5. Endoscopia Innovativa 5.1 Introduzione In questo capitolo vengono riportate alcune delle innumerevoli soluzioni proposte dalla letteratura scientifica e dai brevetti registrati in tutto il mondo. Data la vastità del tema, questa trattazione risulterà non esaustiva per i lettori più esperti. Dal punto di vista metodologico si è cercato di orientare la ricerca bibliografica a 360 gradi senza escludere nessuna possibilità. L’analisi dei risultati acquisiti ha reso evidente che gli strumenti endoscopici innovativi si possono suddividere in tre classi arbitrarie: strumenti innovativi ispirati ed evoluzione di quelli tradizionali, pillole endoscopiche e progetti futuribili. Per ogni classe, saranno riportati alcuni esempi nei prossimi paragrafi. Per quanto riguarda l’ultima classe, non è possibile realizzare una sintesi completa dato che tra i brevetti sono stati trovati strumenti diversissimi tra loro. Capitolo 5 • Endoscopia innovativa 5.2 Endoscopi evoluzione di quelli tradizionali 5.2.1 Videoendoscopi di ultima generazione Nonostante nel capitolo precedente si sia già evidenziato che i videoendoscopi sono strumenti presenti nella maggior parte dei moderni reparti di endoscopia digestiva, la loro continua e rapidissima evoluzione porta ad avere nuovi modelli con elevati contenuti innovativi. Innanzi tutto analizziamo nel dettaglio la sezione trasversale della parte flessibile dello strumento. Essa è costituita da un tubo a spirale ricoperto da una guaina in plastica (vedi Fig. 5.1), nel quale sono strettamente contenuti: il fascio di fibre per la visione (L) (nei videoendoscopi questo è sostituito da un semplice cavo che collega la CCD all’unità di elaborazione esterna dell’immagine), il fascio di fibre per l’illuminazione (L), i tiranti in acciaio per l’orientamento(B) , il tubo per l’insufflazione dell’aria (K), il tubo per l’immissione dell’acqua di lavaggio (K), il canale bioptico e/o di aspirazione (I). Queste parti sono realizzate per essere una struttura flessibile, resistente alla deformazione. La copertura è realizzata da un tubo in acciaio a spirale coperto da una finissima rete in acciaio e protetta da una guaina esterna in plastica. Fig. 5.1 5.2 Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi Per quanto riguarda la parte terminale del elemento flessibile troviamo i seguenti elementi: le lenti dell’ottica visuale, le lenti dei fasci porta illuminazione, il foro d’uscita del canale bioptico/aspirazione, l’ugello per il lavaggio dell’ottica visuale ed insufflazione, il tutto assemblato all’interno dell’estremità distale protetta da una flessibilissima calza in acciaio. Fig. 5.2 Come mostrato nella figura precedente sono due le possibili disposizioni della CCD. Quest’ultima ha la funzione di trasformare l’immagine trasmessa dall’ottica all’oculare in segnali elettrici, che possono essere mostrati su un monitor televisivo. La sua qualità viene definita da 3 parametri: sensibilità luminosa, che nei modelli di ultimissima generazione può arrivare a 3 lux; definizione, espressa dal numero di pixel che compongono l’immagine (da 250.000 ad oltre 500.000 per le telecamere ad 1 CCD, ad oltre 1.300.000 per quelle a 3 CCD); risoluzione, numero di linee orizzontali per pollice. La risoluzione di un videoendoscopio tradizionale è di almeno 400 linee orizzontali per pollice. I modelli più recenti possiedono 3 CCD ed hanno quindi una maggiore risoluzione dell’immagine (orizzontale 5.3 Capitolo 5 • Endoscopia innovativa maggiore di 750 linee) dal momento che ognuno dei 3 CCD raccoglie solo una delle tre componenti luminose. Alcuni strumenti recentissimi hanno anche un dispositivo zoom parfocale (Strorz Tricam SL Endovision) che consente un primo piano del campo operatorio senza fare avanzare l’ottica ed elimina la fastidiosa necessità di continui aggiustamenti della messa a fuoco, legata a variazioni della distanza focale, consentendo di eseguire qualsiasi zoom conservando la stessa nitidezza dell’immagine. Inoltre molte telecamere sono provviste di sofisticati software di bilanciamento del bianco e della regolazione dell’esposizione che consentono una perfetta visione anche in condizioni di illuminazione limite. Anche la fonte luminosa è stata notevolmente migliorata. Essa è collegata direttamente alla sonda dell’endoscopio per mezzo di un cavo flessibile. Per avere un’ottima illuminazione la fonte deve avere particolari caratteristiche intrinseche legate non solo al tipo di lampadina impiegata, ma soprattutto al modo in cui il flusso luminoso prodotto viene raccolto e convogliato nel collettore che raccoglie i capi del fascio a fibre ottiche. La lampada deve emettere una luce particolarmente bianca (potenza massima di illuminazione superiore ai 500.000 lumen/m2 ) con temperatura di colore che va dai 3.500°K ai 6.000°K. Ne esistono di due tipi: allo xenon con potenze intorno ai 300 Watt e alogene con potenze di 100-150 Watt. Per ragioni di sicurezza gli illuminatori di ultima generazione prevedono l’impiego di due lampadine, di cui una da usare in caso di malfunzionamento della principale. I video endoscopi sono dotati di un sistema digitale di elaborazione delle immagini in grado di migliorare nettamente il contrasto e la nitidezza delle immagini. Ciò permette una visualizzazione ottimale di strutture particolareggiate: il chirurgo riconosce più facilmente gli organi, particolarmente i loro limiti e contorni e le strutture vascolari. Le aree di interesse appaiono più nitide poiché è più facile distinguerle dagli organi circostanti. Ciò aiuta anche nel migliorare la percezione di profondità. Il contrasto può essere aumentato o diminuito gradualmente. Il miglioramento del contrasto è ottenuto grazie ad una modifica mirata di tutti i valori della scala cromatica di un’immagine. A tale scopo, tutta l’immagine viene digitalizzata e quindi rielaborata con 5.4 Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi un procedimento digitale. L’aumentata riconoscibilità dei particolari non solo migliora le possibilità diagnostiche, ma facilita anche il controllo durante fasi complicate della chirurgia endoscopica, ad esempio durante una sutura. Inoltre la migliore qualità dell’immagine a video diminuisce l’affaticamento del chirurgo. Negli interventi in cui diversi procedimenti vengono eseguiti in parallelo con l’impiego di due sistemi video (colecistectomia e coledocoscopia, immagine laparoscopica ed endoscopica, immagine laparoscopica ed esterna) questo sistema permette la visualizzazione simultanea di due immagini video diverse e complementari su un monitor unico. In questo modo è possibile coordinare meglio le informazioni, ottenere un controllo intraoperatorio notevolmente migliorato concentrando l’attenzione su un solo monitor. 5.2.2 Apparati innovativi tradizionali ispirati agli strumenti In questo gruppo è possibile identificare una caratteristica unificante: riprogettazione dell’estremità della parte flessibile dell’endoscopio per ottenere uno strumento capace di superare con maggiore facilità le stenosi e le curve. La maggior parte di queste proposte è tesa a rendere la parte terminale dell’endoscopio attiva. Intendo per attiva, attuata localmente, in grado quindi in qualche modo di consentire al chirurgo di superare un ostacolo esercitando forza direttamente dall’interno. La difficoltà maggiore che incontrano i progettisti di questi dispositivi è la realizzazione di sistemi in grado di aderire in modo efficace ma reversibile al tubo digerente. Di seguito vengono riportati due esempi di questo tipo di realizzazioni. 5.5 Capitolo 5 • Endoscopia innovativa 5.2.3 MUSYC: MUltifunctional mini-robot SYstem for endosCopy Si tratta di un prototipo di endoscopio realizzato dal MiTech Lab della Scuola Superiore S. Anna di Pisa. L’obiettivo è quello realizzare un dispositivo capace di avanzare con minori problemi rispetto agli endoscopi tradizionali. Per ottenere questo scopo i ricercatori del Sant’Anna, hanno progettato una estremità in grado di elongarsi tramite una propulsione pneumatica. I due terminali di questa appendice sono dotati di sistemi per il bloccaggio al tubo digerente. Sono stati implementati per questo fine varie soluzioni: sistemi di aspirazione locale in modo da far aderire la parte interna dell’intestino all’endoscopio; sistemi combinati di aspirazione e afferraggio; estremità gonfiabili in modo da aderire per interferenza con la sezione di passaggio. Nessuna di queste soluzioni ha dato per ora risultati soddisfacenti per quanto riguarda la stabilità dell’adesione. Fig. 5.3 Fig. 5.4 In figura 5.3 è mostrato il dettaglio del sistema di afferraggio con aspirazione e bloccaggio del lembo aspirato. In figura 5.4 è illustrato il 5.6 Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi complesso del dispositivo con le estremità nella versione di pura aspirazione. Il prototipo qui riportato ha una lunghezza minima di 85 mm ed una lunghezza massima di 145 mm, quindi una corsa utile per ciascun passo di 60 mm. La massa di questa appendice è di 30 grammi. 5.2.4 EndoCrawler 3.1 La Scuola di Meccanica della Nanyang Technological University di Singapore, da molti anni, porta avanti una serie di progetti per lo studio dell’endoscopia innovativa. Tra questi, il robot EndoCrawler 3.1 è quello indirizzato alla endoscopia digestiva. L’obiettivo primario è stato quello di realizzare un’unità endoscopica che avesse minori difficoltà nell’attraversare il tubo digerente rispetto agli strumenti tradizionali. Fig. 5.5 5.7 Capitolo 5 • Endoscopia innovativa Per raggiungere lo scopo i progettisti della Nanyang University hanno cercato una soluzione intermedia tra quella tradizionale, in cui l’avanzamento è dato semplicemente dalla forza applicata dal chirurgo, e quella esposta nel paragrafo precedente, dove tutta la spinta propulsiva è autogenerata dall’estremità attiva dell’endoscopio. Da questo deriva che l’EndoCrawler, mostrato in figura 5.5, è del tutto simile ad un apparato tradizionale all’infuori della vistosa appendice terminale. Quest’ultima è proprio una parte su cui focalizzare l’attenzione. Come mostrato in figura 5.6, è stato progettato un sistema di aiuto alla locomozione attuato con micro dita in gomma. Queste piccole protuberanze vengono gonfiate e sgonfiate ritmicamente a file alterne in modo da realizzare un’onda propulsiva. Il prototipo realizzato ha dato buoni risultati nelle prove di laboratorio effettuate in vivo su maiali. Si è rilevato una ottima capacità di superare le curve intestinali con l’aiuto di una modesta spinta propulsiva proveniente dell’esterno. Sono allo studio nuovi prototipi per arrivare ad un dispositivo con le seguenti caratteristiche: diametro Fig. 5.6 esterno dell’appendice propulsiva inferiore o uguale ai 20 mm (oggi 33 mm); progettazione di una estremità dell’appendice attuata in grado di orientarsi autonomamente per consentire al chirurgo il raggiungimento di qualsiasi area di interesse; realizzazione di un apparato in grado di avanzare autonomamente senza aiuti dall’esterno. 5.8 Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, non è pensabile un sistema autonomo, dato che la propulsione ha una alimentazione pneumatica. 5.3 Pillole endoscopiche Questa classe di dispositivi sembra essere la più promettente per il futuro ravvicinato tanto che esistono due prodotti commerciali che si stanno diffondendo nella pratica diagnostica. Le caratteristiche peculiari delle pillole endoscopiche sono le seguenti: si tratta di piccoli dispositivi a forma di pillola, da ingerire per via orale; una volta raggiunto il tubo digerente sono in grado di trasmettere all’esterno immagini. Questi dispositivi sono rivoluzionari sia nella metodica che nell’impatto sul paziente. Mentre l’endoscopia è da considerarsi alla stregua di un intervento chirurgico vero e proprio, la metodica diagnostica connessa all’uso di una pillola endoscopica non comporta nessuna delle problematiche e delle cautele tipiche della chirurgia. 5.3.1 Given Imaging MA2 La Given Imaging è una azienda israeliana che da molti anni si occupa di tecniche diagnostiche non invasive. Nell’ottobre 2001 ha iniziato la commercializzazione della pillola endoscopica MA2. Si tratta di un dispositivo capace di inviare all’esterno del corpo del paziente due immagini al secondo. L’esame può essere condotto mentre il paziente compie la normale attività giornaliera. L’avanzamento nel tubo digerente è garantito dalla peristalsi naturale. Questo consente di scorrere l’intero tratto intestinale senza però potersi fermare né per prelevare campioni(la pillola non ha al suo interno alcun sistema preposto a questa funzione e neppure lo spazio necessario per contenerlo) né per approfondire particolari poco visibili. All’interno della capsula sono contenuti l’apparato ottico, l’unità di elaborazione e 5.9 Capitolo 5 • Endoscopia innovativa trasmissione dei dati e le batterie. Per quanto riguarda l’unità ottica, essa è così composta: la calotta ottica (1) contiene al suo interno la lente di messa a fuoco (2) che è contornata da quattro led ultra bianchi (3) che servono ad illuminare l’area da esaminare. Sotto la lente è posto un sensore CMOS (4) da 90.000 pixel. Nella zona centrale del dispositivo sono collocate le batterie. Infine nell’estremità opposta a quella ottica sono contenute l’antenna (7) e l’unità di elaborazione dell’immagini e di trasmissione (6). Le batterie utilizzate consentono alla pillola endoscopica una autonomia compresa tra sei ed otto ore. L’esame diagnostico viene condotto con la seguente metodica: il paziente dopo aver inghiottito la pillola viene dotato di un’unità esterna, che viene fissata tramite una cintura intorno alla Fig. 5.7 vita, in grado di ricevere le immagini inviate dalla capsula e di registrarle su un hard disk contenuto al suo interno. Fig. 5.8 5.10 Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi Dopo alcune ore di normale attività, il paziente ritorna dal medico che semplicemente collega il dispositivo di registrazione ad un computer per poter visualizzare i dati. A questo punto resta solo lo studio dei dati da parte del medico per arrivare alla diagnosi. Alcune immagini sono mostrate in figura 5.8. La capsula dopo l’uso viene espulsa con le feci e non viene recuperata. Le immagini inviate sono utilizzabili solo per quanto riguarda l’intestino tenue, poiché l’ottica a fuoco fisso restituisce immagini nitide solo per una piccola zona di messa a fuoco che viene tarata proprio sulle caratteristiche geometriche del tenue. Il costo di una singola capsula si aggira intorno ai 400 euro. 5.3.2 Norika 3 La capsula endoscopica Norika 3 è probabilmente il dispositivo per endoscopia intestinale più sofisticato tra quelli oggi in commercio. E’ prodotto da una azienda giapponese, RF System Lab., che dal 1993 si occupa di microtelecamere, sensori e trasmissione di dati e potenza senza fili. Fig. 5.9 Come mostrato nella figura 5.9, anche questo dispositivo ha la tipica forma a pillola. L’ingombro è significativamente inferiore rispetto alla 5.11 Capitolo 5 • Endoscopia innovativa MA2 dato che al suo interno non sono presenti batterie. La potenza elettrica viene trasmessa per induzione tramite un giubbino attivo che il paziente indossa durante l’esame. Per quanto riguarda la metodica di indagine è in tutto simile a quella riportata per il caso precedente. Questo endoscopio consente inoltre di compiere rotazioni, controllate dall’esterno, intorno al suo asse longitudinale in modo da permettere al chirurgo la visione di tutte le possibili aree di interesse. Il progetto della zona ottica è di grande interesse: i progettisti della Norika sono riusciti, in un volume ridottissimo, a inserire un’ottica che consente la messa a fuoco dall’esterno ed un sensore CCD da ben 400.000 pixel. Anche il sistema di illuminazione è innovativo. Come mostrato in figura 5.10, oltre ai Fig. 5.10 tradizionali led ultra bianchi sono stati utilizzati altri due led, uno vicino all’infrarosso ed uno ad un’altra lunghezza d’onda. Questo consente una visione dotata di maggiore contrasto che permette al chirurgo di valutare meglio la profondità. Dato il metodo di alimentazione, l’autonomia di funzionamento è illimitata ed è quindi determinata solo dal tempo di attraversamento del tubo digerente. Infine nel progetto di questa capsula sono stati lasciati liberi due vani corrispondenti al quaranta per cento del volume interno. Questo spazio potrà essere utilizzato per implementare nuove funzioni, tra cui per esempio, prelievo di campioni bioptici o somministrazione locale di farmaci oppure altri utilizzi ancora. Allo stato attuale nessuna di queste possibili funzionalità è stata messa a punto. Il costo di una singola pillola è di circa 150 euro e come la MA2 non viene recuperata dopo l’uso. 5.4 Endoscopi futuribili 5.12 Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi Moltissimi gruppi di ricerca ed inventori di tutto il mondo hanno rivolto la loro attenzione verso la realizzazione di dispositivi innovativi per endoscopia. Perciò, in questa sede, non si vuole riportare una trattazione completa sull’argomento ma solo alcuni esempi. Comunque è importante sottolineare che sono migliaia i brevetti depositati che spaziano dai prototipi di ispirazione meccanica a quelli di ispirazione biologica a quelli di pura fantasia. 5.4.1 Intelligent Microsystem Center Nel 2000 il governo coreano ha avviato un progetto di ricerca di ampio respiro della durata di dieci anni con l’obiettivo di arrivare alla realizzazione di una microcapsula endoscopica per il tratto gastrointestinale. Fig 5.11 Questo progetto è articolato in tre fasi: la prima, appena conclusa, avente come risultato la progettazione di una pillola endoscopica passiva in grado di inviare all’esterno immagini dell’intestino tenue; la 5.13 Capitolo 5 • Endoscopia innovativa seconda, che terminerà nel 2005, dovrà concludersi con la realizzazione di una capsula endoscopica in grado di inviare immagini utili anche del colon e che possa muoversi autonomamente ed aderire alle pareti intestinali; infine la terza fase, che si concluderà nel 2009, ha con obiettivo finale una microcapsula endoscopica in grado di ispezionare lo stomaco e tutto l’intestino, di avanzare e aderire autonomamente e di essere usata di per fini diagnostici che terapeutici. In figura 5.11 è riportato uno spaccato di quello che potrebbe essere il dispositivo finale. Al suo interno si spera di inserire numerosi sensori ed attuatori. Le dimensioni finali stimate sono di 20 mm di lunghezza ed 8 mm di diametro. Anche in questo progetto, per ora, si pensa di realizzare l’adesione per aspirazione tramite una micropompa. Forse questo è il punto su cui i ricercatori coreani dovranno faticare di più. 5.4.2 US 5595565 In questo paragrafo si descrive un brevetto registrato negli Stati Uniti nel 1997. E’ stato progettato da W. S. Trimmer e M. Treat ed è stato presentato con la seguente denominazione: Self-Propelled Endoscope using Pressure Driven Linear Actuators. Si tratta di un dispositivo semiautonomo in grado di avanzare nel tubo digerente. Come mostrato nella figura 5.12, l’apparato proposto è dotato di quattro attuatori pneumatici lineari comandati in sequenza da un opportuno elemento di distribuzione. Il sistema è collegato con l’esterno del paziente tramite un cavo guida con consente l’approvvigionamento di aria e di potenza elettrica e lo scambio di dati. Infatti nella parte anteriore è possibile montare sensori e una telecamera. 5.14 Tesi di Dottorato di Luigi Gerovasi Fig. 5.12 5.15