INFORMAZIONE - Studi Filosofici

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EDITORIALE
Io credo che tutti oggi in Europa, in America, sono convinti che sia assolutamente stupido
e immorale e inammissibile uccidere persone, perché appartengono a un’altra istituzione
o a un’altra nazione. D’altro lato constatiamo che la guerra è sempre imminente e che
potrebbe essere una guerra nucleare, che per la prima volta nella storia provocherebbe un
suicidio totale dell’umanità. Ma se questo è vero, forse possiamo nutrire qualche
speranza.
L’individuo, che è messo di fronte alla propria morte, scopre la sua intera vita come
qualcosa di molto importante, che bisogna salvare in un modo o nell’altro. Bisogna
trovare un senso a questa vita e realizzarlo. Si può forse dire che gli uomini oggi, per la
prima volta, vedono la morte totale dell’umanità e comprendono sempre di più che
bisogna salvare questa vita e dare un senso alla vita comunitaria, della quale tutti
partecipiamo. Questo evidentemente esige da noi il ritrovamento di uno scopo per questa
comunità umana. Ma non è detto che questo scopo sia per sé sufficiente a cambiare la
politica di forza che ha sempre retto le relazioni internazionali. Lo si può solo sperare.
Anche in passato vi sono stati segni di qualcosa di diverso, o almeno anche in passato si
è detto che le donne, i bambini, tutti gli uomini come individui privati non dovrebbero
essere uccisi. E’ assai deplorevole che la tecnica moderna abbia prodotto guerre che
hanno rinnegato questi principi di condotta.
Abbiamo potuto constatare nel nostro secolo come la distruzione causata dalla guerra sia
una distruzione totale. Siamo dunque in presenza di un fatto ambiguo, ambivalente. Da
un lato siamo la generazione più violenta di tutta la storia, dall’altro siamo i più
consapevoli, poichè sappiamo ciò che facciamo e ce ne pentiamo - solo un pazzo non se
ne pentirebbe. Siamo obbligati e costretti a risolvere questo problema. La grossa
difficoltà è che non abbiamo una soluzione già pronta da sperimentare. Si crea pertanto
uno stato di dubbio generalizzato, costellato di sogni e speranze. Ci troviamo tra due
mondi, tra due storie forse. Non posso essere rassicurante, né dire che ci avviamo verso
la totale decadenza. ...E’ difficile pensare in un avvenire prevedibile alla scomparsa totale
della guerra. Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo assistito ad una progressiva
limitazione della guerra. Si possono dunque nutrire alcune speranze sulla nostra prudenza,
che dovrebbe impedire a un conflitto di degenerare in guerra nucleare. L’utopia non è
realista. Si dice sempre a proposito dell’”anima bella” che per il suo desiderio di pace
utopica, di riconciliazione totale, essa cade nel terrore, nel terrorismo; ci sono molti
esempi di questo passaggio dalla più pura innocenza al peggior terrore. Io ho comunque
inclinazione a diffondere maggiormente i valori della cosiddetta “anima bella” in quanto
traduzione, anche se maldestra, di una nostalgia, di un desiderio che resta comunque
molto valido, perchè il desiderio di una pace assoluta e universale resta indispensabile
anche quando si voglia assumere un compito più limitato e meno utopistico, consistente
nel lavorare per la pace e nell’operare per attenuare al massimo la violenza. Ritengo si
debba difendere quest’idea utopica ed innocente di una pace universale come un ideale
e un sogno necessari, che dobbiamo riconoscere come sogno e che sola può guidarci nello
stesso tempo verso ciò che vogliamo.
Noi vogliamo, in definitiva, ciò che in altri tempi si chiamava “fratellanza”, anche se a
questa parola non è mai corrisposto un contenuto ben preciso. La Rivoluzione francese
parla di “uguaglianza” e di “libertà” e questi principi hanno di fatto ricevuto un contenuto,
anche se ristretto. Al contrario la fratellanza è restata così utopica, così priva di contenuto
reale, che non si sa che cosa pensarne. Tuttavia essa coincide con il desiderio che spinge
verso l’uguaglianza, verso la libertà, verso il riconoscimento dei diritti umani.
Breve stralcio da un’intervista a Adriaan Peperzak (Università di Amsterdam) proposta
di recente dalla RAI-Radiotelevisione Italiana nello speciale: Il filosofo e la guerra,
realizzato dal Dipartimento Scuola Educazione in collaborazione con l’Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici.
EDITORIALE
EDITORIALE
(Testo lievemente ridotto di una conferenza dal titolo: Der Mensch
und seine Hand im heutigen Zivilisationsprozess, tenuta il 15 febbraio
1978 presso il «Werkbund Bayern» di Monaco di Baviera. Il testo,
tradotto in italiano da Franco Volpi con il titolo: L’uomo e la sua mano
nell’odierno processo di civilizzazione, compare insieme ad altri
saggi nel volume di Hans-Georg Gadamer, Elogio della teoria,
Milano, Guerini e Associati 1989, pp.103-109.)
SOMMARIO
5
RECENSIONE
46 L’integrità di Thomas Hobbes
5
Enciclopedia filosofica: congedo o sfida del pensiero?
46 Le lezioni del giovane Heidegger
Rispondono Hans Jörg Sandkühler e André Jacob,
47 L’attualità dell’idea
curatori di due nuovi progetti enciclopedici.
47 Sotto i cieli di Grecia
48 La filosofia dei primi cristiani
15 RESOCONTO
48 Scienze e saperi
15 Etica e politica nel crepuscolo della probabilità
50 CONVEGNI E SEMINARI
22 AUTORI E IDEE
50 Tra gli antichi e i postmoderni
22 Le peregrinazioni di Lyotard
50 Problemi del pensiero di Leibniz
22 Jean Starobinsky: il rimedio nel male
52 Il puro amore di Dio
24 Estetica della solitudine
52 Autori classici del Vicino e Medio Oriente
24 Per una filosofia al quotidiano
54 Peirce in Italia
24 Gilles Deleuze tra le pieghe del Barocco
55 Filosofia sistematica oggi
26 La società a volo cieco
55 Ricezioni di Heidegger
26 Modernità antimetafisica
56 Heidegger e Davidson
27 La scuola di Milano
58 L’umanesimo di Caetano: una questione dibattuta
27 Il Nulla e la poesia
59 Mente e cervello: uno e due
29 Nietzsche politico?
59 Atti sul metodo
29 Archeologia della storia della filosofia
61 Kant quasi contemporaneo
30 Il mito della storia
62 Etica dell’embrione
31 Le religioni in dialogo e la pace nel mondo
31 Le buone ragioni della falsità
63 CALENDARIO
32 TENDENZE E DIBATTITI
66 NOTIZIARIO
32 Il ritorno degli “emigrati”
32 L’immaginario politico: Cornelius Castoriadis
68 DIDATTICA
33 Nuova era, nuova gnosi
68 Il diritto alla filosofia
35 Fede nella scienza, fede nella religione
69 La filosofia e l’insegnamento nella scuola dell’obbligo
36 La filosofia del meraviglioso
69 Metodologia dell’insegnamento filosofico
37 Walter Benjamin: un’inattuale ricorrenza
70 Convegni, seminari, iniziative
38 Medievalia
40 La libertà del linguaggio
71 RASSEGNA DELLE RIVISTE
40 Il plurale dell’etica
41 Croce, lo spirito e la storia
43 Comprensioni dell’interpretazione
44 PROSPETTIVE DI RICERCA
44 Scritti giovanili di Sartre
45 Appunti e frammenti jenesi di Hegel
45 In memoria di Ilting
77 NOVITA' IN LIBRERIA
RECENSIONE
Rischard Serra, Corner Block 1983, (f. Terashima)
RECENSIONE
Due progetti enciclopedici di larga portata, profonda- fazione di Paul Ricoeur, e il secondo, Les notions philomente differenti nella loro impostazione, ma accomunati
da un’unica convinzione, la necessità del libero e autonomo uso del sapere ai fini dell’emancipazione umana e
dell’apertura all’eterogeneità delle conoscenze, sono
apparsi nel ’90 sulla scena filosofica in Germania e in
Francia, imponendosi ad altre opere dello stesso tipo. Si
tratta dei quattro volumi della Europäische Enzyklopädie
zu Philosophie und Wissenschaften (Enciclopedia europea di filosofia e scienze), a cura di Hans Jörg Sandkühler , in collaborazione con Arnim Regenbogen e con
l'Istituto Italiano per gli studi Filosofici (Felix Meiner
Verlag, Hamburg 1990, pp.3938, DM 478.-) e della
Encyclopédie philosophique universelle (Enciclopedia
filosofica universale), in
quattro volumi a cura di
André Jacob (Presses
Universitaires de France,
Paris 1990), di cui finora
sono usciti il primo volume,
L’Univers philosophique
(pp.1998, F.1500) diretto da
André Jacob e con una pre-
sophiques. Dictionnaire (I-II, pp.3300, F.2200) diretto
da Sylvain Auroux. A questi faranno seguito entro il 1991
un terzo volume, Les Oeuvres philosophiques.
Dictionnaire, diretto da Jean-François Mattéi, e un quarto, Les textes philosophiques, diretto da André Jacob,
Roger Arnaldez e André Doremus.
Ma quale può essere il significato di tali sforzi di
sistematizzazione del sapere contemporaneo all’interno
dell’attuale sviluppo della filosofia? E’ ancora possibile
oggi pensare di fornire un quadro unitario delle idee e dei
concetti filosofici? Come si può affiancare all’enciclopedia, sistematica di un sapere possibile, l’ordinamento
proprio del dizionario, sistematica del sapere sussistente? A questi ed altri quesiti
rispondono gli stessi
ideatori e curatori dei due
progetti, Hans Jörg Sandkühler e André Jacob, rispettivamente con un’intervista e una riflessione
sul progetto, gentilmente
concessi a questa rivista.
Enciclopedia
filosofica:
congedo o sfida
del pensiero?
autrici di vari paesi, proveSe si volesse caratterizzare
Rispondono
nienti da diversi ambiti di
in poche parole lo spirito
Hans Jörg Sandkühler
pensiero, dalle scienze delcon cui è stata progettata e
e André Jacob,
la natura a quelle dello spirealizzata l'Europäische
curatori di due nuovi
rito e della cultura, alle
Enzyklopädie zu Philoprogetti enciclopedici.
scienze sociali, l’Europäisophie und Wissenschaften
sche Enzyklopädie racconiente potrebbe adattarsi
glie nelle sue 3.938 pagine
meglio delle parole di
A cura di Riccardo Ruschi
circa 1.500 voci e riferiJohann Christoph Gottmenti suddivisi in 600 artisched: «Non quel pugno di
veri e solidi dotti, che abitano le no- sviluppo storico, che renda possibile coli di ampiezza ciascuno dalle 10
stre Università, rendono il mondo un orientamento razionale del pen- alle 150 colonne, fornendo definiziointelligente e l’intera nazione arguta siero e dell’agire, salvaguardando in- ni lessicali, descrizioni dello svilupe ben educata, ma per lo più i cosid- sieme le differenti determinatezze del- po storico e problematico per ogni
detti incolti, che sanno però qualcosa la conoscenza, fa riscontro un’ade- oggetto trattato, con riferimento allo
delle libere arti e delle scienze». Que- guata strutturazione dell’opera, che stato attuale delle ricerche e in consto spirito illuministico - che il cura- permette di congiungere la specifici- nessione con altre voci ed altri ambiti
tore dell’opera, Hans Jörg tà di un moderno lessico degli oggetti contigui di pensiero. Di tutti i concetSandkühler, riconduce espressamen- e dei concetti fondamentali della co- ti presi separatamente in esame viene
te alla storia progressiva di un Europa noscenza razionale con il proposito dato insieme il campo speculativo di
illuminista da Bacon, a Kant, a Hegel enciclopedico di ricondurre il sapere appartenenza, mentre per quelli insee Marx - non informa semplicemente nella prospettiva della totalità. Così riti in contesti concettuali più general’intento generale che anima il pro- vanno di pari passo descrizioni siste- li viene aggiunto il rimando alla
getto, ma si rivela fin nei dettagli matiche e critiche filosofiche, dati nomenclatura corrispondente. Ogni
come vero e proprio criterio operati- scientifici e spiegazioni dialettiche, articolo contiene alla fine la
vo nelle scelte metodologiche, nelle analisi dettagliate e informazioni rias- bibliografia delle opere citate e una
letteratura internazionale sul tema.
soluzioni editoriali, nell’intera orga- suntive.
nizzazione redazionale dell’opera. Concepita con un taglio ampiamente Quando ancora due importanti opere
Allo scopo generale di un compi- interdisciplinare, dovuto al contribu- enciclopediche come lo Historisches
mento filosofico del sapere nel suo to scientifico di oltre 360 tra autori e Wörterbuch der Philosophie (Dizio-
RECENSIONE
nario storico della filosofia), iniziato
da Joachim Ritter nel '71 e proseguito da Karlfried Gründer, e la più recente Enzyklopädie Philosophie und
Wissenschaftstheorie (Enciclopedia
di filosofia e teoria della scienza),
iniziata nel 1980 da Jürgen
Mittelstrass, non sono ancora state
completate, questo nuovo progetto
enciclopedico s’impone per il suo
pluralismo di fondo, che tuttavia resta legato a una complessione sistematica, incorruttibile di fronte agli
attacchi critici della modernità. Ciò
appare possibile in virtù di un concetto di dialettica che già Friedrich
Engels aveva voluto come scienza di
una totalità complessa e che ora, su
questa traccia, viene adottato con il
preciso scopo di garantire da una
parte l’ideale di un “sapere obiettivo”
in opposizione alle pure tendenze di
pensiero, dall’altra di lasciare ampio
spazio per un confronto con la pluralità delle prospettive teoriche in cui
consiste oggi il sapere, intendendo
con ciò la diversità di tradizioni di
pensiero quali la filosofia analitica,
l’ermeneutica, il costruttivismo ecc.
In questa sorta di dialogicità sistematica, in cui singoli, spesso contrapposti elementi speculativi si compongono in un corpus unitario di pensiero fruibile, disponibile per un agire
pratico, trova la propria legittimazione
contenutistica e metodologica l’unione di sapere filosofico e sapere scientifico che l’Europäische Enzy-
klopädie mette in atto. Della scienza
la filosofia è chiamata ora ad assumere la chiarezza concettuale e la
rigorosità metodica; mentre la scienza a sua volta assorbe dalla filosofia
l’esigenza di una chiarificazione
meto-dologica e teologica di sé stessa.
Da tutto questo risulta un’ipotesi enciclopedica che è ben di più di un
semplice “archivio” o di una diligente raccolta del sapere. Essa si presenta piuttosto in forma di un’opposizione emancipata nel nome della razionalità e della democrazia del sapere
contro ogni tendenza all’espertocrazia, alla conoscenza come dominio, al controllo ideologico del pro-
gresso e dell’emancipazione umana.
Sapere e emancipazione
Un’intervista con Hans Jörg Sandkühler
D. Nell’agosto del 1990 sono usciti presso l’editore Felix
Meiner di Amburgo i quattro volumi dell’Europäischen
Enzyklopädie zu Philosophie und Wissenschaften di cui
Lei è il curatore. Potrebbe illustrare quest’opera? Come
è nata?
R. Come prima caratterizzazione generale delle mie
intenzioni, che sono poi quelle dei colleghi che in qualità
di redattori di quest’opera mi hanno assistito, può valere
il motto che apre quest’opera: «Vorrei rivolgere a tutti un
avvertimento generale. Occorre riflettere su quale sia in
realtà lo scopo della conoscenza, e sul fatto che essa non
può perseguirlo nella gioia della speculazione, né nella
competizione, né per ottenere il dominio su altri, né per
profitto, fama, potere o per altro di questi motivi secondari, ma solo nel bene e nell’interesse per la vita. Questo
e non altro porta e compimento e guida nella misericordia
una siffatta conoscenza...»; queste parole appartengono
al Novum Organon di Francis Bacon; esse indicano la
tradizione, in cui anche noi ci poniamo - si tratta di quella
tradizione illuminista che proclama il diritto dell’uomo
al sapere, l’unità di sapere ed emancipazione.
L’idea di una nuova enciclopedia nacque nel 1983 e da
allora vi abbiamo lavorato. Fin dall’inizio non c’è stata
alcuna decisione di tipo individualistico; l’opera doveva
essere il risultato di un comune lavoro intellettuale: non
un mezzo per dare fama al suo curatore, ma un’opera di
mediazione e scambio culturale. Infatti il gruppo degli
“enciclopedisti” che hanno lavorato al progetto- mi riferisco nuovamente al gruppo dei corresponsabili - aveva
già dal 1975 prodotto un certo lavoro preparatorio: fino al
1983 erano apparsi circa 50 volumi della collana “Studien
zur Dialektik” e della rivista “Dialektik”. In considerazione dell’interesse enciclopedico che già caratterizzava il
nostro lavoro, è stato ovvio per noi impegnarci in modo
concentrato all’elaborazione un corpus di pensiero comprensivo ed efficace - nella forma appunto di una enciclopedia. All’inizio vi era un certo scetticismo circa la
necessità di un tale impegno, ma anche - in un’epoca
come la nostra, in cui il sapere è condizione di progresso
umano - l’ottimismo di assumerci come intellettuali la
responsabilità pratica, e non solo programmatica, del
sapere. Due anni di lavoro alla nomenclatura ci hanno
mostrato cosa significhi assumere una tale responsabilità.
Si trattava di dar vita - questo lo si sapeva bene - non a un
dizionario dei termini disciplinari della filosofia, ma a
qualcosa di più vasto, che si estendesse alla storia e
all’attualità del sapere filosofico, scientifico e artistico e questo nello spirito della filosofia, voglio dire: attraverso l’interpretazione e la strutturazione fornita dalle categorie filosofiche, cioè attraverso una forma di pensiero in
cui il molteplice e il particolare nella realtà e nell’esperienza umana vengono trasformati, mediante la ricostruzione del reale, in un universale, a cui si rende possibile
RECENSIONE
per l’individuo prendere parte, nonostante la divisione
del lavoro e la specializzazione. Da qui l’idea dell’enciclopedia, da qui una gamma di “voci” che attraversano
l’intera ampiezza della filosofia, delle scienze della natura e dello spirito, delle scienze sociali, dell’estetica, della
comunicazione e dei media...
D. Può spiegare più esattamente lo spettro di conoscenze
che caratterizza questa enciclopedia?
R. Lo spettro dell’insieme dei temi che sono stati oggetto
di trattazione è per un verso il risultato di quel patrimonio
di conoscenze che si può dire appartenga a un tipo di
formazione scientifica orientata all’idea di illuminismo,
per un altro è la conseguenza di capacità specifiche, cioè
di competenze. Il fatto che la redazione sia costituita da
filosofi e scienziati delle diverse discipline rispecchia
questa situazione: conoscenza e linguaggio, logica metodo e metodologia (Sandkühler); dialettica ontologia e
metafisica (D. Pätzold, Groningen); natura e scienze
della natura, scienza e tecnica (Sandkühler); storia (L.
Lambrecht, Amburgo); economia politica (W.
Goldschmidt, Amburgo); prassi, etica, morale e antropologia (A. Regenbogen, Osnabrück); politica e Stato (W.
Goldschmidt, Amburgo, e L. Lambrecht); diritto (H.
Wagner, Berlino); società, cultura (L. Lambrecht e Th.
Mies, Münster); infine: estetica, arti e media (Ch. Friemert,
Amburgo).
Questa pluralità di provenienze scientifiche ha permesso
di trattare voci come: discendenza, anticipazione,
apartheid, architettura..., significato, impedimento, coscienza, biologia..., darwinismo, dittatura, ‘terzo mondo’..., emancipazione, empirismo, epistemologia, Europa, famiglia, film, progresso, io, ideologia, informazione,
cognizione, comunicazione, critica, uomo... Già questo
primo “sguardo dietro le quinte” rende chiaro il problema
che abbiamo dovuto risolvere: come si può conferire
unità e struttura alla molteplicità? Il nostro ideale era di
organizzare gli ambiti concettuali mediante grossi articoli di fondo, che dovevano sussumere al loro interno
piccoli e medi articoli; ciò avrebbe presupposto una certa
sistematicità. Invece abbiamo dovuto convincerci del
fatto che fa parte della crisi di crescita del pensiero che
una tale sistematicità non esista. Così siamo passati di
nuovo all’ordine alfabetico, senza rinunciare a una certa
strutturazione: alla fine di ogni articolo il lettore viene
rimandato all’ambito dei concetti, a cui si è fatto riferimento, permettendogli così di orientarsi nella materia.
Inoltre abbiamo conferito il massimo valore ad ampie
bibliografie a carattere internazionale, poste a conclusione degli articoli: nell’acquisizione del sapere niente è
vano, tutto si riallaccia sempre...
D. ...Lei ha parlato di competenze; parliamo allora degli
autori...
R. Volentieri! Dato che questa è innanzitutto la loro
opera. All’Enzyklopädie hanno preso parte circa 360 tra
autrici e autori di oltre 20 paesi; due anni è durata la
ricerca delle competenze e vorrei qui ribadire che il
nostro intento era in primo luogo l’internazionalità e la
pluralità dei competenti: un’unità polifonica voluta. Ricerca, fondamento razionale e competenza scientifica
sono stati i nostri unici criteri di scelta e ora, guardando
indietro, mi sento nella felice situazione di poter dire che
c’è stata una spontanea adesione a questa nostra concezione, non da ultimo da parte degli studiosi della exDDR, da cui provengono quasi 100 autori. Di essi posso
dire, ancora guardando indietro, che nei loro articoli si
delinea quel legame tra tradizione di pensiero e nuove
idee, che certamente ha influito anche sulla preparazione
intellettuale degli ultimi rivolgimenti.
D. Dunque non si può assolutamente parlare di un lessico
scolastico.
R. No! E questo non per mancanza di opportunità in tal
senso, ma per convinzione che solo in virtù dell’ideale
kantiano della “maggiore età”, ottenuta mediante
l’autoriflessione, può nascere una scienza razionale e
responsabile. Le scuole portano ai monologhi, mentre noi
abbiamo voluto il dialogo pluralistico delle culture del
sapere. Questa enciclopedia deve essere un tentativo di
libertà del pensiero; per questo essa non parla un linguaggio, ma richiede al lettore la capacità di traduzione da
linguaggi diversi. Abbiamo voluto opporci al pericolo,
sempre insito nel pensiero, di sottrarci, in nome di un’
unica teoria, alle contraddizioni della realtà, escogitando
un sistema di principi tanto chiuso, quanto privo di
coerenza. Enciclopedia deve sempre essere il frutto di un
bilancio intermedio all’interno di un processo aperto, che
rimanda a un passato e a un futuro, in cui il pensiero non
viene amministrato in modo archivistico, ma si dimostra
un esperimento e un’avventura. La storia del pensiero
non è mai pura continuità, linearità e cumulazione; al
pensiero appartengono fratture e rivoluzioni. In senso
metaforico l’Enzyklopädie - se la si considera all’interno
di quella tradizione illuministica quale può essere rintracciata in Kant, in Marx, o ancora nel programma di O.
Neurath di un’Enzyklopädie del sapere unitario - si
dimostra una terra d’esilio per tutto ciò che viene bandito
da un discorso di dominio. Non deve dunque stuopire se
dei dialettici - così almeno ci consideriamo - non hanno
elaborato un lessico di scuola, ma un pluriversum di
prestazioni di pensiero; né deve stupire che vi siano
culture nazionali del sapere: come può essere possibile
infatti che un’autrice proveniente dal Portogallo e un
autore dalla Finlandia abbiano un’unico stile di pensiero?
In questa enciclopedia gli autori provengono da tutta
quanta l’Europa (e alcuni da oltreoceano).
D. Europa - qual’è l’elemento europeo di questa enciclopedia?
R. Innanzitutto pragmatico - europea è la composizione
dei collaboratori. Nella scelta dei nomi ci siamo dovuti
confrontare con motivi contrapposti: filosofia, scienze e
arti oramai, nel XX secolo - sempre che non abbiano il
triste coraggio della provincialità - non sono più
‘europee’nel senso di un’autoisolamento dal processo
transculturale dello sviluppo spirituale. Il termine ‘Europa’ - si confronti l’articolo critico che compare sotto
RECENSIONE
questo nome - richiama esperienze di oppressione, se non
di annientamento di altre culture del sapere cosiddette
estranee; articoli come ‘eurocentrismo’ e ‘terzo mondo’
- un ampio articolo che si dedica insieme al problema dei
diritti dell’uomo nel ‘terzo mondo’ - dimostrano in definitiva che un modo di vedere eurocentrico è al di fuori di
ogni intenzione. Europa tuttavia è più che un oggetto di
critica necessaria. Europa significa impegno a mantenere
vivo il ricordo dell’ideale della razionalità e della critica,
della nascita delle scienze moderne, dei movimenti antagonistici di emancipazione in favore della democrazia,
della giustizia e dei diritti dell’uomo, delle rivoluzioni dal
significato profondo per la storia dell’umanità. Di questa
storia progressiva noi vogliamo mantenere il ricordo e
intendiamo innanzitutto questa enciclopedia come un
contributo concreto all’edificazione della casa comune
‘Europa’, in cui speriamo un giorno di poter abitare.
D. Lei ha parlato di “pensiero efficace”; pensa a una
dimensione politica della sua enciclopedia?
R. Innanzitutto abbiamo obbligato gli autori, con un
preciso piano strutturale, a seguire esclusivamente criteri
di obiettività. Nello stesso tempo sapevamo tuttavia che
non vi è alcuna ammissione di consistenza che sia neutrale nel suo valore, tanto meno nelle definizioni con le quali
tutti gli articoli incominciano. Il lavoro d’interpretazione
dell’origine e di previsione del futuro procede di pari
passo con le decisioni di valore, consapevoli o inconsapevoli, dello scienziato. Ogni sapere è carico di immagini
del mondo e orientamenti normativi, che rispecchiano le
origini e i progetti di futura realizzazione del possibile.
Tuttavia lo scopo di un sapere che comprende - e che solo
e innanzitutto per questo ha efficacia - presuppone assai
di più che l’ammissione di una politica e di una prassi. Il
corto circuito tra scienza e politica non è solo da oggi ad
essere discreditato. Nutro la speranza che il fruitore
dell’Enzyklopädie possa avvertire qualcosa dello spirito
con cui gli autori hanno sviluppato i loro criteri scientifici
e spesso - in maniera felice - li hanno anche fondati. Tutto
questo non ha niente dello spirito maligno con cui la
scienza si sottomette ai voleri di una ideologia di partito,
ordinata in senso politico-amministrativo; piuttusto questo è lo spirito con cui il sapere spinge verso l’emancipazione, verso la libertà, innanzitutto del sapere, e poi verso
la democrazia. Questo è anche il tipo di riferimento che
noi come produttori, e molti altri come autori, abbiamo
nei confronti di quella tradizione di pensiero e di azione,
definita dal nome di ‘Marx’. Appunto alla luce di un tale
riferimento parliamo qui di pluralità; non sapeva forse
Marx trattare da sovrano l’intero sapere a partire dalla
storia e dal suo presente? Non deve dunque meravigliare
se in questa Enzyklopädie modi di pensare propri della
dialettica, dell’ermeneutica, della filosofia analitica, del
costruttivismo... creano un’unità, che può sconcertare
solo colui che tien fermo a un marxismo culturalmente
povero e uniforme - che non si merita questo nome.
D. Lei pone l’accento sui termini di ‘origine’ e ‘storia’;
come si esprimono queste prospettive nell’Enzyklopädie?
R. L’Enzyklopädie non è un dizionario di aride definizioni. Io stesso ho potuto imparare alla scuola di Joachim
Ritter e del suo Historisches Wörterbuch der Philosophie;
la metodologia relativa alla storia dei concetti e delle idee
perciò non mi è sconosciuta, al contrario. Mi batto per una
filosofia che non si sottrae alla proficua alleanza con la
storia della filosofia e della scienza; mi batto per un
pensiero in processo. Si tratta di ponderare il rapporto tra
storia interna ed esterna del sapere; devo ammettere che
il difficile lavoro di spiegazione storico-sociale raramente ha avuto successo. Ma nonostante tutti i verdetti contro
la storia delle idee c’è una storia interna del sapere, in cui
il sapere si rapporta al sapere, la conoscenza alla conoscenza. Per questo la lontananza storica, che ancor sempre condiziona ampi spazi della filosofia analitica nelle
sue analisi logiche - per quanto se ne possa capire - non
ha potuto finora rappresentare un modello. Viceversa alla
storia dei concetti e alla storia dei problemi viene conferito ampio spazio all’interno degli articoli, soprattutto
negli artcoli più ampi e complessi, che raggiungono fin le
200 colonne, come quelli sul ‘lavoro’ o sulla ‘conoscenza/teoria della conoscenza’, o anche sul ‘marxismo’.
Contemporaneamente dovevamo fare in modo che non
divenisse un criterio la separazione tra storia e sistematica, che agiva all’interno della storia dei concetti; per tale
motivo in questa enciclopedia abbiamo attribuito un
maggior peso alla fondazione sistematica. Vorrei aggiungere ancora una parola sulla storia di questo progetto.
Abbiamo potuto imparare dalla vicenda di altre enciclopedie, la cui elaborazione si protrae da anni o addirittura
decenni, piantando in asso i lettori alla lettera P; ci è stato
subito chiaro che la Europäische Enzyklopädie non doveva uscire con un volume per volta, ma contemporaneamente con tutti e quattro i volumi con le loro 8000
colonne complessive; e così di fatto viene ora fornita al
pubblico.
D. Parliamo ancora di “storia”; come s’immagina il
futuro sviluppo dell’Enzyklopädie? Il progetto verrà
continuato?
R. Nel momento in cui il progetto è giunto al suo
completamento questa domanda mi appare un icubo,
dopo sette anni di intenso lavoro, in cui abbiamo dovuto
contenere tutti gli altri interessi scientifici. Tuttavia è una
domanda giustificata; infatti già ora sono riconoscibili
mancanze e lacune. Inoltre alcuni articoli promessi dagli
autori all’ultimo non sono arrivati: così mancano per
esempio gli articoli su: antisemitismo, concetto, emigrazione, scienze dello spirito, industria, Islam... per citarne
solo alcuni. Per altro verso ci sono lacune che scaturiscono da deficit di sapere; i tentativi di tematizzare adeguatamente i problemi dell’emancipazione della donna o
quelli relativi ad un controllo fungibile in senso ecologico
dei rapporti dell’uomo con la natura, sono riusciti solo in
modo insoddisfacente (anche se di contro possiamo annoverare il grosso articolo sulle “donne”, quello sul
“rapporto tra i sessi”, quello sull’”ecologia”...). Seppure
sia un’idea rassicurannte l’aver lavorato, in un modo o
nell’altro, per la storia della scienza, resta il fatto se lsi
debba lavorare ancora all’Enzyklopädie. Deciderà il let-
RECENSIONE
tore, in qualità di consumatore, se e quando ci sarà una
seconda edizione. Con profonda gratitudine devo dire
che abbiamo trovato un editore coraggioso, Felix Meiner,
e a questi auguro con l’Enzyklopädie quel successo in cui
noi stessi speriamo. Non si dimentichi però che questo
progetto non avrebbe potuto realizzarsi senza il generoso
finanziamento dell’Università di Brema, dell’Università
di Osnabrück e dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, con il quale è stata curata l’opera.
D. Negli ultimi anni sembra esserci un rinnovato interesse per le opere enciclopediche; come se lo spiega?
R. Ci potrebbero essere molteplici motivi per altrettante
molteplici richieste nel “campo del sapere”; alcuni di
questi motivi sono stati analizzati nel numero 16 della
rivista “Dialektik” con il titolo: Enzyklopädie und
Emancipation (Enciclopedia ed emancipazione); si tratta
dei problemi aperti dai sistemi esperti, dall’epoca del
computer, dal sapere come dominio; nell’occasione sono
stati presentati anche le linee programmatiche di altre
enciclopedie e dizionari. Io stesso ho cercato di prestare
attenzione alla nuova, globale questione della perdita di
sapere all’interno di quella rivoluzione che in quanto
rivoluzione epistemica accompagna la rivoluzione scientifica. Ai contrassegni del nostro tempo appartiene la
minaccia che la democrazia del sapere, cioè la libera,
autodeterminata, illuminata disposizione di tutto quanto
il sapere, non solo non si faccia sentire, ma che vadano
perduti per gli individui i punti fermi raggiunti nella
feticizzazione di una crescita del sapere puramente
quantitativa, con tutte le relative conseguenze in fatto di
espertocrazia e di una crescente opacità del sapere. La
segmentazione e selezione dell’esperienza quotidiana
sociale, ma soprattutto del pensiero scientifico, può condurre alla rassegnazione e a una comprensione ottusa del
quotidiano. Perciò deve essere difeso e sviluppato ulteriormente ciò che è l’episteme: l’essere informati del
mondo e della realtà del sapere, il possedere la scienza
delle cose per poter formare il mondo, il saper dominare
intellettualmente, razionalmente la molteplicità dei fenomeni attraverso teorie di grande portata, il poter partecipare al cosmo dei significati, l’essere cittadino nella
democrazia del sapere. Le enciclopedie sono sempre
state più che semplici raccolte di sapere; sono reti di
orientamento. Proprio questa è anche la speranza che
collego all’Europäische Enzyklopädie: essa vuole essere
un veicolo per favorire l’iniziativa personale nell’ambito
del sapere; apertura e pluralità, che essa assume a suo
programma, hanno il compito di stimolare l’autoriflessione, il rischiaramento. Per concludere con Bacon:
questa enciclopedia vuole contribuire a ricordare a noi
stessi il fine a cui deve volgersi la conoscenza, il sapere-
Louise Nevelson, Totality Dark 1962, (f. Boesch)
RECENSIONE
«il bene e l’interesse per la vita».
«L’enciclopedia è l’antenata della comunicazione - si legge nell’”Avvertenza” a L’Univers philosophique, primo dei quattro volumi
dell'Encyclopédie philosophique
universelle - ... Il principio della sua
identità risiede nel riconoscimento di
tutto ciò che è altro». E di fatto il
volume, diretto da André Jacob, si
presenta come una summa e insieme
un bilancio del pensiero filosofico di
questo secolo, nelle sue forme e nei
suoi contesti, secondo quello spirito
proprio della tradizione di Diderot e
D’Alambert, per i quali il carattere
circolare dell’enciclopedia non era
l’espressione di una chiusura o di un
compimento del pensiero, ma piuttosto la forma che prendeva l’apertura
all’alterità, l’apprendimento progressivo di tutto ciò che è diverso. Una
diversità che questo primo volume
rintraccia nella filosofia occidentale
stessa, dal pensiero anglosassone a
Heidegger, nelle scienze della natura
e dell’uomo, dalla meccanica quantica
alla psicanalisi, nei pensieri infine
non occidentali, dalle culture orali
orientali, alle religioni della Scrittura, alle concettualizzazioni delle società tradizionali, ciò che Jean Poirier
raccoglie sotto l’unica denominazione di “etno-logia”.
Così, mentre i filosofi francesi
riscoprono a poco a poco l’importanza della filosofia analitica, l’Encyclopédie philosophique universelle
apre il più possibile alla prospettiva
antropologica, con il preciso intento,
come indica Paul Ricoeur nella “Prefazione” al primo volume, «di andare fino ai limiti tollerabili della
diversificatione del campo filosofico....rincrociando molteplici prospettive convergenti». Una sorta, potremmo dire, di decostruzionismo
dell’Occidente, che è ben altro da
quello di Heidegger e Derrida, puntando piuttosto a un approccio “planetario” del pensiero, che non rinuncia all’esigenza filosofica in quanto
tale, alla sua specificità, né ancor
peggio la dissolve in un puro
relativismo, ma che intende, come
scriveva Merleau-Ponty riprendendo
un motto di Husserl, «aprire il concetto senza distruggerlo».
L’organizzazione stessa delle 2.000
pagine a due colonne di cui è costituito il primo volume dell’Encyclopédie
philosophique universelle rivela le
tensioni che di fatto agitano
l’”universo filosofico” attuale. Una
prima parte, dedicata alle “Problematiche contemporanee” raccoglie
entro sette sezioni i contributi più
propriamente filosofici, dagli “approcci metafisici” alle “questioni e
fondazioni”, passando per “l’azione
e i valori”, “l’’uomo e le società”,
“l’uomo e la natura”, “linguaggio e
conoscenza”, “l’arte”. Segue una seconda parte di dieci sezioni, “Materiali per la riflessione”, dove l’eterogeneità dei contenuti proposti diviene manifesta: dopo una ventina di
articoli dedicati ai quesiti tradizionali riguardanti l’istituzione filosofica
stessa, i suoi metodi, il suo insegnamento, i suoi rituali, ci s’imbatte in
una vera e propria enciclopedia scientifica all’interno di quella filosofica,
con articoli sulla matematica e la
fisica odierna, a cui fanno seguito
alcune sezioni sulla cultura orale asiatica e sulle tradizioni di pensiero di
determinati gruppi etnici in America,
Africa, Oceania. Da ultimo chiudono
il volume non meno di cinque indici,
di cui un indice degli indici, che permette di fare confronti con altri dizionari enciclopedici esistenti, una
bibliografia generale di quasi 270
pagine, ordinata in modo esemplare,
e un “marca-pagina” tematico con la
numerazione dei 284 articoli del volume, che rendono quest’opera un
incomparabile strumento di riferimento e ricerca anche, e soprattutto,
per i non specialisti.
Il secondo volume dell’Encyclopédie
philosophique universelle, che porta
il titolo: Les notions philosophiques,
presenta la struttura propria del dizionario e fa di questa enciclopedia
l’innegabile sostituto del Vocabulaire
technique et critique de la philosophie
(trad. it., Dizionario critico della filosofia, Isedi, Milano 1971), pubblicato tra il 1902 e il 1922 dalla Société
française de philosophie sotto la direzione di André Lalande e nello spirito
della tradizione razionalista e
spiritualista francese. Sebbene l’opera di Lalande riposasse sull’ipotesi
contestabile, ma pur sempre feconda,
che vi era una “lingua filosofica”
capace di esprimere un sapere comune, suscettibile di essere “fissato” in
modo consensuale dal dibattito critico, è oggi indubbio che le categorie
kantiane, anche se rinnovate, su cui si
reggeva quel progetto, non possono
più pretendere di sintetizzare le nuove e concorrenziali direzioni della
riflessione filosofica contemporanea.
E’ appunto ciò che questo nuovo “dizionario delle nozioni filosofiche”
mette ampiamente in mostra, rimediando alle mancanze più appariscenti
del precursore, soprattutto nel campo
della logica, della morale, della filosofia politica e dell’estetica, e aprendo alle scienze e alle società moderne
e al pensiero non occidentale.
Costituito da due tomi di complessive 3.300 pagine a due colonne, contenenti più di 5.500 voci, questo secondo volume dell’Encyclopédie
philosophique universelle, diretto da
Sylvain Auroux, ha richiesto dieci
anni di lavoro, 600 redattori e un
centinaio di collaboratori tecnici. Un
impegno particolare è stato dedicato
all’aspetto terminologico, con la decisione di adottare anche per le nozioni filosofiche l’architettura delle
moderne banche-dati. Il dizionario
prende tecnicamente atto di questa
evoluzione, associando sistematicamente a ciascuna voce una “etichetta” o “indirizzo”, che localizza l’insieme delle informazioni disponibili
sul settore di pensiero in cui s’iscrive
una nozione, e stabilisce rimandi ad
altre nozioni. Il che permette, anche
grazie a una tavola analitica posta
alla fine del volume, di connettere
l’intero campo delle nozioni, rendendo praticabile una circolazione d’informazioni che va dal noto all’ignoto, da un problema all’altro, da una
tradizione all’altra, a cui si aggiunge
anche la possibilità di rimandi al terzo volume dell’enciclopedia, che tratterà delle “opere filosofiche.
Una tale disposizione ha richiesto un
ripensamento del concetto stesso di
“nozione”, a cui è stato dato il carattere di una struttura associativa, costituita da una terminologia, da altre
nozioni, da una somma di elementi
definitori, descrittivi o storici, da un
complesso di problemi, di teorie e
talvolta di tesi, e da un insieme di testi
che tematizzano la nozione o entrano
nella sua tematizzazione. Alla diversità scoraggiante delle conoscenze
che ne deriva rimedia l’ordine dell’alfabeto, completo dei relativi riferimenti, la cui arbitrarietà impedisce
in ogni caso di soccombere alla tenta-
RECENSIONE
zione di un sistema che vuole unificare le conoscenze secondo un ordine
logico.
L’apertura nozionistica di cui dà prova questo dizionario, unico nel suo
genere, è confermata dalle due altre
sezioni che accompagnano quella
dedicata alla filosofia occidentale,
l’una consacrata al “pensiero asiatico”, l’altra alle forme di concet-
tualizzazione delle società tradizionali”, che riprendono una determinante di questa enciclopedia, già presente nel primo volume, a testimonianza dell’ambizione universale e
della volontà di questo progetto di
situarsi nella scia dell’antropologia
culturale attuale. In conclusione possiamo dire che sia dal punto di vista
strutturale che contenutistico,
l’Encyclopédie philosophique
universelle mostra tutte quelle prerogative tipiche di un rivolgimento della tradizione universitaria di questa
nostra fine del XX secolo attraverso
un “riannodamento” del tutto inatteso della filosofia agli orizzonti non di
una post-modernità retorica, ma di
una modernità scientifica ripensata.
Enciclopedia filosofica oggi
Una riflessione di André Jacob
La contingenza che a volte caratterizza la nascita di
un’opera non esclude affatto la necessità maturata nel
corso della sua realizzazione. Cosa più che mai vera nel
caso dell’enciclopeida filosofica che sono stato chiamato a promuovere nell’arco del decennio appena conclusosi (con la pubblicazione della prima metà): nata come
“negazione-superamento” di un modesto progetto di
dizionario, essa ha dimostrato maggior consapevolezza
delle proprie responsabilità nel tempo che non nello
spazio, tanto quest’ultimo si è culturalmente trasformato. Lo scopo di E. Namer (incaricato del corso di Filosofia italiana alla Sorbona, che s’ispirava allora al Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano, pubblicato nel
1961), di rimpiazzare tra il 1975 e il 1979 il Vocabulaire
technique et critique de la Philosophie di A. Lalande,
uscito mezzo secolo prima, non era affatto orientato
verso la nuova universalità del giorno d’oggi, risultato
della pluralità delle culture. Ci si trovò a dover riconoscere che la filosofia avveva sovvertito le proprie origini
greche, aprendosi ad altri tipi di pensiero, e questo
proprio per fare onore a un’universalità vista in maniera
differente, dagli stoici a Kant. Inoltre, proprio colui che
esortava al rinnovamento del famoso lessico filosofico
della lingua francese, aveva esplicitamente scartato a
priori, ritenendolo troppo ambizioso, ogni progetto di
enciclopedia in più volumi. Per un’ironia della sorte, fu
proprio l’editore di Lalande, le Presses Universitaires de
France, ad accettare il cambiamento che Namer aveva
strenuamente rifiutato sulla base del canovaccio che gli
avevo fatto pervenire, solo però se ne avessi decuplicato
le dimensioni.
La necessità di cui parlavo all'inizio è consacrata oggi dal
fatto che la più grande casa editrice filosofica francese
abbia rischiato la pubblicazione di qualcosa come 10000
pagine (di oltre 7000 battute ciascuna), che sarebbero
dovute diventare l’opera più importante del suo immen-
so repertorio. Si trattava della necessità di affrontare un
bilancio intellettuale alle porte di un nuovo millennio: al
termine di un terribile XX secolo, come lo aveva presagito Nietzsche, i cui sconvolgimenti politici e sociali, le
cui ecatombi non sono da meno del balzo in avanti
tecnico-scientifico senza precedenti, dopo la fine del
neolitico, compiutosi in questo secolo. Per me forse si
trattava anche della necessità di ritrovare, in condizioni
nuove, l’interesse per una problematica del linguaggio
enormemente diversificatasi da quando, negli anni ’50,
cominciai ad occuparmene. Il “lavoro del linguaggio” (si
veda dell’autore, Introduction à la philosophie du
langage, pp.354 e 364 dell’edizione francese), che introduce nell’indagine filosofica le determinazioni riflessive e discorsive, trova sul versante encilopedico una delle
sue maggiori fioriture.
E’ quindi con un certo senso di piacere che presentiamo
un’opera monumentale, la cui portata già la si può
ricavare da tutti i suoi dettagli, a cominciare dalla scelta
delle voci. Delineiamo in primo luogo le motivazioni
culturali e la struttura dell’opera, per accostarci in un
secondo tempo all’incontro fra enciclopedia e filosofia.
I. Motivazioni culturali.
All’inizio si sarebbe potuto pensare che l’opera sarebbe
stata figlia del suo tempo: a tutti i livelli dell’attività
umana, il semplice lavoro di assumere le informazioni
richiedeva una certa interpretazione, a meno di non
lasciare campo libero al nichilismo. Sia che si trattasse in
effetti di avvenimenti socio-politici, con lo scatenarsi
della violenza a partire dalla prima guerra mondiale
(culminata a Verdun e al tempo del genocidio degli
armeni), che non poteva fare a meno di mettere in crisi la
filosofia del Progresso di cui l’Occidente viveva da quasi
due secoli, o che si trattasse dello sviluppo di una “tecnoscienza” che con l’inaugurazione dell’era atomica, nel
RECENSIONE
1945, andava a incrociare i primi: gli sconvolgimenti del
XX secolo “danno da pensare”. E’ solo dopo Auschwitz
che, dopo aver imposto un silenzio terribile, s’invoca un
miglior modo di pensare: vale a dire, cogliere la prossimità della tragedia contemporanea e misurare la vera portata
della condizione umana, l’enigma della sua difficile
responsabilità. Anche le stesse trasformazioni economiche, legate allo sviluppo tecnico e agli accresciuti bisogni
di energia, causa delle crisi che stiamo attraversando,
hanno fatto sorgere una contestazione ecologica che
pone in termini nuovi la questione del rapporto fra
l’uomo e la natura. Da vent’anni a questa parte - momento
critico di una modernità di cui Descartes è considerato il
padre fondatore - siamo entrati in una fase “non cartesiana”
(non soltanto a livello logico-matematico, come ne parlava G. Bachelard in Le Nouvel esprit scientifique del
1934, ma nella “filosofia pratica”), in cui il rispetto della
natura deve limitare il dominio al quale ci credevamo
destinati. Il faccia a faccia materiale con un ambiente che
ormai ha dimensioni universali ha tuttavia stimolato una
riflessione filosofica, per la quale sarebbe oramai difficile giustificare, come è stato fatto finora, un puro interesse
per ciò concerne l’”anima”. Oltre alla rivalutazione globale del corpo come centro di energia, d’azione e di
espressione, da Nietzsche a Merleau-Ponty, la genetica,
e più generalmente la biologia molecolare, sono in grado
di destabilizzare uno statuto dell’essere umano consacrato a Dio, più o meno riecheggiato dall’umanesimo e di cui
è necessario ripensare i criteri. E’ solo quando il progresso delle biotecnologie pone questioni biomediche, che i
limiti dell’individuo, nel suo duplice rapporto con la vita
e la morte, vengono messi in discussione e nuovi problemi etici sollevati. Da parte sua, l’evoluzione dei costumi
ha trovato in tutti i campi, dal più privato al più pubblico,
di che rivoluzionare il pensiero filosofico e quindi rinnovare gli scopi di un progetto enciclopedico che voglia
tenerne conto. Sul primo versante, il conflitto generazionale scoppiato negli anni ’60 ha favorito una
liberalizzazione dei costumi senza precedenti nella storia
occidentale.
Il rapporto con la “trascendenza” spesso vi ha preso la
forma dell’Alterità, mentre la repressione tipica dell’ordine stabilito tendeva sempre più a lasciare spazio a
individui maggiormente responsabili. Parallelamente
entrava in gioco anche l’emancipazione della donna in
Occidente. Si configura così il cambiamento etico della
morale - una rivoluzione nel campo della filosofia pratica. Sull’altro versante, più interculturale che internazionale, con la decolonizzazione cominciava a scricchiolare
l’altra subordinazione-alienazione inconfessata dei tempi moderni. Fenomeno tanto più importante per un’enciclopedia filosofica che, prendendone atto, ambiva automaticamente all’universalità. Malgrado tutti i problemi
irrisolti a livello economico, negli scambi internazionali,
come a livello politico, sul piano locale, si è venuta
annunciando una rivoluzione giuridica, che ancora oggi
domina la filosofia pratica con la ridefinizione di ciò che
è umano, in potenza e in atto.
In aggiunta alla contemporanea crisi della fede e delle
relative istituzioni, in un’epoca in cui venivano diversificandosi i valori etnologici, interviene la questione cultu-
rale a rinnovare le teorizzazioni sull’uomo: senza per
questo smettere di assegnare a una ricerca antropo-logica
un compito ulteriore di fondazione. Si tratta di strati
differenti, che dando spazio a uno spiegamento
informazionale sempre maggiore, grazie a una civiltà
mediatica che non conosce limiti (si pensi solo al numero
degli articoli di “stampa”), chiamano a una riflessione e
a un giudizio che rischia di superare la soglia della
fondatività filosofica. La filosofia infatti, lungi dal dover
intuire un mondo proprio, come falsamente le attribuiscono le caricature del platonismo, si nutre precisamente
di tutti gli elementi della condizione umana.
II. Strutturazione dell’opera.
La mira planetaria del progetto era sufficientemente
forte, che il desiderio di rompere con il modello alfabetico, anche di enciclopedie filosofiche che mescolano
autori o scuole a concetti, non avrebbe creato zone
d'ombra. Scegliendo liberamente una struttura
“tetralogica” (senza pregiudicare la possibilità di uno
sdoppiamento dei volumi, come era plausibile e come
infatti si è verificato per il secondo e il terzo), corrispondente a quattro registri autonomi e complementari, risultavano quattro unità, autosufficienti ma corrispondenti
fra loro, a cui era affidato il compito di accogliere le
differenze di pensiero dell’umanità. Da qui si procedeva
alla successiva apertura verso l’Estremo oriente e le “aree
etnografiche”, che dava adito a un ammorbidimento e
un’amplificazione dell’interesse filosofico per tipi di
pensiero altrettanto fondanti, quanto in sé differenti, che
dopo aver dato luogo nel loro insieme a sezioni distinte
(XV: “Etnologia” e XVI: “Tradizioni e scritture”) nel
volume I, li si ritrova (nel volume II e III) suddivisi in tre
parti: “Filosofia occidentale, Pensieri asiatici” (India,
Cina, Giappone, Corea), “Concettualizzazione delle società tradizionali” (Africa, America, Sud-est asiatico,
Oceania). Una volta suggellata questa specificazione
pluriculturale dell’universalità, era aperta la via all’autonomia dei volumi, caratterizzata da un registro proprio.
1. L’integrazione nella summa enciclopedica di due dizionari (dei concetti e delle opere) era pragmaticamente
prioritaria. Anche se in filosofia l’informazione è sempre
sopraffatta dall’interpretazione, il bisogno di chiarimenti
su concetti e opere s’imponeva sia sul versante sincronico,
più o meno comune a tutti gli autori, che su quello
diacronico, che accosta realizzazioni singolari - nella
situazione editoriale contrastante di un registro più volte
visitato, soprattutto a partire dal Rinascimento, e di un
altro stranamente inedito (a parte il cospargere di qualche
opera filosofica le 16000 opere letterarie e artistiche che
comporta il Laffont-Bompiani).
2. La posizione di questi due “pilastri” richiedeva, da una
parte e dall’altra, due registri più aleatori: quello dei testi,
la cui ampiezza e la cui portata apparivano di una varietà
senza precedenti, e quello delle problematiche, che ritrovava l’inclinazione interrogativa della filosofia, intersecando concetti il cui accoppiamento generalmente non è
che un caso limite delle griglie concettuali. D’altra parte,
poiché nel corso della storia gli interrogativi dell’uomo
nel mondo sono andati sempre più mediandosi attraverso
RECENSIONE
ogni genere di apporti e di “indefinibili” determinazioni,
si è ritenuto opportuno aggiungere, nel modo in cui il
nostro rapporto con l’universo diventa filosofico, sia dei
“Materiali per la riflessione”, che fanno il punto sull’attività tecno-scientifica della nostra civiltà, sia dei retroterra
culturali che possono far loro da preziosi contrappesi.
Tutto ciò ha permesso d’illustrare l’idea decisiva secondo cui la filosofia non saprebbe nutrirsi di sé stessa, né i
suoi interrogativi esercitarsi a vuoto. Attraverso il linguaggio proprio del pensatore, la filosofia si apre a tutti
i discorsi, a tutte le azioni e le creazioni degli uomini e
lavora per districarne il senso. A questo punto, parlare di
“Universo filosofico” per definire l’unità del volume
inaugurale presupponeva già il passaggio della materia a
contenuti concettuali, con l’ingresso in una riflessione le
cui radici affondavano nell’insieme reale.
In questi differenti registri si riconosceranno senza difficoltà modalità o componenti del Discorso filosofico: dal
suo orizzonte generale di problematizzazione alle opere
(cfr. “Sommario”, p.5 bis) che specificano organicamente questa discorsività - e ai testi, estrapolati di volta in
volta a seconda dei fini - passando per gli elementi
concettuali (verbalizzati) impliciti in ogni discorso. Anche la riflessività filosofica, inglobando gli uomini, opera un rovesciamento dell’universo sensibile in un universo del discorso (abbozzato negli anni ’30 da L.
Brunschvich in Les âges de l’intelligence), che supera
questo tipo di inglobamento - secondo l’opposizione
pensata ed espressa da Pascal: «Attraverso lo spazio
l’universo mi comprende e mi inghiotte come un punto,
attraverso il pensiero io lo comprendo».
Come non notare, inoltre, che la simmetria delle “ali”,
meno appariscenti nell’insieme dell’opera dei due dizionari “pilastri”, è rafforzata dalla notorietà dei partecipanti al primo volume (Aubenque, Lévinas, M. Henry, Apel,
Fourastié, Prigogine, E. Morin, H. Atlan, Ladrière,
Granger, R. Huyghe, C. Ramnoux, Hintikka, A. Rey, P.
Prini, A. Messiah, J. C. Pecker, A. Danchin, E. Wolff, G.
Canguilhem, E. Malinvaud, C. Guinzburg, A. Jacquard,
C. Hagège, Condominas, J. Gernet, J. Leclant, Y. Congar,
M. Heller, R. Rémond, etc...), faccia a faccia con i testi
della tradizione filosofica. E’ questa una delle ragioni per
cui, malgrado i legami incrociati tra volume e volume,
quello che univa il primo all’ultimo non poteva che
essere privilegiato.
Ma la loro corrispondenza, consistente soprattutto nell’illustrazione testuale delle varie problematiche, non ha
escluso la realizzazione di una serie di “Studi introduttivi”
alla lettura dei testi filosofici, che dovrebbero coprire
circa un sesto dell’ultimo volume e che raccoglie contributi, fra gli altri, di U. Eco, di G. Gadamer e di J.
Starobinski, insieme a chiarimenti circa i problemi posti
dalla traduzione, dal commento o dal confronto, dal
lessico, dalla sintassi o dallo stile, che la trattazione
enciclopedica non potrebbe trascurare. Come infatti diceva P. Ricoeur alla fine della sua Prefazione generale
dell’opera: «Quale finalità più alta può avere un’enciclopedia filosofica universale se non quella di rimandare
alla lettura delle opere filosofiche stesse, al termine di
una riflessione che verte sul ricongiungimento della
filosofia con la sua scrittura?»
III. Enciclopedia e filosofia.
Questo quadruplice approccio alla concettualizzazione e
alla discorsività filosofica forse non è che un’approssimazione all’intento infinito, più volte ripreso, di una riflessione di fondo sulla nostra condizione: allo stesso modo
in cui il pensiero e l’estensione non sono altro che due
attributi tra gli altri della Sostanza divina nello spinozismo.
Ma questo è un intento comprensivo, piuttosto che
estensivo, che differenzia un’enciclopedia filosofica da
un’enciclopedia generale. Più che definire o spiegare
l’esperienza, qui si tratta di interpretarla, rapportando le
conquiste della scienza, dell’arte o dell’azione alla situazione dell’uomo nel mondo. E’ per questo che la ricerca
filosofica è al contempo anteriore - per via del suo essere
radicata nell’esperienza più arcaica dell’uomo - e posteriore al lavoro scientifico: un’enciclopedia filosofica prenderebbe dunque avvio (interpretativo) da un’enciclopedia generale, da cui non può esimersi.
Allo stesso modo la pluralizzazione dei registri proposti
dall’Encyclopédie philosophique universelle potrebbe
avere il vantaggio di valorizzare la reiterazione degli
slanci e degli obiettivi, nell’eterogeneità relativa dei
momenti del discorso filosofico: il che non permette la
frammentazione nell’omogeneità di un solo livello. Ammettendo fin dall’inizio la complementarità di approcci
tra i più plausibili, si resta pur sempre distanti da una
chimerica esaustività, riportando alle sue giuste proporzioni l’intento totalizzante di un progetto enciclopedico.
“Fare il giro” delle interpretazioni, piuttosto che delle
conoscenze, diventa occasione di incroci, di nuovi sviluppi e di nuove aperture, piuttosto che di un accerchiamento
del pensiero. Infatti, volendo essere enciclopedica, la
filosofia non rinuncia alla propria ansia di interpellare e di
interrogare: contrariamente a quanto avviene in un sapere
già costituito, dove le risposte sono bell’e pronte.
La riuscita di una simile impresa dovrebbe aiutare il
lettore a sapersi meglio porre delle domande, che non ad
avere prima delle risposte. La frattura grazie alla quale la
filosofia tiene testa alle sovranità religiose non arriva
forse ad abilitare un mondo senza risposta, o quanto meno
univoco? Tutto ciò equivale a dire che l’obiettivo didattico minimo di quest’opera di consultazione dovrebbe
essere quello di risvegliare lo spirito dell’”utente” e di
renderlo più capace, al termine della lettura, a interrogarsi
da solo.
La finalità segreta dell’opera non tende forse al rinnovamento del desiderio filosofico, riconoscendo la specificità e l’indiscutibile necessità di una riflessione fondante
per chiunque voglia onorare la propria appartenenza alla
specie dell' homo sapiens? Solo l’inevitabile molteplicità
degli artefici di un’opera simile segna l’irriducibilità
enciclopedica di un lavoro filosofico, più spesso condotto
nella discontinuità della meditazione individuale. La fragilità di questa stretta via, in seno a una società di massa
e a una civiltà mediatica, non può che incoraggiare la
messa im comune di competenze e di ricerche. Ma ciò non
basta a consacrare l’avvento della comunicazione in
filosofia: soprattutto se si fa assegnamento su una certa
trascendenza dei filosofi in rapporto alle pulsioni e ai
conflitti che tanto generalmente contraddistinguono i
RECENSIONE
comportamenti degli uomini! Un esame onesto della
genesi e delle peripezie di un’impresa destinata a oltrepassare il decennio costringe a riconoscere l’ovvio, cioè
che i filosofi sono degi uomini come gli altri e che si
prestano alla comunicazione meno di quanto vogliano
ammettere - anche nel caso più facilitato dalla tecnologia
contemporanea...come quello di alzare la cornetta del
telefono! Per una cattiva abitudine dell’individualismo
moderno, o per timore di andare a intorbidare le acque
proprio nel momento in cui ci si propone un ruolo
chiarificatore nei confronti dei propri simili, quanti filosofi di chiara fama hanno reso più profondo lo scarto fra
la realtà e l’ideale di cooperazione intellettuale! Quante
responsabilità affossate o eluse, se non addirittura tradite,
a scapito se non altro del “tempo” dell’impresa! Senza
parlare delle occasioni perdute di approntare con il calore
della parola parlata - che conferirebbe una dimensione
più umana agli scambi filosofici in questa fine di secolo
- le messe a punto scritte richieste dal progetto.
Da una parte e dall’altra, in questa epoca di grande
incertezza religiosa e di importanti rivolgimenti politici,
quando l’era dei bilanci diventa filosofica, si potrebbe
sperare di passare dal sapere al senso - dall’informazione
sulle cose alla trasformazione del mondo umano. Soprattutto nel suo raccoglimento, nel senso più riflessivo ed
esclusivo del termine, come dato concernente la situazione dell’uomo nell’universo, la ricerca filosofica dovrebbe fornire al lavoro enciclopedico una certa densità e
orientarne il contenuto in senso assiologico. Vale a dire
dovrebbe oppore, in un mondo investito da ogni parte
dalla quantità, un’esigenza di qualità nel processo d’interpretazione dell’esperienza umana, ricercando in questo le condizioni della propria qualificazione. Tuttavia,
non si vorrà certo negare che il “lavoro di raccolta”
enciclopedico non potrebbe, nemmeno in filosofia, sfuggire al pluralismo, sia di una certa specializzazione, sia
delle interpretazioni.
L’unità del compito appariva dunque relativa e aleatoria
- e spettava a chi aveva concepito il progetto di vegliare
e prevenire - non senza un certo imbarazzo - ogni allontanamento, spesso involontario, che rischiava di introdurre delle disarmonie inammissibili. Quanto al lettore,
gli saranno concesse parecchie libertà: dal semplice contatto esteriore con l’opera, alle obiezioni più solide, che
fanno rimpiangere che un’opera, proprio per la sua
“monumentalità”, non possa (come oggi accade con gli
elaboratori elettronici per il trattamento dei testi) subire
infinite rettifiche e miglioramenti. La tensione fra l’ideale e il reale è senza dubbio nello stesso tempo il motore
della ricerca e lo scotto da pagare per una condizione
temporale, in cui anche le negazioni si inscrivono in un
divenire.
Conclusione
Che al momento dell’apparizione del secondo volume sia
imminente una ristampa del primo, mostra chiaramente
l’opportunità dell’impresa, in particolare nella situazione
francese, da troppo tempo non più avvezza a imprese
editoriali di alto livello, malgrado l’intensità e la varietà
dell’attività filosofica che vi si manifesta. Quanto alle
prospettive di traduzione dell’opera, che già si sono
delineate, una giustificazione può essere data dall’originalità di una concezione e di una strutturazione, il cui
impiego in quest’opera è fuori dubbio.
Se il passaggio dal piano enciclopedico a quello filosofico equivale al passaggio da un discorso totalizzante di
primo grado a un discorso di secondo grado - di tipo
interpretativo, in cerca di fondazione - quello che va dal
filosofico all’universale potrebbe dar l’impressione di
procedere da solo, tanto le prospettive antiuniversaliste,
di tipo hitleriano, sembrano tradire il progetto filosofico.
Tuttavia, se c’è stata una maturazione dell’universale da
Platone agli stoici e a Kant, la via d’uscita dell’accezione
greca del progetto pone molti problemi ai sostenitori
della philosophia perennis. Sono sicuramente le trasformazioni socio-storiche e intellettuali, verificatesi proprio
dopo la “rivoluzione critica”, che motivano un nuovo
universale. Anche se il suo aspetto “formale” può sembrarci astratto, la specificazione planetaria della nostra
via di comunicazione conferma l’esigenza di un
superamento del locale e del particolare. Vale a dire che
l’orizzonte di universalizzazione, che continua a
contraddistinguere l’apertura filosofica, prende forme
diverse e nasconde contenuti in perpetua evoluzione.
A questo punto, l’universale può essere costruito teoreticamente solo grazie a delle culture che si lasciano
collegare nella misura in cui ci si astrae da esse; praticamente, solo in virtù di rinnovate azioni etico-politiche. E’
per questo che il significato di un progetto enciclopedico
al giorno d’oggi consisterebbe nel ripensare la filosofia
nel suo accresciuto pluralismo, mentre affiorano numerose culture precedentemente occultate; dunque ripensare la filosofia in un modo abbastanza unitario per aiutare
l’uomo, quale individuo in cerca di Relazione, a non
cadere nell’automatismo, nell’informa-tizzazione e nella
quantifica-zione generalizzata. Come approccio fondativo
alla realtà del nostro tempo, ci chiediamo se l’Encyclopédie
philosophique universelle sarà mai un’opera di consultazione per orientare e aiutare l’autostrutturazione del
pensiero dei nostri contemporanei. Per quanto ci riguarda, abbiamo dimostrato che la comunicazione poteva
essere lo scopo più imperativo del mondo umano, dando
luogo tuttavia alle resistenze più feroci. Il superamento
fondativo della comunicazione è senza dubbio una porta
stretta, che spinge alcuni a lasciarsi spazzar via da un
ritorno in forza della violenza.
In ultima analisi, l’unità plurale su cui non si potrebbe
fare a meno di muoversi, è la misura del principio di
complessità che l’epistemologia contemporanea ha sempre più preso come guida. In un momento critico della
modernità, la lunga tradizione che giace nelle
sedimentazioni lessicali è un contrappeso prezioso per i
sogni di sistematizzazione originale, degni di farci entrare nel nuovo millennio. Ma qualunque cosa succeda,
l’amibizione di interpretare, coordinandoli, il maggior
numero di elementi del sapere richiederà una risoluzione
filosofica che porti il coraggio della chiarificazione al di
là dell’angoscia dell’immensità.
RESOCONTO
RECENSIONE
E’ dubbio se all’etica spetti un posto tra le “poche cose” che recente convegno sul tema: Nel crepuscolo della probabiLocke annovera quali conoscenze certe. Nel “crepuscolo lità. Etica e politica (Palazzo Sopracenerina, 11-13 ottobre
della probabilità”, è la luce sfumata del relativismo dei 1990), organizzato nell’ambito dei Convegni internaziovalori che illumina i fari spenti della Verità, della Norma e nali di Locarno “Scienza e società” in collaborazione con
degli imperativi etici.
l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli.
La possibiltà di scorgere nel moderno qualcosa di diverso
dal paesaggio di rovine simmeliano, rimanda subito alla Il rapporto tra la politica, in quanto ambito del conflitto di
necessità di inventare nuovi paradigmi di pensiero che non interessi, e l’etica come dimensione normativa e valutativa,
interpretino il relativismo come un’espressione sintomati- è stato uno dei temi fondamentali della discussione. Nelca del nichilismo. Pensare un’etica della politica oggi l’orizzonte della filosofia pratica il problema è quello di
significa per alcuni rinunciare alle certezze dei valori definire il campo di relazione tra queste due istanze, tema
universali, senza abbandonare la possibilità di un criterio da sempre oggetto delle riflessioni di Norberto Bobbio,
normativo per la sfera politica. Allora è il pluralismo stesso assente al convegno, il cui pensiero politico ed etico è stato
dei valori che deve diventare il valore - ipotizza Veca - esposto in sua vece da Corina Yturbe. L’intento della sua
oppure - come sostiene Walzer - si deve rintracciare nelle esposizione è stato soprattutto di confutare la posizione
logiche complesse del politico quel minimo comun deno- sostenuta da Perry Anderson, studioso del marxismo, seminatore in grado di unificare gli interessi molteplici che lo condo il quale gli studi politici di Bobbio inclinerebbero
compongono. Cercarlo in
verso una visione
una comune idea di diritto,
“realistica”, che privilegia
IV Convegno internazionale di Locarno «Scienza e società».
nei valori sociali o all’inil ruolo del potere e della
terno di una medesima pasviolenza. Secondo Yturbe
sione civica è il compito,
invece il concetto di realiintellettuale e pratico, di
smo, pur esponendosi ad
cittadini che pensano e di
interpretazioni conservafilosofi che si pensano cittrici, deve essere letto in
tadini. Un’etica per la pouna prospettiva più comlitica, del resto, non può
plessa, che chiama in cauA cura di Flavio Cassinari,
non essere “realistica” nel
sa il tema della legittimiMassimo Mezzanzanica, Elio Nasuelli,
Valentina Restelli.
momento in cui misura il
tà, quello del rapporto etipiano dei valori con quello
ca-politica e quello del
delle pratiche di potere. Le
concetto di democrazia.
..avendo
Dio posto
alcune
ragioni della forza e del
Il problema della legitticose in piena luce, e avendo
conflitto non appaiono
mità è affrontato da
dato a noi qualche conoscenza
molto disponibili a farsi
Bobbio attraverso il rapcerta, sebbene, in confronto al
convincere dalla forza delporto tra diritto e potere,
resto, limitata a ben poche
cose [...], nella maggior parte
le ragioni e dal bisogno di
sostenendo, a differenza
dei nostri interessi, egli ci
pace e di giustizia; a tutti i
del pensiero “realistico”,
ha fornito soltanto il crepulivelli si assiste ad un inche né l’effettività, né la
scolo, se così posso dire,
treccio tra politica e mire
legalità di un potere esaudella probabilità.
individualistiche, mentre
riscono il suo processo di
John Locke
sempre più gli interessi collegittimazione, ma è nelettivi vengono strumencessario appellarsi a valotalizzati da logiche elitarie di potere, che alterano tragica- ri quali la libertà, il benessere, l’ordine, la giustizia. Quemente le regole del gioco democratico.
stione più controversa è il determinare i confini della
Aggiornate teorie della giustizia si rendono oggi più che politica rispetto all’etica. Per Bobbio esiste una connessiomai necessarie, almeno nella misura di una ripresa delle ne e una tensione reciproca e irriducibile fra questi due
“ragioni” per le quali un individuo possa sentirsi ancora un termini. Il conflitto è la ragione d’essere della pratica
“cittadino”. Se l’etica vuole essere un orizzonte per la politica, che mediante compromessi tende a garantire una
politica, e non semplicemente limitarsi ad un’operazione di convivenza ordinata da regole; essa si serve dei meccaniingegneria normativa, non può rinunciare a quei valori di smi effettivi del potere per realizzare i valori e gli ideali
solidarietà e di equità che una volta si chiamavano virtù politici. La democrazia politica non si esaurirebbe pertanto
civiche. E’ questa la posizione “neo-aristotelica”, a cui si in termini di “realismo”, ma realizzerebbe la possibilità di
dovrebbe però obiettare che sono proprio i vincoli etici costituire un ordine legale che non ignori la fondamentale
tradizionali, legati all’ambito ristretto delle società nazio- conflittualità dell’ambito politico.
nali, che si dimostrano ormai logori ed insufficienti ad L’essenziale destinazione dell’etica a divenire discorso
affrontare la dimensione globale dei problemi.
pubblico e dunque a configurarsi quale “filosofia pratica”
Si tratta di temi di vasta portata e difficili da collegare tra è stato il tema dell’intervento di Dennis Thompson della
loro, temi tuttavia ineludibili per la filosofia politica, che Harvard University. Sotto al spinta di una tradizione cultuvive del continuo rimando tra universalità del principio e rale ispirata al pragmatismo, la filosofia politica e l’etica
particolarità della situazione concreta. Proprio questo è negli Stati Uniti sono chiamate direttamente a intervenire
stato l’oggetto di dibattito di un gruppo di filosofi ad un su temi di forte coinvolgimento pubblico quali: deterrenza
Etica e politica nel
crepuscolo
della probabilità
RESOCONTO
RECENSIONE
Fausto Melotti, The Apartheid 1967, (f. Carrieri)
RESOCONTO
RECENSIONE
nucleare, razzismo, diritti sociali. L’istituzionalizzazione
di ciò che Thompson definisce «etica applicata» solleva il
problema della perdita della sua dimensione critica, come
appunto è stato obiettato da coloro che considerano l’etica
politica una mera ideologia, tesa a legittimare una pratica
politica consolidata. I sostenitori della «critica ideologica»
osservano infatti che l’etica applicata alla politica assume
in sé l’agenda politica che sembra problematizzare, finendo col legittimare il programma e le scelte di chi detiene il
potere politico. Una critica questa che, portata a fondo,
aggredisce le basi stesse che rendono possibile il giudizio
morale sulla politica, nonostante Thompson ribatta che
l’accettazione di un relativismo consapevole nel giudizio
etico non impedisce assolutamente una critica, anche radicale.
Ineludibile per l’«etica applicata» è il confronto con le
argomentazioni dei teorici del realismo politico. Esse partono dall’assunto che politica significa inanzittutto lotta
per il potere e che all’interno di questa nessun vincolo etico
può valere come ultimativo, pena la sconfitta. Una versione
questa della teoria realistica che Thompson definisce «eroica», in quanto pone il fine dell’agire politico in un valore
morale (il diritto, la pace), che tuttavia non deve interferire
con gli strumenti utilizzati per il suo perseguimento,
improntati al più assoluto realismo. L’argomentazione
machiavellica dei critici realisti non mette in questione se
l’etica sia o meno rilevante per la politica, ma quale tipo di
realismo sia appropriato al conseguimento del fine. Nel
prendere sul serio questa critica, l’etica politica deve essere
- a detta di Thompson - più realista dei realisti nel mettere
sul conto dei fatti il ruolo dei valori morali e di tutte quelle
componenti estranee alla ragion di Stato e al calcolo di
potere, che pure muovono gli attori della storia.
La voce “realismo”, tema centrale di tutto il convegno, ha
trovato un interprete particolarmente critico in Paul
Feyerabend, che ha considerato questo termine nel significato che esso assume per l’epistemologia contemporanea. Sostenitore di una teoria “anarchica” della conoscenza
scientifica, Feyerabend ha discusso alcune affermazioni
dell’astrofisico dissidente cinese Fang Lizhi. In un intervento pubblicato sulla “New York Review of Books” (21
dicembre 1989) questi affermava l’esigenza di stabilire
criteri universalmente applicabili per quanto riguarda i
diritti umani, e giustificava la possibilità di giungere a tali
criteri applicando all’ambito dell’etica il modello di universalità del sapere tipico della conoscenza scientifica.
Feyerabend tenta allora di mostrare che le ipotesi di Fang
Lizhi «danno un’errata impressione delle scienze e sono
esposte al rischio di mettere in pericolo proprio il tipo di
vita che egli cerca di difendere». La critica della posizione
dello scienziato cinese è per Feyerabend l’occasione per
alcune osservazioni sul rapporto tra la ricerca scientifica e
le assunzioni normative, a partire dalle quali essa si sviluppa. Fang assume come ovvio il criterio dell’universalità
della scienza, ma questo è per Feyerabend «un ideale, o
un’ipotesi metafisica». Non si tratta qui di difendere una
concezione della scienza come una posizione neutrale dal
punto di vista etico e metafisico, al contrario, afferma
Feyerabend, la scienza è impossibile senza una metafisica
e senza assunzioni normative di base.
Il caso di Fang Lizhi è una tipica situazione in cui «un
principio metafisico viene presentato come un modello ben
definito di pratica scientifica». Un caso analogo, in cui
principi normativi (legati dunque ad una scelta di valori)
vengono presentati come inerenti all’essenza della scienza
tout-court è quello dell’epistemologia realistica, la cui
nozione di “realtà”, che esclude il valore conoscitivo di
altre forme di esperienza e di credenza, «trascende ogni
insieme di dati scientifici esistenti (o anche possibili)». La
concezione realistica dell’universalità della scienza, che
implica che certi fenomeni e modelli di comportamento
siano “soggettivi” o “irrazionali”, sembra essere di primo
acchito il risultato di una osservazione fattuale. In realtà
contiene una componente normativa. Per Feyerabend, ciò
che conferisce valore a determinate credenze «non è la
forza dei fenomeni, ma la forza di norme che valutano i
fenomeni» e che danno origine alla preferenza per forme di
“coerenza” tra i fenomeni, alle quali si dà il nome di
“realtà”. Ma questo significa condizionare l’etica, «nel
senso generale di una disciplina che orienta le nostre scelte
tra forme di vita», rispetto all’ontologia, divenendo l’etica
una «misura occulta della verità scientifica». In questo
modo viene rovesciato il rapporto che il realismo
epistemologico stabilisce tra scienza e giudizi di valore:
«non partiamo da una “realtà” per poi inferire il modo in cui
gli individui dovrebbero vivere; partiamo da una forma di
vita che troviamo accettabile ed inferiamo da essa che cosa
è “reale”. I giudizi normativi diventano la misura della
realtà. Generalizzando possiamo dire che “reale” è ciò che
gioca un ruolo importante nel modo di vita in cui qualcuno
desidera vivere».
La centralità della questione del pluralismo all’interno
della filosofia contemporanea è stata in particolare sostenuta da Salvatore Veca. La pluralità dei dizionari speculativi, estetici e morali non può essere considerata semplicemente un’espressione del relativismo contemporaneo,
essa soddisfa invece la complessità di motivazioni che ogni
forma di vita possiede per rispondere alla domanda essenziale su come si deve vivere. Ogni persona convive con una
varietà essenziale di fini e di ragioni, spesso conflittuali,
attraverso le quali articola il rapporto con se stessa e con il
mondo. La tesi di Veca è che il pluralismo deve essere
accettato come un principio valido dal punto di vista
normativo e dunque riconosciuto come valore e non soltanto come dato di fatto. Se infatti esistesse un valore ultimo
a cui fossero riconducibili le ragioni dei conflitti di valore,
non esisterebbe alcun dilemma morale e tutto si risolverebbe in un’operazione di ingegneria normativa. Esisterebbe
una moralità, ma non la nostra moralità. Il «fatto del
pluralismo» - l’espressione è di John Rawls - presuppone
pertanto l’accettazione del pluralismo come valore in un
certo senso prioritario, e ciò vale a maggior ragione in
politica, dove si tratta della vita giusta e non della vita
buona. La precisazione è fondamentale per caratterizzare
lo spazio specifico dell’ambito politico, che è quello di
organizzare le modalità della vita della polis. L’etica della
politica richiede una ridefinizione, se non un restringimento
del dominio dei valori all’ambito che pertiene ad una giusta
organizzazione della vita collettiva. Diventa importante
allora una definizione della natura, del ruolo e dei limiti
della politica.
Per caratterizzare le sfera sociale della democrazia, l’ana-
RESOCONTO
RESOCONTO
RECENSIONE
lisi di Veca procede attraverso un riferimento critico con la
Teoria della Giustizia di Rawls, che considera il pluralismo come un esito del politico, generato da un sistema di
diritti e di libertà che favorisce la nascita di una pluralità di
dottrine e di visioni del mondo conflittuali. Il riconoscimento del pluralismo come valore è in tal senso condizione
necessaria per impedire al potere coercitivo dello Stato di
eliminare i conflitti. Diversamente Veca sostiene che soltanto considerando il pluralismo come il presupposto di
una concezione della giustizia che regoli il dominio del
politico, diviene possibile concettualizzare la specificità
dell’ambito politico e fornire ad esso criteri normativi. Ma
quale sarebbe allora il bene sociale da tutti condiviso, che
può valere come principio normativo della sfera politica?
La risposta più convincente sembra risiedere nel concetto
e nella pratica, infinitamente perfettibile, della democrazia. Essa non è solo un modo di distribuire il potere e di
legittimarne l’impiego, bensì il modo intrinsecamente politico di distribuire potere politico, garantendo l’autonomia
delle sfere sociali e contemporaneamente separando l’esercizio della cittadinanza dagli altri ambiti della vita sociale
(economici, religiosi, militari, ecc,). La democrazia presuppone l’arte della separazione, la distinzione tra ciò che
è condiviso dagli uomini in quanto cittadini e ciò che
differenzia gli uomini nelle pratiche di vita e nelle visioni
morali del mondo. Se l’uguaglianza nei diritti e la società
come ambito di realizzazione degli individui sono ancora
da raggiungere, il costituzionalismo liberale resta - per
Veca - il terminus a quo per qualsiasi disegno normativo
che voglia prospettare una società più giusta. La sfida del
mondo contemporaneo, sempre più interdipendente, da cui
sale una ineludibile domanda di giustizia economica e
civile si riassume - come ha asserito Dahrendorf - nella
questione della possibile pratica dell’idea kantiana di una
cittadinanza universale.
Sulle questioni aperte da Veca si è pronunciato anche
Michael Walzer, docente di Scienze sociali all’Istituto di
Studi superiori di Princeton e noto per la sua teoria etica
pluralista, esposta in Spheres of Justice: a defence of
pluralism and equality (Sfere di giustizia: una difesa del
pluralismo e dell’uguaglianza, 1983). Facendo riferimento
a un’immagine televisiva in cui dei manifestanti di Praga
innalzavano cartelli con scritte semplici e immediatamente
comprensibili come “giustizia”, “verità”, Walzer distingue
un significato minimo da un significato massimo dei concetti etici, che possono essere usati e intesi in un’accezione
“sottile” e in un’accezione “spessa” e che sono appropriati
a contesti e scopi diversi: «i significati etici minimi sono
imbevuti di morale massima, sono espressioni di una stessa
lingua e orientati da uno stesso contesto storico, culturale,
religioso e politico. Il “minimo etico” si affranca dal suo
proprio contesto caratterizzato da vari gradi di sottigliezza,
solo in momenti di crisi individuale, sociale o politica»,
come nel caso cecoslovacco. Nato in un contesto particolare, che conferisce una serie di sfumature di significato ad
ogni termine etico, il linguaggio dei manifestanti di Praga
può essere immediatamente compreso anche altrove in
quanto anche altrove è presente il senso “spesso” della
giustizia e della tirannide. Esiste cioè in ogni morale un
“nocciolo etico” che viene rielaborato diversamente dalle
diverse culture. Così la morale “spessa”, integrata in diver-
si contesti culturali, storici e sociali, diventa “sottile” in
occasioni specifiche, quando è riferita cioè ad obiettivi
particolari. Alla base della prospettiva di Walzer c’è dunque il riconoscimento del pluralismo culturale ed etico. Ma
se seguiamo la sua interpratazione dobbiamo conseguentemente osseravre che questa idea è a sua volta il prodotto di
una determinata cultura, è un’idea “massima”: «il prodotto
di una politica liberale di grande spessore».
Nel senso di un radicale ripensamento della logica politica
si è sviluppato l’intervento di Maurizio Viroli, che ha
preso in esame la tradizione della filosofia civile italiana
nell’epoca dei Comuni. Oggi il linguaggio della politica è
egemonizzato dal concetto di “ragione di Stato” che, pur
rivelando una componente fondamentale del dominio politico, non si rivela però capace di dar conto della ricchezza
delle motivazioni e dei fini dell’agire politico stesso. Il
concetto di politica come «arte di governare una repubblica
o un regno secondo ragione e giustizia» è stato espresso da
Brunetto Latini nei termini di scientia civilis, mentre la
conquista del potere da parte di un singolo o di una fazione
viene registrata come arte di «cercare lo Stato». Il potere e
l’interesse privato sono perciò estranei alla politica della
civitas. La politica come perseguimento della città giusta
appare ai teorici “realisti” come un fantasioso moralismo,
un ostacolo teorico sul terreno concreto della lotta per il
potere, identificando d’autorità il concetto di politica del
principe con quello del cittadino. Se “l’allocazione
autoritativa dei valori” è un compito imprescindibile di
qualsiasi politica, non è detto che venga soddisfatto da una
pratica politica che considera come suo fine e legittimazione
la conquista del potere. La richiesta di libertà civili non
intende necessariamente esprimersi come lotta per il potere, ha piuttosto a che fare con una “dimensione
architettonica” della politica come costruzione della città
giusta. Il paradosso è che le motivazioni e gli sforzi rivolti
a questo progetto appaiono non politici ai teorici del
“realismo”.
Riformare il linguaggio della politica significa spostare il
baricentro teorico sulla nozione di cittadinanza. Tale è
l’obiettivo dei “filosofi comunitari” che sostengono la
priorità del bene sul diritto, con un vocabolario ricavato
dalla filosofia civile, sottolineando però il ruolo della
tradizione e dei valori culturali specifici che informano una
comunità politica. Accanto alla formulazione di concetti il
cui carattere astratto può lasciare indifferenti è importante
riattualizzare le ragioni morali e le passioni che danno
corpo all’agire politico. Così, contro l’idea formale e
negativa di libertà come non-ostacolo ai desideri di ciascuno, la libertà attiva vede la città come un insieme organico
di diritti comuni e di comuni libertà. Una convincente
testimonianza dell’esercizio della retorica al servizio della
passione per la libertà è stata fornita proprio dall’intervento
di Viroli che si è concluso con un appello all’etica della
generosità e della giustizia. Una serie di obiezioni al suo
discorso hanno però messo in rilievo che alla base della
politica moderna vi è un presupposto contrattualistico che
ha messo necessariamente fuori gioco le componenti
passionali, positive o negative, della vita comunitaria,
proprio per instaurare la “ragion pura” del governo civile.
In una differente prospettiva teorica, anche HorstEberhard Richter, psicoanalista e studioso di psicologia
RESOCONTO
RESOCONTO
RECENSIONE
sociale, attivo nei movimenti ecologisti e pacifisti tedeschi, ha analizzato il rapporto tra etiche razionalistiche e
etiche fondate sulla dimensione emotivo-sentimentale dell’esistenza umana. Il suo punto di partenza è il riconoscimento della necessità di una nuova etica per il mondo
contemporaneo, in cui per Richter si esprimerebbe tuttavia
una paura diffusa nelle società industriali, che nella loro
attuale fase di sviluppo esporrebbero il mondo a rischi e
danni non più imputabili ad errori di calcolo o di prospettiva, bensì ad un atteggiamento di fondo radicalmente
errato: quello della «fede in un costante rafforzamento,
ampliamento e perfezionamento della nostra vita per mez-
zo di un progresso scientifico-naturale e tecnico apparentemente illimitato». Richter, che in qualità di psicoanalista
è interessato alle motivazioni interiori ed inconscie dei
comportamenti umani, si pone allora il problema delle
origini del concetto di progresso dominante nelle società
industriali. Quando alla fine dell’età medioevale vacilla la
fede religiosa tradizionale e si sviluppa il sentimento di
vivere in un mondo abbandonato da Dio, si costituisce
anche un atteggiamento razionalistico e individualistico,
rappresentato in maniera esemplare da Cartesio: l’essere
umano deve «appoggiarsi solo alla sua autocoscienza individuale e all’attendibilità del suo pensiero matematico».
Fausto Melotti, I sette savi 1937, (f. U. Mulas)
RESOCONTO
RECENSIONE
Con Cartesio - che per primo nella tradizione occidentale
cristiana sposta la sede dell’anima dal cuore al cervello - ha
inizio una svalutazione della dimensione emotiva e sentimentale dell’essere umano a vantaggio della ragione, che
porta allo sviluppo di una concezione razionalistica dell’etica quale si può rinvenire in pensatori come Spinoza,
Kant e Max Weber. Uniche eccezioni in questa tradizione
le figure di Pascal e Schopenhauer, che collegano l’etica
rispettivamente alle “ragioni del cuore” e alla “compassione”, tenendo fermo alla fragilità e alla finitezza costitutive
dell’essere umano e al suo essere parte di una totalità che
lo trascende e rispetto alla quale egli non ha il diritto di porsi
nella posizione di dominatore. Solo se si rafforzeranno le
risorse di guarigione (in senso psicoanalitico) implicite
nella concezione emozionale dell’etica di Pascal e
Schopenhauer potrà essere superata la crisi morale del
mondo contemporaneo. Attraverso un rinnovato contatto
con le proprie emozioni, che lo aiuti a superare l’incapacità
di affrontare la sofferenza che è tipica degli individui delle
società industriali avanzate, l’essere umano potrà rendersi
consapevole della propria intrinseca debolezza e fare i
conti con la propria aggressività rimossa.
Molto più di un sospetto è stato gettato dal sociologo
Pierre Bourdieu sul discorso etico, considerato alla stregua di un esercizio retorico al servizio dell’ufficio politico.
In una società che per funzionare esige il rispetto delle
regole per se stesse, l’ipocrisia, il rispetto formale della
regola, è lo strumento più sicuro di consenso politico. La
politica è lotta per l’accaparramento dell’universale - o più
precisamente per l’universalizzazione di interessi privati
che nelle nostre società si esprime attraverso la monopolizzazione dei concetti morali di giustizia, equità ecc. Come
rimedio Bourdieu si richiama al potere demistificante della
critica, alla pratica di un’opposizione contro l’ufficialità
che gestisce e strumentalizza il discorso morale.
Di una tale virtù si è fatto interprete anche Bartolomeo
Sorge. Alla domanda che dava il titolo al suo intervento:
“Può l’etica cambiare la politica?”, l’intellettuale cattolico
ha risposto portando la sua «esperienza singolare e provocatoria di rapporto tra etica e politica, un’esperienza che
interroga e verifica la riflessione teorica». A filo di cronaca,
il discorso di Sorge ha percorso le vicende sociali e politiche di Palermo, dove più che altrove è pressante l’esigenza
di ristabilire un rapporto tra la società civile e le istituzioni.
Quando la politica è terreno di scontro e di affermazione di
interessi privati, se non addirirttura criminali, occorre
«restituire un’anima etica alla politica, vivendola come
servizio e non come ricerca del potere». Critico verso una
visione della democrazia che si risolve nell’amministrazione del consenso elettorale e si espone a interessi clientelari, Sorge considera il rinnovamento della politica come
una questione di uomini nuovi, disposti a combattere
«nella trincea vanzata del rinnovamento politico». Con
questo Sorge non dà soltanto una risposta affermativa al
quesito se l’etica possa cambiare la politica, ma sembra
riformulare il rapporto tra valori morali e prassi politica:
«senza mediazione politica, gli ideali restano astrazioni, i
valori non diventano storia».
Se l’intervento di Sorge è stato condotto nella prospettiva
di un’etica “militante”, ad un livello più decisamente
teoretico si è collocata la relazione di Remo Bodei che,
partendo dagli sconvolgimenti politici dell’Europa orientale ne ha tematizzato le implicazioni etiche. In generale,
Bodei ha sottolineato come in situazioni storiche di elevata
instabilità si produca un mutamento e quasi un affievolirsi
di nozioni quali coerenza e responsabilità. Il comune senso
etico sembra ora, secondo Bodei, apprezzare piuttosto la
capacità di adattarsi alle situazioni date e, così facendo, di
trasformarle; la capacità, insomma, di ridefinire i propri
obiettivi e saper cogliere le trasformazioni per meglio
determinarle. E’ il segno di una propensione per i nonbinding commitments, «impegni non impegnativi», di cui
è un esponente Robert Nozick, autore fra l’altro di Spiegazioni filosofiche (Mondadori, Milano 1987).
L’intervento di Bodei si è poi soffermato sulle riflessioni di
Hans Jonas, rilevando come il suo “principio-responsabilità” sia in aperta polemica con l’utopismo blochiano e con
l’elogio weberiano della «speranza progettuale»
trasformativa dell’esistente. Ora che le potenzialità distruttive dell’uomo sono enormemente accresciute nei confronti della natura e dell’uomo stesso, Jonas si affida a una
«euristica della paura» e ritiene primario adoperarsi per
evitare anzitutto l’autodistruzione, attraverso un nuovo
senso di responsabilità nei confronti delle generazioni
future dell’uomo e della natura tutta; una sorta di
“macroetica”, insomma.
Concludendo, Bodei ha delineato lo scenario odierno di un
possibile incontro fra utopia e storia: contro ogni atteggiamento di appiattimento conservatore sull’esistente, o di
velleitaria «scalata al cielo», la storia funge da zavorra per
le astrazioni del pensiero utopico, che le presta il suo
concetto di télos. Al di là di ogni facile posizione “debole”
nei confronti della possibilità d’indagine teorica sulla storia, l’esigenza di una filosofia della storia, o comunque di
una metateoria della storia, è implicita in ogni tentativo di
riproporre la possibilità della previsione in vista dell’agire
quale unico orizzonte, in cui hanno senso nozioni come
“coerenza” e “responsabilità”, che si formulano, comunque, solo in funzione delle aspettative.
Il problema di una fondazione filosofica dell’etica trova
argomenti in ambito anglosassone anche attraverso la
ripresa di alcuni elemeti fondamentali dell’etica aristotelica.
Enrico Berti, dopo una premessa sulla cosiddetta «filosofia pratica» e, al suo interno, sul “neoaristotelismo”, ne ha
delimitato il panorama. Da esso Berti esclude Leo Strauss
e Eric Vögelin, inclini piuttosto al recupero del platonismo,
e Hannah Arendt, che da Aristotele riprende il concetto di
praxis, ma del quale rifiuta la filosofia pratica. Affine al
neoaristotelismo etico e politico tedesco di Hans Georg
Gadamer e Joachim Ritter è invece, a parere di Berti, la
posizione di Alasdair Mac Intyre, autore fra l’altro di After
Virtue (1981) e Whose Justice? Which Rationality? (1988),
che, trascurando l’apporto di Aristotele alla determinazione del concetto di razionalità pratica, riprende esclusivamente la nozione di virtù come legata alla tradizione di una
comunità storicamente data. Il conservatorismo di tale
posizione è dovuto secondo Bertri alla riduzione, operata
da Mac Intyre, della filosofia pratica di Aristotele alla
teoria delle virtù, in particolare alle virtù etiche, trascurando nella filosofia pratica stessa il momento puramente
razionale. Analoga è la posizione di Bernard Williams,
autore di The Ethics and the limits of Philosophy (1985) che
RESOCONTO
RECENSIONE
tuttavia, lasciando cadere l’aspetto teorico, cioè critico, di
Aristotele, non si definisce neoaristotelico. Anche Williams,
contro i tentativi illuministici di una definizione razionale
dei motivi etici, riconduce la razionalità pratica alla
phrònesis, come abilità strumentale di trovare i mezzi atti
ai fini. Questi ultimi sono stabiliti dalla virtù, espressione
dell’ethos, cioè della tradizione della comunità.
Paradossalmente, per Berti, più vicino ai motivi più genuinamente teorici di Aristotele è l’economista Amartya Sen,
autore fra l’altro di Equality of What (1982) e Commodities
and Capabilities (1985). Aristotelico è in Sen il concetto di
funzione (ergon) che spiega quello, parimenti aristotelico,
di «capacità». Per Sen, come per Aristotele, il bene comune
è la possibilità di esercitare la funzione propria dell’uomo,
cioè l’eudaimonia, che non va intesa utilitaristicamente
come “felicità” (happiness), ma come “pienezza”
(fulfilment) delle “capacità” umane. Anche Hans Jonas,
autore di Das Prinzip Verantwortung (1979, recentemente
tradotto in italiano con il titolo: Il principio responsabilità,
Einaudi, Torino 1990), riprende il teleologismo aristotelico
e - mostrando l’impraticabilità dell’individualismo etico,
per esempio, di stampo kantiano - fonda l’etica in un
finalismo senza soluzione di continuità tra uomo e natura:
le azioni degli individui sono orientate alla conservazione
della vita, cioè della specie.
Il tema dell’articolazione del discorso etico con la prassi
politica delle democrazie è stato preso in considerazione
dall’intervento di Amy Gutmann. Partendo dalla comparazione tra il compiacimento manifestato negli U.S.A. per
gli sviluppi democratici di alcune società dell’Est europeo,
e il permanere o il rafforzarsi di elementi antidemocratici
nella vita politica degli Stati Uniti stessi, la studiosa americana ha tentato di dar conto dell’apparente contraddizion,
focalizzando il concetto di «sovranità popolare». Tale
nozione, che dovrebbe caratterizzare le società democratiche, riguarda in realtà due ambiti distinti. Il primo è quello
politico, e comprende tutti quei “diritti civili” che la tradizione occidentale, in maggiore o in minor misura, riconosce all’individuo: libertà di parola, di stampa, di associazione, eleggibilità a cariche pubbliche e così via. La difesa
della democrazia come sistema politico è, in primo luogo,
strumentale: semplicemente, un sistema politico democratico garantisce questi diritti meglio di altri sistemi. Il
secondo ambito è quello etico. Proprio perché i due ambiti
non coincidono - anzi, spesso la difesa da un punto di vista
etico dei valori della democrazia è più consapevole e
robusta in sistemi dove la democrazia politica è carente e,
per converso, teorizzazioni antidemocratiche prendono
piede e si sviluppano proprio in sistemi democratici - si può
rilevare la presenza di elementi di non democrazia in un
sistema sostanzialmente democratico.
L’instaurazione di un’etica democratica non è, evidentemente, così basilare come quello di una politica democratica che, da parte sua, può sussistere chiamando a sua
giustificazione il puro argomento della necessità strumentale. A parere della Gutmann c’è un argomento forte che
permette la difesa dal punto di vista etico della democrazia
come sistema politico, ed è il fatto che quest’ultima è
strettamente legata all’autonomia morale. La democrazia,
rispetto agli altri sistemi, elimina gli ostacoli alle scelte
individuali: le “pari opportunità” che essa offre agli indivi-
dui sono, secondo la Gutmann, l’«argomento autonomo» in
difesa della democrazia come sistema politico, condizione
necessaria di un’etica democratica. A conclusione della sua
relazione la Gutmann ha sottolineato il parallelismo fra
etiche della democrazia ed etiche dell’individuo: le une e le
altre sostengono il mutuo rispetto fra gli individui, la
necessità del coinvolgimento della collettività nelle decisioni e la giustificazione argomentativa delle decisioni
stesse da parte dei cittadini.
Vittorio Segre è intervenuto nel dibattito richiamando
l’attenzione su un problema fondamentale della cultura
ebraica, quello della relazione tra pricipi etici e religiosi e
potere temporale. Diversamente dai greci e dai romani, gli
ebrei non hanno mai riconosciuto i concetti di “città”,
“Stato”o “comunità” come nozioni astratte. L’interesse
internazionale per i comportamenti politici dello Stato
d’Israele, si spiega - secondo Segre - col fatto che l’emergere di questa entità politica ha messo in rilievo la permanenza di un dilemma tra politica ed etica all’interno delle tre
società monoteistiche del mondo: ebraica, cristiana e
islamica. La differenza tra cultura religiosa tradizionale e
cultura laica dello Stato assume un rilievo particolare se
messa a confronto con il fatto che gli ebrei non possiedono
un’etica codificata da norme giuridiche, ma solo una morale di carattere religioso. L’unico codice morale è espresso
infatti dalla Legge, la Torah, e il solo comportamento
accettabile per un ebreo è l’adempimento dei Comandamenti di Dio. L’originalità e l’unicità del giudaismo risiede
infatti nell’Halachah, che definisce le leggi pratiche che
guidano all’adempimento dei Comandamenti. Un aspetto
particolare di questa dottrina è considerare i Comandamenti
come leggi di natura. Come la scienza non è interessata al
perchè esiste una determinata legge fisica, così il giudaismo
non è interessato al perchè esistono i Comandamenti. Ciò
che invece interessa è il come; per questo è stata sviluppata
dai rabbini una specifica metodologia per studiare le leggi
naturali o divine, chiamata pulpil. A conclusione del suo
intervento, Segre ha considerato brevemente l’importanza
che ha recentemente assunto il concetto di “perdono”
all’interno della politica internazionale, dimostrando come
la moderazione sia la principale espressione della moralità
in politica.
Infine Margaret A. Somerville, direttrice del “McGill
Centre for Medicine, Ethics and Law” di Montreal, ha
inquadrato l’importanza assunta dall’etica medica all’interno dell’ampia cornice del declino dei valori morali e
religiosi che caratterizza oggi le società avanzate. La sfiducia verso le istituzioni sociali, fra cui appunto quella medica, si manifesta nella trasformazione della relazione medico-paziente. Oggi il campo di intervento medico non si
risolve nella tutela della salute degli individui, ma si allarga
all’interrelazione tra individuo e comunità - si pensi al
problema dell’AIDS e della siero-positività ed alle sue
implicazioni sociali. Da ultimo la Somerville ha sottolineato l’emergere di una trasformazione qualitativa della professione medica, resa possibile dalle moderne tecnologie
cliniche e biologiche. Ciò rende necessario una riflessione
etica che si traduca in norme finalizzate ad un controllo
sociale delle acquisizioni tecnologiche.
TENDENZE E DIBATTITI
TENDENZE E DIBATTITI
Il ritorno degli “emigrati”
I “Voprosy filosofii”, la principale rivista sovietica del settore, hanno pubblicato nei primi due numeri del 1990,
L’idea russa di Nikolaj Berdjaev. La
stessa opera, scritta a Parigi nel 1946,
dopo un quarto di secolo di esilio e a
due anni dalla morte, apre un volume
su La Russia e la cultura filosofica russa, dedicato sempre nel
1990 dalla editrice Nauka di Mosca a
sei filosofi dell’emigrazione russa del
dopo Ottobre (così suona il sottotitolo).
Il volume è introdotto da un ampio saggio
di M. A. Maslin e A. L. Andreev, e comprende anche un capitolo della Via della
teologia russa di Goergij Florovskij (Parigi, 1937), l’introduzione di Vasilij
Zen’kovskij alla sua Storia della filosofia
russa (Parigi, 1948-1950), alcune pagine
su Puskin di Boris Vyseslavcec (New York,
1955), tre articoli degli anni 1926, 1928,
1929 di Georgij Fedotov, e la traduzione
russa di un passo di The Essential
Characteristics of the Russian nation in the
Twentieth Century (1967) di Pitirim
Sorokin.
Vale come commento delle due iniziative
l’articolo di O. D. Volkogonova, La filosofia russa nell’Europa occidentale, pubblicato nell’altra rivista moscovita “Filosofskie
nauki” (n. 6/1990). «Per lungo tempo questo tema o si è passato sotto pudico silenzio,
o si è considerato dai ricercatori nel contesto di una contrapposizione dei filosofi
emigrati non solo alla filosofia marxista
sovietica, ma anche in generale alla tradizione filosofica patria. I lavori, creati dai
filosofi che avevano emigrato, non si studiavano, predominava un rapporto critico
senza fondamento verso le idee in essi
contenute». Intanto, Berdjaev, Lev Sestov
e gli altri, continuavano ad operare in Occidente. «Davanti agli storici sovietici della filosofia patria sta il compito di ristabilire l’unità della storia spirituale russa». «La
necessità dello studio dei filosofi emigrati
russi è dettata non solo dal valore e dall’originalità delle costruzioni filosofiche dell’
‘emigrazione russa’, ma anche dalla possibilità di esame di un raro caso di dialogo
immediato di due distinti stili di pensiero,
di tradizioni, di culture». G.M.
L’immaginario politico:
Cornelius Castoriadis
Se c’è un pensatore che soddisfa il
significato etimologico dell’aggettivo
enciclopedico, questi è Cornelius
Castoriadis. In tempi di pensiero anemico e di accanita difesa del proprio
orto culturale suona iperbolica e rivitalizzante l’affermazione secondo cui
la filosofia ha nientemeno che il compito di «pensare il pensabile... dar conto e ragione di tutto, del mondo, degli
oggetti che ci circondano, delle loro
“leggi”, di noi stessi». Le monde morcelé. Les carrefours du labyrinthe III (Il
mondo spezzettato. Gli incroci del labirinto, Seuil, Parigi 1990) è il più recente contributo di Castoriadis all’edificazione di questo sapere unitario,
dove si incrociano senza confondersi
le riflessioni sulla portata filosofica
delle scoperte scientifiche e le considerazioni sullo statuto delle matematiche e della psicoanalisi, sulla società
e la storia.
Fondatore assieme a Claude Lefort di
“Socialisme ou Barbarie” (1948-1966), una rivista che, nel nome di Marx, non ha
ceduto a nessuna presunta ortodossia il
rigore critico delle analisi politiche sui paesi dell’Est, Cornelius Castoriadis pubblica negli anni Sessanta La Société
Bureaucratique (La Società Burocratica,
riproposto in nuova edizione da Crhistian
Bourgeois, Parigi 1990), e nel 1975
L’Institution imaginaire de la société
(L’Istituzione immaginaria della società),
il suo testo più significativo dove, in polemica con l’ontologia dell’identico, si afferma che il mondo umano è auto-creazione
assoluta di norme e di significati. L’”immaginario radicale” del mondo storico e
sociale è il terreno di germinazione del
pensiero, dove si elaborano i concetti di
tempo, le nozioni di valore e gli stessi
sistemi metafisici. Nell’agire reale degli
uomini si situa la vera modalità creativa
dell’Essere, e perciò la filosofia non può
che trovare il suo avveramento nella politica, nel senso greco del termine.
Considerando che nell’epoca moderna si
incrociano due opposte significazioni del-
l’immaginario, una legata ad un progetto di
autonomia individuale, sociale e politica,
l’altra caratterizzata dall’idea di espansione illimitata e di dominio razionale del
mondo, Castoriadis denuncia oggi «la completa atrofia dell’immaginazione politica»
e lo schiacciamento dell’immaginario sulla nozione di dominio. Ciò si accompagna
ad uno svuotamento della vita sociale, che
si riproduce per una sorta di stanco automatismo, e alla perdita delle gerarchie di
valore e dei fini.
Per rispondere a questo imbarbarimento la
filosofia - secondo Castoriadis - dovrebbe
innanzittutto ripensare la questione dell’Essere, e dunque abbandonare il progetto
metafisico che, da Platone a Heidegger, la
vizia: «costruire sistemi, sacralizzare la
realtà e guardare dall’alto la collettività».
Occorre «pensare l’immaginario come creatore di forme e la creazione-distruzione
come la dimensione essenziale dell’essere» - si legge nella breve intervista rilasciata a Le Monde il 30 novembre 1990 - e
contro tutte le presunzioni di una destinazione metafisica, ripensare la storia come
possibilità, in meglio come in peggio.
Se, spesso e volentieri, la filosofia eticopolitica si pone il problema della genesi
dell’entrata in comunità degli individui,
non meno cruciale pare la questione relativa alla durata di una società nelle condizioni di origine. All’interrogativo sui presupposti della società culturale e storica si
accompagna quello sulle dinamiche per cui
tale comunità si riconosca e si mantenga
nelle premesse. Si tratta per un certo verso
del problema dell’autonomia di una comunità di individui liberi che scelgono e continuano a scegliere (come e perchè) determinati impliciti. La fecondità di questo
tema nel dibattito francese, ci spinge a
riportarne alcune voci. Mantenersi nelle
premesse dell’origine pur conservando, a
ogni istante, la potenzialità (deliberativa e
pragmatica) di rimetterle in questione indica un tratto fondamentale di una società
autonoma. Su questo tema Castoriadis, col
suo stile critico e iconoclasta, polemizza
contro chi ha individuato nell’eteronomia
la cifra della comunità umana. Eteronomia
nel senso che «pressochè tutte le società
hanno vissuto nell’eteronomia istituita»; le
leggi, le regole di comportamento, i valori
anche, provengono per lo più da regimi
TENDENZE E DIBATTITI
extra-sociali (la religione, la filosofia, i
rapporti di potere) che schiacciano o riducono la portata innovativa e fondativa
dell’«immaginario istituente». Dai tempi
di L’istitution imaginaire de la société,
Castoriadis condanna l’atrofizzazione dell’immaginario simbolico nelle teorie politiche (a partire da Platone, fino a Heidegger)
e rivendica quale veritiera cifra del politico
(in senso allargato, cioè greco, vita in comunità sociale e etica) l’energia dell’”immaginario radicale”. Questa la natura profonda dell’immaginario e la sua funzione:
«Creare le istituzioni che, interiorizzate
dagli individui, facilitino il più possibile il
loro accesso alla loro autonomia individuale e la loro possibilità di partecipazione
effettiva a ogni potere esplicito esistente
nella società». Tale immaginario non ha
nulla a che fare con una valenza utopica o
un ideale di perfezione: esso è un fare, un
agire e in questo senso Castoriadis si riannoda al pensiero aristotelico dell’essere in
termini di energheis, di azione. L’accentuare l’esigenza di autonomia dei cittadini
rispetto alle istituzioni e delle istituzioni
rispetto a dogmi eteronomi, segnala nell’autore l’interesse crescente per la psicologia e soprattutto per la psicoanalisi (che
esercita dal 1973). Del tutto contrario alla
teoria dell’"agire comunicativo" di
Habermas, Castoriadis considera che lo
scopo tanto della comunità che della società è quello di garantire l’autonomia degli
individui, il loro diritto a inventare e a
creare il loro destino personale e sociale. A
questo proposito segnaliamo che
Castoriadis tiene un corso all’Ecole des
Hautes Etudes di Parigi dedicato alla creazione del tempo da parte degli individui in
comunità e un seminario sull’attività psicoanalitica come paradigma di praxis.
Su questi temi si sono espressi, nel quadro
del seminario “L’argumentation” organizzato dal Collège de Philosophie di Ferry e
Renaut, Alain Boyer e Robert Legros. Alain
Boyer insegna all’Università di ClermontFerrand ed è stato allievo di Bouveresse: da
qui il suo interesse per i problemi alla
frontiera fra epistemologia e filosofia politica. Nel suo intervento al Collège de
Philosophie, Boyer ha presentato alcune
“buone ragioni” per farsi partecipe del punto di vista della teoria della giustizia di
Rawls: essa permetterebbe una valido approccio al problema delle condizioni a priori
dell’ingresso in società e del mantenimento di certe premesse nella durata. La teoria
della giustizia di Rawls, facendo leva sull’ipotesi del velo d’ignoranza originario (in
cui gli individui si troverebbero a decidere
le regole della società privi di interessi
perchè in situazione neutra, prima di ogni
acquisizione di ruoli, funzioni o ricchezze)
ha il pregio, secondo Boyer, di essere «sistematica, costruttiva, feconda ed etica». In
termini più precisi, è sistematica perchè si
basa su una interpretazione della triade:
uguaglianza, fratellanza e libertà; è costruttiva perchè persegue un «aggiustamento
duale fra teoria e pratica» vale a dire si
avvale della giustizia, sia procedurale sia
distributiva, tenendo sempre presente di
non contraddire le più profonde convinzioni etiche (teoria dell’equilibrio riflesso). E’
feconda perchè permette di articolare i dissidi in modo razionale, abbinando una teoria teleologica del bene a una teoria deontologica del rispetto di alcuni principi etici,
ed è etica almeno da un punto di vista
formale. Robert Legros, dal canto suo, ha
rivalutato rispetto alla tradizione filosofica
della dimostrazione (in particolare cartesiana) la portata sia conoscitiva sia etica
dell’argomentazione, la quale, né empirica, né dimostrativa, ha un certo peso come
prova e attestazione (si pensi alle nuove
teorie scientifiche e alla riflessione filosofica sulla coerenza interna delle varie ipotesi). L’argomentazione è un discorso capace di suscitare l’adesione degli individui
alle tesi proposte, provocando dunque un
certo assenso. Per questo motivo l’argomentazione ha un significato importante
nelle procedure secondo cui una comunità
si mantiene in certe premesse. Investigando soprattutto l’esperienza dell’argomentazione (cioè cosa facciamo quando argomentiamo) Legros, rileggendo Pereilman,
sottolinea gli aspetti etici del discorso argomentativo, in particolare il fatto che chi
argomenta si riferisce sempre, consciamente
o inconsciamente, a un auditorio universale in cui le proprie ragioni siano valide,
forte della convinzione antropologica che
certe premesse siano profondamente radicate in ogni comunità. La seduta di febbraio del Collège è terminata con un dibattito pubblico su questo tema dell’universalità ideale dell’uditorio, se esso possa fare
in fondo l’economia della tradizioni storiche e quale sia il suo fondamento ontologico. F.M.Z.
Nuova era, nuova gnosi
Con Il risveglio della gnosi ovvero diventare dio (Laterza, Roma-Bari 1990)
Giovanni Filoramo conferma la possibilità di utilizzare il paradigma della
gnosi per individuare i tratti fondamentali della costellazione storicoculturale che segna l’epoca attuale.
Come raffigurazione concreta dell’archetipo gnostico nell’ambito della più
immediata contemporaneità, Filoramo
propone tra l’altro l’esoterismo di New
Age, forma di “neognosi popolare”
postmoderna, religiosità evanescente
e inafferrabile che attende l’avvento
dell’ “Età dell’Acquario”, di un “nuovo
paradigma” profetizzato anche da
scienziati “mistici” come Fritjof Capra.
Col nuovo contributo di Giovanni
Filoramo si consolida un’ipotesi già avanzata pochi mesi prima da Carlo Formenti
(Immagini del vuoto. Conoscenza e valori
nella gnosi e nelle scienze della complessi-
tà, Liguori, Napoli 1989): in entrambi i casi
un tentativo di definizione del “luogo del
presente” si fonda su una categoria teologica come lo gnosticismo, con un metodo
esplicitamente “metastorico”, basato su equivalenze morfologiche e “omologie strutturali” che individuano costellazioni ricorrenti di idee, secondo la lezione di Carl
Gustav Jung e Gilbert Durand. In questo
modo la gnosi diviene, da un lato, “cifra
fondamentale della modernità”, “specchio
dell’occidente” e potenza fatale della sua
storia e della sua tradizione; dall’altro, l’immagine della gnosi si presta all’applicazione immediata a una serie di fenomeni della
più stretta contemporaneità, ricondotti così
alla loro radice archetipica.
L’impostazione decisamente epistemologica di Formenti vedeva il paradigma gnostico come segreta identità degli sviluppi
teorici che hanno portato alla tematizzazione scientifica del complesso, dell’irreversibile, dell’individuale. Quello di Filoramo
è invece un lavoro più tecnico, da storico
delle religioni, dove l’intenzione rivolta
all’attualità si pone però in prima linea, già
nel titolo e poi in tutta la prima parte del
saggio, dedicata ai “fantasmi ritrovati” delle mitologie gnostiche. Certi tratti essenziali risultano tuttavia ben visibili in entrambe le versioni: quattro punti che possono sintetizzare un disegno piuttosto evanescente, ma non privo di una sua rispondenza obiettiva. Innanzitutto, si riconosce la
crisi dell’idea di secolarizzazione: il disincanto del mondo non è un fenomeno irreversibile, non procede univocamente nella
sola direzione della decadenza del sacro; si
deve parlare invece di una costante tensione tra mito e demitizzazione, tra produzione di senso e nichilismo, da cui derivano
nuovi intrecci e ibridazioni tra formazioni
culturali diverse, che fanno apparire l’annuncio della fine del mito e della “morte di
Dio” come l’ultima delle grandi narrazioni
mitiche. In secondo luogo, la forma più
probabile che verranno ad assumere in questa situazione i sistemi ideologici e religiosi sarà quella del sincretismo, della fusione
eclettica di tradizioni differenti e di ambiti
differenti della cultura: il modello di questa
evoluzione è prefigurato dall’età ellenistica, quando l’impero alessandrino sconvolse i vecchi legami organici della polis e i
confini etnici dei culti, per dar luogo a un
primo esempio di cosmopolitismo moderno. Questo fu il terreno di coltura ideale per
la religiosità “eretica” della gnosi, miscela
di politeismo e monoteismo, oriente e occidente, astrologia babilonese e metafisica
greca, culti misterici e Cabala, che trovò
poi il suo punto di coagulazione nel messaggio di salvezza del cristianesimo. In
terzo luogo, in un’epoca come la nostra,
caratterizzata da un netto predominio della
razionalità scientifica sulle altre modalità
del pensiero, ogni “nuova mitologia” che
aspiri a diventare egemone dovrà presentarsi necessariamente come “mitologia della
ragione” (per usare una terminologia coniata dal primo romanticismo tedesco), cioè
TENDENZE E DIBATTITI
Hastakara Yantra. India Occ. XVIII sec. d.C.
TENDENZE E DIBATTITI
come una sorta di religione epistemologica, capace di esprimere la propria concezione del mondo utilizzando due registri
completamente diversi, quello della sensibilità mistica e quello della razionalizzazione del mondo. Del resto, secondo
Formenti, già lo gnosticismo alessandrino
altro non fu se non mito espresso “in termini astratti”, nel linguaggio teorico della
filosofia classica. In quarto luogo, questo
“ritorno del sacro” riguarda una civiltà
come l’occidente contemporaneo, che diventando civilizzazione planetaria tende
ad abbandonare ogni sentimento di appartenenza anche alla propria tradizione, giudaico-cristiana da un lato, positivistameccanicista dall’altro, per abbracciare l’unico credo di una comunicazione totalmente aperta fra le culture, secondo il principio
formulato radicalmente da Paul
K.Feyerabend: «Non c’è alcuna idea, per
quanto antica e assurda, che non sia in
grado di migliorare la nostra conoscenza».
La nuova religiosità occidentale si affermerà perciò anche come ribellione contro
l’immagine della propria identità vincente
e come riabilitazione di tutto ciò che questa
identità ha obliato, soffocato, represso, sia
che si tratti di frammenti di tradizioni altrui
ricombinati in contesti eterogenei, sia che
si tratti di aspetti occulti ed “esoterici” della
stessa tradizione occidentale. In questo sviluppo è presente dunque un intento critico,
o meglio autocritico, contro l’immagine
della razionalità dominante, un intento che
non si limita alla situazione storica contingente, ma cerca invece di ricostruire fino
alle sue origini un lungo percorso, segnato
dalla costante, sotterranea presenza di una
tradizione alternativa (gnosticismo, ermetismo, alchimia, teosofia, occultismo, fino
alla “gnosi psicologica” di Jung), che accompagna come un’ombra l’illuminismo
vittorioso. Riportare alla luce questa tradizione alternativa fu l’esplicito programma
delle conferenze “Eranos” di Ascona, animate fin dal 1933 dall’inconfondibile ispirazione interdisciplinare junghiana: un caso emblematico di moderna “gnosi filosofica”, secondo Filoramo, che classifica d’altra parte l’attuale “nebulosa esoterica” di
New Age come “neognosi popolare” postmoderna, particolarmente significativa
per le sue affinità con il modello tardoantico. E in effetti l’annuncio della “Nuova
Era”, dell’ “Età dell’Acquario”, rappresenta indubbiamente una completa raffigurazione dell’archetipo gnostico. New Age è
solo un’etichetta, che non indica nulla di
preciso se non una congerie di nuovi movimenti spirituali nati in California, se vogliamo delimitare perlomeno geograficamente il concetto. Atmosfera più che dottrina, dai confini vaghi e permissivi che
ammettono connotazioni più negative che
positive, la sigla New Age comporta sicure
esclusioni (materialismo, meccanicismo,
scientismo, ecc.), ma non altrettanto risolute adesioni: in ogni caso tutto ciò che il
moderno ha estromesso o emarginato ha
buone probabilità di essere preso in consi-
derazione. New Age predice l’avvento di
un “nuovo paradigma” della vita e della
conoscenza, che sostituirà nella teoria e
nella prassi l’intera concezione del mondo
scaturita dalla rivoluzione scientifica e industriale. Difficile essere sicuri di appartenere al nuovo paradigma, ma altrettanto
difficile proclamarsi estranei: ne sanno qualcosa due protagonisti parzialmente involontari, Fritjof Capra e Gregory Bateson.
Dopo aver prospettato, con Il Tao della
fisica (Adelphi, Milano 1982), una audace
sintesi eclettica tra fisica delle particelle e
mistica orientale, Capra ha redatto un vero
e proprio “manuale del nuovo paradigma”
che l’area New Age ha subito trasfigurato in
una specie di Bibbia (Il punto di svolta.
Scienza, società e cultura emergente, tr.it.
Feltrinelli, Milano 1984). E’ vero che
Bateson è stato uno dei critici più coerenti
e radicali del paradigma cartesianonewtoniano, ed è anche vero che ha preferito avere amici spiritisti e vivere in mezzo
alla controcultura piuttosto che tra i suoi
colleghi scienziati. Tuttavia, quando il suo
concetto allargato di “mente” viene completamente frainteso come legittimazione
del soprannaturale, il suo imbarazzo e fastidio appare del tutto comprensibile (cfr.
G.Bateson-M.C.Bateson, Dove gli angeli
esitano. Verso un’epistemologia del sacro,
tr.it. Adelphi, Milano 1989).
Il fatto è che New Age non pretende dichiarazioni di fede, ma è in grado di dar forma
a sensazioni diffuse: il destinatario del suo
messaggio è l’uomo comune prima dell’uomo di scienza, e le sue tesi rappresentano soltanto un “ombrello culturale” che
ricopre una gamma vastissima di linguaggi
e di livelli interpretativi (un orientamento,
perlomeno nel settore dell’editoria New
Age, è offerto dal fascicolo-dossier de “la
Rivisteria”, 1989, n.21). Abbiamo una “gnosi volgare” e una “gnosi dotta”, come accadeva nei primi secoli dopo Cristo. New Age
può essere la termodinamica dei sistemi
lontani dall’equilibrio, la geometria dei frattali, le teorie del caos e della complessità, il
principio antropico o i resoconti dello
Worldwatch Institute sullo stato del pianeta; ma può anche essere la filosofia romantica della natura, l’antroposofia steineriana, i segreti massonici e rosacrociani, la
medicina naturale e psicosomatica, l’omeopatia, la contemplazione dei cristalli, il
channelling ossia la comunicazione con
“fonti paranormali”, o infine tutte le tradizionali tecniche oracolari, dall’astrologia
all’I Ching. Forse è proprio questa la novità
più interessante per la cultura occidentale
moderna, questo complesso e ibrido intreccio tra sapere ufficiale e folklore occulto,
tra innovazione scientifica e philosophia
perennis esoterica: una legittimazione del
sincretismo, della possibilità di utilizzare
su un piano paritario modalità di pensiero
completamente diverse.
In un simile contesto non è affatto un caso
la grande fortuna della psicologia junghiana, il cui metodo non si limita a ridurre
l’archetipo alla scienza, ma procede anche
nella direzione opposta, commettendo una
scandalosa infrazione alle regole del razionalismo. Questa formula di totale “democratizzazione” dei rapporti fra i differenti
strati della cultura si riflette nella prassi
organizzativa di New Age, fondata su tipici
networks, su relazioni di natura informale e
specifica fra movimenti e soggetti in larga
misura indipendenti: strutture che si adattano egregiamente alla situazione comunicativa postmoderna, priva di punti di riferimento sociali e ideologici privilegiati.
Autodeterminazione come unica via di
scampo dal dominio delle istituzioni gerarchiche e centralizzate, questo il principiobase. Ciò che conta è evitare tutto quanto
riduce il potere dell’individuo sulla propria
vita, consentire a ognuno di seguire la propria intuizione, “essere il proprio guru” per
raggiungere quella “coscienza cosmica”
che è poi il fine ultimo di New Age, grande
“cospirazione acquariana” che raduna tutte
le speranze millenaristiche in vista dell’apocalissi ecologica di fine millennio (cfr.
Marilyn Ferguson, The Aquarian
Conspiracy, Tarcher, Los Angeles 1980).
Una sfida per la filosofia? Forse New Age è
solo la farraginosa avanguardia di un nuovo sentire, che si avventura con qualsiasi
mezzo in quelle regioni dove anche gli
angeli di Gregory Bateson esitano a metter
piede, «ma non per sempre» (cfr. G.Bateson,
op.cit.). L.G.
Fede nella scienza,
fede nella religione
Il rapporto tra fede e scienza è ancora
un argomento che fa discutere. Anche
se la strategia usata nella scelta delle
argomentazioni ricorda quella applicata all’interno del dibattito tra il verificazionismo ed il falsificazionismo,
Michael Banner pubblica un’interessante monografia: The Justification of
Science and the Rationality of Religious
Belief (La giustificazione della scienza
e la razionalità del credo religioso,
University Press, Oxford, 1990), in cui
rifugge sia dal pensiero che sostiene la
razionalità della scienza di fronte alla
religione, sia dall’opposto argomento, sostenuto in particolare da Thomas
Kuhn, secondo cui entrambe si basano sulla fede, sicchè la religione non
sarebbe migliore o peggiore della
scienza. Al contrario Banner sostiene
la razionalità sia della scienza (contro
Kuhn) sia della religione (contro
Wittgenstein e Dewi Phillips), concludendo che la scienza non è meglio o
peggio della religione.
La prima metà del libro è una difesa del
realismo scientifico (realismo razionale)
come il modo più plausibile per dar conto
dei progressi scientifici; lo scopo centrale
dell’investigazione scientifica è individuato da Michael Banner nel tentativo di
TENDENZE E DIBATTITI
produrre la spiegazione migliore possibile
per una certa esperienza. Sua intenzione è
stabilire l’appropriatezza dei criteri razionali per interpretare ed analizzare la religione. In tal senso egli procede ad un esame
dell’idea che il linguaggio religioso sia un
linguaggio puramente espressivo, e cioè
non teso a fornire spiegazione alcuna. Ma
allora: quale descrizione è possibile dare
alla razionalità della religione? Una tale
descrizione può far giustizia al carattere
apparentemente assoluto della fede?
Per Banner una tale descrizione è possibile
se seguiamo la vera natura della relazione
tra le ipotesi scientifiche e l’evidenza. Le
ipotesi non sono necessariamente tentativi,
ma possono contenere progetti che permettono allo scienziato di sostenere ipotesi
anche di fronte a nuove esperienze. Non vi
è perciò obiezione alcuna che invalidi il
voler analizzare la fede religiosa come un
sostegno per il procedimento ipotetico. Ciò
che invece dovrebbe essere messo in discussione da Banner è l’assunzione che la
razionalità del credo religioso sia legata al
suo essere un’ipotesi appropriata all’evidenza, e non, come generalmente si sostiene, all’essere ciò che garantisce il mondo
come evidenza. Egli spiega il teismo come
una buona ipotesi esplicativa, come una
specie di spiegazione personale che si richiama a leggi generali. Analizzando The
Origin of Species (L’origine della specie,
1859) di Darwin, Banner intende mettere
in evidenza il carattere ad hoc di alcune
spiegazioni scientifiche e la convergenza
tra argomento ed evidenza. In tal senso egli
afferma che c’è una significativa analogia
tra l’accettazione delle teorie scientifiche e
l’accettazione del teismo. La questione della
controevidenza del teismo, sollevata dal
problema del male, viene così affrontata da
Banner in maniera prevedibile: quando tratta questo problema come anomalia o puzzle. Lo stesso argomento è usato da Kuhn
per mostrare, al contrario, l’irrazionalità
del ragionamento scientifico.
Alle tesi di Banner si oppone per certi versi
John Sparkes, che in un suo recente articolo (“The Times Higher Education
Supplement”, 23 novembre 1990) ammette l’esistenza di un atto di fede nell’applicazione delle leggi. Più precisamente Sparkes
si domanda se la cosmologia odierna, con
le sue interpretazioni e conclusioni, nel
tentativo di voler dare una descrizione completa dell’universo, proceda secondo una
modalità scientifica. Nel mettere in luce il
problema, Sparkes afferma che alla base
della scienza c’è un atto di fede, il quale non
solo ci permette di pronunciarci sul mondo
“reale”, nonostante l’inevitabile interferenza dell’interpretazione soggettiva dell’uomo sull’esperienza, ma ci permette anche
di capire che le teorie possono essere applicate in qualunque epoca storica. Gli scienziati infatti credono che le loro leggi, processi e concetti fisici, rimangano invariati
di fronte ai cambiamenti del tempo e dello
spazio (o tutt’al più cambino, come la radioattività, in maniera costante). Se però
estendiamo questa invarianza alle epoche
di tempo di cui parlano i cosmologi, che
cosa si deve pensare? Non possiamo sapere
se nei passati milioni di anni si siano verificati cambiamenti significativi. Così, il
fatto che si creda all’applicabilità delle
costanti fisiche e delle leggi scientifiche in
tutti i tempi, è un atto di fede. Se gli scienziati accettano questa regola dell’invarianza, com’è possibile che i cosmologi considerino l’idea che essa possa essere interrotta da un fenomeno come il Big Bang?
Secondo Sparkes si può arrivare a considerare un simile evento solo quando si accetti
un diverso principio, che si collochi ad un
livello differente rispetto a quello della
scienza. I cosmologi indicano delle strategie che sono proprie degli scrittori di fantascienza. Il Big Bang per Sparkes non sarebbe pertanto un concetto scientifico, perchè
la scienza non agisce secondo questa modalità.
A conclusione dell’analisi del rapporto tra
fede e scienza si può dire che nell’ambito di
questo dibattito c’è un tentativo più o meno
mancato di rivalutazione della fede.
Rivalutazione che emerge sia nel sostenere
e giustificare la fede religiosa come una
spiegazione razionale, sia nell’ammettere
che alla base della scienza ci sia un atto di
fede, garante della scienza stessa e dei suoi
progressi, che mantiene il suo carattere di
assunzione non razionale. V.R.
La filosofia del meraviglioso
Un gran numero di pubblicazioni che
trattano del pensiero filosofico contemporaneo testimoniano come anche nei paesi anglosassoni sia divenuto centrale, accanto al filone della filosofia analitica e pragmatica, un interesse che si rivolge soprattutto alla
filosofia occidentale europea. All’interno di questo dibattito sono state
recentemente pubblicate due importanti opere la cui particolarità è quella
di considerare il pensiero di Heidegger
e quello di Wittgenstein in relazione al
loro comune interesse per il linguaggio. Si tratta dello studio di J. C.
Edwards, The Authority of Language:
Heidegger, Wittgenstein, and the
Threat of Philosophical Nihilism (L’autorità del linguaggio: Heidegger,
Wittgenstein ed la minaccia del nichilismo filosofico, University of South
Florida Press, Gainesville 1990), e di
quello di Stephen Mulhall, On Being in
the World: Wittgenstein and Heidegger
on seeing aspects, (L’essere nel mondo: Wittgenstein e Heidegger sugli aspetti visivi, Routledge, Londra 1990).
Il metafisico oblio dell’essere e il nichilismo sono l’oggetto dello studio di J.C.
Edwards. Senza seguire la definizione di
Heidegger, egli è d’accordo nell’affermare
che una condizione necessaria per l’avven-
to del nichilismo sia pensare come pienamente rappresentabile da un sistema di
regole la nostra capacità conoscitiva e la
nostra morale, sistema che l’uomo adotterebbe auto-coscientemente per giudicare
ed agire. Questo paradigma della razionalità-come-rappresentazione sfruttato dal nichilismo porterebbe dunque a compimento
un mancato accordo tra le regole e la pratica. Poiché inoltre tutte le nostre azioni sono
linguaggio-dipendenti, il nichilismo arriva
a mettere in dubbio anche la possibilità di
rappresentare il linguaggio come una struttura di regole applicate alla modalità espressiva. A questo proposito il famoso
detto di Heidegger: die Sprache Spricht (il
linguaggio parla) vuole appunto significare che noi non siamo “padroni” del nostro
linguaggio, ma che anzi siamo sue creature. Anche Wittgenstein si dimostra critico
riguardo al modello della razionalità-comerappresentazione. Nessuna regola, secondo Wittgenstein, è garante per se stessa
della sua applicazione. L’unione di più
parole non è esplicabile attraverso regole,
perchè è dovuta ad un accordo bruto.
Heidegger e Wittgenstein sono oggetto d’indagine anche nello studio di Stephen
Mhulhall. Questi sostiene che il tema centrale dell’ultima filosofia di Wittgenstein
sia la nozione di “percezione dell’aspetto”,
che è una caratteristica propria dell’uomo.
Nella nostra quotidiana esperienza il vedere o l’udire qualcosa avvengono direttamente attraverso una certa manifestazione
di quel qualcosa. Nel descrivere quest’esperienza ci si accorge che non ci troviamo
di fronte ad un momento meramente conoscitivo, ma ad una ricerca immediata e
spontanea, che non viene riconosciuta invece dal modello impersonale della razionalità-come-rappresentazione. La prospettiva adottata da questo modello non è, secondo Mulhall, propria dell’uomo, ma dell’automa, che interpreta i dati conformemente alle regole con cui è stato programmato. Il crimine di molta filosofia analitica
è il pretendere che l’essere dell’automa sia
la normale condizione dell’uomo.
In relazione a questo argomento il contributo di Heidegger consiste nell’aver generalizzato le spiegazioni di Wittgenstein sulla
percezione, considerandole all’interno del
nostro essere nel mondo, cogliendo in questo la vitale differenza che c’è tra l’esperienza di un mondo pieno di significati e
quella di un parassita che contempla un
mondo impersonale. Entrambi seguaci di
Heidegger, Edwards e Mulhall concludono
tuttavia che, diversamente da Wittgenstein,
Heidegger sarebbe venuto meno al suo
intento di allontanarsi dalla metafisica, che
peraltro condanna. Mulhall ritiene che la
distinzione tra “utilizzabilità” e “semplice
presenza” risulta rovinata dal suo essere
inserita in un ambito che egli definisce di
“metafisica barocca”; mentre per Edwards,
che segue la scia di Derrida e di Rorty, la
basilare nozione di Heidegger del logos
come “differenza”, avrebbe un carattere di
ontoteologismo e di misticismo.
TENDENZE E DIBATTITI
namente l’auto-determinazione come compito distintivo delle possibilità umane.
Questo obbiettivo potrebbe anche coincidere con il compito del pensiero, anche
perché il paradigma del conoscere e del
comprendere, utilizzato da Heidegger, è
quello proprio di un artigiano, la cui sicura
abilità gli rivela le cose che lo riguardano in
una interconnessione senza giunture, laddove il pensiero riflessivo del pensatore
rimane estraneo a questa auto-determinazione. Dal canto suo Edwards definisce il
pensiero di Wittgenstein una “spiritualità
senza spirito”, definizione che, a questo
punto, potrebbe essere applicata anche ad
Heidegger quando parla dell’”evento appropriante”, che pur non essendo un atto di
Dio, garantisce e sostiene gli uomini e le
cose; un evento che, essendo al di là del
controllo e della rappresentazione umana,
è oggetto proprio di meraviglia e non di
culto. La tradizione metafisica (razionalità-come-rappresentazione) sarebbe in tal
senso quella di un pensiero che ha paralizzato il “meraviglioso” che era all’inizio
della filosofia. V.R.
Walter Benjamin:
un’inattuale ricorrenza.
Walter Benjamin (Parigi, 1927)
Wittgenstein al contrario non cade nella
tentazione metafisica, che definisce addirittura una malattia per il filosofo. Ma il
confronto della filosofia americana con il
pensiero di Heidegger non si arresta a questo campo di considerazioni. Altre due recenti pubblicazioni mettono in evidenza un
interesse di fondo per la critica heideggeriana al mondo della tecnica. E’ questo il
tema che Michael Zimmerman affronta
nel suo Heidegger’s Confrontation with
Modernity:Technology, Politics and Art (Il
confronto di Hidegger con la modernità:
tecnologia, politica, ed arte, Indiana
University Press, Bloomington 1990).
La prima parte del libro approfondisce il
periodo storico-intelletuale degli anni ’30,
in cui si colloca la riflessione di Heidegger,
soprattutto in relazione al pensiero dei “modernisti reazionari”. Pur ammettendo la
visione di Ernst Junger della tecnologia
come Gestalt che influenza l’esperienza
quotidiana, egli tuttavia non vi trova motivi
di particolare entusiasmo. Al contrario, la
famosa “svolta” della maturità rispetto alle
posizioni di Essere e tempo (1927) non è
che un doloroso riconoscimento dell’enfasi assegnata al carattere di “utilizzabilità”
delle cose, che può aver suggerito un qualche entusiasmo per la Gestalt.
La seconda parte del libro è filosofica e
riporta la critica di Heidegger al pensiero
tecnologico, in quanto capitolo finale della
metafisica. L’impianto tecnologico che dovrebbe “dischiudere” la realtà, il Gestell,
impedisce di fatto ogni altro approccio
conoscitivo, tanto da nascondere alla realtà
il suo stesso stato. Il Gestell si pone perciò
al polo opposto rispetto a quella contemplazione della realtà, che permette alle cose
di essere loro stesse. Nel tracciare i contorni della simpatia di Heidegger per il
Nazismo, Zimmerman rileva come questa
fosse soprattutto basata sulla fede nella
capacità del Nazismo di proteggere dai
giganteschi trusts la piccola economia agricola, che offriva per Heidegger la migliore resistenza alla tecnologia della
Gestalt.
L’insieme di queste considerazioni mostra
in conclusione come in ambito americano
vi sia una certa propensione per un ridimensionamento del nichilismo heideggeriano, soprattutto alla luce della sua associabilità con il pensiero di Wittgenstein,
che mette in relazione il problema della
fine della filosofia con considerazioni sulla
malattia di molti filosofi. A questo proposito la conclusione del libro di Mulhall
descrive l’obbiettivo di una filosofia “sana” come realizzazione di una prospettiva
che implica una forma di potere linguistico, potere analogo a quello raggiunto dagli
atleti e dagli artigiani, che realizzano pie-
In occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Walter
Benjamin (avvenuta il 26 settembre
1940 a Port Bou, il villaggio spagnolo
sui Pirenei, dove si tolse la vita nel
timore di cadere nelle mani dei nazisti)
diversi eventi culturali hanno attirato
l’attenzione sulla figura del filosofo,
saggista e critico letterario che, dopo
essere stato oggetto, almeno in Italia,
di una vera e propria moda culturale
contrastante con gli elementi di “inattualità” presenti nel suo pensiero, sembra essere caduto nel dimenticatoio:
una mostra sulla vita e l’opera di
Benjamin presso lo “Schiller-Nationalmuseum” di Marbach am Neckar (21
ottobre - 9 dicembre 1990); una mostra dell’artista israeliano Igeal
Tumarkin che presenta disegni e sculture ispirati a motivi benjaminiani, conclusasi il 5 ottobre 1990 presso il
Goethe Institut di Tel Aviv; la trasmissione alla radio tedesca dei drammi
radiofonici Das kalte Herz (Il cuore
freddo) e Lichtenberg.
La mostra di Marbach am Neckar, organizzata dal Theodor W. Adorno Institut di
Francoforte (dove si trova buona parte del
lascito benjaminiano) in collaborazione con
il Deutschen Literaturarchiv di Marbach,
documenta attraverso edizioni originali, fotografie, lettere e manoscritti il percorso
biografico e intellettuale di uno dei pensatori più enigmatici e affascinanti del nostro
secolo, nel quale motivi della teologia ebraica si fondono con tematiche di un pensiero marxista non dogmatico, radicale e
TENDENZE E DIBATTITI
anti-storicistico, come avviene ad esempio
nelle Tesi di filosofia della storia del 1940.
I materiali raccolti nella mostra da Rolf
Tiedemann, Christoph Gödde e Henri
Lonitz testimoniano i diversi momenti dell’irrequieta e tormentata esistenza di
Benjamin: gli anni dell’infanzia a Berlino,
le amicizie, le più importanti figure femminili, il suo travagliato itinerario da Berlino
a Friburgo, Monaco, Berna, Francoforte,
Capri, Mosca e Ibiza, fino all’esilio parigino dopo la presa del potere nazista nel
1933. E’ a Parigi che Benjamin lavora,
nelle stanze della Biblioteca Nazionale, al
Passagenwerk, la celebre opera, rimasta
allo stato frammentario, sui passages parigini, le gallerie costellate di negozi nelle
quali egli individuava un luogo simbolico
della vita nelle metropoli moderne. Parigi
fu l’ultima tappa della sua esistenza: dopo
l’invasione tedesca in Francia Benjamin si
decide a lasciare il paese, tentando di emigrare clandestinamente negli Stati Uniti,
dove Max Horkheimer aveva trasferito il
celebre Institut für Sozialforschung. Arrivato insieme ad un gruppo di fuggiaschi al
villaggio spagnolo di Port Bou, al confine
con la Francia, Benjamin teme, per le minacce delle autorità locali, di essere consegnato ai nazisti e nella notte tra il 25 e il 26
settembre prende una dose di morfina che,
come aveva detto ad Arthur Koestler, da lui
incontrato pochi giorni prima a Marsiglia,
avrebbe potuto uccidere un cavallo.
Di taglio diverso rispetto a quella di
Marbach la mostra delle opere dell’artista
israeliano Igeal Tumarkin che si è conclusa il 5 ottobre 1990 presso la sede di Tel
Aviv del Goethe Institut. In sculture metalliche Tumarkin rappresenta alcuni motivi e figure dell’opera benjaminiana, tra cui
il “salto della tigre nel passato” di cui
Benjamin parla nella XIV delle sue Tesi di
filosofia della storia, per indicare la paradossale e utopica inversione del corso della
temporalità lineare e progressiva della storia, tipica a suo parere delle concezioni
positivistiche e storicistiche.
La trasmissione da parte della Radio tedesca (Südwestfunk) dei radiodrammi
Lichtenberg (26 settembre e 23 ottobre
1990) e Das kalte Herz (16 ottobre 1990),
ha attirato l’attenzione su un aspetto diverso e meno noto dell’attività di Benjamin. In
Das kalte Herz (1932), una sorta di variazione sul tema dei Sei personaggi in cerca
d’autore di Pirandello, Benjamin sembra
mettere da parte le teorizzazioni di carattere ideologico sulla funzione sociale della
radio che lo accomunavano a Brecht, per
abbandonarsi al gioco di una sperimentazione che spoglia i personaggi delle loro
vesti teatrali attraverso una loro riduzione
ad entità puramente sonore. La produzione
di Lichtenberg (1932/33), l’ultimo dramma radiofonico commissionato a Benjamin
prima dell’esilio, venne interrotta dopo la
presa del potere da parte del nazionalsocialismo, e venne trasmessa per la prima volta
solo all’inizio degli anni settanta dalla Radio svizzera. In questo dramma radiofoni-
co Benjamin prende spunto dalla figura di
Lichtenberg, e dai molteplici interessi del
fisico, filosofo e scrittore tedesco del diciottesimo secolo, dal cui “affascinante
mondo di pensiero”, come leggiamo in una
lettera scritta a Gershom Scholem all’inizio del 1933, Benjamin era avvinto.
A questi eventi culturali che hanno ricordato la figura di Walter Benjamin vanno
aggiunte due monografie pubblicate in
Germania e in Italia: una di Momme
Brodersen, Spinne im eigenen Netz. Walter
Benjamin - Leben und Werk (Un Ragno
nella propria rete. W. Benjamin - Vita e
opera, Elster Verlag, Baden-Baden 1990)
l'altra di Enrico Guglielminetti, Walter
Benjamin. Tempo, ripetizione, equivocità
(Mursia, Milano 1990). M.M.
Medievalia
Fra le varie epoche della storia della
filosofia, quella medioevale è, dal punto di vista editoriale, la più negletta:
un numero considerevole di testi non
conoscono edizioni relativamente recenti, e le traduzioni - complice, forse,
una accessibilità del latino più supposta che reale presso il pubblico potenzialmente interessato - sono relativamente scarse. Sono perciò da encomiare le recenti edizioni delle opere di
Boezio di Dacia e Giacomo da Pistoia,
Ricerca della felicità e piaceri dell’intelletto (Nardini, Firenze 1990); Matteo
d’Acquasparta, Il cosmo e la legge
(Nardini, Firenze 1990); San Bernardo,
Opere. II (con testo a fronte, Città nuova, Roma 1990); infine, una raccolta di
studi critici di Luca Orbetello, Boezio e
dintorni (Nardini, Firenze 1990).
L’opera di Boezio di Dacia, esponente
averroista e allievo di Sigieri di Brabante, e
di Giacomo da Pistoia raccoglie alcune
disputationes universitarie del XIII secolo.
Sigieri si proponeva di cercare non la verità, prerogativa della fede rivelata, ma di
interpretare il pensiero di Aristotele. Boezio
va oltre, e distingue la fede che procede per
dogmi, dalla “scienza”, che procede per
dimostrazioni. Confondere l’una con l’altra, come fa chi vuole accordare il punto di
vista della fede cristiana con il pensiero di
Aristotele, è da stolti e da eretici. Da stolti,
perché significa cercare dimostrazioni per
ciò che non si può dimostrare; da eretici,
perché significa non voler credere a ciò che
occorre credere.
Riccardo da San Vittore, pensatore del
secolo XII, precedente quindi a Boezio,
cerca invece proprio nel De Trinitate, di cui
appare ora la prima traduzione italiana, una
dimostrazione filosofica del dogma trinitario. L’epoca di cui quest’opera è fedele
rappresentante è quella che precede e prepara quella delle grandi summae; la legittimità dell’uso di categorie filosofiche per
spiegare i motivi centrali della fede cristia-
na e, anzi, la legittimità tout court per il
fedele dell’uso della ragione filosofica, è
tutt’altro che pacificamente accettata.
Riccardo, comunque, individua nella caritas la ragione necessitante l’esistenza delle
tre persone distinte nell’unicità della sostanza, di cui chiarisce funzioni e attributi
per via induttivo-antropomorfica.
Bernardo di Chiaravalle, contemporaneo di Riccardo, è invece il più rilevante
esponente di quella tendenza che guardava
con sospetto all’esercizio autonomo della
ragione, e ne rifiutava decisamente l’applicazione alle questioni di fede; di qui la sua
strenua lotta contro Abelardo. Bernardo è
esponente della cosiddetta “teologia monastica”, che si contrappone a quella “scolastica” in senso lato, che concepisce la
teologia come scienza; per lui, come dice
Jean Leclercq in una nota monografia, «si
tratta meno di acquisire una conoscenza
esplicita del piano salvifico di Dio, che di
consentire a questo piano». Questo secondo volume delle Opere raccoglie testi di
diverso carattere, sermoni, sentenze e parabole. Le Sentenze sono scritti brevi, destinati innanzitutto alla meditazione claustrale, e sono un esempio medioevale di un
genere, quello degli “apoftegmi” (i “detti”
dei primi Padri della Chiesa), molto in voga
nei primi secoli del Cristianesimo. Le Parabole sono opere brevi, miranti all’edificazione; sempre caratterizzate dal realismo
del racconto, preludono al genere successivo, della novellistica di intrattenimento.
Al XIII secolo appartiene Matteo
d’Acquasparta, generale dei Francescani,
cardinale sotto Bonifacio VIII e suo stretto
collaboratore politico; inviato, fra l’altro,
nella crisi di Firenze del 1300, come mediatore tra Guelfi Bianchi e Neri. In seguito
a questa - fallita - missione, riuscì a entrare
nelle antipatie di Dante, che lo accusò di
aver irrigidito la regola francescana. Accusa forse non immeritata; benché uomo di
Curia, Matteo fu vicino alla corrente francescana degli spirituali. Egli coniugò però
il disprezzo del mondo, che negli spirituali
si evolveva verso l’ascetismo, con il proprio ruolo politico, traducendo il primato
del potere spirituale in una posizione teocratica. La concezione filosofica di Matteo,
allievo di San Bonaventura ed esponente
dell’agostinismo francescano, sostiene questa posizione; la polemica non solo contro
l’averroismo, ma anche contro il tomismo,
è motivata dall’eccessivo spazio che, a
parere di Matteo, in queste prospettive viene lasciato alla ragione umana e al mondo
sensibile. Il concetto di legge è il crocevia
del rapporto fra uomo e Dio, natura sensibile e natura intelligibile; la legge naturale,
divina e perciò razionale, si identifica con
la natura intelligibile e governa quella sensibile. Essa è quindi condizione di conoscibilità di entrambe, essendo impressa in tutti
gli esseri razionali; ma il peccato originale
ha oscurato la capacità dell’uomo di aderirvi, e la legge scritta non ha altra funzione e
legittimità se non quella di ausilio strumentale per la legge naturale.
TENDENZE E DIBATTITI
Gisleberto, Il Giudizio universale (part.), prima del 1132 d.C., Autun, Saint Lazare
TENDENZE E DIBATTITI
Luca Orbetello, direttore della collana
“Biblioteca medioevale” dell’editore
Nardini, non si occupa di Boezio di Dacia,
autore dell’opera apparsa per questi stessi
tipi, ma del più noto Severino Boezio,
comunemente posto all’inizio della filosofia medioevale. Il testo di Orbetello, una
raccolta di saggi, analizza fra l’altro il rapporto fra il neoplatonismo di Boezio e
quello di Agostino e Paolo. Neoplatonismo
presente, fra l’altro, nel ruolo attribuito alla
musica, vista pitagoricamente come espressione di rapporti matematici, a loro volta
specchio dell’ordine del cosmo. Musica,
quindi, non solo e non tanto come diletto
dei sensi, ma vero e proprio organo conoscitivo, per un’anima razionale dell’uomo,
posta in corrispondenza con l’essere del
mondo. F. C.
La libertà del linguaggio
Noam Chomsky è tuttora uno dei pensatori più discussi, sia per quanto riguarda il suo rivoluzionario approccio
al linguaggio, che ha influenzato parecchi altri settori di studio, sia per la
sua tagliente critica alla politica degli
Stati Uniti ed al ruolo degli intellettuali. Rapharl Salkie ha recentemente raccolto in un articolo (“The Times Higher
Education Supplement”, 4 gennaio
1991) il dibattito che si è sviluppato da
parte degli intellettuali americani intorno alla possibilità di trovare degli
elementi di unione tra gli studi linguistici ed il pensiero politico di Chomsky.
Apparentemente non sembra esserci una
connessione, anche perchè Noam
Chomsky ritiene che la politica debba essere comprensibile mediante il solo senso
comune, e non mediante una particolare
conoscenza. Tuttavia qualche volta l’analisi del linguaggio è centrale nel suo pensiero
politico. Per esempio, egli mostra come il
termine terrorismo, che originariamente veniva usato per riferirsi ad un uso della
violenza per fini politici, ora possiede un
significato più ristretto ed è usato per riferirsi ad un atto di violenza ad opera di
gruppi marginali, per cui l’attacco degli
Stati Uniti alla Libia, o l’invasione di
Grenada e Panama non vengono più definiti atti di terrorismo. Queste argomentazioni
linguistiche giocano certamente una parte
marginale nel pensiero politico di Chomsky,
lontane dalla sofisticata analisi della sua
grammatica generativa. Concesse le dovute precauzioni, esistono nondimeno importanti parallelismi tra i due settori. Nella sua
analisi linguistica egli inizia affermando
che il linguaggio è una caratteristica particolare dell’uomo, che non è condivisa da
nessun altro animale. Le proprietà del linguaggio ci appartengono geneticamente,
sono innate, non devono perciò essere imparate dall’essere umano. Il compito della
linguistica è quello di precisare in che cosa
consistono queste proprietà innate del linguaggio, così da spiegare al contempo una
parte significativa dell’essere umano. Alcune di esse sono astratte e complesse, ma
altre sono semplici e chiare. Per esempio
non è difficile rendersi conto che il linguaggio combina delle regole severe con una
grande libertà. Ogni frase del linguaggio
deve rispettare delle regole; allo stesso
tempo però la nostra libertà di creare nuove
frasi è estremamente ampia: molte delle
espressioni che in ogni momento usiamo
sono totalmente nuove; le parole che formano queste espressioni possono infatti
essere state già usate, ma la loro particolare
combinazione può non essersi mai verificata prima.
Questo intreccio di regole e di libertà, chiamato da Chomsky rule-governed freedom,
è una caratteristica essenziale del linguaggio: è infatti ciò che distingue il sistema di
comunicazione umano da quello degli animali. La stessa combinazione di libertà e di
regole si trova anche nell’analisi politica di
Chomsky. L’abilità di creare cose nuove ed
originali e l’abilità di compiere scelte razionali, sono caratteristiche che distinguono l’essere umano dagli animali. La visione di Chomsky di una nuova società incomincia con questa concezione dell’uomo e
prosegue col rappresentare una organizzazione sociale che dovrebbe permettere a
tutti di sviluppare le proprie capacità innate
ed i propri bisogni. Se l’essere umano ha
bisogno di libertà per poter assecondare le
sue capacità, allora il lavoro (incluso quello intelletuale) produttivo e creativo, condotto costantemente sotto il proprio controllo, è il modo migliore per accogliere i
suoi bisogni. Pertanto il capitalismo, in cui
l’uomo affitta se stesso per un lavoro astratto ed alienante sotto il controllo di altri, non
considererebbe dunque la natura umana.
Questa visione di Chomsky della natura
umana sembrerebbe condurre a una visione socialista-libertaria o anarchica dell’organizzazione sociale. Ciò nonostante esistono per Chomsky delle regole imposte
non dall’esterno ma dall’interno. Come le
regole del linguaggio non sono imposte
alle persone perchè fanno parte del package
di ognuno, così le regole che governano
l’uomo non devono essere insegnate e non
hanno bisogno di strutture istituzionali, perchè sono interne all’uomo e si sviluppano
solo in un clima di libertà. L’umanità per
Chomsky non ha bisogno di strutture coercitive per favorire la sua natura creativa.
Molti disaccordi politici provengono da
differenti visioni riguardo la natura umana,
anche perchè molto spesso queste visioni
sono limitate e non scientifiche. La proposta di Chomsky è di introdurre una concezione umana che almeno in parte possa
rivendicare una certa scientificità.
La nozione di rule-governed freedom in
linguistica è frutto di una deduzione scientifica ed è perciò saldamente fondata.
Chomsky è il primo ad affermare che nel
regno del pensiero sociale è realmente difficile possedere una buona evidenza di
qualcosa, per cui estendere la nozione di
rule-governed freedom dal linguaggio ad
altre aree è più un atto di fede che di
scienza. Nondimeno il fatto che questa
nozione è ragionevolmente affidabile per il
linguaggio come caratteristica umana, rende ragionevole provare ad estendere tale
nozione ad altre aree della natura umana.
Le nostre informazioni genetiche ci permettono una grande libertà, ma ci forniscono anche un insieme di limiti come regole
intrinseche. Questo modello dell’essere umano che emerge dal lavoro complessivo
di Chomsky è giudicato plausibile da Salkie,
in quanto si appoggia sia su dati scientifici,
sia su di una visione realistica dell’uomo,
permettendo a Chomsky di raggiungere il
suo più profondo risultato. V.R.
Il plurale dell’etica
L’etica è una forma di conoscenza che
pone capo a una verità in qualche
modo universale e sovrastorica? E’
questo il problema intorno al quale
ruotano numerose recenti pubblicazioni, e che vede attestati da un lato
pensatori come Italo Mancini e
Manfred Riedel, e dall’altro, con accenti e impostazioni anche molto diversi fra loro, la raccolta di saggi curata da Carlo Augusto Viano, la cosiddetta “filosofia pratica”, cui è dedicata
un’antologia, Charles Larmore, e Salvatore Natoli.
Se la risposta alla questione è affermativa,
la verità cui pone capo l’etica sarà il fondamento unico delle valutazioni morali e, al
di là delle contestualizzazioni cui vanno
necessariamente incontro le applicazioni
concrete, varrà come fonte unica dell’agire
morale in tutti gli ambiti della vita. Altrimenti non resta che riconoscere il pluralismo dei valori umani; rinunciando con ciò
a porre il problema etico nei termini della
determinazione della “vita giusta”, o della
determinazione metafisica del Bene.
Italo Mancini in L’ethos dell’Occidente
(Marietti, Genova 1990) si pone senz’altro
sul primo versante dell’alternativa, fa i
conti con l’ethos del passato e propone un
ethos del futuro. L’ethos del passato ha
seguito tre vie. La via antiqua - non in senso
strettamente cronologico - per la quale l’istanza morale, fondata su una sua intrinseca razionalità, è a sua volta fondamento del
diritto e della politica. Da Aristotele a
Tommaso, da Leibniz a Bloch, passando
ovviamente per i giusnaturalisti, la via antiqua sostiene che è legale ciò che è giusto,
e non viceversa, e che la razionalità è immanente al giusto e al bene. Con ciò la via
antiqua è anche, a parere di Mancini, via
perennis , perché fornisce un insieme di
coordinate, la cui validità è sovrastorica.
L’altra via, la via modernorum, è quella del
positivismo giuridico, che va da Hobbes a
Schmitt e Kelsen. Sostenendo che è giusto
TENDENZE E DIBATTITI
ciò che la legge giudica tale, la via modernorum non fa però che rovesciare semplicemente, secondo Mancini, l’assunto fondamentale della via antiqua. Il formalismo
giuridico di questa posizione viene rifiutato da Mancini proprio sulla base della necessità, di un’istanza di razionalità a fondamento della moralità e di una morale a
fondamento della legge. Ma la “via del
futuro”, che Mancini propone per l’ethos,
non può limitarsi a una riproposta della via
antiqua, ovvero della via perennis; deve
andare oltre, deve in un certo senso concretizzare, antropologizzandolo, il problema.
Non ci si dovrà allora orientare a definire
ciò che è bene, ciò che è giusto, ma in che
modo dovrà agire l’uomo buono, e in quale
l’uomo giusto. Per Mancini, che rivolge lo
sguardo a Levinas, l’uomo “etico” sarà
colui che, liberatosi dall’”idolatria”
dell’Ego, nella dimensione della comunità
saprà riscoprire l’Altro, ponendosi primariamente nella prospettiva dell’essere-con
e dell’essere-insieme agli altri. Sul secondo versante dell’alternativa, quello del pluralismo dei valori umani, si attesta invece
la maggior parte dei contributi raccolti da
Carlo Augusto Viano in Teorie etiche
contemporanee (Bollati Boringhieri, Torino 1990). Polemizzando con l’orientamento dell’opera e con il contributo di Viano
stesso, Gianni Vattimo ha sottolineato
(“Tuttolibri”, 14 luglio 1990) come l’utilitarismo sotteso all’orientamento dell’opera porti a un’impasse. L’utilitarismo tenta
infatti di costruire un’etica che si presenti
come “scienza esatta”, e quindi con un suo
notevole grado di complessità specifica,
che difficilmente dà conto dell’effettivo
agire del comune soggetto morale. La distinzione a questo proposito fra metaetica cioè il discorso “scientifico” sull’agire morale, prerogativa degli esperti, - ed etica,
ovvero effettivo agire del soggetto, pare a
Vattimo poco realistica: il “contenuto” dell’agire morale non è separabile dalla “forma”, cioè dalla riflessione su di esso. Tutte
le “scienze esatte” o sedicenti tali si basano
su un presupposto che resta indiscusso; per
l’utilitarismo esso è la coincidenza fra l’utile generale e quello individuale. Tale presupposto, nell’impostazione utilitarista, o
resta appunto indiscusso, oppure diviene
oggetto di fondazione sulle orme del principio di universalizzabilità kantiano, dichiarando l’utile generale preferibile - in
caso di conflitto - a quello individuale. Con
ciò si è però ricaduti in quello che abbiamo
indicato come il primo versante dell’alternativa, cioè nell’orientare la ricerca etica
su un valore unico e sovrastorico, in questo
caso la preferibilità del “bene sociale” rispetto a quello individuale. Viano peraltro
respinge l’accusa di voler fare dell’etica
un’ulteriore “scienza esatta”, convinto com’è che “le imposizioni morali si fanno con
le credenze e non con il calcolo”; il problema è poi proprio quello di dar conto di
queste credenze. Il richiamo di Vattimo
alla cosiddetta “filosofia pratica” e ad autori come Gadamer, Habermas, Apel, - si
veda in proposito l’antologia Etiche in dialogo. Tesi sulla razionalità pratica, (a cura
di Teresa Bartolomei Vasconcelos e Marina Calloni, Marietti, Genova 1989) - mira
proprio a fondare queste credenze sul piano
del “linguaggio comune della cultura in cui
viviamo”. Ben diversamente Manfred
Riedel in Metafisica e metapolitica. Studi
su Aristotele e sul linguaggio politico della
filosofia moderna (Il Mulino, Bologna
1990) parte proprio dalla distinzione fra
un’etica e una metaetica, nonché tra una
politica e una metapolitica, e analizza il
debito della filosofia pratica all’impostazione aristotelica, pur prendendo le distanze dal neoaristotelismo e dalla sua pretesa
di un’attualità della Politica di Aristotele
da un punto di vista prescrittivo.
Contro il neoaristotelismo e attestata esplicitamente sul secondo versante dell’alternativa fra unicità o pluralità dell’etica, si
schiera invece l’opera di Charles Larmore,
Le strutture della complessità morale
(Feltrinelli, Milano 1990). La “complessità morale” è proprio, a parere di Larmore,
la pluralità dei valori, ovvero delle fonti di
ispirazione etica nelle differenti sfere della
vita umana e, a maggior ragione, in differenti individui; per cui non solo non ci sarà
un’istanza etica universale, valida per tutti
gli uomini, ma l’agire del medesimo individuo non sarà sempre governato dagli
stessi princìpi. E’ dunque teoricamente errato e concretamente dannoso, in quanto
foriero di posizioni illiberali, porre istanze
etiche nella forma di valori assoluti a fondamento, per esempio, dell’agire politico.
Nel relativismo di Larmore la volontà di
giudicare, e quindi di creare valori, è la
guida dell’analisi etica. L’autore si pone
nel solco dell’utilitarismo, e non può che
entrare in polemica con il neoaristotelismo.
A suo parere non il riconoscimento della
relatività dei valori, ma proprio la pretesa
di definire una volta per tutte ciò che è bene
e ciò che è giusto genera il rifiuto nichilista.
Ancor oltre si spinge in questa direzione
l’ultimo scritto di Salvatore Natoli, Vita
buona, vita felice. Scritti di etica e politica
(Feltrinelli, Milano 1990), che rimette in
gioco la nozione di libertà e di valore a
partire dalla cosiddetta “crisi del soggetto”.
Già i Greci avevano ben chiaro il fatto che
la nozione di soggetto agente, e quindi
quella dell’agire etico, non si diano prima e
al di fuori del gioco delle relazioni sociali.
Con l’accentuarsi di questo aspetto la libertà non si pone dunque come possibilità
delle scelte individuali di sottrarsi alle condizioni date, ma come eccedenza delle possibilità di scelta rispetto alle condizioni
stesse; come uscita dell’individuo dalle
condizioni stesse. Un criterio quantitativo
di “mobilità”, insomma, più che una nozione relativa alla creatività dell’individuo.Il
concetto di valore segue dunque il destino
dell’identità personale: ciò che dal punto di
vista morale è bene, e da quello politico è
giusto, non potranno darsi come precostituiti, ma risulteranno dal gioco delle relazioni fra gli individui e dalle sue regole.F.C.
Croce, lo spirito e la storia
Il rinnovato interesse per l’idealismo e
lo storicismo è un dato di fatto confermato dalla pubblicazione o, più significativamente, dalla riedizione di numerosi studi critici su Giovanni Gentile e Benedetto Croce, nonché della
contemporanea edizione, presso
Adelphi e presso Bibliopolis, dell’opera omnia di quest’ultimo. Nei mesi
scorsi di Croce sono state ripubblicate, in un unico volume, le opere:
Breviario di estetica e Aesthetica in
nuce (Adelphi, Milano 1990) e, in un
altro, l’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale
(Adelphi, Milano 1990). Da segnalare
inoltre la biografia del coordinatore
della riedizione adelphiana, Giuseppe
Galasso, Croce e lo spirito del
suo tempo (Il Saggiatore, Milano 1990)
e la ripubblicazione di un’opera di Eugenio Garin, La filosofia come sapere
storico (Laterza, Bari 1990).
L’edizione nazionale delle opere di Benedetto Croce, promossa nel 1981 presso la
casa editrice Bibliopolis, ha per molti versi
precorso l’attuale “riscoperta” del filosofo
di Pescasseroli. Un’edizione critica, più
che una ristampa di testi già noti. Il piano
dell’edizione comprende infatti un primo
gruppo di opere, quello del corpus, che
rispetta l’ordine indicato da Croce stesso
con la suddivisione nelle note sezioni: Filosofia dello spirito, Saggi filosofici, Scritti
di storia letteraria e politica, Scritti varii.
La redazione definitiva di ciascuna delle
celebri opere che appaiono in questo gruppo viene affiancata da un’appendice, contenente stesure diverse e varianti utili per
seguire il percorso elaborativo, e da una
nota filologica che lo illustra.
Un secondo gruppo comprende i molti scritti
già editi su riviste, atti accademici, miscellanee e così via ma mai raccolti in volume,
nonché quelli raccolti in volume, ma non
presenti nel corpus. Altri gruppi contengono le traduzioni crociane (fra cui quella
dell’ Enciclopedia hegeliana), i taccuini di
lavoro, il carteggio, la bibliografia (elenco
degli scritti di e su Croce, la sua biblioteca)
ed un indice analitico-sistematico.
Se fra gli anni Venti e Trenta vi fu “dittatura” del magistero crociano, essa si esercitò
più nel campo degli studi letterari ed estetici che non in quello filosofico e letterario,
dominato invece da Gentile. Una fama e
un' autorità che non si fermarono ai confini
italiani; il Breviario è il testo di una serie di
conferenze, mai tenute, a Houston,
l’Aesthetica addirittura uno scritto su commissione dell’Encyclopedia Britannica.
Croce ha sempre smentito la tesi che qui vi
sia una rettifica del tiro rispetto alle note
posizioni della sua opera maggiore, l’Estetica del 1902. Sono posizioni legate, nel
bene e nel male, alla figura di Croce; devono essere comunque considerate non come
elementi di un sistema monolitico, ma si-
TENDENZE E DIBATTITI
Benedetto Croce (Mario Nunes Vais)
TENDENZE E DIBATTITI
tuate nella prospettiva dell’effettivo evolversi della riflessione crociana.
Proprio alla restituzione di tale prospettiva,
oltre che a sottolineare la dimensione europea della filosofia crociana, è indirizzato lo
studio di Giuseppe Galasso, che sostiene per quanto riguarda in particolare il campo
della teoria storiografica - l’esistenza di
una “svolta” in senso storicistico con i
saggi di Teoria e storia della storiografia
(1916). Una svolta, a parere di alcuni, da
Galasso sopravvalutata, e che si ridurrebbe
invece a una differenza di accenti e di
forma. Al periodo delle grandi opere sistematiche seguirebbe dunque quello delle
indagini sui singoli problemi, all’interesse
per la politica quello per l’etica; mantenendo comunque ben salda, prima e dopo la
“svolta”, la posizione storicista.
Proprio in una prospettiva storicista, che
vuole però fare i conti con l’idealismo, si
muove un classico della storiografia filosofica italiana, La filosofia come sapere storico di Eugenio Garin, la cui prima edizione risale al 1959. Contro l’univocità del
processo storico e storico-filosofico nello
storicismo idealistico gentiliano, più che in
quello crociano, Garin insiste sulla pluralità e autonomia delle singole filosofie, che è
compito dello storico della filosofia mettere in luce. Un compito che per Garin è
essenzialmente filosofico, stante la radicale identificazione - tutta storicista - che egli
pone tra filosofia e storia della filosofia.
Identificazione che non significa, come
Garin ribadisce nel saggio autobiografico
aggiunto a questa riedizione, ridurre la filosofia alla storiografia, ma concepirla come
sviluppo storico. F.C.
Comprensioni
dell’interpretazione
Sulla scorta del “secondo Heidegger”
e delle sue riflessioni sul linguaggio,
alcuni esponenti dell’ermeneutica hanno spostato la propria attenzione sul
linguaggio artistico in generale e su
quello poetico in particolare. A questo
proposito sono recenti le traduzioni
delle opere di Hans Georg Gadamer,
Interpretazioni di poeti 1 (a cura di
Gianfranco Bonola e Giacomo Bonola,
Marietti, Genova 1990) e di Hans Robert
Jauss, Estetica e interpretazione letteraria (a cura di Carlo Gentili, Marietti,
Genova 1990). Il saggio di David Hoy,
Il circolo ermeneutico (traduzione di
Franca D’Agostini, Il Mulino, Bologna
1990) è uno sguardo panoramico sulle
ultime tendenze dell’ermeneutica. Lo
scarto fra il “detto” e il “non detto”,
fra ciò che è espresso e l’orizzonte in
cui esso si esprime, sembra essere lo
scenario in cui si muove l’ermeneutica, assurta dal rango di disciplina specialistica - l’interpretazione delle Sacre Scritture - a quello di koiné della
comunità filosofica. Va ascritto al me-
desimo ambito di riflessione, più per
la prospettiva in cui i problemi sono
posti che per la soluzione che a essi
viene data, il testo di Aldo Masullo,
Filosofie del soggetto e diritto del senso (Marietti, Genova 1990).
Dagli anni Trenta in poi Martin Heidegger
ha sostenuto il carattere linguistico dell’accadere dell’Essere e ha individuato nel
linguaggio poetico la dimensione originaria del linguaggio stesso, come luogo privilegiato del manifestarsi dell’Essere.
Hans Georg Gadamer riprende questi temi insistendo sulla dimensione ontologica
dell’evento linguistico in quanto tale, e ha
così privilegiato, anziché il carattere di
“forzatura”, di “sfondamento” del linguaggio poetico rispetto a quello ordinario, quello di “ulteriorità” del linguaggio in quanto
tale, e di quello poetico in particolare, del
“detto” rispetto al “non detto”. Su questa
strada l’Ermeneutica contemporanea assegna al linguaggio poetico una centralità
ontologica; d’altra parte, l’ontologia stessa
che viene così a configurarsi si distanzia
dalle indagini heideggeriane, e si avvicina
a problematiche tipiche della riflessione
estetica.
Quando David Hoy tenta di determinare la
questione del valore dell’ermeneutica dal
punto di vista della teoria della conoscenza, focalizza proprio l’aspetto della fruizione estetica. Attraverso il principio di discontinuità, essa diventa il paradigma della
comprensione in quanto tale in alcune importanti correnti dell’ermeneutica contemporanea. Significative a questo proposito
sono le posizioni di Gadamer stesso e di
Hans Robert Jauss. Gadamer, riprendendo il tema heideggeriano del “circolo ermeneutico”, cioè la precomprensione preterintenzionale che fonda ogni comprensione cosciente, identifica tale precomprensione con la tradizione, che è la compartecipazione al senso che il “non detto” del
testo mette in moto nel lettore. Hans Robert
Jauss, esponente della cosiddetta “teoria
della ricezione”, critica questa identificazione. Uno dei caposaldi della teoria della
ricezione è infatti, in certo senso, il carattere oggettivo di quest’ultima come elemento costitutivo dell’effetto dell’opera d’arte
sul fruitore. A parere di Jauss l’identificazione gadameriana fra tradizione e precomprensione dell’interprete rischia di ridurre a finzione la struttura dialogica dell’interpretazione del testo da parte dell’interprete, che viene relegato in un ruolo
passivo. Se la ricezione è ammessa invece
come elemento oggettivo della fruizione
dell’arte, la struttura dialogica fra appello
al testo e disposizione dell’interprete è salva. Proprio per salvaguardare la struttura
dialogica, ovvero il ruolo “attivo” dell’interprete nella ricezione estetica, Jauss sottolinea in essa, più che la tradizione, le
caratteristiche di discontinuità con il contesto storico-culturale, i meccanismi selettivi
che qualificano l’interprete come quell’interprete.
La dialettica, nel testo, fra “detto” e “non
detto”, fra ciò che è espresso e ciò che è
compreso dall’interprete, è il cardine su cui
ruota l’opera di Aldo Masullo, che trova la
direzione della propria indagine nella distinzione, già aristotelica, fra il significato
che l’intelletto, cioè il soggetto cosciente,
attribuisce alle cose, e il senso, dato invece
dalla “convivenza” che abbiamo con le
cose stesse, prima di ergerci a soggetti
coscienti. Le varie forme di idealismo, cioè
le varie filosofie del soggetto, il cui ideale
gnoseologico e ontologico è l’io come autocoscienza e come soggettività, non tengono ferma questa distinzione; esse riassorbono senza residui, almeno in prospettiva, all’infinito, il senso nel significato, e
mirano dunque all’autofondazione del soggetto.
All’inadeguatezza delle filosofie del soggetto fa però riscontro l’inadeguatezza, per
opposti motivi, dell’ermeneutica di stampo
heideggeriano; essa arriva a dissolvere il
primato dell’io, ma dissolve con ciò anche
l’interrogazione filosofica, che parte pur
sempre dal carattere cosciente dell’interpretazione, cioè dal livello del significato,
in un dire oracolare o poetico. Neppure
l’ermeneutica, dunque, a parere di Masullo
salvaguarda la dialettica fra significato e
senso; la ragione di ciò è che essa, insistendo sul tema heideggeriano del “circolo
ermeneutico” ha finito per porre in secondo
piano, come Gianni Vattimo ha rilevato in
scritti anche non recenti, il tema altrettanto
heideggeriano della “differenza ontologica” fra il piano ontico, quello del significato, e il piano ontologico, quello del senso.
Il senso, come ciò che è sempre “oltre” il
significato, è il suo fondamento, l’orizzonte entro cui il significato accade; esso consiste precisamente nello “stato patico” l’analitica esistenziale heideggeriana è, per
Masullo, ricerca degli a priori patici dell’uomo - del soggetto, non ancora costituito come tale rispetto agli enti, essi pure non
ancora dati come “presenti” nella loro fissità.
Il senso consiste dunque nell’essere affetti
dalle cose, e coincide con la sensibilità, di
cui Masullo, sulla scorta di Heidegger - si
ricordi la deduzione non sensistica della
sensibilità nella sua lettura di Kant - fornisce un’interpretazione ontologica. Proprio
l’ignoranza della dimensione ontologica è
ciò che Masullo rimprovera alle varie
“scienze dell’uomo”, alle varie “-logie”
(psicologia, antropologia, sociologia), dalla sua riduzione dell’uomo a ente fra gli
enti, e quindi analizzabile ala stessa stregua
di essi. Ciò che invece distingue l’uomo è
il suo essere sinnvoll o sinnlos, cioè fornito
o privo di senso, mentre l’animale può
essere solo unsinn, cioè senza senso. Le
“scienze dell’uomo” dimenticano questa
differenza perché non conoscono il senso,
e la sua dialettica con il significato. F.C.
PROSPETTIVE DI RICERCA
PROSPETTIVE DI RICERCA
Scritti giovanili di Sartre
Un ulteriore tassello di quel grande
mosaico di scritti e di documenti che è
la biografia intellettuale di Jean Paul
Sartre ci viene fornito dagli Ecrits de
jeunesse (Scritti giovanili) a cura di
Michel Contat e Michel Rybalka
(Gallimard, Parigi 1990).
Si tratta delle prime prove, letterarie e saggistiche, composte tra il 1922 e il 1927, nel
periodo in cui Sartre preparava assieme a
Nizan l’esame di concorso all’Ecole Normale, dove assieme proseguiranno gli studi. Bozze di romanzi: Jesus la chouette
(Gesù la civetta), La Semence et le
Scaphandre (La Semenza e lo Scafandro),
Une défaite (Una sconfitta); novelle sarcastiche, L’ange du morbide, l’angelo del
morboso; racconti mitologici (Er
l’Armenien), saggi incompiuti che rivelano
il talento versatile del giovane Sartre. Un’intelligenza mobilissima che si aggira inquieta tra letteratura, filosofia, poesia, già
impregnata di quella lucidità autocritica e
di quell’esigenza a diffondersi nell’analisi,
che costituisce il vincolo più pesante a ciò
che Sartre ha sempre considerato la propria
«predestinazione» alla scrittura letteraria.
Ciò che soprattutto si rivela in queste prose
che mimano differenti modelli di scrittura
e si misurano con i generi più svariati è la
straordinaria ambizione di Sartre, a cui
sembra mancare tuttavia l’oggetto passionale che possa alimentare e rendere credibile la stessa proclamata predestinazione.
Riflettendo su questo periodo della sua vita
e sulla sentenziosità dei suoi primi scritti,
Sartre scriverà nelle Lettres au Castor (Lettere al Castoro) che si trattava «di vivere la
propria giovinezza come la giovinezza di
un grande... In luogo di esserne sicuro,
facevo come se avessi dovuto diventarlo,
ed ero perfettamente cosciente di essere il
giovane Sartre, come si dice il giovane
Berlioz o il giovane Goethe». A Jean-Paul
che studia di diventare Sartre non manca
però il dono dell’ironia, anche verso se
stesso; felicemente demistificanti risultano
i ritratti dei bourgeois di turno che prefigurano i più riusciti personaggi della Nausea.
Prove di scrittura all’insegna dell’imperativo di «dare uno stile al proprio carattere»,
questi Ecrits de jeunesse valgono per la
rilevanza che hanno nella biografia intellettuale di Sartre, di cui correva lo scorso anno
il decimo anniversario della scomparsa.
E’ per sottolineare questa ricorrenza che la
rivista “Temps Modernes” dedica un numero speciale: Temoins de Sartre (Testimoni di Sartre, n° 531-533, ottobredicembre 1990), al suo fondatore. Un monumento di 1400 pagine che si installa un
po’ provocatoriamente nella piazza culturale francese, da tempo abituata alla demolizione sistematica del personaggio e del
pensatore Sartre. Quasi cinquanta nomi hanno dato il loro contributo, firmando così la
«dichiarazione di pace» nella grande famiglia sartriana (citiamo tra i molti: Badiou,
Delacampagne, Wolin, Contat, Pontalis,
Roudinesco, Revault d’Allonnes). L’intento non è celebrativo ma inteso piuttosto a
testimoniare la contemporaneità di un filo-
sofo contro il quale - sostiene François
George - si è fatto dell’ostracismo politico
per evitare di misurarsi con il suo pensiero.
Questa è anche l’opinione di Manuel de
Dieguez che invita a riprendere a filosofare
a partire da Sartre, la cui opera ancora
aspetta un “superamento” che non sia quello dell’indifferenza. Dalle pagine di Le
Nouvel Observateur (17 gennaio 1991)
sembra rispondergli Régis Debray che il
filosofo Sartre rimane legato al proprio
tempo e che non si possono certo trovare
nei suoi scritti i riferimenti concettuali per
leggere una modernità che non è la sua. Ciò
che rimane di Sartre è uno stile filosofico:
la descrizione analitica, l’arte di cogliere il
concetto universale attraverso la singolarità dellla situazione. Malgrado i debiti insoluti con l’idealismo francese - sostiene
Debray - ciò che ha ancora un interesse ed
Jean-Paul Sartre
PROSPETTIVE DI RICERCA
un valore filosofico è il primo Sartre, quello di L’Essere e il Nulla, originale nella
capacità di concettualizzare il sensoriale e
di far precipitare l’ontologico nel dato apparentemente più insignificante. Singolare
anche nei risultati letterari, il progetto filosofico di Sartre, riconciliare la totalità storica con la soggettività agente, rimane dunque incompiuto, ma fecondo. La professione di fede nel valore dell’engagement sartriano è ribadita da Michel-Antoine
Burnier: «la riflessione sugli orrori del
nostro secolo - lo stalinismo, il nazismo, la
tortura, la decolonizzazione - passa per la
sua opera più che in qualsiasi altra». Oggi
come ieri far critica significa tornare a
quell’abito d’ascolto e al rischio dell’errore che il pensiero in situazione deve necessariamente assumersi. A suggello di questo
vale la citazione di Sartre in esergo al
doppio numero di Temps Modernes: «Di
fronte a Gauguin, Van Gogh e Rimbaud
provo un complesso d’inferiorità perchè
loro hanno saputo perdersi... Penso sempre
di più che per raggiungere l’autenticità sia
necessario che qualcosa si strappi... Ma mi
sono premunito contro gli strappi, io mi
sono incatenato al mio desiderio di scrivere». E.N.
Appunti e frammenti jenesi
di Hegel
Sono apparsi in gennaio, presso la
casa editrice Aubier di Parigi gli appunti ed i frammenti jenesi di Hegel,
Notes et fragments-Jéna 1803-1806. Il
volume contiene i testi, la traduzione
e il commentario dei frammenti redatti da Hegel nel corso della seconda
parte del suo soggiorno a Jena, dopo
la partenza di Schelling e prima della
pubblicazione della ‘Fenomenologia
dello spirito'.
Si tratta del risultato di una ricerca collettiva intrapresa da un’équipe che si è costituita su invito di Pierre-Jean Labarrière e che,
nel corso di tre anni, ha lavorato nel quadro
del Collège International de Philosophie.
All’opera hanno contribuito Catherine
Colliot-Thelene, Gwendoline Jarczyk,
Jean-François Kervegan, Alain Lacroix,
André Lecrivain, Béatrice Longuenesse,
Denise Souche-Dagues e Steve Wajsgrus,
oltre allo stesso Labarrière.
Questo lavoro viene a continuare la preziosa opera di commentario a testi hegeliani
decisivi che Gwendoline Jarczyk e Pierre
Jean Labarrière hanno avviato di recente
presso la casa editrice Aubier: nel 1989
erano apparsi Hegel: le malheur de la coscience ou l’accès à la raison (traduzione e
commentario dei brani della Fenomenologia dello spirito su stoicismo, scetticismo e coscienza infelice) e Le syllogisme
du pouvoir. Y a-t-il une démocratie hegelienne?, traduzione in lingua francese con
un commentario della parte sull’eticità dei
Lineamenti di filosofia del diritto.
Le Note e frammenti ora apparse permettono di cogliere il pensiero di Hegel nella fase
decisiva del suo distacco da Schelling. Ne
sono apparse diverse traduzioni nel corso
degli ultimi anni. In Italia con il titolo di
Aforismi jenesi (Hegel Wastebook 18031806) sono stati pubblicati a cura e con
un’introduzione di Carlo Vittone e una
premessa di Remo Bodei (Feltrinelli, Milano 1981). In Spagna la “Revista de la Filosofia” ha dedicato il n.6 (1988) agli
Aforismos de Jena, tradotti e annotati da
Manuel Barrios Casares e Juan Antonio
Rodrigues Tous. In Francia la rivista
“Philosophie” aveva pubblicato, in due numeri successivi (nn. 14 e 15, 1987) una
prima traduzione francese a cura di Max
Marcuzzi (ma senza introduzione, note o
commentario).
Questi appunti di Hegel erano rimasti inediti e addirittura sconosciuti fino a quando
la famiglia li mise nel 1839 a disposizione
di Rosenkranz, che si accingeva alla redazione della biografia di Hegel. L’originale
che Rosenkranz ebbe fra le mani è scomparso e già non figura neppure nello HegelNachlass che fu trasmesso dagli eredi di
Hegel alla Königliche Bibliothek di Berlino. Fino al 1967 si è considerato che la
versione trasmessa da Rosenkranz fosse
l’unica via di accesso possibile ai frammenti di Jena. In quell’anno Friedhelm
Nicolin comunicò sugli “Hegel Studien” di
aver scoperto che i frammenti jenesi erano
già stati pubblicati da Rosenkranz prima
della Vita di Hegel (1844) in vari numeri di
una rivista intitolata “Königsberger
Literaturblatt”. Questa prima edizione, effettuata sotto la denominazione Hegels
Kritische Xenien aus der Jenenser Periode,
passò inosservata e lo stesso Rosenkranz
non vi si riferì successivamente. L’équipe
guidata da Labarrière ha lavorato confrontando le varie redazioni degli appunti jenesi, la cui pubblicazione in edizione critica
definitiva è ormai annunciata come imminente col titolo Aus dem Janaer Notizenbuch
nel tomo V (Schriften und Etnwürfe 17991808, a cura di Manfred Baum e KurtReiner Meist) delle Gesammelte Werke
presso Felix Meiner di Amburgo. A.G.
In memoria di Ilting
La figura di Karl-Heinz Ilting (19251984) è ben nota agli studiosi del pensiero di Hegel per via della sua edizione delle Vorlesungen über Rechtsphilosophie (Fromman-Holzboog,
Stuttgart-Bad Cannstatt, 1973-1974 e
Klett-Cotta, Stuttgart 1983) e per il
progetto “Hegels Vorlesungen” avviato presso l’Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici nel 1978, con l’edizione del primo volume delle Vorlesungen
über Religionsphilosophie (Bibliopolis,
Napoli 1978), seguito dal primo volume delle Vorlesungen über Natur-
philosophie (a cura di M. Gies con la
partecipazione di K.-H. Ilting, Bibliopolis, Napoli 1982), e però presto interrotto dalla prematura scomparsa di
Ilting nel 1984. A testimonianza dell’opera e della figura intellettuale di Ilting
è di recente stata pubblicata una raccolta di scritti in memoria del filosofo:
Zur Rekonstruktion der praktischen
Philo-sophie. Gedenkschrift für KarlHeinz Ilting (a cura di Karl-Otto Apel e
di Riccardo Pozzo, FrommannHolzboog, Stuttgart-Bad Cannstatt
1990).
Karl-Heinz Ilting non fu solo il filologo
illustre cui va riconosciuto il merito di aver
saputo valutare appropriatamente il corpus
delle Vorlesungen hegeliane, traendone delle nuove prospettive interpretative che hanno fatto, e fanno ancora, molto discutere;
Ilting fu anche uno storico della filosofia di
chiara fama, attento alla storia della filosofia pratica (con particolare riferimento, oltre a Hegel, a Hobbes, Spinoza, Kant, Marx
e Heidegger), come pure un brillante filosofo teoretico, cui si deve un contributo
rilevante alle discussioni, svoltesi negli ultimi decenni, sulla fondazione ultima della
filosofia pratica.
Muovendo dalla constatazione che l’improvvisa scomparsa di Ilting lasciava amici
e colleghi davanti ad un dialogo interrotto,
Karl-Otto Apel, che fu compagno di studi
di Ilting a Bonn, e Riccardo Pozzo, l’ultimo
assistente di Ilting a Saarbrücken, incoraggiati da Hans Georg Gadamer, dall’avvocato Gerardo Marotta presidente dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dall’editore Günter Holzboog, si sono proposti di continuare questo dialogo, con l’obiettivo di arrivare ad enucleare, grazie al
contributo di più di venti studiosi, i punti di
maggiore incidenza e problematicità del
pensiero di questo filosofo.
Il volume non è tanto il risultato di un
lavoro di scuola (anche se sono presenti i
colleghi e gli allievi di Saarbrücken), bensì
il risultato, per dirla con Karl-Otto Apel,
dei contributi di «colleghi, con i quali Ilting
- come era sua abitudine - spesso aveva
duramente discusso». Si trattava di riprendere, una volta di più, quelle «discussioni,
che raramente portavano ad un consenso,
ma che si preoccupavano seriamente di
raggiungerlo» (p. 9). Di qui la scelta di
articolare il volume in due sezioni principali: I. “Grundfragen der praktischen
Philosophie” (Questioni fondamentali di
filosofia pratica), II. “Zur Geschichte der
praktischen Philosophie” (Sulla storia della filosofia pratica), che rispecchiano i due
centri di interesse dello studioso scomparso. La questione posta al centro della discussione è però di portata generale, e di
cocente attualità: come «ricostruire la filosofia pratica» dopo la messa in discussione
della sua legittimità di fronte al relativismo
ed al postmodernismo?
La risposta suggerita da questo volume (se
di risposta si può parlare data la gravità
PROSPETTIVE DI RICERCA
della posta in gioco) va senz’altro in una
direzione cui Ilting avrebbe dato il suo
consenso: la ricostruzione deve puntare su
strutture trascendentali ricavate dall’analisi dei fenomeni dell’agire collettivo, così
come oggi si presentano all’interpretazione filosofica. R.P.
L’integrità di Thomas Hobbes
Una équipe di studiosi, composta da
anglisti, filosofi, politologi e linguisti
di una decina di paesi, ha messo a
punto, sotto la vigile direzione di Yves
Charles Zarka, i primi volumi dell’edizione critica di Thomas Hobbes in francese. Dei previsti 17 volumi sono apparsi il Béhémoth (tomo X, a cura di
Luc Borot) e Dialogues des Common
Laws (a cura di Lucien e Paulette
Carrive), pubblicati dalla casa editrice
Vrin di Parigi che si occuperà della
pubblicazione delle opere complete. I
prossimi testi saranno disponibili nel
corso del 1991 e specificatamente: il
tomo I, che raggrupperà i racconti della vita di Hobbes scritti di suo pugno e
raccolti da altri e il tomo XI che riunirà
una prima serie di testi relativa alla
diatriba con Bramhall sulla necessità e
la libertà.
Sicuramente un evento di risonanza mondiale questa edizione critica francese dell’opera omnia di Thomas Hobbes, non solo
per la partecipazione internazionale degli
esperti ma anche per la “cura” estremamente dotta e, al tempo stesso, tesa a restituire la modernità di un pensiero spesso
ridotto a formule estemporanee. Nota infatti Yves-Charles Zarka: Hobbes ha subìto anche da parte di alcuni illustri “colleghi” come Rousseau o Diderot, una serie di
occultamenti e di malintesi, o per meglio
dire un taglio di rasoio con cui si è estrapolata la sua riflessione politica dal contesto
della meditazione sulla metafisica, sull’etica, sulla fisica.
Al di là dell’eterogeneità degli scritti (politici, filosofici, polemici, giuridici) l’integrità di Hobbes è rintracciabile, sempre per
Zarka, nell’unità di ispirazione che sottende la teoria del desiderio e la riflessione sul
potere, la speculazione materialistica sulla
realtà e la teoria etica della condotta umana. Riannodando le osservazioni politiche
e giuridiche alla teoria metafisica di Hobbes
è possibile cogliere una serie di corrispondenze logiche e, al tempo stesso, riscoprirne la fecondità per il pensiero contemporaneo. Se la filosofia diviene essenzialmente
“politica” è che essa si orienta secondo due
assi paralleli: una teoria meccanicistica del
mondo (si veda l’ipotesi di un
“annichilimento del mondo”) e una teoria
artificialista dello Stato (si veda l’ipotesi di
una dissoluzione dello stato storico per il
ritorno a uno stato fittizio di origine del
patto sociale). Il nesso fra questi due fronti
Thomas Hobbes
è dato da una filosofia complessa che rimette in gioco alcuni capisaldi della tradizione e prospetta una riflessione innovativa dei rapporti fra uomo e mondo, fra uomo
e uomo; il perno di questo pensiero è lo
smantellamento di un’ontologia dell’essere in una filosofia dell’attività umana, logica, linguistica, politica in senso largo. In
tale prospettiva l’attualità di Hobbes - precisa Zarka - consiste nel «comprendere
come questa filosofia ha cominciato a pensare, in termini di desiderio e di potere, la
condizione dell’uomo moderno». In particolare per quanto riguarda la questione
cruciale del diritto naturale, Hobbes permette di ripensarne i termini svincolandola
da un’ “ingenua” ontologia del soggetto,
ma riconnettendolo a una teoria della persona giuridica.
Attraverso questa restituzione di un pensatore versatile ma unitario è possibile anche
mettere a fuoco le linee di frattura secondo
cui nel XVII secolo si distribuirono le opzioni fondamentali delle tre sfere del sapere, dell’essere, del potere, in particolare
per quanto riguarda la costituzione di un
individuo del tutto antieroico, attraversato
non da volontà di potenza o da proiezioni
divine di sé, bensì dalla doppia preoccupazione della conservazione di sé e della
paura della morte. F.M.Z.
Le lezioni del giovane Heidegger
Nell’ambito della Gesamtausgabe heideggeriana è stato pubblicato il volume 56, dal titolo: Zur Bestimmung
der Philosophie (Sulla determinazione della filosofia, Klostermann,
Frank-furt a. M. 1990), contenente i
testi, a cura di Berndt Heimbüchel, di
due corsi di lezioni che il giovane
Privatdozent tenne a Friburgo nel 1919:
Die Idee der Philosophie und
das Weltanschau-ungsproblem
(L’idea della filosofia e il problema
dela Weltanschau-ungs problem) e
Phänomenologie und transzendentale Wertphilosophie
(Fenomenologia e filosofia trascendentale dei valori). Il manoscritto di un
terzo corso, Über das Wesen der
Universität und akademischen
Studiums, è andato perduto; ne è rimasto solo un abbozzo e, in sostituzione, una trascrizione del corso da
parte di Oskar Becker.
Nel primo corso di lezioni, Martin
Heidegger focalizza il problema del rapporto tra il concetto di filosofia e quello di
Weltanschauung. L’apparente paradossalità di tale rapporto, per cui la “visione del
mondo” appare per un verso sovrapporsi al
concetto di filosofia, per l’altro fungere da
PROSPETTIVE DI RICERCA
suo limite, viene da Heidegger ricondotta
al fatto che la filosofia viene concepita
come un «sapere originario». A questo
proposito Heidegger individua l’inadeguatezza di alcune posizioni tipiche dell’ambito tedesco. Anzitutto quella della storiografia filosofica. Essa riposa su uno storicismo
che, privato dell’idea di un’assolutezza del
sapere, ha rinunciato anche a porsi la domanda su una sua dimensione originaria, e
non sa coglierla né nella specificità della
riflessione filosofica, né in altri contesti.
Heidegger attacca qui anche il relativismo
psicologista di Georg Simmel, che, riconducendo le categorie conoscitive all’habitus
mentale del singolo filosofo, non può cogliere la struttura essenziale della conoscenza e della riflessione filosofica in quanto
tale; così come a questa struttura essenziale, cioè a questo sapere originario, non può
arrivare l’”induttivismo metafisico” di filosofi-biologi come Hans Driesch e Oswald
Külpe: la conoscenza del tutto non è la
somma delle conoscenze delle singole parti.
Nel mirino di Heidegger entra anche la
“filosofia dei valori” di Wilhelm
Windelband, che pure attacca la metafisica
positivista; la polemica contro Windelband
viene ripresa nel secondo dei corsi di lezioni di questo volume. Il metodo “teleologico-critico” di Windelband afferma l’esistenza nel sapere di una validità universale
e di una necessità che non possono avere
una genesi empirica - e, quindi, neppure
psicologica - e pone capo su questa base
all’esistenza di principi di carattere ideale,
ma non, come era per Kant, formali. A
questa impostazione Heidegger rimprovera sostanzialmente il dualismo: che rapporto c’è tra i “valori” o gli “assiomi” e gli enti,
fra il soggetto ideale e quello psicologico,
che in esso dovrebbe fondarsi?
Questi corsi di lezioni sono segnati dall’influenza husserliana sul giovane Heidegger,
e nondimeno emergono alcuni motivi fondamentali della sua propria teorizzazione
filosofica. Fin dal 1917 il “sapere originario”, come sottolinea a proposito di queste
lezioni Otto Pöggeler, è per Heidegger la
fenomenologia husserliana in virtù della
sua “intuizione essenziale” che «lascia essere le cose nel loro essere»; già si pone in
Heidegger il problema, riguardo agli enti
intramondani, non tanto di sapere come
essi siano, ma cosa significhi per essi l’”essere” in quanto tale. La “teoria della conoscenza”, ovvero l’impostazione gnoseologica, è qui da Heidegger criticata sulla base
della centralità del concetto di Erlebnis, e
del carattere processuale e circolare della
comprensione conoscitiva. Quest’ultimo
definisce un nuovo concetto di spontaneità: ogni atto di comprensione conoscitiva
presuppone una precomprensione da parte
del soggetto rispetto all’oggetto, e ogni
caratterizzazione dell’oggetto presuppone
un suo esser già posto in quanto tale. La
prospettiva gnoseologica considera invece
soggetto e oggetto nella loro fissità di enti
oggettivati; per questo Heidegger distin-
gue la “posizione conoscitiva” originaria
(Kenntnisnahme) da quella della gnoseologia (Erkenntnisannahme). Con essa si coglie non l’Erleben dell’io rispetto agli enti
intramondani, ma, al più, l’Entleben, lo
stato di rapporto privativo che sussiste fra
siffatti soggetto e oggetto. Questa transazione fra enti oggettivati è un evento, una
processualità che Heidegger denomina
Vorgang, distinguendola da quella originaria, definita dall’Ereignis. F.C.
Attualità dell’idea
Capolinea di una tradizione di pensiero e trasfigurazione teoretica di un’epoca storica: questo è la filosofia di
Gentile nell’opera postuma di Augusto
del Noce, Giovanni Gentile (Il Mulino,
Bologna 1990). Il primato della prassi
contro ogni forma di intuizionismo e
di trascendentismo è, nel sistema gentiliano, il coerente sviluppo del senso
delle filosofie del Risorgimento, che in
Gentile assurge a categoria filosofica.
La recente ristampa di un’altra opera
di Augusto del Noce, Il problema dell’ateismo, (Il Mulino, Bologna 1990)
permette di individuare il punto di
incontro fra Del Noce e Gentile: proprio la centralità della prassi, architrave della direttrice - fallimentare per il
filosofo torinese - della filosofia moderna.
Per Giovanni Gentile - e per Augusto Del
Noce - esiste una “causalità ideale” della
storia, per cui se la filosofia di Gentile
nasce sul tronco di quella risorgimentale
italiana, e il fascismo è l’erede del Risorgimento, l’incontro tra l’attualismo di Gentile e il fascismo è, in senso leibniziano,
teleologicamente necessario. Gentile e i
suoi autori, Rosmini, Gioberti, Mazzini,
sono così paradigmi della filosofia e della
storia politica; così come il “caso italiano”,
il Risorgimento e il fascismo sono paradigmi della storia moderna e di quella delle
idee. Due sono le grandi direttrici che,
almeno a partire da Cartesio, Del Noce
individua nella storia e nella filosofia: quella
dei pensatori che da Malebranche a Rosmini
pongono capo a una metafisica del trascendente e quella ateista che, dal materialismo
settecentesco, sfocia nell’immanentismo
nietzscheano da una parte, e in quello
hegelo-marxista dall’altra. E’ un ateismo
“postulatorio”, come lo definisce Del Noce
nell’opera del 1964, perché basato su una
petizione di principio; l’infondatezza del
quale spiega il fallimento delle pratiche
politiche che a essa si richiamano.
Gentile, dunque, dalla parte di Hegel, di cui
radicalizza il principio dell’inesistenza di
un “dato” al di fuori del processo del soggetto che lo produce: anzi, se è possibile
trarne una conseguenza sul piano etico, il
“male” è quel “fatto” che si oppone e limita
il “fare” del soggetto, e l’interventismo
gentiliano nella prima guerra mondiale vuole dichiaratamente prescindere dal problema della parte con cui schierarsi. Il caposaldo dell’attualismo è la critica di ogni
intuizionismo, in quanto proprio intuizione
di un “dato”; se ciò avvicina Gentile a un
rifiuto hegelo-marxista di qualsiasi immediatismo, dall’altra lo colloca, accanto a
Heidegger, in una posizione che, come ha
più volte ribadito Emanuele Severino in
interviste recenti, è ancora più radicale
nella critica al platonismo della metafisica
occidentale. Gentile, dunque, anche dalla
parte di Marx o di Gramsci, dai quali lo
divide il carattere teologico del proprio
sistema. Gentile ribadì sempre, contro ogni
evidenza e ogni ortodossia, il proprio cattolicesimo, senza però l’idea di una rivelazione, di una Grazia e di una trascendenza.
A Marx, filosofo in senso proprio, tanto per
Gentile, quanto per Del Noce, Gentile è
legato dal prassismo che nell’impostazione di Del Noce non è una particolare prospettiva filosofica, ma il necessario esito
della filosofia moderna in quanto tale. Per
Del Noce l’opposizione al marxismo è quindi necessariamente opposizione al pensiero moderno, al quale lo stesso Gentile viene
assegnato; e per questo, dalla propria posizione di cattolico, conservatore e avversario di ogni tipo di individualismo, Del Noce
giudica contraddittoria e filosoficamente
infondata quella per molti versi analoga di
Gentile. F.C.
Sotto i cieli di Grecia
All’inizio era il Caos, abisso di generazione. Poi vennero Gaia, la Terra, ed
Eros. Gaia «generò un essere ad essa
eguale, capace di coprirla per intero»,
questi era Urano il Cielo. Seguire a
ritroso la cosmologia greca nel suo
racconto di generazioni e di guerre,
tradimenti e omicidi, significa ripercorrere la strada che conduce ai miti
originari di gran parte della cultura
occidentale. Una delle guide che più si
sono rivelate utili in questi ultimi tempi a descrivere e ad interpretare il paesaggio mitologico dei Greci è stata
l’opera di Pierre Lévêque e Louis
Séchan: Les Grandes Divinités de la
Grèce (Le Grandi Divinità della Grecia,
Armand Colin, Parigi 1990).
L’opera viene riproposta da Pierre
Lévêque, a più di vent’anni dalla prima
pubblicazione in una nuova e più ampia
edizione. Nella ricca postfazione l’autore
si misura con le più recenti acquisizioni
critiche sulla religione ellenica, facendo il
punto sui lavori di studiosi quali Lloyd,
Dodds, Vegetti, Momigliano, Finley, e tanti altri, riaggiornando dove necessario la
strumentazione critica adottata, ma in linea
generale riproponendo intatta la validità di
un testo ormai classico. Classico anche per
la felicità di una scrittura capace di guidarci
PROSPETTIVE DI RICERCA
attraverso i racconti e le leggende che costituiscono la religione pubblica dei greci,
quella canonizzata da Esiodo ed Omero e
quella privata, esoterica, dei misteri orfici,
indagando le origini e le varianti etniche
delle divinità senza lasciare che l’analisi
storica smarrisca la ricchezza narrativa del
mito. Per un lungo istante mito e storia
sembrano confluire in un discorso che ci
ripropone un mondo dove, secondo la parola di Omero, «tutto è divino».
Il passaggio dalla nozione panica del divino quale forza naturale e diffusa - il mana
- alla figurazione antropomorfica degli dei,
è al centro dell’indagine di Jean-Pierre
Vernant Figures, Idoles, Masques (Figure, idoli, maschere, Juillard, Parigi 1990).
E’ questo l’ultimo volume della serie
“Conférences, essays et leçons du Colleges
de France” che raccoglie i corsi tenuti da
Vernant dal 1975 al 1984, in gran parte
consacrati allo studio del linguaggio figurativo. La prospettiva antropologica adottata da Vernant interroga il documento
storico, artistico o filosofico, alla ricerca
dei segni di quel cambiamento decisivo,
della «mutazione mentale» nella cultura
greca che, a cavallo tra il IV e il V secolo
a.C., segna il passaggio all’orizzonte del
simbolo e della rappresentazione iconica.
La figurazione antropomorfica della divinità ha - per Vernant - il carattere paradossale di rappresentare non un semplice simbolo, bensì il ritratto stesso del dio, di
un’entità che tuttavia permane invisibile.
L’ambiguità dell’immagine, quale si presenta ai Greci, è quella di offrire allo sguardo un oggetto che nell’immagine non è in
realtà presente. Così la definizione platonica di mimesis quale «imitazione dell’apparenza» esprime la comparsa di un ambito
nuovo: quello della finzione e dell’illusorio, dove l’immagine viene percepita come
un’imitazione che «non possiede nessun’altra realtà al di là di questa similitudine
con ciò che essa non è». Naturale e sovrannaturale, visibile ed invisibile sono le
polarità nel cui campo si origina questa
inedita modalità del pensiero: la coscienza
del carattere di finzione di ogni rappresentazione. Coscienza che sta alla base del
linguaggio figurato, tanto dell’arte greca
che della filosofia, da Platone a noi.
Un ulteriore evento editoriale, che si segnala per l’interesse critico suscitato, è la
traduzione del primo volume dell’opera di
Giorgio Colli, La sagesse grèque (La
saggezza greca, trad. di Marie-José Tramuta, Editions de l’Eclat, Parigi 1990). Che
non si tratti di una meteora editoriale ma di
una vera e propria scoperta del filosofo
italiano è testimoniato dalla contemporanea traduzione di un’altra opera di Colli:
Pour une éncyclopedie des auteurs
classiques (Per un’enciclopedia degli autori classici, trad. di J.-P. Manganaro e D.
Dubroca, Christian Bourgois, Parigi 1990).
Escono infine a cura di Jean-François
Mattei, gli atti del congresso che si è tenuto
a Nizza nel 1987, dal titolo La naissance de
la raison en Grece (La nascita della ragione
in Grecia, PUF, Parigi 1990); trenta interventi di studiosi per ricostruire «le matrici
di una razionalità che, per venti secoli, è
stata capace di generare le diverse forme di
comunicazione in cui oggi la modernità si
riconosce». E.N.
La filosofia dei primi cristiani
L’interpretazione filosofica della figura di S. Paolo può apparire secondaria
a fronte della sua opera di apostolato
e di organizzazione delle comunità cristiane. D’altronde l’edizione delle Epistole (traduzione a cura di Carlo Carena, con testo a fronte, Einaudi, Torino 1990) e il recente testo di Stanislas
Breton, San Paolo. Un ritratto
filosofico, (Morcelliana, Brescia
1990), inducono a porre la questione.
Accanto alle opere di e su Paolo è da
segnalare la raccolta di nove omelie di
un altro grande predicatore, che pure
coltivò studi di filosofia antica, Basilio
di Cesarea, dal titolo: Sulla genesi
(traduzione a cura di Mario Naldini
con testo a fronte, Fondazione VallaMondadori, Milano 1990).
La questione della posizione filosofica di
Paolo di Tarso si pone se non altro perché
con la sua opera di apostolato prese di petto
il problema del rapporto tra il cristianesimo
e la cultura ebraica da un lato, e di quello fra
il cristianesimo e la cultura greca dall’altro.
Basti pensare al discorso dell’Areopago, o
allo scontro con i seguaci di Artemis a
Efeso. Stanislas Breton sottolinea d’altronde la triplice identità di Paolo, ebreo
d’origine, greco per cultura, romano per
cittadinanza. Ciò spiegherebbe fra l’altro il
suo tentativo di mediazione fra ebraismo e
cristianesimo: nell’alternativa se considerare quest’ultimo come una rottura con la
tradizione, o piuttosto come la sua realizzazione, Paolo scelse questa seconda strada,
che pure fu abbandonata dalle varie Chiese
cristiane nei secoli successivi.
Nei confronti della Legge, che, con i suoi
precetti e i suoi diritti, definisce l’attesa del
Messia nell’orizzonte della vita degli appartenenti al popolo eletto, Paolo fa valere,
sulla scorta di un umanesimo platonizzante,
l’universalità dell’amore divino per tutti
gli uomini, proiettando così nella vita
ultraterrena le aspettative di salvezza. Su
questo punto la ricezione di Paolo nelle
varie confessioni cristiane, filtrata soprattutto dalla lettura agostiniana, diventa
problematica. La tensione fra la “città di
Dio” e quella degli uomini dà adito a un’interpretazione spiritualista di Paolo, non del
tutto priva di fondamento. Anche il
conformismo, spesso rimproverato alla
precettistica paolina, rimanda al problema
del valore dell’ordine terreno, anche se la
raccomandazione dell’adeguamento all’esistente è indifferenza per esso, più che sua
legittimazione. In Paolo sembra d’altronde
emergere un cristocentrismo che ha un
valore non solo antropologico, ma radicalmente ontologico: un unico processo
teleologico, che riceve il suo senso dalla
figura di Cristo come Redentore, connettendo uomo, storia e natura. A questo proposito Breton si richiama addirittura a
Schelling.
Nei confronti della religiosità dei filosofi
pagani che guardavano a Dio con gli occhi
di chi cerca in primo luogo la verità, Paolo
fa invece valere le ragioni della gratuità e
dell’amore. Gratuità che ha certo un valore
ontologico, in quanto riferita all’amore di
Dio, ma che diventa, riferita alla vita umana, la cifra della novità dell’insegnamento
di Cristo, tanto nei confronti del teoreticismo
ellenico, quanto in quelli della devozione
ebraica: «... Se ho la profezia e conosco
tutti i misteri e tutte le scienze, e se ho intera
la fede da spostare le montagne, ma non ho
la carità, nulla io sono».
Anche le omelie di Basilio di Cesarea si
nutrono del rapporto con la filosofia greca;
ancor più di quella di Paolo, la formazione
di Basilio risente dell’influsso della grecità.
La sua apologetica contro i filosofi pagani
e contro le eresie fonda la teologia su
argomentazioni di carattere razionale. Così
la difesa della tesi biblica del creazionismo
si sviluppa attraverso la confutazione delle
teorie ontologico-cosmologiche che intendevano rinunciare all’ipotesi di un creatore. Basilio confuta il manicheismo che afferma l’esistenza autonoma del male, il
materialismo e la dottrina della metempsicosi in nome della libertà dell’uomo e di
quella di Dio. F.C.
Scienze e saperi
Parallela ripubblicazione di due opere
di quella che, prima del fascismo e
delle persecuzioni razziali che costrinsero all’emigrazione molti dei suoi
esponenti, fu la “scuola matematica
italiana”. Si tratta di Federico Enriques,
Scienza e razionalismo (Zanichelli,
Bologna 1990) e Vito Volterra, Saggi
scientifici (Zanichelli, Bologna 1990).
A ciò fa riscontro la recente edizione
dell’opera di Isaac Newton, Principii di
filosofia naturale. Teoria della gravitazione (a cura di Federico Enriques e
Umberto Forti, Zanichelli, Bologna
1990). Più immediatamente caratterizzata in senso filosofico la prima, più
legata alla definizione di quello specifico ambito del pensiero che è la riflessione scientifica la seconda, le opere
di Enriques e Volterra si dividono sulla
questione del rapporto fra le acquisizioni della fisica novecentesca e il meccanicismo classico; rapporto di possibile inglobamento della prima nel secondo per Volterra, di rottura per
Enriques. A proposito dello sviluppo
storico della fisica è da segnalare la
nuova opera di Enrico Bellone, Caos e
PROSPETTIVE DI RICERCA
Armonia (Utet, Torino 1990). L’attualità, non solo epistemologica, dei saggi
di Volterra e Enriques va ben al di là del
contesto culturale in cui essi sono maturati; alcune delle loro tematiche sono riprese da Marcello Cini, Trentatré
variazioni sul tema. Soggetti dentro e
fuori la scienza (Editori Riuniti, Roma
1990), Paolo Vineis, Modelli di rischio.
Epidemologia e causalità (Torino,
Einaudi 1990) e dall’ultimo testo tradotto in italiano di Paul Feyerabend,
Addio alla ragione (Armando, Roma
1990).
Vito Volterra, di cui è ricorso nel 1990 il
cinquantenario della morte, è stato commemorato con una mostra dell’epistolario presso l’Accademia dei Lincei, e con un convegno del C.N.R. a Roma il 27 e 28 novembre
1990, dal titolo: Scienza e tecnica in Europa nei primi venti anni del secolo. Volterra
resta legato ai principi del meccanicismo,
ritenendo che all’interno di questo quadro,
proprio grazie allo sviluppo degli strumenti algebrici, fosse possibile dar conto delle
nuove scoperte. Nella sua prolusione inaugurale del 1901-1902, Volterra prospetta la
descrizione matematica, ovvero algebrica,
di fenomeni biologici e sociali, e nel 1926
arriva a formulare la cosiddetta “equazione
di Volterra”, che descrive in termini di
derivate parziali la dinamica predapredatore.
Federico Enriques al contrario, - rappresentante della “scuola geometrica” - privilegia la geometria e la prospettiva intuitivo-sintetica, ritenendo che con ciò si possa
dar meglio conto delle acquisizioni novecentesche. Enriques recupera il valore euristico della metafisica - fu vicino all’attualismo gentiliano - posta sullo stesso piano
dei modelli geometrici astratti. Questa rivalutazione della metafisica si oppone a
concezioni puramente pragmaticostrumentali della scienza, proprio perché
essa pone il problema della conoscenza
dell’oggetto da parte del soggetto. Se sul
piano filosofico il bersaglio polemico di
Enriques è lo scientismo, su quello culturale lo sono le pretese egemoniche dello
spiritualismo idealista. Al di là delle differenti posizioni sul terreno specificamente
epistemologico, Enriques e Volterra si trovano in effetti dalla stessa parte, quella
perdente, che nei primi decenni del secolo
oppose i filosofi della scienza (Volterra,
Enriques, Vailati) all’idealismo. Volterra
insiste poi sul valore della ricerca pura,
ovvero, non immediatamente e coscientemente legata all’utilità; e se ciò è detto
anzitutto contro Croce, che relega il valore
della matematica all’ambito definito dalla
propria categoria di pratica, l’affermazione del valore conoscitivo della scienza pura
vale contro ogni riduzione della ricerca ai
suoi usi applicativi.
Le ipotesi generali sull’universo sono il
frutto più di intuizioni che non di astrazioni
induttive; la storia della scienza è scandita
dal passaggio dall’una all’altra di queste
intuizioni di carattere generale, come mostra Enrico Bellone nel ricostruire la storia
della fisica. Anche Marcello Cini nella sua
opera, una raccolta di articoli apparsi dal
1983 al 1988 sulla rivista “Scienza Esperienza”, sottolinea fra l’altro la necessità di
fondazione del riduzionismo scientifico da
due punti di vista. Il primo è quello dell’esigenza di “visioni d’insieme” che trascendano gli sguardi delle singole discipline
che studiano la natura; il secondo, la necessità di integrare la scienza della natura
stessa, prendendo in esame i fattori che si
riferiscono all’”interesse” - psicologico,
ideologico, e così via - dello scienziato.
La polemica è anzitutto con Karl Popper,
che finisce per riproporre una presunta
“neutralità della scienza”; Cini vuole però
prendere le distanze anche da Paul
Feyerabend, o, piuttosto, da una certa ricezione della sua epistemologia, ricordando, contro possibili interpretazioni irrazionaliste e misticheggianti dell’evoluzione
della scienza, che essa è solo in ultima
analisi un tutto unico. Da una parte le
metodologie particolari delle singole discipline costituiscono comunque un fattore
decisivo; dall’altra, l’ideale metodico razionale della scienza ha spesso fornito un
aiuto decisvo al progresso del sapere e della
cultura in senso lato. Feyerabend non lo
nega; anche in Addio alla ragione preferisce però, ancora una volta, indirizzare la
sua polemica contro un atteggiamento positivista e contro l’idea di un metodo razionale universale, “neutrale”, in quanto oggettivo, in funzione del quale si debbano
gerarchizzare culture e atteggiamenti diversi. In quest’ultima opera ancora una
volta Feyerabend assume una posizione
“kierkegaardiana”: la difesa di un pensiero
“soggettivo” e “interessato” contro la “filosofia dei risultati”, cioè contro un pensiero “oggettivo” di stampo hegeliano che fa
leva sui fatti come dati nella loro fissità;
pensiero che Feyerabend vede all’opera in
Galilei, nel positivismo, e in Popper stesso.
Anche Paolo Vineis attacca il riduzionismo scientifico, conducendo una critica del
concetto di causa all’interno della pratica
scientifica stessa. Della nozione causale
Vineis mostra il carattere tautologico e, a
volte, la scarsa fecondità euristica. Il culto
scientista dell’universalità e autofondatezza delle scienze positive, per Vineis come
per Enriques, Feyerabend, Cini, non è meno irrazionale, meno lontano dalla scienza
stessa, di quanto non lo siano i suoi denigratori. F.C.
Marcel Duchamp, Rotary Glass Plates (Precision Optics), 1920
CALENDARIO
CALENDARIO
Tre giornate di studio su Filosofia e scienze della natura nell’Ottocento tedesco si tengono
da gennaio a maggio a Pisa a cura
del dipartimento di Lettere e Filosofia della Scuola Normale
Superiore. Il 18 gennaio si è tenuto il seminario di R. Mazzolini:
“La legge dell’energia specifica
dei sensi in J. Müller”; L. Cerruti
ha svolto il 14 febbraio una lezione su “Autonomia epistemologica e situazione conoscitiva nella
chimica teorica di L. Meyer”,
mentre nello stesso giorno E.
Torracca è intervenuto su: “Le
origini della spettroscopia: i contributi di Bunsen e Kirchoff”. Il
10 maggio E. Gagliasso e S.
Barbera parleranno rispettivamente di “Teorie cellulari: tra
morfologia, filosofia della natura
e ricerca empirica” e de “Il ruolo
degli studi di fisiologia nella costruzione della teoria della conoscenza di Schopenhauer”.
● Informazioni: Segreteria della
Classe di Lettere e Filosofia della
Scuolo Normale Superiore di
Pisa, Piazza dei Cavalieri 7, 56100
Pisa.
Presso la sede della II Università
di Roma (Tor Vergata) il Dipartimento di Ricerche Filosofiche ha
organizzato tra gennaio e febbraio una serie di Tre lezioni sugli Stoici antichi. Ha aperto la
serie Margherita Isnardi Parente
(21 gennaio) con una lezione su
“Il concetto di incorporeo nella
Stoa tra la fisica e la logica”;
Mario Vegetti (28 gennaio) ha
parlato sul tema: “Cosmo, destino e soggetto negli Stoici”; ha
concluso il ciclo la lezione di
Aldo Magris (4 febbraio) su “Problemi del determinismo stoico”.
● Informazioni: II Università di
Roma, Dipartimento di Ricerche
Filosofiche, Via Orazio Rai-mondo 7, 00173 Roma.
Presso la Fondazione San Carlo
di Modena un interessante ciclo
di lezioni sul tema: Il tempo vissuto. Ha aperto il ciclo Giacomo
Marramao (25 gennaio) con una
relazione intitolata: “L’altra metà del tempo. Verso una filosofia
dell’esperienza”, mentre Pier
Aldo Rovatti (8 febbraio) ha parlato della nozione di “Tempo fenomenologico” nel pensiero di
Bergson, Husserl e Heidegger.
La lezione di Ugo Perrone (25
febbraio), dal titolo: “Il tempo
interrotto”, ha preso in esame la
relazione tra festa e quotidianità.
Di argomento più specificamente psichiatrico è stato l’intervento
di Alberto Gaston (15 marzo): “Il
cammino del tempo nella psicopatologia. Percepire, pensare, intuire”; ha chiuso il ciclo il sociologo Alessandro Cavalli, parlando di “Tempi sociali e tempi individuali”.
● Informazioni: Fondazione Collegio San Carlo, via S. Carlo 5,
Modena.
Scienza e vita civile nel Rinascimento sono oggetto di una serie
di seminari curati dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, dall’Istituto Nazionale di Studi sul
Rinascimento e dall’Istituto e
Museo di Storia della Scienza,
che hanno luogo da marzo a giugno, sempre a Firenze. Questo il
calendario delle lezioni:
5-8 marzo, Martin Kemp e Judith
Field: “From Optics into Art: from
Art into Mathematics”.
11-13 marzo, Christian Bec:
“Niccolò Machiavelli”.
25-28 marzo, Pierre Jodogne:
“Francesco Giucciardini”.
3-6 giugno, Thomas Seattle:
“Scienza e tecnica nell’età di
Cristoforo Colombo”.
6-8 giugno, Michel Lerner: “Filosofia e cosmologia alla fine del
rinascimento”.
17-20 giugno, Sebastiano Gentile: “Umanesimo e geografia nel
‘400 fiorentino”.
● Informazioni: Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici, via Monte di Dio 14, 80132 Napoli.
L’Assessorato alla Cultura del
Comune di Cattolica promuove
tra marzo e maggio la dodicesima
edizione annuale del ciclo di incontri dal titolo programmatico:
“Cosa fanno oggi i filosofi?”, organizzato dalla Biblioteca comunale di Cattolica in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici e la rivista “Nuova civiltà delle macchine”. Il tema di quest’anno affronta, in una
prospettiva filosofica, il controverso rapporto Della parola (e
dell’immagine). Interventi di
Beniamino Placido (8 marzo,
“All’inizio era il logos”), Sergio
Finzi (“La scrittura del Trauma e
i segni della guerra”), Sergio
Quinzio (29 marzo, “Parola sacra”), Maurizio Bettini (5 aprile,
“Fama di immagini e fama di
parole: per una antropologia dell’immagine nel mondo antico”),
Annamaria Testa (12 aprile, “La
parola immaginata”), Remo
Bodei (19 aprile, “Dal buio alla
luce”), Renato Barilli (3 maggio,
“Pensare la fine, pensare l’inizio”) e Massimo Cacciari (10
maggio, “Lo specchio di Platone”).
● Informazioni: Biblioteca comunale di Cattolica, Piazza della
Repubblica 2, 47033 Cattolica
(FO).
Nel contesto di un programma di
dialogo tra filosofi tedeschi e latino-americani si è svolto dall’1
al 5 marzo presso l’Universidad
Autonoma Metropolitana del
Messico un incontro sul tema:
Problemi etici del conflitto nordsud.
● Informazioni: Raul Fornet-
Betancourt, Kanonenwiese 5a, D5100 Aachen.
Dal 4 all’8 marzo si è tenuto a
Dubrovnik un incontro su Scienza, politica moralità. Decisioni
etiche nel contesto delle controversie scientifiche, organizzato
da Renè V. Schomberg, P.
Morales e M. Milovic.
● Informazioni: Inter-University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Per il ciclo di lezioni “Il mondo
delle cose” si è svolto il 5 marzo
presso la Fondazione S.Carlo di
Modena una giornata di studio
con la partecipazione di Marshall
Salinis (Chicago) e Remo Guideri
(Nanterre-Parigi X) sul tema: La
genesi culturale dei bisogni.
● Informazioni: Fondazione Collegio S. Carlo, via S. Carlo 5,
41100 Modena.
Si è svolto a Dubrovnik dall’11 al
22 marzo un corso su Essere uomini responsabili. Decisione e
incarico, diretto da R. Wisser, B.
Bosnjak, J. Reiter.
● Informazioni: Inter-University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Dal 18 al 20 marzo si è svolto a
Dubrovnik un corso su
Schopenhauer - Nietzsche Postmoderno, diretto da M. Cekik
e W. Schirmacher.
● Informazioni: Inter-University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Dal 18 al 24 marzo si è tenuto a
CALENDARIO
Dubrovnik un incontro sul tema:
Prospettive per una filosofia della scienza postmoderna.
Sociologia, ermeneutica strutturale e ontologia critica, organizzato da B. B. Abich, N. Davey,
H. Schmidt, P. A. Heelan e T.
Seebohm.
● Informazioni: Inter-University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Dal 18 al 31 marzo a Dubrovnik
si è svolto un corso su Pensiero
dell’esistenza: umanismo o antiumanismo, diretto da G. Penzo.
H.-M. Baumgartner, I. Koprek,
R. Thurnherr.
● Informazioni: Inter-University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Si è tenuto dal 22 al 23 marzo
presso la Duquesne University
un convegno della North
American Fichte Society sul tema: La filosofia di J.G. Fichte.
● Informazioni: Prof. Tom
Rockmore, Department of
Philosophy, Duquesne University, Pittsburgh, PA 15282 USA.
Si tiene a Dubrovnik dall’1 al 6
aprile un seminario su Hegel e
Nietzsche, diretto da M. Djuric,
V. Gerhardt, J. Simon e Slobodan
Zunjic.
● Informazioni: Inter-University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Si tiene a Dubrovnik dall’1 al 12
aprile il XVII Corso della serie
“Filosofia della scienza” dedicato ai temi Filosofia della psicologia e Teoria ed esperimento. Direttori del corso: L. Bergstrom,
J.R. Brown, W. Krajewski, S.
Lelas, E. Mamchur, J.
Mittelstrass, W. Newton-Smith e
K. Wilkes.
● Informazioni: Inter-University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
A Dubrovnik dall’1 al 12 aprile si
svolge un corso su Interpretazioni sociali della tecnica. Controllo delle tecniche in un mondo
che cambia. Mutamento dei valori nello sviluppo della tecnologia sotto la direzione di I.
Hronzsky, G. Ropohl, V.
Gorohov, A. Hunning e S. Lelas.
● Informazioni: Inter-University
Centre, Frana Bulica 4, YU 5000
Dubrovnik.
Dal 3 al 10 aprile si svolge a
Dubrovnik un corso su Teoria
femminista e movimento delle
donne, diretto da R.Ivekovic, E.
List e S. Weigel.
● Informazioni: Inter University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Dal 7 al 14 aprile 1991 si tiene a
Dubrovnik un seminario su Razionalità e discorso. Differenziazioni nel concetto di ragione,
diretto da K.-O. Apel, W.
Kuhlmann, M. Kettner e M.
Milovich.
● Informazioni: Inter University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Si svolge dal 12 al 16 aprile a
Eugene, Oregon, il XVIII convegno humeano.
● Informazioni: Prof. Dr. Dorothy
Colemon, Secretary of the
Humean Society, Dep. of
Philosophy, Bodwin College,
Brunswick, ME 04011 USA.
Si tiene dal 15 al 20 aprile a
GLI STUDI FILOSOFICI
Palazzo Serra di Cassano - Via Monte di Dio 14 - Napoli
2-5 aprile - Biagio de Giovanni
Vico pensatore del Moderno
Vico e il moderno - Vico e la metafisica dei moderni (I) - Vico e la metafisica dei moderni (II) - L’età degli
uomini.
2-5 aprile - Edgard Morin
Rationalité et complexité”
Rationalité, Rationalisation, Raison L’aventure de la Raison occidentale Crise de la Rationalité ou crise de la
Rationalisation - Rationalité et pensée complexe.
8-12 aprile - Paul Ricoeur
Responsabilité et Utopie”
La responsabilité au passé: sens morale et juridique - La responsabilité au
futur: Jonas et le principe responsabilité à l’âge technique - La responsabilité et la fragilité de la vie - La responsabilité selon l’éthique de la communication (Apel) - Idéologie, utopie et
responsabilité.
15-18 aprile - Cesare Cases
Vicende dell’interpretazione
del Faust
Il Faust guglielmino e spengleriano Tra Marx e Freud - L’opposizione
alle interpretazioni trionfalistiche - Il
Faust oggi e le autointerpretazioni di
Goethe.
22-25 aprile - Karl-Otto Apel
Auseinandersetzungen: Witt-
genstein, Derrida und Habermas
in der Sicht einer transzendentalen Sprachpragmatik”
Wittgenstein - Heidegger - Derrida Habermas.
22-26 aprile - Jan Sperna Weiland
Maestri dell’antropologia
filosofica del Novecento”
Martin Buber. Il principio dialogico e
la ristrutturazione della società Martin Heidegger. Le strutture essenziali del Dasein e l’avvento dell’Essere - Max Scheler. Il conflitto fondamentale e la speranza di un’ultima
armonia - Helmuth Plessner. La “posizionalità eccentrica” dell’apostata
della natura - Arnold Gehlen. La mancanza essenziale, la costruzione e la
distruzione delle istituzioni.
6-9 maggio - Girolamo Cotroneo
Il concetto di “vero” nella Prefazione alla Fenomenologia dello spirito
“Immediatezza” e “mediazione” - La
potenza “immane” del negativo - Il
sapere dogmatico - Il concetto assoluto.
13-17 maggio - Arbogast Schmitt
L’autorappresentazione del pensiero moderno e la sua interpretazione dell’antichità. Un confronto critico della cosiddetta
fondazione ultima della conoscenza nel mondo antico e nel
mondo moderno
Introduzione (La fondazione del l’autonomia del soggetto conoscente ad
opera di Cartesio) - Conoscenza confusa e conoscenza distinta in Cartesio
- Sul rapporto tra oprincipi dimostrativi impliciti ed esplicit in Cartesio
(La fondazione di una mathesis universalis ad opera di Platone) - Dalla
confusione della conoscenza sensibile alla conoscenza distinta dell’idea L’essere come criterio di giudizio del
pensiero.
20-24 maggio - Sossio Giametta
Lo Zarathustra di Nietzsche”
La conoscenza - La morale - Lo stile
- Mondo e sopramondo - Filosofia e
moralismo.
20-23 maggio - Manfried Riedel
Heidegger und die Griechen”
Aletheia: Heideggers Rückgang auf
den Anfang der abendländischen
Philosophie - Logos-Physis-Ethos:
Heraklit - Die Wegscheides des
Parmenides - Die Gegenwart der
Griechen: Heidegger und Gadamer.
27-31 maggio - Woldemar Görler
Verità e verosimiglianza
nell’Accademia scettica”
Arcesilao e la teoria dell’eulogon - Il
verosimile: concetti e significati Carneade e il “persuasivo” - Filone di
Larissa e l’”evidente” - “...aut verum
aut quod ad id quam proxime acce-
dat...”. Cicerone, scettico fiducioso.
3-7 giugno - Marco Maria Olivetti
Comunità etica e chiesa
nell’idealismo tedesco
La “comunità etica” come risposta
alla domanda: “Cosa posso sperare?”
- Antecedenti storici della distinzione
tra “chiesa invisibile” e “chiesa visibile” nella cultura filosofica e religiosa tedesca - Kantismo e antikantismo
tra i romantici - “Spirito assoluto” e
“regno dello spirito” - L’ecclesiologia
filosofica dello Spätidealismus.
6-8 giugno - Michel Lerner
Filosofia e cosmologia alla fine
del Rinascimento
I dibattiti sulla natura e lo statuto
delle ipotesi astronomiche prima di
Copernico - Il significato dell’eliocentrismo dal punto di vista filosofico - Le scoperte celesti a partire dal
1572 e la loro assimilazione teorica.
10-14 giugno - Domenico
Losurdo
La guerra e la colpa: la cultura
tedesca e il bilancio dei due
conflitti mondiali
Weber e la Schuldfrage - Il bilancio di
Jaspers dalla prima alla seconda guerra
mondiale - La guerra e il nihilismo
attivo: Heidegger fra le due guerre La tecnica, la guerra e la volontà di
potenza: il bilancio dell’ultimo
Heidegger - Schuldfrage e crisi dello
CALENDARIO
Dubrovnik un corso su Heidegger
e l’idealismo, diretto da G.Gretic
e H. Hüni.
● Informazioni: Inter University
Centre, Frana Bulica 4 YU-5000
Dubrovnik.
Dal 15 al 27 aprile si svolge a
Dubrovnik un seminario su Il futuro della religione. Ricostruzione socialista o restaurazione
nazionalista? (direttori: R.J.
Siebert e S. Vrcan).
● Informazioni: Inter University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Dal 30 aprile al 5 maggio si svolge a Marienbad (Cecoslovacchia)
il congresso: Ritorno dell’etica.
La sfida della scienza e della
politica, articolato nei seguenti
punti tematici: I. Etica e politica;
II. Etica e sciense della natura;
III. Etica e medicina. Il convegno
jus publicum europeo: Carl Schmitt.
17-21 giugno - Louis Dupré
La forma della modernità
Soggetto e natura - Libertà assoluta La scoperta del passato - La trascendenza trasformata - Frammentazione
dell’universo simbolico.
24-28 giugno - Vincenzo Vitiello
Religione e arte nella Fenomenologia dello spirito
Destino e senso del tragico negli scritti
teologici giovanili di Hegel - Il “luogo” della religione nella Fenomenologia dello spirito - Il “religioso”
(das Religiöse) tra natura e arte. Confronto con Schelling - La religione
nella verità dell’arte - La verità della
religione: l’interpretazione hegeliana
del Cristianesimo.
1-5 luglio - Remo Bodei
Il mondo e i sensi
Accessi a “mondi” diversi attraverso
i singoli sensi - L’esperienza mediata
dai sensi: vista e colori. Spazio, linee,
forme e immagini - L’udito: il suono,
la musica, i rumori. I sensi “dimenticati”: l’olfatto, il tatto, il gusto - Il
“mondo della vita” e la conoscenza
sensibile - L’arte e le teorie dell’”apparire sensibile del bello”.
8-9 marzo - Napoli
Il ritorno di Silvio Spaventa
Dopo i “Saluti” dei Sindaci di Napoli,
è organizzato dall’Associazione
Internazionale dei Professori di
Filosofia in collaborazione con
l’Accademia Cecoslovacca delle
Scienze e l’Associazione Austriaca per la Didattica della Filosofia
e della Psicologia.
● Informazioni: Dr. Maria Fürst,
Josefstädterstr. 35/7, Wien.
Si svolge a Langenfeld dal 3 al 5
maggio il III Simposio di
Langenfeld, dedicato al problema dei fondamenti della modernità. Tra i partecipanti D. Kamper,
H. Lübbe, W. Rehfus, P. Richter,
H. Seebass, G. Vollmer, W.
Welsch e W. Zimmerli.
● Informazioni: E. Knoff, VHS
Langenfeld, Konrad-AdenauerPlatz 1, D-4018 Langenfeld.
Dal 6 all’11 maggio si tiene a
Dubrovnik un corso sul tema:
Wittgenstein e la filosofia della
Bergamo, Bomba, Atessa e Vasto,
città profondamente legate alla figura
intellettuale e all’opera di Spaventa, e
gli “Interventi” degli Assessori alla
Cultura dei Comuni di Napoli,
Bergamo e Modena, hanno tenuto
relazioni il Prof. Giuliano Vassalli,
Giudice della Corte Costituzionale
(“Discorso introduttivo”), l’On. Avv.
Giuseppe Gargani, Presidente della
Commissione Giustizia della Camera dei Deputati (“Le origini dello Stato unitario”), il Prof. Vincenzo
Caianiello, Giudice della Corte Costituzionale (“Silvio Spaventa
giurista”), il Prof. Guido Oldrini,
Università di Bologna (“Le
intermittenze della filosofia di Silvio
Spaventa”), il Prof. Gaetano Calabrò,
Università di Roma, ‘La Sapienza’
(“Stato e filosofia in Bertrando Spaventa”), il Prof. Aldo Berselli, Università di Bologna (“Le Associazioni
costituzionali, Silvio Spaventa e il
trasformismo”).
12-14 aprile - Napoli
L’anglo-americano è oggi la lingua esclusiva del pensiero filosofico-scientifico? (Europa
1993)
In collaborazione con l’Istituto
Ludovico Geymonat per la Filosofia
della Scienza, la Logica e la Storia
della Scienza e della Tecnica, interverranno S. Taglagambe, E. Agazzi,
L. Geymonat, F. Minazzi sul tema:
cultura, diretto da K.S.
Johannessen, T. Nordenstam e G.
Petrovic.
● Informazioni: Inter University
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Si tiene dal 13 al 17 maggio a
Dubrovnik il corso Epistemologia e filosofia della mente,
diretto da G.S. Pappas, M. Swain
e M. Potrc.
● Informazioni: Inter Univeristy
Centre, Frana Bulica 4, YU-5000
Dubrovnik.
Dal 21 al 25 maggio si tiene presso l’Università di Costanza un
convegno internazionale sul tema: Filosofia scientifica. Per il
centenario della nascita di Rudolf Carnap e Hans Reichenbach.
● Informazioni: Prof. Dr. G.
Wolters, Fachgruppe Philo-
“Filosofia, Scienza, Verità”; G. Giorello, M. Mondadori, A. Pasquinelli,
F. Barone, M. Pera, A. Pala, E. Bizakis
sul tema: “Filosofia della scienza”; F.
Mondella, E Fiorani, M. Ceruti, F.
Califano, I. Prigogine, D. Semionof
sul tema: “Chimica e biologia”; P.
Rossi, B. Maiorca, G. Gori, L. Zanzi,
L. Bulferetti, R. Haller, F. Gil sul
tema: “Storia e metodologia della ricerca storiografica”; E. Bellone, G.
Micheli, C. Maccagni, R. Maiocchi,
V. Cappelletti, U. Bottazzini, F.
Mendelev, J. Terrigabras sul tema:
“Storia della scienza e della tecnica”.
15-16 aprile - Napoli
Filosofia e liberazione
In collaborazione con il Dipartimento di Filosofia “A. Aliotta” dell’Università di Napoli.
27-31 maggio - Madrid
La filosofia italiana oggi
In collaborazione con il Ministero
degli Affari Esteri, con l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid, con l’Accademia Spagnola di Roma e con il
Circulo de Bellas Artes di Madrid,
terranno relazioni: R. Arguillon, R.
Bodei, M. Cacciari, A. G. Gargani, F.
Jarauta, J. Jimenez, G. Marramao, J.
Muguerza, G. Vattimo, F. Savater.
10-13 giugno - Napoli
Il copernicanesimo in Italia:
1543-1610
sophie, Universität Konstanz,
Universitätstr. 10, D-7750
Konstanz 1, tel. 07531/88-1.
Il 31 maggio e il 1 giugno l’Institut
Benjamin Constant di Losanna
organizza un convegno su Il discorso antropologico alla fine
dell’Illuminismo.
● Informazioni: Institut Benjamin Constant, Université de
Lausanne, Batiment central, CH1015 Lausanne.
Dal 21 al 27 giugno si tiene a
Bristol l’VIII Convegno internazionale sull’Illuminismo.
● Informazioni: Enlightenment
Congress, French University of
Bristol, 19 Woodland Road,
Bristol BS8 17E, England.
ISTITUTO ITALIANO PER
In collaborazione con l’Osservatorio
Astronomico di Capodimonte, con la
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Istituto Universitariuo Orientale e
con il Seminario Didattico della Facoltà di Scienze dell’Università di
Napoli.
27-29 giugno - Vico Equense
La metaforologia in prospettiva
storica
In collaborazione con la HerzogAugust Bibliothek di Wolfenbüttel,
con l’Università di Göttingen e con
l’Istituto Storico Italo-Germanico di
Trento, interverranno: J.-P. Van
Noppen, Università Libera di Bruxelles (“La pensée métaphorique”), D.
Orsucci, Scuola Normale Superiore
(“L’impiego di metafore e modelli
nei secoli XIX e XX. Dilthey,
Eucken”), D. Peil, Università
München (“Politische Bau- und
Architekturmetaphorik in der
Literatur der Renaissancezeit”), F.
Rigotti, Università Göttingen (“La
metafora dell’architettura politica da
Sieyès a Gorbaciov”), H. Münkler,
Università Frankfurt (“Pegasus und
der goldene Zügel”), P. Schiera, Università di Trento (“Il campo metaforico del cavalcare e del ‘tenere le redini’”), W. Euchner, Università Göttingen (“Die Lokomotive der Revolution
in der Sprache der Sozialdemokratie”).
NOTIZIARIO
NOTIZIARIO
Il fatto di poter contare su di un pubblico
numeroso ed interessato, costantemente rinnovato da studenti e laureati, moltiplica in
Francia le COLLANE ECONOMICHE DI
FILOSOFIA. Economiche solo nel prezzo,
perché spesso si tratta di edizioni critiche;
è il caso dell’edizione tascabile di Gallimard
delle Critiche kantiane e dell’Essai sur
l’origine des langues di Rousseau a cura di
J. Starobinsky (Folio/Essais), per non citarne che un paio. Le Meditations métaphisiques di Cartesio sono presentate nella
collezione “Classiques de la philosophie”
(Livres de poche) in una nuova traduzione
dal latino, con testo originale a fronte. A
firmare i livres de poche sono anche autori
contemporanei quali Levinas, Derrida,
Kojève, di cui per la collana “Biblio-Essais”
viene pubblicato un inedito: L’idée du déterminisme dans la phisique classique et
dans la phisique moderne (L’idea del determinismo nella filosofia classica e nella
fisica moderna). La buona salute delle edizioni filosofiche francesi è certificata del
resto dall’inaugurazione, presso le edizioni
Autrement, di una collana intitolata
“Morales”. Quattro titoli all’anno per rivisitare, o per riscoprire, i valori fondamentali della morale. La Politesse (Le buone
maniere), La Fidélité (La Fedeltà) e
L’Honneur (L’Onore), le prime tre opere
uscite, ma si annuncia una ricognizione
completa delle frontiere della virtù.
E’ uscito recentemente in traduzione inglese presso il gruppo editoriale Kluwer, che
ingloba anche le edizioni Martinus Nijhoff,
il libro di Domenico Jervolino su PAUL
RICOEUR, The Cogito and Hermeneutics.
The Question of the Subject in Ricoeur,
(trad. di Gordon Poole, Dordrecht-BostonLondon 1990). Il libro era stato pubblicato
a Napoli nel 1984 dall’editore Procaccini,
con una prefazione di Paul Ricoeur e una
presentazione di Thèodore F. Geraets, dell’Università di Ottawa; se ne prevede per il
1991 una seconda edizione presso Marietti.
Questo libro, che è un tentativo non solo di
pensare su Ricoeur, ma di pensare con
Ricoeur, offre un’interpretazione unitaria
dell’opera del filosofo francese, individuandone il centro tematico nella questione del
soggetto e intravedendone uno sviluppo
possibile nel senso di una filosofia della
liberazione. Uno sviluppo “dal testo all’azione”, per citare il titolo della successiva
raccolta ricoeuriana del 1986, titolo che
pare quasi essere una conferma della linea
interpretativa proposta dallo Jervolino. L’
“Afterword” alla traduzione inglese fa il
punto di tali sviluppi sino al 1989. Un
colloquio del 1987 con Ricoeur su “Time,
Sacrality, Narrative” arricchisce l’edizione inglese, che si avvale anche di un ampio
apparato di note opportunamente riviste e
adattate dall’autore.
Nonostante la grande quantità di SCRITTI
DI WITTGENSTEIN pubblicati dopo la sua
morte, è importante tener presente che gran
parte dei suoi Nachlass non sono mai stati
divulgati. Questi taccuini costituiscono un
inusuale ed affascinante documento; dal
punto di vista storico, psicologico e filosofico essi offrono una rara opportunità, mostrando un grande filosofo nell’atto di partorire nuove idee, svilupparle e correggerle. L’importanza di questi taccuini dipende
anche dal metodo di studio posseduto da
Wittgenstein; egli infatti quando raggiungeva una specie di equilibrio nel suo pensiero, usando i taccuini come materia prima, scriveva un dattiloscritto che spesso
non pubblicava. Così se i taccuini rappresentano le idee spontanee di Wittgenstein
ed il loro sviluppo, i dattiloscritti mostrano
invece quali soluzioni effettivamente egli
ha poi accettato. Pubblicare solo i dattiloscritti, o peggio ancora parte di loro, come
è avvenuto, fornisce una visione incompleta dello sviluppo delle sue idee e di conseguenza delle idee stesse.Ci sono stati negli
anni passati diversi tentativi per pubblicare
tutti gli scritti ancora inediti di Wittgenstein,
fra questi nel 1981 una commissione, a cui
dovevano partecipare tutti i Dipartimenti
di Filosofia delle Università Norvegesi,
aveva presentato un progetto che pur non
prevedendo la pubblicazione degli scritti di
Wittgenstein, prevedeva il compilare un
testo richiamabile al computer, capace di
fornire tutte le necessarie informazioni sui
cambiamenti di testo, correzioni ed alternative dello stesso Wittgenstein. Approssimativamente 3250 pagine sono state trascritte da quando prese il via questo prog-
getto; a queste si sono aggiunte altre fra le
7000 o 8400 pagine di materiale trascritto,
provvenienti da un precedente progetto naufragato. Sfortunatamente per rendere leggibile da una macchina questo materiale
c’era bisogno del permesso degli esecutori
letterari di Wittgenstein, che dopo una lunga negoziazione hanno rifiutato. In assenza
di un supporto finanziario il progetto venne
abbandonato nel dicembre 1987.Fortunatamente però è stato recentemente resuscitato, sotto gli auspici dell’Università di
Bergen. La principale ragione del fallimento dei progetti di pubblicazione dell’intero
lavoro di Wittgenstein risiede nelle decisioni degli escutori letterari, anche perchè
verosimilmente si può ritenere che alcune
interpretazioni da loro fornite della filosofia di Wittgenstein potrebbero risultare soggette ad una rivalutazione alla luce del
materiale non pubblicato.
In occasione del SESSANTESIMO COMPLEANNO DI JACQUES DERRIDA l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha
organizzato nella sua sede di Palazzo Serra
di Cassano in Napoli un incontro con il
filosofo francese che da ultimo ha dato
lettura di una sua breve ma densa relazione
dal titolo: “Ritorno da Mosca”. Storia politica di un genere letterario”. L’omaggio al
filosofo francese si è aperto con gli interventi di C. Sini (“Pratica della voce e pratica della scrittura”) e G. Vattimo (“Ricostruzione della razionalità”), ed è proseguito con una tavola rotonda sul tema: “Postille a Derrida”, con la partecipazione di M.
Ferraris, P. Peñalver e P. A. Rovatti.
Nuova edizione del poema di TITO
LUCREZIO CARO, De rerum natura, (traduzione con testo a fronte di Luca Canali,
Rizzoli, Milano 1990). Il grande poema
filosofico, pur prendendo le mosse da
Epicuro, brilla per alcuni accenti originali.
E bisognerebbe chiedersi se l’amore nutrito per Epicuro da alcune correnti culturali
moderne non sia dovuto proprio alla mediazione esercitata da Tito Lucrezio Caro.
Prima dei materialisti francesi del Seicento, prima di Marx e di taluni critici marxisti
NOTIZIARIO
novecenteschi, Lucrezio aveva sottolineato il valore del materialismo epicureo nella
lotta contro l’oscurantismo della religione
tradizionale. Ma già su questo punto, come
ricorda Luciano Canfora, Lucrezio ha una
sua posizione autonoma rispetto a quella di
Epicuro, di cui viene lasciata cadere la
teologia e viene invece accentuato il ruolo
della fisica. La stessa lotta contro la religione assume un tono nuovo in Lucrezio: la
violenza della polemica colloca l’autore
nella prospettiva di un rapporto storico con
la cultura da cui proviene, di una presa di
posizione “politica”, che va al di là della
caratterizzazione epicurea del saggio.
Le “Filosofskie nauki” (n. 8/1990) hanno
dato notizia di una Conferenza internazionale su BOGDANOV RIVOLUZIONARIO E
PENSATORE, celebrata a Mosca nel 1989,
con la partecipazione di studiosi francesi
(Jutta Scherrer), canadesi (Norman Perejra)
e inglesi (David Beggart), e il coinvolgimento di una serie di centri di ricerca scientifica: Istituto di Storia dell’URSS, Istituto
di Economia, Istituto di Filosofia, Consiglio scientifico di storia del pensiero sociale dell’Accademia delle scienze dell’URSS,
Unione cittadina moscovita degli archivi.Una manifestazione del genere era fino
a poco tempo fa addirittura impensabile.
Aleksandr Malinovskij, detto Bogdanov,
continuava a figurare nei manuali (cfr. per
ultimo V. A. Malinin, Istoriceskij materializm i sociologiceskie koncepcii nacala XX
veka, Mosca, Nauka 1986) come protagonista negativo della filosofia, ai sensi della
condanna contenuta in Materialismo ed
empiriocriticismo di Lenin. Comunque aggirati, i termini della questione sembrano
tuttavia ancora gli stessi. Si tratta delle
cause, «che portano lo scienziato in una
determinata tappa della sua vita all’idealismo soggettivo»; o dell’appartenenza o
meno di Bogdanov al “marxismo”; o dello
“sviluppo” delle vedute filosofiche di
Bogdanov dopo la salutare lezione leniniana. Senza dire che «alla conferenza si è
prestata poca attenzione al chiarimento delle
vedute social-politiche di Bogdanov e del
loro intendimento filosofico»...E’ forse un
altro indizio dell’incertezza di fondo della
perestrojka.
E’ stata pubblicata presso l’editore Bollati
Boringhieri di Torino l’edizione italiana
del COLLEGIO DI SOCIOLOGIA 19371939, a cura di Denis Hollier e Marina
Galletti. Il volume comprende scritti di
George Bataille, Roger Caillois, Pierre
Klossowski, Alexxandre Kojève, Michel
Leiris, Jean Pauhlan, Denis de Rougemont, Jean Wahl. Fondato nel 1937 da
Bataille e Caillois, con la partecipazione di
Leiris e di altri esponenti di rilievo della
Parigi intellettuale dell’epoca, il Collegio
di Sociologia svolse la sua attività fino
all’estate del 1939 soprattutto attraverso
una serie di conferenze, oggi divenute mitiche, presso una libreria del Quartiere Latino. Le delusioni della democrazia e i
successi dei totalitarismi che precedono la
seconda guerra mondiale spingono questo
piccolo gruppo di intellettuali non conformisti sulla strada di una “sociologia sacra”.
Una sociologia non limitata tuttavia allo
studio delle istituzioni religiose, ma estesa
a tutte le formazioni sociali in generale
(chiesa, esercito, corporazioni, società segrete), analizzate nei loro punti di coincidenza con le tendenze fondamentali della
psicologia individuale e a partire da una nostalgia comunitaria, che si dimostra sempre
più una costante dell’epoca. Non a caso il
primo incontro tra Bataille e Caillois avvenne da Jacques Lacan, mentre accanto
alla psicoanalisi un’altra disciplina forniva
un apporto fondamentale: l’antropologia
culturale.
L’Istituto Banfi di Reggio Emilia bandisce
un concorso per il conferimento del PREMIO “ENNIO SCOLARI” di cinque milioni
destinato a ricerche inedite nel campo della
“Storia delle istituzioni e dell’organizzazione della cultura”. Le domande, corredate di cinque copie del dattiloscritto da sottoporre alla commissione giudicatrice, dovranno pervenire entro il 15 settembre 1991
alla sede dell’Istituto Banfi, Via Pasteur
11, 42100 Reggio Emilia.
Fondato nel 1981, l’ISTITUTO DI FILOSOFIA E SCIENZE DEL LINGUAGGIO, fa
parte della Facoltà di Lingue e Letterature
Straniere dell’Università degli Studi di Bari
(Via Garruba, 6 - 70100 Bari). Vi lavorano
Augusto Ponzio (Filosofia del Linguaggio), Giuseppe Mininni (Psicolinguistica),
Giuseppe Mazzotta (Didattica delle Lingue Moderne), Patrizia Calefato (Filosofia del Linguaggio). Tra i temi di ricerca
dell’Istituto figurano: teoria della letteratura, teoria e storia della semiotica, semiotica
delle arti visive, linguistica teorica e applicata, psico/socio-semiotica,apprendimento
e insegnamento delle lingue moderne, scienza cognitiva, linguistica computazionale.
Presso l’Istituto è attivato dal 1988 il Dottorato di Ricerca (quadriennale) in “Teorie
del Linguaggio e Scienze dei Segni” in
collaborazione con il Dipartimento di Matematica Cattedra di Teoria dei Grafi) dell’Università di Bari. Il Dottorato si articola
in quattro curricula: 1. Filodofia del Linguaggio; 2. Produzione e interpretazione
del testo letterario; 3. Teoria della traduzione e modelli di traduzione automatica; 4.
Linguaggi visivi nelle arti figurative e nei
mass media.L’Istituto di Filosofia e Scienze del Linguaggio organizza progetti di
ricerca e convegni anche in collaborazione
con Istituti e Dipartimenti di altre Università italiane e straniere. Tra le pubblicazio-
ni dell’Istituto figurano una rivista monografica semestrale diretta da A. Ponzio, V.
Carofiglio e Y. Hersant: “Lectures” (Edizioni dal Sud, Bari); una rivista annuale di
arti visive, letteratura, semiotica e filosofia
diretta da A. Ponzio e C. Gandelmann:
“Athanor” (A. Longo Editore, Ravenna);
una collana di filosofia del linguaggio e
antropologia culturale: “Segni di Segni”
(Adriatica Editrice, Bari).
L’Università di Sassari si arricchisce di un
nuovo, importante organismo: il CENTRO
DI STUDI FENOMENOLOGICI. Su iniziativa di docenti di diverse Facoltà (Magistero, Farmacia, Medicina, Giurisprudenza,
Scienze Naturali, Agraria), gli organi di
governo accademici (Commissione di
Ateneo, Senato accademico, Consiglio di
Amministrazione) hanno approvato la costituzione del Centro, cui aderiscono 51
studiosi, nominando come direttore Antonio Delogu, docente di Filosofia morale
presso la Facoltà di Magistero. La giunta
esecutiva è composta dai docenti: Francesco Dal Pozzo (Giurisprudenza), Michele
Dattilo (Agraria), Antonello Malvasi (Medicina), Franco Nuvoli (Agraria),
Gianfranco Nuvoli (Magistero), Gerardo
Pinna (Farmacia), Nicola Tanda (Magistero), Pier Paolo Demontis (Scienze Naturali). Il Centro di studi fenomenologici
promuove studi e ricerche interdisciplinari
con il presupposto di attivare un effettivo e
proficuo rapporto tra cultura scientifica e
cultura umanistica. Da questo punto di vista il Centro è l’unica sede istituzionale
che, nell’ambito delle due Università della
Sardegna, si proponga di avviare e sviluppare una interrrelazione dialettica fra le due
culture.
La FONDAZIONE NAZIONALE “VITO
FAZIO-ALLMAYER” bandisce un concorso nazionale, riservato ad autori di saggi
inediti sul pensiero di Vito Fazio-Allmayer
o su tematiche strettamente aderenti ai suoi
interessi, per l’assegnazione di due premi
di lire dieci milioni ciascuno intitolati a
Vito e a Bruna Fazio-Allmayer. Un secondo concorso, a cadenza triennale, è bandito
dalla Fondazione per l’assegnazione di un
premio di lire due milioni riservato a laureati in Filosofia e Pedagogia, che avranno
discusso una tesi di laurea sul pensiero di
Vito Fazio-Allmayer. Possono partecipare
alla prima edizione del premio coloro che
negli a. a. 1990-91, 1991-92, 1992-93abbiano riportato una votazione con lode nella discussione di laurea. Per entrambi i
cincorsi la domanda di partecipazione, unitamente a due copie dei lavori, deve essere
inviata, entro e non oltre il 31 ottobre 1992
per il primo bando, il 31 ottobre 1993 per il
secondo, a: Fondazione Nazionale “V.
Fazio-Allmayer”, Via Sammartino 134,
90141 Palermo.
DIDATTICA
DIDATTICA
a cura di Riccardo Lazzari
Il diritto alla filosofia
Chi ha diritto oggi alla filosofia nella
nostra società? A quale filosofia e in
quali condizioni? In quali luoghi di insegnamento, di ricerca, di pubblicazione, di lettura e di discussione? Queste sono alcune fra le questioni affrontate da Jacques Derrida nel suo recente libro: Du droit à la philosophie
(Del diritto alla filosofia, Galilée, Parigi
1990).
Il titolo può tradursi in italiano come “del
diritto alla filosofia”, alludendo alle questioni sopra accennate, ma in francese può
anche essere inteso nel senso seguente:
“dal diritto alla filosofia”. In quest’ultima
chiave di lettura, esso rinvia a domande del
tipo: quali strutture giuridiche sostengono
le istituzioni filosofiche e qual è il rapporto
fra queste strutture e la filosofia? Jacques
Derrida nel suo libro tenta la strada di una
decostruzione dei dispositivi sociali, politici, storici, teorici e simbolici che fanno
della filosofia una disciplina, una cultura,
intrecciata con determinate istituzioni.
Du droit à la philosophie raccoglie tutti gli
scritti che l’autore, negli ultimi quindici
anni, ha dedicato all’insegnamento della
filosofia, alla scuola e alle istituzioni, con
in appendice un rapporto, elaborato insieme con Jacques Bouveresse e destinato al
Ministero dell’educazione, che formula proposte per una riforma profonda dell’insegnamento della filosofia. Tale rapporto ha
suscitato nell’ambito dell’”Associazione
dei professori di filosofia” numerose riserve, che si sono concretate sotto forma di
una campagna di attacchi.
L’interesse di Derrida per il tema dell’insegnamento della filosofia risale alla sua adesione al GREPH (Gruppo di ricerca sull’insegnamento della filosofia) e alla fondazione nel 1983 del CIPH (Collegio internazionale di filosofia), e si è concretata più
recentemente nel compito di direzione, insieme con J. Bouveresse, della commissione “filosofia ed epistemologia”, affidatogli
nel 1988 dal Ministro dell’Educazione
Lionel Jospin nel quadro di una “Commissione di riflessione sui contenuti dell’insegnamento” nelle scuole secondarie. Nel
suo “rapporto” Derrida propone che la filosofia si insegni in tre tempi: un tempo di
“iniziazione” nella prima classe (corrispondente alla nostra penultima classe liceale),
un tempo “forte” di formazione durante la
classe terminale, ed un tempo di approfondimento all’Università. E’ noto che attualmente in Francia la filosofia, al di fuori
dell’Università, è insegnata soltanto nella
classe terminale. Come Derrida si domanda in un’intervista a “Liberation” (15 novembre 1990), «perché confinare in un
insegnamento di pochi mesi una disciplina
che tutti concordano nel definire fondamentale?». Derrida sostiene anche come
l’esperienza abbia mostrato che solo dopo
alcuni mesi, e dunque in prossimità dell’esame, gli allievi comincino a capire ciò che
forma l’esigenza tipica della filosofia. Inoltre il “rapporto” tenta di rispondere ai pro-
blemi di democratizzazione dell’insegnamento della filosofia, nel senso sia di fare i
conti con le differenze di provenienza sociale degli utenti, con le differenze linguistiche e culturali, sia di diffonderla anche
nelle sezioni di indirizzo tecnico. In concomitanza a questo allargamento alle sezioni
tecniche, Derrida propone una diversificazione del tipo di prove di esame. Ed è su
questo terreno che sono giunte più numerose le critiche. La proposta è quella di ridimensionare il valore esclusivo finora ricoperto dalla prova tradizionale per eccellenza, la classica dissertation scritta, affiancandole una prova orale, cui si giunge attraverso un iter articolato, che comunque comprende un lavoro di ricerca e di scrittura (a
questo proposito Derrida sottolinea quanto
Il maggio sessantotto a Parigi (Ferdinando Scianna)
DIDATTICA
sia grottesca l’accusa rivoltagli di schierarsi contro la scrittura). Non si tratta di meccanizzare l’insegnamento con il ricorso a
banali quiz di verifica, peraltro già diffusi
nella pratica degli insegnanti, ma di relativizzare e di defeticizzare la dissertazione
come modello di retorica e di argomentazione. L’interesse di Derrida per il problema del rapporto fra la filosofia e le istituzioni in cui è insegnata ha una motivazione
teorica profonda. E’ un’illusione, dice
Derrida in un’intervista a “Le Monde” (novembre 1990), credere che la filosofia possa svilupparsi allo stato selvaggio, all’esterno del quadro istituzionale e indipendentemente dalla lingua data. Non riconoscendo tali legami, ci si rende ciechi a ogni
tipo di condizionamento che pesa sull’insegnamento e la ricerca filosofici. Del resto
questi problemi rinviano, più a fondo, all’orizzonte complessivo della ricerca di
Derrida: se il senso non è separato dal segno, né il pensiero dalla scrittura, com’è
possibile che la filosofia sia distaccata dai
luoghi nei quali la si insegna, dalla loro giurisdizione, dai loro programmi, dai loro
stili? Porsi queste domande, significa anche essere fedeli a un’idea di filosofia, per
cui essa non accetta di ripiegarsi su se stessa, per essere sicura della propria identità,
e non teme ogni domanda sulla propria
origine, sul proprio destino e sui propri
limiti.
La filosofia e l’insegnamento
nella scuola dell’obbligo
Il tema della valenza formativa della
“filosofia per bambini”, della sua validità come propedeutica filosofica e
tirocinio metodologico, è affrontato
da Antonio Cosentino in un articolo
apparso sulla rivista “Nuova Secondaria” (n. 5, gennaio 1991).
Antonio Cosentino si riallaccia al tema
della Philosophy for Children (su cui abbiamo riferito nel numero 1 di questa rivista) ed in particolare alle tesi dell’inauguratore di questo indirizzo, M. Lipman, che
conta ora numerosi seguaci nei paesi europei. Cosentino presenta i testi che Lipman
ha approntato, a partire dal 1974, presso il
“Montclair State College” nell’ambito dello “Institute for the Advancement of Philosophy for Children”. Si tratta di testi
scritti in forma di racconti, tali da formare
un complesso curriculum che corrisponde,
grosso modo, alla scansione dei cicli scolastici elementare e medio inferiore, e che
coincide con le principali tappe del processo di apprendimento e di formazione dei
giovani in età scolare. Si va dal celebre
Harry Stottelmeier’s Discovery, in cui prevalgono le finalità di attivazione delle capacità logiche, a Mark, che affronta problemi di carattere sociale partendo dalla insofferenza del giovane protagonista verso le
istituzioni, e a Harry Prime, l’ottavo e
ultimo racconto del curriculum, che offre
strumenti di educazione per adulti, puntando sulle attitudini critiche del pensiero.
Certo, non appare facile introdurre in Italia
le problematiche sviluppate all’interno di
questo curriculum, in cui la filosofia sembra restituita ad una dimensione in cui
confina con il linguaggio quotidiano e rinuncia alla sua aura di sapere difficile,
adatto tutt’al più a chi si prepara all’ingresso all’università. Ma «ogni apprendimento
è certamente attivazione di idee» ed escludere un discorso esplicito sul “mondo delle
idee” dall’iter formativo dell’istruzione,
anche nei livelli inferiori, appare oggi per
più versi ingiustificato.
Cosentino si riallaccia ad un recente intervento dello stesso Lipman (Pratica filosofica e riforma dell’educazione, in “Bollettino della Società filosofica”, n. 135, 1988),
in cui veniva ampiamente motivato un approccio alla filosofia nel senso di fare filosofia, piuttosto che apprendere passivamente le soluzione sistematiche elaborate
dai pensatori nel corso dei secoli. Un tale
approccio permetterebbe, qui in Italia, dove domina un iter di insegnamento della
filosofia, ai livelli superiori, a carattere
prevalentemente storico, di mettere a punto
almeno due ordini di questioni: l’importanza del carattere dialogico dell’attività filosofica, e la questione dell’età a partire da
cui attivare l’insegnamento filosofico.
A proposito del primo problema si può
anche soltanto domandare se esistano oggi
libri di filosofia appositamente pensati per
i ragazzi che frequentano le nostre scuole:
i manuali in uso nei licei sono adeguati ad
un primo approccio dei giovani alla filosofia? La critica degli anni scorsi di cui sono
stati investiti i manuali ha certamente favorito un approccio più diretto alla lettura dei
classici. Ma per quanto sia vero, come
sottolinea lo stesso Lipman, che «sostituire
i testi di partenza con opere originali sarebbe come rimuovere il masso all’imboccatura della caverna e farvi entrare la luce del
sole», non si può trascurare che, dinanzi ai
gravi problemi di decodificazione dei testi
dei classici, occorra approntare una letteratura di transizione, capace di coinvolgere i
giovani e di condurli a quella passione per
i problemi filosofici, senza di cui le opere
dei classici rimangono mute. I racconti di
Lipman forniscono, a giudizio di Cosentino,
qualche traccia di soluzione. Il loro «carattere dialogico assicura l’aderenza alla ricchezza del vissuto e dà al percorso di ricerca una rappresentazione verosimile tale da
captare il coinvolgimento emotivo dello
studente». Ma, l’autentica “provocazione”
di Lipman è che la filosofia può essere
materia di insegnamento elementare: non
perché si tratti di insegnare nelle elementari ciò che si insegna nel liceo, e ovviamente
in versione semplificata, ma perché è possibile, dai primi livelli dell’apprendimento, avviare lo scolaro a prendere coscienza
di specifici problemi cognitivi, e non solo
cognitivi, che sono adeguati alla sua età.
«La filosofia dell’educazione - scriveva
Lipman nell’articolo citato - ha improvvisamente scoperto l’importanza di riflettere
sul pensiero: di studiare, monitorare e riesaminare i propri processi di pensiero.
Questo, a sua volta, ha fatto concentrare
l’attenzione sul ruolo educativo degli atti
mentali (per es. assumere, assentire, calcolare, congetturare, ricordare), degli atti metacognitivi (sapere che si ricorda, assumere
di sapere, e così via), degli atti meta-affettivi (come desiderare di desiderare e sperare di amare) e dei corrispondenti atti mentali (come il dedurre che tu deduci)... Per
es., un avvenimento in un romanzo del
nostro curriculum presenta una ragazza
cieca che racconta un incidente, a cui ha
assistito. I lettori hanno un lavoro ben definito da eseguire: distinguere ciò che la
ragazza percepisce da ciò che deduce, ciò
che ella accetta come vero basandosi sulla
testimonianza di altri, e ciò che ella deduce
da quella testimonianza. Quello che è particolarmente significativo, tuttavia, è che il
lettore deve dedurre ciò che la ragazza
deduce, congetturare ciò che lei congettura, indovinare ciò che lei indovina. Gli
studenti non imparano qualcosa su questi
atti mentali, sono invece costretti ad eseguirli, ed a eseguirli con abilità».
Con questo metodo diventa possibile fare
filosofia anche con i bambini: l’ottimismo
di Lipman sulla possibilità di articolare il
discorso filosofico, fino a renderlo tale da
essere recepito virtualmente da tutti, anche
dai più giovani, rivela una serie di debiti nei
confronti delle pedagogie di Dewey e di
Bruner. Cosentino ritiene che i racconti di
Lipman potrebbero rivelarsi validi anche
per i nostri programmi del 1985 approntati
per le scuole elementari. Non solo: opportunamente articolati, essi potrebbero venire incontro ai fini del preannunciato biennio obbligatorio delle scuole secondarie,
nel senso di favorire, nell’ambito dell’area
comune di una scuola di massa, «una qualche forma di approccio diretto alle idee, sia
come introduzione allo studio della filosofia come storia, sia come bagaglio critico
per sé stante».
Metodologia
dell’insegnamento filosofico
E’ stato attivato da febbraio 1991 presso l’Università di Padova il Corso di
Perfezionamento in Metodologia dell’Insegnamento Filosofico. La direzione del corso, che fa capo al Prof. Giovanni Santinello, ha sede presso l’Istituto di Storia della Filosofia della Facoltà di Magistero (P.zza Capitaniato
3).
Il corso, che ha durata di sette mesi, ha lo
scopo di aggiornare e di formare sul piano
metodologico l’insegnante di discipline filosofiche nelle scuole medie superiori. Al
corso sono ammessi i laureati in Pedagogia, in Filosofia, in Lettere e in Materie
DIDATTICA
Letterarie, in Matematica, in Scienze Naturali, per un massimo di 50 iscritti. Le materie di insegnamento sono:
Per una lettura dei testi filosofici: finalità e
criteri di metodo.
Principi di metodologia e didattica.
Filosofia e scienza nel Novecento.
La scienza fra Ottocento e Novecento ed i
relativi problemi.
Filosofia analitica e logica.
Ermeneutica scientifica.
Sono previste anche esercitazioni nella
scuola media superiore in accordo con il
Provveditorato agli Studi di Padova.
Convegni, seminari, iniziative
Il Dipartimento di filosofia e scienze
umane dell’Università di Macerata ha
organizzato un convegno a Firenze i
giorni 8 e 9 marzo sul tema: Il testo
e la parola. L’insegnamento
della filosofia nell’Europa contemporanea.
Il Convegno ha inteso affrontare significato e metodi dell’approccio al testo filosofico, nella prospettiva di discuterne i caratteri specifici, le relazioni e le differenze con
altri tipi di testo, le metodologie di lettura e
di utilizzazione nell’insegnamento. Il tema
del testo filosofico reca con sé anche la
questione della paradigmaticità degli autori cui ci si riferisce in filosofia e conseguentemente del rapporto tra “attualità” dell’insegnamento e “classicità” del contenuto.
Nello spirito di una sempre più intensa
integrazione europea, i problemi dell’insegnamento della filosofia sono stati affrontati con riguardo alle differenti esperienze
di altre tradizione scolastiche e nazionali e
nella prospettiva di un possibile e auspicabile interscambio tra le medesime.
Hanno partecipato ai lavori, con specifiche
relazioni, Ugo Perone (“Testo, interpretazione, verità”), Janös Petöfi (“Teoria del
testo e analisi dei testi filosofici”), Enrico
Berti (“La classicità di un testo"), Remo
Bodei (“Testo e contesto per la storia della
filosofia”), Sergio Givone (“Filosofia ed
esperienza di verità”). Si è svolta inoltre,
alla fine dei lavori, una tavola rotonda con
Annamaria Pastore (Scuola Europea di
Varese), Roberto Barzanti (Presidente della Commissione Cultura del Parlamento
Europeo), Franco Bianco (Università “La
Sapienza” di Roma), Jacques Steiwert
(Scuola Europea di Bruxelles), Luciana
Vigone (Segretaria della Società Filosofica Italiana). Un resoconto del convegno
sarà pubblicato nel prossimo numero di
questa rivista.
In relazione a questo convegno, si segnala
la pubblicazione del nuovo manuale di
filosofia per i licei di C. Ciancio, G.
Ferretti, A. Pastore, U. Perone: Filosofia: i testi, la storia, (Società Editrice Internazionale, Milano 1991). Al centro dei tre
volumi del nuovo corso di filosofia è il
testo filosofico. Il tentativo, come chiariscono gli autori, è quello di “conservare la
ricchezza che proviene da un ordinamento
e una contestualizzazione storici congiungendola con un riferimento diretto alle fonti”, in modo da avviare lo studente ad un
confronto con il testo filosofico. La struttura dei volumi pone dunque al centro un’ampia scelta di testi di autori classici, affiancata da colonne di “analisi” che ne chiariscono le linee argomentative. Ogni capitolo e
ogni paragrafo sono preceduti da un quadro
informativo che ricostruisce lo sfondo e il
contesto entro cui leggere il significato del
testo filosofico preso in esame. I “percorsi
tematici”, posti al termine di gruppi omogenei di testi, scandiscono i passaggi argomentativi fondamentali, mentre i “profili”,
in conclusione dei capitoli, ripercorrono
sinteticamente i contenuti trattati.
Con il titolo: Kant. Lezioni di
aggiornamento (Zanichelli, Bologna
1990) è stato pubblicato un volume
che raccoglie le relazioni tenute a un
recente convegno sul filosofo di Königsberg organizzato a Brescia
dall’A.R.I.F. (Associazione per la Ricerca e l’Insegnamento della Filosofia)
nei giorni 11-13 novembre 1988.
Nel volume sono raccolte le relazioni di M.
Mamiani (“Kant e la scienza newtoniana”),
di F. Alessio (“Kant davanti alla tradizione
filosofica”), di P. Parrini (“Sulla teoria
kantiana della conoscenza: verità, forma,
materia”), di V. Mathieu (“L’Opus postumum”), di M. Mori (“La filosofia della
storia in Kant”), di E. Garroni (“Kant e il
problema estetico”). A questi interventi,
che ricostruiscono le linee fondamentali
del pensiero kantiano alla luce delle ricerche più recenti e che sollecitano nuovi e
fruttuosi approcci all’insegnamento di Kant
nella scuola liceale, fa seguito una relazione di B. Miglio su “Kant nei manuali liceali
di filosofia”. Una “appendice” a cura di G.
Conti fornisce la sintesi di una teleaudioconferenza sul tema: “Insegnare Kant oggi”, svoltasi il 5 ottobre 1988 fra tredici
punti di intervento in Lombardia, con relazioni introduttive di S. Veca, di F. Brunetti
e di F. Alessio.
La Casa editrice Sansoni organizza dal
10 all’11 Aprile 1991 a Roma (presso la
Residenza di Ripetta, via di Ripetta
231) un convegno dal titolo generale:
Sapere filosofico e cultura
della scuola negli anni 90.
Come ripensare i termini di una formazione dei giovani (possibilmente d tutti i giovani) che risponda all’esigenza di trovare,
nell’età della “rivoluzione scientificotecnologica”, un’istanza unificante, in controtendenza rispetto alla parcellizzazione
del sapere, e portatrice di senso? Ci sarà
ancora posto, per la filosofia, nell’impianto
culturale dei nuovi programmi e ordinamenti scolastici? Queste alcune delle domande cui vuole rispondere il convegno.
Sono previste le seguenti relazioni:
mercoledì, 10 aprile:
ore 9,30 - 13,00: E. Severino, Il futuro
della filosofia; S. Moravia, La filosofia
nella cultura contemporanea;
ore 15,30 - 19,00: La dimensione didattica:
commissioni di lavoro: La lettura dei classici (con G. Di Caro); Problemi della valutazione nell’insegnamento della filosofia
(con M. De Bartolomeo); La filosofia nella cultura della scuola: linee e tendenze nei
libri di testo (con G. Brianese);
giovedì, 11 aprile:
ore 9,30 - 13,30: La dimensione didattica:
comunicazione e discussione: L’inchiesta
tra gli insegnanti della Società Filosofica
Italiana (C. Quarenghi); Verso nuovi programmi di filosofia? (E. Serravalle); relazioni delle tre commissioni di lavoro e
discussione;
ore 16,30 - 19,00: Gli insegnanti interrogano i filosofi. Tavola rotonda con: E. Berti,
R. Bodei, V. Mathieu, S. Moravia, E.
Severino.
Si è tenuto a Ischia, dal 17 al 25 marzo
1991, un convegno dal titolo:
Eurocentrismo come onere e chance
nell’insegnamento della filosofia in Europa, promosso dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli in collaborazione con l’Università di Amburgo, Facoltà di Scienze
dell’educazione.
Vi hanno preso parte relatori provenienti
da vari paesi d’Europa: J. Trinks (“L’insegnamento della filosofia in Europa”), K.
M. Meyer-Abich (“Eurocentrismo, antropocentrismo, fisiocentrismo”), Th. H.
Macho (“Guerra e pace nel nome dell’Europa”), M. Fürst (“Il potenziale creativo
dell’insegnamento filosofico”), B.
Weisshaupt (“La questione della donna?”),
G. K. Mainberger (“Eurocentrismo e colonialismo”), S. E. Nordenbo (“Razionalità eurocentrica o universale?”), S. A. Selander
(“La questione europea nell’insegnamento
della filosofia nei licei svedesi”), K. van
der Leeuw (“La filosofia nella Liberal
Education”), F. G. Moriyon (“Costruire
un’identità culturale europea facendo filosofia con i bambini”), A. Kremer-Marietti
(“Critica della critica francese all’eurocentrismo”), T. Pluzanski (“Dialogica”), W.
Pogosjan (“Eurocentrismo. Il declino della
metacivilizzazione e lo studio dell’eredità
filosofica europea”), G. Matthews
(“Eurocentrismo. Autoconoscenza e apertura al mondo”), R. Bodei (“Che cos’è
l’eurocentrismo? Una chiarificazione concettuale storico-sistematica, guardando all’insegnamento filosofico in Italia”); Giuseppe Orsi (“Esperienze internazionali nell’insegnamento della filosofia”).
RASSEGNA DELLE RIVISTE
RASSEGNA DELLE RIVISTE
a cura di Silvia Cecchi
J.B.S.P.
1989).
Vol. 21/3, ottobre ’90
University of Manchester, Manchester
INTERNATIONAL
PHILOSOPHICAL QUARTERLY
An abyss of difference: Laing, Sartre and
Jaspers, di D. Kirsner: Ronald Laing (19281989) rappresenta la figura di uno psichiatra influenzato dalla fenomenologia e
dall’esistenzialismo. A questo proposito
vengono qui evidenziati i legami di Laing
con il pensiero di Sartre ed il rapporto più
conflittuale con la riflessione di Jaspers,
più in particolare con la proposta di quest’ultimo di differeziare radicalmente l’uomo normale e lo psicotico. In quest’ottica
emerge in Laing un originale concetto di
razionalità nel comportamento.
Freud contra Sartre: repression or selfdeception, di A. Mirvish: l’esistenzialismo
di Sartre in opposizione all’approccio psicanalitico all’essere umano di Freud, con
particolare riferimento alla nozione di repressione.
Nietzsche’s genealogy of beauty and
community , di S. Kemal: la genealogia
della bellezza, intesa non come pura contemplazione, bensì come fonte di senso per
il mondo, e la scoperta di una sua dimensione politica.
Heraclitus: Heidegger’s 1943 lecture held
at Freiburg University, di M.S. Frings:
l’analisi heideggeriana dei frammenti di
Eraclito e, più in generale, la sua riflessione
sul concetto greco di physis.
Spinoza, Heidegger and the ontological
argument, di B. A. Singer: al di là dell’apparente differenza biografica, storica ed
anche linguistica tra Heidegger e Spinoza,
in Che cos’é la metafisica (1929) assume
un ruolo centrale l’argomentazione ontologica spinoziana della prima parte dell’Etica. In questa prospettiva l’ontologia
heidegge-riana si integra con quella
spinoziana.
Husserl’s concept of philosophy, di K.
Schuhmann.
The deconstruction of time, di J. Llewelyn:
recensione dell’opera di David Wood, The
deconstruction of time (Humanities Press,
Vol. XXX/2, giugno ’90
Fordham University, New York
Marx’s use of religious metaphors, di T.M.
Jeannot: l’origine del criticismo marxista
all’interno del criticismo teologico dei giovani hegeliani; dopo la rottura con questi
ultimi l’interesse di Marx per la teologia e
la religione si manifesta solo in termini di
metafora e mistificazione. Da qui la separazione tra mondo astratto e mondo concreto e le mistificazioni materiali delle relazioni economiche nel modo di produzione
capitalistico.
Does God create existence?, di B. Davis: la
questione dell’esistenza indagata attraverso le posizioni di G. Frege, C. J. F. Williams,
H. P. Owes, P. Geach e la difesa delle
soluzioni di Tommaso D’Aquino. Le domande fondamentali della teologia naturale.
Are Kant’s “aesthetic judgment” and
“judgment of taste” synonymous?, di T.A.
Gracyk.
Experential ontology: the origins of the
Nishida philosophy in the doctrine of pure
experience, di A. Feenberg e Y. Arisaka: la
dottrina dell’esperienza ed il mondo filosofico del primo ‘900. In quest’ottica si dimostrò di eccezionale importanza per il Giappone l’incontro tra uno dei filosofi guida
d’America, William James, e l’uomo attraverso cui la filosofia giapponese si aprì alla
tradizione del pensiero moderno, Kitaro
Nishida. L’acquisizione da parte giapponese della filosofia continentale e le trasformazioni subite da quest’ultima in forza
delle differenze linguistiche; l’importante
legame con la filosofia tedesca; il concetto
di “pura esperienza” nelle elaborazioni di
James e Nishida.
What Wittgenstein wasn’t, di J.H. Gill:
un’originale lettura di Wittgenstein attraverso l’esame di una serie di “etichette”
particolarmente inappropriate per indicare
che cosa fu Wittgenstein, da cui emerge un
inedito ritratto del filosofo. A partire sia
dalle interpretazioni più radicali, sia da
quelle più convenzionali del suo pensiero e con la convinzione che la filosofia
wittgensteiniana rappresenti qualcosa di
molto più rivoluzionario di quanto queste
interpretazioni lascino intendere - il filosofo appare ora come un rabbi o un mistico,
ora come un fideista, o un behaviorista, o
un convenzionalista, ora come un
positivista. In reltà la definizione più valida
è quella secondo cui Wittgenstein sarebbe
un linguista fenomenologista, in quanto le
intuizioni più radicali del suo pensiero riguardano le conseguenze implicite nella
relazione tra linguaggio, pensiero e realtà.
Rorty’s pragmatism and the pursuit of truth,
di R. Bontekoe: la riflessione di Rorty sulla
condizione umana alla luce delle sue ricerche sul linguaggio. Teoria del vero e teoria
della conoscenza nello sviluppo della riflessione di Rorty: una rilettura del suo
pensiero alla luce delle concezioni di
Gadamer, Derrida, Polanyi, Peirce.
Reply to Zimmerman: Heidegger and the
problem of Being, di W. F. Vallicella: risposta alle critiche rivolte da Zimmerman
all’autore nel precedente numero della rivista. Pur riconoscendo che Zimmerman
mostra di aver ben compreso la rilevanza
delle critiche a Heidegger, la difesa
heideggeriana da lui intrapresa viene ricostruita e valutata da Vallicella.
MAN AND WORLD
Vol. XXVIII/3, luglio ’90
Kluwer Academic Publishers, Dordrecht
The young Heidegger and phenomenology,
di J. Van Buren: ricostruzione dell’apprendistato fenomenologico di Heidegger tra il
1919 ed il 1926; anteriormente a Essere e
Tempo (1927) il Denkweg fenomenologico
heideggeriano rappresenta nell’economia
del suo cammino filosofico un periodo
unico, che non ritorna interamente in Essere e Tempo. Emergono infatti alcune tematiche che verranno riprese nella maturità,
con particolare riguardo alla “questione
dell’essere”, che appare il frutto di una
rielaborazione critica della sesta delle Ricerche logiche di Husserl.
RASSEGNA DELLE RIVISTE
“A world of hope and optimism despite
present difficulties”: Gadamer ‘s critique
of perspectivism, di N. Davey: Gadamer e
Nietzsche e l’ostilità del primo verso il
relativismo alla luce della sua lettura di
Nietzsche.
Kierkegaard’s Fear and Trembling, di J. I.
Gellman.
The genesis of Heidegger’s phenomenological hermeneutics and the rediscovered “Aristotle introduction” of 1922, di
R. A. Mackreel: benchè nella genesi di
Essere e Tempo la riflessione sulla
fenomenologia husserliana giochi un ruolo
fondamentale, importante si dimostra anche la rimeditazione heideggeriana su
Dilthey e Aristotele. In quest’ottica acquista un significato cruciale proprio uno scritto
del 1922 dal titolo: Aristoteles Einleitung,
ritenuto perduto, ma recuperato nel 1989.
Qui Heidegger, prefigurando Essere e Tempo, analizza la moderna situazione
ermeneutica e abbozza la sua interpretazione del concetto aristotelico di Essere.
Analytical marxism and Marx ‘s systematic
dialectical theory, di T. Smith: gli argomenti contro la dialettica proposti dal cosiddetto marxismo analitico di Jon Elster e
John Roemer.
CAHIERS JACQUES MARITAIN
Categorial modelling of Husserl’s intentionality, di I. Baruss: l’interpretazione di
Smith e Mc Intyre del concetto d’intenzionalità di Husserl.
Constitution and reference in Husserl’s
phenomenology of phenomenology, di J.G.
Hart.
Tomo 2
Die Notizen Eugen Finks zur Umarbeitung
von Edmund Husserls “Cartesianischen
Meditationen”, di R. Bruzina.
Der andere als Zukunft und Gegenwart:
zur Interpretation der Erfahrung fremder
Personalität in temporalen Begriffen bei
Levinàs und Husserl
Selbstreferenz und Zeit: die dynamische
Stabilität des Bewusstseins, di W.
Bergmann e G. Hoffmann: la temporalità
della coscienza e i problemi della connessione tra la teoria empirica del sistema
autoreferenziale e la fenomenologia trascendentale di Husserl.
Tomo 3
Ein Protokoll aus Husserls Logikseminar
vom Winter 1925, di H. Reiner e k.
Schuhmann.
Bibliographie der bis zum 8 Mai 1989
veröffentlichen Schriften Edmund Husserls,
di M. Schmitz.
n. 20, giugno ’90
Saint Paul
In questo numero viene affrontata la
tematica dell’epistemologia esistenziale in
Maritain.
LES ETUDES PHILOSOPHIQUES
Le réalisme chrétien de Maritain, di G.
Prouvost: il significato filosofico della conversione di Maritain, con particolare riferimento alla dottrina della conoscenza. Dal
problema del rapporto tra la teoria
bergsoniana della conoscenza e la Rivelazione alla genesi del realismo filosofico di
Maritain: il cammino da Bergson a
Tommaso d’Aquino.
La quatrième remarque de l’Esthétique
trascendantale face aux objections, di F.X.
Chenet.
Savoir théologique et intuitivité, di J.
Maritain: un articolo del filosofo
sull’epistemologia esistenziale dal titolo:
Le savoir théologique et ses auxiliaires
indispensables ici bas (1968).
HUSSERL STUDIES
Vol. 6, n. 1, 2, 3/1989
Kluwer Academic Publishers, Dordrecht
Tomo 1
Towards a real phenomenology of logic, di
A. Peruzzi: l’influsso della fenomenologia
husserliana sulla filosofia della logica e
della matematica.
aprile/giugno ’90
P.U.F., Paris
Le négatif chez Kant, di P. Guillamaud:
negazione logica e negazione reale; la negazione logica e la negatività ontologica; il
negativo e il male morale.
Kant et la métaphysique en 1762-1764: les
leçon de la “Metaphysik Herder”, di M.
Puech: presentazione delle lezioni di metafisica tenute da Kant tra il 1762 ed il 1764
sulla base degli appunti presi da Herder e
recentemente pubblicati a cura della
“Akademie Ausgabe”. L’interpretazione di
questi difficili scritti, densi di richiami a
Crusius e Baumgarten, rappresenta un importante contributo alla chiarificazione del
pensiero kantiano nella fase precritica.
La noétique kantienne et ses sources
aristotéliciennes, di R. Regvald.
Schelling à travers sa philosophie de
l’histoire des idées, di M. Maesschalck: la
storia delle idee come momento costitutivo
della filosofia di Schelling. Il pensare come
dialogo con i tempi e la storia delle idee
come luogo di scrittura del destino dell’uomo moderno.
Métaphysique de l’amour et métaphysique
de la mort chez Bataille et chez
Schopenhauer, di A. Vinson.
ARCHIVES DE PHILOSOPHIE
Tomo 53/4, ott./dic. 1990
Beauchesne, Paris
L’universalisation de l’herméneutique chez
Hans Georg Gadamer, di J. Grondin: l’esigenza di universalità dell’ermeneutica
espressa in Verità e Metodo rappresenta un
oltrepassamento dell’orizzonte metodo-logico di un’ermeneutica limitata alle problematiche delle scienze umane ed un’apertura al piano filosofico ed ontologico. Tale
esigenza di universalità dell’ermeneutica
viene qui ricostruita attraverso un’analisi
della terza parte dell’opera fondamentale
di Gadamer.
Herméneutique et épistémologie. Gadamer
entre Heidegger et Hegel, di T. Rockmore.
Les trois sortes d’universalité dans
l’herméneutique de H. G. Gadamer, di J.
Margolis: la discussione tra Gadamer e
Habermas a proposito delle norme universalmente valide per la comprensione storica.
L’inquiétante étrangeté de Jules Amédée
Barbey D’Aurevilly, di G. Romeyer
Dherbey: il sentimento del meraviglioso in
Barbey D’Aurevilly, la separazione soggetto-oggetto, il tema del passato, l’approdo a Dio.
La création du noveau par le hasard et par
le temps. Un vieux thème épicurien, di J.
Largeault: il problema della preesistenza
del futuro in un sistema che segue un’evoluzione determinista: dalla concezione di
Spinoza e Leibniz alla soluzione di Bergson,
Popper e Prigogine.
La rationalité du théisme: la philosophie
de la religion de Richard Swinburne, di
A.G. Padgett.
Sur le Fragment des trois ordres de Blaise
Pascal, di P. Chibaudel.
Différentielles et intégrales sociales chez
Rousseau, di A. Bachta: un approccio “matematico” agli scritti politici di Rousseau;
differenziali e integrali sociali nel discorso
politico rousseauiano.
Aprés Weil, avec Weil. Une lecture de
Gilbert Kirscher, di P. J. Labarrière: gli
studi di Gilbert Kirscher sull’opera fondamentale di Eric Weil, Logique de la
philosophie, attraverso l’analisi delle aporie
RASSEGNA DELLE RIVISTE
del “cominciamento”, della serie delle diciotto categorie - centro del testo di Weil del progressivo allontanamento da Hegel.
Nell’ultima parte della rivista compare, a
cura dell’Associazione parigina degli amici di Spinoza, un bollettino della bibliografia
spinoziana per l’anno 1989.
Questo numero della rivista si occupa della
filosofia antica e delle sue interpretazioni.
La subversion de l’”elenchos” juridique
dans l’Apologie de Socrate, di L.A. Dorion:
a partire da un’analisi degli scritti degli
oratori classici viene esaminato il concetto
di elenchos, concetto che, in un contesto
giuridico, indica una prova fondata su testimonianze o verosimiglianze. Diverso é il
concetto di erotesis, procedura in base alla
quale l’accusatore e l’accusato possono
reciprocamente interrogarsi. Nell’Apologia
di Socrate Platone si serve dell’erotesis
come fondamento della confutazione nell’interrogatorio di Meleto da parte di
Socrate. E’ quindi nel collegamento tra
elenchos ed erotesis che viene da Platone
inaugurata la pratica dialettica della
confutazione.
Héraclite et l’unité des opposés , di D.
O’Brien: il disaccordo tra Platone e
Aristotele sull’interpretazione del pensiero
di Eraclito.
Foi et intelligence dans l’”unique argument”, di Y. Labbé: le prove dell’esistenza
di Dio; il ruolo della fede nel Proslogion di
S. Anselmo.
Heidegger spéléologue, di S. Barnes: la
spiegazione heideggeriana della dottrina
platonica della verità e le possibili obiezioni a questa interpretazione.
“Il y a” et “phénoménologie” dans la
pensée du jeune Lévinas, di J.L. Lannoy: la
critica alla fenomenologia del primo
Lévinas; la dimensione storica e politica
che sta alla base del concetto di il y a si
mostra refrattaria ad una qualsiasi lettura in
chiave fenomenologica e alimenta la produzione matura del filosofo.
REVUE DE METAPHYSIQUE
ET DE MORALE
Anno 95, n.2, aprile/giugno ’90
A. Colin, Paris
De l’explication causale dans la biologie
d’Aristote, di P. Pellegrin.
La caractère aporétique de la Métaphysique
d’Aristote, di T. H. Irwin: discussione della
tesi di Pierre Aubenque contenuta in Le
probléme de l’être chez Aristote (1966),
Aristote et les problémes de methode (1961),
Aristoteles und das Problem der Metaphysik
(“Zeitschrift für philosophische Forschung”, 15/1961), tesi secondo cui l’argomentazione della metafisica aristotelica
appare essenzialmente aporetica perchè
dialettica.
La philosophie pratique d’Aristote et sa
“réhabilitation” récente, di E. Berti:
Gadamer, Ritter e l’interpretazione del pensiero etico aristotelico in merito ai concetti
di phronesis e éthos.
Platon le sceptique, di J. Annas: l’interpretazione di Platone data dalla nuova Accademia scettica. Arcesilao, la reintroduzione
del metodo socratico e la rilettura dei dialoghi socratici; gli argomenti dell’ultima, più
moderata, Accademia nella rilettura dei
dialoghi platonici più dogmatici.
Platon, Arcésilas, Carnéade. Réponse a J.
Annas, di C. Lévy: in polemica con l’articolo precedente viene proposta una diversa
interpretazione della filosofia della nuova
Accademia.
REVUE PHILOSOPHIQUE DE LOUVAIN
Tomo 88, agosto 1990
Institut Supérieur de Philosophie
Louvain-La-Neuve
Un noveau début à l’édition léonine des
oeuvres de Saint Thomas d’Aquin, di R.
Hissette.
Note sur le syllabus “antirationaliste” du 7
Mars 1277, di R. Hissette.
REVUE INTERNATIONALE
DE PHILOSOPHIE
moderna. Come la fisica relativistica e la
teoria quantistica, anche le archeologie praticate da Foucault dissolvono la distinzione
tra soggetto ed oggetto e introducono un
nuovo concetto di spazio e tempo; inoltre
come nella fisica moderna anche per la
filosofia di Foucault appare fondamentale
il concetto di “campo”.
Foucault et la psychotherapie, di H. L.
Dreyfus: a partire da Maladie et
personnalité (1954), fino a Surveiller et
punir (1975), si snoda l’analisi foucaultiana
dello statuto precario delle scienze dell’uomo, implicitamente opposto allo statuto
razionale e libero delle scienze della natura; da ciò l’incapacità delle scienze umane
, e in particolare della psichiatria, di elaborare teorie causali specifiche per il proprio
dominio. Posta come impossibile l’esistenza oggettiva di una “natura umana” e, conseguentemente, dedotta l’impossibilità di
una psicologia e psichiatria scientifiche, la
conoscenza dell’uomo si pone nel campo
della storicità.
The conative function of the other in ‘Les
mots et les choses’, di K. Racevskis: la
conoscenza come permanente apertura all’Altro. L’oscillazione del pensiero di
Foucault tra conation e cognition.
De la materialité du discours sousi dans
l’institution , di A. Kremer-Marietti: la
materialità del discorso in Foucault; l’oggettività sociale del linguaggio, il cogito
nei suoi effetti scientifici e contr’effetti
sociali-scientifici; il nuovo statuto del sapere.
Les gisants et les pleureuses; pour un
tombeau de Michel Foucault, di J. M.
Auzias.
Vol.44, n. 173, 2/ 90
Universa, Wetteren
Tema della rivista é il pensiero di Michel
Foucault, del quale vengono presi in
cosiderazione gli aspetti più cruciali; viene
inoltre presentato uno scritto del filosofo
sulla storia della psicologia.
La psycologie de 1850 à 1950, di M.
Foucault.
Note sur l’article de Michel Foucault, di D.
Huisman.
Le pouvoir de la différence, di S.
Delivoyatsis: a partire dalla riflessione
heideggeriana e lungo un percorso che si
snoda attraverso presupposti kantiani e
hegeliani, la dialettica di Foucault viene
analizzata come différence.
The disorder of things, di P. Major-Poetzl:
nell’ottica del “campo storico”, come fondo di ricerca del pensiero di Foucault, é
possibile cogliere nella sua filosofia l’emergenza di forme simili ai principi della fisica
ARCHIV FÜR GESCHICHTE
DER PHILOSOPHIE
Vol.72 , n.1, 1990
Walter De Gruyter, Berlin, New York
Ideen, Bilder und Phantasmen.
Überlegungen zum Mimesisbegriff in
Platons Dialogen, di H.G. Schmitz.
Kontraposition und Syllogistiksysteme, di
A. Menne: la teoria della contrapposizione
nei sistemi di logica. Le concezioni di
Aristotele, Boezio, Abelardo, Pietro Ispano,
Ruggero Bacone, Buridano, in rapporto
alla logica moderna.
Hobbes and the School of Padua: two
incompatible approaches of science, di J.
Prins: sebbene gli studi critici sulla logica
e sulla scienza di Hobbes appaiano inadeguati alla loro reale importanza e poco
numerosi rispetto agli studi di politica, il
problema dell’origine della metodologia
hobbesiana nel suo carattere di
RASSEGNA DELLE RIVISTE
ripensamento della scienza mostra rilievi
di grande interesse. In quest’ottica Hobbes
appare legato non tanto alla scuola di Padova, più in particolare a Zarabella (15331589), e alla tradizione aristotelico-averroistica colàsviluppatasi, quanto alla tradizione umanistico-aristotelica risalente a
Filippo Melantone (1497-1560). Infatti, nonostante l’uso di una terminologia
aristotelico-averroista di tipo padovano,
l’uso di questa terminologia e i tipi di
soluzione proposti per i tradizionali problemi logici suggeriscono un diverso orientamento.
Beobachtungen zur gedanklichen und
formalen Architektonik Humescher
Schriften, di R. Brandt: a partire da Essay
moral, political and literary (1742) ed attraverso una disamina degli altri scritti
morali humeani, la ricerca di un principio
di unità che rappresenti una sorta di struttura di fondo degli scritti del filosofo, rilevante anche per gli aspetti contenutistici di
questi scritti. In quest’ottica appare
detrminante il profondo legame con la struttura della letteratura classica di cui Hume
era fine conoscitore.
Kant, Fichte and short arguments to
idealism, di K. Ameriks: a partire dall’interpretazione di Kant data da Reinhold e dall’attenzione ad essa prestata da Fichte, viene ricostruita la visione della filosofia critica che si afferma nell’idealismo tedesco.
ZEITSCHRIFT FÜR PHILOSOPHISCHE
FORSCHUNG
Vol.44, n.1, 1990
Klosterman Verlag, Frankfurt a/M
Evolutionäre Erkenntnistheorie und
erkenntnistheoretischer Realismus, di H.J.
Wendel: a partire dalla critica mossa da
Eve Marie Engels alla teoria della conoscenza evoluzionistica vengono esaminati
i termini della critica della Engels, la sua
“ricostruzione costruzionistica” della teoria della conoscenza evoluzionistica e l’interpretazione da lei fornita del legame tra
conoscenza empirica e conoscenza scientifica.
Erkenntnistheoretischer Konstruktivismus,
Minimalrealismus, empirischer Realismus.
Ein Plädoyer für einige Unterscheidungen,
di E. M. Engels: replica della Engels al
precedente articolo di Wendel.
und Feyerabends Kritik des kritischen
Rationalismus, (J.C.B. Mohr Verlag,
Tübingen, 1988)
Zur Analytizität hypotethischer Imperative, di A. Burri e J. Freudiger: recensione di
M. Moritz, Kants Einleitung der Imperative, Lund, 1960
XVII secolo. Partendo da una definizione
precisa e ampia di ludus vengono rilevati i
legami con le trattazioni classiche della
giocosità scientifica presenti in Aristotele,
Ovidio e Plinio, alcuni aspetti della
tassonomia prelinneiana ed il ruolo sociale
del gioco nella cultura del tempo.
Phänomenale Realität und naturalistische
Philosophie, di G. Pohlenz: confutazione
sistematica della teoria delle qualità
fenomenali di H. Feigl e W. Sellars e proposta di una teoria alternativa.
Gli scudi del cardinale, di M. Golo Stone:
la rivisitazione dei Promessi Sposi, esempio emblematico di una sorta di pre-condizione filosofica del romanzo italiano
dell’800. La particolarità e la diversità di
questo romanzo nel panorama letterario
italiano del secolo.
Eric Weil und das antike Denken, di G.
Kirscher.
Le memorie di Giuseppe Compagnoni e i
modelli autobiografici del Settecento, di A.
Battistini.
RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA
Anno XLV, n. 3, 1990,
Franco Angeli, Milano.
Determinazione e indeterminazione nel
sovrasensibile secondo Plotino, di C.
D’Ancona: il ruolo e la natura del principio
di determinazione, o “limite”, e del principio di indeterminazione, o “illimite”, nella
filosofia di Plotino. La priorità ontologica
di questi principi rispetto alle forme non é
però un’innovazione neoplatonca, ma
aristotelica.
Note sul “Theatrum naturae” di Jean Bodin,
di C. Vasoli.
Hobbes e lo “Short Tract”, di A. Napoli: la
nuova edizione del manoscritto anonimo
denominato Short Tract (ST)) ed attribuito
ad Hobbes curata da Jean Bernhardt
(Thomas Hobbes, Court traité des premiers
principes, a cura di Jean Bernhardt, PUF,
Paris 1988). Nell’ampio commento che
segue al testo vengono dibattuti i problemi
di attribuzione e di datazione del trattato e
i problemi contenutistici e genetici che
esso solleva.
La filosofia del “Politecnico”, di F. Focher.
Forma e contenuto della vita morale nell’indagine di Limentani, di D. Pesce.
I modelli scientifici della realtà fisica, di F.
Minazzi: un resoconto della conferenza
internazionale dal titolo: Scientific models
of physical reality, svoltasi a Roma e a Bari
nel maggio 1989.
Il “terrible power” di Burke e la contraddizione romantica: i Saggi sul bello di
Ermes Visconti, di S. Contarini: indagine
sulle forme della tradizione estetica del
Settecento quale premessa alle questioni
estetiche proprie della modernità, con particolare riferimento al concetto di sublime.
Il lamarckismo fra riduzionismo biologico
e migliorismo sociale, di A. La Vergata:
dalla filosofia biolgica di Lamarck ai
neolamarckiani dei primi del Novecento.
Benchè espresse in forme e modi diversi
emergono affinità ed esperienze comuni.
Fisiologia della sensazione e rispecchiamento: materialisti e rivoluzionari nella
Russia zarista, di D. Steila: un confronto
tra Plechanov e Secenov.
Perchè la teoria della probabilità aveva
bisogno del determinismo: le origini, di L.
Daston.
L’utopia dimidiata, di G. Goggi: l’opera di
Bougainville ed il sottile equilibrio che in
essa si crea tra utopia e realtà. Dall’oscillazione tra illusione e realtà criticamente
accertata, quale emerge nel Voyage autour
du monde par la frégate du Roi Boudeuse et
la flûte l’Etoile (1771), si può ricvare la
partecipazione di Bougainville alle discussioni dell’epoca su utopia e politica in
Francia.
Controversie scientifiche e storiografia, di
L. Ciancio
RIVISTA DI FILOSOFIA
Zur ethischen Problematik der KeimbahnGentherapie am Menschen, di R. Wimmer
Chomsky, Wittgenstein, Bloor: zum
Problem einer wissensoziologischen
Metatheorie der Linguistik, di A. Kertész.
Der Mythos der Rahmens am Pranger, di
H. Albert: recensione dell’opera di G.
Wissenschaftsgeschichte. Kuhns, Lakatos
INTERSEZIONI
Anno X, n.3, dicembre 1990
Bologna, Il Mulino
Vol. LXXXI, n.3, dicembre 1990
Il Mulino, Bologna
Ricordo di Nicola Abbagnano (1901-1990)
“Quanto scherzevole la natura”. La scienza che gioca dal Rinascimento
all’Illuminismo, di P. Findlen: la riscoperta
delle potenzialità ludiche della scienza sotto forma di gioco scientifico nel XVI e
Gli storici e la natura umana, di Paolo
Rossi: la storia naturale delle forme da
Vico al Novecento.
RASSEGNA DELLE RIVISTE
Realismo e dinamica delle teorie empiriche,
di M. Dell’Utri: il rapporto tra una posizione realistica in metafisica e una possibile
spiegazione dinamica delle teorie empiriche
in epistemologia in riferimento al problema del progresso della conoscenza: Nagel,
Putnam, Popper, Feyerabend, Laudan.
L’Europa scettica delle “Neue Zeitungen”
di Lipsia, di F. Todesco.
Ebraismo e Cristianesimo: la parabola del
figliol prodigo, di G. Fubini: da Freud a
Leo Baeck, la contrapposizione tra le due
religioni e i tentativi di rivendicazione della dignità della fede ebraica.
La “logica” di Hermann Lotze e la nozione
di validità, di G. Gabriel.
Biologia, evoluzione, teoria della conoscenza: gli epigoni di Konrad Lorenz, di F.
Toccafondi.
Benson Mates e la filosofia di Leibniz, di
M. Mugnai.
AUT-AUT
n. 239-240, sett./dic. 1990,
La Nuova Italia, Firenze
La rivista é dedicata in forma monografica
al pensiero di Hannah Arendt e contiene
testi della stessa.
"Le Elegie duinesi" di Rilke, di H. Arendt e
G. Stern.
Il poeta Bertold Brecht, di H. Arendt.
Isak Dinesen (1885-1962), di H. Arendt.
L’interesse per la politica nel recente pensiero filosofico europeo, di H. Arendt
Sono inoltre presenti i seguenti contributi:
Il pensiero plurale di Hannah Arendt, di A.
Dal Lago: la difesa costante da parte della
Harendt dell’idea di mondo e della sua
centralità in un periodo storico che lavorava alla distruzione di questa idea. Il pensiero della Arendt si dimostra in tal senso prepolitico, fondandosi su un concetto di stabilità del mondo inteso come ambiente
irriducibile dell’esistenza umana. Tratto
dal “senso comune” questo concetto viene
ora trasposto nella dimensione politica, dato
che proprio dall’esistenza indiscutibile degli altri uomini noi cogliamo la stabilità del
mondo e la possibilità della nostra permanenza in esso. Per questo il pensiero di
Hannah Arendt può essere concepito come
“una variazione sul tema costitutivo della
pluralità”.
Che cosa resta? Resta la lingua materna,
conversazione di Hannah Arendt con
Günter Gaus.
Agire, conoscere, pensare: spigolature dall’opera di Hannah Arendt, di H. Jonas.
Arendt discepola di Heidegger?, di J.
Taminiaux: il discusso problema dell’influsso di Heidegger sulla sua allieva.
Hannah Arendt “fenomenologa”. Smantellamento della metafisica e critica
dell’ontologia, di L. Boella.
Il poeta cieco. Hannah Arendt e il giudizio,
di E. Greblo: il tema del giudizio nell’ultima produzione della filosofa.
Hannah Arendt critico letterario, di E.
Heller.
La salvezza come lode. Nota al saggio
arendtiano del 1930 sulle “Elegie duinesi”
di Rilke, di S. Maletta.
FILOSOFIA
Anno XLI, Fasc.III, sett/dic. 1990
Mursia, Milano
Pascal. Etica, politica, socialità, di A.
Deregibus: il realismo critico di Pascal e la
fondazione etico-religiosa della sua filosofia.
Rilievi di struttura sul De Deo abscondito
di Nicola Cusano, di A. Delcò.
Considerazioni in margine a un’interpretazione di Bruno, di C. Manzoni: breve
rassegna della revisione storiografica
bruniana nel dopoguerra.
Francesco Bonucci, tra medicina e filosofia, di C. Storti: l’impostazione vitalistica e
ontologistica di stampo giobertiano di
Bonucci; la centralità del concetto di organismo, il collegamento tra fisiologia e patologia, l’esigenza di una visione unitaria e
analogica della realtà.
Note a un recente libro sull’incontro-scontro tra Croce e Gentile, di D. Antiseri:
recensione dello studio di J. Jacobelli: Croce-Gentile dal sodalizio al dramma (Rizzoli,
Milano, 1989).
La ragione e i valori nella determinazione
delle norme, di R. Cortese e A. Lanciani: il
problema della determinazione dei valori
dell’agire umano, spesso ignorato nelle discussioni di filosofia politica e del diritto e
di etica pubblica, é entrato in crisi con
l’affermarsi della nuova concezione della
verità prodotta dalla razionalità scientifica
moderna. Nell’ultimo decennio si é tuttavia verificata una ripresa delle tematiche
etiche e della questione dei valori, resa
possibile da un abbandono della netta
contrapposizione tra fatti e valori proprio
all’interno della filosofia della scienza e
dall’affermarsi di una nuova concezione di
ragione capace di argomentare anche sui
valori. Dal neopositivismo di Kelsen e il
contrattualismo di Rawls alle riflessioni di
Putnam e Goodman.
Due note: ritorni rosminiani. Il momento
di Ugo Spirito, di L. Paoletti.
ANNUARIO FILOSOFICO
5, 1989,
Mursia, Milano
Nel centenario della nascita di Heidegger e
Marcel numerosi sono gli interventi presenti nel volume a commemorazione dei
due filosofi.
Heidegger: la libertà e il nulla, di L.
Pareyson.
Pensiero dell’evento e avvento del divino
in Heidegger, di A. Magris: la meditazione
dell’ultimo Heidegger; le origini del concetto di Ereignis, la dialettica dell’Ereignis,
la “morte di Dio”, l’ultimo Dio.
L’umanesimo tragico di Gabriel Marcel,
di P. Prini.
Gabriel Marcel fra etica e ontologia, di P.
Ricoeur: i concetti di disponibilità ed
indisponibilità in Marcel e il legame tra
etica ed ontologia.
Il nudo nell’arte e nella mistica, di V.
Mathieu: una fenomenologia del nudo artistico e mistico-religioso.
Ambivalenze della quotidianità, di U.
Perone.
La cristologia di Malebranche, di A. De
Maria.
La dottrina della manifestazione nei
Principien di Fichte, di M. Ivaldo.
La scoperta hegeliana della negatività fondante, di A. M. Giannatiempo Quinzio: la
“negazione della negazione”in Hegel come
passaggio alla verità oggettiva: la scoperta
kantiana delle antinomie, la critica
all’insolubilità kantiana di esse, della dialettica hegeliana dell’opposizione-unificazione dei momenti del Concetto, l’Idea
come sintesi finale della Ragione. La negazione come fondamento della dialettica si
dimostra superamento della dottrina
kantiana delle antinomie.
Hegel e la religione egiziana, di M. Pagano.
Una curiosa poesia di Federico Nietzsche,
di C. Angelino: interpretazione della poesia: Im Gebirde, del 1876.
Kafka e l’esperienza del negativo, di C.
Lajolo.
RASSEGNA DELLE RIVISTE
Horst Fuhrmans interprete di Schelling, di
G. Riconda.
PARADIGMI
Anno VIII, n.24, sett./dic. 1990
Schena Editore, Brindisi
Nicola Abbagnano: l’esistenzialismo positivo, di G. Semerari: contro gli
esistenzialismi” negativi” di Heidegger e
Jaspers l’esistenzialismo positivo di
Abbagnano nei suoi temi fondamentali: il
concetto base di “struttura”, il rapporto con
l’idealismo.
Homo persona. Dalla scienza della mente
all’ermeneutica dell’esistenza, di S.
Moravia: a partire dalle insufficienze dei
modelli fisiologisti e mentalisti della psiche umana elaborati dal pensiero moderno
si sviluppa la proposta alternativa della
personologia con la sua riscoperta della
figura della persona non nella sua valenza
ontologica, bensì in quella cognitiva, come
egoità olistica, selfhood, produttrice di modi
e sensi; in quest’ottica significativo appare
il concetto di esistenza, intesa come relazione dialettica tra io-persona e ambiente,
e quello di contesto, luogo dove la persona
scopre e colloca le proprie attese e i propri
bisogni.
Retorica ed ermeneutica. Il contributo di
E. Grassi, di P. Carravetta.
Castoriadis e l’istituzione immaginaria
della società, di F. Ciaramelli: la concezione di Cornelius Castoriadis del necessario
fallimento di tutte le rivoluzioni, fallimento determinato dalla strutturale
contrapposizione tra “movimento” e “regime istituito”. Dal problema del “socialestorico”, alla concezione del “fare” come
attività creatrice collettiva e al suo rapporto
con la prassi; l’immaginario come modo di
essere specifico del “sociale-storico” nel
suo rapporto profondo con il simbolico; la
creatività sociale e le sue implicazioni sul
piano delle istituzioni.
“L’educazione della volontà”: il problema etico in G. Vailati, di M. De Rose.
Ragioni di vita e di libertà: sull’esperienza
della metamorfosi in Elias Canetti, di U.
Fadini.
La scrittura e il caos, di A. Altamura:
convegno di studi in ricordo di Ferruccio
Masini tenutosi a Firenze (8-9 febbraio
1990) a cura dell’Istituto Gramsci Toscano.
Attraverso e oltre Heidegger, di P.
Cipolletta: convegno sull’eredità di
Heidegger svoltosi a Roma dal 29 al 31
maggio 1989.
La politica come professione, di G. Magistrale: incontro di studio tenutosi a Napoli,
da 25 al 26 gennaio 1990, promosso dall’Istituto Suor Orsola Benincasa.
Fenomenologia e sapere, di A. Ales Bello:
la dissertazione di K.H. Lembeck:
Gegenstand, Geschichte, Geschichtswissenschaftstheorie in Husserls Phänomenologie (“Phaenomenologica” 111,
Kluwer, Dordrecht 1988), dedicata alla
problematica della storia nella fenomenologia di Husserl.
Dilthey ’80. Evoluzione della critica
diltheyana negli ultimi quindici anni, di M.
Paschi.
Verità, sospetto ed epoché, di L. Bottani:
recensione del volume di autori vari: Filosofia’88, a cura di G. Vattimo (Laterza,
Roma-Bari 1989).
Le nuove tecnologie e la questione dell’immagine, di C. Marra: possibili interpretazioni dell’immagine tecnologica.
Estetica e tecnica nella produzione grafica
infraumana, di F. Nicolino: il significato
della produzione grafica dei primati a partire da Biologia dell’arte di D. Morris.
Mitschwingen. Il tempo e la radio, di V.
Cuomo: la questione dell’esseza della radio a partire dall’interpretazione di R. Kolb
del 1932.
VERIFICHE
Anno XIX, n.1-2, gennaio/giugno 1990
Esedra, Trento
Nella sezione Università e scuola compaiono gli interventi di Mario De Pasquale e
Piero Porcelli sulla questione della didattica della filosofia.
Nel bicentenario della Critica del Giudizio
un numero monografico dedicato a questa
fondamentale opera della storia della filosofia.
RIVISTA DI ESTETICA
Nota sulla distinzione kantiana tra giudizio naturale (riflettente) e giudizio trascendentale (determinante), di P. Faggiotto
Anno XXIX, n.32, 1989
Rosemberg & Sellier, Torino
William Blake alle origini dell’età
tecnetronica, di R. Barilli: la riflessione
etica antiutilitarista, la concezione conoscitiva antielementarista dell’empirismo,
la riflessione religiosa ed il regno del Dio
Figlio pongono Blake tra modernità e
contemporaneità, anticipando Bergson,
Husserl, Dewey, Freud.
I soggetti, l’estetico, i nuovi media, di F.
Menna: i rapporti tra arte e politica, tema
caro alle avanguardie storiche, in particolare al surrealismo e al costruttivismo, vengono esaminati nella dimensione storica
attuale.
Il nuovo design, di G. Dorfles: l’oggetto
prodotto industrialmente come mezzo di
comunicazione di massa e prodotto d’arte.
Estetica come tecnologia assoluta?, di F.
Piselli.
Tecnologia, produzione artistica ed “estetica della comunicazione”, di M. Costa:
nell’epoca dell’irruzione delle tecnologie
cade il pregiudizio idealistico della purezza teorica dell’arte. L’avvento delle avanguardie ha infatti messo in luce il ruolo
delle tecnologie anche in campo estetico: le
nuove tecnologie elettro-elettroniche e le
valenze estetiche da esse aperte costituiscono il campo d’indagine dell’estetica della
comunicazione dalla cui riflessione emergono la nuova situazione dell’uomo di fronte
ai messaggi lanciati dalle nuove tecnologie
comunicazionali ed i destini delle tradizionali categorie estetiche quali bellezza, sublimità, genialità, etc...
L’a priori del senso comune in Kant: dal
regno dei fini alla comunità degli uomini,
di F. Menegoni
Sul concetto matematico di “grandezza”
secondo Kant: “l’analitica del sublime”
della Critica del Giudizio e la grandezza
infinita, di A. Moretto: le considerazioni
kantiane sulla grandezza matematica rappresentano un possibile punto di partenza
per un’analisi di tutta la filosofia critica; da
queste considerazioni emerge come Kant
nelle sue riflessioni abbia presente non solo
la matematica euclidea e la fisica
newtoniana, ma anche le discussioni matematiche e fisiche del suo tempo. Una
rilettura della concezione kantiana della
matematica appare significativa soprattutto in relazione ad una possibile
reinterpretazione dei fondamenti della
matematica in chiave costruttiva e/o
intuitiva (Weil, Brouwer). Particolarmente
utile risulta in quest’ottica l’esame dei concetti di grandezza e grandezza infinita della
Critica del Giudizio; il concetto matematico di grandezza sta infatti alla base del
concetto di sublime. La definizione e la
trattazione di grandezza matematica viene
seguita nei suoi sviluppi dalla prima edizione della Critica della ragion pura alla
Critica del Giudizio.
Finalità e idea della vita. La recezione
hegeliana della teleologia di Kant, di F.
Chiereghin: individuazione delle tappe fondamentali che segnano la riflessione
hegeliana sull’individualità vivente a partire dall’incontro con la Critica del Giuduzio
kantiana: un itinerario nell’opera hegeliana
dagli scritti giovanili alle opere della maturità.
NOVITA' IN LIBRERIA
NOVITA' IN LIBRERIA
AA.VV
La morte di Newton
Il nuovo paradigma scientifico
Franco Angeli, Milano gennaio 1991
pp.160, L. 25.000
Alla scienza deterministica tradizionale si
va sostituendo un nuovo paradigma scientifico, più stocastico. I lavori di Heisenberg, Einstein, Popper, Prigogine ci consegnano un’immagine del mondo più problematica e meno deterministica. Questo volume intende esplorare le valenze più pervasive e generali di questi nuovi orizzonti.
Amiel, Anne
50 grandes citations philosophiques
expliquées
Marabout, dicembre 1990
pp.320, Fr 37
Raggruppate in funzione di grandi problematiche (coscienza, morale, sapere...) queste citazioni e la relativa analisi costituiscono un aiuto prezioso agli studenti di
filosofia.
Anders, Günter
Opinioni di un eretico
Teoria, Roma-Napoli febbraio 1991,
pp. 101, £. 9.000
In forma di intervista la biografia intellettuale di Anders. Una «filosofia d’occasione» che percorre i temi del pacifismo, della
scienza, della reificazione e della distruzione per approdare ad una disperazione
che non smette di essere critica.
Anderson, A. R. - Beinap, N. D. et al.
Entailment. The Logic of Relevance
and Necessity. Vol.II
Lawrenceville, NJ, dicembre 1990
pp.784,
Il secondo volume di «Entailment» conclude la possente e autorevole presentazione dell’argomento eseguita da molti dei
migliori studiosi del campo.
Annas, Julia (a cura di)
Oxford Studies in Ancient Philosophy:
Volume VIII
Clarendon Press, gennaio 1991
pp.256, UK £ 35
(ed.ec. UK £ 17,50)
Ottavo volume di questa serie a cadenza
annuale che comprende articoli originali,
alcuni di una certa lunghezza, su un’ampia
scelta di argomenti di filosofia antica e
articoli su libri importanti.
Ashcraft, Richard (a cura di)
John Locke. Critical Assessment
Routledge, gennaio 1991
pp.184, 4 volumi, UK £ 395
Lo scopo dell’opera è quello di dare agli
studenti che si interessano di teoria e filosofia politica possibilità di accedere a tutto
ciò che Locke ha scritto nel campo della
filosofia politica. Un lavoro di grande consultazione che pone l’accento sullo sviluppo dei principi su cui si basarono la Costituzione americana e la Rivoluzione francese.
Assmann, Aleida (a cura di)
Weisheit. Archäologie
der literarischen Kommunikation III
München, dicembre 1990
pp.500, DM 128 (ed.ec. DM 88)
Al mondo non c’è nessuna istanza per la
scelta di un sapere universalmente giusto e
valido. Da ciò ha origine la produttiva
molteplicità del sapere, di cui questo libro
vorrebbe dare un quadro.
Auciello, N. - Racinaro, R.
Storia dei concetti e semantica storica
Ed. Scientifiche Italiane, dicembre 1990
pp.192, L. 16.00
La “storia dei concetti” (Begriffsgeschichte) ha registrato negli ultimi anni un
notevole successo. Il volume qui presentato intende fare il punto sullo stato della
ricerca.
Auroux, Sylvain
Les Notions philosophiques
2 voll., PUF, dicembre 1990
pp.3344, Fr 2200
Un’opera redatta in funzione di un preciso
orientamento: rinnovare l’informazione
nelle opere di tipo lessicografico, aprirle
alle scienze e alle società moderne, dare
testimonianza del pensiero non occidentale.
Bacone, Ruggero
La scienza sperimentale
Rusconi, Milano dicembre 1990
pp.358, L. 38.000
Tre dei principali testi del filosofo inglese:
Lettera a Clemente IV, La scienza sperimentale, I segreti dell’arte e della natura.
Baffioni, C.
Sulle tracce di Sofia
Bibliopolis, Napoli gennaio 1991
pp.576, L.60.000
L’analisi di una delle più celebri ed importanti “storie della filosofia greca” mai scritte
in terra d’Islam. La prova di come, nel
mondo islamico, l’antico “amore per la
sapienza” si trasformi gradualmente in una
ricerca di Dio e su Dio.
Barbera, Sandro
Goethe e il disordine.
Una filosofia dell’immaginazione
Marsilio Editori, gennaio 1991
pp.160, L. 22.000
La struttura filosofica sottesa al mondo
politico di Goethe: struttura assai complessa, e destinata a subire decisive trasformazioni nelle varie fasi della riflessione del
grande pensatore tedesco.
Barley, Delbert
Hannah Arendt. Einführung in ihr Werk
Freiburg i.Br., dicembre 1990
pp.250, DM 38
Bast, Rainer A.
Die Philosophische Bibliothek.
Geschichte und Bibliographie einer
philosophischen Textreihe seit 1868
Hamburg, gennaio 1991
pp.978, DM 320
Baumanns, Peter
J. G. Fichte.
Kritische Gesamtdarstellung
seiner Philosophie
Freiburg, dicembre 1990
pp.490, DM 98
Becchi, Paolo
Le filosofie del diritto di Hegel
Franco Angeli, Milano 1990
pp.272, L. 34.000
Qual’è l’immagine di Hegel che scaturisce
da queste lezioni? E sino a che punto essa
diverge da quella tradizionalmente conosciuta di uno Hegel conservatore? Sono
veramente attendibili gli appunti degli allievi di Hegel? E in che rapporto devono
essere posti rispetto all’opera del Maestro?
La tesi che si cerca di dimostrare è che della
filosofia del diritto di Hegel oggi occorre
parlare al plurale. Il testo pubblicato nel
1820 deve cioè essere letto nel contesto più
ampio dei corsi di lezioni tenuti da Hegel
sul medesimo argomento dal 1817 al 1831.
Bering, K. - Hohmann, W. L. (a cura di)
Wie postmodern ist die Postmoderne?
Kolloquium 1989 in Bochum
Essen, dicembre 1990
pp.200, DM 42
Berlinger, R. et al. (a cura di)
Perspektiven der Philosophie. Vol.XVI
Amsterdam, dicembre 1990
pp.400, Dfl 150
Il volume contiene articoli sulla filosofia
sistematica, su filosofia e storia, su filosofia e scienze naturali e la bibliografia degli
scritti di Rudolph Berlinger.
Bertazzoni, U. et al. (a cura di)
Human Embryos and Research.
Proceedings of the European
Bioethics Conference Mainz 1988
Frankfurt, dicembre 1990
pp.258, DM 29,80
Berti, Enrico (a cura di)
La razionalità pratica.
Modelli e problemi
Marietti, Genova 1990
pp.234, L. 28.000
La filosofia come proposta “forte”.
Bettini, Maurizio (a cura di)
La maschera, il doppio e il ritratto.
Strategie dell’identità
trad. it. di G. Guastella e L. Parri
Laterza, Bari febbraio 1991
pp.230
La maschera, il ritratto, lo specchio, il mito
di Narciso: i temi affascinanti del “doppio”
nella concezione greco-romana della persona umana trattati da affermati studiosi
del mondo antico.
Bialas, Volker
Allgemeine Wissenschaftsgeschichte.
Philosophische Orientierungen
Wien/Köln, dicembre 1990
pp.280, DM 56 - ÖS 392
Bialas tenta di ricondurre alla filosofia la
storia della scienza e soprattutto a quella
filosofia che si definisce come «scienza in
generale»: la dialettica filosofica in senso
hegeliano.
Biervert, B. - Held, M. (a cura di)
Die Natur des Menschen.
Zum Menschenbild
der ökonomischen Theorie
Frankfurt, dicembre 1990
pp.210, DM 39
Gli autori discutono il contributo della
biologia evoluzionistica, dell’etnologia e
della psicologia alle importanti qualità economiche dell’uomo, andando alle radici
dell’immagine dell’uomo nell’economia.
Bigelow, John - Pargetter, Robert
Science and Necessity
Cambridge U.P., gennaio 1991
pp.375, UK £ 35
Gli autori sostengono che la matematica
possa essere compresa se la si vede come
uno studio degli universali, delle proprietà,
delle relazioni, dei modelli e delle strutture. Dopo di che procedono a dimostrare
che la teoria degli universali deve dar conto
della probabilità, delle leggi di natura, della causalità e della spiegazione.
Binder, Th. - Valent, J. - Werby, H.
(a cura di)
International Bibliography
of Austrian Philosophy 1982/1983
Amsterdam, dicembre 1990
pp.305, Dfl 140
Blondel, Maurice
Lettera sull’apologetica
a cura di Guglielmo Forni
Queriniana, Brescia 1990
pp. 146, L. 16.000
Per Blondel occorre ricostruire la filosofia
a partire dalla comprensione delle posizioni di Riforma e Illuminismo; egli rifiuta,
contro Maritain, di dichiarare anticristiana
la modernità, ma anche, contro il positivismo, di accettarla come un dato, indiscutibile nella sua autonomia e originalità.
Bonicalzi, Francesca
L’ordine della certezza.
Scientificità e persuasione in Descartes
Marietti, Genova 1990
pp.128, L. 25.000
Il sapere scientifico di Cartesio come ricerca di un nuovo modo di pensare il mondo.
Boolos, George (a cura di)
Meaning and Method.
Essays in Honor of Hilary Putnam
Cambridge U.P., dicembre 1990
pp.372, UK £ 35
Ampia raccolta di scritti in onore del filo-
NOVITA' IN LIBRERIA
sofo Hilary Putnam, che celebrano l’uomo
e l’opera e rendono conto dello stato della
filosofia in molti importanti settori.
Borutti, Silvana
Teoria e interpretazione
Guerini, Milano febbraio 1991
pp.188, L. 26.000
Come parlano dei propri oggetti le scienze
umane? Gli oggetti delle scienze umane,
cioè i soggetti individuali e sociali, non
possono essere tradotti in teorie formalizzate. Attraverso una rilettura di temi epistemologici, questo libro si interroga sulle
forme del rigore di quelle scienze in cui il
conoscere avviene come un proprio e vero
scambio comunicativo.
Boss, Gilbert
John Stuart Mill, induction et utilité
PUF, Paris dicembre 1990
pp.128, Fr 34
La sua opera filosofica principale sviluppa
una critica radicale del deduttivismo, del
trascendentalismo e dell’intuizionismo, ai
quali oppone conseguentemente l’induzionismo in logica e l’utilitarismo in etica.
Bossuet, Jacques Bénigne Laupies, Frédéric
Logique du Dauphin
Ed. universitaires, dicembre 1990
pp.159, Fr 135
Un’esposizione della logica aristotelica
nell’età classica.
Boutroux, Emile - Gramont,
Jérome de
Leçons sur Aristote
Ed. universitaire, dicembre 1990
pp.113, Fr 139
Una sintesi del pensiero aristotelico. E.
Boutroux, allievo di J. Lachelier e di E.
Zeller, insegnò filosofia a Caen, alla Sorbona e terminò la propria carriera alla
Fondazione Thiers.
Bowie, Malcolm
Lacan
Fontana Press febbraio 1991
pp.224, UK £ 4,99
Introduzione all’opera di una dei più influenti e inaccessibili pensatori di questo
secolo. Bowie esamina i pionieristici articoli di Lacan su Freud negli anni ’30, il suo
lavoro di psicoanalista e il suo ruolo nella
rinascita intellettuale di Parigi negli anni
’50.
Brancacci, Aldo
Oikeios Logos
Bibliopolis, Napoli gennaio 1991
pp.304, L. 45.000
Attraverso una nuova analisi dei testi trasmessi, e una ricostruzione completa delle
dottrine semantiche, dialettiche e logiche
di Antistene, questo volume mira a porre in
luce una prospettiva unificante del suo
pensiero.
Braun, Hand-J. (a cura di)
Martin Heidegger
und der christliche Glaube
Zürich, dicembre 1990
pp.144, DM 25 - Frs 22
Contiene saggi di: Huppenbauer, Markus/
Krieger, J. David, Strolz, Walter/Vetsch,
Florian.
Brecchi, T. - Jacopini, A.
I simboli e la realtà.
Temi e metodi della scienza
Jaca Book, Milano dicembre 1990
pp.304, L. 31.000
Gli autori hanno integrato le loro diverse
conoscenze per realizzare uno strumento
in grado di fornire elementi di fisica contemporanea e temi del dibattito filosofico.
Brennar H. William
Elements of Modern Philosophy.
Descartes through Kant
Prentice Hall Int. Paperback Ed.
gennaio 1991
pp.176, UK £ 10,95
Questo testo costituisce un’introduzione ai
maggiori sistemi metafisici ed epistemologici agli albori del periodo moderno, offrendo alcune informazioni sugli autori
discussi e analizzandone scritti e teorie.
Lunghi brani riportati da testi importanti
come i Saggi di Locke.
Brenner, Andreas
Gentechnologie und praktische
philosophie
Pfaffenweiler, dicembre 1990
pp.131, DM 28
E’ possibile accostarsi al senso del luogo
interpretandolo come l’elemento di interconnessione, di relativizzazione reciproca
di spazio e tempo. Progettare è anche interrogarsi sulla natura dei segnali spaziali e
degli eventi che li hanno prodotti.
Calvo, Francesco
Cercare l’uomo.
Socrate, Platone, Aristotele
Marietti, Genova 1990
pp.336, L.50.000
Una visione d’insieme della grande filosofia greca alla ricerca del vero volto dell’uo
mo.
Brieskorn, Norbert
Rechtsphilosophie
Stuttgart, dicembre 1990
pp.187, DM 22
Campodonico, Angelo
Salvezza e verità. Saggio su Agostino
Marietti, Genova 1990
pp.216, L. 35.000
Metafisica dell’essere e domanda umana
di salvezza. Un originale itinerario filosofico.
Brodersen, Momme
Spinne im eigenen Netz.
Walter Banjamin - Leben und Werk
Baden-Baden, dicembre 1990
pp.384, DM 25o (ed.ec. DM 58)
Ieri come oggi Walter Benjamin è uno dei
filosofi più discussi del XX secolo. Questa
è la prima biografia completa che nello
stesso tempo è anche un’introduzione alla
sua opera. Una grossa fetta di storia e di
storia della filosofia che si rivolge a un
ampio pubblico.
Cannon, Betty
Sartre and the Psychoanalysis.
An Existentialist challenge
to Clinical Metatheory
U.P. of Kansas, gennaio 1991
pp.368, UK £ 27,95
Un’indagine delle implicazioni della filosofia sartriana sulla tradizione psiconalitica freudiana. L’autore vuole dimostrare
che Sartre apprezzava i risultati psicoanalitici di Freud ma si ribellava al determinismo della sua metateoria.
Brooke, Roger
Jung and Phenomenology
Routledge, febbraio 1991
pp.204, UK £ 30
Brooke riprende le concezioni fondamentali della psicologia analitica e le reinterpreta in chiave fenomenologca, fornendo
una nuova lettura degli scritti di Jung.
Capek, Milic
The New Aspect of Time.
Its Continuity and Novelties
Dordrecht, dicembre 1990
pp.400, Dfl 160
Brunkhorst, Hauke
Der entzauberte Intellektuelle.
Über die neue Beliebigkeit des Denkens
Hamburg, dicembre 1990
pp.180, DM 24,80
Bubner, R. et al. (a cura di)
Die Trennung von Natur und Geist
München, dicembre 1990
pp.260, DM 58
Introduzione di R. Bubner e interventi di
Kl. Kodalle, B. Gladigow, V. Hösle, R.
Warning, M. Seel. H. R. Jauß, M. Forschner, U. Krolzik, G. Dux, W. Haug.
Burkert, Walter
Antichi culti misterici
trad. it. di M. R. Falivena
Laterza, Bari gennaio 1991
pp.240
Bürschel, Wolfgang
Zum Begriff modernen
ganzheitlichen Denkens.
Studie zur Systemtheorie Luhmanns
Frankfurt, dicembre 1990
pp.108, DM 19,80
Buydens, Mireille
Sahara, l’esthétique de Gilles Deleuze
Vrin, Paris dicembre 1990
pp.184, Fr 150
Forse si potrebbe definire il pensiero deleuziano come un pensiero della presentazione, in opposizione a un pensiero della
rappresentazione: la distanza, la profondità divengono le protagoniste negative, in
quanto rompono l’immediatezza del divenire, del vissuto, introducendo il soffio
freddo della riflessività tra il mondo e l'io.
Calvi, Evelina
Tempo e progetto
Guerini, Milano febbraio 1991
pp.260, L. 35.000
Carboncini, Sonia
Transzendentale Wahrheit und Traum.
Christian Wolffs Antwort
aus die Herausforderung
durch den cartesianischen Zweifel
Stuttgart/Bad Cannstatt, dicembre 1990
pp.290, DM 92
Carr, David
Educating the Virtues.
An Essay on the Philosophical
Psychology of Moral Develpment and
Education
Routledge, febbraio 1991
pp.304, UK £ 35
L’opera cerca di delineare un approccio
all’educazione morale basata sull’esaltazione della virtù. Partendo da un riesame
critico dei filosofi del passato e continuando con teorici più recenti, il libro scandaglia la natura delle virtù morali e parecchie
tesi a riguardo.
Casini, Leonardo
La riscoperta del corpo.
Schopenhauer/Feuerbach/Nietzsche
Studium, Roma 1990
pp. 348, L. 32.000
Nell’intento di ritornare alle radici della
moderna rivalutazione della corporalità,
questo libro prende in esame tre pensatori
che, in contrapposizione con l’idealsimo e
la tradizione dualistica occidentale, hanno
messo in rilievo il ruolo della dimensione
corporea dell’uomo.
Cassa, Mario
Dell’antichissima e nuova
e immutabile sapienza
Lezioni sulla “Repubblica” di Platone,
Agostino, Moro, Campanella e Muratori
Franco Angeli, Milano gennaio 1991
pp.564, L. 48.000
Cassirer, E. - Heidegger, M.
Disputa sull’eredità kantiana.
Due documenti (1928 e 1931)
a cura di R. Lazzari
Unicopli, Milano dicembre 1990
pp.144, L. 18.000
Raccolte per la prima volta in traduzione
italiana due recensioni “incrociate” di Heidegger e Cassirer che hanno come sfondo
generale il significato dell’eredità di Kant.
La prima è la recensione di Heidegger del
secondo volume (dedicato al “Pensiero
mitico”) della Filosofia delle forme simboliche di Cassirer; la seconda è l’ampia
recensione che Cassirer scrisse nel 1931 a
proposito di Kant e il problema della metafisica di Heidegger (pubblicato nel 1929).
Catania, Alfonso
Il diritto tra forza e consenso.
Saggi sulla filosofia giuridica
del novecento
Ed. Scientifiche Italiane, dicembre 1990
pp.250, L. 38.000
La vecchia contrapposizione tra governo
delle norme e governo degli uomini, l’ideologia dello Stato di diritto, oggi perde totalmente significato. Una presa di coscienza
dell’impossibilità di definire il diritto senza dare il giusto rilievo all’azione degli
uomini.
Cauquelin, Anne
Aristote, le langage
PUF, Paris dicembre 1990
pp.128, Fr 44
La questione del linguaggio in Aristotele è
riscontrabile in tutte le sue opere. Qui l’autore tenta di accostare testi differenti.
Cessario, Romanus
The Moral Virtues and
Theological Ethics
University of Notre Dame Press,
febbraio 1991
pp.192, UK £ 19,95
Saggio sulle virtù morali cristiane, che
riflette l’emergere di questa visione della
vita morale. Con un occhio ai lavori correnti di etica teologica e lo stato attuale
della teoria della virtù nella teologia contemporanea, l’autore spiega come le virtù
morali incrementino le potenzialità psicologiche e spirituali.
Charnay, Jean-Paul
Critique de la stratégie
Herne, dicembre 1990
Chin, Ann-ping (a cura di)
Tai Chen on Mencius.
Explorations in Words and Meanings
Yale University Press, gennaio 1991
pp.232, UK £ 19,95
Questa traduzione del trattato filosofico di
Tai Chen (Meng Tzu tzu-i shu-cheng) un
convincente studio sul significato dei termini nel Mencius, manifesta chiaramente
l’inclinazione di Chen per i significati originari di alcuni concetti chiave del confucianesimo. Con due saggi sulla vita e il
pensiero di Chen.
Coffa, J. Alberto
The Semantic Tradition
from Kant to Carnap.
To the Vienna Station
Cambridge U.P., febbraio 1991
pp.464, UK £ 35
Una storia della tradizione semantica in
filosofia, dall’inizio del XIX secolo fino
alla sua incarnazione con il Circolo di
Vienna, il gruppo di positivisti logici che
emerse negli anni 1925-1935 a Vienna.
Cometa, Michele
Il romanzo dell’Infinito.
Mitologie, metafore e simboli
dell’età di Goethe
Aesthetica Edizioni, Palermo
febbraio 1991 pp. 210, L.28.000
Il continuum metaforico che percorre i
grandi momenti della cultura dell’età di
Goethe - Illuminismo, Sturm und Drang e
Romanticismo - è rintracciato e interpreta-
NOVITA' IN LIBRERIA
to alla luce di alcuni temi essenziali: l’idea
di una mitologia della ragione in Herder, la
rinascita poetica di cosmologie antiche e
moderne e l’idea di rivoluzione in Hölderlin e F. Schlegel, l’intreccio di irrazionalismo e illuminismo nella narrativa di Schiller ed infine il significato simbolico dell’architettura e il tema del demoniaco in
Goethe.
Coppola, Bruno
Lo stupore e la malia
prefaz. di A. Masullo
Liguori, Napoli febbraio 1991
pp.157, L. 18.000
Cercando di evitare le ristrettezze della
dogmatica, senza d’altra parte cadere in
un’impossibile definizione della filosofia,
l’autore si prodiga in un’analisi e messa a
nudo critica dei “fenomeni” che nella loro
varietà diacronica e sincronica vanno generalmente sotto il nome di “filosofia”.
Corbin, Henry
History of Islamic Philosophy
Londra, dicembre 1990
pp.212, UK £ 35
Pubblicato per la prima volta in inglese,
l’importante opera di Corbin, studioso dell’Islam, filosofo e storico della religione, è
una storia completa della tradizione filosofica islamica, dalle origini fino ai giorni
nostri.
Courtine, Jean-François
Heidegger et la phénoménologie
Vrin, dicembre 1990
pp.408, Fr 210
Oltre all’esame del «dibattito», sostenuto e
documentato, tra Heidegger e Husserl, i
saggi che compongono il presente volume
sono centrati sull’idea della fenomenologia, nella sua possibilità, da Essere e tempo
al progetto ultimo di una “fenomenologia
tautologica”.
Craig, Edward
Knowledge and the State of Nature.
An Essay on Conceptual Analysis
Clarendon Press, gennaio 1991
pp.184, UK £ 22,50
Il semplice progetto filosofico di analizzare l’idea di conoscenza ha il difetto fondamentale di restringere arbitrariamente l’oggetto a rischiosi presupposti teoretici. Il
presente libro suggerisce un approccio più
vicino al metodo dello «stato di natura»
che si ritrova nella teoria politica.
Croce, Bendetto
Estetica
a cura di G. Galasso
Adelphi, Milano gennaio 1991
pp.724, L. 90.000
L’opera fondatrice del pensiero di Croce.
Dagognet, François
Nature
Vrin, Paris dicembre 1990
pp.232, Fr 138
Quest’opera analizza l’idea della natura e
le sue funzioni, dai tempi dei Greci ai
giorni nostri.
De Bono, Edward
Sei cappelli per pensare
trad. it. di F. Terrenato
Rizzoli, Milano febbraio 1991
pp.200, L. 10.000
La discussione è il metodo usato tradizionalmente dagli occidentali per esplorare
un argomento. Il metodo dialettico, però,
produce una riflessione sterile che non
lascia spazio alla creatività e alle idee nuove. Il metodo dei sei cappelli è stato ormai
adottato dalle più grandi aziende del mondo: invece di cercare di coprire contemporaneamente col nostro pensiero tutti gli
aspetti, possiamo separare i vari tipi di
pensiero e portarli a termine separatamente.
De Martino, Giulio
Etica Narrativa. Decostruzione
dei valori e filosofia della natura
Liguori, Napoli febbraio 1991
pp.262, L. 24.000
Descartes, René
Discours de la méthode
a cura di Pierre Jacerme
Presses-Pocket, dicembre 1990
pp.351, Fr 27,50
Il libro che ha fondato la filosofia moderna
e la ragione occidentale. La presente edizione consente una comprensione approfondita dell’opera.
Dummett, Michael
Frege and Other Philosophers
Le idee del filosofo e matematico tedesco
Gottlob Frege stanno alla base del movimento analitico in filosofia. Questo libro
presenta tutti i saggi di Frege, già pubblicati e inediti, tranne quelli compresi in Verità
e altri enigmi.
Dupleix, Scipion
La Physique
Fayard, 1990
Fr 295
L’autore fu segretario di Margherita di
Valois e storiografo del re Luigi XIII. Scrisse un corso completo di filosofia. La presente opera è al contempo una storia delle
teorie del mondo e delle cose naturali e una
riflessione su metodi e oggetti della fisica.
Duvernoy, Jean-François
L’Epicurisme et sa tradition antique
Bordas, dicembre 1990
pp.191, Fr 55
L’epicureismo, questa grande filosofia sconosciuta, calunniata e svilita, si confronta
con l’atomismo, il piacere, l’amicizia, la
morale. Una saggezza che costruisce un
mondo sensato.
Eifler, G. - Saame, O. (a cura di)
Postmoderne.
Anbruch einer neuen Epoche?
Eine interdisziplinäre Erörterung
Wien, dicembre 1990
pp.320, DM 69 - ÖS 483
Ellos, William J.
Ethical Practice in Clinical Medicine
Routledge, dicembre 1990
pp.244, UK £ 30 (ed.ec. UK £ 8,99)
Una presentazione delle origini teoretiche
dell’etica della virtù, che indirizza a problemi clinici pratici in una prospettiva storica, utilizzando testi di Platone, Aristotele
e Tommaso d’Aquino. Tra le questioni
trattate, la morte, la verità, la confidenzialità e il rapporto medico-paziente.
Englander, Jean-Loup
Pour l’incertain
Périscope, dicembre 1990
pp.142, Fr 65
Uno studio comparato dei modi di pensare
dei filosofi Marx e Popper, che conduce
l’autore a una riflessione sul non determinismo.
Eschebach, Insa
Der versehrte Maßstab.
Versuch zu Nietzsches Willen zur Macht
und seiner Rezeptionsgeschichte
Würzburg, dicembre 1990
pp.228, DM 48
Evnine, Simon
Donald Davidson
Polity Press, gennaio 1991
pp.200, UK £ 29,50 (ed.ec., UK £ 8,95)
Introduzione all’opera del filosofo americano Donald Davidson, dal suo contributo
alla filosofia della mente, alla filosofia del
linguaggio e infine agli aspetti metafisici
del suo pensiero a un giudizio globale sul
progetto filosofico.
temporanea.
Farina, M. - Penzo, G. (a cura di)
F. D. E. Schleiermacher (1768-1834)
tra teologia e filosofia
Morcelliana, Brescia gennaio 1991
pp.486, L. 50.000
Una lettura a più voci del padre dell’ermeneutica contemporanea: l’attualità della sua
meditazione filosofica tra teologia e filosofia.
Ferrari, Massimo
I dati dell’esperienza.
Il neokantismo di Felice Tocco
e la filosofia italiana tra ‘800 e’ 900
Olschki, Firenze gennaio 1991
pp.466, L. 88.000
Il percorso di Felice Tocco dalla scuola di
Spaventa al tormentato rapporto con il
nascente attualismo di Gentile. La posizione assunta da Felice Tocco - studioso di
Platone, Bruno, del criticismo kantiano e
dei movimenti religiosi - nel contesto del
neokantismo italiano ed europeo tra ‘800 e
‘900.
Ferraris, Maurizio
La filosofia e lo spirito vivente
Laterza, Bari gennaio 1991
pp.279, L. 39.000
Per una nuova ricerca occorre registrare da
un lato l’esaurimento della grande stagione della filosofia tedesca e dall’altro raccogliere l’eredità di Heidegger, riportando in
primo piano quella filosofia dell’esistenza,
grande promessa filosofica del secolo. Con
il riconoscimento della caducità del vivente anche lo spirito iperbolico, che al di là
della lettera congiunge antico e moderno,
mostra le ambiguità della sua traiettoria
eccentrica.
Ferretti, Giovanni (a cura di)
La ragione e i simboli
della salvezza oggi
Marietti 1990
pp.195, L. 38.000
Si tratta degli Atti del IV Colloquio su:
“Filosofia e religione”, tenutosi a Macerata dal 12 al 14 maggio 1988. Interventi di P.
Ricoeur, A. Schökel, R. Bodei, X. Tilliette,
M. Pagano.
Fetzer, J.H. (a cura di)
Epistemology and Cognition
Dordrecht, dicembre 1990
pp.304, Dfl 150
Tra i problemi più rilevanti dell’intelligenza artificiale e della scienza cognitiva al
giorno d’oggi ci sono quelli della rappresentazione, che comprendono da una parte
le questioni su ciò che è innato e sul linguaggio dei pensieri, e dall’altra la sintassi
e le relazioni con la semantica. Il libro offre
una rassegna dei lavori più recenti in proposito.
Fever, Lewis S.
Einstein e la sua generazione
Nascita e sviluppo di teorie scientifiche
Il Mulino, Bologna gennaio 1991
pp.454, L. 50.000
L’autore ricrea l’unicità del milieu sociale,
politico, religioso e filosofico in cui ebbe
radici e si dischiuse, nella prima metà del
nostro secolo, la vicenda di Einstein e degli
scienziati suoi contemporanei.
Fleischer, Margot
Philosophen des 20. Jahrhunderts.
Moore, Wittgenstein, Quine, Husserl
Scheler, Heidegger, Camus, Sartre
Merleau-Ponty, Foucault, Adorno
Bloch, Marcuse
Darmstadt, dicembre 1990
pp.265, DM 49
Questo libro è una scelta rappresentiva dei
filosofi più significativi del XX secolo,
offrendo un quadro ricco di suggestioni
della molteplicità di problemi attuali e degli appassionati dibattiti della filosofia con-
Floistad, G. - Klibansky, R. (a cura di)
Contemporary Philosophy A New Survey.
Vol.VI: Philosophy and Science
in the Middle Ages
Dordrecht, dicembre 1990
pp.1088, Dfl.340
Flückiger, Hansueli
Sextus Empiricus
Grundriß der pyrronischen Skepsis.
Buch 1: Selektiver Kommentar
Bern/Stuttgart, dicembre 1990
pp.126, DM 34 - Frs. 28
Gadamer, Hans Georg
Interpretazioni di poeti 1
a cura di G. e M. Bonola
Marietti, Genova 1990
pp.132, L. 25.000
Goethe, Hölderlin, Kleist, Bach: il classicismo tedesco nella riflessione del maestro
dell’ermeneutica.
Gaiser, Konrad
L’oro della sapienza
Sulla preghiera del filosofo
a conclusione del “Fedro” di Platone
Vita e Pensiero, Milano gennaio 1991
pp.108, L. 10.000
Lo studio e l’interpretazione della preghiera finale del Fedro, che Socrate recita a
Pan, riassumendo tutto ciò che un filosofo
deve desiderare e ricercare.
Galvan, Sergio
Logiche intenzionali.
Sistemi proposizionali di logica modale,
deontica, epistemica.
Franco Angeli, Milano febbraio 1991
pp. 288, L. 35.000
Garroni, Emilio
Dissonanzen quartett. Una storia
Pratiche editrice, Parma 1990,
pp. 227, £. 23.000
Romanzo-saggio o saggio-romanzo, quando la distinzione canonica cade, la scrittura
è insieme finzione narrativa e riflessione
non finta. Tra ansia di verità e inclinazione
alla finzione, la scrittura è esperienza di
un’alterità del pensiero che è paradossalmente radicata nel mondo. Esperienza eterogenea, impronunciabile e segreta da cui
il pensiero è generato e che, attraversandola, cerca di esprimere.
Gekle, Hanna
Die Tränen des Apoll.
Zur Bedeutung des Dionysos
in der Philosophie Ernst Blochs
Tübingen, dicembre 1990
pp.168, DM 24
Un libro che va in cerca di un Bloch sconosciuto, mostrando un senso rimasto finora
sconosciuto. Hanna Gekle, che fu assistente di Ernst Bloch, ne ha riordinato e curato
l’eredità.
Giesz, Ludwig
Philosophische Spaziergänge.
Zwölf vorsichtige Antworten
auf die Frage, wie man sich im Leben
denn einzurichten hätte
Con una nota di Enno Rudolph
Stuttgart, dicembre 1990
pp.227, DM 38
Gilmour, Peter (a cura di)
Philosophers of the Enlightenment
Edinburgh U.P., febbraio 1991
pp.196, UK £ 9,95
Introduzione ai filosofi dell’Illuminismo.
Nove specialisti contemporanei guidano
lo studioso nel pensiero illuministico analizzando le vite e gli scritti di singoli pensatori come Leibniz, Berkeley, Hume, Reid,
Kant, Voltaire e Fourier.
Gioanola, Elio
NOVITA' IN LIBRERIA
Psicanalisi, ermeneutica e letteratura
Mursia Editore, Milano febbraio 1991
pp.448, L. 45.000
Una lettura in chiave anche psicanalitica di
alcuni tra i principali autori del Novecento
letterario, nella persuasione che la forma
della “malattia” di fatto intervenga a condizionare le modalità contenutistiche ed
espressive di un’opera letteraria.
Giovannangeli, Daniel
La Fiction de l’être:
lectures de la philosophie moderne
De Boeck-Wesmael, dicembre 1990
pp.149, Fr 80
Oltre allo stesso Descartes, Spinoza, Leibniz, Baumgarten, Kant Hegel, Bergson,
Sartre vengono interrogati su alcuni punti
problematici del proprio pensiero, confrontati fra loro o rapportati alla filosofia
contemporanea, soprattutto a Foucault,
Deleuze o Derrida.
Gosselin, Mia
Nominalism and Contemporary
Nominalism.
Ontological and Epistemological
Implications of the Work
of W. V. O. Quine and of N. Goodman
Dordrecht, dicembre 1990
pp.274, Dfl 120
Graumann, Günter
Zwischen Abgründigkeit und
Tiefgründigkeit.Grundlagen
menschlicher Selbststeuerung
im gesamtkulturellen Kontext
Ammersbek bei Hamburg,
dicembre1990
pp.750, DM 98
Green, Julien
Sulla libertà
trad. it. di C. A. Bonadies
Marietti, Genova dicembre 1990
pp.50. L. 10.000
Un breve pamphlet, nel quale lo scrittore
francese sviluppa le proprie riflessioni sul
tema della libertà individuale e collettiva.
Gregor, Paul
Aspects of Confucianism.
A Study of the Relationship
between Rationality and Humaneness
Frankfurt, dicembre 1990
pp.200, DM 70
Griffero, Tonino
Spirito e forme di vita. La filosofia
della cultura di Eduard Spranger
Franco Angeli, Milano febbraio 1991
pp.204, L. 22.000
Prendendo le distanze tanto dal positivismo quanto dagli esiti irrazionalistici dell’esistenzialismo e dello storicismo, Spranger vi oppone un’articolata filosofia dello
spirito improntata alla grande tradizione
idealistica.
Griffin, Nicholas
Russell’s Idealist Apprenticeship
Clarendon Press, gennaio 1991
pp.432, UK £ 45
Basato principalmente su scritti inediti
dell’archivio Bertrand Russell alla McMaster University, è il primo studio dettagliato del periodo giovanile, neo-hegeliano,
della carriera filosofica di Russell.
Grosholz, Emily R.
Cartesian Method
and the Problem of Reduction
Clarendon Press, gennaio 1991
pp.176, UK £ 22,50
Un esame dettagliato degli effetti, positivi
e negativi, del metodo cartesiano sulla sua
produzione scientifica e filosofica, riferito
alla Geometria, ai Principi, al Trattato
dell’uomo e alle Meditazioni.
Grosse, Carl
Über das Erhabene
Con una nota a cura di C. Zelle
St. Ingbert, dicembre 1990
pp.92, DM 18
1973, il presente volume presenta l’introduzione delle numerose note in margine
tratte dalla copia di Heidegger e un considerevole miglioramento delle appendici.
Gründer, K. (a cura di)
Philosophie in der Geschichte
ihres Begriffs. Sonderdruck aus dem
Historischen Wörterbuch der
Philosophie
Basel, dicembre 1990
DM 58 - Frs 48
Hermann, Friedrich-W. von
Weg und Methode.
Zur hermeneutischen Phänomenologie
des seinsgeschichtlichen Denkens
Frankfurt, dicembre 1990
pp.38, DM 12,80
Gut, Bernardo J.
Die Verbindlichkeit frei gesetzer
Intentionen. Entwürfe zu einer
Philosophie über den Menschen
Stuttgart, dicembre 1990
pp.250, DM 29,80
Hacking, Ian
The Taming of Chance
Cambridge, dicembre 1990
pp.280, UK £ 27,50 (ed.ec. UK £ 10)
Con una combinazione di una dettagliata
ricerca storico scientifica con la caratteristica ampiezza e vivacità filosofica, questo
saggio porta alla luce le relazioni fra filosofia, scienze fisiche, matematica e lo sviluppo delle istituzioni sociali, fornendo così
un’analisi autorevole e unica della «probabilizzazione» del mondo occidentale.
Hager, F. - Pfütze, H. (a cura di)
Das unerhört Moderne.
Berliner Adorno-Tagung
Lüneburg, dicembre 1990
pp.300, DM 36
Haller, R. - Brandl, J. (a cura di)
Wittgenstein - eine Neubewertung.
Akten des XIV Internationalen
Wittgenstein-Symposium,
Feier des 100. Geburstages,
August 1989, Kirchberg am Wechsel
Wien, dicembre 1990
pp.336. DM 72 - ÖS 500
Hauff, G. - Schweizer, H.R.
Wildermuth, A. (a cura di)
In Ercheinung Treten. Heinrich Barths
Philosophie des Ästhetischen
Basel, dicembre 1990
pp.326, DM 68 - Frs 58
L’anniversario della nascita del filosofo di
Basilea Heinrich Barth (1890-1965) è l’occasione per presentare la sua posizione
filosofica, che attribuisce un significato
fondamentale all’estetica.
Heidegger M. - Husserl, E.
Fenomenologia
Storia di un dissidio 1927
a cura di R. Cristin
Unicopli, 2 ed. dicembre 1990
pp.116, L. 18.000
Il dissidio tra Husserl e Heidegger per la
definizione di “fenomenologia”. La documentazione di un piccolo ma decisivo episodio in cui si gioca il senso di una parte
rilevante della filosofia contemporanea.
Heidegger, M. - Jaspers, K.
Der Briefwechsel 1920-1963
A cura di W. Biemel e H. Saner
Frankfurt, dicembre 1990
pp.300, DM 48
Gli scritti sono riportati intatti. Dal 1936 al
1949 ci fu una ricerca. Lo scambio epistolare è confidenziale e originariamente non
ne era prevista la pubblicazione. In esso vi
si trovano giudizi taglienti sui contemporanei e anche sugli allievi. Nessun nome è
stato cancellato, nessuna frase modificata.
Heidegger, Martin
Kant und das Problem der Metaphysik
a cura di Fr.-W. von Herrmann
Frankfurt, 5 ed. dicembre 1990
pp.280, DM 48 (ed.ec. DM 38)
Rispetto alla quarta edizione apparsa nel
Hersch, Jeanne
Karl Jaspers. Eine Einführung
in sein Werk
München, dicembre 1990
pp.149, DM 14,80
Un libro che nello stesso tempo è un’introduzione alla filosofia di Jaspers e un’interpretazione della sua opera.
Hildebrandt, Helmut
Weltzustand Technik. Ein Vergleich
der Techinkphilosophien von Günter
Anders und Martin Heidegger
Berlino, dicembre 1990
pp.224, DM 38
Hinske, N. (a cura di)
Was ist Aufklärung?
Beitrage aus der Berlinischen
Monatsschrift (1.-7. Band), 1783-1786
Con la collaborazione di Michael
Albrecht. Quarta edizione ampliata, con
nota finale.
Darmstadt, dicembre 1990
pp.600, DM 63
Hoche, Hans U.
Einführung in das sprachanalytische
Philosophieren
Darmstadt, dicembre 1990
pp.250, DM 49
Holzhey, H. - Leyvraz, J.-P. (a cura di)
Persönliche Freiheit.
Zu einem Grundproblem praktischer
Philosophie. Liberté de la personne
Bern/Stuttgart, dicembre 1990
DM 82 - Frs 68
Hossenfelder, Malte
Epikur
München, gennaio 1991
pp.210, DM 24
Hossenfelder dimostra che Epicuro era tutt’altro che un uomo dedito ai piaceri. Il fine
ultimo della sua filosofia sta piuttosto nell’affrancamento del singolo dalla pigrizia
e quindi dalla paura, tramite cui potrà trovare la propria felicità nella calma e nella
serenità interiore.
Hoy, David C.
Il circolo ermeneutico.
Lettura, storia e ermeneutica filosofica
trad. it. di F.D. D’Agostini
Il Mulino, Bologna dicembre 1990
pp.220, L.20.000
Strumento di aggiornamento sulla discussione contemporanea a proposito della filosofia ermeneutica, offre un quadro sinottico delle teorie critiche che hanno assunto
particolare preminenza negli ultimi anni.
Hubbertz, Karl-Peter
Schuld und Verantwortung.
Eine Grenzbeschreitung zwischen
Tiefenpsychologie, Ethik
und Existenzphilosophie
Münster, dicembre 1990
pp.274, DM 58,80
Illiez, Pierre
Reflets ou apparences: causalité et
incertitude dans la pensée occidentale
Age d’homme, dicembre 1990
pp.165, Fr 100
Come il pensiero occidentale, nel corso dei
secoli, ha concepito il rapporto tra realtà e
apparenza e tra ordine e caso. P. Illiez è lo
pseudonimo scelto da Jean-Pierre Ritter,
attualmente ambasciatore in Austria.
Jackendoff, Ray
Coscienza e mente computazionale
(Sistemi intelligenti)
trad. it. di S. Gozzano
Il Mulino, Bologna gennaio 1991
pp.484, L. 50.000
Attraverso una ricognizione analitica delle
facoltà, dal linguaggio alla visione e alle
capacità musicali, in cui l’autore si richiama esplicitamente alla teoria della “mente
modulare” di Fodor e ai lavori sulla visione
di Marr, si compie la saldatura tra teorie
computazionali e teorie della coscienza.
Jaeschke, W. - Holzey, H. (a cura di)
Früher Idealismus und Frühromantik.
Der Streit um die Grundlagen der
Ästhetik (1795-1805)
Hamburg, dicembre 1990
pp.269, DM 86
Jaspers, Karl
Cifre della trascendenza
a cura di Giorgio Penzo
Marietti, Genova 1990
pp.122, L. 24.000
Il testamento filosofico di un grande pensatore del nostro secolo.
Jauch, Ursula Pia
Damenphilosophie und Männermoral.
Von Abbé de Gérard
bis Marquis de Sade.
Ein Versuch über die lächelnde Vernunft
Wien, dicembre 1990
pp.208, DM 39,80 - ÖS 280
Jauss, Hans Robert
Estetica e interpretazione letteraria.
Il testo poetico nel mutamento
d’orizzonte della comprensione
Marietti, Genova 1990
pp.208, L. 45.000
Una raccolta di saggi che concernono testi
di Goethe, Racine e Schiller secondo il
modello di analisi dei testi letterari di Jauss.
Jervolino, Domenico
The Cogito and Hermeneutics.
The Question of the Subject in Ricoeur
Dordrecht, dicembre 1990
pp.212, Dfl 125
Johnson, Lawrence E.
A Morally Deep World. An Essay on
Moral Significance
and Environmental Ethics.
Cambridge U.P., gennaio 1991
pp.180, UK £ 25
L’autore auspica un cambiamento radicale
del nostro atteggiamento nei confronti del
mondo non umano, sostenendo che gli
animali non umani e gli stessi ecosistemi
abbiano un significato morale con interessi
e diritti propri. Vengono esaminati alcuni
recenti lavori sull’etica ambientale.
Kamuf, Peggy (a cura di)
A Derrida Reader
Harvester Wheatsheaf, gennaio 1991
pp.608, UK £ 12,95
Una raccolta di scritti significativi di Derrida, la prima introduzione in un solo volume al suo lavoro sulla decostruzione, contenente 22 estratti, commenti a opere individuali, informazioni generali sul contesto
intellettuale e guide alla struttura delle sue
affermazioni.
Kellow, Peter
A Unified Theory of Human Experience
Ammons, gennaio 1991
pp.542, UK £ 30
Lo scopo di questo libro è quello di applicare la concezione di un’unità onnicomprensiva, tipica delle scienze fisiche, a
quelle umane. Il saggio sviluppa teorie
della conoscenza, azioni, linguaggio, arte,
NOVITA' IN LIBRERIA
particolari, scienza e rapporti sociali e le
accorpa in una sola sintesi filosofica.
Kemper, P. (a cura di)
Martin Heidegger - Faszination
und Erschrecken. Die Politische
Dimension einer Philosophie
Frankfurt, dicembre 1990
pp.220, DM 28
Ciò che interessa l’autore non è liquidare
per l’ennesima volta il passato di Heidegger, ma accostarsi storicamente e filosoficamente al suo agire e alla sua opera,
mettendo in luce i complessi legami tra
filosofia e visione del mondo.
Kerény, Károly
Figlie del Sole
trad. it. di Francesco Berberi
Bollati Boringhieri, Milano
febbraio 1991
pp.140, L. 20.000
Opera della maturità di Kerény, il libro è
dedicato alle donne solari del mito antico:
Circe, Medea, Afrodite, Era, Pasifae e
Arianna, le figure femminili legate al culto
del Sole. Il mito diviene qui strumento di
interpretazione della civiltà e chiave per
penetrare nel mondo religioso.
Kirsch, Guy
Das freie Individuum und der dividierte
Mensch. Der Individualismus von der Norm zum Problem
Baden-Baden, dicembre 1990
pp.186, DM 39
Abbiamo creato un ordine per gli uomini in
quanto individui; ora dobbiamo creare un
ordine per gli individui in quanto uomini.
Knörzer, Guido
Tod ist Sein? Eine Studie zu Genese und
Struktur des Begriffs «Tod» im Frühwerk
Martin Heideggers
Frankfurt/Bern, dicembre 1990
pp.260
Koch, Rainer
Geschichtskritik und ästhetische
Wahrheit. Zur Produktivität des Mythos
in moderner Literatur und Philosophie
Bielefeld, dicembre 1990
pp.207, DM 38
Koppelberg, Dirk
Die Aufhebung der analytischen
Philosophie. Quine als Synthese
von Carnap und Neurath
Frankfurt, dicembre 1990
pp.416, DM 28
Contro l’opinione diffusa, che la filosofia
di Quine rappresenti una acuta critica del
Circolo di Vienna, nel lavoro di Koppelberg viene proposta la tesi che la filosofia
di Quine sia un tentativo di ricostruire in
sintesi i diversi orientamenti teoretici di
Rudolf Carnap e Otto Neurath.
Kracauer, Siegfried
Sull’amicizia
Marietti, Genova 1990
pp.96, L. 14.000
Una rivisitazione dell’amicizia, parola che
racchiude un’indefinita complessità di vicende ed esperienze, un sentimento sul
quale l’uomo non ha mai cessato di interrogarsi, da Platone a Montaigne, da Emerson
a Nietzsche.
Kreimendahl, Lothar
Kant - der Durchbruch von 1769
Köln, dicembre 1990
pp.300, DM 90
Krockow, Christian Graf von
Die Entscheidung.
Eine Untersuchung über Ernst Jünger,
Carl Schmitt, Martin Heidegger
Frankfurt, dicembre 1990
pp.170, DM 38
Alla sua pubblicazione nel 1958 questo
libro andò presto esaurito. Krockow si propone un chiarimento dello sviluppo spirituale e delle forze che a partire dal 1933
hanno portato alla caduta della dittatura
tedesca.
Krombach, Hayo B. E. D.
Hegelian Reflections on the Idea
of Nuclear War. Dialectical Thinking
and the Dialectic of Mankind
MacMillan Press, febbraio 1991
pp.272, UK £ 45
Servendosi del metodo dialettico hegeliano, Krombach cerca di dimostrare come il
pensiero hegeliano offra un metodo per
superare l’abisso tra storia della filosofia e
idea di guerra nucleare, mostrandone al
contempo le dirette implicazioni per la
concettualizzazione di problemi ambientali.
Krüger, Hans-P.
Kritik der kommunikativen Vernunft.
Kommunikationsorientierte
Wissenschafts forschung im Streit mit
Sohn-Rethel,Toulmin und Habermas
Berlin, dicembre 1990
pp.530, DM 48
Krüger appartiene alla nuova generazione
di filosofi critici che hanno sviluppato negli anni ’80 la concezione di una democratizzazione radicale ed ecologica.
Küppers, Bernd-Olaf
Der Ursprung biologischer
Informationen. Zur Naturphilosophie
der Lebensentstehung
Prefaz. di C. F. von Weizsäcker
München, dicembre 1990
pp.319, DM 19,80
Il fisico e filosofo Küppers porta qui alle
estreme conclusioni filosofiche la moderna teoria sull’origine della vita, descrivendo il ruolo dell’informazione per tutto il
divenire biologico.
Labica, Georges
Robespierre, une politique
de la philosophie
PUF, Paris dicembre 1990
pp.128, Fr 34
Esiste un pensiero politico di Robespierre
che di particolare e di inedito ha il fatto di
essere un pensiero della rivoluzione, uscito
dalle sue stesse vicissitudini.
Lachelier, Jules
Cours de logique:
Ecole normale supérieure 1866-1867
A cura di Jean-Louis Dumas
Ed. universitaires, dicembre 1990
pp.162, Fr 145
Il considerevole interesse storico si spiega
con il suo valore pedagogico e la potenza
speculativa. Un esame delle principale
questioni logiche nello spirito di Kant.
Lanaro, Giorgio
Il positivismo tra scienza e religione.
Studi sulla fortuna di Comte in Gran
Bretagna
Franco Angeli, Milano gennaio 1991
pp.176, L, 24.000
Nel secolo scorso il pensiero di Auguste
Comte sollevò in Gran Bretagna un ampio
dibattito, dividendo la cultura inglese in
due partiti in cui militavano alcune delle
sue figure di maggior rilievo.
Langthaler, Rudolf
Kants Ethik als «System der Zwecke».
Perspektiven einer modifizierten Idee
der «moralischen Teleologie»
und Ethikotheologie
Berlin, dicembre 1990
pp.428, DM 168
Un’analisi della concezione dell’etica kantiana, modificata e ampliata, che in futuro
dovrebbe consentire di portare in luce anche nuovi aspetti della parte centrale della
filosofia della religione kantiana.
letteratura medievale.
Le Grand, H.E. (a cura di)
Experimental Inquiries. Historical,
Philosophical and Social Studies
of Experimentation in Science
Dordrecht, dicembre 1990
pp.296, Dfl. 140
Lecaldano, Eugenio
Hume e la nascita dell’etica contemporanea
Laterza, Bari gennaio 1991
pp.290
La ricostruzione del pensiero etico di Hume
e la sua permanente influenza nelle varie
correnti dell’etica contemporanea: utilitarismo, neo-contrattualismo, teorie dei diritti.
Lefebvre, Henri
Le Matérialisme dialectique
PUF, Paris dicembre 1990
pp.168, Fr 44
La prassi è il punto di partenza e quello di
arrivo del materialismo dialettico, parola
che in filosofia designa ciò che per il senso
comune è la vita reale.
Legris, Javier
Eine epistemische Interpretation
der intuitionistischen Logik
Würzberg, dicembre 1990
pp.142, DM 36
Lentini, Luigi
Il paradigma del sapere
Franco Angeli, Milano febbraio 1991
pp.136, L. 24.000
Il volume propone una ricostruzione del
processo di formazione dell’immagine della
scienza dominante nell’epistemologia contemporanea e dei diversi modi in cui quest’ultima determina i suoi strumenti analitici e si definisce in generale come disciplina.
Leszek, Kolakovski
Elogio dell’incoerenza
Vita e Pensiero, Milano dicembre 1990
pp.236, L. 20.000
Pamphlet del filosofo polacco espulso dal
Partito Comunista nel 1966 per via delle
sue prese di posizione sulle limitazioni
della libertà di pensiero nel Paesi socialisti.
Lévinas, Emmanuel
Autrement qu’être ou Au-delà
de l’essence
LGF, dicembre 1990
pp.286, Fr 40
«In questo libro parlo di responsabilità
come struttura essenziale della soggettività. Essere umani significa: vivere come se
non si fosse un essere in mezzo ad altri
esseri.»
Levinas, Immanuel
Trascendenza e intelligibilità
Marietti, Genova 1991
pp.90, L. 12.000
Le principali tematiche di un pensiero provocatorio e controcorrente che evidenzia
la priorità del “volto dell’altro” e sottolinea
la centralità dell’etica. Vengono qui tratteggiati i principali nuclei attorno ai quali
ruota la più recente ricerca levinasiana: il
confronto tra “sapienza ebraica” e saggezza greca”, il significato dell’elezione e
l’importanza del dialogo interconfessionale tra ebraismo e cristianesimo.
Lewis, C.S.
L’immagine scartata
Il modello della cultura medievale
Marietti, Genova 1990
pp.198, L. 27.000
Un grande saggista ricostruisce il capolavoro più alto del Medioevo, il “Modello”,
l’”immagine” dell’universo e dell’uomo
che i moderni hanno “scartato”, ma la cui
conoscenza è indispensabile per leggere la
Liebmann, Otto
Kant e gli epigoni
a cura di G. Cognetti
Ed. Scientifiche, Napoli gennaio 1991
pp.190, L. 30.000
La dottrina fondamentale e l’errore fondamentale di Kant; la tendenza idealistica.
Fichte, Schelling, Hegel; la tendenza realistica. Herbart; la tendenza empirica. Fries;
la tendenza trascendete. Schopenhauer.
Lorenz, Kuno
Einführung in die philosophische
Anthropologie
Darmstadt, dicembre 1990
pp.153, DM 32
Lucchetta, Giulio
Scienza e retorica in Aristotele.
Sulle radici omeriche
delle metafore aristoteliche
Il Mulino, Bologna gennaio 1991
pp.172, L. 20.000
I vegetali, la calamita, la selva, la macina
del mulino, le acque dell’Oceano sono
oggetti metaforici che riportati al loro terreno originario - l’Odissea - contribuiscono alla definizione dell’universo della
memoria ellenica, danno ragione del carattere naturalistico della riflessione aristotelica e, per contrasto, consentono di capire
concetti-chiave.
Lurol, Gérard
Mounier .
Vol.I. Genèse de la personne
Ed. universitaires, dicembre 1990
pp.319, Fr 245
Saggio sulla genesi del personalismo che
rintraccia la storia del legame indissolubile
fra la persona di Mounier e il concetto di
persona.
Lyons, David
In the Interest of the Governed
Clarendon Press, febbraio 1991
pp.164, UK £ 20
Basandosi sullo studio delle più importanti
opere di Jeremy Bentham, questo volume
offre una reinterpretazione della sua principale dottrina filosofica, del principio di
utilità e dell’analisi della legge. Edizione
riveduta e aggiornata, che include una nuova prefazione e nuove bibliografie e indici.
MacDonald Ross, G. - McWalter, T.
(a cura di)
Kant and his Influence
Bristol, dicembre 1990
pp.392, UK £ 40
Costituito da ampi stralci delle relazioni
presentate a un convegno su Kant dell’aprile 1990, organizzato dalla British
Society for the History of Philosophy, il
libro raccoglie una grande quantità di prospettive su Kant e sulla sua influenza.
Mackay, M. Donald
Behind the Eye
Basil Blackwell, gennaio 1991
pp.228 UK £ 19,95
Basato sulle lezioni su Gifford tenute dall’autore nel 1986, il libro ci dà un’idea
chiara del cervello e del suo funzionamento, affrontando gli argomenti a esso collegati che più costituiscono materia di riflessione, dalle macchine intelligenti alla linguistica, dalle teorie della percezione alla
questione della vita dopo la morte.
Magrini, Maria Vittoria Predaval
(a cura di)
Scienza, filosofia e religione
tra ‘600 e ‘700 in Italia
Franco Angeli, febbraio 1991
pp.380, L. 40.000
I lavori presentati in questo volume analizzano una serie di tendenze della cultura
italiana tra il diciassettesimo e il diciottesi-
NOVITA' IN LIBRERIA
mo secolo, attraverso il confronto con lo
sviluppo e la ricezione delle idee scientifiche e filosofiche europee nella situazione
di frammentarietà culturale che consegue
al secolare particolarismo economico-politico della penisola.
Malingham, Indira (a cura di)
Logical Foundations: Essays
in Honour of D. J. O’Connor
MacMillan Press, febbraio 1991
pp.208, UK £ 35
Una raccolta di articoli per celebrare il 75
compleanno di Dan O’Connor. Ogni saggio prende in considerazione un argomento al quale si è dedicato intellettualmente,
dalla logica filosofica alla filosofia dell’educazione, e riflette l’impegno di O’Connor per i principi fondamentali dell’empirismo logico.
Mancini, Italo
L’ethos dell’Occidente.
Neoclassicismo etico, profezia cristiana
pensiero critico moderno
Marietti, Genova 1990
pp.628, L. 80.000
Masullo, Aldo
Filosofie del soggetto e diritto del senso
Marietti, Genova 1990
pp.216, L.30.000
Ragione filosofica e crisi del senso in una
originale riproposta del pensiero classico.
Matilal, B. K.
The Word and the World
OUP India, febbraio 1991
pp.200, UK £ 10,95
Una monografia che studia ciò che oggi
viene chiamata «filosofia del linguaggio»
basandosi su materiale tratto esclusivamente dalle opere di filosofi indiani classici.
Medawar, P. B. - Medawar, J. S.
Biologie von A bis Z.
Ein philosophisches Wörterbuch
München, dicembre 1990
pp.391, DM 19,80
Il premio Nobel Peter Medawar e sua moglie Jean con il loro sapere enciclopedico
hanno creato «con spirito voltairiano»
(“New York Times”) un «dizionario» filosofico che riflette sulla biologia, che ne
spiega i concetti in articoli approfonditi
con stile piano, divertente e vivace.
Mehrtens, Herbert
Moderne - Sprache - Mathematik.
Eine Geschichte des Streits
um die Grundlagen der Disziplin
und des Subjekts formaler Systeme
Frankfurt, dicembre 1990
pp.620, DM 78
Melandri, Enzo
”Le ricerche logiche” di Husserl
Introduzione e commento
alla prima ricerca
Il Mulino, Bologna gennaio 1991
pp.232, L. 30.000
Un’introduzione generale in cui la fenomenologia husserliana viene ricondotta al
suo alveo storico, e la rassegna degli immediati predecessori di Husserl nel contesto della filosofia tedesca tra la fine dell’
800 e gli inizi del ‘900.
Migliori, Maurizio
Dialettica e verità
Commentario filosofico
al “Parmenide” di Platone
Vita e Pensiero, Milano gennaio 1991
pp.570, L. 40.000
L’interpretazione del Parmenide di Platone è condotta sui principi ermeneutici desunti dalle dottrine non scritte di Platone
medesimo, tramandate dai suoi discepoli
immediati.
Misak, C. J.
Truth and the End of Inquiry.
A Peircean Account of Truth
Clarendon Press, gennaio 1991
pp.200, UK £ 22,50
C. S. Peirce, fondatore del pragmatismo,
sosteneva che la verità è ciò su cui siamo
d’accordo, su cui si può effettuare una
ricerca finché essa si dimostra fruttuosa.
L’autore di questo libro si batte per un
concetto di verità pragmatico, soffermandosi sui suoi requsiti fondamentali secondo Peirce.
Mosconi, Giuseppe
Discorso e pensiero
Il Mulino, Bologna dicembre 1990
pp.344, L. 40.000
Il linguaggio non serve soltanto a veicolare
e ad esternalizzare il pensiero, ma a pensare, nel senso che il pensiero si determina
discorsivamente. L’approccio “psicoretorico” adottato dall’autore deriva dalla necessità di considerare la “dimensione retorica” del discorso un aspetto essenziale del
pensare-parlare.
Nagl-Docekal, H. - Pauer-Studer, H.
(a cura di)
Denken der Geschlechterdifferenz.
Neue Fragen und Perspektiven
der feministischen Philosophie
Wien, dicembre 1990
pp.240, DM 34, ÖS 240
Negri, Antonio
The Savage Anomaly. The Power
of Spinoza’s Metaphysics and Politics
Minnesota U.P., febbraio 1991
pp.320, UK £ 29,95 (ed.ec. UK £ 11,95)
Negri propone una rilettura degli scritti
filosofici e politici di Spinoza nel quadro
dello sviluppo dello Stato moderno e della
sua relativa economia politica. La tesi centrale del libro si muove attorno all’affermazione di una serie di anomalie uniche
nella situazione di Spinoza.
ca, soprattutto di pensiero Zen, contrapposta alla filosofia europea contemporanea,
entrambe rivolte ai moderni interrogativi.
Chi vuole conoscere il pensiero giapponese deve confrontarsi con questa scuola.
Onfray, Michel
Il ventre dei filosofi
trad. it. di Giovanni Bogliolo
Rizzoli, Milano febbraio 1991
pp.176, L. 26.000
I filosofi, quando pensano, dimenticano.
Soprattutto troppo spesso si dimenticano
del proprio corpo e di ciò che esso assimila
quando mangiano. Eppure tra il pensiero e
lo stomaco esistono innegabili affinità e
vincoli, profondi legami e corrispondenze.
Per affrontare il problema, Onfray ha invitato ad un curioso banchetto alcuni prestigiosi ospiti. Tra gli altri, il cinico Diogene,
Rousseau, Kant.
Pansera Maria Teresa
L’uomo progetto della natura.
L’antropologia filosofica
di Arnold Gehlen.
Prefazione di Vincenzo Cappelletti
Studium, Roma 1990
pp. 208, L. 22.000
E’ questo il primo lavoro d’insieme dedicato al filosofo tedesco Arnold Gehlen
(1904-1976). Di fronte all’espansione della civiltà tecnologica di massa, che tende a
dissolvere l’identità dell’essere umano,
Gehlen intende ricostruirne una nuova
immagine, fondata sui risultati delle scienze. Da questa indagine l’uomo emerge
come un unicum incomparabile rispetto
agli altri esseri viventi.
Pasternack, G. (a cura di)
Zur späten Ästhetik von Georg Lukács
(Congresso di Brema,
25-27 marzo 1987)
Frankfurt, dicembre 1990
pp.208, DM 38
Nietzsche, Friedrich
La gaia scienza
a cura di Fabrizio Desideri
Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1991
pp. 357, £. 20.000
Il libro che costituisce il culmine dell’«illuminismo» nicciano, riproposto in una
nuova edizione che si segnala per il ricco
apparato cronologico e bibliografico.
Patella, Giuseppe
Sul postmoderno.
Per un postmodernismo della resistenza
Studium, Roma 1990
pp. 184, L. 19.000
L’autore approfondisce le principali elaborazioni filosofiche sul «postmoderno» e
prende in esame le più importanti teorie
letterarie che si confrontano con esso.
Norris, Christopher
Spinoza and the Origin
of Modern Critical Theory
Basil Blackwell, febbraio 1991
pp.240, UK £ 35 (ed.ec. UK £ 9,95)
Un resoconto dettagliato dell’influenza di
Spinoza su varie correnti attuali di pensiero critico, dal marxismo di Althusser all’ermeneutica, alla decostruzione, alla poetica narrativa, al nuovo storicismo e agli
scritti difficilmente classificabili di un pensatore come Gilles Deleuze.
Patocka, Jan
Die natürliche Welt
als philosophisches Problem.
Phänomenologische Schriften I
a cura di Kl. Nellen e J. Nemec
Stuttgart, dicembre 1990
pp.319, DM 98 - ÖS 764
Jan Patocka, allievo di Husserl e mentore
di Václav Havel, indaga in questo libro il
rapporto del mondo naturale con l’uomo
secondo la sua rappresentazione scientifica. Troviamo un’anticipazione del concetto di Husserl di «mondo vivente».
Nussbaum, Martha
Love’s Knowledge
Oxford University Press, gennaio 1991
pp.432, UK £ 40
Una raccolta degli scritti pubblicati dall’autore sui rapporti fra letteratura e filosofia, specialmente filosofia morale. Vi vengono esplorati i rapporti fra stile e contenuto, con un occhio alle questioni etiche, e il
ruolo delle emozioni sulle deliberazioni e
sulla conoscenza di sé.
Ohashi, Ryosuke (a cura di)
Die Philosophie der Kyoto-Schule.
Texte und Einführung
Freiburg i.Br., dicembre 1990
pp.552, DM 68
Uno dei più influenti filosofi giapponesi
della nostra epoca, Kitaro Nishida (18701945), ha fondato a Kyoto una scuola di
pensiero nella vecchia tradizione nipponi-
Pears, David
Hume’s System. An Examination
of the First Book of his Treatise
Oxford University Press, gennaio 1991
pp.208, UK £ 25 (ed.ec. UK £ 7,95)
La prima filosofia di Hume, si sostiene, in
questo saggio, potrebbe essere vista sia
come un abbozzo di teoria del significato,
che come una ricerca nella natura di verità
ed evidenza. Pears esamina l’applicazione
delle teorie di Hume alla questione della
causalità, dell’identità e della percezione.
Peperzak, Adriaan
Hegels praktische Philosophie.
Ein Kommentar zur enzyklopädischen
Darstellung der menschlichen Freiheit
und ihrer objektiven Verwirklichung
Stuttgart, dicembre 1990
pp.360, DM 198
Un confronto di due stesure diverse dimostra i cambiamenti della filosofia pratica di
Hegel fra il 1817 e il 1830.
Perrefort, Maria
Opfer und Gehorsam.
Kritische Untersuchungen zur Struktur
von Heideggers Gelassenheitsidee
Würzburg, dicembre 1990
pp.202, DM 48
Perrotta, Raffaele
Gli scuri delle semantiche.
Idee, immagini (espressioni)
Pellicani Editore, Roma 1990
pp.94, L. 15.000
Il linguaggio come luogo di operazioni
simboliche che non si risolvono nell’ordine del discorso codificato. Contro il Senso
formalizzato della sintassi la ricchezza dei
linguaggi dove la parola non è topica ma
problematica.
Philippe, Marie-Dominique
Lettre à un ami:
itinéraire philosophique
Ed. universitaire, dicembre 1990
pp.199, Fr 135
Oggi tutti si interrogano su ciò che è la
persona umana. Superando le ideologie
per ritrovare il realismo di un’autentica
ricerca della verità, bisogna scoprire, a
partire dalle proprie esperienze, ciò che dà
un senso alla propria vita. L’autore, un
domenicano, insegna filosofia e teologia.
Philonenko, Alexis
La jeunesse de Feuerbach: 1828-1841:
introduction à ses positions
fondamentales
Vrin, Paris dicembre 1990
2 voll., pp.320, 400, Fr 360
Questo libro è uno degli anelli che formano
la catenna della storia ermeneutica della
filosofia protestante. Feuerbach è l’antiteologo che discute con i teorici del dogmatismo protestante, senza mai perdere di
vista il cattolicesimo.
Pitassi, Maria Cristina
Le Philosophe et l’écriture:
John Locke, exegéte de saint Paul
Cahiers de la "Revue de théologie
et de philosophie", n.14, dicembre 1990
pp.104, Fr 123
I fondamenti dell’ermeneutica lockiana, i
suoi legami con la tradizione esegetica e
con il metodo filosofico sviluppato nell’Essai concernant l’entendement humain
Plotin
Traité sur la liberté et la volonté
de l’Un: Ennéade VI, 8
A cura di Georges Leroux
Vrin, Paris dicembre 1990
pp.452, Fr 210
La questione dell’esistenza e della natura
della libertà divina, non la libertà di creare
l’essere, ma quella per l’Uno di produrre se
stesso.
Pöggeler, Otto
Der Denkweg Martin Heideggers
3 edizione con commento dettagliato,
note e indice dei nomi ampliati.
Pfullingen, dicembre 1990
pp.464, DM 78
Polin, Raymond
John Locke.
Senso e fondamento del potere
trad. it. e cura di A. Zanini
Pellicani Editore, Roma 1990
pp.66, L. 12.000
Il breve saggio, pubblicato da Polin per la
prima volta nel 1956, offre le coordinate
essenziali del pensiero di Locke e ne rivendica l’unitarietà morale del progetto filosofico contro le interpretazioni che privilegiano il carattere gnoseologico della filosofia lockiana.
NOVITA' IN LIBRERIA
Pöltner, Günther
Auf der Spur des Heiligen.
Heideggers Beitrag zur Gottesfrage
Wien/Köln, dicembre 1990
pp.224, DM 42
Ponton, Lionel
Philosophie et droits de l’homme
de Kant à Levinas
Vrin, Paris dicembre 1990
pp.216, Fr 150
I diritti dell’uomo esigono la costituzione
di una repubblica o sono semplicemente i
principi regolatori del diritto esistente?
Inglobano i diritti economici e sociali?
Potter, K.H. (a cura di)
Encyclopedia of Indian Philosophies.
Vol.V: The Philosophy of the
Grammarians
Lawrenceville, NJ, dicembre 1990
pp.520, $ 55
Monumentale opera di consultazione preparata sotto la supervisione editoriale di
Karl Potter, con riassunti delle maggiori
opere della tradizione grammatica nella
filosofia indiana.
Pozzoli, Claudio (a cura di)
Nietzsche - Nei ricordi
e nelle testimonianze dei contemporanei
Rizzoli, Milano dicembre 1990
pp.446, L. 16.000
Attraverso gli scritti di familiari,amici,
colleghi, conoscenti si delinea la vita del
filosofo come venne vista e condivisa dai
contemporanei: queste testimonianze aiutano anche a far luce sugli aspetti più
contradditori di questa esistenza sfociata
nella pazzia.
Pranteda, Maria A.
Individualità e autobiografia in Dilthey
Guerini, Milano febbraio 1991
pp.176, L.25.000
Questo volume indaga il tema dell’individualità in Dilthey in un confronto con la
monadologia di Leibniz, evidenziando, al
di là della dimensione puramente coscienziale del soggetto cosciente, la struttura
degli affetti e delle rappresentazioni inconscie dell’io come condizioni della sua storicità.
Prini, Pietro
L’ambiguità dell’essere
Marietti, Genova 1990
pp.102, L.18.000
Un confronto originale con una forma classica: il dialogo filosofico.
Pritchard, Michael S.
On Becoming Responsible
Kansas U.P., gennaio 1991
pp.288, UK £ 23,95
Uno studio della morale individuale in cui
l’autore mescola teorie filosofiche etiche a
considerazioni da una prospettiva psicologica sullo sviluppo dell’uomo e sulla condotta morale. Nel testo occupano una posizione centrale i temi dell’educazione morale e delle complesse influenze sulla vita
morale.
Puech, Michel
Kant et la causalité: étude sur la
formation du système critique
Vrin, Paris dicembre 1990
pp.526, Fr 300
Questo libro permette di seguire lo sviluppo di una crisi della metafisica nella Germania del XVIII secolo e di osservarvi la
formazione della prima idea trascendentale nell’opera pre-critica e nei testi inediti.
Puster, Rolf W.
Britische Gassendi-Rezeption
am Beispiel John Lockes
Stuttgart, dicembre 1990
pp.176, DM 78
Una ricognizione sui circa 180 anni di
ritardo (rispetto al continente) con cui le
teorie sull’atomo furono accettate in Inghilterra, che mette in luce l’importantissimo ruolo avuto dal gassendismo. Come un
punto di contatto oltremodo distintivo tra
Gassendi e Locke dimostra si mostra il
cosiddetto teroema dello spettro rovesciato.
Recherches sur la philosophie et le
langage, n.12; Hommage à Henri Joly
Groupe de recherches sur la philosophie
et le langage, dicembre 1990
pp.472, Fr 149
In queste pagine si possono trovare numerosi lavori che riguardano la Grecia antica.
Reese-Schäfer, Walter
Karl-Otto Apel zur Einführung
Con una nota di J. Habermas
Hamburg, dicembre 1990
pp.160, DM 16,80
Reimann, Werner
Verweigerte Versöhnung.
Zur Philosophie von G, Anders
Wien, dicembre 1990
pp.192, DM 46 - ÖS 322
Rentsch, Thomas
Die Konstitution der Moralität.
Transzendentale Anthropologie
und praktische Philosophie
Frankfurt, dicembre 1990
pp.350, DM 48
Riccobono, Maria Gabriella
Tra desiderio e realtà.
Pratica, poesia, storia
in Benedetto Croce
Ed. Scientifiche Italiane, dicembre 1990
pp.336, L. 40.000
Le modalità e le difficoltà che caratterizzano il tormentato e continuo sviluppo tra
desiderio, poesia e conoscenza storica nel
pensiero di Croce.
Richardson, John
Existential Epistemology
Clarendon Press, febbraio 1991
pp.230, UK £ 10,95
Questo saggio introduce alla fenomenologia esistenziale di Martin Heidegger, dimostrando come le idee di Heidegger poggiassero sul punto centrale dell’epistemologia, cioè come sia possibile sviluppare
una conoscenza obiettiva.
Riedel, M. (a cura di)
Hegel und die antike Dialektik
Frankfurt, dicembre 1990
pp.288, DM 18
Rohls, Jan
Geschichte der Ethik
Tübingen, dicembre 1990
pp.550, DM 98 (ed.ec. DM 68)
Una storia dei progetti etici nel loro contesto sociale, che parte dall’etica religiosa
fino alle attuali teorie della società.
Rohrmoser, Günter
Was ist heute sozial?
A cura di H.R. Vogel et al.
Stuttgart, dicembre 1990
pp.32, DM 14,80
Rohrmoser tenta un’interpretazione del
concetto di «sociale» da un terreno storico
e filosofico.
Rolland, Jacques
Dostoevskij e la questione dell’altro
Jaca Book, Milano gennaio 1991
pp.176, L. 26.000
L’autore, filosofo e discepolo di Lévinas,
tenta un approccio filosofico all’opera letteraria di Dostoevskij. L’intento è di avvicinare il filosofo al testo, in un rapporto nel
quale ognuno invii all’altro stimoli, suggestioni e nuove interpretazioni o possibilità
di significato.
cognitiva che li lega.
Rosen, Stanley
Introduzione alla Repubblica di Platone
Ed. Scientifiche Italiane, dicembre 1990
pp.54, L. 8.000
Il testo di tre delle cinque lezioni tenute
dall’autore alla Scuola Superiore di Studi
Universitari e di Perfezionamento
“S.Anna” di Pisa nel 1989. La complessa
struttura e le contraddizioni insanabili che
sorgono dalla relazione tra giustizia, beatitudine e felicità.
Schlosser, Marianne
Cognitio et amor. Zum kognitiven
und voluntativen Grund der Gotteserfahrung nach Bonaventura
Paderborn, dicembre 1990
pp.280, DM 58
Roustang, François
Lacan: Why did we follow him
for so long?
Oxford University Press, gennaio 1991
pp.176, UK £ 22,50
Jacques Lacan, uno dei massimi intellettuali francesi, negli anni ’60 ha avuto grande seguito in campo psicoanalitico. L’autore, un suo ex seguace che poi abbandonò
il sistema lacaniano, ricerca i motivi della
sua grande influenza.
Runggaldier, Edmund
Analytische Sprachphilosophie
Stuttgart, dicembre 1990
pp.200, DM 22
Ruschi, Riccardo
Lo spirito di natura dell’arte.
Un itinerario nel pensiero estetico
di Theodor W. Adorno
Unicopli, dicembre 1990
pp.136, L. 18.000
Una ricostruzione della concezione estetica di Adorno dai primi scritti del ’31-’33
alla Teoria estetica, passando attraverso la
critica dell’idea di dominio della Dialettica dell’illuminismo: il rapporto dialettico
che lega la natura all’arte si rivela paradigma della conoscenza.
Rutherford, R. B.
The Meditations of Marcus Aurelius:
A Study
Clarendon Press, febbraio 1991
pp.301, UK £ 14,95
Il saggio si sforza di rendere le Meditazioni
più accessibili al lettore moderno spiegandone il contesto storico e filosofico, tracciando le linee principali del pensiero di
Marco Aurelio e collegando i dettagli stilistici alla sua visione morale e intellettuale.
Safranski, Rüdiger
Wieviel Wahrheit braucht der Mensch?
Über das Denkbare und das Lesbare
München, dicembre 1990
pp.212, DM 36
Il libro è un saggio narrativo sulle fortune
e le catastrofi delle ricerca della «vera
vita», esemplarmente condotta su Rousseau, Kleist, Nietzsche e Kafka, ma anche su
alcuni casi nella storia della ricerca della
verità, da Socrate a Freud.
Salem, Jean
La Mort n’est rien pour nous:
Lucrèce et l’éthique
Vrin, Paris dicembre 1990
pp.304, Fr 210
Un erudito saggio dell’arte di vivere insegnata da Lucrezio, presentatoci da uno
specialista dell’etica epicurea.
Scheffczyk, Leo (a cura di)
Dualismus versus Dualität.
Aspekte neuzeitlicher Weltbetrachtung
Freiburg, dicembre 1990
pp.240, DM 68
Schlanger, Jacques
La Situation cognitive
Méridiens-Klincksieck, dicembre 1990
pp.152, Fr 95
Il «fatto di sapere» come avvenimento
globale e inglobante: un soggetto conoscente, un oggetto conosciuto e l’attività
Schmid, Wilhelm
Die Geburt der Philosophie im Garten
der Luste. Michel Foucaults Archäologie
des platonischen Eros
Frankfurt, dicembre 1990
pp.220, DM 19,80
Nel Simposio platonico per la prima volta
la forza del piacere appare tramutata in
ricerca della verità. Wilhelm Schmid rintraccia questo avvenimento, sulla scia di
Foucault e in questi fondamenti ricerca con
cura la nascita della filosofia nel giardino
dei piaceri.
Schmidt, Herrmann J.
Nietzsche absconditus oder
Spurenlesen bei Nietzsches Kindheit.
An der Quelle: In der Pastorenfamilie,
Naumburg 1854-1858
oder Wie ein Kind erschreckt entdeckt,
wer es geworden ist, seine «christliche
Erziehung» unterminiert und in
heimlicher poetophilosophischer
Autotherapie erstes
«eigenes Land» gewinnt
Berlin, dicembre 1990
2 volumi, pp.567+553, DM 68
(fino al 30.4.91, poi DM 84)
Un’opera che riassume 100 anni di cecità
nelle interpretazioni di Nietzsche da ogni
angolazione possibile.
Schopenauer, Arthur
Il fondamento della morale
trad. it. di Ervino Pocar
Laterza, Bari febbraio 1991
pp.310
Seidler, Victor J.
The Moral Limits of Modernity.
Love and Inequality
MacMillan Press, febbraio 1991
pp.304, UK £ 40
Questo libro, per certi versi una sfida alle
forme dominanti della teoria morale, riflette la consapevolezza dell’autore del senso
di inadeguatezza della tradizione morale
razionalistica per valutare le realtà morali
cui ci troviamo di fronte dopo Auschwitz e
Hiroshima.
Seiffert, H. - Radnitzky, G. (a cura di)
Handlexikon zur Wissenschaftstheorie
München, dicembre 1990
pp.512, DM 98
Severino, Emanuele
La filosofia antica.
I grandi temi del pensiero greco
dai presocratici a Plotino
Rizzoli, Milano dicembre 1990
pp.224, L. 10.000
Un manuale che mira a illuminare la struttura di fondo del pensiero filosofico, in
modo che il lettore possa avanzare poi da
solo nella lettura e nello studio dei grandi
autori della filosofia greca.
Shklar, Judith
Montesquieu
Il Mulino, Bologna dicembre 1990
pp.138, L. 14.000
Una lettura del percorso umano e intellettuale di Charles de Secondat, barone della
Brède e di Montesquieu, storico, moralista
pensatore e filosofo a cui dobbiamo l’elaborazione di alcuni tra i concetti-cardine
del pensiero politico e della sociologia
moderna.
Sichirollo, Livio
NOVITA' IN LIBRERIA
Obiter dicta
Profili, schede, interventi
Quattroventi, Urbino gennaio 1991
pp.288, L. 32.000
Raccolta di scritti brevi, articoli, fogli più
o meno volanti, effimeri. Diario di letture
che si è tradotto in schede, un colloquio con
personaggi e maestri.
Siegmann, Georg
Benjaminiana. Eine biographische
Recherche zu Walter Benjamin
im Auftrag des Werkbund-Archiv
Gießen, dicembre 1990
pp.144, DM 45
Simmel, Georg
Vom Wesen der Moderne.
Essays zur Philosophie und Ästhetik
Hamburg, dicembre 1990
pp.220, DM 32
Solomon, Robert C. Higgins, Kathleen M. (a cura di)
Reading Nietzsche
Oxford University Press, gennaio 1991
pp.228, UK £ 9,95
Raccolta di saggi sull’opera del filosofo
tedesco Friedrich Wilhelm Nietzsche. Ogni
saggio verte su una singola opera, con il
contributo di molti insigni allievi di Nietzsche, tra cui Ivan Soll, Alexander Nehemas, Frithjof Bergmann e Arthur Danto.
Sorman, Guy
I veri pensatori del nostro tempo
trad. it. di A. Silva
Longanesi, Milano dicembre 1990
pp.261, L. 32.000
Interviste ad alcuni protagonisti del pensiero moderno che con le loro teorie e
interpretazioni hanno tracciato le linee direttrici del nostro secolo.
Spallanzani, Maria Franca
Immagini di Descartes
nell’Encyclopédie
Il Mulino, Bologna dicembre 1990
pp.240, L. 28.000
I volumi della “Encyclopédie” di Diderot e
d’Alambert sono letti inseguendo le tracce
del pensiero di Descartes e cercando le
diverse immagini che i vari collaboratori
restituiscono di lui nelle voci di filosofia e
di scienza.
Speck, J. (a cura di)
Philosophie des Altertums
und des Mittelalters. Sokrates,
Platon, Aristoteles, Augustinus,
Thomas von Aquin, Nikolaus von Kues
4 edizione riveduta
Göttingen, dicembre 1990
pp.257, DM 23,80
Spinoza, Benedetto
Trattato politico
a cura di Lelia Pezzillo
Laterza, Bari gennaio 1991
pp.180
L’opera nella quale Spinoza formula nel
modo più preciso e maturo il suo punto di
vista sulla politica.
Steigleder, Kl. - Mieth, D. (a cura di)
Ethik in den Wissenschaften.
Ariadnefaden
im techinischen Labyrinth?
IV Blaubeurer Symposium.
8.-12. Okt. 1989
Tübingen, dicembre 1990
pp.300, DM 68
Steiner, Rudolf
Considerazioni esoteriche
su nessi karmici
trad. it. di G. Quattrocchi
Quattroventi, Urbino gennaio 1991
pp.246, L. 20.000
Le conferenze tenute a Praga, Parigi e
Breslavia dal marzo al giugno 1924. L’an-
troposofia come base conoscitiva dello
spirito nel mondo e nell’uomo e come
impulso dell’anima per la vita morale e
religiosa.
Stenlund, Sören
Language and Philosophical Problems
Routledge, gennaio 1991
pp.208, UK £ 35
Partendo dalle idee di Wittgenstein, questa
ricerca sulla questione della mente, del
significato e della matematica basata sui
preconcetti del linguaggio esamina problematice in diverse regioni della filosofia
e si propone di dimostrare che hanno radici
comuni nel cattivo uso di concetti tecnici e
di metodi formali.
Stirling, James H.
The Secret of Hegel Being the Hegelian System
in Origin, Principle, Form and Matter
2 volumi, ristampa dell’ed. 1898
Bristol, dicembre 1990
pp.434, UK £ 68
Non si sottolineerà mai abbastanza l’importanza storica del libro di Stirling, che
per la prima volta introdusse la filosofia
tedesca in Inghilterra.
Stove, David
The Plato Cult
and Other Philosophical Follies
Basil Blackwell, febbraio 1991
pp.196, UK £ 25
Libro sulla filosofia che sottopone diverse
teorie a un’analisi critica e si chiede come
si rapportino alla nostra idea di realtà basata sul senso comune. Tra i nomi celebrati
che l’autore cerca di ridimensionare troviamo Platone, Hegel, Kant, Foucault, Popper, Nozick, Feyerabend e Goodman.
Theunissen, Michael
Verzweiflung und Versöhnung.
Kierkegaard negativistiche Methode
Frankfurt, dicembre 1990
pp.96, DM 24
Theunissen indaga i rapporti di dipendenza reciproca, importanti secondo le più
recenti teorie psicologiche, tra ego e disperazione, così come sono stati pensati da
Kierkegaard nel suo profondo trattato La
malattia mortale
Thiel, Detlef
Über die Genese philosophischer Texte.
Studien zu Jacques Derrida
Freiburg, dicembre 1990
pp.424, DM 98
Thiel, Manfred
Versuch einer ontologie
der Persönlichkeit. vol.II: Die
Philosophie der Unmittelbarkeit.
Teil I: Fundamentalanthropologische
Deskriptionen und Bestimmungen.
Teil II: Das Problem der Individualität
und die Genealogie der Sexualität
Heidelberg, dicembre 1990
Parte I: pp.884, DM 320
Parte II: pp.246, DM 98
Thiel, Manfred
Versuch einer Ontologie
der Persönlichkeit.
Vol.II. Teil III: Geschichtliche
Möglichkeiten und die Komplementärfunktion des Persönlichkeitsideals.
Teil IV: Anhang: Wesen und Schicksal
der Homophilie (Homophilie und
Vorurteil)
Heidelberg, dicembre 1990
Parte III: pp.724, DM 260 - Parte IV
pp.324, DM 110
L’opera, sostenuta economicamente dal
DFG, delinea in maniera dettagliata i contorni dell’ontologia, presentando una perduta filosofia della sessualità sul versante
teologico.
Thies, Erich
Ludwig Feuerbach zwischen Universität
und Rathaus oder die Heidelberg
Philosophen und die 48er Revolution
Heidelberg, dicembre 1990
pp.96, DM 19,80
Zum Weltbild der Physik
13 edizione, con una nuova prefazione:
"Rückblick nach 46 Jahren"
Stuttgart, dicembre 1990
pp.378, DM 38
Thomsen, Dirko
«Techne» als Metapher und als Begriff
der sittlichen Einsicht.
Zum Verhältnis von Vernunft und Natur
bei Platon und bei Aristotele
Freiburg, dicembre 1990
pp.330, DM 79
Wendnagel, Johannes
Ethische Neubesinnung als Ausweg
aus der Weltkrise?
Ein Gespräch mit Hans Jonas
Würzburg, dicembre 1990
pp.90, DM 24
Topitsch, Ernst
Heil und Zeit.
Ein Kapitel zur Weltanschauungsanalyse
Tübingen, dicembre 1990
pp.150, DM 78 (ed.ec. DM 48)
La vita è essenzialmente temporanea, come
pure la coscienza, il pensiero e l’agire,
quindi «l’eterno presente» non può che
essere la dissoluzione completa. L’uomo
cerca perciò rifugio nella contraddizione
interna di una «vita esanime», di una «coscienza inconsapevole», eccetera. Le speculazioni in materia hanno sempre dovuto
lottare con queste difficoltà, fin da Upanishade e Platone.
Totok, Wilhelm
Handbuch der Geschichte
der Philosophie.
Band VI: Bibliographie 20. Jahrhundert
Frankfurt, dicembre 1990
pp.854, DM 294 (ed.ec. 270)
In questo volume rigorosamente bibliografico si possono trovare sia i più importanti scritti dei filosofi trattati, sia l’ampia
letteratura esistente nelle lingue occidentali su di essi dal 1920 al 1986.
Troncon, Renato
Studi di Antropologia filosofica
Guerini, Milano febbraio 1991
pp.260, L, 35.000
La filosofia del viaggio, la filosofia della
danza, l’antropologia filosofica nel Novecento, la fisiognomica sono le linee prospettiche che l’autore di questo volume ha
riunito nell’orizzonte di una filosofia dell’inquietudine.
Tweyman, Stanley (a cura di)
David Hume’s
Dialogues Concerning Natural
Religion in Focus
Routledge, febbraio 1991
pp.288, UK £ 40 (ed.ec. UK £ 12,99)
Una nuova edizione dei Dialoghi di Hume,
ricavata dai manoscritti originali conservati nella National Library di Edinburgo,
sforzandosi di rimanere il più possibili
fedeli al testo di Hume, alle note in margine
e alle correzioni. In appendice dibattiti,
analisi e quattro scritti di Hume sul male.
Vaitkus, Steven
How is Society Possible?
Intersubjectivity and the Fiduciary
Attitude as Problems of the Social Group
in Mead, Gurwitsch, and Schutz
Dordrecht, dicembre 1990
pp.208, Dfl 140
Valdinoci, Serge
Introduction dans l’europanalyse:
Krisis II, transformer la phénoménologie
de Husserl pour fonder la philosophie
Aubier, dicembre 1990
pp.206, Fr 98
Un’analisi della Krisis di Husserl e uno
sviluppo delle sue teorie
Weber, Elisabeth
Verfolgung und Trauma.
Zu Emmanuel Lévinas’ Autrement
qu’être ou au-delà de l’essence
Wien, dicembre 1990
pp.256, DM 52,80 - ÖS 370
Weizsäcker, C. Fr. von
Whiten, Andrew
Natural Theories of Mind. Evolution,
Development and Simulation
Basil Blackwell, gennaio 1991
pp.320, UK £ 32,50
Un lavoro interdisciplinare sull’emergere
di teorie della mente, che spazia dal dibattito sui fondamenti concettuali e metodologici all’esplorazione di modelli comuni
nella macchina, nell’animale e nell’uomo.
Wimmer, Reiner
Kants kritische Religionsphilosophie
Berlin, dicembre 1990
pp.286, DM 120
L’interpretazione critica della filosofia della
religione di Kant dal suo versante trascendentale nelle sue ripercussioni sulle tre
Critiche, sulla Religione all’interno della
pura ragione e sulle Opere postume.
Wittgenstein, Ludwig
Grammatica filosofica
a cura di Mario Trinchero
La Nuova Italia, Firenze 1990
pp. 474, L. 55.000
Pubblicata per la prima volta nel 1969,
quest’opera è tratta da un dattiloscritto cui
Wittgenstein lavorò negli anni 1930-32
sottoponendolo in parte, fra il 1933 e il
1934, a due revisioni. Sviluppando temi
che si ritroveranno nelle Ricerche filosofiche, Wittgenstein affronta qui il problema
dell’accordo fra linguaggio e mondo, spostandolo in un ambito esclusivamente grammaticale. Quest’ultimo è visto come arbitrario e puramente convenzionale: le inferenze linguistiche sono ricondotte alle implicazioni logiche, al di fuori di qualsiasi
suggestione realistica.
Wolin, Richard
The Politics of Being.
The Political Thought of Martin
Heidegger
Irvington, NY, dicembre 1990
pp.280, $ 43
Wolin ricostruisci i delicati rapporti che
corrono fra filosofia e politica nella prima
produzione di Heidegger e il peso che ebbe
il suo fallimento politico nel rilancio della
sua filosofia negli anni ’30 e ’40.
Zarnecka-Bialy, E. (a cura di)
Logic Counts
Dordrecht, dicembre 1990
pp.244, Dfl 150
Un libro indicato per tutti coloro che fanno
ricerca filosofica e che sono interessati a
scoprire in che modo la logica possa essere
utile loro.
Zucal, Silvano
Romano Guardini e la metamorfosi del
”religioso” tra moderno e post-moderno
Un approccio ermeneutico a Hölderlin,
Dostoevskij e Nietzsche
Quattroventi, Urbino gennaio 1991
pp.506, L. 48.000
Saggi sugli scritti in cui Guardini cerca, sul
piano ermeneutico, una conferma della sua
ipotesi teoretica riguardante la metamorfosi del “religioso” tra moderno e post-moderno.
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