Dormi poco? Occhio alla guida. Una ricerca americana della Foundation for Traffic Safety ha analizzato più di 4500 incidenti e oltre settemila persone coinvolte, stabilendo un dato statistico rilevante: se si ha meno di cinque ore di sonno fatte, si rischia il doppio, rispetto a chi dorme almeno sette ore, di avere incidenti stradali nelle 24 ore successive. Praticamente si corre lo stesso rischio di fare incidenti che da ubriachi. Fondamentale, per evitare questo, è la prevenzione che si può fare trovandoci in questo stato di carenza di ore di sonno. Ad esempio fermandoci immediatamente in caso di bisogno, senza metterci alla prova, per evitare il peggio. Occorre tenere comunque presente il fatto che in molti casi il colpo di sonno può arrivare senza dare segni di preavviso. Alcuni segnali possono essere la difficoltà a tenere gli occhi aperti, o il non ricordare gli ultimi chilometri percorsi. Meglio una pausa quando si sente il bisogno, e comunque ogni due ore; se possibile viaggiare in compagnia e alternarsi alla guida, evitando di appesantirsi a tavola. Attenzione inoltre ai farmaci che si assumono, alcuni di essi possono portare sonnolenza e calo di attenzione. Talvolta il dormire male, come in caso di russamento o apnee notturne, può aumentare il rischio di distrazione o colpo di sonno. Un quinto degli incidenti stradali, sono direttamente collegati al cattivo dormire, che causa stanchezza e sonnolenza diurna. Perché si forma il gas intestinale e come si può evitare? La formazione di gas nell’intestino è un problema comune e del tutto normale, che non deve preoccupare chi ne è soggetto: gli esperti ritengono infatti che in media una persona produce ogni giorni una quantità di gas compresa tra 1 e 2 litri, che viene espulsa con circa 14 ripetizioni giornaliere. Il problema diventa imbarazzante e fastidioso se gli episodi di flatulenza superano le 25 volte al giorno e se queste ultime si associano a gonfiore addominale e odore sgradevole, causato dai batteri presenti nell’intestino che rilasciano piccole quantità di zolfo. Ma perché si forma questo gas? La formazione di aria nell’intestino può essere causata da numerosi fattori: Errata masticazione che provoca l’ingestione di aria; Problemi quali gastrite o sindrome dell’intestino irritabile; Intolleranze o intossicazioni alimentari; Assunzione di farmaci e/o alimenti che favoriscono la produzione di gas. Gli effetti di questi fattori scatenanti possono essere attenuati adottando determinati comportamenti, come ad esempio mangiare piano e masticare bene prima di inghiottire il cibo, evitare l’alcool e le bevande gassate, evitare di masticare gomme ed evitando cibi che possono disturbare lo stomaco o l’intestino come ad esempio legumi, latticini, lieviti, frutta secca e spezie piccanti. Novità in campo cardiologico: arriva il cerotto che ripara il cuore. E’ stato reso noto sulla rivista Science Advances, lo sviluppo di un cerotto per riparare il cuore dopo un infarto. Il cerotto si applica nella parte danneggiata in modo mini-invasivo, senza il bisogno di punti di sutura e potrebbe divenire una cura per evitare la comparsa di aritmie. Il traguardo è stato raggiunto dai ricercatori australiani della università di Sidney e britannici dell’Imperial College London. Il cerotto è stato testato con successo su animali all’Imperial College da Cesare Terracciano. Dopo un infarto la parte del cuore danneggiata perde capacità di condurre corrente; si forma una cicatrice e in quella parte il cuore non funziona più. Questo può causare insufficienza cardiaca e pericolose aritmie. Gli esperti hanno creato un cerotto con chitosano (molecola dei gusci di crostacei), una sostanza chiamata polianilina e acido fitico dalle piante. Il cerotto viene attaccato sulla parte danneggiata e ripristina la conduzione elettrica che permette al muscolo di contrarsi e pompare il sangue. Per attaccarlo non servono punti di sutura, il cerotto si appiccica facilmente e resta funzionante a lungo. Serviranno naturalmente altri esperimenti su animali prima di trasferire questa invenzione al letto del paziente. Quando si deve dire stop alla sperimentazione Negli ultimi 40 anni, l’impossibilità di poter effettuare tutti i trapianti cardiaci necessari per le persone in lista d’attesa ha portato alla realizzazione di oltre 1000 operazioni di innesto di cuori artificiali; questi impianti hanno lo scopo di sostituire momentaneamente il muscolo cardiaco nei pazienti in attesa del trapianto di un cuore biologico. Il primo intervento di questo tipo fu effettuato a Città del Capo e risale al 3 dicembre 1967: il paziente morì 18 giorni dopo l’intervento; invece, il caso più famoso di trapianto fu probabilmente quello al dottor Barnet Clark, effettuato a Seattle nel 1982: il paziente sopravvisse per ben 112 giorni con il impiantato il dispositivo chiamato Jarvik-7. A dicembre 2013 la compagnia francese Carmat, dopo 25 anni di studi e sperimentazioni, ha effettuato il primo impianto di cuore completamente artificiale su un paziente di 76 anni, con lo scopo di poter sostituire totalmente il cuore umano; tuttavia, il paziente è deceduto 75 giorni dopo l’intervento. L’1 dicembre 2016, a seguito della morte del quinto paziente che si è sottoposto al trapianto del cuore artificiale della Carmat, l’Agenzia nazionale francese della sicurezza sui farmaci ha deciso di mettere fine ai test, in attesa di capire se il decesso di questi cardiopatici è relazionato in qualche modo all’impianto della protesi. Tutti i pazienti che si sono sottoposti al trapianto soffrivano di insufficienza biventricolare terminale, diagnosi che li rendeva non candidabili al trapianto. Meningite: giovane ragazza morta a Milano, via alla profilassi precauzionale. A causa della morte per meningite di una studentessa di Chimica della Statale di Milano avvenuta al Niguarda sono state sottoposte a profilassi precauzionale 120 persone. A confermarlo è l’ATS Metropolitana, che sottolinea che non c’è un allarme in corso per la popolazione. Lo scorso luglio era deceduta un’altra ragazza, sempre per meningite, che frequentava lo stesso laboratorio universitario. Secondo gli esperti dell’ATS, però, tra i due casi non ci sarebbe alcun nesso: gli specialisti stanno comunque analizzando i campioni di meningite delle due ragazze. “Non c’è alcun allarme meningite a Milano”: a confermarlo all’ANSA è Giorgio Ciconali, responsabile dell’Igiene Pubblica della Ats Metropolitana, in seguito al caso di una ragazza di 24 anni morta ieri all’Ospedale Niguarda dopo aver contratto la patologia. La meningite, spiega Ciconali, “è purtroppo una malattia che ogni tanto si ripresenta, per fortuna con numeri relativamente bassi. E’ ovvia la preoccupazione nelle persone quando il decesso avviene in una ragazza di 24 anni, e pochi mesi dopo che un’altra ragazza, che lavorava nello stesso laboratorio dell’Università Statale di Milano, era deceduta per la stessa causa. Ma si tratta di un fatto abbastanza eccezionale, che ha stupito anche noi: al momento, comunque, non ci sono elementi per legare i due casi”. In queste ore, gli esperti dell’Ats sono alla Facoltà di Chimica della Statale, dove la ragazza lavorava, “per parlare studenti e fare loro la profilassi. Sono state raggiunte in tutto 150 persone: alcune erano già andate spontaneamente in farmacia per richiederla, o al Pronto Soccorso dell’Ospedale Niguarda; per 80 persone l’abbiamo somministrata direttamente noi”. Per circa 30 persone, inoltre, non è stato necessario fare alcuna profilassi, “perché parlando con loro – conclude Ciconali – abbiamo stabilito che non avevano avuto una frequentazione stretta o contatti prolungati con la ragazza, e quindi per loro non era necessaria alcuna cura”.