lo sport per tutti

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CAPITOLO V
LO SPORT PER TUTTI: BUONE PRATICHE DI
BENESSERE
PREMESSA
Questo capitolo affronta l’analisi dello sport come diritto di cittadinanza non solo
metaforico, emotivo, ma anche commerciale ed identitario.
Ciò conduce a considerare lo sviluppo della pratica fisico motoria come dimensione
legittima e componente strategica di un benessere inteso come orientamento ad uno
stato concreto di buona salute psico-fisica (individuale e collettiva) sulla logica dello
sport per tutti inteso come bene collettivo, espressione di cultura e cittadinanza.
Nell’ottica di sviluppare opportunità e pratiche inclusive sono proprio gli “agenti del
territorio”, gli enti di promozione sportiva, che possono offrire strumenti innovativi
alla realizzazione di un percorso di vita sana/vita buona come veicolato
dall’orientamento alla wellness.
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Lo sport volto alla ricerca del benessere è un fenomeno molto articolato e denso di
implicazioni sociali per le sue capacità di coinvolgere culture, identità, interessi e
spazi simbolici anche tra loro assai distanti, ma allo stesso tempo riconducibile alla
pratica comune che esso veicola.
Ciò conduce a considerare lo sviluppo della pratica fisico-motoria
• sia come dimensione legittima e componente strategica di un benessere inteso
come orientamento ad uno stato concreto di buona salute psico-fisica
(individuale e collettiva),
• sia come espressione di un diritto di cittadinanza attiva.
L’elemento che contraddistingue lo sport per tutti rispetto allo sport tradizionale è il
fatto che esso si ispira ad una filosofia dell’inclusione anziché sostenere la
competitività in cui conta la selezione delle attitudini psicofisiche e la loro
valorizzazione ai fini del risultato atletico. La sua rilevanza sociale ha trovato nel
tempo molteplici riconoscimenti da parte delle istituzioni comunitarie europee.
La tematica dello sport per tutti nasce come tentativo di restituire centralità
all’individuo nella pratica sportiva allo scopo di riequilibrare la sfera dell’agonismo
organizzato.
Il sociologo tedesco Klaus Heinemann (1990) ha discusso l’argomento all’interno di
una complessa e articolata teoria sull’evoluzione dei sistemi sportivi, i quali si
trovano a un certo punto ad affrontare una fase di sfida a fronte di un progressivo
orientamento di inclusione di attori che, in maniera crescete, rimangono emarginati
dai meccanismi del modello sportivo di alta prestazione.
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Il pluralismo sportivo, che a partire dagli anni ’70 si delinea e costruisce l’immagine
del nuovo sport, è frutto dell’emergere delle nuove culture della corporeità e della
transizione da un modello sportivo che al valore principale della prestazione
agonistica sostituisce gradatamente la ricerca del benessere psico-fisico del soggetto
che lo pratica.
A ciò si accompagna la progressiva estensione della domanda dello sport per tutti,
che democratizza l’attività sportiva producendo un ampliamento della domanda e
della relativa offerta, diversificando tipologia e qualità dei consumi.
L’irrompere della pratica femminile in primo luogo e, progressivamente, gli anziani, i
diversamente abili e gli immigrati che nella pratica motoria trovano una risposta
attiva e specifica ai propri bisogni.
Il diritto alla pratica sportiva entra così a pieno titolo nell’area dei nuovi diritti di
cittadinanza, intercettando e traducendo quella domanda individuale di benessere, di
riappropriazione del corpo e di ricerca di un rapporto più gratificante con l’ambiente
che già dagli anni ’80 e ’90 è indice di una profonda mutazione di costumi e stili di
vita.
Eichberg (1989) indica come rappresentative della cultura sportiva
contemporanea le seguenti immagini:
1. quella a carattere industriale/razionale, fondata sul primato del risultato tecnico
e su rigorose forme organizzative;
2. l’idea del welfare, ispirata alla cultura della buona salute e alla filosofia dello
Stato sociale (rivolta cioè a prevenzione sanitaria, diritto al benessere, pratiche
di inclusione vs selezione);
3. la rappresentazione della sperimentazione espressiva, tendente a rivalutare le
emozioni, coerentemente al sorgere di nuove domande di esperienzialità
emergenti nella post-modernità.
Le trasformazioni ed i mutamenti derivati da questi aspetti hanno prodotto forti
cambiamenti sulle istituzioni sportive da sempre strutturate sul paradigma dello
sport competitivo, comportando in molti paesi una sorta di bilanciamento fra lo sport
spettacolarizzato e la riorganizzazione delle istituzioni che hanno riconosciuto il
diritto allo sport per tutti.
Lo sport per tutti si presenta negli effetti come una struttura imponente che esprime il
suo valore differenziante manifestando il riconoscimento di una propria soggettività,
autonomia e rappresentanza. Dunque non più un sottosistema periferico ma un attore
collettivo.
Lo sport per tutti si fa dunque strumento di fondamentale importanza per realizzare
obiettivi salutistici e psico-sociali per tutti ritenuti pilastri del noto documento “Carta
di Ottava per la promozione della salute”, sottoscritta dagli Stati appartenenti
all’organizzazione mondiale della salute (OMS) alla 1° Conferenza Internazionale
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sulla Promozione della Salute riunita a Ottawa il 21 novembre 1986, e che sono
rispettivamente i seguenti:
• migliorare la salute delle fasce giovanili come premessa ad un più vantaggioso
inserimento attivo in società;
• assicurare alle persone anziane uno stato di salute che permette loro di svolgere
un ruolo sociale attivo;
• tutelare il benessere psicosociale di tutti;
• diffondere nella popolazione l’adozione di stili di vita più salubri.
Lo sport per tutti ha dunque posto l’opinione pubblica dinanzi ad un diverso modo di
concepire la qualità della vita a fronte di nuove e diversificate domande della stessa.
Sviluppa il suo carattere di risposta collettiva a infiniti problemi individuali:
• strategie anti-invecchiamento
• socializzazione
• integrazione culturale
Certo le difficoltà di attuazione non sono poche, soprattutto nel contesto italiano che
sconta anomalie e paradossi come:
• la presenza ambigua di una struttura accentrata come il Coni;
• l’arretratezza e il dislivello di impianti sportivi fra Nord e Sud;
• le politiche di welfare non sempre chiare;
• la necessità di modernizzare e trasformare il sistema sportivo;
• …………………..
La pratica associativa e la cultura organizzativa dello sport per tutti si collocano
nell’universo non profit del quale rappresentano circa un terzo dell’intero sistema.
Le reti sociali più o meno strutturate cui le organizzazioni non profit danno vita,
rappresentano ambiti in cui non esistono finalità lucrative, sono gestite in maniera
democratica e soprattutto sono orientate ad un’offerta modulata sulle singole esigenze
di gruppi e individui, senza esclusione di sorta.
Detto in altri termini lo sport per tutti è un bene dalle caratteristiche relazionali,
in quanto prodotto dagli stessi attori che lo fruiscono generando così un servizio
relazionale che dà vita ad un bene collettivo, frutto di una co-produzione fra i soggetti
coinvolti in un rapporto fiduciario, allorquando la pratica sportiva produce a livello di
gruppo un forte senso di appartenenza per i membri stessi che in essa sono coinvolti.
Le associazioni non profit nell’ambito della pratica sportiva amatoriale adempiono a
diverse funzioni:
• Questioni concernenti la tutela e l’assistenza sanitaria
• Campagne di orientamento verso un ideale salutistico
• Sono chiamate a esercitare la loro influenza su istituzioni, media, sponsor per
un obiettivo di pratica fisico motoria volta al generale benessere della persona.
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Non bisogna dimenticare inoltre che l’associazionismo sportivo è in grado di
muovere notevoli interessi commerciali, pur fondandosi soprattutto su attività di
volontariato: si tratta infatti di un settore costituito per la maggior parte da
associazioni dilettantistiche, all’interno del quale si sviluppa l’azione volontaristica
del privato societario non profit.
Tale caratteristica mette in luce la natura singolare dell’associazionismo sportivo
come ambito nel quale coesistono forme e profili sociali differenti, talora anche
apparentemente contrastanti. Si tratta infatti di un panorama affollato.
La sola UISP (Unione italiana sport per tutti) che contende al CSI (Centro sportivo
italiano) il titolo di associazione nazionale con il maggior numero di aderenti, conta a
tutt’oggi un milione e 200 mila iscritti e diciassettemila società affiliate.
Su queste premesse si è delineata la difficile eredità del sistema sportivo italiano, la
cui storia è inevitabilmente condizionata da un welfare dalla tormentata gestazione.
Infatti se da un lato l’aspetto delle politiche pubbliche inerenti lo sport dei cittadini
può rappresentare una opportunità di innovazione per l’intera macchina pubblica,
dall’altro le specificità dello sport per tutti mettono in luce l’azione degli organismi
locali che da sempre se ne occupano.
L’importanza di tali azioni esprime (non solo in Italia ma anche in Europa), l’idea
della cultura della welfare society non fondata sulla pura richiesta di benefici
economici, quanto piuttosto su una distribuzione di opportunità all’interno della quale
si colloca l’evoluzione della pratica fisico-motoria.
Le trasformazioni ed i mutamenti derivati da queste azioni hanno prodotto forti
cambiamenti, coinvolgimento, azioni e responsabilità di tutti i protagonisti del
settore sportivo: i praticanti (utenti/consumatori), le istituzioni, i soggetti che a vario
livello agiscono sul territorio (società amatoriali, resti associazionistiche).
Nell’ambito del sistema sportivo italiano la Regione Emilia-Romagna ricopre
storicamente un ruolo di rilevanza, non solo perché qui affondano le radici dello
“Sport per tutti”, ma anche perché in questa regione si realizzano soprattutto
esperienze locali di sviluppo e socialità assai significative, a partire dalle quali si
contraddistinguerà l’identità dell’associazionismo sportivo in Italia.
Il caso della UISP Emilia-Romagna appare indicativo della vocazione al benessere
perseguita su molteplici fronti da parte di uno dei maggiori enti di promozione
sportiva presenti in Italia.
Fondata nel 1948, con sede a Roma, la Unione Italiana Sport Popolare è nata come
organizzazione sportiva vicina al PCI e al PSI. Lo scopo originario dell'UISP era
quello di promuovere la cultura e la pratica dello sport tra le classi popolari
(lavoratori e in particolare operai). La UISP delle origini si caratterizzava come una
tipica organizzazione di massa.
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A partire dalla fine degli anni cinquanta l'UISP avviò un processo di
autonomizzazione dai partiti, che la portò nel 1974 ad essere riconosciuta
dal CONI come Ente di Promozione Sportiva.
Nel corso degli anni ottanta la UISP ridefinì i suoi scopi associativi verso il nuovo
concetto dello "sport per tutti". Con questa espressione si intende una visione dello
sport basata non sulla competizione, ma sulla partecipazione allargata a tutti senza
discriminazioni di genere, età, nazionalità o di altro tipo, sulla solidarietà e sul
rispetto dell'ambiente. A questa nuova concezione corrispose il cambio del nome
dell'associazione in Unione Italiana Sport per Tutti.
L’analisi illustra, nello specifico di UISP, una concezione della pratica sportiva come
orientamento universalistico di benessere psico-fisico soggettivo e collettivo, nel
quale lo sport è mezzo per unire, fare culture e promuovere uno stile di vita sano, al
contempo rispettoso delle persone e dell’ambiente.
Della Uisp, Unione Italiana Sport Per tutti, fanno parte
• 1.310.000 persone,
• 17.800 società sportive affiliate e
• 1000 circoli.
164 comitati e 26 Leghe, Coordinamenti ed Aree di attività presenti in tutte
le regioni, le provincie e in molte città.
Il contributo di UISP al percorso di Wellness inizia nell’anno 2005 ed ha realizzato
diversi progetti, fra i più importanti
• la “Carta dei Valori e degli Impegni del Comitato regionale dell’EmiliaRomagna”
• la definizione di indicatori utili alla misurazione del rapporto sociale annuale
• la realizzazione del primo rapporto sociale sperimentale da parte del Comitato
territoriale di Reggio Emilia (2011)
Il punto di partenza è stata l’indagine sui valori ritenuti importanti e trasmessi da chi
organizza e sviluppa attività in qualità di educatore sportivo e sociale.
L’indagine, realizzata nel 2006, ha coinvolto 111 dirigenti territoriali e regionali dell’
Emilia-Romagna ed ha utilizzato lo strumento dell’intervista in profondità.
L’intervista ha fatto emergere 10 valori che mettono in luce la necessità di sostenere e
diffondere una cultura dello sport per tutti capace di elaborare un nuovo stile di vita,
compatibile con l’ambiente e la persona..
L’elaborazione di questi valori ha dato vita alla formulazione della “Carta dei valori
e degli impegni”, approvata ed diffusa dal comitato regionale dell’Emilia-Romagna
nel 2009.
I punti principali che essa promuove sono:
• sport per tutti, democrazia, socialità, benessere, reciprocità, rispetto (per le
persone, la società, l’ambiente), solidarietà, qualità dell’offerta sportiva,
onestà, mutualità nei confronti dei sodalizi UISP.
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Un’indagine svolta dalla UISP nel 2008 sulle motivazioni principali che sostengono
la scelta a frequentare corsi, palestre, impianti sportivi mette in evidenza che:
• divertimento (33,3%)
• mantenersi in buona salute (28%)
• socializzare (13,7%)
• rilassamento (9,8%)
• aspetto estetico (8,3%)
• dimagrire (1%)
Ciò fa supporre che l’ideale di attività sportiva non profit sia già orientata ad un
indirizzo di wellness, in particolare da ulteriore indagini svolte fino al 2010 si denota
che l’attività sportiva viene praticata:
• a livello non agonistico dal 43,5%
• a livello agonistico dal 31,2%
• a livello ludico-motori dal 25,3%
La conclusione del percorso di ricerca sostenuto dal Comitato regionale UISP EmiliaRomagna ha prodotto il primo rapporto sociale del Comitato territoriale provinciale
di Reggio Emilia (2011) che rappresenta uno strumento di comunicazione
istituzionale utile alla divulgazione dei risultati raggiunti, allo scopo di mettere in
luce la trama della coesione sociale che connota l’organizzazione, l’intensità della
pratica quotidiana costruita a beneficio dei valori olimpici, nonché il registro degli
impegni che UISP intraprende nella e con la società.
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