Gli incontri culturali di Naturium Dispensa n. 1

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INTRODUZIONE
di Francesco Pungitore
Mese Giugno 2014
Gli incontri culturali di
Naturium
Filosofia, Antroposofia, Alimentazione
Filosofia, Antroposofia, Alimentazione
Dispensa n. 1
Nel corso del 2014, la città di Soverato è stata teatro di un interessante esperimento culturale: gli incontri di “Naturium”. E' bene introdurre subito una spiegazione relativa al titolo in oggetto. “Naturium” è, prima di tutto, una catena di negozi “bio”, attiva in Calabria
con tre punti vendita a Cosenza, Montepaone e Satriano. Ma “Naturium” non è solo un'azienda legata all'agroalimentare. Intende proporsi come il motore di un nuovo pensare, di
uno stile di vita sano, attento alla ecosostenibilità ambientale, al consumo consapevole, al
benessere individuale e collettivo, alla “salute” sia in termini fisici che etici e spirituali. Insomma, una vera e propria visione del mondo che, partendo dai bisogni più quotidiani ed
elementari, poi spazia nella filosofia, nella medicina, nella scienza. Dunque, in questo contesto si collocano i tre momenti di riflessione filosofica e antroposofica promossi a Soverato, che hanno suscitato vivo interesse, oltre ad una straordinaria e costante presenza di
pubblico. L'idea è partita da una geniale intuizione dell'imprenditore Giovanni Sgrò, creatore del marchio “Naturium”, che ha avuto l'intelligenza di capire quanto sia importante e
avvertito, al giorno d'oggi, il bisogno di incontro e di confronto tra le persone su temi, apparentemente, complessi ma poi, in verità, di comunissima e quotidiana comprensione.
Personalmente, ho introdotto i tre incontri spiegando che esistono due tipi di Filosofia:
quella che si è autoghettizzata nella sua dimensione puramente accademica e che vive
barricata nelle aule universitarie e quella che non vuole perdere il suo contatto vitale con
la realtà e, per così dire, ritorna alle sue origini greche. Quella che amo e di cui parlo è la
Filosofia che non ha paura di calarsi nella quotidianità, abbandonando le questioni
astratte di matrice puramente speculativa. Non si deve temere che la Filosofia che sposa
un progetto come quello di “Naturium” degeneri, così facendo, a trivialità mondana. Anzi,
proprio così facendo c'è ancora, a mio avviso, la possibilità di tenere in vita la vera Filosofia imperitura, che ha a che fare con la saggezza e con l'esperienza, con la libertà interiore
e con il sapere terapeutico e realizzativo degli antichi Presocratici. Da “Naturium” ci si incontra quasi socraticamente, per parlare piacevolmente, discutere, ragionare insieme, fare arte addirittura, senza steccati e pregiudizi, ma con un costante invito a far diventare il
monologo interiore di ogni singolo partecipante un dialogo aperto, capace di mettere il
Francesco Pungitore e Fabio Antonio Apicella (1° incontro: La Comunicazione)
Francesco Pungitore e Fabio Antonio Apicella
il pensiero in movimento, vivificandolo. Così la Filosofia stessa ridiventa sapere terapeutico e arte della vita, esperienza e cammino per
il conseguimento della propria libertà interiore. Grandi filosofi contemporanei come Gerd B. Achenbach, padre della moderna consulenza filosofica, sarebbero ben lieti di partecipare, avendo già dimostrato con esperienze molto simili come sia ancora possibile mettersi
in gioco e rendersi utile filosoficamente alla vita, attraverso una riflessione concreta e pratica sull'esistenza reale dei singoli individui.
Se la Filosofia sale in cattedra e diventa rigorosa razionalità, allora si
priva del contatto vitale con il mondo. Recita solo erudite astrazioni
teoriche, dimenticando che, invece, in tutti noi c'è un potenziale ben
più alto, c'è un “secondo pensare”. C'è quella visione alta che, ad
esempio, Pitagora, Eraclito e Platone, ma anche Telesio, Giordano
Bruno e tanti altri, ben conoscevano e applicavano, e che deriva, potremmo dire, dal cosiddetto occhio dell'anima.
Negli incontri di “Naturium” il cuore centrale delle relazioni è sempre dedicato alla Antroposofia. Questa è la parte fondamentale di
cui si occupa, in particolare, l'amico Fabio Apicella, grande esperto e
studioso di Antroposofia. Ma “Naturium” ha avuto anche il piacere
e l'onore di ospitare a Soverato il dottor Domenico Gironda, uno dei
pionieri della medicina steineriana in Calabria. Proprio questo
aspetto degli incontri rappresenta una chiave importante di richiamo culturale, tanto da mobilitare centinaia di persone, da tutta la
Calabria. Un riscontro importante che testimonia la bontà degli
sforzi fin qui profusi dagli organizzatori.
Dott. Domenico Gironda
SINTESI DEL PRIMO INCONTRO
Quanta verità c'è nel sistema della comunicanze di massa? Una domanda di non poco
conto, che si colloca sul periglioso crinale
che collega etica giornalistica e cronaca.
Con indubbio coraggio intellettuale hanno
affrontato questo tema, posto al centro di
un partecipato aperitivo culturale che si è
svolto lunedì 14 aprile 2014 presso la sala
convegni del Miramare di Soverato, il giornalista e dottore in Filosofia, Francesco
Pungitore, e l'antroposofo, esperto di sicurezza aerea, Fabio Apicella. Un evento
sponsorizzato da “Naturium”, la catena di
negozi bio di proprietà dell'imprenditore
Giovanni Sgrò. Ha introdotto i lavori Francesco Pungitore che ha sviluppato una concisa ma estremamente chiara e puntuale
introduzione sul concetto di “verità”, toccando la deontologia professionale dei
giornalisti e il più vasto orizzonte della filosofia antica e moderna. “La verità come
Wahrheit – ha detto Pungitore, riferendosi
alla lingua tedesca – ha una radice slava
che la riporta al concetto di fede. La verità
come aletheia, alla greca, ci mostra un
qualcosa che deve essere sottratto al nascondimento, all'oscurità. Ma questa verità
di cui parliamo, esiste come tale? O è solo
una interpretazione soggettiva, frutto della
elaborazione personale del singolo che la
riceve? E quanto peso ha il filtro operato,
nello stadio di precomprensione, da parte
di chi media quell'informazione di verità
all'origine, per poi riportarla in termini di
notizia sul terreno dei mass-media moderni?”. E' seguita la lunga e articolata relazione di Fabio Apicella che, in quanto esperto
di sicurezza aerea e, egli stesso, pilota di
aerei di linea, ha mostrato quanti e quali
dubbi vengano diffusi da anni, ad esempio,
sul famoso attentato dell'11 settembre negli Usa. “Quante verità si confrontano su
quel tragico ed epocale momento di svolta
della nostra storia recente?” si è chiesto,
citando relazioni autorevoli che confutano
alcuni aspetti delle versioni ufficiali, accettate acriticamente dall'opinione pubblica, sul crollo delle Torri Gemelle. Uno spunto per mettere in piedi un ricco dibattito
sulla “comunicazione” in quanto possibile
strumento di manipolazione di massa, con
tanto di tecniche consolidate di cosiddetta
“ingegneria sociale”. “L'uomo è ancora in
grado di pensare autonomamente?” ha domandato Apicella, suscitando un interessante confronto con il qualificato e numeroso pubblico presente che ha reso ancora
più vivo e coinvolgente il tema della serata.
L'appuntamento, visto il successo dell'esordio, si ripeterà ancora a cadenza periodica.
SINTESI DEL SECONDO INCONTRO
Filosofia, Antroposofia, Alimentazione.
Questi temi di riferimento hanno occupato il fuoco centrale del secondo aperitivo culturale di “Naturium”, promosso e
organizzato da Giovanni Sgrò al Miramare di Soverato il 27 aprile 2014. Di fronte
a un pubblico attento e straordinariamente numeroso, hanno relazionato
Francesco Pungitore, giornalista professionista e dottore in Filosofia, e l'antroposofo Fabio Apicella. Il primo ha introdotto l'iniziativa partendo da una proverbiale frase di Feuerbach: “L'uomo è ciò
che mangia”, tradotto dal gioco di parole
tedesco “Der Mensch ist was er isst”. Ma
in che senso è da intendersi questa affermazione? Pungitore, autore del recente
saggio “De Anima, meditazioni contro il
materialismo”, ha risposto a questa domanda riportando il discorso dal materialismo dialettico e antropologico di
Feuerbach al terreno più spirituale della
filosofia presocratica. Un collegamento
sfociato nella riscoperta degli Orfici e dei
Pitagorici, le cui tracce più importanti ci
riportano proprio nella nostra Calabria di
2.500 anni fa. “Sia per la corrente religiosa orfica che per le comunità pitagoriche
– ha spiegato Francesco Pungitore – era
fondamentale la scelta vegetariana. Una
preferenza alimentare motivata con la
necessità di integrare, anche con il cibo
giusto, un complesso percorso di purificazione dell'anima (fatto di rituali, meditazioni, digiuni, preghiere, studi filosofici,
pratiche misteriche) destinato a liberare
la scintilla divina che alberga in ogni uomo”. Non sono mancati gli accenni a Empedocle e Platone, all'epistemologia antica e a quella moderna. La serata è continuata con l'approfondito e molto apprezzato intervento di Fabio Apicella che
ha tenuto una vera e propria lezione, intensa e coinvolgente, durata ben tre ore,
sul “Cibo della vita”. L'antroposofo soveratese ha, innanzitutto, aperto la visione
dei presenti sulla scienza dello Spirito
secondo Rudolf Steiner per poi arrivare,
in un secondo momento, alla definizione
particolareggiata dei concetti di “salute”
e “malattia” e ad una analisi più dettagliata del nostro metabolismo come processo alchemico, con tanto di schemi argomentati dei vari “corpi”: fisico, eterico,
astrale, ecc. Una lunga, avvincente e interessante premessa che è servita per
chiarire meglio le conclusioni dell'incontro, dedicate alla migliore opzione alimentare da ricercare, sia individualmente che in famiglia, per vivere in armonia
con se stessi, con gli altri e, soprattutto,
con la propria parte animico-spirituale
più elevata e luminosa, quella che sovrintende il cammino e il senso della nostra esistenza.
SINTESI DEL TERZO INCONTRO
La Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner.
Su questo interessante tema si sono confrontati, domenica 25 maggio 2014,
presso la sala convegni del Miramare, il
dottor Domenico Gironda, l'antroposofo
Fabio Apicella e il filosofo Francesco Pungitore, relatori del terzo aperitivo culturale di “Naturium”. L'afflusso del pubblico ha superato le più rosee aspettative,
tant'è che gli organizzatori hanno dovuto
ampliare in corso d'opera i posti a sedere. La platea ha, poi, partecipato attivamente all'incontro, promosso da Giovanni Sgrò, con domande e contributi che
hanno notevolmente arricchito il dibattito. Parallelamente, in uno spazio attiguo,
Maria e Massimiliano, due artisti ispirati
dalle parole dei tre oratori, si sono cimentati in una estemporanea pittorica
sfociata nella composizione di opere dedicate agli argomenti oggetto dei diversi
interventi. Una sperimentazione particolarmente apprezzata. Ha introdotto i lavori Francesco Pungitore, studioso e autore di numerosi saggi su olismo, filosofia delle religioni e nuovi movimenti New
Age. Pungitore si è soffermato sulla distinzione tra la moderna filosofia
“accademica”, logico-razionale, astratta
e rinchiusa nelle torri d'avorio dei propri
circoli elitari, e la filosofia delle origini,
più orientata alla vita e a valorizzare la
dimensione noetica, spirituale, dell'uomo, ovvero la sua capacità di “visione”
attraverso l'occhio dell'anima. E' seguita
l'approfondita e illuminante relazione di
Fabio Apicella, antroposofo soveratese
che ha espresso in sintesi, ma con estrema chiarezza e senza mai banalizzare, i
concetti chiave della Scienza dello Spirito
di Steiner. Apicella, nel presentare il potenziale trasformativo e di liberazione
dell'Antroposofia, ha, così, degnamente
aperto la strada all'intervento del dottor
Domenico Gironda, medico e pioniere
dell'Antroposofia in Calabria, da tempo
trasferitosi in Veneto, che ha coinvolto i
presenti in una piacevole discussione sui
concetti di salute e guarigione, argomentando la sua relazione con continui riferimenti ai cibi che quotidianamente finiscono sulle nostre tavole. L'analisi di Gironda, focalizzata sullo sviluppo delle
malattie degenerative e acute, è sfociata
in un collegamento diretto con l'alimentazione, anche attraverso schemi e grafici che hanno evidenziato il ruolo di particolari elementi negli squilibri dell'essere
umano. La descrizione del complesso
rapporto tra corpo eterico e corpo astrale ha occupato il cuore del discorso, sviluppato, peraltro, in termini divulgativi e
comunicativi di facile comprensione,
senza mai sconfinare nelle astrazioni dialettiche. Gli applausi convinti che hanno
accompagnato il felice esito della serata
hanno motivato gli organizzatori a continuare con altri eventi simili anche nel
periodo estivo.
L'ANTROPOSOFIA
Relazione di Fabio Antonio Apicella
“L'antroposofia è una via della conoscenza
che vorrebbe condurre lo spirituale che è
nell'uomo allo spirituale che è nell'universo.
Sorge nell’uomo come un bisogno del cuore
e del sentimento. Deve trovare la sua giustificazione nel fatto che essa è in grado di
offrire a questo bisogno un soddisfacimento. Può riconoscere l’antroposofia solo chi
trova in essa quel che deve cercare per una
sua esigenza interiore. Possono perciò essere antroposofi soltanto quegli uomini che
sentono certi problemi sull’essere dell’uomo
e del mondo come una necessità vitale, come si sente fame e sete”. Troviamo qui, in
apparenza, una definizione dell’antroposofia. Perché dico “in apparenza”? Perché parlare di una “definizione” dell’antroposofia è
improprio, dal momento che il “vivente” – e
tale è l’essere dell’antroposofia - si presta a
essere “caratterizzato” (dai più svariati punti
di vista), ma non “de-finito”. Ciò che conta,
piuttosto, è che l’antroposofia viene detta
una “via”, e non quindi una “teoria”, una
“dottrina” o un “sistema”. E che cos’è una
“via”? E’ presto detto: un metodo. Tra la
scienza della natura (galileiana) e la scienza
dello spirito c’è infatti continuità di spirito,
ma discontinuità di metodo (poiché sono
diverse le realtà che indagano); e come si è
posto un problema di metodo (sintetico o
analitico, deduttivo o induttivo) quando è
nata la scienza naturale (basti pensare al
Discorso sul metodo di Cartesio), così si è
posto un problema di metodo quando è nata la scienza dello spirito. Che cos’è, ad
esempio, L’iniziazione di Steiner
(sottotitolato: Come si conseguono cono
scenze dei mondi superiori?) (1) se non un
“discorso sul metodo”? E che cos’è tale metodo se non un pragma (2): vale a dire, un
procedimento che supera l’ordinaria dicotomia tra il pensare e il fare, inverandosi, per
così dire, in una teoria pratica o in una pratica teorica? (In una felice sintesi, cioè, di cultura e vita che risolve il contrasto tra una
cultura senza vita e una vita senza cultura o,
per dirla con Schiller, tra la cultura
“barbara” e la vita “selvaggia”) (3). In questo
senso, lo studio può essere considerato già
un esercizio; a patto, ovviamente, che si
tratti davvero di “studio”, e non di una semplice lettura, come quella che si fa quando si
è mossi dalla curiosità o da un tiepido interesse, e non da una insopprimibile esigenza
dell’anima. “Possono perciò essere antroposofi – dice appunto Steiner - soltanto quegli
uomini che sentono certi problemi sull’essere dell’uomo e del mondo come una necessità vitale, come si sente fame e sete”. In
ogni caso, per poter “condurre lo spirituale
che è nell'uomo allo spirituale che è nell'universo”, occorre anzitutto domandarsi se c’è
uno spirituale nell'uomo. Stando, ad esempio, al dettato dell’ottavo Concilio ecumenico, tenuto a Costantinopoli nell’869 d.C.,
uno spirituale nell’uomo non c’è. In quella
sede, si stabilì infatti che l'uomo è composto
solo di anima e corpo, e ch’è l'anima a disporre di alcune facoltà spirituali. Sostenere
che l'uomo (in quanto fatto a immagine e
somiglianza del Dio Uno e Trino) è costituito
di spirito, anima e corpo (come si legge, ad
esempio, in Origene o in Paolo) fu considerato da allora in poi un’eresia.
Noi invece sappiamo che uno spirituale
nell'uomo c’è: occorre solo scoprirlo; per
far questo, non basta però la testa, servono anche l’anima e il cuore. E’ vero
che “la via del cuore passa per la testa”:
ma per l’appunto vi passa, e non vi si arresta. Un conto, infatti, è restare chiusi
(arimanicamente) nella testa, altro è
portarsi (con Michele) al di là della testa;
così come una cosa è portarsi al di là della testa, altra restarne (lucifericamente)
al di qua. Sappiamo anche che per
“condurre lo spirituale che è nell’uomo
allo spirituale che è nell'universo” basta
semplicemente andare a dormire. Ma
che cosa si deve fare se ve lo si vuole
condurre coscientemente? Che cosa si
deve fare, cioè, per portare la coscienza
e lo spirito umani incontro alla coscienza
e allo spirito cosmici? Si deve in primo
luogo conoscere e sperimentare il pensiero come una realtà viva: ossia come
una forza ordinariamente sconosciuta.
Per Freud, ad esempio, la forza (la libido)
non è quella spirituale del pensiero, bensì la forza biochimica della
“psicosessualità”, mentre, per Jung, è la
forza affettiva o emotiva della “psiche”.
Entrambi si figurano dunque la libido come una forza o un’energia altra da quella
del pensiero con cui la pensano. Ma perché mai, quella della libido, dovrebbe
essere solo la forza della volontà istintiva
o del sentimento, e non anche del pensiero? Fatto sta – come dice Scaligero che “l'uomo conosce e in qualche modo
domina il mondo, mediante il pensiero.
La contraddizione è che egli non conosce
né domina il pensiero. Il pensiero permane un mistero a se stesso” (4). Lo
“spirituale che è nell'uomo” va portato
dunque alla coscienza. “Sorge nell'uomo
– dice Steiner - come un bisogno del cuore e del sentimento”. Ricordate che cosa
si raccomanda in Matteo? Si raccomanda
di “non dare le perle ai porci”: di non dare, ossia, all’anima senziente quel ch’è
destinato all’anima cosciente. Non perché – sia chiaro – si debbano disprezzare
coloro che non sentono, spiritualmente,
“fame e sete”, ma perché, non essendo
arrivato il loro momento, non sarebbero
in grado di apprezzare le “perle”. “Dare
le perle ai porci” significa pertanto non
rispettare né le perle né i porci; significa
non saper attendere il momento giusto
(il kairos), perché si soggiace alla tentazione (narcisistica) di mostrare agli altri
quanto si è bravi, belli e buoni (se non
addirittura “illuminati”), dimenticando,
così, che siamo tutti dei principianti: vale
a dire, degli “inizianti”, e non degli
“iniziati”. Se volete un esempio di che
cosa voglia dire “sentire certi problemi
sull’essere dell’uomo e del mondo come
una necessità vitale, come si sente fame
e sete”, leggete allora Le confessioni di
Tolstoj. Ve ne do solo un assaggio: “Se
non oggi, domani verranno le malattie, la
morte per le persone amate, per me, e
non rimarrà nulla se non la putredine e i
vermi. Le cose che ho fatto, quali che siano state verranno dimenticate; prima o
poi neanche io ci sarò più.
E allora perché mai darsi da fare? Come
può un uomo non vedere ciò e vivere;
ecco quel che è sorprendente. Si può vivere soltanto fino a che si è ubriachi di
vita; ma appena passata l’ubriacatura
non si può non vedere che tutto questo
è soltanto un inganno e uno stupido inganno!” (5). Morale della favola: cercare
di portare tutti all’antroposofia è cosa
ben diversa dal cercare di portare l’antroposofia a tutti, correndo così il rischio
d’infirmarne il nerbo o lo spirito
(pensate che Steiner non solo dichiara
che “la scienza dello spirito va comunicata all’umanità odierna con la massima
serietà e con scientifica precisione” (6),
ma parla anche - non ricordo dove - della
necessità di “un virile ingresso nel severo
mondo dello spirito”). Come potrebbe
d’altro canto “riconoscere l'antroposofia“ chi non la ricercasse “per una sua
esigenza interiore”, chi non fosse cioè in
grado, non avendo sentito “un bisogno
del cuore e del sentimento”, di sperimentare che essa può “offrire a questo
bisogno un soddisfacimento”? “A me
non importa veramente molto – dichiara
Steiner – che i miei libri principali vadano
per il mondo in migliaia di esemplari; mi
interessa invece assai di più che essi siano capiti, che sia afferrato il loro vero
intimo impulso” (7). Conta dunque la
qualità, e non la quantità. (“La radice di
ogni vera cultura – dice Nietzsche – sta
nell’anelito degli uomini a rigenerarsi come santi e come geni”) (8). L'antroposofia è perciò per tutti, ma non tutti sono
(pronti) per l'antroposofia. Sapete, a
questo preciso proposito, che cosa disse
Eduard von Hartmann, durante un collo-
quio con Steiner, riguardo alla gnoseologia? Ve lo leggo: “Su questi argomenti
non si dovrebbero mai pubblicare libri,
ma solo ciclostilati in pochi esemplari,
forse una sessantina, perché in Germania, su sessanta milioni di abitanti, non
sono di più le persone che hanno interesse per queste cose” (9). Bando dunque a ogni promozione o divulgazione
che faccia, volente o nolente, il gioco
della pigrizia. So che non è semplice.
(“Capita sempre – osserva Steiner – che i
seguaci di una concezione del mondo
guastino grandemente quel che i fondatori di essa hanno esposto in modo perfettamente giusto”) (10).
Potreste pensare, ad esempio, che io sia
qui per facilitare le cose. Ma non è così:
non sono qui per facilitarle né per complicarle, ma per cercare di testimoniare,
per quel poco che posso, che l’antroposofia – come afferma Steiner – è un'"alta
scuola di pensiero” (“Spero che si comprenda – afferma inoltre – quanto sia
benefico che in seno alla Società antroposofica emergano delle attività intese
alla elaborazione gnoseologica più rigorosa”) (11). Non è la pigrizia, d’altronde,
a far preferire a molti tutte quelle vie,
sedicenti “spirituali”, che promettono
sensazioni ed emozioni, ma non chiedono (in quanto – direbbe Hegel –
“misologiche”) di “rompersi la testa”?
Fatto sta, invece, che la testa, se vogliamo trovare lo spirito vivente, ce la dobbiamo proprio “rompere”. Nel giorno di
Pasqua, non rompiamo forse l’uovo, per
scoprire il regalo che contiene? E non
rompiamo il salvadanaio, per prendere
le monete che racchiude? In ogni modo,
giacché so che quello della divulgazione
è un argomento assai “delicato”, vorrei
leggervi questo altro passo di Steiner:
“Quanto spesso viene sempre di nuovo
posta la domanda: perché i libri sono
scritti in modo tanto incomprensibile?
Non sarebbe possibile scriverli in un modo più piano? Qualcuno suggerisce anche che cosa occorrerebbe fare per scriverli in un modo molto più semplice. E’
necessario difendersi dal raggiungere
troppa semplicità, perché essa eleva solo
l’egoismo. Se fosse così facile arrivare
alla scienza dello spirito, chiunque potrebbe arrivarvi senza superare il proprio
egoismo. Nel lavoro spirituale che occorre svolgere quando ci si impegna, si elimina già una parte del proprio egoismo,
si perviene così in modo meno egoistico
a quel che si intende raggiungere con la
scienza dello spirito, quando ci si debba
applicare un po’ rispetto a un’esposizione troppo piana. Abbiamo incontrato
qualcuno che diceva: molti lavorano
tutto il giorno, e quando alla sera si apprestano a leggere libri difficili non ne
vengono a capo. Occorrerebbero libri
leggibili con facilità. Abbiamo risposto:
perché si dovrebbe impedir loro di impiegare il poco tempo di cui dispongono
per leggere quei libri che sono stati
scritti appunto con piena intenzione secondo le esigenze del mondo spirituale?
Perché devono usare il tempo per leggere libri che sono sì più semplici ma che
banalizzano le cose anche se magari a
parole danno lo stesso contenuto? Così
non si porrebbero le anime nella medesima condizione, ma piuttosto si trascinerebbe nella vita banale proprio ciò che
dovrebbe allontanare dalla banalità, anche riguardo al modo in cui si vive in
un’altra sfera” (12). Come vedete, è possibile banalizzare le cose anche dando
“lo stesso contenuto”, ma con un diverso spirito. Quand’è dunque che l'uomo
sente “come un bisogno del cuore e del
sentimento”? Quando, pur essendosi saziato - grazie alla conoscenza ordinaria del mondo sensibile, continua a sentire
fame e sete: fame e sete di “significato”
o di “senso” (“Chi beve di quest’acqua
tornerà ad avere sete; chi invece berrà
l’acqua che gli darò io, non avrà più sete
in eterno” – Gv 4,13).
Molti avvertono oscuramente tale bisogno (tant’è ch’è da questo, stando a Viktor Frankl, che discenderebbero le nevrosi “noogene” o esistenziali) (13), ma
pochi lo portano poi a coscienza e lottano per soddisfarlo, liberandosi dei pregiudizi del “conscio collettivo”: ossia di
quelli della cultura materialistica o spiritualistica, ispirata dagli “spiriti del tempo” irregolari. Ho letto, ad esempio, che
un’inchiesta promossa dalla Chiesa
avrebbe accertato che il 35% degli italiani crede nella reincarnazione. Ma quanti
di questi sarebbero disposti a trasformare la loro “credenza” in una “certezza”
scientifico-spirituale, senza badare a
quanto ne pensa la Chiesa o l’attuale
“comunità scientifica” (quella rappresentata – per intenderci – dalla Montalcini,
dalla Hack, da Dulbecco, da Veronesi, da
Boncinelli, ecc.)? Sapete, in realtà, chi
siamo noi? Siamo i superstiti dei Gulag o
dei Lager della “cultura” contemporanea: ovvero, di tutto quello che la scuola,
la stampa, la radio, la televisione, il cinema o internet ci propinano quotidianamente. Ascoltate quanto scriveva al riguardo Nietzsche, già nel 1876: “Non si
ha più nessuna idea della distanza intercorrente fra la serietà della filosofia e la
serietà di un giornale. Questa gente ha
perduto anche l’ultimo resto non solo di
un sentire filosofico, ma anche di un sentire religioso, e ha barattato tutto ciò
non con l’ottimismo, ma con il giornalismo, con lo spirito e la mancanza di spirito del giorno e dei giornali” (14). Eccoci
dunque qui, da superstiti (e
“miracolati”), a studiare l’antroposofia,
nella speranza di poter dare finalmente
risposta alle domande che nascono dal
più profondo del cuore. Che cos’è infatti
l'antroposofia? (Permettetemi di dire per
questa volta “che cos’è”, e non, come
sarebbe giusto, “Chi è”). L’antroposofia è
una “via della conoscenza” che vorrebbe
portare alla coscienza, al fine di formarci
e non d’informarci, ciò che vive e opera
nell'inconscio. “L’essere umano vero e
reale – afferma appunto Steiner - si
preannunzia nel sentimento oscuro, nella vita inconscia dell’anima e, per mezzo
della ricerca antroposofica, dev’essere
tratto a galla nella coscienza”. Dal momento che tale “essere umano vero e
reale” è oggi in grave pericolo (tanto che
la cosiddetta “questione sociale” si è ormai trasformata in una “questione antropologica”), permettetemi di leggervi,
per concludere, queste forti parole, sempre di Nietzsche: “Chi dedicherà, in tali
pericoli della nostra epoca, i suoi servigi
di custode e di cavaliere all’umanità? (...)
Chi terrà alta l’immagine dell’uomo,
mentre tutti non sentono in sé se non il
verme egoistico e una paura cagna, e sono tanto decaduti da quell’immagine da
ridursi all’animalità o addirittura alla rigida meccanicità?” (15).
ANTROPOSOFIA, LE BASI
Relazione di Fabio Antonio Apicella
I SETTE CORPI COSTITUENTI L'UOMO:
7. UOMO SPIRITO, IL PADRE IN NOI, ATMAN, nus, spiritus
6. SPIRITO VITALE, BUDDHI
5. SE’ SPIRITUALE, IO SUPERIORE, MANAS, phasma, manes
4. ORGANIZZAZIONE DELL’IO, dianoia,
mens
3. CORPO ASTRALE, psyche, anima
(anima senziente, razionale, cosciente)
2. CORPO ETERICO, ochema, umbra
1. CORPO FISICO, corpus
Secondo le conoscenze spirituali dei Rosacroce e poi riprese da Rudolf Steiner,
l'uomo è costituito da un corpo fisico,
tenuto in vita vegetale da un corpo eterico, tenuto in vita animale da un corpo
astrale, compenetrato dall'anima e a sua
volta costituita da tre parti: senziente,
razionale e cosciente. Al di sopra dell'anima tripartitica risiede l'Io, la coscienza
del sé. L'uomo è la sintesi della Natura. Il
Principio originante i suoi regni s'incarna
parzialmente nell'uomo come Io. Nel suo
corpo fisico è il regno minerale. All'interno, il suo corpo eterico è l'insieme delle
forze formatrici del regno vegetale. Ancora più sottile, il suo corpo astrale, collegato agli astri, dona una relazione sen-
soria e sensuale con la vita fisica, come
nel regno animale. Si può nominare corpo astrale inferiore la natura animale
nell'uomo, istintuale, passionale, emotiva, formato da corpo astrale e anima
senziente legati alla corporeità. Il corpo
astrale superiore è invece l'unione spirituale di anima razionale e anima cosciente che si legano all'Io. L'Io è il Principio della coscienza individuale, che diversifica il regno umano dagli altri. Se il
corpo fisico vive nello spazio, l'eterico
nel tempo, l'astrale nella luce fuori da
spazio e tempo, l'Io è Essenza di Luce. Lo
Spirito si manifesta nell'uomo attraverso
l'attività del pensare dell'Io, nel minerale
come fissità del fisico, nel vegetale come
forma dell'eterico, nell'animale come
passionalità dell'anima. Il corpo astrale
superiore è permeato dalla luce dell'Io
attraverso il pensare. Ma l'uomo più che
un semplice regno della natura è una Gerarchia spirituale, la Decima! In virtù del
suo Io egli può per impulso volitivo controllare istinti, brame e passioni, cosa
che l'animale non può fare.
Al presente stadio evolutivo, la Luce
dell'Io riluce soltanto nel pensiero. Il corpo astrale è di natura duplice: animale e
spirituale. Nell'uomo comune, le due nature sono mescolate, facendo sì che il
corpo astrale inferiore prevalga sull'eterico-fisico, generando le brame, cioè la
legge di sopravvivenza, che si palesa come egoismo, separazione, odio e negli
impulsi duali di simpatia-antipatia, attrazione-repulsione, piacere-dolore. Queste
fanno sì che l'anima viva nel caos e condizionano l'Io mediante pensare, sentire
e volere. Ecco che la determinazione
dell'Io viene a degradarsi in determinazione dell'ego. L'Io deve giungere a dominare le sue parti inferiori e realizzare
l'identità dell'uomo col suo Io Superiore,
il Vero Sé. Deve cioè operare una netta
distinzione tra la parte spirituale e quella
animale del corpo astrale. L'anima senziente è il primo stadio di formazione
animica, mondo delle emozioni, sensazioni, desideri e passioni. Su di essa le
forze luciferiche agiscono rivolgendosi
primariamente all'emotività dell'uomo,
in modo da inibire il pensare intuitivo e
forzare ogni attività di pensiero all'interno del sistema nervoso. Ma l'emotività è
anche la porta d'accesso all'inconscio
dell'uomo, alle sue parti oscure, al suo
Doppio che vi risiede. Attraverso l'emotività si inducono comportamenti automatici, incoscienti. Si producono film, ormai
tutti centrati su paura e bramosia, soprattutto erotica. Il loro valore è pari alla
tensione che riescono ad ingenerare. La
paura della morte, che alla fine l'eroe
“buono” giunge a scongiurare, diviene
inconsciamente paura del dissenso, della
reazione. I media diffondono notizie terrificanti, agli orari in cui le famiglie si riuniscono per il pasto: aerei contro le torri
gemelle, genitori che uccidono i figli, figli
che uccidono genitori: gli impulsi morali
dell'individuo sono messi a repentaglio
già da bambini, esposti allo scempio privi
di filtri. Tali aberrazioni lavorano nell'inconscio e ivi divengono lentamente sempre più plausibili, possibili, covando dormienti fino a riemergere nei cosiddetti
inspiegabili momenti di follia, poi rimossi
dall'assassino. La pubblicità induce falsi
bisogni e al consumo di beni inutili, progettati per durare poco, annullando gli
ideali, schiacciando i desideri ad essere
di esclusiva natura materiale. Addirittura
anche la persona amata diviene un bene
materiale, reperito solo per compiacersi
e con una data di scadenza. L'erotismo,
deviato e corrotto, è ormai soltanto autoerotismo, un possesso dell'altro in accordo ai propri bisogni. In modo subliminale si infonde il senso di colpa nell'individuo, che si convince di essere colpevole dei suoi problemi e si rassegna, sentendosi impotente: anche così la sua
azione è inibita. Gli scandali della politica, del clero, lo portano infine a perdere
qualsiasi ideale o credo e ancora una volta a rassegnarsi che le cose non si possano cambiare. L'anima razionale è il secondo arto animico, mondo della logica
materialistica, cinica, istintiva. Il metodo
è rivolgersi all'individuo come ad un
bambino, nel modo di parlare, nell'incedere della voce, dall'alto verso il basso.
. L'uomo si comporta in base a come viene trattato: una voce calma e serena calmerà l'altro e lo porterà a parlare in accordo a quelle vibrazioni pacifiche. Un
atteggiamento gentile e paternalistico da
parte di chi è accreditato dal mondo
scientifico-culturale susciterà qualsiasi
consenso, cioè l'automatica sottomissione dell'ascoltatore. D'altro canto, il cittadino medio viene sempre più diseducato
dalla cultura vera e rieducato al fascino
della volgarità, al simpatico gusto dell'orrido, così che il distacco da chi possiede
e controlla la cultura dall'alto divenga
sempre più netto e incolmabile. Così basta presentare qualsiasi azione politica,
militare, finanziaria, come “dolorosa ma
necessaria”, far sì che personaggi di cultura adducano le motivazioni più convincenti che anche un paradosso come “la
guerra a fin di pace, guerra umanitaria”
venga accettato: poi si rasserena il popolo bue, introducendo invece quelle soluzioni oscene con gradualità. Lo si confonde, lo si distrae con migliaia di informazioni inutili, con le quali sia impossibile
discernere e formarsi un'idea verosimile.
Le bugie dette attraverso le verità, la verità detta attraverso le bugie. Lo sviluppo
dell'anima cosciente è il passaggio successivo dell'evoluzione che oggi l'uomo
deve compiere: l'Io deve operare la sintesi dell'anima con la coscienza. E' un'opera complessa ma realizzabile, per cui
l'uomo ha oggi tutti gli strumenti a disposizione. Non è tanto importante con
quante qualità e talenti egli si sia incar-
nato ma quanta strada nel perfezionamento di sé attraverso il lavoro spirituale
egli sia riuscito a realizzare al termine
della sua vita. Attraverso l'esercizio (dal
latino “exerceo”, non lascio riposare),
dovrà raggiungere l'atarassia, la calma
interiore dell'anima, che permetta all'Io
di ristabilire la Gerarchia Solare di spirito
-anima-corpo. Lo farà sviluppando qualità artistiche, utilizzando tecniche di concentrazione, meditazione, respirazione,
preghiera e soprattutto l'Ascolto Vivente
della Musica. L'arte è lo strumento di
sintesi per eccellenza: quando intuisce,
l'uomo suona il proprio cervello, che torna così ad essere così lo strumento musicale dell'Io Superiore. Quando utilizza
l'Akroasis, concentrando le sue facoltà di
pensiero intuitivo sul Suono, l'uomo si
lascia suonare dall'interno universo. Ne
diviene parte attiva, creatrice! Mezzo di
trasporto d'eccellenza verso la coscienza
sovrasensibile è quindi il Suono, il Logos
originario che può essere cercato e trovato nella musica. Il suono così come lo
percepiamo è invero solo l'involucro senza vita dell'entità spirituale del Suono, in
grado di "toccare" le profondità dell'uomo, nutrirlo nell'anima, guarirlo nel corpo ed elevarlo nello spirito. Se l'uomo
impara a liberarlo, il Suono poi libera
l'uomo, portandolo fuori dalla tomba del
corpo, dalla gabbia dell'anima. Tale Libertà è la Vera Redenzione dell'umanità,
che ogni uomo dovrà realizzare nel proprio Io.
LA DIGESTIONE DELLE PROTEINE,
VEGETALI E ANIMALI
Relazione di Fabio Antonio Apicella
La scienza ragiona per percentuali in merito al cibo, ma non sa dove agiscono i
componenti.
Ritiene che un uovo contenga proteine,
che poi divengono aminoacidi, che l’uomo andrà ad utilizzare come mattoni per
le sue fibre muscolari. Ma non è così.
Quando viene introdotta dall’esterno, la
sostanza proteica è estranea per l’organismo umano, contenendo le azioni postume dei processi eterici dell’essere vivente a cui appartenevano. Perciò l’uomo deve sconfiggere e allontanare queste forze, per poter inserire le proteine
nell’attività eterica del suo organismo.
Prima fase della digestione proteica
La proteina viene scomposta dalla pepsina del succo gastrico sino ai peptoni, in
ambiente acido (processo astrale). Fin
qui è una sostanza organica estranea.
Seconda fase della digestione proteica
I peptoni incontrano la tripsina del succo
pancreatico, in ambiente alcalino. Qui
inizia una fase intermedia, in cui è l’Organizzazione dell’Io a subentrare, eliminando le forze astrali ed eteriche, rendendo la sostanza proteica inorganica,
morta, pronta per essere accolta nell’organismo nuovo e riempita della sua vita
eterica. Attraverso l’azione distruttiva
della tripsina, l’Io dell’uomo deve privare
di forze eteriche, di vita, la materia,
affinché possa essere accolta nel proprio
organismo e rivitalizzata, riempita della
sua vita eterica affinché divenga parte e
nutrimento del suo corpo eterico.
“Se il seme non muore non può germogliare”.
La proteina viene quindi fluidificata nei
processi di calore dell’Io e poi scomposta
in elementi inorganici: Carbonio, azoto,
zolfo, ossigeno e idrogeno.L’Io deve portare negli organi le sostanze e le forze
inanimate: solo grazie all’impregnazione
di elementi inorganici nei suoi organi,
l’uomo può avere la Coscienza. In questi
processi organici e inorganici consiste la
Coscienza. Le stesse sostanze e forze organiche abbasserebbero la coscienza a
livello animale.
“L’ORGANISMO UMANO NON E’ UN INSIEME DI SOSTANZE MA UN INSIEME DI
ATTIVITA'”.
La sostanza serve solo a portare nell’organismo lo stimolo a tali attività, dopodiché non ha più alcun significato per esso.
Una volta che questa sostanza inorganica si è formata, essa diviene un peso
nell’organismo e deve essere eliminata
immediatamente o espulsa attraverso
processi intermedi. Tali processi di eliminazione sono a carico del corpo astrale
che faticherà a gestirli, se indebolito a
causa di stati emotivi quali rabbia o depressione, portando a gotta e reumatismi.
Terza fase della digestione proteica
L’uomo utilizza soltanto il carbonio per
produrre nuova proteina (stesso dicasi
per i grassi), mentre azoto, zolfo, ossigeno e idrogeno li prende dall’aria! Qui è il
corpo eterico che entra in gioco, rivitalizzando e portando dentro di se le forze
vitali della sostanza essenzialmente rinata. Qui la sostanza proteica diviene umana, di nuovo organica ma indifferenziata,
soggetta alle forze del corpo astrale, da
cui possono essere plasmati tutti i singoli
organi del corpo fisico. Operando sulla
sostanza proteica astrale, organica e indifferenziata (animale), l’Io fa sorgere i
singoli organi.
RIASSUMENDO
L’Io quindi deve essere sufficientemente
forte da devitalizzare le proteine e i grassi e trasferirle nell’ambito eterico le forze vitali dell’alimento. Se l’Organizzazione dell’Io non è sufficientemente forte
nel pancreas da eliminare completamente le forze eteriche e astrali del nutrimento, porta con sé le forze eteriche
dell’essere originario. Allora queste non
possono essere assorbite nel corpo eterico e rimangono nella regione dell’attività
astrale, cioè dell’eliminazione. Si ha allora un’iperattività irregolare del corpo
eterico, che deve essere eliminata per
vie anormali. L’albuminuria è infatti l’eliminazione di sostanza proteica non devitalizzata da un Io troppo debole. Se l’Io
ha il compito di devitalizzare la sostanza
proteica, il corpo astrale è preposto alle
funzioni di ESCREZIONE. Nell’albumineria, il corpo astrale deve usare le sue forze in luoghi in cui non è preposto, quindi
la sua attività viene repressa in quelle
zone in cui è normalmente rivolta, i reni
e la pelle! I due processi, di DEVITALIZZAZIONE e di ELIMINAZIONE, sono complementari e in delicato equilibrio tra
loro: il corpo astrale prepara il terreno
all’Io, rendendo gli organi inclini ad accogliere forze e sostanze inorganiche. Laddove vi è molto acido urico da espellere
(parte inferiore del corpo), il corpo astrale deve essere molto attivo mentre l’Io
deve esserlo poco, per non arricchire gli
organi di troppa sostanza inorganica, che
andrebbe altrimenti dispersa e impoverirebbe il corpo fisico. La giusta distribuzione dell’acido urico in un organo è un
elemento chiave per determinare in esso
l’equilibrio tra l’organizzazione dell’Io e il
corpo astrale.
Grandissima manifestazione con un
pubblico molto entusiasta.
NON CONTA CIO’ CHE SI MANGIA, MA
ANCHE E SOPRATTUTTO CIO’ CHE SI
ESPELLE! L’ORGANISMO UMANO NON
E’ UN INSIEME DI SOSTANZE MA UN INSIEME DI ATTIVITA’! La sostanza serve a
portare nell’organismo lo STIMOLO a tali
attività, perduta la quale non ha più alcun significato per esso. Se proteine e
grassi vengono prodotte dal corpo attraverso il carbonio, l’uomo non può formare i sali, né i carboidrati per formare glucosio. Il metabolismo SVILUPPA DELLE
FORZE ETERICHE (FORMATRICI)
NELL’UOMO: SONO QUESTE LE FORZE
CHE GENERANO UN ORGANISMO SANO
E FORTE!
Facendo uno sforzo fisico esterno perdo
energia, ma con uno sforzo metabolico
interno invece acquisto forza, energia.
Se lo sforzo fisico indebolisce il corpo fisico, lo sforzo eterico rinforza il corpo
eterico! I cereali integrali sono gli alimenti che garantiscono il maggior sviluppo di forze interiori. Cotti sono più facili
da digerire e apportano calore al corpo.
IL CORPO UMANO HA LE FORZE ASTRALI PER TRASFORMARE LE SOSTANZE VEGETALI IN MATERIA CARNEA. INOLTRE,
COL CIBO VEGETALE, IL CORPO HA UN
AUMENTO APPARENTE DI FORZE ETERICHE, DOVUTO AD UN RISPARMIO NOTEVOLE DI ENERGIA PER NON DOVER
ELIMINARE LE SCORIE DELLA DIGESTIONE CARNEA, URATI E ACIDO URICO. SE
INVECE L’UOMO NON UTILIZZA QUELLE
SUE FORZE ASTRALI PER CREARE MATERIA CARNEA DAI VEGETALI MA LE CREA
INVECE SOLO DALLA CARNE, TALI FORZE
SI ACCUMULANO IN LUI SOTTO FORMA
DI AGGRESSIVITA’, ODIO, RABBIA. QUESTO INCIDE SUI SUOI ORGANI E SUL
SUO SCHELETRO POICHE’ SI RIEMPIE DI
ACIDO URICO E URATI.
INOLTRE NELLA CARNE proveniente da
allevamenti, vi sono adrenalina, dopamina e sentimenti di paura del dolore e
della morte, cioè un MESSAGGIO CHE
INCIDE SUL “DNA ROTTAME”.
SULLA VISIONE DEL MONDO OLISTICA
Relazione di Francesco Pungitore
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Filosofia, scienza e religioni, in
tutte le epoche, hanno tentato di dare
delle risposte definitive a queste tre domande, considerate i massimi quesiti esistenziali dell'umanità. Razze e popoli si
sono divisi e combattuti, basandosi su un
diverso modo di concepire questi tre
enigmi che procedono di pari passo con
lo sviluppo delle civiltà. Nulla di diverso
rispetto a quanto accade anche oggi, del
resto. C'è, però, una proposta culturale,
sociale, antropologica, filosofica e finanche medica che sembra riemergere in
questi anni: si chiama genericamente
olismo. Con questo termine si indica, in
effetti, un vasto e variegato movimento
di pensiero che si confronta con le tre
domande esistenziali dell'uomo in termini, a dir poco, originali. Olos in greco significa l’intero, il tutto. L'olismo è, dunque, un modo unitario e organico di concepire la realtà. Il termine viene generalmente associato a una prospettiva generale di carattere intuizionistico. E secondo questa prospettiva, tutto e tutti viviamo immersi nel pieno significato e nel
mistero dell'esistenza. Tutto e tutti siamo interconnessi e interdipendenti, sia a
livello macrocosmico che microcosmico.
Tutte le differenze e tutti i contrasti sono
relativi, all'interno di una unità che tutto
comprende. Lo stesso essere umano de-
ve essere studiato e capito come un
complesso inscindibile di corpo, emozioni, pensieri, personalità, ambiente sociale e anima. Questa interdipendenza costituisce una trama indivisibile in cui ogni
cosa è interconnessa. In tal senso è sicuramente olistica, ad esempio, anche la
moderna medicina omeopatica. Secondo
l'omeopatia l'organismo è qualcosa di
molto più complesso e profondo della
semplice somma delle sue parti. Ma l'interdipendenza – aggiunge l'olismo - è
sperimentabile anche tra l'uomo e la natura, tra l'universo e tutte le forme di vita e di materia che provengono dall'unica fonte della creazione cosmica. Tutto e
tutti siamo il prodotto dello stesso evento della creazione e, poiché emergiamo
dalla medesima sorgente, tutto e tutti
siamo uniti e interconnessi. Nell'olismo,
una delle idee fondamentali è il riconoscimento della interdipendenza di tutte
le forme di vita, del semplice fatto che
ogni fenomeno può influire su qualsiasi
altra cosa; ogni frammento fa sempre
parte di un qualche intero. . .
L'approccio olistico ritiene altresì che
ogni forma di vita (compresi noi umani)
sia in evoluzione e miri a realizzare il
proprio massimo potenziale. Di conseguenza c'è una regola: non ostacolare la
crescita di alcunché. In tal senso, il mondo non è che un insieme di componenti
inseparabili, interagenti e in moto continuo e l'uomo è parte integrante di questo insieme. In sintesi, secondo la visione
olistica l'universo nella sua interezza è
visto come una rete dinamica di eventi
interconnessi. Una considerazione filosofica che riprende e reinterpreta le scoperte scientifiche della moderna meccanica quantistica, i cui progressi conoscitivi rispetto alla visione classica, newtoniana, deterministica e meccanicistica del
mondo sono ormai indiscutibili ed evidenti da oltre un secolo. Come spiega il
fisico italiano Fabrizio Coppola la quantistica considera, a livello subatomico,
ogni entità che esiste nell'universo come
una vibrazione dello spazio-tempo. Insomma, ciò che concepiamo come materia solida non lo è affatto. “In ultima analisi – scrive Coppola – ogni manifestazione, in natura, è una vibrazione del vuoto
quantistico, cioè una vibrazione quantizzata nella struttura dello spazio-tempo”.
Dunque, il “vuoto” in quanto tale non
esiste. O, per meglio dire, lo spazio vuoto è comunque “pieno”. E' pieno di energia quantizzata che vibra. Nel XX secolo,
la scienza moderna può aver scoperto
cosa contiene lo spazio: un campo energetico che si differenzia da qualsiasi altra
forma di energia. “Lo spazio che ci circonda – spiega lo scrittore americano
Gregg Braden – è tutto fuorché vuoto”. E
ancora: “E' chiaro che esiste un campo o
una presenza che forma la grande rete
che unisce tutto ciò che esiste nel creato”. Ma chi siamo, allora? La risposta olistica è: siamo tutti parte del tessuto che
forma la trama intelligente e consapevole della creazione. In base a questo punto di vista, la nostra esistenza acquisisce,
evidentemente, un nuovo significato che
va inevitabilmente a ripercuotersi sugli
altri due quesiti: da dove veniamo e dove andiamo. Sta emergendo una nuova
scienza olistica che riconosce che tutto
ciò che chiamiamo realtà è interrelato e
parte di un Mondo Integrale coerente.
Via via che questo riscoperto olismo guadagna terreno, le descrizioni di dualità
del passato cedono il passo alle percezioni di polarità e relatività complementari. Più di duemila anni fa il Buddha descrisse il Cosmo come una rete di fili d'oro che collegavano tra loro una miriade
di gioielli sfaccettati, ciascuno dei quali
rifletteva la luce multicolore di tutti gli
altri. La sua splendida e simbolica visione
è quella che oggi viene riscoperta dall'avanguardia della scienza e ai limiti estremi dello studio della coscienza. Dunque,
l'olismo non è poi così “nuovo” e, anzi, si
comprende bene come esso abbia ispirazioni molto profonde e lontane nel
tempo.
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