990, pp. 227, £. 23.000 Romanzo-saggio o saggio-romanzo, quando la distinzione canonica cade, la scrittura è insieme finzione narrativa e riflessione non finta. Tra ansia di verità e inclinazione alla finzione, la scrittura è esperienza di un’alterità del pensiero che è paradossalmente radicata nel mondo. Esperienza eterogenea, impronunciabile e segreta da cui il pensiero è generato e che, attraversandola, cerca di esprimere. Gekle, Hanna Die Tränen des Apoll. Zur Bedeutung des Dionysos in der Philosophie Ernst Blochs Tübingen, dicembre 1990 pp.168, DM 24 Un libro che va in cerca di un Bloch sconosciuto, mostrando un senso rimasto finora sconosciuto. Hanna Gekle, che fu assistente di Ernst Bloch, ne ha riordinato e curato l’eredità. Giesz, Ludwig Philosophische Spaziergänge. Zwölf vorsichtige Antworten auf die Frage, wie man sich im Leben denn einzurichten hätte Con una nota di Enno Rudolph Stuttgart, dicembre 1990 pp.227, DM 38 Gilmour, Peter (a cura di) Philosophers of the Enlightenment Edinburgh U.P., febbraio 1991 pp.196, UK £ 9,95 Introduzione ai filosofi dell’Illuminismo. Nove specialisti contemporanei guidano lo studioso nel pensiero illuministico analizzando le vite e gli scritti di singoli pensatori come Leibniz, Berkeley, Hume, Reid, Kant, Voltaire e Fourier. Gioanola, Elio NOVITA' IN LIBRERIA Psicanalisi, ermeneutica e letteratura Mursia Editore, Milano febbraio 1991 pp.448, L. 45.000 Una lettura in chiave anche psicanalitica di alcuni tra i principali autori del Novecento letterario, nella persuasione che la forma della “malattia” di fatto intervenga a condizionare le modalità contenutistiche ed espressive di un’opera letteraria. Giovannangeli, Daniel La Fiction de l’être: lectures de la philosophie moderne De Boeck-Wesmael, dicembre 1990 pp.149, Fr 80 Oltre allo stesso Descartes, Spinoza, Leibniz, Baumgarten, Kant Hegel, Bergson, Sartre vengono interrogati su alcuni punti problematici del proprio pensiero, confrontati fra loro o rapportati alla filosofia contemporanea, soprattutto a Foucault, Deleuze o Derrida. Gosselin, Mia Nominalism and Contemporary Nominalism. Ontological and Epistemological Implications of the Work of W. V. O. Quine and of N. Goodman Dordrecht, dicembre 1990 pp.274, Dfl 120 Graumann, Günter Zwischen Abgründigkeit und Tiefgründigkeit.Grundlagen menschlicher Selbststeuerung im gesamtkulturellen Kontext Ammersbek bei Hamburg, dicembre1990 pp.750, DM 98 Green, Julien Sulla libertà trad. it. di C. A. Bonadies Marietti, Genova dicembre 1990 pp.50. L. 10.000 Un breve pamphlet, nel quale lo scrittore francese sviluppa le proprie riflessioni sul tema della libertà individuale e collettiva. Gregor, Paul Aspects of Confucianism. A Study of the Relationship between Rationality and Humaneness Frankfurt, dicembre 1990 pp.200, DM 70 Griffero, Tonino Spirito e forme di vita. La filosofia della cultura di Eduard Spranger Franco Angeli, Milano febbraio 1991 pp.204, L. 22.000 Prendendo le distanze tanto dal positivismo quanto dagli esiti irrazionalistici dell’esistenzialismo e dello storicismo, Spranger vi oppone un’articolata filosofia dello spirito improntata alla grande tradizione idealistica. Griffin, Nicholas Russell’s Idealist Apprenticeship Clarendon Press, gennaio 1991 pp.432, UK £ 45 Basato principalmente su scritti inediti dell’archivio Bertrand Russell alla McMaster University, è il primo studio dettagliato del periodo giovanile, neo-hegeliano, della carriera filosofica di Russell. Grosholz, Emily R. Cartesian Method and the Problem of Reduction Clarendon Press, gennaio 1991 pp.176, UK £ 22,50 Un esame dettagliato degli effetti, positivi e negativi, del metodo cartesiano sulla sua produzione scientifica e filosofica, riferito alla Geometria, ai Principi, al Trattato dell’uomo e alle Meditazioni. Grosse, Carl Über das Erhabene Con una nota a cura di C. Zelle St. Ingbert, dicembre 1990 pp.92, DM 18 1973, il presente volume presenta l’introduzione delle numerose note in margine tratte dalla copia di Heidegger e un considerevole miglioramento delle appendici. Gründer, K. (a cura di) Philosophie in der Geschichte ihres Begriffs. Sonderdruck aus dem Historischen Wörterbuch der Philosophie Basel, dicembre 1990 DM 58 - Frs 48 Hermann, Friedrich-W. von Weg und Methode. Zur hermeneutischen Phänomenologie des seinsgeschichtlichen Denkens Frankfurt, dicembre 1990 pp.38, DM 12,80 Gut, Bernardo J. Die Verbindlichkeit frei gesetzer Intentionen. Entwürfe zu einer Philosophie über den Menschen Stuttgart, dicembre 1990 pp.250, DM 29,80 Hacking, Ian The Taming of Chance Cambridge, dicembre 1990 pp.280, UK £ 27,50 (ed.ec. UK £ 10) Con una combinazione di una dettagliata ricerca storico scientifica con la caratteristica ampiezza e vivacità filosofica, questo saggio porta alla luce le relazioni fra filosofia, scienze fisiche, matematica e lo sviluppo delle istituzioni sociali, fornendo così un’analisi autorevole e unica della «probabilizzazione» del mondo occidentale. Hager, F. - Pfütze, H. (a cura di) Das unerhört Moderne. Berliner Adorno-Tagung Lüneburg, dicembre 1990 pp.300, DM 36 Haller, R. - Brandl, J. (a cura di) Wittgenstein - eine Neubewertung. Akten des XIV Internationalen Wittgenstein-Symposium, Feier des 100. Geburstages, August 1989, Kirchberg am Wechsel Wien, dicembre 1990 pp.336. DM 72 - ÖS 500 Hauff, G. - Schweizer, H.R. Wildermuth, A. (a cura di) In Ercheinung Treten. Heinrich Barths Philosophie des Ästhetischen Basel, dicembre 1990 pp.326, DM 68 - Frs 58 L’anniversario della nascita del filosofo di Basilea Heinrich Barth (1890-1965) è l’occasione per presentare la sua posizione filosofica, che attribuisce un significato fondamentale all’estetica. Heidegger M. - Husserl, E. Fenomenologia Storia di un dissidio 1927 a cura di R. Cristin Unicopli, 2 ed. dicembre 1990 pp.116, L. 18.000 Il dissidio tra Husserl e Heidegger per la definizione di “fenomenologia”. La documentazione di un piccolo ma decisivo episodio in cui si gioca il senso di una parte rilevante della filosofia contemporanea. Heidegger, M. - Jaspers, K. Der Briefwechsel 1920-1963 A cura di W. Biemel e H. Saner Frankfurt, dicembre 1990 pp.300, DM 48 Gli scritti sono riportati intatti. Dal 1936 al 1949 ci fu una ricerca. Lo scambio epistolare è confidenziale e originariamente non ne era prevista la pubblicazione. In esso vi si trovano giudizi taglienti sui contemporanei e anche sugli allievi. Nessun nome è stato cancellato, nessuna frase modificata. Heidegger, Martin Kant und das Problem der Metaphysik a cura di Fr.-W. von Herrmann Frankfurt, 5 ed. dicembre 1990 pp.280, DM 48 (ed.ec. DM 38) Rispetto alla quarta edizione apparsa nel Hersch, Jeanne Karl Jaspers. Eine Einführung in sein Werk München, dicembre 1990 pp.149, DM 14,80 Un libro che nello stesso tempo è un’introduzione alla filosofia di Jaspers e un’interpretazione della sua opera. Hildebrandt, Helmut Weltzustand Technik. Ein Vergleich der Techinkphilosophien von Günter Anders und Martin Heidegger Berlino, dicembre 1990 pp.224, DM 38 Hinske, N. (a cura di) Was ist Aufklärung? Beitrage aus der Berlinischen Monatsschrift (1.-7. Band), 1783-1786 Con la collaborazione di Michael Albrecht. Quarta edizione ampliata, con nota finale. Darmstadt, dicembre 1990 pp.600, DM 63 Hoche, Hans U. Einführung in das sprachanalytische Philosophieren Darmstadt, dicembre 1990 pp.250, DM 49 Holzhey, H. - Leyvraz, J.-P. (a cura di) Persönliche Freiheit. Zu einem Grundproblem praktischer Philosophie. Liberté de la personne Bern/Stuttgart, dicembre 1990 DM 82 - Frs 68 Hossenfelder, Malte Epikur München, gennaio 1991 pp.210, DM 24 Hossenfelder dimostra che Epicuro era tutt’altro che un uomo dedito ai piaceri. Il fine ultimo della sua filosofia sta piuttosto nell’affrancamento del singolo dalla pigrizia e quindi dalla paura, tramite cui potrà trovare la propria felicità nella calma e nella serenità interiore. Hoy, David C. Il circolo ermeneutico. Lettura, storia e ermeneutica filosofica trad. it. di F.D. D’Agostini Il Mulino, Bologna dicembre 1990 pp.220, L.20.000 Strumento di aggiornamento sulla discussione contemporanea a proposito della filosofia ermeneutica, offre un quadro sinottico delle teorie critiche che hanno assunto particolare preminenza negli ultimi anni. Hubbertz, Karl-Peter Schuld und Verantwortung. Eine Grenzbeschreitung zwischen Tiefenpsychologie, Ethik und Existenzphilosophie Münster, dicembre 1990 pp.274, DM 58,80 Illiez, Pierre Reflets ou apparences: causalité et incertitude dans la pensée occidentale Age d’homme, dicembre 1990 pp.165, Fr 100 Come il pensiero occidentale, nel corso dei secoli, ha concepito il rapporto tra realtà e apparenza e tra ordine e caso. P. Illiez è lo pseudonimo scelto da Jean-Pierre Ritter, attualmente ambasciatore in Austria. Jackendoff, Ray Coscienza e mente computazionale (Sistemi intelligenti) trad. it. di S. Gozzano Il Mulino, Bologna gennaio 1991 pp.484, L. 50.000 Attraverso una ricognizione analitica delle facoltà, dal linguaggio alla visione e alle capacità musicali, in cui l’autore si richiama esplicitamente alla teoria della “mente modulare” di Fodor e ai lavori sulla visione di Marr, si compie la saldatura tra teorie computazionali e teorie della coscienza. Jaeschke, W. - Holzey, H. (a cura di) Früher Idealismus und Frühromantik. Der Streit um die Grundlagen der Ästhetik (1795-1805) Hamburg, dicembre 1990 pp.269, DM 86 Jaspers, Karl Cifre della trascendenza a cura di Giorgio Penzo Marietti, Genova 1990 pp.122, L. 24.000 Il testamento filosofico di un grande pensatore del nostro secolo. Jauch, Ursula Pia Damenphilosophie und Männermoral. Von Abbé de Gérard bis Marquis de Sade. Ein Versuch über die lächelnde Vernunft Wien, dicembre 1990 pp.208, DM 39,80 - ÖS 280 Jauss, Hans Robert Estetica e interpretazione letteraria. Il testo poetico nel mutamento d’orizzonte della comprensione Marietti, Genova 1990 pp.208, L. 45.000 Una raccolta di saggi che concernono testi di Goethe, Racine e Schiller secondo il modello di analisi dei testi letterari di Jauss. Jervolino, Domenico The Cogito and Hermeneutics. The Question of the Subject in Ricoeur Dordrecht, dicembre 1990 pp.212, Dfl 125 Johnson, Lawrence E. A Morally Deep World. An Essay on Moral Significance and Environmental Ethics. Cambridge U.P., gennaio 1991 pp.180, UK £ 25 L’autore auspica un cambiamento radicale del nostro atteggiamento nei confronti del mondo non umano, sostenendo che gli animali non umani e gli stessi ecosistemi abbiano un significato morale con interessi e diritti propri. Vengono esaminati alcuni recenti lavori sull’etica ambientale. Kamuf, Peggy (a cura di) A Derrida Reader Harvester Wheatsheaf, gennaio 1991 pp.608, UK £ 12,95 Una raccolta di scritti significativi di Derrida, la prima introduzione in un solo volume al suo lavoro sulla decostruzione, contenente 22 estratti, commenti a opere individuali, informazioni generali sul contesto intellettuale e guide alla struttura delle sue affermazioni. Kellow, Peter A Unified Theory of Human Experience Ammons, gennaio 1991 pp.542, UK £ 30 Lo scopo di questo libro è quello di applicare la concezione di un’unità onnicomprensiva, tipica delle scienze fisiche, a quelle umane. Il saggio sviluppa teorie della conoscenza, azioni, linguaggio, arte, NOVITA' IN LIBRERIA particolari, scienza e rapporti sociali e le accorpa in una sola sintesi filosofica. Kemper, P. (a cura di) Martin Heidegger - Faszination und Erschrecken. Die Politische Dimension einer Philosophie Frankfurt, dicembre 1990 pp.220, DM 28 Ciò che interessa l’autore non è liquidare per l’ennesima volta il passato di Heidegger, ma accostarsi storicamente e filosoficamente al suo agire e alla sua opera, mettendo in luce i complessi legami tra filosofia e visione del mondo. Kerény, Károly Figlie del Sole trad. it. di Francesco Berberi Bollati Boringhieri, Milano febbraio 1991 pp.140, L. 20.000 Opera della maturità di Kerény, il libro è dedicato alle donne solari del mito antico: Circe, Medea, Afrodite, Era, Pasifae e Arianna, le figure femminili legate al culto del Sole. Il mito diviene qui strumento di interpretazione della civiltà e chiave per penetrare nel mondo religioso. Kirsch, Guy Das freie Individuum und der dividierte Mensch. Der Individualismus von der Norm zum Problem Baden-Baden, dicembre 1990 pp.186, DM 39 Abbiamo creato un ordine per gli uomini in quanto individui; ora dobbiamo creare un ordine per gli individui in quanto uomini. Knörzer, Guido Tod ist Sein? Eine Studie zu Genese und Struktur des Begriffs «Tod» im Frühwerk Martin Heideggers Frankfurt/Bern, dicembre 1990 pp.260 Koch, Rainer Geschichtskritik und ästhetische Wahrheit. Zur Produktivität des Mythos in moderner Literatur und Philosophie Bielefeld, dicembre 1990 pp.207, DM 38 Koppelberg, Dirk Die Aufhebung der analytischen Philosophie. Quine als Synthese von Carnap und Neurath Frankfurt, dicembre 1990 pp.416, DM 28 Contro l’opinione diffusa, che la filosofia di Quine rappresenti una acuta critica del Circolo di Vienna, nel lavoro di Koppelberg viene proposta la tesi che la filosofia di Quine sia un tentativo di ricostruire in sintesi i diversi orientamenti teoretici di Rudolf Carnap e Otto Neurath. Kracauer, Siegfried Sull’amicizia Marietti, Genova 1990 pp.96, L. 14.000 Una rivisitazione dell’amicizia, parola che racchiude un’indefinita complessità di vicende ed esperienze, un sentimento sul quale l’uomo non ha mai cessato di interrogarsi, da Platone a Montaigne, da Emerson a Nietzsche. Kreimendahl, Lothar Kant - der Durchbruch von 1769 Köln, dicembre 1990 pp.300, DM 90 Krockow, Christian Graf von Die Entscheidung. Eine Untersuchung über Ernst Jünger, Carl Schmitt, Martin Heidegger Frankfurt, dicembre 1990 pp.170, DM 38 Alla sua pubblicazione nel 1958 questo libro andò presto esaurito. Krockow si propone un chiarimento dello sviluppo spirituale e delle forze che a partire dal 1933 hanno portato alla caduta della dittatura tedesca. Krombach, Hayo B. E. D. Hegelian Reflections on the Idea of Nuclear War. Dialectical Thinking and the Dialectic of Mankind MacMillan Press, febbraio 1991 pp.272, UK £ 45 Servendosi del metodo dialettico hegeliano, Krombach cerca di dimostrare come il pensiero hegeliano offra un metodo per superare l’abisso tra storia della filosofia e idea di guerra nucleare, mostrandone al contempo le dirette implicazioni per la concettualizzazione di problemi ambientali. Krüger, Hans-P. Kritik der kommunikativen Vernunft. Kommunikationsorientierte Wissenschafts forschung im Streit mit Sohn-Rethel,Toulmin und Habermas Berlin, dicembre 1990 pp.530, DM 48 Krüger appartiene alla nuova generazione di filosofi critici che hanno sviluppato negli anni ’80 la concezione di una democratizzazione radicale ed ecologica. Küppers, Bernd-Olaf Der Ursprung biologischer Informationen. Zur Naturphilosophie der Lebensentstehung Prefaz. di C. F. von Weizsäcker München, dicembre 1990 pp.319, DM 19,80 Il fisico e filosofo Küppers porta qui alle estreme conclusioni filosofiche la moderna teoria sull’origine della vita, descrivendo il ruolo dell’informazione per tutto il divenire biologico. Labica, Georges Robespierre, une politique de la philosophie PUF, Paris dicembre 1990 pp.128, Fr 34 Esiste un pensiero politico di Robespierre che di particolare e di inedito ha il fatto di essere un pensiero della rivoluzione, uscito dalle sue stesse vicissitudini. Lachelier, Jules Cours de logique: Ecole normale supérieure 1866-1867 A cura di Jean-Louis Dumas Ed. universitaires, dicembre 1990 pp.162, Fr 145 Il considerevole interesse storico si spiega con il suo valore pedagogico e la potenza speculativa. Un esame delle principale questioni logiche nello spirito di Kant. Lanaro, Giorgio Il positivismo tra scienza e religione. Studi sulla fortuna di Comte in Gran Bretagna Franco Angeli, Milano gennaio 1991 pp.176, L, 24.000 Nel secolo scorso il pensiero di Auguste Comte sollevò in Gran Bretagna un ampio dibattito, dividendo la cultura inglese in due partiti in cui militavano alcune delle sue figure di maggior rilievo. Langthaler, Rudolf Kants Ethik als «System der Zwecke». Perspektiven einer modifizierten Idee der «moralischen Teleologie» und Ethikotheologie Berlin, dicembre 1990 pp.428, DM 168 Un’analisi della concezione dell’etica kantiana, modificata e ampliata, che in futuro dovrebbe consentire di portare in luce anche nuovi aspetti della parte centrale della filosofia della religione kantiana. letteratura medievale. Le Grand, H.E. (a cura di) Experimental Inquiries. Historical, Philosophical and Social Studies of Experimentation in Science Dordrecht, dicembre 1990 pp.296, Dfl. 140 Lecaldano, Eugenio Hume e la nascita dell’etica contemporanea Laterza, Bari gennaio 1991 pp.290 La ricostruzione del pensiero etico di Hume e la sua permanente influenza nelle varie correnti dell’etica contemporanea: utilitarismo, neo-contrattualismo, teorie dei diritti. Lefebvre, Henri Le Matérialisme dialectique PUF, Paris dicembre 1990 pp.168, Fr 44 La prassi è il punto di partenza e quello di arrivo del materialismo dialettico, parola che in filosofia designa ciò che per il senso comune è la vita reale. Legris, Javier Eine epistemische Interpretation der intuitionistischen Logik Würzberg, dicembre 1990 pp.142, DM 36 Lentini, Luigi Il paradigma del sapere Franco Angeli, Milano febbraio 1991 pp.136, L. 24.000 Il volume propone una ricostruzione del processo di formazione dell’immagine della scienza dominante nell’epistemologia contemporanea e dei diversi modi in cui quest’ultima determina i suoi strumenti analitici e si definisce in generale come disciplina. Leszek, Kolakovski Elogio dell’incoerenza Vita e Pensiero, Milano dicembre 1990 pp.236, L. 20.000 Pamphlet del filosofo polacco espulso dal Partito Comunista nel 1966 per via delle sue prese di posizione sulle limitazioni della libertà di pensiero nel Paesi socialisti. Lévinas, Emmanuel Autrement qu’être ou Au-delà de l’essence LGF, dicembre 1990 pp.286, Fr 40 «In questo libro parlo di responsabilità come struttura essenziale della soggettività. Essere umani significa: vivere come se non si fosse un essere in mezzo ad altri esseri.» Levinas, Immanuel Trascendenza e intelligibilità Marietti, Genova 1991 pp.90, L. 12.000 Le principali tematiche di un pensiero provocatorio e controcorrente che evidenzia la priorità del “volto dell’altro” e sottolinea la centralità dell’etica. Vengono qui tratteggiati i principali nuclei attorno ai quali ruota la più recente ricerca levinasiana: il confronto tra “sapienza ebraica” e saggezza greca”, il significato dell’elezione e l’importanza del dialogo interconfessionale tra ebraismo e cristianesimo. Lewis, C.S. L’immagine scartata Il modello della cultura medievale Marietti, Genova 1990 pp.198, L. 27.000 Un grande saggista ricostruisce il capolavoro più alto del Medioevo, il “Modello”, l’”immagine” dell’universo e dell’uomo che i moderni hanno “scartato”, ma la cui conoscenza è indispensabile per leggere la Liebmann, Otto Kant e gli epigoni a cura di G. Cognetti Ed. Scientifiche, Napoli gennaio 1991 pp.190, L. 30.000 La dottrina fondamentale e l’errore fondamentale di Kant; la tendenza idealistica. Fichte, Schelling, Hegel; la tendenza realistica. Herbart; la tendenza empirica. Fries; la tendenza trascendete. Schopenhauer. Lorenz, Kuno Einführung in die philosophische Anthropologie Darmstadt, dicembre 1990 pp.153, DM 32 Lucchetta, Giulio Scienza e retorica in Aristotele. Sulle radici omeriche delle metafore aristoteliche Il Mulino, Bologna gennaio 1991 pp.172, L. 20.000 I vegetali, la calamita, la selva, la macina del mulino, le acque dell’Oceano sono oggetti metaforici che riportati al loro terreno originario - l’Odissea - contribuiscono alla definizione dell’universo della memoria ellenica, danno ragione del carattere naturalistico della riflessione aristotelica e, per contrasto, consentono di capire concetti-chiave. Lurol, Gérard Mounier . Vol.I. Genèse de la personne Ed. universitaires, dicembre 1990 pp.319, Fr 245 Saggio sulla genesi del personalismo che rintraccia la storia del legame indissolubile fra la persona di Mounier e il concetto di persona. Lyons, David In the Interest of the Governed Clarendon Press, febbraio 1991 pp.164, UK £ 20 Basandosi sullo studio delle più importanti opere di Jeremy Bentham, questo volume offre una reinterpretazione della sua principale dottrina filosofica, del principio di utilità e dell’analisi della legge. Edizione riveduta e aggiornata, che include una nuova prefazione e nuove bibliografie e indici. MacDonald Ross, G. - McWalter, T. (a cura di) Kant and his Influence Bristol, dicembre 1990 pp.392, UK £ 40 Costituito da ampi stralci delle relazioni presentate a un convegno su Kant dell’aprile 1990, organizzato dalla British Society for the History of Philosophy, il libro raccoglie una grande quantità di prospettive su Kant e sulla sua influenza. Mackay, M. Donald Behind the Eye Basil Blackwell, gennaio 1991 pp.228 UK £ 19,95 Basato sulle lezioni su Gifford tenute dall’autore nel 1986, il libro ci dà un’idea chiara del cervello e del suo funzionamento, affrontando gli argomenti a esso collegati che più costituiscono materia di riflessione, dalle macchine intelligenti alla linguistica, dalle teorie della percezione alla questione della vita dopo la morte. Magrini, Maria Vittoria Predaval (a cura di) Scienza, filosofia e religione tra ‘600 e ‘700 in Italia Franco Angeli, febbraio 1991 pp.380, L. 40.000 I lavori presentati in questo volume analizzano una serie di tendenze della cultura italiana tra il diciassettesimo e il diciottesi- NOVITA' IN LIBRERIA mo secolo, attraverso il confronto con lo sviluppo e la ricezione delle idee scientifiche e filosofiche europee nella situazione di frammentarietà culturale che consegue al secolare particolarismo economico-politico della penisola. Malingham, Indira (a cura di) Logical Foundations: Essays in Honour of D. J. O’Connor MacMillan Press, febbraio 1991 pp.208, UK £ 35 Una raccolta di articoli per celebrare il 75 compleanno di Dan O’Connor. Ogni saggio prende in considerazione un argomento al quale si è dedicato intellettualmente, dalla logica filosofica alla filosofia dell’educazione, e riflette l’impegno di O’Connor per i principi fondamentali dell’empirismo logico. Mancini, Italo L’ethos dell’Occidente. Neoclassicismo etico, profezia cristiana pensiero critico moderno Marietti, Genova 1990 pp.628, L. 80.000 Masullo, Aldo Filosofie del soggetto e diritto del senso Marietti, Genova 1990 pp.216, L.30.000 Ragione filosofica e crisi del senso in una originale riproposta del pensiero classico. Matilal, B. K. The Word and the World OUP India, febbraio 1991 pp.200, UK £ 10,95 Una monografia che studia ciò che oggi viene chiamata «filosofia del linguaggio» basandosi su materiale tratto esclusivamente dalle opere di filosofi indiani classici. Medawar, P. B. - Medawar, J. S. Biologie von A bis Z. Ein philosophisches Wörterbuch München, dicembre 1990 pp.391, DM 19,80 Il premio Nobel Peter Medawar e sua moglie Jean con il loro sapere enciclopedico hanno creato «con spirito voltairiano» (“New York Times”) un «dizionario» filosofico che riflette sulla biologia, che ne spiega i concetti in articoli approfonditi con stile piano, divertente e vivace. Mehrtens, Herbert Moderne - Sprache - Mathematik. Eine Geschichte des Streits um die Grundlagen der Disziplin und des Subjekts formaler Systeme Frankfurt, dicembre 1990 pp.620, DM 78 Melandri, Enzo ”Le ricerche logiche” di Husserl Introduzione e commento alla prima ricerca Il Mulino, Bologna gennaio 1991 pp.232, L. 30.000 Un’introduzione generale in cui la fenomenologia husserliana viene ricondotta al suo alveo storico, e la rassegna degli immediati predecessori di Husserl nel contesto della filosofia tedesca tra la fine dell’ 800 e gli inizi del ‘900. Migliori, Maurizio Dialettica e verità Commentario filosofico al “Parmenide” di Platone Vita e Pensiero, Milano gennaio 1991 pp.570, L. 40.000 L’interpretazione del Parmenide di Platone è condotta sui principi ermeneutici desunti dalle dottrine non scritte di Platone medesimo, tramandate dai suoi discepoli immediati. Misak, C. J. Truth and the End of Inquiry. A Peircean Account of Truth Clarendon Press, gennaio 1991 pp.200, UK £ 22,50 C. S. Peirce, fondatore del pragmatismo, sosteneva che la verità è ciò su cui siamo d’accordo, su cui si può effettuare una ricerca finché essa si dimostra fruttuosa. L’autore di questo libro si batte per un concetto di verità pragmatico, soffermandosi sui suoi requsiti fondamentali secondo Peirce. Mosconi, Giuseppe Discorso e pensiero Il Mulino, Bologna dicembre 1990 pp.344, L. 40.000 Il linguaggio non serve soltanto a veicolare e ad esternalizzare il pensiero, ma a pensare, nel senso che il pensiero si determina discorsivamente. L’approccio “psicoretorico” adottato dall’autore deriva dalla necessità di considerare la “dimensione retorica” del discorso un aspetto essenziale del pensare-parlare. Nagl-Docekal, H. - Pauer-Studer, H. (a cura di) Denken der Geschlechterdifferenz. Neue Fragen und Perspektiven der feministischen Philosophie Wien, dicembre 1990 pp.240, DM 34, ÖS 240 Negri, Antonio The Savage Anomaly. The Power of Spinoza’s Metaphysics and Politics Minnesota U.P., febbraio 1991 pp.320, UK £ 29,95 (ed.ec. UK £ 11,95) Negri propone una rilettura degli scritti filosofici e politici di Spinoza nel quadro dello sviluppo dello Stato moderno e della sua relativa economia politica. La tesi centrale del libro si muove attorno all’affermazione di una serie di anomalie uniche nella situazione di Spinoza. ca, soprattutto di pensiero Zen, contrapposta alla filosofia europea contemporanea, entrambe rivolte ai moderni interrogativi. Chi vuole conoscere il pensiero giapponese deve confrontarsi con questa scuola. Onfray, Michel Il ventre dei filosofi trad. it. di Giovanni Bogliolo Rizzoli, Milano febbraio 1991 pp.176, L. 26.000 I filosofi, quando pensano, dimenticano. Soprattutto troppo spesso si dimenticano del proprio corpo e di ciò che esso assimila quando mangiano. Eppure tra il pensiero e lo stomaco esistono innegabili affinità e vincoli, profondi legami e corrispondenze. Per affrontare il problema, Onfray ha invitato ad un curioso banchetto alcuni prestigiosi ospiti. Tra gli altri, il cinico Diogene, Rousseau, Kant. Pansera Maria Teresa L’uomo progetto della natura. L’antropologia filosofica di Arnold Gehlen. Prefazione di Vincenzo Cappelletti Studium, Roma 1990 pp. 208, L. 22.000 E’ questo il primo lavoro d’insieme dedicato al filosofo tedesco Arnold Gehlen (1904-1976). Di fronte all’espansione della civiltà tecnologica di massa, che tende a dissolvere l’identità dell’essere umano, Gehlen intende ricostruirne una nuova immagine, fondata sui risultati delle scienze. Da questa indagine l’uomo emerge come un unicum incomparabile rispetto agli altri esseri viventi. Pasternack, G. (a cura di) Zur späten Ästhetik von Georg Lukács (Congresso di Brema, 25-27 marzo 1987) Frankfurt, dicembre 1990 pp.208, DM 38 Nietzsche, Friedrich La gaia scienza a cura di Fabrizio Desideri Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1991 pp. 357, £. 20.000 Il libro che costituisce il culmine dell’«illuminismo» nicciano, riproposto in una nuova edizione che si segnala per il ricco apparato cronologico e bibliografico. Patella, Giuseppe Sul postmoderno. Per un postmodernismo della resistenza Studium, Roma 1990 pp. 184, L. 19.000 L’autore approfondisce le principali elaborazioni filosofiche sul «postmoderno» e prende in esame le più importanti teorie letterarie che si confrontano con esso. Norris, Christopher Spinoza and the Origin of Modern Critical Theory Basil Blackwell, febbraio 1991 pp.240, UK £ 35 (ed.ec. UK £ 9,95) Un resoconto dettagliato dell’influenza di Spinoza su varie correnti attuali di pensiero critico, dal marxismo di Althusser all’ermeneutica, alla decostruzione, alla poetica narrativa, al nuovo storicismo e agli scritti difficilmente classificabili di un pensatore come Gilles Deleuze. Patocka, Jan Die natürliche Welt als philosophisches Problem. Phänomenologische Schriften I a cura di Kl. Nellen e J. Nemec Stuttgart, dicembre 1990 pp.319, DM 98 - ÖS 764 Jan Patocka, allievo di Husserl e mentore di Václav Havel, indaga in questo libro il rapporto del mondo naturale con l’uomo secondo la sua rappresentazione scientifica. Troviamo un’anticipazione del concetto di Husserl di «mondo vivente». Nussbaum, Martha Love’s Knowledge Oxford University Press, gennaio 1991 pp.432, UK £ 40 Una raccolta degli scritti pubblicati dall’autore sui rapporti fra letteratura e filosofia, specialmente filosofia morale. Vi vengono esplorati i rapporti fra stile e contenuto, con un occhio alle questioni etiche, e il ruolo delle emozioni sulle deliberazioni e sulla conoscenza di sé. Ohashi, Ryosuke (a cura di) Die Philosophie der Kyoto-Schule. Texte und Einführung Freiburg i.Br., dicembre 1990 pp.552, DM 68 Uno dei più influenti filosofi giapponesi della nostra epoca, Kitaro Nishida (18701945), ha fondato a Kyoto una scuola di pensiero nella vecchia tradizione nipponi- Pears, David Hume’s System. An Examination of the First Book of his Treatise Oxford University Press, gennaio 1991 pp.208, UK £ 25 (ed.ec. UK £ 7,95) La prima filosofia di Hume, si sostiene, in questo saggio, potrebbe essere vista sia come un abbozzo di teoria del significato, che come una ricerca nella natura di verità ed evidenza. Pears esamina l’applicazione delle teorie di Hume alla questione della causalità, dell’identità e della percezione. Peperzak, Adriaan Hegels praktische Philosophie. Ein Kommentar zur enzyklopädischen Darstellung der menschlichen Freiheit und ihrer objektiven Verwirklichung Stuttgart, dicembre 1990 pp.360, DM 198 Un confronto di due stesure diverse dimostra i cambiamenti della filosofia pratica di Hegel fra il 1817 e il 1830. Perrefort, Maria Opfer und Gehorsam. Kritische Untersuchungen zur Struktur von Heideggers Gelassenheitsidee Würzburg, dicembre 1990 pp.202, DM 48 Perrotta, Raffaele Gli scuri delle semantiche. Idee, immagini (espressioni) Pellicani Editore, Roma 1990 pp.94, L. 15.000 Il linguaggio come luogo di operazioni simboliche che non si risolvono nell’ordine del discorso codificato. Contro il Senso formalizzato della sintassi la ricchezza dei linguaggi dove la parola non è topica ma problematica. Philippe, Marie-Dominique Lettre à un ami: itinéraire philosophique Ed. universitaire, dicembre 1990 pp.199, Fr 135 Oggi tutti si interrogano su ciò che è la persona umana. Superando le ideologie per ritrovare il realismo di un’autentica ricerca della verità, bisogna scoprire, a partire dalle proprie esperienze, ciò che dà un senso alla propria vita. L’autore, un domenicano, insegna filosofia e teologia. Philonenko, Alexis La jeunesse de Feuerbach: 1828-1841: introduction à ses positions fondamentales Vrin, Paris dicembre 1990 2 voll., pp.320, 400, Fr 360 Questo libro è uno degli anelli che formano la catenna della storia ermeneutica della filosofia protestante. Feuerbach è l’antiteologo che discute con i teorici del dogmatismo protestante, senza mai perdere di vista il cattolicesimo. Pitassi, Maria Cristina Le Philosophe et l’écriture: John Locke, exegéte de saint Paul Cahiers de la "Revue de théologie et de philosophie", n.14, dicembre 1990 pp.104, Fr 123 I fondamenti dell’ermeneutica lockiana, i suoi legami con la tradizione esegetica e con il metodo filosofico sviluppato nell’Essai concernant l’entendement humain Plotin Traité sur la liberté et la volonté de l’Un: Ennéade VI, 8 A cura di Georges Leroux Vrin, Paris dicembre 1990 pp.452, Fr 210 La questione dell’esistenza e della natura della libertà divina, non la libertà di creare l’essere, ma quella per l’Uno di produrre se stesso. Pöggeler, Otto Der Denkweg Martin Heideggers 3 edizione con commento dettagliato, note e indice dei nomi ampliati. Pfullingen, dicembre 1990 pp.464, DM 78 Polin, Raymond John Locke. Senso e fondamento del potere trad. it. e cura di A. Zanini Pellicani Editore, Roma 1990 pp.66, L. 12.000 Il breve saggio, pubblicato da Polin per la prima volta nel 1956, offre le coordinate essenziali del pensiero di Locke e ne rivendica l’unitarietà morale del progetto filosofico contro le interpretazioni che privilegiano il carattere gnoseologico della filosofia lockiana. NOVITA' IN LIBRERIA Pöltner, Günther Auf der Spur des Heiligen. Heideggers Beitrag zur Gottesfrage Wien/Köln, dicembre 1990 pp.224, DM 42 Ponton, Lionel Philosophie et droits de l’homme de Kant à Levinas Vrin, Paris dicembre 1990 pp.216, Fr 150 I diritti dell’uomo esigono la costituzione di una repubblica o sono semplicemente i principi regolatori del diritto esistente? Inglobano i diritti economici e sociali? Potter, K.H. (a cura di) Encyclopedia of Indian Philosophies. Vol.V: The Philosophy of the Grammarians Lawrenceville, NJ, dicembre 1990 pp.520, $ 55 Monumentale opera di consultazione preparata sotto la supervisione editoriale di Karl Potter, con riassunti delle maggiori opere della tradizione grammatica nella filosofia indiana. Pozzoli, Claudio (a cura di) Nietzsche - Nei ricordi e nelle testimonianze dei contemporanei Rizzoli, Milano dicembre 1990 pp.446, L. 16.000 Attraverso gli scritti di familiari,amici, colleghi, conoscenti si delinea la vita del filosofo come venne vista e condivisa dai contemporanei: queste testimonianze aiutano anche a far luce sugli aspetti più contradditori di questa esistenza sfociata nella pazzia. Pranteda, Maria A. Individualità e autobiografia in Dilthey Guerini, Milano febbraio 1991 pp.176, L.25.000 Questo volume indaga il tema dell’individualità in Dilthey in un confronto con la monadologia di Leibniz, evidenziando, al di là della dimensione puramente coscienziale del soggetto cosciente, la struttura degli affetti e delle rappresentazioni inconscie dell’io come condizioni della sua storicità. Prini, Pietro L’ambiguità dell’essere Marietti, Genova 1990 pp.102, L.18.000 Un confronto originale con una forma classica: il dialogo filosofico. Pritchard, Michael S. On Becoming Responsible Kansas U.P., gennaio 1991 pp.288, UK £ 23,95 Uno studio della morale individuale in cui l’autore mescola teorie filosofiche etiche a considerazioni da una prospettiva psicologica sullo sviluppo dell’uomo e sulla condotta morale. Nel testo occupano una posizione centrale i temi dell’educazione morale e delle complesse influenze sulla vita morale. Puech, Michel Kant et la causalité: étude sur la formation du système critique Vrin, Paris dicembre 1990 pp.526, Fr 300 Questo libro permette di seguire lo sviluppo di una crisi della metafisica nella Germania del XVIII secolo e di osservarvi la formazione della prima idea trascendentale nell’opera pre-critica e nei testi inediti. Puster, Rolf W. Britische Gassendi-Rezeption am Beispiel John Lockes Stuttgart, dicembre 1990 pp.176, DM 78 Una ricognizione sui circa 180 anni di ritardo (rispetto al continente) con cui le teorie sull’atomo furono accettate in Inghilterra, che mette in luce l’importantissimo ruolo avuto dal gassendismo. Come un punto di contatto oltremodo distintivo tra Gassendi e Locke dimostra si mostra il cosiddetto teroema dello spettro rovesciato. Recherches sur la philosophie et le langage, n.12; Hommage à Henri Joly Groupe de recherches sur la philosophie et le langage, dicembre 1990 pp.472, Fr 149 In queste pagine si possono trovare numerosi lavori che riguardano la Grecia antica. Reese-Schäfer, Walter Karl-Otto Apel zur Einführung Con una nota di J. Habermas Hamburg, dicembre 1990 pp.160, DM 16,80 Reimann, Werner Verweigerte Versöhnung. Zur Philosophie von G, Anders Wien, dicembre 1990 pp.192, DM 46 - ÖS 322 Rentsch, Thomas Die Konstitution der Moralität. Transzendentale Anthropologie und praktische Philosophie Frankfurt, dicembre 1990 pp.350, DM 48 Riccobono, Maria Gabriella Tra desiderio e realtà. Pratica, poesia, storia in Benedetto Croce Ed. Scientifiche Italiane, dicembre 1990 pp.336, L. 40.000 Le modalità e le difficoltà che caratterizzano il tormentato e continuo sviluppo tra desiderio, poesia e conoscenza storica nel pensiero di Croce. Richardson, John Existential Epistemology Clarendon Press, febbraio 1991 pp.230, UK £ 10,95 Questo saggio introduce alla fenomenologia esistenziale di Martin Heidegger, dimostrando come le idee di Heidegger poggiassero sul punto centrale dell’epistemologia, cioè come sia possibile sviluppare una conoscenza obiettiva. Riedel, M. (a cura di) Hegel und die antike Dialektik Frankfurt, dicembre 1990 pp.288, DM 18 Rohls, Jan Geschichte der Ethik Tübingen, dicembre 1990 pp.550, DM 98 (ed.ec. DM 68) Una storia dei progetti etici nel loro contesto sociale, che parte dall’etica religiosa fino alle attuali teorie della società. Rohrmoser, Günter Was ist heute sozial? A cura di H.R. Vogel et al. Stuttgart, dicembre 1990 pp.32, DM 14,80 Rohrmoser tenta un’interpretazione del concetto di «sociale» da un terreno storico e filosofico. Rolland, Jacques Dostoevskij e la questione dell’altro Jaca Book, Milano gennaio 1991 pp.176, L. 26.000 L’autore, filosofo e discepolo di Lévinas, tenta un approccio filosofico all’opera letteraria di Dostoevskij. L’intento è di avvicinare il filosofo al testo, in un rapporto nel quale ognuno invii all’altro stimoli, suggestioni e nuove interpretazioni o possibilità di significato. cognitiva che li lega. Rosen, Stanley Introduzione alla Repubblica di Platone Ed. Scientifiche Italiane, dicembre 1990 pp.54, L. 8.000 Il testo di tre delle cinque lezioni tenute dall’autore alla Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “S.Anna” di Pisa nel 1989. La complessa struttura e le contraddizioni insanabili che sorgono dalla relazione tra giustizia, beatitudine e felicità. Schlosser, Marianne Cognitio et amor. Zum kognitiven und voluntativen Grund der Gotteserfahrung nach Bonaventura Paderborn, dicembre 1990 pp.280, DM 58 Roustang, François Lacan: Why did we follow him for so long? Oxford University Press, gennaio 1991 pp.176, UK £ 22,50 Jacques Lacan, uno dei massimi intellettuali francesi, negli anni ’60 ha avuto grande seguito in campo psicoanalitico. L’autore, un suo ex seguace che poi abbandonò il sistema lacaniano, ricerca i motivi della sua grande influenza. Runggaldier, Edmund Analytische Sprachphilosophie Stuttgart, dicembre 1990 pp.200, DM 22 Ruschi, Riccardo Lo spirito di natura dell’arte. Un itinerario nel pensiero estetico di Theodor W. Adorno Unicopli, dicembre 1990 pp.136, L. 18.000 Una ricostruzione della concezione estetica di Adorno dai primi scritti del ’31-’33 alla Teoria estetica, passando attraverso la critica dell’idea di dominio della Dialettica dell’illuminismo: il rapporto dialettico che lega la natura all’arte si rivela paradigma della conoscenza. Rutherford, R. B. The Meditations of Marcus Aurelius: A Study Clarendon Press, febbraio 1991 pp.301, UK £ 14,95 Il saggio si sforza di rendere le Meditazioni più accessibili al lettore moderno spiegandone il contesto storico e filosofico, tracciando le linee principali del pensiero di Marco Aurelio e collegando i dettagli stilistici alla sua visione morale e intellettuale. Safranski, Rüdiger Wieviel Wahrheit braucht der Mensch? Über das Denkbare und das Lesbare München, dicembre 1990 pp.212, DM 36 Il libro è un saggio narrativo sulle fortune e le catastrofi delle ricerca della «vera vita», esemplarmente condotta su Rousseau, Kleist, Nietzsche e Kafka, ma anche su alcuni casi nella storia della ricerca della verità, da Socrate a Freud. Salem, Jean La Mort n’est rien pour nous: Lucrèce et l’éthique Vrin, Paris dicembre 1990 pp.304, Fr 210 Un erudito saggio dell’arte di vivere insegnata da Lucrezio, presentatoci da uno specialista dell’etica epicurea. Scheffczyk, Leo (a cura di) Dualismus versus Dualität. Aspekte neuzeitlicher Weltbetrachtung Freiburg, dicembre 1990 pp.240, DM 68 Schlanger, Jacques La Situation cognitive Méridiens-Klincksieck, dicembre 1990 pp.152, Fr 95 Il «fatto di sapere» come avvenimento globale e inglobante: un soggetto conoscente, un oggetto conosciuto e l’attività Schmid, Wilhelm Die Geburt der Philosophie im Garten der Luste. Michel Foucaults Archäologie des platonischen Eros Frankfurt, dicembre 1990 pp.220, DM 19,80 Nel Simposio platonico per la prima volta la forza del piacere appare tramutata in ricerca della verità. Wilhelm Schmid rintraccia questo avvenimento, sulla scia di Foucault e in questi fondamenti ricerca con cura la nascita della filosofia nel giardino dei piaceri. Schmidt, Herrmann J. Nietzsche absconditus oder Spurenlesen bei Nietzsches Kindheit. An der Quelle: In der Pastorenfamilie, Naumburg 1854-1858 oder Wie ein Kind erschreckt entdeckt, wer es geworden ist, seine «christliche Erziehung» unterminiert und in heimlicher poetophilosophischer Autotherapie erstes «eigenes Land» gewinnt Berlin, dicembre 1990 2 volumi, pp.567+553, DM 68 (fino al 30.4.91, poi DM 84) Un’opera che riassume 100 anni di cecità nelle interpretazioni di Nietzsche da ogni angolazione possibile. Schopenauer, Arthur Il fondamento della morale trad. it. di Ervino Pocar Laterza, Bari febbraio 1991 pp.310 Seidler, Victor J. The Moral Limits of Modernity. Love and Inequality MacMillan Press, febbraio 1991 pp.304, UK £ 40 Questo libro, per certi versi una sfida alle forme dominanti della teoria morale, riflette la consapevolezza dell’autore del senso di inadeguatezza della tradizione morale razionalistica per valutare le realtà morali cui ci troviamo di fronte dopo Auschwitz e Hiroshima. Seiffert, H. - Radnitzky, G. (a cura di) Handlexikon zur Wissenschaftstheorie München, dicembre 1990 pp.512, DM 98 Severino, Emanuele La filosofia antica. I grandi temi del pensiero greco dai presocratici a Plotino Rizzoli, Milano dicembre 1990 pp.224, L. 10.000 Un manuale che mira a illuminare la struttura di fondo del pensiero filosofico, in modo che il lettore possa avanzare poi da solo nella lettura e nello studio dei grandi autori della filosofia greca. Shklar, Judith Montesquieu Il Mulino, Bologna dicembre 1990 pp.138, L. 14.000 Una lettura del percorso umano e intellettuale di Charles de Secondat, barone della Brède e di Montesquieu, storico, moralista pensatore e filosofo a cui dobbiamo l’elaborazione di alcuni tra i concetti-cardine del pensiero politico e della sociologia moderna. Sichirollo, Livio NOVITA' IN LIBRERIA Obiter dicta Profili, schede, interventi Quattroventi, Urbino gennaio 1991 pp.288, L. 32.000 Raccolta di scritti brevi, articoli, fogli più o meno volanti, effimeri. Diario di letture che si è tradotto in schede, un colloquio con personaggi e maestri. Siegmann, Georg Benjaminiana. Eine biographische Recherche zu Walter Benjamin im Auftrag des Werkbund-Archiv Gießen, dicembre 1990 pp.144, DM 45 Simmel, Georg Vom Wesen der Moderne. Essays zur Philosophie und Ästhetik Hamburg, dicembre 1990 pp.220, DM 32 Solomon, Robert C. Higgins, Kathleen M. (a cura di) Reading Nietzsche Oxford University Press, gennaio 1991 pp.228, UK £ 9,95 Raccolta di saggi sull’opera del filosofo tedesco Friedrich Wilhelm Nietzsche. Ogni saggio verte su una singola opera, con il contributo di molti insigni allievi di Nietzsche, tra cui Ivan Soll, Alexander Nehemas, Frithjof Bergmann e Arthur Danto. Sorman, Guy I veri pensatori del nostro tempo trad. it. di A. Silva Longanesi, Milano dicembre 1990 pp.261, L. 32.000 Interviste ad alcuni protagonisti del pensiero moderno che con le loro teorie e interpretazioni hanno tracciato le linee direttrici del nostro secolo. Spallanzani, Maria Franca Immagini di Descartes nell’Encyclopédie Il Mulino, Bologna dicembre 1990 pp.240, L. 28.000 I volumi della “Encyclopédie” di Diderot e d’Alambert sono letti inseguendo le tracce del pensiero di Descartes e cercando le diverse immagini che i vari collaboratori restituiscono di lui nelle voci di filosofia e di scienza. Speck, J. (a cura di) Philosophie des Altertums und des Mittelalters. Sokrates, Platon, Aristoteles, Augustinus, Thomas von Aquin, Nikolaus von Kues 4 edizione riveduta Göttingen, dicembre 1990 pp.257, DM 23,80 Spinoza, Benedetto Trattato politico a cura di Lelia Pezzillo Laterza, Bari gennaio 1991 pp.180 L’opera nella quale Spinoza formula nel modo più preciso e maturo il suo punto di vista sulla politica. Steigleder, Kl. - Mieth, D. (a cura di) Ethik in den Wissenschaften. Ariadnefaden im techinischen Labyrinth? IV Blaubeurer Symposium. 8.-12. Okt. 1989 Tübingen, dicembre 1990 pp.300, DM 68 Steiner, Rudolf Considerazioni esoteriche su nessi karmici trad. it. di G. Quattrocchi Quattroventi, Urbino gennaio 1991 pp.246, L. 20.000 Le conferenze tenute a Praga, Parigi e Breslavia dal marzo al giugno 1924. L’an- troposofia come base conoscitiva dello spirito nel mondo e nell’uomo e come impulso dell’anima per la vita morale e religiosa. Stenlund, Sören Language and Philosophical Problems Routledge, gennaio 1991 pp.208, UK £ 35 Partendo dalle idee di Wittgenstein, questa ricerca sulla questione della mente, del significato e della matematica basata sui preconcetti del linguaggio esamina problematice in diverse regioni della filosofia e si propone di dimostrare che hanno radici comuni nel cattivo uso di concetti tecnici e di metodi formali. Stirling, James H. The Secret of Hegel Being the Hegelian System in Origin, Principle, Form and Matter 2 volumi, ristampa dell’ed. 1898 Bristol, dicembre 1990 pp.434, UK £ 68 Non si sottolineerà mai abbastanza l’importanza storica del libro di Stirling, che per la prima volta introdusse la filosofia tedesca in Inghilterra. Stove, David The Plato Cult and Other Philosophical Follies Basil Blackwell, febbraio 1991 pp.196, UK £ 25 Libro sulla filosofia che sottopone diverse teorie a un’analisi critica e si chiede come si rapportino alla nostra idea di realtà basata sul senso comune. Tra i nomi celebrati che l’autore cerca di ridimensionare troviamo Platone, Hegel, Kant, Foucault, Popper, Nozick, Feyerabend e Goodman. Theunissen, Michael Verzweiflung und Versöhnung. Kierkegaard negativistiche Methode Frankfurt, dicembre 1990 pp.96, DM 24 Theunissen indaga i rapporti di dipendenza reciproca, importanti secondo le più recenti teorie psicologiche, tra ego e disperazione, così come sono stati pensati da Kierkegaard nel suo profondo trattato La malattia mortale Thiel, Detlef Über die Genese philosophischer Texte. Studien zu Jacques Derrida Freiburg, dicembre 1990 pp.424, DM 98 Thiel, Manfred Versuch einer ontologie der Persönlichkeit. vol.II: Die Philosophie der Unmittelbarkeit. Teil I: Fundamentalanthropologische Deskriptionen und Bestimmungen. Teil II: Das Problem der Individualität und die Genealogie der Sexualität Heidelberg, dicembre 1990 Parte I: pp.884, DM 320 Parte II: pp.246, DM 98 Thiel, Manfred Versuch einer Ontologie der Persönlichkeit. Vol.II. Teil III: Geschichtliche Möglichkeiten und die Komplementärfunktion des Persönlichkeitsideals. Teil IV: Anhang: Wesen und Schicksal der Homophilie (Homophilie und Vorurteil) Heidelberg, dicembre 1990 Parte III: pp.724, DM 260 - Parte IV pp.324, DM 110 L’opera, sostenuta economicamente dal DFG, delinea in maniera dettagliata i contorni dell’ontologia, presentando una perduta filosofia della sessualità sul versante teologico. Thies, Erich Ludwig Feuerbach zwischen Universität und Rathaus oder die Heidelberg Philosophen und die 48er Revolution Heidelberg, dicembre 1990 pp.96, DM 19,80 Zum Weltbild der Physik 13 edizione, con una nuova prefazione: "Rückblick nach 46 Jahren" Stuttgart, dicembre 1990 pp.378, DM 38 Thomsen, Dirko «Techne» als Metapher und als Begriff der sittlichen Einsicht. Zum Verhältnis von Vernunft und Natur bei Platon und bei Aristotele Freiburg, dicembre 1990 pp.330, DM 79 Wendnagel, Johannes Ethische Neubesinnung als Ausweg aus der Weltkrise? Ein Gespräch mit Hans Jonas Würzburg, dicembre 1990 pp.90, DM 24 Topitsch, Ernst Heil und Zeit. Ein Kapitel zur Weltanschauungsanalyse Tübingen, dicembre 1990 pp.150, DM 78 (ed.ec. DM 48) La vita è essenzialmente temporanea, come pure la coscienza, il pensiero e l’agire, quindi «l’eterno presente» non può che essere la dissoluzione completa. L’uomo cerca perciò rifugio nella contraddizione interna di una «vita esanime», di una «coscienza inconsapevole», eccetera. Le speculazioni in materia hanno sempre dovuto lottare con queste difficoltà, fin da Upanishade e Platone. Totok, Wilhelm Handbuch der Geschichte der Philosophie. Band VI: Bibliographie 20. Jahrhundert Frankfurt, dicembre 1990 pp.854, DM 294 (ed.ec. 270) In questo volume rigorosamente bibliografico si possono trovare sia i più importanti scritti dei filosofi trattati, sia l’ampia letteratura esistente nelle lingue occidentali su di essi dal 1920 al 1986. Troncon, Renato Studi di Antropologia filosofica Guerini, Milano febbraio 1991 pp.260, L, 35.000 La filosofia del viaggio, la filosofia della danza, l’antropologia filosofica nel Novecento, la fisiognomica sono le linee prospettiche che l’autore di questo volume ha riunito nell’orizzonte di una filosofia dell’inquietudine. Tweyman, Stanley (a cura di) David Hume’s Dialogues Concerning Natural Religion in Focus Routledge, febbraio 1991 pp.288, UK £ 40 (ed.ec. UK £ 12,99) Una nuova edizione dei Dialoghi di Hume, ricavata dai manoscritti originali conservati nella National Library di Edinburgo, sforzandosi di rimanere il più possibili fedeli al testo di Hume, alle note in margine e alle correzioni. In appendice dibattiti, analisi e quattro scritti di Hume sul male. Vaitkus, Steven How is Society Possible? Intersubjectivity and the Fiduciary Attitude as Problems of the Social Group in Mead, Gurwitsch, and Schutz Dordrecht, dicembre 1990 pp.208, Dfl 140 Valdinoci, Serge Introduction dans l’europanalyse: Krisis II, transformer la phénoménologie de Husserl pour fonder la philosophie Aubier, dicembre 1990 pp.206, Fr 98 Un’analisi della Krisis di Husserl e uno sviluppo delle sue teorie Weber, Elisabeth Verfolgung und Trauma. Zu Emmanuel Lévinas’ Autrement qu’être ou au-delà de l’essence Wien, dicembre 1990 pp.256, DM 52,80 - ÖS 370 Weizsäcker, C. Fr. von Whiten, Andrew Natural Theories of Mind. Evolution, Development and Simulation Basil Blackwell, gennaio 1991 pp.320, UK £ 32,50 Un lavoro interdisciplinare sull’emergere di teorie della mente, che spazia dal dibattito sui fondamenti concettuali e metodologici all’esplorazione di modelli comuni nella macchina, nell’animale e nell’uomo. Wimmer, Reiner Kants kritische Religionsphilosophie Berlin, dicembre 1990 pp.286, DM 120 L’interpretazione critica della filosofia della religione di Kant dal suo versante trascendentale nelle sue ripercussioni sulle tre Critiche, sulla Religione all’interno della pura ragione e sulle Opere postume. Wittgenstein, Ludwig Grammatica filosofica a cura di Mario Trinchero La Nuova Italia, Firenze 1990 pp. 474, L. 55.000 Pubblicata per la prima volta nel 1969, quest’opera è tratta da un dattiloscritto cui Wittgenstein lavorò negli anni 1930-32 sottoponendolo in parte, fra il 1933 e il 1934, a due revisioni. Sviluppando temi che si ritroveranno nelle Ricerche filosofiche, Wittgenstein affronta qui il problema dell’accordo fra linguaggio e mondo, spostandolo in un ambito esclusivamente grammaticale. Quest’ultimo è visto come arbitrario e puramente convenzionale: le inferenze linguistiche sono ricondotte alle implicazioni logiche, al di fuori di qualsiasi suggestione realistica. Wolin, Richard The Politics of Being. The Political Thought of Martin Heidegger Irvington, NY, dicembre 1990 pp.280, $ 43 Wolin ricostruisci i delicati rapporti che corrono fra filosofia e politica nella prima produzione di Heidegger e il peso che ebbe il suo fallimento politico nel rilancio della sua filosofia negli anni ’30 e ’40. Zarnecka-Bialy, E. (a cura di) Logic Counts Dordrecht, dicembre 1990 pp.244, Dfl 150 Un libro indicato per tutti coloro che fanno ricerca filosofica e che sono interessati a scoprire in che modo la logica possa essere utile loro. Zucal, Silvano Romano Guardini e la metamorfosi del ”religioso” tra moderno e post-moderno Un approccio ermeneutico a Hölderlin, Dostoevskij e Nietzsche Quattroventi, Urbino gennaio 1991 pp.506, L. 48.000 Saggi sugli scritti in cui Guardini cerca, sul piano ermeneutico, una conferma della sua ipotesi teoretica riguardante la metamorfosi del “religioso” tra moderno e post-moderno.